1.INTRODUZIONE: CONFLITTO DELLE INTERPRETAZIONI E LEGITTIMAZIONE SOCIALE
Il sociologo tedesco Mannheim sostiene che la società si fonda sulla competizione tra gruppi, questa competizione è intesa come una lotta per l’interpretazione dell’essere. Infatti, Mannheim considera la costruzione della realtà sociale come un processo fondato sul conflitto tra gruppi, i quali hanno concezioni differenti sia sotto il punto di vista degli interessi, sia sulle concezioni della realtà. Il punto centrale di questo capitolo è la relazione che si instaura tra l’ideologia e l’educazione. Per studiare bene questa relazione bisogna prima indagare e capire che la concorrenza tra i diversi modi di concepire il mondo non sono statici in quanto 1) le idee possono essere prodotte da un gruppo sociale e poi essere modificate e adattate ad un altro gruppo 2) le idee possono servire per aprire le strade a visioni nuove. L’analisi bernsteiniana sostiene che è possibile identificare nel codice linguistico la matrice di ogni processo culturale, perché è il linguaggio che costruisce i significati, la comunicazione quindi ha successo quando vi è un’intesa sui significati, cioè vi è comprensione quando la codifica e la decodifica dei messaggi coincidono, sono all’interno di uno stesso codice. Attraverso l’uso sociale del linguaggio si può comprendere che l’interiorizzazione delle pratiche sociali in mappe cognitive implicite porti poi alla creazione di forme culturali più esplicite tipo credenze, ideologie, religioni, la decodifica di questi prodotti culturali da vita a sua volta a modi di agire che entrano a far parte della tradizione di una società. Possiamo ricollegare questo ad un esempio dello studioso Swidler, il quale sostiene che la cultura nella sua forma narrativo-testuale fornisce modi di agire che riformulano le mappe cognitive già possedute dalla vita quotidiana. Questa relazione di influenza tra le due forme di cultura (mappe cognitive e narrativi-testuale) non ci deve allontanare dai veri processi culturali, in quanto le idee sono prodotte da concreti attori sociali attraverso il linguaggio; i significati condivisi si sedimentano in mappe cognitive che contribuiscono alla formazione delle istituzioni. La cultura nella sua forma narrativa si sviluppa SUCCESSIVAMENTE per via di una oggettivazione di secondo grado, cioè i significati condivisi diventano nuovamente oggetto di riflessione creando credenze, valori, norme e simboli. L’oggettivazione di secondo grado si basa sulla giustificazione che gli attori sociali elaborano nei confronti delle istituzioni, gli attori sono portati a esplicitare i significati oggettivati e a renderli oggetto di negoziazione. Questo processo non è pacifico, conflitto tra gli attori. Ci sono 4 aspetti tipici della comunicazione umana che alimentano la negoziazione tra gli attori coinvolti in una interazione sociale: -soluzione al problema dei significati, produzione linguistica di un primo set di significati che poi vengono analizzati portano alla creazione di ulteriori significati -la difficoltà che proviamo quando non riusciamo a trovare le parole giuste per esprimere emozioni o stati d’animo -la flessibilità e la ricchezza del linguaggio che non possono essere inseriti in forme rigide -la possibilità che gli attori tra di loro non si intendono perché condividono codici differenti. L’analisi dei due autori Berger e Luckmann si sofferma sulla propensione dei soggetti a rendere i significati il più oggettivi possibili, in quanto le istituzioni appaiono come prodotti della natura, questo è dettato dall’inclinazione degli esseri umani ad attribuire definizioni più precise possibili in modo che queste appaiono indipendenti dalla loro volontà. Questa inclinazione dell’uomo deriva dal disorientamento che prova nei confronti della sfera delle emozioni, bisogni, stimoli che precedono e influenzano ogni attività cognitiva. Gli esseri umani infatti a differenza degli animali da piccoli dipendono interamente dalle cure degli adulti. I due autori sostengono che dato che l’uomo deve imparare a vivere non avendo delle doti prestabilite si serve della cultura, che rende l’uomo artefice del proprio destino; è Marx a sottolineare quanto l’uomo sia produttore di sé stesso essendo plasmato dalle istituzioni e influenzato dal mondo naturale. La natura porta l’uomo ad avere atteggiamenti critici nei confronti del mondo e da qui si sviluppa il dubbio verso la realtà; è proprio il dubbio che distacca il mondo sociale dalla natura, l’essere umano dal mondo circostante. Questo porta al problema della negoziazione dei significati perché questo continuo provare ad addomesticare la natura porta alla creazione di conflitti che vede contrapposti gruppi legati tra loro da rapporti di potere. Berger e Luckmann esaminano questa differenza solo in parte, basandosi sulla divisione del lavoro sociale richiamando in questo il pensiero di Durkheim. I due autori prestano attenzione alla manipolazione della natura e non alla differenze sociali che si creano con la diseguale distribuzione delle risorse. Invece la distribuzione delle risorse ha particolare importanza in quanto ha creato rapporti di potere e disuguaglianze sociali tra i gruppi. Questa differenza nell’accumulazione di risorse comporta una relazione di dipendenza di chi possiede meno verso chi possiede di più; chi possiede più risorse può controllare il lavoro e organizzarlo. Questa relazione di dipendenza, una volta consolidata, è considerata la base per l’esercitazione del potere. Il potere si sviluppa una volta che il gruppo riesce a controllare le risorse senza farci accedere altri e per rendere efficace il potere i membri del gruppo cercano di ottenere consenso da tutti gli altri gruppi.
2.L’IDEOLOGIA NELLE DINAMICHE DI LEGITTIMAZIONE SOCIALE
Chi esercita il potere necessita del consenso e per farlo durare a lungo questa relazione di dipendenza deve essere riconosciuta come legittima, questo porta ad un collegamento con l’azione ideologica. Il filosofo Ricoeur sottolinea il fatto che la parola ideologia sia caratterizzata da forte polemica, ma sono molte le accezioni attribuite a questo termine. Berger e Luckmann individuano vari gradi della legittimazione (4): primo grado: creazione di vocaboli secondo grado: prime spiegazioni sulla realtà terzo grado: elaborazioni di teorie quarto grado: la loro organizzazione in universi simbolici Questa analisi non tiene in considerazione il nesso tra i diversi gradi di legittimazione con la divisione del lavoro e la conoscenza tra i diversi gruppi sociali A questo è collegato come a seconda del tipo di linguaggio cambia il modo di classificare la realtà, possiamo vederlo sin dai primi anni di socializzazione, quando i bambini apprendono un’interpretazione del mondo influenzato da vari aspetti. Questo continuo cercare di offrire delle definizioni della realtà riduce la possibilità di criticare l’ordine dominante, infatti Berger e Luckmann ci parlano della socializzazione come la più grande truffa per l’essere umano. Secondo il tema della legittimazione intesa come oggettivazione di secondo grado, essa si caratterizza per una dimensione “ideologico-paradigmatica”. L’ideologia paradigma è formata da concetti di una data epoca e società non del tutto esplicitati, riflette i rapporti di potere tra i gruppi e le classi che concorrono alla costruzione sociale della realtà. L’ideologia-paradigma è considerata dalla classe dominante una sorta di minaccia al suo potere, in quanto questa classe va alla ricerca di un consenso superiore, così che gli attori chiudono l’orizzonte interpretativo. Su questo aspetto si possono identificare 4 processi culturali che intervengono nella interpretazione e legittimazione dell’ordine sociale costituito. Quindi oltre all’esistenza di codici linguistici differenti ci troviamo di fronte anche a visioni del mondo differenti. La legittimazione prende avvio da questo punto; essa assume inizialmente 1)la forma di “mistificazione”. La mistificazione è data dalla costruzione di categorie cognitive che riflettono i rapporti di potere ma non li esprimono sufficientementeà questo corrisponde all’IDEOLOGIA PARADIGMA. Nel caso invece in cui i rapporti sono più equilibrati ci rendiamo conto 2)come sia importante l’elaborazione di teorie che costituisce il ponte di passaggio dall’ideologia-paradigma all’ideologia-sistema. L’ideologia-paradigma sorge sin dai primi momenti della legittimazione sociale con la formazione dei diversi gruppi, l’ideologia-sistema invece completa la legittimazione sociale dato che tende ad esplicitare dei significati della società. L’ideologia-sistema seleziona un gruppo o una classe e crea una specifica definizione della realtà, con questo la classe dominante cerca di ridurre la possibilità per gli altri gruppi o classi sociali di pensare e concepire la realtà in modo diverso. Una volta che abbia dato vita all’ideologia-sistema possiamo passare ad 3)un terzo passaggio, chiamato “azione egemonica” che ha l’obiettivo di tradurre nuovamente il sapere teorico in sapere ordinario, al fine di rendere il modo di pensare della società favorevole alla classe dominante. La costruzione di un’ideologia da parte della classe dominante non impedisce però la creazione di ideologie alternative da parte delle altre classi prive di potere, chiamate “contro-ideologie”. Queste ideologie alternative derivano da 2 fattori: 1) lo spazio interpretativo che viene lasciato dal linguaggio nel momento della legittimazione sociale 2) il legame esistente tra stratificazione sociale e produzione culturale. La decodifica dei messaggi avviene in base al punto di vista del destinatario, ogni gruppo si caratterizza per una propria interpretazione della realtà sociale, si può parlare di sub-cultura. E’ chiamata anche ideologia in nuce perché rappresenta la concezione del mondo di un determinato gruppo, di una classe che si pone in rapporto antagonista con quella dominante che può essere intesa anche ideologia alternativa che gli avversari chiamano “utopia”. Anche le classi prive di potere rendono esplicite le loro idee e le loro interpretazioni della realtà. 4) In fine c’è un quarto processo che consiste nella “ricezione-fruizione” dell’ideologia dominante da parte dei diversi gruppi sociali, tale processo implica l’interiorizzazione dei rapporti sociali e quindi anche quelli di potere (misconoscimento); le classi più svantaggiate risultano subalterne perché pensano e vedono il mondo con categorie sfavorevoli che rende naturale il fatto di essere una categoria inferiore rispetto a quella dominante. Invece l’interiorizzazione-formazione dell’HABITUS è meno influenzata dai rapporti di potere infatti possono svilupparsi ribellioni, rimozioni, rivoluzioni; gruppi subalterni avendo codici differenti recepiscono i messaggi in modo differente rispetto al gruppo dominante. Come ci dice Mannheim il conflitto si manifesta anche nella contrapposizione tra visioni del mondo. 3. L’EDUCAZIONE COME AZIONE IDEOLOGICA AMBIVALENTE Ogni testo rappresenta l’unione tra le intenzioni dell’autore e le interpretazioni dei lettori, secondo quanto stabilito da Eco un testo può avere una serie di interpretazioni che sono in-definite ma non sono infinite. Come la socializzazione assume una connotazione ideologica anche l’educazione deve fare lo stesso. Un caso particolare di educazione è la SCUOLA che riveste una posizione importante nella socializzazione secondaria. L’educazione scolastica corrisponde spesso ad un’azione ideologica in quanto i saperi trasmessi a scuola riproducono i rapporti di potere nella società e lo fanno attraverso specifiche pratiche pedagogiche. Secondo Freire queste pratiche prendono il nome di “educazione bancaria” in quanto la scuola privilegia l’apprendimento nozionistico che di conseguenza fa diminuire l’azione creativa dell’uomo. Secondo Freire questo modo di organizzare il sapere scolastico rispecchia la relazione di dipendenza tra chi sa e chi non sa, in sintesi riproduce i rapporti di potere. Bernstein mostra che il sapere scolastico si presenta fittiziamente come neutro perché è trasmesso da un tipo di relazione gerarchica tra insegnante e alunni; secondo questo sociologo però il sapere può portare ad una riflessione personale che stimola la razionalità e i dubbi. Nel contesto storico-culturale attuale è l’UNIVERSITA’ che è il luogo sia della presenza di un sapere teorico sia di un sapere astratto. Bernstein ci dice che la scuola è basata sull’organizzazione gerarchica dei sapere ai quali si affianca diverse comunità professionali che dipendono dai vari percorsi formativi che essi compiono. Quindi questo ci fa capire la relazione che tiene unita la stratificazione sociale con la stratificazione scolastica. Ma il sistema educativo non è solo apparato ideologico dello Stato, cioè diffonde la cultura ufficiale della classe dominante ma al contrario ha anche la capacità di mettere in discussione i rapporti di potere, di essere considerata una contro- ideologia capace di sviluppare e diffondere una visione alternativa rispetto a quella dell’ideologia dominante. Quindi con il tempo l’istruzione può anche andare contro l’ideologia che gli ha dato vita.
4.IL SISTEMA EDUCATIVO COME ARENA DEL CONFLITTO SOCIALE
Il punto centrale è lo studio delle condizioni che possono portare all’EMANCIPAZIONE piuttosto che al dominio sociale. Secondo l’analisi del legame tra educazione e ideologia sottolineiamo il fatto della presenza di un “campo di battaglia” tra gruppi mossi da interessi diversi e idee contrapposte, questa contrapposizione di idee non sono stabili nel tempo, ma cambiano e questa differenza di concezione delle idee dipende dalle condizioni degli interpreti. Inoltre l’interiorizzazione di un’idea non corrisponde mai a qualcosa di estremamente passivo ma anzi viene interiorizzata passando sotto l’interazione tra diversi significati. L’ideologia presuppone sempre la decodifica da parte degli attori che possono anche andargli contro anche se è molto raro, di solito l’ideologia viene legittimata perché viene interiorizzata attraverso l’educazione ed è più difficile andare contro alle certezze acquisite. Su questo aspetto possiamo ricollegarci ad un’opera di Freire, “Pedagogia degli oppressi”, dove lui nota la difficoltà degli oppressi di arrivare alla coscientizzazione, cioè alla consapevolezza del loro sfruttamento. Per Freire l’ideologia serve proprio a dare per scontata la dipendenza dei dominati dai dominanti, cioè a nascondere il fatto che le condizioni svantaggiose dei dominati dipendono proprio dal meccanismo storico-culturale di controllo dei dominati; è l’ideologia stessa che rende possibile a un gruppo di dominarne un altro. Secondo Freire il processo di subalternità si realizza in tre passaggi (invasione culturale, manipolazione, divisione) tutti collegati alla classe dominante che sviluppa una pratica manipolatoria; Freire chiama la classe dominante “classe possidente”. Quando la distinzione tra dominanti e dominati scompare per i dominati vuol dire che l’ideologia ha affermato del tutto i criteri della classe dominate e che quindi i dominanti sono SUBALTERNI, perché hanno interiorizzato del tutto la loro inferiorità dandola per scontato. Freire ci parla degli oppressi come animali anfibi, in quanto in loro convivono timore, per la condizione di sfruttamento e apprezzamento, per l’interiorizzazione dell’ideologia dominate, per gli oppressori. I subalterni avvertono il malessere ma non sanno decodificarlo a causa della presenza dell’azione ideologica dominante. Freire sottolinea il fatto che il malessere sia collegato alle condizioni materiali, se gli oppressi non avvertissero la loro oppressione vuol dire che l’ideologia è talmente forte da annullare il riconoscimento del malessere e questo da particolare rilevanza invece al linguaggio. Per questo il pedagogista mette in relazione oggettivazione e riconoscimento per chiarire la relazione tra educazione e ideologia; questa relazione ci fa capire che i subalterni capiscono chiaramente che c’è un dominio quando iniziano a dubitare su ciò che si da per scontato, dando più importanza alla loro vita quotidiana piuttosto che all’ideologia. Per Freire questo processo prende il nome di SINTESI CULTURALE, che presuppone l’intervento attivo di agenti del cambiamento che portano gli oppressi a un’analisi critica della realtà; questo processo viene inteso come pratica educativa collettiva dove tutti sono educatori e educandi, così che i diversi punti di vista uniti insieme diano vita ad un sapere diverso da quello di partenza. Quindi gli agenti del cambiamento non impongono una visione del mondo ma aiutano gli oppressi a creare trasformazioni sociali, con questo possiamo intuire come il punto centrale della riflessione di Freire è proprio la “conoscenza del potere” che porta al “potere della conoscenza” perché per Freire sono gli intellettuali di classe media che hanno il ruolo di formatori delle coscienze. Ma il pensiero di Freire non chiarisce come mai un gruppo di classe media dovrebbe impiegare il sapere teorico per aiutare e liberare i più svantaggiosi anziché opprimerli. Questo perché i soggetti più scolarizzati si potrebbero impegnare per aiutare i più svantaggiosi, quindi chi lavora e ha quindi vantaggi materiali portati dal lavoro stesso dovrebbe condividere il suo sapere con le classi subalterne, così da “restituire la parola agli ultimi” rendendoli consapevoli e permettendogli di poter modificare la realtà. Un posto importante va dato alla CONOSCENZA, cioè alle conseguenze dell’interiorizzazione del sapere teoretico. Quindi chi compie percorsi formativi più lunghi ha maggiore probabilità di sviluppare un sapere critico capace poi di orientarlo verso gli altri, così da sviluppare una concezione del mondo universalista, quindi si indaga se sono le figure lavoratrici, le persone più istruite chi ha avuto un percorso scolastico più lungo a maturare una visione universalista. I soggetti che appartengono alla frazione più scolarizzata della classe media sono soggetti da una parte relativamente avvantaggiati ma dall’altra la scolarizzazione potrebbe esaltare la competizione sociale. E’ importante esaminare empiricamente le condizioni che rendono possibile al sapere teoretico di sviluppare l’emancipazione.
5. IL SAPERE SCOLASTICO NEL CONTESTO ATTUALE E LA POSTA IN GIOCO
Freire identifica nella scuola uno dei principali luoghi del conflitto sociale. La capacità emancipativa attribuita alla scuola potrebbe essere concepita come una delle conseguenze dell’evoluzione del conflitto tra Chiesa e Impero; fu proprio questo conflitto a dare vita alla nascita del sistema educativo moderno. Lo scontro tra il primato dell’aspetto culturale da parte del papa e dell’imperatore ha portato alla formazione del sistema educativo così come lo conosciamo noi oggi. In passato esistevano istituzioni educative diverse tra di loro che elaboravano e trasmettevano saperi differenti, con il tempo invece si è passati all’integrazione di questi saperi. Il passaggio all’epoca moderna costituisce un punto di svolta per le istituzioni educative portando all’alfabetizzazione di base, in quanto era necessario per le classi dominanti esercitare il potere su una popolazione istruita. Era importante avere una forza lavoro non più analfabeta come i contadini ma alfabetizzata, l’analfabetismo serviva al sistema feudale non a quello capitalistico. Quindi il sistema educativo è l’istituzione centrale dello Stato moderno, riproduce il sistema di stratificazione sociale, la divisione del lavoro e a questo si è abbinata la stessa divisione del lavoro tra capitalisti e proletari. Però negli ultimi 2 secoli si è aggiunta una nuova classe media istruita, formata da lavoratori non manuali, tra il proletariato e i capitalisti e questa classe è servita allo Stato per modernizzarsi e per ottenere il consenso da parte delle famiglie contadine e operaie. Possiamo quindi raggruppare gli attori coinvolti nella costruzione del sistema educativo in 3 categorie: -gli eredi storici fondatori del sistema scolastico, diverse frazioni della classe superiore -la classe media più istruita, in quanto il sistema educativo è divenuto il luogo di formazione dei ceti medi -starti delle classi lavoratrici e popolari che credono nella scolarizzazione di massa. Esiste una divergenza di interessi e concezioni del mondo tra la classe superiore e la classe media; alcuni della classe superiore sono interessata a ridurre l’espansione della scolarizzazione alla popolazione la classe media invece è quella interessata al rafforzamento dell’educazione. Queste differenze hanno portato alla creazione della selezione dei più meritevoli, ai quali attribuire uno status sociale superiore. L’atteggiamento autoritario della classe superiore nei confronti delle classi medie nel tempo si è modificata portando alla produzione di soggettività critica. Queste soggettività sembrano rappresentare il lettore modello, l’intellettuale, la persona pienamente scolarizzata, colui che ha fatto più esperienza degli ambienti del sapere. Secondo questa concezione l’universalismo non si riflette sugli aspetti economici del capitalismo. Anche Gouldner con la sua analisi include nella “classe di servizio” gli stati più intellettuali della classe media e vede per essa l’emancipazione sociale derivata dalla scolarizzazione di massa qualcosa di utile per poter arrivare al potere. Nel XX secolo l’ideologia dell’universalismo è stata elaborata dalla classe media e non dalla classe superiore, infatti con il tempo l’universalismo si è esteso anche alle classi subalterne facendo aumentare il grado di legittimazione del capitalismo. Il sistema educativo del 900 era considerato l’arena del conflitto sociale tra oppositori e favorevoli alla democratizzazione della scuola, del conflitto sociale tra le classi per migliorare le condizioni salariali, la partecipazione e l’emancipazione. Nel corso del tempo il sistema educativo moderno è riuscito a motivare anche i soggetti più istruiti a credere nella capacità emancipativa della scuola, diventando promotore di una concezione del mondo universalista giustificando le diseguaglianze tra le classi sociali. La diseguaglianza tra le classi sociali va ricondotta alle diverse idee e concezioni del mondo ricollegandolo alla distinzione tra chi ha seguito un lungo percorso formativo e chi ha avuto un’esperienza scolastica ridotta.