SOCIOLOGICI
Capitolo primo
Le spiegazioni sociologiche della teoria dell’azione
Nella prima metà del secolo scorso, gli economisti predicavano il liberismo in America, il
corporativismo in Italia, il collettivismo in Russia.
L’economia, scienza delle previsioni spiega il domani senza comprendere l’oggi perché
applica il paradigma della razionalità alle azioni umane.
Gli economisti hanno convinto il Fondo Monetario Internazionale a inviare centinaia di
miliardi nella Russia senza vedere che gli aiuti finanziari finivano nelle tasche di tribù
mafiose.
Lo spirito della speculazione è anarchico, ama la libertà. È un elemento fondamentale della
tensione continua dell’individuo alla felicità.
Il mercato è un sistema che interagisce con molti corpi, in cui micro e macro si riflettono.
La chiave di accesso al mercato è la creazione di idee, in cui la competizione diventa un
processo di selezione critica, nella scelta tra beni e servizi migliori. I governi hanno un
ruolo importante nel decidere le regole e incentivare la formazione; chi ha un buon livello
di formazione è nella posizione migliore per scoprire nuove vie di innovazione e
miglioramento degli standards di vita.
Mises dice che la fiducia nelle abilità è spesso determinante nell’applicare l’istinto
paretiano delle combinazioni insieme alla necessità di rimuovere un bisogno. Una
maggiore autostima induce una motivazione al di là nel tempo, poiché i costi di un’azione
possono essere inferiori ai benefici; i costi vengono percepiti come gravosi rispetto ai
benefici futuri, finendo con il rimandare l’azione.
La riscopertà della soggettività è uno dei temi rilevanti della sociologia dal 1989 a oggi;
scarsezza e abbondanza diventano valori relativi anche alla formazione come plusvalore
da aggiungere senza mercificare l’individuo all’interno del circuito economico.
La formazione di un individuo completo non può essere ignorata nel sistema economico;
ma l’accelerazione economica e tecnologica rendono necessario un aggiornamento
cognitivo anche personalizzato. Il mercato è il potere dei consumatori, di una libera scelta.
La “new economy” si serve di regole chiare per garantire il funzionamento del mercato e
politiche di controllo antitrust per colpire posizioni dominanti.
Quella che Thurow chiama “creazione di un ambiente imprenditoriale dinamico e dotato
di spinta di crescita” è alla base della nuova economia della conoscenza.
Max Weber dice che in Europa manca il riconoscimento sociale del successo e della
ricchezza vissuti come peccati e non come meriti. Questo atteggiamento scoraggia
l’iniziativa privata.
L’economia del mercato trova una sua ratio nello spingere gli imprenditori allo sviluppo
senza cullarsi di un passaggio prestigioso basato sui beni materiali, ma inadeguato alla
richiesta di conoscenza e innovazione.
I pensatori classici, come Adam Smith, hanno avuto attenzione alle relazioni tra decisione
di produzione e scambio delle imprese e delle famiglie, e di scelte di coloro che hanno il
potere.
L’approccio neoclassico riconosce l’importanza delle regole per consentire ai bisogni
individuali di realizzarsi al meglio.
Keynes ebbe il pregio di dimostrare come le imperfezioni del funzionamento dei mercati
creano la regola, piuttosto che l’eccezione. Ciò fu il presupposto per il diffondersi delle
politiche attive con l’obbiettivo di conseguire il benessere sociale attraverso la
pianificazione.
Accanto a ciò non si può non ricordare la legge di causalità. Russel si batteva contro la
causalità come Wittgenstein, che nel “Tractatus”, scriveva non essere possibile inferire gli
eventi del futuro da quelli presenti.
Hume aveva tentato di eliminare in modo radicale il nodo gordiano della causalità: causa
ed effetto sono relazioni che non percepiamo nelle azioni, esse sono costruzioni del nostro
intelletto indispensabile. Questa riduzione di Hume incappa nelle congiunzioni costanti di
fenomeni che non esemplificano relazioni causali.
Ciò, riportato in economia, consiste nel considerare il mercato come il luogo degli scambi
dei beni, che sono atti razionali, retti da principi della massimizzazione del risultato che
caratterizzano l’homo oeconomicus. Egli agisce con azioni logiche studiate
dell’economia con una razionalità, spinta dall’utilità, ricompense.
Il mercato offre un processo dialettico che qualifica l’alternativa tra regola come
proposizione e regola come precetto senza pretese di prevalenza della prospettiva
economica su un’altra prospettiva. I concetti di liberalità e solidarietà, l’uno fondamentale
come dovere di non recare danno all’altro, l’altro espressione della socialità della persona.
Razionalizzazione della società moderna significa che sempre più l’agire umano tende a
basarsi sulla convenienza personale. L’uomo si chiude come in una “gabbia di acciaio” in
cui tutto ciò che è importante è il guadagno. Le “gabbie di acciaio” sono i beni esteriori per
Weber. Inoltre la razionalizzazione è anche l’agire solo dal punto di vista razionale,
eliminando completamente i sentimenti e le passioni.
Capitolo secondo
Il comportamento razionale
2.1 Il concetto di razionalità
La razionalità, con i suoi meriti e demeriti, è al centro del modo di essere e di agire
dell’uomo.
La letteratura è piena di contrapposizione tra la ragione del cuore e quella del cervello con
Pascal.
Un obiettivo è razionale quando il comportamento è coerente rispetto ad un dato insieme
di credenze e obiettivi.
L’homo oeconomicus personifica la capacità di raggiungere in modo efficiente un obiettivo e
può anche puntare al raggiungimento di obiettivi etici.
Un comportamento razionale può essere subordinato al raggiungimento di obiettivi
irrazionali. L’importante è identificare qual è l’obiettivo da raggiungere e il bene che si
vuole conseguire.
È difficile distinguere cosa è razionale e cosa non lo è all’interno delle preferenze, che sono
definite come la disposizione a scegliere una cosa, anziché un’altra; l’evoluzione ha
installato nell’essere umano la capacità di scegliere come meccanismo di sopravvivenza e
sono quindi dette razionali quelle scelte che rientrano nel meccanismo evolutivo,
favorendo la sopravvivenza.
Massimizzare un risultato non significa raggiungerlo, ma ottenere il massimo grado di
soddisfazione possibile.
In economia è tutto make or buy ed esiste un costo; costo vivo, quando si tratta di beni di
prima necessità, costi di opportunità quando si acquista una cosa rinunciando ad un’altra. È
razionale quel determinato comportamento che consente di accrescere l’utilità del bene e
produrlo fino a quando il rendimento è maggiore del costo.
Nel mondo reale fatto di situazioni finite:
I rendimenti sono decrescenti per quantità successive di beni acquisiti;
I costi sono crescenti in misura proporzionale alle quantità prodotte.
I fini umani definiscono cosa è e cosa non produrre e intervengono nel corso della
produzione.
Capitolo terzo
Storia dell’idea di mercato
Qualunque organizzazione che abbia come scopo mettere in contatto tra loro venditori e
compratori è un mercato o fa parte di un mercato.
Il concetto di mercato nasce nell’età del mercantilismo con i fisiocratici.
Il concetto di mercato non nasce tanto per uno stimolo al commerciare, quanto più che altro
in seguito alla libertà economica o alla sua mancanza, alla concessione di esercitare
quell’istinto o alla sua proibizione.
3.3 I marginalisti
Con il marginalismo si assiste ad un’evoluzione fondamentale, in particolar modo
nell’ambito della teoria del valore: in sostanza nell’impostazione classica e marxista, per
esempio, è la quantità di lavoro che definisce il valore di un prodotto; invece in base
all’impostazione marginalista, il valore del prodotto riflette il grado di soddisfazione
soggettiva che i consumatori attribuiscono ai diversi prodotti. La soddisfazione, o “utilità”,
tenderà a diminuire con il consumo di ogni unità aggiuntiva dello stesso bene.
Dal 1840 al 1873 ci fu un periodo in Europa che fu caratterizzato da una rapida espansione
economica in quasi tutti i paesi europei e del Nord America. Questo processo risultò
favorito da alcuni importanti mutamenti come nelle tecniche di trasporto e nella
comunicazione. Si consolidò inoltre la forma organizzativa della società per azioni che
divenne lo strumento tramite il quale una società poteva controllare molteplici capitali.
Parallelamente si verificò una crescita del mercato di capitali organizzati.
La crescita industriale si accompagnò ad un incremento di concentrazione del capitale e
del potere industriale, questo portò alcune volte ad una concorrenza aggressiva e selettiva,
mentre altre volte collusioni, fusioni o cartelli.
L’economia capitalista assunse così la forma di un sistema dominato solo da grandi
imprese. Le relazioni sociali ed i rapporti tra gli individui assunsero una forma gerarchica
e burocratizzata. Anche se l’obiettivo restò quello della massimizzazione del profitto
mutarono i metodi per conseguirlo: nacque la nuova scienza del management (in
economia aziendale, il processo di direzione di un’azienda) ed emerse la figura del
manager.
Con il resto dell’economia la grande impresa si trovò in posizione non diversa da quella in
cui si trovava il piccolo capitalista individuale nei decenni precedenti. Nasceva così la
“rivoluzione marginalista”.
Una caratteristica che accomuna i padri fondatori è la loro adesione alla teoria
utilitaristica. Per Jevons nella Theory: “il problema economico può essere formulato come
segue: dato: una certa popolazione con vari bisogni e poteri di produzione, in possesso di
certe terre e di altre fonti di materia; da determinare: il modo di impiegare il lavoro meglio
atto a rendere massima l’utilità del prodotto”.
Un’importante trasformazione avviene per quanto riguarda i soggetti economici,
scompaiono infatti di scena i soggetti collettivi, le classi sociali, i corpi politici che invece i
mercantilisti, i classici e Marx avevano posto al primo piano. I soggetti primari in
economia, quindi, a parità di sforzo, sono quelli più elementari (dimostrare l’utilità delle
organizzazioni più complesse rispetto a quelle più elementari).
Marshall: corpo politico=> interessi di tutta la nazione; interessi politici=> solo una parte
della nazione. Quindi non più economia politica ma scienza economica.
La teoria economica assurge poi a legge universale. Assimilata l’economia alle scienze
naturali e alla fisica in particolare, le leggi economiche vengono ad assumere fatalmente
quel carattere assoluto e obiettivo che si attribuisce alle leggi di natura.
Così mentre il riduzionismo individualista aveva portato all’eliminazione delle classi
sociali, il riduzionismo antistoricista portò all’eliminazione delle relazioni sociali.
I marginalisti liberarono la microeconomia, intesa come teoria delle scelte individuali
razionali, dalla macroeconomia classica, antecedendola a questa. In economia la teoria
macroeconomica (o semplicemente macroeconomia) è un ramo dell’economia politica che,
diversamente dalla microeconomia che studia i comportamenti dei singoli operatori
economici, studia invece il sistema economico a livello aggregato.
L’analisi marginalista ruota intorno a punti chiave: soggettivismo, utilità, scambio,
equilibrio, prezzi-qualità.
Soggettivismo: per Walras l’economia è formata da una pluralità di soggetti che sono
presenti sul mercato, come consumatori o come produttori di servizi o ancora come
imprenditori. Il processo economico nasce dall’incontro di questi soggetti nel mercato: i
servizi produttivi sono trasformati in beni i quali sono acquistati da altri imprenditori che
se ne servono a scopi produttivi o dai consumatori finali. Questi ultimi sono coloro che
hanno fornito servizi produttivi e che acquistano i beni prodotti dagli imprenditori,
spendendo il reddito che hanno ricevuto in cambio di servizi produttivi. In questa
rappresentazione non vi è idea della classe sociale.
Per Walras vi sono due gruppi di individui tra loro differenziati: quello dei consumatori e
quello degli imprenditori, la differenza tra loro è basata sulla diversità delle decisioni che
essi sono chiamati a prendere. Le decisioni che il consumatore prende non derivano dal
tipo di reddito, ma dal volume di quest’ultimo: che il reddito di un individuo derivi di
80% da lavoro e per il 20% da capitale, non fa la differenza.
“Soddisfare i nostri bisogni al massimo col minimo sforzo, vale a dire massimizzare il
piacere, è il problema dell’economia”. In questo senso il padre del marginalismo è
Bentham.
Leon Walras diede il maggior contributo all’idea di scambio con la sua teoria
dell’equilibrio economico generale. In economia la teoria dell’equilibrio economico
generale è una branca della microeconomia, che ha per obiettivo quello di spiegare la
determinazione congiunta delle scelte di produzione e di consumo e dei prezzi nell’intera
economia. L’approccio adottato dalla teoria dell’equilibrio economico generale è di tipo
botton-up; in altre parole, la teoria deriva le sue conclusioni sulla base delle scelte di agenti
individuali (consumatori, imprese) che operano in ciascun mercato.
Affinchè i soggetti, mediante gli scambi, realizzino una ottimizzazione delle rispettive
utilità, è necessario che prezzi e quantità siano in equilibro.
Il problema centrale della teoria di Walras è di mostrare come gli scambi volontari tra
individui bene informati, ognuno conosce i termini delle proprie scelte, auto interessati,
ognuno pensa per sé, ognuno segue un comportamento massimizzante, conducano ad
un’organizzazione sistematica della produzione e della distribuzione del reddito che è
efficiente e reciprocamente benefica.
L’unica forma ammessa di interazione sociale è quella che si realizza nel mercato per
mezzo dello scambio volontario.
Per dare conto del fatto che le azioni dei soggetti individuali vengono coordinate dal
mercato, bisogna dimostrare che esistono dei prezzi determinati in modo tale da rendere
vantaggiose a ciascun individuo proprio quelle attività e iniziative che soddisfano in modo
efficiente i suoi bisogni. La teoria dei prezzi è perciò al centro dell’equilibrio economico
generale. I prezzi sono la cosa attraverso la quale si compiono le scelte, i prezzi sono poi
dipendenti dalle scelte. Inoltre tra prezzi di beni e prezzi di fattori c’è una relazione. Il
prezzo di un bene è uno degli elementi che determinano il prezzo di domanda di un
fattore usato per produrlo. Tra il confronto di prezzo di domanda e prezzo di offerta del
fattore si ricava il prezzo di mercato, il quale influisce sul prezzo di mercato di esso e
prima ancora sul prezzo di offerta. Questo insieme di relazioni sono tali che la posizione di
maggiore interesse che ciascun agente persegue con le proprie scelte è compatibile con le
posizioni di massimo interesse perseguite da tutti gli altri agenti.
Per ottenere un tale risultato è solo necessario conoscere gli input, le dotazioni iniziali di
risorse, le preferenze dei consumatori e le tecniche disponibili.
I principi di Menger affermavano che era nodale il giudizio del consumatore circa l’utilità
dei beni atti a soddisfare i suoi bisogni (per gli autori classici il valore era essenzialmente
governato dai costi passati).
Per costo effettivo si viene ad intendere il costo opportunità. Il costo opportunità in
economia è il costo derivante dal mancato sfruttamento di un’opportunità concessa al
soggetto economico. Quantitativamente, il costo opportunità è il valore della migliore
alternativa tralasciata. In altri termini, il costo opportunità è il sacrificio che un operatore
economico deve compiere per effettuare una scelta economica. L’alternativa a cui si deve
rinunciare quando si effettua una scelta economica è detta costo opportunità (opportunity
cost). ad esempio, quando una persona inizia a lavorare, rinuncia ad una parte del proprio
tempo libero al fine di ottenere un reddito economico; il tempo libero rappresenta il costo
opportunità della scelta.
Salari, profitti e rendite dipendono dalle domande e dai prezzi di beni di consumo e
quindi sono determinati dall’utilità.
3.8 La sociazione
La socializzazione è il mezzo con il quale gli individui dotati della possibilità di associarsi
realizzano una società, un raggruppamento. Lo studio della SOCIAZIONE nella vita
quotidiana fornisce la consapevolezza che la costruzione sociale rende possibile parlare di
società. Infatti le forme di socializzazione corrispondono a situazioni nelle quali gli
orientamenti sociali reciproci si attualizzano, affinchè le forme possano funzionare.
Simmel intende argomentare la sociazione come il concetto generale di associazione,
qualcosa di conoscitivo: la coscienza di associarsi o di essere associati, un sapere più che
un conoscere. Il concetto e la forma della socializzazione si spiegano e si comprendono
laddove gli uomini sono in reciprocità d’azione e costituiscono un’unità permanente o
episodica. Le forme della socializzazione costituiscono una tavola di materie; le categorie
che danno forma all’esistere sono la fiducia, l’amore, la riconoscenza, la fedeltà, come
maniere di praticare e vivere le situazioni sociali. La società è il risultato della sociazione
con una spiegazione in termini sociali che diviene un circolo vizioso. La società è il
risultato precario e in divenire, in instabile equilibrio di tutte le forme di socializzazione.
Nel 1901 Simmel scrive un breve saggio Sulla psicologia del pudore. In generale il pudore
significa la vergogna nel mostrare le parti intime del corpo o dell’animo. Per Simmel
pudore è la vergogna che proviamo quando perdiamo la nostra soggettività, ossia il
tentativo di mantenere la propria soggettività; significa una vigilanza sui confini della
nostra apertura/chiusura nei confronti dell’altro, fino a che punto vogliamo che l’altro ci
conosca veramente. Il mio mondo interiore deve rimanere soltanto mio e non lo devo
condividere completamente con gli altri.
Per società quindi Simmel non intende solamente l’insieme complesso degli individui e
dei gruppi uniti in una stessa comunità politica. Egli vede una società dovunque degli
individui trovino in reciprocità d’azione e costituiscano un’unità permanente o
passeggera.
Capitolo quarto
Il concetto di persona, valore sociologico e non meramente
economico
Il termine latino “persona” indicava la maschera portata dagli attori, considerata
appartenenza ed atteggiata ad uno stato d’animo. Più tardi passò a rappresentare
l’incarico affidato all’attore che doveva rappresentarlo. Tuttavia il concetto di persona,
come lo intende la filosofia, era ancora estraneo al mondo greco perché mancavano alcune
note essenziali del significato stesso della parola, come ad esempio razionalità, libertà o
responsabilità ecc.
Successivamente la filosofia dotta traduce il termine persona dal valore estetico di
maschera alla categoria morale del ruolo svolto. Nonostante ciò il concetto di persona si
determina soltanto a partire dal Cristianesimo, il quale attribuì la personalità non solo
all’uomo, ma anche a Dio (tre persone in una, unica e divina). La persona con il passare
del tempo assume un carattere ipostatico (di sostanza), secondo cui la persona è ciò che è
per mezzo delle sue operazioni e porge su di sé una propria manifestazione che lo
distingue dagli altri di sua stessa natura (S. Giovanni Damasceno); e un carattere di
relazione che comprende il sapersi relazionare con se stessi e con gli altri. La persona è
dunque caratterizzata da razionalità, unità, identità, relazione, inseità, dignità, libertà
(Kant). Secondo Locke la persona è un essere intelligente e pensante che possiede la
ragione e la riflessione e può considerare se stesso. Leibnitz è d’accordo con Kant, ma
insiste anche sulla fisicità della persona, oltre l’identità morale. La persona non va confusa
con l’anima o con la coscienza: uno schiavo non è persona perché non ha la possibilità di
agire sul proprio corpo. La persona infatti è data solo dove è dato un poter fare per
mezzo del corpo, che non si fonda solo sul ricordo delle sensazioni, ma precede l’agire
effettivo. L’UOMO E’ PERSONA IN QUANTO E’ DEFINITO DALLE SUE RELAZIONI
CON GLI ALTRI.
4.1 Pareto
Avversario delle filosofie umanitarie, Pareto è fustigatore del sistema democratico e
dimostra che solo una minoranza di persone ha la possibilità di comandare e la capacità di
farsi ubbidire. Viene accusato di dissacrare alcuni valori fondamentali sui quali si basano
le società. Il punto cardine della sua riflessione è il concetto di sistema, legato al concetto
di struttura e funzione. Secondo Pareto inoltre l’economia pura non può dirci cosa esiste o
cosa non esiste, perché basata su un numero di astrazioni dalla realtà. Egli afferma che
solo la scienza dà all’uomo i mezzi e la sicurezza di agire. Vuole infatti dimostrare che lo
sviluppo della società si compie secondo leggi fisse. Il pensiero di Pareto si consolida
quando le strutture della società europea e italiana subirono un grosso sconvolgimento.
Però la visione meccanicistica di Pareto non si applicò bene alla realtà, in quanto egli non
riusciva a spiegarsela. Egli oscilla per questo tra ideale e reale. Le sue esperienze di politica
pratica, non andate a buon fine, convincono Pareto che il mondo è cattivo e che il potere è
corruzione. Egli viene considerato dai suoi contemporanei come insopportabile
predicatore solitario. I suoi studi si occupano di economia pura e di sociologia, sulla quale
investirà il meglio delle sue forze. Egli studiava economia perché aveva bisogno di logica e
ordine, ma allo stesso tempo si dedicava al socialismo perché in esso intravedeva una
carica rinnovatrice, un modello ed un esempio. L’economia pura di Pareto studia l’homo
oeconomicus, cioè colui che desidera il massimo con il minimo sforzo. Secondo lui l’uomo
lasciato libero troverà modo di fare i suoi interessi e quelli degli altri, ma molto spesso
accade che nonostante questo, l’uomo stesso agisce in modo differente e dunque Pareto se
ne domanda la causa, iniziando a riflettere sul comportamento dell’uomo e sul perché
delle sue azioni. Egli afferma che la società si trova in uno stato di equilibrio dinamico,
secondo cui il movimento modifica lentamente la società. Questo movimento è chiamato
EVOLUZIONE. L’evoluzione sociale è una delle più grandi scoperte dell’epoca di Pareto.
Secondo lui la società forma un tutto omogeneo, benchè sia composta da individui tutti
eterogenei. L’altra componente del pensiero di Pareto si imbatte su un naturalismo:
nonostante l’uomo fosse coinvolto da passioni e sentimenti mutevoli, al di sopra di esso
sono presenti leggi di natura che rappresentano quello che è, che deve essere e che non
cambierà mai. Le azioni degli uomini dunque, secondo Pareto, sono raggruppate in tre
classi:
Lo studio di queste classi costituisce l’oggetto della scienza sociale. Il fatto sociale per
Pareto deve essere studiato su due punti di vista: dal punto di vista dell’evoluzione storica
(diacronico) e da un punto di vista sincronico. Secondo Pareto l’uomo, benchè opera
secondo motivi logici, vuole legare logicamente le sue azioni a certi principi, al fine di
giustificare ogni sua azione. In questo modo l’uomo, con le proprie affermazioni, inganna
se stesso e gli altri. Da ciò si deduce che il ragionamento, nell’intelletto umano, viene
ritenuto meno importante del sentimento. La conclusione del percorso di ricerca di Pareto
afferma che lo studio della storia e della politica si fonda sul riconoscimento
dell’astrattezza e inconsistenza pratica dei sogni giovanili. Il nucleo centrale dell’opera di
Pareto è la teoria delle azioni nelle quali prevalgono gli istinti, le passioni e i sentimenti,
chiamati residui, che hanno un’esistenza soggettiva, legata a come gli individui li
generano e li animano. Negli “scritti sociologici minori” Pareto afferma che le azioni
dell’uomo hanno origine non dal ragionamento logico, ma dal sentimento: questo avviene
quando si tratta di azioni non economiche, per le quali invece avviene il contrario. Nello
studio “l’individuale e il sociale”, Pareto nota che l’individuo non potrà mai essere studiato
solo come tale, ma sempre in relazione alla società in cui vive, perché nessun uomo è mai
vissuto isolato e mai sarà possibile farcelo vivere. Per Pareto la storia è un accadere
meccanico, qualcosa di immobile che fa sì che l’uomo, a parte certe eccezioni, sia sempre se
stesso: LA SPECIE PUO’ MUTARE, MA L’INDIVIDUO MUTA POCHISSIMO. Questo
pessimismo scettico di Pareto si fonda d’ora in poi sulla dottrina del sentimento. Nel
manuale di economia politica, i primi due capitoli trattano dell’uomo e del suo egoismo: se
l’uomo non avesse un minimo di benevolenza, la società non potrebbe sussistere. Gli
uomini che sono felici desiderano che lo siano anche i propri simili e nulla è più bello e
rispettabile, anche se c’è il rischio di poter esagerare e di conseguenza guastare senza
volerlo la felicità del prossimo. RESIDUI, DERIVAZIONI, INTERESSE ED
ETEROGENEITA’ SOCIALE compongono il sistema sociale. Tali variabili sono in
continuo rapporto di azione e reazione e determinano il movimento della società. Il
movimento continuo forma, secondo Pareto, la “circolazione delle èlites”. Nel periodo del
dopoguerra Pareto si inizia ad occupare di azione politica e si domanda cosa spinge gli
uomini ad agire politicamente, come nasce, si sviluppa e muore il potere politico. Negli
scritti minori Pareto mostra l’immagine di una società alla ricerca della propria
comprensione. Pareto si rende conto che la democrazia non è più matrice dell’insieme
delle scelte politiche, ma un sistema in cui il conflitto sociale, lo sfruttamento e il dominio
di una classe, sono quasi inevitabili.
Nella ricerca ci si avvale di varie tecniche: indagini esplorative, allo scopo di definire le
opportunità più significative che il mercato offre; indagini descrittive, volte a rilevare il
modo in cui è percepito il prodotto; indagini causali volte a scoprire le correlazioni tra le
caratteristiche dei prodotti presenti sul mercato e le caratteristiche psicologiche dei
consumatori.
Il mercato va analizzato anche rispetto al tema del liberalismo, nato come la dottrina che si
assume la difesa e la realizzazione della libertà in campo politico, si è sviluppato nell’età
moderna anche se, nel corso della storia, la sua concezione originaria ha subito numerose
modifiche. Nel Novecento si sono articolati tre filoni di studio, che rappresentano risposte
e sfide nuove alla storia: la riflessione sul totalitarismo con Popper, riflessione sul welfare
state in relazione agli studi di Von Hayek (“Hayek difende le ragioni del mercato e della
libera iniziativa, scorgendo nella libertà economica il presupposto di ogni altra libertà”) e
la società avanzata di Rawls, di natura kantiana (due principi: attuabile solo se c’è tutela
delle libertà fondamentali, che devono essere uguali per tutti, il secondo è di tener
d’occhio la condizione dei meno avvantaggiati).
In genere le scienze sociali forniscono le definizioni di mercato nelle riflessioni relative al
“Capitalismo”, inteso come il sistema economico che si fonda sulla proprietà privata dei
mezzi di produzione; sulla libertà di perseguire un guadagno attraverso il mercato. E il
mercato viene considerato in relazione al problema dell’accumulazione. L’accumulo di
capitale si ottiene nel sistema del libero mercato grazie all’esclusione delle aziende
concorrenti che non sono in grado di competere con i loro prodotti.
Il sistema in cui vige la libertà economica è regolata dall’andamento del denaro che, con i
suoi comportamenti connessi al consumo, al risparmio, determina la produzione ed il
mercato.
Capitolo quinto
Il concetto di mercato dall’economia alla sociologia
I nessi disciplinari tra sociologia, economia, etica, psicologia e storia sembrano costituire il
percorso più originale per la comprensione e la critica nel senso popperiano della
selezione della complessità del mercato oggi. I profondi cambiamenti culturali che si
sviluppano tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento provocano una
rivoluzione nella visione del mondo e dell’individuo e a questo si aggiunge anche la crisi
del Positivismo. Si affiancano, inoltre, al campo scientifico le riflessioni delle scienze
umane. La certezza e la profonda fiducia diffusa dal Positivismo viene scossa anche in
seguito al diffondersi di una scienza che rivoluziona gli studi psicologici: la PSICANALISI.
Lo studio di Freud mette in discussione le vecchie certezze, introduce il dubbio nel mondo
sicuro che fino ad allora era stato considerato la mente umana, considera un soggetto che
non è padrone delle sue azioni. La crisi dei fondamenti lascia un uomo isolato nella realtà,
rendendo il soggetto individuale e al tempo stesso l’unico riferimento negli studi
scientifici. Anche in campo economico la nuova prospettiva di ricerca assume una portata
rilevante. L’individuo è spinto all’azione da impulsi soggettivi, irrazionali e per questo
non totalmente prevedibili. Per tali ragioni l’economia da sola non può rendere conto dei
fenomeni nella loro completezza e deve dialogare con altre scienze, come la sociologia, che
consentono un’analisi dell’individuo in ogni suo aspetto. Un fenomeno come il mercato
deve essere analizzato, considerando le variabili che lo determinano da un punto di vista
economico, sociale, culturale e psicologico. La riflessione di Pareto si basa sulla
convinzione che i fenomeni economici e sociali siano fortemente correlati. L’economia ha
un proprio oggetto di studio, ma affinchè la sua analisi sia completa ed esaustiva, deve
stabilire un dialogo con le altre scienze.
Lo studio dell’economia non è sufficiente per rendere conto dei fenomeni economici,
soprattutto perché l’economia è frutto del comportamento umano e come tale deve
considerare come oggetto del proprio studio un soggetto che agisce in base alla propria
natura. Gli studi di Menger e Bohm-Bawerk mostrano che lo scambio è necessario alla
società per la soddisfazione dei bisogni dell’individuo. Menger nel 1871 in Principi di
economia politica apre con lo studio della teoria dei bisogni, dal momento che i bisogni
dell’uomo sono il punto di partenza di ogni indagine economica. Secondo Menger le cose
che sono in grado di soddisfare i bisogni umani sono per l’economia cose utili. Se la cosa
utile è riconosciuta come tale ed è disponibile, noi la chiamiamo un bene; per l’economia i
beni sono dunque cose giudicate adatte a soddisfare i bisogni umani e disponibili per
questo scopo. Si ricorre al processo dello scambio, perché questo consente ai soggetti di
impossessarsi dei beni di cui necessitano. Lo scambio si configura così come un processo
mediante il quale i soggetti tentano, con un passaggio di proprietà dei beni, di
soddisfare i propri bisogni. Anche dalla riflessione di Pareto emerge un soggetto attivo,
che decide di partecipare al processo di scambio solo se questo risulta per lui vantaggioso.
Pareto parla di ofelimità per indicare ciò che è utile al soggetto da un punto di vista
economico. L’ofelimità è un valore importante, perché da essa dipende la decisione dei
soggetti di partecipare allo scambio.
L’interconnessione tra economia e sociologia è resa ancora più importante nelle opere di
Von Mises, in cui lo studio economico diventa PRASSEOLOGIA, teoria dell’azione umana.
Trasformando la teoria economica dei prezzi in una teoria generale della scelta umana, si
determina la nascita di una nuova scienza che ha il suo fulcro nell’azione umana: la
prasseologia.
La scelta determina tutte le decisioni umane. La prasseologia, sulla base di questo, si
occupa dell’individuo, unico elemento che agisce sulla base di un ragionamento. Di
conseguenza, l’analisi dei fenomeni economici è affrontata da Mises ponendo al centro
della propria analisi l’azione individuale. Gli unici fattori che indirizzano il mercato e ne
determinano i prezzi sono le azioni intenzionali d’individui. Non c’è nessun automatismo:
ci sono solo individui che mirano consapevolmente a scopi scelti e che deliberatamente
ricorrono a mezzi precisi per raggiungere questi fini.
La proprietà privata è definita come un diritto di natura. C’è da questo punto di vista
un’enorme differenza tra l’uomo e gli animali, privi di ragione. L’animale non governa se
stesso, ma è guidato e governato dalla natura. Ben diversa è la natura dell’uomo. Siccome
egli possiede nella pienezza la vita sensitiva, anche a lui è dato, almeno quanto agli altri
animali, di usufruire di beni fisici e corporei. Il gran privilegio dell’uomo è però
l’intelligenza, ossia la ragione. Bisogna riconoscere all’uomo non soltanto la facoltà
generale di usare delle cose esterne, ma il diritto stabile e perpetuo di possederle.
L’istituzione della proprietà privata è riconosciuta come confacente alla natura dell’uomo
e alla pacifica convivenza sociale, fondamentale per l’autonomia e lo sviluppo della
persona. È così evidenziata l’importanza del lavoro quale espressione immediata della
persona nei confronti del capitale e come attitudine alla responsabilità, alla dignità e alla
personalità. A distanza di quasi cento anni, Giovanni Paolo II, così come Leone X, afferma
che il lavoro è la caratteristica essenziale che distingue l’uomo dalle altre creature. La
capacità di conoscere tempestivamente i bisogni degli altri uomini è anche questo una
fonte di ricchezza nell’odierna società. Così come era stato per Pareto, anche per il
pontefice la formazione di imprenditori efficienti e consapevoli della loro responsabilità
diviene un prerequisito indispensabile. La principale risorsa dell’uomo, insieme con la
terra, è l’uomo stesso e la sua intelligenza che fa scoprire le potenzialità produttive della
terra e le multiformi modalità con cui i bisogni umani possono essere soddisfatti. La
moderna economia di impresa comporta aspetti positivi, la cui radice è la libertà della
persona, che si esprime in campo economico come in tanti altri campi. L’economia è un
settore della multiforme attività umana e in essa, come in ogni altro campo, vale il diritto
alla libertà, come il dovere di fare un uso responsabile di essa. Il fattore decisivo della
produzione è sempre più l’uomo stesso e cioè la sua capacità di conoscenza, che viene in
luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua
capacità di intuire e soddisfare il bisogno dell’altro. Mediante il suo lavoro l’uomo si
impegna non solo per se stesso, ma anche per gli altri e con gli altri. Egli inoltre collabora
al lavoro degli altri, che operano nella stessa azienda e al lavoro dei fornitori o al consumo
dei clienti in una catena di solidarietà che si estende progressivamente. Michael Novak,
nell’esaminare i suoi otto argomenti sulla moralità del mercato, al quarto punto pone
quello “della crescente immaterialità di ciò che la gente desidera comprare”. Kenneth
Adams avverte l’imminenza di una svolta nelle preferenze dei consumatori. Quanto al
profitto, esso è indicatore del buon andamento dell’azienda. Il profitto è un regolatore
della vita dell’azienda, ma non è l’unico; ad esso va aggiunta la considerazione di altri
fattori umani che a lungo periodo sono almeno ugualmente essenziali per la vita
dell’impresa. Si apre così il problema dell’analisi del rapporto tra etica ed economia. Il
mercato non sembra essere più argomento di dibattito dopo la dissoluzione delle
economie pianificate dei paesi dell’Est europeo ed il conseguente caos economico e
politico. La capacità del mercato di porre in relazione persone che tra loro non hanno
nessun tipo di legame preesistente, comporta che i soggetti coinvolti nello scambio si
adeguino al rispetto di alcune regole fondamentali (responsabilità, impegno, rinuncia
all’inganno e alla violenza). La libertà individuale identifica nell’imprenditore uno dei
punti di forza, più idee costituiscono una ricchezza.
Durkheim, sociologo francese, fu attratto dal Positivismo e dalle scienze esatte i cui metodi
volle estendere alle scienze sociali e convinto assertore della necessità di una sociologia
concepita come scienza empirica ed esatta. L’orientamento centrale era quello di ristabilire
l’ordine messo in crisi dalla Rivoluzione Francese. Durkheim intese la società come una
realtà sui generis, che non poteva essere ridotta alla somma delle sue parti, sebbene senza
queste ultime esso non sarebbe nulla. Così riunendosi, attraverso legami durevoli, gli
uomini formano un essere nuovo che ha natura e sue specifiche leggi: è l’essere sociale.
Durkheim riconobbe nella solidarietà sociale un valore maggiore di quello del singolo a
cui quest’ultimo si doveva sottomettere. Nella sociologia di Durkheim c’è una scontata
corrispondenza tra sociale e reale: il sociale è sempre logico. L’autonomia e la progettualità
umana vengono in tal modo cancellate, mentre acquista importanza il sociale.
L’impersonalità e la stabilità divengono le caratteristiche delle norme collettive, ma viene a
mancare la possibilità di creatività per l’individuo. Durkheim affermava che l’elemento
centrale per ogni società è la solidarietà. La solidarietà meccanica è caratteristica delle
società semplici o comunità in cui la divisione del lavoro è minima e la coscienza collettiva
prevale su quella individuale. La solidarietà meccanica è premessa necessaria per lo
sviluppo nelle civiltà borghesi industriali del tipo di solidarietà organica. L’aumento della
popolazione ha comportato l’instaurarsi di maggiori possibilità di interazione e a loro
volta il superamento della società fondata sulla somiglianza delle funzioni e la necessità
della divisione del lavoro. L’impresa viene definita dalle più recenti teorizzazioni
sociologiche come un sistema in continua ed incessante interazione con la società in cui è
inserita. L’impresa, una associazione di uomini stretti da rapporti contrattuali sociali e
politici, sfugge quella visione diffusa che riduce l’azienda a semplice apparato economico
ed è identificabile come un’organizzazione guidata da una razionalità strumentale (il
perseguimento del profitto), ma pure un’associazione di uomini uniti sia da rapporti
contrattuali, sia da rapporti di status. L’organizzazione del lavoro infatti è un’attività
economica, ma anche e soprattutto, un’attività sociale.
La scuola di Francoforte, nella concezione della vita sociale, economica, politica
denominata “teoria critica della società”, denunciò la riduzione della vita umana e
scambio di mercato. Agli albori del Novecento numerosi sociologi hanno ritenuto che la
sociologia fosse nata in concomitanza con gli eventi e le trasformazioni della rivoluzione
industriale. Le analisi e gli studi della sociologia al suo nascere sono stati incentrati nel
campo strettamente economico e rivestiti di forme sociali. I fautori dell’individualismo
liberale affermavano che l’imprenditore è un homo astractus, sono le relazioni sociali che
lo contestualizzano nello spazio e nel tempo. L’uomo appare nella sociologia
essenzialmente come oggetto, come attore di un sistema sociale, come prodotto delle
strutture e delle situazioni, in quanto visto in un’ottica del tutto scientifica; la sociologia è
infatti scienza scientifica.
Capitolo sesto
I flussi e lo scambio
6.1 Il concetto di scambio in Pitrim A. Sorokin
L’incontro tra uomini diversi con idee diverse è un momento fecondo d’interazione di
elementi, in cui con lo scambio si ha un qualcosa di nuovo. Scambio ed interazione fanno
da base alla realtà e soddisfano le esigenze dell’uomo. Così nasce il mercato. Il rapporto tra
uomini, città e mercato riconfigura l’aspetto multidirezionale: senza gli scambi, città e
mercati non sarebbero nati. Jevons definisce il mercato, affermando che in origine era una
piazza pubblica in cui vi era la vendita di oggetti. La parola poi è stata utilizzata per
indicare un gruppo di persone che sono in intime relazioni e negoziano merce. Il sociologo
americano di origine ucraina Sorokin vede la mobilità come condizione necessaria per
favorire gli scambi e gli incontri. Sorokin nasce a Turya, un piccolo villaggio della Russia
del nord nel 1889. Il padre, dopo la morte della madre, comincia a bere e, dopo aver
picchiato violentemente il fratello di Pitrim, viene abbandonato dai figli. Nel 1905 Sorokin
aderisce al partito socialista rivoluzionario, ma viene arrestato; una volta rilasciato, trova
lavoro come precettore a Pietroburgo e riesce a farsi ammettere ad una scuola serale per
completare gli studi. La vocazione per la sociologia nasce quando si iscrive all’Istituto
psico-neurologico diretto da Kovalevsky. Nel 1913 pubblica la prima opera Prestuplenie i
kora, podvig i nagrada; l’anno successivo legge il Trattato generale di sociologia di Pareto. Nel
congresso del partito socialrivoluzionario si schiera con la fazione di destra e fonda il
giornale Il Volia Naroda. Nel 1920 pubblica la dissertazione di dottorato Sistema soziologii,
che viene attaccata dalla stampa comunista; nel 1925 arriva The sociology of Revolution e nel
1927 social mobility. A lui viene affidato l’organizzazione del dipartimento di sociologia ad
Harvard, fino ad arrivare ad essere il presidente della Società Internazionale per lo Studio
Comparato delle Civiltà nel 1962, e nel 1965 è presidente dell’American sociological
Association; tre anni dopo muore.
Capitolo settimo
Lo scambio oggi
Le nuove tecnologie (NICT: New Information and Communication Tecnologies) introducono
cambiamenti sostanziali, favorendo gli incontri e riducendo gli spazi e i tempi. Le NICT
modificano il mercato, partendo dalla definizione di Max Weber: “l’associazione di una
pluralità di soggetti sul mercato è l’archetipo di ogni agire sociale razionale”. Sul fronte
sociologico il mercato rappresenta un insieme e una successione di associazioni razionali.
Il mercato è un processo di costruzione sociale, in cui i soggetti si associano in una
relazione di scambio che devono rinnovare. I soggetti e i beni devono circolare
liberamente come le informazioni; è su queste condizioni che si fonda il mercato e per
poterle soddisfare è necessaria un’istituzionalizzazione del mercato con un interesse a
diversi livelli. A livello culturale, il mercato deve essere oggetto di una valutazione morale
positiva; per l'organizzazione sociale necessita di rapporti strutturati per facilitare
l’incontro di persone, beni e informazioni; a livello psichico si richiede ai soggetti che
trovino gratificante l’agire razionale, rispetto allo scopo. I traffici del mercato si
intensificano grazie alle nuove tecnologie (NICT), in quanto riducono gli spazi, abbassano
i costi delle transazioni procurati dalla distanza. Tutto ciò è possibile grazie alla Rete
Mondiale che connette “computer servitori”; il mercato diventa mercato elettronico, in cui
l’oggetto di scambio può essere convertito in oggetto digitale. Il denaro si trasforma in bit
nella memoria del computer e permette lo sviluppo di un mercato elettronico di capitali.
Nel cyber-mercato è il cliente che dice al produttore quello che deve fabbricare. Ciò è stato
contribuito anche dalla globalizzazione, che negli ultimi anni del Novecento ha permesso
al mercato di ricoprire l’intero pianeta. I rapporti fra Stato e mercato sono molto stretti, in
quanto il primo contribuisce alla creazione del secondo come alla sua limitazione o
distruzione, ma sono anche cambiati, in quanto i confini delle economie nazionali non
sono più identificabili a causa della globalizzazione dell’economia. L’idea del limite, del
confine non appartiene più a questa realtà; il cyber-mercato non ha limiti. L’unica
possibilità di stabilire una regola o un diritto per le transazioni del world wide web è quello
di riprodurre l’antica Lex Mercatoria, diritto convenzionale medievale con mercati che
stabiliscono, nell’atto dello scambio, le regole da rispettare. Nella Rete Globale chi viola
una norma non subisce una pena; il cyber-mercato si presenta così come una realtà
precaria priva di una autorità.