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TALCOTT PARSONS
Il principale esponente del funzionalismo è lo studioso Parsons. Autore del
cosiddetto modello “AGIL”, ci sintetizza la sua concezione di società. La società,
secondo Parsons, deve:
-reperire e trasformare le risorse necessarie per la sopravvivenza del sistema stesso
(adaptation)
-definire e perseguire gli scopi al cui sistema sociale deve tendere (goal attainment)
-regolare i conflitti interni alla società (integration)
-conservare i valori su cui la società si regge e far sì che gli individui li interiorizzino
(Latent pattern maintenance).
A ognuno di questi “doveri” corrisponde un sistema che ha il compito di
occuparsene (es. al sistema economico spetta l’adaptation).
Questi doveri, chiamati anche imperativi, non si ritrovano solo all’interno della
società, ma anche in ogni singolo sistema o istituzione sociale. (es. all’interno della
famiglia bisogna definire degli obiettivi e norme. Nella famiglia, secondo Parsons, i
primi tre imperativi sono attribuiti al padre, l’ultimo alla madre. Ciò era criticato dai
movimenti femministi, che già negli anni 50 rivendicavano per la donna un nuovo
ruolo sociale più attivo.
ROBERT MERTON
Definito come “funzionalista critico”, Merton fa delle osservazioni sulla visione di
Parsons, che mettono in critica la sua visione ottimistica. Secondo Merton il
sociologo deve costruire delle teorie mediando tra i dati empirici e la
generalizzazione troppo astratta. In particolare, critica i tre postulati di base di
Parsons:
1) Il “postulato dell’unità funzionale”, secondo cui in una società tutti i gruppi sociali
cooperano affinché la società sia integrata e sopravviva. Secondo Merton, questo
postulato è applicabile solo alle società semplici e non in assetti sociali più
complessi.
2) Il “postulato del funzionalismo universale”, secondo il quale l’esistenza di
un’istituzione è di per sé sufficiente ad ipotizzane una funzione, e dunque
un’utilità sociale. Ma, per Merton, un’istituzione che nasce come funzionale nel
tempo può diventare disfunzionale.
3) Il “postulato dell’indispensabilità funzionale”, secondo cui ogni bisogno ha
un’istituzione che lo soddisfi. Merton dice che ci sono istituzioni che svolgono
altre funzioni in modo latente (nascosto)
LOUIS ALTHUSSER
Distingue l’apparato repressivo di Stato dagli apparati ideologici di stato.
Apparato repressivo: tutto ciò che si occupa di sedare ciò che va contro le
leggi dello stato, quindi tribunali, prigioni, l’esercito ecc.
Apparato ideologico: è tutto ciò che contribuisce a costruire le idee, tipo
sistemi religiosi, scolastici ecc.
Tra le due tipologie intercorrono 3 differenze:
1-gli organi repressivi fanno tutti parte di un unico apparato, quello dello Stato,
quelli ideologici costituiscono più apparati distinti.
2-l’apparato repressivo è pubblico, quello ideologico è privato
3-portano diverse concezioni del potere, uno viene dall’alto e uno dal basso.
PIERRE BOURDIEU
È autore de “Il dominio maschile” 1998 (parla di violenza simbolica rispetto la
questione di genere) e de “I delfini” 1964 (parla di violenza simbolica nel contesto
scolastico).
In entrambi i libri parla di violenza simbolica, cioè una violenza che viene subita
sottilmente, senza sangue, in modo quasi nascosto.
Ad esempio, si pensa che il mondo sia dominato dal maschio e la donna è portata a
pensare che sia giusto così perché manipolata. La violenza è simbolica perché è
attuata attraverso dei simboli (oggetti, una parola, una pratica ecc.) che vengono
riconosciuti da tutti come indicante una precisa realtà.
DAVID RIESMAN
pubblica il libro “la folla solitaria” 1948 in cui descrive quello che è il tipo umano
prevalente nelle società occidentali: l’individuo eterodiretto, incapace di
autodeterminarsi liberamente e inadatto a relazionarsi con gli altri se non in contesti
di massa.
CHARLES WRIGHT MILLS
È l’esponente più significativo della sociologia statunitense. Nel famoso libro “L’élite
del potere”, del 1956, sostiene che negli Stati Uniti la politica è dominata dal potere
dei grandi gruppi finanziari, militari e industriali. Il capitalismo avanzato esige che si
prendano decisioni fortemente coordinate e di ampia portata, quindi i dirigenti delle
grandi organizzazioni sono costantemente in contatto e spesso assumono in modo
informale decisioni di rilievo politico e sociale.
Nella sua prima grande ricerca “Colletti bianchi” 1951 applica il suo concetto di
immaginazione sociologica. Attraverso un’analisi empirica mostra cosa sia il ceto
medio: un gruppo sociale in netta espansione (dirigenti, medici, avvocati) chiamati
così in opposizione ai “colletti blu”, cioè ai membri della classe operaia. Però,
secondo Mills, si tratta di un ceto incapace di produrre autonomamente idee,
creatività, poiché sono individui che sono modellati dalla società che li manipola
per fini a essi estranei. Quindi godono dell’illusione di un benessere che in realtà
non possiedono.
La scuola di Francoforte
È un gruppo di sociologi e intellettuali che condividevano la stessa prospettiva sulla
società, questi sociologi affrontano nello specifico tematiche diverse ma hanno lo
stesso pensiero. Moli di essi erano ebrei e con l’avvento del nazismo furono costretti
a lasciare la Germani a e a ripararsi negli Stati Uniti.
Le loro opere spiccano negli anni 60 del 900. I principali autori sono:
-Theodor Adorno
-Herbert Marcuse
-Max Horkheimer
HERBERT MARCUSE
Ha scritto “L’uomo a una dimensione” 1964. Sostiene che la società industriale
avanzata ha creato dei falsi bisogni, che hanno integrato gli individui nel sistema di
produzione e consumo attraverso i mass media, le pubblicità ecc. Ciò si traduce in
un universo “unidimensionale” di pensiero e comportamento, in cui l’attitudine e
l’abilità per il pensiero critico e il comportamento di opposizione di allontanano.
Ciò spinge l’uomo verso un consumo costante, che utilizza anche per rispondere alle
sue crisi esistenziali. Contro questo clima prevalente, Marcuse promuove il “Grande
rifiuto”, ovvero il pensiero negativo, come l’unica opposizione adeguata. Cioè una
rivoluzione del pensiero che induca a consumare di meno, a produrre di meno.
Le sociologie comprendenti
Prospettive sociologiche che condividono l’impostazione di Max Waber che vede
l’azione sociale come oggetto proprio dell’indagine sociologica e tendono a
indirizzare le loro analisi verso fenomeni sociali di grandezza ridotta, come le
interazioni sociali.
Il filone più significativo è quello dell’interazionismo simbolico, una corrente di
pensiero che si sviluppa intorno al filosofo, sociologo e psicologo statunitense Georg
Herbert Mead. Però l’espressione “interazionismo simbolico” si deve al sociologo
Herbert Blumer che ha definito gli assunti chiave della prospettiva interazionista in
sociologia:
-gli esseri umani si comporta in base ai significati che le cose hanno per loro
-questi significati sono il frutto di un processo di interpretazione che si sviluppa nel
corso dell’interazione tra le persone
L’interazionismo sottolinea il carattere simbolico della società e il suo costruirsi
come realtà che hanno esistenza e valore nella misura in cui gli individui glieli
conferiscono.
ERVING GOFFMAN
Nelle sociologie comprendenti si colloca anche l’approccio drammaturgico di
Goffman. Nell’opera “La vita quotidiana come rappresentazione”, l’autore paragona
la vita sociale in un’ambientazione teatrale che si compone di palcoscenico e di un
retroscena, in cui gli individui recitano delle parti. Lo stesso pubblico che osserva
l’attore, recita anch’esso. Nel retroscena le persone non recitano.
Ne segue che tutta la vita sociale è una rappresentazione che i gruppi mettono in
scena tra loro, dividendosi alternativamente in gruppo di performance (che agisce) e
gruppo di audience (che assiste all’esibizione).
Studiare le pubblicità
Nell’opera “Gender Advertisements” Goffman analizza il mondo delle pubblicità.
L’opera pende in esame degli annunci pubblicitari degli anni 70, per esaminare in
che modo il genere sessuale delle persone influisca sulla maniera in cui queste lo
rappresentano. Giunge alla conclusione che nelle pubblicità la figura femminile e
quella maschile vengono raffigurate in modo diverso, in modo da esprimere valori
differenti.
Maschio: autorità e potenza
Femmina: subordinazione e passività
Le donne, infatti, vengono rappresentate in posture più dimesse e arrendevoli,
sdraiate, con lo sguardo basso. Si limitano a sfiorare o accarezzare gli oggetti, ma
mai li prendono in mano; la mamma e la figlia sono vestite quasi sempre uguali e
sono impegnate nella stessa attività a differenza degli uomini che spesso sono
rappresentati diversi tra loro simbolo della loro individualità.
La prospettiva fenomenologica
La sociologia fenomenologica si inserisce nella branca dell’interazionismo; nasce agli
inizi degli anni 50 e si configura come quella disciplina che attribuisce primaria
importanza alla struttura intenzionale della coscienza umana alla fine di
interpretare, comprendere e spiegare l’azione sociale.
Si propone di studiare il senso comune (cioè i significati di senso attribuiti da una
comunità ai fenomeni e agli oggetti circostanti), che fonda la vita e l’agire
quotidiano, al fine di dimostrare che le situazioni sociali sono vissute e costruite dai
singoli individui. Fa capo al filosofo tedesco Husserl, ma in sociologia l’approccio
fenomenologico è stato inaugurato da ALFRED SCHUTZ. Nell’opera La fenomenologia
del mondo sociale, Schutz identifica l’oggetto della sociologia con la sfera della vita
quotidiana, fatte da routine che il senso comune da per scontate ma che sono
attuabili solo grazie a delle elaborazioni concettuali chiamati “tipizzazioni” (che
determinano la routine quotidiana dell’individuo). Schutz parla di province finite di
significato, cioè dei mondi immaginati e condivisi che creano linguaggi e danno
significati diversi ad uno stesso oggetto (es. scienza, arte, religione).