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di Federico Primosig1
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stione politica il governo dell’Italia, Lenin invece le strutture
economiche.
Il terzo tipo di filosofia politica, di maggior interesse a mio
avviso, è la filosofia politica di tipo tattico, che, in una battu-
ta, potrebbe dirsi basata sull’idea che non esiste un centro di
emanazione del potere ma esistono vari luoghi indifferenti
che emanano potere contemporaneamente. Un’immagine
adatta a riassumere tale punto di vista potrebbe essere quella
di una fitta rete di linee che s’intersecano. Rappresentanti di
una filosofia politica di tipo tattico potrebbero essere l’anar-
chismo, sia storico, sia in rapporto al dibattito contempora-
neo, e quella corrente noto sotto il nome di post-strutturali-
smo4, su cui eviterò di dilungarmi ma nella quale possono
essere inseriti Michel Foucault, Gilles Deleuze e Jean Francois
Lyotard. Sia gli anarchici sia i post-strutturalisti vedono
opportunità d’intervento politico in una molteplicità di luo-
ghi di conflitto, senza stabilire la priorità di una lotta rispetto
le altre. Fedele all’esposizione di Todd May a questo punto,
tenterò di tracciare un breve percorso filosofico politico che
consenta di mettere a fuoco le differenze e le similitudini esi-
stenti tra Michel Foucault e gli altri filosofi politici a lui vicini.
Partiamo dall’analisi della filosofia politica strategica, da
Lenin. Il testo fondamentale di Lenin, il Che fare5, fu scritto
nel 1905 per dare indicazioni ai comunisti russi appunto sul
da farsi nella fase delicata che si trovavano a dover affronta-
re. Sinteticamente possiamo delineare il leninismo come una
filosofia caratterizzata da tre elementi: un’unica lotta, un’u-
nica teoria, un’unica leadership. Un’unica lotta perché la
lotta di classe è per Lenin la lotta centrale, su cui bisogna con-
centrarsi, non è una lotta tra le altre ma è la lotta determi-
nante; un’unica teoria perché una teoria o è a favore della
rivoluzione oppure aiuta la borghesia a prevenirla. Un’unica
leadership poiché in quella fase storica, a parere di Lenin, i
proletari non potevano cogliere immediatamente la necessità
di compiere una rivoluzione perché la gestione riformistica,
sindacalista, era in grado far fronte ai bisogni immediati del
FEDERICO PRIMOSIG
La situazione che si svilupperà dopo questa guerra fonda-
tiva, sarà in realtà, una situazione di guerra permanente
nascosta dalla pace, Hobbes stesso porta come esempio il
fatto che il viaggiatore prima di partire chiude con il chiavi-
stello la propria casa perché sa che esiste una guerra perma-
nente tra i ladri e coloro che possono essere derubati così
come questa guerra esiste tra gli stati, che sono come dei
guerrieri che stanno uno di fronte all’altro fissandosi pronti
ad estrarre le spade. È all’interno di quest’orizzonte di guer-
ra nascosta dalla pace che bisognerà calibrare l’agire politico.
È all’interno di questo paradigma che si formerà l’idea di
microfisica del potere di Michel Foucault.
Questa rielaborazione di Clausewitz, Hobbes e Nietzsche
costituisce il terreno su cui l’analitica del potere di Michel
Foucault prenderà corpo, essa non vedrà il potere come iden-
tificato nello stato ma come un insieme di rapporti, come un
potere che passa attraverso i corpi, attraverso le relazioni
sociali, attraverso gli atteggiamenti, attraverso i rapporti di
genere, quindi uomo-donna ma anche donna-uomo, attra-
verso l’istruzione, attraverso la famiglia, attraverso quelle
che possono essere nominate pratiche e su cui presto ci sof-
fermeremo. Il fatto che il potere non possa essere identificato
nello stato ha trovato il suo esempio pratico nella storia
dell’Unione Sovietica. Prendere il possesso del potere statua-
le senza cambiare le strutture che sottostanno a questo pote-
re cioè le gerarchie sociali, la famiglia, la sessualità, il modo
di vivere, di concepire il corpo, riprodurrà comunque una
situazione di dominio. Il potere passa attraverso e ricopre
tutta la sfera sociale, ma per sfera sociale non si intende uno
spazio vuoto che queste relazioni dovrebbero andare a riem-
pire, la sfera sociale è composta dalle relazioni stesse. Il ter-
mine che potrebbe aiutare a comprendere quest’idea di sfera
sociale è una parola deleuzeiana: rizoma. Il rizoma è una
radice aerea che si ramifica da ogni parte si lega ad altre radi-
ci senza un’origine o un centro riconoscibile. Il cercare una
sfera sociale indipendente che le relazioni andrebbero a riem-
pire, sarebbe come la ricerca di un fondamento, e per
Deleuze questo tipo di attitudine fa parte di un pensiero
arborescente, ben diverso dal pensiero rizomatico (il rizoma
per l’appunto è diverso dall’albero, visto come simbolo della