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La scuola raccolse studiosi di diverse discipline e ambiti culturali, ma la linea di pensiero che ha accomunato
tutti gli esponenti risiede nel marxismo e nella critica della società presente, tendente a smascherare le
contraddizioni del contemporaneo vivere collettivo.
Il loro progetto riprendeva l’indagine di Karl Marx di cui eliminarono il carattere ortodosso e quello
economico, poiché cercarono di estendere il suo pensiero nelle numerose discipline di tutti i componenti.
Infatti, la teoria critica non è altro che un forte intreccio tra ricerca sociale, psicoanalisi e filosofia. Essa non
è atro che una ricostruzione della genesi storica.
Il primo periodo di attività della scuola si inquadra nel primo dopoguerra, tra gli anni venti e gli anni trenta;
all'avvento del nazismo l’istituto venne chiuso (nel 1933) e il gruppo lasciò la Germania e si trasferì
dapprima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York, dove continuò la sua attività.
Le origini marxiste
Ciò che unì da prima gli studiosi della scuola di Francoforte fu l’intento di promuovere un rinnovamento
della ricerca Marxista. Uno di questi studiosi, ossia, Theodor Adorno ricoprì che la società capitalista il fine
dell’esistenza non era altro che la produzione, l’uso della forza lavoro per produrre e il consumo della
produzione per produrre ancora.
Riconoscendo questo ci si aspetta dai componenti della società una rivoluzione, ma uesta rivoluzione non
c’è. Nonostante i sommovimenti operai, nei paesi più sviluppati i conflitti si attenuano e la classe operaia
sembra aver abbandonato la voglia di rivoluzionarsi.
Tutto ciò dimostrò agli studiosi di Francoforte che una teoria economicista non poteva spiegare ciò che
davvero, quasi irrazionalmente, poteva invece spingere degli individui a non seguire i propri interessi.
- Marcuse, invece, procedette ad incrementare lo studio Freudiano nella propria opera “Eros e
civiltà”. Osservando che il progresso della civilizzazione aveva portato ad assopire alcune delle
pulsioni istintive dell’uomo, quasi allontanandolo dalla natura. Lo sviluppo del capitalismo portò
però il rapporto uomo-natura a un livello successivo, portandoli a quello che Marcuse chiama
“Edonismo”, che per lui rimanda alla capacità degli uomini di godere della vita entro i limiti della
vita stessa.
Viene così rivalutato il momento di passaggio fra ragione e intelletto, Horkheimer in “Eclisse della ragione”,
evidenzia questo processo fra il passaggio dall’illuminismo al positivismo:
Nella “Dialettica Dell’illuminismo”, di Adorno e Horkheimer, il discorso poi si fa più complesso. Il testo non
delinea più l’illuminismo come un periodo storico determinato, bensì delinea tutta la civiltà occidentale che
ha come unico progetto quello di razionalizzare il mondo. Purtroppo però, la razionalizzazione del mondo
comprende un nesso intersecabile tra ragione e dominio.
La ragione comprende il mondo solo al prezzo di dominarlo, e dunque trasformarlo. Ma nel compimento
di questo progetto, l’uomo si estrania dalla natura.
Nell’opera si fa rifermento all’emblematica storia di Ulisse e delle sirene narrata nell’Odissea : Ulisse teme
il canto delle sirene e per oltrepassare lo scoglio, costringe i suoi compagni a remare con le orecchie
tappate. Lui però sceglie di conoscere il loro canto, e per non subirne il richiamo, si fa legare, reprimendosi.
Rifacendoci a questo esempio potremo guardarci da come sia impossibile separare dominio e natura e
come ogni progetto razionale sia in linea di principio condannato allo scacco.
L’illuminismo non va pero sostituito con l’irrelazionismo, va piuttosto accompagnato da una critica
permanente.
La forza di questo tipo di critica sta nella possibilità, che vengono messe a confronto non solo con cio che
esiste ma anche con cio che potrebbe esistere.
Per quanto il processo di razionalizzazione pero si sia dispiegato dentro di noi e per quanto ci siamo
sforzati di adattarci, permane dentro di noi il ricordo di qualcosa che resiste alla razionalizzazione e d è il
ricordo del desiderio della felicità.