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• Nell’opera Eclisse della ragione del 1947 H. distingue una ragione oggettiva e una
ragione soggettiva.
• RAGIONE OGGETTIVA: la ragione dei grandi sistemi filosofici (Platone, Aristotele, la
scolastica e l’Idealismo tedesco) che consiste in una ragione universale in grado di
fungere da sostanza della realtà (ragione come principio immanente alla realtà) e da
criterio del conoscere e dell’agire.
• RAGIONE SOGGETTIVA: si rifiuta di riconoscere uno scopo ultimo o, in generale, di
valutare i fini, limitandosi soltanto a determinare l’efficienza dei mezzi; è la ragione
stessa della civiltà industriale, ossia di un tipo di organizzazione sociale che,
perseguendo come unico scopo, il dominio della natura e degli uomini, risolve la
razionalità nella funzionalità, il sapere nella tecnica, la verità nell’utilità, generando un
tipo d’uomo asservito alle esigenze produttive, un uomo che non si interroga mai sui fini
ultimi della società, ma si limita alla semplice riflessione tecnica sui mezzi atti ad
estendere i poteri dell’industria e quindi del capitalismo.
• Da ciò il paradosso tipico della nostra epoca: tutta razionalizzata e tecnicizzata per
quanto riguarda i mezzi (compresi i lager) ma sospesa alle scelte irrazionali del potere
per quanto concerne i fini.
Horkheimer e Adorno, La Dialettica dell’Illuminismo (1947)
• In quest’opera il concetto di Illuminismo subisce un forte ampliamento di significato
e cessa di indentificarsi con ciò che gli storici della cultura intendono quando usano
questo termine per diventare una categoria tipico-ideale che indica quella linea del
pensiero borghese moderno , che partendo da Cartesio e Bacone, celebra i suoi trionfi
nella cultura del ‘700 e più tardi nel Positivismo, nel Neopositivismo e nel
Pragmatismo. L’illuminismo di cui parlano i francofortesi si identifica con la LOGICA
DEL DOMINIO che sta alla base della prassi dell’Occidente, ossia con quel complesso
di atteggiamenti che, dalla realizzazione dei primi strumenti alla creazione della
centrale atomica, ha perseguito l’ideale di una RAZIONALIZZAZIONE DEL MONDO tesa
a renderlo plasmabile e soggiogabile dall’uomo. In questo senso l’apice
dell’Illuminismo è rappresentato dalla moderna società industriale.
• L’Illuminismo e l’intera civiltà occidentale risultano segnati da una interna dialettica
auto-distruttiva, poiché la pretesa di accrescere sempre di più il potere sulla natura
tende a rovesciarsi in un progressivo dominio dell’uomo sull’uomo e in un generale
asservimento dell’individuo al sistema sociale.
• Il destino dell’Occidente è simbolicamente racchiuso nel racconto omerico
dell’incontro di Ulisse con le sirene.
«L’Illuminismo ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di
renderli padroni. Ma la terra illuminata splende all’insegna di trionfale sventura…»
«Il sapere che è potere, non conosce limiti, né all’asservimento delle creature, né nella
sua docile acquiescenza (condiscendenza inerte) ai signori del mondo»
Horkheimer e Adorno, La Dialettica dell’Illuminismo
• Noi viviamo in una società «totalmente amministrata» e in essa «la condanna naturale
degli uomini è oggi inseparabile dal progresso sociale». Difatti:
• «l’aumento della produttività economica, che genera, da un lato, le condizioni di un
mondo più giusto, procura, d’altra parte, all’apparato tecnico e ai gruppi sociali che ne
dispongono, un’immensa superiorità sul resto della popolazione. Il singolo, di fronte alle
potenze economiche, è ridotto a zero. Queste, nello stesso tempo, portano a un livello
finora mai raggiunto il dominio della società sulla natura. Mentre il singolo sparisce
davanti all’apparato che serve, è rifornito da esso meglio di quanto non sia mai stato.
Nello stato ingiusto l’impotenza e la dirigibilità della massa cresce con la quantità di
beni che le viene assegnata».
• Al progresso delle risorse tecniche che potrebbero servire ad «illuminare» la mente
dell’uomo si accompagna un processo di disumanizzazione e il progresso minaccia di
distruggere proprio quello scopo che dovrebbe realizzare: «l’idea dell’uomo».
• L’idea dell’uomo, la sua umanità, la sua emancipazione, il suo potere di critica e di
creatività sono minacciati perché lo sviluppo del sistema della civiltà industriale ha
sostituito i fini con i mezzi, ha mutato la ragione in uno strumento per raggiungere fini
dei quali la ragione non sa più nulla.
• Dal momento in cui nasce «l’individuo si sente continuamente ripetere una lezione: c’è un
solo modo di farsi strada nel mondo, e cioè rinunciare a se stesso. Il successo si consegue
solo attraverso limitazioni […] L’individuo deve dunque la salvezza al più antico espediente
biologico di sopravvivenza, il mimetismo».
L’ULTIMO HORKHEIMER: I LIMITI DEL MARXISMO E LA «NOSTALGIA» DEL
TOTALMENTE ALTRO
• MARX • HORKHEIMER
• Nasce a Berlino nel 1898; studia a Berlino e a Friburgo (dove conosce Husserl e
Heidegger)
• 1966: docente onorario dell’Università di Berlino Ovest, dove nel 1967 partecipa
ad un dibattito sul movimento studentesco, che vede in lui uno dei suoi ispiratori
• 1955: Eros e civiltà : La civiltà ha potuto svilupparsi solo grazie alla repressione
degli istinti e della ricerca del piacere, garantendo così la propria produttività e
mantenendo l’ordine. «Gli istinti devono essere deviati dalla loro meta, ed essere
inibiti nel loro scopo. La civiltà comincia quando si è rinunciato efficacemente
all’obiettivo primario – alla soddisfazione integrale dei bisogni».
• Si verifica così uno spostamento da: soddisfazione immediata a soddisfazione
differita, da piacere a limitazione del piacere, da gioia (gioco) a fatica (lavoro) da
recettività a produttività da assenza di repressione a sicurezza.
• «Freud - dice Marcuse – ha descritto questo cambiamento come la trasformazione
del principio di piacere in principio di realtà». La modificazione repressiva degli
istinti è per Freud una conseguenza «dell’eterna lotta primordiale per l’esistenza
che continua fino a giorni nostri».
LA CRITICA DI MARCUSE A FREUD
• Marcuse critica questa eternizzazione ed assolutizzazione del contrasto tra il principio di piacere
e quello di realtà in quanto per Marcuse questo non va pensato come un contrasto metafisico o
eterno, dovuto ad una misteriosa natura umana, ma COME il prodotto di una specifica
organizzazione storico-sociale.
• Secondo Marcuse, infatti, non è la civiltà in quanto tale ad essere repressiva (come sosteneva
Freud) ma solo la società di classe, ovvero quella particolare forma storica di società che si è
delineata in Occidente chiedendo un surplus di inibizione degli istinti rispetto a quello
strettamente necessario per una qualsiasi forma di convivenza sociale.
• La società occidentale si regge sul principio di prestazione che considera il singolo un’entità per
produrre e reprime le richieste umane di felicità e di piacere.
• La memoria degli impulsi repressi però è conservata nell’inconscio, dove «il passato continua a
far valere le proprie esigenze verso il futuro: e fa nascere il desiderio di un paradiso ricreato in
base alle conquiste della civiltà».
• Il represso riemerge nell’arte, che esprime il desiderio umano di libertà e la creatività non
alienata.
• Inoltre, il progresso tecnologico ha generato le premesse per una liberazione della società
dall’obbligo del lavoro, per una dilatazione del tempo libero; tuttavia, il progresso tecnologico
non viene abbandonato a se stesso, ma viene controllato e guidato: il potere, conscio della
possibilità del crollo del sistema, soffoca le potenzialità liberatrici e perpetua una stato di
necessità ormai non più necessario.
• Di qui l’importanza della filosofia che, pur non dicendo come sarà il regno di utopia, l’annuncia,
mentre denuncia gli ostacoli sulla sua strada.
L’UOMO A UNA DIMENSIONE (1964)
• L’uomo a una dimensione viene pubblicato nel 1964 negli stati Uniti e appare in
italiano e in tedesco nel 1967; il libro incontrò immediato interesse e consenso dei
giovani, in Europa più che negli stati Uniti. I giovani del ‘68 vi trovarono gli
argomenti e le parole atte a conferire forma definitiva a un’idea che circolava già
da tempo in Europa, specialmente in Italia, Germania e Francia.
• Era l’idea che le società europee, uscite ormai da oltre vent’anni dall’esperienza
del fascismo e della guerra e dedicatesi con conclamata devozione alla pratica
della democrazia, ricca di promesse per un continuo e dinamico rinnovamento di
rapporti sociali, uomini e idee, fossero divenute, in realtà, ciascuna a suo modo,
forme di società bloccata, incapace di rigenerarsi, di trasformarsi, di prospettare
autentiche alternative, sul piano politico, economico e culturale.
• Seconda Marcuse una società non può continuare ad incivilirsi, non può produrre
individui consapevoli e autodeterminati, se non sa dialogare al proprio interno, o
all’esterno, con qualche forma di opposizione radicale, se non sa interagire con
forze che rappresentano un rischio perenne ed una sfida, mettendo in forse la sua
identità e costringendola a non bloccarsi, a continuare a crescere.
• Ora l’uomo a una dimensione è l’uomo che vive in una società ad una
dimensione, società giustificata e coperta da una filosofia a una dimensione.
L’UOMO A UNA DIMENSIONE