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Theodor Wiesengrund Adorno

La "dialettica negativa"
In Dialettica negativa (1966) Adorno (1901-1969) fa una scelta precisa per l' Hegel " dialettica "
contrapposto all' Hegel " sistematico "; sceglie il potenziale critico (o "negativo") della dialettica
consegnata nella Fenomenologia dello spirito, rifiutando la dialettica come sistema cos come questa si
delinea nella Logica e nella Filosofia del diritto. Contro la dialettica della sintesi e della conciliazione,
Adorno punta sulla dialettica della negazione, sulla dialettica negativa, sulla dialettica cio che nega
l'identit tra realt e pensiero e che scardina, quindi, le pretese della filosofia di afferrare la totalit del
reale, di rivelarne il " senso " nascosto e profondo.
Gi nella sua prolusione del 1931 (L'attualit della filosofia) Adorno aveva detto che "chi sceglie oggi il
lavoro filosofico come professione, deve rinunciare all'illusione con la quale prendevano precedentemente
l'avvio i progetti filosofici: che sia possibile afferrare, in forza del pensiero, la totalit del reale". Questa
un'illusione come attesta il fallimento delle metafisiche tradizionali, della Fenomenologia, dell'Idealismo,
del Positivismo, del Marxismo ufficiale o dell'Illuminismo. Allorch queste teorie si presentano come
teorie positive, esse si trasformano in ideologie: "la filosofia, quale oggi si spaccia, non serve ad altro -
scrive Adorno - che a mascherare la realt e ad esternizzare il suo stato presente ". Solo affermando la
non identit di essere e pensiero pu venir garantito il non camuffamento della realt che non si offre
affatto armonica o, comunque, dotato di senso: noi viviamo dopo Auschwitz e " il testo che la filosofia
deve leggere incompleto, pieno di contrasti e lacunoso e molto vi pu essere attribuito alla cieca
demonia". Solo affermando la non identit di essere e pensiero possiamo sperare di smascherare i sistemi
filosofici che tentano "di eternizzare " lo stato presente della realt e di bloccare qualsiasi azione
trasformatrice e rivoluzionaria.
La dialettica la lotta contro il dominio dell'identico, la ribellione dei particolari al cattivo universale. In
verit, scrive Adorno nei Tre studi su Hegel (1963), " la Ragione diventa impotente ad afferrare il reale
non per la sua propria impotenza, ma perch il reale non Ragione". Per questo, compito della dialettica
negativa quello di sconvolgere le false sicurezze dei sistemi filosofici, portando a luce il non-identico che
essi reprimono, ponendo attenzione all'individuale e al diverso che essi trascurano.
In breve, la dialettica negativa di Adorno cerca di infrangere le "totalit" in filosofia e nella politica. Essa
una salvaguardia delle differenze, dell'individuale e del qualitativo. Essa vuol essere la difesa contro
una cultura "colpevole e miserevole ", giacch nessuno pu nascondere il fatto che, dice Adorno in
Dialettica negativa, "tutta la cultura dopo Auschwitz, compresa la critica urgente ad essa, spazzatura".
Adorno e la sua collaborazione con Horkheimer: la dialettica dell'Illuminismo
Una volta compreso l'intento di fondo della dialettica negativa, non pi una difficolt capire il modo in
cui Adorno regoli i conti non solo con le correnti della filosofia moderna e contemporanea, ma anche con
le concezioni politiche, i movimenti artistici e i mutamenti sociali della nostra epoca.
Dichiaratamente vicino al Marxismo, Adorno ne respinge tutte quelle forme dogmatiche che sanno a priori
in quale casella sistemare un fenomeno senza per conoscere nulla del fenomeno. Contrario alla
sociologia di tipo umanistico "La sociologia non una scienza dello spirito", giacch i suoi problemi non
sono i problemi della coscienza o dell'inconscio, ma problemi riguardanti "la relazione attiva tra l'uomo e
la natura e le forme obbiettive dell'associazione fra uomini, non riconducibili allo spirito come struttura
interiore dell'uomo "), Adorno ha duramente criticato la sociologia di stampo empiristico (o positivistico)
che non riuscirebbe a scorgere la peculiarit tipica dei fatti umani e sociali nei confronti di quelli naturali '
Questo attacco frontale (a volte violento, a volte ingiusto ma di rado poco interessante) contro la cultura
contemporanea , in effetti, un attacco contro quelle che Adorno reputa fuorvianti immagini della realt,
dove ogni cosa torna; immagini che cos non svolgono altra funzione che quella di servire il potere, invece
di dar voce ad una realt dissestata come quella della societ capitalistica.
E proprio della societ capitalistica o, meglio, della societ moderna, capitalista e comunista, Adorno e
Horkheimer ci offrono il loro giudizio nella nota opera Dialettica dell'Illuminismo (1949), un'opera che si
presenta come un'analisi della societ tecnologica contemporanea.
Con Illuminismo i due Autori non intendono soltanto quel movimento di pensiero che ha caratterizzato
l'epoca dei lumi; loro piuttosto pensano ad un tragitto della ragione che, partendo gi da Senofane, ha
inteso nazionalizzare il mondo, renderlo manipolabile e soggiogabile da parte dell'uomo. " L'Illuminismo,
nel senso pi ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obbiettivo di togliere
agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di
trionfale sventura". L'Illuminismo, infatti, va incontro all'autodistruzione, e questo accade perch
l'Illuminismo rimasto "paralizzato dalla paura della verit". In esso ha prevalso l'idea che il sapere
tecnica piuttosto che critica. E la paura di allontanarsi dai fatti " fa tutt'uno con la paura della deviazione
sociale". In questo modo si persa la fiducia nella ragione oggettiva, quel che importa non la verit
delle teorie ma la loro funzionalit: funzionalit in vista di fini sui quali la ragione ha perso ogni diritto. La
ragione, in altri termini, pura ragione strumentale. Essa del tutto incapace di fondare o di mettere in
discussione quegli scopi o finalit su cui gli uomini orientano la propria vita. La ragione ragione
strumentale perch pu unicamente individuare, costruire e perfezionare gli strumenti o i mezzi adeguati
al raggiungimento di fini stabiliti e controllati dal "sistema". Noi viviamo in una societ totalmente
amministrata, e in essa " la condanna naturale degli uomini oggi inseparabile dal progresso sociale".
Difatti "l'aumento della produttivit economica, che genera, da un lato, le condizioni di un mondo pi
giusto, procura, d'altra parte, all'apparato tecnico e ai gruppi sociali che ne dispongono, una immensa
superiorit sul resto della popolazione. Il singolo, di fronte alle potenze economiche, ridotto a zero.
Queste, nello stesso tempo, portano a un livello finora mai raggiunto il dominio della societ sulla natura.
Mentre il singolo sparisce davanti all'apparato che serve, rifornito da esso meglio di quanto non sia mai
stato. Nello Stato ingiusto l'impotenza e la dirigibilit della massa cresce con la quantit di beni che le
viene assegnata".
L'industria culturale
Per raggiungere la sua funzionalit, il "sistema", che la societ tecnologica contemporanea, ha posto in
atto, tra i suoi principali strumenti, un apparato possente: l'industria culturale.
Questa costituita essenzialmente dai mass-media (cinema, televisione, radio, dischi, pubblicit,
rotocalchi, ecc.). P- con i mass-media che il potere impone valori e modelli di comportamento, crea
bisogni e stabilisce il linguaggio. E questi valori, bisogni, comportamenti e linguaggio sono uniformi
perch devono raggiungere tutti; sono amorfi, asettici; non emancipano, non stimolano la creativit; anzi
la bloccano perch abituano a ricevere passivamente i messaggi. "L'industria culturale ha perfidamente
realizzato l'uomo come essere generico. Ognuno soltanto ci per cui pu sostituire ogni altro: fungibile,
un esemplare. Egli stesso, come individuo, l'assolutamente sostituibile, il puro nulla [... ] ".
E questo lo si vede anche nel divertimento: questo non pi il luogo della ricreazione, della libert, della
genialit, della gioia vera. E' l'industria culturale che fissa il divertimento e i suoi orari. L'individuo
subisce ancora. Come subisce le regole del "tempo libero", che tempo programmato dall'industria
culturale. "L'apoteosi del tipo medio appartiene al culto di ci che a buon prezzo". In questo modo,
l'industria culturale non che veicoli un'ideologia, essa stessa ideologia; l'ideologia dell'accettazione
dei fini stabiliti da "altri", cio dal sistema.
E' cos che l'Illuminismo si rovesciato nel suo contrario. Voleva eliminare i miti, e ne ha creati a
dismisura. Nella definizione di Kant "l'Illuminismo l'uscita dell'uomo da uno stato di minorit di cui egli
stesso colpevole. Minorit l'incapacit di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro".
Senonch, oggi, l'individuo zero ed guidato da "altri". Una volta si diceva che il destino dell'individuo
era scritto nel cielo; oggi possiamo dire che fissato e stabilito dal "sistema".
Cos stanno, dunque, le cose per Adorno ed Horkheimer, i quali non disperano ma ammoniscono che "se
l'Illuminismo non accoglie in s la coscienza di questo momento regressivo, firma la propria condanna". E
questo non deve accadere perch quel che occorre "conservare, estendere, dispiegare la libert, anzich
accelerare la corsa verso il mondo dell'organizzazione".

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