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Giovanni Gerardi
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La critica di Hegel al cosmopolitismo kantiano 739
3 Cfr. De Pascale, Carla: “Guerra, dialettica, progresso fra Kant e Hegel”. In:
Filosofia e guerra nell’et dell’Idealismo tedesco. A cura di G. Rametta. Milano
2003, 29 – 50.
4 Cfr. Mori, Massimo: La ragione delle armi. Guerra e conflitto nella filosofia classica
tedesca (1770 – 1830). Milano 1984.
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5 Cfr. GTP, AA 08: 312.24 – 30; trad. it. di F. Gonnelli: “Sul detto comune”. In:
Scritti di storia, politica e diritto. Roma-Bari 2004, 158.
6 Cfr. Bonito Oliva, Rossella: “La critica di Hegel al cosmopolitismo”. In: L’idea di
cosmopolitismo, circolazione e metamorfosi. Napoli 2002, 365 s.
7 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich: GW. Bd. 8, 275; trad. it di G. Cantillo:
Filosofia dello spirito jenese. Roma-Bari 2008, 162.
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La critica di Hegel al cosmopolitismo kantiano 741
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criterio ad essere fatto valere in senso normativo rispetto alle relazioni che
gli Stati stringono tra loro. Per quanto l’ipotesi di uno Stato mondiale
venga respinta in favore di quella di una federazione di Stati, anche questa
viene pensata secondo le modalit peculiari del modello contrattualistico:
gli Stati, cos come i singoli individui, devono accordarsi e definire un
vincolo giuridico fondato su criteri oggettivi, ed À questo vincolo che
rappresenta il criterio cui essi devono guardare nell’agire e nel definire le
proprie decisioni. Il contratto, in questo senso, deve essere considerato il
concetto chiave che Kant adopera nell’elaborazione del proprio pacifismo
istituzionale, cos come nella definizione della propria prospettiva co-
smopolitica.
Che l’idea di una pace perpetua, risultante da un contratto stipulato
fra gli Stati, svolga nella riflessione kantiana una funzione puramente
regolativa, À agli occhi di Hegel cosa chiara, tanto da risultare fuorviante
ogni lettura che interpreti la sua critica nel senso della constatazione
dell’irrealizzabilit di un tale progetto. Lo stesso Hegel, inoltre, nello
stabilire la determinazione fondamentale delle relazioni interstatali, fa
riferimento al concetto di contratto: trattandosi di relazioni tra indivi-
dualit autonome, il loro legame puý essere regolato solamente attraverso
una relazione esteriore come quella contrattuale. Pertanto la differenza tra
i due filosofi non puý essere indicata nel grado di fiducia rispetto alle
probabilit di realizzazione di una pace perpetua e nemmeno nel riferi-
mento al contratto quale vincolo formale capace di regolarne i rapporti
interstatali. Essa, piuttosto, deve essere indicata – oltre che nell’insistenza
kantiana sull’auspicabilit della pace e sulla necessit dell’impegno a un
suo conseguimento, che invece in Hegel À del tutto assente – in una
diversa valutazione dello stesso modello contrattualistico da parte dei due
filosofi. Dal punto di vista hegeliano, coerentemente con l’accettazione di
alcuni motivi di fondo dell’organicismo politico, razionale À un’unione di
tipo organico; intellettuale, al contrario, À un unione di tipo meccanico.
Cadendo il contratto sotto la seconda tipologia di relazione, esso non
potr in alcun modo rappresentare un’unione di tipo razionale, ma so-
lamente di tipo intellettuale. ð per questo che interpretare lo Stato come
il risultato di un contratto significa secondo Hegel misconoscere la sua
natura organica e negargli in questa maniera la razionalit che gli ap-
partiene. ð per questo, inoltre, che se in Kant tra relazioni interindivi-
duali e relazioni interstatali esiste una continuit garantita dal riferimento
al modello del contratto, in Hegel questa continuit risulta assente: per
lui l’elemento contrattualistico si limita alla sfera del diritto privato,
mentre lo Stato À fatto di relazioni organiche che non possono essere
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La critica di Hegel al cosmopolitismo kantiano 743
estese al di l dello Stato stesso.10 Si puý dire per questa ragione che, se in
Kant l’assunzione del contratto quale riferimento delle decisioni dei
singoli Stati fornisce loro il pi¾ alto valore razionale, Hegel gli nega invece
la razionalit quale valore intrinseco. Ciý che agli occhi di Kant si pre-
senta come modello ideale, in questo senso, agli occhi di Hegel non À
ancora abbastanza; vale a dire – in altri termini – che quanto per Kant,
nella sua forma pi¾ adeguata, corrisponde alle esigenze della ragione, per
Hegel non À sufficiente nemmeno a definire un contesto unitario, che sia
veramente razionale.
Nonostante sia Hegel che Kant facciano ricorso al modello contrat-
tualistico per definire la natura delle relazioni interstatali, le loro inten-
zioni risultano dunque profondamente differenti, cos come differenti
sono le conclusioni che arrivano a trarne. La collocazione del contratto sul
piano delle mere relazioni intellettuali porta Hegel a negargli la capacit
di esprimere un legame che aspiri alla totalit. Diversamente da Kant, egli
non pensa mai, neppure in termini regolativi, di fondare sul vincolo
contrattualistico la definizione di un assetto giuridico unitario di tipo
globale. La stipulazione di trattati puý dar luogo unicamente ad alleanze
parziali tra singoli Stati. Tali trattati, inoltre, poggiano non su vincoli
giuridici oggettivi, come accade per le relazioni interindividuali, ma sulla
volont soggettiva dei contraenti. Sono questi, e non giudici deputati a
questa funzione particolare, a definire la validit dei trattati, la quale
risulta cos modificabile in base al loro arbitrio. ð questo tipo di posi-
zione, nella Realphilosophie jenese, che porta a definire quello delle rela-
zioni interstatali “l’eterno inganno di stringere trattati, di assumere ob-
blighi e di lasciar dileguare di nuovo questa obbligazione”.11
Una cos diversa valutazione del modello contrattualistico aiuta a
mettere in luce la distanza che intercorre tra la posizione kantiana e quella
hegeliana, quando queste esprimono diffidenza verso l’idea di uno Stato
di popoli. In Kant tale diffidenza deve essere fatta risalire alla distinzione
tra il piano della politica morale e quello della prudenza politica. Per
quanto – sia nella Pace perpetua che nella Metafisica dei costumi – egli
attenui la stringenza dell’analogia tra relazioni interindividuali e relazioni
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12 Cfr. Marini, Giuliano: Tre studi sul cosmopolitismo kantiano. Pisa-Roma 1998;
Id.: La filosofia cosmopolitica di Kant. Roma-Bari 2007, 147 – 159.
13 Cfr. Habermas, Jìrgen: “Kants Idee des ewigen Friedens – aus dem historischen
Abstand von 200 Jahren”. In: Kritische Justiz 28, 1995, 293 – 319 (ora anche in
Id.: Die Einbeziehung des Anderen. Frankfurt a. M. 1996; trad. it. di L. Ceppa:
L’inclusione dell’altro. Milano 1998, 177 – 215); Mori, Massimo: La pace e la
ragione, 124 – 136.
14 Cfr. Bourgeois, Bernard: Le droit naturel de Hegel. Paris 1986, 309 – 310.
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La critica di Hegel al cosmopolitismo kantiano 745
15 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich: GW, Bd. 7, 490 (§321); trad. it. di G. Marini:
Lineamenti di filosofia del diritto. Roma-Bari 1999, 255.
16 Cfr. ivi, § 278, 443; trad. it. cit., 223.
17 Per questo aspetto della riflessione hegeliana, rimandiamo a Gerardi, Giovanni:
“‘Dover essere’ e natura individuale degli stati: il problema della guerra nella
Filosofia del diritto di Hegel”. In: Rivista di storia della filosofia 3, 2008, 455 –
476.
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La critica di Hegel al cosmopolitismo kantiano 747
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