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Aristotele: Etica Nicomachea

Aristotele ha scritto molte opere filosofiche eleganti e celebri, destinate


alla pubblicazione, oggi perdute. Le opere che ci sono pervenute sono
collezioni di appunti ineleganti, non rifinite, su etica, fisica, logica,
metafisica, ecc.
Per quello che riguarda letica, possediamo principalmente due
collezioni di trattati tra connessi, lEtica Nicomachea e lEtica Eudemea
(pi altri due testi, la Grande etica (Magna Moralia, non si sa se
certamente di Aristotele, e il De virtutibus et vitiis).
Si parla di collezione di trattati perch allorigine questi trattati erano
separati, poi qualcuno, un editore (probabilmente Andronico di Rodi, I
secolo a.C.) li ha messi insieme dopo la morte di Aristotele. Sappiamo che
ci stato fatto per diverse opere aristoteliche, per esempio per la sua
Metafisica. Sono stati raccolti trattati separati ma di argomenti affini, per
fornire un certo ordine e una certa coerenza alle opere aristoteliche. LEtica
Nicomachea e lEtica Eudemea non sfuggono a questa organizzazione.
Questi testi sono costituiti da appunti, sicuramente legati ai corsi e alle
conferenze che si tenevano nella scuola di Aristotele ad Atene, il Liceo.
Non si sa con certezza se si trattava di appunti che fornivano la base dei
corsi di etica, oppure di appunti di ricerca, scritti dopo i corsi e le
conferenze. Forse entrambe le cose.
Titoli
LEtica Nicomachea e lEtica Eudemea portano titoli ambigui. In effetti,
i titoli derivano da Nicomaco ed Eudemo, e possono dire due cose:
i) o che sono state editate rispettivamente da Nicomaco (probabilmente il
figlio di Aristotele) e da Eudemo (probabilmente Eudemo di Rodi,
discepolo di Aristotele);
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ii) o che sono dedicate rispettivamente a Nicomaco (che pu essere o il


padre di Aristotele, o il figlio di Aristotele, che si chiamavano tutti e due
cos) o a Eudemo (in questo caso sarebbe Eudemo di Cipro, amico di
Aristotele e morto prematuramente).
In ogni caso, i titoli i nomi propri attribuiti alle due etiche hanno lo
scopo di tenere le due opere separate, anche se esse trattano gli stessi
argomenti. Inoltre, va segnalato che non si sa se i titoli siano stati dati od
indicati dallo stesso Aristotele.
Contenuto dellEtica Nicomachea
LEtica Nicomachea una raccolta di dieci libri che, come ho gi detto,
non costituiscono libri di una stessa opera, e sono stati riuniti molto dopo la
morte di Aristotele. La prima notizia di unEtica Nicomachea in dieci libri
risale solo al I-II secolo dopo Cristo, grazie ad Aspasio di Afrodisia, che ha
scritto un commento (giunto a noi, anche se incompleto) allEtica
Nicomachea appunto in questo periodo, cio quattro-cinque secoli dopo la
morte di Aristotele. Ci che accaduto tra la morte di Aristotele e la
testimonianza di Aspasio resta un mistero. Quello che certo che ci sono
dei cataloghi antichi delle pere aristoteliche che non menzionano unEtica
Nicomachea in dieci libri, anche se vi sono tracce di unopera antica.
Leditore che ha fatto questa raccolta in dieci libri ha semplicemente riunito
dei trattati affini, che per non corrispondono ciascuno ad un tema
specifico, se non accidentalmente, come vedremo tra breve. In compenso,
possiamo identificare in EN una dozzina di temi:
(1) Il bene supremo (I, 1-12)
(2) Le virt etiche (cio, quelle del carattere, che riguardano anche la
passione e lirrazionalit) (I, 13- libro II)
(3)Le condizioni della virt: volont, scelta, deliberazione, responsabilit
(III, 1-7)
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(4) Le virt etiche particolari (III, 8- libro IV)


(5) La giustizia (V)
(6) Le virt intellettuali (VI libro), cio le virt che riguardano la parte
razionale dellanima, cio la phrnesis, tradotta in italiano con saggezza
pratica. E la phrnesis che, per Aristotele, determina lazione virtuosa.
In seguito, abbiamo una serie di questioni particolari che precisano, da
differenti punti di vista, la nozione di azione virtuosa.
(7) Lassenza del dominio di s (VII, 1-11)
(8) Il piacere (VII, 12 fino alla fine del libro)
(9) Lamicizia (VIII e IX)
(10) Il piacere (X 1-5: trattato per la seconda volta!)
(11) La felicit perfetta (X, 6-9)
(12) Necessit delle leggi (X fino alla fine).
Unione dei libri di EN e questione dei libri centrali
Anche se si tratta di una raccolta di trattati differenti, possiamo reperire
una sorta di unit tematica, di cui lo stesso Aristotele responsabile.
Lopera si apre con alcune questioni relative al bene supremo (libro I) e si
chiude con alcune questioni relative alla felicit perfetta (libro X), che
presuppongono le prime (cfr. X, 6, 1172a32-33). C quindi un legame tra
linizio ( il bene umano) e la fine (la felicit umana), che costituisce il
percorso di ricerca progressivo di EN.
Inoltre, evidentelo vedremo quando analizzeremo in dettaglio alcuni
argomenti di EN, che c una certa serie consequenziale, voluta da
Aristotele, tra (1) bene supremo, (2) virt e (3) condizioni della virt. In
effetti, il testo che introduce (2) alle virt (si noti che Aristotele definisce la
felicit come attivit dellanima secondo virt) (I, 13, 1102a5-6) dipende
dalla (1) definizione del bene supremo che si trova in I, 6, 1098a16-17 (che
identifica il bene con la felicit suprema); a sua volta, il testo che introduce
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allesame del volontario e del non volontario ((3) condizioni della virt)
dipende dal carattere lodevole della virt, sottolineato in ci che precede
immediatamente (II, 9, 1109b24), perch si ha labitudine di lodare ci che
volontario. Dunque, occorre parlare del volontario in riferimento a ci
che virtuoso, inteso come ci che lodevole. C quindi un legame tra
(1), (2) e (3).
Daltro lato, il tema delle virt etiche particolari (4) una ripresa di
considerazioni gi presentate a tutte le virt etiche in generale (cfr. III, 8,
1114b26, passaggio che precede linizio dellanalisi delle virt particolari).
Quindi: legame tra (1), (2), (3), (4).
Possiamo poi osservare anche un legame tra questa prima parte e i temi
(9), (10), (11) e (12). In effetti, dopo la trattazione delle parti consacrate
alla felicit perfetta (11), Aristotele ricapitola i temi trattati, e dice che sono
stati trattati la felicit, le virt, lamicizia e il piacere (EN X, 10, 1179a3334). Questo sommario richiama, nello stesso ordine, i temi ricapitolati un
po prima (X, 6, 1176a30-31). Si tratta dunque di un sommario destinato a
giustificare il raggruppamento delle questioni su (4) (virt particolari), (9)
(amicizia), (10) (piacere), 11 (felicit).
Se si sommano tutte queste indicazioni, (1), (2), (3), (4), (9), (10), (11) e
(12) sembrano effettivamente essere stati legati.
Tuttavia, tra (4) e (9) le cose sembrano molto meno chiare. Lintervallo
tra queste due tematiche, che corrisponde ai libri V-VII di EN (giustizia,
virt intellettuali, prima analisi della teoria del piacere) presenta un testo
identico a quello che la tradizione ci ha tramandato per il manoscritto
dellEtica a Eudemo, e che corrisponde ai libri 4-6 di questa seconda etica.
In pratica, noi abbiamo tre libri comuni alle due Etiche. LEtica a Eudemo
contiene sette od otto libri (gli studiosi sono in disaccordo) che trattano
grosso modo gli stessi argomenti di EN.
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Contenuto di EE:
(1) Felicit, bene, questioni di metodo;
(2) Virt etica in generale, pi sue condizioni: responsabilit,
volontariet, scelta, deliberazione
(3) Virt etiche in particolare
(4) = EN V (giustizia)
(5) = EN VI (virt intellettuali)
(6) = EN VII (assenza di dominio di s; piacere)
(7) Amicizia
(8) Virt e scienza, ecc.
Quindi, possiamo iniziare a dire che, caso unico in Aristotele, ci sono
almeno due versioni di unEtica.
Per molto tempo si pensato che i libri comuni appartenessero allEtica
Nicomachea, e che qualche editore li avesse presi da questa etica per
colmare la lacuna presente in Etica a Eudemo. Ledizione canonica delle
opere di Aristotele (quella fatta da Bekker a Berlino nel 1831) mantiene la
numerazione dei libri come se appartenessero allEica Nicomachea.
Numerazione Bekker: es. 1098a5: primo numero, pagina delledizione;
lettera= colonna di riferimento (il testo di Aristotele stampato da Bekker
in due colonne, a e b); secondo numero riga del testo.
Oggi invece si ha una teoria diversa. Molti indici, soprattutto stilistici,
hanno condotto alcuni studiosi1 a considerare seriamente lipotesi inversa,
cio che i libri in questione appartengano piuttosto allEtica a Eudemo, e
che quindi siano stati trasportati in EN. Questa ipotesi avrebbe il vantaggio
di spiegare ad esempio perch EN presenti due trattazioni del piacere. Con
la nostra ipotesi questo doppione sparirebbe: il secondo trattato sul piacere
1

A. Kenny, The Aristotelian Ethics A Study of the Relationship between Eudemian Ethics and
Nicomachean Ethics of Aristotles, Oxford 1978

(libro X, argomento 10) apparterrebbe a EN, il primo (VII, tema 8)


apparterrebbe invece a EE, sotto forma del libro VI. Inoltre, Aspasio (il
commentatore dellEtica Nicomachea gi menzionato) aveva limpressione
che i libri comuni appartenessero appunto ad EE piuttosto che ad EN.
Questipotesi non risolverebbe tutti i problemi: per esempio, ci sono
delle frasi in EN che annunciano gli argomenti mancanti; per questo
potrebbe essere spiegato con interventi di un editore che ha aggiunto frasi
di collegamento.
La fortuna dellEtica Nicomachea
Testo essenziale per la rinascita dellaristotelismo del XIX e del XX
secolo, lEtica Nicomachea non studiata solo per interesse storico, ma
perch il suo contenuto considerato ancora attuale. In altri termini, letica
aristotelica costituisce la base per qualunque altra teoria etica o morale
contemporanea. Questo spiega perch letica di Aristotele oggetto di
numerosissime pubblicazioni e soprattutto perch si ha la tendenza a
leggere Aristotele come un autore contemporaneo.
In generale, la riscoperta delletica aristotelica si basa sulla distinzione,
fatta dallo stesso Aristotele, tra metodo delle scienze teoretiche (come le
matematiche e in certa misura la filosofia) e il metodo del sapere etico, che
si rivela essere un sapere pratico (secondo la stessa divisione delle scienze
fatta da Aristotele).
In particolare, gli autori anglo-sassoni hanno rivalutato la posizione
aristotelica contro i tentativi, fatti principalmente nell800, di considerare
lazione umana come completamente riconducibile ad eventi naturali.
Inoltre, su alcune tematiche come amicizia, giustizia, virt, ecc.,
Aristotele considerato una delle autorit pi importanti.
Vocabolario etico
Una delle difficolt pi importanti per la lettura delle etiche di Aristotele
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riguarda la comprensione esatta del senso dei termini impiegati. Questo


anche a causa del latino, che stato utilizzato come lingua di passaggio dal
greco di Aristotele allitaliano (e in generale alle lingue europee). Cos, per
limitarsi al dominio delletica, alcuni termini greci come
Eudaimonia
Aret
Kakia
Psych
Sono divenuti
Felicitas

felicit

Virus

virt

Vitium

vizio

Anumus/anima

animo/anima.

Le parole delle lingue moderne non possiedono pi un rapporto diretto


con loriginale greco, e hanno subito unevoluzione anche rispetto al latino,
allontanandosi ulteriormente dalloriginale significato greco.
Per esempio: Aristotele definisce il bene supremo come felicit
(eudaimonia), che consiste, come dice Aristotele in EN I 6 1097b22, in
unattivit dellanima secondo virt.
Sulla base delluso contemporaneo di questi termini, potremmo arrivare
a pensare che per Aristotele, il bene supremo sia uno stato di soddisfazione
e contentezza, appunto la felicit. Contrariamente allesperienza comune,
questo stato deriverebbe da una serie di comportamenti di un principio che
si trova in noi (lanima), opposto al corpo, secondo unattitudine ad
eliminare il desiderio fisico (virt). La felicit cio sarebbe una specie di
piacere dellautocontrollo.
Ma questa non unidea aristotelica. Vedremo infatti che per Aristotele
il bene (umano) piuttosto unauto-realizzazione, basata sul funzionamento
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perfetto della parte razionale della nostra anima.


Per evitare situazioni di questo tipo, sono stati fatti dei tentativi, come
per esempio cercare nella lingua corrente termini nuovi per tradurre le
parole-chiave delletica aristotelica, abbandonando i termini tradizionali
derivati dalla tradizione latina. Risultati terrificanti, che conducono anche
noi a conservare i termini tradizionali, cercando di volta in volta di
esplicitarne il senso aristotelico.
Termini principali
Agathon e kakon (il bene e il male):
Questi termini non hanno sempre un senso morale: spesso sono legati
allorigine, alla classe sociale, e significano nobile e disprezzabile.
Ricordiamoci che i destinatari delletica sono giovani figli di famiglie
ricche e nobile.
Pi prossimo al senso morale il termine kaln, che letteralmente
significa bello, ma che di fatto, spesso accompagnato da agathn
(buono), implica anche una qualit dellazione. A differenza per del
dovere morale delletica moderna, il kaln ha una dimensione pubblica: la
sfera della moralit spesso per Aristotele definita nei termini di ci che
lodevole o oggetto di rimprovero da parte degli altri. Si tratta di una
dimensione pubblica della valutazione morale, opposta per esempio alla
morale cristiana.
Eudaimonia (felicit):
secondo Aristotele tutti danno questo nome al bene umano, ma, come
vedremo, A. sottolinea un disaccordo sul significato del termine.
Personalmente, Aristotele d al termine il significato seguente: vero
che leudaimonia non possibile senza piacere, ma non vero che essa si
identifica a uno stato di soddisfazione permanente. Piuttosto, essa ci
che chiamiamo auto-realizzazione o vita realizzata. Si tratta dellagire
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in modo tale da riuscire nel nostro intento. Le componenti delleudaimonia


sono le attivit e le azioni umane.
Aret (virt):
il termine pi celebre in Aristotele, soprattutto perch ne d una
definizione che ha fatto scorrere fiumi di inchiostro: virt come giusto
mezzo. Il senso del termine molto lontano da quello che diamo noi a
virt, cio una sorta di disposizione dellanima rivolta al bene morale.
Per Aristotele, invece (ma anche per Platone e Omero) quello di
eccellenza in qualche cosa o in unattivit di qualche cosa. Omero parla
dellaret del cavallo, che consiste nel correre bene; Aristotele (EN I 5
1106a17) parla dellaret dellocchio, che consiste nel vedere bene. La
virt, ci dice Aristotele, ha leffetto di realizzare bene ci di cui essa
virt. Per esempio, la virt del coraggio ha leffetto di realizzare bene
unazione coraggiosa:
se io possiedo il coraggio, le mie azioni che vogliono essere coraggiose
lo saranno effettivamente, al fine di realizzare lopera per esempio di
superare un pericolo.

Libro I: Il bene supremo

Nel primo libro (paragrafi 1-12) Aristotele vuole dimostrare che per
luomo il bene supremo si identifica con leudaimonia, la vita realizzata.
Il libro procede in modo relativamente rigoroso:
1) Innanzitutto si fa uninchiesta sulloggetto della nostra ricerca
(letica), cio appunto sul bene supremo, per cercare di identificarlo.
2) in seguito, bisogner identificare la disciplina che ha come oggetto il
bene supremo;
3) contemporaneamente, Aristotele comincia a fornire delle indicazioni
metodologiche che riguardano appunto la ricerca etica. In effetti, egli
spiega che la nostra ricerca non deve possedere i criteri metodologici propri
ad altre scienze, come per esempio la filosofia o le matematiche.
Loggetto della ricerca (1094a1-22)
Il contesto fortemente platonico. In questa prima parte Aristotele ha in
mente la teoria politica di Platone che si trova soprattutto nel Politico (cfr.
per esempio la nozione di una scienza architektonik, di cui parleremo tra
breve). Potremmo dire che qui Aristotele chiosa a suo modo il testo di
Platone per ampliarne la portata, rivolgendosi a persone formatesi alla
scuola di Platone per giungere ad unaffermazione generale: quella di un
fine supremo della vita umana nella sua interezza.
Per identificare loggetto della nostra ricerca, e cio il bene, Aristotele
parte da unaffermazione che sembra essere un principio quasi assiomatico,
auto-evidente:
1094a1-3 (p. 3 Natali): Ogni arteci a cui tutto tende.
Ecco perch loggetto delletica il bene (to agathon): ogni conoscenza
umana (tecnica e di metodo, techne e methodos) e ogni azione (e scelta)
(praxis e proairesis) sono fatte in vista di un bene. Si ha quindi una
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generalizzazione, espressa da unaffermazione (forse dovuta a Eudosso di


Cnido, membro dellaccademia platonica):
il bene ci cui tutto tende.
Il ragionamento il seguente: i) qualunque operazione umana tende a un
fine; ii) il fine coincide con il bene; 3) dunque qualunque operazione
umana tende a un bene.
- Ogni conoscenza: techne e methodos: qui i termini sono usati
platonicamente, mentre nel proseguio ne avremo uno sviluppo pi
personale;
- ogni azione e scelta (praxis e proairesis): questo invece un contributo
aristotelico, che di fatto segna la nascita di una teoria etica, cio di una
teoria dellazione. La praxis lazione che risulta, la proairesis la scelta
dellatto, cio lintenzione interiore che lo anima.
Sovrano
Aristotele poi cerca di caratterizzare il bene sovrano, cio ultimo, al di l
del quale non ve n un altro. Lo scopo introdurre in un contesto
platonico esclusivamente rivolto alle arti e alle tecniche di produzione,
lazione umana.
Aristotele fa questo operando una distinzione tra i fini delle conoscenze
(technai), sapendo che, per qualunque operazione razionale umana, il fine
il bene:
i) attivit (energheiai2): es. passeggiare allo scopo di passeggiare (attivit
immanente al soggetto, che fine a se stessa)
ii) opere (erga): es. passeggiare al fine di conservare (o ottenere) la
salute (opere esterne alle azioni)
Aristotele osserva che le opere sono superiori alle attivit quando le
azioni sono diverse dai fini, quando cio lo scopo non si identifica con

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lazione (praxis):
1094a3-6: Ma appare evidentedelle attivit.
Che cosa vuol dire Aristotele? Egli spiega che quando le azioni sono
differenti dai fini (cio, quando le energheiai hanno un fine esterno e non
interno, come invece lo per esempio il passeggiare fine a se stesso), allora
le opere (che a questo punto si caratterizzano come attivit aventi uno
scopo esterno) sono superiori alle attivit. Ci sono certe attivit che sono
inferiori allopera, e questo accade quando esse mirano a uno scopo
esterno.
Lo scopo di questa distinzione di introdurre, in un contesto platonico
(che riguarda solamente le technai), lazione.
1094a6-18: Dato chedelle scienze sopra ricordate.
Daltra parte, dice Aristotele, poich nelle attivit umane (azioni, arti,
scienze), si possono distinguere pi tipi, ci saranno anche fini molteplici,
che saranno subordinati gli uni agli altri, cos come le scienze, che sono
subordinate ad una scienza, o tecnica, architektonik, ovverosia
ordinatrice.
Da notare due cose:
i) il termine scienza impiegato platonicamente, senza nessuna valenza
di quelle che abbiamo visto nel concetto di scienza aristotelico;
ii) scienza architettonica una metafora platonica: essa non realizza
ma dirige le tecniche che operano sotto la sua direzione.
Esempio: il mestiere di fabbricare le briglie, come gli altri mestieri
relativi

allequipaggiamento

per

la

cavalleria,

sono

subordinati

allequitazione (arte del cavalcare); a sua volta, essa subordinata allarte


militare, e cos via, fino a non trovare pi alcuna scienza (o capacit3)
2
3

Energheia: termine inventato da Aristotele, qui usato per indicare unazione fine a se stessa.
Dunamis: ancora una volta il termone platonico (anche se poi Aristotele ne far un concetto chiave

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ordinatrice che subordini tutte le altre tecniche, e che subordini al suo


proprio fine, i fini delle altre azioni, tecniche, scienze.
Arte militare
Ippica
Fabbricazione delle briglie e di tutto ci che serve allippica.
Il fine di costruire briglie per il cavallo subordinato al fine di cavalcare
bene, a sua volta subordinato al fine di ben combattere.
Quindi: se tra gli oggetti delle nostre azioni (tn praktn) c un fine che
noi desideriamo in se stesso (Aristotele esclude la possibilit di una catena
allinfinito), questo fine deve costituire il bene supremo (to agathon
ariston):
1094a18-22:
Se quindiil bene supremo (Natali traduce: il bene e la cosa
migliore).
Questa parte pienissima di citazioni del Politico di Platone.
Se c un fine di ci che facciamo (tn praktn). I prakt sono gli oggetti
delle praxeis, cio delle azioni: ma questi oggetti sono sia i fini cui tende
lazione, sia i mezzi che essa impiega per giungere ai fini (cfr. EE I 7
1217a35-39). Qui bisogna prendere i prakta nel senso di mezzi per
giungere a un fine ultimo.
Queste righe (18-22) sono un po deboli per stabilire una tesicio,
lesistenza di un fine ultimo della vita umana, tesi su cui Aristotele vuole
costruire tutto ledificio della sua etica.
Bisogna per ricordarsi che in questo prologo Aristotele non pretende di
stabilire una tesi nuova su basi nuove: in effetti, egli non fa che prendere
atto di una dottrina gi elaborata da Platone (vedi Gorgia 467c-468c;
della sua filosofia), sinonimo di arte, disciplina scientifica, scienza (cfr. Politico 303d-305e. Vedi anche
Metaf. Eta 1046a2-4: le arti, come ad esempio le scienze produttive, sono delle capacit.

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Fedone 97c-99c; Rep II 357ad; VI 505e.


Poi Aristotele pone due questioni:
i) cos il bene?
ii) qual la scienza (in senso platonico) che si occupa di questo bene?
Righe 25-27 (p. 5 Natali): Se cossia oggetto.
Aristotele rimanda la questione i) per parlare invece di ii), la scienza
architektonik del bene. Invece, la risposta a i) occuper tutto il resto del
libro I.
Cos come loggetto il bene supremo, cio il fine ultimo di ogni azione
e operazione umana, ugualmente la scienza (o la capacit) che ha per
oggetto il bene supremo dovr essere una scienza ordinatrice,
dominante (architektonik, cfr. Politico 259e) e non una scienza
subordinata.
1094a26-1094b10 (p. 5 Natali): Sembrerebbepopolo o per le citt.
Aristotele afferma che chiaro che questa scienza la politica. Egli
fornisce tre ragioni che mostrano la superiorit della politica come scienza
architettonica del bene supremo.
1) la politica che decide le scienze di cui la citt ha bisogno e quali
sono le scienze che ogni classe di cittadini (guerrieri, popolo, governanti)
Questo primo argomento preso da Platone, Pol. 304bc (ma vedi anche rep
e Leggi).
2) noi constatiamo che le capacit pi degne di stima, come per esempio
la scienza militare, leconomia (letteralmente, lamministrazione della casa)
e larte oratoria, sono subordinate alla politica.
3) poich essa si serve delle altre scienze pratiche, e inoltre prescrive per
legge ci che si deve fare e ci che non si deve fare, il suo fine
comprender quello delle altre scienze, e questo sar il bene umano. Essa
si caratterizzer quindi come scienza architektonik che si occupa del bene
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umano supremo.
Rapporto etica-politica
E allora la politica che insegna letica? O che si occupa delloggetto
delletica, il bene umano?
Innanzitutto bisogna dire che in altri testi Aristotele mantiene etica e
politica separate. Per esempio, allinizio del suo testo sulla Politica a un
certo punto dichiara di non voler trattare una questione etica perch
affare di un altro corso4 (Pol VII 1, 1323b39-40).
Le osservazioni che invece abbiamo appena visto, che identificano
morale e politica (vedi Platone, Repubblica e Leggi), per molti studiosi
rappresentano non il punto di vista di Aristotele ma il senso comune
dellambiente accademico-platonico, inserito in un quadro di discussione
dialettica, e che Aristotele fa immediatamente seguire da correzioni
necessarie:
1094b7-11: Difattio per le citt.
Qui Aristotele sembra fare una distinzione tra etica (che si occupa del
bene delluomo individuale) e della politica (che si occupa del bene della
citt), anche se forse si dovrebbe identificarli (come farebbe Platone).
4

Ricordiamo che i testi che possediamo di Aristotele sono appunti di corsi tenuti sia allAccademia
platonica che al suo Liceo).

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Il bene delluomo

I capitoli 2-12 del primo libro di EN cercano di rispondere alla domanda


che cos il bene per luomo?. Il tentativo, cio, quello di determinare
loggetto dellinchiesta etica, il bene sovrano (=ultimo) (to agathon
prakton) per luomo (EN 1095a16).
Il punto di partenza per stabilirlo una serie di opinioni e di dati
evidenti. Abbiamo gi visto che alla base della definizione di bene sovrano
umano agisce lopinione universalmente condivisa secondo cui ogni azione
e conoscenza tende a un fine, che coincide con il bene sovrano Si tratta di
una definizione condivisa dallambiente accademico-platonico.
Questo

beneanche

qui

abbiamo

unopinione

universalmente

condivisacoincide con leudaimonia, lauto-realizzazione. Questa una


sorta di definizione nominale, in cui cio viene stabilita unidentit tra
nomi (bene supremo delluomo = eudaimonia):
EN 1095a18-19 (p. 7 Natali): Ora, per quanto felici.
In questo passo A. stabilisce unequivalenza tra vivere bene, riuscire e
essere felici (eu zen, eu prattein = eudaimonein). Tutti cio sono daccordo
nel ritenere che leudaimonia un modo di vivere (bios), una sorta di
organizzazione generale dellesistenza umana intorno ad unattivit
principale, che subordina le altre. Questattivit principale il fine ultimo
della vita delluomo, ci che rende la vita umana completa (cio, che non
manca di nulla).
In compenso, c un disaccordo (diaphonia) su che cosa sia
leudaimonia (EN 105a20-30, pp. 7-9 Natali), cio su cosa sia questa
attivit principale.
A) A questo punto Aristotele considera le opinioni differenti a questo
proposito:
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le opinioni comuni condivise dalla gente;

le opinioni degli amici filosofi (Platone e gli accademici).

B) in un secondo momento (dal capitolo sesto in poi, a partire da


1097b22 seguenti), Aristotele analizzer lanima umana per determinare
lattivit propria delluomo, che costituir il fine ultimo delluomo,
appunto leudaimonia. Sulla base della teoria dellanima umana, che si
distingue dalle piante e dagli altri animali grazie alla ragione, Aristotele
arriver a definire leudaimonia come:
EN 1098a15: Definizione essenziale = attivit della parte razionale
dellanima secondo virt. Lintroduzione della virt permette
importante per comprendere che Aristotele pensa allattivit razionale
eccellente, dato che virt in greco significa appunto eccellenza (ci
ritorneremo). In effetti, Aristotele indica che una stessa attivit si pu
fare a diversi livelli, e che si preferisce esercitarla al massimo. Ad
esempio, osserva A., preferiamo essere buoni citaristi piuttosto che
semplicemente citaristi; allo stesso modo, preferiamo realizzare una vita
umana eccellente (= secondo virt) che una semplice vita umana.
Le opinioni sulleudaimonia (EN I, 3-4)
Per alcuni leudaimonia (felicit) si identifica:
1) o con il piacere
2) o con la ricchezza
3) o con lonore
o con qualcosa daltro, che dipende anche dallindividuo (per
esempio, se lindividuo ammalato, la felicit si identificher con la
salute, se povero, con la ricchezza, ecc.)
Per altri (gli amici platonici) bisogner distinguere da queste molte
cose buone, unaltra cosa in s, che sar precisamente il motivo (aition
= la causa) grazie a cui le altre cose buone sono buone.
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Da una parte abbiamo quindi delle opinioni comuni a proposito


delleudaimonia; dallaltra, per comprendere che cosa essa sia, si pone la
necessit preliminare di isolare un Bene in s (cio, lidea del bene), che
costituirebbe la causa dellessere buono per le altre cose. Questa
molteplicit di opinioni causa della diaphonia (disaccordo).
NB: c una vasta lista di opinioni sulleudaimonia, ma Aristotele ci
dice che inutile analizzarle tutte: sar sufficiente esaminare o le
opinioni pi diffuse, o quelle che sembrano essere supportate da
argomenti in loro favore. Questo costituisce landamento dialettico della
discussione sulleudaimonia, che parte dagli endoxa, cio da opinioni
autorevoli, che hanno un pedigree (sul metodo basato sugli endoxa vedi
sotto, parte metodologica).
Aristotele opera unutile restrizione: egli afferma che la gente giudica
cosa sia leudaimonia a partire dai differenti modi di vita (bios) cfr. EN
1095b14-16. Aristotele daccordo su questo unto di partenza, che
determina gi leudaimonia come unattivit.
Le opinioni comuni (EN I, 3)
Per la massa delle persone e quelle pi grossolane, la felicit si
identifica con il piacere (edon). In effetti, ci dice Aristotele, ci sono tre
modi principali di vita
- la vita di piacere
- la vita politica
- la vita teorica (bios theoretiks), cio quella contemplativa e
meditativa.
Quello che devessere sottolineato che anche qui Aristotele opera una
distinzione tra fini ultimi (supremi) e fini che sono dei mezzi. I fini ultimi
sono le tre vite menzionate (qualcosa che si desidera per se stessa), mentre
tutte le altre cose, che potrebbero essere considerate come fini ultimi (e
18

quindi identificabili con la felicit) sono di fatto mezzi per raggiungere altri
fini: cos lonore, le ricchezze, perfino la virt.
La vita di piacere, quindi, per la maggior parte delle persone,
eudaimona: ma Aristotele la scarta per una ragione che riguarda la natura
umana. Abbandonarsi ai piaceri vuol dire condurre una vita da animale,
sicch, cos facendo, luomo non si distinguer dallanimale.
Il solo argomento che si pu invocare a favore della vita di piacere che
molti di coloro che possono permetterselo hanno passioni simili a quelle di
Sardanapalo (1095b21-22, p. 9 trad. Natali), re assiro menzionato da
Erodoto, che ha speso una fortuna per soddisfare la sua lussuria.
Quindi: si analizza unopinion diffusa, e la si rifiuta per la ragione che
una vita di piaceri una vita animalesca.
In seguito (1095b23-1096a2) Aristotele considera altre opinioni, secondo
le quali leudaimona si identificherebbe con lonore e con la virt. La vita
politica sembrerebbe in effetti mirare a uno dei due come fine ultimo. Di
fatto, Aristotele rifiuta anche questi due candidati, poich ritiene che essi
siano mezzi per ottenere leudaimona, e non dei fini ultimi. La stessa cosa
vale per laltra candidata possibile, la ricchezza.
Perch lonore non un fine ultimo?
i) perch sembra dipendere da coloro che laccordano poiuttosto che da
quelli che lo ricevono;
ii) perch le persone che perseguono lonore hanno laria di perseguirlo
al fine di essere buoni.
Perch la virt non un fine ultimo?
i) perch possiamo possedere la virt senza esercitarla, in modo tale che
possiamo ben immaginare di restare inattivi per tutta la nostra vit pur
possedendo la virt, mentre invece la felicit unattivit.
ii) perch una persona virtuosa pu non essere felice o realizzata. Questo
19

accade quando essa, pur essendo virtuosa, subisce infortuni e sciagure. In


questi casi, essa virtuosa ma certo non felice n realizzata.
Per la ricchezza il motivo del suo rifiuto evidente: si tratta di un mezzo.
La conclusione provvisoria di Aristotele che i soli beni che si possono
desiderare per se stessi sono (i) la vita di piacere, (2) la vita politica e (3) la
vita teorica.
Abbiamo visto che A. rifiuta la vita di piacere. Egli rinvia a pi tardi
lesame della vita teorica (cosa che far solo nel libro X, per cercare di
dimostrare che questa vita che coincide con eudaimona, a causa del fatto
che la natura delluomo coincide propriamente con il suo intelletto); lascia
in sospeso anche la questione della vita politica. Aristotele non dir nulla
contro la vita politica, e la considera come un modo di vivere appropriato.
Tuttavia, egli sottolinea che si tratta di unottima maniera di vivere solo se
si preparati servire il pubblico.
Le opinioni dei filosofi (EN I, 4)
Lidea del bene per Platone la miglior cosa che esiste al mondo, e per
questo Aristotele si rivolge a questa teoria per criticarla.
Lidea del Bene (vedi Repubblica) la pi importante, e contribuisce
allintellegibilit delle altre idee. Gli argomenti che A. adotta per criticare
lidea del Bene sono tecnici, a volte oscuri, e spesso il lettore viene rinviato
ad altri testi in cui A. fa una critica pi dettagliata alla teoria delle idee di
Platone (vedi ad esempio il libro Alpha della Metafisica). Per la discussione
etica, tuttavia, A. si concentra su ci che luomo capace di realizzare, e il
nocciolo della sua critica ad una teoria del Bene astratta che essa non in
grado di realizzare nulla.
Tuttavia, A. pone unaltra domanda ragionevole a una teoria astratta del
bene: possibile che la nostra conoscenza dellidea del bene ci possa
aiutare a comprendere quali sono i beni degli di essere realizzati? La
20

domanda sembra ragionevole, ma di fattoci dice Aristotelequalunque


capacit, arte, e in generale qualunque conoscenza che spieghi quale bene
persegue e come lo persegue, prescinde completamente da qualcosa come
unidea del bene in generale. I beni importanti per la ricerca aristotelica in
questione sono gli obiettivi perseguiti dalla politica, dalleconomia
(gestione della casa) e dalla saggezza, e le capacit di deliberare richieste
alluomo che devessere responsabile della comunit politica e familiare
(casa, compresi gli schiavi: leconomia domestica), o di se stesso.
Aristotele pensa ad una combinazione di queste capacit pratiche come ad
una scienza architettonica che occorre acquisire. In EN abbiamo visto che
tale scienza sembra identificarsi con la politica. Non possibile, n
desiderabile, conclude Aristotele, ricercare una profonda dottrina
metafisica del Bene per comprendere chiaramente il miglior modo di vivere
una vita umana.
In ogni caso, c un argomento di Aristotele contro lidea del Bene
platonica che ci interessa, perch abbiamo trovato una teoria simile a
proposito dellessere.
1096a11-12 (p.11 Natali): meglio forse esaminare il bene universale
(to katholon agathon) e porsi il problema del senso di questa espressione.
Qu A. abbandona le opinioni della massa per rivolgersi appunto a
Platone e ai platonici (gli amici delle idee). Immediatamente dopo troviamo
la frase che ha fatto coniare il motto medievale Amicus Plato sed magis
amica veritas (righe 12-16).
Consideriamo ora la seconda obiezione aristotelica alla teoria platonica
dellidea del Bene:
1096a23-29 (p. 13 Natali): Inoltre, siccome il benein una soltanto.
Questa obiezione presuppone la teoria aristotelica delle categorie.
Aristotele vuole dimostrare che non pu esserci un solo genere di bene,
21

cio una sola definizione di bene, che possa applicarsi ad ogni bene
particolare. Insomma, non c unidea universale di bene che funga da
genere, al di sotto del quale piazzare i beni specifici, com invece il caso
ad esempio per la classificazione animale (genere)-gatti, cani, leoni, ecc.
(specie). Perch? Perch il bene, come lente, si dice in molti sensi; cio,
abbiamo pi significati di buono e bene, che non sembrano avere nulla
in comune. Cosicch, i beni avrebbero solo il nome in comune, ma
differenti definizioni. I beni, in definitiva, sarebbero omonimi (secondo la
definizione di omonimia data da Aristotele nel primo capitolo del primo
libro delle Categorie). Un esempio per chiarire cosa stiamo dicendo: cane
fa riferimento sia allanimale che alla costellazione di stelle, che sono due
cose completamente differenti.
Aristotele presenta la lista dei significati di bene secondo le categorie,
utilizzando degli esempi:
1) significato di bene secondo lessenza: es: il dio buono; lintelligenza
buona;
2) significato di bene secondo una qualit: es. la virt buona;
3) significato di bene secondo la quantit: es. la misura buona;
4) significato di bene secondo un relativo: es. lutile buono;
5) significato di bene secondo il tempo: es. il momento buono;
6) significato di bene secondo il luogo: es.: lhabitat buono,
ecc.
Questa teoria la stessa analoga a quella che riguarda i significati di
ente (vedi Metafisica, libro Gamma): se noi prendiamo la lista di
attribuzioni di alle cose, cio:
1) Socrate
2) il bianco
3) ottanta chili sono
22

ecc. ecc.
e trattiamo nel senso di esiste (linterpretazione pi plausibile dell
essere aristotelico), possiamo comprensibilmente affermare che esistere
per Socrate diverso che esistere per il bianco o per due metri.
Ora, nella lista di beni vista, il significato del termine buono non lo
stesso ovunque. Lidea che sta alla base della lista (e relativa teoria) dei
beni data da Aristotele che essere buono per un dio diverso che essere
buono per una virt o per un momento. Il dio sar buono perch ad esempio
mi aiuta, il momento buono nel senso di appropriato a svolgere un
determinato compito, la virt sar buona perch mi rende tale, e cos via.
Insomma, lipotesi platonica di ununica realt universale (il Bene) che
costituisce il genere dei beni particolari, risulta impossibile.
Tuttavia, consideriamo il passo di EN 1096b25-28 (p. 15 Natali): Ma
allorae altro in altro.
In queste righe Aristotele riduce la portata della sua critica allidea
universale di Bene. In effetti ora sembra dire che i differenti sensi di bene
(o di buono, che laggettivo corrispondente) non sono puramente
equivoci (od omonimi, secondo il modo di esprimersi aristotelico), cio
non si limitano ad avere solo il nome in comune e non la definizione.
Piuttosto, i beni hanno un legame tra di loro:
i) o di derivazione
ii) o di contribuzione
iii) o di analogia.
i) Derivazione: tutti i significati di bene (o buono) deriverebbero da
un significato primo e fondamentale che sarebbe quindi il principale.
Non chiaro ci che Aristotele abbia in mente a proposito del bene, ma
questa stessa idea si ritrova nel libro Gamma della Metafisica quando
Aristotele deve appunto definire il legame tra i vari significati di esistere
23

(vedi sopra). Mentre Socrate esiste in modo indipendente, il bianco od


ottanta chili esistono in modo derivato, in quanto una sostanza (per
esempio, Socrate) pu essere bianca o pesare ottanta chili. E perch
Socrate esiste che il suo colore, il suo peso, ecc., esistono.
ii) Contribuzione: ancora un esempio tratto dal libro Gamma della
Metafisica pu farci capire cosa Aristotele ha in mente. Una dieta, il
colorito di un viso, unattivit sportiva sono tutte cose sane, anche se sono
sane in senso diverso: una dieta sana perch conserva la salute di Socrate
(o la fa ritornare), un colorito sano perch segno della salute, unattivit
sportiva sana perch fa diventare Socrate sano: tutte per contribuiscono
alla salute di Socrate.
iii) Analogia:
Aristotele stesso fornisce un esempio di analogia: la vista sta al corpo
come lintelligenza sta allanima. Lanalogia, concetto di origine
matematica, vuole stabilire unuguaglianza di rapporti in domini differenti.
La vista per esempio ha nel corpo la stessa funzione che lintelligenza ha
nellanima. Nel caso che ci interessa, il buono nel dio avrebbe la stessa
funzione ad esempio del buono nella virt. Ma obbiettivamente non si
capisce molto cosa questo significhi.
Ad ogni modo, per A. ci sono forse tre possibilit di trovare una certa
unit nel bene, malgrado la sua omonimia. Tuttavia, il problema resta
filosofico, non etico. Anche se il bene ideale esistesse e avesse un legame
con i beni particolari, esso non pu essere il bene acquisibile dalluomo.
Abbiamo gi visto che A. ritiene inutile la conoscenza del bene ideale per
conoscere il bene particolare.
Ritorniamo dunque alla nostra inchiesta su che cos il bene per luomo.
Lanalisi delle opinioni ci ha condotto a rifiutare alcuni beni come
candidati al bene pratico (praktn agathn), quello che pu essere ottenuto
24

dagli uomini. Ma tale analisi non ci ha condotto a definire il bene in


questione, che resta quindi da definire, anche se sappiamo che il nome che
tutti gli danno e eudaimona.
E a questo punto che A. fa intervenire unanalisi della natura umana,
allo scopo di determinare:
- lopera (ergon) propria delluomo;
- conseguentemente, leudaimona per luomo.
I passi per stabilire cos quindi il bene per luomo sono i seguenti:
A) Determinazione delle caratteristiche che deve avere il bene (cio, la
felicit) delluomo in quanto fine ultimo:
ia) perfezione
iia) autosufficienza.
B) Che cos eudaimona?
ib) Lopera delluomo;
iib) definizione di eudaimona basata sullopera delluomo:
- attivit secondo ragione
- attivit dellanima secondo virt.
Si arriva cos alla definizione di felicit:
felicit =df attivit dellanima secondo ragione nella sua versione
eccellente.
Considereremo soprattutto B), perch in A) (EN I, 5) vengono ripetuti
molti concetti gi visti. Per esempio, Aristotele invoca di nuovo la
gerarchia dei fini subordinati a un fine ultimo che devessere appunto
leudaimona. Questultima ia) perfetta perch la si persegue per se
stessa, e non a causa di altri fini (com invece il caso per la virt, gli onori,
il piacere, ecc.). Inoltre iia) leudaimona autosufficiente perch essa
rende la vita perfetta (che non manca di nulla). Grazie a queste due
caratteristiche, A. mostra che leudaimona, come vita realizzata, il solo e
25

pi perfetto obbiettivo per luomo.


B) La definizione di eudaimona (EN I, 6)
ib) Lopera (ergon) delluomo.
Per rispondere alla domanda che cos leudaimona, (1097b22-23)
occorre analizzare lopera propria delluomo, cio la sua funzione. Lidea
che la funzione di X determina il bene di X (idea che si trova alla fine del
libro I della Repubblica di Platone, che riguarda lergon dellanima.
Analizzando la natura delluomo, A. arriva a definire leudaimona come
attivit dellanima secondo ragione (1098a3-4, p. 21 Natali: Allora rimane
solo un certo tipo di vita attiva, propria della parte razionale). In effetti,
come ogni creatura nel mondo, luomo ha una natura particolare, e la
miglior maniera di vivere per lui appunto vivere secondo la sua natura,
che quella di una creatura diretta dallanima razionale. La funzione
propria delle anime umane razionali non di vivere secondo la
riproduzione e laccrescimento (funzione che luomo condivide con le
piante), n secondo la sensazione (che luomo condivide con gli altri
animali; ed anche per questo che il piacere non il bene supremo per
luomo). Piuttosto, la funzione delle anime razionali vivere in modo
razionale. Vivere in modo razionale (EN I, 6, 1098a4-5, p. 21 Natali)
ambiguo, perch significa due cose:
- o vivere obbedendo alla ragione (questo il ruolo dellanima
desiderativa);
- o vivere esercitando la ragione (e questa la funzione propria
dellanima razionale).
iib) A. quindi fornisce una definizione provvisoria della felicit sulla
base dellopera propria delluomo. Essa attivit dellanima secondo
ragione. A. per completa la definizione aggiungendovi la virt.
1098a7-18 (pp. 21-23 Natali): Se lopera propria delluomola
26

migliore e la pi perfetta.
Perch aggiungere la virt? Ricordiamo innanzitutto che aret, termine
tradotto con virt, di fatto significa attivit ben fatta, ben fare. Non
c in essa necessariamente una componente morale. A volte il termine
viene tradotto con eccellenza. A. ha comunque una ragione per introdurre
laret. in effetti pu cos stabilire gradi di (ben) agire. Lintroduzione dell
aret arriva quindi nel modo seguente:
- si parte dallergon delluomo, che si rivela essere attivit dellanima
secondo ragione;
Aristotele poi aggiunge che
- la virt ci che rende lattivit delluomo perfetta. Quindi, la virt
della parte razionale dellanima ci che rende questa parte perfetta;
e che
- lattivit delluomo e lattivit delluomo secondo virt fanno parte
dello stesso genere (cos come lattivit del citarista e del buon citarista)
Di conseguenza, il bene delluomo (sovrano) consiste nellattivit
dellanima (razionale) secondo virt.

27

Libro II: Le virt


Aristotele definisce leudaimonia come attivit razionale secondo
virt, e cos facendo introduce la virt.
1098a7-18 (pp.21-22 Natali):
Se lopera propria delluomosecondo la migliore e la pi perfetta.
Aristotele definisce leudaimonia attivit dellanima secondo ragione
e attivit dellanima secondo virt. Queste due parti della definizione
fuse insieme forniscono la definizione di eudaimonia come attivit
dellanima secondo ragione nella sua versione eccellente.
Le righe 17-18 specificano che se le virt sono pi di una, allora
forse il bene umano risulter essere attivit dellanima secondo la virt
migliore e la pi perfetta (p, 22 Natali). Il termine greco tradotto con
la pi perfetta, e cio teleiotate in realt significa la pi finale, e
forse allude alla phrnesis, alla saggezza pratica, che considerata la
virt intellettuale superiore rispetto a tutte le virt pratiche (vedi libro X
di EN).
Definizione della virt: genere e differenza specifica
Genere
Aristotele afferma che, cos come ci sono due modi di funzionamento
dellanima razionale (che lanima umana propriamente detta), allo
stesso modo ci sono due tipi di virt:
1103a3-10 (p. 45 Natali): Anche la virt viene divisadegni di
lode.
Rifacendosi alla teoria dellanima di Aristotele, possiamo dire che
nelluomo vi una parte irrazionale dellanima e una parte razionale.
Per ci che riguarda la parte irrazionale, possiamo considerare solo
quella riguardante sensazione, passioni, ecc., dal momento che lanima
28

vegetativa (che pure esiste nelluomo ed certamente irrazionale)


moralmente irrilevante.
Per ci che riguarda la parte irrazionale (quella appunto riguardante
piacere e dolore, emozioni, passioni, ecc.), possiamo dire che la ragione
(che come sappiamo costituisce la vera natura delluomo in rapporto agli
altri animali) interviene eticamente a dirigerla, dimodoch, come
abbiamo gi visto in precedenza, agire in modo razionale per la parte
irrazionale dellanima, significa obbedire alla ragione.
Per quello che invece riguarda la parte razionale dellanima, essa per
sua natura possiede la ragione in se stessa.
Ora, dalla parte irrazionale dominata dalla ragione scaturiranno le
virt etiche (del carattere, da thos), come continenza, temperanza,
coraggio, generosit. Insomma, se lanima desiderativa (quella che
riguarda emozioni, desideri, appetiti) si sottomette alla ragione, dar
luogo a queste virt.
Invece, proprie allanima razionale saranno le virt dianoetiche
(dianoia

intelligenza)

come

saggezza

pratica

(phronesis),

comprensione (synesis), sapienza (sophia). Aristotele tiene a sottolineare


che anche queste attivit intellettuali sono virt, cio degne di lode, come
la conclusione del passo mostra.
Da questo passo si evince anche unaltra definizione di virt (a parte
quella di eccellenza della funzione), come di uno stato abituale (exis)
lodevole. Il passo ci dice anche che le attivit delle due parti
dellanima sono molteplici, e che vi sono pi forme eccellenti di queste
attivit. La felicit umana (eudaimonia), infatti, consiste in una vita
attiva in cui realizzare tante capacit differenti.
La virt uno stato abituale (exis) (EN II 4, 1105b19-1106a11).
Aristotele presenta una lista di cose psichiche, che cio si generano
29

nellanima (1105b19-20, p. 59 Natali):


- le affezioni (pathe);
- le capacit (dynmeis);
- gli stati abituali (exeis).
Ora, poich la virt una cosa psichica, essa deve rientrare in una
delle tre opzioni prospettate da Aristotele.
(i) Affezioni: A. non le definisce ma fornisce una lista di esempi:
desiderio, ira, paura, ardimento, invidia, gioia, affetto, ecc. e in generale
tutto ci cui fa seguito piacere e dolore (righe 22-24, p. 59 Natali).
(ii) Le capacit sono invece sono ci che fa dire che siamo inclini a
certe affezioni. Per esempio, ci in base a cui siamo capaci di collera o
dolore.
Il concetto di dynamis (capacit) centrale anche in altre parti della
filosofia di Aristotele (per esempio nella fisica), in relazione al concetto
speculare di atto (enrgheia). Si tratta di due concetti che Aristotele
utilizza anche nelletica, e riguardano semplicemente la differenza tra ci
che posso fare

(nel senso che sono capace di fare) e ci che

effettivamente faccio. Per esempio, ho la capacit di vedere anche se i


miei occhi sono chiusi; in compenso, un pietra non ha questa capacit.
In etica, la differenza tra ci che effettivamente provo (unaffezione
come la collera) e ci che sono capace di provare (sono capace di
provare collera), mentre una pietra non ha questa capacit. Stiamo qui
parlando delle capacit dellanima affettiva.
(iii) Gli stati abituali:
Aristotele parla degli stati (EN 1105b25-26) come di ci grazie a cui
stiamo bene o male in rapporto alle affezioni. Se per esempio (in
rapporto alla collera) ci mettiamo in collera in modo violento o debole,
noi ci comportiamo in modo cattivo; se invece manteniamo il giusto
30

mezzo , ci comporteremo bene, e cos per le altre affezioni.


Queste espressione prefigura la definizione di virt appunto come
giusto mezzo. A. vuol dire che c uno stato psichico che ci fa avere
comportamenti corretti in rapporto alle passioni: n troppo, n troppo
poco.
* Aristotele poi spiega perch le virt non sono affezioni:
a) perch non sono le passioni che fanno dire che siamo virtuosi o
viziosi;
b) perch non sono le passioni che ci rendono lodevoli o degni di
biasimo;
c) perch le passioni arrivano senza che le scegliamo, mentre le virt
sono scelte;
d) perch siamo mossi dalle passioni, mentre con virt e vizi diciamo
di trovarci in una certa disposizione.
Ancora una volta noteremo il metodo aristotelico, che consiste nel
considerare come candidati possibili a essere virt le cose che sono
oggetto di credenze esplicite. Sul metodo degli endoxa vedi sotto.
* Pi o meno per le stesse ragioni le virt e i vizi non sono nemmeno
capacit.
a) non siamo detti essere buoni o cattivi perch siamo capaci di
passioni;
b) non siamo lodati o rimproverati per questo;
c) abbiamo le capacit per natura, mentre non abbiamo virt e vizi per
natura, ma li acquisiamo tramite esercizio. In particolare, acquisiamo le
virt con labitudine a agire bene.
se la virt non passione n capacit, resta che unexis, uno stato.
Abbiamo cos stabilito il genere delle virt. Ma siccome ci sono pi
stati dellanima che non sono necessariamente virtuosi (per esempio, la
31

disposizione a distrarsi durante le lezioni), bisogner specificare lo stato


virtuoso.
Poich lexis virtuosa si ottiene a partire dallesercizio della virt, la
virt determinata dalle azioni (vedi EN II, 2, 1103b30-31, da
comparare con 1103a30-32). Per fare un esempio, io acquisisco la virt
del coraggio attraverso azioni coraggiose. Dopo pi azioni coraggiose,
divento coraggioso, acquisendo cos lo stato del coraggio.
Differenza specifica delle virt etiche: il giusto mezzo (II, 5)
1106a14-15 (p. 61 Natali): Che cosa sia, quanto al genere, la virt
stato detto; ma non si deve dire solo questo, che uno stato abituale, ma
anche di che specie sia.
Si conferma cos che Aristotele fino ad ora ha fornito il genere della
virt (in cui quindi rientrano sia le virt etiche che quelle dianoetiche), e
che ora deve dire quale tipo di exis la virt.
Righe 15-24 (p. 61 Natali): Ora bisogna direla sua opera.
Ci troviamo qui di fronte ad un passaggio estremamente chiaro su che
cosa significhi virt (aret) in greco: si tratta delleccellenza.
Aristotele fornisce due esempi:
1) aret dellocchio: lo stato perfetto dellocchio che gli permette di
esercitare ottimamente la sua funzione, quella del vedere:
2) aret del cavallo: lo stato perfetto del cavallo che gli permette di
correre bene, di ben portare il suo cavaliere, ecc.: insomma, di esercitare
ottimamente la sua funzione.
Allo stesso modo, bisogna trovare la virt (cio lo stato abituale) che
permette alluomo di esercitare ottimamente la sua funzione, che
sappiamo essere lattivit razionale. Questo sar possibile esaminando la
specificit della virt.
1106a26-1106b4 (p. 61 Natali): allora, in tutto cicorsa e lotta.
32

Aristotele introduce il giusto mezzo partendo da grandezze continue, e


distinguendo in esse il pi, il meno e luguale. Egli poi presenta anche
una distinzione tra luguale matematico e luguale per noi, cominciando
a parlare del primo.
Per raffigurarlo prendiamo un segmento AB e dividiamolo in dieci
parti. Consideriamo le prime due parti (il poco) e lultima parte, la dieci
(molto). Luguale (il giusto mezzo) sar la sesta parte, perch essa
superata da quattro parti della serie (la seconda, la terza, la quarta e la
quinta) e supera di quattro la decima (con la settima, lottava, la nona e
appunto la decima). Sei quindi corrisponde al giusto mezzo matematico,
che compare in tutti e due i membri delluguaglianza matematica
seguente:
6-2 = 10-6.
Luguale per noi: Aristotele afferma per che non possiamo applicare
luguale (il giusto mezzo) matematico nelle cose che riguardano noi. Per
esempio, se per un uomo dieci chili di nutrimento al giorno sono molti e
due sono pochi, il dietista non potr prescrivere a tutti sei chili di
nutrimento; infatti, per Milone (atleta greco celebre perch mangiava
spaventosamente) sei chili saranno pochi, mentre per me, debuttante
nello sport, saranno molti.
La domanda che si pone la seguente: come applicare ci che
Aristotele ha detto alla virt, che si identifica con il giusto mezzo, e ai
vizi, che si identificano con eccesso e difetto?
Intanto dobbiamo capire quali sono le grandezze continue cui si
applica la virt. Aristotele ne menziona due (1106b16-18) e cio le
passioni e le azioni.
1) La cosa si comprende per le passioni (e le emozioni), perch esse
possono variare di intensit.
33

Possiamo fare un esempio (Aristotele ne fornisce una serie pi avanti,


nel capitolo 7): consideriamo il sentimento della paura e dellardimento,
che trattiamo assieme proprio per capire lapplicazione della virt come
giusto mezzo (vedi 1107b1-4). Se abbiamo due di coraggio (poco) e
dieci di paura (molto), saremo viziosi, cio vili; se avremo due di paura
(poco) e dieci di coraggio (molto) saremo viziosi, cio temerari; se
avremo sei di paura (giusto mezzo) e sei di coraggio (giusto mezzo)
saremo coraggiosi. Come per dice Aristotele, non sar cos per tutti e
tutto, ma il giusto mezzo si calcoler date le circostanze, il carattere, ecc.
2) Invece, come trovare un esempio di azione? Forse, come osservano
alcuni commentatori (antichi e moderni) considerando le azioni come
movimenti che avvengono nel tempo. Consideriamo allora lazione di
dare ricchezza (vedi 1107b8-10).
Se d due (poco) sono avaro; se do dieci (troppo) sono prodigo; se
invece do sei (giusto mezzo) sono generoso. Anche qui non si potr
utilizzare il giusto mezzo matematico. Infatti, donare tutto ci che ho non
necessariamente generoso. La mia generosit probabilmente
variabile, e dipende dal patrimonio che ho a disposizione, dalle persone
che devo aiutare, dal livello di gravit delle loro situazioni, ecc.
Altro esempio, che associa emozioni ad azioni. Se vedo un pipistrello
che pu attaccarmi, e laffronto come un guerriero davanti al nemico e
gli sparo, non sar coraggioso; lo sar se laffronto cercando per
esempio di farlo uscire dalla camera da letto. Se invece inizio a gridare
come unaquila, non sar virtuosa neanche in questo caso; per esserlo
dovr ad esempio essere giustamente prudente (magari coprendomi la
testa prima di affrontarlo), ma senza esagerare.
Quindi, la virt etica (questa la sua differenza specifica) una sorta
di media non matematica tra eccesso e difetto, che A.. caratterizza anche
34

come tendenza al giusto mezzo (1106b27-28).


Gli esempi fatti vogliono spiegare unaltra caratteristica che Aristotele
aggiunge alla virt etica, quella cio di essere uno stato decisionale (II, 6,
1106b36, p. 63 Natali: exis proairetik), che consiste in una mediet tra
due mali (eccesso-difetto) determinata razionalmente (1107a1, p. 63 N.).
In questo modo la virt etica (cio, del carattere) si configura come
uno stato abituale decisionale, che opera scelte in relazione alle azioni e
che domina le passioni grazie alla ragione. Ricordiamo che essa
concerne lanima desiderativa, che desidera, prova passioni ed emozioni.
Per Aristotele, quindi, il desiderio (orexis) non deve essere estirpato,
anzi, un elemento indispensabile dellanima umana, perch esso
produce la capacit di muovere il corpo, cosa che la ragione non fa,
almeno essenzialmente. Aristotele opera una distinzione tra due tipi di
desiderio: quello che si oppone alla ragione, e quello che obbedisce ad
essa. Queste due forme di desiderio sono moralmente giudicabili. E
comunque, la funzione del desiderio considerata da Aristotele come un
dato fondamentale della natura umana. Non bisogna sforzarsi di vivere
senza desiderio, passioni, emozioni, bisogna avere desideri ed emozioni
di buona qualit. La persona equilibrata deve giungere ad uno sviluppo
corretto delle sue capacit di provare emozioni e passioni. Tale sviluppo
consiste nellacquisire uno stato (cio una disposizione durevole) a
provare passioni sempre uguali per oggetti simili, in modo tale da
giungere ad agire in modo coerente. Quando lexis buona, si identifica
con la capacit ad allontanarsi dagli eccessi e dai difetti, che distruggono
il benessere sia del corpo che dello spirito, e nella capacit di restare in
uno stato medio di emozioni e passioni. Cfr. a questo proposito EN II 2,
1104a11-26 (p. 51 Natali): per prima cosa, allorama preservati dalla
mediet.
35

La teoria del giusto mezzo stata molto criticata da alcuni filosofi per
pi motivi. Alcuni hanno trovato sgradevole lidea della variabilit del
giusto mezzo per noi. Altri hanno trovato sgradevole lidea che la virt
non elimini le passioni e le emozioni, ma si limiti a regolarle. Altri
ancora non hanno accettato la virt come giusto mezzo tra due vizi.
Nel XX secolo per, la teoria etica di Aristotele stata riscoperta,
soprattutto a causa del legame da lui istituito tra la virt e la felicit
umana, considerata appunto come vita che funziona e compie la natura e
lopera umana.
Le virt etiche
Aristotele rende concreta la definizione di virt etica applicandola alle
virt individuali. Il suo scopo duplice:
i) innanzitutto vuole dimostrare che la definizione generale di virt si
applica a tutti i casi particolari, cio alle varie specie di virt;
ii) inoltre Aristotele vuole formare luomo virtuoso. In questo modo,
egli fornisce una lista di virt particolari, accompagnati da modelli di
uomini virtuosi da imitare, proprio per mostrare agli uomini come essere
virtuosi (cos da realizzare la propria natura in modo eccellente).
Le questioni che affronteremo sono le seguenti:
a) la lista delle virt etiche;
b) la relazione tra la virt generale e le virt particolari;
c) il senso delle virt etiche.
I libri di EN rivolti alle virt etiche sono il libro II (cap. 5: definizione
generale delle virt; cap. 7: lista delle virt particolari); i libri III, 8-IV,
9, che analizzano in dettaglio le virt particolari; il libro V, che analizza
la virt etica della giustizia e delle sue specie.
La lista delle virt (EN II, 7, 1107a33-1108b7)
Coraggio-temperanza-generosit-magnificenza-fierezza-mitezza36

sincerit-arguzia-amabilit-pudore-sdegno.
1) coraggio (andreia):
le passioni in gioco sono la paura e lardimento; il giusto mezzo il
coraggio; estremi: i) eccesso: temerariet (difetto di paura; eccesso
nellardire) ; ii) difetto: vilt (eccesso di paura; difetto dellardire).
2) temperanza (sophrosyne):
le passioni in gioco sono piacere e dolore; il giusto mezzo la
temperanza; estremi: i) eccesso: intemperanza (incapacit di dominarsi);
ii) difetto: insensibilit (difetto di sensibilit ai piaceri e ai dolori).
3) generosit (eleutheriotes):
in questo caso sono in gioco azioni, dare ed avere ricchezze (caso di
piccole somme).Giusto

mezzo:

generosit;

estremi:

i) eccesso:

prodigalit (dare troppo, ricevere poco); ii) difetto: avarizia (dare troppo
poco; cercare di ricevere troppo).
4) magnificenza (megaloprepeia):
anche qui dare e ricevere ricchezze, ma il caso di grandi somme.
Giusto mezzo: magnificenza; estremi: i) eccesso: ostentazione e volgarit
(cio, fasto senza limiti, cfr. EN IV, 4, p. 136 Natali); ii) difetto:
grettezza (cfr. EN IV, 6, p. 141 Natali: il gretto magari spende anche
cifre importanti, ma rovina tutto per un dettaglio, esita tutto il tempo e
comunque cerca di spendere il meno possibile).
5) fierezza (megalopsychia):
sentimenti in gioco: onore e disonore; giusto mezzo: fierezza; estremi
i) eccesso: vanit; ii) difetto; pusillanimit.
6) mitezza (praotes):
passione in gioco: lira; giusto mezzo: mitezza; estremi i) eccesso:
iracondia; ii) difetto: flemma.
Abbiamo poi tre mediet che concernono la vita sociale fatta di
37

conversazioni e azioni:
7) sincerit (aletheia):
verit su me stesso e gli altri? Giusto mezzo: sincerit; estremi: i)
eccesso: vanteria; ii) difetto: ironia (nel senso di dissimulare?)
8) arguzia (eutrapelia):
piacere proprio dei divertimenti; giusto mezzo: arguzia; estremi: i)
eccesso: buffoneria; ii) difetto: rusticit
9) amabilit (philia):
piaceri che si hanno nella vita in generale; giusto mezzo: amabilit;
estremi: i) eccesso: compiacenza (senza scopo)/adulazione (con scopo);
ii) difetto: sgradevolezza
Altre mediet nelle passioni e nelle cose collegate alle passioni
10) pudore (aids):
si tratta di una passione che secondo Aristotele non propriamente
una virt, anche se lodevole. Essa mediet tra il pudibondo (eccesso)
e lo sfacciato (difetto)
ii) sdegno (nemesis):
piacere e dolore che si hanno per ci che capita al nostro prossimo;
Giusto mezzo: sdegno (ci si addolora per coloro che hanno successo
immeritatamente o che falliscono immeritatamente); estremi: i) eccesso:
invidia (ci si addolora per i successi di tutti); ii) difetto: malevolenza (si
prova piacere per i fallimenti di tutti).
Nel seguito di EN Aristotele presenta approfondimenti su queste virt:
coraggio e temperanza sono trattati nel III libro, gli altri nel IV.
Questa liste e le relative spiegazioni hanno lo scopo di mostrare che la
definizione di virt come giusto mezzo si applica ai casi di virt
particolari. Questo per non significa che Aristotele metta in scena una
sorta di mediocrit, come Kant accuser. Al contrario, la virt per
38

Aristotele una sommit, dal punto di vista delleccellenza del bene. Per
giustificare la definizione, e quindi la natura, della virt etica, Aristotele
fa una comparazione tra opere della natura e dellarte. Esse sono
eccellenti quando evitano gli eccessi e realizzano una giusta proporzione
di elementi disparati e contrari: gli elementi fondamentali terra, aria,
acqua, fuoco (che hanno propriet contrarie) nei composti naturali; gli
umori nella buona salute del corpo; le proporzioni nelle opere darte.
Allo stesso modo, le passioni presentano leccesso e il difetto, il pi e
il meno, ed esiste una sorta di continuo tra una qualit e un difetto
opposto, come la temerariet e la vilt, e gli altri estremi che abbiamo
visto.
Le virt etiche costituiscono il luogo della conciliazione tra lanima
razionale e lanima desiderativa delluomo, per una realizzazione
delluomo nelluniverso sociale.
Ma come si diviene giusti, temperanti, coraggiosi, ecc.?
Certamente non attraverso linsegnamento teorico che si riceve alla
scuola di Aristotele, visto che linsegnamento serve solo alla
trasmissione di un sapere. Daltra parte, non si nasce naturalmente
virtuosi; la natura fornisce solamente una predisposizione alla virt, che
si pu per acquisire solo con un impegno individuale.
Secondo Aristotele si pu acquisire la virt solo grazie allabitudine
alla condotta virtuosa. Quindi, si diventa giusti abituandosi a compiere
azioni giuste, si diventa coraggiosi abituandosi a comportarsi in modo
coraggioso, ecc.
Lantico problema socratico e platonico dellinsegnabilit della virt
(vedi ad esempio Menone) trova in EN la sua soluzione: Aristotele
presenta la teoria di una formazione morale che si realizza attraverso
unabitudine fino a produrre nel soggetto una seconda natura. Affinch
39

questo sia possibile, questa formazione morale devessere precoce:


importante che labitudine morale venga acquisita fin dalla giovinezza
(vedi 1103b24 ss). Bisogner fin dallinizio condizionare lorexis, cio il
desiderio, perch possa seguire la ragione. Gli agenti di questo processo
di condizionamento sono prima di tutto il padre, poi il milieu sociale,
infine la polis. Ma ovviamente non ci si pu limitare a obbedire (con un
comportamento meccanico) al padre o alle leggi della polis per diventare
virtuoso; bisogner anche divenire consapevoli di questi comportamenti,
e sviluppare una exis, uno stato cosciente e razionale per esercitare il
comportamento virtuoso.
Quindi, riassumendo:
i) la teoria della virt etica ha un ruolo centrale in EN poich essa la
modalit perfetta dellattivit dellanima; tale modalit necessaria per
raggiungere il nostro scopo morale, la felicit, leudaimonia;
ii) la sfera di azione della virt etica la parte non razionale
dellanima, in cui si generano i desideri e le tendenze. Il materiale
psicologico su cui la virt lavora per condizionarlo costituito da
quelluniverso complesso di ci che in greco si chiama pathe, passioni;
passioni che, a loro volta, sono caratterizzate da una coppia di esperienze
elementari; piacere e dolore.
In generale si pu dire che per Aristotele la condizione della persona
cattiva deriva da due cose:
a) compiere azioni cattive per il desiderio del piacere;
b) evitare le buone azioni per la paura del dolore.
In effetti, nella sua forma elementare, il vizio (kakia) risiede nella
subordinazione al piacere (che bisogna possedere tutto il tempo) e al
dolore (che bisogna evitare tutto il tempo).
In compenso, la virt risiede nel controllo corretto di queste
40

esperienze primarie.
Le passioni
Sulla base della lista delle virt analizzata, possiamo anche estrarre la
lista (probabilmente non sistematica n esaustiva) delle passioni.
Essa fornita un po alla rinfusa anche in EN II, 4, 1105b20ss (p. 59
Natali), quando Aristotele cerca di spiegare che cos la virt (passione,
capacit o stato):
desiderio, ira, paura, ardimento, invidia, gioia, affetto, odio, brama,
gelosia, piet e in generale tutto ci cui fa seguito piacere e dolore
(righe 25-26).
Di fronte a questo insieme emozionale, Aristotele non prende
latteggiamento platonico (n quello che sar stoico) di ritenere che le
passioni costituiscano il male morale. Piuttosto, egli crede che le
passioni costituiscano delle reazioni naturali (cio, psicologicamente
spontanee) allambiente circostante, cio alle situazioni proposte dalla
rete dei rapporti interpersonali e sociali. Si tratta delle reazioni
dellorexis, della parte desiderativa dellanima, cio della funzione
psichica non razionale, che per non negativa, piuttosto moralmente
neutra.
Nessuno sceglie di provare queste passioni, nessuno quindi
moralmente responsabile, e quindi colpevole, per esse (vedremo infatti
che per Aristotele la sfera delle responsabilit coincide con quella della
scelta).
Non si quindi buoni o cattivi a causa delle passioni che proviamo,
ma a causa delle virt e dei vizi, cio a causa del modo in cui le passioni
sono regolate e dominate (dalla ragione) nellazione morale:
EN II, 4, 1105b29-1106a4 p. 59 Natali): Ora n le virt n i vizi sono
passionio non sono senza scelta.
41

Si tratta ancora di un passo gi letto (ancora una volta per capire cos
la virt), che per adesso comprendiamo in tutta la sua portata.
Il problema della virt non quindi quello di una negazione del
materiale psichico delle passioni (vedi EN II, 2, 1104b24: Aristotele
dice che le virt sono definite anche come un certo tipo di impassibilit,
ma tale definizione sbagliata), ma quello del suo buon uso: bisogner
dominare le passioni nel momento adatto, riguardo alle cose adatte e in
relazione alla gente adatta, nel modo adatto e per il fine adatto:
EN II, 5, 1106b21-25 (p. 63 Natali): Sto parlando della virt morale
(=etica, quella del carattere)nel modo adatto.
Il senso di questo passo che le passioni sono inevitabile e anche utili,
purch sottoposte a una mediet che le rende accettabili alla societ,
eliminando quel carattere (che esse possono avere) fuori controllo e
dirompente: cfr. per esempio la tragedia greca.
In compenso, Aristotele valorizza la reattivit emotiva e il grado di
implicazione delle passioni necessari ai rapporti interpersonali.
Facciamo

un

ultimo

esempio,

significativo

per

chiarire

definitivamente il ruolo del giusto mezzo:


In EN IV 11 Aristotele spiega che la mitezza (da intendersi come una
virt civile) consiste nellevitare gli eccessi collerici inappropriati.
Tuttavia, essa non esclude la collera giusta per le offese subite. In effetti,
non rispondere (cfr. 1126a1-8) emotivamente alle ingiurie rivolte al
proprio prestigio un atteggiamento da schiavo.

42

Il metodo dellEtica
Troviamo alcune osservazioni sul metodo in etica allinizio dellopera
(EN I, 1, 1094b20-1095a12), e in un passo veramente importante di EN
VII 1, 1147b2-7 (libro sul piacere) (da mettere in relazione con EE
1216b26-35).
Le osservazioni del primo libro si dividono in due sezioni:
1) osservazioni sul ragionamento etico (1094b20-22);
2) osservazioni sulluditorio adatto (1094b22-1095a12).
1) Il ragionamento etico (vedi anche Metafisica alfa minore, terzo
capitolo)
Aristotele spiega che non bisogna pretendere lo stesso rigore per ogni
argomento e disciplina: in particolare, sarebbe assurdo pretendere per gli
argomenti della nostra ricerca (etica o politica?).
Per quale motivo?
Perch gli oggetti della politica (ricordiamo che Aristotele avanza la
tesi che gli argomenti trattati in EN in teoria dovrebbero essere oggetto
della politica (vedi sopra, p. 15)) come le cose belle, le cose giuste, le
cose buone, sono talmente vari e fluttuanti che sembrano stabiliti pi per
convenzione che per natura.
La natura delle cose morali non necessaria, ma vale solamente per lo
pi (epi to pol). Aristotele fornisce come esempio la ricchezza e il
coraggio. Essi sono considerati cose buone, ma per alcuni sono stati
causa di morte (e quindi cose cattive).
Per argomenti di questo tipo, quindi, bisogner accontentarsi di
mostrare la verit grosso modo (1094a25: typ, dativo di typos), cio per
sommi tratti. Si tratta in somma di partire da argomenti che valgono per
lo pi, e che quindi forniscono delle conclusioni per lo pi.
43

Il per lo pi (epi to pol: 1094b21)


Si tratta di una formula usata spesso da Aristotele (per esempio nella
Fisica) per parlare di fatti che non sono sempre veri.
Aristotele distingue tre classi di fatti (e di relative proposizioni):
i) i fatti necessari, che si producono sempre nello stesso modo (per
esempio, gli oggetti delle scienze esatte); ii) i fatti generali ma non
universali, si producono nello stesso modo per lo pi (per la maggior
parte delle volte), per esempio gli oggetti della fisica o della politica;
iii) i fatti accidentali, che si producono raramente nello stesso modo (di
questi fatti non vi scienza).
Proprio grazie alla materia cui si applicano, le regole morali valgono
per lo pi, comportando quindi delle eccezioni.
2) Luditorio
Riguardo agli argomenti delle singole scienze e discipline, luomo
colto deve esigere il grado di rigore richiesto dalla natura della cosa
(oggetto di ricerca).
In particolare, per quanto riguarda la presente ricerca, Aristotele
dichiara che il giovane non fa parte delluditorio appropriato, e questo
per due motivi:
i) perch il giovane non ha esperienza delle azioni richieste dalla vita,
mentre gli argomenti di etica e politica derivano da essa;
ii) perch incline a seguire le passioni e quindi assister alle lezioni
invano, dal momento che, per argomenti di questo genere, lo scopo non
la conoscenza ma lazione.
Quello che importante notare che la giovinezza non dipende
dallet anagrafica, ma dal comportamento passionale. Per persone di
questo genereaggiunge Aristotelela conoscenza non sufficiente
per agire in modo razionale; essa invece sar sufficiente per le persone
44

che gi dominano passioni e azioni secondo ragione.


La conoscenza etica, quindi, si distingue per il suo oggetto (lazione
umana, singolare, contingente, variabile, quindi comportante unampia
parte di indeterminato), per il suo scopo (ancora una volta lazione, e non
la conoscenza) e infine per il suo metodo.
Per ora abbiamo considerato loggetto e lo scopo. Prima di proseguire
nella descrizione delloggetto (avendo gi determinato abbastanza
chiaramente lo scopo), ci rivolgiamo ora al metodo.
EN, 1145b2-7:
E necessario, come negli altri casi, dopo aver stabilito i fenomeni e aver
innanzitutto sollevato delle aporie, provare cos, al pi alto grado, tutte le opinioni
autorevoli riguardo alle passioni di questo tipo o, in mancanza di questo, la
maggior parte e le pi degne; qualora infatti si pervenga a risolvere le difficolt e
non rimangano che le opinioni autorevoli, si sar sufficientemente provato.

Universalit del metodo qui descritto


Anche se questo passaggio precede la discussione sullakrasia,
lincontinenza (si tratta di un vizio che si trova tra le affezioni o passioni
dellanima: siamo nel capitolo VII dellEtica nicomachea, in cui Aristotele
appunto considera alcuni vizi), Aristotele ci dice che, anche per questo
caso, bisogna fare come negli altri casi (epi ton allon). Ci sembra
significare che il metodo qui presentato si applica anche alle altre cose
delletica: qui Aristotele parla di passioni o di affezioni (pathe), ma
probabilmente il metodo non si limita ad esse. Un esempio di questo
metodo si trova anche nel tentativo di definire leudaimonia umana
(verificare).
O addirittura, il metodo si applica ad altre discipline. Questo stesso
metodo si applica infatti ad altri domini filosofici. In phys , 4, 211a7-11 (a
proposito del luogo), per esempio, Aristotele fa delle osservazioni

45

metodologiche simili a quelle che troviamo nel passo in analisi5: anche qui,
infatti, necessario risolvere le aporie, e mostrare che ci che sembra
(appartenere al luogo) realmente lo sia; in tal modo ogni cosa sar provata
al meglio. Nel de anima (403b20-24)6, Aristotele dice che bisogna
sollevare delle aporie che si devono risolvere nel corso della trattazione e
raccogliere le opinioni (doxai) dei predecessori per accogliere ci che
hanno detto correttamente e rifiutare ci che non hanno detto
correttamente. Citer infine il caso, molto significativo, del libro B della
Metafisica, 995a24-b4. Anche qui Aristotele, in relazione alla scienza
ricercata, suggerisce di affrontare quelle cose (tesi? affermazioni?)
intorno a cui si deve innanzitutto sollevare delle difficolt. La discussione
preliminare delle difficolt utile per pi motivi: 1) unaporia un legame
che non possiamo sciogliere fino a che non ne comprendiamo la natura; 2)
colui che ricerca senza discutere le difficolt non conosce la direzione in
cui sta andando, e neppure sa se ha trovato ci che cercava; 3) inoltre, colui
che ha ascoltato gli argomenti che si contrappongono, sar in una posizione
migliore quanto al giudizio. Insomma, pare che, grosso modo, questo
metodo si applichi a tutti gli ambiti, o quasi, della riflessione filosofica
aristotelica.
Tre operazioni
Il metodo presentato da Socrate nel passo in analisi comprende tre
operazioni:
1) stabilire i fenomeni;
5

Phys., 211a7-11 : come per la ricerca riguardo a come il ti esti possa essere dato, bisogna sforzarsi di
condurre la ricerca in modo tale che le aporie siano risolte e che ci che sembra appartenere al luogo
realmente gli appartenga; e, inoltre, che la causa della difficolt e delle aporie riguardo al luogo
divengano chiare; cos infatti ogni cosa sar provata al meglio.
6
de anima 403b20-24: Ricercando le cose intorno allanima necessario che, sollevando delle aporie
che si devono risolvere nel corso della trattazione, si raccolgano contemporaneamente le opinioni dei
predecessori che si espressero in qualche modo intorno ad essa, e ci per accogliere quanto hanno detto
correttamente, e, se non correttamente, temerlo. Cfr. anche de caelo 308a4-7

46

2) sollevare dei problemi.


3) provare gli endoxa, che traduciamo con opinioni autorevoli, ma su
cui torneremo. Aristotele spiega che per provare sufficientemente, occorre
risolvere le difficolt e lasciare le opinioni autorevoli: tutte, o la maggior
parte, e le pi importanti.
Soffermiamoci ora su ciascuna delle tre tappe.
1) stabilire i fenomeni:
Qual il senso di phainomena? Nelle scienze fisiche, i phainomena sono i
dati che si mostrano con evidenza allosservatore, per esempio i dati che
cascano sotto i sensi7. Ma chiaro che nelle Etiche i phainomena sono
ci che appare vero agli uditori e agli agenti. Aristotele utilizza anche il
termine legomena (ci che si dice) per riferirsi alle stesse cose (1145b20:
ci che si dice sullakrasia), e anche il termine dokounta, le cose che
sembrano8. Poich sia gli endoxa che i dokounta sono credenze, opinioni,
anche i phainomena saranno opinioni o credenze di un certo tipo. Quindi, si
pone la seguente alternativa:
i) gli endoxa e i phainomena designano le stesse cose (credenze e
opinioni) anche se il significato diverso: in tal caso, Aristotele propone
per prima cosa di elencare una serie di opinioni autorevoli;
ii) oppure gli endoxa (le opinioni autorevoli) sono una classe di
phainomena (le opinioni), e in tal caso Aristotele per prima cosa propone di
presentare una lista di opinioni tout court intorno ad una determinata
questione etica.
Ma vedi ci che Aristotele dice a proposito della definizione di
7

Vedi per esempio De caelo 303a22-23


Cfr. per esempio EE, 1235b13-15: Bisogna dunque ricercare il modo che, contemporaneamente, dia
conto delle opinioni intorno a queste cose nel miglior modo possibile, e risolva anche le difficolt e le
contraddizioni. Ci accadr se le opinioni contrarie sembreranno ben fondate.
8

47

eudaimonia (EN, 1095a28-309): qui propone di considerare non tutte le


opinioni (doxai), ma quelle pi diffuse o quelle che sembrano avere
qualche argomento in loro favore (piacere, ricchezza, onore, saggezza, bene
platonico): gli endoxa, forse.
Insomma: tithenai ta phainomena significa presentare una lista di
opinioni sullakrasia che sembrano vere (senza necessariamente esserlo)10.
2) sollevare dei problemi.
Questa operazione si riferisce, come spesso in altre opere di Aristotele, a
un percorso preliminare che consiste nel presentare problemi (aporiai) e
difficolt che i phainomena (cio, gli endoxa) sollevano.
C un altro uso del verbo (che probabilmente si trova in Metafisica Beta)
che significa il trovarsi in una strada che a un certo punto si biforca, e noi
non sappiamo quale strada scegliere per proseguire. Un impasse!.
Quali sono questi problemi e queste difficolt? Aristotele spera, alla fine
di questo percorso, di conservare tutti gli endoxa sullargomento ma, nel
caso ci non fosse possibile, di conservarne la maggior parte (pleista) e i
pi significativi (kuriotata).
i) si pu supporre che le opinioni iniziali (phainomena/endoxa) possano
trovarsi in una situazione di reciproco conflitto:
se ci si presenta, bisogner selezionare una parte di esse che siano
coerenti tra loro. Questo sottoinsieme dovr essere il pi vasto possibile
rispetto al gruppo di partenza, e il pi importante. Aristotele non spiega qui
il senso di pi importante ma forse i criteri si possono ricavare dal passo
di EN gi menzionato, a proposito della definizione di eudaimonia
(1095a28-30): (i) quelle pi diffuse e (ii) quelle che hanno qualche
9

EN, 1095a28-30: Ora, considerare tutte le opinioni <sulla felicit> certamente piuttosto inutile, e sar
sufficiente considerare le pi diffuse o quelle che sembrano avere qualche ragione
10
E Owen ad aver dimostrato che i phainomena non riguardano i fatti osservati (G.E.L. Owen, Tithenai
ta phainomena, in AA.VV., Aristote et les problmes de mthode, Louvain-Paris 1961.

48

argomento in loro favore.


Quanto allincoerenza delle opinioni, si pu forse credere che il processo
di diaporein abbia il compito di scoprire lincoerenza e di rifiutare le
opinioni incoerenti.
Prendiamo due esempi che si trovano nellEtica nicomachea:
- critica al bene platonico: come possibile invocare lidea di bene
universale per spiegare il bene per luomo, dal momento che il termine
bene ambiguo, e designa cose disparate (EN I, 4)?
- come identificare il bene per luomo al piacere, dal momento che,
passare la vita a ricercare i piaceri ci rende simili alle bestie, mentre noi
cerchiamo il bene proprio allessere umano (EN, I, 3)?
ii) Tuttavia, nel passo che stiamo esaminando, si desume che, anche se
alla fine si conservano tutti gli endoxa, questo avviene grazie al processo
del diaporein, sollevare dei problemi. Ci sono altri problemi, oltre
allincoerenza, che gli endoxa possono presentare? Forse i problemi tipici
delle opinioni: ambiguit, oscurit, apparenti contraddizioni.
Comunque sia, il processo del diaporein ha lo scopo di farci conoscere i
vizi, nel caso specifico, lakrasia11.
3) provare gli endoxa
Questa terza operazione consiste semplicemente nel risolvere le aporie e
le difficolt per provare gli endoxa12. Una volta risolte, una volta cio che
gli endoxa sono stati purificati e corretti, e una volta raccolti gli endoxa
coerenti, avremo provato la verit degli endoxa rimasti.
Tre domande ad Aristotele
Sulla base del metodo descritto, si potrebbero rivolgere tre domande ad
11

Esempi possibili : (1) ambiguit del termine aret (che significa sia virt di carattere, che virt
intellettuale), (2) due funzioni dellanima che possiede il logos : i) lanima desiderativa che gli
obbedisce e ii) lanima razionale che possiede il logos come natura propria.
12
Vedi anche EN 1146b6-8: delle aporie, alcune sono da eliminare, altre da conservare: infatti, la

49

Aristotele:
1) perch iniziare una qualunque ricerca (etica, fisica o metafisica)
riunendo le opinioni ricevute (gli endoxa)?
2) perch pensare che le aporie e le difficolt filosofiche da risolvere
derivino tutte dagli endoxa? Vi sono certamente altre fonti di perplessit
filosofica.
3) perch accontentarsi di rimanere con gli endoxa che resistono? Ci sono
altre verit che esistono, anche se nessuno le pensa e le crede; in compenso,
ci sono degli endoxa che si sono rivelati falsi (per esempio, fino a
Copernico tutti hanno pensato che la terra fosse immobile, a torto).
Questultima domanda non posta da Aristotele neppure nei passi in cui
presenta

la

raccolta

delle

opinioni

dei

predecessori

come

metodologicamente importante (de caelo, 308a4-7; de anima, 403b20-24;


metaph.B, 995a24-b4, vedi supra, note 2 e 3). Lultima domanda la pi
destabilizzante, dal momento che Aristotele sembra assumere la posizione
secondo cui i) le risposte alle questioni etiche (ma anche fisiche e
metafisiche) sono gi tutte a nostra disposizione, racchiuse negli endoxa e
ii) la filosofia non pu trovare nuove risposte, ma deve giusto ruminare ci
che gi stato detto dai predecessori.
Gli endoxa
Costituiscono loggetto della dialettica, e si parla quindi di essi nei Topici.
La traduzione che mi sembra corretta opinioni notevoli o opinioni
autorevoli: laggettivo endoxos, infatti, certamente collegato a doxa
(opinione)13; ma laggettivo utilizzato, in modo assolutamente ordinario
(cosa che fa anche Socrate), nel senso di ci che ha una buona
reputazione. Gli endoxa sono dunque le opinioni di buona reputazione. I
soluzione dellaporia la scoperta
13
Ma doxa vuole anche dire reputazione: vedi Tucidide, Euripide, Isocrate.

50

criteri per considerare gli endoxa, endoxa, si trovano nei Topici, 100b212314: sono endoxa quelle opinioni (o, per meglio dire le cose che
sembrano, i dokounta) o condivise da tutti, o da quasi tutti, oppure dai
sapienti (tutti, o quasi tutti o dai pi conosciuti e autorevoli). Sicuramente,
per prima cosa, pensiamo a opinioni esplicite, espresse dal linguaggio (i
legomena), per esempio alla lista delle opinioni sullakrasia o
sulleudaimonia. Ma, come fa notare Jonathan Barnes, bisogner
probabilmente considerare come endoxa anche delle opinioni o credenze
implicite:
i) proposizioni che derivano dalle nostre credenze:
per esempio: credo (esplicitamente) che la ricchezza un bene per
luomo; di conseguenza, credo (implicitamente) che possedere una villa
con piscina in costa Smeralda un bene per luomo;
ii) credenze che possiamo attribuire a qualcuno sulla base delle sue
azioni: faccio molto sport piuttosto che studiare filosofia: mi viene
attribuita la credenza secondo cui la salute superiore alla virt
(intellettuale).
iii) credenze latenti nel linguaggio:
un esempio un po complicato in EN 1111b26-30: la volont riguarda il
fine, la scelta i mezzi per raggiungere il fine: per esempio, noi vogliamo
essere in buona salute e scegliamo i mezzi con cui saremo in buona salute,
e vogliamo essere felici, e lo dichiariamo, ma non corretto dire
scegliamo, poich la scelta ha per oggetto le cose che dipendono da noi.15
Questo per dire che gli endoxa o i phainomena da considerare si ampliano
moltissimo, se consideriamo non solo le credenze esplicite ed espresse, ma
14

Top 100b21-23 sono opinioni autorevoli le opinioni (ta dokounta) condivise da tutti gli uomini, o da
quasi tutti, o dai sapienti e, per questi ultimi, o da tutti, o da quasi tutti, o dai pi conosciuti e autorevoli.
15
Altro esempio in Fisica I, 7: i modi in cui i greci parlano del cambiamento mostra lopinione comune
secondo cui ogni cambiamento consiste in una materia che assume una forma al posto della privazione.

51

anche quelle implicite. Risulta anche chiaro che bisogna scegliere e


purificare gli endoxa: essi infatti risultano impliciti o latenti, e quindi vanno
estratti dai comportamenti e dal linguaggio. Possono essere difficili da
formulare o essere difficili da formulare chiaramente.
Inoltre, gli endoxa possono essere in conflitto: per esempio, ci pu essere
conflitto tra lopinione della massa e quella dei sapienti, o tra le opinioni
dei sapienti, ecc. In tal caso, ci si trover di fronte a endoxa che dovranno
essere selezionati. Per esempio, una volta era endoxon ritenere che la terra
era immobile (tutti lo pensavano), e era anche endoxon credere che la terra
si muove (Galileo era un sapiente di buona reputazione): a un certo punto si
deciso di conservare una delle due opinioni e rifiutare laltra.
Comunque stiano le cose, gli endoxa comprendono sia le cosiddette
proposizioni del senso comune, intendendo per proposizioni del senso
comune quelle sostenute da tutti o dalla maggior parte degli uomini; sia le
credenze minoritarie, sostenute dai sapienti e dagli specialisti.
Quindi: gli endoxa sono moltissimi, e vanno purificati e, al limite,
rifiutati. Quindi, anche se sono gi tutti a disposizione, c un lavoro
pressoch inesauribile da compiere per chiarirli ed, eventualmente,
sceglierli.
Il metodo degli endoxa
Ma perch Aristotele ama cos tanto il metodo degli endoxa?
Per una ragione fondamentale, che egli stesso presenta allinizio dei
Topici, quando spiega lutilit del trattato dei Topici:
101a36-b4: Ancora, la dialettica utile riguardo ai primi elementi di ogni
scienza. Infatti, non possibile dire nulla riguardo ad essi sulla base dei principi
propri di una data scienza, poich i principi sono primi rispetto a tutte le altre
cose. Piuttosto, bisogna necessariamente avere a che fare con loro sulla base degli
endoxa riguardo ad essi. E questo proprio o almeno peculiare alla dialettica. Nel
momento in cui verifica (exetastik), essa (o: possiede) la strada verso i principi

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di tutti i metodi.

Insomma, Aristotele crede che ogni discussione che riguardi i principi


primi di una scienza debba essere fatta con lausilio degli endoxa, e anche
dei sillogismi a partire dagli endoxa. Quindi, lanalisi degli endoxa serve a
stabilire i principi primi di ogni scienza, ed per questo che Aristotele, in
quasi tutte le discipline di cui si occupa, parte con unindagine di essi, e
pratica una purificazione di essi che conduce a rifiutarli o a conservarli,
oramai purificati (si pensi al libro Alpha della Metafisica, in cui Aristotele
analizza le opinioni dei predecessori a proposito delle quattro cause).
Quindi: iniziamo con lanalisi degli endoxa dei predecessori o comuni; li
problematizziamo e purifichiamo; quelli che restano fungeranno da principi
primi delle scienze.
Inoltre, Aristotele riconosce un grande valore agli endoxa, sia di partenza,
che di arrivo, a patto che questi ultimi siano oggetto di un accordo comune
(cfr. Etica Nicomachea 1216b26-35).

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