Sei sulla pagina 1di 10

L’illuminismo francese

L’ illuminismo designa il periodo compreso tra la Rivoluzione inglese del 1688 e la Rivoluzione francese del
1789, in cui la vita politica culturale e europea fu segnata da un profondo rinnovamento.

Per la filosofia illuministica sono stati fondamenti gli apporti di: - Riflessione inglese tra Seicento e
Settecento  atteggiamento critico nei confronti della tradizione - Valutazione problematica dei rapporti tra
religione rivelata e religione razionale (deismo)  nuova concezione critica della ragione.

L’illuminismo si sviluppa soprattutto in Francia, veicolo anche per la diffusione europea della filosofia
inglese, da cui aveva preso spunto. La Francia, infatti, presenta delle peculiarità storico, politiche ed
economiche che rendono la potenzialità polemica della ragione critica più accentuata rispetto al territorio
inglese.

Infatti, vi era la monarchia borbonica che esercitava un potere assoluto, tenendo la società in una condizione
di grande arretratezza e di intolleranza religiosa. Allora l’illuminismo, per quanto riguarda la pars destruens,
si tradusse sul piano Religioso in posizioni anticlericali e aperte manifestazioni di ateismo - Politico in
progetti di emancipazione politica fino all’idea di democrazia diretta di Rousseau - Gnoseologico in
sensismo.

Per quanto riguarda la pars construens, invece: - Lumières – la metafora della luce, che contribuì a chiamare
l’illuminismo come età dei Lumi, manifesta un’idea di progresso dell’attività storica e umana. La concezione
di una ragione propositiva e progettuale, che presiede ad una trasformazione dell’individuo e della società. 
ottimismo antropologico: visione progressiva e lineare, grazie al corretto uso della ragione e all’apporto della
scienza e della tecnica. Mentre nel resto d’Europa questa metafora viene introdotta a posteriori con un
neologismo per indicare una categoria storiografica, in Francia è un’immagine rivendicata già dai
contemporanei  netto e consapevole distacco nei confronti del passato - Philosophe – nozione che incarna
un nuovo ideale antropologico: un uomo che si sa servire della propria ragione per indirizzare il suo agire nel
mondo, dal testo Le Philosophe di Du Marsais. Il nuovo filosofo è colui che si interessa preminentemente
della dimensione morale e pratica  filosofia = politica, che sono alla base dell’idea di dispotismo illuminato,
ossia un sovrano in grado di usare rettamente la ragione può anche assumere un potere assoluto per
esercitarlo, però, in favore della comunità La filosofia illuminista si può dividere in tre grandi momenti:

1) Proto-illuminismo, ultimi anni del Seicento, i cui massimi esponenti sono Montesquieu e Voltaire

2) Seconda generazione, metà del Settecento, i cui massimi esponenti sono Diderot, Condillac, Rousseau,
Helvétius

3) Tournant de lumières, ossia la metamorfosi dei Lumi, anni Trenta e Quaranta


IL PROTO-ILLUMINISMO FRANCESE

Una tappa fondamentale che segna il passaggio dal razionalismo seicentesco all’illuminismo è rappresentata
da Bayle. Tuttavia, tra la morte di Bayle e l’opera di Montesquieu apparentemente era assenti opere
filosoficamente rilevanti  letteratura clandestina, che circolò in forma manoscritta nei primi decenni del
Settecento, dovuta alla censura preliminare alla stampa.

Questa circolazione sotterranea contribuì a diffondere in tutta la Franca idee illuministiche, i cui filoni più
importanti erano due:

Critica religiosa:

Deismo con Esame della religione di Du Marsais

Ateismo con Testamento di Meslier, in cui riconduce la religione ad un’invenzione umana - Moralisti, che
considerano l’emozione come un’affezione che influenza fortemente la personalità di un individuo,
determinandone il suo comportamento. Il moralista è colui che sa rendere conto della diversità e complessità
dei caratteri  scrittura aforistica e frammentaria: o Riflessioni o sentenze morali di La Rochefoucalud o
Caratteri di La Bruyère o Conversazioni sulla pluralità dei mondi di Fontenelle.

Montesquieu

La fama di Montesquieu è legata a tre testi fondamentali da lui pubblicati

Le lettere persiane, pubblicate nel 1721: uscite anonime, presentano molte analogie stilistiche e
contenutistiche con la letteratura clandestina del primo illuminismo; M. in questo testo utilizza lo schermo
letterario del romanzo epistolare e della novella orientale per dipingere, con tratti grotteschi, la mentalità e le
istituzioni della civiltà francese; il principe persiano Usbek parte con il fidato amico Rica alla scoeprta del
mondo occidentale, mantenendo uno scambio epistolare costante con diversi conoscenti in cui espone le
proprie impressioni sulla civiltà europea, in particolar modo su Parigi.
Le Lettere ebbero un gran successo letterario, sono una satira sia dell’assolutismo francese – in particolare
della disastrosa politica economica di Luigi XIV- sia della religione, dipinta come pratica superstiziosa e
fanatica, priva di fede interiore.

I temi della battaglia illuministica presenti nelle Lettere persiane sono ripresi e approfonditi, in una
prospettiva nuova, nelle Considerazioni sulle cause della grandezza dei romani e della loro decadenza,
pubblicato un decennio dopo 1734. Alla critica del costume subentra la volontà di interrogarsi sulle
condizioni storiche, le cause, in grado di spiegare la nascita o dissoluzione dei corpi politici, la cui vicenda di
Roma offre un caso esemplare; Lo studio della storia di Montesquieu è particolare. Studia la storia come un
fenomeno fisico, respingendo schemi provvidenzialistici e intenti finalistici.

Esistono, per Montesquieu, cause generali, sia morali che fisiche, le quali influiscono – nel bene e nel male-
sul processo storico: sono riconducibili primariamente alle passioni, alle consuetudini e alle istituzioni; nel
caso specifico, i romani furono prosperi e potenti finché si governarono avendo come principi l’amore per la
libertà e la patria, la disciplina militare e la saggia politica del senato nei confronti dei popoli vinti.

Decaddero quando estesero smisuratamente i confini dell’impero, in modo che le stesse leggi che avevano
garantito loro il dominio universale si rivelarono inadatte a governarli.

La spiegazione delle vicende storiche e dei fatti sociopolitici mediante principi generali, applicata
all’esempio di Roma nelle Considerazioni, viene generalizzata in quello che è considerato il capolavoro di
Montesquieu: Lo spirito delle leggi del 1748.

Suddivisa in trentuno libri, l’opera è stata considerata non solo una sorta di enciclopedia del sapere politico e
giuridico del primo Settecento, ma il contributo fondativo della scienza politica stessa, intesa come
SCIENZA DEL COSTITUIRSI STORICO DELLE FORME DI VITA CIVILE.

L’intento dell’opera emerge sin dal titolo: Dello spirito delle leggi o del rapporto che le leggi debbono avere
con la costituzione di ogni governo, con i costumi, il clima, la religione e il commercio.

Le istituzioni e le leggi dei vari popoli non sono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente
condizionate dalla natura dei popoli, dai loro costumi, dalla loro religione ma soprattutto da un rigido
determinismo climatico, dalle condizioni geografiche; con il termine spirito, Montesquieu definisce l’insieme
delle concause storico-sociali che condizionano il comportamento politico; non sono cause assolute, cioè
indipendenti dallo spazio e dal tempo – come aveva già dimostrato con l’esempio di Roma, esse variano col
mutare storico delle situazioni-.
Diventa così possibile determinare, seguendo l’analogia scienza naturale-scienza politica che anima
l’intera riflessione di Montesquieu, quali sono i principi da cui una determinata società non può
derogare, pena la sua rovina.

Montesquieu definisce i tipi fondamentali di governo secondo una tassonomia tripartita, organizzata secondo
II criteri.

Alla distinzione convenzionale basata sul numero di persone che detengono il potere, egli affianca il criterio
innovativo della modalità in cui il potere è esercitato. Ne conseguono tre forme di governo possibili:

La repubblica, distinta in democratica o aristocratica.

La monarchia.

Il dispotismo.

Nella repubblica il potere è esercitato da più individui (molti nella democrazia pochi nell’aristocrazia) in
ossequio alla legge. Nella monarchia da uno solo e sempre in osservanza della legge, nel dispotismo da uno
solo in maniera arbitraria.

Ognuna di queste forme di governo si caratterizza per un principio che le è proprio, un elemento costitutivo
dal quale non può allontanarsi senza rischiare di perire.

Per quanto riguarda la democrazia, il principio alla base della repubblica è la virtù, politica e non morale,
intesa come amor di patria e dell’uguaglianza; quello della monarchia, l’onore, la volontà di distinzione.
Quello del dispotismo, la paura che infonde nei sudditi.

Nonostante M. lasci trasparire una profonda avversione per ogni forma di dispotismo – ed una preferenza nei
confronti della monarchia costituzionale, improntata al modello inglese- egli si astiene dall’indicare una
scala di valori assoluta.

Montesquieu si occupa inoltre di determinare la condizione generale per il mantenimento della libertà, che
vale per qualsiasi forma di governo escluso il dispotismo, essendo il principio della paura incompatibile con
la libertà.

Tale condizione consiste nella separazione del potere legislativo (parlamento) esecutivo(governo) giudiziario
(magistratura).

La riunione di questi poteri nelle stesse mani, siano del popolo o del despota, annienterebbe la libertà perché
annullerebbe quella bilancia dei poteri, ovvero quell’equilibrio, che ne costituisce l’unica salvaguardia.

Voltaire
La riflessione filosofica di Voltaire è influenzata dagli anni che trascorse in Inghilterra tra il 1726 e il 1729.
Questi anni coincisero con la scoperta della scienza di Newton e dell’empirismo di Locke, le quali gli
fornirono una nuova concezione dell’universo e dell’uomo, con il rifiuto dell’astratto razionalismo cartesiano
e di ogni metafisica.

Per quanto riguarda il mondo naturale, Voltaire abbracciò una visione incentrata sul meccanicismo
sperimentale newtoniana, ma anche nell’ambito gnoseologico (teoria della conoscenza) pur riconoscendo a
Cartesio il merito di aver opposto la luce della ragione alle tenebre dei pregiudizi e dell’ignoranza, Voltaire
gli rimprovera lo spirito di sistema e la costruzione di un romanzo ingegnoso fondato su fantasie metafisiche;
Locke ha spiegato all’uomo la ragione umana come un anatomista spiega la struttura del corpo. Il debito
intellettuale di Voltaire nei confronti della cultura anglosassone è espresso nelle Lettere filosofiche del 1733
e nel trattato di metafisica del 1734 e negli elementi della filosofia di Newton del 1738.

Il suo contributo alla riflessione dell’illuminismo francese è minimo, ma egli portò a compimento una
fondamentale opera di divulgazione.

L’apporto letterario e retorico che seppe offrire al movimento illuministico fu senza eguali, incarnò più di
ogni altro lo spirito dei philosophes, sia nella coscienza contemporanea sia agli occhi della posterità.

La produzione di Voltaire è immensa e abbraccia generi letterari vastissimi, dall’ode alla satira sino
all’epistola in versi o al teatro, o ancora gli scritti in prosa dunque i pamphlet polemici, i racconti filosofici. È
difficile dunque individuare delle direttrici univoche all’interno di un pensiero così variegato; è bene però
asserire che la tematica filosofica che lo attraversa principalmente è la riflessione sulla religione, che lo tiene
impegnato sin dagli anni della gioventù.

Voltaire avverte con urgenza il problema dell’esistenza di Dio, la cui soluzione appare imprescindibile per
una giusta comprensione dell’uomo.

La religione

Egli abbraccia con convinzione il deismo razionalistico, riconoscendo l’esistenza di un ente supremo
ordinatore dell’universo e garante della necessità delle leggi di natura, ma nega ogni forma di rivelazione
storica e di provvidenza, rifiutando ciascun dogma o autorità.

Voltaire difende l’esistenza di una religione naturale, ragionevole ed universale.

Il pensiero di Voltaire, nonostante il permanere di un impianto deistico, si caratterizza per un crescente


pessimismo nei riguardi dell’ordine del mondo e della natura umana, che si accompagna quasi naturalmente
ad una critica della teoria del migliore dei mondi possibili di matrice leibniziana, perché essa fa apparire
ancora peggiori i mali che gli uomini patiscono, presentandoli come inevitabili e intrinseci all’ordine
dell’universo; a ciò si accompagna una critica dell’antropocentrismo: l’uomo è semplicemente un essere tra i
tanti che popolano l’universo, e la sua libertà può manifestarsi solo entro confini ristretti come dimostra
l’esortazione che conclude il Candido o l’ottimismo, racconto filosofico del 1795 in cui si mostra, attraverso
la narrazione delle innumerevoli sventure che colpiscono il protagonista, il rigetto della teoria Leibniziana;
l’esortazione: bisogna coltivare il nostro giardino.

La riflessione sulla religione muterà in una sentita polemica anti-religiosa negli ultimi anni della vita di
Voltaire, polemica gravida di ripercussioni politiche e sociali.

Essa troverà la sua espressione sistematica nel dizionario di filosofia portatile del 1764 e nelle questioni
sull’enciclopedia.

Il deismo diviene funzionale alla critica del cristianesimo e della chiesa cattolica in particolare, contro la
quale concepì il motto “schiacciare l’infame” ovvero lottare con la forza della ragione contro il fanatismo
intollerante, radicato in ogni religione confessionale.

Al dogmatismo e alla superstizione oppone una difesa della tolleranza, pensata come unico valore
propriamente umano in grado di garantire pace, libertà e giustizia civile.

Profondamente influenzato da Dei delitti e delle pene di Beccaria, nel celebre trattato sulla tolleranza del
1763 egli condanna senza appello la pratica della tortura e della incriminazione sommaria; lo scritto, pietra
miliare nella difesa dei diritti umani, prende le mosse dall’analisi di clamorosi errori giudiziari, tra i quali la
condanna dei Jean Calas, ugonotto condannato alla morte sulla ruota con la falsa accusa di aver ucciso il
figlio, in realtà suicida, perché era in procinto di convertirsi al cattolicesimo.

Il diritto all’intolleranza è barbaro, è il diritto delle tigri o forse è più orribile di quello poiché le tigri
sbranano per mangiare, noi ci siamo sterminati per dei paragrafi dei libri sacri.

Un contributo estremamente rilevante di voltaire per il pensiero illuministico riguarda l’ambito della
riflessione storiografica; fu uno dei più celebri storici del Settecento, autore di grandi opere come il secolo di
Luigi XIV (1751) Il saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni.

In questi scritti, in aperta polemica contro gli schemi provvidenzialistici della storiografia tradizionale,
emerge la volontà di trattare la disciplina storica da filosofo, cogliendo al di là della contingenza dei fatti un
ordine progressivo che ne riveli il significato permanente; Voltaire è considerato l’iniziatore della filosofia
della storia.

Lo storico, per Voltaire, deve cogliere lo spirito di un’epoca nelle relazioni, negli usi, nelle idee e nei costumi
di un preciso periodo. La storia può solo così configurarsi come un graduale processo di incivilimento e
progresso, che accanto ad alcuni momenti privilegiati come la Roma di augusto, la Firenze medicea, non
esclude pause o involuzioni come dimostra il periodo buio del medioevo.
L’enciclopedia

Uno degli esisti più celebri a cui portò la fiducia dell’illuminismo francese nel progresso è testimoniato
dall’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri.

Quest’opera monumentale è composta da 17 volumi di testo e 11 tavole, pubblicati tra il 1751 e il 1772.

Quest’opera, che è nata in realtà come la semplice traduzione francese dei volumi della Cyclopedia di
Chambers, è espressione non più di una concezione erudita della cultura di stampo seicentesco, quanto di una
visione nuova e pragmatica del sapere, che si interessa a tutte le forme dell’agire umano: scienze, arti e
mestieri.

La tormentata vicenda editoriale dell’Enciclopedia si suddivise in III fasi; la prima (47-52) comprende la
racconta del materiale e la pubblicazione dei primi II volumi, tra il 1751 e il 1752, i quali riscossero
larghissimo successo.

A causa delle violente reazioni degli ambienti conservatori, tra il ’53-’59, vi fu una forte tensione tra gli
stampatori dell’opera, il parlamento, e la chiesa.

Questa II fase, durante la quale la pubblicazione avanzò sino al VII volume, si chiude con la revoca del
privilegio alla stampa; nonostante numerose difficoltà, la mutata situazione politica consentì intorno al 1760,
grazie alla concessione di una sorta di privilegio tacito, la pubblicazione dei restanti volumi; la direzione
dell’impresa enciclopedica, inizialmente affidata all’abate de Malvès, passò ben presto a d’Alembert e
Diderot, che rimase poi l’unico direttore in seguito alla rinuncia di d’Alembert. All’impresa contribuirono
parteciparono 135 collaboratori, provenienti da diverse classi sociali e ordinamenti intellettuali:
Montesquieu, Voltaire, Holbach, Rousseau, scienziati illustri come Buffon, artigiani, medici, ecclesiastici
d’idee liberali.

La struttura e gli obiettivi dell’opera sono esposti nel Discorso preliminare, redatto dal matematico e
scienziato d’Alembert, che si può considerare come un sommario dei temi centrali dell’illuminismo;
addirittura, Voltaire non esitò a considerarlo d’importanza superiore al discorso sul metodo di Cartesio.

Esso è diviso in due sezioni:

La I parte Chiarisce la nozione di enciclopedia, definita come il sistema universale delle conoscenze umane;
qui D’Alembert illustra l’ordine genetico e la connessione delle conoscenze stesse, muovendo da una
prospettiva empirista.

Ispirandosi a Locke, egli divide le conoscenze in:

a. Conoscenze dirette , ossia quelle ricevute immediatamente e senza intervento della volontà

b. Conoscenze riflesse , ottenute mediante la rielaborazione e l’unificazione di quelle dirette


La II parte del Discorso, vuole chiarire cosa s’intende con l’espressione dizionario ragionato, delinea la
sistemazione delle scienze nei loro rapporti reciproci, o “L’albero enciclopedico”.

Nel compere questa operazione, D’Alembert riprende la classificazione tracciata da Bacone nel De
augmentis scientiarum, del 1623, adottando come metodo classificatorio le tre facoltà fondamentali
dell’uomo: Memoria, ragione e Immaginazione; a. Memoria, alla memoria si riferisce la storia con tutte le
sue ramificazioni, che comprendono la storia natura e le arti e i mestieri quali storia dell’uso delle risorse; b.
Ragione. Alla ragione corrisponde la filosofia c. Immaginazione; a questa sono ricondotte le belle arti.

per d’Alembert tutte le scienze hanno pari dignità, con una netta rivalutazione anche le arti meccaniche, per
la cui illustrazione si è rinviati agli undici volumi di tavole (dove sono esposti disegni di tecniche produttive,
macchine, officine).

Diderot

Fu un autore eclettico, i suoi interessi spaziarono dalla filosofia alla biologia, dalla matematica al teatro, sino
alla letteratura; eccetto alcuni scritti giovanili, scelse di non dare circolazione pubblica ai propri scritti, molti
dei quali rimasero inediti sino all’Ottocento se non al secondo dopoguerra.

Questo ha comportato la scarsa incidenza della sua filosofia tra i contemporanei e ha legato a lungo la sua
figura all’Enciclopedia.

Diderot, prima di pervenire ad esiti materialistici, aveva preso le mosse da un moderato deismo, ispirato dalla
lettura dei moralisti inglesi, in particolare di Shaftesbury, di cui tradusse il saggio sul merito e la virtù. Le sue
convinzioni deistiche furono espresse nei pensieri filosofici del 1746, in cui difende l’ideale di una religione
naturale fondata sulla ragione, in polemica con gli esiti estremi dell’ateismo e con le forme di superstizione
che avevano inquinato le religioni storiche.

Un’aspra requisitoria contro le istituzioni religione, in particolare la vita monastica, sarà contenuta anni dopo
nel romanzo La religiosa, che descrive – ispirandosi ad una storia vera- le atroci sevizie fisiche e
psicologiche cui è sottoposta durante il noviziato in convento una fanciulla che vuole sciogliere i voti cui è
stata costretta-.

Lo studio delle scienze, in particolare della biologia, è alla base dell’evoluzione del deismo di Diderot in
una direzione spinoziana e materialistica, che esclude ogni finalismo o antropocentrismo.

L’espressione più matura di tale riflessione è offerta nell’interpretazione della natura del 1753, dove viene
avanzata l’ipotesi di una materia eterna dotata di movimento, capace di spiegare attraverso il suo dinamismo
la formazione degli esseri viventi; questa dottrina era già stata sostenuta nel primo scritto d’impianto
materialistico di Diderot, la lettera sui ciechi per coloro che vedono, 1749. L’opera trae spunto dal tentativo
di rispondere alla celebre questione posta da William Molyneux. Un cieco dalla nascita che può distinguere
un cubo ed una sfera al tatto, sarebbe capace di distinguerli con la vista, non appena l’avesse riacquistata?
Resa di grande attualità dalla riuscita dei primi interventi di cataratta.

Diderot teorizza la dimensione corporale di ogni espressione umana e l’influsso determinante del fisico
sul morale.

Una simile convinzione trova un’incarnazione letteraria efficace nella descrizione del geniale matematico
cieco Saunderson, il quale sul letto di morte vorrebbe toccare Dio per convincersi della sua esistenza. Linea
argomentativa analoga sarà ripresa nella lettera sui sordi e sui muti del 1751.

L’originalità del pensiero di Diderot consiste nella consapevole presa di distanza da qualsiasi espressione
dogmatica o retorica del materialismo, per trasformarlo in una vera e propria filosofia della scienza, che
integri le recenti scoperte mediche e biologiche, superando la visione geometrico-matematica del mondo.

La summa di questo materialismo eclettico è il Sogno di D’Alembert, scritto nel 1769 e pubblicato
postumo.

L’opera inscena un dialogo a IV voci dove troviamo lo stesso Diderot, D’alembert, mademoiselle de
Lespinasse, animatrice di un importante salotto parigino e il medico Theophile de Bordeu. La scelta di
quest’ultimo interlocutore è particolarmente significativa, poiché Bordeu fu il massimo esponente del
vitalismo di Montpellier.

Partendo da alcune ricerche sul sistema nervoso, sull’importanza delle fibre e sulla gerarchia funzionale degli
organi, egli aveva cercato di dimostrare, in aperta polemica con il meccanicismo cartesiano, che non tutte le
funzioni vitali sono spiegabili attraverso le leggi della meccanica e della chimica; dunque, per comprendere
gli attributi e le relazioni dei singoli organi occorre ammettere l’esistenza di una forza vitale: LA
SENSIBILITA’.

Il ruolo che la sensibilità riveste nell’origine della vita, problema medico e filosofico, è al centro dell’opera.

Nella conversazione che apre l’opera, Diderot mostra all’amico la tesi per la quale non esiste un io pensante
distinto dalla materia (res cogitans) ma solo una materia sensibile che gode di due livelli, uno passivo
(sensibilità inerte) ed uno senziente (attiva) e può passare da un livello ad un altro originando tutta la catena
dell’essere.

II parte dell’opera: d’Almbert, addormentato, parla nel sonno e conferma in stato d’inconsapevolezza
l’ipotesi materialistica che aveva rifiutato da sveglio, riconoscendo che mon c’è una distinzione di fondo tra
vivente-non vivente, e che la sensibilità è una proprietà universale, in grado di spiegare l’evoluzione della
specie umana.

Nell’ultima parte dell’opera, mademoiselle de Lespinasse e Bordeu commentano le dottrine esposte in sogno
da D’alembert. È grazie al sogno che Mademoiselle de Lespinasse si sveglia dal “sonno dogmatico” e libera
dagli antichi pregiudizi, avvia una disinibita conversazione su argomenti erotici, sollecitando spiegazioni
scientifiche.

L’importanza della dimensione sessuale, già esaltata nel giovanile romanzo libertino I gioielli indiscreti, del
’48, è ribadita nel Supplemento al viaggio di Bougainville del 1772. Scritta sotto forma di dialogo tra un
prete civilizzato e un selvaggio di Thaiti, l’opera mira a dimostrare la superiorità degli istinti naturali sui
pregiudizi religiosi, nonché sugli apparati ecclesiastici, colpevoli di condannare, in quanto peccaminosa, la
dimensione erotica e sensuale degli uomini.

Potrebbero piacerti anche