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La teoria sociale dei giansenisti e lo sviluppo del capitalismo*

di Cosimo Perrotta
1. Il problema
Ernest Lluch stato uno degli autori che pi hanno apprezzato il ruolo di sostegno allo
sviluppo del capitalismo svolto dalla cultura giansenista; un ruolo simile a quello avuto dai
calvinisti nel mondo protestante. Insieme con altri autori spagnoli, Lluch ha documentato questa tesi
attraverso lo studio di diversi esponenti della chiesa e della cultura spagnola, soprattutto del
Settecento.1 Inoltre egli individuava in Mandeville un autore che sosteneva lo sviluppo del
capitalismo proprio perch era partecipe della cultura giansenista. E in ci era confortato da altri
autori.2
A un primo sguardo, questa tesi pone qualche interrogativo. Infatti, nella tradizione
storiografica, Mandeville considerato pi un libertino che un giansenista. E libertini e giansenisti
sembrano contrapposti. Lo suggeriscono, non solo le rispettive visioni della societ, ma anche uno
scritto di Blaise Pascal che critica esplicitamente Montaigne, una delle radici principali del pensiero
libertino.3 In particolare, come si concilia la difesa entusiasta, fatta da Mandeville, del lusso e
dellaumento dei consumi con lascesi e lausterit predicate e rigidamente praticate dai
giansenisti?4 E vero che lausterit era presente anche nella cultura calvinista; e, secondo Max
Weber, era parte della cultura dello sviluppo del capitalismo. Ma alla cultura calvinista nessun
Mandeville si mai collegato per esaltare il lusso.
A questi interrogativi cerchiamo qui di dare una risposta; limitandoci allesame della teoria
sociale del giansenismo delle origini, quello francese di Port-Royal. Il giansenismo successivo
infatti non cambi limpostazione teorica iniziale; anche se la us spesso in direzioni operative
molto diverse. Tuttavia la conclusione di questa prima fase di ricerca non semplice. Possiamo
confermare la tesi di Lluch, ma con una lunga serie di spiegazioni e di precisazioni. Infatti, mano a
mano che ci si addentra nei rapporti tra cultura religiosa e mentalit capitalistica nella Francia del
Seicento, ci si rende conto di quanto la questione sia complicata, a causa dellintrecciarsi delle
influenze culturali di diversa origine. Queste connessioni sono spesso trasversali, nel senso che non
rispettano la logica originaria da cui i vari filoni sono nati.
Tuttavia - e ci rende la ricerca di grande interesse le connessioni trasversali non sono
casuali o contraddittorie. Esse esprimono un cambiamento profondo nel modo di percepire la natura
della societ durante il secolo 17; un cambiamento che comune a tutte le diverse visioni. Nella
prima parte del secolo le diverse concezioni dei rapporti sociali sono ancora fieramente
contrapposte. Ma verso la met del secolo emerge una crescente inquietudine e una tendenza alla
contaminazione. Questa tendenza era dovuta ad alcune potenti novit culturali.
Innanzitutto il concetto machiavelliano dellautonomia della politica dalla sfera morale e
religiosa (la ragion di stato), nonostante i feroci attacchi subiti per pi di un secolo, diventa in
questo periodo un elemento presente in tutte le analisi; anche se spesso inconfessato. Esso viene
usato anche dai nemici pi accaniti di Machiavelli. Daltra parte, il Leviathan di Hobbes (1651)
1

* Ricordo un colloquio avuto con Ernest Lluch su questo argomento, in cui avevamo interpretazioni divergenti. Dopo
la sua morte, avendo curiosit di approfondire il problema, proposi a Lluis Argem di organizzare un incontro di studio
su questo tema. Quel incontro non si tenne mai, per colpa mia. Lluis infatti mi mand presto alcuni scritti di Ernest e gli
scritti di altri autori, tra cui quello di Mueller-Armack. Ma io continuai per anni a raccogliere testi e appunti su temi
vicini a quello suggerito da Lluch, senza concludere la ricerca. Pochi mesi prima dellimprovvisa scomparsa di Lluis, un
altro allievo di Lluch, Alfonso Sanchez Hormig, mi disse che avevano programmato una sezione del V Encuentro
Iberico de Historia del Pensamiento Econmico, dedicata a Ernest Lluch; e poi mi mand altri scritti di Ernest e altro
materiale. Questa stata loccasione per chiudere una ricerca per molto tempo rinviata. Un vivo ringraziamento ad
Alfonso Sanchez. Dedico questo lavoro agli amici scomparsi Ernest Lluch e Luis Argem.
Lluch (1992; 2000). Sul giansenismo spagnolo del sec. 18, v. lo studio molto dettagliato di Tomsich (1972).
Lluch (1988; 1998, p. 158-63; 2000). Cfr. in particolare Horne (1978).
3
Pascal (1655).
4
Sullausterit dei giansenisti, v. ad es. Traveneau (1973, p. 34-35, 40-43 e cap. III e VIII).
2

fornisce a tutte le correnti una base comune: lordine sociale sostituisce la tendenza naturale degli
uomini alla violenza e alla sopraffazione reciproca. Esso infatti si rivela una via pi efficace per
perseguire linteresse egoistico degli individui alla sopravvivenza e al benessere. Inoltre negli stessi
anni si diffonde il dualismo cartesiano. Esso contrappone al regno della ragione il meccanicismo,
che regola i corpi e i rapporti sociali.
Infine, sempre in questo periodo, si afferma definitivamente lapproccio mercantilista ai
problemi economici. Si tratta di un approccio empirico che non si pone nessun problema etico. Esso
abbandona la visione universalistica medievale che vedeva il benessere di tutta la comunit umana
come frutto della fratellanza e della virt. I mercantilisti invece intendono il benessere come
aumento della ricchezza materiale; e affidano tale aumento al particolarismo dello stato e alla
competizione fra stati.
Questi quattro fattori rivoluzionarono la cultura della seconda met del secolo 17. Sebbene
fossero in buona parte estranei tra loro, essi convergevano verso un punto comune: una visione
realistica e disincantata dei rapporti sociali ed economici. Ci comportava lattenzione alle
motivazioni egoistiche degli uomini e alla base materiale della loro esistenza. Come spiega bene
Hirschman, parafrasando Machiavelli, questo approccio intende esaminare luomo quale realmente
e non quale si vorrebbe che fosse.5 Le trasformazioni sociali, lo sviluppo del capitalismo e
lascesa dei ceti produttivi suscitavano queste nuove esigenze culturali. Essi facevano apparire
inadeguata la visione sociale premoderna basata sulla fratellanza religiosa e sullarmonia del creato.
Questi cambiamenti culturali crearono una convergenza, apparentemente paradossale, tra le due
opposte visioni sociali della prima met del secolo, quella del radicalismo religioso cattolico, cio
del giansenismo, e quella della corrente filosofica scettica e libertina.
2. Lascetismo come causa della mentalit imprenditoriale
Il giansenismo si ispirava ad Agostino, che la fonte principale dellascetismo sia nel medio
evo che nellet moderna. Tuttavia, oltre allispirazione diretta, linfluenza di origine agostiniana sul
giansenismo si esercit anche attraverso due movimenti radicalmente innovatori nella cultura
religiosa: il francescanesimo e la Riforma protestante.
La visione pessimista del mondo e delluomo dei giansenisti gi tutta in Agostino. Egli ha
unidea del creato come una realt negativa, perch soffre dellassenza di Dio. Ed ha unidea
radicale del male, che domina tutte le creature. Queste due visioni convergono nella teoria della
predestinazione. Agostino e i sui seguaci accentuano molto la debolezza e la miseria delluomo
dopo la caduta nel peccato. Contro Pelagio, che credeva nel ruolo decisivo della volont umana
nello scegliere il bene e la salvezza, essi affermano che tutto ci che luomo pu fare da solo
soltanto male. Il bene e la salvezza possono venire solo dalla grazia divina, senza alcun contributo
delluomo. E solo Dio che decide di salvare. Ma ci significa che Dio predestina alcuni uomini alla
salvezza e altri alla perdizione eterna.6
Ci poneva due problemi. Da una parte, se luomo non contribuisce a decidere la propria
salvezza, egli non libero. Agostino risponde che luomo libero solo se Dio gli d la grazia; e che
la sua libert consiste solo nellaccettare la grazia divina. Pi che rispondere quindi egli aggira il
problema.
Laltro problema questo. Se la scelta tra salvezza e perdizione, tra bene e male nel mondo
operata solo da Dio, allora Dio vuole anche il male. Su questo problema, da Agostino in poi, si
arrovell tutta la scolastica. La soluzione pi diffusa tra gli scolastici appare anche questa volta
nominalistica. Essa dice che Dio prevede il male, anche se non lo vuole.
Questa impostazione, che non lasciava spazio alla libert umana, port Agostino a svalutare
la storia dellumanit e i problemi sociali. La prima si risolveva in una storia della salvezza o della
perdizione dei singoli individui. E qualsiasi cambiamento sociale non aveva, sulle vicende
5
6

Hirschman (1978, p. 17-19).


Cfr. ad es. Ruffini (1926, pp. 29-52).

individuali, alcuna influenza e alcun significato. La citt di Dio e la citt del diavolo combattono
eternamente tra loro, ma sono soltanto lespressione della disposizione interiore dei singoli verso la
grazia divina.
*
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*
Questo era Agostino, che viveva in una civilt prossima alla sua fine, senza alcuna
prospettiva che lasciasse adito alla speranza. Ben diverso per fu lagostinismo medievale. Esso si
svilupp in un periodo in cui le attivit mercantili erano in pieno sviluppo e la ricchezza andava
crescendo in modo costante in molti centri urbani dEuropa. Questo era un fenomeno del tutto
nuovo, sconosciuto nel passato. Era quindi comprensibile che nascessero delle reazioni ostili, volte
a ristabilire i vecchi valori. I movimenti pauperisti radicalizzarono tale reazione, ed esaltarono la
povert come valore positivo (un concetto che non si trova nei Padri della chiesa, compreso
Agostino). Il movimento pauperista pi importante, quello dei francescani, cerc nellascesi e in
Agostino un ancoraggio per sostenere il suo radicale rifiuto delle ricchezze. Luomo, incapace di
agire bene per propria volont, predestinato da Dio alla salvezza o alla perdizione, trova solo nella
grazia divina la forza per salvarsi e per sfuggire ai desideri del mondo.
Ma lideale agostiniano, tradotto in termini di ascesi della povert, era perseguibile solo da
pochi. Avvenne allora ai francescani ci che era avvenuto ad altri movimenti radicali, come i
bogomili e i catari, e che avverr anche ai giansenisti: essi ammisero di fatto un dualismo tra una
minoranza capace di mettere in pratica integralmente lideale evangelico della povert, e la maggior
parte degli uomini. Alla maggioranza, che era pi debole e incapace di raggiungere la perfezione,
era consentito un compromesso nella pratica quotidiana.
Da una parte quindi, nella scolastica pi matura, cera laristotelismo, soprattutto nella
versione tomista; che verr rappresentato nel Seicento dai domenicani e dai gesuiti. Esso vedeva il
mondo e tutte le sue manifestazioni come regolate da leggi razionali che dovevano portare alla virt
e a Dio. Anche i comportamenti del mondo mercantile, quindi, erano soggetti al controllo razionale,
e dovevano essere indirizzati al bene. Dallaltra parte cerano i francescani, col loro pessimismo
agostiniano. Per loro, le attivit mercantili, come tutte le manifestazioni della natura, erano estranee
al progetto virtuoso; erano solo un male tollerabile. Ma proprio perch estranei al piano della
salvezza, essi erano regolati da processi autonomi, diversi da quelli della virt.
Dunque, paradossalmente lapproccio ascetico determin nei francescani una maggiore
condiscendenza verso i fini e le azioni del mondo economico. I tomisti erano preoccupati di imporre
alle attivit commerciali dei fini virtuosi, che erano in realt estranei alla logica del mondo
economico. Essi quindi condannavano legoismo, cio il self-interest, e il desiderio di arricchire.
Non c dubbio che un tale atteggiamento frenava lo sviluppo economico. I francescani invece,
partendo dallautonomia dei processi economici (come fecero anche per la ricerca sulla natura e per
la scienza politica), riuscirono a comprendere e a rispettare meglio la logica economica, fino a dare
una prima legittimazione delle attivit legate al mondo degli affari.7
Sia chiaro che essi non arrivarono fino ad apprezzare laumento della ricchezza sociale come
un fatto positivo. Del resto neanche gli agostiniani successivi, sia calvinisti che giansenisti, lo
fecero. Avviarono per la legittimazione dellinteresse per s, che era la molla di ogni attivit
economica.
Con ogni probabilit i giansenisti non si ispirarono consapevolmente al movimento
francescano medievale e alla sua filosofia. Ci, per una serie di motivi. Innanzitutto il francescano
Pietro Olivi, del sec. 13, il maggiore analista medievale dei fatti economici, era allora sconosciuto;
perch lui e i suoi scritti erano stati colpiti molto presto dalla persecuzione e dalla censura dei papi.
Ma soprattutto il contesto culturale dei giansenisti era diverso. La solidariet medievale, che
giustificava letica dellelemosina, era finita. I giansenisti, come i protestanti, esprimono la
sensibilit moderna; la quale parte dallindividuo, non dalla comunit. In questo senso essi sono pi
vicini ad Agostino che alla cultura del secondo medioevo.
7

Sui francescani medievali, mi sia consentito rinviare a Perrotta (2004, cap. 4).

Tuttavia, pur con queste differenze, i giansenisti hanno in comune con i francescani
medievali, mutatis mutandis, quel tipo di itinerario che parte da una visione dualistica della societ
e arriva alla legittimazione dellattivit economica capitalista.
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Altrettanto indiretta e complessa linfluenza dei protestanti sui giansenisti. Va chiarito
innanzitutto che improprio dire che i giansenisti, dal punto di vista dellatteggiamento verso il
capitalismo, sono lequivalente del calvinismo nel mondo cattolico. Sia lapproccio che il risultato
finale sono notevolmente diversi.
Max Weber ha descritto magistralmente il nesso tra sentimento religioso calvinista e
sviluppo capitalistico. Nonostante tutte le critiche, la sua intuizione sembra tuttora valida. 8 Il
paradosso che egli descrive per i calvinisti uguale a quello dei giansenisti: unetica ascetica che
promuove lo sviluppo delle ricchezze. Ma per capire le similitudini e le differenze dobbiamo vedere
i passaggi dellanalisi di Weber.
Lutero, gi monaco agostiniano, e poi gli altri capi protestanti fino a Calvino, riaffermano la
teoria della predestinazione, della infinita miseria delluomo, della grazia come unica causa di
salvezza. Ma, rispetto ad Agostino, sono cambiati profondamente il contesto ecclesiale e quello
sociale. Quanto al primo, i sacramenti, compresa la confessione, svolgono un ruolo sempre minore,
fino a scomparire, nel processo di salvezza. Con essi scompare la funzione stessa della chiesa, come
societ divinamente fondata e necessaria mediatrice tra Dio e luomo per la salvezza di
questultimo. La salvezza diventa un fatto del singolo; il quale si rapporta direttamente alla
divinit.9
Daltra parte la societ dei riformatori non pi la comunit medievale, fortemente coesa e
responsabile del destino dei suoi membri. N il modello delle comunit monastiche, dove si pratica
integralmente il comando evangelico, ha pi alcuna legittimit per loro. Lunico luogo in cui
lindividuo si pu realizzare e pu intraprendere il cammino di salvezza la societ laica, quella del
lavoro. Come spiega Martin Bucer, il lavoro va organizzato e incoraggiato. I bambini vanno educati
al lavoro.10
Privato di tutte le mediazioni, lasciato da solo nel mondo sociale, incerto sul destino che
limperscrutabile volont divina gli ha riservato, lindividuo non ha altro modo per cooperare
allopera della grazia che svolgere bene il proprio lavoro. La nuova forma di ascesi, richiesta
dallagostinismo, rifugge da qualsiasi fastosit e ritualit; e da qualsiasi divertimento e consumo
inutile, proprio come sar per i giansenisti. Essa si concentra sul lavoro perch questo lunica
forma di relazione sociale austera, fondata sul dovere e non sui piaceri o sugli affetti mondani. Gli
affetti e i piaceri non fanno che distrarre dal rapporto con Dio; mentre il dovere professionale ben
eseguito esprime lordine e la razionalit che d gloria alla divinit.11
Il calvinismo esaspera questo atteggiamento, eliminando anche la mediazione dellautorit
pubblica (lo Stato) e rifiutando la gerarchia sociale, dominata dai nobili. Insieme con i loro
privilegi, tra i quali viene per primo il fatto di non lavorare, il calvinismo rifiuta i consumi dei
nobili, il lusso e lostentazione. Lausterit del vero credente viene rafforzata anche da questa
motivazione. I veri credenti formano le comunit che sperano nella salvezza, le comunit dei santi.
E il singolo d conto solo a questa comunit informale del suo lavoro. Il successo nel lavoro e nel
raggiungimento della ricchezza sono il segno possibile della predestinazione.12 Leletto, dice Weber,
deve lottare a lungo per raggiungere la certezza della grazia, che gli viene dalla coscienza
delladempimento del proprio dovere (p. 190n).
Tawney ha descritto con grande acutezza la dottrina economica e sociale di Calvin e le sue
origine urbane, legate alla pratica mercantile. Mller-Armack ha descritto con efficacia la forza di
8

Weber (1904-05). Per una discussione critica molto sottile della tesi di Weber, fatta sulla base della storia inglese, v.
Lessnoff (1994, soprattutto cap. 3 e 4: 27-58).
9
V. ad es. Luther (1520).
10
V. Bucer (1550, capp. 48-53, pp. 333-46).
11
V. ad es. Calvin, Commentaries, VIII.3, p. 342. Cfr. ad es, Ruffini (1926, pp. 52-56).
12
Weber (1904-05, II.1). V. soprattutto le pp. 165-91.

diffusione dello spirito calvinista (che divent alla fine egemone nel mondo protestante), la sua
capacit di penetrare i gangli dei rapporti sociali e di rivoluzionarne lo spirito. Il dinamismo, il
senso di efficienza e di produttivit, il rigore che stanno alla base dello sviluppo capitalistico
certamente devono molto allo spirito calvinista. Con altrettanta efficacia Troeltsch descrive le
motivazioni teologiche che portano i calvinisti a vedere nella societ la sede in cui si realizza la
salvezza. Sempre Troeltsch, in un altro lavoro, spiega bene come il rigorismo dei calvinisti e la loro
condanna di ogni consumo superfluo abbia favorito il risparmio e il reinvestimento degli utili. 13
Dunque nei calvinisti non c il dualismo dei francescani. Nella visione intollerante dei
primi, la comunit dei santi si identifica con la societ vera. Gli altri, gli esclusi, non sono degni di
attenzione. Semplicemente non partecipano al piano della salvezza.
Per i giansenisti diverso (anche se nel carattere litario dei frequentatori di Port-Royal
affiora ogni tanto lo stesso disprezzo dei calvinisti per i non eletti). Essendo cattolici, i giansenisti
non negano la capacit mediatrice della chiesa e dei sacramenti che essa amministra, ai fini della
salvezza. Ci significa che, per quanto siano rigoristi, essi non possono ignorare il problema della
salvezza della gran parte dellumanit. Perci, come nota Weber, per loro lo strumento della
salvezza non il lavoro, in quanto rapporto sociale fondamentale. La credenza nella predestinazione
per loro diventa tendenza verso il misticismo e attesa dellaltra vita (p. 187n).14
Se si perde di vista questa differenza cruciale, non si comprende il percorso che port i
giansenisti a contribuire allo sviluppo capitalistico. Fu un percorso diverso da quella calvinista,
nonostante la comune matrice agostiniana. Esso era pi complesso, e anche pi fecondo; perch,
invece di contrapporsi, incoraggi la cultura laica moderna.
I calvinisti vedevano nellarricchimento individuale un segno della grazia, ma non si
curavano affatto dellaumento della ricchezza della societ. Non solo; essi aborrivano laumento dei
consumi e delle comodit.15 Che genere di societ moderna poteva dunque sorgere dalle loro
angosce e dalla loro cupa austerit?
Daltra parte il loro ruolo nella nascita del capitalismo, per quanto sia stato importante,
stato troppo enfatizzato. E vero che leconomia capitalistica decolla (cio si estende rapidamente)
in Europa occidentale nel secolo della Riforma, il 16. Ma, dopotutto, lo sviluppo delleconomia era
gi iniziato da cinque secoli.16 E due secoli dopo, lavvio del capitalismo industriale segn un nuovo
decollo. Sia allinizio del basso medioevo che alla fine del Settecento lo spirito religioso non gioc
alcun ruolo. Inoltre gi nel Seicento, nel periodo dei giansenisti, il fattore religioso, in rapporto allo
sviluppo, si mescola con fattori culturali che hanno tuttaltra origine. Tuttavia non bisogna
dimenticare che furono proprio i protestanti del sec. 16 a dare il colpo di grazia al divieto di
praticare linteresse sui prestiti (lusura). Essi usarono largomento che linteresse non deriva dal
denaro inerte, ma dallaumento della ricchezza che generata dal denaro investito.17
3. I gesuiti e il giansenismo ascetico
Ma come nascono i giansenisti? Per capirlo bisogna riandare alla crisi religiosa del secolo
precedente.18 Lattacco di Luther e poi lo scisma avevano fatto nascere nel mondo cattolico una
forte corrente, espressa anche da molti cardinali e da alcuni papi, che cercava il dialogo con i
protestanti ed era fermamente decisa a riformare in profondit la chiesa. Tuttavia la crescente
radicalizzazione delle posizioni dei protestanti e il loro rifiuto al dialogo, indebolirono questa
13

Tawney (1922, pp. 97-120). Mller-Armack (1959, IV.1, soprattutto pp. 109-52). Troeltsch (1912, pp. 75-88).
Troeltsch (1931, pp. 641-50).
14
Goldmann (1959, pp. 158-59) nega che fra i giansenisti prevalga una tendenza al misticismo. Ma egli usa questo
termine nel senso pi ristretto.
15
V. ad es. Calvin, Commentaries, ch. VIII.3, pp. 350-51.
16
Cfr. in proposito la dettagliata critica alla tesi di Weber fatta da Robertson (1933, soprattutto i primi due cap.). Per una
breve ma attenta discussione di questo problema, v. Spiegel (1971, pp. 79-80).
17
V. ad es. Dumoulin (1546, pp. 106-18); Calvin, Epistle on Usury, p. 49. Interessante, su questo, Tawney (1922, pp.
99-101).
18
Sui temi di questo paragrafo, cfr. fra gli altri Ruffini (1926, pp. 65-124).

corrente, finch non prevalse la tendenza opposta, quella dellarroccamento.19 Alfieri principali di
questa posizione furono i gesuiti, il nuovo ordine nato apposta per difendere la chiesa dai suoi
avversari e per riconquistare le posizioni perdute. I gesuiti, che concepivano la loro missione come
una guerra ideologica, individuarono due grandi avversari. Uno era Machiavelli, il quale esprimeva
un aspetto fondamentale della modernit, e cio lautonomia della logica politica (e anche sociale
ed economica) rispetto alla morale ufficiale, espressa dalla chiesa. Egli sottraeva alla chiesa il
controllo del comportamento sociale.
Laltro avversario era il protestantesimo, con la sua idea che la salvezza e la vita eterna non
avevano bisogno della mediazione della chiesa, Per combattere questa idea i gesuiti andarono alle
sue radici agostiniane: lincapacit delluomo di collaborare alla propria salvezza, e la
predestinazione. Infatti era questa impostazione che dava al problema della salvezza il carattere di
un rapporto diretto e privato tra il singolo e la divinit, ed eliminava il ruolo salvifico della chiesa.
Il gesuita Luis de Molina nel sec. 16 aveva ripreso di fatto listanza pelagiana della libert
della volont umana, cercando di conciliarla con lidea dellonnipotenza divina. Egli propose una
teoria molto farraginosa; che si attir lo splendido sarcasmo di Pascal,20 ma che fu difesa
strenuamente dallordine. Attraverso questa teoria i gesuiti contestavano lidea protestante che la
salvezza non avesse bisogno della mediazione della chiesa.
Inoltre, per incoraggiare i fedeli ad accettare tale mediazione, i gesuiti si contrapposero al
rigorismo ascetico dei protestanti. Ci, attraverso due vie. La prima era la forte accentuazione degli
elementi cerimoniali e di fasto, con la loro capacit di suggestione religiosa. A questo dobbiamo la
solenne liturgia, la musica sacra, il fasto dellarchitettura barocca e lesaltazione mistica, tutta
esteriorizzata, delliconografia sacra dellepoca. Laltra via fu un accentuato lassismo nelle regole
morali che permetteva ai fedeli di accettare la guida della chiesa senza grandi sacrifici.
Mentre il primo aspetto di questa strategia guadagnava facilmente il favore dei ceti pi
popolari, e ne confermava la tradizionale subalternit culturale, il secondo aspetto fu
particolarmente importante per conquistare gli strati pi alti della societ. I gesuiti curarono
soprattutto listruzione e la guida spirituale dei ceti ricchi e dei potenti. A questi faceva molto
comodo una morale permissiva, che consentiva loro di mantenere le abitudini al lusso e alla
dissolutezza proprie della loro classe. Non si dimentichi che in quel periodo cera una lotta accanita
tra cattolici e protestanti per il controllo dei vari regni attraverso i rispettivi sovrani, e le classi
dominanti. La Francia era uno dei paesi pi travagliati da questa lotta.
Nacque cos la scienza della casistica; esposta nei numerosissimi manuali per i confessori e
per i religiosi preposti alla guida delle anime. In essa gli autori, per lo pi gesuiti, esaminavano i
vari casi in cui poteva venire a trovarsi lindividuo e rispondevano ai quesiti su quali comportamenti
fossero leciti. Molto spesso le risposte dei moralisti si basavano su argomenti estremamente
lambiccati e tortuosi, perch avevano lo scopo di consentire anche comportamenti considerati
normalmente peccaminosi. Ne nacque, presso gli intellettuali, unimpressione di forte ipocrisia e di
natura strumentale della morale gesuitica. Anche la casistica fu oggetto degli strali di Pascal in
quellinsuperato capolavoro di polemica religiosa che sono le Lettres provinciales.21
*
*
*
In sostanza nel mondo intellettuale cattolico del primo Seicento circolava un forte disagio
per la religiosit proposta dai gesuiti e dalla maggioranza degli esponenti della chiesa ufficiale.
Questo tipo di religiosit puntava molto sullesteriorit e sulla suggestione, sul formalismo
accomodante, sulla manipolazione delle coscienze e sul principio di autorit. Il disagio era pi
diffuso nei paesi dove i cattolici convivevano con i protestanti. Da questo disagio nacque il
giansenismo e il ricorso, ancora una volta, allagostinismo come fonte di una fede pi interiore e pi
profonda.

19

Cfr. Preti (1944, pp. 1-8).


Pascal (1656-57, soprattutto le prime quattro lettere).
21
Pascal (1656-57). Vedi in particolare le lettere 5-8.
20

Gi nel sec. 16 Michele Baio - che insegnava a Lovanio, uno dei grandi centri del pensiero
cattolico - torna allagostinismo pi rigoroso. Dopo il peccato originale, la natura umana
irrimediabilmente corrotta. Solo la grazia pu redimerla. Lindividuo, nella speranza di essere
predestinato alla salvezza, si affida a Dio e alla sua contemplazione, vivendo una vita austera e
possibilmente isolata. Nel nuovo secolo queste idee furono riprese dal vescovo olandese Cornelis
Jansen, che dette il nome al movimento. Egli scrisse un efficace libretto, Augustinus, che aveva
come principale obbiettivo polemico il pensiero di Molina.22 Esso fu pubblicato postumo (1640) e
diffuso dallamico e seguace di Jansen, labate di Saint-Cyran. Questi diffuse con ardore le idee del
libro e fece del monastero femminile di Port-Royal il centro della nuova spiritualit. 23
Le idee di Jansen furono condannate dal papa molto presto (Urbano VIII, 1643). Ma le
numerose simpatie che i giansenisti si attiravano fra gli intellettuali, fra la gente della corte e
persino tra gli aristocratici della Fronde, spinsero i gesuiti ad intensificare il loro attacco. Una
seconda condanna del papa Innocenzo X arriv nel 1653; seguita da molte altre nei decenni
successivi, fino alla distruzione di Port-Royal per ordine del re (1712). La condanna del 1653
innesc uninterminabile, spesso cavillosa, polemica tra gesuiti e giansenisti. Il ministro del re
Mazzarino, e poi Luigi XIV in persona guidarono la repressione contro i giansenisti; non solo
perch i confessori di corte erano gesuiti, ma anche per le simpatie che i giansenisti avevano
riscosso nella Fronde (1648-52).24
Nella sua fase ascendente, sostenuto dallaspra polemica contro i gesuiti, il movimento ebbe
tre grandi campioni. Antoine Arnauld, logico e filosofo, che insegnava alla Sorbona. Egli attacc
brillantemente le pratiche religiose gesuitiche in De la frquente communion (1643); fu espulso
dalla Sorbona dopo lunghe polemiche, e infine mor esiliato. Blaise Pascal, il pi grande di tutti,
matematico, fisico e filosofo. Nel 1656-57, nonostante laccanita persecuzione dei tipografi di
Parigi organizzata dai gesuiti, pubblic le Lettres provinciales.25 Queste rimasero nei secoli il
maggior documento di critica dello spirito gesuitico. Infine Pierre Nicole. Filosofo e co-autore,
insieme con Arnauld, della grande opera detta Logica di Port-Royal, importante anche sul piano
didattico. Segu Arnauld in esilio, ma poi chiese la grazia al re e rientr.
Pascal il miglior rappresentante del giansenismo pi radicale. Delleredit di Agostino e di
Jansen, egli sottolinea soprattutto la profonda sfiducia nella ragione e la miseria spirituale
delluomo dopo la caduta. Questo lo porta a disprezzare anche le istituzioni sociali. La societ e la
storia non sono meritevoli di attenzione. Come tutte le creazioni delluomo non toccato dalla grazia,
esse non sono che male.26 Il Dio di Pascal, pi che il Dio del Nuovo Testamento, il Dio biblico,
che condanna e redime senza spiegazione. Egli guida il corso della storia; che perci non
comprensibile dal punto di vista umano.27
Pascal riproduce, accentuandole, le angosce e lisolamento intimistico di Agostino.28 In
questo senso egli non un dualista, perch la societ dei non eletti non ha interesse per lui. Le
acutissime analisi psicologiche e antropologiche della realt sociale che egli fa nei Pensieri (delle
quali lo stesso Nicole si serve, non mancando di citarlo) sono per lui solo un mezzo per confermare
la debolezza della natura umana.
Arnauld sulla stessa linea di Pascal. Non solo si scaglia di frequente contro i gesuiti, la loro
casistica e la loro morale permissiva; ma scrive anche: Tutti i cristiani hanno lobbligo di
considerare il loro corpo come il loro nemico.29
22

V. alcuni brani in Preti (1944, pp. 93-112).


Per una sintetica e chiara storia del giansenismo, v. Cognet (1968).
24
Cfr. ad es. Preti (1944, pp. 9-40).
25
V. Pascal [1954, pp. 659-945].
26
Cfr., fra i tanti, Perrot (1989, p.155).
27
Oltre alle Provinciales, vedi in Pascal [1954] gli Ecrits sur la grace, pp. 947-1044; e i Penses, pp. 1081-1345,
rimasti incompiuti. Cfr. ad es. Preti (1944, pp. 78-87). Per il seguito di questa lotta secolare tra gesuiti e giansenisti,
molto utile Ruffini (1927).
28
Cfr. Goldmann (1959, pp. 228-245). Le analisi di questo libro sono molto fini e ricche di riferimenti culturali; ma
sono anche interminabili e appesantite da categorie ormai poco significative, come quella del metodo dialettico.
29
V. ad es. Arnauld [1727], rispettivamente vol. II, lettre 157 (pp. 14-16); e vol. VIII, lettre 97, p. 320.
23

Quello di Pascal e di Arnauld il giansenismo radicalmente ascetico. Esso vive tutto


proiettato nellattesa della vita ultraterrena, e non ha interesse per i problemi della societ n per la
comprensione dei suoi meccanismi. A differenza dei calvinisti, i giansenisti ascetici non collegano il
problema della grazia con le manifestazioni della vita sociale e col lavoro. Per loro il piano della
salvezza si svolge tutto in interiore homine, allinterno della coscienza individuale. In questo essi
sono pi fedeli ad Agostino di quanto non siano i protestanti.
Ma esiste anche un altro filone allinterno del giansenismo. Quello che Rothkrug ha
chiamato degli agostiniani cartesiani. E Pierre Nicole ne il maggior esponente; proprio lui, che
spesso stato considerato, a torto, da contemporanei e storici, uomo poco originale e poco
giansenista.30
4. La societ economica di Nicole
Il centro dellanalisi sociale di Nicole appare soprattutto nel saggio, citato da tutti gli storici,
De la charit e de lamour-propre (1675). La tesi fondamentale enunciata con esemplare
chiarezza nella prima frase: Sebbene niente talmente opposto alla carit, che rapporta tutto a Dio,
dellamor proprio che, invece, rapporta tutto a se stesso, tuttavia niente pi simile agli effetti della
carit degli effetti che ha lamor proprio (ed. Thirouin, p. 381). Luomo, corrotto dal peccato
originale, spiega Nicole ama se stesso senza limiti, e tende perci a dominare su tutto e su tutti,
anche con la violenza, per fare di s il centro di tutto e per procurarsi tutte le soddisfazioni. Egli cita
Hobbes, ma aggiunge che egli, sebbene la sua analisi sia esatta, sbaglia nel legittimare questa
tendenza degli uomini (p. 382-83).
Con una perfetta sintesi fra il modello di Hobbes e quello di La Rochefoucauld, Nicole
continua dicendo che lamor proprio tende a limitare se stesso solo quando si rende conto che non
riuscir ad ottenere con la forza ci che desidera: Lindividuo mette a rischio la sua stessa vita
perch gli altri individui, guidati anchessi dal loro amor proprio, lo contrastano. Allora, la paura
della morte e della sopraffazione da parte degli altri prevale in lui sullistinto tirannico. Cercher
quindi di raggiungere il suo scopo per vie meno dirette, blandendo gli altri e dissimulando le proprie
intenzioni e la propria vanagloria. E cos che lindividuo guidato dallamor proprio, teso ad avere
lapprovazione degli altri per ottenere da loro ci che desidera, finisce con lavere un
comportamento molto simile a quello di chi guidato dalla carit.
La paura, linteresse e il desiderio di farsi amare sono le tre molle che spingono lamor
proprio a questa dissimulazione di se stesso e allimitazione della carit (p. 388-89). Nasce cos
lhonntet, cio lamor proprio illuminato. Le sue azioni, spiega Nicole, continuano ad essere
perfettamente egoistiche, ma in questo contesto di autocontrollo, per raggiungere meglio i suoi
scopi, lamor proprio illuminato produce gli stessi servizi e vantaggi per la societ di quelli che
produrrebbe la carit. In mancanza della carit, esso che costruisce il mondo civile. Per quanto
questa societ sia corrotta al suo interno e agli occhi di Dio, non c nulla allesterno di meglio
regolato, di pi civile e pi giusto, niente di pi pacifico, onesto e generoso. Lamor proprio anima
tutto ci, ma senza farsi vedere. In questa societ, del tutto priva di carit, si vedono dappertutto
solo la forma e i caratteri della carit (p. 408).31
Si noti che queste considerazioni del religioso rigorista Nicole sono pi avanzate, sul terreno
della concezione laica della societ, di quelle del laico Mandeville. Questultimo mantiene fino
allultimo la contrapposizione paradossale tra virt (trascurata) e vizio, che genera civilt, ricchezza
e benessere. Per Nicole invece i due approcci, quello della carit e quello dellamor proprio restano
estranei luno allaltro, ma sono in definitiva perfettamente sostituibili luno con laltro. Se non si
riesce a convincere i Grandi ad agire secondo carit, egli scrive, almeno li si pu convincere ad
agire secondo lamor proprio. Cos saranno utili, se non a se stessi, almeno agli altri. Et ils les
30

V ad es. Preti (1944, p. 228); e Introduzione a Nicole [1954, p. 9-41].


Thirouin richiama opportunamente questa affermazione di Pascal : On a fond et tir de la concupiscence des rgles
admirables de police, de morale et de justice . Anche su questo punto dunque il genio di Pascal ispiratore di Nicole.
E tuttavia lo spirito con cui i due trattano largomento molto diverso.
31

mettraient dans un chemin qui serait toujours moins loign de la voie du ciel ... puisqils nauraient
presque qu changer de fin et dintention pour se rendre aussi agrables Dieu par une vertu
vraiment chrtienne, quils le seraient aux hommes par lclat de cette honntet humaine (p.
409).
I due sistemi dunque, pur essendo opposti, sono cos simili che molto difficile, dice Nicole,
riconoscere se agiamo per carit o per amor proprio. E questa confusione spesso nasce nel cuore
stesso delluomo. Solo Dio riesce a discernere luno dallaltro (p. 409-10). E in fondo, dice Nicole,
con una vena di profondo scetticismo, meglio cos. Infatti la societ funzionerebbe male se si
potessero distinguere chiaramente i giusti dai malvagi. Egli conclude, in modo lambiccato, che
bisogna lodare Dio per aver voluto che i comportamenti contrari alla virt siano contrari anche al
bene degli uomini in questa vita; e che si debbano evitare anche solo per il motivo dellinteresse
umano (p. 414-15). Insomma, la conclusione chiara ma non esplicita di Nicole e che la carit
inutile per costruire una societ ben regolata.
Quella dellamor proprio la logica della societ economica. On donne pour obtenir,
afferma Nicole. Cest la source e le fondement de tout le commerce que se pratique entre les
hommes, et qui se diversifie en mille manires (p. 384). Non si commercia solo in merci, egli
spiega, ma anche in lavori, servizi e buone maniere (civilits). Senza nulla perdere del suo
rigorismo (ma con la tentazione di perderlo tutto) Nicole decreta la fine delletica sociale
medievale, fondata sulla solidariet e sul comandamento cristiano della carit: Cest ainsi que par
le moyen de ce commerce tous les besoins de la vie son en quelque sort remplis, sans que la charit
sen mle. De sorte que dans les Etats ou elle na point dentre, parce que le vraie Religion en est
bannie, on ne laisse pas de vivre avec autant de paix, de sret et de commodit, que si lon tait
dans une rpublique de saints (p. 384-85). Egli in sostanza prepara il terreno per una concezione
pienamente laica dei rapporti sociali.
Questa societ, aggiunge Nicole, che si organizza attraverso la competizione tra gli
individui, ricorda il modo in cui la natura organizzata. Ogni corpo tende ad espandersi; allo stesso
modo dellindividuo mosso dallamor proprio. Ma come questo, esso trova negli altri corpi il
proprio limite. Cos i corpi pi piccoli, reciprocamente costretti, dispiegano la loro energia nel
formare dei vortici (tourbillons), dove le forze di tutti convergono in un movimento unitario. Lo
stesso accade per le aggregazioni sociali degli individui. Per la stessa tendenza, i vortici pi piccoli
si aggregano per formare vortici pi grandi, come gli Stati nella societ umana. Ogni vortice gira
intorno al suo centro, i piccoli seguono i grandi. Ma ci non impedisce a tutti di perseguire il
proprio interesse (p. 385-86).
La teoria dei vortici di Descartes. Tutta la materia, compresi i corpi umani, si aggrega,
secondo lui, in questo modo. Questo il fondamento ultimo dellapproccio materialistico del
pensiero di Nicole, che continua poi con lispirarsi a Hobbes e a Montaigne.
Ci siamo dilungati sul testo di Nicole pi significativo per il nostro tema. Ma tutti gli altri
testi presenti nellottima raccolta di Thirouin dicono, con sfumature e applicazioni diverse, cose
molto simili. Nicole il punto di arrivo del filone agostiniano moderato del sec. 17; quello che fa
rivivere, in modi diversi, il dualismo dei francescani medievali. Questo filone riconosce, sia pure
come second best, il carattere positivo delle virt solamente umane. Tali virt possono persino
essere utili al piano della salvezza.32
Nicole cercava dunque di conciliare il radicalismo religioso di Pascal e Arnauld, dei quali
era stato fedele seguace e collaboratore, con una visione laica delle regole morali del mondo
profano. Loperazione ebbe un successo culturale ed editoriale strepitoso. Gli Essais de morale
ebbero continue riedizioni; e influirono, fra gli altri, su autori come Bayle, Mandeville (direttamente
o indirettamente), e pi tardi Voltaire. Questo successo indicava il bisogno della societ di fine
Seicento di trovare un punto di equilibrio che superasse gli estremismi morali dei decenni
32

Cfr. Thirouin, Introduction a Nicole [1999, p. 15-16], che cita anche Jean Lafond.

precedenti: la morale intimistica e angosciosa dei calvinisti e dei giansenisti radicali;33 la morale
tutta formalistica e lassista dei gesuiti; lo scetticismo che rischiava continuamente di sconfinare
nel cinismo - dei moralisti laici come La Rochefoucauld (e potremmo aggiungere ancora il
pessimismo dellantropologia di Hobbes; il conservatorismo morale di Descartes).
Sullamor proprio aveva riflettuto tutto il pensiero morale del secolo, scoprendone la
presenza nascosta anche nelle azioni apparentemente pi disinteressate. Lautore che con pi
efficacia aveva usato questo approccio era Franois de La Rochefoucauld, le cui Maximes (prima
edizione: 1665) avevano anchesse avuto un grandissimo successo editoriale. Con la fine analisi
psicologica propria di quel tempo egli aveva esaminato impietosamente tutti i risvolti e i moventi
reconditi dellagire umano.
Il suo approccio disincantato appare ai nostri occhi alquanto ingenuo. Infatti tutte le virt,
tutte le azioni pi generose e disinteressate sono riportate allegoismo; perch chi le compie si
aspetta approvazione o gratitudine o anche solo appagamento interiore. Egli dice: noi siamo tanto
abituati a fingere le nostre virt davanti agli altri e a nascondere i moventi egoistici delle nostre
azioni che alla fine inganniamo anche noi stessi. Daltra parte, come le azioni virtuose possono
essere riportate a moventi egoistici, cos i moventi egoistici possono dare risultati esterni virtuosi.34
Nicole segue molto da vicino La Rochefoucauld.35 Entrambi, come nota molto bene Horne,
avevano lintento moralistico di smascherare i vizi e gli interessi egoistici che tanto spesso si
nascondono nelle azioni che vogliono apparire virtuose.36 Ma, grazie anche alle suggestioni di
Pascal, Nicole rivoluziona il significato delle Massime di La Rochefoucauld. Questi si era mosso
solo su piano della psicologia individuale. Il suo pessimismo esprimeva la delusione degli
aristocratici in decadenza; ed era sostanzialmente sterile. Nicole invece applica la sua analisi ai
rapporti sociali e ne fa uno strumento efficacissimo per scoprire i meccanismi attraverso cui si
costruisce la societ. In tal modo egli pu contaminare lanalisi del moralista francese con quella
materialistica e storica di Hobbes e col meccanicismo cartesiano. Grazie a questa contaminazione lo
scetticismo della tradizione libertina, che aveva ispirato La Rochefoucauld, viene trasformato da
Nicole in uno strumento analitico di estrema fecondit. In questa veste esso viene tramandato da
Nicole agli esponenti successivi del pensiero libertino, Bayle e Mandeville (come vedremo pi
avanti) ma anche a Boisguilbert, campione delleconomia antimercantilista di fine secolo.
Faccarello ha svolto uneccellente analisi i cui dimostra che la visione sociale di
Boisguilbert deriva direttamente da Nicole e dal ruolo che questi attribuisce allamor proprio
illuminato. La stessa tesi ripresa da Perrot.37 Riprendendo Keohane, Faccarello osserva con grande
efficacia che Nicole capovolge il rapporto seicentesco tradizionale tra passioni e ragione. Non si
tratta pi di utilizzare le passioni attraverso la ragione, bens di utilizzare la ragione attraverso le
passioni.38 Per altra via, Hirschman era arrivato a una conclusione simile: verso la fine del secolo
lassecondare le passioni si condensa nella legittimazione dellinteresse economico, che una
passione razionale (vedi avanti).
5. Il pensiero laico e il giansenismo
Tuttavia il dualismo di Nicole appare tanto radicale quanto fragile. Da una parte lapproccio
basato sullamore cristiano e quello basato sullamor proprio illuminato sono opposti e
incompatibili. Dallaltra i rapporti sociali che essi generano (lequit, la ragionevolezza, il rispetto
reciproco, le buone maniere, ecc. ) sono talmente simili che impossibile distinguere, non solo i
risultati, ma persino le intenzioni originarie da cui derivano. In definitiva, almeno dal punto di vista
sociale, il criterio dellamore cristiano tende a scomparire, assorbito dal criterio dellamor proprio
illuminato.
33

Per quanto riguarda i giansenisti, cfr. Goldmann (1959, pp. 157-82).


Cfr. Horne (1978, pp. 24-25) che svolge unacuta analisi di La Rochefoucauld.
35
Cfr. fra gli altri Bosco (1999, p. 7).
36
Horne (1978, p. 19).
37
Faccarello (1986, in particolare pp. 96-111); Perrot (1989).
38
Faccarello (1986, pp. 98-99).
34

Per capire perch il rigorismo religioso sia arrivato a queste conclusioni paradossali
dobbiamo esaminare le influenze, sul pensiero di Nicole, di derivazione materialista e scettica. Il
materialismo di Hobbes, lo scetticismo morale di La Rochefoulcauld, il meccanicismo cartesiano,
come abbiamo visto, sono tutte fonti di ispirazione di Nicole. Tuttavia queste sono soltanto le
influenze dirette e immediate. Le radici non religiose della concezione sociale di Nicole risalgono a
molto prima nel tempo. Esse dimostrano che la cultura del capitalismo non deriva soltanto dal
calvinismo. Nel Cinquecento, accanto alla divaricazione religiosa, ne avviene unaltra, persino pi
profonda. E la divaricazione tra pensiero religioso e pensiero laico (nel senso che la sua visione del
mondo e in particolare la sua morale non sono fondate sulla religione). Lelemento fondamentale di
divisione tra i due filoni pu essere individuato nellatteggiamento verso le passioni.
La gran parte degli autori antichi e medievali avevano una concezione del tutto negativa
delle passioni. Esse esprimevano la parte irrazionale, violenta e peccaminosa delluomo. Le
passioni andavano dominate dalla ragione, che lelemento che distingue luomo dai bruti. Il loro
manifestarsi andava o ridotto al minimo indispensabile o represso. Nel sec. 15 alcuni umanisti
italiani (Lorenzo Valla, Cristoforo Landino e il gruppo materialista romano di Pomponio Leto)
ruppero per la prima volta con questo atteggiamento; e rivalutarono Epicuro, il grande eterodosso
dellantichit. Epicuro aveva dato uninterpretazione materialistica della natura, ma anche della vita
umana. Tutto il mondo, compresa lanima e i moti dello spirito, fatto di atomi. Le regole morali
non dipendono dal rapporto con la divinit, ma derivano dalle sensazioni di piacere e di dolore. Su
questa base egli aveva legittimato le passioni, purch fossero moderate.39
Nel sec. 16 linfluenza di Epicuro si intrecci con lo scetticismo, anchesso ripreso dalla
filosofia antica. Un po per proteggersi dalle persecuzioni religiose, un po per il tentativo sincero di
conciliare la fede con la ricerca razionale, questi richiami al materialismo e allo scetticismo si
presentarono spesso nella forma dualistica di fede e ragione (diversi esponenti di questo filone
erano spiriti religiosi, come Valla; o addirittura preti, come Charron e Gassendi). Si ha cos il
dualismo tra fede e ragione degli aristotelici di Padova, che teorizzarono persino la doppia verit. Il
maggiore esponente tra questi, Pomponazzi, protetto dal cardinale e letterato Pietro Bembo, propose
una concezione naturalistica dellanima. Poco pi tardi Charron, amico di Montaigne, ripropose il
dualismo tra fede e ragione scettica.40
Come scrive Tenenti, Bodin e Montaigne furono gli autori che filtrarono lenorme cultura
classica per farne la base delluniverso morale moderno.41 Montaigne rappresenta una tappa
importante nellevoluzione del pensiero laico. Inizialmente influenzato dallo stoicismo, egli
abbandon questa posizione per un atteggiamento scettico. Da allora il pensiero morale laico del
Seicento polemizz innanzitutto con lo stoicismo, per il quale le passioni erano una schiavit da cui
liberarsi. Inoltre in Montaigne si trova talvolta unanalisi della societ (di sapore machiavelliano)
basata sullutilit e, quando fosse necessario, sul vizio. Questa analisi probabilmente fu il modello
ispiratore di tanti pensatori successivi, da Hobbes a Nicole, da Bayle a Mandeville. 42
Nel Seicento Gassendi cerca di conciliare il materialismo atomistico e la difesa delle
passioni con la fede.43 Egli riassume il pensiero scettico ed epicureo precedente, e intorno a lui si
creano i primi circoli libertini. La cultura libertina prese a diffondersi pi o meno nascostamente,
ma largamente, a corte, nei salotti intellettuali (che nascono proprio allora, organizzati dalle signore
dellaristocrazia), nei rapporti fra studiosi e fra scrittori, nei circoli della Fronde. Anche il
39

Rinvio a Perrotta (2004, pp. 33-35, 99).


V. i testi rinascimentali in Pompeo Faracovi (1977, cap. 1). Su tutto questo molto utili sono Schneider (1970, capp. 24; v. soprattutto il c. 2 sulla lotta di Calvino e gli altri protestanti contro i liberi pensatori); Gregory (1986); Vivanti
(1980, pp. 59-64).
41
Tenenti (1978, pp. 271-74). In questo libro c unacuta e dettagliata analisi sulla nascita del libertinismo: v. pp. 264306.
42
Montaigne (1588, 1, De lutile et de lhonneste, ad es. p. 6, 12, 18-19). Horne (1978, 101, nota 1) segnala anche,
sempre del III vol. il cap. De la vanit.
43
V. ad es. Innocenti (1980). Per un grandioso affresco del pensiero libertino, e del pensiero religioso che lo avversa, v.
Pintard 1943.
40

giansenismo circolava negli stessi ambienti. E facilmente le due correnti eterodosse venivano in
contatto. Tanto che persino i solitari di Port-Royal vennero influenzati da queste contaminazioni.44
Ma tali contaminazioni non erano casuali. Entrambe queste correnti esprimevano una
profonda insoddisfazione per lottimismo morale che derivava dalle virt aristocratiche (orgoglio,
onore, coraggio, gloria). Entrambe ne volevano svelare lipocrisia e linconsistenza ai fini della
costruzione della societ. Il moralismo scettico, sia quello di derivazione materialista che quello di
derivazione agostiniana, esprime la crisi dei valori aristocratici. Perci, con una contraddizione solo
apparente, esso guadagna favore o nellaristocrazia, che non si rassegna alla perdita del potere
politico ( proprio questo il periodo in cui la monarchia francese sconfigge gli aristocratici e
costruisce lo stato assoluto) o nella borghesia, che esprime una morale nuova.45
Inoltre labitudine a pensare in termini dualistici, spingeva sia il materialismo scettico che
lagostinismo moderato verso un atteggiamento relativistico. Entrambi diffidavano del razionalismo
tomista. Questultimo, nella versione gesuitica, era diventato trionfalistico, sicuro di dominare tutti
gli aspetti della realt e della morale. Significativo a questo proposito il fatto che Nicole approvi
latteggiamento di Montaigne. Per lui, dice, tutte le cose del mondo sono vane e inutili. Non solo il
potere ma anche la scienza.46 Rothkrug ha scritto pagine illuminanti su queste connessioni tra
razionalismo e meccanicismo cartesiano, da una parte, materialismo epicureo e scetticismo,
dallaltra, e infine il pensiero giansenista.47
Lo scetticismo tuttavia non impedisce alla cultura libertina di apprezzare i benefici che
derivano dai rapporti sociali e di difendere lautonomia della societ civile. Ci, non solo contro il
potere religioso, ma anche contro il potere politico. Grazie a queste influenze esterne, Nicole supera
lindifferenza della cultura calvinista verso i benefici della societ. I calvinisti rivendicavano
lautonomia della societ civile contro lo Stato. Ma la superiorit della societ civile sulla politica
aveva per loro una motivazione religiosa. Essi non riconoscevano lautonomia dei valori civili
rispetto alla religione (negli Stati Uniti il puritanesimo tradizionale ha ancora queste caratteristiche).
Il pensiero sociale del rigorismo cattolico, invece, sviluppatosi molto pi tardi, viene influenzato dal
pensiero sociale libertino e dal pensiero politico laico, e afferma il carattere positivo e autonomo dei
valori della societ civile.
6. Linfluenza del giansenismo su Bayle e Mandeville
Dopo i Saggi di morale di Nicole sia i giansenisti che i libertini non sono pi gli stessi. I
primi sono pronti ad uscire dalleremo e andare per le strade del mondo. Essi chiedono alla chiesa
pi interiorit e sincerit, e meno ostentazione e formalismo. E allo stato chiedono pi laicit e
rispetto per i cittadini e per le loro idee. Questa lesperienza del giansenismo francese, spagnolo,
italiano dei secoli 18 e 19.
Fino ai tre quarti del sec. 17, i libertini avevano approvato lanticonformismo delle idee e
del comportamento, ma solo se limitato ad una ristretta cerchia di aristocratici del pensiero, oltre
che del censo. Essi invece trovavano necessario il rispetto delle credenze e dei costumi tradizionali
per la maggior parte della societ. Ma con la crisi della cultura aristocratica e il passaggio delle
istanze di rinnovamento ai ceti borghesi, i libertini uscirono dalle conventicole dellindividualismo
litario; e diventarono analisti implacabili della societ e dei suoi mali, ma anche sostenitori del suo
progresso. I due grandi libertini di fine Seicento inizi del Settecento, Bayle e Mandeville sono
ormai tanto lontani da Montaigne, Gassendi e La Rochefoucauld, quanto lo Nicole da Calvin e da
Jansen. Lo spartiacque dato dallanalisi della societ e dei meccanismi collettivi che la muovono. I
pensatori precedenti ignoravano questa realt, ed erano tutti concentrati nelle riflessioni sullanima
individuale, spirituale o materiale che fosse. Quelli di fine secolo sono invece degli scienziati sociali
che analizzano ed esaltano lo sviluppo economico.
44

V. ancora lantologia di Pompeo Faracovi (1977), e quella molto pi ricca di Adam (1964).
Cfr. Hirschman (1977, pp. 15-17); Horne (1978, p. 21). Schneider (1970, soprattutto pp. 169-74) sottolinea il legame
tra libertini e nuova classe borghese.
46
Nicole, Pensieri vari, in appendice a Nicole [1945, p. 254].
47
Rothkrug (1965, soprattutto p. 36-85).
45

Circa trentanni fa Hirschman pubblic unanalisi, rimasta insuperata, dellitinerario che la


cultura del Seicento svolse per passare dalla legittimazione delle passioni alla legittimazione
dellinteresse economico.48 Egli spieg che causa di questo cambiamento era la nascita della nuova
cultura, che legittimava il capitalismo nascente. Nella nuova cultura il controllo delle passioni non
avveniva pi attraverso la repressione, come era stato nelle epoche pre-moderne. Per primo
Machiavelli, e poi tutti gli altri pensatori sociali, criticarono gli utopisti, e presero atto che era
meglio ragionare sugli uomini cos come sono, e non come si vorrebbe che fossero (pp. 17-19).
Bisognava quindi riconoscere che le passioni non si possono reprimere per sempre, e che hanno un
ruolo importante nel determinare i rapporti sociali.
Lunico modo per controllare le passioni era dunque quello di dominare quelle pi selvagge
dando spazio alle passioni che sono meglio assoggettabili ad un calcolo razionale. In modi diversi,
Machiavelli, Spinoza, Hobbes, Vico, Hume e tanti altri spiegarono dice Hirschman - che si
trattava di imbrigliare le passioni, in modo da trasformarle, da tendenze distruttive, in qualcosa di
costruttivo, che permettesse il progresso civile (pp. 20-37).
La passione che pi di tutte espressa da un calcolo razionale linteresse; che noi
possiamo identificare con lamor proprio illuminato di Nicole. Linteresse in realt, dice Hirschman,
sta in mezzo tra passione e ragione, e partecipa della natura di entrambi. Verso la fine del Seicento il
concetto generale di interesse fin col coincidere con linteresse economico; proprio perch lazione
economica esprime meglio di ogni altra la natura del calcolo razionale (pp. 37-47).
Fin qui Hirschman. Ma perch linteresse propriamente economico venisse approvato, era
prima necessario legittimare il desiderio di arricchire, che ne il fondamento. Ora, il desiderio di
arricchire, chiamato fino al sec. 16 avarizia o ingordigia, era stato considerato, quasi sempre nel
passato, uno dei vizi peggiori; e il pi pericoloso per lordine sociale. Quando i pensatori premoderni si chiedevano come fare a controllare o a reprimere le passioni, essi pensavano innanzitutto
a questa passione. Limportanza di combattere lavarizia derivava dal carattere delle economie premoderne, dominate dalla riproduzione semplice; dove cio la produzione della ricchezza non
aumenta di ciclo in ciclo economico. Pressoch tutti i pensatori di queste societ ripetevano la tesi
del gioco a somma zero, secondo cui larricchimento di qualcuno limpoverimento di un altro. Il
desiderio di arricchire era dunque socialmente pericoloso.
La legittimazione dellavarizia poteva avvenire solo in una societ capitalistica, a
riproduzione allargata; dove cio la ricchezza cresce continuamente, e dove quindi
larricchimento di qualcuno non significa sottrarre ricchezza a qualcun altro. Si trattava di una vera
rivoluzione culturale. Il libertinismo epicureo aveva soltanto preparato il terreno per questa
rivoluzione. Chi invece la attu fu la prima corrente di pensiero economico, quella dei mercantilisti.
I mercantilisti esprimevano la cultura dei nuovi ceti, quelli che stavano creando leconomia
moderna: artigiani specializzati, mercanti, imprenditori, banchieri, professionisti, dirigenti pubblici.
Questa nuova cultura borghese permise la legittimazione piena dellarricchimento, non solo
dellindividuo, ma della societ. Legittimare larricchimento della societ significava finalmente
giustificare la ricerca del benessere e del godimento dei beni terreni.
In questo quadro Bayle contrappose, in una pagina di grande efficacia, il comportamento
egoistico che domina le societ commerciali alla societ di veri cristiani. Questultima regolata
dalletica della rinunzia; ed destinata a soccombere di fronte alle societ regolate dal criterio
utilitaristico. I due criteri, egli dice, sono incompatibili tra loro. Quindi il progresso economico
incompatibile con la virt. Egli conclude dicendo che un uomo disonesto pu essere un buon
cittadino e cita, a suo conforto La Bruyre.49 Bayle inoltre afferm la validit dei piaceri sensibili, e
polemizz direttamente con Arnauld, che la negava. Anche i piaceri dei sensi, dice Bayle, sono un
bene creato da Dio.50
48

Hirschman (1977).
Bayle (1704, par. 124, pp. 359b-61b). Su Bayle, interessante Schneider (1970, c.5: 203-82).
50
Cfr. Bayle (1684-87, Nouvelles, dec. 1685: Ouvres, tome I, pp. 444a-57a); a cui rispose Arnauld (1687).
49

Sulla scia di Bayle (come egli stesso riconosce),51 Mandeville propose subito dopo la
metafora dellalveare povero e virtuoso, che deperisce sempre pi, e dellalveare pieno di vizi,
guidato dallegoismo, dal desiderio del lusso e dalla ricerca della ricchezza. Questo alveare
prospera e d benessere ai suoi viziosi membri. Perci i vizi del comportamento privato diventano,
per la societ, dei benefici52.
I toni di questa impostazione ricordano chiaramente quelli dei moralisti e dei giansenisti
francesi, dove la denunzia dei vizi umani e dellipocrisia sociale che li copriva sintrecciava
indissolubilmente con lanalisi disincatata degli uomini as they really are.53 Alla parte iniziale,
polemica e paradossale, Mandeville aggiunse negli anni una serie di corpose analisi sociali, che si
possono considerare il primo esame complesso e articolato della societ capitalistica. Egli mise a
frutto nel modo migliore lapproccio di Hobbes, storicizzandolo. Allorigine luomo era un
selvaggio che cercava di sopravvivere prevaricando i suoi simili con la violenza. Egli impar
gradualmente che poteva perseguire meglio i suoi fini egoistici attraverso accordi e regole che
limitano la violenza.54 E questo che lo porta alla fine alla competizione economica, in cui le forze
che mirano allinteresse personale generano il benessere collettivo.
Lapproccio di Mandeville completamente laico.55 Le virt e le credenze religiose sono
frutto del bisogno degli uomini di accettare regole di comportamento condivise. Esse sono dunque
un prodotto della societ e dei suoi bisogni.56 Il perseguimento del proprio arricchimento da parte
degli individui genera anche le istituzioni; che devono governare ed equilibrare i movimenti dei
singoli, facendo rispettare le regole comuni. Le istituzioni sono soggette a continui miglioramenti. E
con loro migliora il funzionamento della societ e la sua capacit di arricchire. E questo il
progresso della societ. Tale progresso non frutto dellintervento geniale di qualche individuo.
Esso frutto del lento miglioramento di piccole cose, prodotto da individui comuni e mediocri.
In alcune pagine brillanti Horne ha mostrato come Bayle e Mandeville fossero
profondamente influenzati dal moralismo francese nella versione giansenista.57 Essi se ne
distaccano, spiega, solo per un aspetto: perch abbandonano langoscia dei giansenisti riguardo alla
salvezza delluomo. Linfluenza individuata da Horne vera. Ma, oltre a questo, in Bayle e in
Mandeville rimane un retaggio del vecchio spirito libertino anti-religioso. Per questo essi esprimono
lo spirito moderno in forma di contrapposizione tra le virt cristiane (povert, rinunzia, altruismo,
solidariet, disprezzo del mondo terreno), che sono di per s inadatte alla societ moderna, e i valori
che guidano le societ commerciali (egoismo, competizione, amore per le ricchezze, ambizione,
successo e, naturalmente, ricchezza), che sono incompatibili con il cristianesimo.
Per di pi, essi si limitano a questa contrapposizione; non provano nemmeno a cercare un
concetto alternativo di virt sociale, a individuare nuovi valori positivi, e nuove forme di
solidariet da sostituire allabnegazione.58 Per avere questo bisogner aspettare lilluminismo. In
particolare saranno gli scozzesi, Hutchinson, Hume, Ferguson, Millar, lord Kames e infine Adam
Smith, a delineare i rapporti di scambio e le regole del comportamento economico come basati allo
stesso tempo sulla convenienza reciproca e sulla reciproca solidariet. Invece Bayle e Mandeville si
compiacciono dello scandalo che la nuova societ comporta per la morale tradizionale, e dei
paradossi che essi ne possono tirare fuori.59
51

Mandeville (1720, prefaz., pp. 67-68).


Mandeville (1705). ma vedi anche molti luoghi sparsi degli altri suoi scritti; in particolare M. (1714b e 1723). Per le
analisi, v. innanzitutto Morize (1909) e Kaye (1924).
53
Lespressione di Monro (1975, p. 255). Questo libro uno dei pi efficaci nel mostrare le apparenti contraddizioni
delle tesi di Mandeville, riportabili per, alla fine, a una visione scettica.
54
Mandeville (1623). Cfr. Olivetti (1980, pp. 465-74).
55
Utili sono gli argomenti di Ronchetti (197, pp. 535-40).
56
Mandeville (1714). V. su questo James (1975).
57
Cfr. Viner (1958, p. 337); Horne (1978, p. 19-31).
58
Sullidea di virt e di religione in Mandeville, oltre a M. (1714 e 1720), v. ad es., fra i tanti studi, Monro (1975) e
Sabetti (1985).
59
In questo Viner (1958, pp. 337-38) ha un po di ragione quando scrive che Mandeville deforma il pensiero di Nicole.
52

Da questo punto di vista, la visione di Nicole pi matura. Essa prospetta una logica dei
rapporti sociali in cui i valori religiosi possono essere sostituiti di fatto da regole laiche di
comportamento, basate sullinteresse, senza danno per la societ stessa. Non c nei fatti una vera
contrapposizione tra carit cristiana e amor proprio illuminato. E soprattutto non c, neanche in
linea di principio, alcuno scandalo.
Daltra parte, per, lappoggio giansenista allo sviluppo del capitalismo rimane sempre
indiretto; non diventa mai il centro dellinteresse. Lo sviluppo della ricchezza sociale non potr mai
diventare la preoccupazione principale dei giansenisti. Ci avviene sia nelle teorie pi mature sia
nella pratica dei secoli 18 e 19. Invece in Bayle e Mandeville questo il vero interesse di fondo:
la ricchezza della societ e il suo aumento, il benessere materiale, il progresso economico e civile.
Questa loro preoccupazione non cera nella tradizione scettica e libertina, n in quella
agostiniana, n in quella dei moralisti. Non cera nellapproccio cartesiano e nemmeno in quello di
Hobbes.60 Essa era stata espressa fino allora solo dai mercantilisti. Lapproccio dei mercantilisti era
molto empirico. Essi rifuggivano dalle teorizzazioni economiche; e tanto pi da quelle morali o
sociali. Tuttavia le loro proposte di politica economica si fondavano su alcuni valori precisi:
arricchire la nazione e accrescere la potenza dello stato; incoraggiare il desiderio dei singoli di
arricchire; dare lavoro ai poveri, potenziando la produzione manifatturiera e incoraggiando i
commerci; cercare di vincere nella competizione economica fra gli stati.
I valori mercantilisti non erano ancora accettati da tutti, bench dominassero la pratica
economica. Molti li osteggiavano sul piano morale, sociale ed economico.61 Su questo divario tra
valori praticati e valori teorizzati Bayle e Mandeville fondarono i loro paradossi. Bayle esalta la
societ commerciale quasi per caso, seguendo le sue acute e interminabili polemiche contro
loscurantismo della vecchia cultura. Essendo una specie di Erasmo dei suoi tempi, gli interessa di
pi fustigare i pregiudizi che costruire una nuova visione sociale. Mandeville per fa un enorme
passo avanti. Nonostante linvolucro paradossale, egli propone una nuova concezione della societ.
La societ a cui pensa fondata sul perseguimento dellinteresse personale, sul comporsi spontaneo
delle dinamiche dei singoli in un interesse generale ( unanticipazione del concetto smithiano della
mano invisibile), sullarricchimento, e soprattutto sul progresso.62
Sono proprio i concetti di benessere e di progresso che mancano al pensiero religioso,
compreso quello di Nicole. Questo pensiero non concepiva la societ come un prodotto storico che
tende a progredire. N concepiva la civilt come il frutto del crescente benessere. Ma senza queste
due idee il capitalismo non sarebbe giunto a maturit.

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60

Sebbene, su Hobbes, uninterpretazione pi approfondita data da Macpherson (1962, cap. II: pp. 9-106).
V. anche Rothkrug (1965) sullantimercantilismo in Francia.
62
Su questo importante Hayek (1966). V. anche Cook (1974, pp. 123-24) e Olivetti (1980). Sullinfluenza di
Mandeville su Adam Smith, v. ad es. Kaye (1924, V.4); e Winch (1996, pp. 61-80). In verit, lidea dellarmonia
spontanea degli interessi individuali viene affermata anche da Shaftesbury.
61

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