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Differenze:
Analogia principale:
• il positivismo appare come un “romanticismo della scienza” ovvero si
ritrova ad esaltare la scienza e il progresso facendoli diventare una vera e
propria dottrina.
3. LE VARIE FORME DI POSITIVISMO
Il positivismo si può distinguere in due movimenti principali: positivismo
sociale, tipico della prima parte del secolo, e positivismo evoluzionistico.
Queste due correnti non si escludono, anzi si possono integrare, diventa così
possibile seguire lo sviluppo delle idee del movimento nazione per nazione,
distinguendo il contesto generale fra la prima metà dell'800 (che veda la
scienza come soluzione alla crisi sociale) e la seconda metà (la quale risulta
improntata sulle scoperte biologiche di Darwin che porteranno al concetto di
evoluzione).
FOURIER E PROUDHON
Un altro filosofo importante di questa corrente è Charles Fourier, autore di
molti scritti ricchi di molti spunti utopici. L’idea principale dice che esiste
nell’universo un piano provvidenziale in cui rientrano l’uomo, il suo lavoro e la
sua organizzazione sociale. Bisogna ritenere che Dio abbia composto per noi
un codice passionale applicabile a tutta l’umanità, che ha le stesse passioni,
e che ha dato all’uomo un metodo fisso e infallibile per l’interpretazione di
questo codice. Questo metodo è il calcolo analitico e sintetico dell’attrazione
passionale, in quanto l’attrazione è la sola interprete conosciuta tra Dio e
l’universo. La società non deve reprimere le passioni dell’uomo e la sua
ineliminabile tendenza al piacere, ma usarle perché possano renderle al
massimo grado. L’organizzazione sociale che rappresenta meglio ciò è la
falange, ossia una comunità di circa 1600 lavoratori che vivono tutti insieme
in un grande edificio, in cui la produzione e il consumo dei beni sono
regolamentati e vige piena libertà nei rapporti sessuali.
In opposizione a questo vi è Pierre-Joseph Proudhon. Il suo scritto Che
cos’è la proprietà? contiene la definizione per cui la proprietà è un furto. Si
riferisce al fatto che tale possesso, concentrato nelle mani di pochi, rende
possibile l’appropriazione del lavoro altrui, pertanto Proudhon vuole una
società in cui sia abolita non la proprietà generalmente intesa, ma l’interesse
che la proprietà frutta ai capitalisti, ossia il reddito illegittimo che essa
consente al capitalista di godere a spese del lavoratore. Ne La giustizia nella
rivoluzione e nella chiesa, il principio è quello della storia dell’uomo che ha
una legge intrinseca di progresso, per cui si dirige verso la perfezione.
Questa legge è la giustizia, che non deve essere solo un idea, ma una
realtà, ossia una forza dell’anima individuale e della vita associata.
5. COMTE
VITA E OPERE
È il fondatore del positivismo. Prende spunto dalla filosofia di Saint-Simon.
Nasce a Montpellier nel 1798, studia al politecnico di Parigi. Amico e
collaboratore di Saint-Simon, dopo divenne autonomo nel suo pensiero.
Elaborazione del pensiero interrotta tra il 1826 e 1327 per colpa di una
violenta crisi cerebrale, che lo portò al manicomio, ma riuscì a uscire.
1830 Corso di filosofia positiva —> Quest’opera influì negativamente sulla
carriera accademica a causa dell'ostilità che le idee che vi erano esposti
avevano incontrato negli ambienti accademici.
Da allora in poi disse con aiuti e sussidi di amici discepoli.
Separatosi dalla moglie, nel 1845 conobbe Clotilde de Vaux con la quale
visse in qualche mese in perfetta comunione spirituale.
Seconda opera essenziale: Il sistema di politica positiva—> aveva il compito
di trasformare la filosofia e religione, come la prima la scienza in filosofia.
Un’altra opera fondamentale è Catechismo positivista. Ambito della
riflessione di Comte che ha avuto maggior risonanza è stata la dottrina della
scienza, ma l'intento del filosofo fu fare una filosofia della storia, nella
seconda fase della sua vita essa si trasformò in una religione dell'umanità,
cioè in una divinizzazione della storia medesima.
“Il bisogno fondamentale di una rigenerazione universale, ad un tempo
politica e filosofica”: questo dice lui di avere bisogno.
•
lo stadio metafisico o astratto, che è solo una transizione;
•
lo stadio scientifico o positivo, fisso e definitivo.
Nello stadio teologico, lo spirito umano dirige le sue ricerche verso la natura
intima degli esseri e le cause prime e finali, cioè verso le conoscenze
assolute, si rappresenta i fenomeni come prodotti dall’azione diretta e
continua di agenti soprannaturali, il cui intervento arbitrario spiega tutte le
anomalie apparenti dell’universo.
Nello stadio metafisico, gli agenti soprannaturali sono sostituiti da forze
astratte.
Mentre nello stadio positivo, lo spirito umano, riconoscendo l’impossibilità di
raggiungere nozioni assolute, rinuncia a cercare il destino e l’origine
dell’universo e si applica unicamente a scoprire mediante il ragionamento e
l’osservazione le loro leggi effettive.
Ad ogni stadio Comte fa corrispondere una specifica organizzazione
politica e sociale: monarchia teocratica e militare (medioevo), sovranità
popolare (fino alla rivoluzione francese), organizzazione scientifica della
società industriale.
La legge dei tre stadi a Comte sembra evidente di per sé, e poggia
sull'esperienza personale. La conoscenza è ormai entrata nella fase positiva,
ma la cultura umana totalmente non è ancora completamente permeate dallo
spirito positivo. Accanto alla fisica celeste, alla fisica terrestre e alla fisica
organica manca una fisica sociale, cioè lo studio positivo dei fenomeni
sociali. La non totale positività della società origina anche un'anarchia
intellettuale e la conseguente crisi politica e morale della società
contemporanea. Se una delle tre filosofie possibili (teologia, metafisica,
filosofia) ottenesse una posizione di rilevanza, ci sarebbe un ordine sociale
determinato. Ma le tre prospettive filosofiche continuano coesistere. Opera
iniziata da Bacone, Cartesio, Galilei è costruire un sistema di idee generali
che prevale definitivamente nella specie umana e sterminare la crisi è
rivoluzionaria. Sistema di idee generali, o filosofia positiva, che presuppone
un'enciclopedia delle scienze che fornisca il prospetto generale di tutte le
conoscenze scientifiche. Comte esclude le conoscenze applicate della
tecnica e delle arti, limitandosi alle conoscenze speculative, da questa
enciclopedia. Anche di queste speculative considera solo quelle generali e
astratte. Lui cerca di determinare una scala enciclopedica che corrisponda
alla storia delle scienze, che si possono classificare secondo il loro grado di
semplicità, che è lo stesso del grado di generalità dei fenomeni. I fenomeni
più semplici sono anche più generali infatti. Le scienze quindi seguono
l'ordine della semplicità decrescente, o della complessità crescente e
l'ordine che si viene a formare è la successione con cui le varie scienze sono
entrate nella loro fase positiva. Le attività umane si dividono in teoria e
pratica; la teoria si divide in scienze concrete (fenomeni particolari) e
scienze astratte (fenomeni generali); le scienze astratte si dividono in fisica
organica e fisica inorganica; la fisica organica si divide è in biologia e
sociologia; la fisica inorganica si divide in astronomia, e fisica e chimica.
L'enciclopedia delle scienze comprende astronomia, fisica, chimica,
biologia, sociologia, che sono in ordine secondo l'ordine storico del loro
sviluppo e con l'ordine pedagogico del loro apprendimento.
La matematica è esclusa perché Comte la ritiene come base di tutte le altre
scienze: essa è infatti il primo sapere a essere entrato nello stadio positivo.
La logica viene esclusa perché si identifica con il metodo concreto impiegato
da ogni specifica branca del sapere. La psicologia invece è esclusa perché
non è una scienza, infatti l'osservazione interiore secondo Comte è
impossibile perché i fenomeni intellettuali non possono essere osservati dal
soggetto mentre riproduce.
LA SOCIOLOGIA
É la scienza alla quale tutte le altre sono subordinate. La sociologia deve
concepire i fenomeni sociali come soggetti a leggi naturali che ne rendano
possibile la previsione, seppure nei limiti compatibili con la loro complessità.
Essa è divisa in statica sociale e dinamica sociale, corrispondenti ai due
concetti di ordine e progresso.
La prima mette in luce la relazione necessaria, il consenso universale, che
hanno tra loro le varie parti del sistema sociale (cioè tra il regime politico e lo
stadio corrispondente c’è un rapporto di necessità). La dinamica sociale
invece si basa sullo sviluppo continuo e graduale dell’umanità. Ciascuno degli
Stati sociali consecutivi è il risultato necessario della precedente e il motore
del seguente. Questo è un assioma anche di Leibniz: il presente è gravido
dell'avvenire. L'idea di progresso spiega gli uomini di genio: essi sono
strumenti di un movimento, di un perfezionamento incessante ma limitato del
genere umano. L'opera di Comte è diretta a favorire l'avvento di una nuova
società, chiamata sociocrazia: un regime fondato sulla sociologia,
corrispondente alla teocrazia fondata sulla teologia. Comte è avverso alle
idee di libertà individuale e di pluralismo, che identificava come una forma di
disordine.
JAMES MILL
Giustifica l’utilitarismo dal punto di vista psicologico. Crea filosofia utilitaristica
basata sull’associazionismo psichico di Hume. Le associazioni di idee
possono diventare talmente autonome da far nascere complessi che non
hanno più il carattere delle idee che contengono. Quindi, anche se tutti i
sentimenti nascono da tendenza egoistica, l'associazione costante tra il
nostro piacere e quello degli altri finisce a far desiderare il piacere altrui
anche quando esso non centra niente col nostro. Queste associazioni
spiegano i sentimenti morali. Come Comte, Bentham e Mill sono convinti che
le discipline che riguardano l’uomo debbano essere scienze positive, ma le
loro finalità civili e politiche sono liberali e democratiche, a differenza di quelle
di Comte.
JOHN STUART MILL
VITA E OPERE
Nacque a Londra nel 1806. Le opere principali sono: Sistema di logica
deduttiva e induttiva (1843), Saggi su alcune incerte questioni di economia
politica (1844), Principi di economica politica (1848). Mill mette in luce i
principi filosofici del positivismo etico inglese e lo collega al positivismo
sociale francese. La prima forma di positivismo inglese è l’utilitarismo, che si
configura come cioè che è un’azione buona è utile, come disse Bentham, il
bene perciò diventa il fine non solo di un’attività morale, ma anche sociale e
politica.
LA LOGICA
La differenza tra il positivismo di Comte e Mill sta nel fatto che il primo è
razionalistico, l’altro è empiristico. Il positivismo di Mill richiama ai fatti
continuamente, e non è possibile alcune dogmatizzazione dei risultati della
scienza, come sosteneva Comte. La logica di Mill ha come scopo principale
di eliminare ogni assolutismo della verità nato da basi empiriche. Mill elimina
la metafisica, perché essa nasce da un’intuizione immediata non verificabile.
Tutti gli assiomi hanno la loro validità non per un carattere superiore, ma
perché la loro origine è l’esperienza, di cui il principio di non contraddizione
non è che una delle prime e più familiari generalizzazioni, quindi gli assiomi
non hanno origine diversa dal resto delle conoscenze. Mill dice che ogni
proposizione universale è una generalizzazione dei fatti osservabili. Ma
cosa giustifica questa generalizzazione? Questo è il problema del principio
d’induzione, che secondo Mill è risolvibile nel fatto che la natura ha una sua
uniformità, cioè che la natura ha leggi naturali rivelate dall’esperienza che si
confermano e si correggono reciprocamente. La base di tutto è la causalità,
tale legge asserisce che ogni legge ha una legge, perciò si può riconoscere
nella natura un ordine costante e necessario di tutti i fenomeni. Da cosa è
allora garantita tale legge? Chi ci dice che tutto ha una causa? Non si può
dire con certezza, l’unica soluzione è che la legge stessa che regola
l’induzione, la causalità, è un’induzione. Questo non si risolve in un circolo
vizioso secondo Mill, perché il ragionamento umano non procede dal
generale al particolare, ma dal particolare al particolare, infatti, l’esperienza ci
offre soltanto singoli casi di presunta verità generale, che però non è
verificabile (tutti muoiono, non vuol dire che anch’io muoio, presuppongo che
sia vero per esperienza, ma chi può dirlo?). Perciò Mill nega deduzione e
induzione. Quindi non c’è nessuna certezza assoluta, solo esperienza e
parziali verità.
ECONOMIA E POLITICA
Mill non ritiene che l’ordine economico sia automatico e fatale. Le leggi della
produzione sono leggi reali di natura, quelle di distribuzione dipendono invece
dalla volontà umana, e quindi dal diritto e dal costume. È possibile modificare
queste leggi per ottenere una migliore distribuzione della ricchezza. Mill
afferma a questo proposito che la scelta tra individualismo e socialismo
dipenderà principalmente da quale dei due sistemi si concili con la massima
somma possibile di libertà e spontaneità umana. Ciò che trattiene Mill
dall’aderire al socialismo è l’esigenza di salvaguardare in ogni caso le libertà
individuali, seppure condivida la condanna delle ingiustizie sociali. L’ultima
parte dei Principi di economia politica sostiene la limitazione dell’intervento
del governo negli affari economici. Questi limiti sono in ultima analisi richiesti
dall’esigenza che vi sia nell’esistenza umana una roccaforte che impedisce
l’intrusione di qualunque autorità. Ovviamente però Mill difende tutte le serie
di misure che dovrebbero avere lo scopo di distribuire più equamente la
ricchezze o di migliorare le condizione del popolo. Mill afferma poi in altri
scritti che l’intervento di un’autorità qualsiasi nella condotta di un individuo
non può essere giustificata se non nella misura in cui è determinato dalla
difesa degli stessi diritti individuali, sottolineando il suo individualismo
radicale, che ha i limiti dell’auto-protezione dell’individuo.
MILL E HUMBOLDT
Mill è influenzato dal pensiero di Humboldt, filosofo tedesco contemporaneo
ad Hegel.
Humboldt individua quelli che sono per lui i due tratti caratteristici dell’essere
umano: la libertà e la diversità.
Si tratta di due caratteristiche che bisogna coniugare sempre insieme, perché
la libertà senza l’affermazione della diversità tende a morire.
Humboldt vede nel progresso della civiltà e della tecnica una miccia alla
differenziazione dei gusti e delle opinioni individuali.
Un altro tema importante è quello dei rapporti tra gli individui e lo Stato
moderno. Quest’ultimo tende ad arrogarsi prerogative di controllo dei singoli.
A differenza di Hegel, Humboldt considera lo Stato un male, ma un male
necessario, in quanto non se ne può fare a meno. L’azione dello Stato, però,
deve essere limitata: il suo compito è solo quello di garantire la sicurezza
interna ed esterna dei cittadini.
L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE
Importante per lo sviluppo del pensiero di Mill è il confronto con le idee di sua
moglie Harriet Taylor Mill, ispiratrice del suo lavoro per quanto riguarda
l’emancipazione femminile.
Infatti Mill afferma la parità dei diritti delle donne nei confronti degli uomini in
tutti i campi della vita civile, a partire dalla famiglia e dal matrimonio.
I testi di Mill e della moglie sono senza dubbio la prima e più compiuta
affermazione teorica dell’emancipazione femminile.
LA FELICITÀ
Le riflessioni di Mill costituiscono un punto di sintesi tra le ragioni del
liberalismo (con l’affermazione della priorità della libertà) e quelle del
socialismo democratico (che prende in esame anche i problemi della
solidarietà e della felicità comune di tutti).
La felicità non è un fine da perseguire in modo egoistico. Siamo veramente
felici soltanto se non ci preoccupiamo della nostra felicità individuale, ma
della felicità degli altri, del progresso dell’umanità, dell’arte e della poesia.
ON LIBERTY
Libertà - IN POLITICA
Libertà - IN SOCIETÀ
La libertà non si riferisce soltanto alla sfera del pensiero, ma riguarda anche
le azioni. Mill stabilisce che vanno vietate solo le azioni che risultino dannose
agli altri.
L’interferenza della società deve ridursi al minimo indispensabile, solo per
salvaguardare i diritti degli altri.
La società ha di certo le sue regole, ma esse non devono limitare in modo
inopportuno la sfera dell’agire individuale.
D’altronde, per disapprovare un comportamento vi sono già l’educazione o il
disprezzo.
A questo punto Mill cerca di distinguere i comportamenti dannosi a livello
individuale da quelli che, pur essendo individuali, hanno un’incidenza sociale.
Ad esempio, un poliziotto deve essere punito per ubriachezza, se in sevizio,
non in quanto umano, ma in quanto funzionario incaricato dell’ordine
pubblico. E così si dica oggi per chi guidasse un’auto in stato di ebrezza.
Libertà - IN COMMERCIO
Particolare attenzione riserva Mill alla libertà del consumatore, che deve
essere tutelata da ogni forma di proibizionismo.
La società deve investire in educazione e formazione dei giovani, che
possono essere messi in guardia dai rischi e dagli abusi, e dai comportamenti
sbagliati. Questa forma di prevenzione è più utile di qualsiasi legge o divieto.
Anche il commercio, che è una attività sociale, deve essere lasciato il più
libero possibile. Qui si nota come Mill sostenga il liberalismo.
Il consumatore, infatti, è maggiormente tutelato rispetto ai prezzi e alla qualità
delle merci in un contesto di libera concorrenza in cui il prodotto scadente
viene superato da quello migliore, piuttosto che in un regime di monopolio
dello Stato, in cui il consumatore non può esercitare la sua scelta.
Lo Stato deve vigilare sulle frodi e proteggere l’igiene e la salute dei
lavoratori, ma non imporre vincoli alla vendita di prodotti che siano ritenuti
nocivi se impiegati in modo inopportuno o per fini criminosi.
L’unico intervento che si può ammettere per la vendita di tali prodotti riguarda
alcune limitazioni: concedere la licenza di vendita soltanto a persone
rispettabili, regolamentare gli orari, ritirare la licenza in caso di violazione
delle leggi e dell’ordine pubblico ecc.
LA DONNA
L’influenza delle madri sui figli, il desiderio dei giovani di trovare grazia
presso le giovani donne, sono state in tutti i tempi motivi di progresso della
civiltà. L’influenza morale delle donne nella storia ha contribuito a
ingentilire l’umanità. Inoltre c’è da dire che, in tutti i tempi, gli uomini hanno
dato il meglio di sé per sentirsi ammirati dalle donne.
Mill argomenta che non si può continuare a escludere le donne dal diritto di
voto o dalle cariche politiche se poi ogni giorno si constata quanto siano
brave a gestire le opere di carità o ad educare i figli.
L’esclusione delle donne dal voto, dalla vita politica attiva e dagli incarichi
pubblici è un atto di ingiustizia verso le donne e una causa di impoverimento
per la società. Se le donne fossero educate anche per soprassedere a questi
compiti, eccellerebbero nel loro svolgimento.
Una delle cause della condizione di subordinazione femminile è, quindi,
la mancata istruzione delle donne ad agire in determinati ambiti.
In definitiva, non vi sono altri motivi dell’esclusione delle donne se non il
pregiudizio, l’abitudine e la volontà da parte maschile di mantenere un
predominio, che non si giustifica sul piano naturale né su quello nazionale.
La felicità del sesso femminile sul piano personale non potrà essere
conseguita finché la donna non avrà raggiunto un livello di pari dignità
sociale e giuridica rispetto agli uomini.
Mill ritiene che il mancato riconoscimento di eguali diritti civili alle donne
costituisca una grave eccezione al completamento della democrazia.
Il pregiudizio verso la partecipazione delle donne rispetto alla vita civile non
è altro che un brutto arcaismo. Tali considerazioni spingono il filosofo a
riflettere su quale sia l’aspetto che distingue l’età contemporanea da quella
passata. Tale elemento contraddistinguente è la libertà.
IL MATRIMONIO
Nel matrimonio, Mill ritiene che vi siano due forme di vita matrimoniale.
La prima è molto diffusa, ed egli la giudica negativa, in quanto è basata
sulla subordinazione della donna per mezzo del dispotismo delle passioni e
dell’amore. Mill interpreta questa prima forma di rapporto matrimoniale
ricorrendo all’analogia con il potere politico, che può essere basato o sulla
forza bruta, e allora si definisce tirannide, oppure sul timore e l’amore
insieme, e allora si definisce dispotismo. Per Mill, il dispotismo è più
pericoloso della tirannide, perché tende a soggiogare l’anima degli individui,
rendendola servizievole. Nella famiglia patriarcale, ove vige il dispotismo, la
donna ama il marito, e in tal modo accetta il suo dominio con la persuasione,
che però, risulta essere frutto di una violenza psicologica.
IL DIVORZIO
Tra il 1832 e il 1833 Mill scrive il saggio breve Sul Matrimonio e il divorzio, in
cui si mostra molto cauto in tema di divorzio, ben consapevole che esso,
nella maggior parte dei casi, crea svantaggi più alle donne che agli uomini.
E, tuttavia, vi sono situazioni in cui il divorzio è inevitabile, come nei casi
in cui i coniugi siano così tanto incompatibili da rendere decisamente
spiacevole per uno dei due o entrambi il vivere insieme, oppure nel caso di
una forte passione concepita nei confronti di una terza persona.
Ove la posizione sociale dei due sessi dovesse essere di perfetta
eguaglianza, se il divorzio contribuisse alla felicità di una delle due parti,
contribuirebbe alla felicità di entrambe.
MILL E TAYLOR
Taylor, invece, mette l’accento sul fatto che la liberazione femminile passa
anche attraverso la negazione del ruolo domestico delle donne.
Da ciò consegue anche una critica all’educazione tradizionale impartita
alla donna.