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POSITIVISMO SOCIALE

1. CARATTERI GENERALI E CONTESTO STORICO DEL


POSITIVISMO EUROPEO
Il positivismo è un momento filosofico e culturale, caratterizzato da una
esaltazione della scienza, che nasce in Francia nella prima metà
dell’Ottocento.

Il termine “positivo” significa due cose fondamentali:

1) positivo come ciò che è reale e concreto, in opposizione a ciò che è
metafisico;

2) positivo è ciò che appare fecondo, pratico, ed efficace, in opposizione a ciò
che è inutile e ozioso. Il termine compare per la prima volta in uno scritto di
Saint-Simon e rimesso a punto da Comte, che lo applica alla propria dottrina.

Il positivismo è caratterizzato da una celebrazione della scienza che si
concretizza in tali convinzioni:

1) la scienza è l’unica conoscenza possibile e il metodo della scienza è
l’unico valido;

2) la filosofia tende a coincidere con la totalità del sapere positivo, o con
l’enunciazione dei principi comuni alle varie scienze. Cioè che consiste nel
riunire e nel coordinare i risultati delle singole scienze.

3) il metodo della scienza va esteso a tutti i campi, anche l’uomo e la società.
Tanto è vero che la sociologia divenne la creatura prediletta dai positivisti.

4) il progresso della scienza rappresenta la base del progresso umano e lo
strumento per una riorganizzazione globale della vita in società.

Nel positivismo si hanno due fasi fondamentali. All’inizio era una proposta di
superamenti di una crisi sociopolitica e culturale, poi invece diventa riflesso e
stimolo di un progresso in atto. Difatti il decollo del sistema industriale ha
generato un clima di fiducia entusiastica nelle forze dell’uomo e nelle
potenzialità della scienza e della tecnica. Questo ottimismo si è tradotto come
un culto per il pensiero scientifico. Apre quindi come l’espressione culturale
delle speranze, degli ideali e delle infatuazioni ottimistiche della storia
moderna, e non a caso diverrà la tipica ideologia della borghesia liberale
dell’Occidente.

2.POSITIVISMO, ILLUMINISMO E ROMANTICISMO


Il positivismo è legato in qualche modo sia all'Illuminismo (sembra infatti
riprendere il programma illuminista in un nuovo contesto sociale), sia al
Romanticismo. Ci sono chiaramente analogie e differenze con entrambi i
movimenti, per quanto riguarda l'Illuminismo:
Analogie:

• Fiducia nella ragione e nel sapere, entrambi strumenti di progresso.

• Esaltazione della scienza rispetto alle altre forme di sapere non verificabili.

• Visione laica della vita.

Differenze:

• Minor carica polemica del positivismo; infatti sebbene i due movimenti


si assomiglino sono nati in contesti storici molto diversi, gli illuministi si
dovettero scontrare con un potere assoluto arrivando poi alla
rivoluzione in Francia. I positivisti invece sono anti-rivoluzionari, vivono
in un contesto in cui la laicità e il pensiero scientifico sono sempre più
accentuati, e anziché scontrarsi con il potere si oppongono alle nuove
forze rivoluzionarie (proletariato, dottrine socialiste).

• Diversa concezione della filosofia; per gli illuministi la riflessione


filosofica era critica verso la scienza, viceversa i positivisti, dando per
scontata la validità del pensiero scientifico, attribuiscono alla filosofia il
compito di “ordinare” tutte le scienze.

• Diverso rapporto con la scienza; per l'Illuminismo il metodo scientifico


serviva per dissolvere le antiche credenze della metafisica, ed era ben
lontano da diventare un dogma. Al contrario il positivismo arriva ad
un'assolutizzazione della scienza.

Tale assolutizzazione rimanda al movimento romantico, anche con il


Romanticismo ci sono:


Differenze:

• Nascono in contesti diversi (Romanticismo=Germania, Positivismo=Francia)

• I romantici si dedicano all'Io, all'indefinito e all'irreale, i positivisti alla scienza
e al progresso.

• I primi nascono in una società pre-industriale mentre i secondi in una
società industriale e capitalistica.

Analogia principale:


• il positivismo appare come un “romanticismo della scienza” ovvero si
ritrova ad esaltare la scienza e il progresso facendoli diventare una vera e
propria dottrina.
3. LE VARIE FORME DI POSITIVISMO
Il positivismo si può distinguere in due movimenti principali: positivismo
sociale, tipico della prima parte del secolo, e positivismo evoluzionistico.
Queste due correnti non si escludono, anzi si possono integrare, diventa così
possibile seguire lo sviluppo delle idee del movimento nazione per nazione,
distinguendo il contesto generale fra la prima metà dell'800 (che veda la
scienza come soluzione alla crisi sociale) e la seconda metà (la quale risulta
improntata sulle scoperte biologiche di Darwin che porteranno al concetto di
evoluzione).

4. LA FILOSOFIA SOCIALE IN FRANCIA


SAINT-SIMON
I temi principali del positivismo sono ben espressi da Henri de Rouvroy, conte
di Saint-Simon.

Tra le sue opere più importanti vi sono Il sistema industriale, e il Nuovo
cristianesimo.

La sua idea fondamentale è la concezione della storia come progresso
necessario e continuo. Per lui le vicende storiche sono sostenute da una
legge generale, che determina la successione delle epoche:
• Epoca organica - riposa su credenze stabili
• Epoca critica, generata dal progresso che cambia l’idea centrale su cui
l’epoca è ferma.

Secondo Saint-Simon, il progresso scientifico ha distrutto le tesi teologiche e


metafisiche su cui si fondava l’organizzazione sociale del Medioevo e si sta
aprendo un’epoca in cui la filosofia positiva sarà fondamentale di un nuovo
sistema di religione, di politica, di morale e di istruzione pubblica. Solo in virtù
di questa nuova organizzazione il mondo sociale riprende la sua unità e
stabilità. Vi sono dunque un nuovo potere spirituale e potere temporale. 

Il primo sarà quello degli scienziati. L’amministrazione degli affari temporali
spetta invece agli industriali. 

Saint-Simon afferma che gli scienziati sono più importanti degli industriali, in
quanto difficilmente sostituibili.

Nell’opera Nuovo cristianesimo descrive l’arrivo della nuova società, vista
come un ritorno al cristianesimo primitivo, in quanto si uniscono misticismo e
scientismo.
In Francia, il san-simonismo contribuirà a formare la coscienza dell’
importanza sociale e spirituale delle conquiste raggiunte dalla scienza e dalla
tecnica. Ciò porta all’attività proficua allo sviluppo industriale, e al formare
correnti socialiste orientate verso un’organizzazione più giusta della vita
sociale.

FOURIER E PROUDHON
Un altro filosofo importante di questa corrente è Charles Fourier, autore di
molti scritti ricchi di molti spunti utopici. L’idea principale dice che esiste
nell’universo un piano provvidenziale in cui rientrano l’uomo, il suo lavoro e la
sua organizzazione sociale. Bisogna ritenere che Dio abbia composto per noi
un codice passionale applicabile a tutta l’umanità, che ha le stesse passioni,
e che ha dato all’uomo un metodo fisso e infallibile per l’interpretazione di
questo codice. Questo metodo è il calcolo analitico e sintetico dell’attrazione
passionale, in quanto l’attrazione è la sola interprete conosciuta tra Dio e
l’universo. La società non deve reprimere le passioni dell’uomo e la sua
ineliminabile tendenza al piacere, ma usarle perché possano renderle al
massimo grado. L’organizzazione sociale che rappresenta meglio ciò è la
falange, ossia una comunità di circa 1600 lavoratori che vivono tutti insieme
in un grande edificio, in cui la produzione e il consumo dei beni sono
regolamentati e vige piena libertà nei rapporti sessuali. 

In opposizione a questo vi è Pierre-Joseph Proudhon. Il suo scritto Che
cos’è la proprietà? contiene la definizione per cui la proprietà è un furto. Si
riferisce al fatto che tale possesso, concentrato nelle mani di pochi, rende
possibile l’appropriazione del lavoro altrui, pertanto Proudhon vuole una
società in cui sia abolita non la proprietà generalmente intesa, ma l’interesse
che la proprietà frutta ai capitalisti, ossia il reddito illegittimo che essa
consente al capitalista di godere a spese del lavoratore. Ne La giustizia nella
rivoluzione e nella chiesa, il principio è quello della storia dell’uomo che ha
una legge intrinseca di progresso, per cui si dirige verso la perfezione.
Questa legge è la giustizia, che non deve essere solo un idea, ma una
realtà, ossia una forza dell’anima individuale e della vita associata.

5. COMTE
VITA E OPERE
È il fondatore del positivismo. Prende spunto dalla filosofia di Saint-Simon.
Nasce a Montpellier nel 1798, studia al politecnico di Parigi. Amico e
collaboratore di Saint-Simon, dopo divenne autonomo nel suo pensiero.
Elaborazione del pensiero interrotta tra il 1826 e 1327 per colpa di una
violenta crisi cerebrale, che lo portò al manicomio, ma riuscì a uscire.

1830 Corso di filosofia positiva —> Quest’opera influì negativamente sulla
carriera accademica a causa dell'ostilità che le idee che vi erano esposti
avevano incontrato negli ambienti accademici.

Da allora in poi disse con aiuti e sussidi di amici discepoli.

Separatosi dalla moglie, nel 1845 conobbe Clotilde de Vaux con la quale
visse in qualche mese in perfetta comunione spirituale.

Seconda opera essenziale: Il sistema di politica positiva—> aveva il compito
di trasformare la filosofia e religione, come la prima la scienza in filosofia.

Un’altra opera fondamentale è Catechismo positivista. Ambito della
riflessione di Comte che ha avuto maggior risonanza è stata la dottrina della
scienza, ma l'intento del filosofo fu fare una filosofia della storia, nella
seconda fase della sua vita essa si trasformò in una religione dell'umanità,
cioè in una divinizzazione della storia medesima. 

“Il bisogno fondamentale di una rigenerazione universale, ad un tempo
politica e filosofica”: questo dice lui di avere bisogno.

LA LEGGE DEI TRE STADI E LA CLASSIFICAZIONE DELLE


SCIENZE
Secondo la legge dei tre stadi, ciascuna branca della conoscenza umana
passa successivamente per tre stadi teorici differenti:

• lo stadio teologico o fittizio, necessario per l’intelligenza umana;

• 

lo stadio metafisico o astratto, che è solo una transizione;

• 

lo stadio scientifico o positivo, fisso e definitivo.


Nello stadio teologico, lo spirito umano dirige le sue ricerche verso la natura
intima degli esseri e le cause prime e finali, cioè verso le conoscenze
assolute, si rappresenta i fenomeni come prodotti dall’azione diretta e
continua di agenti soprannaturali, il cui intervento arbitrario spiega tutte le
anomalie apparenti dell’universo.

Nello stadio metafisico, gli agenti soprannaturali sono sostituiti da forze
astratte.

Mentre nello stadio positivo, lo spirito umano, riconoscendo l’impossibilità di
raggiungere nozioni assolute, rinuncia a cercare il destino e l’origine
dell’universo e si applica unicamente a scoprire mediante il ragionamento e
l’osservazione le loro leggi effettive.

Ad ogni stadio Comte fa corrispondere una specifica organizzazione
politica e sociale: monarchia teocratica e militare (medioevo), sovranità
popolare (fino alla rivoluzione francese), organizzazione scientifica della
società industriale.

La legge dei tre stadi a Comte sembra evidente di per sé, e poggia
sull'esperienza personale. La conoscenza è ormai entrata nella fase positiva,
ma la cultura umana totalmente non è ancora completamente permeate dallo
spirito positivo. Accanto alla fisica celeste, alla fisica terrestre e alla fisica
organica manca una fisica sociale, cioè lo studio positivo dei fenomeni
sociali. La non totale positività della società origina anche un'anarchia
intellettuale e la conseguente crisi politica e morale della società
contemporanea. Se una delle tre filosofie possibili (teologia, metafisica,
filosofia) ottenesse una posizione di rilevanza, ci sarebbe un ordine sociale
determinato. Ma le tre prospettive filosofiche continuano coesistere. Opera
iniziata da Bacone, Cartesio, Galilei è costruire un sistema di idee generali
che prevale definitivamente nella specie umana e sterminare la crisi è
rivoluzionaria. Sistema di idee generali, o filosofia positiva, che presuppone
un'enciclopedia delle scienze che fornisca il prospetto generale di tutte le
conoscenze scientifiche. Comte esclude le conoscenze applicate della
tecnica e delle arti, limitandosi alle conoscenze speculative, da questa
enciclopedia. Anche di queste speculative considera solo quelle generali e
astratte. Lui cerca di determinare una scala enciclopedica che corrisponda
alla storia delle scienze, che si possono classificare secondo il loro grado di
semplicità, che è lo stesso del grado di generalità dei fenomeni. I fenomeni
più semplici sono anche più generali infatti. Le scienze quindi seguono
l'ordine della semplicità decrescente, o della complessità crescente e
l'ordine che si viene a formare è la successione con cui le varie scienze sono
entrate nella loro fase positiva. Le attività umane si dividono in teoria e
pratica; la teoria si divide in scienze concrete (fenomeni particolari) e
scienze astratte (fenomeni generali); le scienze astratte si dividono in fisica
organica e fisica inorganica; la fisica organica si divide è in biologia e
sociologia; la fisica inorganica si divide in astronomia, e fisica e chimica.

L'enciclopedia delle scienze comprende astronomia, fisica, chimica,
biologia, sociologia, che sono in ordine secondo l'ordine storico del loro
sviluppo e con l'ordine pedagogico del loro apprendimento.

La matematica è esclusa perché Comte la ritiene come base di tutte le altre
scienze: essa è infatti il primo sapere a essere entrato nello stadio positivo.
La logica viene esclusa perché si identifica con il metodo concreto impiegato
da ogni specifica branca del sapere. La psicologia invece è esclusa perché
non è una scienza, infatti l'osservazione interiore secondo Comte è
impossibile perché i fenomeni intellettuali non possono essere osservati dal
soggetto mentre riproduce.
LA SOCIOLOGIA
É la scienza alla quale tutte le altre sono subordinate. La sociologia deve
concepire i fenomeni sociali come soggetti a leggi naturali che ne rendano
possibile la previsione, seppure nei limiti compatibili con la loro complessità.
Essa è divisa in statica sociale e dinamica sociale, corrispondenti ai due
concetti di ordine e progresso.

La prima mette in luce la relazione necessaria, il consenso universale, che
hanno tra loro le varie parti del sistema sociale (cioè tra il regime politico e lo
stadio corrispondente c’è un rapporto di necessità). La dinamica sociale
invece si basa sullo sviluppo continuo e graduale dell’umanità. Ciascuno degli
Stati sociali consecutivi è il risultato necessario della precedente e il motore
del seguente. Questo è un assioma anche di Leibniz: il presente è gravido
dell'avvenire. L'idea di progresso spiega gli uomini di genio: essi sono
strumenti di un movimento, di un perfezionamento incessante ma limitato del
genere umano. L'opera di Comte è diretta a favorire l'avvento di una nuova
società, chiamata sociocrazia: un regime fondato sulla sociologia,
corrispondente alla teocrazia fondata sulla teologia. Comte è avverso alle
idee di libertà individuale e di pluralismo, che identificava come una forma di
disordine.

LA DOTTRINA DELLA SCIENZA


Comte concepisce la scienza (dottrina della scienza) come diretta a stabilire
il dominio dell'uomo sulla natura. Non vuol dire che essa sia di natura pratica,
ma al contrario è speculativa. La conoscenza delle leggi dei fenomeni ha
come risultato di farceli prevedere e quindi modificarli a nostro vantaggio. Lo
scopo dell'indagine scientifica è la formulazione delle leggi, in quanto
permette la previsione. L'osservazione dei fatti e la formulazione delle leggi
esauriscono il compito della scienza, e Comte insiste soprattutto sulla
seconda parte del compito. Infatti sono le leggi a permettere di prevedere, e
di servirsi dei fatti.

EMPIRISMO E RAZIONALISMO IN COMTE


I materiali su cui opera la conoscenza sono tutti e sempre di derivazione
empirica. Accoglie il principio di San Tommaso e ripreso da Locke: niente è
nell' intelletto, che prima non sia stato nei sensi.

Tutti i concetti derivano in ultima analisi dell'esperienza, con la quale devono
essere confrontati per stabilirne la veridicità. La conoscenza per Comte si
occupa solo dei fenomeni, ossia di quanto è empiricamente riscontrabile. Al di
sotto dei fenomeni non c'è alcun noumeno: è una forma di antiessenzialismo.
Tutta l'epistemologia moderna si colloca su questa scia andando contro le
metafisiche di origine critici statica (Schopenauer) quanto a quelle
idealistiche. Il compito della scienza non è quello di giudicare, ma solo ed
esclusivamente di descrivere i fenomeni. Dal punto di vista morale, la scienza
è a-valutativa. Ciò non significa che i giudizi e i valori non necessitano della
scienza: risulterebbero prive di fondamento e di plausibilità. In Comte resta
comunque prevalente l'istanza razionalistica. La conoscenza di un fenomeno
consiste nell'individuazione del principio di regolarità che lo governa. Per
formulare una legge inoltre non è sufficiente rilevare e registrare ma è
necessaria la ragione. Non si ha conoscenza senza concettualizzazione le
leggi sarebbero impossibili senza l'ausilio di una capacità creativa e
organizzatrice quale è la ragione. Nella ricerca delle regole universali si
devono seguire principi unici e condivisi, secondo Comte e quindi il filosofo si
colloca sulla vasta riflessione dell'unità del metodo scientifico che c'era anche
in Cartesio. Le singole discipline hanno regole specifiche, ma non possono
non avere un denominatore comune di natura metodologica. Comte esprime
anche il cosiddetto "principio di economia": un numero eccessivo di leggi
vanifica ogni spiegazione, è necessario il minor numero di leggi possibile, e
quanto meno risulteranno numerose tanto più chiarificatrici saranno.
L'esempio che pone di questo è la legge di Newton della gravitazione
universale.

LA DIVINIZZAZIONE DELLA STORIA E DELL'UOMO


Il Sistema di politica positiva è diretto a trasformare la filosofia positiva in una
religione positiva. Vuole fondare una unità dogmatica, culturale, pratica del
genere umano. Il concetto fondamentale dell'umanità in Comte è che essa è
celebrata a tal punto da costituire la stessa idea di Dio è concepita come un
grande essere. Il concetto di umanità non è storico, ma l'umanità è la
tradizione ininterrotta e continua del genere umano. Il filosofo fa vedere che
La saggezza e la provvidenza del “grande essere”, che ha saputo
gradualmente svilupparsi per arrivare all'età positiva, che mette in luce la sua
piena maturità. L'umanità quindi è tradizione divinizzata. Comte delinea
anche il culto positivistico dell'umanità: istituire ebbe un calendario positivista,
e un nuovo segno al posto di quello della croce. La morale del positivismo si
fonda sull'altruismo: “vivere per gli altri” è la sua massima fondamentale,
giustificata dal fatto che l'uomo possiede una serie di istinti simpatici.
JEREMY BENTHAM
Ha come principio fondamentale la massima di Beccaria: il fine di ogni attività
morale è la maggiore felicità possibile del maggior numero possibile di
persone — un'azione è buona quando è utile, quindi quando contribuisce alla
felicità comune. Servono criteri precisi per poter effettuare un “bilancio
morale”. Il piacere viene considerato in base all'intensità, alla durata, alla
certezza, alla prossimità, alla fecondità, alla purezza e all'estensione. Se
presenta tutti questi caratteri è un bene.

JAMES MILL
Giustifica l’utilitarismo dal punto di vista psicologico. Crea filosofia utilitaristica
basata sull’associazionismo psichico di Hume. Le associazioni di idee
possono diventare talmente autonome da far nascere complessi che non
hanno più il carattere delle idee che contengono. Quindi, anche se tutti i
sentimenti nascono da tendenza egoistica, l'associazione costante tra il
nostro piacere e quello degli altri finisce a far desiderare il piacere altrui
anche quando esso non centra niente col nostro. Queste associazioni
spiegano i sentimenti morali. Come Comte, Bentham e Mill sono convinti che
le discipline che riguardano l’uomo debbano essere scienze positive, ma le
loro finalità civili e politiche sono liberali e democratiche, a differenza di quelle
di Comte.
JOHN STUART MILL
VITA E OPERE
Nacque a Londra nel 1806. Le opere principali sono: Sistema di logica
deduttiva e induttiva (1843), Saggi su alcune incerte questioni di economia
politica (1844), Principi di economica politica (1848). Mill mette in luce i
principi filosofici del positivismo etico inglese e lo collega al positivismo
sociale francese. La prima forma di positivismo inglese è l’utilitarismo, che si
configura come cioè che è un’azione buona è utile, come disse Bentham, il
bene perciò diventa il fine non solo di un’attività morale, ma anche sociale e
politica.

LA LOGICA
La differenza tra il positivismo di Comte e Mill sta nel fatto che il primo è
razionalistico, l’altro è empiristico. Il positivismo di Mill richiama ai fatti
continuamente, e non è possibile alcune dogmatizzazione dei risultati della
scienza, come sosteneva Comte. La logica di Mill ha come scopo principale
di eliminare ogni assolutismo della verità nato da basi empiriche. Mill elimina
la metafisica, perché essa nasce da un’intuizione immediata non verificabile.
Tutti gli assiomi hanno la loro validità non per un carattere superiore, ma
perché la loro origine è l’esperienza, di cui il principio di non contraddizione
non è che una delle prime e più familiari generalizzazioni, quindi gli assiomi
non hanno origine diversa dal resto delle conoscenze. Mill dice che ogni
proposizione universale è una generalizzazione dei fatti osservabili. Ma
cosa giustifica questa generalizzazione? Questo è il problema del principio
d’induzione, che secondo Mill è risolvibile nel fatto che la natura ha una sua
uniformità, cioè che la natura ha leggi naturali rivelate dall’esperienza che si
confermano e si correggono reciprocamente. La base di tutto è la causalità,
tale legge asserisce che ogni legge ha una legge, perciò si può riconoscere
nella natura un ordine costante e necessario di tutti i fenomeni. Da cosa è
allora garantita tale legge? Chi ci dice che tutto ha una causa? Non si può
dire con certezza, l’unica soluzione è che la legge stessa che regola
l’induzione, la causalità, è un’induzione. Questo non si risolve in un circolo
vizioso secondo Mill, perché il ragionamento umano non procede dal
generale al particolare, ma dal particolare al particolare, infatti, l’esperienza ci
offre soltanto singoli casi di presunta verità generale, che però non è
verificabile (tutti muoiono, non vuol dire che anch’io muoio, presuppongo che
sia vero per esperienza, ma chi può dirlo?). Perciò Mill nega deduzione e
induzione. Quindi non c’è nessuna certezza assoluta, solo esperienza e
parziali verità.

ECONOMIA E POLITICA
Mill non ritiene che l’ordine economico sia automatico e fatale. Le leggi della
produzione sono leggi reali di natura, quelle di distribuzione dipendono invece
dalla volontà umana, e quindi dal diritto e dal costume. È possibile modificare
queste leggi per ottenere una migliore distribuzione della ricchezza. Mill
afferma a questo proposito che la scelta tra individualismo e socialismo
dipenderà principalmente da quale dei due sistemi si concili con la massima
somma possibile di libertà e spontaneità umana. Ciò che trattiene Mill
dall’aderire al socialismo è l’esigenza di salvaguardare in ogni caso le libertà
individuali, seppure condivida la condanna delle ingiustizie sociali. L’ultima
parte dei Principi di economia politica sostiene la limitazione dell’intervento
del governo negli affari economici. Questi limiti sono in ultima analisi richiesti
dall’esigenza che vi sia nell’esistenza umana una roccaforte che impedisce
l’intrusione di qualunque autorità. Ovviamente però Mill difende tutte le serie
di misure che dovrebbero avere lo scopo di distribuire più equamente la
ricchezze o di migliorare le condizione del popolo. Mill afferma poi in altri
scritti che l’intervento di un’autorità qualsiasi nella condotta di un individuo
non può essere giustificata se non nella misura in cui è determinato dalla
difesa degli stessi diritti individuali, sottolineando il suo individualismo
radicale, che ha i limiti dell’auto-protezione dell’individuo.
MILL E HUMBOLDT
Mill è influenzato dal pensiero di Humboldt, filosofo tedesco contemporaneo
ad Hegel.
Humboldt individua quelli che sono per lui i due tratti caratteristici dell’essere
umano: la libertà e la diversità.
Si tratta di due caratteristiche che bisogna coniugare sempre insieme, perché
la libertà senza l’affermazione della diversità tende a morire.

Humboldt vede nel progresso della civiltà e della tecnica una miccia alla
differenziazione dei gusti e delle opinioni individuali.

Un altro tema importante è quello dei rapporti tra gli individui e lo Stato
moderno. Quest’ultimo tende ad arrogarsi prerogative di controllo dei singoli.
A differenza di Hegel, Humboldt considera lo Stato un male, ma un male
necessario, in quanto non se ne può fare a meno. L’azione dello Stato, però,
deve essere limitata: il suo compito è solo quello di garantire la sicurezza
interna ed esterna dei cittadini.

MILL E LA CRITICA A MARX


La critica di Mill al pensiero socialista e a Marx deriva proprio dal sospetto
che tale ideologia possa creare un generale livellamento degli individui,
facendo scomparire le diversità, come gusti, talenti e punti di vista, che sono
la linfa più preziosa della libertà.
Del socialismo Mill condivide, però, il riconoscimento e la condanna delle
ingiustizie sociali, in quanto ciò aiuta a salvaguardare la libertà degli individui.

L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE
Importante per lo sviluppo del pensiero di Mill è il confronto con le idee di sua
moglie Harriet Taylor Mill, ispiratrice del suo lavoro per quanto riguarda
l’emancipazione femminile.
Infatti Mill afferma la parità dei diritti delle donne nei confronti degli uomini in
tutti i campi della vita civile, a partire dalla famiglia e dal matrimonio.
I testi di Mill e della moglie sono senza dubbio la prima e più compiuta
affermazione teorica dell’emancipazione femminile.

LA FELICITÀ
Le riflessioni di Mill costituiscono un punto di sintesi tra le ragioni del
liberalismo (con l’affermazione della priorità della libertà) e quelle del
socialismo democratico (che prende in esame anche i problemi della
solidarietà e della felicità comune di tutti).
La felicità non è un fine da perseguire in modo egoistico. Siamo veramente
felici soltanto se non ci preoccupiamo della nostra felicità individuale, ma
della felicità degli altri, del progresso dell’umanità, dell’arte e della poesia.

ON LIBERTY

Libertà - IN POLITICA

Nel Saggio Sulla Libertà, la libertà rappresenta il bisogno prioritario ed


essenziale dell’uomo, si configura come esaltazione della spontaneità e
manifestazione più genuina della natura umana.
Mill non tratta tanto il tema della libertà in senso morale, ma in senso politico
e civile. Allora Mill si interroga sui limiti che lo Stato e la società, con il loro
potere, possono legittimamente esercitare sugli individui.

Nella Prefazione a On Liberty, Mill dice che, nell’antichità, nel mondo


regnavano la tirannide e la schiavitù. Ad un certo punto gli uomini smisero
di obbedire ai governanti e iniziarono a pensare a forme di governo elettive
con un mandato definito nel tempo. È stato allora che si è affermato il
principio della rappresentanza politica.
Mill sostiene che il problema sia quello di limitare il potere dello Stato.
La tirannia della maggioranza deve considerarsi uno dei mali delle società
democratiche moderne, in quanto tale dispotismo comporta il rischio che gli
individui con pareri diversi vengano influenzati dall’opinione prevalente,
avvicinandosi pericolosamente, così, all’omologazione.
Lo scopo della ricerca di Mill consisterà quindi nella definizione di alcune
normi essenziali tese a salvaguardare la libertà individuale e il diritto alla
diversità da parte dei singoli.
La filosofia deve quindi mettere in guardia l’individuo dal dispotismo dello
Stato e dal conformismo di massa.
Secondo Mill, se tutti gli uomini meno uno avessero la stessa opinione, non
avrebbero diritto di mettere a tacere quell’unica persona.

Impedire a un individuo di esprimere la propria opinione è un grave crimine.
Infatti l’opinione di quell’unico potrebbe essere giusta o sbagliata.

Se fosse giusta la civiltà verrebbe privata di un contributo fondamentale, se
fosse sbagliata la società perderebbe il beneficio maggiore di avere una
percezione più chiara e sicura della verità, che risalta meglio dal confronto
con l’errore.
La verità infatti si consegue attraverso la discussione con gli altri.
LA VERITÀ

In generale (tesi), gli uomini hanno la tendenza a mettere in dubbio le proprie


opinioni solo se sostenute da pochi, mentre hanno fiducia nella verità delle
opinioni sostenute dalla maggioranza.

La fede in questa “autorità collettiva” non è scossa nemmeno dalla
considerazione che altri popoli, o altre epoche storiche, abbiano, o abbiano
avuto, idee del tutto diverse sulle stesse questioni.
L’obiezione che si può sollevare contro queste argomentazioni, sostiene Mill,
potrebbe essere che vietare le opinioni che si ritengono un errore sia un
nostro dovere. Le opinioni erronee, infatti, possono rappresentare un pericolo
per la comunità.
La confutazione di Mill consiste nell’affermazioni che tutte le opinioni debbano
poter essere espresse.
Se nel mondo predominano le opinioni più ragionevoli ciò dipende dal fatto
che esse non cessano di venire poste a confronto con opinioni del tutto
opposte. L’esperienza e la pratica della discussione sono elementi
indispensabili della conquista della verità.
L’intelletto riesce a raggiungere la conoscenza più completa solo ascoltando
ciò che ne pensano gli altri e studiando i diversi punti di vista da cui può
essere considerata. Il dubbio è una delle condizioni della verità

La verità non deve poi confondersi con l’opinione dominante.



La storia è piena di errori compiuti dalle maggioranze (ad esempio la
condanna a morte di Socrate o Cristo).
La verità che non ammette di essere contraddetta è un dogma, che col tempo
inaridisce e muore.
Tale verità non è educativa, poiché contraddice la natura stessa della
conoscenza e della ricerca scientifica.
La verità dipende dall’individuazione dell’equilibrio tra due gruppi di ragioni
contrastanti.
Il criterio della unanimità è dannoso nella vita morale e spirituale.
Nel passato, il dialogo socratico aveva la funzione di mantenere vivo il
dibattito e di educare i giovani al confronto critico. Nell’epoca contemporanea
invece tutto sembra appiattirsi nel conformismo di massa e l’educazione
non attiva alcuna forma di confronto critico.
Infine, le dottrine contrastanti non sono mai una vera e l’altra falsa, perché
quasi sempre contengono entrambe frammenti di verità.

In politica, il vantaggio di avere più di un partito consiste nel metodo, in


quanto la reciproca opposizione di due partiti è la condizione che può favorire
l’equilibrio e la razionalità di entrambi. 

La minoranza va riconosciuta e incoraggiata perché rappresenta bisogni che
rischiano di essere sottovalutati o dimenticati pur essendo importanti per il
benessere di tutti.

Libertà - IN SOCIETÀ

La libertà non si riferisce soltanto alla sfera del pensiero, ma riguarda anche
le azioni. Mill stabilisce che vanno vietate solo le azioni che risultino dannose
agli altri.

L’interferenza della società deve ridursi al minimo indispensabile, solo per
salvaguardare i diritti degli altri.
La società ha di certo le sue regole, ma esse non devono limitare in modo
inopportuno la sfera dell’agire individuale.
D’altronde, per disapprovare un comportamento vi sono già l’educazione o il
disprezzo.
A questo punto Mill cerca di distinguere i comportamenti dannosi a livello
individuale da quelli che, pur essendo individuali, hanno un’incidenza sociale.
Ad esempio, un poliziotto deve essere punito per ubriachezza, se in sevizio,
non in quanto umano, ma in quanto funzionario incaricato dell’ordine
pubblico. E così si dica oggi per chi guidasse un’auto in stato di ebrezza.

Libertà - IN COMMERCIO

Particolare attenzione riserva Mill alla libertà del consumatore, che deve
essere tutelata da ogni forma di proibizionismo.
La società deve investire in educazione e formazione dei giovani, che
possono essere messi in guardia dai rischi e dagli abusi, e dai comportamenti
sbagliati. Questa forma di prevenzione è più utile di qualsiasi legge o divieto.

Anche il commercio, che è una attività sociale, deve essere lasciato il più
libero possibile. Qui si nota come Mill sostenga il liberalismo.

Il consumatore, infatti, è maggiormente tutelato rispetto ai prezzi e alla qualità
delle merci in un contesto di libera concorrenza in cui il prodotto scadente
viene superato da quello migliore, piuttosto che in un regime di monopolio
dello Stato, in cui il consumatore non può esercitare la sua scelta.
Lo Stato deve vigilare sulle frodi e proteggere l’igiene e la salute dei
lavoratori, ma non imporre vincoli alla vendita di prodotti che siano ritenuti
nocivi se impiegati in modo inopportuno o per fini criminosi.
L’unico intervento che si può ammettere per la vendita di tali prodotti riguarda
alcune limitazioni: concedere la licenza di vendita soltanto a persone
rispettabili, regolamentare gli orari, ritirare la licenza in caso di violazione
delle leggi e dell’ordine pubblico ecc.
LA DONNA

Nell’Ottocento le donne erano ancora in uno stato di inferiorità giuridica e


istituzionale rispetto agli uomini, sia nella sfera della politica (infatti non
potevano votare), sia nella società e nella famiglia.

Ciò era la conseguenza delle ingiuste leggi in vigore e di una lunga tradizione
culturale ed educativa che faceva apparire “naturale” l’inferiorità delle
donne.

Il primo aspetto da analizzare è costituito dall’idea che l’emancipazione


delle donne non deve essere considerata né una concessione fatta loro
dagli uomini, né un beneficio a vantaggio esclusivamente del sesso
femminile.

L’eguaglianza dei sessi costituisce, infatti, una risorsa e una ricchezza


per tutta la società, in quanto il confronto delle opinioni quanto più è ampio
tanto più è fruttuoso.

Perciò, per permettere alle donne di far parte dei vari ambiti, occorre che lo
Stato provveda a impartire un’adeguata formazione culturale anche alle
ragazze.

Continua Mill, la partecipazione delle donne alle attività socialmente


rilevanti avrebbe un’influenza benefica sui sentimenti umani.

L’influenza delle madri sui figli, il desiderio dei giovani di trovare grazia
presso le giovani donne, sono state in tutti i tempi motivi di progresso della
civiltà. L’influenza morale delle donne nella storia ha contribuito a
ingentilire l’umanità. Inoltre c’è da dire che, in tutti i tempi, gli uomini hanno
dato il meglio di sé per sentirsi ammirati dalle donne.


Mill argomenta che non si può continuare a escludere le donne dal diritto di
voto o dalle cariche politiche se poi ogni giorno si constata quanto siano
brave a gestire le opere di carità o ad educare i figli.

L’esclusione delle donne dal voto, dalla vita politica attiva e dagli incarichi
pubblici è un atto di ingiustizia verso le donne e una causa di impoverimento
per la società. Se le donne fossero educate anche per soprassedere a questi
compiti, eccellerebbero nel loro svolgimento.


Una delle cause della condizione di subordinazione femminile è, quindi,
la mancata istruzione delle donne ad agire in determinati ambiti.
In definitiva, non vi sono altri motivi dell’esclusione delle donne se non il
pregiudizio, l’abitudine e la volontà da parte maschile di mantenere un
predominio, che non si giustifica sul piano naturale né su quello nazionale.

La felicità del sesso femminile sul piano personale non potrà essere
conseguita finché la donna non avrà raggiunto un livello di pari dignità
sociale e giuridica rispetto agli uomini.

Mill ritiene che il mancato riconoscimento di eguali diritti civili alle donne
costituisca una grave eccezione al completamento della democrazia.


Il pregiudizio verso la partecipazione delle donne rispetto alla vita civile non
è altro che un brutto arcaismo. Tali considerazioni spingono il filosofo a
riflettere su quale sia l’aspetto che distingue l’età contemporanea da quella
passata. Tale elemento contraddistinguente è la libertà.

Il principio fondamentale dell’educazione antiche era che ogni uomo


dovesse comportarsi secondo quello che la società si aspettava da lui.

Il principio moderno, diversamente, afferma l’autodeterminazione


dell’individuo. L’unica eccezione è costituita dalla legislazione, che
esclude le donne dal godimento della maggior parte dei diritti civili,
relegandola nel ruolo di madre e moglie.

IL MATRIMONIO

Nel matrimonio, Mill ritiene che vi siano due forme di vita matrimoniale.

La prima è molto diffusa, ed egli la giudica negativa, in quanto è basata
sulla subordinazione della donna per mezzo del dispotismo delle passioni e
dell’amore. Mill interpreta questa prima forma di rapporto matrimoniale
ricorrendo all’analogia con il potere politico, che può essere basato o sulla
forza bruta, e allora si definisce tirannide, oppure sul timore e l’amore
insieme, e allora si definisce dispotismo. Per Mill, il dispotismo è più
pericoloso della tirannide, perché tende a soggiogare l’anima degli individui,
rendendola servizievole. Nella famiglia patriarcale, ove vige il dispotismo, la
donna ama il marito, e in tal modo accetta il suo dominio con la persuasione,
che però, risulta essere frutto di una violenza psicologica.

La seconda forma di unione matrimoniale è, invece, positiva, e concepisce i


rapporti tra l’uomo e la donna in termini di parità e di “amicizia”.

Per “amicizia” Mill intende un’unione di persone eguali e insieme diverse,


dotate, pertanto, di eguaglianza e libertà.

L’eguaglianza esclude ogni prospettiva di dominio di una parte sull’altra: si


tratta di due persone distinte, e il riconoscimento della pari dignità dei due è
un fattore di felicità individuale e di arricchimento della vita comune.

IL DIVORZIO

Tra il 1832 e il 1833 Mill scrive il saggio breve Sul Matrimonio e il divorzio, in
cui si mostra molto cauto in tema di divorzio, ben consapevole che esso,
nella maggior parte dei casi, crea svantaggi più alle donne che agli uomini.

E, tuttavia, vi sono situazioni in cui il divorzio è inevitabile, come nei casi
in cui i coniugi siano così tanto incompatibili da rendere decisamente
spiacevole per uno dei due o entrambi il vivere insieme, oppure nel caso di
una forte passione concepita nei confronti di una terza persona.

Ove la posizione sociale dei due sessi dovesse essere di perfetta
eguaglianza, se il divorzio contribuisse alla felicità di una delle due parti,
contribuirebbe alla felicità di entrambe.

MILL E TAYLOR

Mill, pur essendo d’accordo con Harriet Taylor riguardo l’importanza e la


dignità della figura femminile, tende a considerare ancora la donna come
biologicamente più adatta alla vita domestica.

Ciò perché, da un punto di vista biologico, Mill ritiene che la donna sia un
essere umano più fragile rispetto all’uomo, ma con cui è giusto, comunque,
che condivida tutti i diritti politici e le professioni che richiedano doti
intellettive e morali elevate.

Taylor, invece, mette l’accento sul fatto che la liberazione femminile passa
anche attraverso la negazione del ruolo domestico delle donne.

Da ciò consegue anche una critica all’educazione tradizionale impartita
alla donna.

L’autrice, inoltre, sostiene che il motivo della soggezione femminile è da


ricercarsi nella volontà maschile di dominio.

Harriet Taylor nel saggio L’emancipazione delle donne affronta un nodo


centrale della questione, chiedendosi se sia giusto o meno che metà della
specie umana sia in uno stato di subordinazione non per cause dovute alla
fatalità o alla natura, ma per volere della legge.

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