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UTILITARISMO

È il positivismo inglese; si chiama così perché non si concentra sulle scienze, ma sull’utile: l’obiettivo è
fondare una società basata su ciò che è utile per l’individuo. In ambito economico abbiamo Malthus e
Ricardo. Ricardo studia come il capitalista ottiene il capitale, arrivando alla stessa conclusione di Marx: il
capitalista sfrutta l’operaio, guadagna, e crea divario sociale. Per Malthus la società aumenta in modo
geometrico, che noi oggi chiameremmo esponenziale (2,4,8,16…), ma il cibo in modo aritmetico (1,2,3,4…):
si arriva così, per legge, a una crisi della relazione tra mezzi di sostentamento e popolazione. È quindi
normale, strutturale, che ci siano guerre, povertà, epidemie, perché è il corso naturale della società.
L’utilitarismo è quindi quella corrente di pensiero che si pone come obiettivo il calcolare cosa sia l’utile per
la maggioranza, dove il bene è ridotto all’utile. C’è il concetto normativo, che impone una norma di
comportamento, che collassa su un concetto matematico. Per capire se qualcosa è utile, bisogna guadare i
risultati di una certa azione: in generale, se il vantaggio prevale sullo svantaggio, si ha che l’azione è utile e
quindi è buona. Questo punto di vista si oppone a un altro punto di vista, quello che risponde a una legge
(il modello cristiano/kantiano). Un altro aspetto da considerare è il calcolo per cui è possibile capire se le
conseguenze sono positive o meno, compiendo così un’azione buona o malvagia: bisogna quindi ridurre le
emozioni a un calcolo matematico. Queste sono regole etiche basate su intuizioni etiche, non su leggi
universali. Il dilemma sta nel dimostrare non tanto quale delle due tesi seguire, ma come si possono unire,
in modo da ottenere una tesi universale che le segue entrambe. Un altro problema riguarda la possibilità di
dimostrare la legge morale. Essa è una scienza o no?
James Mill, suo figlio John Stuart Mill e Jeremy Beltan sono i principali esponenti di questa corrente.

POSITIVISMO
Siamo nel periodo della Belle Époque, nella seconda metà del 1800: c’è una società in crescita, che vede
nell’Europa e nel progresso industriale la più grande conquista dell’uomo e che non si aspetta quel disastro
che sarà la WW1. Una cosa simile succede in filosofia: dal Positivismo nascono alcuni filosofi, detti maestri
del sospetto, che iniziano a dubitare della sanità della salute europea e iniziano a mettere in discussione i
capisaldi del pensiero che è stato seguito fino a quel momento.
Iniziamo dal Positivismo, dal latino “positum”, “posto”, ma in maniera ordinata, in modo tale da essere
utile. Ciò che è concreto. La parola chiave del Positivismo è scienza: è un movimento che vede in essa la
più grande conquista umana e nel metodo della scienza vede quello che tutte le altre scienze dovrebbero
seguire. Ci si allontana quindi dalla metafisica, si ragiona solo sui fatti descritti dalla scienza, i quali sono
positivi, che scopre la scienza e che da quel momento sono posti. Il Positivismo ha grande successo nel
secondo ‘800, ma si sviluppa nel primo con Auguste Comte. Egli vuole creare una filosofia che porti alla
nascita di una società organica, che dia una direzione alla società europea guidata dalle scienze: questo
interesse verso le scienze porta Comte e gli altri Positivisti a fare la stessa cosa degli Illuministi e del Terrore
di Robespierre, ovvero scristianizzare la società, poiché la scienza, per tutte le cose che ha fatto, viene
quasi cristianizzata e alcuni scienziati sono quasi santificati. Visto che siamo in un momento di
industrializzazione, il Positivismo è un movimento liberale e liberista, motivo per cui si svilupperà nel
secondo Ottocento: si unirà con i grandi borghesi. Questa fiducia nella scienza e nel progresso porta a una
visione ottimista della storia (come in Hegel e Marx), la quale è vista linearmente.
Qual è il rapporto del Positivismo con le altre filosofie? Il Positivismo ammira l’Illuminismo, ma ci sono delle
differenze: mentre il secondo aveva portato alla Rivoluzione Francese, il primo si allea con i borghesi;
mentre il secondo si basava sul concetto della luce della ragione (e quindi la scienza principale era la
filosofia, che era ancora associata alla scienza), il primo distingue, forse per la prima volta in maniera
rigorosa, filosofia e scienza. Con il Romanticismo? Tutto ciò che è sentimento, emozione, singolarità, viene
messo in secondo piano, visto che non sono prodotti dell’anima conoscitiva dell’uomo, perché il mondo è
composto da fatti, i quali sono indipendenti dalla soggettività (concezione opposta rispetto a quanto detto
da Kant). C’è però anche un collegamento con il Romanticismo: anche nel Positivismo viene esaltato
qualcosa, solo che nel primo è la soggettività e l’importanza che lo spirito ha verso l’Assoluto, mentre nel
secondo tutto ciò che è contrario ad esso (ovvero la scienza). Assistiamo quindi a uno scientismo, per il
quale solo la scienza descrive il mondo.
Ci sono vari Positivismi in base alle nazioni in cui si sviluppano: francese, tedesco, anche italiano. Viene
fatta anche una distinzione tra tre Positivismi: quello sociale di Comte, quello utilitarista (soprattutto
inglese) di Mill e quello evoluzionistico di Darwin (che rientra in questa corrente anche perché è uno
scienziato). Quest’ultimo distrugge la superiorità che l’uomo aveva sugli animali: l’uomo stesso è un
animale, è semplicemente frutto dell’evoluzione, non c’è più l’idea per cui Dio abbia donato all’uomo il
mondo intero, dato che l’uomo era un animale proprio come tutti gli altri. Da qui nasce anche il darwinismo
sociale.
Vediamo ora dei filosofi francesi, che fanno parte del positivismo sociale. Il primo è Saint-Simon, il padre
del Positivismo perché tutta la sua opera è improntata a celebrare una nuova epoca dell’umanità, i cui capi
spirituali saranno gli scienziati, mentre quelli politici saranno gli industriali. Inaugura una visione religiosa
della storia, dato che il destino dell’uomo è quello di creare una società tecnica, in grado cioè di manipolare
la natura. Segue poi Fourier, che idea il socialismo utopico, ancora prima di Marx: un piccolo gruppo di
uomini con i beni in comune può nascere dal progresso industriale. Segue poi Proudhon, che constata che
ormai gli industriali hanno il potere: egli riflette su come essi guadagnino da questa cosa e quindi il passo
che dovrebbero fare è mettere in comune le loro ricchezze. Tutti e tre hanno un’idea comune alla base del
loro pensiero: gli industriali hanno ormai il potere.

COMTE
Comte si forma presso Saint-Simon, dove studia matematica, fisica, e altre materie scientifiche. Ha poi una
crisi schizofrenica, che lo porta in manicomio, da cui esce grazie alla “metodicità del suo pensiero”. Si dà poi
alla scrittura e alla divulgazione di quello che lui chiama Positivismo e scrive Corso di filosofia positiva, a cui
segue Sistema di politica positiva, con sottotitolo Trattato di sociologia che istituisce la religione
dell’umanità. Vive (per scelta) in povertà: non voleva guadagnare dai suoi scritti.
La sua è una filosofia della storia, in quanto tratta della storia e della società dell’uomo a partire dal
passato, indirizzandosi però verso il futuro. Fisica e matematica danno leggi, le quali descrivono le relazioni
costanti tra gli eventi naturali. Allo stesso modo la storia è analizzata secondo una legge, in particolare in
base a quelli che chiama tre stadi, che sono modalità di relazione tra uomo e natura. Tali stadi non sono
solo passati da ogni uomo durante la sua vita, non sono solo passati da ogni scienza che si sta formando,
ma anche da tutte le società. Il primo stadio è quello teologico, paragonabile all’infanzia: l’uomo è
assoggettato dalla natura ed essa è per lui la manifestazione di qualcosa di superiore; l’uomo, come un
bambino, additerà al cielo tutti i suoi dubbi (il sasso cade per opera di Dio). A questo stadio corrisponde un
governo monarchico, teocratico, dove c’è un re o una casta sacerdotale che ha poteri divini, dove è eletto e
agisce per mano di Dio. Nel secondo stadio l’uomo inizia a sostituire Dio con concetti astratti: siamo nello
stadio metafisico, che corrisponde all’adolescenza. In questo stadio la natura è vista in base a concetti
astratti, di cui però l’uomo non sa nulla (come il sasso vuole tornare verso il basso, verso il luogo naturale,
ma non si sa perché). Le essenze rimangono quindi tanto imperscrutabili quanto era Dio, quindi siamo
ancora lontani, si deve fare un altro passo in avanti. In politica questo stadio corrisponde allo Stato liberale
del 1800. L’ultimo stadio sarà quello positivo, che equivale alla vecchiaia. Qui l’uomo abbandona del tutto
l’appello a cause misteriose, che si tratti di Dio o scienze astratte, e decide di studiare solo le relazioni tra
le cose, arrivando a conoscere le leggi che governano il mondo (il sasso cade per la forza di gravità). Si
descrive quindi come avviene qualcosa, non perché. I capi della società sono gli scienziati e gli industriali: è
una società tecnocratica. Questi tre stadi sono nella società: abbiamo un clero, abbiamo i potenti e i loro
diritti, abbiamo anche industriali e scienziati. L’obiettivo di Comte è far arrivare l’umanità al suo stadio
positivo, il più alto.
In base a questi stadi, Comte classifica le scienze, creando un’enciclopedia. Le struttura in base al loro
oggetto, che cosa studiano, che può essere astratto o concreto, vivente o non vivente. Abbiamo quindi che
la scienza più astratta è l’astronomia, che si occupa del cosmo. Segue poi la fisica, che studia sempre il non
vivente ma è più concreta. La scienza che studia il vivente ed è astratta è la chimica. Infine c’è la biologia, la
scienza del vivente, concreta. Queste quattro sono le scienze che si sono sviluppate nella storia, ma ne
mancano alcune: la matematica non è per Comte una scienza, ma il metodo di tutte le scienze; lo stesso
vale per la logica. La psicologia non è invece nemmeno una scienza, perché dovrebbe studiare il
comportamento umano, ma questo lo fa già la biologia: la psicologia viene ridotta alla biologia. Questo
anche perché la psicologia è basata su concetti astratti (come la paura), che non possono essere spiegati, se
non tornando al comportamento, il quale è già però frutto dello studio della biologia. La psicologia non può
quindi uscire dallo stadio metafisico e per questo non è una scienza. E la filosofia? Per i positivisti, quindi
anche per Comte, è quella disciplina che organizza tutte le altre: nel caso di Comte, quando parla dei tre
stadi sta già facendo filosofia. Tra tutte queste scienze, nella storia dell’uomo non è ancora nata la
sociologia, e questo è un problema (ed ecco perché scrive questo libro, proprio per crearla); la sociologia
studia il comportamento dell’uomo nella società, non i governi migliori che ci possono essere, dato che
questa è ancora una ricerca metafisica. In sociologia si studiano la vita di un uomo in relazione alla società
in cui si trova, per arrivare al governo tecnocratico di cui abbiamo parlato all’inizio. Comte, alla fine di
questo scritto, spera in una divinizzazione della scienza, degli scienziati e degli industriali.

Proprio in questi anni nasce la sociologia come scienza. Il primo sociologo è Emil Durkheim, il quale pensa
che il comportamento del singolo dipende dal comportamento che il singolo ha con la società, è
governato da una legge generale. Egli scrive anche un lavoro sul suicidio, in cui dice che ci sono vari tipi di
suicidio, ma che sono tutti riconducibili a come l’individuo si sente all’interno della società. Un altro
sociologo, anzi criminologo, è Cesare Lombroso, un italiano. Viene ricordato per essere un sostenitore
della frenologia, ovvero lo studio dei comportamenti umani a partire dalla conformazione del loro cervello.
L’idea è che ci siano certi individui che sono determinati dalla nascita a essere criminali a causa di come è
fatta la loro scatola cranica (cioè alcune malformazioni del cervello possono portare a cambiamenti di
comportamento).

MILL
Mill scrive Sistema di logica deduttiva e induttiva, che dipende dai fatti esperienziali. La logica arriva dalla
considerazione dei fatti particolari. Mill dice che il principio di non-contraddizione deriva proprio
dall’esperienza; fa un ragionamento simile anche con il sillogismo. Le varie parti del sillogismo derivano
dalla realtà ed esso ha quasi una struttura ciclica: la conclusione del sillogismo è quasi già all’interno delle
prime due frasi. Inoltre il sillogismo si basa sul principio di uniformità della natura. Ma come facciamo a
sapere che la natura non cambia? Hume aveva parlato di abitudine, mentre Mill dice che nella scienza c’è
una struttura circolare. L’universale non è nulla di più di una somma di particolari, visto che tanto usiamo la
logica solo per registrare quello che abbiamo scoperto.

EVOLUZIONISMO
Il tema della lotta per la vita è molto importante: c’è una continua lotta per l’esistenza, che porta
all’estinzione di alcune forme biologiche, mentre altre prosperano. Questo è deciso dalla natura, con la
selezione naturale, che è quindi il metodo con qui vengono selezionate le forme che sopravvivono. Non
sopravvive il più forte, ma il più adatto: chi non si adatta, muore. Vediamo qui la componente positivista:
c’è una relazione tra organismo biologico e legge (quella della selezione naturale, che diventa da questo
momento molto importante). Le specie che sopravvivono possono cambiare, e per questo l’evoluzionismo
è un trasformismo. Opposta a questa idea c’è il fissismo, per la quale sono state create forme biologiche
che non cambiano nel tempo (massimo esponente è Linneo) e il catastrofismo, secondo cui ci sono state,
nella storia della Terra, delle catastrofi che hanno ucciso le specie.
Il primo a dire che le specie mutano è La Marque, per cui le specie si adattano all’ambiente circostante. La
differenza sta nel fatto che per lui l’ambiente determina direttamente questi cambiamenti (i quali si
trasmettono poi geneticamente, come dirà poi Darwin), mentre in Darwin l’azione dell’ambiente è
indiretta (le giraffe con il collo basso muoiono, non gli si allunga il collo, come diceva La Marque; inoltre
questo cambiamento è casuale, arriva dalla genetica). Per il resto, i due sono d’accordo. Darwin specifica
anche che alcune di queste modificazioni casuali sono neutre dal punto di vista dell’adattamento, non sono
utili al momento (ma magari lo saranno nel futuro). La natura non dà direttamente forma agli animali, ma
elimina tutti quelli che non si adattano. Essendo di corrente positivista, anche l’evoluzionismo distrugge
una certezza, ovvero quella per cui l’uomo sia superiore agli animali. Questo ha delle conseguenze
notevoli anche riguardo alla morale, che è influenzata anche dal fatto che siamo in parte primati, la quale
non esiste. Abbiamo detto che la natura non agisce per uno scopo, quindi le cose non si evolvono verso un
fine e il finalismo è eliminato; è anche vero che quando la natura elimina alcune specie sta dando una
forma, una regola al mondo, ovvero che può esistere tutto, tranne quello che non funziona. Tutto ciò che
rimane, rimane perché ha una forma stabile: non è la natura a darglielo, ma è rimasto perché non è stato
bocciato dalla natura. Se tutto ciò che esiste ha una forma stabile, si può universalizzare il concetto di
evoluzione. Vediamo ora due opere scritte da Darwin: la prima è L’origine delle specie per mezzo della
selezione naturale, 1858, dieci anni dopo il Manifesto; la seconda è L’origine dell’uomo, 1871, dove Darwin
riflette sulla selezione naturale riguardo all’uomo, giungendo alla conclusione che si è evoluto da un
primate e quindi ne conserva alcune caratteristiche. L’evoluzionismo abbiamo detto essere accolto come la
teoria principale dell’ ‘800, applicandola a tutte le forme del reale, non solo biologiche: le forme che
persistono hanno una ragione per cui sono sopravvissute, perché sono quelle più adatte; grazie al
darwinismo si inizia a considerare tutto l’esistente come avente una ragione per esistere anche dal punto di
vista della scienza: se tutto ciò che esiste ha un’evoluzione e l’evoluzione boccia gli organismi meno adatti,
tutti gli organismi hanno in sé la ragione sufficiente per cui esistono. Questo vale non solo in ambito
biologico, ma anche politico e sociale; si viene quindi a creare un giustificazionismo: inizia a nascere l’idea
che le forme che vincono (che in politica nel 1800 erano gli Imperi) hanno una sorta di destino per cui
devono trasmettere la forma vincente al mondo. Nasce il darwinismo sociale, che non è un’ideologia
darwiniana, ma darwinista, che viene usata per supportare tesi razziste in quel periodo: i neri sono inferiori
ai bianchi perché non si sono adattati, quindi il destino dell’uomo bianco è civilizzare ed educare il resto dei
popoli.
Da ricordare Herbert Spencer che applica il darwinismo all’intera realtà, facendo nascere l’idea che c’è un
mondo in evoluzione che va da una natura non formata, che lui chiama l’inconoscibile, che, tramite
l’evoluzione e l’adattamento, diventa sempre più razionale e individuato nelle sue forme.

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