LA DIVERSITÀ CULTURALE DEL GENERE UMANOAntropologia, etnologia e
etnografiaAntropologia deriva da antropos e logos e significa studio del genere umano. Questa disciplina si concentra sull’analisi comparativa delle somiglianze e differenze culturali e sociali.Nasce nella seconda metà dell’Ottocento.L’antropologia culturale ha origine negli Stati Uniti e il fondatore è Franz Boas.Il termine “culturale” sottolinea un’attenzione a credenze, valori, storia, lingua dei gruppi sociali.Un impulso essenziale l’antropologia lo ha ricevuto in Gran Bretagna dove si è passati dall’antropologia evoluzionistica di fine Ottocento all’antropologia sociale degli anni ’20 del Novecento. Il termine “sociale” sottolinea l’attenzione sull’organizzazione sociale dei gruppi umani. Personalità di spicco è Bronislaw Malinowski a cui si deve il metodo di ricerca dell’antropologia chiamato metodo etnografico.Oggi i termini antropologia culturale e antropologia sociale sono utilizzati indistintamente anche se “cultura” e “società” non sono sinonimi.Il terzo polo di espansione dell’antropologia è quello francese e l’esponente di spicco fondatore della tradizione strutturalista è Claude Lévi-Strauss. In questo contesto si parla di Etnologia (scienza dei popoli) che consiste nello studio storico-culturale di aree geograficamente limitate. Lévi-Strauss propose di considerare antropologia, etnologia ed etnografia come fasi specifiche di un’unica disciplina. L’etnografia è la prima fase, quella di osservazione e descrizione delle caratteristicheculturali e sociali di uno specifico gruppo umano, l’etnologia il momento successivo di comparazione dei dati raccolti con quelli di altri etnografi (per arrivare ad una prima generalizzazione) e infine l’antropologia come fase teorica di riflessione sul genere umano. Suddivisione questa non accettata dalle varie tradizioni di studio.Gli studi etnologici si sono rivolti inizialmente ai soli Paesi extra-europei (sino alla prima metà del Novecento); recentemente si è sviluppata l’etnologia europea.Con Etnografia si intendono due significati: a) processo di ricerca sul campo (per lunghi periodi) e b) prodotto della ricerca cioè gli esiti dell’indagine. Il metodo etnografico codificato da Malinowski è un connubio di osservazione e partecipazione noto come osservazione partecipante.L’antropologia culturale e l’antropologia sociale si differenziano dall’antropologia fisica, oggi nota come antropologia biologica sia nel metodo di indagine che nell’oggetto di studio.L’antropologia fisica (biologica) analizza la diversità umana dal punto di vista fisico-naturalistico. Nasce nel Settecento e vuole analizzare non solo la varietà morfologicadel genere umano ma anche classificare la storia evolutiva dell’Homo sapiens. Si tratta di studi pseudoscientifici che hanno portato ad esempio a classificare l’umanità in razze. Nel secondo dopoguerra il nome fu cambiato in antropologia biologica proprio per prendere le distanze dalle prime posizioni più ideologiche. Il metodo di questa antropologia è lo scavo per recuperare reperti umani antichi, svolgere analisi genetiche e genomiche su popolazioni del passato e contemporanee(a stretto contatto con paleoantropologia=antenati e primatologia=primati non umani).Con demologia si intende l’indagine del folklore e delle tradizioni popolari.M-DEA/01 classificazione accademica per le discipline demoetnoantropologiche.Etnocentrismo e relativismo culturaleEtnocentrismo è la tendenza di tutti i gruppi umani a considerare la propria cultura come migliore di quella altrui. È il fondamento del senso condiviso del “noi” in contrapposizione al “loro”. Ci permette di dare per scontati una serie di comportamenti nella nostra vita quotidiana. Portato alle estreme conseguenze sfocia in comportamenti fortemente oppositivi come nel caso del razzismo. Il genocidio è l’eliminazione fisica dei membri di un gruppo percepito come minaccia proprio per la propria identità di gruppo e in cui l’alterità è deprivata di qualsiasi attributo di umanità.L’antropologia si oppone alle tendenze etnocentriche e si propone di utilizzare lo “sguardo decentrato” della tradizione comparativa che consiste nel “guardare noi stessi attraverso l’esperienza dell’altro”. Il Relativismo culturale è un atteggiamento intellettuale che considera qualsiasi comportamento o valore all’interno dello specifico contesto in cui ha preso forma. Per comprendere il senso di ciò che è osservato non si possono utilizzare le categorie dell’osservatore ma adottare il punto di vista dell’altro. L’approccio relativista ha origine negli Stati Uniti degli anni ’20 e ’30 grazie alla scuola boasiana. Il fondatore è Melville Herkovits (nel 1947 usa il termine per la prima volta). In una riflessione sul tema dei diritti umani (nel dibattito sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) Herkovits spiega come il rispetto delle differenze individuali non possa prescindere dal rispetto delle differenze culturali (qualsiasi classificazione in termini di superiore o inferiore va contro questo principio). Inoltre non esistono metodi oggettivi per considerare una cultura migliore di un’altra. Ogni società stabilisce una propria scala di valori e i propri modelli di comportamento. Il relativismo culturale è la premessa per qualsiasistudio etnografico. Guardato con scetticismo per le presunte ricadute sul piano etico. In realtà la prospettiva relativista non giustifica qualsiasi cosa si osservi in una cultura diversa rinunciando al proprio punto di vista su cosa è giusto e sbagliato. Non coincide con il relativismo etico o con il nichilismo, cioè non cancella la morale. Il relativismo culturale è stato essenziale per approcciare i Paesi “esotici” ma è essenziale oggi per intepretare la diversità all’interno delle nostre società occidentali.L’approccio relativista è quello di una prospettiva universalista e olistica. Universalista perché tutte le forme culturali sono degne di attenzione offrono un contributo specifico allo studio del genere umano, Olistica perché porta uno sguardoalle interconnessioni esistenti fra i diversi aspetti di ciascuna cultura. 2. LE ORIGINI DEL CONCETTO ANTROPOLOGICO DI CULTURALa sociologia positivista e la teoria dell’evoluzioneLe origini del concetto antropologico di cultura sono legate alla storia europea del XIX secolo e all’esperienza coloniale che avviò le grandi spedizioni (es. Livingston, Stanley) in Africa, Asia e Oceania. A questa va affiancata l’ideologia del progresso che alimentava il suo ottimismo dai risultati dell’applicazione del sapere scientifico almondo industriale (es. meccanizzazione) e dalle teorie delle nascenti scienze sociali. In questo periodo fu determinante una lettura sociologica della teoria darwiniana dell’evoluzione.August Comte (1798-1957) è il padre della sociologia (scienza della società). Per Comte la sociologia era un sapere pienamente scientifico. I fenomeni di natura sociale non erano qualitativamente diversi dai fenomeni naturali ed entrambi potevano quindi essere ricondotti a leggi universali di valore predittivo
Il positivismo (lat. positum = posto, dato) è un modello teorico-metodologico basatosull’idea che
il mondo esterno (sensibile) e i fenomeni esistano come “dati” (a priori)a prescindere dal soggetto osservatore (indipendenza del mondo esterno) e pertanto siano oggetto di esperienza attraverso i sensi. Il ricercatore può trovare, raccogliere e sistematizzare i dati. È quindi un approccio empirista: il paradigma positivista postula la separazione netta fra teoria e dati e fra teoria e osservazione.La teoria non influenza la raccolta del dato / osservazione (materiale grezzo, neutro ed oggettivo). Il processo di analisi del materiale raccolto ha piuttosto l’obiettivo di confermare un’ipotesi che può diventare legge universale.Comte propose la Legge universale di sviluppo delle società umane che affermava come l’intera umanità fosse destinata a ripercorrere fasi di progresso fino al livello dell’Europa. La crescita cumulativa del sapere era il motore del cambiamento storico. Legge dei tre stadi del genere umano associata ad una forma di sapere/pensiero: a) stadio teologico (infanzia) – credenza in esseri sovrannaturali; b) stadio metafisico (adolescenza) – filosofia; c) stadio positivo (adulto) – scienze. Sul piano storico la società si era sviluppata aveva attraversato: a) stadio militare – belligeranza medievale; b) stadio legale – ancien régime francese; c) stadio industriale – apice del progresso. Il parallelismo fra crescita dell’essere umano e sviluppo della società venne adottato dall’antropologia.La sociologia era all’apice dello stadio positivo e del duplice percorso del pensiero e della storia sociale. Per Compte era la forma di sapere in assoluto più importante perché permetterva di analizzare scientificamente le società industriali occidentali e di indirizzarne i futuri cambiamenti.Pochi anni dopo la morte di Comte, Darwin pubblicò “L’origine delle specie”(1959) in cui formulava la teoria evoluzionista che influenzò i successivi sviluppi della sociologia positivista.Teoria evoluzionista di Darwin: Funzione selettiva dell’ambiente. Lotta per l’esistenza: competizione fra l’individuo, i suoi simili, le altre specie, l’abiota presentinello stesso ambiente. La selezione naturale premia gli esseri viventi più adatti a resistere e questi trasmettono i caratteri vincenti ai successori (ereditarietà dei tratt acquisiti). La storia biologica di tutte le specie è un lento processo di cambiamento che si chiama evoluzione (causa ed effetto di tali variazioni cumulative).Herbert Spencer (1820-1903) mise insieme la teoria di Comte sullo sviluppo delle società umane e l’evoluzionismo darwiniano. L’evoluzione sociale era parte integrante dell’evoluzione generale degli organismi viventi. Le società che meglio si adattano al loro ambiente devono crescere di dimensioni. La sua teoria prese il nome di darwinismo o evoluzionismo sociale e applicava alla società i principi della sopravvivenza del più adatto e di selezione naturale.Accolta con favore dalla società inglese perché portava una giustificazione scientificaal colonialismo, espressione necessaria del dominio di una società superiore dal punto di vista evolutivo. Anche i sistemi politici sviluppavano secondo cinque stadi evolutivi: a) società semplici prive di direzione (nessun capo), b) società semplici dirette (capo permanente), c) società composte (gerarchia di capi), d) società composte doppiamente (stato politico), e) società composte triplicemente (moderne). Era una classificazione delle società umane in base alla loro maggiore o minore complessità.Metafora organicista – modo di vedere la società, i gruppi umani come organismi caratterizzati da un diverso grado di complessità e in cui i singoli elementi contribuiscono alla formazione e funzionamento dell’insieme attraverso l’interdipendenza reciproca. L’organicismo spenseriano fu ripreso dall’antropologia funzionalista del primo Novecento per interpretare le dinamiche sociali dei popoli “primitivi”.L’antropologia evoluzionistaLa Sociologia positivista intendeva ricostruire gli stadi di sviluppo delle società occidentali utilizzando il criterio di classificazione dei progressi del sapere di Comte ola crescente complessità dell’organizzazione sociale di Spencer. L’antropologia britannica in epoca vittoriana aveva l’obiettivo di studiare in chiave comparativa i popoli “primitivi” o “selvaggi” per elaborare una teoria generale del processo di evoluzione della cultura. Nasce così l’antropologia evoluzionista che inizialmente era accademicamente ripartita fra società progredite e società meno evolute. È stato il primo passo per considerare degne di attenzione scientifica anche queste culture (anche se ritenute inferiori). Nel XIX secolo le teorie degenerazioniste consideravano le società primitive come coacervo di esseri degenerati a cui era negata la grazia di Dio e quindi mai in grado di intraprendere la strada del progresso Il degenerazionismo era basato sull’idea di un’umanità scissa in due: quella progredita sostenuta dalla grazia divina e quella destinata al permanere nella decadenza (cosa che per alcuni ne attestava la natura sub-umana di selvaggi).Per l’antropologia evoluzionista lo studio di queste culture primitive era invece essenziale per ricostruire i primi passi dell’evoluzione culturale dell’uomo. Il percorso era dunque il medesimo per tutta l’umanità ma ciascuna società si trovava in una diversa forma evolutiva. Vi era il riconoscimento (non scontato) della continuità fra società inferiori e progredite. Gli antropologi evoluzionisti adottarono il principio dell’unità psichica del genere umano (di Adolf Bastian) secondo cui tutti gli esseri umani condividevano le stesse facoltà intellettuali, anche se queste facoltà non avevano raggiunto ovunque lo stesso grado di sviluppo. I selvaggi erano quindi l’infanzia dell’umanità. Teoria della ricapitolazione (fra ontogenesi e filogenesi): Il livello di sviluppo psichico degli adulti delle società inferiori (primitive) è equiparabile a quello dei bambini delle società avanzate. ( ripresa alle origini del razzismo scientifico dell’Ottocento). Tylor –antropologo evoluzionista britannico primo ad avere una cattedra di antropologia a Oxford diede la prima definizione di cultura (1871): “ La cultura o civiltà, nel suo senso etnografico è quell’insieme complesso di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società”. Ci sono elementi di novità rispetto al significato tradizionale del termine. La cultura non è un patrimonio individuale (idea ciceroniana della coltivazione dell’animo per elevarsi dallo stato incolto a quello colto) ma collettivo. La cultura è quell’insieme di elementi che si accomunano nel tempo “condivisi” dai membri di una società. L’altra idea è quella che qualsiasi popolo possieda una cultura specifica. Inoltre sancire che la cultura possa essere acquisita implica il rifiuto della trasmissione di sangue o appartenenza razziale. Inoltre la cultura come insieme complesso di elementi (es. religione, sviluppo tecnologico) che possono essere analizzati singolarmente ha posto le basi per la comparazione finalizzata alla ricostruzione degli stadi culturali di evoluzione dell’intera umanità. Una credenza o un manufatto diventava “misuratore di progresso” indice del livello evolutivo di un determinato gruppo sociale. Questo approccio di comparazione tra società diverse e prive di connessioni è stato criticatonegli anni successivi perché presupponeva la decontestualizzazione. Gli antropologi evoluzionisti erano noti come armchair anthropologists (antropologida tavolino) perché non si recavano personalmente sul campo ma si avvalevano dei resosconti dei corrispondenti (commercianti, missionari o funzionari coloniali). Le figure attive sul campo non avevano formazione antropologica e quest veniva considerato garanzia di neutralità e oggettività nella raccolta dei dati. Molti studiosi si interrogavano sull’effettiva qualità delle informazioni e alla fine dell’Ottocento i corrispondenti vennero dotati di questionari con domande precise per guidare l’osservazione e la raccolta dei dati
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