L'espansione della borghesia capitalista, lo sfruttamento delle terre coloniali, lo
sviluppo e la protezione dei nuovi mercati, il rapporto 'amministrativo' con la 'gente di colore', lo sforzo connesso alla cristianizzazione dei 'pagani', furono tutte condizioni dello sviluppo degli studi antropologici.[2] Lewis Henry Morgan, Edward Burnett Tylor e James Frazer furono tra le prime figure di spicco di una disciplina che utilizzava principalmente materiali raccolti da altri, di solito missionari, esploratori, o ufficiali coloniali, Fin da principio, lo studio antropologico delle culture 'altre' fu spesso funzionale - per quanto riguarda gli studiosi in modo più o meno consapevole - alla dominazione e allo sfruttamento dei popoli entrati in contatto con l'espansionismo occidentale. Sebbene in Inghilterra l'approccio antropologico ponesse al centro non tanto la cultura ma la società, fu proprio il britannico Tylor a dare la prima definizione di cultura: "presa nel suo più ampio significato etnografico è quell'insieme complesso che include il sapere, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società". Nel XIX secolo gli etnologi erano divisi: alcuni, come Grafton Elliot Smith ipotizzavano che i differenti gruppi umani dovessero in qualche modo aver appreso queste usanze simili gli uni dagli altri, sebbene in modo indiretto: in altre parole credevano che i tratti culturali si diffondessero da un luogo all'altro. Alcuni etnologi del XX secolo, come Julian Steward, hanno piuttosto ritenuto che le somiglianze riflettessero adattamenti simili a un simile contesto ambientale. Altri come Claude Lévi-Strauss, hanno ipotizzato che tali somiglianze riflettano fondamentali somiglianze nella struttura del pensiero umano (vedi Strutturalismo). Sempre nel XX secolo gli antropologi socio-culturali si rivolsero per lo più agli studi etnografici, vivendo per qualche tempo a scopo di studio in mezzo alle società in esame, partecipando e contemporaneamente osservando la vita sociale e culturale del gruppo. Questo metodo fu sviluppato da Bronisław Malinowski (che svolse lavori sul campo nelle isole Trobriand e insegnò in Inghilterra), e promosso anche da Franz Boas (che lavorò nelle isole Baffin e insegnò negli Stati Uniti). Sebbene gli etnologi del XIX secolo considerassero le teorie della diffusione e dell'invenzione indipendente come ipotesi che si escludevano a vicenda, molti etnologi furono d'accordo nel riconoscere che entrambi i fenomeni accadono e che entrambi sono spiegazioni plausibili per le somiglianze.
Antropologia sociale e culturale
Agli inizi del XX secolo l'antropologia si sviluppò in forme diverse in Europa e negli Stati Uniti. Gli antropologi europei si occuparono soprattutto dell'osservazione dei comportamenti e della struttura sociale, ossia delle relazioni tra i ruoli sociali (p.e. marito e moglie, o genitore e figlio) e le istituzioni sociali (p.e. religione, economia, politica). Il metodo di osservazione di altre culture viene definito "osservazione partecipante", che sta a indicare l'osservazione diretta e non passiva delle pratiche locali. Gli antropologi americani invece si occuparono soprattutto dei modi in cui le persone esprimono la loro visione su se stesse e sul mondo che le circonda, soprattutto riguardo alle forme simboliche (arti e ai miti). Al centro della loro riflessione c'è la cultura, la sua trasmissione, innovazione, variazione. Questi due approcci spesso coincidono (ad esempio la parentela è vista insieme come sistema simbolico e come istituzione sociale), ma le descrizioni che si danno dei medesimi fenomeni sono rimaste a lungo fortemente orientate dalla scuola di appartenenza. Attualmente gli antropologi sono ugualmente interessati a quello che le persone fanno e a quello che dicono. Tuttavia, con l'espressione antropologia culturale si tende a indicare una visione dell'antropologia più vicina all'approccio di origine americana. Anche sotto il profilo diacronico gli interessi si sono differenziati. Gli studi di antropologia culturale e di Sociologia degli anni fra il 1950-1970, in particolare grazie ai grandi maestri americani, indicarono che gli strumenti della ricerca culturale potevano essere usati per studiare le società contemporanee in cui lo studioso viveva. Alfred L. Kroeber dimostrò che molti dei costrutti culturali che noi utilizziamo per la nostra vita arrivano da lontano e provano che la cultura si tramanda di generazione in generazione. Molti studiosi dopo di lui hanno dimostrato che un sistema culturale, quale esso sia, presenta tre proprietà: comunicabilità, trasmissibilità, condivisibilità. La cultura è comunicabile perché, superata la barriera della lingua con la quale è espressa, è comprensibile a tutti e collocabile nel contesto storico che le è proprio. È trasmissibile perché sino a quando sopravvive essa tende a produrre un sistema sociale, o sistemi sociali su cui si appoggia. Si trasmette alle nuove generazioni che la rinnovano e la arricchiscono. È, infine, condivisibile, perché anche se una persona è nata e ha vissuto in un sistema culturale diverso può abbracciare questa cultura e far parte di essa anche da protagonista[3]. Oggi a chi vuole entrare nella conoscenza della lingua straniera viene insegnato che deve anche imparare a conoscere ed amare la società che usa quella lingua. Abbiamo scoperto da allora che ogni sistema sociale, di per se stesso ha una cultura e per questo tende a generare un sistema culturale in cui il sistema sociale vive. Dalla interazione di entrambi si forma quello che è definito il modello di vita. Questo processo è un processo di acculturazione. Se poi, per amore o per altre ragioni, la persona in questione sceglie di viverci, ecco che si integra.