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ANTROPOLOGIA

ASPETTI INTRODUTTIVI
In termini generali, antropologia significa “studio del genere umano”.
Antropologia deriva dai termini della lingua greca antica:
- ánthropos, umanità/genere umano
- lógos, discorso/ragionamento/studio
Tuttavia questa definizione è vaga: molte sono le scienze che studiano il genere umano; ed è
imprecisa: non dice di quale aspetto del genere umano essa si occupi in maniera specifica
In molti ambienti accademici, il termine antropologia sta sempre per "antropologia culturale". Ma
non è stato sempre così, anzi molti specialisti utilizzano il termine per indicare lo studio
dell'umanità dal punto di vista del suo carattere biologico (anatomia, corredo genetico).
Esiste, pertanto, un ampio spettro di significati riguardanti l’antropologia:
- antropologia filosofica: non studia le differenze culturali ma studia l’uomo e la sua natura etica o
spirituale;
- antropologia sociale: è orientata allo studio strutturale della società
- antropologia fisica: non è una scienza umana, ma una branca della biologia.
Studia l’evoluzione biologica, l’eredità genetica e l’adattamento fisico degli esseri umani (come
cambia il corpo umano rispetto all’ambiente)
Un’altra distinzione disciplinare riguarda antropologia, etnografia ed etnologia:
- l’etnografia: è la semplice descrizione degli usi e costumi di un popolo fatta grazie ad una
osservazione diretta (etno: popolo; grafia: descrizione; descrizione di un popolo);
- l’etnologia: comparazione tra le usanze di popoli diversi che può essere fatta, in alcuni casi, «a
tavolino» sulla base di resoconti etnografici (etno-logia significa discorso, studio su un popolo)
- antropologia culturale: studio del genere umano dal punto di vista culturale, ossia delle idee e dei
comportamenti espressi dagli esseri umani in tempi e luoghi distanti tra loro

OGGETTI DI STUDIO
Per molti anni gli antropologi si sono occupati dello studio dei popoli loro contemporanei ma
distanti geograficamente; popoli definitivi come primitivi o selvaggi perché rappresentanti di fasi
arcaiche della storia del genere umano (forniti di tecnologie semplici, ignari della scrittura e con
costumi troppo differenti rispetto ai “colleghi” europei).
Si trattava inoltre di uno studio tipicamente “a distanza”, basato sui racconti di viaggiatori, soldati,
funzionari coloniali. La svolta è avvenuta nei primi anni del XX secolo quando gli antropologi
hanno cominciato a recarsi personalmente presso le popolazioni che volevano studiare, dando così
inizio a una nuova fase dell’antropologia e della metodologia della ricerca.
La ricerca sul campo diventa così la base della pratica antropologica che, necessariamente, deve
servirsi dell’osservazione diretta. Fare antropologia significa innanzitutto incontrare esseri umani
con abitudini e stili di vita diversi dai propri e coniugare le conoscenze teoriche pregresse con la
personale esperienza di osservazione, riflessione e ricerca, al fine di poter elaborare anche nuove
teorie scientifiche.
Gli attuali oggetti di studio dell’antropologia non riguardano solo e soltanto le popolazioni primitive
ma anche tutta una serie di “fenomeni” che vanno dallo studio dei minatori delle Ande alle gang
giovanili delle aree urbane; dai flussi migratori verso l’Europa alle sette; dai consumatori al
commercio di organi e così via… “noi antropologi abbiamo il mondo a nostra disposizione” –
Geertz C.
DEFINIZIONE DI CULTURA

Una “cultura” è un complesso di idee, di simboli, di comportamenti e di disposizioni storicamente


tramandati, acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero di individui, con cui
questi ultimi si accostano al mondo, in senso sia pratico che intellettuale (Fabietti 2015, p. 18).
Questa definizione prende spunto da una bellissima storia tratta dagli studi di De Coppet (1997),
riguardante gli scambi (baratto) tra gli spagnoli e il popolo degli Aré’ Aré.
La prima definizione di cultura si ascrive a Edward Tylor (in Primitive Culture 1871):
“la cultura, o civiltà, intesa nel suo essere etnografico più ampio, è quell'insieme complesso che
include le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e
abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società"
Questa definizione non indica solo un patrimonio di conoscenze personali che fanno di un individuo
una persona colta. Questo concetto si estende a tutte le attività umane fino a comprenderne anche
quelle più strane o aberranti: cannibalismo, stregoneria, sacrifici umani. La cultura allora è un dato
universale, comune all'intero genere umano.
Una famosa definizione di cultura, peraltro ampiamente accettata nel campo delle scienze sociali, è
quella dell’ antropologo culturale Geertz, secondo il quale la cultura è “una struttura di significati
trasmessa storicamente, per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro
conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita” (1987, p. 141).
Nelle parole di Geertz la cultura appare essere, allora, relazione e costruzione sociale: non è un
sistema originario, essenziale, immutabile, ma un insieme di processi mutevoli, instabili. In tal
senso, un elemento fondamentale del concetto espresso da Geertz è che la cultura si esprime in
forma simbolica e va compresa e interpretata, non solo osservata
DEFINIZIONE
- Cultura come patrimonio di saperi, conoscenze, abitudini;
- E’ acquisita dai membri di una società e diviene un’eredità biologica, come il patrimonio genetico;
- Cultura come memoria collettiva di una società che fornisce soluzioni e strumenti (adottati e
dimostrati funzionali in passato) per affrontare problemi che si presentano nel corso della vita
(A. Leroi-Gourhan, 1911-1986)
- La cultura influisce sul modo di pensare ed agire;
- La cultura influisce sul modo di percepire la realtà, sulla sua rappresentazione, sulla sua
descrizione (es. popoli che vivono a contatto con il mare possiedono un vasto repertorio per
indicarlo – greci: als, indica mare ma anche sale; pèlagos: vasta distesa d’acqua; pontos: flutti/mare;
thàlassa: mare/ relazione con il mare;
- La cultura si cristallizza in simboli, concetti e parole che sono condivisi in una società (fenomeno
cd interazionismo simbolico)
- Le culture possono essere molto diverse da popolo a popolo. Ma esistono delle affinità, dei
concetti trasversali che accomunano le diverse culture come: il concetto di famiglia e quello di
religione;
- Lèvi-Strauss (1908-2009) ha cercato di individuare gli elementi ricorrenti nelle varie culture, al di
là delle diversità (corrente dello strutturalismo – cerca di cogliere la struttura delle culture)
SOCIETÀ SEMPLICI E COMPLESSE

Un assunto derivante dagli studi delle società primitive è quello che non esiste una società semplice.
Ogni società (primitiva o civilizzata) è articolata in specifici rituali, funzioni sociali ed economiche.
Solo la «non-conoscenza» dei significati, usi e costumi, riti e miti spinge l’uomo occidentale a
ritenere semplicemente «arretrate» le popolazioni cd primitive.
L’atteggiamento secondo il quale la propria cultura è superiore è definito, in antropologia,
etnocentrismo (W.G. Summer, 1840- 1910)
L’incapacità di mettere in discussione le proprie convinzioni e credenze può generare una forma di
intolleranza, i cui estremi sono la negazione delle altre culture o addirittura la distruzione fisica
delle altrre popolazioni (etnocidio o genocidio).
A questo atteggiamento si contrappone oggi il relativismo culturale, una concezione secondo la
quale la diversità non va intesa come superiorità o inferiorità di una cultura rispetto a un’altra, ma
come testimonianza di una pluralità di forme culturali possibili.
La «diversità» è una fonte di conoscenza e progresso.

ORIGINI
Le origini dell’antropologia sono difficili da individuare. Potrebbero ritrovarsi nello storico Erodoto
(vissuto nell’antica Grecia del V sec. A.C.) e nelle sue osservazioni sui popoli da lui incontrati
durante i suoi viaggi (lui non parlò mai di antropologia).
Erodoto è colpito dalla variabilità dei costumi. Egli nota che ogni popolo segue delle sue
consuetudini (nòmoi in greco). Le usanze appaiono «relative» ai popoli e non assolute. Rileva che
ogni popolo preferisce le proprie usanze e giudica barbare quelle altrui (etnocentrismo). barbaro in
greco significa «straniero». Con il tempo assume il termine dispregiativo di selvaggio (in
contrapposizione a «civile»).
Similmente a Erodoto, il filosofo francese Michel de Montaigne (1533-1592) mostra un
atteggiamento di riconoscimento del valore delle usanze e tradizioni di ogni popolo. E’ critico verso
la presunta superiorità degli europei rispetto ad altri popoli (etnocentrismo). Montaigne tende a
relativizzare i propri costumi e non considerarli assoluti.
Nel Settecento, nonostante le posizioni di Erodoto e Montaigne (anticipatorie della moderna
antropologia) prende piede nuovamente l’opposizione selvaggio/civile. Ovvero popolazioni
«inferiori» (selvagge) e popolazioni «superiori» (civili).
Con l’Illuminismo (movimento culturale che si pone l’obiettivo di «illuminare» le menti umane
dall’oscurità dell’ignoranza e della superstizione) vengono gettate le basi di una futura scienza
dell’uomo (precursore delle scienze umane nel loro insieme).
Gli illuministi cercano di trovare una connessione tra società, lavoro, lingua, struttura anatomico-
fisiologica degli esseri umani e contesti di vita delle popolazioni.
Alla fine del ‘700 compare la denominazione di antropologia per indicare la disciplina che riunisce
queste conoscenze provenienti da ambiti di studio allora ancora distinti.
Compaiono le espressioni di antropologia fisica, per gli aspetti organici, per indicare le
caratteristiche dei popoli e antropologia morale per indicare gli aspetti culturali.
Antropologia morale (culture umane)
Tra i principali studiosi che hanno contribuito allo sviluppo di questo ambito di di pensiero ci sono:
George-Louis-Leclerc Buffon(1707-1788), naturalista francese.
Sostiene l’appartenenza dell’essere umano al mondo animale sottolineandone, però, la sua
superiorità.
Opere principali: Storia naturale e Varietà nello spazio umano (entrambe del 1749), la seconda
analizza le differenze fisiche e culturali dei gruppi umani.
Antropologia morale (culture umane)
Pierre J.G. Cabanis (1757-1808), medico e psicologo francese. Analizza mente e corpo dell’uomo a
un’osservazione sperimentale. (metodo osservativo per comprenderne le idee, convinzioni,
tradizioni)
Antropologia fisica Alexander C. Chavannes (1731-1800), teologo ed erudito svizzero, con
Antropologia o scienza generale dell’uomo (1788) si propone di rendere autonoma l’antropologia
dalla filosofia. Chavannes sviluppa uno studio comparato delle caratteristiche fisiche dei diversi
popoli, che chiama «antropologia fisica».
Il contatto sempre maggiore con gli altri popoli, genera nell’Europa del XVIII sec. Il fenomeno
culturale cd. esotismo (atteggiamento di interesse e imitazione- nell’arte- di ciò che proviene da
paesi lontani.
Una tesi dell’Illuminismo influenza gli studi antropologici: l’idea che la storia sia caratterizzata dal
progresso. Applicata alle culture umane tende ad orientare ad una visione gerarchica delle culture:
in altre parole esistono popoli più avanzati e popoli più arretrati (tra i popoli più avanzati vi sono gli
europei, in particolare quelli dell’Europa occidentale.
800 SECOLO
I primi studi antropologici sono caratterizzati da una prospettiva evoluzionistica. Evoluzionismo
come complesso intreccio di tradizioni. L'insieme delle teorie filosofiche e scientifiche che
ammettono la mutazione delle specie viventi da forme primitive e rudimentali verso forme più
complesse, escludendo da tale processo qualsiasi intervento creazionistico o comunque metafisico.
In ambito filosofico e illuminista autori come G.W. Hegel (1770- 1831) e A. Comte (1798-1857)
immaginano uno sviluppo della storia e un progresso delle società umane.
In ambito naturalistico C. Darwin propone una teoria dell’evoluzione della specie, tesi sposata dal
filosofo britannico H. Spencer (1820-1903) che estende anche alle società umane. L’Antropologia
delle origini è orientata al fatto che le culture (come gli esseri umani) seguano uno sviluppo che va
dal semplice al complesso.
Il primo grande antropologo esponente di questa corrente è Edward Burnett Tylor (1832-1917). Egli
analizza «a tavolino» le testimonianze di altri studiosi e procede ad una comparazione tra le varie
culture per assegnare loro un posto nell’evoluzione verso la forma più elevata.
Il metodo comparativo tipico dell’antropologia evoluzionistica si basa maggiormente sull’analisi dei
reperti tecnico-materiali (strumenti) utilizzati dai popoli. I progressi nei manufatti sono indicatori di
uno sviluppo intellettuale scandito da tre stadi: magia, religione, scienza
Anche nella religione, secondo Tylor, si può constatare un processo evolutivo in tre fasi:
1. Animismo (tutto ha un anima);
2. Politeismo (credenza in più Dei);
3. Monoteismo (credenza in un solo Dio). Secondo questi principi, i popoli primitivi, secondo
Taylor e gli altri antropologi del periodo, venivano equiparati alle epoche passate della storia
dell’umanità. Invece la società europea e inglese rappresentavano l’ultimo stadio dell’evoluzione
culturale.
Il metodo comparativo è usato anche da Lewis Henry Morgan (1818-1881). A differenza di Tylor e
degli evoluzionisti inglesi, egli effettua ricerche sul campo.
Studia i nativi pellerossa americani (opera: La lega degli Irochesi, 1851) e ne analizza i rapporti di
parentela.
Morgan elabora un’importante distinzione tra i due sistemi di parentela da lui riscontrati:
-Sistemi descrittivi (più recenti), nei quali si distingue tra consanguinei e collaterali. Vengono usati
termini differenti come «padre» e «zio»;
- Sistemi classificatori (più primitivi), nei quali con il termine «padre» s’indicano sia lo zio, e con
«fratello» anche i cugini
Morgan elabora una teoria dell’evoluzione sociale (nell’opera La società antica, 1877). Le tappe
verso la civiltà sono:
-Stadio selvaggio, i popoli vivono di caccia e raccolta;
-Barbarie, iniziata con l’agricoltura e l’allevamento;
- Civiltà, basata sulla scrittura e sulla tecnologia.
L’evoluzione, secondo Morgan, si delinea anche nel continuum tra magia (come disciplina
primitiva) e scienza (come disciplina evoluta).
James Frazer (1854-1941), anch’esso della corrente degli antropologi evoluzionisti «da tavolino»
(per le sue ricerche usa resoconti altrui, autore di un’opera fondamentale, Il ramo d’oro. Studi sulla
magia e sulla religione, 1890 (successivamente ampliato fino ad arrivare a 15 volumi nel 1915 e
riassunti infine in un solo volume nel 1922).
L’evoluzione, secondo Frazer, si delinea nel rapporto tra magia e scienza (come disciplina evoluta)

ANTROPOLOGIA AMERICANA E RICERCA SUL CAMPO


Padre fondatore dell’antropologia americana è lo studioso di origine tedesca Franz Boas (1858-
1942). Egli, come Morgan, considera fondamentale l’osservazione diretta e la ricerca sul campo.
Studia prima gli inuit in Canada e successivamente i nativi indiani americani.
Abbandona il metodo comparativo che sostituisce con il metodo storico dal quale elabora la teoria
del particolarismo culturale: ogni cultura può essere compresa soltanto in relazione al contesto nel
quale si è sviluppata e alle necessità e adattamenti che si è trovata a fronteggiare. L’antropologia
comincia ad abbandonare la posizione etnocentrica a favore del relativismo culturale.
Boas esercita una notevole influenza sulla successiva generazione di antropologi statunitensi,
accumunati dal suo principio di attenersi sempre ai fatti.
Ruth Benedict (1887-1948) formula il concetto di configurazionalismo, ovvero ogni individuo è
plasmato dalla società in cui vive (ovvero, l’insieme configura e modifica le parti che lo
costituiscono).
Bronislaw Malinowski (1884-1942), studioso polacco trasferitosi negli Stati Uniti, nel libro Teoria
scientifica della cultura -1944, espone i principi del funzionalismo ovvero ogni pratica, uso e
costume (cultura) nate in un certo contesto sono attive perché hanno specifiche funzioni.
ESEMPIO DI FUNZIONALISMO
Il fenomeno di San Nicolò e i Krampus in Alto Adige
- Festa per rafforzare l’identità di un popolo;
- Festa come gioco per i ragazzi (e gli adulti);
- Festa simbolica per comprendere cos’è il bene e il male (altamente educativa);
- Festa che muove l’economia;
- Festa che promuove la socialità (fenomeno nelle piazze, negli ospedali, nelle associazioni, e

ANTROPOLOGIA FRANCESE
Anche in Francia nasce un’importante tradizione antropologica.
Emile Durkheim (1858-1917), capostipite e anche uno dei fondatori della sociologia (considera
l’antropologia come una delle scienze ausiliarie della sociologia)
Abbraccia una concezione evolutiva della società fondata su due tipi di solidarietà:
La solidarietà organica, propria delle società più evolute e complesse, nelle quali vige una più
marcata divisione del lavoro. La solidarietà organica si basa sull’interdipendenza tra gli individui
che tiene unita la società in società complesse.

LA SOLIDARIETÀ ORGANICA
La solidarietà sociale non si fonda più sull'uguaglianza ma sulla differenza: gli individui stanno
insieme perché nessuno è più autosufficiente e tutti dipendono dagli altri.
TEORIA SULLA RELIGIONE
Secondo Durkheim la religione non nasce tanto per rispondere al bisogno del sacro ma piuttosto
come regolatrice di coesione sociale.
Ad es. il precetto cristiano: «ama il prossimo come te stesso», come norma emanata da Gesù Cristo,
rende più vincolante la solidarietà sociale e quindi la coesione.
Durkheim unisce una prospettiva evoluzionistica e una prospettiva funzionalistica
A differenza di Malinowski (dove la funzione delle istituzioni è quella di soddisfare i bisogni
dell’individuo), secondo Durkheim la funzione delle istituzioni è quella di sviluppare una società
intesa come un tutto vivente.
Società come un’entità psichica di livello superiore. I singoli individui compongono l’organismo
superiore definito società che nel suo insieme si rende indipendente dagli individui e agisce su di
essi, come se avesse un’esistenza autonoma: pensiamo alle leggi di uno Stato.
Elaborate da specifici individui ma entrano a far parte di una realtà che viene imposta a ciascuno.
Ognuno fa una sua parte (apparato) e molti e diversi apparati costituiscono un organismo (la
società).

METAFORA DELLA STELLA MARINA


La stella marina è un organismo...ora
immaginiamo lo Stato di una nazione (una
società) come un gigantesco organismo
composto al suo interno da vari apparati
(costruiti e popolati da persone ognuno con
una propria funzione)...l’insieme di apparati
(cioè di persone) compongono l’organismo
finale che è la stella

Marcel Mauss (1872-1950), anch’esso


antropologo «da tavolino» (ovvero dedito alla
riflessione teorica e non alla ricerca sul
campo), tende a considerare in modo unitario i
fenomeni sociali.
Cultura sociale come insieme integrato delle molteplici abitudini sociali.
Mauss afferma la natura sociale anche dei fenomeni magici (studia non solo i riti magici ma
analizza anche il contesto sociale nel quale si svolgono)
Importanza dei doni come elementi di reciprocità che consolida la solidarietà nelle società
primitive.
Claude Lèvi-Strauss (1908-2009), uno dei più grandi antropologi in assoluto (e antropologo sul
campo), è il rappresentante dell’antropologia strutturale o strutturalismo.
Gli elementi culturali (strutture) elaborati dagli esseri umani sono limitati e comuni. Vengono però,
dai vari gruppi umani, combinati diversamente creando «culture diverse»
Obiettivo della ricerca di Lèvi-Strauss era quello di individuare tali strutture sociali in ogni cultura.
Ad es. Lèvi-Strauss applica il metodo strutturalista alla parentela e al matrimonio. Le sue analisi,
sebbene nelle varietà riscontrate, trovano degli elementi comuni (strutture) come ad es. la
proibizione dell’incesto
Le strutture corrispondono, come il linguaggio e le regole dello scambio economico (modalità
trasversali e presenti in ogni popolazione)a costruzioni logiche universali e innate della mente
umana.
ANTROPOLOGIA CONTEMPORANEA
Nel corso della seconda metà del Novecento si sviluppano nuove forme di antropologia.
Marvin Harris (1927-2001), statunitense, è l’esponente della antropologia marxista (influenzata
dalla dottrina del materialismo storico che evidenzia il ruolo dei bisogni e dell’economia nello
sviluppo storico).
Considera l’uomo in relazione ai propri bisogni fondamentali (come il nutrimento, la difesa dalle
malattie, ecc.).
Nel corso del Novecento muta drasticamente l’aspirazione nell’individuare le leggi del mondo
culturale umano.
Subentra il postmodernismo (corrente di pensiero prevalente in altri ambiti del sapere e delle arti)
come una visione in coerenza con l’ermeneutica (ovvero la «scienza dell’interpretazione») di Hans
G. Gadamer che in sostanza assume l’impossibilità di arrivare ad una descrizione oggettiva dei fatti,
quindi nel caso dell’antropologia di scoprire le leggi (in qualche modo universali) del mondo della
cultura.
Clifford Geertz (1926-2006), autore del libro Interpretazione della cultura e manifesto
dell’antropologia interpretativa, afferma che i fatti sono già interpretazioni (sono interpretazioni
della realtà da parte di chi opera tali fatti, ovvero gli individui di una popolazione X)...quindi le
descrizioni etnografiche sono, in ultima analisi, interpretazioni di interpretazioni.
Secondo Geertz, essere consapevoli di ciò induce a incrociare le diverse interpretazioni per ottenere
versioni sempre più ricche dei fenomeni.
George E. Marcus e James Clifford sulla stessa linea del postmodernismo analizzano come la
cultura di appartenenza degli antropologi influenzi l’analisi delle ricerche antropologiche.
Più che studiare altre culture, il loro lavoro indaga le modalità con le quali il mondo occidentale ha
percepito le altre culture.
Non più «grandi narrazioni» ma frammenti descrittivi di particolarità da ricercare sul campo

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