Riassunti del manuale antropologia culturale di Barbara Miller
Capitolo 1: L'ANTROPOLOGIA E LO STUDIO DELLA CULTURA
INTRODUZIONE DISTINZIONI TERMINOLOGICHE Antropologia: letteralmente significa discorso intorno al genere umano. Questa disciplina ha un vasto insieme di indirizzi e tradizioni di studio. La principale distinzione è tra antropologia fisica (studio dell’uomo da un punto di vista biologico) e antropologia culturale (studio dell’umanità dal punto di vista culturale). Nella tradizione statunitense si può fare la seguente distinzione dell’antropologia: - Antropologia fisica: studio della specie umana dal unto di vista biologico - Archeologia: studio delle culture umane del passato attraverso i l’analisi dei loro resti materiali - Antropologia linguistica: studia la comunicazione umana (origini, storia, trasformazioni ecc) - Antropologia culturale: studio delle popolazioni e delle culture contemporanee che affronta anche i temi delle differenze e del cambiamento culturale Nella tradizione inglese si è sviluppata l’antropologia sociale (nata intorno agli anni '20 in Gran Bretagna) e ha un approccio incentrato sulla dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi e delle strutture sociali in prospettiva comparata. Nella tradizione europea il termine antropologia viene inteso nell’accezione antropologia fisica, mentre l’antropologia culturale viene identificata nel continente europeo con il termine etnologia, che si occupa in realtà di studiare le culture extraeuropee (cosiddette tradizionali) In italia, oltre alla distinzione più generale già descritta per l’ambito europeo, si ha la demologia, cioè lo studio delle tradizioni e culture popolari distinte dalla cultura borghese e aristocratica. Dagli anni '80 è entrato in uso il termine discipline demoetnoantropologiche (DEA), che unisce quindi antropologia culturale, demologia, etnologia. ANTROPOLOGIA CULTURALE COME DISCORSO SULL'ALTRO CULTURA: insieme di credenze e comportamenti appresi e condivisi da più persone. Come abbiamo detto, oggetto di studio dell’antropologia culturale è la cultura delle popolazioni e il modo in cui muta nel tempo; per far ciò sul piano metodologico è necessario trascorrere lunghi periodi di tempo presso il luogo caratterizzato dalla cultura di studio. L’antropologia culturale nasce nell’Ottocento, quando per la prima volta molti sentono il pericolo che alcune culture e tradizioni vadano a scomparire, a causa dell’omologazione culturale, del colonialismo, della modernizzazione, successivamente della globalizzazione ecc. Lo scopo dell’antropologia era quindi quello di studiare le culture della popolazione con l’obiettivo ultimo di salvaguardarle. Tuttavia questo obiettivo è strettamente connesso anche ad un percorso inverso, che porta la disciplina a farsi specchio della società occidentale e sua critica osservatrice (“guardando l’altro l’antropologia culturale ci porta a vedere meglio noi stessi e a rendere familiare ciò che è estraneo e estraneo ciò che è familiare”). Ù STORIA DELL'ANTROPOLOGIA CULTURALE XIX secolo: Charles Darwin elabora la sua teoria sull’evoluzione (principi dell’evoluzione biologica, selezione naturale ecc). Il concetto di evoluzione ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del pensiero antropologico. Nel tardo settecento e a cavallo con il XIX secolo, Morgan elabora una teoria secondo la quale tutte le culture hanno un processo evolutivo e passano quindi da stadi primitivi a forme superiori. Secondo questa prospettiva i paesi occidentali ed europei erano ad un livello superiore mentre quelli extraeuropei sarebbero stati a stadi evolutivi inferiori, e la loro sorte sarebbe stata o quella di raggiungere un livello di sviluppo pari a quelli occidentali oppure di estinguersi. Malinowski: introduce la pratica della ricerca sul campo attraverso l’osservazione partecipante. Egli definisce l’approccio del funzionalismo: teoria per la quale la cultura è come un organismo biologico, in cui le singole parti collaborano al funzionamento e al mantenimento dell’insieme. Il funzionalismo è connesso al concetto di olismo: prospettiva antropologica per cui le culture sono complessi sistemi integrati che non possono essere pienamente compresi senza analizzarne le diverse componenti (come l'economia, l'organizzazione sociale, l'ideologia). Boas: fondatore dell’antropologia culturale nordamericana. Sta per un anno presso gli Inuit e capisce che ogni cultura ha la propria validità. Introduce il concetto di relativismo culturale: prospettiva per cui è importante comprendere ciascuna cultura a partire dai valori e dalle idee che le sono propri e non giudicarla sulla base di standard che non le appartengono. La sua visione entra in contrasto con la teoria dell’evoluzionismo culturale perché per lui nessuna cultura può dirsi più evoluta di un’altra. Introduce un approccio basato sul particolarismo storico: studio particolare delle singole culture, senza approcci generalizzanti e storicamente non fondati come i predecessori evoluzionisti. L’interesse per le relazioni tra individuo e cultura è alla base di un successivo indirizzo dell’antropologia, cioè la scuola di cultura e personalità. Gli allievi di Boas svilupparono un successivo indirizzo chiamato scuola di cultura e personalità: corrente dell’antropologia statunitense che partendo da un approccio integrato della cultura (intesa come “configurazione” o “modello culturale”) teorizza l’esistenza di un “ethos” intorno al quale gli individui svilupperebbero strutture psicologiche comuni. L’antropologia culturale si diffuse ampiamente dopo la seconda guerra mondiale. Brown dà vita all’antropologia sociale, un indirizzo che privilegia lo studio delle “strutture sociali” e la ricerca di funzionamento delle società cosiddette primitive, soprattutto a partire dai sistemi di parentela e dagli aspetti normativi. Pritchard e Fortes proseguono sulla linea sociologica inaugurata dal maestro Brown, ma mettendo in discussione l'idea che l'antropologia fosse una scienza naturale delle società alla ricerca di leggi; in particolare Pritchard perviene ad una concezione dell'antropologia più vicina alle scienze storiche. Levi-Strauss elabora negli anni '50 la teoria dello strutturalismo: ricerca gli elementi soggiacenti (struttura) le relazioni e le pratiche sociali, che si esprimono nella reciprocità e nello scambio. Lo strutturalismo francese ha ispirato lo sviluppo dell’antropologia simbolica, ossia lo studio della cultura intesa come sistema di significati. Anni 60: Materialismo culturale: teoria che si sviluppa a partire dal marxismo. Spiega l’organizzazione e l’ideologia delle società a partire dalle condizioni materiali della loro esistenza, quali l’ambiente, le risorse naturali e il sistema di sussistenza. Antropologia interpretativa: prospettiva teorica secondo la quale le culture sono delle “reti di significati” che vanno interpretate a partire da una relazione di dialogo tra osservatore ed osservato e che sono meglio comprensibili a partire dal pensiero degli individui che ne fanno parte, dalle loro idee e da ciò che ritengono importante. Questa teoria è sviluppata da Geertz. La cultura non è quindi un oggetto da laboratorio analizzabile indipendentemente dalla presenza dell’antropologo, perché questi e i suoi informatori sono calati nella stessa situazione e si influenzano reciprocamente nel momento dialogico. Marcus: accentua la natura dialogica dell’incontro tra osservatore e osservato, mettendo quindi in crisi i paradigmi positivisti di una conoscenza scientifica oggettiva e neutrale. Piuttosto che conoscere l’altro, l’antropologia postmoderna ritiene possibile solo costruire rappresentazioni dell’“altro” a partire da strategie retorico-testuali e dalla soggettività dell’antropologo. Anni 70: si hanno i primi studi di antropologia femminista, dai quali emerge che l’antropologia fino a quel momento aveva trascurato le donne dalle proprie ricerche Antropologia Queer: si dedica allo studio delle culture gay e sulle discriminazioni basate sull’identità e sulle preferenze sessuali. Anni 90: prendono campo nuove teorie come lo strutturalismo: teoria secondo cui forze importanti come l’economia, l’organizzazione politica e sociale e i media plasmano i comportamenti e i modi di pensare degli individui. Gli antropologi nel tempo via via ripensano la disciplina e offrono nuovi approcci metodologici. SCIENZE DEMOETNOANTROPOLOGICHE IN ITALIA La denominazione discipline demoetnoantropologiche (DEA) è quella che definisce l'insieme degli indirizzi che hanno caratterizzato l'antropologia italiana; si tratta di un'espressione definita da Alberto Cirese negli anni '80, che unisce tre indirizzi che in passato apparivano specifici e distinti: antropologia culturale, demologia ed etnologia. Le discipline dea in Italia hanno privilegiato per molto tempo gli studi sulle differenze culturali interne alla nazione piuttosto che ai popoli extraeuropei (si spiega con la scarsa attività coloniale dell’Italia). In Italia ci si rende conto che il popolo italiano ha al suo interno molte diversità (in Germania si ha invece l’idea di un’unica stirpe germanica). Pitrè: ha interesse soprattutto filologico sulle varie tradizioni popolari Loria: scrive varie etnografie sull’Italia Mantegazza: sostiene il concetto evoluzionistico delle culture/società 1938: manifesto della razza approvato anche da antropologi. Durante il periodo tra le due guerre (fascismo, sul piano ideologico si ha l’idealismo crociano che mostra sfiducia verso le scienze empiriche e sociali) le scienze dea hanno un periodo di declino. De Martino: lui si stacca dall’idealismo crociano (intende la storia non come susseguirsi di avvenimenti ma nell’accezione di “storia dello spirito umano”, inteso come progressione e evoluzione umana verso livelli superiori. Secondo croce i primitivi e le plebi non sono parte attiva nello sviluppo dello spirito umano). Per De Martino una lezione importante è anche quella di Gramsci (scrive “osservazioni sul folclore”) dove definisce il popolo come “insieme delle classi subalterne e strumentali” e il folklore come “concezione del mondo e della vita, implicita in grande misura, di determinati strati della società in contrapposizione con le concezioni del mondo “ufficiali”. L’etnoantropologia storicista di De Martino, influenzata dal pensiero marxista e da Gramsci, ha lasciato un segno importante negli studi antropologici italiani fino agli anni '80 del Novecento. TRE DIBATTITI TEORICI NELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE 1) DETERMINISMO BIOLOGICO E COSTRUZIONISMO: -Determinismo biologico: modello teorico che spiega il comportamento e il modo di pensare degli esseri umani (es. il suicidio, l'alcolismo o le turbe adolescenziali) a partire da fattori biologici quali i geni e gli ormoni. Tuttavia, il determinismo biologico prende in considerazione anche le abitudini culturali, poiché queste possono contribuire al successo riproduttivo della specie e alla costruzione di un pool genetico capace di garantire la sopravvivenza delle generazioni successive (i comportamenti e i modi di pensare che danno vantaggi in termini riproduttivi hanno maggiori probabilità di essere trasferiti alle generazioni future). Ad esempio, i deterministi biologici sostengono che il fatto che gli individui maschi della nostra specie posseggano maggiori competenze spaziali rispetto alle femmine sia frutto di una conseguenza evolutiva: i maschi con migliori competenze spaziali risulterebbero avvantaggiati nel procurarsi cibo e compagne, tanto che si riprodurrebbero di più portando avanti tale competenza. -Costruzionismo culturale: modello teorico che spiega i comportamenti e i modi di pensare degli esseri umani soprattutto come risultati dell'apprendimento. Le migliori competenze spaziali dei maschi della nostra specie rispetto alle femmine dipenderebbero, per il costruzionismo culturale, dalla cultura tramandata durante l'apprendimento, che gestisce l'acquisizione delle competenze spaziali in modo differenziato sulla base del genere. I costruzionisti culturali danno rilievo alle esperienze infantili e ai ruoli familiari, ritenendo che questi potrebbero addirittura avere maggior peso rispetto ai geni e agli ormoni sullo sviluppo dell'individuo. La maggior parte degli antropologi culturali è costruzionista, ma le ricerche di alcuni di loro prendono in considerazione sia fattori biologici sia culturali.
2) ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA E MATERIALISMO CULTURALE:
-Antropologia interpretativa (o interpretativismo): prospettiva teorica che vede le culture come “reti di significati” (pubblici e intersoggettivi), che l'antropologo deve interpretare attraverso il dialogo tra osservatore ed osservato e comprendere a partire dal punto di vista dei nativi. Ad esempio, la spiegazione religiosa che forniscono gli Hindu al perché non mangino carne di manzo (nel loro credo le vacche sono sacre ed ucciderle e mangiarle è considerato peccato) risulta sufficientemente esaustiva per gli antropologi interpretativisti. -Materialismo culturale: una Scuola teorica che studia la cultura a partire dalle condizioni materiali dell'esistenza delle società, quali l'ambiente, le risorse naturali e i mezzi di sussistenza, fattori considerati modellatori delle culture. I materialisti culturali spiegano la cultura usando un modello interpretativo composto da tre livelli: l'infrastruttura, il livello inferiore, composto dai fattori materiali di base (le risorse naturali, l'economia e la popolazione), che influenza gli altri due livelli; la struttura (l'organizzazione sociale, la parentela e l'organizzazione politica); e la la sovrastruttura (le idee, i valori e le credenze). La spiegazione che un materialista culturale dà al perché gli Hindu non mangino carne di manzo si rifà a ragioni di tipo materiale: in India i bovini sono più utili da vivi, in quanto, oltre ad arare i campi, questi si nutrono di cartacce ed altri rifiuti commestibili che trovano per strada, tanto che i loro escrementi sono usati come fertilizzanti e come combustibile per cuocere il cibo. Nel mondo dell'antropologia ci sono tanti convinti interpretativisti quanti convinti materialisti, ma molti fanno tesoro dei contributi di entrambe le prospettive.
3) ANCENCY INDIVIDUALE E STRUTTURISMO:
Dibattito tra -prospettiva teorica che enfatizza il ruolo dell'agency (“agentività”) umana, nonché la capacità di esercitare liberamente la propria volontà, e che pone dunque l'accento sul potere degli individui di creare e trasformare la cultura opponendosi alle strutture dominanti. (Un pensiero che pone molta enfasi sul ruolo dell'agency individuale è quello filosofico occidentale). -Strutturismo (espressione coniata da Barbara Miller): prospettiva secondo la quale potenti strutture, quali l'economia, la politica, la mediatica ecc., influenzerebbero il modo di pensare e di agire delle persone, anche senza che queste se ne accorgano, a tal punto da plasmare le culture. Secondo lo strutturismo, quindi, l'agency individuale non è altro che un'illusione, in quanto le scelte dei singoli sono preordinate dalle potenti strutture dominanti. Lo studio della povertà esemplifica bene la differenza di pensiero tra le due prospettive. Se per coloro che privilegiano l'agency individuale questa è utile e possibile anche nelle situazioni di estrema povertà, per gli strutturisti i poveri sono costretti dalle forze dominanti. Ad oggi sempre più antropologi culturali si sforzano di combinare una prospettiva strutturista con l'attenzione all'agency individuale.
CONCETTO ANTROPOLOGICO DI CULTURA
DEFINIZIONI DI CULTURA Concetto antropologico di cultura: il concetto di cultura è molto controverso e discusso. In precedenza prevaleva un’accezione “colta” ed etnocentrica del termine, secondo la quale la cultura dell’individuo corrisponde all’insieme delle conoscenze che l’individuo accumula nel corso della sua vita legate all’istruzione. Con cultura in senso antropologico invece ogni individuo è portatore di una cultura. Kroeber: allievo di Boas, afferma che la cultura è un “livello superorganico” non riconducibile alla sfera della natura e non dipendente da esso, ma un sistema complesso e organizzato. Concetto di cultura da un punto di vista interpretativo: la cultura è un insieme di simboli (“rete di significati”), motivazioni, stati d’animo e pensieri, ma non comportamenti. Concetto di cultura adottato dal libro: è una definizione più ampia di quella di Geertz, che comprende come facenti parte della cultura anche i comportamenti e credenze apprese e condivise. Concetto di cultura da un punto di vista materialista: la cultura è un modo o uno stile di vita nel Suo insieme che un gruppo di persone ha acquisito socialmente. Consiste nei modi schematici e ridondanti di pensare, sentire e agire caratteristici dei membri di una società o di un gruppo sociale”. Micro-culture: o culture locali, insieme di specifici schemi di comportamento e di pensiero appresi e condivisi che si riscontrano presso una determinata area e un particolare gruppo umano.
CARATTERISTICHE DELLA CULTURA
La cultura è distinta dalla natura: La relazione tra cultura e natura è di grande interesse per gli antropologi.La cultura è disntinta dalla natura, in quanto piuttosto contrubuisce al suo modellamento. Possiamo infatti identificare molte connessioni tra il modo in cui esplichiamo le nostre funzioni vitali e la cultura. La cultura condiziona le nostre scelte alimentari, i tempi e i modi del nostro nutrimento e attribuisce significati al cibo e all’alimentazione. La cultura stabilisce quali cibi sono accettabili e quali no. Anche la percezione del gusto varia in modo significativo da cultura a cultura: ad esempio i musulmani non mangiano la carne di maiale, mentre i cinesi ne mangiano molta; a loro volta i cinesi reputano schifoso il formaggio, mentre i francesi ne mangiano moltissimo. Il sonno è tanto biologicamente determinato quanto culturalmente. Le influenze della cultura sul sonno si rendono evidenti quando si esamina chi dorme, con chi, per quanto tempo ecc; nelle società fortemente competitive, ad esempio, le persone dormono poco perché soffrono di ansia e stress. MANCA BERE E ANDARE DI CORPO PAG.12-14 La cultura si basa sui simboli: le nostre intere vite sono organizzate e basate su simboli. Simbolo: oggetto, parola o azione dal significato culturalmente codificato che rappresenta qualcosa con cui non ha una relazione necessaria o naturale. I simboli sono arbitrari e molteplici. È attraverso i simboli che condividiamo, conserviamo e trasmettiamo nel tempo la cultura. Una parte discreta dell’apprendimento culturale avviene attraverso l’osservazione. L’apprendimento scolastico è un modo formale di acquisire cultura. Storicamente, la maggior parte delle culture non è stata tramandata attraverso un sistema scolastico formale. La cultura è un insieme organico e coerente. Ciò significa che per avere una rappresentazione completa di una cultura è inevitabile considerare il contesto culturale più ampio a cui appartiene e a cui è strettamente collegata. Ciò va tenuto bene in mente nel momento in cui si avviano programmi di cambiamento in un dato ambiente culturale: non considerare gli effetti che si producono in altri ambiti è infatti dannoso per il benessere e la sopravvivenza della stessa cultura in questione. Le culture si influenzano e si modificano vicendevolmente attraverso le occasioni di contatto fornite da reti commerciali, progetti internazionali, telecomunicazioni, educazione ecc. La globalizzazione, nonché quel processo di intensa interconnessione e scambio di merci, informazioni e persone a livello globale, è un potente motore delle trasformazioni culturali. Essa, non espandendosi in modo uniforme, ha impatti diversi sulle popolazioni con cui entra in contatto: può portare elementi positivi e negativi, persino all’estinzione di una cultura. La tesi dello scontro di civiltà sostiene che l’espansione globale del capitalismo e degli stili di vita euro-americani ha generato delusione, alienazione e risentimento presso gli altri sistemi culturali. Questo modello, che divide il mondo tra l'Occidente e il resto, si rifà a Barber e Huntington, due autori che hanno ipotizzato che proprio in conseguenza del processo di uniformazione culturale si genererebbe un fenomeno opposto all’omologazione culturale, cioè il fiorire delle guerre identitarie di stampo culturale e religioso (ad esempiola “jihad”). Per occidentalizzazione si intende invece quella tesi che sostiene che, sotto l'influenza degli USA e dell'Europa, il mondo sta divenendo culturalmente omogeneo. L'ibridazione (anche detta sincretismo o creolizzazione) si ha quando gli aspetti di due o più culture si combinano tra loro per formare qualcosa di nuovo, cioè un ibrido. Abbiamo poi la teoria della localizzazione, ossia la trasformazione della cultura globale in qualcosa di nuovo per opera di micro-culture (ad esempio, McDonald’s ha assunto nei vari paesi del mondo delle specifiche caratteristiche adattate ai modi di consumare i pasti delle varie culture).
I concetti distintivi dell'antropologia culturale che sono stati adottati anche da altre discipline sono l'ETNOCENTRISMO E IL RELATIVISMO CULTURALE. L'etnocentrismo è la tendenza a giudicare e interpretare le altre culture in base ai criteri della propria cultura piuttosto che attraverso i criteri delle altre. Di solito si sviluppa l’idea che la nostra cultura sia migliore delle altre, e nel corso della storia si sono impiegati molti sforzi per cambiare le altre culture e farle assomigliare sempre più alla nostra. Oggi si è adottato però un approccio diverso, quello del relativismo culturale, ossia l'idea che ciascuna cultura debba essere compresa attraverso i propri valori e credenze e non attraverso quelli provenienti da altre culture. Tuttavia, anche questa concezione può portare certi problemi, soprattutto se si intende in termini assoluti: il relativismo assoluto ritiene che qualsiasi cosa accada in una cultura non debba esser messa in discussione o cambiata. Questa prospettiva in alcuni casi può essere molto pericolosa; pensiamo all'’Olocausto: si può giustificare e accettare una cultura basata sull’odio e sulla persecuzione dell’altro? Assolutamente no. È dunque necessario avere un approccio critico.Il relativismo culturale critico verte proprio in questa direzione: incoraggia una riflessione critica sui valori e le pratiche culturali, si domanda perché questi vengano accettati e chi potrebbero danneggiare o favorire. Secondo la prospettiva critica, quello dell’Olocausto è un caso di imperialismo culturale (imporre a danno dell’altro la propria cultura di odio razziale). VALORIZZARE E SOSTENERE LA DIVERSITA L'esperienza sul campo ha portato l'antropologia culturale alla consapevolezza che le persone in tutto mondo possano adattarsi alle situazioni mutevoli dei diversi contesti. Ciò fa sì che l'antropologia culturale si impegni oggi a valorizzare e mantenere in tutto il mondo la diversità culturale, considerato ricco patrimonio dell'umanità. “Cultural Survival”, ad esempio, è un'organizzazione statunitense che promuove programmi per aiutare le popolazioni indigene e le minoranze etniche.
MONDI CULTURALI MOLTEPLICI
DIFFERENZA E GERARCHIA E’ possibile che uno stesso individuo sia partecipe di diverse micro-culture, che possono sovrapporsi o essere organizzate in modo gerarchico in base al potere, allo status e ai diritti. Per questo, di fondamentale importanza è ricordare il divario tra “differenza” e “gerarchia”: una diversità relativa ad una determinata caratteristica non deve implicare una diversità di trattamento o di status. Alcuni fondamenti alla base delle micro-culture sono: - Classe: categoria basata sulla posizione economica che si occupa nella società, di solito misurata in termini di entrate o di ricchezza e esibita attraverso uno stile di vita. La divisione in classi è un sistema gerarchico dove le classi superiori dominano su quelle inferiori. Attualmente, le uniche società non divise in classi abitano in aree remote del globo: qui tutti dispongono della stessa ricchezza e tutte le risorse sono condivise. - Etnia: senso d'identità di un gruppo condiviso dai membri di un gruppo basato sulla definizione di un confine simbolico che include una lingua o una cultura comuni. Essa si distingue dal concetto problematico di “razza”, che indica invece un gruppo di persone che condivide presumibilmente determinate caratteristiche biologiche (il colore della pelle, la peluria).Gli antropologi hanno dimostrato che le caratteristiche biologiche non possono spiegare e dare conto del comportamento e dello stile di vita degli individui. Le classificazioni razziali sono costruzioni culturali spesso associate a discriminazioni e crudeltà nei confronti di quelle persone che sono ritenute inferiori. Tuttavia anche il concetto di etnia è ancora alla base di discriminazioni, segregazione e oppressione. I popoli indigeni sono gruppi di individui che hanno legami di lunga durata con le proprie terre d’origine, legami anteriori alle società coloniali che oggi controllano i territori sottratti a queste stesse popolazioni. - Genere: indica i comportamenti e i modi di pensare, generati e appresi culturalmente, che son attribuiti a maschi/femmine/genere misto. Esso distingue dal “sesso” in quanto, a differenza di quest'ultimo, non è basato su indicatori biologici. L’antropologia ha dimostrato come il corredo biologico di un individuo non corrisponde necessariamente al suo genere. Inoltre, le differenze attribuite al genere variano da cultura a cultura. - Età: il ciclo della vita conduce le persone attraverso stadi culturali per ciascuno dei quali è necessario apprendere il corretto comportamento e modo di pensare. - Istituzioni: organizzazioni stabili create per scopi particolari e dotate a loro volta di specifiche micro-culture (ad esempio scuole, ospedali, prigioni). CULTURA/CULTURE. CRITICHE AL CONCETTO DI CULTURA Il vocabolo cultura, sia al singolare (Cultura come facoltà umana) sia al plurale (riconoscere l'esistenza di culture specifiche appartenenti a determinati gruppi umani), è divenuto il termine distintivo dell'antropologia culturale. Esso aveva inizialmente una valenza progressista, nella misura in cui si opponeva ai paradigmi razzisti ed etnocentrici del pensiero scientifico e filosofico dell'epoca, contribuendo a sfatare il mito di una presunta “superiorità” occidentale. Ma ben presto, lo stesso concetto ha iniziato a promuovere l'idea che le culture fossero universi chiusi separati e distinti, sviluppando una nuova forma di razzismo e un potenziale di pericolosità sul piano politico. Per fortuna, grazie all'antropologia interpretativa di Geertz, ma soprattutto alla corrente decostruzionista e postmoderna dell'antropologia, oggi si tende a non considerare più le culture come universi chiusi che si mantengono in nome dell'autenticità, ma piuttosto come dei processi dinamici di costruzione identitaria.
Capitolo 2: LA RICERCA ANTROPOLOGICA
LA RICERCA ETNOGRAFICA: METODOLOGIE DI RICERCA IN TRASFORMAZIONE DAL TAVOLINO AL CAMPO + L'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE Oggi la maggior parte degli antropologi raccoglie i dati di studio attraverso la ricerca sul campo (osservazione diretta). L’espressione “antropologia da tavolino” (o da poltrona) si riferisce all’attività dei primi antropologi, che non si muovevano dai loro studi e dalle loro terre di origine ma studiavano le popolazioni attraverso i resoconti di viaggiatori, missionari, esploratori. Con il colonialismo, i primi antropologi ebbero le prime esperienze di ricerca sul campo; tuttavia questi antropologi non vivevano insieme alle popolazioni studiate ma divisi da loro (antropologia da veranda). Nella metà dell'800 Morgan contrubuì allo sviluppo di un'antropologia basata, oltre che sull'osservazione diretta, anche su un'iterazione non decontestualizzata con gli individui. È però agli inizi del '900 che si sviluppano quegli approcci che tuttoggi caratterizzano l'antropologia culturale, con la combinazione della ricerca sul campo con l'osservazione partecipante; quest'ultimo metodo si deve a Malinowski e prevede la comprensione della cultura vivendo per un periodo prolungato nell'ambito culturale che si vuole analizzare. Lo stesso Malinowski ha infatti vissuto per due anni in una tenda presso le isole Trobriand, partecipando alle attività della popolazione e imparando persino la lingua. È a questo metodo che si devono alcune delle etnografie più note dell'antropologia. DAL POSITIVISMO ALLA SVOLTA RIFLESSIVA Negli anni '60 si pensava che le modalità della conoscenza positivista potessero essere applicate anche all’antropologia e che dunque si potesse produrre una conoscenza oggettiva anche dei fenomeni relativi alla cultura e alla società. Dagli anni '70 gli assunti del metodo positivista sono stati messi in discussione e sono emerse tre dimensioni fondamentali nella produzione della conoscenza antropologica: la dimensione soggettiva (ovvero il retroterra culturale e soggettivo sia dell’antropologo sia delle persone studiate), la dimensione etica (alla base della relazione tra l’antropologo e coloro che osserva) e la dimensione politica e le relazioni di potere (che spesso caratterizzano la relazione sul campo tra l’antropologo e i soggetti che studia). Grazie a queste dimensioni, si è arrivati a comprendere che la conoscenza antropologica non sarà mai una conoscenza oggettiva e neutrale, ma contestuale e intersoggettiva, nonché il prodotto di una interazione sul campo con i propri interlocutori. Questa nuova consapevolezza della ricerca sul campo dell’antropologia ha preso il nome di svolta riflessiva. La riflessività considera la ricerca sul campo come il prodotto di un dialogo tra un ricercatore e uno o più informatori. LA RICERCA ETNOGRAFICA MULTISITUATA Oggi, per effetto della globalizzazione, pochissime culture vivono in condizione di totale isolamento. Così, al fine di studiare la cultura di popolazioni che occupano territori più ampi, in particolare quella dei migranti (ma non solo: con questa metodologia è possibile studiare anche oggetti, metafore, storie di vita, narrazioni ecc.) è nata la ricerca multisituata, un tipo di ricerca sul campo svolta presso più territori. LA RICERCA SUL CAMPO IN ANTROPOLOGIA CULTURALE (FASI DI UN PROGETTO DI RICERCA SUL CAMPO) Il progetto di ricerca sul campo prevede diverse fasi. Prima di tutto la scelta dell'argomento oggetto di ricerca, che deve essere significativo e realizzabile; esso può essere ispirato ad eventi significativi anche dal punto di vista medico (un esempio potrebbe essere la recentissima pandemia covid-19), può riguardare i cambiamenti climatici e le problematiche ambientali (temi che hanno assunto particolare importanza negli ultimi anni), può essere un oggetto o bene di scambio di un determinato contesto culturale (zucchero, carne di manzo ecc.), ma può anche essere una comunità già studiata in passato (in tal caso si parla di “restudy”) e altro ancora. KULA: MALINOWSKI E WEINER Uno dei maggiori contributi di Malinowki all'antropologia è la sua monografia “Argonauti del Pacifico Occidentale” riguardante il “kula”, un circuito di scambio che collega molte delle isole Trobriand attraverso il quale gli uomini intrattengono partnership di lunga durata che implicano lo scambio sia di beni di uso comune, come il cibo, sia di collane e braccialetti di grande valore. Weiner si reca nelle isole Trobriand per studiare la lavorazione del legno, ma, dopo essere rimasta affascinata da una cerimonia funebre durante la quale delle donne distrubuivano moltissimi fasci di foglie di banano secche e gonnelline di fibra vegetale decorate, ha deciso di cambiare il suo oggetto di ricerca per studiare la logica dello scambio tra le donne e le connessioni tra le attività di scambio delle donne e quelle degli uomini. Infatti, nelle isole Trobriand, sia gli uomini che le donne traggono beneficio dalle reti di scambio, ma leggendo la sola opera di Malinowski si può venire a conoscenza solo degli scambi tra gli uomini. Weiner ha consentito di ampliare le conoscenze sull'argomento, attraverso il suo contrubuto che è stato di estrema importanza, in quanto, non solo ci ha rivelato un lato della medaglia mancante (l'attività di scambio delle donne), ma ha anche mostrato come, per la comprensione di uno dei due lati (l'attività di scambio delle donne e quella degli uomini), sia necessaria la conoscenza dell'altro. I bambini delle isole Trobriand frequentano oggi delle scuole improntate al modello occidentale e molti di loro si spostano altrove per proseguire gli studi. [Gli anziani sono preoccupati dal comportamento dei giovani isolani, i quali mostrano un ossessione per il “denaro” e una scarsa attenzione per il patrimonio dei loro antenati. Inoltre, gli anziani, che sostengono che ai popolani non serva il denaro e che per vivere abbiano i giardini, temono anche la graduale scomparsa delle barriere coralline, dovuta allo sfruttamento eccessivo della fauna acquatica a fini commerciali.] Il passo successivo è ottenere il finanziamento necessario a realizzare il progetto. Nei paesi anglossassoni antropologi accademici e dottorandi hanno a disposizione varie fonti di finanziamento. Una questione dibattuta riguarda la possibilità per l'antropologo di trovare un impiego nel luogo studiato. Un principio etico certo è quello secondo il quale gli antropologi non possono svolgere attività di ricerca “in incognito”, stabilito nel 1971 nel codice deontologico sviluppato dall’associazione antropologica americana. Altri due elementi importanti del codice sono il fatto che l’antropologo deve garantire la sicurezza delle persone che partecipano alla ricerca e il cosiddetto consenso informato, che prevede che il ricercatore informi i partecipanti della ricerca sugli obiettivi, l’ambito e i possibili effetti del proprio studio e ottenga il loro consenso a farne parte. Talvolta, soprattutto nei casi di culture basate sulla tradizione orale, ottenere un consenso scritto non è affatto semplice, ma, per fortuna, le linee guida degli IRB (“Institutional Review Boards”) sono sottoposte ad aggiornamenti e quelli di alcune università accettanno adesso anche consensi orali. La necessità di un finanziamento deriva da diverse possibili spese che variano a seconda dell'ubicazione del progetto, come l'acquisto di attrezzature speciali (tende, indumenti caldi), la vaccinazione contro malattie contagiose, l'equipaggiamento e le provviste (macchine fotografiche, videocamere, registratori ecc.) o un corso intensivo della lingua. Dopodiché l'antropologo sceglie il sito (cioè il luogo in cui si svolge la ricerca) e trova una sistemazione. Di fondamentale importanza è relazione etnografica, cioè il rapporto di fiducia che si stabilisce tra il ricercatore e la popolazione oggetto dello studio. Molte volte accade che i membri della popolazione si facciano un'idea del ricercatore sulla base di precedenti esperienze di contatto con stranieri che avevano obbiettivi diversi rispetto a quelli degli antropologi culturali, dunque di attribuire a questi ultimi ruoli errati, spesso legati ai servizi segreti. LO SCAMBIO DI DONI E LA RECIPROCITA (molto correlato a sopra) Per ottenere la fiducia, l’antropologo deve porsi in determinati modi, ad esempio fare dei doni; questi, tuttavia, devono necessariamente essere appropriati dal punto di vista etico e culturale della società studiata. Ad esempio, regalare soldi in Occidente è considerato quasi un'offesa, mentre in Giappone, dove è usanza fare anche “contro-doni”, è un gesto che esprime il desiderio di mantenere un'amicizia duratura. LE MICRO-CULTURE E LA RICERCA SUL CAMPO (CLASSE SOCIALE, ETNIA, GENERE/ ETA) La classe sociale, la “razza” o l'etnia, il genere e l'età dell'antropologo influenzano il modo in cui questi verrà accolto dalla popolazione locale. Molto spesso alle popolazioni è palese la disparità di classe dell’antropologo, che è più facoltoso rispetto a coloro che studia. La maggior parte degli antropologi è “bianca” e questo può sortire vari effetti nella popolazione studiata: ad alcuni antropologi può essere attribuita un'identità divina o quella dello spirito di un antenato, altri subiscono invece il disprezzo che spetta ai rappresentanti di un passato o un presente coloniale. Le ricercatrici giovani e nubili possono trovare più difficoltà a svolgere il loro lavoro sul campo, in quanto in molte culture è insolito che a una giovane donna non sposata sia concesso di spostarsi, lavorare e vivere da sola; d'altro canto, in alcuni società, la segregazione di genere può privare anche ai ricercatori uomini l'accesso ad alcuni ambiti. L'età incide in quanto sembra più semplice stabilire buone relazioni etnografiche con individui della propria età. SHOCK CULTURALE Lo shock culturale è la sensazione di disagio, solitudine e ansietà che si prova quando ci si sposta da un contesto culturale a un altro. Più la cultura di partenza e di arrivo differiscono tra loro e più lo shock culturale sarà forte. Nonostante la preparazione prima della partenza, molti antropologi vengono colpiti da tale sindrome, che, tra le altre cose, può essere causata dalla diversa alimentazione, dalle barriere linguistiche e dalla solitudine. Un elemento psicologico frequente ad essa associato è la sensazione di essere poco competente come “attore culturale”, poiché, in un contesto diverso, anche un compito semplice piuò risultare difficile. Talvolta si può verificare anche il cosiddetto “shock culturale di ritorno”, quando, al rientro a casa, ci è difficile riadattarsi alle abitudini precedenti. TECNICHE (E OBBIETTIVI) DELLA RICERCA SUL CAMPO (RICERCA DEDUTTIVA E INDUTTIVA/OSSERVAZIONE PARTECIPANTE/APPROCCIO MISTO/PARLARE CON LA GENTE/INTERVISTA/QUESTIONARIO/COMBINARE OSSERVAZIONE E DIALOGO) L'obiettivo della ricerca antropologica è raccogliere informazioni o dati sul proprio argomento di ricerca. Il modo di raccogliere i dati può variare. Innanzitutto si distingue l'approccio deduttivo da quello induttivo. L'approccio deduttivo è una forma di indagine che muove da un quesito di ricerca (ipotesi) e procede raccogliendo informazioni rilevanti attraverso l'osservazione, le interviste e altre tecniche di ricerca; i metodi deduttivi favoriscono la raccolta di dati quantitativi, dunque numerici. L'approccio induttivo favorisce invece l’acquisizione di dati attraverso l’osservazione informale non strutturata, la conversazione e altre metodologie, senza partire da un’ipotesi; esso favorisce la raccolta di dati qualitativi (racconti, conversazioni). La maggior parte degli antropologi combina questi due approcci, raccogliendo le due tipologie di dati (qualitativi e quantitativi). I dati etici sono quelli raccolti a partire da quesiti e categorie appartenenti al ricercatore e servono a verificare la sua ipotesi. I dati emici sono, invece, quei dati finalizzati a restituire ciò che le popolazioni studiate dicono a proposito della loro cultura, il modo in cui la concepiscono. I materialisti culturali privilegiano la raccolta di dati etici, mentre gli interpretativi quella di dati emici. Tuttavia, anche in questo caso, la maggior parte degli antropologi utilizza un approccio misto, raccogliendo entrambe le tipologie di dati. Abbiamo poi il metodo dell'osservazione partecipante, che implica la partecipazione alla vita quotidiana delle popolazioni e la loro attenta osservazione. Più tempo l’antropologo passa con la popolazione e più è probabile che la popolazione stessa tenga in sua presenza atteggiamenti più “normali” per la sua cultura. Importantissimo è anche dialogare con la gente e non solo osservare. Il metodo dell’intervista permette di acquisire documentazione orale attraverso domande o nel corso di una conversazione guidata. Ci sono vari tipi di intervista, quello meno strutturato è l'intervista aperta, che prevede di lasciare parlare l'intervistato senza interromperlo, in modo da poter individuare ciò che l'interlocutore ritiene più importante. Il questionario è, al contrario dell'intervista aperta, uno strumento di ricerca strutturato (anche se lo può essere in varie gradazioni) che consiste nel porre di persona, per posta, per e-mail, per telefono ecc. una serie predefinita di domande. Come è evidente, le interviste non strutturate, al contrario dei questionari, producono risposte più emiche. Per far sì che le domande del questionario abbiano un senso in relazione ad una determinata cultura, esse devono essere adattate al contesto, dunque l’antropologo che sottopone il questionario dovrebbe avere già una buona conoscenza della popolazione a cui lo sottopone. Per giungere a una rappresentazione il più possibile completa di una cultura è necessario combinare osservazione e dialogo, cioè connettere le osservazione dei comportamenti delle persone a ciò che esse dicono di fare o pensare, in quanto è possibile che esse talvolta non coincidano; ad esempio in un determinato sistema giuridico le discriminazioni basate sul colore della pelle potrebbero essere illegali ma un'osservazione delle abitudini delle persone potrebbe rilevare episodi lampanti di discriminazione. METODI SPECIALI: STORIA DI VITA/INDAGINE SULL'USO DEL TEMPO/DOCUMENTI TESTUALI/METODI DI RICERCA MULTIPLI E PROGETTI DI GRUPPO Gli antropologi culturali possono adottare anche metodi di ricerca specializzati a seconda dell'obbiettivo che si pongono, come ad esempio quello della “storia di vita”, l'indagine sull'uso del tempo, i documenti testuali o una combinazione di più metodologie. La storia di vita è un'approfondita descrizione qualitativa della vita di un individuo che la narra al ricercatore. Boas rifiuta questo metodo perché lo definisce ascientifico sulla base del fatto che simili narrazioni possono essere mendaci o esagerate. Al contrario, altri ricercatori lo condividono sostenendo che, a prescindere da quanti distorti possano essere i racconti delle persone, essi forniscono informazioni preziose sul loro modo di vedere le cose. I primi antropologi che hanno utilizzato questo metodo preferivano collaborare con individui che consideravano tipici, ordinari, dunque rappresentativi. Ma, con il tempo, ci si è resi conto che non è possibile individuare una persona che possa essere ritenuta rappresentativa di un'intera cultura ed oggi il metodo della “storia di vita” è utilizzato soprattutto con individui che occupano nicchie sociali particolarmente interessanti (ad esempio persone che sostengono che l'acconciatura distintiva dei loro capelli sia abitata da una dea). L'indagine sull’uso del tempo fornisce dati quantitativi sulla quantità di tempo che le persone dedicano a determinate attività. Questi dati possono essere ottenuti attraverso un’osservazione continua o facendo tenere un diario alle persone delle quali si studiano le abitudini e le tempistiche delle attività che svolgono. Molti antropologi studiano anche i documenti testuali (scritti e orali), come storie orali, miti, rappresentazioni teatrali, modi di dire, discorsi pubblici, barzellette, conversazioni ordinarie e materiale pubblicato in rete e sui social media. Talvolta i dati raccolti servono alle generazioni discendenti di popolazioni indigene per riscoprire le proprie radici e gli elementi culturali che via via sono andate a scomparire nel corso del tempo a causa dell’omologazione culturale.Una metodologia utilizzata è quella della ricerca collaborativa, approccio in cui gli antropologi interagiscono con i partecipanti alla ricerca: i partecipanti sono quindi collaboratori e non solo “oggetto” di studio; Lassiter è un pioniere dei metodi collaborativi. Al fine di una comprensione completa dell'argomento studiato, la maggior parte degli antropologi, durante una ricerca sul campo, utilizza contemporaneamente più metodi differenti e, di solito, si avvale di un gruppo di progettazione. DOCUMENTARE LA CULTURA (come gli antropologi documentano la cultura) Le procedure degli antropologi culturali finalizzate a mantenere traccia dei dati raccolti sono cambiate nel corso del tempo. Agli albori della storia della disciplina, usava prendere appunti su un taccuino; prendere appunti è, effettivamente, un metodo molto utilizzato ancora oggi. Le note da campo comprendono registri giornalieri, diari e annotazioni, che, ai giorni d'oggi possono essere scritti e conservati direttamente su un computer portatile. Le registrazioni audio (accuratamente successivamente trascritte), i video e le fotografie sono strumenti molto utili per catturare momenti ed immagini; tali strumenti sono però, naturalmente, utilizzabili solo dopo aver chiesto ed ottenuto il consenso da parte delle persone che si intende registrare o fotografare. ANALISI DEI DATI QUANTITATIVI E QUALITATIVI Dopo esser stati raccolti, i dati devono essere analizzati e per farlo vengono distinti quelli quantitativi da quelli qualitativi. Se i dati di tipo quantitativo (dunque numerici) possono essere analizzati con metodologie oggettive, attraverso nozioni di statistica e spesso mediante l'uso del computer, che permette di analizzare grandi quantità di dati, quelli quantitativi (note di campo descrittive, narrativa, miti storie, canzoni ecc.) non sono “scientificamente verificabili”. Difatti, quello che interessa ad un antropologo che raccoglie dati qualitativi, prediligendo un approccio interpretativo, non è affatto dimostrare l’infondatezza del racconto che l'interlocutore fornisce, ma piuttosto rilevare conoscenze dettagliate e ricche sulla vita degli esseri umani. RAPPRESENTARE LE CULTURE: L'ETNOGRAFIA L'etnografia è il principale metodo adottato dagli antropologi per trasmettere le conoscenze che hanno acquisito sulla cultura che sono andati a studiare e consiste in una dettagliata descrizione di una cultura basata sulle osservazioni e le analisi del ricercatore. Malinowski è capostipite della “monografia etnonografica”, ovvero quel genere di scrittura che consiste in un resoconto approfondito di una comunità prodotto a seguito di un lungo periodo di ricerca e osservazione sul campo. Dopo quella di Malinowski sulle isole Trobriand, l'etnografia è divenuta una sorta di “rito d'iniziazione” per la formazione di uno studente di antropologia culturale. Per buona parte del Novecento l'etnografia si basava su un approccio scientifico di tipo “positivista”, ma con la svolta riflessiva in antropologia (a partire dagli anni '70/'80) essa ha perso il carattere di resoconto scientifico e oggettivo, rivelando la sua natura testuale. Si inizia a mettere in risalto la componente soggettiva della conoscenza veicolata dall'etnografia, una componente impossibile da eliminare, dovuta al contatto tra esseri umani e ai loro modi di pensare e percepire. Geertz e Marcus sono coloro che più collaborano a scardinare le basi dell’etnografia positivista, contribuendo alla nascita dell'etnografia riflessiva o postmoderna, che mette al centro non più l'oggetto-cultura, quanto le condizioni che producono la conoscenza interculturale a partire dai processi di interpretazione reciproca tra l'osservatore e l'osservato. Un modello di entografia “polifonico” (nel quale la realtà appare come il prodotto di una negoziazione tra più voci) si contrappone a un modello di etnografia monologica (che prevede solo la voce dell'etnografo). Oggi, l'etnografia ha subito anche altre trasformazioni e gli etnografi considerano le culture locali in connessione con forze e strutture globali più ampie (etnografie multisituate), tendono a concentrarsi su un unico argomento di ricerca evitando approcci olistici e studiano anche le culture occidentali industrializzate (“ritorno a casa” dell’antropologia). DIBATTITI IN CORSO SULLA RICERCA ANTROPOLOGICA ETICA E RICERCA COLLABORATIVA Nel 1971 l'Associazione Antropologica Americana adotta il codice deontologico dell'antropologia. Tale necessità sorge a seguito del dibattito tra gli antropologi che ritenevano che l'antropologia dovesse mettersi a disposizione dell'esercito degli Stati Uniti in Vietnam e gli antropologi che, d'altro canto, affermavano che la responsabilità primaria dell'antropologia dovesse essere quella di tutelare le persone che studiava. Tale dibattito ha portato alla denuncia di alcuni antropologi che avevano consegnato al governo statunitense informazioni sull'affiliazione politica di alcune persone, scatenando morte e interventi armati. Nel codice sono stati inseriti i fondamentali principi secondo cui l'antropologo, oltre a dover garantire la sicurezza delle persone che partecipano alla ricerca, non può svolgere ricerche in incognito o sotto mentite spoglie. Tuttavia, i due principi sono tuttoggi oggetto di controversia tra gli antropologi, che si dividono tra coloro che vorrebbero partecipare al progetto “Human Terrain System” (progetto che rientra nello sforzo bellico di Afghanistan e Iraq finalizzato a ridurre il numero di vittime nordamericane tramite l'impiego di antropologi e altre figure informate sulle popolazioni in cui si svolgono le operazioni militari) e quelli che invece non vi vorrebbero partecipare. Secondo la logica dei promotori del progetto, le informazioni che le forze militari apprenderebbero dagli esperti culturali servirebbero loro a dotarsi di una certa sensibilità nei confronti delle culture del posto, capace di anticipare la fine delle ostilità. La questione è problematica: partecipando al progetto l'antropologo può essere facilmente indotto a fornire informazioni sulle popolazioni locali ai militari, danneggiando la loro sicurezza. Per gli antropologi che non vogliono partecipare al progetto la questione è etica: la sicurezza della popolazione non può correre il rischio di essere danneggiata. RICERCA COLLABORATIVA Una tendenza recente dell’antropologia è quella di coinvolgere la popolazione studiata nelle ricerche: questo metodo viene chiamato ricerca collaborativa ovvero l’aqntropologo lavora insieme ai membri della popolazione studiata considerandoli componenti di uno stesso gruppo di ricerca piuttosto che come suoi oggetti. RICERCA SUL CAMPO E SICUREZZA L’antropologo può mettere a rischio la propria stessa persona e i membri della propria famiglia, sia sul fronte psicologico che su quello fisico. Fisicamente si può incorrere in episodi fatali, contrarre malattie infettive e testimoniare o subire episodi di violenza, senza contare moventi politici o la guerra vera e propria (l’antropologia delle zone di guerra richiede una capacità di valutazione che non si impara sui libri). Capitolo 3: I SISTEMI ECONOMICI L'antropologia economica è un indirizzo di studio dell'antropologia culturale che analizza i sistemi economici vigenti nelle culture. Il sistema economico è composto da tre diversi elementi: il sistema di sussistenza (la produzione o l'acquisto di risorse o denaro), i modelli di consumo (il loro uso), il sistema di scambio (la circolazione di beni o denaro tra individui o istitizioni). SISTEMI DI SUSSISTENZA Il sistema di sussistenza è il principale mezzo attraverso il quale una comunità con una certa cultura si procura ciò che è necessario per vivere. Alcuni antropologi usano il termine “sussistenza” con la definizione di “procurarsi il necessario per vivere”, ma quest’accezione trasmette una visione negativa, per cui Barbara Miller preferisce il termine “povertà” in riferimento alle privazioni materiali.. Un modo per guardare al modo in cui le persone vivono in una determinata società è il benessero soggettivo. Attraverso questo criterio, non si guarda a quello che le persone possiedono o non possiedono ma i valori e le percezioni attraverso cui le persone definiscono la buona vita (quali i legami familiari, il senso della casa, la sicurezza personale ecc.) Gli antropologi hanno individuato 5 principali sistemi di sussistenza: caccia e raccolta, orticoltura, pastorizia, agricoltura e industralizzazione CACCIA E RACCOLTA Il sistema di caccia e raccolta, anche detto sistema acquisitivo, si basa sull’acquisizione di risorse naturali per mezzo di attività di raccolta, di pesca o di caccia. E’ il più antico modo conosciuto di procurarsi il necessario per vivere, oggi esso sta rischiando di scomparire; sono tuttavia 250.000 le persone che utilizzano questo sistema di sussistenza. Essi vivono in aree marginali, come deserti, foreste pluviali, regioni circumpolari. Con “maledizione delle risorse” si intende l’insieme dei cambiamenti portati da multinazionali o in generale dagli interventi di paesi ricchi, che trasformano il territorio deputato alle attività di caccia e raccolta in zone turistiche, siti di estrazione mineraria ecce quindi le persone che si dedicavano alle attività di caccia e raccolta se ne devono andare. Il successo del sistema di caccia e raccolta dipende da una conoscenza raffinata del territorio dove viene praticato, e tali conoscenze non scritte si tramandano di generazione in generazione. Questo sistema consuma una quantità ridotta di energie non rinnovabili (legno da bruciare ad esempio) e si basa su una strategia estensiva sistema di sussistenza che implica lo sfruttamento temporaneo di vasti territori e necessita di un alto grado di mobilità nello spazio. DIVISIONE DEL LAVORO NELLA CACCIA E RACCOLTA In questo tipo di sistema la divisione del lavoro è basata sul genere e sull’età. Sia gli uomini sia le donne si occupano della raccolta, la caccia di animali di grandi dimensioni è praticata da uomini che si riuniscono in gruppi per cacciare. Nelle zone temperate è prevalente l’attività di raccolta, mentre in quelle circumpolari quella di caccia (e quindi si ha anche una demarcazione diversa dei ruoli in base al genere in questi due tipi di sistema di sussistenza). RAPPORTI DI PROPRIETA NELLA CACCIA E LA RACCOLTA I cacciatori-raccoglitori non concepiscono il concetto di proprietà privata ma utilizzano quello di diritto d’uso sistema di rapporti nel quale è previsto che a un individuo o a un gruppo siano riconosciute priorità di accesso ad una certa risorsa. CACCIA E RACCOLTA: SISTEMA SOSTENIBILE Questo sistema di sussistenza è sostenibile, e quindi le risorse necessarie si rigenerano nel tempo in equilibrio con la domanda da parte della popolazione. Le società basate su questo sistema di sussistenza vengono definite, dagli antropologi, società originarie del benessere, perché i bisogni vengono soddisfatti con uno sforzo lavorativo minimo (alcune popolazioni lavorano solo 5 ore a settimana) questo per dire che sta gente non è che muore di fame, anzi. ORTICOLTURA Orticoltura o coltivazione itinerante sistema di sussistenza basato sulla coltivazione di piante domestiche attraverso l’suo di attrezzatura manuale. A questa produzione spesso è affiancata la caccia e raccolta e lo scambio dei prodotti animali dei pastori. La pioggia è unica fonte di irrigazione. L’orticoltura necessita della rotazione dei terreni, che li rigenera. Anche questo sistema di sussistenza è un sistema estensivo. Gli antropologi distinguono 5 fasi nel ciclo dell’orticoltura: preparazione del terreno, semina, diserbaggio, raccolta, riposo. DIVISIONE DEL LAVORO NELL'ORTICOLTURA Anche qui la divisione del lavoro si ha in base al genere e all’età. Gli uomini hanno l’incarico di pulire il terreno e coltivare alimenti di prestigio, come quelli usati nei banchetti rituali. Le donne coltivano invece gli alimenti di base. L’analisi di molte società di orticoltori mostra che il contributo delle donne alla produzione del cibo è necessario ma non sufficiente per ottenere uno status elevato (cioè, per avere prestigio e uno status più alto la donna deve contribuire alla produzione di cibo, ma non è automatico che, se lo fa, acquisisce prestigio). In questo sistema i bambini lavorano di più che in tutti gli altri sistemi. RAPPORTI DI PROPRIETA NELL'ORTICOLTURA Anche in questo sistema di sussistenza non esiste proprietà privata ma vige il diritto d’uso. ORTICOLTURA: SISTEMA SOSTENIBILE L’orticoltura è un sistema sostenibile (e questa caratteristica è data dal fatto che il terreno viene fatto riposare e quindi riacquisisce le sue sostanze nutritive). PASTORIZIA Pastorizia sistema di sussistenza basato sull’allevamento del bestiame e sull’uso dei loro prodotti. E’ praticata soprattutto nelle aree in cui le precipitazioni sono scarse e imprevedibili. La pastorizia fornisce principalmente latte e prodotti caseari, e gli animali più utilizzati sono pecore, capre, cammelli, mucche, asini, in alcuni luoghi renne, lama o yak. I pastori in genere stabiliscono rapporti con cacciatori raccoglitori e orticoltori per ottenere beni che essi non producono. Anche la pastorizia è un sistema estensivo. DIVISIONE DEL LAVORO NELLA PASTORIZIA In questi sistemi l’unità produttiva di base è la famiglia e il gruppo di famiglie. Genere e età sono i criteri in base ai quali si suddivide il lavoro. Gli uomini si occupano della conduzione del bestiame, che trasferiscono periodicamente. Le donne, in genere, sono responsabili della trasformazione dei prodotti dell’allevamento, in particolare del latte. RAPPORTI DI PROPRIETA NELLA PASTORIZIA Il concetto di proprietà privata si applica agli animali e i capifamiglia possono scambiarli con altri beni. La proprietà del bestiame spesso si trasmette per via ereditaria, talvolta anche femminile. Anche il corredo domestico è di loro proprietà. Mentre i pascoli non sono proprietà privata ma si usano in base al principio del diritto d’uso. PASTORIZIA: SISTEMA SOSTENIBILE La pastorizia è un sistema sostenibile. AGRICOLTURA Agricolturasistema di sussistenza che si basa su coltivazioni che si avvalgono di sistemi di aratura, irrigazione e fertilizzazione. E’ una strategia intensiva forma di sussistenza che richiede l’suo continuativo dello stesso suolo e delle stesse risorse. I primi sistemi agricoli si hanno nel Neolitico. Ci sono due tipi di agricoltura: quella industriale e quella a conduzione familiare. AGRICOLTURA INDUSTRIALE L'agricoltura industriale è un sistema di produzione agricola basato sull’impiego di ingenti capitali e sull’uso di macchinari e fertilizzanti chimici), la cui nascita ha portato anche a quella dell’azienda agricola (una grande impresa agricola che produce esclusivamente raccolti destinati alla vendita ed è posseduta e gestita da società che si affidano esclusivamente a lavoratori salariati). L’agricoltura industriale è caratterizzata da una domanda di manodopera stagionale e quindi genera fluttuazioni nell’impiego di lavoratori nei diversi periodi dell’anno. AGRICOLTURA A CONDUZIONE FAMILIARE È invece una forma di produzione agricola di dimensioni ridotte che serve al sostentamento di una famiglia e a dotarla di alimenti da poter vendere. DIVISIONE DEL LAVORO NELL'AGRICOLTURA A CONDUZIONE FAMILIARE: Nell’agricoltura a conduzione familiare la maggior parte del lavoro è a carico degli uomini, i quali hanno la responsabilità principale della gestione delle attività quotidiane e si dedicano al lavoro agricolo. Le donne si dedicano invece alle attività commerciali: si occupano di vendere i raccolti presso mercati cittadini e cucinano le tortillas che vendono presso le loro case. Con questo sistema la famiglia ricava le risorse necessarie alla propria sussistenza e si crea una reciproca dipendenza tra il lavoro degli uomini e quello delle donne. In questo tipo di sistema i bambini hanno un ruolo marginale. Ci sono casi in cui le proprietarie della terra siano le donne e decidano loro cosa e come coltivare. In alcune società dell'India e nel sud est Asiatico, dove vige questo sistema, le donne hanno uno status molto elevato grazie e rivestono il ruolo predominante nella coltura del riso. AGRICOLTURA: SOSTENIBILITA L’agricoltura intensiva non è un sistema sostenibile. Minaccia inoltre gli altri sistemi di sussistenza. INDUSTRIALIZZAZIONE E INFORMATIZZAZIONE Il sistema caratterizzato da industrializzazione e informatizzazione procura le risorse necessarie alla sussistenza ricorrendo all’impiego di massa di forza lavoro in operazioni d’affari e commerciali e attraverso creazione, manipolazione, gestione e trasferimento d’informazioni per mezzo di media elettronici. Nel capitalismo industriale la maggior parte dei beni non è prodotta per soddisfare bisogni primari, ma per venire incontro alla domanda di beni non essenziali da parte dei consumatori. È elevato il numero di persone impiegate nel comparto manifatturiero e in quello dei servizi, mentre cala il tasso di occupazione nel settore agricolo. Nelle società industrializzate la disoccupazione sta diventando un problema serio. MODELLI DI CONSUMO E SISTEMI DI SCAMBIO MODELLI DI CONSUMO Modelli di consumo (consumo: risponde all’imput da parte di una persona di cibo o di beni di cui fa uso, ma anche output: investimento o uso di risorse per ottenere determinati beni)modelli prevalenti nell’uso dei beni e di servizi, di impiegare beni e risorse per soddisfare esigenze. Nei sistemi dove non esiste denaro, le persone spendono il proprio tempo e lavoro per procurarsi ciò di cui hanno bisogno. Nei sistemi dove circola denaro, possiamo trovare essenzialmente due modelli: - Minimalismo: modello di consumo caratterizzato da una domanda limitata e ben definita da parte dei consumatori e da un adeguato e sostenibile sistema per soddisfarla. È più frequente tra cacciatori raccoglitori orticoltori e pastori - Consumismo: il paese più consumista sono gli stati uniti. È un modello di consumo nel quale la domanda è alta e potenzialmente infinita e i mezzi per soddisfarla non sono mai sufficienti. Questo schema costituisce quindi una spinta al colonialismo, alla globalizzazione e ad altre forme di espansionismo. Il consumismo è la caratteristica distintiva delle società industrializzate/informatizzate. La globalizzazione ha portato l’esportazione del modello consumistico in tantissime parti del mondo. L’iperconsumismo e il consumo fine a se stesso servono spesso a mantenere una certa identità e status all’interno di un contesto socialmente competitivo. L'organizzazione sociale e il significato del consumo sono diversi nelle varie culture. Nelle società di caccia e raccolta non esiste proprietà privata, quindi si ha sostanzialmente una situazione egualitaria e tutti hanno pari opportunità di accedere alle risorse; i meccanismi di livellamento impediscono inoltre alle persone di essere più ricche di altre. Al contrario, le società agricole e industriali/informatizzate sono caratterizzate da disuguaglianze sociali. Il consumo può essere personalizzato e spersonalizzato. Nel primo caso i beni sono generalmente prodotti dagli stessi consumatori o da individui con cui il consumatore intrattiene relazioni personali e dirette, dunque si sa da dove vengono le risorse di cui facciamo uso e chi le ha generate; nel caso del consumo spersonalizzato, invece, tipico delle realtà consumistiche e in linea con la globalizzazione i consumatori vengono allontanati dai lavoratori che producono i beni, rendendo più facile lo sfruttamento di questi ultimi. Il sistema alimentare agro-industriale, ad esempio, privilegia il consumo spersonalizzato, non si cura o si cura solo minimamente degli impatti che ha sull’ambiente, spinge la dieta verso il fast food, riduce i pasti a rapide e distratte assunzioni di cibo, costringe al fallimento piccoli produttori che promuovono la biodiversità. Ci sono alcuni movimenti che contrastano questo sistema, come quello dello slow food, che lotta per una buona qualità del cibo che privilegi i prodotti locali, intende il pasto non solo come assunzione di cibo ma come momento di socialità e convivialità. MICRO-CULTURE DEL CONSUMO I modelli di consumo variano spesso in base al genere, alla “razza”, alla classe sociale e sono frequentemente connessi a discriminazioni e a disuguaglianze. Un esempio di disuguaglianza nell'ambito del genere è quello della diffusione, presso una popolazione di Papua Nuova Guinea, di una malattia, derivante dal cannibalismo, che ha causato molti morti donne. Presso tale popolazione, in caso di ristrettezza alimentare, erano le donne a doversi sacrificare, mangiando carne umana dalla quale contraevano la malattia. SISTEMI DI SCAMBIO Lo scambio è il trasferimento di qualcosa (tangibile o meno) tra un minimo di due persone, gruppi o istituzioni; l’oggetto dello scambio può variare, anche se il denaro è la forma di scambio più diffusa nelle società industriali. I due principali sistemi di scambio sono lo scambio equilibrato (un sistema per il trasferimento di beni il cui obiettivo è un loro bilanciamento, immediato o successivo) e lo scambio squilibrato (un sistema per il trasferimento di beni dove una delle due parti ha l'obbiettivo di ricavarne un profitto). SCAMBIO EQUILIBRATO Il primo presenta due sottotipi: la reciprocità generalizzata e la reciprocità attesa. La prima è quella forma di scambio i cui partecipanti hanno un livello minimo di attenzione riservata a guadagni materiali o ricompense. Tipica tra persone che si fidano l’una dell’altra, è la principale forma di scambio nelle società acquisitive. Il dono disinteressato è qualcosa che si elargisce senza aspettarsi alcuna ricompensa e costituisce una forma estrema di reciprocità generalizzata. La reciprocità attesa è invece lo scambio di beni o servizi che si ritiene abbiano pressappoco lo stesso valore tra persone dotate di un simile status sociale. In questo caso, lo scambio tra le due parti può avvenire simultaneamente o ci può volere un certo periodo di tempo per portarlo a compimento e se la controparte non porta lo scambio alla conclusione prevista la relazione si spezzerà. Un esempio di reciprocità attesa è il KULA delle isole Trobriand: i partecipanti si scambiano collane e braccialetti e li donano alle loro controparti dopo averli posseduti per un certo periodo di tempo; ssecondo il codice del kula possedere equivale a donare, dunque nessuno può trattenere a lungo un particolare oggetto di scambio. Un uomo che offre alla propria controparte un oggetto di un tale valore si attenderà di ottenere in cambio un oggetto di pari valore a quello che ha donato. L’equilibrio ottenuto dalla trattativa stabilisce un forte legame tra le due parti ed equivale a un patto di fiducia reciproca. La ridistribuzione è una forma di scambio che prevede che una persona che abbia ricevuto beni o denaro da molti membri di un dato gruppo li ripaghi in seguito pubblicamente. Essa può provocare disuguaglianze, perché il valore materiale di ciò che viene reso non sempre corrisponde a quello delle donazioni. SCAMBIO SQUILIBRATO Un esempio di scambio squilibrato è lo scambio di mercato, cioè l’acquisto e la vendita di beni in condizioni di competitività, dove il valore è determinato dalle forze della domanda e dell’offerta e chi effettua una vendita lo fa per ricavarne profitti. Molte transazioni di questo tipo hanno luogo in un mercato: il luogo fisico dove avviene la compravendita. Il mercato, luogo di interazioni sociali, può essere permanente o periodico: il primo avviene in strutture edificate in luoghi fissi, mentre il secondo prevede l'allestimento di un banco in un luogo non fisso. Altre esempi di scambio squilibrato sono il gioco d’azzardo (tentativo di ricavare un profitto sfidando la fortuna in un gioco in cui si mette in palio qualcosa di valore nella speranza di ottenere un ritorno maggiore da un’eventuale vincita), il furto (sottrarre qualcosa senza prevedere o pensare di restituirla al suo proprietario, lo sfruttamento (l’ottenimento di qualcosa di maggior valore rispetto a quanto si ottiene in cambio), la schiavitù (forma di sfruttamento in cui ci si appropria della forza lavoro delle persone senza il loro consenso e senza una giusta ricompensa per il suo valore).
GLOBALIZZAZIONE E TRASFORMAZIONI DEI SISTEMI ECONOMICI
ZUCCHERO, SALE E UTENSILI D'ACCIAIO IN AMAZZONIA Le potenti forze dei mercati controllati dai paesi più ricchi sono i fattori che più influenzano i cambiamenti dei modelli di consumo e dei sistemi di scambio. I paesi più ricchi creano mercati, estraggono risorse materiali e sfruttano manodopera più economica nei paesi più poveri. Le culture locali adottano in modi diversi al proprio contesto i prodotti, le pratiche della globalizzazione e i loro significati, a volte li rifiutano con decisione. L’antropologa fisica Katherine Milton ha studiato gli effetti che il contatto che l’Occidente ha avuto sulle abitudini di consumo e sulla salute dei cacciatori-raccoglitori indigeni dell’Amazzonia brasiliana. L’adozione di alimenti di provenienza occidentale ha avuto effetti negativi sul regime alimentare e sulla salute delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, che hanno cominciato a consumare sale da tavola e zucchero raffinato. L’utilizzo di questi prodotti costituisce grossi rischi per la loro salute poiché causano le carie dentarie, l’obesità e il diabete. MOVIMENTI ALIMENTARI ALTERNATIVI IN EUROPA E IN NORD AMERICA PEZZO PRESENTE ANCHE NELLA SEZIONE DEL CONSUMO SPERSONALIZZATO Il sistema alimentare agro-industriale privilegia il consumo spersonalizzato, non si cura o si cura solo minimamente degli impatti che ha sull’ambiente, spinge la dieta verso il fast food, riduce i pasti a rapide e distratte assunzioni di cibo, costringe al fallimento piccoli produttori che promuovono la biodiversità. Ci sono alcuni movimenti che contrastano questo sistema, come quello dello slow food, che lotta per una buona qualità del cibo che privilegi i prodotti locali, intende il pasto non solo come assunzione di cibo ma come momento di socialità e convivialità. CONTINUITA E RESISTENZA: IL POTLATCH La pratica del potlatch tra le popolazioni della costa Nord-Occidentale degli Stati Uniti e del Canda è stata per decenni contrastata dagli Europei e dagli Euro-Americani. I missionari vi si opponevano in quanto pratica non cristiana. Alla fine dell'800 il governo canadese mise fuori legge il potlatch. Oggi i potlatch non sono più illegali, ma c’è voluta una lunga battaglia per eliminare le restrizioni che vi erano state imposte. Tuttavia, esso è andato incontro a delle trasformazioni: le ragioni per offrire un potlatch sono simili a quelle del passato (il battesimo di un bambino, la celebrazione di un lutto, il trasferimento di diritti e privilegi, un matrimonio e l’erezione di un palo totemico), è la quantità di tempo per organizzarlo che è cambiata (in passato erano necessari diversi anni, oggi basta all’incirca un anno). Ancora oggi però servono molta pianificazione e molto lavoro per accumulare beni sufficienti a garantire che nessun ospite se ne vada a mani vuoti. Un’altra trasformazione riguarda il tipo di doni che vi vengono scambiati: tessuti lavorati all’uncinetto, stoviglie di vetro, oggetti di plastica, coperte fatte a mano, cuscini, asciugamani, articoli d’abbigliamento e sacchi di farina e di zucchero. DEFINIZIONE DI POTLATCH: sontuosa festa celebrata presso le culture del Pacifico Nord- occidentale i cui ospiti sono invitati a mangiare e ricevere doni da chi la promuove.
Capitolo 5: MALATTIA, MALESSERE E CURA
ETNOMEDICINA L'etnomedicina è lo studio dei sistemi sanitario in uso presso le diverse culture. Questo termine si inizia a usare negli anni 60 e ci si riferiva solo a sistemi sanitari non occidentali, il termine era sinonimo di “medicina primitiva”, quindi aveva connotazioni etnocentriche e oggi ormai questa accezione è desueta. Biomedicina occidentale: approccio terapeutico fondato sui presupposti scientifici occidentali che nella fase di diagnosi e cura della malattia prevede l’utilizzo della tecnologia. I manuali medici occidentali privilegiano le malattie conosciute dalla biomedicina occidentale e ignorano problemi di salute identificati da altre culture. Tuttavia esistono delle patologie che si inseriscono all’interno del concetto di “sindrome culturale”. . DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONE DEI PROBLEMI SANITARI Malattia: problema di salute oggettivo e universale Malessere: percezione di un dato problema di salute in ambito di una specifica cultura. Ricerca etnomedica: cerca di comprendere come le diverse popolazioni etichettano, categorizzano e classificano i problemi di salute. Spesso coloro che possiedono conoscenze etnomediche sono i più anziani, che le trasmettono per tradizione orale. Sindrome culturale: problema di salute che presenta una serie di sintomi associati ad una determinata cultura. Le cause possono essere fattori sociali come lo stress, spavento o trauma Somatizzazione: processo per cui il corpo assimila lo stress sociale, manifestando dei sintomi di sofferenza. Esempi: susto: patologia tipica della Spagna e del Portogallo che porta sonnolenza, inappetenza, ansietà ed è dovuta ad un trauma subito. Patologie culturali si hanno anche in occidente e non solo in culture “altre”, basti pensare all’anoressia e alla bulimia, le cui case sono identificate da molti esperti come le pressioni sociali soprattutto sull’aspetto fisico che gravano sulle ragazze. ETNOEZIOLOGIE L'etnoeziologia è la spiegazione causale attribuita a problemi di salute e alla sofferenza presso diverse culture. Le etnoeziologie possono essere naturali, socio-economiche, psicologiche o sovrannaturali. Sul piano sovrannaturale le cause possono essere attribuite agli spiriti (di antenati e non). Cause economiche delle patologie di salute possono essere identificate nella povertà. Sofferenza strutturale: indica problemi di salute scatenati dalla povertà, dalla guerra, dalla carestia e dalla migrazione forzata. Gli effetti possono andare dall’ansietà alla depressione fino alla morte. Esempio: sufriendo de agua: in Messico la scarsezza di acqua potabile porta soprattutto le donne ad avere uno stato di nervosismo e tensione continua dovuto al fatto che non sanno mai se l’acqua potrà bastare per svolgere le funzioni quotidiane per mandare avanti la famiglia. Medicina privata: cura le sofferenze fisiche del malato in condizioni di isolamento dalla società I SISTEMI TERAPEUTICI 1)MEDICINA DI COMUNITA La medicina di comunità è un sistema di assistenza sanitaria che si realizza in ambito pubblico in cui il contesto sociale è una componente indispensabile (esempio: la danza). 2)TERAPIA UMORALE La terapia umorale è un sistema terapeutico che assegna un ruolo centrale al bilanciamento tra elementi naturali del corpo e di altri presenti nell’ambiente di vita del paziente. Secondo questa ideologia le malattie sono il risultato degli squilibri del corpo, lo scopo della cura è quindi ristabilire questi equilibri assumendo certe diete, comportamenti, medicine. SOSTANZE TERAPEUTICHE Fitoterapia: è un sistema terapeutico che fa uso di piante medicinali. A volte i trattamenti farmaceutici possono portare grandi disagi per le popolazioni non occidentali se non accompagnati da prescrizione medica. Prendere medicinali senza cognizione di causa può portare all’apparizione di ceppi di patologie resistenti ai farmaci. TRE APPROCCI TEORICI APPROCCIO ECOLOGICO/EPIDEMOLOGICO Si concentra sul modo in cui certi elementi dell’ambiente naturali interagiscono con la cultura dando origine a problemi di salute e favorendone la diffusione nella popolazione. Un fattore ambientale può essere l’urbanizzazione. Colonialismo europeo: ha portato alla distruzione e alla scomparsa di intere popolazioni a causa delle malattie trasportate nel continente: gli indigeni non avevano gli anticorpi per alcune malattie (es vaiolo, morbillo) e questo ha portato alla loro decimazione. Trauma storico: indica la trasmissione da generazione a generazione dell’impatto emozionale e psicologico del colonialismo. L’abuso di certe sostanze è dovuto alla volontà di lenire il trauma storico. Lo stato di disagio dei genitori può portare a difficoltà e patologie (nervose, psicologiche ecc) anche nei figli. A volte quindi capire queste dinamiche serve a approntare cure mirate e efficaci. APPROCCIO SIMBOLICO/INTERPRETATIVO Effetto placebo: esito positivo di un metodo terapeutico che si basa su fattori simbolici o comunque non misurabili (es la donna che partorisce meglio perché la sciamana ha fatto un rito per alleviare i suoi dolori. Negli Stati uniti l’efficacia di una prescrizione medica dipende dall’effetto placebo per una percentuale che varia dal 10 al 90% a seconda della malattia. Molti fattori possono determinare la riuscita di essa, come la fiducia nel medico, nell’atto della prescrizione in sé o in altri fattori come il colore e la forma di una compressa. ANTROPOLOGIA MEDICA CRITICA Antropologia medica critica: analizza il modo in cui fattori strutturali come economia e politica, disuguaglianza sociale ecc. incidono sui sistemi terapeutici in uso, sulle malattie, sulle condizioni di salute e sulla possibilità di accedere alle cure. Gli antropologi hanno messo in risalto il fatto che la medicina occidentale spesso mette in atto il processo di medicalizzazione Medicalizzazione: attribuzione di connotati medici a un determinato problema per cui si raccomanda un trattamento sanitario quando in realtà le sue cause sono strutturali. In pratica è cercare di curare con pasticche la povertà, il disagio sociale, l’allontanamento da casa ecc. In effetti, la maggior parte dei programmi per la salute e l’alimentazione avviata in tutto il mondo si concentra sul trattamento degli effetti che la povertà ha sulla salute e non sulla rimozione delle sue cause. La medicalizzazione di elementi strutturali come la povertà è utile alle aziende farmaceutiche. I medici da soli non possono cambiare la situazione n quanto non hanno il potere di affrontare problemi legati alla violenza strutturale e alla povertà. GLOBALIZZAZIONE E CAMBIAMENTO Con la globalizzazione i problemi sanitari si diffondono con velocità in tutto il mondo. Assieme ad essi si diffondono anche i modi per risolverli, quindi la medicina occidentale. Tuttavia certe patologie interessano solo i paesi più industrializzati e sviluppati. LE NUOVE MALATTE INFETTIVE L'aumento dei viaggi e delle mograzioni hanno creato nuove occasioni di contagio e favorito la diffusione di nuove malattie infettive come l'HIV/AIDS, la SARS o il recentissimo Covid-19. MALATTIE DEL PROGRESSO Malattie del progresso: problemi di salute causati o aggravati dai progetti di sviluppo economico. Esempio: obesità. Per queste patologie non sono efficaci le cure mediche ma è necessaria una diversa educazione, assunzione di determinati comportamenti e diete. PLURALISMO MEDICO Pluralismo medico: indica la compresenza, presso una società, di vari sistemi sanitari. Caso degli Sherpa in Nepal: ci sono tre tipi di guaritori - Buddisti praticano sistemi terapeutici umorali - Religiosi non ortodossi o sciamani praticano divinazione - Operatori biomedici (medici alla maniera occidentale)usano i sistemi della medicina occidentale Spesso una conseguenza negativa di certe terapie occidentali è la mancata comprensione tra biomedicina occidentale e sistemi sanitari locali/culture locali. Alcuni esempi: alcuni medici prescrivono farmaci da assumere 3 volte al giorno non conoscendo la cultura/ lo status del paziente, che spesso non mangia 3 volte al giorno perché non può permetterselo. Oppure: incomprensioni dovute alla lingua ANTROPOLOGIA MEDICA APPLICATA Antropologia medica applicata: impiego di conoscenze antropologiche per contribuire al raggiungimento degli obiettivi degli operatori sanitari (esempio: fornisce conoscenze sui presupposti culturali delle popolazioni per poter dare efficacia al trattamento medico prescritto, fa da mediatore linguistico, dà informazioni al personale sanitario su usi della popolazione che possono influire sulla salute ecc, in pratica è un mediatore culturale). → Se vuoi vedi il contributo di Trotter sull'avvelenamento da piombo tra i bambini messicano-statunitensi pag. 113. LAVORARE INSIEME: LA BIOMEDICINA OCCIDENTALE E I SISTEMI NON BIOMEDICI Nel 1978 l’Organizzazione Mondiale della sanità promuove l’inserimento delle pratiche terapeutiche tradizionali nei sistemi sanitari nazionali. Lo sviluppo di questo orientamento è dovuto a diversi fattori, innanzitutto la crescente consapevolezza delle lacune della biomedicina occidentale sul fronte della considerazione del contesto psicosociale degli individui. Cap. 8: SISTEMI POLITICI E GIURIDICI L'antropologia politica si occupa dei comportamenti e dei sistemi di pensiero che attengono alla sfera del potere pubblico. L'antropologia giuridica è invece lo studio dei mezzi socialmente accettabili per mantenere l'ordine e risolvere conflitti sociali. POLITICA, ORGANIZZAZIONE POLITICA E LEADERSHIP L'antropologia considera la politica in modo più ampio rispetto alle scienze politiche, incudendovi una verietà di modi di pensare e di agire che va al di là delle forme di governo e dei partiti politici. Con il termine “politica” Miller intendere nel suo libro l'uso organizzato del potere pubblico. Il potere è l'abilità di ottenere dei risultati attraverso l'uso, potenziale o effettivo, della forza. L'autorità differisce dal potere in quanto quest'ultimp è sostenuto dall'uso potenziale della forza e può essere esercitato anche da un individuo privo di autorità. L'autorevolezza è la capacità di ottenere risultati esercitando pressioni sociali o morali. A differenza dell'autorità, l'autorevolezza può essere espressa anche da chi occupa una posizione marginale e/o appartiene a un basso ceto sociale. Potere, autorità e autorevolezza possono esprimersi solo in relazionione gli uni con gli altri e sono tutti collegati alla politica. VARIE FORME DI ORGANIZZAZIONE POLITICA L'antropologia politica considera organizzazioni politiche quei gruppi interni a una data cultura che sono responsabili dei processi decisionali e della leadership nella sfera pubblica, del mantenimento dell'ordine e della coesione sociale, della tutela dei diritto collettivi e della sicurezza. Le varie forme di organizzazione politica presso le diverse culture si dividono in quattro tipologie: BANDA: la forma di organizzazione politica delle società acquisitive caratterizzata da un sistema di affiliazione flessibile e da una leadership molto blanda. Questo tipo di sistema è più antica forma di organizzazione politica che ora ovviamente è in via di estinzione. Composta minimo da 20 persone, massimo di qualche centinaia di individui. Si riuniscono in momenti dell'anno specifici connessi al calendario delle attività di caccia e raccolta; sistema di affiliazione flessibile: in caso di conflitto, il membro ha la possibilità di scegliere se abbandonare la banda ed entrare in un'altra. Leadership informale, non vi è un membro eletto permanentemente a capo, tutti i membri, inclusi i leader, hanno status sociale equivalente. Il leader ha un certo grado di autorità e autorevolezza ma non detiene il potere. Conflitti tra bande rari . Sono a mala pena qualificate come organizzazione, alcuni ritengono che non si possa parlare di politica vera e propria, esistono ancora oggi ma i membri hanno dovuto interagire con altre forme di organizzazione politica. TRIBU: forma di organizzazione politica composta da numerose bande o lignaggi, ciascuno dei quali parla la stessa lingua, condivide uno stile di vita e occupa un dato territorio. I gruppi tribali possono essere collegati tra loro attraverso i clan: gruppo di discendenza i cui membri riconoscono un comune antenato/a non rintracciabile sul piano genealogico, quindi spesso individuato in un personaggio mitico. La parentela è il fondamento dell'appartenenza della tribù, possono comprendere da un centinaio fino a diverse migliaia di membri. Rispetto alla banda l'incarico di dirigere la tribù è attribuito a un leader in modo più formale, questo deve essere un gran lavoratore e possedere delle buone qualità ma non è un leader politico a tempo pieno. Sarà responsabile di stabilire il momento opportuno per il trasferimento del bestiame, della semina e raccolta, delle cerimonie stagionali e inoltre sarà responsabile della risoluzione dei conflitti interni ed esterni. Egli conterà sulla sua autorità e capacità di persuasione. La big man e big woman è una forma di organizzazione politica a metà strada tra tribù e chiefdom,che si affida alla guida di individui chiave capaci di conquistare sostenitori politici attraverso la creazione e l'uso di relazioni personali o l'organizzazione di feste che prevedono la ridistribuzione di risorse. Essi coltivano relazioni con gli abitanti di molti villaggi, i sostenitori più assidui sono i suoi consanguinei; hanno pesanti responsabilità che talvolta possono essere assolte da altri uomini che godono del rispetto dei suoi sostenitori. Nell'area del Monte Hagen un aspirante big man può giungere a rivestire tale posizione di rilievo tramite un processo chiamato moka: prevede lo scambio di doni e favori tra individui e la sponsorizzazione di feste sontuose, durante le quali hanno luogo ulteriori scambi. Il big man deve avere almeno una moglie che dovrà lavorare più delle altre donne e ottenere più cibo per i maiali: se questi sono numerosi son indice del prestigio del big man. In questa cultura tanto gli uomini quanto le donne possono guadagnare prestigio e potere. CHIEFDOM: forma di organizzazione politica in cui alcune tribù e villaggi alleati in modo permanente condividono lo stesso leader riconosciuto come chief al quale affidano un incarico. Le popolazioni sono molto più numerose delle tribù, sono più centralizzati e socialmente stratificati, stratificazione basata sulla genealogia. Il matrimonio tra strati sociali diversi è proibito. Il chief ha più responsabilità di un capo banda, deve possedere doti ereditarie e qualità individuali: è necessario appartenere al lignaggio (gruppo di discendenza unilineare i cui membri riconoscono un legame parentale con il loro antenato/a e/o fondatore), o essere primogeniti, avere attitudine al comando, carisma. Presso gli Irochesi, uomini e donne avevano gli stessi diritti di partecipazione alle riunioni dei consigli. Più chiefdom possono unirsi in una confederazione e dare luogo a un chiefdom allargato, guidato da il “capo dei capi”, il paramount chief . STATO: forma di organizzazione politica in cui un soggetto politico centralizzato riunisce più comunità, è dotato di una struttura burocratica e dispone di potere coercitivo. Poteri e funzioni dello Stato: Gli stati hanno un ampio ventaglio di poteri e responsabilità. Intrecciano relazioni internazionali per trattare con altri stati questioni d'interesse reciproco; detengono il monopolio dell'uso della forza e fanno rispettare la legge attraverso leggi, tribunali e forze di polizia; mantengono eserciti e forze di polizia permanenti; definiscono i criteri per la cittadinanza, i diritti e responsabilità dei cittadini; registrano il numero, l'età, il sesso, l'ubicazione e le risorse economiche dei propri cittadini tramite il censimento; hanno il potere di acquisire risorse dai propri cittadini attraverso la tassazione; mantengono un controllo sull'informazione che può essere gestita direttamente (censura) o indirettamente (pressioni sui media). Simboli del potere dello Stato: Le credenze e i simboli religiosi sono spesso strettamente connessi al potere dei vertici dello stato: un rappresentante del governo può essere considerato una divinità o può fungere da guida religiosa. L'architettura e l'urbanistica sono usate per ricordare alla popolazione la grandezza dello stato. Negli stati democratici e in quelli socialisti, lo sfarzo e la ricercatezza sono attenuati dall'adozione di un abbigliamento più ordinario. I vertici dello stato si possono permettere residenze, alimenti e mezzi di trasporto di alto livello; i capi non viaggiano allo stesso modo dei cittadini comuni per ragioni di sicurezza: le loro autovetture hanno vetri a prova di proiettile. Generi e leadership negli stati: La maggior parte degli stati contemporanei è gerarchica e patriarcale ed esclude dalla partecipazione paritaria le classi subalterne e le donne In media le donne costituiscono solo il 19% dei membri dei Parlamenti mondiali, in Medio Oriente musulmano, nell'Asia centrale, la pratica del purdah la segregazione e l'esclusione delle donne dalla sfera pubblica, limita il loro ruolo sociale. La percentuale più alta di donne è in Ruanda, con il 50% di donne parlamentari. Molti paesi con alte percentuali di donne in parlamento hanno imposto le quote rosa. Viene sollevata la questione dell'essenzialismo di genere: essere un uomo o una donna comporta necessariamente che la persona sosterrà politiche che favoriscono gli uomini o le donne? Molti capi di stato femminili hanno legami di parentela e sono mogli o figlie di capi di stato uomini (Indira Ghandi), non è chiaro se queste donne ereditino il ruolo o lo conseguano direttamente, in quanto membri di una famiglia politica, o entrambe le cose. L'ORDINE E IL CONFLITTO NELLE SOCIETA UMANE La violenza, così come la pace, ha implicazioni globali. Il militarismo è il predominio delle forze armate nell'amministrazione dello stato e della società. Per controllo sociale l'antropologia intende un insieme di processi che, attraverso meccanismi formali e informali, mantiene ordinata la vita sociale; può anche includere sistemi formali di regole codificate di comportamento e di punizioni per eventuali disubbidienze. NORME E LEGGI: 2 PRINCIPALI STRUMENTI DI CONTROLLO SOCIALE Le norme e le leggi sono i due principali strumenti di controllo sociale.La norma sociale è uno standard condiviso che definisce il corretto comportamento degli individui. La norma è generalmente non scritta e si apprende inconsapevolmente (esempio: aspettativa che i bambini seguano i consigli dei genitori). Esiste poi la norma globale: un valore che molte persone ritengono debba essere universalmente adottato e fatto rispettare, come ad esempio quella dell'uguaglianza delle donne nel settore pubblico, ma non è universalmente accettata. La legge è una regola vincolante, prodotta dalla consuetudine o attraverso un procedimento formale, che definisce un comportamento corretto e ragionevole. SISTEMI DI CONTROLLO SOCIALE NELLE PICCOLE SOCIETA: Nelle piccole società le forme di controllo sociale sono caratterizzate da una maggiore applicazione delle norme. Le bande sono gruppi piccoli e fortemente coesi, per cui le dispute sono in genere gestite a livello interpersonale tramite la discussione o il combattimento. L'enfasi è posta sul mantenimento dell'ordine sociale e il ristabilimento dell'equilibrio, non sul punire duramente il colpevole; un mezzo di punizione diffuso è quello di isolare l'individuo colpevole. Nelle piccole società non statali, la punizione è spesso legittimata da credenze in poteri soprannaturali e nella loro capacità di colpire le persone. L'obbiettivo è quello di ricondurre all'armonia. NEGLI STATI (GRANDI SOCIETA): Nelle grandi società (gli stati) le forme di controllo sociale si affidano maggiormente a sanzioni legali, anche se i gruppi di livello locale che vi appartengono praticano il ricorso a sanzioni sociali. Negli stati, dove la fiducia reciproca è presente solo tra membri di gruppi ristretti, esistono tre importanti fattori di controllo sociale: la specializzazione dei ruoli nel campo del controllo sociale, i processi e i tribunali formali, le forme di punizione imposte dal potere (carcerazione e la pena di morte). Per quanto concerne la specializzazione dei ruoli di chi è addetto alla legge e all'ordine (forze di polizia, giudici ecc.), essa diventa sempre maggiore in prossimità di organizzazioni statali. Se negli stati la colpevolezza di un individuo è provata oggi attraverso degli processi svolti nei tribunali, che hanno l'obbiettivo di garantire giustizia ed equità, in altre società essa è provata semplicemente dalla sfortuna o stabilita attraverso la prova dell'ordalia (un metodo che sottopone il presunto colpevole a prove spesso fisicamente dolorose). Infine, gli stati possono infliggere una pena: causare qualcosa di spiacevole a chi ha commesso una violazione. LEGGE E DISUAGLIANZA SOCIALE: Alcuni studi condotti dall'antropologia giuridica critica mostrano come in vari paesi del mondo, inclusi quelli in cui vige la democrazia, la legge, piuttosto che proteggere i membri dei gruppi più deboli (minoranze etniche, popolazioni indigene, donne ecc.) contribuisce a mantenere la supremazia dei gruppi dominanti attraverso pratiche discriminatorie nei confronti di queste categorie. (VEDI CASO FAY GALE pag.171) CONFLITTI SOCIALI E VIOLENZA I sistemi di controllo sociale devono confrontarsi con l'eventualità di conflitti sociali e violenza. I conflitti sociali si dividono in CONFLITTI ETNICI: i quali possono scaturire dal tentativo di un gruppo etnico di ottenere maggiore autonomia o un trattamento più equo ma anche dall'azione di un gruppo dominante tesa a sottomettere, opprimere o sopprimere un gruppo etnico attraverso il genocidio o l'etnocidio. CONFLITTI SETTARI: conflitti basati sulla percezione dell'esistenza di differenze tra fazioni o sette di una data religione; spesso si manifestano con l'aggressione a siti religiosi. GUERRA: manifestatasi per la prima volta nel Neolitico, è un'azione collettiva, organizzata e deliberata, contro un altro gruppo che coinvolge l'uso letale della forza. [Per secoli, studiosi di vare discipline, hanno studiato le cause delle guerre tra stati: – c'è chi si sofferma su motivazioni più diffuse come le mire espansionistiche, – chi invece pone l'accento sulle motivazioni umanitarie che spingono gli stati a prendere parte a “guerre giuste”, intraprese per difendere principi come quelli della libertà o per tutelare i diritti umani. È successo in Afghanistan, le forze d'aggressione dell'Unione Sovietica, hanno deposto la fazione che era in quel momento al potere per insediarne una propria, massacrato un milione di persone. Le storie recente delle guerre afgane suggerisce che la guerra era uno strumento di dominio più efficace nel periodo premoderno, quando risolveva le questioni in modo più definitivo, mentre gli eventi attuali mostrano chiaramente che L'attacco e la conquista di un paese sono solo i primi stati di un processo che è molto più complessa di quanto l'espressione cambio di regime riesca ad esprimere. L'Afghanistan sta ancora cercando di risollevarsi e completare il processo di trasformazione necessario dopo più di quattro decenni di guerra.] CONFLITTI “GLOBAL-LOCAL”: guerre non formalmente dichiarate che perseguono il controllo di zone del mondo strategiche per gli interessi materiali e politici del paese dominante; ad esempio la guerra ancora in atto che vede le potenze europee colonizzare i paesi tropicali. Questo tipo di conflitto può esplicarsi anche tra un'azienda multinazionale e uno o più gruppi locali. Le multinazionali sempre più spesso adottano il concetto di responsabilità sociale d'impresa (RSI), anche se esso viene applicato in misura variabile: una concezione etica dell'impresa per cui la ricerca del profitto non deve provocare danni alle società umane e all'ambiente.
LE TRASFORMAZIONI DEI SISTEMI POLITICI E GIURIDICI
NAZIONI EMERGENTI E NAZIONI TRANSNAZIONALI Con nazione si intende un gruppo di persone che condivide lingua, cultura, storia, territorio di riferimento e organizzazione politica. Secondo questa definizione la nazione è culturalmente omogenea e gli USA non possono essere considerati nazione, ma piuttosto un soggetto politico composto da più nazioni. Un'espressione collegata a nazione è quella di stato-nazione, il cui significato è controverso: secondo alcuni indica uno stato che include una sola nazione, secondo altri uno stato che comprende più nazioni. Le nazioni e gli altri gruppi possono costituire una minaccia politica per la stabilità dello stato. La globalizzazione e l'aumento delle migrazioni internazionionali hanno favorito in alcune zone l'emergere di un'identità transnazionale, un'identità diversa da quella nazionale. DEMOCRATIZZAZIONE La democratizzazione è il processo di trasformazione di un regime autoritario in un regime democratico. Essa prevede la rinuncia alla pratica della tortura, la liberazione dei prigionieri politici, l'abolizione della censura, l'adozione di un atteggiamento di tolleranza nei confronti di una qualche forma di opposizione. Da qui nascono i partiti politici. LE NAZIONI UNITE E LE MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE Robert Carneiro presume che le guerre continueranno a succedersi l'uno all'altra e che gli stati diventeranno sempre più grandi fino a costituire un unico mega-stato. Secondo l'antropologo le Nazioni Unite non hanno il potere necessario a contrastare l'ostacolo principale alla pace del mondo, gli interessi di sovranità degli stati, dunque la guerra è inevitabile. In contrasto con quanto affermato da Carneiro, gli antropologi culturali ci hanno mostrato che la guerra non è una categoria culturale universale e che esistono culture presso le quali le dispute si risolvono senza ricorrere alla guerra. La prospettiva del relativismo culturale può fornire concreti approfondimenti su questioni connesse al conflitto e con questi promuovere dialoghi meno superficiali tra parti diverse. Le Nazioni possono offrire quantomeno un'arena in cui dare voci alle dispute, mentre le organizzazioni internazionali per la pace possono offrire un luogo dove analizzare i problemi globali e denunciare cause e conseguenze della violenza. Come queste, anche le organizzazioni non governative e le associazioni informali possono dare, in varie forme e misure, il loro contributo.
Capitolo 12: POPOLI IN MOVIMENTO
Migrazione: trasferimento di una persona o di una popolazione da un luogo all’altro. Gli antropologi fanno ricerca su diversi temi connessi alla migrazione ad es la sua correlazione con sistemi economici, con l’evoluzione dell’individuo ecc. La ricerca sulla migrazione è caratterizzata da tre tendenze: - Tendenza a svolgere ricerca sul campo in più di una località, finalizzata alla comprensione dei contesti d’origine e di destinazione - Tendenza a combinare prospettive macro e micro, data l’esigenza di dare conto di forze economiche, politiche e sociali che agiscono in ambiti nazionali e globali, lo studio della migrazione mette in crisi il tradizionale approccio alla ricerca che la vuole focalizzata su un singolo villaggio o quartiere - Tendenza a applicare i risultati di ricerca per fornire risposte a persone costrette a migrare per molti motivi come guerre, disastri ambientali ecc.
LE FORME DELLA MIGRAZIONE
TIPOLOGIE BASATE SU CRITERI SPAZIALI - Migrazione interna: trasferimento entro i confini di un paese. Nel XX secolo in Occidente la principale migrazione si è avuta nel trasferimento dalle campagne alle città. Teoria push-pull: teoria che spiega i motivi del trasferimento tenendo conto della mancanza di opportunità nel contesto di origine rispetto a quelli offerti dai luoghi di destinazione. In base a questa teoria possiamo dire che nel caso del trasferimento dalle campagne alle città il push è a mancanza di occupazione, la povertà ecc mentre il pull sono le maggiori opportunità che offre la città. - Migrazione internazionale: trasferimento oltre i confini nazionali. Sono aumentati in maniera considerevole dalla seconda guerra mondiale. Inizialmente gli stati più interessati da questa forma di immigrazione erano Australia, Canada, Stati Uniti ecc e davano priorità all’immigrazione bianca (non volevano l’immigrazione dei non bianchi). Successivamente queste politiche sono state via via superate per due motivi: richiesta di forza lavoro e volontà di dare una certa immagine di sé agli altri stati. I paesi che fino al secolo scorso erano paesi da cui partivano le persone, sono oggi paesi che le ospitano (es Europa). - Migrazione transnazionale: trasferimento tra due o più paesi, nel corso del quale il migrante assume un’identità culturale nuova, che trascende la singola unità geopolitica. E’ in aumento e dovuta alle recenti creazioni di confini tra stati, è dovuta a fattori principalmente economici. Incide sull’identità del migrante, sul suo senso di cittadinanza e sui suoi diritti. I continui spostamenti portano ad un senso di spaesamento e il senso di appartenenza a una comunità di emigrati transnazionali (persona nella sua stessa condizione). Molti paesi sono diventati paesi transnazionali, da cui le persone partono per motivi economici ma dove mantengono la cittadinanza e dove lasciano la famiglia. Caratteristica di questo processo è la rimessa: trasferimento di beni dal paese in cui si rega l’emigrato al paese d’origine per sostenere la famiglia. TIPOLOGIE BASATE SUI MOTIVI DEL TRASFERIMENTO I migranti possono esser distinti in tipologie diverse a seconda delle ragioni per cui si trasferiscono. - Lavoratori migranti: si trasferiscono per svolgere un’occupazione per una durata determinata, non hanno intenzione di rimanere per sempre nel paese dove trovano occupazione (si ha in questo caso la migrazione di lavoratori salariati). - Migrazione circolare: schema di trasferimento tra due o più località per motivi lavorativi. - Profughi: costretti a abbandonare le proprie case e paesi. I motivi sono guerre, persecuzioni, disastri ambientali, schiavismo, colonialismo, attività estrattive ecc. secondo una stima del 2010, 44 milioni di persone nel mondo sono state obbligate a lasciare le loro case a causa di conflitti e persecuzioni. - Rifugiati: individui costretti a trasferirsi all’estero soprattutto per persecuzioni di tipo religioso, razziale, di genere, etnico, di nazionalità, politico. L’80% dei rifugiati trova asilo presso paesi poveri, circa ¼ dei rifugiati è palestinese. La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini, che molto spesso sono vittime di abusi. Il numero di rifugiati è in continuo aumento. - Profughi interni: persone che sono costrette a lasciare le loro case e comunità ma che restano all’interno del loro paese. In tutto il mondo sono circa 51 milioni. L’Africa è il continente in cui ce ne sono di più (il Sudan) - Migrazione da sviluppo: migrazione forzata causata dai progetti di sviluppo (esempio: costruzione di dighe colossali). Queste persone ricevono un indennizzo per la perdita delle loro case e della loro terra (anche se questo difficilmente ripaga il prezzo del loro stile di vita perduto, delle loro radici, della loro identità eccetra). - Migranti istituzionali: individui che si trasferiscono presso un’istituzione sociale (es monaci, suore, prigionieri, militari, studenti fuori sede). Problema dei militari: spesso diventano militari circolari, che solo periodicamente stanno lontano dalla missione ma devono tornarci perché quella è diventata la loro realtà e la loro dimensione sociale (fanno loro tutte le culture e nessuna, quindi alla fine l’unica cosa durevole che sentono nella loro vita è il sentimento di amicizia e di coesione all’interno del plotone di combattimento a cui appartengono).
NUOVI IMMIGRATI NEGLI STATI UNITI E IN CANADA
- Nuovo immigrato: con questo termine ci si riferisce agli immigrati negli USA dopo gli anni 60. I nuovi immigrati sono principalmente rifugiati. La migrazione internazionale del XXI secolo è caratterizzata dalle seguenti tre tendenze: GLOBALIZZAZIONE: la diversità culturale è in aumento sia nei paesi di origine che in arrivo a causa dell’aumento dell’immigrazione internazionale ACCELERAZIONE: il numero dei migranti è aumentato in tutto il mondo FEMMINILIZZAZIONE: il numero delle donne migranti è in crescita in ogni categoria della migrazione e in ogni zona del mondo interessata da questo fenomeno.
Gli Stati Uniti concedono agli stranieri due tipi di visto:
immigrant visa consente di fare un lavoro stipendiato e di richiedere la cittadinanza. Alcuni ottengono questo visto per una loro competenza specifica ma la maggior parte per il ricongiungimento familiare Visto per i turisti valido per un periodo limitato e non consente in genere di fare un lavoro I NUOVI IMMIGRATI DALL'AMERICA LATINA E DAI CARAIBI CASO DEL MESSICO: è il paese da cui proviene il maggior numero di immigrati negli stati uniti (circa 1/£ di tutti gli immigrati in usa). La maggior parte di loro risiede in California, Texas e Illinois. Dal Messico proviene anche la maggior parte degli immigrati clandestini. Dal 2008 a causa della recessione economica sono meno gli immigrati messicani che raggiungono gli stati uniti, e molti tornano in Messico (e i figli che sono nati negli stati uniti trovano difficoltà a cambiare tenore di vita). Molti messicani in età adulta si trovano nella condizione di non sperimentare nessun senso di appartenenza in nessun luogo: dagli anni 80 le persone si sono stabilite regolarmente negli stati uniti (non solo per stagioni lavorative) la casa dei loro figli sono gli stati uniti, mentre la casa dei loro padri resta per molto tempo il Messico anche se non hanno la possibilità di tornarci. CASO DELLA REPUBBLICA DOMENICANA: i domenicano sono di solito gli immigrati più poveri. Dopo il recente calo delle occupazioni i domenicano si sono spostati dal settore d’impiego industriale a quello commerciale, fondando le cosiddette “bodegas” nelle zone più malfamate delle città come New York e spesso rimettendoci la vita a causa della criminalità. I domenicani di solito seguono un sistema di migrazione a catena, secondo il quale via via il numero di immigrati che giungono nel paese di arrivo aumenta attraverso la richiesta del ricongiungimento familiare. Siccome gli stati uniti riconoscono questa clausola solo per il nucleo familiare ristretto (posso far venire mia moglie o mio figlio ma non il cugino di terzo grado), allora spesso vengono combinati matrimoni d’affare che, una volta che si è avuto il ricongiungimento, vengono facilmente sciolti. La situazione delle donne domenicane immigrate negli stati uniti è migliore di quella degli uomini: qui le donne hanno un margine di indipendenza molto più ampio di quello che avevano nella Repubblica Domenicana (ad esempio possono avere un impiego e non occuparsi solo della manutenzione della casa e della famiglia). I NUOVI IMMIGRATI DALL'ASIA CASO DEL VIETNAM: 125 milioni di vietnamiti sono emigrati negli stati uniti, tra essi si possono identificare tre ondate: l’elite del 1975 che ha evitato molti elementi traumatici legati all’emigrazione perché ha passato poco tempo nei campi profughi, perché è arrivata prima dell’avvento del comunismo in Vietnam, perché sono arrivati negli stati uniti insieme alla famiglia e perché hanno ricevuto aiuti economici. Questa ondata era caratterizzata soprattutto da individui istruiti. La seconda ondata, del 1978, viene definita “popolo delle barche”. La terza è l’ondata della popolazione vietnamita di etnia cinese. Per le ultime due le condizioni di emigrazione sono state assolutamente più difficili le difficili modalità di raggiungimento delle coste, mancanza di sostegno economico, scarsa istruzione (per il popolo delle barche e non per i vietnamiti economici che sono imprenditori e che trovano invece difficoltà dal punto di vista culturale). Gli immigrati di prima generazione e soprattutto appartenenti alle due ondate successive hanno diverse difficoltà occupazionali e molto spesso si trovano in condizioni di povertà. CASO DELL'INDIA: Ci sono state diverse ondate migratorie dall'Asia meridionale agli Stati Uniti: la prima caratterizzata da persone istruite (soprattutto ingegneri), mentre le ondate successive sono state caratterizzate da persone meno istruite che hanno aperto piccole attività commerciali (come negozi aperti h24 o motel) o che si occupano nel settore dei servizi. Soprattutto gli immigrati arrivati negli stati uniti con la prima ondata si sono occupati di tenere vivi elementi della loro cultura Hindu (tempio Ganesha: grandissimo tempio induista costruito a New York nel 97 che offre un’ampia gamma di rituali). L'IMMIGRAZIONE NELL'EUROPA MEDITERRANEA E L'ANTROPOLOGIA CULTURALE Dagli anni '50 si è assistito in tutta Europa ad una conseguenza della decolonizzazione. Tale fenomeno è l’immigrazione da parte delle ex colonie verso l’ex madrepatria. Oggi la maggior parte dei migranti che si riversa in Europa è rifugiata. Le attività a cui si dedicano sono lavori domestici, attività produttive, autoimpenditoria. Molte attività si svolgono a nero. Questi nuovi flussi migratori che riguardano l’Europa hanno interessato in modo massiccio anche l’Italia e la Spagna (Francia e Gran Bretagna li hanno già sperimentati con la decolonizzazione). CASO ITALIANO: Nel 1974, in Italia, il saldo tra partenze e arrivi si chiude in parità (non ci sono più tante emigrazioni che avevano caratterizzato gli anni precedenti). Da quel momento l'Italia avrà un numero sempre più crescente di stranieri e questi si troveranno con maggiore densità nelle regioni di Lombardia, Veneto e Lazio. La nazionalità più rappresentata è la Romania, al secondo posto il Marocco e al terzo l'Albania. MIGRAZIONI NEL MEDITERRANEO L’interesse dell’antropologia per l'immigrazione è partito dagli anni '80, dallo studio per le emigrazioni del Mediterraneo. L’antropologia deve esplorare da un punto di vista etnografico le varie comunità migranti e le loro relazioni con quelle ospitanti in modo da poter riflettere sulle politiche migratorie da attuare. Le politiche del riconoscimento delle differenze possono seguire diversi approcci: Approccio dell’assimilazione: oggi non più teorizzato, prevede che l’assimilazione necessaria dei gruppi etnici sul territorio nazionale (in pratica livellando le differenze). Approccio del multiculturalismo: è stato teorizzato in Gran Bretagna e negli stati uniti. Non vuole cancellare le differenze etnico-culturali ma preservarle attraverso azioni politiche. Intercultura: teorizzato in Francia e Italia, con questo termine si indica un modo alternativo di gestire le differenze, basato sul dialogo tra gruppi anziché la compresenza e la rivendicazione di diritti esclusivi su base etnica. Le legislazioni nazionali definiscono il numero e la tipologia di persone che possono essere accolti. I criteri adottati per definire queste restrizioni rispondono a interessi politici e economici (ad esempio la necessità di forza lavoro agevolerà l’accoglienza di migranti). Le politiche nazionali sull’immigrazione hanno un impatto sulle comunità locali, la cui insoddisfazione è dovuta alla cosiddetta “mentalità della sopravvivenza” (induce a portare limiti all’espansione di determinati gruppi di immigrati a causa di una presunta carenza di risorse). POLITICHE E PROGETTI SULLE MIGRAZIONI NEL MONDO Le questioni cruciali che le politiche sulla migrazione devono affrontare rigardano le legislazioni nazionali e internazionali che favoriscono l’inclusione o esclusione di categorie di persone. Tutte le tipologie di migranti cercando di salvaguardare il proprio stile di vita e mantenersi in salute. TUTELARE LA SALUTE DEI MIGRANTI La salute dei migranti è esposta a diversi rischi molto diversi tra loro. Un gruppo di migranti molto fragile è quello che dipende da sistemi economici che richiedono mobilità, come i cacciatori e i raccoglitori che vengono piegati dalle frequenti siccità in Africa. Tali questioni attirano l'attenzione degli antropologi che vogliono sviluppare delle strategie di prevenzione a partire dal potenziamento delle attività di monitoraggio e sostegno. INCLUSIONE ED ESCLUSIONE Gli atti legislativi a tutela degli immigrati sono sempre legati ad interessi politici ed economici. In tutti i casi di immigrazione, uno dei fattori che più influenza le politiche d’immigrazione è il flusso della forza lavoro: migranti impiegati a basso costo e a volte anche illegalmente. Le insoddisfazioni diffuse a livello locale sono associate alla cosiddetta “mentalità della sopravvivenza”, che induce a porre limiti alle migrazioni per una presunta carenza di risorse. Questo è alla base delle ostilità nei confronti dei migranti da parte delle popolazioni che li accolgono in tutto il mondo. MIGRAZIONE E DIRITTI UMANI Recenti tendenze conservatrici in tutto il mondo sono riuscite ad annullare le politiche migratorie più progressiste. Sul campo dei diritti umani legati alla migrazione bisogna prima distinguere tra la migrazione volontaria e la migrazione forzata: quest'ultima può essere considerata una violazione dei diritti umani. Un'altra distinzione vi è tra profughi con diritto di ritorno (che possono tornare alla terra d'origine) e quelli che non lo hanno. In Occidente, il diritto di ritorno è considerato inalienabile. La questione del diritto del ritorno è molto pressante nella guerra costante tra Palestina e Israele: moltissimi profughi Palestinesi vorrebbero ritornare nel loro paese, ma non possono perché Israele vieta loro questo diritto
Capitolo 13: CULTURA E SVILUPPO
L'antropologia dello sviluppo analizza le dinamiche dell'interazione tra cultura e "sviluppo". Questo indirizzo di studio ha un forte versante critico e applicativo e pone domande scomode sulle cause della povertà. DEFINIZIONI E STRATEGIE DELLO SVILUPPO Sviluppo: cambiamento finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita degli esseri umani Progetto di sviluppo: ha lo scopo di prevenire e ridurre la povertà. Povertà: mancanza di risorse tangibili e intangibili utili alla vita e a migliorarne la qualità Povertà estrema: grave mancanza di accesso a risorse di importanza vitale Povertà cronica: mancanza di accesso alle risorse che dura per tutta la vita o per generazioni Cause della povertà - Cause profonde: fattori come cambiamenti climatici, disuguaglianze di genere, divario sociale. Trattengono le persone in una condizione di povertà per molto tempo - Cause immediate: ad esempio un terremoto, un’alluvione - Cause combinate: un misto di cause profonde e immediate, portano a povertà estrema e cronica. Prestito di microcredito: piccoli prestiti dati alle persone con basso reddito per sostenere un’attività produttiva. Sono fatti per togliere le persone da condizioni di indigenza per lunghi periodi. DUE DINAMICHE DEL CAMBIAMENTO CULTURALE: INVENZIONE E DIFFUSIONE .1) Invenzione di solito graduale. Può essere concettuale (es democrazia). Di solito porta cambiamenti positivi .2) Diffusionele società che hanno analogo potere di scambio tendono ad adottare elementi culturali l’una dall’altra. Inoltre la diffusione può consistere nel trasferimento di elementi da una cultura dominante a una che ha meno potere. Questo processo può essere imposto con la forza oppure in modo più sottile può derivare da percorsi educativi o da dinamiche di mercato che promuovono l’adozione di nuove pratiche e convinzioni. Le culture dominanti possono appropriarsi di elementi di quelle meno potenti attraverso l’imperialismo culturale. Acculturazione: rende la cultura minoritaria più simile a quella dominante. In casi estremi una cultura può essere assimilata o deculturata perdendo i caratteri specifici della propria identità. In casi ancora più estremi una cultura minoritaria può essere condotta all’estinzione. Questi processi implicano anche cambiamenti linguistici derivanti dal contatto con culture e lingue dominanti che, con la globalizzazione e la diffusione di nuove tecnologie, hanno interessato numerosi popoli indigeni. Risposte alternative all’acculturazione includono l’adozione selettiva di alcune innovazioni che vengono rielaborate localmente e diventano oggetto di sincretismi e il totale rigetto e resistenza. TEORIE E MODELLI DELLO SVILUPPO Modernizzazione: forma di cambiamento caratterizzata da una crescita economica prodotta dall’industrializzazione e dall’espansione del mercato. Il consolidamento politico dello stato, l’innovazione tecnologica, scolarizzazione, mobilità sociale. Obiettivi della modernizzazione sono il progresso materiale e lo sviluppo degli individui. Ci sono sostenitori e critici di questo processo sia nei paesi ricchi che poveri. I suoi sostenitori ritengono che i benefici della modernizzazione (trasporti, elettricità. Assistenza biomedica) valgano i prezzi pagati dall’ambiente e dalla società. Altri hanno un’opinione più critica, dati i livelli di consumo sempre crescenti e l’uso di risorse non rinnovabili che la modernizzazione comporta. Molti antropologi culturali sono critici nei confronti dell’occidentalizzazione e della modernizzazione poiché le loro ricerche mostrano che la modernizzazione spesso danneggia ambiente, aggrava disuguaglianze sociali, distrugge culture locali e riduce la diversità culturale e biologica nel mondo. Tuttavia la maggior parte dei paesi continua a impegnarsi per favorirla. Sviluppo finalizzato alla crescita Sviluppo come cambiamento indotto, derivante dalla teoria della modernizzazione dei paesi in via di sviluppo è emerso dopo la seconda guerra mondiale. Gli usa iniziano a estendere la loro leadership nel mondo e sostengono programmi di sviluppo (elemento della strategia internazionale degli usa). Secondo il concetto di sviluppo internazionale adottato dalle più importanti istituzioni occidentali che se ne occupano, questo processo ha obiettivi affini a quelli della modernizzazione ed è soprattutto incentrato sulla crescita economica. Secondo la teoria dello sviluppo finalizzato alla crescita gli investimenti finalizzato alla crescita economica conducono al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni grazie all’effetto a cascata: il graduale aumento della ricchezza dei meno abbienti come conseguenza del benessere di chi ha maggiori risorse economiche. Favorire la crescita economica dei paesi in via di sviluppo comporta le due seguenti strategie: - Incremento della produttività economica e scambi commerciali attraverso modernizzazione delle manifatture e agricoltura, accesso a mercati globali - Riduzione delle spese del governo per servizi pubblici come scuola e sanità per diminuire il debito e destinare risorse a favorire l’aumento della produttività Questa strategia definita di riassetto strutturale è stata favorita dalla banca mondiale fino dagli anni 80. Un indice utile alla valutazione del grado di sviluppo raggiunto tramite l’applicazione di questo modello è quello del tasso di crescita economica (pil). Sviluppo distributivo Lo sviluppo distributivo si distingue da quello finalizzato alla crescita per l’enfasi che pone sull’importanza di un’equa distribuzione sociale dei suoi benefici specialmente in termini di aumento del reddito, istruzione e salute. Secondo tale modello l’effetto a cascata è inefficace perché non arriva a interessare la popolazione indigente ma arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri (aumentano le disuguaglianze sociali e peggiorano le loro condizioni con i tagli sulla sanità e istruzione. I governi dovrebbero invece garantire un equo accesso alle risorse più importanti. Sviluppo umano Ulteriore alternativa allo sviluppo finalizzato alla crescita Tale strategia si concentra sugli investimenti destinati a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni. Le nazioni unite hanno fatto propria l’espressione sviluppo umano per porre l’accento sulla necessità di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni (istruzione, salute, sicurezza). Secondo questa prospettiva gli investimenti volti a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni producono sviluppo economico mentre non sempre è vero il contrario. Le risorse economiche, unite a misure distributive, sono considerate un soldo dato di partenza per ottenere livelli elevati di sviluppo umano Sviluppo sostenibile Identifica le strategie per apportare miglioramenti che non implichino il consumo di risorse non rinnovabili e siano finanziariamente sostenibili nel tempo. I sostenitori di questo modello ritengono che la crescita economica dei paesi ricchi sia stata e continui a essere molto onerosa per ambiente e persone e non potrà essere sostenuto per molto in futuro (sono sempre più i paesi che si stanno industrializzando). APPROCCI ISTITUZIONALI ALLO SVILUPPO LE GRANDI ISTITUZIONI PER LO SVILUPPO Esistono due principali tipologie di istituzioni per lo sviluppo: - Istituzioni multilaterali associano numerosi donatori. ONU (1945 con più di 160 stati membri. Ciascuno di essi porta contributo finanziario in base alle disponibilità e ha diritto di voto nell’assemblea generale. A esse fanno capo varie agenzie con funzioni diverse: FAO, UNICEF, UNESCO, UNHCR) e Banca mondiale (1944, riceve soldi da 150 paesi membri, promuove il modello della crescita economica in tutto il mondo e la sua strategia principale è quella di favorire investimenti internazionali attraverso l’erogazione di prestiti. La banca mondiale è diretta da consiglio di amministrazione comporto dai ministri delle finanze di ciascun paese membro. Le superpotenze economiche ne hanno il predominio. Si trova a Washington. A essa afferisce IBRD, concede prestiti ai paesi poveri. La maggior parte di questi prestiti è usata per finanziare grandi progetti infrastrutturali es creazione dighe. Nel complesso la banca mondiale promuove il cambiamento attraverso modelli di crescita economica i stile capitalistico privilegiando investimenti in grandi progetti infrastrutturali rispetto a progetti sociali che riguardano salute e scuole. Da 50 anni la banca mondiale prende le distanze da questioni “politiche”, compresi i diritti umani) caratterizzate da sistemi sociali vasti e complessi. - Istituzioni bilaterali associano solo due paesi, donatore e beneficiario. I prestiti e le sovvenzioni possono essere vincolati o non vincolati. Nel primo caso una percentuale dei finanziamenti erogati per l’implementazione di un progetto è destinato all’acquisto di beni, consulenze e servizi forniti dal paese donatore. Nell’altro caso il paese che ne è beneficiario potrà decidere liberamente come utilizzarli. Caso di Cuba: nei progetti bilaterali privilegia i contributi perla formazione del personale medico e per l’assistenza sanitaria preventiva. Destina i finanziamenti per lo sviluppo di paesi che hanno il suo stesso orientamento socialista. APPROCCI “DAL BASSO” Molti paesi hanno dato luogo alla sperimentazione di approcci dal basso allo sviluppo, cioè hanno sostenuto progetti su piccola scala avviati per iniziativa locale. Questo approccio, alternativo a quello dello sviluppo calato dall’alto (azione delle agenzie che operano su larga scala) hanno maggiori probabilità di risultare culturalmente compatibili, di godere del sostegno e della partecipazione delle comunità locali e quindi di avere successo. L’espressione “capitale sociale” si riferisce alle risorse intangibili che sono insite nei rapporti sociali, nella fiducia reciproca e nella cooperazione. Nei casi di povertà estrema (no finti di reddito alternativo) gli interventi governativi sono da associare a iniziative dal basso IL PROGETTO DI SVILUPPO Tutte le agenzie per lo sviluppo (es ong e istituzioni multilaterali) realizzano i loro obiettivi implementando un progetto di sviluppo: una serie di attività finalizzate a attuare politiche di sviluppo. IL CICLO DI UN PROGETTO DI SVILUPPO: le varie fasi che lo articolano, dalla pianificazione iniziale alla conclusione. Ci sono 5 fasi principali: .1) Identificazione del progetto (individuazione di un progetto adeguato per un obiettivo specifico) .2) Formulazione del progetto (definizione del progetto nei suoi dettagli .3) Budget del progetto (analisi aspetti economici del progetto) .4) Implementazione del progetto (messa in atto) .5) Valutazione del progetto (verifica della realizzazione degli obiettivi) Cause di insuccessi dei progetti: - Progetto non adeguato a contesto ambientale e culturale - I benefici non raggiungono il gruppo a cui erano destinati ma elite ecc - Le condizioni di vita di chi avrebbe dovuto avere benefici erano peggiori alla fine del progetto rispetto che all’inizio Un fattore soggiacente a questi insuccessi è la cattiva impostazione del progetto. I progetti erano stati fatti da burocrati, economisti ecc lontani dal luogo di implementazione del progetto, privi di conoscenza di prima mano delle condizioni e dello stile di vita delle popolazioni che avrebbero dovuto beneficiare del progetto. Gli antropologi incaricati di valutare i progetti conoscono le popolazioni e il contesto locale e dovrebbero quindi essere interpellati. COMPATIBILITA CULTURALE L’analisi di molti progetti di sviluppo implementati negli ultimi decenni mostra quanto sia importante che essi siano culturalmente compatibili, ossia che nella loro elaborazione si sia tenuto conto della cultural locale. ANTROPOLOGIA CRITICA DEI PROGETTI DI SVILUPPO I primi decenni dell’antropologia dello sviluppo sono stati dominati da quella che chiamiamo antropologia tradizionale dello sviluppo. Nell’antropologia tradizionale dello sviluppo gli antropologi portano il proprio contributo all’elaborazione di politiche e programmi di sviluppo più efficaci. Gli antropologi che conoscono bene determinate culture locali possono fornire indicazioni sui beni di consumo che troveranno accoglienza migliore o suggerire come convincere dei gruppi a trasferirsi senza incontrare troppe resistenze da parte loro. Gli antropologi possono quindi fungere da mediatori culturali e usare la propria conoscenza della cultura del donatore e quella del beneficiario per elaborare un progetto efficace. Se non si rispettano i presupposti culturali di una popolazione un progetto di sviluppo può portare all’abbandono delle proprie case da parte di molti (vedi esempio costruzione dighe, che eliminano luoghi sacri, impediscono il sostentamento a causa del rilascio delle acque in modo disuniforme ecc). La crescente consapevolezza dei danni provocati da molti progetti di sviluppo che si ritenevano capaci di portare benefici ha portato alla nascita di quella che chiamiamo antropologia critica dello sviluppo. In questa prospettiva gli antropologi assumono una posizione analitica critica e la domanda che si pongono è: questo progetto è valido dal punto di vista della popolazione che ne sarà interessata e per l’ambiente in cui vive?”. LO SVILUPPO, I POPOLI INDIGENI E LE DONNE POPOLI INDIGENI E SVILUPPO I popoli indigeni sono stati spesso danneggiati dallo sviluppo finalizzato alla crescita, così come era stato in precedenza dal colonialismo. Oggi però molti gruppi indigeni stanno ridefinendo lo sviluppo rendendosene protagonisti (es molti di laureano in legge). I popoli indigeni si distinguono dalle minoranze in quanto vivono in regioni remote e ricche di risorse naturali. La distanza e l’isolamento li hanno protetti dagli estranei ma oggi i governi, il mondo degli affari, ambientalisti e turisti sono sempre più consapevoli che i territori dei popoli indigeni abbondano di attrattive culturali e di importanti risorse naturali. POPOLI INDIGENI, VITTIME DEL COLONIALISMO E DELLO SVILUPPO Come il colonialismo in passato, gli attuali interessi politici e economici globali e nazionali comportano spesso l’assunzione del controllo dei territori abitati dai popoli indigeni. Nel corso dei secoli passati il contato con stranieri ha causato l’annientamento di molti popoli indigeni e delle loro culture (malattie, schiavitù, guerre, violenza hanno portato alla scomparsa e declino delle popolazioni). Questa perdita di autonomia (economica, politica, espressiva) ha avuto effetti fisici e psicologici devastanti sui popoli indigeni e la riduzione della biodiversità nell’ambiente naturale in cui vivono (e questa è causa diretta del loro impoverimenti, della diffusione della disperazione e di un generalizzato declino culturale). Questi processi interessano tutto il mondo e espongono i popoli indigeni ai nuovi rischi. Esempio: alcuni governi asiatici, a causa di interessi interni e pressioni internazionali, obbligano delle tribù indigene allo spostamento attraverso il “trasferimento programmato” in nome del progresso. POPOLI INDIGENI E DIRITTI TERRITORIALI Durante l’intero corso della storia, i popoli indigeni hanno tentato di contrastare gli effetti della “civilizzazione” e, a partire dagli anni ‘80, si sono diffuse forme di protesta efficaci. Oggi i popoli indigeni intendono riappropriarsi e difendere i loro diritti territoriali. Ecco una panoramica delle rivendicazioni territoriali espresse dai popoli indigeni. America Latina: Le popolazioni indigene reclamano il rispetto del loro diritto all’isolamento, quando questo risponda alle loro volontà e chiedono di ottenere protezione dal contatto con gli estranei e da incursioni indesiderate nei loro territori. Nel 2008 si è formata l’Alleanza Internazionale dei Popoli delle Foreste, con lo scopo di favorire la partecipazione di rappresentanti dei popoli indigeni ai colloqui sui cambiamenti climatici globali e definire un programma che preveda una compensazione per la salvaguardia delle foreste tropicali. Canada: Le rivendicazioni derivano da controversie sorte a seguito di precedenti accordi o trattati oppure sono avanzate da Popoli Nativi che non sono stati allontanati dai loro territori e non hanno firmato alcun trattato. Nel primo caso è prevista una compensazione monetaria; nel secondo caso, gli interessi minerari e petroliferi hanno spinto i governi a intraprendere negoziati con i popoli indigeni. Asia: La maggior parte degli Stati si dimostra riluttante a riconoscere diritti territoriali ai popoli indigeni. Oggi i “nuovi arrivati” occupano le terre più fertili e i popoli indigeni e le loro culture sono esposti a diversi rischi, come la sofferenza causata dalla perdita della terra e dello stile di vita tradizionale o problemi di salute. La lotta dei popoli indigeni che aspirano alla secessione dagli Stati, in molti casi, costa molte vite, soprattutto le loro. Africa: Gli interessi politici dei governi statali, orientati alla difesa dei confini, hanno danneggiato i popoli indigeni, in specie quelli caratterizzati dalla mobilità come i cacciatori-raccoglitori e i pastori. Australia e Nuova Zelanda: Lo scenario è migliore: in Australia riconoscono legalmente i diritti territoriali agli Aborigeni, infatti questi ultimi hanno conquistato il “native title”, il diritto nativo. E’ stato contestato dagli indigeni il principio della “terra nullius”, ovvero “di nessuno”, che avrebbe legittimato l’occupazione coloniale di determinati territori in assenza di evidenze della presenza di diritti di proprietà. ORGANIZZARSI PER CAMBIARE Molte popolazioni indigene hanno dato vita ad associazioni create per promuovere il cambiamento dall’interno. Sebbene si ripongono grandi speranze sulle nuove forme di resistenza che stanno emergendo e sulla diffusione dell’auto-determinazione e delle forme autonome di organizzazione dei popoli indigeni, queste speranze non si possono applicare a tutti i gruppi indigeni. Molti stanno facendo progressi nella rivendicazione dei diritti e le loro condizioni economiche stanno migliorando; tuttavia, molti altri patiscono una dura repressione politica ed economica e sono a rischio estinzione. DONNE E SVILUPPO Colonialismo in passato e sviluppo oggi rendono le donne una categoria a rischio come i popoli indigeni: colonialismo e sviluppo hanno portato alla perdita di diritti economici e potere politico di cui godevano in seno alle loro comunità. Il sistema matrilineare (trasmissione della proprietà per linea femminile) è in declino ovunque nel mondo. Spesso l’occidentalizzazione e modernizzazione sono alla radice di questa dinamica. Altra tendenza a persuasivi effetti negativi sulla condizione della donna si tratta della propensione maschilista dello sviluppo, ossia la tendenza alla definizione e implementazione di progetti di sviluppi che individuano gli uomini come beneficiari e non prendono in considerazione l’impatto che avranno su ruoli e status delle donne. PROPENSIONE MASCHILISTA DELLO SVILUPPO Molti progetti non includevano per niente le donne tra i beneficiari mentre erano gli uomini ad essere identificati come destinatari di iniziative come la promozione della coltivazione di prodotti redditizi, apprendimento nuove tecnologie. Questa tendenza a favorire gli uomini nei progetti di sviluppi ha promosso la disuguaglianza di genere. I progetti dedicati alle donne sono stati per lo più applicati in ambito domestico. Questa attenzione settoriale ha promosso in tutto il mondo la domesticazione delle donne (donne allontanate dalla sfera pubblica e relegate a svolgere funzioni domestiche). La propensione maschilistica dello sviluppo ha provocato il fallimento di alcuni progetti. La commissione delle nazioni uniti sulla condizione delle donne ha stilato una dichiarazione che contrasta la violenza ai danni delle donne, adottata nel 93 dall’assemblea generale. LE ORGANIZZAZIONI DELLE DONNE PER IL CAMBIAMENTO In molti paesi le donne hanno ottenuto miglioramenti del propri status e delle condizioni di vita aderendo a organizzazioni che in alcuni casi fanno parte della loro cultura tradizionale e che in altri casi rispondono a stimoli provenienti dall’esterno (es madri che collaborano per mantenere figli o creditizie per iniziare attività imprenditoriali). Alcune sono locali altre sono globali come la banca mondiale delle donne, organizzazione internazionale nata in India e Bangladesh a partire da programmi di credito per donne lavoratrici indigenti. PROBLEMATICHE URGENTI DELLO SVILUPPO I progetti di sviluppo sono in genere concepiti da estranei che spesso hanno scarsa conoscenza dei contesti locali e applicano un modello universale “a taglia unica”. I principali beneficiari dei progetti, cioè le popolazioni, spesso non vengono nemmeno consultati in merito agli effetti che avranno sulle loro comunità. Si tratta di uno sviluppo aggressivo: l’imposizione di progetti e di politiche in assenza di un preventivo, libero e informato consenso da parte delle popolazioni interessate. Questo modello di sviluppo non contribuisce in nessun modo a prevenire o ridurre la povertà e viola i diritti umani. PROGETTI DI VITA E DIRITTI UMANI Il progetto di vita è la visione che la popolazione locale ha della direzione che vuole dare alla propria vita ed è costruita in base alle sue conoscenze, alla sua storia e al suo contesto e include gli strumenti per la sua realizzazione. I progetti di vita possono essere considerati un diritto umano inerente alla dichiarazione dei diritti umani ratificata dalle nazioni unite nel 48. I processi di sviluppo che provocano degrado ambientale (declino biodiversità, inquinamento, deforestazione) violano i diritti umani. L’industria estrattiva è un ulteriore causa di degrado ambientale e delle popolazioni autoctone e quindi spesso le popolazioni si oppongono ai progetti di quest’ultime, obbligandole a cambiare rotta o in modo più generale a guardare in faccia i problemi che comportano. PATRIMONIO CULTURALE E SVILUPPO: PASSATO E PRESENTE GUARDANO AL FUTURO La connessione tra turismo culturale e sviluppo è un’arma a doppio taglio: offre benefici ma impone costi. La promozione del patrimonio culturale attraverso il turismo richiede il potenziamento infrastrutturale e altre risorse necessarie ai turisti e al personale incaricato di fornire loro dei servizi. La presenza dell’industria del turismo, anche se contribuisce a salvaguardare il patrimonio culturale, può in alcuni casi danneggiarlo o distruggerlo. L'ANTROPOLOGIA CULTURALE E IL FUTURO Per l’antropologia culturale, che è una disciplina più orientata all’analisi “di ciò che è” piuttosto che alla definizione di “ciò che potrebbe essere”, è difficile immaginare quale sia il modo migliore per mettere le proprie conoscenze al servizio di un futuro migliore. Ma ciò che è certo è che le popolazioni locali, rivendicando la propria cultura, non stanno solo ridefinendo lo sviluppo ma anche le teorie e le pratiche dell’antropologia culturale. Spesso è proprio da chi ha meno in termini di ricchezza materiale ma di più in termini di ricchezza culturale che vengono i più grandi insegnamenti.