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Riassunti del manuale antropologia culturale di Barbara Miller

Capitolo 1: L'ANTROPOLOGIA E LO STUDIO DELLA CULTURA


INTRODUZIONE
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE
Antropologia: letteralmente significa discorso intorno al genere umano. Questa disciplina ha un
vasto insieme di indirizzi e tradizioni di studio. La principale distinzione è tra antropologia fisica
(studio dell’uomo da un punto di vista biologico) e antropologia culturale (studio dell’umanità dal
punto di vista culturale).
Nella tradizione statunitense si può fare la seguente distinzione dell’antropologia:
- Antropologia fisica: studio della specie umana dal unto di vista biologico
- Archeologia: studio delle culture umane del passato attraverso i l’analisi dei loro
resti materiali
- Antropologia linguistica: studia la comunicazione umana (origini, storia,
trasformazioni ecc)
- Antropologia culturale: studio delle popolazioni e delle culture contemporanee che
affronta anche i temi delle differenze e del cambiamento culturale
Nella tradizione inglese si è sviluppata l’antropologia sociale (nata intorno agli anni '20 in Gran
Bretagna) e ha un approccio incentrato sulla dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi e
delle strutture sociali in prospettiva comparata.
Nella tradizione europea il termine antropologia viene inteso nell’accezione antropologia fisica,
mentre l’antropologia culturale viene identificata nel continente europeo con il termine etnologia,
che si occupa in realtà di studiare le culture extraeuropee (cosiddette tradizionali)
In italia, oltre alla distinzione più generale già descritta per l’ambito europeo, si ha la demologia,
cioè lo studio delle tradizioni e culture popolari distinte dalla cultura borghese e aristocratica.
Dagli anni '80 è entrato in uso il termine discipline demoetnoantropologiche (DEA), che unisce
quindi antropologia culturale, demologia, etnologia.
ANTROPOLOGIA CULTURALE COME DISCORSO SULL'ALTRO
CULTURA: insieme di credenze e comportamenti appresi e condivisi da più persone. Come
abbiamo detto, oggetto di studio dell’antropologia culturale è la cultura delle popolazioni e il modo
in cui muta nel tempo; per far ciò sul piano metodologico è necessario trascorrere lunghi periodi di
tempo presso il luogo caratterizzato dalla cultura di studio. L’antropologia culturale nasce
nell’Ottocento, quando per la prima volta molti sentono il pericolo che alcune culture e tradizioni
vadano a scomparire, a causa dell’omologazione culturale, del colonialismo, della modernizzazione,
successivamente della globalizzazione ecc. Lo scopo dell’antropologia era quindi quello di studiare
le culture della popolazione con l’obiettivo ultimo di salvaguardarle. Tuttavia questo obiettivo è
strettamente connesso anche ad un percorso inverso, che porta la disciplina a farsi specchio della
società occidentale e sua critica osservatrice (“guardando l’altro l’antropologia culturale ci porta a
vedere meglio noi stessi e a rendere familiare ciò che è estraneo e estraneo ciò che è familiare”). Ù
STORIA DELL'ANTROPOLOGIA CULTURALE
XIX secolo: Charles Darwin elabora la sua teoria sull’evoluzione (principi dell’evoluzione
biologica, selezione naturale ecc). Il concetto di evoluzione ha avuto un ruolo fondamentale nello
sviluppo del pensiero antropologico.
Nel tardo settecento e a cavallo con il XIX secolo, Morgan elabora una teoria secondo la quale tutte
le culture hanno un processo evolutivo e passano quindi da stadi primitivi a forme superiori.
Secondo questa prospettiva i paesi occidentali ed europei erano ad un livello superiore mentre quelli
extraeuropei sarebbero stati a stadi evolutivi inferiori, e la loro sorte sarebbe stata o quella di
raggiungere un livello di sviluppo pari a quelli occidentali oppure di estinguersi.
Malinowski: introduce la pratica della ricerca sul campo attraverso l’osservazione partecipante. Egli
definisce l’approccio del funzionalismo: teoria per la quale la cultura è come un organismo
biologico, in cui le singole parti collaborano al funzionamento e al mantenimento dell’insieme. Il
funzionalismo è connesso al concetto di olismo: prospettiva antropologica per cui le culture sono
complessi sistemi integrati che non possono essere pienamente compresi senza analizzarne le
diverse componenti (come l'economia, l'organizzazione sociale, l'ideologia).
Boas: fondatore dell’antropologia culturale nordamericana. Sta per un anno presso gli Inuit e
capisce che ogni cultura ha la propria validità. Introduce il concetto di relativismo culturale:
prospettiva per cui è importante comprendere ciascuna cultura a partire dai valori e dalle idee che le
sono propri e non giudicarla sulla base di standard che non le appartengono. La sua visione entra in
contrasto con la teoria dell’evoluzionismo culturale perché per lui nessuna cultura può dirsi più
evoluta di un’altra. Introduce un approccio basato sul particolarismo storico: studio particolare delle
singole culture, senza approcci generalizzanti e storicamente non fondati come i predecessori
evoluzionisti. L’interesse per le relazioni tra individuo e cultura è alla base di un successivo
indirizzo dell’antropologia, cioè la scuola di cultura e personalità.
Gli allievi di Boas svilupparono un successivo indirizzo chiamato scuola di cultura e personalità:
corrente dell’antropologia statunitense che partendo da un approccio integrato della cultura (intesa
come “configurazione” o “modello culturale”) teorizza l’esistenza di un “ethos” intorno al quale gli
individui svilupperebbero strutture psicologiche comuni.
L’antropologia culturale si diffuse ampiamente dopo la seconda guerra mondiale.
Brown dà vita all’antropologia sociale, un indirizzo che privilegia lo studio delle “strutture sociali”
e la ricerca di funzionamento delle società cosiddette primitive, soprattutto a partire dai sistemi di
parentela e dagli aspetti normativi.
Pritchard e Fortes proseguono sulla linea sociologica inaugurata dal maestro Brown, ma mettendo
in discussione l'idea che l'antropologia fosse una scienza naturale delle società alla ricerca di leggi;
in particolare Pritchard perviene ad una concezione dell'antropologia più vicina alle scienze
storiche.
Levi-Strauss elabora negli anni '50 la teoria dello strutturalismo: ricerca gli elementi soggiacenti
(struttura) le relazioni e le pratiche sociali, che si esprimono nella reciprocità e nello scambio. Lo
strutturalismo francese ha ispirato lo sviluppo dell’antropologia simbolica, ossia lo studio della
cultura intesa come sistema di significati.
Anni 60:
Materialismo culturale: teoria che si sviluppa a partire dal marxismo. Spiega l’organizzazione e
l’ideologia delle società a partire dalle condizioni materiali della loro esistenza, quali l’ambiente, le
risorse naturali e il sistema di sussistenza.
Antropologia interpretativa: prospettiva teorica secondo la quale le culture sono delle “reti di
significati” che vanno interpretate a partire da una relazione di dialogo tra osservatore ed osservato
e che sono meglio comprensibili a partire dal pensiero degli individui che ne fanno parte, dalle loro
idee e da ciò che ritengono importante. Questa teoria è sviluppata da Geertz. La cultura non è quindi
un oggetto da laboratorio analizzabile indipendentemente dalla presenza dell’antropologo, perché
questi e i suoi informatori sono calati nella stessa situazione e si influenzano reciprocamente nel
momento dialogico.
Marcus: accentua la natura dialogica dell’incontro tra osservatore e osservato, mettendo quindi in
crisi i paradigmi positivisti di una conoscenza scientifica oggettiva e neutrale. Piuttosto che
conoscere l’altro, l’antropologia postmoderna ritiene possibile solo costruire rappresentazioni
dell’“altro” a partire da strategie retorico-testuali e dalla soggettività dell’antropologo.
Anni 70: si hanno i primi studi di antropologia femminista, dai quali emerge che l’antropologia fino
a quel momento aveva trascurato le donne dalle proprie ricerche
Antropologia Queer: si dedica allo studio delle culture gay e sulle discriminazioni basate
sull’identità e sulle preferenze sessuali.
Anni 90: prendono campo nuove teorie come lo strutturalismo: teoria secondo cui forze importanti
come l’economia, l’organizzazione politica e sociale e i media plasmano i comportamenti e i modi
di pensare degli individui.
Gli antropologi nel tempo via via ripensano la disciplina e offrono nuovi approcci metodologici.
SCIENZE DEMOETNOANTROPOLOGICHE IN ITALIA
La denominazione discipline demoetnoantropologiche (DEA) è quella che definisce l'insieme degli
indirizzi che hanno caratterizzato l'antropologia italiana; si tratta di un'espressione definita da
Alberto Cirese negli anni '80, che unisce tre indirizzi che in passato apparivano specifici e distinti:
antropologia culturale, demologia ed etnologia. Le discipline dea in Italia hanno privilegiato per
molto tempo gli studi sulle differenze culturali interne alla nazione piuttosto che ai popoli
extraeuropei (si spiega con la scarsa attività coloniale dell’Italia). In Italia ci si rende conto che il
popolo italiano ha al suo interno molte diversità (in Germania si ha invece l’idea di un’unica stirpe
germanica).
Pitrè: ha interesse soprattutto filologico sulle varie tradizioni popolari
Loria: scrive varie etnografie sull’Italia
Mantegazza: sostiene il concetto evoluzionistico delle culture/società
1938: manifesto della razza approvato anche da antropologi. Durante il periodo tra le due guerre
(fascismo, sul piano ideologico si ha l’idealismo crociano che mostra sfiducia verso le scienze
empiriche e sociali) le scienze dea hanno un periodo di declino.
De Martino: lui si stacca dall’idealismo crociano (intende la storia non come susseguirsi di
avvenimenti ma nell’accezione di “storia dello spirito umano”, inteso come progressione e
evoluzione umana verso livelli superiori. Secondo croce i primitivi e le plebi non sono parte attiva
nello sviluppo dello spirito umano). Per De Martino una lezione importante è anche quella di
Gramsci (scrive “osservazioni sul folclore”) dove definisce il popolo come “insieme delle classi
subalterne e strumentali” e il folklore come “concezione del mondo e della vita, implicita in grande
misura, di determinati strati della società in contrapposizione con le concezioni del mondo
“ufficiali”. L’etnoantropologia storicista di De Martino, influenzata dal pensiero marxista e da
Gramsci, ha lasciato un segno importante negli studi antropologici italiani fino agli anni '80 del
Novecento.
TRE DIBATTITI TEORICI NELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE
1) DETERMINISMO BIOLOGICO E COSTRUZIONISMO:
-Determinismo biologico: modello teorico che spiega il comportamento e il modo di pensare
degli esseri umani (es. il suicidio, l'alcolismo o le turbe adolescenziali) a partire da fattori
biologici quali i geni e gli ormoni. Tuttavia, il determinismo biologico prende in
considerazione anche le abitudini culturali, poiché queste possono contribuire al successo
riproduttivo della specie e alla costruzione di un pool genetico capace di garantire la
sopravvivenza delle generazioni successive (i comportamenti e i modi di pensare che danno
vantaggi in termini riproduttivi hanno maggiori probabilità di essere trasferiti alle
generazioni future). Ad esempio, i deterministi biologici sostengono che il fatto che gli
individui maschi della nostra specie posseggano maggiori competenze spaziali rispetto alle
femmine sia frutto di una conseguenza evolutiva: i maschi con migliori competenze spaziali
risulterebbero avvantaggiati nel procurarsi cibo e compagne, tanto che si riprodurrebbero di
più portando avanti tale competenza.
-Costruzionismo culturale: modello teorico che spiega i comportamenti e i modi di pensare
degli esseri umani soprattutto come risultati dell'apprendimento. Le migliori competenze
spaziali dei maschi della nostra specie rispetto alle femmine dipenderebbero, per il
costruzionismo culturale, dalla cultura tramandata durante l'apprendimento, che gestisce
l'acquisizione delle competenze spaziali in modo differenziato sulla base del genere.
I costruzionisti culturali danno rilievo alle esperienze infantili e ai ruoli familiari, ritenendo
che questi potrebbero addirittura avere maggior peso rispetto ai geni e agli ormoni sullo
sviluppo dell'individuo.
La maggior parte degli antropologi culturali è costruzionista, ma le ricerche di alcuni di loro
prendono in considerazione sia fattori biologici sia culturali.

2) ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA E MATERIALISMO CULTURALE:


-Antropologia interpretativa (o interpretativismo): prospettiva teorica che vede le culture
come “reti di significati” (pubblici e intersoggettivi), che l'antropologo deve interpretare
attraverso il dialogo tra osservatore ed osservato e comprendere a partire dal punto di vista
dei nativi. Ad esempio, la spiegazione religiosa che forniscono gli Hindu al perché non
mangino carne di manzo (nel loro credo le vacche sono sacre ed ucciderle e mangiarle è
considerato peccato) risulta sufficientemente esaustiva per gli antropologi interpretativisti.
-Materialismo culturale: una Scuola teorica che studia la cultura a partire dalle condizioni
materiali dell'esistenza delle società, quali l'ambiente, le risorse naturali e i mezzi di
sussistenza, fattori considerati modellatori delle culture. I materialisti culturali spiegano la
cultura usando un modello interpretativo composto da tre livelli: l'infrastruttura, il livello
inferiore, composto dai fattori materiali di base (le risorse naturali, l'economia e la
popolazione), che influenza gli altri due livelli; la struttura (l'organizzazione sociale, la
parentela e l'organizzazione politica); e la la sovrastruttura (le idee, i valori e le credenze).
La spiegazione che un materialista culturale dà al perché gli Hindu non mangino carne di
manzo si rifà a ragioni di tipo materiale: in India i bovini sono più utili da vivi, in quanto,
oltre ad arare i campi, questi si nutrono di cartacce ed altri rifiuti commestibili che trovano
per strada, tanto che i loro escrementi sono usati come fertilizzanti e come combustibile per
cuocere il cibo.
Nel mondo dell'antropologia ci sono tanti convinti interpretativisti quanti convinti
materialisti, ma molti fanno tesoro dei contributi di entrambe le prospettive.

3) ANCENCY INDIVIDUALE E STRUTTURISMO:


Dibattito tra
-prospettiva teorica che enfatizza il ruolo dell'agency (“agentività”) umana, nonché la
capacità di esercitare liberamente la propria volontà, e che pone dunque l'accento sul potere
degli individui di creare e trasformare la cultura opponendosi alle strutture dominanti.
(Un pensiero che pone molta enfasi sul ruolo dell'agency individuale è quello filosofico
occidentale).
-Strutturismo (espressione coniata da Barbara Miller): prospettiva secondo la quale potenti
strutture, quali l'economia, la politica, la mediatica ecc., influenzerebbero il modo di pensare
e di agire delle persone, anche senza che queste se ne accorgano, a tal punto da plasmare le
culture. Secondo lo strutturismo, quindi, l'agency individuale non è altro che un'illusione, in
quanto le scelte dei singoli sono preordinate dalle potenti strutture dominanti.
Lo studio della povertà esemplifica bene la differenza di pensiero tra le due prospettive. Se
per coloro che privilegiano l'agency individuale questa è utile e possibile anche nelle
situazioni di estrema povertà, per gli strutturisti i poveri sono costretti dalle forze dominanti.
Ad oggi sempre più antropologi culturali si sforzano di combinare una prospettiva
strutturista con l'attenzione all'agency individuale.

CONCETTO ANTROPOLOGICO DI CULTURA


DEFINIZIONI DI CULTURA
Concetto antropologico di cultura: il concetto di cultura è molto controverso e discusso. In
precedenza prevaleva un’accezione “colta” ed etnocentrica del termine, secondo la quale la cultura
dell’individuo corrisponde all’insieme delle conoscenze che l’individuo accumula nel corso della
sua vita legate all’istruzione. Con cultura in senso antropologico invece ogni individuo è portatore
di una cultura.
Kroeber: allievo di Boas, afferma che la cultura è un “livello superorganico” non riconducibile alla
sfera della natura e non dipendente da esso, ma un sistema complesso e organizzato.
Concetto di cultura da un punto di vista interpretativo: la cultura è un insieme di simboli (“rete di
significati”), motivazioni, stati d’animo e pensieri, ma non comportamenti.
Concetto di cultura adottato dal libro: è una definizione più ampia di quella di Geertz, che
comprende come facenti parte della cultura anche i comportamenti e credenze apprese e condivise.
Concetto di cultura da un punto di vista materialista: la cultura è un modo o uno stile di vita nel Suo
insieme che un gruppo di persone ha acquisito socialmente. Consiste nei modi schematici e
ridondanti di pensare, sentire e agire caratteristici dei membri di una società o di un gruppo sociale”.
Micro-culture: o culture locali, insieme di specifici schemi di comportamento e di pensiero appresi
e condivisi che si riscontrano presso una determinata area e un particolare gruppo umano.

CARATTERISTICHE DELLA CULTURA


La cultura è distinta dalla natura: La relazione tra cultura e natura è di grande interesse per gli
antropologi.La cultura è disntinta dalla natura, in quanto piuttosto contrubuisce al suo
modellamento. Possiamo infatti identificare molte connessioni tra il modo in cui esplichiamo le
nostre funzioni vitali e la cultura. La cultura condiziona le nostre scelte alimentari, i tempi e i modi
del nostro nutrimento e attribuisce significati al cibo e all’alimentazione. La cultura stabilisce quali
cibi sono accettabili e quali no. Anche la percezione del gusto varia in modo significativo da cultura
a cultura: ad esempio i musulmani non mangiano la carne di maiale, mentre i cinesi ne mangiano
molta; a loro volta i cinesi reputano schifoso il formaggio, mentre i francesi ne mangiano
moltissimo. Il sonno è tanto biologicamente determinato quanto culturalmente. Le influenze della
cultura sul sonno si rendono evidenti quando si esamina chi dorme, con chi, per quanto tempo ecc;
nelle società fortemente competitive, ad esempio, le persone dormono poco perché soffrono di ansia
e stress. MANCA BERE E ANDARE DI CORPO PAG.12-14
La cultura si basa sui simboli: le nostre intere vite sono organizzate e basate su simboli. Simbolo:
oggetto, parola o azione dal significato culturalmente codificato che rappresenta qualcosa con cui
non ha una relazione necessaria o naturale. I simboli sono arbitrari e molteplici. È attraverso i
simboli che condividiamo, conserviamo e trasmettiamo nel tempo la cultura. Una parte discreta
dell’apprendimento culturale avviene attraverso l’osservazione. L’apprendimento scolastico è un
modo formale di acquisire cultura. Storicamente, la maggior parte delle culture non è stata
tramandata attraverso un sistema scolastico formale.
La cultura è un insieme organico e coerente. Ciò significa che per avere una rappresentazione
completa di una cultura è inevitabile considerare il contesto culturale più ampio a cui appartiene e a
cui è strettamente collegata. Ciò va tenuto bene in mente nel momento in cui si avviano programmi
di cambiamento in un dato ambiente culturale: non considerare gli effetti che si producono in altri
ambiti è infatti dannoso per il benessere e la sopravvivenza della stessa cultura in questione.
Le culture si influenzano e si modificano vicendevolmente attraverso le occasioni di contatto fornite
da reti commerciali, progetti internazionali, telecomunicazioni, educazione ecc. La globalizzazione,
nonché quel processo di intensa interconnessione e scambio di merci, informazioni e persone a
livello globale, è un potente motore delle trasformazioni culturali. Essa, non espandendosi in modo
uniforme, ha impatti diversi sulle popolazioni con cui entra in contatto: può portare elementi
positivi e negativi, persino all’estinzione di una cultura. La tesi dello scontro di civiltà sostiene che
l’espansione globale del capitalismo e degli stili di vita euro-americani ha generato delusione,
alienazione e risentimento presso gli altri sistemi culturali. Questo modello, che divide il mondo tra
l'Occidente e il resto, si rifà a Barber e Huntington, due autori che hanno ipotizzato che proprio in
conseguenza del processo di uniformazione culturale si genererebbe un fenomeno opposto
all’omologazione culturale, cioè il fiorire delle guerre identitarie di stampo culturale e religioso (ad
esempiola “jihad”). Per occidentalizzazione si intende invece quella tesi che sostiene che, sotto
l'influenza degli USA e dell'Europa, il mondo sta divenendo culturalmente omogeneo.
L'ibridazione (anche detta sincretismo o creolizzazione) si ha quando gli aspetti di due o più culture
si combinano tra loro per formare qualcosa di nuovo, cioè un ibrido.
Abbiamo poi la teoria della localizzazione, ossia la trasformazione della cultura globale in qualcosa
di nuovo per opera di micro-culture (ad esempio, McDonald’s ha assunto nei vari paesi del mondo
delle specifiche caratteristiche adattate ai modi di consumare i pasti delle varie culture).

CARATTERISTICHE DISTINTIVE DELL'ANTROPOLOGIA CULTURALE


I concetti distintivi dell'antropologia culturale che sono stati adottati anche da altre discipline sono
l'ETNOCENTRISMO E IL RELATIVISMO CULTURALE.
L'etnocentrismo è la tendenza a giudicare e interpretare le altre culture in base ai criteri della
propria cultura piuttosto che attraverso i criteri delle altre. Di solito si sviluppa l’idea che la nostra
cultura sia migliore delle altre, e nel corso della storia si sono impiegati molti sforzi per cambiare le
altre culture e farle assomigliare sempre più alla nostra. Oggi si è adottato però un approccio
diverso, quello del relativismo culturale, ossia l'idea che ciascuna cultura debba essere compresa
attraverso i propri valori e credenze e non attraverso quelli provenienti da altre culture. Tuttavia,
anche questa concezione può portare certi problemi, soprattutto se si intende in termini assoluti: il
relativismo assoluto ritiene che qualsiasi cosa accada in una cultura non debba esser messa in
discussione o cambiata. Questa prospettiva in alcuni casi può essere molto pericolosa; pensiamo
all'’Olocausto: si può giustificare e accettare una cultura basata sull’odio e sulla persecuzione
dell’altro? Assolutamente no. È dunque necessario avere un approccio critico.Il relativismo
culturale critico verte proprio in questa direzione: incoraggia una riflessione critica sui valori e le
pratiche culturali, si domanda perché questi vengano accettati e chi potrebbero danneggiare o
favorire. Secondo la prospettiva critica, quello dell’Olocausto è un caso di imperialismo culturale
(imporre a danno dell’altro la propria cultura di odio razziale).
VALORIZZARE E SOSTENERE LA DIVERSITA
L'esperienza sul campo ha portato l'antropologia culturale alla consapevolezza che le persone in
tutto mondo possano adattarsi alle situazioni mutevoli dei diversi contesti. Ciò fa sì che
l'antropologia culturale si impegni oggi a valorizzare e mantenere in tutto il mondo la diversità
culturale, considerato ricco patrimonio dell'umanità. “Cultural Survival”, ad esempio, è
un'organizzazione statunitense che promuove programmi per aiutare le popolazioni indigene e le
minoranze etniche.

MONDI CULTURALI MOLTEPLICI


DIFFERENZA E GERARCHIA
E’ possibile che uno stesso individuo sia partecipe di diverse micro-culture, che possono
sovrapporsi o essere organizzate in modo gerarchico in base al potere, allo status e ai diritti. Per
questo, di fondamentale importanza è ricordare il divario tra “differenza” e “gerarchia”: una
diversità relativa ad una determinata caratteristica non deve implicare una diversità di trattamento o
di status. Alcuni fondamenti alla base delle micro-culture sono:
- Classe: categoria basata sulla posizione economica che si occupa nella società, di
solito misurata in termini di entrate o di ricchezza e esibita attraverso uno stile di
vita. La divisione in classi è un sistema gerarchico dove le classi superiori dominano
su quelle inferiori. Attualmente, le uniche società non divise in classi abitano in aree
remote del globo: qui tutti dispongono della stessa ricchezza e tutte le risorse sono
condivise.
- Etnia: senso d'identità di un gruppo condiviso dai membri di un gruppo basato sulla
definizione di un confine simbolico che include una lingua o una cultura comuni.
Essa si distingue dal concetto problematico di “razza”, che indica invece un gruppo
di persone che condivide presumibilmente determinate caratteristiche biologiche (il
colore della pelle, la peluria).Gli antropologi hanno dimostrato che le caratteristiche
biologiche non possono spiegare e dare conto del comportamento e dello stile di vita
degli individui. Le classificazioni razziali sono costruzioni culturali spesso associate
a discriminazioni e crudeltà nei confronti di quelle persone che sono ritenute
inferiori. Tuttavia anche il concetto di etnia è ancora alla base di discriminazioni,
segregazione e oppressione. I popoli indigeni sono gruppi di individui che hanno
legami di lunga durata con le proprie terre d’origine, legami anteriori alle società
coloniali che oggi controllano i territori sottratti a queste stesse popolazioni.
- Genere: indica i comportamenti e i modi di pensare, generati e appresi culturalmente,
che son attribuiti a maschi/femmine/genere misto. Esso distingue dal “sesso” in
quanto, a differenza di quest'ultimo, non è basato su indicatori biologici.
L’antropologia ha dimostrato come il corredo biologico di un individuo non
corrisponde necessariamente al suo genere. Inoltre, le differenze attribuite al genere
variano da cultura a cultura.
- Età: il ciclo della vita conduce le persone attraverso stadi culturali per ciascuno dei
quali è necessario apprendere il corretto comportamento e modo di pensare.
- Istituzioni: organizzazioni stabili create per scopi particolari e dotate a loro volta di
specifiche micro-culture (ad esempio scuole, ospedali, prigioni).
CULTURA/CULTURE. CRITICHE AL CONCETTO DI CULTURA
Il vocabolo cultura, sia al singolare (Cultura come facoltà umana) sia al plurale (riconoscere
l'esistenza di culture specifiche appartenenti a determinati gruppi umani), è divenuto il termine
distintivo dell'antropologia culturale. Esso aveva inizialmente una valenza progressista, nella misura
in cui si opponeva ai paradigmi razzisti ed etnocentrici del pensiero scientifico e filosofico
dell'epoca, contribuendo a sfatare il mito di una presunta “superiorità” occidentale. Ma ben presto,
lo stesso concetto ha iniziato a promuovere l'idea che le culture fossero universi chiusi separati e
distinti, sviluppando una nuova forma di razzismo e un potenziale di pericolosità sul piano politico.
Per fortuna, grazie all'antropologia interpretativa di Geertz, ma soprattutto alla corrente
decostruzionista e postmoderna dell'antropologia, oggi si tende a non considerare più le culture
come universi chiusi che si mantengono in nome dell'autenticità, ma piuttosto come dei processi
dinamici di costruzione identitaria.

Capitolo 2: LA RICERCA ANTROPOLOGICA


LA RICERCA ETNOGRAFICA: METODOLOGIE DI RICERCA IN TRASFORMAZIONE
DAL TAVOLINO AL CAMPO + L'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE
Oggi la maggior parte degli antropologi raccoglie i dati di studio attraverso la ricerca sul campo
(osservazione diretta). L’espressione “antropologia da tavolino” (o da poltrona) si riferisce
all’attività dei primi antropologi, che non si muovevano dai loro studi e dalle loro terre di origine
ma studiavano le popolazioni attraverso i resoconti di viaggiatori, missionari, esploratori. Con il
colonialismo, i primi antropologi ebbero le prime esperienze di ricerca sul campo; tuttavia questi
antropologi non vivevano insieme alle popolazioni studiate ma divisi da loro (antropologia da
veranda). Nella metà dell'800 Morgan contrubuì allo sviluppo di un'antropologia basata, oltre che
sull'osservazione diretta, anche su un'iterazione non decontestualizzata con gli individui. È però agli
inizi del '900 che si sviluppano quegli approcci che tuttoggi caratterizzano l'antropologia culturale,
con la combinazione della ricerca sul campo con l'osservazione partecipante; quest'ultimo metodo si
deve a Malinowski e prevede la comprensione della cultura vivendo per un periodo prolungato
nell'ambito culturale che si vuole analizzare. Lo stesso Malinowski ha infatti vissuto per due anni in
una tenda presso le isole Trobriand, partecipando alle attività della popolazione e imparando persino
la lingua. È a questo metodo che si devono alcune delle etnografie più note dell'antropologia.
DAL POSITIVISMO ALLA SVOLTA RIFLESSIVA
Negli anni '60 si pensava che le modalità della conoscenza positivista potessero essere applicate
anche all’antropologia e che dunque si potesse produrre una conoscenza oggettiva anche dei
fenomeni relativi alla cultura e alla società. Dagli anni '70 gli assunti del metodo positivista sono
stati messi in discussione e sono emerse tre dimensioni fondamentali nella produzione della
conoscenza antropologica: la dimensione soggettiva (ovvero il retroterra culturale e soggettivo sia
dell’antropologo sia delle persone studiate), la dimensione etica (alla base della relazione tra
l’antropologo e coloro che osserva) e la dimensione politica e le relazioni di potere (che spesso
caratterizzano la relazione sul campo tra l’antropologo e i soggetti che studia). Grazie a queste
dimensioni, si è arrivati a comprendere che la conoscenza antropologica non sarà mai una
conoscenza oggettiva e neutrale, ma contestuale e intersoggettiva, nonché il prodotto di una
interazione sul campo con i propri interlocutori. Questa nuova consapevolezza della ricerca sul
campo dell’antropologia ha preso il nome di svolta riflessiva. La riflessività considera la ricerca sul
campo come il prodotto di un dialogo tra un ricercatore e uno o più informatori.
LA RICERCA ETNOGRAFICA MULTISITUATA
Oggi, per effetto della globalizzazione, pochissime culture vivono in condizione di totale
isolamento. Così, al fine di studiare la cultura di popolazioni che occupano territori più ampi, in
particolare quella dei migranti (ma non solo: con questa metodologia è possibile studiare anche
oggetti, metafore, storie di vita, narrazioni ecc.) è nata la ricerca multisituata, un tipo di ricerca sul
campo svolta presso più territori.
LA RICERCA SUL CAMPO IN ANTROPOLOGIA CULTURALE (FASI DI UN
PROGETTO DI RICERCA SUL CAMPO)
Il progetto di ricerca sul campo prevede diverse fasi. Prima di tutto la scelta dell'argomento oggetto
di ricerca, che deve essere significativo e realizzabile; esso può essere ispirato ad eventi significativi
anche dal punto di vista medico (un esempio potrebbe essere la recentissima pandemia covid-19),
può riguardare i cambiamenti climatici e le problematiche ambientali (temi che hanno assunto
particolare importanza negli ultimi anni), può essere un oggetto o bene di scambio di un
determinato contesto culturale (zucchero, carne di manzo ecc.), ma può anche essere una comunità
già studiata in passato (in tal caso si parla di “restudy”) e altro ancora.
KULA: MALINOWSKI E WEINER
Uno dei maggiori contributi di Malinowki all'antropologia è la sua monografia “Argonauti del
Pacifico Occidentale” riguardante il “kula”, un circuito di scambio che collega molte delle isole
Trobriand attraverso il quale gli uomini intrattengono partnership di lunga durata che implicano lo
scambio sia di beni di uso comune, come il cibo, sia di collane e braccialetti di grande valore.
Weiner si reca nelle isole Trobriand per studiare la lavorazione del legno, ma, dopo essere rimasta
affascinata da una cerimonia funebre durante la quale delle donne distrubuivano moltissimi fasci di
foglie di banano secche e gonnelline di fibra vegetale decorate, ha deciso di cambiare il suo oggetto
di ricerca per studiare la logica dello scambio tra le donne e le connessioni tra le attività di scambio
delle donne e quelle degli uomini. Infatti, nelle isole Trobriand, sia gli uomini che le donne
traggono beneficio dalle reti di scambio, ma leggendo la sola opera di Malinowski si può venire a
conoscenza solo degli scambi tra gli uomini. Weiner ha consentito di ampliare le conoscenze
sull'argomento, attraverso il suo contrubuto che è stato di estrema importanza, in quanto, non solo ci
ha rivelato un lato della medaglia mancante (l'attività di scambio delle donne), ma ha anche
mostrato come, per la comprensione di uno dei due lati (l'attività di scambio delle donne e quella
degli uomini), sia necessaria la conoscenza dell'altro. I bambini delle isole Trobriand frequentano
oggi delle scuole improntate al modello occidentale e molti di loro si spostano altrove per
proseguire gli studi. [Gli anziani sono preoccupati dal comportamento dei giovani isolani, i quali
mostrano un ossessione per il “denaro” e una scarsa attenzione per il patrimonio dei loro antenati.
Inoltre, gli anziani, che sostengono che ai popolani non serva il denaro e che per vivere abbiano i
giardini, temono anche la graduale scomparsa delle barriere coralline, dovuta allo sfruttamento
eccessivo della fauna acquatica a fini commerciali.]
Il passo successivo è ottenere il finanziamento necessario a realizzare il progetto. Nei paesi
anglossassoni antropologi accademici e dottorandi hanno a disposizione varie fonti di
finanziamento. Una questione dibattuta riguarda la possibilità per l'antropologo di trovare un
impiego nel luogo studiato. Un principio etico certo è quello secondo il quale gli antropologi non
possono svolgere attività di ricerca “in incognito”, stabilito nel 1971 nel codice deontologico
sviluppato dall’associazione antropologica americana. Altri due elementi importanti del codice
sono il fatto che l’antropologo deve garantire la sicurezza delle persone che partecipano alla ricerca
e il cosiddetto consenso informato, che prevede che il ricercatore informi i partecipanti della ricerca
sugli obiettivi, l’ambito e i possibili effetti del proprio studio e ottenga il loro consenso a farne
parte. Talvolta, soprattutto nei casi di culture basate sulla tradizione orale, ottenere un consenso
scritto non è affatto semplice, ma, per fortuna, le linee guida degli IRB (“Institutional Review
Boards”) sono sottoposte ad aggiornamenti e quelli di alcune università accettanno adesso anche
consensi orali. La necessità di un finanziamento deriva da diverse possibili spese che variano a
seconda dell'ubicazione del progetto, come l'acquisto di attrezzature speciali (tende, indumenti
caldi), la vaccinazione contro malattie contagiose, l'equipaggiamento e le provviste (macchine
fotografiche, videocamere, registratori ecc.) o un corso intensivo della lingua. Dopodiché
l'antropologo sceglie il sito (cioè il luogo in cui si svolge la ricerca) e trova una sistemazione. Di
fondamentale importanza è relazione etnografica, cioè il rapporto di fiducia che si stabilisce tra il
ricercatore e la popolazione oggetto dello studio. Molte volte accade che i membri della
popolazione si facciano un'idea del ricercatore sulla base di precedenti esperienze di contatto con
stranieri che avevano obbiettivi diversi rispetto a quelli degli antropologi culturali, dunque di
attribuire a questi ultimi ruoli errati, spesso legati ai servizi segreti.
LO SCAMBIO DI DONI E LA RECIPROCITA (molto correlato a sopra)
Per ottenere la fiducia, l’antropologo deve porsi in determinati modi, ad esempio fare dei doni;
questi, tuttavia, devono necessariamente essere appropriati dal punto di vista etico e culturale della
società studiata. Ad esempio, regalare soldi in Occidente è considerato quasi un'offesa, mentre in
Giappone, dove è usanza fare anche “contro-doni”, è un gesto che esprime il desiderio di mantenere
un'amicizia duratura.
LE MICRO-CULTURE E LA RICERCA SUL CAMPO (CLASSE SOCIALE, ETNIA, GENERE/
ETA)
La classe sociale, la “razza” o l'etnia, il genere e l'età dell'antropologo influenzano il modo in cui
questi verrà accolto dalla popolazione locale. Molto spesso alle popolazioni è palese la disparità di
classe dell’antropologo, che è più facoltoso rispetto a coloro che studia. La maggior parte degli
antropologi è “bianca” e questo può sortire vari effetti nella popolazione studiata: ad alcuni
antropologi può essere attribuita un'identità divina o quella dello spirito di un antenato, altri
subiscono invece il disprezzo che spetta ai rappresentanti di un passato o un presente coloniale. Le
ricercatrici giovani e nubili possono trovare più difficoltà a svolgere il loro lavoro sul campo, in
quanto in molte culture è insolito che a una giovane donna non sposata sia concesso di spostarsi,
lavorare e vivere da sola; d'altro canto, in alcuni società, la segregazione di genere può privare
anche ai ricercatori uomini l'accesso ad alcuni ambiti. L'età incide in quanto sembra più semplice
stabilire buone relazioni etnografiche con individui della propria età.
SHOCK CULTURALE
Lo shock culturale è la sensazione di disagio, solitudine e ansietà che si prova quando ci si sposta da
un contesto culturale a un altro. Più la cultura di partenza e di arrivo differiscono tra loro e più lo
shock culturale sarà forte. Nonostante la preparazione prima della partenza, molti antropologi
vengono colpiti da tale sindrome, che, tra le altre cose, può essere causata dalla diversa
alimentazione, dalle barriere linguistiche e dalla solitudine. Un elemento psicologico frequente ad
essa associato è la sensazione di essere poco competente come “attore culturale”, poiché, in un
contesto diverso, anche un compito semplice piuò risultare difficile. Talvolta si può verificare anche
il cosiddetto “shock culturale di ritorno”, quando, al rientro a casa, ci è difficile riadattarsi alle
abitudini precedenti.
TECNICHE (E OBBIETTIVI) DELLA RICERCA SUL CAMPO (RICERCA DEDUTTIVA E
INDUTTIVA/OSSERVAZIONE PARTECIPANTE/APPROCCIO MISTO/PARLARE CON LA
GENTE/INTERVISTA/QUESTIONARIO/COMBINARE OSSERVAZIONE E DIALOGO)
L'obiettivo della ricerca antropologica è raccogliere informazioni o dati sul proprio argomento di
ricerca. Il modo di raccogliere i dati può variare. Innanzitutto si distingue l'approccio deduttivo da
quello induttivo. L'approccio deduttivo è una forma di indagine che muove da un quesito di ricerca
(ipotesi) e procede raccogliendo informazioni rilevanti attraverso l'osservazione, le interviste e altre
tecniche di ricerca; i metodi deduttivi favoriscono la raccolta di dati quantitativi, dunque numerici.
L'approccio induttivo favorisce invece l’acquisizione di dati attraverso l’osservazione informale non
strutturata, la conversazione e altre metodologie, senza partire da un’ipotesi; esso favorisce la
raccolta di dati qualitativi (racconti, conversazioni). La maggior parte degli antropologi combina
questi due approcci, raccogliendo le due tipologie di dati (qualitativi e quantitativi).
I dati etici sono quelli raccolti a partire da quesiti e categorie appartenenti al ricercatore e servono a
verificare la sua ipotesi. I dati emici sono, invece, quei dati finalizzati a restituire ciò che le
popolazioni studiate dicono a proposito della loro cultura, il modo in cui la concepiscono. I
materialisti culturali privilegiano la raccolta di dati etici, mentre gli interpretativi quella di dati
emici. Tuttavia, anche in questo caso, la maggior parte degli antropologi utilizza un approccio
misto, raccogliendo entrambe le tipologie di dati.
Abbiamo poi il metodo dell'osservazione partecipante, che implica la partecipazione alla vita
quotidiana delle popolazioni e la loro attenta osservazione. Più tempo l’antropologo passa con la
popolazione e più è probabile che la popolazione stessa tenga in sua presenza atteggiamenti più
“normali” per la sua cultura. Importantissimo è anche dialogare con la gente e non solo osservare. Il
metodo dell’intervista permette di acquisire documentazione orale attraverso domande o nel corso
di una conversazione guidata. Ci sono vari tipi di intervista, quello meno strutturato è l'intervista
aperta, che prevede di lasciare parlare l'intervistato senza interromperlo, in modo da poter
individuare ciò che l'interlocutore ritiene più importante. Il questionario è, al contrario dell'intervista
aperta, uno strumento di ricerca strutturato (anche se lo può essere in varie gradazioni) che consiste
nel porre di persona, per posta, per e-mail, per telefono ecc. una serie predefinita di domande. Come
è evidente, le interviste non strutturate, al contrario dei questionari, producono risposte più emiche.
Per far sì che le domande del questionario abbiano un senso in relazione ad una determinata cultura,
esse devono essere adattate al contesto, dunque l’antropologo che sottopone il questionario
dovrebbe avere già una buona conoscenza della popolazione a cui lo sottopone.
Per giungere a una rappresentazione il più possibile completa di una cultura è necessario combinare
osservazione e dialogo, cioè connettere le osservazione dei comportamenti delle persone a ciò che
esse dicono di fare o pensare, in quanto è possibile che esse talvolta non coincidano; ad esempio in
un determinato sistema giuridico le discriminazioni basate sul colore della pelle potrebbero essere
illegali ma un'osservazione delle abitudini delle persone potrebbe rilevare episodi lampanti di
discriminazione.
METODI SPECIALI: STORIA DI VITA/INDAGINE SULL'USO DEL TEMPO/DOCUMENTI
TESTUALI/METODI DI RICERCA MULTIPLI E PROGETTI DI GRUPPO
Gli antropologi culturali possono adottare anche metodi di ricerca specializzati a seconda
dell'obbiettivo che si pongono, come ad esempio quello della “storia di vita”, l'indagine sull'uso del
tempo, i documenti testuali o una combinazione di più metodologie.
La storia di vita è un'approfondita descrizione qualitativa della vita di un individuo che la narra al
ricercatore. Boas rifiuta questo metodo perché lo definisce ascientifico sulla base del fatto che simili
narrazioni possono essere mendaci o esagerate. Al contrario, altri ricercatori lo condividono
sostenendo che, a prescindere da quanti distorti possano essere i racconti delle persone, essi
forniscono informazioni preziose sul loro modo di vedere le cose. I primi antropologi che hanno
utilizzato questo metodo preferivano collaborare con individui che consideravano tipici, ordinari,
dunque rappresentativi. Ma, con il tempo, ci si è resi conto che non è possibile individuare una
persona che possa essere ritenuta rappresentativa di un'intera cultura ed oggi il metodo della “storia
di vita” è utilizzato soprattutto con individui che occupano nicchie sociali particolarmente
interessanti (ad esempio persone che sostengono che l'acconciatura distintiva dei loro capelli sia
abitata da una dea).
L'indagine sull’uso del tempo fornisce dati quantitativi sulla quantità di tempo che le persone
dedicano a determinate attività. Questi dati possono essere ottenuti attraverso un’osservazione
continua o facendo tenere un diario alle persone delle quali si studiano le abitudini e le tempistiche
delle attività che svolgono.
Molti antropologi studiano anche i documenti testuali (scritti e orali), come storie orali, miti,
rappresentazioni teatrali, modi di dire, discorsi pubblici, barzellette, conversazioni ordinarie e
materiale pubblicato in rete e sui social media. Talvolta i dati raccolti servono alle generazioni
discendenti di popolazioni indigene per riscoprire le proprie radici e gli elementi culturali che via
via sono andate a scomparire nel corso del tempo a causa dell’omologazione culturale.Una
metodologia utilizzata è quella della ricerca collaborativa, approccio in cui gli antropologi
interagiscono con i partecipanti alla ricerca: i partecipanti sono quindi collaboratori e non solo
“oggetto” di studio; Lassiter è un pioniere dei metodi collaborativi.
Al fine di una comprensione completa dell'argomento studiato, la maggior parte degli antropologi,
durante una ricerca sul campo, utilizza contemporaneamente più metodi differenti e, di solito, si
avvale di un gruppo di progettazione.
DOCUMENTARE LA CULTURA (come gli antropologi documentano la cultura)
Le procedure degli antropologi culturali finalizzate a mantenere traccia dei dati raccolti sono
cambiate nel corso del tempo. Agli albori della storia della disciplina, usava prendere appunti su un
taccuino; prendere appunti è, effettivamente, un metodo molto utilizzato ancora oggi.
Le note da campo comprendono registri giornalieri, diari e annotazioni, che, ai giorni d'oggi
possono essere scritti e conservati direttamente su un computer portatile.
Le registrazioni audio (accuratamente successivamente trascritte), i video e le fotografie sono
strumenti molto utili per catturare momenti ed immagini; tali strumenti sono però, naturalmente,
utilizzabili solo dopo aver chiesto ed ottenuto il consenso da parte delle persone che si intende
registrare o fotografare.
ANALISI DEI DATI QUANTITATIVI E QUALITATIVI
Dopo esser stati raccolti, i dati devono essere analizzati e per farlo vengono distinti quelli
quantitativi da quelli qualitativi. Se i dati di tipo quantitativo (dunque numerici) possono essere
analizzati con metodologie oggettive, attraverso nozioni di statistica e spesso mediante l'uso del
computer, che permette di analizzare grandi quantità di dati, quelli quantitativi (note di campo
descrittive, narrativa, miti storie, canzoni ecc.) non sono “scientificamente verificabili”. Difatti,
quello che interessa ad un antropologo che raccoglie dati qualitativi, prediligendo un approccio
interpretativo, non è affatto dimostrare l’infondatezza del racconto che l'interlocutore fornisce, ma
piuttosto rilevare conoscenze dettagliate e ricche sulla vita degli esseri umani.
RAPPRESENTARE LE CULTURE: L'ETNOGRAFIA
L'etnografia è il principale metodo adottato dagli antropologi per trasmettere le conoscenze che
hanno acquisito sulla cultura che sono andati a studiare e consiste in una dettagliata descrizione di
una cultura basata sulle osservazioni e le analisi del ricercatore. Malinowski è capostipite della
“monografia etnonografica”, ovvero quel genere di scrittura che consiste in un resoconto
approfondito di una comunità prodotto a seguito di un lungo periodo di ricerca e osservazione sul
campo. Dopo quella di Malinowski sulle isole Trobriand, l'etnografia è divenuta una sorta di “rito
d'iniziazione” per la formazione di uno studente di antropologia culturale.
Per buona parte del Novecento l'etnografia si basava su un approccio scientifico di tipo
“positivista”, ma con la svolta riflessiva in antropologia (a partire dagli anni '70/'80) essa ha perso il
carattere di resoconto scientifico e oggettivo, rivelando la sua natura testuale. Si inizia a mettere in
risalto la componente soggettiva della conoscenza veicolata dall'etnografia, una componente
impossibile da eliminare, dovuta al contatto tra esseri umani e ai loro modi di pensare e percepire.
Geertz e Marcus sono coloro che più collaborano a scardinare le basi dell’etnografia positivista,
contribuendo alla nascita dell'etnografia riflessiva o postmoderna, che mette al centro non più
l'oggetto-cultura, quanto le condizioni che producono la conoscenza interculturale a partire dai
processi di interpretazione reciproca tra l'osservatore e l'osservato. Un modello di entografia
“polifonico” (nel quale la realtà appare come il prodotto di una negoziazione tra più voci) si
contrappone a un modello di etnografia monologica (che prevede solo la voce dell'etnografo). Oggi,
l'etnografia ha subito anche altre trasformazioni e gli etnografi considerano le culture locali in
connessione con forze e strutture globali più ampie (etnografie multisituate), tendono a concentrarsi
su un unico argomento di ricerca evitando approcci olistici e studiano anche le culture occidentali
industrializzate (“ritorno a casa” dell’antropologia).
DIBATTITI IN CORSO SULLA RICERCA ANTROPOLOGICA
ETICA E RICERCA COLLABORATIVA
Nel 1971 l'Associazione Antropologica Americana adotta il codice deontologico dell'antropologia.
Tale necessità sorge a seguito del dibattito tra gli antropologi che ritenevano che l'antropologia
dovesse mettersi a disposizione dell'esercito degli Stati Uniti in Vietnam e gli antropologi che,
d'altro canto, affermavano che la responsabilità primaria dell'antropologia dovesse essere quella di
tutelare le persone che studiava. Tale dibattito ha portato alla denuncia di alcuni antropologi che
avevano consegnato al governo statunitense informazioni sull'affiliazione politica di alcune persone,
scatenando morte e interventi armati. Nel codice sono stati inseriti i fondamentali principi secondo
cui l'antropologo, oltre a dover garantire la sicurezza delle persone che partecipano alla ricerca, non
può svolgere ricerche in incognito o sotto mentite spoglie. Tuttavia, i due principi sono tuttoggi
oggetto di controversia tra gli antropologi, che si dividono tra coloro che vorrebbero partecipare al
progetto “Human Terrain System” (progetto che rientra nello sforzo bellico di Afghanistan e Iraq
finalizzato a ridurre il numero di vittime nordamericane tramite l'impiego di antropologi e altre
figure informate sulle popolazioni in cui si svolgono le operazioni militari) e quelli che invece non
vi vorrebbero partecipare. Secondo la logica dei promotori del progetto, le informazioni che le forze
militari apprenderebbero dagli esperti culturali servirebbero loro a dotarsi di una certa sensibilità nei
confronti delle culture del posto, capace di anticipare la fine delle ostilità. La questione è
problematica: partecipando al progetto l'antropologo può essere facilmente indotto a fornire
informazioni sulle popolazioni locali ai militari, danneggiando la loro sicurezza. Per gli antropologi
che non vogliono partecipare al progetto la questione è etica: la sicurezza della popolazione non può
correre il rischio di essere danneggiata.
RICERCA COLLABORATIVA
Una tendenza recente dell’antropologia è quella di coinvolgere la popolazione studiata nelle
ricerche: questo metodo viene chiamato ricerca collaborativa ovvero l’aqntropologo lavora insieme
ai membri della popolazione studiata considerandoli componenti di uno stesso gruppo di ricerca
piuttosto che come suoi oggetti.
RICERCA SUL CAMPO E SICUREZZA
L’antropologo può mettere a rischio la propria stessa persona e i membri della propria famiglia, sia
sul fronte psicologico che su quello fisico. Fisicamente si può incorrere in episodi fatali, contrarre
malattie infettive e testimoniare o subire episodi di violenza, senza contare moventi politici o la
guerra vera e propria (l’antropologia delle zone di guerra richiede una capacità di valutazione che
non si impara sui libri).
Capitolo 3: I SISTEMI ECONOMICI
L'antropologia economica è un indirizzo di studio dell'antropologia culturale che analizza i sistemi
economici vigenti nelle culture. Il sistema economico è composto da tre diversi elementi: il sistema
di sussistenza (la produzione o l'acquisto di risorse o denaro), i modelli di consumo (il loro uso), il
sistema di scambio (la circolazione di beni o denaro tra individui o istitizioni).
SISTEMI DI SUSSISTENZA
Il sistema di sussistenza è il principale mezzo attraverso il quale una comunità con una certa cultura
si procura ciò che è necessario per vivere. Alcuni antropologi usano il termine “sussistenza” con la
definizione di “procurarsi il necessario per vivere”, ma quest’accezione trasmette una visione
negativa, per cui Barbara Miller preferisce il termine “povertà” in riferimento alle privazioni
materiali.. Un modo per guardare al modo in cui le persone vivono in una determinata società è il
benessero soggettivo. Attraverso questo criterio, non si guarda a quello che le persone possiedono o
non possiedono ma i valori e le percezioni attraverso cui le persone definiscono la buona vita (quali
i legami familiari, il senso della casa, la sicurezza personale ecc.) Gli antropologi hanno individuato
5 principali sistemi di sussistenza: caccia e raccolta, orticoltura, pastorizia, agricoltura e
industralizzazione
CACCIA E RACCOLTA
Il sistema di caccia e raccolta, anche detto sistema acquisitivo, si basa sull’acquisizione di risorse
naturali per mezzo di attività di raccolta, di pesca o di caccia. E’ il più antico modo conosciuto di
procurarsi il necessario per vivere, oggi esso sta rischiando di scomparire; sono tuttavia 250.000 le
persone che utilizzano questo sistema di sussistenza. Essi vivono in aree marginali, come deserti,
foreste pluviali, regioni circumpolari. Con “maledizione delle risorse” si intende l’insieme dei
cambiamenti portati da multinazionali o in generale dagli interventi di paesi ricchi, che trasformano
il territorio deputato alle attività di caccia e raccolta in zone turistiche, siti di estrazione mineraria
ecce quindi le persone che si dedicavano alle attività di caccia e raccolta se ne devono andare. Il
successo del sistema di caccia e raccolta dipende da una conoscenza raffinata del territorio dove
viene praticato, e tali conoscenze non scritte si tramandano di generazione in generazione. Questo
sistema consuma una quantità ridotta di energie non rinnovabili (legno da bruciare ad esempio) e si
basa su una strategia estensiva sistema di sussistenza che implica lo sfruttamento temporaneo di
vasti territori e necessita di un alto grado di mobilità nello spazio.
DIVISIONE DEL LAVORO NELLA CACCIA E RACCOLTA
In questo tipo di sistema la divisione del lavoro è basata sul genere e sull’età. Sia gli uomini sia le
donne si occupano della raccolta, la caccia di animali di grandi dimensioni è praticata da uomini che
si riuniscono in gruppi per cacciare. Nelle zone temperate è prevalente l’attività di raccolta, mentre
in quelle circumpolari quella di caccia (e quindi si ha anche una demarcazione diversa dei ruoli in
base al genere in questi due tipi di sistema di sussistenza).
RAPPORTI DI PROPRIETA NELLA CACCIA E LA RACCOLTA
I cacciatori-raccoglitori non concepiscono il concetto di proprietà privata ma utilizzano quello di
diritto d’uso sistema di rapporti nel quale è previsto che a un individuo o a un gruppo siano
riconosciute priorità di accesso ad una certa risorsa.
CACCIA E RACCOLTA: SISTEMA SOSTENIBILE
Questo sistema di sussistenza è sostenibile, e quindi le risorse necessarie si rigenerano nel tempo in
equilibrio con la domanda da parte della popolazione. Le società basate su questo sistema di
sussistenza vengono definite, dagli antropologi, società originarie del benessere, perché i bisogni
vengono soddisfatti con uno sforzo lavorativo minimo (alcune popolazioni lavorano solo 5 ore a
settimana) questo per dire che sta gente non è che muore di fame, anzi.
ORTICOLTURA
Orticoltura o coltivazione itinerante sistema di sussistenza basato sulla coltivazione di piante
domestiche attraverso l’suo di attrezzatura manuale. A questa produzione spesso è affiancata la
caccia e raccolta e lo scambio dei prodotti animali dei pastori. La pioggia è unica fonte di
irrigazione. L’orticoltura necessita della rotazione dei terreni, che li rigenera. Anche questo sistema
di sussistenza è un sistema estensivo. Gli antropologi distinguono 5 fasi nel ciclo dell’orticoltura:
preparazione del terreno, semina, diserbaggio, raccolta, riposo.
DIVISIONE DEL LAVORO NELL'ORTICOLTURA
Anche qui la divisione del lavoro si ha in base al genere e all’età. Gli uomini hanno l’incarico di
pulire il terreno e coltivare alimenti di prestigio, come quelli usati nei banchetti rituali. Le donne
coltivano invece gli alimenti di base. L’analisi di molte società di orticoltori mostra che il contributo
delle donne alla produzione del cibo è necessario ma non sufficiente per ottenere uno status elevato
(cioè, per avere prestigio e uno status più alto la donna deve contribuire alla produzione di cibo, ma
non è automatico che, se lo fa, acquisisce prestigio). In questo sistema i bambini lavorano di più che
in tutti gli altri sistemi.
RAPPORTI DI PROPRIETA NELL'ORTICOLTURA
Anche in questo sistema di sussistenza non esiste proprietà privata ma vige il diritto d’uso.
ORTICOLTURA: SISTEMA SOSTENIBILE
L’orticoltura è un sistema sostenibile (e questa caratteristica è data dal fatto che il terreno viene fatto
riposare e quindi riacquisisce le sue sostanze nutritive).
PASTORIZIA
Pastorizia sistema di sussistenza basato sull’allevamento del bestiame e sull’uso dei loro prodotti.
E’ praticata soprattutto nelle aree in cui le precipitazioni sono scarse e imprevedibili. La pastorizia
fornisce principalmente latte e prodotti caseari, e gli animali più utilizzati sono pecore, capre,
cammelli, mucche, asini, in alcuni luoghi renne, lama o yak. I pastori in genere stabiliscono rapporti
con cacciatori raccoglitori e orticoltori per ottenere beni che essi non producono. Anche la
pastorizia è un sistema estensivo.
DIVISIONE DEL LAVORO NELLA PASTORIZIA
In questi sistemi l’unità produttiva di base è la famiglia e il gruppo di famiglie. Genere e età sono i
criteri in base ai quali si suddivide il lavoro. Gli uomini si occupano della conduzione del bestiame,
che trasferiscono periodicamente. Le donne, in genere, sono responsabili della trasformazione dei
prodotti dell’allevamento, in particolare del latte.
RAPPORTI DI PROPRIETA NELLA PASTORIZIA
Il concetto di proprietà privata si applica agli animali e i capifamiglia possono scambiarli con altri
beni. La proprietà del bestiame spesso si trasmette per via ereditaria, talvolta anche femminile.
Anche il corredo domestico è di loro proprietà. Mentre i pascoli non sono proprietà privata ma si
usano in base al principio del diritto d’uso.
PASTORIZIA: SISTEMA SOSTENIBILE
La pastorizia è un sistema sostenibile.
AGRICOLTURA
Agricolturasistema di sussistenza che si basa su coltivazioni che si avvalgono di sistemi di
aratura, irrigazione e fertilizzazione. E’ una strategia intensiva forma di sussistenza che richiede
l’suo continuativo dello stesso suolo e delle stesse risorse. I primi sistemi agricoli si hanno nel
Neolitico. Ci sono due tipi di agricoltura: quella industriale e quella a conduzione familiare.
AGRICOLTURA INDUSTRIALE
L'agricoltura industriale è un sistema di produzione agricola basato sull’impiego di ingenti capitali
e sull’uso di macchinari e fertilizzanti chimici), la cui nascita ha portato anche a quella dell’azienda
agricola (una grande impresa agricola che produce esclusivamente raccolti destinati alla vendita ed
è posseduta e gestita da società che si affidano esclusivamente a lavoratori salariati). L’agricoltura
industriale è caratterizzata da una domanda di manodopera stagionale e quindi genera fluttuazioni
nell’impiego di lavoratori nei diversi periodi dell’anno.
AGRICOLTURA A CONDUZIONE FAMILIARE
È invece una forma di produzione agricola di dimensioni ridotte che serve al sostentamento di una
famiglia e a dotarla di alimenti da poter vendere. DIVISIONE DEL LAVORO
NELL'AGRICOLTURA A CONDUZIONE FAMILIARE: Nell’agricoltura a conduzione familiare
la maggior parte del lavoro è a carico degli uomini, i quali hanno la responsabilità principale della
gestione delle attività quotidiane e si dedicano al lavoro agricolo. Le donne si dedicano invece alle
attività commerciali: si occupano di vendere i raccolti presso mercati cittadini e cucinano le
tortillas che vendono presso le loro case. Con questo sistema la famiglia ricava le risorse necessarie
alla propria sussistenza e si crea una reciproca dipendenza tra il lavoro degli uomini e quello delle
donne. In questo tipo di sistema i bambini hanno un ruolo marginale. Ci sono casi in cui le
proprietarie della terra siano le donne e decidano loro cosa e come coltivare. In alcune società
dell'India e nel sud est Asiatico, dove vige questo sistema, le donne hanno uno status molto elevato
grazie e rivestono il ruolo predominante nella coltura del riso.
AGRICOLTURA: SOSTENIBILITA
L’agricoltura intensiva non è un sistema sostenibile. Minaccia inoltre gli altri sistemi di sussistenza.
INDUSTRIALIZZAZIONE E INFORMATIZZAZIONE
Il sistema caratterizzato da industrializzazione e informatizzazione procura le risorse necessarie alla
sussistenza ricorrendo all’impiego di massa di forza lavoro in operazioni d’affari e commerciali e
attraverso creazione, manipolazione, gestione e trasferimento d’informazioni per mezzo di media
elettronici. Nel capitalismo industriale la maggior parte dei beni non è prodotta per soddisfare
bisogni primari, ma per venire incontro alla domanda di beni non essenziali da parte dei
consumatori. È elevato il numero di persone impiegate nel comparto manifatturiero e in quello dei
servizi, mentre cala il tasso di occupazione nel settore agricolo. Nelle società industrializzate la
disoccupazione sta diventando un problema serio.
MODELLI DI CONSUMO E SISTEMI DI SCAMBIO
MODELLI DI CONSUMO
Modelli di consumo (consumo: risponde all’imput da parte di una persona di cibo o di beni di cui fa
uso, ma anche output: investimento o uso di risorse per ottenere determinati beni)modelli
prevalenti nell’uso dei beni e di servizi, di impiegare beni e risorse per soddisfare esigenze. Nei
sistemi dove non esiste denaro, le persone spendono il proprio tempo e lavoro per procurarsi ciò di
cui hanno bisogno. Nei sistemi dove circola denaro, possiamo trovare essenzialmente due modelli:
- Minimalismo: modello di consumo caratterizzato da una domanda limitata e ben
definita da parte dei consumatori e da un adeguato e sostenibile sistema per
soddisfarla. È più frequente tra cacciatori raccoglitori orticoltori e pastori
- Consumismo: il paese più consumista sono gli stati uniti. È un modello di consumo
nel quale la domanda è alta e potenzialmente infinita e i mezzi per soddisfarla non
sono mai sufficienti. Questo schema costituisce quindi una spinta al colonialismo,
alla globalizzazione e ad altre forme di espansionismo. Il consumismo è la
caratteristica distintiva delle società industrializzate/informatizzate. La
globalizzazione ha portato l’esportazione del modello consumistico in tantissime
parti del mondo. L’iperconsumismo e il consumo fine a se stesso servono spesso a
mantenere una certa identità e status all’interno di un contesto socialmente
competitivo.
L'organizzazione sociale e il significato del consumo sono diversi nelle varie culture. Nelle società
di caccia e raccolta non esiste proprietà privata, quindi si ha sostanzialmente una situazione
egualitaria e tutti hanno pari opportunità di accedere alle risorse; i meccanismi di livellamento
impediscono inoltre alle persone di essere più ricche di altre. Al contrario, le società agricole e
industriali/informatizzate sono caratterizzate da disuguaglianze sociali. Il consumo può essere
personalizzato e spersonalizzato. Nel primo caso i beni sono generalmente prodotti dagli stessi
consumatori o da individui con cui il consumatore intrattiene relazioni personali e dirette, dunque si
sa da dove vengono le risorse di cui facciamo uso e chi le ha generate; nel caso del consumo
spersonalizzato, invece, tipico delle realtà consumistiche e in linea con la globalizzazione i
consumatori vengono allontanati dai lavoratori che producono i beni, rendendo più facile lo
sfruttamento di questi ultimi. Il sistema alimentare agro-industriale, ad esempio, privilegia il
consumo spersonalizzato, non si cura o si cura solo minimamente degli impatti che ha
sull’ambiente, spinge la dieta verso il fast food, riduce i pasti a rapide e distratte assunzioni di cibo,
costringe al fallimento piccoli produttori che promuovono la biodiversità. Ci sono alcuni movimenti
che contrastano questo sistema, come quello dello slow food, che lotta per una buona qualità del
cibo che privilegi i prodotti locali, intende il pasto non solo come assunzione di cibo ma come
momento di socialità e convivialità.
MICRO-CULTURE DEL CONSUMO
I modelli di consumo variano spesso in base al genere, alla “razza”, alla classe sociale e sono
frequentemente connessi a discriminazioni e a disuguaglianze. Un esempio di disuguaglianza
nell'ambito del genere è quello della diffusione, presso una popolazione di Papua Nuova Guinea, di
una malattia, derivante dal cannibalismo, che ha causato molti morti donne. Presso tale
popolazione, in caso di ristrettezza alimentare, erano le donne a doversi sacrificare, mangiando
carne umana dalla quale contraevano la malattia.
SISTEMI DI SCAMBIO
Lo scambio è il trasferimento di qualcosa (tangibile o meno) tra un minimo di due persone, gruppi o
istituzioni; l’oggetto dello scambio può variare, anche se il denaro è la forma di scambio più diffusa
nelle società industriali. I due principali sistemi di scambio sono lo scambio equilibrato (un sistema
per il trasferimento di beni il cui obiettivo è un loro bilanciamento, immediato o successivo) e lo
scambio squilibrato (un sistema per il trasferimento di beni dove una delle due parti ha l'obbiettivo
di ricavarne un profitto).
SCAMBIO EQUILIBRATO
Il primo presenta due sottotipi: la reciprocità generalizzata e la reciprocità attesa. La prima è quella
forma di scambio i cui partecipanti hanno un livello minimo di attenzione riservata a guadagni
materiali o ricompense. Tipica tra persone che si fidano l’una dell’altra, è la principale forma di
scambio nelle società acquisitive. Il dono disinteressato è qualcosa che si elargisce senza aspettarsi
alcuna ricompensa e costituisce una forma estrema di reciprocità generalizzata. La reciprocità attesa
è invece lo scambio di beni o servizi che si ritiene abbiano pressappoco lo stesso valore tra persone
dotate di un simile status sociale. In questo caso, lo scambio tra le due parti può avvenire
simultaneamente o ci può volere un certo periodo di tempo per portarlo a compimento e se la
controparte non porta lo scambio alla conclusione prevista la relazione si spezzerà. Un esempio di
reciprocità attesa è il KULA delle isole Trobriand: i partecipanti si scambiano collane e braccialetti
e li donano alle loro controparti dopo averli posseduti per un certo periodo di tempo; ssecondo il
codice del kula possedere equivale a donare, dunque nessuno può trattenere a lungo un particolare
oggetto di scambio. Un uomo che offre alla propria controparte un oggetto di un tale valore si
attenderà di ottenere in cambio un oggetto di pari valore a quello che ha donato. L’equilibrio
ottenuto dalla trattativa stabilisce un forte legame tra le due parti ed equivale a un patto di fiducia
reciproca. La ridistribuzione è una forma di scambio che prevede che una persona che abbia
ricevuto beni o denaro da molti membri di un dato gruppo li ripaghi in seguito pubblicamente. Essa
può provocare disuguaglianze, perché il valore materiale di ciò che viene reso non sempre
corrisponde a quello delle donazioni.
SCAMBIO SQUILIBRATO
Un esempio di scambio squilibrato è lo scambio di mercato, cioè l’acquisto e la vendita di beni in
condizioni di competitività, dove il valore è determinato dalle forze della domanda e dell’offerta e
chi effettua una vendita lo fa per ricavarne profitti. Molte transazioni di questo tipo hanno luogo in
un mercato: il luogo fisico dove avviene la compravendita. Il mercato, luogo di interazioni sociali,
può essere permanente o periodico: il primo avviene in strutture edificate in luoghi fissi, mentre il
secondo prevede l'allestimento di un banco in un luogo non fisso. Altre esempi di scambio
squilibrato sono il gioco d’azzardo (tentativo di ricavare un profitto sfidando la fortuna in un gioco
in cui si mette in palio qualcosa di valore nella speranza di ottenere un ritorno maggiore da
un’eventuale vincita), il furto (sottrarre qualcosa senza prevedere o pensare di restituirla al suo
proprietario, lo sfruttamento (l’ottenimento di qualcosa di maggior valore rispetto a quanto si
ottiene in cambio), la schiavitù (forma di sfruttamento in cui ci si appropria della forza lavoro delle
persone senza il loro consenso e senza una giusta ricompensa per il suo valore).

GLOBALIZZAZIONE E TRASFORMAZIONI DEI SISTEMI ECONOMICI


ZUCCHERO, SALE E UTENSILI D'ACCIAIO IN AMAZZONIA
Le potenti forze dei mercati controllati dai paesi più ricchi sono i fattori che più influenzano i
cambiamenti dei modelli di consumo e dei sistemi di scambio. I paesi più ricchi creano mercati,
estraggono risorse materiali e sfruttano manodopera più economica nei paesi più poveri. Le culture
locali adottano in modi diversi al proprio contesto i prodotti, le pratiche della globalizzazione e i
loro significati, a volte li rifiutano con decisione. L’antropologa fisica Katherine Milton ha studiato
gli effetti che il contatto che l’Occidente ha avuto sulle abitudini di consumo e sulla salute dei
cacciatori-raccoglitori indigeni dell’Amazzonia brasiliana. L’adozione di alimenti di provenienza
occidentale ha avuto effetti negativi sul regime alimentare e sulla salute delle popolazioni indigene
dell’Amazzonia, che hanno cominciato a consumare sale da tavola e zucchero raffinato. L’utilizzo
di questi prodotti costituisce grossi rischi per la loro salute poiché causano le carie dentarie,
l’obesità e il diabete.
MOVIMENTI ALIMENTARI ALTERNATIVI IN EUROPA E IN NORD AMERICA
PEZZO PRESENTE ANCHE NELLA SEZIONE DEL CONSUMO SPERSONALIZZATO
Il sistema alimentare agro-industriale privilegia il consumo spersonalizzato, non si cura o si cura
solo minimamente degli impatti che ha sull’ambiente, spinge la dieta verso il fast food, riduce i
pasti a rapide e distratte assunzioni di cibo, costringe al fallimento piccoli produttori che
promuovono la biodiversità. Ci sono alcuni movimenti che contrastano questo sistema, come quello
dello slow food, che lotta per una buona qualità del cibo che privilegi i prodotti locali, intende il
pasto non solo come assunzione di cibo ma come momento di socialità e convivialità.
CONTINUITA E RESISTENZA: IL POTLATCH
La pratica del potlatch tra le popolazioni della costa Nord-Occidentale degli Stati Uniti e del Canda
è stata per decenni contrastata dagli Europei e dagli Euro-Americani. I missionari vi si opponevano
in quanto pratica non cristiana. Alla fine dell'800 il governo canadese mise fuori legge il potlatch.
Oggi i potlatch non sono più illegali, ma c’è voluta una lunga battaglia per eliminare le restrizioni
che vi erano state imposte. Tuttavia, esso è andato incontro a delle trasformazioni: le ragioni per
offrire un potlatch sono simili a quelle del passato (il battesimo di un bambino, la celebrazione di un
lutto, il trasferimento di diritti e privilegi, un matrimonio e l’erezione di un palo totemico), è la
quantità di tempo per organizzarlo che è cambiata (in passato erano necessari diversi anni, oggi
basta all’incirca un anno). Ancora oggi però servono molta pianificazione e molto lavoro per
accumulare beni sufficienti a garantire che nessun ospite se ne vada a mani vuoti. Un’altra
trasformazione riguarda il tipo di doni che vi vengono scambiati: tessuti lavorati all’uncinetto,
stoviglie di vetro, oggetti di plastica, coperte fatte a mano, cuscini, asciugamani, articoli
d’abbigliamento e sacchi di farina e di zucchero.
DEFINIZIONE DI POTLATCH: sontuosa festa celebrata presso le culture del Pacifico Nord-
occidentale i cui ospiti sono invitati a mangiare e ricevere doni da chi la promuove.

Capitolo 5: MALATTIA, MALESSERE E CURA


ETNOMEDICINA
L'etnomedicina è lo studio dei sistemi sanitario in uso presso le diverse culture. Questo termine si
inizia a usare negli anni 60 e ci si riferiva solo a sistemi sanitari non occidentali, il termine era
sinonimo di “medicina primitiva”, quindi aveva connotazioni etnocentriche e oggi ormai questa
accezione è desueta.
Biomedicina occidentale: approccio terapeutico fondato sui presupposti scientifici occidentali che
nella fase di diagnosi e cura della malattia prevede l’utilizzo della tecnologia. I manuali medici
occidentali privilegiano le malattie conosciute dalla biomedicina occidentale e ignorano problemi di
salute identificati da altre culture. Tuttavia esistono delle patologie che si inseriscono all’interno del
concetto di “sindrome culturale”. .
DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONE DEI PROBLEMI SANITARI
Malattia: problema di salute oggettivo e universale
Malessere: percezione di un dato problema di salute in ambito di una specifica cultura.
Ricerca etnomedica: cerca di comprendere come le diverse popolazioni etichettano, categorizzano e
classificano i problemi di salute. Spesso coloro che possiedono conoscenze etnomediche sono i più
anziani, che le trasmettono per tradizione orale.
Sindrome culturale: problema di salute che presenta una serie di sintomi associati ad una
determinata cultura. Le cause possono essere fattori sociali come lo stress, spavento o trauma
Somatizzazione: processo per cui il corpo assimila lo stress sociale, manifestando dei sintomi di
sofferenza. Esempi: susto: patologia tipica della Spagna e del Portogallo che porta sonnolenza,
inappetenza, ansietà ed è dovuta ad un trauma subito. Patologie culturali si hanno anche in
occidente e non solo in culture “altre”, basti pensare all’anoressia e alla bulimia, le cui case sono
identificate da molti esperti come le pressioni sociali soprattutto sull’aspetto fisico che gravano
sulle ragazze.
ETNOEZIOLOGIE
L'etnoeziologia è la spiegazione causale attribuita a problemi di salute e alla sofferenza presso
diverse culture. Le etnoeziologie possono essere naturali, socio-economiche, psicologiche o
sovrannaturali. Sul piano sovrannaturale le cause possono essere attribuite agli spiriti (di antenati e
non). Cause economiche delle patologie di salute possono essere identificate nella povertà.
Sofferenza strutturale: indica problemi di salute scatenati dalla povertà, dalla guerra, dalla carestia e
dalla migrazione forzata. Gli effetti possono andare dall’ansietà alla depressione fino alla morte.
Esempio: sufriendo de agua: in Messico la scarsezza di acqua potabile porta soprattutto le donne ad
avere uno stato di nervosismo e tensione continua dovuto al fatto che non sanno mai se l’acqua
potrà bastare per svolgere le funzioni quotidiane per mandare avanti la famiglia.
Medicina privata: cura le sofferenze fisiche del malato in condizioni di isolamento dalla società
I SISTEMI TERAPEUTICI
1)MEDICINA DI COMUNITA
La medicina di comunità è un sistema di assistenza sanitaria che si realizza in ambito pubblico in
cui il contesto sociale è una componente indispensabile (esempio: la danza).
2)TERAPIA UMORALE
La terapia umorale è un sistema terapeutico che assegna un ruolo centrale al bilanciamento tra
elementi naturali del corpo e di altri presenti nell’ambiente di vita del paziente. Secondo questa
ideologia le malattie sono il risultato degli squilibri del corpo, lo scopo della cura è quindi ristabilire
questi equilibri assumendo certe diete, comportamenti, medicine.
SOSTANZE TERAPEUTICHE
Fitoterapia: è un sistema terapeutico che fa uso di piante medicinali.
A volte i trattamenti farmaceutici possono portare grandi disagi per le popolazioni non occidentali
se non accompagnati da prescrizione medica. Prendere medicinali senza cognizione di causa può
portare all’apparizione di ceppi di patologie resistenti ai farmaci.
TRE APPROCCI TEORICI
APPROCCIO ECOLOGICO/EPIDEMOLOGICO
Si concentra sul modo in cui certi elementi dell’ambiente naturali interagiscono con la cultura
dando origine a problemi di salute e favorendone la diffusione nella popolazione. Un fattore
ambientale può essere l’urbanizzazione.
Colonialismo europeo: ha portato alla distruzione e alla scomparsa di intere popolazioni a causa
delle malattie trasportate nel continente: gli indigeni non avevano gli anticorpi per alcune malattie
(es vaiolo, morbillo) e questo ha portato alla loro decimazione.
Trauma storico: indica la trasmissione da generazione a generazione dell’impatto emozionale e
psicologico del colonialismo. L’abuso di certe sostanze è dovuto alla volontà di lenire il trauma
storico. Lo stato di disagio dei genitori può portare a difficoltà e patologie (nervose, psicologiche
ecc) anche nei figli. A volte quindi capire queste dinamiche serve a approntare cure mirate e
efficaci.
APPROCCIO SIMBOLICO/INTERPRETATIVO
Effetto placebo: esito positivo di un metodo terapeutico che si basa su fattori simbolici o comunque
non misurabili (es la donna che partorisce meglio perché la sciamana ha fatto un rito per alleviare i
suoi dolori. Negli Stati uniti l’efficacia di una prescrizione medica dipende dall’effetto placebo per
una percentuale che varia dal 10 al 90% a seconda della malattia. Molti fattori possono determinare
la riuscita di essa, come la fiducia nel medico, nell’atto della prescrizione in sé o in altri fattori
come il colore e la forma di una compressa.
ANTROPOLOGIA MEDICA CRITICA
Antropologia medica critica: analizza il modo in cui fattori strutturali come economia e politica,
disuguaglianza sociale ecc. incidono sui sistemi terapeutici in uso, sulle malattie, sulle condizioni di
salute e sulla possibilità di accedere alle cure. Gli antropologi hanno messo in risalto il fatto che la
medicina occidentale spesso mette in atto il processo di medicalizzazione
Medicalizzazione: attribuzione di connotati medici a un determinato problema per cui si
raccomanda un trattamento sanitario quando in realtà le sue cause sono strutturali. In pratica è
cercare di curare con pasticche la povertà, il disagio sociale, l’allontanamento da casa ecc. In effetti,
la maggior parte dei programmi per la salute e l’alimentazione avviata in tutto il mondo si concentra
sul trattamento degli effetti che la povertà ha sulla salute e non sulla rimozione delle sue cause. La
medicalizzazione di elementi strutturali come la povertà è utile alle aziende farmaceutiche. I medici
da soli non possono cambiare la situazione n quanto non hanno il potere di affrontare problemi
legati alla violenza strutturale e alla povertà.
GLOBALIZZAZIONE E CAMBIAMENTO
Con la globalizzazione i problemi sanitari si diffondono con velocità in tutto il mondo. Assieme ad
essi si diffondono anche i modi per risolverli, quindi la medicina occidentale. Tuttavia certe
patologie interessano solo i paesi più industrializzati e sviluppati.
LE NUOVE MALATTE INFETTIVE
L'aumento dei viaggi e delle mograzioni hanno creato nuove occasioni di contagio e favorito la
diffusione di nuove malattie infettive come l'HIV/AIDS, la SARS o il recentissimo Covid-19.
MALATTIE DEL PROGRESSO
Malattie del progresso: problemi di salute causati o aggravati dai progetti di sviluppo economico.
Esempio: obesità. Per queste patologie non sono efficaci le cure mediche ma è necessaria una
diversa educazione, assunzione di determinati comportamenti e diete.
PLURALISMO MEDICO
Pluralismo medico: indica la compresenza, presso una società, di vari sistemi sanitari. Caso degli
Sherpa in Nepal: ci sono tre tipi di guaritori
- Buddisti praticano sistemi terapeutici umorali
- Religiosi non ortodossi o sciamani praticano divinazione
- Operatori biomedici (medici alla maniera occidentale)usano i sistemi della
medicina occidentale
Spesso una conseguenza negativa di certe terapie occidentali è la mancata comprensione tra
biomedicina occidentale e sistemi sanitari locali/culture locali. Alcuni esempi: alcuni medici
prescrivono farmaci da assumere 3 volte al giorno non conoscendo la cultura/ lo status del paziente,
che spesso non mangia 3 volte al giorno perché non può permetterselo. Oppure: incomprensioni
dovute alla lingua
ANTROPOLOGIA MEDICA APPLICATA
Antropologia medica applicata: impiego di conoscenze antropologiche per contribuire al
raggiungimento degli obiettivi degli operatori sanitari (esempio: fornisce conoscenze sui
presupposti culturali delle popolazioni per poter dare efficacia al trattamento medico prescritto, fa
da mediatore linguistico, dà informazioni al personale sanitario su usi della popolazione che
possono influire sulla salute ecc, in pratica è un mediatore culturale). → Se vuoi vedi il contributo
di Trotter sull'avvelenamento da piombo tra i bambini messicano-statunitensi pag. 113.
LAVORARE INSIEME: LA BIOMEDICINA OCCIDENTALE E I SISTEMI NON BIOMEDICI
Nel 1978 l’Organizzazione Mondiale della sanità promuove l’inserimento delle pratiche
terapeutiche tradizionali nei sistemi sanitari nazionali. Lo sviluppo di questo orientamento è dovuto
a diversi fattori, innanzitutto la crescente consapevolezza delle lacune della biomedicina occidentale
sul fronte della considerazione del contesto psicosociale degli individui.
Cap. 8: SISTEMI POLITICI E GIURIDICI
L'antropologia politica si occupa dei comportamenti e dei sistemi di pensiero che attengono alla
sfera del potere pubblico. L'antropologia giuridica è invece lo studio dei mezzi socialmente
accettabili per mantenere l'ordine e risolvere conflitti sociali.
POLITICA, ORGANIZZAZIONE POLITICA E LEADERSHIP
L'antropologia considera la politica in modo più ampio rispetto alle scienze politiche, incudendovi
una verietà di modi di pensare e di agire che va al di là delle forme di governo e dei partiti politici.
Con il termine “politica” Miller intendere nel suo libro l'uso organizzato del potere pubblico.
Il potere è l'abilità di ottenere dei risultati attraverso l'uso, potenziale o effettivo, della forza.
L'autorità differisce dal potere in quanto quest'ultimp è sostenuto dall'uso potenziale della forza e
può essere esercitato anche da un individuo privo di autorità. L'autorevolezza è la capacità di
ottenere risultati esercitando pressioni sociali o morali. A differenza dell'autorità, l'autorevolezza
può essere espressa anche da chi occupa una posizione marginale e/o appartiene a un basso ceto
sociale. Potere, autorità e autorevolezza possono esprimersi solo in relazionione gli uni con gli altri
e sono tutti collegati alla politica.
VARIE FORME DI ORGANIZZAZIONE POLITICA
L'antropologia politica considera organizzazioni politiche quei gruppi interni a una data cultura che
sono responsabili dei processi decisionali e della leadership nella sfera pubblica, del mantenimento
dell'ordine e della coesione sociale, della tutela dei diritto collettivi e della sicurezza. Le varie forme
di organizzazione politica presso le diverse culture si dividono in quattro tipologie:
BANDA: la forma di organizzazione politica delle società acquisitive caratterizzata da un sistema di
affiliazione flessibile e da una leadership molto blanda. Questo tipo di sistema è più antica forma di
organizzazione politica che ora ovviamente è in via di estinzione. Composta minimo da 20 persone,
massimo di qualche centinaia di individui. Si riuniscono in momenti dell'anno specifici connessi al
calendario delle attività di caccia e raccolta; sistema di affiliazione flessibile: in caso di conflitto, il
membro ha la possibilità di scegliere se abbandonare la banda ed entrare in un'altra. Leadership
informale, non vi è un membro eletto permanentemente a capo, tutti i membri, inclusi i leader,
hanno status sociale equivalente. Il leader ha un certo grado di autorità e autorevolezza ma non
detiene il potere. Conflitti tra bande rari . Sono a mala pena qualificate come organizzazione, alcuni
ritengono che non si possa parlare di politica vera e propria, esistono ancora oggi ma i membri
hanno dovuto interagire con altre forme di organizzazione politica.
TRIBU: forma di organizzazione politica composta da numerose bande o lignaggi, ciascuno dei
quali parla la stessa lingua, condivide uno stile di vita e occupa un dato territorio. I gruppi tribali
possono essere collegati tra loro attraverso i clan: gruppo di discendenza i cui membri riconoscono
un comune antenato/a non rintracciabile sul piano genealogico, quindi spesso individuato in un
personaggio mitico. La parentela è il fondamento dell'appartenenza della tribù, possono
comprendere da un centinaio fino a diverse migliaia di membri. Rispetto alla banda l'incarico di
dirigere la tribù è attribuito a un leader in modo più formale, questo deve essere un gran lavoratore e
possedere delle buone qualità ma non è un leader politico a tempo pieno. Sarà responsabile di
stabilire il momento opportuno per il trasferimento del bestiame, della semina e raccolta, delle
cerimonie stagionali e inoltre sarà responsabile della risoluzione dei conflitti interni ed esterni. Egli
conterà sulla sua autorità e capacità di persuasione. La big man e big woman è una forma di
organizzazione politica a metà strada tra tribù e chiefdom,che si affida alla guida di individui chiave
capaci di conquistare sostenitori politici attraverso la creazione e l'uso di relazioni personali o
l'organizzazione di feste che prevedono la ridistribuzione di risorse. Essi coltivano relazioni con gli
abitanti di molti villaggi, i sostenitori più assidui sono i suoi consanguinei; hanno pesanti
responsabilità che talvolta possono essere assolte da altri uomini che godono del rispetto dei suoi
sostenitori. Nell'area del Monte Hagen  un aspirante big man può giungere a rivestire tale
posizione di rilievo tramite un processo chiamato moka: prevede lo scambio di doni e favori tra
individui e la sponsorizzazione di feste sontuose, durante le quali hanno luogo ulteriori scambi. Il
big man deve avere almeno una moglie che dovrà lavorare più delle altre donne e ottenere più cibo
per i maiali: se questi sono numerosi son indice del prestigio del big man. In questa cultura tanto gli
uomini quanto le donne possono guadagnare prestigio e potere.
CHIEFDOM: forma di organizzazione politica in cui alcune tribù e villaggi alleati in modo
permanente condividono lo stesso leader riconosciuto come chief al quale affidano un incarico. Le
popolazioni sono molto più numerose delle tribù, sono più centralizzati e socialmente stratificati,
stratificazione basata sulla genealogia. Il matrimonio tra strati sociali diversi è proibito. Il chief ha
più responsabilità di un capo banda, deve possedere doti ereditarie e qualità individuali: è
necessario appartenere al lignaggio (gruppo di discendenza unilineare i cui membri riconoscono un
legame parentale con il loro antenato/a e/o fondatore), o essere primogeniti, avere attitudine al
comando, carisma. Presso gli Irochesi, uomini e donne avevano gli stessi diritti di partecipazione
alle riunioni dei consigli. Più chiefdom possono unirsi in una confederazione e dare luogo a un
chiefdom allargato, guidato da il “capo dei capi”, il paramount chief .
STATO: forma di organizzazione politica in cui un soggetto politico centralizzato riunisce più
comunità, è dotato di una struttura burocratica e dispone di potere coercitivo.
Poteri e funzioni dello Stato: Gli stati hanno un ampio ventaglio di poteri e responsabilità.
Intrecciano relazioni internazionali per trattare con altri stati questioni d'interesse reciproco;
detengono il monopolio dell'uso della forza e fanno rispettare la legge attraverso leggi, tribunali e
forze di polizia; mantengono eserciti e forze di polizia permanenti; definiscono i criteri per la
cittadinanza, i diritti e responsabilità dei cittadini; registrano il numero, l'età, il sesso, l'ubicazione e
le risorse economiche dei propri cittadini tramite il censimento; hanno il potere di acquisire risorse
dai propri cittadini attraverso la tassazione; mantengono un controllo sull'informazione che può
essere gestita direttamente (censura) o indirettamente (pressioni sui media).
Simboli del potere dello Stato: Le credenze e i simboli religiosi sono spesso strettamente connessi al
potere dei vertici dello stato: un rappresentante del governo può essere considerato una divinità o
può fungere da guida religiosa. L'architettura e l'urbanistica  sono usate per ricordare alla
popolazione la grandezza dello stato. Negli stati democratici e in quelli socialisti, lo sfarzo e la
ricercatezza sono attenuati dall'adozione di un abbigliamento più ordinario. I vertici dello stato si
possono permettere residenze, alimenti e mezzi di trasporto di alto livello; i capi non viaggiano allo
stesso modo dei cittadini comuni per ragioni di sicurezza: le loro autovetture hanno vetri a prova di
proiettile.
Generi e leadership negli stati: La maggior parte degli stati contemporanei è gerarchica e patriarcale
ed esclude dalla partecipazione paritaria le classi subalterne e le donne  In media le donne
costituiscono solo il 19% dei membri dei Parlamenti mondiali, in Medio Oriente musulmano,
nell'Asia centrale, la pratica del purdah  la segregazione e l'esclusione delle donne dalla sfera
pubblica, limita il loro ruolo sociale. La percentuale più alta di donne è in Ruanda, con il 50% di
donne parlamentari. Molti paesi con alte percentuali di donne in parlamento hanno imposto le quote
rosa. Viene sollevata la questione dell'essenzialismo di genere: essere un uomo o una donna
comporta necessariamente che la persona sosterrà politiche che favoriscono gli uomini o le donne?
Molti capi di stato femminili hanno legami di parentela e sono mogli o figlie di capi di stato uomini
(Indira Ghandi), non è chiaro se queste donne ereditino il ruolo o lo conseguano direttamente, in
quanto membri di una famiglia politica, o entrambe le cose.
L'ORDINE E IL CONFLITTO NELLE SOCIETA UMANE
La violenza, così come la pace, ha implicazioni globali. Il militarismo è il predominio delle forze
armate nell'amministrazione dello stato e della società. Per controllo sociale l'antropologia intende
un insieme di processi che, attraverso meccanismi formali e informali, mantiene ordinata la vita
sociale; può anche includere sistemi formali di regole codificate di comportamento e di punizioni
per eventuali disubbidienze.
NORME E LEGGI: 2 PRINCIPALI STRUMENTI DI CONTROLLO SOCIALE
Le norme e le leggi sono i due principali strumenti di controllo sociale.La norma sociale è uno
standard condiviso che definisce il corretto comportamento degli individui. La norma è
generalmente non scritta e si apprende inconsapevolmente (esempio: aspettativa che i bambini
seguano i consigli dei genitori). Esiste poi la norma globale: un valore che molte persone ritengono
debba essere universalmente adottato e fatto rispettare, come ad esempio quella dell'uguaglianza
delle donne nel settore pubblico, ma non è universalmente accettata. La legge è una regola
vincolante, prodotta dalla consuetudine o attraverso un procedimento formale, che definisce un
comportamento corretto e ragionevole.
SISTEMI DI CONTROLLO SOCIALE
NELLE PICCOLE SOCIETA: Nelle piccole società le forme di controllo sociale sono caratterizzate
da una maggiore applicazione delle norme. Le bande sono gruppi piccoli e fortemente coesi, per cui
le dispute sono in genere gestite a livello interpersonale tramite la discussione o il combattimento.
L'enfasi è posta sul mantenimento dell'ordine sociale e il ristabilimento dell'equilibrio, non sul
punire duramente il colpevole; un mezzo di punizione diffuso è quello di isolare l'individuo
colpevole. Nelle piccole società non statali, la punizione è spesso legittimata da credenze in poteri
soprannaturali e nella loro capacità di colpire le persone. L'obbiettivo è quello di ricondurre
all'armonia.
NEGLI STATI (GRANDI SOCIETA): Nelle grandi società (gli stati) le forme di controllo sociale si
affidano maggiormente a sanzioni legali, anche se i gruppi di livello locale che vi appartengono
praticano il ricorso a sanzioni sociali. Negli stati, dove la fiducia reciproca è presente solo tra
membri di gruppi ristretti, esistono tre importanti fattori di controllo sociale: la specializzazione dei
ruoli nel campo del controllo sociale, i processi e i tribunali formali, le forme di punizione imposte
dal potere (carcerazione e la pena di morte). Per quanto concerne la specializzazione dei ruoli di chi
è addetto alla legge e all'ordine (forze di polizia, giudici ecc.), essa diventa sempre maggiore in
prossimità di organizzazioni statali. Se negli stati la colpevolezza di un individuo è provata oggi
attraverso degli processi svolti nei tribunali, che hanno l'obbiettivo di garantire giustizia ed equità,
in altre società essa è provata semplicemente dalla sfortuna o stabilita attraverso la prova
dell'ordalia (un metodo che sottopone il presunto colpevole a prove spesso fisicamente dolorose).
Infine, gli stati possono infliggere una pena: causare qualcosa di spiacevole a chi ha commesso una
violazione.
LEGGE E DISUAGLIANZA SOCIALE: Alcuni studi condotti dall'antropologia giuridica critica
mostrano come in vari paesi del mondo, inclusi quelli in cui vige la democrazia, la legge, piuttosto
che proteggere i membri dei gruppi più deboli (minoranze etniche, popolazioni indigene, donne
ecc.) contribuisce a mantenere la supremazia dei gruppi dominanti attraverso pratiche
discriminatorie nei confronti di queste categorie. (VEDI CASO FAY GALE pag.171)
CONFLITTI SOCIALI E VIOLENZA
I sistemi di controllo sociale devono confrontarsi con l'eventualità di conflitti sociali e violenza. I
conflitti sociali si dividono in
CONFLITTI ETNICI: i quali possono scaturire dal tentativo di un gruppo etnico di ottenere
maggiore autonomia o un trattamento più equo ma anche dall'azione di un gruppo dominante tesa a
sottomettere, opprimere o sopprimere un gruppo etnico attraverso il genocidio o l'etnocidio.
CONFLITTI SETTARI: conflitti basati sulla percezione dell'esistenza di differenze tra fazioni o
sette di una data religione; spesso si manifestano con l'aggressione a siti religiosi.
GUERRA: manifestatasi per la prima volta nel Neolitico, è un'azione collettiva, organizzata e
deliberata, contro un altro gruppo che coinvolge l'uso letale della forza.
[Per secoli, studiosi di vare discipline, hanno studiato le cause delle guerre tra stati:
– c'è chi si sofferma su motivazioni più diffuse come le mire espansionistiche,
– chi invece pone l'accento sulle motivazioni umanitarie che spingono gli stati a prendere
parte a “guerre giuste”, intraprese per difendere principi come quelli della libertà o per
tutelare i diritti umani. È successo in Afghanistan, le forze d'aggressione dell'Unione
Sovietica, hanno deposto la fazione che era in quel momento al potere per insediarne una
propria, massacrato un milione di persone. Le storie recente delle guerre afgane suggerisce
che la guerra era uno strumento di dominio più efficace nel periodo premoderno, quando
risolveva le questioni in modo più definitivo, mentre gli eventi attuali mostrano chiaramente
che L'attacco e la conquista di un paese sono solo i primi stati di un processo che è molto più
complessa di quanto l'espressione cambio di regime riesca ad esprimere. L'Afghanistan sta
ancora cercando di risollevarsi e completare il processo di trasformazione necessario dopo
più di quattro decenni di guerra.]
CONFLITTI “GLOBAL-LOCAL”: guerre non formalmente dichiarate che perseguono il controllo
di zone del mondo strategiche per gli interessi materiali e politici del paese dominante; ad esempio
la guerra ancora in atto che vede le potenze europee colonizzare i paesi tropicali. Questo tipo di
conflitto può esplicarsi anche tra un'azienda multinazionale e uno o più gruppi locali. Le
multinazionali sempre più spesso adottano il concetto di responsabilità sociale d'impresa (RSI),
anche se esso viene applicato in misura variabile: una concezione etica dell'impresa per cui la
ricerca del profitto non deve provocare danni alle società umane e all'ambiente.

LE TRASFORMAZIONI DEI SISTEMI POLITICI E GIURIDICI


NAZIONI EMERGENTI E NAZIONI TRANSNAZIONALI
Con nazione si intende un gruppo di persone che condivide lingua, cultura, storia, territorio di
riferimento e organizzazione politica. Secondo questa definizione la nazione è culturalmente
omogenea e gli USA non possono essere considerati nazione, ma piuttosto un soggetto politico
composto da più nazioni. Un'espressione collegata a nazione è quella di stato-nazione, il cui
significato è controverso: secondo alcuni indica uno stato che include una sola nazione, secondo
altri uno stato che comprende più nazioni. Le nazioni e gli altri gruppi possono costituire una
minaccia politica per la stabilità dello stato. La globalizzazione e l'aumento delle migrazioni
internazionionali hanno favorito in alcune zone l'emergere di un'identità transnazionale, un'identità
diversa da quella nazionale.
DEMOCRATIZZAZIONE
La democratizzazione è il processo di trasformazione di un regime autoritario in un regime
democratico. Essa prevede la rinuncia alla pratica della tortura, la liberazione dei prigionieri politici,
l'abolizione della censura, l'adozione di un atteggiamento di tolleranza nei confronti di una qualche
forma di opposizione. Da qui nascono i partiti politici.
LE NAZIONI UNITE E LE MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
Robert Carneiro presume che le guerre continueranno a succedersi l'uno all'altra e che gli stati
diventeranno sempre più grandi fino a costituire un unico mega-stato. Secondo l'antropologo le
Nazioni Unite non hanno il potere necessario a contrastare l'ostacolo principale alla pace del
mondo, gli interessi di sovranità degli stati, dunque la guerra è inevitabile. In contrasto con quanto
affermato da Carneiro, gli antropologi culturali ci hanno mostrato che la guerra non è una categoria
culturale universale e che esistono culture presso le quali le dispute si risolvono senza ricorrere alla
guerra. La prospettiva del relativismo culturale può fornire concreti approfondimenti su questioni
connesse al conflitto e con questi promuovere dialoghi meno superficiali tra parti diverse. Le
Nazioni possono offrire quantomeno un'arena in cui dare voci alle dispute, mentre le organizzazioni
internazionali per la pace possono offrire un luogo dove analizzare i problemi globali e denunciare
cause e conseguenze della violenza. Come queste, anche le organizzazioni non governative e le
associazioni informali possono dare, in varie forme e misure, il loro contributo.

Capitolo 12: POPOLI IN MOVIMENTO


Migrazione: trasferimento di una persona o di una popolazione da un luogo all’altro. Gli
antropologi fanno ricerca su diversi temi connessi alla migrazione ad es la sua correlazione con
sistemi economici, con l’evoluzione dell’individuo ecc.
La ricerca sulla migrazione è caratterizzata da tre tendenze:
- Tendenza a svolgere ricerca sul campo in più di una località, finalizzata alla
comprensione dei contesti d’origine e di destinazione
- Tendenza a combinare prospettive macro e micro, data l’esigenza di dare conto di
forze economiche, politiche e sociali che agiscono in ambiti nazionali e globali, lo
studio della migrazione mette in crisi il tradizionale approccio alla ricerca che la
vuole focalizzata su un singolo villaggio o quartiere
- Tendenza a applicare i risultati di ricerca per fornire risposte a persone costrette a
migrare per molti motivi come guerre, disastri ambientali ecc.

LE FORME DELLA MIGRAZIONE


TIPOLOGIE BASATE SU CRITERI SPAZIALI
- Migrazione interna: trasferimento entro i confini di un paese. Nel XX secolo in
Occidente la principale migrazione si è avuta nel trasferimento dalle campagne alle
città. Teoria push-pull: teoria che spiega i motivi del trasferimento tenendo conto
della mancanza di opportunità nel contesto di origine rispetto a quelli offerti dai
luoghi di destinazione. In base a questa teoria possiamo dire che nel caso del
trasferimento dalle campagne alle città il push è a mancanza di occupazione, la
povertà ecc mentre il pull sono le maggiori opportunità che offre la città.
- Migrazione internazionale: trasferimento oltre i confini nazionali. Sono aumentati in
maniera considerevole dalla seconda guerra mondiale. Inizialmente gli stati più
interessati da questa forma di immigrazione erano Australia, Canada, Stati Uniti ecc
e davano priorità all’immigrazione bianca (non volevano l’immigrazione dei non
bianchi). Successivamente queste politiche sono state via via superate per due
motivi: richiesta di forza lavoro e volontà di dare una certa immagine di sé agli altri
stati. I paesi che fino al secolo scorso erano paesi da cui partivano le persone, sono
oggi paesi che le ospitano (es Europa).
- Migrazione transnazionale: trasferimento tra due o più paesi, nel corso del quale il
migrante assume un’identità culturale nuova, che trascende la singola unità
geopolitica. E’ in aumento e dovuta alle recenti creazioni di confini tra stati, è dovuta
a fattori principalmente economici. Incide sull’identità del migrante, sul suo senso di
cittadinanza e sui suoi diritti. I continui spostamenti portano ad un senso di
spaesamento e il senso di appartenenza a una comunità di emigrati transnazionali
(persona nella sua stessa condizione). Molti paesi sono diventati paesi transnazionali,
da cui le persone partono per motivi economici ma dove mantengono la cittadinanza
e dove lasciano la famiglia. Caratteristica di questo processo è la rimessa:
trasferimento di beni dal paese in cui si rega l’emigrato al paese d’origine per
sostenere la famiglia.
TIPOLOGIE BASATE SUI MOTIVI DEL TRASFERIMENTO
I migranti possono esser distinti in tipologie diverse a seconda delle ragioni per cui si trasferiscono.
- Lavoratori migranti: si trasferiscono per svolgere un’occupazione per una durata
determinata, non hanno intenzione di rimanere per sempre nel paese dove trovano
occupazione (si ha in questo caso la migrazione di lavoratori salariati).
- Migrazione circolare: schema di trasferimento tra due o più località per motivi
lavorativi.
- Profughi: costretti a abbandonare le proprie case e paesi. I motivi sono guerre,
persecuzioni, disastri ambientali, schiavismo, colonialismo, attività estrattive ecc.
secondo una stima del 2010, 44 milioni di persone nel mondo sono state obbligate a
lasciare le loro case a causa di conflitti e persecuzioni.
- Rifugiati: individui costretti a trasferirsi all’estero soprattutto per persecuzioni di tipo
religioso, razziale, di genere, etnico, di nazionalità, politico. L’80% dei rifugiati trova
asilo presso paesi poveri, circa ¼ dei rifugiati è palestinese. La maggior parte dei
rifugiati sono donne e bambini, che molto spesso sono vittime di abusi. Il numero di
rifugiati è in continuo aumento.
- Profughi interni: persone che sono costrette a lasciare le loro case e comunità ma che
restano all’interno del loro paese. In tutto il mondo sono circa 51 milioni. L’Africa è
il continente in cui ce ne sono di più (il Sudan)
- Migrazione da sviluppo: migrazione forzata causata dai progetti di sviluppo
(esempio: costruzione di dighe colossali). Queste persone ricevono un indennizzo
per la perdita delle loro case e della loro terra (anche se questo difficilmente ripaga il
prezzo del loro stile di vita perduto, delle loro radici, della loro identità eccetra).
- Migranti istituzionali: individui che si trasferiscono presso un’istituzione sociale (es
monaci, suore, prigionieri, militari, studenti fuori sede). Problema dei militari: spesso
diventano militari circolari, che solo periodicamente stanno lontano dalla missione
ma devono tornarci perché quella è diventata la loro realtà e la loro dimensione
sociale (fanno loro tutte le culture e nessuna, quindi alla fine l’unica cosa durevole
che sentono nella loro vita è il sentimento di amicizia e di coesione all’interno del
plotone di combattimento a cui appartengono).

NUOVI IMMIGRATI NEGLI STATI UNITI E IN CANADA


- Nuovo immigrato: con questo termine ci si riferisce agli immigrati negli USA dopo
gli anni 60. I nuovi immigrati sono principalmente rifugiati. La migrazione
internazionale del XXI secolo è caratterizzata dalle seguenti tre tendenze:
 GLOBALIZZAZIONE: la diversità culturale è in aumento sia nei paesi di
origine che in arrivo a causa dell’aumento dell’immigrazione internazionale
 ACCELERAZIONE: il numero dei migranti è aumentato in tutto il mondo
 FEMMINILIZZAZIONE: il numero delle donne migranti è in crescita in
ogni categoria della migrazione e in ogni zona del mondo interessata da
questo fenomeno.

Gli Stati Uniti concedono agli stranieri due tipi di visto:


 immigrant visa consente di fare un lavoro stipendiato e di richiedere la
cittadinanza. Alcuni ottengono questo visto per una loro competenza
specifica ma la maggior parte per il ricongiungimento familiare
 Visto per i turisti valido per un periodo limitato e non consente in
genere di fare un lavoro
I NUOVI IMMIGRATI DALL'AMERICA LATINA E DAI CARAIBI
CASO DEL MESSICO: è il paese da cui proviene il maggior numero di immigrati negli stati uniti
(circa 1/£ di tutti gli immigrati in usa). La maggior parte di loro risiede in California, Texas e
Illinois. Dal Messico proviene anche la maggior parte degli immigrati clandestini. Dal 2008 a causa
della recessione economica sono meno gli immigrati messicani che raggiungono gli stati uniti, e
molti tornano in Messico (e i figli che sono nati negli stati uniti trovano difficoltà a cambiare tenore
di vita). Molti messicani in età adulta si trovano nella condizione di non sperimentare nessun senso
di appartenenza in nessun luogo: dagli anni 80 le persone si sono stabilite regolarmente negli stati
uniti (non solo per stagioni lavorative) la casa dei loro figli sono gli stati uniti, mentre la casa dei
loro padri resta per molto tempo il Messico anche se non hanno la possibilità di tornarci.
CASO DELLA REPUBBLICA DOMENICANA: i domenicano sono di solito gli immigrati più
poveri. Dopo il recente calo delle occupazioni i domenicano si sono spostati dal settore d’impiego
industriale a quello commerciale, fondando le cosiddette “bodegas” nelle zone più malfamate delle
città come New York e spesso rimettendoci la vita a causa della criminalità. I domenicani di solito
seguono un sistema di migrazione a catena, secondo il quale via via il numero di immigrati che
giungono nel paese di arrivo aumenta attraverso la richiesta del ricongiungimento familiare.
Siccome gli stati uniti riconoscono questa clausola solo per il nucleo familiare ristretto (posso far
venire mia moglie o mio figlio ma non il cugino di terzo grado), allora spesso vengono combinati
matrimoni d’affare che, una volta che si è avuto il ricongiungimento, vengono facilmente sciolti. La
situazione delle donne domenicane immigrate negli stati uniti è migliore di quella degli uomini: qui
le donne hanno un margine di indipendenza molto più ampio di quello che avevano nella
Repubblica Domenicana (ad esempio possono avere un impiego e non occuparsi solo della
manutenzione della casa e della famiglia).
I NUOVI IMMIGRATI DALL'ASIA
CASO DEL VIETNAM: 125 milioni di vietnamiti sono emigrati negli stati uniti, tra essi si possono
identificare tre ondate: l’elite del 1975 che ha evitato molti elementi traumatici legati
all’emigrazione perché ha passato poco tempo nei campi profughi, perché è arrivata prima
dell’avvento del comunismo in Vietnam, perché sono arrivati negli stati uniti insieme alla famiglia e
perché hanno ricevuto aiuti economici. Questa ondata era caratterizzata soprattutto da individui
istruiti. La seconda ondata, del 1978, viene definita “popolo delle barche”. La terza è l’ondata della
popolazione vietnamita di etnia cinese. Per le ultime due le condizioni di emigrazione sono state
assolutamente più difficili le difficili modalità di raggiungimento delle coste, mancanza di sostegno
economico, scarsa istruzione (per il popolo delle barche e non per i vietnamiti economici che sono
imprenditori e che trovano invece difficoltà dal punto di vista culturale). Gli immigrati di prima
generazione e soprattutto appartenenti alle due ondate successive hanno diverse difficoltà
occupazionali e molto spesso si trovano in condizioni di povertà.
CASO DELL'INDIA: Ci sono state diverse ondate migratorie dall'Asia meridionale agli Stati Uniti:
la prima caratterizzata da persone istruite (soprattutto ingegneri), mentre le ondate successive sono
state caratterizzate da persone meno istruite che hanno aperto piccole attività commerciali (come
negozi aperti h24 o motel) o che si occupano nel settore dei servizi. Soprattutto gli immigrati
arrivati negli stati uniti con la prima ondata si sono occupati di tenere vivi elementi della loro
cultura Hindu (tempio Ganesha: grandissimo tempio induista costruito a New York nel 97 che offre
un’ampia gamma di rituali).
L'IMMIGRAZIONE NELL'EUROPA MEDITERRANEA E L'ANTROPOLOGIA
CULTURALE
Dagli anni '50 si è assistito in tutta Europa ad una conseguenza della decolonizzazione. Tale
fenomeno è l’immigrazione da parte delle ex colonie verso l’ex madrepatria. Oggi la maggior parte
dei migranti che si riversa in Europa è rifugiata. Le attività a cui si dedicano sono lavori domestici,
attività produttive, autoimpenditoria. Molte attività si svolgono a nero. Questi nuovi flussi migratori
che riguardano l’Europa hanno interessato in modo massiccio anche l’Italia e la Spagna (Francia e
Gran Bretagna li hanno già sperimentati con la decolonizzazione).
CASO ITALIANO: Nel 1974, in Italia, il saldo tra partenze e arrivi si chiude in parità (non ci sono
più tante emigrazioni che avevano caratterizzato gli anni precedenti). Da quel momento l'Italia avrà
un numero sempre più crescente di stranieri e questi si troveranno con maggiore densità nelle
regioni di Lombardia, Veneto e Lazio. La nazionalità più rappresentata è la Romania, al secondo
posto il Marocco e al terzo l'Albania.
MIGRAZIONI NEL MEDITERRANEO
L’interesse dell’antropologia per l'immigrazione è partito dagli anni '80, dallo studio per le
emigrazioni del Mediterraneo. L’antropologia deve esplorare da un punto di vista etnografico le
varie comunità migranti e le loro relazioni con quelle ospitanti in modo da poter riflettere sulle
politiche migratorie da attuare. Le politiche del riconoscimento delle differenze possono seguire
diversi approcci:
Approccio dell’assimilazione: oggi non più teorizzato, prevede che l’assimilazione necessaria dei
gruppi etnici sul territorio nazionale (in pratica livellando le differenze).
Approccio del multiculturalismo: è stato teorizzato in Gran Bretagna e negli stati uniti. Non vuole
cancellare le differenze etnico-culturali ma preservarle attraverso azioni politiche.
Intercultura: teorizzato in Francia e Italia, con questo termine si indica un modo alternativo di
gestire le differenze, basato sul dialogo tra gruppi anziché la compresenza e la rivendicazione di
diritti esclusivi su base etnica.
Le legislazioni nazionali definiscono il numero e la tipologia di persone che possono essere accolti.
I criteri adottati per definire queste restrizioni rispondono a interessi politici e economici (ad
esempio la necessità di forza lavoro agevolerà l’accoglienza di migranti). Le politiche nazionali
sull’immigrazione hanno un impatto sulle comunità locali, la cui insoddisfazione è dovuta alla
cosiddetta “mentalità della sopravvivenza” (induce a portare limiti all’espansione di determinati
gruppi di immigrati a causa di una presunta carenza di risorse).
POLITICHE E PROGETTI SULLE MIGRAZIONI NEL MONDO
Le questioni cruciali che le politiche sulla migrazione devono affrontare rigardano le legislazioni
nazionali e internazionali che favoriscono l’inclusione o esclusione di categorie di persone. Tutte le
tipologie di migranti cercando di salvaguardare il proprio stile di vita e mantenersi in salute.
TUTELARE LA SALUTE DEI MIGRANTI
La salute dei migranti è esposta a diversi rischi molto diversi tra loro. Un gruppo di migranti molto
fragile è quello che dipende da sistemi economici che richiedono mobilità, come i cacciatori e i
raccoglitori che vengono piegati dalle frequenti siccità in Africa. Tali questioni attirano l'attenzione
degli antropologi che vogliono sviluppare delle strategie di prevenzione a partire dal potenziamento
delle attività di monitoraggio e sostegno.
INCLUSIONE ED ESCLUSIONE
Gli atti legislativi a tutela degli immigrati sono sempre legati ad interessi politici ed economici. In
tutti i casi di immigrazione, uno dei fattori che più influenza le politiche d’immigrazione è il flusso
della forza lavoro: migranti impiegati a basso costo e a volte anche illegalmente. Le insoddisfazioni
diffuse a livello locale sono associate alla cosiddetta “mentalità della sopravvivenza”, che induce a
porre limiti alle migrazioni per una presunta carenza di risorse. Questo è alla base delle ostilità nei
confronti dei migranti da parte delle popolazioni che li accolgono in tutto il mondo.
MIGRAZIONE E DIRITTI UMANI
Recenti tendenze conservatrici in tutto il mondo sono riuscite ad annullare le politiche migratorie
più progressiste. Sul campo dei diritti umani legati alla migrazione bisogna prima distinguere tra la
migrazione volontaria e la migrazione forzata: quest'ultima può essere considerata una violazione
dei diritti umani. Un'altra distinzione vi è tra profughi con diritto di ritorno (che possono tornare alla
terra d'origine) e quelli che non lo hanno. In Occidente, il diritto di ritorno è considerato
inalienabile. La questione del diritto del ritorno è molto pressante nella guerra costante tra Palestina
e Israele: moltissimi profughi Palestinesi vorrebbero ritornare nel loro paese, ma non possono
perché Israele vieta loro questo diritto

Capitolo 13: CULTURA E SVILUPPO


L'antropologia dello sviluppo analizza le dinamiche dell'interazione tra cultura e "sviluppo". Questo
indirizzo di studio ha un forte versante critico e applicativo e pone domande scomode sulle cause
della povertà.
DEFINIZIONI E STRATEGIE DELLO SVILUPPO
Sviluppo: cambiamento finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita degli esseri umani
Progetto di sviluppo: ha lo scopo di prevenire e ridurre la povertà.
Povertà: mancanza di risorse tangibili e intangibili utili alla vita e a migliorarne la qualità
Povertà estrema: grave mancanza di accesso a risorse di importanza vitale
Povertà cronica: mancanza di accesso alle risorse che dura per tutta la vita o per generazioni
Cause della povertà
- Cause profonde: fattori come cambiamenti climatici, disuguaglianze di genere,
divario sociale. Trattengono le persone in una condizione di povertà per molto tempo
- Cause immediate: ad esempio un terremoto, un’alluvione
- Cause combinate: un misto di cause profonde e immediate, portano a povertà
estrema e cronica.
Prestito di microcredito: piccoli prestiti dati alle persone con basso reddito per sostenere un’attività
produttiva. Sono fatti per togliere le persone da condizioni di indigenza per lunghi periodi.
DUE DINAMICHE DEL CAMBIAMENTO CULTURALE: INVENZIONE E DIFFUSIONE
.1) Invenzione di solito graduale. Può essere concettuale (es democrazia). Di
solito porta cambiamenti positivi
.2) Diffusionele società che hanno analogo potere di scambio tendono ad
adottare elementi culturali l’una dall’altra. Inoltre la diffusione può consistere
nel trasferimento di elementi da una cultura dominante a una che ha meno
potere. Questo processo può essere imposto con la forza oppure in modo più
sottile può derivare da percorsi educativi o da dinamiche di mercato che
promuovono l’adozione di nuove pratiche e convinzioni. Le culture
dominanti possono appropriarsi di elementi di quelle meno potenti attraverso
l’imperialismo culturale.
Acculturazione: rende la cultura minoritaria più simile a quella dominante. In casi estremi una
cultura può essere assimilata o deculturata perdendo i caratteri specifici della propria identità. In
casi ancora più estremi una cultura minoritaria può essere condotta all’estinzione. Questi processi
implicano anche cambiamenti linguistici derivanti dal contatto con culture e lingue dominanti che,
con la globalizzazione e la diffusione di nuove tecnologie, hanno interessato numerosi popoli
indigeni. Risposte alternative all’acculturazione includono l’adozione selettiva di alcune
innovazioni che vengono rielaborate localmente e diventano oggetto di sincretismi e il totale rigetto
e resistenza.
TEORIE E MODELLI DELLO SVILUPPO
Modernizzazione: forma di cambiamento caratterizzata da una crescita economica prodotta
dall’industrializzazione e dall’espansione del mercato. Il consolidamento politico dello stato,
l’innovazione tecnologica, scolarizzazione, mobilità sociale. Obiettivi della modernizzazione sono il
progresso materiale e lo sviluppo degli individui. Ci sono sostenitori e critici di questo processo sia
nei paesi ricchi che poveri. I suoi sostenitori ritengono che i benefici della modernizzazione
(trasporti, elettricità. Assistenza biomedica) valgano i prezzi pagati dall’ambiente e dalla società.
Altri hanno un’opinione più critica, dati i livelli di consumo sempre crescenti e l’uso di risorse non
rinnovabili che la modernizzazione comporta. Molti antropologi culturali sono critici nei confronti
dell’occidentalizzazione e della modernizzazione poiché le loro ricerche mostrano che la
modernizzazione spesso danneggia ambiente, aggrava disuguaglianze sociali, distrugge culture
locali e riduce la diversità culturale e biologica nel mondo. Tuttavia la maggior parte dei paesi
continua a impegnarsi per favorirla.
Sviluppo finalizzato alla crescita
Sviluppo come cambiamento indotto, derivante dalla teoria della modernizzazione dei paesi in via
di sviluppo è emerso dopo la seconda guerra mondiale. Gli usa iniziano a estendere la loro
leadership nel mondo e sostengono programmi di sviluppo (elemento della strategia internazionale
degli usa). Secondo il concetto di sviluppo internazionale adottato dalle più importanti istituzioni
occidentali che se ne occupano, questo processo ha obiettivi affini a quelli della modernizzazione ed
è soprattutto incentrato sulla crescita economica. Secondo la teoria dello sviluppo finalizzato alla
crescita gli investimenti finalizzato alla crescita economica conducono al miglioramento delle
condizioni di vita delle popolazioni grazie all’effetto a cascata: il graduale aumento della ricchezza
dei meno abbienti come conseguenza del benessere di chi ha maggiori risorse economiche. Favorire
la crescita economica dei paesi in via di sviluppo comporta le due seguenti strategie:
- Incremento della produttività economica e scambi commerciali attraverso
modernizzazione delle manifatture e agricoltura, accesso a mercati globali
- Riduzione delle spese del governo per servizi pubblici come scuola e sanità per
diminuire il debito e destinare risorse a favorire l’aumento della produttività
Questa strategia definita di riassetto strutturale è stata favorita dalla banca mondiale fino dagli anni
80. Un indice utile alla valutazione del grado di sviluppo raggiunto tramite l’applicazione di questo
modello è quello del tasso di crescita economica (pil).
Sviluppo distributivo
Lo sviluppo distributivo si distingue da quello finalizzato alla crescita per l’enfasi che pone
sull’importanza di un’equa distribuzione sociale dei suoi benefici specialmente in termini di
aumento del reddito, istruzione e salute. Secondo tale modello l’effetto a cascata è inefficace perché
non arriva a interessare la popolazione indigente ma arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri
(aumentano le disuguaglianze sociali e peggiorano le loro condizioni con i tagli sulla sanità e
istruzione. I governi dovrebbero invece garantire un equo accesso alle risorse più importanti.
Sviluppo umano
Ulteriore alternativa allo sviluppo finalizzato alla crescita
Tale strategia si concentra sugli investimenti destinati a migliorare le condizioni di vita delle
popolazioni. Le nazioni unite hanno fatto propria l’espressione sviluppo umano per porre l’accento
sulla necessità di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni (istruzione, salute, sicurezza).
Secondo questa prospettiva gli investimenti volti a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni
producono sviluppo economico mentre non sempre è vero il contrario. Le risorse economiche, unite
a misure distributive, sono considerate un soldo dato di partenza per ottenere livelli elevati di
sviluppo umano
Sviluppo sostenibile
Identifica le strategie per apportare miglioramenti che non implichino il consumo di risorse non
rinnovabili e siano finanziariamente sostenibili nel tempo. I sostenitori di questo modello ritengono
che la crescita economica dei paesi ricchi sia stata e continui a essere molto onerosa per ambiente e
persone e non potrà essere sostenuto per molto in futuro (sono sempre più i paesi che si stanno
industrializzando).
APPROCCI ISTITUZIONALI ALLO SVILUPPO
LE GRANDI ISTITUZIONI PER LO SVILUPPO
Esistono due principali tipologie di istituzioni per lo sviluppo:
- Istituzioni multilaterali associano numerosi donatori. ONU (1945 con più di 160
stati membri. Ciascuno di essi porta contributo finanziario in base alle disponibilità e
ha diritto di voto nell’assemblea generale. A esse fanno capo varie agenzie con
funzioni diverse: FAO, UNICEF, UNESCO, UNHCR) e Banca mondiale (1944,
riceve soldi da 150 paesi membri, promuove il modello della crescita economica in
tutto il mondo e la sua strategia principale è quella di favorire investimenti
internazionali attraverso l’erogazione di prestiti. La banca mondiale è diretta da
consiglio di amministrazione comporto dai ministri delle finanze di ciascun paese
membro. Le superpotenze economiche ne hanno il predominio. Si trova a
Washington. A essa afferisce IBRD, concede prestiti ai paesi poveri. La maggior
parte di questi prestiti è usata per finanziare grandi progetti infrastrutturali es
creazione dighe. Nel complesso la banca mondiale promuove il cambiamento
attraverso modelli di crescita economica i stile capitalistico privilegiando
investimenti in grandi progetti infrastrutturali rispetto a progetti sociali che
riguardano salute e scuole. Da 50 anni la banca mondiale prende le distanze da
questioni “politiche”, compresi i diritti umani) caratterizzate da sistemi sociali vasti e
complessi.
- Istituzioni bilaterali associano solo due paesi, donatore e beneficiario. I prestiti e le
sovvenzioni possono essere vincolati o non vincolati. Nel primo caso una
percentuale dei finanziamenti erogati per l’implementazione di un progetto è
destinato all’acquisto di beni, consulenze e servizi forniti dal paese donatore.
Nell’altro caso il paese che ne è beneficiario potrà decidere liberamente come
utilizzarli.
Caso di Cuba: nei progetti bilaterali privilegia i contributi perla formazione del personale medico e
per l’assistenza sanitaria preventiva. Destina i finanziamenti per lo sviluppo di paesi che hanno il
suo stesso orientamento socialista.
APPROCCI “DAL BASSO”
Molti paesi hanno dato luogo alla sperimentazione di approcci dal basso allo sviluppo, cioè hanno
sostenuto progetti su piccola scala avviati per iniziativa locale. Questo approccio, alternativo a
quello dello sviluppo calato dall’alto (azione delle agenzie che operano su larga scala) hanno
maggiori probabilità di risultare culturalmente compatibili, di godere del sostegno e della
partecipazione delle comunità locali e quindi di avere successo. L’espressione “capitale sociale” si
riferisce alle risorse intangibili che sono insite nei rapporti sociali, nella fiducia reciproca e nella
cooperazione. Nei casi di povertà estrema (no finti di reddito alternativo) gli interventi governativi
sono da associare a iniziative dal basso
IL PROGETTO DI SVILUPPO
Tutte le agenzie per lo sviluppo (es ong e istituzioni multilaterali) realizzano i loro obiettivi
implementando un progetto di sviluppo: una serie di attività finalizzate a attuare politiche di
sviluppo.
IL CICLO DI UN PROGETTO DI SVILUPPO: le varie fasi che lo articolano, dalla pianificazione
iniziale alla conclusione. Ci sono 5 fasi principali:
.1) Identificazione del progetto (individuazione di un progetto adeguato per un
obiettivo specifico)
.2) Formulazione del progetto (definizione del progetto nei suoi dettagli
.3) Budget del progetto (analisi aspetti economici del progetto)
.4) Implementazione del progetto (messa in atto)
.5) Valutazione del progetto (verifica della realizzazione degli obiettivi)
Cause di insuccessi dei progetti:
- Progetto non adeguato a contesto ambientale e culturale
- I benefici non raggiungono il gruppo a cui erano destinati ma elite ecc
- Le condizioni di vita di chi avrebbe dovuto avere benefici erano peggiori alla fine del
progetto rispetto che all’inizio
Un fattore soggiacente a questi insuccessi è la cattiva impostazione del progetto. I progetti erano
stati fatti da burocrati, economisti ecc lontani dal luogo di implementazione del progetto, privi di
conoscenza di prima mano delle condizioni e dello stile di vita delle popolazioni che avrebbero
dovuto beneficiare del progetto. Gli antropologi incaricati di valutare i progetti conoscono le
popolazioni e il contesto locale e dovrebbero quindi essere interpellati.
COMPATIBILITA CULTURALE
L’analisi di molti progetti di sviluppo implementati negli ultimi decenni mostra quanto sia
importante che essi siano culturalmente compatibili, ossia che nella loro elaborazione si sia tenuto
conto della cultural locale.
ANTROPOLOGIA CRITICA DEI PROGETTI DI SVILUPPO
I primi decenni dell’antropologia dello sviluppo sono stati dominati da quella che chiamiamo
antropologia tradizionale dello sviluppo. Nell’antropologia tradizionale dello sviluppo gli
antropologi portano il proprio contributo all’elaborazione di politiche e programmi di sviluppo più
efficaci. Gli antropologi che conoscono bene determinate culture locali possono fornire indicazioni
sui beni di consumo che troveranno accoglienza migliore o suggerire come convincere dei gruppi a
trasferirsi senza incontrare troppe resistenze da parte loro. Gli antropologi possono quindi fungere
da mediatori culturali e usare la propria conoscenza della cultura del donatore e quella del
beneficiario per elaborare un progetto efficace. Se non si rispettano i presupposti culturali di una
popolazione un progetto di sviluppo può portare all’abbandono delle proprie case da parte di molti
(vedi esempio costruzione dighe, che eliminano luoghi sacri, impediscono il sostentamento a causa
del rilascio delle acque in modo disuniforme ecc). La crescente consapevolezza dei danni provocati
da molti progetti di sviluppo che si ritenevano capaci di portare benefici ha portato alla nascita di
quella che chiamiamo antropologia critica dello sviluppo. In questa prospettiva gli antropologi
assumono una posizione analitica critica e la domanda che si pongono è: questo progetto è valido
dal punto di vista della popolazione che ne sarà interessata e per l’ambiente in cui vive?”.
LO SVILUPPO, I POPOLI INDIGENI E LE DONNE
POPOLI INDIGENI E SVILUPPO
I popoli indigeni sono stati spesso danneggiati dallo sviluppo finalizzato alla crescita, così come era
stato in precedenza dal colonialismo. Oggi però molti gruppi indigeni stanno ridefinendo lo
sviluppo rendendosene protagonisti (es molti di laureano in legge).
I popoli indigeni si distinguono dalle minoranze in quanto vivono in regioni remote e ricche di
risorse naturali. La distanza e l’isolamento li hanno protetti dagli estranei ma oggi i governi, il
mondo degli affari, ambientalisti e turisti sono sempre più consapevoli che i territori dei popoli
indigeni abbondano di attrattive culturali e di importanti risorse naturali.
POPOLI INDIGENI, VITTIME DEL COLONIALISMO E DELLO SVILUPPO
Come il colonialismo in passato, gli attuali interessi politici e economici globali e nazionali
comportano spesso l’assunzione del controllo dei territori abitati dai popoli indigeni. Nel corso dei
secoli passati il contato con stranieri ha causato l’annientamento di molti popoli indigeni e delle
loro culture (malattie, schiavitù, guerre, violenza hanno portato alla scomparsa e declino delle
popolazioni). Questa perdita di autonomia (economica, politica, espressiva) ha avuto effetti fisici e
psicologici devastanti sui popoli indigeni e la riduzione della biodiversità nell’ambiente naturale in
cui vivono (e questa è causa diretta del loro impoverimenti, della diffusione della disperazione e di
un generalizzato declino culturale). Questi processi interessano tutto il mondo e espongono i popoli
indigeni ai nuovi rischi.
Esempio: alcuni governi asiatici, a causa di interessi interni e pressioni internazionali, obbligano
delle tribù indigene allo spostamento attraverso il “trasferimento programmato” in nome del
progresso.
POPOLI INDIGENI E DIRITTI TERRITORIALI
Durante l’intero corso della storia, i popoli indigeni hanno tentato di contrastare gli effetti della
“civilizzazione” e, a partire dagli anni ‘80, si sono diffuse forme di protesta efficaci. Oggi i popoli
indigeni intendono riappropriarsi e difendere i loro diritti territoriali. Ecco una panoramica delle
rivendicazioni territoriali espresse dai popoli indigeni.
America Latina: Le popolazioni indigene reclamano il rispetto del loro diritto all’isolamento,
quando questo risponda alle loro volontà e chiedono di ottenere protezione dal contatto con gli
estranei e da incursioni indesiderate nei loro territori. Nel 2008 si è formata l’Alleanza
Internazionale dei Popoli delle Foreste, con lo scopo di favorire la partecipazione di rappresentanti
dei popoli indigeni ai colloqui sui cambiamenti climatici globali e definire un programma che
preveda una compensazione per la salvaguardia delle foreste tropicali.
Canada: Le rivendicazioni derivano da controversie sorte a seguito di precedenti accordi o trattati
oppure sono avanzate da Popoli Nativi che non sono stati allontanati dai loro territori e non hanno
firmato alcun trattato. Nel primo caso è prevista una compensazione monetaria; nel secondo caso,
gli interessi minerari e petroliferi hanno spinto i governi a intraprendere negoziati con i popoli
indigeni.
Asia: La maggior parte degli Stati si dimostra riluttante a riconoscere diritti territoriali ai popoli
indigeni. Oggi i “nuovi arrivati” occupano le terre più fertili e i popoli indigeni e le loro culture
sono esposti a diversi rischi, come la sofferenza causata dalla perdita della terra e dello stile di vita
tradizionale o problemi di salute. La lotta dei popoli indigeni che aspirano alla secessione dagli
Stati, in molti casi, costa molte vite, soprattutto le loro.
Africa: Gli interessi politici dei governi statali, orientati alla difesa dei confini, hanno danneggiato i
popoli indigeni, in specie quelli caratterizzati dalla mobilità come i cacciatori-raccoglitori e i
pastori.
Australia e Nuova Zelanda: Lo scenario è migliore: in Australia riconoscono legalmente i diritti
territoriali agli Aborigeni, infatti questi ultimi hanno conquistato il “native title”, il diritto nativo. E’
stato contestato dagli indigeni il principio della “terra nullius”, ovvero “di nessuno”, che avrebbe
legittimato l’occupazione coloniale di determinati territori in assenza di evidenze della presenza di
diritti di proprietà.
ORGANIZZARSI PER CAMBIARE
Molte popolazioni indigene hanno dato vita ad associazioni create per promuovere il cambiamento
dall’interno. Sebbene si ripongono grandi speranze sulle nuove forme di resistenza che stanno
emergendo e sulla diffusione dell’auto-determinazione e delle forme autonome di organizzazione
dei popoli indigeni, queste speranze non si possono applicare a tutti i gruppi indigeni. Molti stanno
facendo progressi nella rivendicazione dei diritti e le loro condizioni economiche stanno
migliorando; tuttavia, molti altri patiscono una dura repressione politica ed economica e sono a
rischio estinzione.
DONNE E SVILUPPO
Colonialismo in passato e sviluppo oggi rendono le donne una categoria a rischio come i popoli
indigeni: colonialismo e sviluppo hanno portato alla perdita di diritti economici e potere politico di
cui godevano in seno alle loro comunità. Il sistema matrilineare (trasmissione della proprietà per
linea femminile) è in declino ovunque nel mondo. Spesso l’occidentalizzazione e modernizzazione
sono alla radice di questa dinamica. Altra tendenza a persuasivi effetti negativi sulla condizione
della donna si tratta della propensione maschilista dello sviluppo, ossia la tendenza alla definizione
e implementazione di progetti di sviluppi che individuano gli uomini come beneficiari e non
prendono in considerazione l’impatto che avranno su ruoli e status delle donne.
PROPENSIONE MASCHILISTA DELLO SVILUPPO
Molti progetti non includevano per niente le donne tra i beneficiari mentre erano gli uomini ad
essere identificati come destinatari di iniziative come la promozione della coltivazione di prodotti
redditizi, apprendimento nuove tecnologie. Questa tendenza a favorire gli uomini nei progetti di
sviluppi ha promosso la disuguaglianza di genere. I progetti dedicati alle donne sono stati per lo più
applicati in ambito domestico. Questa attenzione settoriale ha promosso in tutto il mondo la
domesticazione delle donne (donne allontanate dalla sfera pubblica e relegate a svolgere funzioni
domestiche). La propensione maschilistica dello sviluppo ha provocato il fallimento di alcuni
progetti. La commissione delle nazioni uniti sulla condizione delle donne ha stilato una
dichiarazione che contrasta la violenza ai danni delle donne, adottata nel 93 dall’assemblea
generale.
LE ORGANIZZAZIONI DELLE DONNE PER IL CAMBIAMENTO
In molti paesi le donne hanno ottenuto miglioramenti del propri status e delle condizioni di vita
aderendo a organizzazioni che in alcuni casi fanno parte della loro cultura tradizionale e che in altri
casi rispondono a stimoli provenienti dall’esterno (es madri che collaborano per mantenere figli o
creditizie per iniziare attività imprenditoriali). Alcune sono locali altre sono globali come la banca
mondiale delle donne, organizzazione internazionale nata in India e Bangladesh a partire da
programmi di credito per donne lavoratrici indigenti.
PROBLEMATICHE URGENTI DELLO SVILUPPO
I progetti di sviluppo sono in genere concepiti da estranei che spesso hanno scarsa conoscenza dei
contesti locali e applicano un modello universale “a taglia unica”. I principali beneficiari dei
progetti, cioè le popolazioni, spesso non vengono nemmeno consultati in merito agli effetti che
avranno sulle loro comunità. Si tratta di uno sviluppo aggressivo: l’imposizione di progetti e di
politiche in assenza di un preventivo, libero e informato consenso da parte delle popolazioni
interessate. Questo modello di sviluppo non contribuisce in nessun modo a prevenire o ridurre la
povertà e viola i diritti umani.
PROGETTI DI VITA E DIRITTI UMANI
Il progetto di vita è la visione che la popolazione locale ha della direzione che vuole dare alla
propria vita ed è costruita in base alle sue conoscenze, alla sua storia e al suo contesto e include gli
strumenti per la sua realizzazione. I progetti di vita possono essere considerati un diritto umano
inerente alla dichiarazione dei diritti umani ratificata dalle nazioni unite nel 48. I processi di
sviluppo che provocano degrado ambientale (declino biodiversità, inquinamento, deforestazione)
violano i diritti umani. L’industria estrattiva è un ulteriore causa di degrado ambientale e delle
popolazioni autoctone e quindi spesso le popolazioni si oppongono ai progetti di quest’ultime,
obbligandole a cambiare rotta o in modo più generale a guardare in faccia i problemi che
comportano.
PATRIMONIO CULTURALE E SVILUPPO: PASSATO E PRESENTE GUARDANO AL
FUTURO
La connessione tra turismo culturale e sviluppo è un’arma a doppio taglio: offre benefici ma impone
costi. La promozione del patrimonio culturale attraverso il turismo richiede il potenziamento
infrastrutturale e altre risorse necessarie ai turisti e al personale incaricato di fornire loro dei servizi.
La presenza dell’industria del turismo, anche se contribuisce a salvaguardare il patrimonio culturale,
può in alcuni casi danneggiarlo o distruggerlo.
L'ANTROPOLOGIA CULTURALE E IL FUTURO
Per l’antropologia culturale, che è una disciplina più orientata all’analisi “di ciò che è” piuttosto che
alla definizione di “ciò che potrebbe essere”, è difficile immaginare quale sia il modo migliore per
mettere le proprie conoscenze al servizio di un futuro migliore. Ma ciò che è certo è che le
popolazioni locali, rivendicando la propria cultura, non stanno solo ridefinendo lo sviluppo ma
anche le teorie e le pratiche dell’antropologia culturale. Spesso è proprio da chi ha meno in termini
di ricchezza materiale ma di più in termini di ricchezza culturale che vengono i più grandi
insegnamenti.

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