Sei sulla pagina 1di 29

1 - L'antropologia e lo studio della cultura 

 
Il  termine  ​antropologia  (letteralmente  “discorso  intorno  al  genere  umano”)  si 
accompagna  spesso  a  diversi  altri  aggettivi.  Preso  di  per  sé,  il  termine  “antropologia” 
definisce  un  vasto  insieme  di indirizzi e di tradizioni di studio che ha assunto caratteri 
peculiari  nei  diversi  paesi  dove  questo  “discorso  intorno  al  genere  umano”  ha 
acquistato un maggiore spessore teorico.  
La  principale  distinzione  in  uso  è  tra  “antropologia  fisica”  (o  “biologica”,  ovvero  lo 
studio  dell'umanità  dal  punto  di  vista  biologico),  e  “antropologia  culturale”  (ovvero  lo 
studio  dell'umanità  dal  punto  di  vista  culturale).  Esistono  poi  altri  termini  come 
etnologia, antropologia sociale, etnografia, demologia.  
Nella  tradizione  statunitense  l'antropologia  è  divisa  in  quattro  campi  di  studio,  i 
cosiddetti  ​four  fields​,  ciascuno  dei  quali  corrisponde  a  un  ambito  dell'esperienza 
umana distinto dagli altri, ma a essi connesso:  
 
I. antropologia  fisica​,  o  antropologia  biologica:  lo  studio  della  specie  umana  dal 
punto  di  vista  biologico  che  analizza  la  sua  evoluzione  nel  tempo  e  le  sue 
varianti contemporanee;  
II. archeologia​:  lo  studio  delle  culture  umane  del  passato  condotto  attraverso 
l'analisi dei loro resti materiali;  
III. antropologia  linguistica​:  lo  studio  della  comunicazione  umana  che  analizza  le 
sue origini, la sua storia e le sue varianti e trasformazioni contemporanee;  
IV. antropologia  culturale​:  lo  studio  delle  popolazioni  e  delle  culture 
contemporanee  che  affronta  anche  i  temi  delle  differenze  e  del  cambiamento 
culturali.  
 
Nella  tradizione  inglese  si  è  sviluppata  maggiormente  l'​antropologia  sociale​,  un 
indirizzo  di  studio  nato  intorno  agli  anni  '20  in  Gran  Bretagna  il  quale,  diversamente 
dall'indirizzo  americano  che  poneva  l'enfasi  sul  concetto  di  cultura,  ha  sviluppato  un 
approccio  incentrato  sulla  dimensione  sociale  e  sul  funzionamento  dei  sistemi e delle 
strutture sociali in prospettiva comparata rivolta alle società cosiddette “semplici”.  
Il  termine  ​etnologia  (letteralmente  “discorso  intorno  ai  popoli”)  è  stato  a  volte  usato 
come sinonimo di antropologia culturale, ma ha più spesso acquisito significati diversi; 
nell'Europa  continentale  ha  definito  lo  studio  delle  culture  extraeuropee,  cosiddette 
“tradizionali”,  laddove  “antropologia”  definiva  l'antropologia  fisica,  mentre  negli  Stati 
Uniti  ha  indicato  lo  studio  delle  culture  native  americane  secondo  una  prospettiva 
storica.  
Il  termine  ​demologia  (o  “storia  delle  tradizioni  popolari”)  ha  indicato  lo  studio  delle 
culture  popolari  europee  come  distinte  dalla  cultura  borghese  o  aristocratica.  A 
partire  dagli  anni  '80  nell'ordinamento  didattico  italiano  è entrata in uso l'espressione 
discipline demoetnoantropologiche che riunisce nell'acronimo DEA. 
L'antropologia  culturale  è  una  disciplina  scientifica  nata  in  Occidente  che  ha  per 
oggetto  lo  studio  delle  popolazioni  contemporanee  e  delle  loro  culture,  laddove  per 
cultura  si  intende  in  termini  generali  l'insieme  dei  comportamenti  e  delle  credenze 
appresi  e  condivise  dalle  persone.  L'antropologia  culturale  analizza  differenze  e 
somiglianze  tra  culture  e  il  modo  in  cui  esse  cambiano  nel  corso  del  tempo.  Gli 
antropologi  culturali  studiano  le  culture  umane  di  tutto  il  mondo  e  analizzano  le 
somiglianze  e  le  differenze  esistenti  tra  loro;  per  fare  ciò  sul  piano  metodologico  essi 
apprendono  informazioni  sulla  cultura  trascorrendo  lunghi  periodi  insieme  alle 
persone che studiano.  
Lo  scopo dell'antropologia culturale non è tuttavia solo una conoscenza finalizzata alla 
salvaguardia  della  diversità  culturale  e  dei  mondi  locali,  ma  a  questo  obiettivo  è 
strettamente  connesso  anche  un  percorso  inverso  che  porta  la  disciplina  a  farsi 
specchio  della  società  occidentale  e  sua  critica  osservatrice.  Guardando  l'“altro” 
l'antropologia  culturale  ci  porta  a  vedere  meglio  noi  stessi  e  a  rendere  “familiare  ciò 
che  è  estraneo  ed  estraneo  ciò  che  è  familiare”,  avvicinandoci ad una comprensione e 
a  un'interpretazione  il  più  possibile  contestualizzata e approfondita di fatti, pratiche e 
idee che appaiono bizzarri, strani o incomprensibili.  
Le origini dell'antropologia culturale risalgono a scrittori come Erodoto (V secolo a.C.), 
Marco  Polo  (secoli  XIII  e  XIV  d.C).  Le  radici  concettuali  più  recenti  della  disciplina  si 
fanno  risalire  a  scrittori  vissuti  al  tempo  dell'Illuminismo  francese,  come  il  filosofo 
Montesquieu,  attivo  nella  prima  metà  del  XVIII  secolo.  Nella  seconda  metà  del  XIX 
secolo la scoperta dei principi dell'evoluzione biologica da parte di Charles Darwin e di 
altri  studiosi  ha  fornito  le  basi  per  la  prima  spiegazione  scientifica  delle  origini  della 
specie umana.  
I  principali  protagonisti  della  fondazione  dell'antropologia  culturale,  nel  tardo 
Settecento  e  all'inizio  del  XIX  secolo,  sono  Sir  ​Edward  Taylor  e  Sir  ​James  Frazer  (in 
Inghilterra)  e  ​Lewis  Henry  Morgan  (negli  Stati  Uniti).  Ispirati  dalla  teoria 
dell'evoluzione  biologica,  questi  studiosi  elaborarono  un  modello  di  evoluzione 
culturale  secondo  cui  tutte  le  culture umane evolvono, nel tempo, da forme inferiori a 
forme  superiori.  Questa  concezione  collocava  i  popoli  non  occidentali  in  uno  stadio 
“primitivo” e le culture euro-nordamericane in quello della “civilizzazione”.  
Bronislaw  ​Malinowski  (1884-1942),  di  origini  polacche,  è  uno  degli  studiosi  che 
maggiormente  hanno  determinato  lo  sviluppo  dell'antropologia  culturale  moderna. 
Nel  corso  della  prima  metà  del  XX  secolo,  Malinowski,  dopo  aver  a  lungo  soggiornato 
tra  gli  indigeni  delle  Isole  Trobriand  nell'Arcipelago  malesiano  e  introdotto  la  pratica 
della  ricerca  sul  campo  con  l'​osservazione  partecipante​,  definì  l'approccio  teorico  del 
funzionalismo​,  che  assimila  le  culture  agli organismi biologici, le singole parti dei quali 
collaborano  al  funzionamento  e  alla  conservazione  dell'insieme:  la  religione  e 
l'organizzazione  della  vita  familiare,  per  esempio,  contribuiscono  al  funzionamento 
della  cultura  nel  suo  insieme.  Il  funzionalismo  è  connesso  al  concetto  di  olismo, ossia 
la  convinzione  circa  la  connessione  esistente  tra  il  tutto  e  le  sue  parti,  che  conduce 
alla  necessità  di  studiare  ogni  singolo aspetto della cultura che si voglia comprendere. 
Il funzionalismo contribuì a mettere definitivamente in crisi i paradigmi evoluzionistici 
etnocentrici,  i  quali  si  basavano  su  una  concezione “unilineare” dell'evoluzione umana 
e  non  si  interrogavano  sulle  modalità  di  funzionamento  e  di  organizzazione  delle 
singole società.  
Franz  Boas  (1858-1952)  è  considerato  il  fondatore  dell'antropologia  culturale 
nordamericana.  Nato  in  Germania  si  è  trasferito  negli  Stati  Uniti  nel  1887.  Dagli  Inuit 
aveva  imparato  che  culture  diverse  possono  percepire  in  modo  differente  anche 
semplici  elementi  naturali  come  l'“acqua”.  Durante  la  sua  permanenza  nell'Isola  di 
Baffin,  Boas  realizzò  che tutte le culture hanno una distinta individualità e una propria 
validità.  Dobbiamo  a  lui  l'introduzione  di  un  concetto  ampiamente  noto:  quello  del 
relativismo  culturale​,  ossia  la  convinzione  della  necessità  di  comprendere  le  singole 
culture  a  partire  dai  valori  e  dalle  idee  che  sono  loro  propri  e  della  inopportunità  di 
giudicarle  in  base  a  standard  vigenti  in  contesti  culturali  diversi.  Con  la  sua pratica di 
ricerca  prima  tra  gli  Eschimesi  e  poi  tra  i  nativi  americani  della  costa  del  Nord Ovest, 
Boas  introdusse  un  approccio  basato  sul  ​particolarismo  storico​,  ovvero  sullo  studio 
particolare  delle  singole  culture,  piuttosto  che  sugli  approcci  generalizzanti  e 
storicamente non fondati dei predecessori evoluzionisti.  
L'interesse  di  Boas  per  le  relazioni  tra  individuo  e  cultura  è  stato  alla  base  di  un 
successivo  indirizzo  dell'antropologia  americana,  sviluppato  dai  suoi  allievi  (​Benedict 
e  ​Kardiner​),  noto  come  ​scuola  di  cultura  e  personalità  che,  partendo  da  un  approccio 
integrato  della  cultura  teorizzava  l'esistenza  di  un  ethos  intorno  al  quale  gli  individui 
svilupperebbero  strutture psicologiche comuni. ​Margaret Mead è la più famosa allieva 
di  Boas  e  ha  contribuito  ad  ampliare  le  nostre  conoscenze  sulle  culture  del  Pacifico 
meridionale.  
In  quegli  stessi  anni,  nel  periodo  compreso  tra  le  due  guerre  mondiali,  l'antropologia 
britannica  con  ​Alfred  Redcliffe-Brown  si  orientò  verso  una  prospettiva 
struttural-funzionalista,  che  diede  vita  all'antropologia  sociale,  intesa  come  scienza 
naturale  della  società,  un  indirizzo  che  privilegiava lo studio delle strutture sociali e la 
ricerca  delle  leggi  di  funzionamento  delle  società  cosiddette  primitive,  soprattutto  a 
partire dai sistemi di parentela e dagli aspetti normativi.  
Gli  allievi  di  Radcliffe-Brown,  ovvero  ​Edward  Evans  Pritchard  e ​Mayer Fortes misero 
in  discussione  l'idea  che  l'antropologia  fosse  una  scienza  naturale  della  società  alla 
ricerca  di  leggi,  pervenendo,  il  primo,  a  una  concezione  dell'antropologia  più  vicina 
alle  scienze  storiche.  Mayer  Fortes,  invece,  introdusse una concezione che metteva in 
crisi  l'idea  della  società  come  organismo  in equilibrio, introducendo la dimensione del 
mutamento  e  del  conflitto,  temi  privilegiati  nella  scuola  di  Manchester  fondata  da 
Gluckman.  
Nello  stesso  periodo,  l'antropologo  francese  ​Claude  Levi-Strauss  (1908-2009)  ha 
elaborato  una  prospettiva  teorica  piuttosto  diversa,  fortemente  influenzata  da  una 
visione  filosofica,  conosciuta  con  il  nome  di  ​strutturalismo  francese​.  Levi-Strauss 
riteneva  che  il  miglior  modo  per  comprendere  una  cultura  fosse  quello  di  raccogliere 
aspetti  relativi  ai  sistemi  di  parentela,  ai  miti,  alle  narrazioni  ad  essa associati e a ogni 
altro  aspetto  della  vita  sociale  e  culturale,  e  analizzare  i  loro  temi  soggiacenti.  Lo 
strutturalismo  di  Levi-Strauss  si  basava  su  un  concetto  di  struttura  profondamente 
diverso  rispetto  al  pensiero  di  Redcliffe-Brown,  per  il  quale  la  struttura  era  l'insieme 
delle  relazioni  sociali  esistenti  tra  istituzioni,  individui  e  gruppi.  Al  contrario,  per 
Levi-Strauss  la  struttura  è  un  inconscio  soggiacente  le  relazioni  sociali  e  le  pratiche 
sociali  e  si  esprime  nella  reciprocità  e  nello  scambio,  in  quel  sistema  di  opposizioni  e 
di  simmetrie  che  nelle  società  cosiddette  primitive  sono  espresse  dalle  regole  di 
parentela  e  di  esogamia,  dai  miti  e  dalle  classificazioni.  Lo  strutturalismo  francese  ha 
ispirato  lo  sviluppo  dell'​antropologia  simbolica​,  ossia  lo  studio  della  cultura  intesa 
come  sistema  di  significati:  una  prospettiva  prevalente, in particolare, negli Stati Uniti 
alla fine del XX secolo.  
Negli  anni  '60 in antropologia ha preso piede la teoria marxista, che ha posto l'accento 
sulle  possibilità  di  accesso  degli individui ai mezzi di sussistenza. Questa prospettiva è 
alle  radici  di  una  nuova  scuola  teorica  statunitense,  quella  del  ​materialismo  culturale​. 
Il  materialismo  culturale  è  un  approccio  allo  studio  della  cultura  che  pone  l'accento 
sugli  aspetti  materiali  dell'esistenza  degli  esseri  umani,  in  particolare  l'ambiente 
naturale in cui viviamo e i nostri mezzi di sussistenza.  
Sempre  negli  anni  '60  è  emersa  la  prospettiva  teorica  dell'​antropologia  interpretativa​, 
o  interpretativismo,  che  ha  avuto  in  ​Clifford  Geertz  il  suo  maggiore  esponente. 
Questa  prospettiva  ha  le  sue  radici  nell'antropologia  simbolica  statunitense,  in  quella 
strutturalista  francese  e  nella  filosofia  ermeneutica.  Secondo  questo  approccio,  per 
comprendere  una  cultura  è  necessario  concentrarsi  su  ciò  che  le  persone  pensano, 
sulle  loro  idee  e  i  simboli,  e  i  significati  che  per  loro  sono  importanti.  La  cultura, 
infatti,  secondo  Geertz  è  un  sistema  aperto  di  simboli  e  significati,  una  rete  di 
significati  che  l'antropologo  deve  decodificare,  interpretare;  un  significato,  tuttavia, 
che non è soggettivo e individuale, ma pubblico e intersoggettivo.  
L'approccio  interpretativo  sarà  portato  a  conseguenze  estreme  dall'​antropologia 
postmoderna  a  partire  dalla  pubblicazione negli anni '80 del 900 di un noto volume dal 
titolo  “Writing  culture”  edito  da  ​James  Clifford  e  ​George  Marcus  che  accentua  la 
natura  ermeneutica  e  dialogica dell'incontro tra osservatore e osservato, enfatizzando 
gli  aspetti  riflessivi  dell'etnografia  e  mettendo  definitivamente  in  crisi  i  paradigmi 
positivisti  di  una  conoscenza  scientifica  oggettiva  e  naturale.  Piuttosto  che  ​conoscere 
l'altro​,  l'antropologia  postmoderna  ritiene  possibile  solo  costruire  ​rappresentazioni 
dell'altro​ a partire da strategie retorico-testuali e dalla soggettività dell'antropologo.  
A  partire  dagli  anni  '90  hanno  preso  piede  altre  due  prospettive  teoriche,  entrambe 
influenzate  dal  postmodernismo,  ossia  da  una  postura  intellettuale  che  tende  a 
mettere  in  dubbio  l'equivalenza  tra  modernità  e  progresso  e  che  sottopone  a  critica 
elementi  caratterizzanti  della  modernità  quali  il  metodo  scientifico,  l'urbanizzazione, 
l'innovazione, la trasformazione tecnologica e la comunicazione di massa. Ci riferiamo, 
da  un  lato,  allo  ​strutturalismo​:  una  prospettiva  secondo  la  quale  potenti  strutture 
plasmano  le  culture,  influenzando  il  modo  di  pensare  e  di  agire  delle  persone,  anche 
qualora  quest'ultime  non  se  ne  accorgano.  Dall'altro,  ci  riferiamo  alla  prospettiva  che 
enfatizza  il  ruolo  dell'​agency  (“agentività”)  ​umana  e  il  potere  che gli individui hanno di 
creare e trasformare la cultura opponendosi alle strutture esistenti.  
Negli  anni  '50  del  900,  in  un  tentativo  di  raccogliere  tutte  le  definizioni  di  cultura, ne 
furono  individuate  ben  164.  La  prima  definizione  è  stata  proposta  nel  1871 
dall'antropologo  britannico  Sir Edward Tylor: “la cultura, o civiltà, intesa nel suo senso 
etnografico  più  ampio,  è  quell'insieme  complesso  che  include  la  conoscenza,  le 
credenze,  l'arte,  la  morale,  il  diritto,  il  costume  e  qualsiasi  altra  capacità  e  abitudine 
acquisita  dall'uomo  come  membro  di  una  società”.  Mentre  in  precedenza  prevaleva 
una concezione “colta” ed etnocentrica di cultura, intesa cioè come quel patrimonio di 
conoscenze  che  l'individuo  accumula  nel  corso  della  sua  vita  legate all'istruzione, con 
la  “cultura”  in  senso  antropologico  ogni  società  umana  diventa  produttrice  e 
portatrice di cultura.  
Nell'antropologia  statunitense  lo  studio  della  cultura  è  stato  centrale  nella  riflessione 
teorica. Secondo ​Alfred Kroeber​, allievo di Boas, la cultura è un “livello superorganico” 
non  riconducibile  alla  sfera  della  natura  e  non  dipendente  da  essa,  un  complesso 
organizzato  del  quale  individuare  leggi  di  funzionamento.  Da  qui  l'antropologa 
Benedict  arrivò  a  sviluppare  l'idea  che  ogni  società  possedesse  propri  insiemi  di 
“configurazioni”  o “modelli culturali” (​pattern​) interiorizzati dall'individuo e irriducibili. 
Il  materialista  culturale  ​Marvin  Harris  afferma:  “una  cultura  è  il  modo  o  stile  di  vita 
nel  suo  insieme che un gruppo di persone ha acquisito socialmente. Consiste nei modi 
schematici  e  ridondanti  di  pensare,  sentire  e  agire  caratteristici  dei  membri  di  una 
data  società  o  di  uno  specifico  gruppo  sociale”.  Invece,  Clifford  Geertz,  per  gli 
interpretativi,  ritiene  che  la  cultura  consista  in  un  insieme  di  simboli,  motivazioni, 
stati d'animo e pensieri e non vi include i comportamenti.  
Il  termine  cultura,  a  partire  da  almeno  mezzo  secolo,  è  stato  spesso  impiegato  al 
plurale  per  intendere  non  una  facoltà  umana,  quanto  specifici  modi  di  vita  appresi, 
riconducibili  a  determinati  gruppi  umani.  Declinato  al  plurale  il  termine  indica  le 
micro-culture,  o  culture  locali,  cioè  quell'insieme  di  specifici  schemi  di 
comportamento  e  di  pensiero  appresi  e  condivisi  che  si  riscontrano  presso  una 
determinata  area  e  un  particolare  gruppo  umano.  Le  micro-culture  sono  basate 
sull'etnia, il genere, l'età o sulla condivisione di altre caratteristiche.  
La  ​relazione  tra  cultura  e  natura  è  di  grande  interesse  per  gli  antropologi  culturali. 
Per  comprendere  come  le  culture  si  distinguono  dalla  natura  e  contribuiscono  a 
modellarla  è  utile  prendere  in  esame  il  modo  in  cui  le  esigenze  primarie  e  naturali 
della vita si declinano nei diversi contesti culturali.  
La  cultura  condiziona  le  nostre  scelte  alimentari,  i  tempi  e  i  modi  del  nostro 
nutrimento  e  attribuisce  significati  al  cibo  e  all'alimentazione.  La  cultura  stabilisce 
anche  quali  cibi  siano  accettabili  e  quali  no.  La  percezione  del  gusto  varia  in  modo 
significativo.  I  ricercatori  occidentali  hanno  individuato  quattro  categorie  del  gusto 
presumibilmente  universali:  dolce,  acido,  amaro  e  salato.  La  ricerca  transculturale, 
tuttavia, ha dimostrato che queste categorie non sono universali.  
Anche  le  differenze  culture  associate  al  bere  sono  molteplici.  Ogni  cultura  stabilisce 
che  cosa  sia  corretto  bere,  quando  bere e con chi e attribuisce significati alle bevande 
e  alle  occasioni  in  cui  bere.  Spesso,  le  diverse  culture  codificano  il  significato  di 
particolari  bevande  e  le  maniere  corrette  di  berle  e  servirle. Bere in compagnia crea e 
rinsalda relazioni.  
Il  ​simbolo  è  un  oggetto,  una  parola  o  un'azione  dal  significato  culturalmente 
codificato  che  rappresenta  qualcosa  con  il  quale  non  ha  una  relazione  necessaria  o 
naturale.  I  simboli  sono  arbitrari  (non  hanno  una  relazione  necessaria  con  ciò  che 
simbolizzano),  molteplici  e  su  di  essi  non  si  possono  fare  previsioni:  poiché  i  simboli 
sono  arbitrari,  è  impossibile  prevedere  il  modo  in  cui  una  determinata  cultura  si 
riferirà simbolicamente a qualcosa.  
Poiché  è  basata  su  simboli  arbitrari,  la  cultura  deve  essere  nuovamente  appresa  in 
ogni  contesto.  L'apprendimento  di  una  cultura  ha  inizio  al  momento  della  nascita,  se 
non  prima.  Una  parte  consistente  dell'apprendimento  culturale  avviene  in  modo 
inconsapevole  nel  corso  della  vita,  attraverso  l'osservazione.  L'apprendimento 
scolastico, invece, è un modo formale di acquisire cultura.  
Le  culture  interagiscono  e  si  trasformano  vicendevolmente  attraverso  le  occasioni  di 
contatto  fornite  da  reti  commerciali,  progetti  internazionali  di  sviluppo, 
telecomunicazioni,  educazione,  migrazione  e  turismo.  La  ​globalizzazione​,  il  processo 
d'intensa  interconnessione  e  scambio  di  merci,  informazioni  e  persone  a  livello 
globale,  è  un  potente  motore  delle  trasformazioni  culturali  contemporanee  che  ha 
ricevuto  un  forte  impulso  dalle  recenti  innovazioni  tecnologiche,  in  particolare  dal 
boom delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.  
Quattro  teorie  dell'​interazione  culturale  danno  conto  di  alcune  delle  possibili 
varianti. 
 
1. La tesi dello ​scontro di civiltà sostiene che l'espansione globale del capitalismo e 
degli  stili  di  vita  euro-americani  ha  generato  delusione,  alienazione  e 
risentimento presso gli altri sistemi culturali.  
2. Secondo  la  teoria  della  ​McDonaldizzazione​,  sotto  la  potente  spinta  di  una 
cultura  corporativa  che  vede gli Stati Uniti occupare una posizione preminente, 
il  mondo  sta  diventando  culturalmente  omogeneo.  Al  centro  di  questa  nuova 
cultura  globale,  questa  prospettiva  mette  la  “cultura  del  fast  food”,  con  i  suoi 
principi  della  produzione  di  massa,  la  velocità,  la  standardizzazione  e  i  servizi 
impersonali. 
3. L'​ibridazione​,  detta  anche  sincretismo  e  creolizzazione,  si  ha  quando  gli aspetti 
di  due  o  più  culture  si  combinano  tra  loro  per  formare  qualcosa  di  nuovo:  un 
ibrido. 
4. Una  quarta  teoria  è  quella  della  ​localizzazione​,  vale  a  dire  la  trasformazione 
della cultura globale in qualcosa di nuovo per opera di micro-culture.  
 
Quando  si  prendono  in  esame  le  micro-culture  è  importante  considerare  il  divario 
esistente  tra  differenza  e  gerarchia.  Persone  e  gruppi  possono  essere  considerati 
diversi  tra  loro  in  base  a  una  determinata  caratteristica,  ma  non  è  necessario  che  da 
queste premesse derivi anche una disuguaglianza tra di loro.  
La  ​classe  è  una categoria basata sulla posizione economica che si occupa nella società, 
misurata  solitamente  in  termini  di  entrate  o  di  ricchezza  ed  esibita  attraverso  uno 
stile  di  vita.  Le  società  divise  in  classi  sono  composte  di  classi  superiori,  medie  e 
inferiori.  Esistono  delle  classi  distinte,  per  esempio  quella  dei  lavoratori  e  quella  dei 
proprietari terrieri.  
Con  il  termine  “​razza​”  ci  si  riferisce  a  un  gruppo  di  persone  che  presumibilmente 
condivide determinate caratteristiche biologiche.  
Con  il  termine  ​etnia  ci  si  riferisce  al  senso  d'identità  di  un  gruppo,  basato  sulla 
condivisione  di  un  retaggio,  di  una  lingua,  di  una religione o di altri elementi culturali. 
Se paragonato al termine razza, quello di etnia potrà apparirci più neutro.  
I  popoli  indigeni,  stando  alle  linee  guida  stilate  dalle  Nazioni  Unite,  sono  gruppi  di 
individui  che  hanno  legami  di  lunga  durata  con  le  proprie  terre  d'origine:  legami 
anteriori  al  sorgere  di  altre  società,  come  quelle  coloniali,  che  oggi  governano  gli 
stessi  territori.  In  genere,  sono  numericamente  minoritari  e  spesso  hanno  perso  i 
diritti di proprietà su quelli che originariamente erano i loro territori. Le Nazioni Unite 
distinguono  i  popoli  indigeni  dalle  minoranze  etniche,  per  esempio  i  Roma,  i  Tamil 
dello Sri Lanka e gli Afro-americani.  
Il  termine  ​genere  indica  i  comportamenti  e  i  modi  di  pensare,  generati  e  appresi 
culturalmente,  che  sono  attribuiti  a  maschi,  femmine  e,  in  qualche  caso,  a  un  genere 
misto,  o  “terzo”  genere.  Il  genere  è  distinto  dal  sesso,  che,  per  essere  definito, si basa 
su  indicatori  biologici,  come  i  genitali  o  gli  ormoni,  che  caratterizzano  il  sesso 
maschile e quello femminile.  
Le  ​istituzioni  sono  organizzazioni  stabili  create  per  scopi  particolari  e  dotate  di 
specifiche  micro-culture.  Gli  antropologi  che  studiano  le  istituzioni  educative  ci 
hanno  mostrato  che  spesso  le scuole riflettono e rinforzano gli stereotipi, i rapporti di 
potere e le disuguaglianze vigenti nel più ampio contesto sociale cui appartengono.  
Il  ​determinismo  biologico  cerca  di  spiegare  il  comportamento  e  il  modo  di  pensare 
delle  persone  a  partire  da  fattori  biologici  come  i  geni  e  gli  ormoni.  I  deterministi 
biologici  si  sforzano  di  individuare  i  geni  o  gli  ormoni  che  contribuiscono  a  generare 
comportamenti  come  omicidio,  alcolismo  o  turbe  adolescenziali.  I  deterministi 
biologici,  per  esempio,  hanno  fornito  una  spiegazione  al  fatto  che  gli  esseri  umani  di 
sesso  maschile  sembrano  essere  dotati  di  un  senso  dello  spazio  “migliore”  rispetto  a 
quelli di sesso femminile.  
Nell'ottica del ​costruzionismo culturale​, invece, i comportamenti e le idee degli esseri 
umani  sono  meglio  spiegabili  come  prodotti  dell'apprendimento  modellato  dalla 
cultura.  I costruzionisti culturali, per esempio, porterebbero evidenze a sostegno della 
tesi  che  le  “migliori”  competenze  spaziali  rilevate  nei  maschi  della  nostra  specie  sono 
loro tramandate dalla cultura durante l'apprendimento e non dai geni.  
L'antropologia  interpretativa,  o  ​interpretativismo​, studia la cultura attraverso l'analisi 
di  ciò  che  pensano  gli  individui  che  ne  fanno  parte,  a  partire  dal  modo  in  cui  danno 
senso  alla  propria  vita  e  i  simboli  che  per  loro  sono  importanti.  Per  esempio,  per 
comprendere  le  abitudini  alimentari  degli  Hindu,  gli  antropologi  che  adottano  un 
approccio interpretativo chiedono loro perché non mangiano carne di manzo.  
I  ​materialisti  culturali​,  invece,  studiano  la  cultura  a  partire  innanzitutto  dagli  aspetti 
materiali  dell'esistenza:  l'ambiente  naturale  e  i  modi  in  cui  gli  esseri  umani  abitano 
determinati ecosistemi traendo da questi ciò che è necessario per la loro sussistenza. I 
materialisti  culturali  ritengono  che  siano  questi  fatti  basilari  della  vita  a  modellare  le 
culture,  anche  se  chi  ne  è  partecipe  può  non  esserne  consapevole.  Per  spiegare  la 
cultura,  usano  un  modello  interpretativo  composto  di  tre  livelli.  Il  livello  inferiore  è 
quello dell'​infrastruttura​, un termine che si riferisce ai fattori materiali di base, quali le 
risorse  naturali,  l'economia  e  la  popolazione.  Secondo  questo modello, l'infrastruttura 
tende  ad  influenzare  gli  altri  due  ambiti  della  cultura:  la  ​struttura  (l'organizzazione 
sociale,  la  parentela  e  l'organizzazione  politica)  e  la ​sovrastruttura (le idee, i valori e le 
credenze).  La  spiegazione  che  un  materialista  culturale  dà  al tabù posto sull'uccisione 
delle  vacche  e  sul  consumo  di  carne  di  manzo  tiene  conto  del  fatto  che  il bestiame in 
India  ha  un  ruolo  più importante da vivo che non da morto e trasformato in bistecche. 
I  materialisti  culturali  tengono  in  considerazione  le  credenze  Hindu  circa  la  sacralità 
del  bestiame  bovino,  ma  le  mettono  in  relazione  con  il  suo  valore  materiale: 
interpretano  queste  credenze  come un sistema di protezione simbolica atto a tutelare 
animali estremamente utili da vivi.  
Il  pensiero  filosofico  occidentale  pone  molta  enfasi  sul  ruolo  dell'​agency  individuale​, 
vale  a  dire  la  capacità  dei  singoli  di  compiere  scelte  ed  esercitare  il  proprio  libero 
arbitrio.  Gli  “​strutturisti​”,  tuttavia,  ritengono  che  il  libero  arbitrio  sia  un'illusione, 
poiché  le  scelte  degli  individui  sono  preordinate  dall'azione  di  forze  dalla  portata  più 
ampia,  come  l'economia,  le  organizzazioni  sociali  e  politiche  e  i  sistemi  ideologici. 
Coloro  che  privilegiano  l'agency  individuale  concentrano  le  proprie  ricerche  sulle 
strategie  adottate  dai  singoli  individui  per  esercitarla,  persino  in  situazioni  di  povertà 
estrema, al fine di migliorare, per quanto possibile, la loro condizione.  
Gli  strutturisti,  al  contrario,  rilevano  che  i  poveri  sono  costretti  da  forze  più  vaste  e 
potenti  di  loro  e  che  l'economia  politica  e  altre  forze  rendono  poco  probabile 
l'esercizio dell'agency da parte di chi occupa una posizione subalterna.  
 
 
2 - La ricerca antropologica 
 
Oggi,  la  maggior  parte  degli  antropologi  culturali  raccoglie  i  propri  dati  attraverso  la 
ricerca  sul  campo​:  ovvero  si  reca  sul  campo  al  fine  di  studiare  la  cultura  attraverso 
l'osservazione diretta.  
L'espressione  antropologia  da  tavolino  si  riferisce  al  fatto  che  i  primi  antropologi 
culturali  portavano  avanti  i  propri  studi  a  tavolino,  seduti  nel  proprio  studio  ad 
analizzare  le  informazioni  su  culture  distanti  che  pervenivano  loro  dai  resoconti  di 
viaggiatori, missionari ed esploratori.  
Tra  la  fine  del  XIX  secolo  e  l'inizio  del  XX  secolo  alcuni  antropologi  stipendiati  dai 
governi  coloniali  posero  le  prime  basi  di  un  metodo  basato  invece  sull'esperienza 
diretta:  raggiunsero  i  territori  africani  e  asiatici  che  i  propri  paesi  d'origine  avevano 
colonizzato  e  si  avvicinarono,  senza  però  vivere  insieme  a  loro,  alle  popolazioni  che 
stavano  studiando.  Questo approccio è detto antropologia da veranda. All'inizio del XX 
secolo  un  altro  importante  momento  di  svolta  costituì  le  fondamenta  del 
metodo-chiave  della  ricerca  antropologico-culturale:  la  ricerca  sul  campo  combinata 
con l'osservazione partecipante.  
L'​osservazione  partecipante  è  un  metodo  per  la  ricerca  finalizzata alla comprensione 
della  cultura,  che  richiede  non  solo  la  raccolta  di  dati,  ma  anche  di  vivere  per  un 
periodo  di  tempo  prolungato  nell'ambito  culturale  che  vogliamo  analizzare.  Il  “padre” 
dell'osservazione partecipante è Bronislaw Malinowski.  
Con il metodo dell'osservazione partecipante sono state prodotte nella prima metà del 
Novecento  alcune  tra  le  etnografie  più  note  nella  storia  dell'antropologia,  soprattutto 
nell'antropologia  britannica,  dal  lavoro  di  Malinowski  nelle  Isole  Trobriand  alle 
etnografie  dell'antropologo  britannico  Evans  Pritchard  sugli  Azande  e  sui  Nuer  nel 
continente africano.  
Il  positivismo  è  una  corrente  filosofica  del  XIX  secolo  che  ha  costituito  la  base  del 
metodo  tradizionale  delle  scienze  fisiche.  Secondo  il  positivismo  una  conoscenza 
“scientifica”,  unica,  vera  e  oggettiva  è  possibile,  a  patto  che si seguano un approccio e 
una  metodologia  che  indaghino  cause  ed  effetti  dei  fenomeni  che  si  intendono 
studiare,  i  quali  restano  validi  indipendentemente  dalle  inclinazioni  soggettive,  dai 
valori, dalla morale e dalle contingenze politiche.  
Per  lungo  tempo  l'obiettivo  del  positivismo  è  stato  quindi  quello  di  produrre  una 
conoscenza  oggettiva  dei  fenomeni  e  anche  l'antropologia  ha  operato con queste basi 
epistemologiche.  I  resoconti  degli  antropologi  positivisti,  tuttavia,  hanno  per  lungo 
tempo  celato  la  componente  umana  che  è  alla  base  della  conoscenza  antropologica, 
sia  dell'antropologo  stesso sia di coloro che venivano studiati. Negli anni '70 gli assunti 
del  metodo  positivista,  nelle  scienze  in  generale,  hanno  iniziato  a  subire  forti  critiche 
e  molti  dubbi  si  sono  sviluppati  anche  in  merito  all'oggettività  della  conoscenza 
antropologica.  Iniziò  dunque  a  farsi  strada  la  consapevolezza  che  la  conoscenza 
antropologica  fosse  il  risultato  di  una  relazione  dialogica  tra  soggetti  piuttosto  che  il 
risultato  dell'osservazione  di  fatti  oggettivi  e  che  quindi  fosse  passibile  di  variabili  e 
differenze.  
Tre  sono  le  dimensioni  che  iniziarono  a  emergere  come  fondamentali  nella 
produzione  della  conoscenza  antropologica:  la  ​dimensione  soggettiva​,  ovvero  il 
retroterra  culturale  e  soggettivo  sia  dell'antropologo  sia  delle  persone  studiate;  la 
dimensione  etica  che  è  alla  base  della  relazione  tra  l'antropologo  e  coloro che osserva 
e  la  ​dimensione  politica  e  le  relazioni  di  potere  che  caratterizzano  spesso  la  reazione 
sul campo tra l'antropologo e i soggetti che studia.  
È  necessario  quindi  considerare  i  soggetti  che  si  studiano  non come materie inerti da 
osservare  oggettivamente,  ma  come  esseri  umani,  dalla  relazione  con  i  quali  può 
scaturire  un  coinvolgimento  che  può  produrre  un  cambiamento  nella  soggettività. 
Questa  nuova  consapevolezza  della  ricerca  sul  campo  in  antropologia  ha  preso  il 
nome  di  svolta  riflessiva.  La  ​riflessività  considera  la  ricerca  sul  campo  come  il 
prodotto di un dialogo tra un ricercatore e uno o più informatori.  
Oggi  poche culture vivono in condizioni apparentemente isolate.  Per poter studiare la 
cultura  di  popolazioni  che  occupano  territori  più  ampi,  le  connessioni  tra  le 
dimensioni  locali  e  quelle  globali  e  il  cambiamento  culturale,  gli  antropologi  culturali 
hanno  approntato  nuove  metodologie  di  ricerca.  Un'innovazione  metodologica 
prodotta  alla  fine  del  XX  secolo  ed  utile  per  affrontare  tali  questioni  è,  secondo  la 
definizione  di  Marcus,  la  ​ricerca  multisituata​,  vale  a  dire  la  ricerca  sul  campo  che 
viene  condotta  presso  più  territori.  Lanita  Jacobs-Huey,  per  esempio,  ha  svolto  una 
ricerca  multilocale  sul  campo  per  studiare  la  lingua  e  le  culture  associate 
all'acconciatura presso le donne afro-americane. 
Prima  di  recarsi  sul  campo,  i  ricercatori  devono  scegliere  un  argomento  di  ricerca  e 
prepararsi  per  il  lavoro  vero  e  proprio.  La  scelta  dell'argomento  è  il  primo, 
fondamentale  passo  di  un  progetto  di  ricerca.  Il  tema  deve  essere  significativo  ed 
effettivamente  realizzabile.  Spesso  gli  antropologi  culturali  individuano  l'argomento 
da  trattare  attraverso  lo  spoglio  della  letteratura.  Con  questa  espressione  formale 
s'intende  la  lettura  delle  pubblicazioni  già  esistenti  su  un  dato  argomento  e  la 
disamina  dei  loro  punti  di  forza  e  delle  loro  mancanze.  I  progetti  di  ricerca  sono 
spesso ispirati da tendenze ed eventi significativi. L'epidemia del virus dell'HIV/AIDS e 
la  sua  veloce  diffusione  continuano  a  originare  molte  ricerche.  Alcuni  antropologi 
culturali  si  dedicano  allo  studio  di  un  particolare  oggetto  o  bene  di  scambio  nel  suo 
contesto  culturale.  A  partire  da  un  oggetto  si  possono  analizzare  le  relazioni  sociali 
che  ne  caratterizzano  la  produzione,  l'uso,  la  commercializzazione  e  il  ruolo  che 
riveste  nella  costruzione  e  nel  mantenimento  del  senso  d'identità  di  una  data 
popolazione.  
Un'altra  innovazione  metodologica  è  nata  invece  per  rispondere  all'esigenza  della 
ricerca  applicata  di  produrre  conoscenze  che  possano  essere  utili  a  governi, 
organizzazioni  non  governative  o  aziende.  Piuttosto  che  sull'esperienza  di  un  anno  o 
più  di  permanenza  sul  campo,  le  ricerche  degli  antropologi  applicati  si  basano  sulle 
conoscenze  di  esperti  e  sul  lavoro  di  gruppo  e fanno uso di metodi “scorciatoia”, detti 
anche  metodi  di  ricerca  rapida,  per  ottenere  informazioni  in  poco  tempo.  Un'altra 
possibilità  per  un  progetto  di  ricerca  è quella del ​restudy​, ossia una ricerca sul campo 
condotta presso una comunità già oggetto di studio in passato.  
Una  volta  identificato  l'argomento  di  ricerca  è  importante  ottenere  il  finanziamento 
necessario  a  realizzarla.  Nei  paesi  anglosassoni  gli  antropologi  accademici  possono 
avanzare  richieste  di  finanziamento  a  una  varietà  di  enti,  governativi e non. Connesso 
al  problema  del  finanziamento  è  il  seguente  interrogativo:  è  opportuno  per  un 
antropologo  trovare  un  impiego  remunerato  nel  luogo  in  cui  si  sta  svolgendo  una 
ricerca?  L'impiego  fornirebbe  il  supporto  finanziario  necessario  alla  ricerca,  ma  la 
situazione  avrebbe  dei  risvolti  problematici.  Tuttavia,  avere  un  incarico  di  lavoro  può 
rendere  più  facile  guadagnarsi  le  fiducia  e il rispetto degli “oggetti” del proprio studio. 
Uno  studente  britannico  ha  lavorato  come  barista  in  una  città  turistica  dell'Irlanda. 
Questo  suo  incarico  gli  ha  garantito  una  posizione  centrale  nel  paese  e  la  sua 
popolazione  ha  imparato  a  rispettare  la  sua  operosità, permettendogli di conoscere la 
cultura locale, almeno quella percepibile dal punto di vista di un barista.  
Se  il  nostro  progetto  richiede  una  trasferta  internazionale,  può  succedere  che  il 
governo  ospite  ci  richieda  di  produrre  un  visto  e  una  domanda  di  autorizzazione  a 
condurre  la  ricerca.  Molti  paesi  richiedono  che  i  ricercatori  rispettino  linee  guida 
ufficiali  per  la  protezione  dei  soggetti  umani.  Negli  Stati  Uniti  le  università  e  le  altre 
istituzioni  che  supportano  o  conducono  attività  di  ricerca  che  coinvolgono  esseri 
umani  devono  istituire  dei  comitati  etici  che  tengano  la  ricerca  sotto  costante 
osservazione  per  garantire  che  il  suo  svolgimento  sia  conforme  ai  principi  etici. 
Solitamente,  l'IRB  (linee  guida)  richiede  che  tutti  i  partecipanti  alla  ricerca  dichiarino, 
per  iscritto,  il  proprio  consenso  informato.  Il  ​consenso  informato  è  un  elemento  del 
codice  deontologico  della  ricerca  che  prevede  che il ricercatore informi i partecipanti 
sugli  obiettivi,  l'ambito  e  i possibili effetti del proprio studio e ottenga il loro consenso 
a farne parte. 
Il  ​sito  di  una  ricerca  è il luogo in cui questa viene condotta. Spesso i ricercatori hanno 
un'idea  indicativa  dell'area  in  cui  svolgerla.  Tuttavia,  spesso  è  impossibile  sapere  sin 
dall'inizio  esattamente  dove  il  progetto  verrà  realizzato.  La  scelta  di  un  sito  per  la 
ricerca  dipende  da  molti  fattori.  Se  il  progetto  riguarda  le  differenze  di  classe  in 
ambito  lavorativo  può  essere  necessario  recarsi  in  un  paese  o  in  un  villaggio  di 
dimensioni  rilevanti.  Se  è  relativo  ai  comportamenti  connessi  alla  salute,  una clinica è 
tra le scelte appropriate.  
La  ​relazione  etnografica è un rapporto di fiducia che si stabilisce tra il ricercatore e la 
popolazione  oggetto  dello  studio.  Nelle  prime  fasi  della  ricerca  l'obiettivo  principale 
del  ricercatore  è  quello  di  costruire  una  relazione  etnografica  con  i  leader  più 
importanti  o  con  coloro  che  prendono  decisioni  per  la  comunità  e  che  possano 
fungere  da  custodi.  Costruire  una  relazione  etnografica  significa  ottenere  la  fiducia 
della  popolazione  che  s'intende  studiare  e  il  successo  di  questa  impresa  dipende  dal 
modo in cui il ricercatore si presenta.  
Fare  regali  alle  persone coinvolte nel nostro progetto di ricerca può essere utile al suo 
svolgimento,  ma  deve  trattarsi  di  oggetti  appropriati  dal  punto  di  vista  etico  e 
culturale.  È  importante  imparare  a  conoscere  le  regole  locali  che  attengono  allo 
scambio.  
La  classe  sociale,  la  razza  o  l'etnia, il genere e l'età del ricercatore influenzano il modo 
in  cui  questi  verrà  accolto  dalla  popolazione  locale.  Nella  maggior  parte  dei  casi 
l'antropologo  è  più  facoltoso  e  gode  di  maggiori  poteri  rispetto  a  coloro  che  studia. 
Tale  disparità  è  palese  a  quest'ultimi:  molti  sanno  che  l'antropologo  deve  aver  speso 
centinaia  di  migliaia  di  dollari  per  raggiungere  il  loro  paese  e  riconoscono  il  valore 
dell'attrezzatura  e  di  altri  oggetti  che  egli  porta  con  sé.  Molti  anni  fa  Laura  Nader  ha 
invitato  gli  antropologi  a  studiare  anche  i  gruppi  di  potere, le classi dominanti: le élite 
imprenditoriali, i leader politici, i funzionari del governo.  
Per  la  maggior  parte  della  sua  storia,  l'antropologia  culturale  è  stata  dominata  da 
ricercatori  “bianchi”  euro-americani  impegnati  soprattutto  a  studiare  culture  “altre”. 
Gli  effetti di questa “bianchezza” della pelle, in termini di attribuzioni di ruolo, variano: 
ad  alcuni  antropologi  è  attribuita  un'identità  divina  o  quella  dello  spirito  di  un 
antenato,  altri  subiscono  il  disprezzo  che  spetta  ai  rappresentanti  di  un  passato 
coloniale o di un presente neo-coloniale.  
Le  ricercatrici  giovani  e  nubili  hanno  più probabilità di incontrare difficoltà sul campo 
rispetto  a  donne  più  mature  o  a  giovani  scapoli,  poiché  presso  la  maggior  parte  delle 
culture  è  insolito,  per  una donna giovane e non sposata, spostarsi, lavorare e vivere da 
sola.  Può  accadere  che  delle  regole  di  segregazione  di  genere  impediscano  a  una 
giovane  donna  nubile  di  spostarsi  liberamente  senza  essere  accompagnata  da  un 
uomo,  di  partecipare  ad  alcuni  eventi  o  recarsi  in  determinati luoghi. La segregazione 
di  genere  può  impedire  anche  ai  ricercatori  di  accedere  a  pieno  a determinati ambiti. 
Di  solito  gli  antropologi  e  le  antropologhe  sono  adulti  e  questo  li  facilita  a  stabilire 
buone  relazioni  etnografiche  con  individui  della loro età piuttosto che con i bambini o 
con gli anziani.  
Lo  ​shock  culturale  è  la  sensazione di disagio, solitudine e ansietà che si prova quando 
ci  si  sposta  da un contesto culturale a un altro. Più le due culture differiscono tra loro, 
più  forte  è  possibile  che  sia  lo  shock  che  deriva  da  questo  spaesamento.  Nonostante 
cerchino  di  prepararsi  al  meglio  al  lavoro  sul  campo,  tale  sindrome  colpisce  molti 
antropologi  culturali.  Lo  shock  culturale  può  essere  causato,  tra  le  altre  cose,  da 
un'alimentazione  differente,  da  barriere  linguistiche  e  dalla  solitudine.  Un  elemento 
psicologico  frequente  associato  allo  shock  culturale  è  la  sensazione  di  essere  poco 
competente  come  “attore  culturale”.  In  patria  l'antropologo  è  molto  competente  e 
compie  senza  quasi  rendersene  conto  le  proprie  attività  giornaliere.  Presso  un'altra 
cultura,  invece,  anche  il  più  semplice  dei  compiti  diventa  difficile  e  ciò  nuoce  alla sua 
fiducia  nelle  proprie  capacità.  Al  rientro  a  casa  si  può  avere  uno  shock  culturale  di 
ritorno.  
L​'​approccio  deduttivo ​corrisponde a una forma d'indagine che muove da un quesito di 
ricerca,  o  ipotesi,  e  procede  raccogliendo  informazioni  rilevanti  attraverso 
l'osservazione,  le  interviste  e  altre  tecniche  di  ricerca.  L'​approccio  induttivo​,  invece, 
non  prevede  l'esistenza  di  un'ipotesi  di  partenza  e  favorisce  l'acquisizione  di  dati 
attraverso  l'osservazione  informale  non  strutturata,  la  conversazione  e  altre 
metodologie.  I  metodi  deduttivi  favoriscono  la  raccolta  di  dati  quantitativo,  per 
esempio  quelli  relativi  alla  quantità  di  terra  disponibile  a  una  data  popolazione.  La 
metodologia  induttiva  in  antropologia  culturale,  per  contro,  è  più  adatta  alla  raccolta 
di  dati  qualitativi,  non  numerici: trascrizioni di racconti mitici e conversazioni, riprese 
audiovisive e così via.  
L'attributo  di  ​etico  è  associato  a  dati  raccolti  a  partire  da  quesiti  e  categorie 
appartenenti  al  ricercatore  e  servono  a  verificare  una  sua  ipotesi.  Al  contrario,  quello 
di  ​emico  contraddistingue  i  dati  finalizzati  a  restituire  ciò  che  le  persone  osservate 
dicono  a  proposito  della  loro  cultura  e  il  modo  in  cui  le  concepiscono,  nonché  le 
categorie  del  loro  pensiero.  I  materialisti  culturali  privilegiano  la  raccolta  di dati etici, 
mentre gli antropologi interpretativi preferiscono quella di dati emici.  
L'osservazione  partecipante  implica  due  processi:  da  un lato, la condivisione della vita 
quotidiana  delle  popolazioni  che  s'intendono  studiare,  dall'altro,  la  loro  attenta 
osservazione.  Per  il  ricercatore  partecipare  significa  adottare  lo  stile  di  vita  delle 
persone  oggetto  del  suo  studio,  vivere  in  abitazioni  simili  alle  loro,  adottarne  le 
abitudini  alimentari,  vestirsi  come  loro,  imparare  la  lingua  e  partecipare  alle  loro 
attività  quotidiane  e  alle occasioni che considerano speciali. Più tempo passa con loro, 
più  è  probabile  che  questi  in  sua  presenza  tengano  dei  comportamenti  “normali”.  In 
tal  modo,  il  ricercatore  può  sperare  di  contrastare  il  cosiddetto  effetto  Hawthorne: 
l'adozione,  da parte della popolazione studiata, di comportamenti che si conformano a 
quelle che presume siano le aspettative dell'antropologo.  
Partecipare  e  osservare  sono  importanti,  ma  lo  è anche dialogare con la gente e porre 
domande  del  tipo:  “che  cosa  sta  succedendo?”,  “che  cosa  significa?”.  Parlare  con  la 
gente  e  fare  domande  sono  comportamenti  dell'osservazione  partecipante  tanto 
importanti  che  il  metodo  dovrebbe  in  effetti  essere  chiamato  osservazione  e 
conversazione  partecipante.  Il  metodo  dell'intervista  permette  di  acquisire 
documentazione  orale,  attraverso  domande  o  nel  corso  di una conversazione guidata. 
L'intervista  è  più  orientata  a  fini  specifici  rispetto  a  una  conversazione  casuale.  Può 
coinvolgere  solo  due  persone  o  interessarne  diverse,  nelle  cosiddette  interviste  di 
gruppo, o ​focus groups​.  
L'​intervista  aperta  ​è  il modello meno strutturato: prevede di lasciare all'intervistato la 
scelta  delle  direzioni  verso  cui  portare  la  conversazione, degli argomenti da trattare e 
del  tempo  da  dedicare  a  ciascuno  di  essi.  L'intervistatore,  in  questo  caso,  non 
interrompe  l'intervistato,  né  fa  in  modo  di  spostare  la  conversazione  su  temi 
particolari.  Il  ​questionario  è  uno  strumento  di  ricerca  strutturato;  contiene  una serie 
predefinita  di  domande  che  l'antropologo  può  porre di persona, ma anche per posta o 
per  mail.  Gli  antropologi  culturali  che  utilizzano  i  questionari  tendono  a  preferire  la 
modalità faccia a faccia. Come le interviste, le domande che compongono i questionari 
possono  essere  più  o  meno  strutturate  o  non  strutturate.  Al  momento  della 
preparazione  di  un  questionario,  il  ricercatore  dovrebbe  avere  già  una  buona 
conoscenza  della  popolazione  che  sta  studiando,  così  da  poter  formulare  domande 
che abbiano un senso nello specifico contesto culturale.  
La  ​storia  di  vita è un'approfondita descrizione qualitativa della vita di un individuo che 
la  narra  al  ricercatore.  L'​indagine  sull'uso  del  tempo  è  un  metodo  quantitativo  che 
permette  di  raccogliere  informazioni  relative  al  tempo  che  le  persone  dedicano 
quotidianamente  a  determinate  attività.  Questo  metodo  si  basa  su  unità  di  tempo 
standard  e  classifica  o  codifica  le  attività  che  si  svolgono  in  determinate  fasce 
temporali.  
Le  ​note  di  campo  (​fieldnotes​)  comprendono  registri  giornalieri,  diari  personali, 
descrizioni  di  eventi  e  appunti  sulle  stesse  annotazioni.  I  registratori  audio  sono  di 
grande  aiuto  durante  il  lavoro  sul  campo.  Il  loro  uso,  però,  può  creare  problemi:  una 
macchina  in  grado  di  catturare  le  voci  può  insospettire  i  partecipanti.  Nell'analisi  dei 
dati  come  nella  loro  raccolta  questi  vengono  distinti  in  due principali tipologie: quella 
qualitativa  (descrizione  in  forma  di  prosa)  e  quella  quantitativa  (rappresentazioni 
numeriche).  
L'etnografia  è  il  principale  metodo  adottato  dagli  antropologi  per  trasmettere  le 
conoscenze  che  hanno  acquisito  sulla  cultura:  una  dettagliata  descrizione  di  una 
cultura  basata  sulle  osservazioni  e  le  analisi  del  ricercatore.  I  primi  etnografi  erano 
inclini  a  trattare  una  particolare  comunità  locale  o  un villaggio come entità a sé stanti 
e  delimitabili,  un  approccio  che  ha  dato  luogo  a  un  vero  e  proprio  genere  di  scrittura 
detta  ​monografia  etnografica​,  ovvero  un  resoconto  approfondito  e  accurato  di  una 
singola  comunità  e  delle  sue  forme  di  vita  sociale e culturale, prodotto a seguito di un 
lungo  periodo  di ricerca e osservazione condotto presso quel gruppo. Se le precedenti 
etnografie  erano  finalizzate  al  salvataggio  delle  culture  esotiche  dalla  loro scomparsa, 
o  a  una  comprensione  di  tipo  sistemico,  dagli  anni  '80  in  poi  le  etnografie  iniziano  a 
mettere  al  centro  della  scrittura  la  relazione  soggettiva  tra  osservatore  e  osservato,  a 
riflettere sulle condizioni della comprensione antropologica.  
L'antropologia  è  stata  tra  le  prime  discipline  ad  adottare  un codice deontologico. Una 
rinnovata  attenzione  è  rivolta  alla  dimensione  etica  della  ricerca  e  lo  stesso  accade al 
tema della sicurezza.  
Una  tendenza  metodologica  recente  dell'antropologia  culturale ha l'obiettivo esplicito 
di  coinvolgere  la  popolazione studiata in ricerche che prevedano la sua collaborazione 
in  tutte  le  fasi,  dalla  raccolta  dei  dati  all'analisi,  alla  presentazione  dei  risultati. 
Durante  una  ​ricerca  collaborativa​,  l'antropologo  lavora  insieme  ai  membri  della 
popolazione  studiata  considerandoli  componenti  di  uno  stesso  gruppo  di  ricerca, 
piuttosto  che  come  suoi  oggetti.  Questa  metodologia  sollecita  nuove  riflessioni  sul 
modo  in  cui  gli  antropologi  si  riferiscono  alle  popolazioni  che  studiano,  in  particolare 
sul  loro  durevole  e  diffuso  attributo  di  ​informatori​.  Gli  antropologi  culturali 
privilegiano l'espressione ​partecipante alla ricerca​.  
 
 
3 - I sistemi economici 
 
Il  sistema  economico  è  composto  da  tre  diversi  elementi:  il  sistema  di  sussistenza, 
ovvero  la  produzione  o  l'acquisizione  di  risorse  o  denaro,  il  consumo,  ossia il loro uso 
e  lo  scambio,  cioè  la  circolazione  dei  beni  o denaro tra individui o istituzioni. I sistemi 
acquisitivi  o  di  caccia  e  raccolta  sono  basati  sull'acquisizione  di  risorse  naturali  per 
mezzo  di  attività  di  raccolta,  di  pesca  o  di  caccia.  È  il  più  antico  modo  conosciuto  di 
procurarsi  il  necessario  per  vivere  e  lo  condividiamo  con  gli  altri  primati.  Oggi,  nel 
mondo,  sono  solo  circa  250,000  le  persone  che  ricavano  le  risorse  per  il  proprio 
sostentamento  principalmente  da  attività  di  acquisizione.  La  maggior  parte  dei 
cacciatori-raccoglitori  contemporanei  vive  in  quelle  che  vengono  considerate  aree 
marginali,  in  cui  i  paesi  più  ricchi  anelano  alle  risorse  naturali  disponibili  nei  territori 
in  cui  vivono  e  ciò  li  spinge  a  trasformare  aree  prima  deputate  alla  caccia,  pesca  e 
raccolta  in  siti  di  estrazione  mineraria,  piantagioni  o  destinazioni  turistiche, 
costringendo  i  cacciatori-raccoglitori  ad  allontanarsi  dalle  loro  terre  d'origine.  Quella 
dei  cacciatori-raccoglitori  è  una  strategia  estensiva:  un  sistema  di  sussistenza  che 
richiede  la  disponibilità  di  vasti  territori  e  una  libertà  di  movimento senza limitazioni. 
Gli  antropologi  culturali  ne  identificano  due  varietà  principali:  la  caccia  e  raccolta nei 
climi  temperati  e  la  caccia  e  raccolta  circumpolare.  Tra  le  popolazioni  di 
cacciatori-raccoglitori,  la  divisione  del  lavoro  è  basata  sul  genere  e  sull'età.  I 
cacciatori-raccoglitori  non  applicano  il  concetto  di  proprietà  privata  inteso  come 
possesso  di  qualcosa  che  può  essere  venduto  a  qualcun  altro.  In  queste  società  è  più 
diffuso  quello  dei  diritti  d'uso,  che  consentono  a  un  individuo  o  a  un  gruppo  di 
riservarsi  la priorità di accesso, riconosciuta da tutti, a particolari risorse, per esempio 
le  aree  di  raccolta,  quelle  di  caccia  e  di  pesca  e  gli  specchi  d'acqua.  Se  non subiscono 
influenze  esterne  e  possono  contare  su  un  terreno  esteso,  i  sistemi  basati 
sull'acquisizione  sono  sostenibili,  vale  a  dire  che  le  risorse  fondamentali  vi  si 
rigenerano  nel  tempo,  in  equilibrio  con  la  domanda  da  parte  della  popolazione.  Gli 
antropologi  hanno  definito  questo  stile  di  vita  modesto  dei  cacciatori-raccoglitori, 
società  originaria  del  benessere,  perchè  i  bisogni  vi  vengono  soddisfatti  con  un 
impegno  lavorativo  minimo.  L'orticoltura  è  un  sistema  di  sussistenza  basato  sulla 
coltivazione  di  piante  domestiche  attraverso  l'uso  di  attrezzatura  manuale ed è anche 
chiamata coltivazione itinerante.  
Il  genere  e  l'età  sono  fattori  chiavi  nell'organizzazione  della  suddivisione  del  lavoro:  i 
ruoli  degli  uomini e quelli delle donne sono spesso distinti in modo netto. La proprietà 
privata,  intesa  come  qualcosa  che  un  individuo  abbia il diritto di possedere e vendere, 
non  è  una  caratteristica  delle  società  orticole.  La  pastorizia  è  un  sistema  di 
sussistenza  basato  sull'allevamento  di  bestiame  e  sull'uso  dei  loro  prodotti;  come  il 
sistema  di  caccia-raccolta  e  l'orticoltura,  la  pastorizia  è  una  strategia  estensiva.  La 
principale  forma  di  proprietà  per  i  pastori  è  senza  dubbio  quella  del  bestiame.  Sono 
anche  importanti  quella  dell'abitazione  e  del  corredo  domestico.  A  seconda  del 
gruppo,  la  proprietà  degli  animali  si  eredita  per  linea  di  discendenza  maschile  e  in 
alcuni  casi,  femminile.  L'agricoltura  è  un  sistema  di  sussistenza  che  prevede  la 
coltivazione  di  raccolti  su  appezzamenti  di  terreno  permanenti  e  la  pratica 
dell'aratura,  dell'irrigazione  e  della  fertilizzazione.  L'agricoltura  è  considerata  una 
strategia  intensiva:  ciò  rende  necessario l'uso di tecniche che consentono di utilizzare 
ripetutamente  lo  stesso  terreno  senza  comprometterne  la  fertilità.  L'agricoltura  a 
conduzione  familiare  è  una  forma  di  produzione agricola di misura ridotta, sufficiente 
al  sostentamento  di  una  famiglia  e  a  dotarla  di  alimenti  da  poter  vendere.  L'unità  di 
base  per  la  produzione  è  la  famiglia  e  il  genere  e  l'età  sono  criteri  importanti 
dell'organizzazione del lavoro.  
L'agricoltura  industriale  capitalistica  è  un  sistema  di  produzione  agricola  basato 
sull'impiego  di ingenti capitali e, piuttosto che sulla forza lavoro degli animali ed esseri 
umani,  sull'uso  di  macchinari  e  fertilizzanti  chimici.  Essa  è  caratterizzata  da  una 
domanda  di  manodopera  per  lo  più  stagionale  e,  di  conseguenza,  genera  fluttuazioni 
nell'impiego  dei  lavoratori  nei  diversi  periodi  dell'anno.  Il  sistema  caratterizzato  da 
industrializzazione  e  informatizzazione  procura  le  risorse  necessarie  alla  sussistenza 
ricorrendo  all'impiego  di  massa  di  forza  lavoro  in  operazioni  d'affari  e  commerciali  e 
attraverso  creazione,  manipolazione,  gestione  e  trasferimento  di  informazioni  per 
mezzo  di  media elettronici. Nel capitalismo industriale la maggior parte dei beni non è 
prodotto  per  soddisfare  i bisogni primari, ma per venire incontro alla domanda di beni 
non essenziali.  
Il  termine  consumo  ha  due  significati:  in  primo  luogo  corrisponde all'“input”, da parte 
di  una  persona,  di  cibo  o  al  suo  modo  di  fare  uso  di  altri  beni;  il  secondo  significato è 
invece  quello  di  un  “output”:  l'investimento  o  l'uso  di risorse per ottenere determinati 
beni.  Così,  per  esempio,  mangiare  un  panino  è  una  forma  di  input,  mentre  spendere 
soldi in un negozio per comprarlo è una forma di output, ma in entrambi i casi si tratta 
di  attività  di  consumo.  Le  diverse  tipologie  di  consumo  si  possono  organizzare  a 
partire  da  due  modelli  principali  di  consumo,  tra  loro  contrastanti.  Questi  modelli 
alternativi si distinguono sulla base delle diverse relazioni tra domanda (quello di cui la 
gente  ha  bisogno  o  che  desidera)  e  offerta  (le  risorse  disponibili  per  soddisfare  la 
domanda).  
Minimalismo:  è  un  modello  di  consumo  caratterizzato  da  una  domanda  limitata e ben 
definita  da  parte  dei  consumatori  e  da  un  adeguato  e  sostenibile  sistema  per 
soddisfarla.  Consumismo:  è  un  modello  di  consumo  nel  quale  la  domanda  è  alta  e 
potenzialmente  infinita  e  i  mezzi  per  soddisfarla  non  sono  mai  sufficienti.  Nelle 
società  poco  estese  i  beni  di  consumo  sono  prodotti  dagli  stessi  consumatori  che 
intrattengono  relazioni  personali  e  dirette:  si  tratta  di  un  modello  di  consumo 
personalizzato  in  quanto  tutti  sanno  da  dove  provengono  le  risorse  di cui fanno uso e 
chi  le  ha  generate.  Questo  modello  contrasta  con  quello  del  consumo  prevalente  nel 
mondo  globalizzato  che  è  definito  consumo  spersonalizzato  che  allontana  i 
consumatori dai lavoratori che producono i beni.  
Lo  scambio  è  il  trasferimento  di  qualcosa  tra  un  minimo  di  due  persone,  gruppi  o 
istituzioni.  Gli  antropologi  culturali  hanno  dedicato  molte  ricerche  alle  pratiche 
donative  e  alle  altre  forme  di  scambio.  Come  per  i  diversi  modelli  di  consumo 
possiamo  identificare due principali sistemi di scambio. Scambio equilibrato: indica un 
sistema  per  il  trasferimento di beni il cui obiettivo è un loro bilanciamento, immediato 
o successivo. Scambio squilibrato: un sistema per il trasferimento di beni ove una delle 
parti  coinvolte  ha  l'obiettivo  di  ricavarne  un  profitto.  La  tipologia  dello  scambio 
equilibrato  comprende  due  sotto  tipi, distinti sulla base delle relazioni sociali esistenti 
tra  le  due  parti  coinvolte  e  dal  grado  in  cui  è  atteso  un  “ritorno”.  La  reciprocità 
generalizzata  è  una transazione che implica un livello minimo di attenzione riservata a 
possibili  guadagni  materiali  o  di  attesa  di  una  ricompensa.  Questi  scambi  spesso 
riguardano  beni  e  servizi  di  uso  comune.  La  reciprocità  attesa  invece  è  lo  scambio  di 
beni  o  servizi  che si ritiene abbiano pressappoco lo stesso valore tra persone dotate di 
un  simile  status  sociale  (esempio  kula).  La  redistribuzione è una forma di scambio che 
prevede  che una persona che abbia ricevuto beni o denaro da molti membri di un dato 
gruppo  li  ripaghi  in  seguito  pubblicamente.  Lo  scambio  di  mercato,  una  forma 
prevalente  di  scambio  squilibrato,  consiste  nell'acquisto  o  nella  vendita  di  beni  in 
condizioni  di  competitività,  ove  il  valore  è  determinato  dalle  forze  della  domanda  e 
dell'offerta e chi effettua una vendita lo fa per ricavarne profitti.  
Katherine  Milton,  un'antropologa  fisica,  ha  studiato  gli  effetti  che  il  contatto  con 
l'Occidente  ha  avuto  sulle  abitudini  di  consumo  e  sulla  salute  dei 
cacciatori-raccoglitori  indigeni  dell'Amazzonia  brasiliana.  In  Amazzonia  l'attrazione 
esercitata  dai  prodotti  occidentali  affonda  le  radici  nei  primi  decenni  del  XX  secolo 
quando  il  governo  brasiliano  ha  cercato  di  pacificare  i  gruppi  Amazzonici  sistemando 
pentole,  machete,  asce  e  coltelli  d'acciaio  lungo  i  sentieri.  Questo  sistema  si  è 
dimostrato  così  efficace  che  viene  adottato  per  contattare  i  gruppi  più  isolati. 
L'adozione  di  alimenti  di  provenienza  occidentale  ha  avuto  effetti  negativi  sul  regime 
alimentare  e  sulla  salute  delle  popolazioni  indigene  dell'Amazzonia  che  hanno 
cominciato a consumare sale e zucchero.  
Nati  negli  anni  '80,  diversi  movimenti  per  il  consumo  alimentare  alternativo  si  sono 
diffusi  in  Europa  e  in  Nord  America.  I  movimenti  alimentari  alternativi  si  propongono 
di  ristabilire  un  legame  diretto  tra  i  produttori,  i  commercianti  e  i  consumatori  degli 
alimenti  promuovendo  il  consumo  di  quelli  prodotti  localmente  e  in  quantità limitate. 
Questi  movimenti  sono  in  netta  contrapposizione  con  il  sistema  alimentare 
agro-industriale,  che:  costringe  al  fallimento  i  piccoli  produttori  che  promuovono  la 
biodiversità;  spinge  la  dieta  verso  il  fast  food,  il  cibo  a  basso  prezzo  e da asporto; uno 
dei primi movimenti fu quello italiano Slow food che esalta le tradizioni agricole locali.  
 
 
4 - La riproduzione e lo sviluppo degli esseri umani 
 
Una  dinamica  riproduttiva  è  la  modalità prevalente, in una data cultura, di provvedere 
al  ricambio  della  popolazione  per  l'effetto  combinato  della  fertilità  e  della  mortalità. 
Importanti  informazioni  riguardanti  la  produzione  nelle  società  di 
cacciatori-raccoglitori  ci  pervengono  da  uno  studio sul campo condotto negli anni '70 
presso  gli  Ju-hoansi.  Lo  studio  mostra  come  in  questa  popolazione,  l'intervallo 
genesico  (il  tempo  che  intercorre  tra  una  nascita  e l'altra) duri spesso diversi anni per 
l'allattamento  al  seno  e  lo  scarso  indice  di  grasso  corporeo  nelle  donne.  Il 
pronatalismo  (un'attitudine  o  un  orientamento  politico  che  incoraggia  la 
procreazione)  è  prevalente  spesso  le  famiglie  dedite  all'agricoltura  in  tutto  il  mondo. 
Questa  propensione  è  generata  dalla  necessità  di  disporre  di  una  consistente  forza 
lavoro  per  coltivare  la  terra,  allevare  gli  animali,  preparare  gli  alimenti  e  gestirne  la 
commercializzazione.  I  cambiamenti  demografici  che  si  verificano  durante  il  periodo 
di  transizione  che  precede  la  dinamica  riproduttiva  che  caratterizza  i  contesti 
industrializzati  rappresentano  la  cosiddetta  transizione  demografica:  il  processo  per 
cui  il  modello  caratteristico  delle  economie  agricole  viene  rimpiazzato  da  quello 
associato  ai  contesti  industriali.  Il  modello  di  transizione  demografica  prevede  due 
fasi:  nel  corso  della  prima,  il  tasso  di  mortalità  diminuisce  e  il  tasso  di  crescita 
aumenta.  La  seconda  fase  inizia  con  la  diminuzione  del  tasso  di  fertilità.  La  dinamica 
della  riproduzione  nelle  società  industrializzate  presenta  i  seguenti  tre  aspetti: 
riproduzione  stratificata:  le  classi  medie  e  alte  tendono  ad  avere  pochi  figli  con  alte 
percentuali  di  sopravvivenza,  mentre  tra  i  poveri  sono  elevati  tanto  i  tassi  di  fertilità 
quanto  quelli  di  mortalità.  Invecchiamento  della  popolazione:  situazione  demografica 
in  cui  la  proporzione  di  anziani  sul  totale  della  popolazione  aumenta  in  maggior 
misura  rispetto  alla  popolazione  giovane.  Largo  impiego  della  tecnologia  scientifica 
per  tutto  ciò  che  concerne  la  gravidanza:  il  concepimento,  la  contraccezione  e 
l'aborto.  
Le  ricerche  svolte  presso  culture  diverse  indicano  che  il  desiderio  di  avere  figli  è 
influenzato  dai seguenti fattori: 1. il valore dei figli in termini di forza lavoro; 2. il valore 
dei  figli  come  sostegno  ai  genitori  in vecchiaia; 3. i tassi di mortalità infantile; 4. i costi 
dei figli in termini economici.  
La  personalità  è  il  modo  prevedibile  e  distintivo  di  comportarsi,  pensare  e  sentire  un 
individuo.  Gli  antropologi  culturali  ritengono  che  la  personalità  si  formi  in  larga 
misura  attraverso  l'inculturazione  detta  anche  socializzazione,  ossia  l'apprendimento 
della  cultura  attraverso  processi  formali  e  informali.  La  ricerca  nota  come  “studio 
delle  sei  culture”  è  un  classico  progetto  di  ricerca  transculturale  finalizzato  a  fornire 
dati  comparativi  sul  modo  in  cui  le  attività  e  i  compiti  affidati  ai  fanciulli  modellino  la 
loro  personalità.  I  ricercatori hanno applicato metodologie simili a sei diversi contesti, 
concentrandosi  sui bambini tra i 3 e gli 11 anni e annotandone i comportamenti, tra cui 
le  azioni  di  assistenza  e  sostegno  rivolte  ad  altri  bambini,  le  azioni  aggressive  nei 
confronti  degli  stessi  e  lo  svolgimento  di  incarichi  quali  prendersi  cura  dei  piccoli, 
preparare  il  cibo  e  svolgere  delle  commissioni. La personalità premurosa responsabile 
è  caratterizzata  da  azioni  di  cura  e  condivisione  con  gli  altri  bambini;  quella 
dipendente  dominante  è  meno  caratterizzata  da  comportamenti  premurosi  e  lo  è  più 
da  azioni  finalizzate  ad  affermare  una  supremazia  sugli  altri  bambini  e  dalle  richieste 
di ricevere attenzioni da parte degli adulti.  
 
 
5 - Malattia, malessere e cura 
 
L'etnomedicina,  ossia  lo  studio  dei  sistemi  sanitari  in  uso  presso  le  diverse  culture, è 
stata  un  ambito  di  ricerca  importante.  Ogni  sistema  sanitario  è  composto  di  più 
aspetti:  l'identificazione  e  la  classificazione  dei  problemi  di  salute,  le  misure  di 
prevenzione,  le  diagnosi,  le  terapie  e  gli  addetti  a  somministrarle.  In  primo  luogo,  la 
ricerca  etnomedica  cerca  di  comprendere  come  le  diverse  popolazioni  etichettano, 
categorizzano  e  classificano  i  problemi  di  salute.  A  seconda  della  specifica  cultura, gli 
elementi  su  cui  si  basa  per  identificarli  e  classificarli  possono  essere  i  seguenti:  la 
causa,  il  vettore  o  mezzo  di  trasmissione,  la  parte  del  corpo  interessata,  i  sintomi  e 
una  combinazione  di  questi  fattori.  La  sindrome  culturale è un problema di salute che 
presenta  una  serie  di  sintomi  associati  a  una  determinata  cultura.  Spesso  le  cause 
sono fattori sociali.  
Tutte  le  culture  del  mondo  si  sforzano  di  dare  una  spiegazione  ai  problemi  di  salute 
che  le  colpiscono  e  di  individuarne  le  cause,  ovvero  l'eziologia.  Il  termine 
etnoeziologia  si  riferisce  alle  spiegazioni  causali  attribuite  ai  problemi  di  salute  e  alla 
sofferenza  presso le diverse culture. Gli antropologi medici usano spesso l'espressione 
sofferenza  strutturale,  o  sofferenza  sociale,  per  indicare  i  problemi di salute scatenati 
dalla  povertà,  la  guerra,  la  carestia  e  la  migrazione  forzata.  Questi  fattori  strutturali 
incidono  sulla  salute  in  diversi  modi,  con  effetti  che  vanno  dall'ansia  alla  depressione 
fino alla morte.  
L'approccio  ecologico/epidemologico  si  concentra  sul  modo  in  cui  determinati 
aspetti dell'ambiente naturale interagiscono con la cultura dando origine a problemi di 
salute  e  favorendone  la  diffusione  nella  popolazione.  L'antropologia  medica  critica 
analizza  il  modo  in  cui  fattori  strutturali  quali  l'economia  politica  globale,  i  media 
transazionali  e  la  disuguaglianza  sociale,  incidono  sui  sistemi  terapeutici  in  uso,  sui 
diversi  tipi  di malattie, sulle condizioni di salute delle persone e sulla loro possibilità di 
accedere alle cure.  
Le malattie del progresso si caratterizzano come problemi di salute causati o aggravati 
dai processi di sviluppo economico, come ad esempio l'obesità.  
L'antropologia  medica  applicata  è  l'impiego  di  conoscenze  antropologiche  per 
contribuire  al  raggiungimento  degli  obiettivi  degli  operatori  sanitari.  Molti  studi  di 
antropologia  medica  applicata  sono  dedicati  al  tema  della  comunicazione  in  ambito 
sanitario.  
  
 
6 - La parentela e la vita familiare 
 
Dalla  classificazione  della  parentela  all'analisi  delle  sue  funzioni  gli  antropologi  hanno 
fatto  molta  strada:  oggi,  si  concentrano  su  tre  fattori  chiave  che  definiscono  le 
relazioni  di  parentela:  discendenza,  condivisione  e  matrimonio.  La  discendenza 
configura  le  relazioni  di  parentela  a  partire  da  quella  genitore-figlio/a.  È  basata  sul 
fatto  che  tutti  nasciamo  da  qualcun  altro.  Alcune  culture  adottano  un  sistema  di 
discendenza  bilineare,  per  cui  un  bambino  appartiene  al  gruppo  di  discendenza  di 
entrambi  i  genitori.  Altre  hanno  un  sistema  di  discendenza  unilineare,  che  traccia  la 
sua  discendenza  a  partire  da  uno  solo  dei due genitori. La discendenza unilineare può 
assumere due principali forme: la discendenza patrilineare e matrilineare. 
Le  regole  dell'endogamia,  ossia  il  matrimonio  tra  individui  che  appartengono  allo 
stesso  gruppo,  impongono  che  la  sposa  provenga  da  una  determinata  categoria 
sociale,  al  contrario  l'esogamia è il matrimonio tra individui che provengono da gruppi 
diversi.  Il  termine  iperginia  o  l'elevarsi  con  il  matrimonio  indica  un  matrimonio  in  cui 
lo  status  della  sposa  è  inferiore a quello dello sposo. All'estremo opposto c'è l'ipoginia, 
cioè  l'abbassarsi  con  il  matrimonio  che  si  realizza  quando  il  marito  occupa  una 
posizione sociale inferiore rispetto a quello della moglie. 
 
 
7 - Gruppi e stratificazioni sociali 
 
Il  gruppo  sociale  è  un  insieme  di  persone  distinto  dal  gruppo  domestico:  ne  esistono 
due  principali  tipologie:  il  gruppo  primario,  composto  di  persone  che  interagiscono 
tra  loro  e  si  conoscono  di  persona  e  il  gruppo  secondario,  i  cui  membri  s'identificano 
l'uno  con  l'altro  sulla  base  di  qualcosa  che  hanno  in  comune,  ma  possono  non 
incontrarsi mai di persona né avere mai interazioni dirette.  
La  stratificazione  sociale  consiste  nelle  relazioni  gerarchiche  esistenti  tra  gruppi 
distinti,  organizzati  in  diversi  livelli  o  strati.  Nei  sistemi  di  stratificazione  sociale  le 
categorie  di  classe,  “razza”,  genere,  età  e  appartenenza  indigena  determinano 
l'appartenenza  di  un  individuo  a  una  determinata  posizione  che  può  essere  ascritta, 
basata  cioè  su  qualità  già  date  al  momento  della  nascita,  oppure  acquisita,  ossia 
raggiunta  grazie  a  qualità  che  derivano  dall'esperienza.  L'appartenenza  etnica  dà 
luogo  alla  formazione  di gruppi sulla base della condivisione di un senso d'identità che 
può  avere  motivazioni  storiche,  geografiche,  linguistiche,  religiose,  o  risultare  da  una 
combinazione di simili elementi comuni.  
La  società  civile  è  l'ambito  sociale  identificato  dai  diversi  gruppi  di  interesse  che 
operano  in  modo  organizzato,  al  di  fuori  delle  strutture  governative,  nei  settori 
economico, politico e in altri ambiti.  
 
 
8 - Sistemi politici e giuridici 
 
Si  usa  il  termine  politica  per  intendere  l'uso  organizzato  del  potere  pubblico,  non  le 
più  private  micro-politiche  dei  gruppi  familiari  e  dei  vicinati.  Il  potere  è  l'abilità  di 
ottenere  dei  risultati  attraverso  l'uso,  potenziale  o  effettivo,  della  forza.  L'autorità 
differisce  dal  potere  per  due  aspetti:  il  potere  è  sostenuto  dall'uso  potenziale  della 
forza  e  può  essere  esercitato  anche  da  un  individuo  privo  di  autorità. L'autorevolezza 
è la capacità di ottenere risultati esercitando pressioni sociali o morali.  
L'antropologia  politica  considera  organizzazioni  politiche  quei  gruppi  interni  a  una 
data  cultura  che  sono  responsabili  dei  processi  decisionali  e  della  leadership  nella 
sfera  pubblica,  del  mantenimento  dell'ordine  e  della  coesione  sociale,  della  tutela  dei 
diritti  collettivi  e  di  garantire  la  sicurezza  in  caso  di  aggressioni  esterne.  La  banda, 
organizzazione  caratteristica  della  società  di cacciatori-raccoglitori, è contraddistinta 
da  un  sistema di affiliazione flessibile e dall'assenza di un ruolo di leadership formale. I 
sistemi  sociali  basati sull'acquisizione di risorse esistenti sono stati predominanti nella 
storia  umana  e  la  banda  è la forma più antica di organizzazione politica conosciuta. La 
tribù  è  un  tipo  di  organizzazione  politica  più  formalizzato  della  banda.  Essa  è 
un'organizzazione  politica  che  comprende diverse bande o lignaggi, ciascuno dei quali 
parla  la  stessa  lingua,  condivide  uno  stile  di  vita  e  occupa  un  dato  territorio.  I  gruppi 
tribali  possono  essere  collegati  tra  loro  attraverso  la  struttura  del  clan,  ovvero  un 
gruppo  di  discendenza  i  cui  membri  riconoscono  un  comune  antenato/a  non 
rintracciabile  sul  piano  genealogico,  quindi  spesso  individuato  in  un  personaggio 
mitico.  Il  chiefdom  è  una  forma  di  organizzazione  politica  che  comprende  più  tribù  e 
villaggi  uniti  da  un'alleanza  permanente  e  soggetti  a  un  unico  capo,  cui  è  affidato  il 
potere.  Uno  degli  elementi  essenziali  dei  chiefdom  è  la  presenza  di  sistemi  di 
stratificazione  sociale  ed  economica  fondati  sulla  genealogia.  Lo  stato  è  un'entità 
politica  centralizzata  che  riunisce  numero  comunità;  è  dotata  di  una  struttura 
burocratica  e  di  leader  che  dispongono  di  potere  coercitivo.  Lo  stato  è  la  forma  di 
organizzazione  politica  di  tutte  le  società  contemporanee.  Per  controllo  sociale 
l'antropologia  intende  il  processo  attraverso  il  quale  si  mantiene  una  convivenza 
ordinata  in  seno  ai  gruppi.  I  sistemi  di  controllo  sociale  includono  quelli  informali, 
basati  sull'adozione  di  comportamenti  corretti, educazione e condizionamenti positivi 
da  parte  dei  compagni.  Gli  antropologi  culturali  riconoscono  due  principali strumenti 
di  controllo  sociale:  le  norme  e  le  leggi.  La  norma  è  uno  standard  condiviso  di 
comportamento,  solitamente  non  scritto,  che  si  apprende  inconsapevolmente 
attraverso  la  socializzazione.  La  legge  è  una  regola  vincolante,  prodotta  dalla 
consuetudine  o  attraverso  un  provvedimento  formale,  che  definisce  comportamenti 
corretti e punizioni che derivano dalla loro inosservanza.  
Tre  sono  i  fattori  importanti  per  il  controllo  sociale  nei  sistemi  statali:  la 
specializzazione  dei  ruoli  nel  campo  del  controllo  sociale;  i  processi  e  i  tribunali 
formali;  le  forme  di  punizione  imposte  dal  potere,  quali  la  carcerazione  e  la  pena  di 
morte.  L'attività  di  polizia  è  una  forma  di  controllo  sociale  che  prevede  attività  di 
sorveglianza  e  minaccia  di  punizioni  finalizzate  al  mantenimento  dell'ordine  sociale. 
L'antropologia  giuridica  critica  è  un  approccio  allo  studio  transculturale  dei  sistemi 
legali  che  analizza  il  modo  in  cui  la  legge  e  le  procedure  legali  contribuiscano  a 
mantenere  la  supremazia  dei  gruppi  dominanti  attraverso  pratiche  discriminatorie 
piuttosto  che  a  proteggere  i  membri  dei  gruppi  più  deboli.  I  conflitti  settari  sono 
basati  sulla  percezione  di  differenze  tra  correnti  e  sette  della  stessa  religione  e 
riguardano  spesso  i  diritti e le risorse. Secondo una delle definizioni in uso, la guerra è 
un  conflitto  aperto  e  dichiarato  tra  due  entità  politiche.  La  migliore  definizione  di 
guerra  è  quella  di  conflitto organizzato che prevede l'aggressione di un gruppo contro 
un  altro  e  l'impiego  di  violenza  letale.  Un'altra  forma  di  conflitto  si  è  andata 
sviluppando  nel  mondo  almeno  a  partire  dal  XV  secolo,  quando  le  potenze  europee 
hanno  dato  inizio  a  imprese  di  colonizzazione  dei  paesi  tropicali.  Sebbene  siano 
chiamate  guerre  al  terrorismo  si  possono  considerare  guerre  neo-coloniali.  Un  altro 
tipo  di  conflitto  vede  un  attore  privato,  per  esempio  un'azienda  multinazionale, 
entrare  in  conflitto  con  un  gruppo  o  più  gruppi locali che vi si oppongono. Il concetto 
di  responsabilità  sociale  d'impresa  (RSI)  si  riferisce  a  una  concezione  etica 
dell'impresa  per  cui  la  ricerca  del  profitto  non  debba  provocare  danni  alle  società 
umane  e  all'ambiente  naturale.  L'obiettivo  è  perseguire  i  profitti  con  modalità  che 
garantiscano anche la salvaguardia degli esseri umani e del pianeta.  
Secondo  una  delle  definizioni  in  uso,  la  nazione  è  un  insieme  di  persone  che  parla  la 
stessa  lingua,  condivide  storia  e  cultura,  insiste  sullo  stesso  territorio  e  partecipa  alla 
medesima  organizzazione  politica.  Un'espressione  correlata  a  quella  di  nazione  è 
stato-nazione  che  indica  uno  stato  che  include  una  sola  nazione;  altri  ritengono  che 
identifichi uno stato che comprende più nazioni.  
La  democratizzazione  è  il  processo  di  trasformazione  di  un  regime  autoritario  in  un 
regime democratico.  
 
 
9 - La comunicazione 
 
La  comunicazione  consiste  nell'emissione  e ricezione di messaggi dotati di significato. 
Il  linguaggio  umano  è  caratterizzato  dalla  produttività,  ossia  può  genere  un  numero 
infinito  di  espressioni  comprensibili  a  partire  da  un  insieme  finito  di  regole.  Il 
linguaggio  umano  permette  poi  il  distanziamento,  ovvero  la  capacità  di  riferirsi  a 
eventi  e  questioni  che  appartengono a momenti distanti nel tempo. L'etnosemantica è 
lo  studio  del  significato  dei  vocaboli,  delle  locuzioni  e  delle  frasi  così  come  essi 
vengono  usati  in  determinati  ambiti  culturali  e  si  è  potuto  rilevare  che  le  lingue 
classificano il mondo categorizzando anche fenomeni apparentemente naturali.  
L'antropologia  dei  media  è  lo  studio  transculturale  della  comunicazione  attraverso 
sistemi  elettronici  quali  radio,  televisione,  cinema,  musica,  Internet  ed  è  un 
importante  ambito  di  studio  emergente,  che  connette  l'antropologia  linguistica 
all'antropologia  culturale  e  analizza  i  processi  mediatici,  i  contenuti  dei  messaggi 
trasmessi  attraverso  i  media...  L'antropologia  critica  dei  media  si  sforza  di 
comprendere  quanto  l'accesso  ai  media  renda  gli  individui  più  liberi  o  quanto, 
piuttosto,  eserciti  un  controllo  su  di  loro  e  a  quali  interessi  i  media  si  prestino.  Gli 
antropologi  critici  dei  media  studiano  le  dinamiche  di  potere  in  molti ambiti, tra cui il 
giornalismo, la pubblicità... 
Nel  XX  secolo  lo  studio  delle  relazioni  esistenti  tra  linguaggio  e  cultura  è  stato 
fortemente  influenzato  da  due  prospettive  teoriche.  Il  primo  modello  teorico  è  stato 
concepito  da  due  padri  fondatori  dell'antropologia  linguistica,  Sapir  e  Whorf  che, 
verso  la  metà  del  secolo  scorso,  hanno  proposto  la  cosiddetta  ipotesi  Sapir-Whorf: 
una  teoria  molto  influente  secondo la quale la lingua che usiamo influenza fortemente 
il modo in cui pensiamo. In questo quadro, la lingua rappresenta un mondo cognitivo e 
le  persone  che  parlano  lingue  diverse  vivono  in  mondi  cognitivi  differenti.  Questa 
affermazione  ha  costituito  il  fondamento  del  determinismo  linguistico  o  relativismo 
linguistico,  una  teoria  secondo  cui  la  lingua  determina  il  nostro  sviluppo  cognitivo,  la 
nostra  consapevolezza  del  mondo  e  il  nostro  comportamento.  Un  secondo  approccio 
alla  comprensione  delle  relazioni  esistenti  tra  linguaggio  e  cultura  è  quello  della 
sociolinguistica,  che  sottolinea  l'influenza  del  contesto  culturale  e  sociale  sulla 
struttura  della  lingua  che  gli  individui  adottano  per  comunicare  e  i  suoi  significati.  Di 
conseguenza, i sociolinguisti sono costruzionisti culturali.  
Con  discorso  s'intende  un  uso  culturalmente  definito  del  linguaggio  verbale  che 
comprende  diverse  varietà  di  espressioni  orali,  partecipazione  e  significato.  L'analisi 
critica  del  discorso  è  un  approccio  dell'antropologia  linguistica  che  esamina  i  modi in 
cui  il  potere  e  la  disuguaglianza  sociale  si  riflettono  nel  linguaggio  verbale  e  si 
riproducono  attraverso  di  esso.  L'analisi  critica  del  discorso  mette  in  luce  i  legami 
esistenti tra linguaggio e disuguaglianza sociale, potere e stigmatizzazione.  
La  linguistica  storica  è  lo  studio  della  trasformazione  linguistica  nel  corso  della storia 
e  si  basa  su  diverse  metodologie  specializzate,  utile  a  studiare  le  variazioni  nel tempo 
e nello spazio di aspetti del linguaggio quali la fonetica, la sintassi e il significato.  
L'ampia  diffusione  del  bilinguismo,  ossia  la  capacità  di  utilizzare una lingua diversa da 
quella  nativa,  è  uno  degli  effetti  più  evidenti  del  colonialismo.  Le  lingue  pidgin 
fondono  elementi  provenienti  da  almeno  due  diverse  lingue  madri  e  si  sviluppano 
quando  due  diverse  culture  che  usano  lingue  differenti  entrano  in  contatto  e  hanno 
necessità  di  comunicare;  spesso  il  pidgin  si  trasforma  in  creolo:  una  lingua  che 
discende  da  un  pidgin  e  che  con  il  tempo  acquisisce  parlanti  nativi,  presenta  un 
vocabolario più ricco di quello delle lingue pigdin e una grammatica più elaborata.  
 
 
10 - La religione 
 
Dalle origini dell'antropologia a oggi gli studiosi hanno proposto varie definizione della 
religione.  Una  definizione  più  ampia  vuole  che  la  religione  sia  un  insieme  di credenze 
e  comportamenti  associato  a  entità  e  forze  sovrannaturali.  Questa  definizione  evita 
accuratamente  di  collegare  l'idea  di  religione  alla fede in una divinità suprema, poiché 
alcune  religioni  non  contemplano  il  concetto  di  divinità  suprema  e  altre  postulano 
l'esistenza  di  più  divinità.  La  religione  di  un  gruppo  umano  è correlata alla sua visione 
del  mondo  ma  non  coincide  con  essa.  La  visione  del  mondo  è  un  concetto  più ampio, 
che non implica necessariamente riferimenti alla dimensione del sovrannaturale.  
Sir  Edward  Tylor  ha  scritto  che  la  magia,  la  religione  e  la  scienza  sono  tra  loro  affini, 
poiché  si  tratta  di  modi  diversi  di  leggere  il  mondo  fisico  e  gli  eventi  che  vi  hanno 
luogo.  Tylor  riteneva  che  la  scienza  fosse,  dei  3,  il  modo  più  evoluto  di  decifrare  il 
mondo, il più razionale.  
Tylor  e  altri  antropologi  delle  origini  promossero  una  teoria  evoluzionista  secondo  la 
quale  la  magia  sarebbe  precedente  alla  nascita  della  religione.  Essi  ritenevano  che  la 
prima  fosse  meno  spirituale  rispetto  alla  seconda  e,  di  conseguenza,  più  “primitiva”. 
Sarebbero  sorpresi,  oggi,  gli  evoluzionisti,  dalla  diffusa  presenza  nel  mondo 
contemporaneo  di  “religioni”  magiche.  Molti  si  rivolgono  alle  pratiche  magiche  nei 
momenti  caratterizzati  da  incertezza.  La  magia,  per  esempio,  è  molto  presente  negli 
sport.  
Le  religioni  comprendono  credenze  e  comportamenti.  Di  norma,  gli  studiosi  delle 
religioni  esaminano  in  primo  luogo  i  sistemi  delle  credenze,  poiché  ritengono  che 
siano  questi  a  ispirare  i  modelli  del  comportamento  religioso.  Le  credenze  religiose 
sono  condivise  da  un  gruppo  e  si  trasmettono  di  generazione  in  generazione.  Gli 
anziani  insegnano  la  religione  ai  bambini  attraverso  canzoni  e  racconti,  gli  artisti  ne 
illustrano  la  narrativa  sulle  pareti  e  sulle  rocce  e  gli  scultori  danno  forma  a  elementi 
dei sistemi di credenze religiose usando la pietra e il legno.  
Le  credenze  religiosi  vengono  espresse  e  trasmesse  alle  future  generazione 
principalmente  attraverso  due  vettori:  il mito, cioè narrazioni che coinvolgono forze o 
entità sovrannaturali; la dottrina, cioè l'enunciazione esplicita del credo religioso. 
Gli  antropologi  si  chiedono  perché  esistano  i  miti.  Malinowski  assimilava il mito a una 
sorta  di  carta  costituzionale  delle  società  umane,  in  quanto  è  espressione  delle  loro 
convinzioni più profonde e il veicolo per la trasmissione di un codice morale.  
La  dottrina  definisce  esplicitamente  il  mondo  sovrannaturale  e  quello  terreno, 
descrive  le  origini  di  quest'ultimo  e  le  responsabilità  degli  esseri  umani  nei  confronti 
dei propri simili e delle entità sovrannaturali. La dottrina è scritta e formale. 
Gli  esseri  sovrannaturali  variano  da  forze  impersonali  a  entità  le  cui  sembianze  sono 
simili  a  quelle  degli  esseri  umani.  Possono  essere  creatori  supremi  o  onnipotenti 
oppure  spiriti  minori  e  fastidiosi  che,  tramite  la  possessione  sono  capaci  di  alloggiare 
negli  esseri  umani.  Il  termine  animismo  si  riferisce  al  sistema  di  credenze  in  cui  il 
sovrannaturale è concepito come una forza non personificata.  
Probabilmente,  tutte  le  religioni  esprimono  credenze  concernenti  l'esistenza  di  aree 
sacre,  ma  alcune  attribuiscono  a  queste  convinzioni  un'importanza  maggiore  rispetto 
alle  altre.  I  luoghi sacri, che possono consistere, per esempio, in formazioni rocciose o 
nelle  rapide  di  un  fiume,  possono  essere  identificati  in  modo  permanente,  ma  non 
sempre ciò accade.  
Il  rituale  è  un  comportamento  strutturato  e  ripetitivo  orientato prevalentemente  alla 
sfera  del  sovrannaturale,  ma  esiste  anche  un  ambito  profano  nel  quale  si  manifesta  il 
comportamento  rituale.  I  rituali  sacri  sono  la  messa  in  atto  delle  credenze  espresse 
dal  mito  e  dalla  dottrina.  I  rituali  sacri  si  distinguono  da  quelli  profani  che  non hanno 
connessioni  con  il  sovrannaturale  strettamente  pertinente  alla  sfera  religiosa.  Alcuni 
eventi rituali presentano una combinazione di elementi sacri e profani.  
I  riti  di  passaggio,  o  rituali  del  ciclo  di  vita,  segnano  il  mutamento  di  status  di  un 
individuo o di un gruppo, che passa da uno stadio della vita ad un altro.  
Il  pellegrinaggio  è  un  viaggio  di  andata  e  ritorno  verso  uno  o  più  luoghi  sacri  che  ha 
scopi  rituali  o  di  devozione  religiosa.  Spesso,  l'esperienza  del  pellegrinaggio  è 
impegnativa:  a  una  sofferenza  maggiore  corrisponde  un  maggiore  merito  guadagnato 
dal  pellegrinaggio.  Rispetto  alle  visite  settimanali  a  una  chiesa  o  alla  sinagoga,  questo 
distoglie  maggiormente  una  persona  dalla sua vita quotidiana, è più impegnativo e per 
questo potenzialmente più utile a generare trasformazioni.  
I  rituali  di  inversione  capovolgono  l'organizzazione  ordinaria dei ruoli e delle relazioni 
sociali.  Secondo  un  approccio  funzionalista,  questi  riti  consentono  alle  pressioni 
sociali  di  avere  uno  sfogo  e  sono  anche  un'occasione  per  sottolineare  l'adeguatezza 
delle  pratiche  e  dei  ruoli  che  vigono  quotidianamente  nel  tempo ordinario, al rispetto 
delle quali gli individui dovranno tornare al termine del rito.  
Il  carnevale  è  un  rito  di  inversione  che  ha  le  sue  radici  nell'area  settentrionale  del 
Mediterraneo  e  la  sua  celebrazione  è  largamente  diffusa  in  tutta l'Europa meridionale 
e nell'emisfero occidentale.  
Il  carnevale  consente  agli  individui,  per  un  breve  periodo,  di  assumere  ruoli  che 
normalmente  sono  loro  negati,  ma  esso  contiene  anche  significati  simbolici  che 
esprimono  i  valori  della  vita  e  della  morte  e  quindi  della  rinascita,  in  un collegamento 
evidente  con  il  ciclo  della  natura.  È  anche  un  momento  durante  il  quale  tutti  si 
divertono.  Perciò  i  rituali  di  inversione  possono  essere  considerati  strumenti  al 
servizio della conservazione dell'ordine sociale.  
Molti  rituali  prevedono  un  sacrificio,  ossia  l'offerta  di  qualcosa  alle  entità 
sovrannaturali.  Il  sacrificio  ha  una  lunga  storia  in  tutto  il  mondo  ed  è  probabilmente 
una  delle  forme  rituali  più  antiche.  Può  comportare  l'uccisione  e  l'offerta  di  animali, 
quella di esseri umani o anche altri prodotti. 
Non  tutti  i  riti  richiedono la presenza di uno specialista religioso, cioè di qualcuno che 
abbia compiuto un percorso di formazione ampio e codificato. Tutti, però, necessitano 
dell'esistenza  di  un  certo  livello  di  competenza  da  parte  di  chi  li  compie  sul  modo 
corretto  di  celebrarli.  Anche  il  culto  domestico  degli  antenati  richiede  delle 
conoscenze,  acquisite  attraverso  percorsi di apprendimento informali. Molti riti, però, 
non possono svolgersi in assenza di uno specialista ben addestrato.  
Lo  sciamano  è  uno  specialista  religioso  che  ha  un  rapporto  diretto  con  le  entità 
sovrannaturali,  dalle  quali  è  spesso  chiamato.  I  termini  sacerdote  e  sacerdotessa 
indicano  specialisti  religiosi  a  tempo  pieno, la posizione dei quali è soprattutto dovuta 
alle  capacità  che  hanno  acquisito  nel  corso  di  un  percorso  formativo.  I  veggenti  sono 
specialisti  capaci  di  venire  a  conoscenza  delle  volontà  e  dei  desideri  delle  entità 
sovrannaturali.  I  profeti  sono  specialisti  che  trasmettono  rivelazioni  divine, 
generalmente  ricevute  in  sogno  o  attraverso  visioni.  Le  streghe  fanno  uso  di  poteri 
psichici  e  producono  effetti  sulle  persone  attraverso  le  emozioni  e  il  pensiero. 
L'espressione  religione  globale  è  stata  coniata  nel  XIX  secolo  per  indicare  le  religioni 
basate  su  fonti scritte, dotate di numerosi adepti presso diversi paesi e interessate alla 
redenzione.  Quando  una  religione  globale  si  stabilisce  in  una  nuova  area  culturale, 
entra in relazione con le tradizioni religiose locali.  
Circa  il  15%  della  popolazione  mondiale  sono  Hindu  e circa il 97% di loro vive in India. 
L'Induismo  si  basa  su  un  ricco  politeismo  e,  allo  stesso  tempo  su  una  tradizione 
filosofica  che  riconduce  la  molteplicità  delle  divinità  all'unità.  Uno  dei  concetti 
fondamentali  dell'Induismo  è  quello  del  karma  o  destino,  che  è  determinato  sin  dalla 
nascita, sulla base della sua vita precedente e del modo in cui l'ha condotta.  
Il  Buddhismo  ha  un  padre  fondatore:  Siddharta  Gautama  che  è  venerato  come  il 
Buddha  o  il  “Risvegliato”:  le  origini  di  questa  religione  sono  collocate  nell'India 
settentrionale.  Il  Buddhismo  è  caratterizzato  da  una  varietà  tale  di  dottrine  e  di 
pratiche  che  è  difficile  individuarne  un  singolo  elemento  essenziale  a  tutte.  Esso  è 
nato  come  forma  di  protesta  contro  l'Induismo  e  in  particolare  contro  le 
disuguaglianze tra caste, ma conserva il concetto di karma.  
Il  primo  sistema  religioso  ebraico  è  stato  elaborato  intorno  al  500  a.C  a  seguito  dello 
distruzione  del  Tempio  di  Gerusalemme  da  parte  dei  Babilonesi.  I  primi  testi  scritti 
che  compongono  il  Pentateuco  hanno  reso  paradigmatico  il  tema  dell'esilio  e  del 
ritorno.  Il  Pentateuco  è  anche  chiamato  Torah  o  i  5  libri  di Mosè. I fedeli credono che 
la  Torah  sia  la  rivelazione  della  verità  di  Dio  tramite  Israele,  un  termine  che  indica  il 
popolo  eletto.  La  Torah  illustra  i  rapporti  tra  il  mondo  sovrannaturale e quello umano 
e  indica  alle  persone  come  conformarsi  alla  sua  visione  del  mondo  con  azioni 
appropriate.  
Il  Cristianesimo  ha  molti  legami  con  l'ebraismo,  dal  quale  esso  deriva.  Uno  dei  legami 
più  stretti  è  costituito  dall'insegnamento  biblico  dell'avvento  di  un salvatore o messia. 
Il Cristianesimo è nato nel medioevo orientale nel secondo quarto del I secolo. 
L'islamismo  si fonda sugli insegnamenti del profeta Maometto ed è la più giovane delle 
religioni  globali.  Il  termine  arabo  islam  significa sottomissione al volere dell'unico Dio, 
Allah,  per  il  tramite  del  quale  si  potrà  ottenere  la  pace.  Le  due  principali  scuole  di 
pensiero sono quella Sunnita e quella Sciita.  
Il  Ras  tafari  o  rastafarianesimo  è  una  religione  afro-caraibica  che  ha  avuto  origine  in 
Giamaica  ed  è  una  religione  di  protesta  che  condivide  solo  pochi  elementi  con  le 
religioni  africane.  La  sua  storia  è legata a quella di diversi predicatori che, all'inizio del 
XX  secolo,  sostenevano  il  principe  tafari,  l'allora  imperatore  dell'Etiopia fosse il Leone 
di Giuda, colui che avrebbe guidato i neri verso la terra promessa africana.  
I  movimenti  di  rivitalizzazione  sono  movimenti  religiosi  che  intendono  portare 
cambiamenti  positivi  rifondando  una  religione  minacciata  da  forze  esterne  o 
adottando  nuove  pratiche  e  credenze.  I  culti  del  cargo  sono  movimenti  di 
rivitalizzazione nati in Malesia come reazione all'influenza dell'Occidente. 
 
 
11 - La cultura espressiva 
 
Secondo  una  delle  definizioni  antropologiche,  l'arte  è  un'applicazione 
d'immaginazione,  abilità  e  stile  alla  materia  al  movimento  e  al suono, che trascende la 
mera  praticità.  Una  distinzione  da  tempo  vigente  nella  concezione  occidentale  è 
quella  tra  belle  arti  e  arte  popolare;  questa  distinzione  è  basata  su  una  prospettiva, 
tutta  occidentale,  che  fa  coincidere  le  belle  arti  con  le  opere  rare  e  preziose  di artisti 
che si sono formati nell'alveo della tradizione classifica occidentale.  
L'etnoestetica  riguarda  le  estetiche  culturalmente  orientate.  Gli  standard  per  la 
valutazione  della  produzione  di  sculture  lignee  vigenti  in  Africa  occidentale 
dimostrano  quanto  sia  importante  tenere  in  considerazione  le  variazioni  culturali  dei 
criteri  di  definizione  dell'arte.  Franz  Boas  è  stato  il  primo  antropologo  a  portare 
l'accento sull'importanza di studiare l'artista nel suo contesto sociale.  
L'antropologia  dell'arte  si  affida  a  un'ampia  gamma  di  metodologie  per  la  raccolta  e 
l'analisi  dei  dati.  Il  metodo  di  base  è  quello  dell'osservazione  partecipante,  cui  si 
affiancano  l'acquisizione  e  l'analisi  di  documenti  in  forma  orale  o  scritta,  per  cui 
spesso  lo studio dell'arte trae vantaggio dalla collaborazione tra antropologi culturali e 
antropologi  linguistici.  Per  Jhon  Chernoff  imparare  a  suonare  il  tamburo  africano  è 
stato  importante  per  stabilire  una  relazione  etnografica  durante  la  sua  ricerca  sul 
campo  in  Ghana  e  anche  essenziale  per  comprendere  l'importanza  che  la  musica  ha 
nella  società  ghanese.  Chernoff  sostiene  che  solo  rinunciando  a  un  approccio 
scientifico  il  ricercatore  potrà  comprendere  la  creatività  e  le  relazioni  di  quest'ultima 
con il contesto sociale in cui si esercita.  
Le  arti  performative  comprendono  la  musica,  la  danza,  il  teatro,  la  retorica  e  la 
narrazione.  Un  importante  indirizzo  di  studio,  in  questo  ambito,  ha  assunto  una 
denominazione  specifica:  l'etnomusicologia,  vale  a  dire  lo  studio  della  musica  delle 
diverse  culture.  Gli  etnomusicologi  si  occupano  della  struttura  della  musica  in  sé  alla 
posizione  sociale  degli  artisti,  alle  relazioni  tra  la  musica  e  altri  ambiti  della  cultura, 
sino alle dinamiche di cambiamento delle tradizioni musicali.  
Il  teatro  è  un  tipo  di  performance  che  si  serve  del  movimento  e  della  parola  per 
intrattenere  un  pubblico  ed  è  associato  alla  danza,  alla  musica,  alle  sfilate,  alla 
competizione ludica e sportiva e alle arti verbali.  
Un  effetto  positivo  del  turismo  globale  è il crescente sostegno locale e internazionale, 
portato  alla  salvaguardia  del  patrimonio  culturale  materiale,  che  include  siti, 
monumenti  ed  edifici,  ma  anche  oggetti  mobili,  considerati  di  eccezionale  valore 
globale  per  motivi  storici,  artistici  e  scientifici.  Nel  2003  l'UNESCO  ha  dato  luogo  a 
una  nuova  strategia  politica  finalizzata  alla  salvaguardia  del  patrimonio  culturale 
immateriale,  o  patrimonio  vivente,  che  si  manifesta  nelle  tradizioni  orali,  nelle  lingue, 
nelle  arti  performative.  Questa  linea  politica  è  basata  sulla  consapevolezza  di  come  la 
cultura  immateriale  fornisca  agli  individui  un  senso d'identità e continuità, favorisca il 
rispetto  della  diversità  culturale  e  della  creatività  umana,  sia  compatibile  con  la 
promozione dei diritti umani e sostenga lo sviluppo sostenibile.  
 
 
12 - Popoli in movimento 
 
La  migrazione  è  il  trasferimento  di  un  individuo  o  di  una  popolazione  da  una  località 
ad  un'altra.  Le  sue  cause attengono ad aspetti basilari della vita umana e la migrazione 
ha  spesso  effetti  profondi,  sia  positivi  sia  negativi,  sullo  status  economico  e  sociale 
degli  individui,  sulla  loro  salute,  lingua,  identità  religiosa  ed  educazione.  Per  quanto 
riguarda  l'antropologia  culturale,  la  ricerca  sulla  migrazione  è  caratterizzata  da  tre 
tendenze:  1  a  svolgere  ricerca  sul  campo  presso  località  per  comprendere  il  più 
possibile  il  contesto  d'origine  e  quello  di  destinazione.  2  la  tendenza  a  combinare  di 
prospettive  macro  e  micro:  data  l'esigenza  di  dare  conto  di  forze  economiche, 
politiche  e  sociali  che  agiscono  in  ambiti nazionali e globali, lo studio della migrazione 
mette  in  crisi  il  tradizionale  approccio  alla  ricerca  che  la  vuole  focalizzata  su  un 
singolo  villaggio o quartiere. 3 la tendenza all'applicazione dei risultati della ricerca: gli 
antropologi  che  lavorano  su  questo  tema hanno molte opportunità di contribuire, con 
il  loro  apporto  di  conoscenza,  a  dare risposte a persone costrette a migrare a causa di 
guerre,  catastrofi  naturali  o  progetti  di  sviluppo  che  hanno  comportato,  per esempio, 
la  costruzione  di  dighe.  Presentiamo  le  caratteristiche  fondamentali  di  tre  tipologie 
della  migrazione,  definite  in  base  a  criteri  relativi  agli  spazi  in  cui  hanno  luogo  i 
trasferimenti:  migrazione  interna,  cioè  i  trasferimenti  entro  i  confini  di  un  paese; 
migrazione  internazionale,  cioè  i  trasferimenti  oltre  i  confini  nazionali;  migrazione 
transazionale,  cioè  i  ripetuti  spostamenti  tra  due  o  più  paesi,  nel  corso  dei  quali  il 
migrante  assume  un'identità  culturale  nuova,  che  trascende  la  singola  unità 
geopolitica.  
Secondo  la  teoria  push-pull  sulla migrazione della forza lavoro le zone rurali non sono 
in  grado  di  sostenere  l'incremento  della  popolazione  e  le  crescenti  aspettative  di 
quest'ultima  per  quanto  attiene  alla  qualità  della  vita  (il  fattore  push,  ossia  la  spinta). 
Per  contro,  le  città  (il  fattore  pull,  ossia  l'attrazione)  attraggono  gli  individui 
specialmente  giovani,  per  la  loro  offerta  di  occupazione  e  lo  stile  di  vita  che 
rappresentano.  La  migrazione  circolare  è  uno  schema  regolare  di  trasferimento  della 
popolazione  tra  due  o  più  località  e  può  verificarsi  all'interno  di  un  paese  o 
interessarne  più  di  uno.  La  migrazione  forzata  causata  da  progetti  di  sviluppo  è 
chiamata  migrazione  da  sviluppo.  Presso  alcuni paesi le persone costrette a trasferirsi 
a  causa  di  progetti  di  sviluppo  ricevono  un  indennizzo  per  la  perdita  della  loro casa o 
della  loro  terra.  I  migranti  istituzionali  sono  individui  che  si  trasferiscono, 
volontariamente  o  meno,  presso  un  istituzione  sociale.  Appartengono  a  questa 
categoria  i  monaci  e  le  suore,  le  persone  anziane,  i  prigionieri,  gli  studenti  che  si 
trasferiscono  nelle  residenze  universitarie  e  nei  collegi  e  il  personale  delle  forze 
armate.  
Negli  Stati  Uniti  l'espressione  nuovo  immigrato  si  riferisce  a  una  persona  che  si  è 
spostata  tra  paesi  diversi  dopo  il  1960.  la  migrazione  internazionale  del  XXI  secolo  è 
caratterizzata  dalle  seguenti  tre  tendenze:  globalizzazione:  un  maggior  numero  di 
paesi  è  interessato  dalla  migrazione  internazionale  e,  di  conseguenza,  la  diversità 
culturale  è  in  aumento  sia  nei  paesi  di  origine,  sia  in  quelli  di  destinazione. 
Accelerazione:  il  numero  dei  migranti  è  aumentato  in  tutto  il  mondo. 
Femminilizzazione:  il  numero  delle  donne  migranti  è  in  crescita  da  e  verso  tutte  le 
regioni del mondo e nell'ambito di tutte le categorie della migrazione.  
 
 
13 - Cultura e sviluppo 
 
L'antropologia  dello  sviluppo  analizza  le  dinamiche  dell'interazione  tra  cultura  e 
sviluppo  al  fine  di  migliorare  le  condizioni  di vita delle diverse popolazioni e ridurre la 
povertà.  Uno  dei  principali  obiettivi  dei  progetti  di  sviluppo  è  prevenire  o  ridurre  la 
povertà.  Definire  la  povertà  è  molto  difficile,  ma  una  definizione  di  lavoro  la  descrive 
come  uno  stato  di  privazione  delle  risorse  tangibili  e  intangibili  che  contribuiscono 
alla sussistenza e a garantire buone condizioni di vita.  
Due  dinamiche  sono  alla  base  di  tutti  i  cambiamenti  culturali:  la  prima  è  quella 
dell'invenzione,  la  scoperta  di  qualcosa  di  nuovo;  la  seconda  è  quella  della  diffusione, 
ossia  la  propagazione  della  cultura  attraverso  il  contatto.  I  processi  di  acculturazione 
rendono  le  culture  minoritarie  più  simili  a  quelle  dominanti.  In  casi  estremi,  una 
cultura  può  venire  assimilata,  o  deculturata,  perdendo  i  caratteri  specifici  della 
propria  identità.  La  modernizzazione  è  una  forma  di  cambiamento  caratterizzata  da 
una  crescita  economica  prodotta  dall'industrializzazione  e  dall'espansione  del 
mercato,  il  consolidamento  politico  dello  stato,  l'innovazione  tecnologica,  la 
scolarizzazione  e  le  opportunità  di  mobilità  sociali.  Lo  sviluppo  come  cambiamento 
indotto,  derivante  dall'applicazione  della  teoria  della  modernizzazione  nei  cosiddetti 
paesi  in  via  di  sviluppo,  è  emerso  dopo  la  Seconda guerra mondiale. Secondo la teoria 
dello  sviluppo  finalizzato  alla  crescita,  gli  investimenti  finalizzati  alla  crescita 
economica  conducono  al  miglioramento  delle  condizioni  di  vita  delle  popolazioni 
grazie  all'effetto  a  cascata:  il  graduale  aumento  della  ricchezza  dei  meno  abbienti 
come  conseguenza  del  benessere  di  chi  ha  maggiori  risorse  economiche.  Favorire  la 
crescita  economica  dei  paesi  in  via  di  sviluppo  comporta  le  due  seguenti  strategie: 
l'incremento  della  produttività  economica  e  degli  scambi  commerciali  tramite  la 
modernizzazione  dell'agricoltura  e  del  settore  manifatturiero  e  l'accesso  ai  mercati 
globali;  la  riduzione  delle  spese  del  governo  per  servizi  pubblici  come  la  scuola  e  la 
sanità,  al  fine  di  diminuire  il  debito  e  destinare  maggiori  risorse  a  favorire  l'aumento 
della  produttività.  Questa  strategia,  definita  di  riassetto  strutturale,  è  stata  favorita 
dalla  Banca  mondiale  sin  dagli  anni  '80.  Lo  sviluppo  distributivo  si  distingue  dallo 
sviluppo  finalizzato  alla  crescita  per  l'enfasi  che  pone  sull'importanza  di  un'equa 
distribuzione sociale dei suoi benefici, specialmente in termini di aumento del reddito, 
istruzione  e  salute.  Secondo  tale  modello,  l'effetto  a  cascata  è  inefficace,  poiché  non 
arriva  a interessare la popolazione indigente. Piuttosto i dati mostrano che le strategie 
finalizzate  alla  crescita  applicate  senza  riguardo  per  la  distribuzione  sociale  dei 
benefici  aggravano  la  disuguaglianza  sociale  per  cui  i  ricchi  diventano  più  ricchi  e  i 
poveri  diventano  più  poveri.  Un  ulteriore  alternativa  al  modello  basato  sulla  crescita 
economica  è  quella  dello  sviluppo  umano:  una  strategia  che  si  concentra  sugli 
investimenti  destinati  a  migliorare  le  condizioni  di  vita  delle  popolazioni.  Secondo 
questo  modello,  gli  investimenti  volti  a  migliorare  le  condizioni  di  vita  delle 
popolazioni  producono  sviluppo  economico,  mentre  non  sempre  è  vero  il  contrario. 
L'espressione  sviluppo  sostenibile  identifica  le  strategie  finalizzate  ad  apportare 
miglioramenti  che  non  implichino  il  consumo  di  risorse  non  rinnovabili  e  siano 
finanziariamente  sostenibili  nel  tempo.  I  sostenitori  di  questo  modello  ritengono  che 
la  crescita  economica  dei  paesi  ricchi  sia  stata  molto  onerosa  per  l'ambiente naturale 
e  per  le  persone  la  cui  vita  dipende  dai  delicati  ecosistemi,  che  il  suo  prezzo  sia  già 
troppo  alto  per  essere  sostenuto  e  che,  a  maggior  ragione,  non  sarà  sostenibile  in 
futuro,  dal  momento  che  un  numero  sempre  crescente  di  paesi  adotta  economie 
basate sull'industrializzazione.  
Esistono  due  principali  tipologie  di  istituzioni  per  lo  sviluppo  che  operano  su  larga 
scala:  le  istituzioni  multilaterali,  che  associano numerosi paesi donatori e le istituzioni 
bilaterali, costituite solo da due paesi (il donatore e il beneficiario).  
Molti  paesi  hanno  dato  luogo  alla  sperimentazione  di approcci dal basso allo sviluppo, 
vale  a  dire  che  hanno  sostenuto  progetti  su  piccola  scala  avviati  per  iniziativa  locale. 
Questo  tipo  di  approcci,  alternativi  a  quello  dello  sviluppo  calato  dall'alto  (top-down) 
che  caratterizza  l'azione  delle  agenzie  che  operano  su  larga  scala  hanno  maggiori 
probabilità  di  risultare  culturalmente  compatibili,  di  godere  del  sostegno  e  della 
partecipazione delle comunità locali e di avere successo. L'espressione capitale sociale 
si  riferisce  alle  risorse  intangibili  che  sono  insite  nei  rapporti  sociali,  nella  fiducia 
reciproca  e  nella  cooperazione.  L'analisi  di  molti  progetti  di  sviluppo  implementati 
negli  ultimi  decenni  mostra  quanto  sia  importante  che  essi  siano  culturalmente 
compatibili, ossia che nella loro elaborazione si sia tenuto conto della cultura locale.  
I  primi  decenni  dell'antropologia  dello  sviluppo  sono  stati  dominati  da  quella  che 
chiamiamo  antropologia  tradizionale  dello  sviluppo.  In  essa  gli  antropologi  portano  il 
proprio  contributo  all'elaborazione  di  politiche  e  programmi  di  sviluppo  più  efficaci. 
Questo  approccio  allo  sviluppo  si  può  sintetizzare  con  la  formula  aggiungi  un 
antropologo  e  mescola.  La  crescente  consapevolezza  dei  danni  provocati  da  molti 
progetti  di  sviluppo  che  si ritenevano capaci di portare benefici ha portato alla nascita 
di  quella  che  chiamiamo  antropologia  critica  dello  sviluppo,  ossia  un  approccio  allo 
studio  della  cooperazione  internazionale  per  lo  sviluppo  in  cui  l'antropologo  adotta 
una  postura  critica  e  si  interroga  sulle  motivazioni  e  sui  benefici  di  specifici 
programmi e politiche per lo sviluppo.  
 

Potrebbero piacerti anche