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Barbara Miller
Antropologia fisica/biologica: studia la specie umana dal punto di vista biologico sia dal punto di
vista evolutivo sia nelle sue varianti contemporanee
Archeologia: studio culture umane del passato attraverso i resti rimanenti
Antropologia linguistica: studio della comunicazione umana, la sua evoluzione, le sue origini e le
sue varianti
Antropologia culturale: studio delle popolazioni e delle culture umane
Nella tradizione inglese si parla invece di antropologia sociale la quale si occupa più della dimensione
sociale che della cultura come invece nella tradizione americana. In Francia invece si utilizza il termine
etnologia. Nell’ambito italiano per le sue tradizioni di studi si preferisce usare il termine demologia anche
se a partire dagli anni ’80 si è utilizzata la sigla DEA.
L’antropologia culturale si occupa quindi dello studio delle culture (insieme di comportamenti e credenze
appresi e condivisi), un altro scopo dell’antropologia culturale è quello di salvaguardare le culture che
studia le quali iniziarono a scomparire sotto i colpi del colonialismo sin dalla seconda metà dell’800.
L’oggetto dello studio di questa scienza non sono solo più le popolazioni “primitive” ma sono questi con
tutte le trasformazioni che comporta il nostro tempo moderno. Tra i primi antropologi possiamo
annoverare Erodoto o Marco Polo ma le radici dell’antropologia culturale moderna le abbiamo con
l’illuminismo francese (Montesquie, “Lo spirito delle leggi”). In ordine cronologico troviamo Charles Darwin
(lotta per la sopravvivenza). I primi veri fondatori dell’antropologia culturale come scienza sono: Edward
Tylor e James Frazer e Louis Henry Morgan i quali ispirati dalle teorie evoluzionistiche studiarono un
modello di evoluzione culturale. Il primo antropologo a fare esperienza di campo fu invece Bronislaw
Malinowsky famoso per il suo lavoro alle isole Trobriand e per aver introdotto il concetto di funzionalismo
(teoria per cui la culturale è associabile ad un organismo biologico in cui le singole parti collaborano per il
funzionamento dell’insieme) strettamente connesso al concetto di olismo. Procedendo troviamo Franz
Boas conosciuto per la sua esperienza con gli Inuit e per il concetto di relativismo culturale ( è importante
comprendere ciascuna cultura a partire da concetti e idee che le sono propri e non giudicarla secondo
categorie che non le sono proprie), attorno a questo pensiero si svilupperà la scuola di culture e personalità
(pag.6). Margaret Mead è la sua più conosciuta allieva famosa per aver introdotto l’antropologia pubblica,
convinta di poter cambiare la società con i saperi antropologici. Troviamo poi Alfred Radcliff-Brown
conosciuto per la teoria struttural-funzionalista che diede vita all’antropologia sociale (sviluppa un
approccio incentrato sulla dimensione sociale e sul funzionamento dei sistemi e delle strutture sociali in
prospettiva comparata); tra i suoi allievi troviamo Evans Pritchard (antropologia come scienza storica) e
Mayer Fortes (introduce tematica del mutamento e tematica del conflitto). Claude Levi-Strauss fu il
pioniere dello strutturalismo francese (ricerca gli elementi soggiacenti e quindi la struttura delle relazioni e
pratiche sociali, che si esprimono nella reciprocità e nello scambio) connesso all’antropologia simbolica.
Sviluppa poi sotto le teorie marxiste la teoria del materialismo culturale (organizzazione delle società a
partire dalle condizioni materiali della loro esistenza: ambiente, risorse naturali e il sistema di sussistenza).
Sempre negli anni ’60 si sviluppa l’antropologia interpretativa con Clifford Geertz (le culture sono delle reti
di significati che vanno interpretate tramite una relazione di dialogo tra osservatore ed osservato e che
sono meglio comprensibili a partire dagli individui che ne fanno parte, dalle loro idee). Arriviamo quindi
all’antropologia postmoderna con il testo più importante “Writing cultures” scritto da James Clifford e
George Marcus (più che conoscere l’altro si possono trovare vare rappresentazioni). Prendono poi piede
due teorie opposte: strutturismo e teoria dell’agency individuale.
Sul concetto di cultura si dibatte da tempo, una prima definizione ci proviene da Tylor: “La cultura è
quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume, e
qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”; ogni società umana
diviene creatrice di cultura la quale diventa elemento universale della società umana. Harris afferma: “La
cultura è il modo o stile di vita nel suo insieme, che un gruppo di persone ha acquisito socialmente”. Geertz
afferma: “Un insieme di simboli, motivazioni, stati d’animo e pensieri e non v’include i comportamenti”.
Cultura con la C maiuscola e con quella minuscola (vedi appunti).
Classe: sistema di classificazione basato sulla posizione economica degli individui misurata in
termini di reddito
“Razza”, etnia e popoli indigeni: il primo termine non esiste più, oramai è stato superato ed
eliminato anche grazie a prove scientifiche, il secondo sostituisce il termine razza e può essere
definito come senso di appartenenza identitaria condiviso dai membri di un gruppo e basato sulla
definizione di un confine simbolico che include la lingua o una cultura comune, il terzo invece come
gruppo di persone che ha un legame antico con la terra in cui vive
Genere: diverso da sesso, indica i comportamenti e i modi di pensare, generati e appresi
culturalmente che vengono attribuiti ai maschi o alle femmine
Età: per ognuno degli stadi di età è necessario apprendere il giusto modo di comportarsi
Istituzioni: organizzazioni stabili create per scopi particolari e dotate di specifiche di micro-culture
(ospedali, scuole, etc.)
Tre dibattiti teorici dell’antropologia culturale sono i seguenti:
Definizione del progetto: il progetto deve essere significativo ed effettuabile, spesso ispirato da
tendenze ed effetti significativi (senza dimenticare il restudy: es. Kula)
Prepararsi alla ricerca sul campo: bisogna ottenere un finanziamento, procurarsi un visto. E’ inoltre
necessario il consenso informato del popolo che si studierà. Ovviamente necessario un
equipaggiamento (fotocamera, taccuini, etc.). E’ inoltre importante avere una conoscenza almeno
basilare del luogo in cui si sta andando.
Scelta del sito: spesso si ha solamente un’idea molto generale del posto in cui si andrà.
Costruire una relazione etnografica: un rapporto di fiducia tra il ricercatore e la popolazione
studiata. Questo è il primo obbiettivo della ricerca. Bisogna ottenere la fiducia della popolazione
specialmente dei membri più importanti. Spesso non è per nulla semplice questa fase in quanto è
molto difficile conquistarsi la fiducia di un popolo.
Scambio di doni e la reciprocità: può essere molto importante ma i doni devono essere appropriati
da un punto di vista etico culturale.
Per quanto riguarda le micro-culture spesso l’antropologo si trova in una classe sociale più alta rispetto a
quella di coloro che studia e questa disparità è percepita da questi ultimi, spesso i ricercatori sono bianchi e
uomini (questo spesso non giova all’antropologo), le donne soprattutto quelle nubili fanno difficoltà su
campo poiché presso la maggior parte delle culture ciò è insolito. Spesso l’antropologo è soggetto ad uno
shock culturale (sensazione di disagio, solitudine e ansietà), questo può verificarsi anche al rientro in casa
nella propria nazione.
Per documentare la ricerca possiamo utilizzare: le note di campo, le registrazioni, fotografie, video. Esistono
due metodi: qualitativo (in forma di prosa), quantitativo (raccolta di rappresentazioni numeriche). Per
trasmettere le conoscenze il metodo più utilizzato dagli antropologi è l’etnografia ed il genere ad essa
collegato: la monografia etnografica. Non solo dal punto di vista scientifico ma anche con il suo carattere
testuale (“Writing culutures. Poetics and Politics of etnography” Clifford, Marcus). Oggi gli antropologi in
questi libri cercano di concentrarsi su un solo argomento.
Etica e ricerca sul campo: si è giunti ad adottare un codice deontologico dato dall’ American
Anthropology Association secondo cui la responsabilità primaria dell’antropologo è quella di
proteggere la cultura delle persone che ha studiato.
Ricerca collaborativa: non considerare la popolazione studiata come mero oggetto di studio.
La ricerca sul campo e la sicurezza
Caccia e raccolta: basato su attività di raccolta, pesca o caccia. È il più antico e rischia di
scomparire, la loro dieta è caratterizzata da una grande varietà di frutti a guscio, tuberi, piccoli
animali e poche volte grandi animali. La loro strategia è di tipo intensivo: implica lo sfruttamento
del terreno temporaneo ma di ampi territori e necessita di grande mobilità nello spazio. La
divisone del lavoro è per genere ed età. La caccia coinvolge gli uomini e la raccolta le donne e i
bambini, i più anziani rimangono al villaggio dove accudiscono i bambini. Non viene applicato il
concetto di proprietà privata ma quello dei diritti d’uso (ad un individuo o un gruppo sono
riconosciute proprietà di accesso a determinate risorse). Questo è un sistema sostenibile nel senso
che le risorse necessarie vi si rigenerano nel tempo, sempre che ci sia a disposizione il territorio e
non ci siano interventi esterni. Comporta inoltre poco sforzo.
Orticultura: basato su coltivazione di piante domestiche attraverso l’uso di attrezzatura manuale. L
a pioggia è l’unica fonte di irrigazione. Necessita della rotazione dei terreni. È un sistema estensivo
e richiede parecchio lavoro. Il genere e l’età sono fattori chiave per la divisione del lavoro: gli
uomini sono addetti alla pulizia del terreno mentre della semina si occupano sia uomini che donne,
la preparazione del cibo affidata alle donne. Secondo gli antropologi questa suddivisione è data
dallo status attribuito a uomini e donne, le donne danno meno contributo in termini materiali al
lavoro. Sembra che comunque il ruolo decisivo sia determinato da chi si occupa di gestire la
distribuzione del cibo. In queste società i bambini lavorano molto di più che nelle altre. Non vige né
il diritto di proprietà, più importante il ruolo dei diritti d’uso ma più chiaramente definiti (dissodare
e disseminare un terreno significa poter rivendicare un diritto su di esso. Un surplus può generare
disuguaglianza. È un sistema sostenibile se si applica la fase del riposo del terreno e si hanno grandi
estensioni di terra.
Pastorizia: basato sull’allevamento di bestiame e sull’uso dei loro prodotti. Spesso i pastori
generano relazioni di sviluppo con i cacciatoriraccoglitori, orticoltori, agricoltori. È una strategia
estensiva. Le famiglie e i gruppi rappresentano l’unità produttiva di base. Ancora genere ed età
fondamentali nella suddivisione del lavoro: uomini si occupano del bestiame, le donne si occupano
della lavorazione dei prodotti. La principale forma di proprietà è quella del bestiame la quale si
eredità per via ereditaria maschile. Le aree di pascolo sono regolate da diritti d’uso. È un sistema
sostenibile economico e di grande successo.
Agricoltura: prevede la coltivazione di raccolti su appezzamenti di terreno permanenti e si avvale di
sistemi di aratura, irrigazione e fertilizzazione. È una strategia intensiva, è essenziale una grande
forza lavoro, richiede l’uso di animali addomesticati per l’aratura, il trasporto e la fertilizzazione,
richiede anche una buona conoscenza del territorio e di tutti i fattori ad esso collegato.
L’agricoltura può essere a conduzione familiare: la produzione serve al sostentamento della
famiglia e la produzione di qualche prodotto da vendere, il genere e l’età sono fondamentali per l
divisone del lavoro (maggior parte del lavoro a carico degli uomini, le donne si occupano
dell’ambito domestico e delle attività commerciali), esistono sistemi agricoli a conduzione
femminile i quali comportano un innalzamento dello status femminile, è necessaria una chiara
definizione dei diritti di proprietà e relative garanzie date da regolamenti scritti. L’agricoltura
industriale invece è basato sull’impiego di ingenti capitali, sull’uso di macchine e fertilizzanti
chimici, ha portato alla nascita dell’azienda agricola, caratterizzata da una domanda di
manodopera stagionale. L’agricoltura intensiva non è un sistema sostenibile e minaccia l’esistenza
degli altri sistemi di sussistenza.
Industrializzazione e informatizzazione: si procura le risorse ricorrendo all’impiego di massa di
forza lavoro, la maggior parte die beni non è prodotto per soddisfare un bisogno primario, un
problema sempre più importante risulta essere la disoccupazione.
Se si parla di sistemi che non utilizzano il denaro il tempo è speso dalle persone per procurarsi ciò di cui
hanno bisogno, in un sistema in cui esiste il denaro il potere di consumo dipende dalla disponibilità di
moneta del singolo individuo. Due modelli principali di consumo:
Nei sistemi di cacciatoriraccoglitori esistono dei meccanismi di livellamento che sono regole culturali non
scritte che impediscono ad un individuo di diventare troppo ricco rispetto agli altri e vengono fatte
rispettare tramite pressioni sociali (pettegolezzi). Con la diffusione del consumismo cambiano anche le
relazioni sociali relative al consumo: per esempio si parla di consumo personalizzato quando tutti
conoscono da dove vengono le risorse di cui fanno uso, si parla invece di consumo spersonalizzato quando
succede il contrario.
Esattamente come abbiamo due modelli di consumo possiamo trovare due modelli di scambio:
Scambio equilibrato: è un sistema per il trasferimento dei beni il cui obbiettivo è il loro
bilanciamento. Comprende due sotto-tipi distinti in base alle relazioni sociali: la reciprocità
generalizzata e la reciprocità attesa. Nel primo caso non è implicato un guadagno materiale né ci si
aspetta di ricevere qualcosa in cambio ed è tipica di persone che si conoscono bene e si fidano l’una
dell’altra ed è caratterizzato dal dono disinteressato, si dà senza aspettarsi una ricompensa (anche
se per alcuni non può esistere il dono disinteressato). Nel secondo caso invece, si tratta di uno
scambio di beni che hanno praticamente la stessa valenza e solitamente ha luogo tra persone che
occupano uno status sociale simile (un esempio sono i kula). Possiamo inoltre parlare di
redistribuzione la quale prevede che un uomo che ha ricevuto da più uomini li ripaghi
pubblicamente (questa pratica spesso genera disuguaglianze ma permette anche un forte coesione
del gruppo).
Scambio squilibrato: la sua forma principale è lo scambio di mercato che consiste nella
compravendita di beni in condizioni di competitività e il valore dei beni è determinato dalla
domanda e dall’offerta. Esistono due tipi di mercato quello periodico e quello permanente. Altre
forme di cambio squilibrato possono essere: il gioco d’azzardo (negli USA si sono velocemente
moltiplicati i casinò), il furto (che è l’opposto logico del dono disinteressato), lo sfruttamento
(forma estrema e persistente di scambio non equilibrato come per esempio la schiavitù).
Riproduzione stratificata: classi medie e alte tendono ad avere pochi figli con alta sopravvivenza e
tra i poveri invece sono elevati vi sono tanti nati e tanti morti
Invecchiamento della popolazione: maggioranza popolazione anziana rispetto a quella giovane
Largo impiego della tecnologia scientifica per tutto ciò che concerne la gravidanza: concepimento,
contraccezione
Per quanto riguarda il rapporto tra cultura e fertilità è molto difficile per l’antropologia riuscire ad indagare
e le informazioni solitamente si possono ottenere solo per via indiretta. Ogni cultura insegna ai propri
giovani qual sia il momento giusto per iniziare ad avere rapporti sessuali e le regole culturali spesso sono
più forti di quelle biologiche (menarca, menopausa). La frequenza dei rapporti sessuali varia da cultura a
cultura (Indiani meno rapporti rispetto ad Euro-americani per la loro cultura che li limita per esempio con il
complesso della perdita del seme). Ogni stato decide poi per la sua politica che può essere pronatalista o
antinatalista, scegliendo prevalentemente su fattori economici. Esistono comunque 4 fattori che
influenzano il desiderio di avere figli: il valore dei figli come forza lavoro, l’apporto che potranno dare
durante la vecchiaia dei genitori, i tassi di mortalità infantile, i costi in termini economici. I primi tre
favoriscono la fertilità. Nella maggior parte delle culture inoltre sono prediletti i figli maschi rispetto alle
femmine. A livello globale sono le industrie farmaceutiche e i poteri religiosi che maggiormente influenzano
le nascite. S in dall’antichità per condizionare la fertilità esistono diversi metodi:
Metodi indigeni: esistono centinaia di metodi indigeni per il controllo delle nascite e solitamente
sono le donne a conoscerli. La maggior parte di questi prevede l’uso di sostanze vegetali e animali
Induzione all’aborto: presso le diverse culture si passa dall’accettazione totale fino all’intolleranza
completa. I metodi possono essere i più disparati: salti nel vuoto, salti sul posto, percussioni
sull’addome, assunzione di droghe, etc. Le cause spesso sono di natura economica e sociale (nelle
società pastorali le donne devono trasportare ingenti carichi e la gravidanza non gli permette
quindi di potersi anche prendere cure degli altri bambini o anche la “legittimità” culturale). Spesso
religione e aborto sono collegati (cattolicesimo, induismo e islamismo proibiscono l’aborto). Gli
aborti illegali spesso conducono alla morte.
Nuove tecnologie riproduttive: per esempio la fecondazione in vitro
L’infanticidio è praticato in diverse culture; può essere diretto (a seguito di percosse, soffocamento etc.)
oppure indiretto (più subdolo e protratto nel tempo, per esempio la privazione del cibo). La causa più
diffusa presso la maggior parte delle culture è la deformità, può anche essere dovuto al sesso del neonato.
Spesso avviene anche per cause economiche (ricerca fatta in Canada). La modernizzazione del tasso di
mortalità ne ha provocato il ribasso e rimane comunque molto diffuso presso i più poveri.
Affrontiamo ora il ciclo della vita che comporta la definizione della nostra personalità (modo prevedibile di
comportarsi di una persona):
Il contesto della nascita: influenza lo sviluppo psicologico dell’infante. Lo stesso luogo e le persone
che circondano l’infante lo determinano (Brigitte Jordan)
La costruzione dei legami affettivi: molti psicologi sostengono che sia fondamentale che avvenga
subito sin dal momento della nascita la creazione di un legame affettivo tra genitore e neonato, in
quanto se non stabiliti in quel momento difficilmente si stabiliranno in seguito. Anche se lo studio
di Nancy Scheper-Hughes ci dice che ciò non è obbligatorio con l’esempio del Brasile (pag.78)
Il genere nell’infanzia: bisogna innanzitutto distinguere fra genere e sesso. Il sesso è qualcosa dato
al momento della nascita ed è determinato da fattori biologici (anche se presso tutte e popolazioni
il 10% dei bambini nasce con genitali indeterminati; il genere invece è una costruzione culturale.
Dimostrare che ci siano caratteristiche innate che distinguano femmina da maschio è complesso
(anche perché ci sono teorie scientifiche che sostengono che persino l’embrione sia già influenzato
quando si trova ancora nell’utero). Risulta anche difficile analizzare i comportamenti dei neonati
per poter capire cosa sia “normale” per i maschi o cosa per le femmine. Vi sono inoltre tre
stereotipo occidentali da sfatare: che i neonati maschi siano più aggressivi, che i neonati femmine
siano più socievoli, che i neonati maschi siano più indipendenti. Non sono fattori biologici ma
dipendono dalla cultura da cui sono influenzati i bambini. Se inoltre le differenze di genere fossere
date alla nascita le culture non si adopererebbero così tanto per inculturare la prole.
La socializzazione nell’infanzia: grazie allo “studio delle sei culture” sappiamo che la variabile da
prendere in considerazione è il ruolo delle donne nel contesto familiare. Se le donne sono una
componente importante della forza lavoro e sono spesso impegnate in attività al di fuori della casa i
bambini svilupperanno un’attitudine premurosa-responsabile poiché dovranno svolgere diversi
compiti in ambito familiare che dovrebbe svolgere la madre. Se le donne invece sono
prevalentemente in ambito familiare i bambini hanno meno compiti e meno responsabilità e
sviluppano quindi un’attitudine dipendente-dominante.
L’adolescenza e l’identità: la pubertà è una fase fondamentale nella vita umana e presenta diversi
indicatori biologici. L’adolescenza è invece un periodo di maturazione culturale. Si pensa che sia
riconosciuta presso tutte le culture. Esistono due correnti di pensiero sull’adolescenza. La prima più
darwiniana sostiene che questa sia un periodo di preparazione a quello della riproduzione. La
seconda sostiene invece che sia una costruzione culturale molto variabile e impossibile da spiegare
con fattori biologici. A prova di questa tesi in ogni cultura l’adolescenza ha una durata e dinamiche
diverse a seconda del sesso. Non a tutti i giovani viene riconosciuta una fase adolescenziale, dal
punto di vista del materialismo culturale questa fase ha una funzione preparatoria al ruolo di
lavoratore, guerriero etc. Il fatto che nelle società occidentali l’adolescenza duri sempre più è
dovuto ad un mercato del lavoro ormai saturo.
Il passaggio all’età adulta e l’identità di genere: spesso è segnata da un rito o da una cerimonia,
spesso diversi a seconda del genere (circoncisione maschile o mutilazione genitali femminile). Per
quanto riguarda i riti d’iniziazione segnano invece una morte e poi una rinascita (scuola militare:
ratti e dyke).
Identità sessuale e pluralismo di genere: si dibatte da tempo se sia di origine biologica o culturale. Il
costruzionismo culturale dà enfasi al ruolo della socializzazione nell’infanzia e delle esperienze in
età infantile (Xanith dell’Oman). Alcune culture riconoscono inoltre un terzo genere (berdache tra i
nordamericani nativi, spesso motivo di orgoglio; hijra in india). Il pluralismo di genere significa che
presso alcune società si accetta la molteplicità di categorie di genere tollerate (Kathoey).
Età adulta: per la cultura euroamericana si diventa adulti nel momento in cui si genera un figlio, la
maternità non è solo un fattore biologico ma anche il processo attraverso il quale si apprende ad
essere madri, questo concetto varia tra le culture (presso molte vulture questa fase è aiutata dalla
collaborazione familiare). Si sta inoltre scoprendo sempre più l’importanza del periodo preparto,
anche se secondo alcuni antropologi il fatto che nella fase preparto le donne siano piene di
attenzioni comporta poi un periodo di depressione postparto. La paternità è ovunque meno
connotata rispetto alla maternità, anche se un’eccezione può essere la couvade (un insieme di
precetti che riguardano il padre nel corso della gravidanza, come per esempio il divieto di cacciare).
La cura dei bambini secondo gli antropologi nella maggior parte del mondo è affidata alle donne ma
anche qui esistono delle eccezioni come per esempio i padri Aka in centrafrica.
La mezza età: solitamente posta al 40esimo anno di età e a cui viene affidata particolare
importanza nelle società occidentali. Un motivo potrebbe essere il fatto che coincida con la metà
dell’aspettativa di vita. Nelle donne è segnata dalla menopausa.
L’età senile: è una conseguenza della società umana contemporanea. Lo stato di vita degli anziani è
migliore ove vivano con le proprie famiglie.
La medicina di comunità: a differenza della medicina privata in cui ci si prende cura del malato in
condizione di esclusione dalla società; con la medicina di comunità invece è il contesto sociale
l’elemento fondamentale. Questo tipo di medicina funziona a diversi livelli. Sicuramente la
solidarietà del gruppo può migliorare le condizioni di salute del malato soprattutto sull’aspetto
mentale. La scienza occidentale fa difficoltà ad accettare questi metodi.
Le terapie umorali: si basa sull’equilibrio di alcuni elementi all’interno del corpo e di altri presenti
nell’ambiente di vita del paziente. Per esempio gli alimenti hanno proprietà differenti se sono
freddi o caldi (non in valori termici). Le malattie sono solo risultati di squilibri nel corpo a cui si può
porre rimedio cambiando la dieta. Questi sistemi stanno sopravvivendo anche alla medicina
occidentale. I sistemi sanitari cinesi, arabi e indiani definiscono la salute come l’equilibrio tra
elementi opposti all’interno del corpo (Orang Asli).
I terapeuti: chiunque può considerarsi un “terapeuta”, tuttavia presso ogni cultura esistono
persone le cui particolari capacità diagnostiche sono riconosciute da tutti. Possono essere levatrici,
conciaossa, sciamani, etc.
Sostanze terapeutiche: si utilizzano migliaia di sostanze diverse naturale e sintetiche. La fitoterapia
è un sistema terapeutico che fa uso di piante medicinali. Ultimamente si evita di eliminare alcune
popolazioni indigene poiché hanno conoscenze botaniche importanti (matè fatto con foglie di
coca). In tutto il mondo sempre più farmaci vengono utilizzati anche e spesso il consumo eccessivo
risulta negativo (crisi sanitaria con nascita di ceppi di patologie resistenti ai farmaci).
Analizziamo ora invece tre approcci teorici differenti utili alla comprensione dei sistemi sanitari:
Grazie alla globalizzazione i problemi sanitari arrivano ad interessare qualsiasi parte del mondo. L’aumento
dei viaggi internazionali e delle migrazioni hanno prodotto l’aumento di probabilità di contagio. Le malattie
del progresso sono problemi di salute causati dai progetti di sviluppo economico. Per esempio è stato
notato un forte aumento della schistosomiasi nei paesi in cui sono state costruite imponenti dighe. Anche
la stessa obesità può essere considerata una malattia del progresso. Il termine pluralismo medico indica la
coesistenza di due sistemi sanitari in una data società. Per esempio in Nepal coesistono tre sistemi sanitari
(buddisti ortodossi praticanti, religiosi non ortodossi e sciamani, operatori biomedici). In molti contesti
tuttavia sono stati documentati sistemi sanitari in conflitto o comunque che non riescono a comprendersi
Mary e il diabete) e la causa della morte può essere anche solo un fraintendimento culturale.
L’antropologia medica applicata serve a permettere agli operatori sanitari di poter raggiungere i propri
obbiettivi. Molti studi di questa scienza sono applicati alla comunicazione in ambito sanitario.
La discendenza configura le relazioni a partire dalla relazione genitore-figlio/a. Alcune culture adottano un
sistema di discendenza bilineare per cui il bambino appartiene al gruppo di discendenza di entrambi i
genitori, discendenza unilineare invece da uno solo dei genitori. La discendenza unilineare è alla base del
60% delle culture, specialmente nelle società a base produttiva fissa (pastorali, agricole, orticole). Prevede
la trasmissione dell’eredità lungo un’unica linea. Può essere di due tipi: discendenza patrilineare in cui il
lignaggio comprende solo i figli maschi e le figlie femmine si “sposano fuori”; matrilineare l’esatto opposto
ed è prevalentemente riscontrato presso i cacciatori-raccoglitori e presso le società agricole. La
discendenza bilineare invece, è riscontrata presso i cacciatori-raccoglitori e in quelle industrializzate,
entrambe queste società hanno una divisone del lavoro tre generi flessibile e maschi e femmine
contribuiscono in maniera simile alla produzione delle risorse, per quanto riguarda la residenza dei coniugi
solitamente segue le regole di discendenza prevalenti (patrilocalità, matrilocalità, presso le società
industrializzate neolocalità).
La condivisione è tipica dei rapporti di parentela basati sulla condivisione e sul sostegno reciproco, queste
relazioni possono essere sia ritualmente formalizzate che informali. Questi legami di parentela possono
essere basati sulla condivisione del cibo (abitanti piccole isole della Malesia). Possono anche essere basati
sull’adozione e sul trasferimento (adozione chiusa: il bambino riceva un nuovo certificato di nascita e
tronca ogni rapporto con i genitori biologici; adozione aperta: il bambino rimane figlio dei suoi genitori
biologici). Tra i Cristiani invece sono diffusi legami di origine rituale tra adulti e bambini nati da altre
persone (padrino e madrina).
L’ultimo dei meccanismi utilizzati per fondare le relazioni interpersonali è il matrimonio, gli antropologi
hanno riscontrato un’idea di matrimonio presso tutte le culture umane, ma non si è ancora pervenuti ad
una definizione soddisfacente. Una prima definizione è: “il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna
in cui i bambini partoriti dalla donna sono riconosciuti come figli legittimi da entrambi i genitori” (Bernard e
Good), definizione decisamente erronea; una seconda definizione che sembra essere più corretta è:
“Unione più o meno stabile, solitamente celebrata tra due persone, in cui i coniugi possono condividere la
stessa abitazione, avere un coinvolgimento di tipo sessuale e una relazione procreativa” definizione giusta
ma solo perché vi è quel “possono” (definizione corretta su appunti). Ogni cultura inoltre esprime
indicazioni relative alla scelta del partner, le quali possono essere esplicite o implicite, esplicite si
esprimono attraverso regole di esclusione, implicite si esprimono attraverso leggi di inclusione. Il tabù
dell’incesto è la regola di esclusione più conosciuta. Questo tabù ha funzioni economiche e sociali molti
importanti: favorisce la nascita di organizzazioni più ampie rispetto alla famiglia. Una interpretazione
genetica recente spiega come l’estensione del pool genetico favorisce la scomparsa di malattie genetiche.
Le regole per la scelta del coniuge variano molto a seconda delle culture: le regole dell’endogamia
impongono che una sposa venga da una determinata classe sociale, la stesa dello sposo; nel caso
dell’endogamia tra cugini si possono distinguere due tipologie: cugini paralleli (figli di un dato padre e di
suo fratello), cugini incrociati (figli di un dato padre e di sua sorella). L’endogamia all’interno di un villaggio
è la forma preferita di matrimonio nella zona del Mediterraneo orientale. Alcuni gruppi invece prediligono
l’esogamia cioè il matrimonio tra due individui che provengono da due gruppi differenti, in questo caso la
scelta del coniuge è spesso influenzata dallo status del partner: iperginia (elevarsi con il matrimonio),
ipoginia (abbassarsi con il matrimonio), isogamia. Esistono sottotipi di queste categorie che possono essere
basati sull’età e persino sulla statura (per esempio nell’iperginia basata sull’età la sposa deve essere più
giovane dello sposo). Per quanto riguarda il ruolo esercitato dall’amore romantico nella scelta del coniuge
si dibattono da tempo biologi e costruzionisti. I deterministi biologici sostengono che siano universali tra gli
esseri umani poiché hanno funzioni adattative (portano a prendersi cura dei figli insieme), i costruzionisti
invece attribuiscono l’importanza data all’amore romantico in base a quale sesso è a capo dell’economia
(se ci sono gli uomini può prevalere l’amore romantico). Oggi comunque sembrano prevalere i matrimoni
basati sull’amore romantico rispetto ai matrimoni combinati. Un elemento fondamentale dei matrimoni
sono i doni di nozze. La dote è il trasferimento dei beni e talvolta del denaro dalla famiglia della sposa a
quella dello sposo (in India viene chiamata “prezzo dello sposo”), il prezzo della sposa è il trasferimento di
denaro dalla famiglia dello sposo a quella della sposa, il servizio per la sposa invece è una prestazione di
lavoro fornita dallo sposo ai suoceri (tipica di alcune società della regione amazzonica), altri matrimoni
prevedono invece uno scambio equilibrato di doni tra sposo e sposa. Gli antropologi inoltre distinguono
due forme di matrimonio: monogamia (matrimonio tra due persone) e poligamia (matrimonio tra più di
due coniugi) che a sua volta è diviso in poliginia e poliandria.
La famiglia è un gruppo di persone che si considerano legate tra loro da relazioni di parentela, non tutti i
membri vivono insieme o condividono stretti legami affettivi. Il gruppo domestico invece identifica una
persona che vive da sola oppure una o più persone che condividono un luogo in cui vivere e possono avere
relazioni di parentela. L’organizzazione in un gruppo domestico può assumere tre forme:
Gruppo domestico nucleare: composto da una coppi di adulti con o senza figli. Diffusa presso le
società dei cacciatori-raccoglitori e in quelle industrializzate.
Gruppo domestico esteso: comprende più di una coppia di coniugi, le quali possono essere legate
da una linea di discendenza padre-figlio (domestico esteso patrilineare), madre-figlia (domestico
esteso matrilineare), fratelli-sorelle (gruppo domestico esteso collaterale), i gruppi domestici
poliginici e poliandrici (gruppi domestici complessi). Diffuso presso società orticole, pastorali e
agricole.
Trattiamo adesso due aspetti della relazione tra coniugi: la soddisfazione coniugale e l’attività sessuale nel
corso della vita. Ovviamente il massimo dell’insoddisfazione è percepita nei matrimoni combinati, mentre
l’attività sessuale è l’indice della soddisfazione coniugale, i rapporti sessuali sono più frequenti infatti tra:
conviventi non sposati, chi convissuto prima di sposarsi, chi è già stato sposato.
Le relazioni tra fratelli e sorelle sono state ancora poco studiate, anche questa varia a seconda delle culture,
per esempio da una ricerca fatta a Beirut in Libano è emerso che il fratello ha un ruolo di predominanza
sulla sorella che serve a perpetrare il predominio del maschio (Hanna e Flaur ricerca Joseph 1994). Per
quanto riguarda la violenza tra partner purtroppo è stata riscontrata in quasi tutte le culture, ma gli
antropologi si sono anche accorti che sono minori laddove esistono gruppi di lavoro e reti sociali femminili,
poiché questi e altri fattori come la residenza matrilineare danno la possibilità alle donne di troncare il loro
rapporto quando vogliono. Nonostante questo la violenza domestica è in continuo aumento in tutto il
mondo. Un problema di cui i governi si dovrebbero occupare è invece il fatto che spesso un gruppo
domestico non ha una casa in cui vivere e viene quindi meno l’ideale di gruppo domestico.
La discendenza matrilineare è sempre meno praticata per effetto del colonialismo europeo
Lo stesso matrimonio si sta trasformando: l’età media del primo matrimonio si sta innalzando (a
causa di fattori economici), sempre più ci sono matrimoni tra persone di etnie diverse (si stanno
diffondendo pratiche pluralistiche)
Esiste la cosiddetta “crisi del matrimonio”: molte persone vorrebbero sposarsi ma non ne hanno le
capacità economiche
Le cerimonie nunziali si stanno trasformando ma in positivo. Gli elementi che si stanno modificando
sono: la cerimonia, i suoi costi, l’abbigliamento ideale e la luna di miele.
Avvengono inoltre anche trasformazioni nei gruppi domestici, la globalizzazione ne sta velocemente
modificando la struttura e si stanno diffondendo sempre più i gruppi domestici nucleari (Kelabit e le
longhouse).
Con il termine amicizia ci si riferisce agli stretti legami sociali che si stabiliscono tra almeno due persone in
modo informale e volontario, generalmente tra persone che non sono imparentate ed è un gruppo sociale
primario. Di norma gli amici si scelgono e rimangono tali per propria volontà ma alcuni possono avere
matrici culturali. Tra amici vi è un sostegno psicologico reciproco oggetto di un’aspettativa. Generalmente
nasce tra persone appartenenti alla stessa classe sociale. Oggi ciò che più crea reti amicali (prima erano i
racconti e la regola del turno di parola) sono le tecnologie della comunicazione. In alcune zone africane
l’amicizia serve a mantenere salda l’economia e spesso le reti amicali nascono da processi di scambio.
L’opposto dell’amicizia risulta invece essere il bullismo. Le fraternities e le sororities sono gruppi sociali
basati su un senso di appartenenza identitaria e sulla condivisione di obbiettivi comuni. Diversi gruppi
uniscono invece persone che si tengono al di fuori della “massa” e non intendono conformarsi (Hippies). Il
termine bande giovanili si riferisce invece a gruppi di giovani spesso considerati un problema dai tutori della
legge e dagli adulti, queste si differenziano per il grado di organizzazione e di formalizzazione, spesso hanno
un capo riconosciuto e riti d’iniziazione e marcatori simbolici. Le bande di strada invece hanno
un’organizzazione più rigida rispetto alle bande giovanili, hanno capi e una suddivisione gerarchica, hanno
un nome specifico e chi ne fa parte adotta determinati simboli. Tra i molti movimenti di controcultura ci
sono quelli che uniscono gli individui sulla base di pratiche di modificazione del corpo (praticano anche dei
riti durante i quali vengono applicati i piercing davanti ad un pubblico e il dolore risulta una componente
fondamentale poiché testimonia l’iniziazione di quella persona). Le cooperative invece sono una forma di
gruppo economico in cui il surplus viene diviso tra i membri, le più comuni sono quelle di forma agricola e
di credito.
La stratificazione sociale consiste nelle relazioni gerarchiche esistenti tra gruppi distinti, organizzati in
diversi livelli o strati. La stratificazione è comparsa con l’arrivo dell’agricoltura. L’appartenenza di un
individuo ad un determinato gruppo può essere ascritta, basata su qualità già date al momento della
nascita, oppure acquisita ossia raggiunta grazie a qualità che derivano dall’esperienza. Solitamente i sistemi
più chiusi si basano su posizioni ascritte, mentre sono più aperti quelli basati su posizioni acquisite. Le
società umane quindi collocano le persone in determinate categorie che ne indicano lo status (la posizione),
ad ognuno dei quali è associato un ruolo. La classe sociale è la posizione che un individuo occupa nella
società, classe e status non sempre corrispondono (posso diventare ricco con mezzi non leciti e non essere
accettato come meritevole di quello status). Secondo le nostre ideologie nelle nostre società è possibile il
movimento e gli antropologi hanno coniato il termine individualismo meritocratico ossia la convinzione che
chi lo merita sarà premiato. Esistono 4 sistemi che suddividono la popolazione per qualità ascritte:
La società civile invece è l’ambito sociale identificato dai diversi gruppi di interesse che operano in modo
organizzativo al di fuori delle strutture governative nei settori politici ed economici ed in altri ambiti.
La tribù è un tipo di organizzazione politica più formale della banda. Comprende diverse bande o lignaggi.
La parentela è il fondamento che segna l’appartenenza ad una tribù, rispetto alla banda vi è un leader in
modo più formale, il capo deve essere un grande lavoratore, generoso e possedere buone qualità
individuai. È una responsabilità enorme in quanto lui ha il compito di risolvere tutti i conflitti interni ed
esterni ma non solo dovrà anche prendere decisioni fondamentali per la tribù (quando sarà opportuno il
trasferimento del bestiame, per la semina e la raccolta etc.).
Il big man o big woman è una via di mezzo tra le organizzazioni tribali e il chiefdom. È una forma di
organizzazione politica alla base della quale è vi si trova questa figura che è stato capace di assicurarsi il
consenso politico di tutta la comunità attraverso un sistema di redistribuzione fondato sui legami e su
sontuosi eventi festivi. Non eccede in ricchezza di molto rispetto ai suoi sostenitori ed ha legami con gli
abitanti di molti villaggi vicini. Ha tutte le stesse funzioni del capo tribù ma è assistito da un gruppo di altri
uomini che godono del rispetto dei suoi sostenitori (presso le tribù del monte Hagen in Papua Nuova
Guinea si diventa big man attraverso un processo chiamato moka che consiste in grandi eventi in cui
l’aspirante elargisce grandi quantità di beni). Tanto gli uomini quanto le donne possono aspirare a questa
carica.
Il chiefdom è una forma di organizzazione politica più tribù e villaggi uniti da un’alleanza permanente e con
un unico capo a cui è affidato il potere. Vantano una popolazione più numerosa sono più centralizzati e
socialmente stratificati. Il capo deve regolare la produzione e la redistribuzione dei beni, risolvere i conflitti
interni, pianificare e dirigere le incursioni e le spedizioni belliche. Per diventare chief è necessario
possedere doti ereditarie sia dimostrare qualità individuali.
Lo stato è un’entità politica centralizzata che riunisce numerose comunità, è dotata di una struttura
burocratica e di leader che dispongono di potere coercitivo. Gli stati hanno diversi poteri e responsabilità:
Le credenze e i simboli religiosi sono strettamente connessi ai poteri dello stato. Esistono dei simboli che
permettono di identificare i capi di stato come per esempio il fatto che vivano in case particolari o viaggino
in macchine come quelle dei comuni cittadini. La maggioranza degli stati è gerarchica e patriarcale ed
esclude le donne dalla vita politica. Per quanto riguarda invece il controllo sociale e l’ordine l’antropologia
definisce il primo come il processo attraverso il quale si mantiene una convivenza ordinata in seno ai gruppi
questi includono anche quelli informali (adozione di comportamenti corretti). Esistono due principali forme
di controllo: le norme e le leggi. La norma è uno standard condiviso di comportamento che si apprende
attraverso la socializzazione, le norme sono imposte in modo informale. La legge è una regola vincolante
prodotta dalla consuetudine ed è spesso la religione a legittimizzare la legge nonostante gli stati
sostengano che le loro leggi siano laiche mentre spesso sono basate sul sistema giudaico-cristiano.
Per quanto riguarda il controllo sociale bisogna distinguere tra piccole e grandi società. Nei piccoli gruppi
fortemente coesi solitamente si risolvono le dispute con la discussione o il combattimento oppure un
mezzo molto diffuso è l’esclusione dell’individuo e raramente la pena capitale oppure ci si affida a poteri
sovrannaturali convinti che possano funzionare come punizione. Nei sistemi statali tre sono i fattori
principali: la specializzazione dei ruoli, i processi e i tribunali formali, le forme di punizione imposte dal
potere. Una caratteristica dei sistemi di controllo sociale è che sono parecchio specializzati, l’attività di
polizia è una forma di controllo sociale che prevede attività di sorveglianza e minacci punizioni per
mantenere l’ordine sociale. Nelle società più arcaiche ciò che permette di stabilire se una persona sia
colpevole o meno è la prova dell’ordalia che sottopone le persone a prove spesso dolorose. L’antropologia
giuridica critica analizza il modo in cui la legge e le procedure legali contribuiscono a mantenere la
supremazia dei gruppi dominanti. Sono state documentate forma di discriminazione ai danni di minoranze
etniche, per andare contro queste tendenze gli antropologi stanno promuovendo la giustizia sociale un
concetto basato su giustizia ed equità sociale anche per i più svantaggiati. I conflitti possono invece
scaturite dalla rivendicazione di un gruppo etnico. I conflitti settari possono scaturire tra correnti e sette
della stessa religione e riguardano spesso i diritti e le risorse. La guerra invece può essere definita come un
conflitto aperto e dichiarato tra due entità politiche, questa definizione non include tutti gli scontri armati,
la definizione più giusta potrebbe essere conflitto organizzato che prevede l’aggressione di un gruppo
contro un altro e l’impiego della violenza letale. Le guerre sono cominciate con la comparsa delle società
sedentarie. Per quanto riguarda le strutture militari, dipendono dallo stato, più lo stato è ricco più l’esercito
è poderoso. Un nuovo tipo di guerre possono essere le guerre definite neocolonialiste come per esempio la
guerra in Iraq, sono guerre mascherate come guerre al terrorismo ma che in realtà riflettono gli interessi
degli stati. Un altro tipo di conflitto è il conflitto privato che vede un ente privato (multinazionale) contro un
popolo, ultimamente questi popoli vengono aiutati dagli antropologi che cercano di denunciare questi fatti
per difenderli. Secondo la definizione moderna la nazione è un insieme di persone che parla la stessa
lingua, condivide storia e cultura, insiste sullo stesso territorio e partecipa della medesima organizzazione
politica. Ovviamente sbagliata, gli antropologi si stanno accorgendo che questa definizione è sbagliata e
sviluppano il concetto di identità transnazionale. La democratizzazione invece è il processo di
trasformazione di un regime autoritario in una democrazia, questo implica anche un cambiamento
economico da un’economia pianificata al capitalismo di mercato. Il sapere antropologico in questi campi ha
un ruolo molto importante che è quello di cercare di mantenere la pace andando contro gli interessi degli
stati più potenti.
9.LA COMUNICAZIONE
La comunicazione consiste nell’emissione di messaggi dotati di significato, per gli esseri umani ciò avviene
attraverso il linguaggio. Il linguaggio umano è caratterizzato dalla produttività, nel senso che può generare
un numero infinito di espressioni comprensibili a partire da un insieme finito di regole. Il linguaggio umano
permette inoltre il distanziamento, ovvero la possibilità di riferirsi a questioni che riguardano il passato.
Possiamo analizzare il linguaggio umano nelle sue proprietà: suoni vocabolario e sintassi. I suoni a cui si
attribuiscono significati particolari sono detto fonemi, ogni lingua è dotata di un lessico. La semantica è lo
studio del significato di vocaboli, locuzioni e frasi, gli antropologi utilizzano anche l’etnosemantica, che
permette di capire come l’uomo definisca le cose. La sintassi consiste in modelli e regole di organizzazione
delle parole in frasi di modo che abbiano un senso logico. Molte forme di comunicazione inoltre non si
basano sull’espressione verbale, per esempio la lingua dei segni. Il silenzio paradossalmente è una forma di
comunicazione non verbale, in alcuni contesti è un segno distintivo del potere. Per esempio per gli apache
nordamericani il silenzio si usa: quando si incontra uno straniero, nelle prime fasi del corteggiamento,
quando genitore e figlio si rincontrano dopo un soggiorno in collegio, quando si viene insultati. La
comunicazione umana utilizza spesso il corpo per inviare e ricevere messaggi, tanto da avere un linguaggio
del corpo il quale varia da cultura a cultura.
L’antropologia dei media è lo studio transculturale della comunicazione attraverso sistemi elettronici,
l’antropologia critica dei media invece si occupa di comprendere quanto l’acceso ai media renda gli
individui più liberi o se piuttosto esercitino un controllo sulle persone.
Il rapporto tra linguaggio e cultura è stato sempre molto influenzato da due modelli teorici. Il primo è la
cosiddetta ipotesi Sapir-Whorf, una teoria secondo la quale la lingua che usiamo influenza fortemente il
modo in cui pensiamo (esempio della neve), la lingua rappresenta un mondo cognitivo, questo comporta il
determinismo linguistico una teoria secondo cui la lingua determina il nostro sviluppo cognitivo. Un
secondo approccio è quello della sociolinguistica che sottolinea l’influenza del contesto culturale e sociale
sulla struttura della lingua che gli individui adottano per comunicare e i suoi significati. Con discorso invece
si intende un uso culturalmente definito del linguaggio verbale che comprende diverse varietà di
espressioni orali, partecipazione e significato. L’analisi critica del discorso è un approccio dell’antropologia
linguistica che esamina i modi in cui il potere e la disuguaglianza sociale si riflettono nel linguaggio verbale e
si riproducono attraverso esso. In alcune società i registri linguistici inoltre riflettono le esistenti differenze
di genere, per esempio in Giappone (kogal e il linguaggio come forma di ribellione). In Indonesia invece
sono gli omosessuali ad avere un linguaggio tutto loro. Stesso discorso vale per la lingua afro-americana e
tutti i problemi che comporta negli USA. Le lingue sono in continuo cambiamento, nessuno sa quando sia
nato il linguaggio verbale, probabilmente le prime comunicazioni tra esseri umani furono espressioni
facciali. La linguistica storica è la scienza che studia la trasformazione linguistica nel corso della storia e si
basa su diverse metodologie specializzate. Questa scienza ha per esempio creato il concetto di famiglia
linguistica: un gruppo di lingue che discendono da un’unica lingua madre. Le prime testimonianze di
scrittura ci vengono invece dalla Mesopotamia, dall’Egitto e dalla Cina, tutti questi sistemi di scrittura
usavano i logogrammi. La nascita della scrittura è associata alla nascita dello stato (eccezione sono gli Inca e
il quipu). Originariamente la scrittura aveva solo funzioni cerimoniali oppurela funzione secolare di
registrare eventi e attività commerciali.
Il colonialismo ha avuto degli effetti sulla lingua. Per esempio ha dato luogo alla diffusione del bilinguismo,
ma non solo in quanto il colonialismo ha determinato la contaminazione e a volte addirittura la scomparsa
di alcune lingue. Una forma linguistica nata in seguito al colonialismo sono tutte le lingue pidgin, cioè quelle
lingue che fondono due lingue madri (esempio: creolo). L politiche nazionalistiche invece hanno causato la
perdita dei vari dialetti locali e l’estinzione di molte lingue indigene sia con azioni dirette che indirette. Il
96% della popolazione mondiale parla il 4% delle lingue esistenti, le lingue che i stanno ampiamente
diffondendo sono dette lingue globali. Molte lingue come già detto in precedenza si stanno invece
perdendo, un modo per non perderle potrebbe essere quello di documentarle e spesso si accompagna
questo ad una attività di rivitalizzazione delle lingue. Gli studiosi hanno identificato 4 fasi del declino delle
lingue:
La sostituzione o decadenza: testimoniata dal fatto che il vocabolario sia sempre più ristretto
Si parla di lingua a rischio quando meno di 10.000 persona la parlano
Prossima all’estinzione quando solo pochi anziani la parlano
L’estinzione avviene quando nessuno più la parla
12.POPOLI IN MOVIMENTO