Sei sulla pagina 1di 26

Storia del pensiero

antropologico
Che cos’è l’antropologia
L’antropologia studia
l’essere umano dal punto
di vista culturale, studia le
idee e i comportamenti
caratteristici degli esseri
umani che vivono in società
lontane tra loro nello spazio
e diverse per tradizioni,
costumi e stili di vita.

Storia del pensiero antropologico > Che cos’è l’antropologia


La nascita dell’antropologia
Già lo storico greco Erodoto (VI sec.
a.C.) descrive la vita dei popoli incontrati
nei suoi viaggi in Africa e in Asia. Nel
Quattrocento e Cinquecento le grandi
scoperte geografiche accentuano la
curiosità per i nuovi popoli. Con
l’espansione del colonialismo questo
interesse aumenta, ma è solo
nell’Illuminismo che si elabora una
teoria sull’unita del genere umano e si
Erodoto di Alicarnasso (484-425 a.C.)
comincia a riflettere sulle nozioni di
sviluppo storico e trasformazione delle
società e delle culture.

Storia del pensiero antropologico > La nascita dell’antropologia


Il metodo di ricerca 1
Da più di un secolo gli antropologi si recano personalmente
presso i popoli che vogliono studiare cercando un contatto
diretto: il loro metodo prende il nome di ricerca sul campo,
o etnografia. Raccolgono dati, storie, miti, aneddoti,
proverbi; prendono nota delle norme e delle consuetudini.

Claude Lévi-Strauss nella foresta


amazzonica, in Brasile, nel 1936

Storia del pensiero antropologico > Il metodo di ricerca 1


Il metodo di ricerca 2

L’antropologo Bronislaw Malinowski nelle


isole Trobriand

Come la psicologia e la sociologia, la ricerca antropologica


utilizza il metodo dell’intervista, della compilazione di tabelle
e questionari, di registrazioni audiovisive, della campionatura
e altro ancora. Ma ciò che caratterizza il metodo della ricerca
etnografica è l’osservazione partecipante, cioè la
condivisione di esperienze: lo studioso impara a vedere il
mondo dal punto di vista delle persone studiate.
Storia del pensiero antropologico > Il metodo di ricerca 2
I modelli culturali
Quando nasce l’essere umano deve
imparare a far fronte alle necessità
basilari per sopravvivere e deve
scegliere tra modi diversi di farlo.
Questa scelta dipende da ciò che il
gruppo in viene educato gli insegna.
La cultura è un complesso di idee e
di comportamenti organizzati in
modelli condivisi dal gruppo. La
cultura presenta una tendenza
all’organizzazione interna, e questa
organizzazione si attua attraverso
modelli culturali.

Storia del pensiero antropologico > I modelli culturali


La trasformazione delle culture
I modelli culturali sono in tensione
continua con altri modelli e si
modificano da una generazione
all’altra. La selezione culturale si
esercita sia per accogliere elementi
culturali compatibili con i modelli in
vigore, sia per bloccare l’intrusione
di modelli incompatibili. Esistono
culture più aperte di altre nei
confronti delle novità e più pronte
ad assorbire modelli provenienti da
culture diverse (acculturazione).

Storia del pensiero antropologico > La trasformazione delle culture


La condivisione dei modelli
Per essere efficaci i modelli
culturali devono essere
condivisi: devono poter essere
riconosciuti come parte di un
sistema di segni comune: ad
esempio, per indicare il numero
tre ad un abitante dell’Asia
centro-meridionale bisogna
mostrare indice, medio e
anulare della mano

Storia del pensiero antropologico > La condivisione dei modelli


Istinto e cultura
Gli esseri umani hanno bisogno dei modelli culturali nel loro
agire pratico. Perfino riposarsi significa adoperare un giaciglio
fatto in un certo modo: la cultura è preponderante rispetto
all’istinto, che è comunque presente. Viceversa, se per gli
animali è l’istinto a essere preponderante, tuttavia esistono
esempi di culture animali.

Macachi giapponesi

Storia del pensiero antropologico > Istinto e cultura


La nozione di “habitus”
La maniera in cui siamo
predisposti ad affrontare il mondo
deriva dall’introiezione di modelli
ai quali Pierre Bordieu (1925-
2002) ha dato il nome di habitus.
L’habitus è un sistema che tende
a farci agire e pensare
istintivamente in un modo
piuttosto che in un altro; cambia a
seconda dei modelli culturali, ma
anche in relazione al posto che
un individuo occupa all’interno di
una comunità.

Storia del pensiero antropologico > La nozione di “habitus”


L’identità culturale
Le culture non hanno confini
netti, hanno però nuclei forti
(comportamenti, idee ecc.) che
le distinguono da alcune e le
assimilano ad altre. Il problema
del confine di una cultura è
strettamente connesso con
quello dell’identità.

Storia del pensiero antropologico > L’identità culturale


Edward B. Tylor
Edward B. Tylor formula nel suo
libro Cultura primitiva (1871) la
prima definizione antropologica
di cultura. Essa da un lato indica
qualcosa di fortemente
connaturato a una comunità
particolare, dall’altro è una
caratteristica universalmente
umana consistente nel saper
usare strumenti, credere in Edward B. Tylor (1832-1917)

spiriti invisibili, avere un


linguaggio e conoscenze.

Storia del pensiero antropologico > Edward B. Tylor


James G. Frazer
Con il positivismo, Secondo James G. Frazer, autore
corrente che esalta il ruolo della celebre opera Il ramo d’oro
della scienza, si affermò (1890), gradualmente l’umanità si
anche l’antropologia sarebbe sollevata dalla magia,
evoluzionista che alla religione, alla scienza.
riteneva cha la cultura
umana si fosse sviluppata
da forme più semplici a
forme più complesse: per
questa visione i “primitivi”
contemporanei
rappresentavano residui
degli stadi più antichi dello
sviluppo culturale.
James G. Frazer (1854-1941)

Storia del pensiero antropologico > James G. Frazer


Franz Boas
Negli Stati Uniti, Franz Boas criticò
l’evoluzionismo culturale. Boas si fa
sostenitore del particolarismo
storico secondo il quale la storia
della cultura non può essere
trattata “in generale” come
facevano gli evoluzionisti, ma
bisogna studiare ogni cultura nella
sua specificità. Boas studia gli
Inuit e i Kwaktutl, popolazione della
Franz Boas (1858-1942)
costa Nord Ovest degli Stati Uniti.

Storia del pensiero antropologico > Franz Boas


Alfred Kroeber
Alfred Kroeber è il primo allievo di
Boas. Grande specialista dei nativi
americani, studia i sistemi di
parentela e, a differenza di Boas,
distingue l’antropologia dalla biologia
e dalla psicologia. Autore de Il
superorganico (1917), definisce la
cultura un fatto collettivo costituito
da comportamenti e idee che
cambiano a seconda delle società e Alfred Kroeber (1876-1960)

delle epoche.

Storia del pensiero antropologico > Alfred Kroeber


Ruth Benedict
Altra allieva di Boas, Ruth Benedict,
autrice di Modelli di cultura (1934),
elimina dal concetto di cultura tutto
ciò che non è “simbolico”: esclude il
riferimento alle arti, le tecniche,
l’economia ecc., e fa rientrare
soltanto il modo di esprimere il
pensiero. La diversa
interconnessione di tali simboli in
una cultura (configurazionismo)
dà a una cultura un carattere
Ruth Benedict (1887-1948)
specifico distinguendola dalle altre.

Storia del pensiero antropologico > Ruth Benedict


Margaret Mead
Allieva di Boas Margaret Mead si
concentra sui popoli del Pacifico.
Giovanissima, nel 1928 pubblica il
famoso L’adolescenza in Samoa.
Mead cerca di mostrare, studiando
l’educazione sessuale dei giovani
Samoani, che il modello tipico della
loro cultura non fa dell’adolescenza
un’età difficile e problematica né per
i ragazzi né per i genitori, facendo Margaret Mead (1901-1978)

un uso politico del modello samoano


contro i tabù sessuali della società
americana del tempo.

Storia del pensiero antropologico > Margaret Mead


Bronislaw Malinowski
Bronislaw Malinowski è uno dei più celebri
antropologi del Novecento. Nelle ricerche
nelle isole Trobriand adottò un nuovo
metodo di ricerca: trascorrere più tempo
possibile con gli indigeni seguendoli nelle
loro attività e cercando di afferrarne il punto
di vista. I suoi libri più importanti sono
Argonauti del Pacifico occidentale (1922) e
Teoria scientifica della cultura, (1944,
postumo), nel quale definisce la cultura come
Bronislaw Malinowski (1884-1942)
“tutto integrale”: le istituzioni politiche, il
diritto, i miti, i riti, l’economia ecc. non sono
aspetti a sé stanti, ma insieme contribuiscono
al “funzionamento” della società.

Storia del pensiero antropologico > Bronislaw Malinowski


Alfred R. Radcliffe-Brown
Alfred R. Radcliffe-Brown non usa mai la
parola cultura, ma preferisce parlare di
struttura sociale, intendendo il
complesso di relazioni che legano
individui e gruppi all’interno di una
comunità. Ci si riferisce così a fenomeni
osservabili quali comportamenti e
regole. Questi comportamenti vanno visti
in relazione ai rapporti di parentela, Alfred R. Radcliffe-Brown (1881-1955)

potere, autorità ecc., che connettono tra


loro i membri di una società. Le società
sono per lui funzionalmente strutturate:
ogni attività sociale porta un contributo
alla esistenza di una struttura sociale.

Storia del pensiero antropologico > Alfred R. Radcliffe-Brown


Émile Durkheim
Émile Durkheim oltre che sulla sociologia, ha
avuto grande influenza anche
sull’antropologia: al riguardo il suo libro più
importante è Le forme elementari della vita
religiosa. Egli ritiene, sbagliando, che il
totemismo è la forma più semplice di
religione. Attraverso il totem, ritenuto il
rappresentante dell’antenato del gruppo, si
rende un tributo a tutta la comunità, in
qualche modo divinizzata (sociolatria). Le
società si dividono, secondo Durkheim, in due Émile Durkheim (1858-1917)

categorie fondamentali e opposte, tra le quali


vi è un’infinita gamma di sfumature: società a
solidarietà “meccanica”, e società a
solidarietà “organica”.
Storia del pensiero antropologico > Émile Durkheim
Marcel Mauss
Marcel Mauss introduce il concetto
di fatti sociali totali indicando
qualcosa che coinvolge tutti gli
aspetti della vita di una comunità.
Nel suo celebre lavoro Saggio sul
dono (1923) analizza il dono come
fatto sociale totale. Gli aspetti del
dare, ricevere, ricambiare sono alla Marcel Mauss (1872-1950)

base del principio della


reciprocità. L’opera di Mauss
ebbe un’infl uenza enorme tra i
suoi allievi, specialmente su
Claude Lévi-Strauss.

Storia del pensiero antropologico > Marcel Mauss


Claude Lévi-Strauss
Claude Lévi-Strauss ha contribuito con
Tristi tropici (1955) a far conoscere
l’antropologia al grande pubblico. Ha
applicato i principi della linguistica
strutturale, che intende la lingua come
un sistema di segni, agli elementi della
Claude Lévi-Strauss (1908-2009)
cultura. Come la lingua, una cultura si
compone di un numero limitato di
elementi che danno luogo a un numero
alto ma sempre finito di combinazioni.
Fondendo queste idee con il principio di
reciprocità di Mauss, Lévi-Strauss
affronta lo studio dei sistemi di parentela.

Storia del pensiero antropologico > Claude Lévi-Strauss


Herbert R. Hoggart
Herbert R. Hoggart (1918) ha introdotto
l’espressione studi culturali (Cultural
Studies) intendendo con cultura ciò che i
gruppi particolare dicono di se stessi e ciò
che gli altri dicono di loro: la cultura si
configura così come discorsi che si
incontrano o scontrano in uno spazio,
quello sociale, dove ciascuno cerca di
imporre il proprio punto di vista.
L’idea di cultura come incontro-scontro viene
Antonio Gramsci
ripresa dal filosofo e politico italiano Antonio
(1891-1937) Gramsci (1891-1937) con il suo concetto di
egemonia e di subalternità tra gruppi sociali.

Storia del pensiero antropologico > Herbert R. Hoggart


Clifford Geertz
Altro allievo di Boas, Clifford Geertz
(1926-2006), studioso dell’Indonesia e del
Marocco, utilizza il concetto di circolo
ermeneutico (interpretativo) per indicare
il lavoro di interpretazione-traduzione in
cui consiste il compito dell’antropologia,
per cui la cultura viene intesa come
processo comunicativo. La cultura è
dunque un insieme di simboli che Clifford Geertz (1926-2006)

prendono vita nello scambio comunicativo


che avviene secondo modelli appresi. I
simboli mutano nel tempo per effetto
dell’incontro con simboli provenienti da
altre culture (mutamento culturale).
Storia del pensiero antropologico > Clifford Geertz
Arjun Appadurai
Nell’antropologia contemporanea, a partire
dagli anni Ottanta, si supera il concetto di
cultura intesa come insieme di tratti distinguibili
chiaramente. La realtà è molto più fluida con
differenze meno nette. Tale posizione è stata
sostenuta dall’antropologo statunitense di
origine indiana Arjun Appadurai, secondo il
quale sarebbe opportuno abbandonare il Arjun Appadurai (1949)
termine cultura e mantenere l’aggettivo
“culturale”. Allo scopo di individuare gli aspetti
del mondo contemporaneo su cui è possibile
condurre un’analisi “culturale”, Appadurai ha
coniato espressioni, come etno-rama, medio-
rama e ideo-rama.

Storia del pensiero antropologico > Arjun Appadurai


Marc Augé
Nella stessa prospettiva si pone
l’antropologo francese Marc Augé
che ha introdotto il termine di
surmodernità intendendo una
modernità “in eccesso” dovuta a tre
fenomeni: accelerazione della storia,
restringimento dello spazio,
individualizzazione dei destini. Nella
prospettiva di Augé l’antropologia si
Marc Augé (1935)
presenta come una chiave di
interpretazione del
nostro mondo contemporaneo
attraverso l’esperienza degli altri.

Storia del pensiero antropologico > Marc Augé

Potrebbero piacerti anche