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Appunti Antropologia – Dal Tribale al Globale Prima e Seconda Parte

l’antropologia: (antropos più logos : discorso, ragionamento, sull’uomo) <- uomo: specie animale incredibilmente
differenziata, unita da una comune matrice biologica e psichica, immerso in un ambiente fisico, biotico, sociale ->
strategie adattative -> deve nutrirsi, scaldarsi, riprodursi. Diverso dagli animali: stazione eretta, coordinamento tra
occhio e mani, presa di precisione, potenzialità offerte dal cervello-> dimensione simbolica (Attribuire significati alle
cose di cui fanno esperienza e agire come se questi significati fossero reali-> prospettiva socio-costruttivista

 strumento indispensabile per comprendere il mondo attuale.


 l’eredità del mondo = sapere profondamente radicato nell’esperienza umana.
 cammino che ha consentito di affrontare un “discorso sull’uomo” da un punto di vista “policentrico”,
discorso che parla degli altri.
 sapere della differenza (Sapere: nata in Occidente , si è sviluppata secondo le modalità che costituiscono la
conoscenza entro la tradizione scientifica e accademica occidentale, carattere profondamente storico)
 studio e la comprensione teorico-pratica della diversità, sviluppare una concezione integrata dell’uomo, a
partire dalle analisi etnografiche (pratiche) delle sue espressioni culturali.
 raggiungere una comprensione di fatti che sono apparsi nel passato incomprensibili al nostro sguardo perché
sono diversi rispetto a quelli che ci sono familiari e che ci appaiono, invece, naturali.
 nasce in Europa nell’Ottocento e si caratterizza come studio dei popoli primitivi, selvaggi, tribali.
 impresa conoscitiva connotabile attraverso la tensione verso la differenza
 sua proiezione empirica- l’etnografia

sotto le forme di comunicazione mediatica e digitale, dietro le immagini e le parole che usiamo quotidianamente si
muovono strutture di significato che sono il prodotto di storie plurisecolari di incontri, intrecci, selezioni e fusioni.

In questa realtà, nella quale le esperienze culturali sembrano appiattirsi sullo sfondo omogeneizzante delle logiche di
mercato, di consumo, di produzione materiale e simbolica, l’analisi delle culture svela le profonde differenze che
caratterizzano la vita all’interno del “villaggio planetario”: un teatro di divergenze, di interpretazioni diverse da quello
che possono o devono essere la vita, la morale, la politica e l’ idea di ciò che ci attende dopo la morte.

Clyde Kluckhohn: Lo studio dei primitivi ci mette in grado di vedere meglio noi stessi. Noi vediamo la vita con lenti
particolari e non ce ne rendiamo conto. L’antropologia pone all’uomo un grande specchio che gli permette di
osservarsi nella sua molteplice varietà.

Sullo sfondo dell’antropologia del Novecento si delineano due intenti:

 studiare le altre culture, documentarle, per salvaguardare le differenze culturali dal rischio di un massiccio
processo di omogeneizzazione culturale mondiale -> l’intento descrittivo è stato realizzato, tutti i popoli della
Terra sono collocati spazialmente e conosciuti grazie all’urgenza della salvaguardia, tuttavia la categoria
dell’omogeneizzazione culturale utilizzata per definire il pericolo contro il quale si è attivata l’antropologia si
sia rivelata piuttosto riduttiva perché le culture sono sottoposte oggi alle profonde riformulazioni provocate
dalla globalizzazione. Contesto teorico ed etnografico contrassegnato dal “olismo localizzato”: idea della
cultura come una totalità integrata ma circoscritta in un luogo, premessa di istituzioni e processi sociali
improntati alla ripetizione e alla riproduzione del medesimo assetto sociale oggettivo e delle medesime
soggettività. L’idea che i processi globali siano una minaccia per le identità culturali nasce da una concezione
inadeguata del concetto di cultura.
 attraverso lo studio delle altre società, farsi critica culturale della stessa società occidentale

Fino a qualche anno fa il mondo contemporaneo era diviso in tre parti:


 il Primo Mondo(quello dell’economia capitalistica, naturale e razionale, oggetto di studio di discipline
“nobili”, come l’economia, la sociologia, la storia);
 il Secondo Mondo (quello dei paesi socialisti (oggi ex), in cui il peso dell’ideologia e dell’autoritarismo
riducevano nettamente l’efficienza, impedendone il pieno e razionale sviluppo);
 il Terzo Mondo (quello dei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, regno dell’irrazionalità, schiacciato da
tradizioni primitive e assurde, arretrato e marginale, e per questo campo di analisi privilegiato di una
disciplina “residuale” come l’antropologia culturale e sociale.) Il Terzo Mondo è stato dunque il campo di
applicazione quasi esclusivo del concetto di cultura in senso antropologico, mediante cui l’antropologia ha
inteso analizzare tradizioni e costumi locali e marginali.

tale collocazione dell’antropologia, tuttavia, oggi non più tanto valida perché il panorama mondiale è molto cambiato.
A partire da un certo momento in poi è emersa la questione se l’antropologia fosse destinata a scomparire con
l’approssimarsi della scomparsa delle popolazioni di cui si era fino a quel punto occupata (i popoli primitivi, o tribali,
del Terzo Mondo appunto) : preoccupazione infondata, le popolazioni in questione – l’oggetto etnografico classico–
non sono scomparse, pur essendosi profondamente trasformate. Ha comunque indotto gli antropologi a ripensare la
loro attività di ricerca.

A lungo gli antropologi hanno pensato che le società di cui si occupavano fossero prive di storia, incapaci di elaborare
una qualsivoglia dimensione temporale, immerse in una concezione mitica dell’esistenza, scandita dalla ritualità del
presente attraverso il fondamento mitologico destorificante. Ciò probabilmente a causa della cecità del modello
continuista (così diffuso nell’antropologia del Novecento); ed è più che un sospetto l’idea secondo cui l’antropologia
(sguardo della modernità sull’alterità) sia stata per nulla interessata e attrezzata a cogliere nelle società che essa ha
studiato i mutamenti divergenti rispetto a quelli imposti o sollecitati dalla colonizzazione occidentale e dalla cosiddetta
modernizzazione.

Ricerca antropologica della prima metà del Novecento: importante momento di apertura concettuale nei confronti dei
“rimasugli della storia”. Riconoscimento della “molteplicità delle culture -> premessa indispensabile per il
riconoscimento successivo della pluralità di direzioni che attraverso le loro scelte particolari gli uomini e le società
possono imprimere alla storia, dando luogo, in ambiti geografici distinti o in epoche diverse, a costruzioni sociali e
culturali tra loro differenziate (Lévi-Strauss).
Antropologia del noi: Anche noi (civili, moderni, razionali ecc.) abbiamo costruito una cultura al pari degli altri
(barbari, primitivi, irrazionali ecc.), anche la nostra cultura è il frutto di scelte particolari, storiche e non naturali,
proprio come quella di tutti gli altri, noi siamo risultato di processi particolarissimi, quindi relativi, che possono
apparire superiori se e solo se si assuma come criterio di riferimento nel confronto con gli esiti degli altri un criterio
culturale (la tecnologia, per esempio), dunque storico, dunque relativo.

Ugo Fabietti: l’identità – di cui la cultura è il principio basilare – è il frutto di una “rimozione della storia”.
Tutte le culture si danno delle istituzioni la cui funzione è quella di assorbire il flusso storico, e di compensare l’azione
di altre istituzioni tese in direzione del cambiamento.

società e le culture, seppure immerse nella storia, sono nel tentativo di apparire immobili

Tylor: La cultura o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la
conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita
dall’uomo in quanto membro di una società.-> punto di riferimento classico dell’antropologia culturale,
Punto di riferimento cronologico, perché il 1871 è la data di nascita della disciplina;
punto di riferimento logico, perché quella definizione si offre a precisazioni, riformulazioni,
ampliamenti o restringimenti. Matrice dello sviluppo dell’antropologia nel nuovo secolo.
Punto di vista storico-evolutivo-> Viene negata la possibilità di riportare tutte le culture a uno schema unico e
universalmente valido di sviluppo culturale e di determinarne le fasi secondo leggi uniformi per ciascuna.
Insieme complesso: mescolare, Usi e costumi sono mescolati alla conoscenza, all’arte, alla morale -> non sono
trasmessi geneticamente ma acquisiti socialmente -> supera la separazione in classi, accomuna tutte le società umane
(così come tutti i livelli interni a una società). Cultura: caratteristica dell’uomo sociale in quanto tale. Patrimonio
umanità
Definizioni successive -> cercano di individuare i contenuti che costituiscono l’ambito oggettivo della cultura
-> affermano esplicitamente il carattere di acquisizione sociale della cultura.

Franz Boas e Bronislaw Malinowski, fondatori delle due maggiori scuole antropologiche del Novecento,
respingono il punto di vista storico-evolutivo di Tylor.-> Viene negata la possibilità di riportare tutte le culture a uno
schema unico e universalmente valido di sviluppo culturale e di determinarne le fasi secondo leggi uniformi per
ciascuna. Rispetto a Tylor, che parla di cultura al singolare, come patrimonio di tutta l’umanità, il concetto si è esteso
in un concetto collettivo, che indica una molteplicità di culture diverse e indipendenti.
Boas: afferma la necessità di studiare le culture nel loro particolare contesto storico, evitando parallelismi fittizi e
privi di fondamento.
Malinowski: ogni cultura è un sistema chiuso, un complesso di elementi legati fra loro da relazioni funzionali.

Oggetto dell’antropologia diventa quindi la singola cultura. Essa esiste nella sua individualità empiricamente
osservabile in quanto circoscritta nello spazio (in un luogo) e portata da un singolo gruppo (popolo, collettività, tribù).
Avvio della fase delle grandi imprese etnografiche tese a ricostruire la cultura di un popolo, sulla base del
principio dell’osservazione partecipante

Roy Wagner: L’antropologia è lo studio dell’uomo come se vi fosse la cultura. È stata creata dall’invenzione della
cultura, sia in senso generale, come concetto, sia in senso specifico, attraverso l’invenzione di particolari culture. Le
culture esistono per il fatto di essere state inventate e perché questa invenzione è efficace.
Logica della continuità: noi siamo gli altri alla massima potenza, gli altri sono dei noi in tono minore. Tentativo di
costruire delle classificazioni cronologiche dell’umanità, scia dei tentativi dell’illuminismo francese di scansione
cronologica dell’umanità secondo i tre stadi (selvaggio - barbarie - civiltà), gli antropologi evoluzionisti (Morgan e
Tylor, per esempio) riprendono e perfezionano (innestandoli entro una matrice positivista) i tentativi in questa
direzione. (seconda metà dell’Ottocento)

Primi decenni del Novecento: logica opposta: quella della discontinuità-> deriva da Il riconoscimento della
molteplicità culturale, le teorie del relativismo culturale, il concetto di cultura come “oggetto”, l’urgenza della
salvaguardia culturale di mondi, collezione di culture (James Clifford) -> rafforzamento dell’immagine di un pianeta
frazionato in tante culture distinte, ciascuna portata da un popolo (nel tempo) e localizzata nello spazio, metafora del
mosaico.
l’antropologia del Novecento è responsabile della creazione delle “culture” portate dai popoli: tanti tasselli di un
mosaico, una creazione di cui oggi si sono appropriati molti, per difenderle, recintarle, esaltarne l’intreccio. Tutto ciò
proprio quando invece gli antropologi se ne vorrebbero sbarazzare, perché si sono accorti che l’etnografia ha studiato
le culture ma non ha fatto luce sul processo culturale.

Culture: non sono “frutti puri”, sono mescolate, contaminate l’una con l’altra, ibride (tuttavia, all’osservazione
empirica, ciò che risalta è la distinzione, la differenziazione di culture e di etnie), relazione e costruzione sociale,
insieme di processi mutevoli, dinamici, instabili, come l’identità

Etnia: prodotto di una classificazione. Si configura come l’esito di un’operazione analitica e terminologica che serve a
identificare e classificare gli individui e i gruppi all’interno di uno spazio sociale e di un tempo storico in continuo
mutamento e movimento. Questa operazione si è svolta secondo una logica di cui è espressione l’idea delle frontiere
semantiche fra culture come linee di separazione naturali e permanenti, una posizione utile a etnicizzare gli altri (sia
esterni sia interni alla propria società) e a perpetuare la logica della differenziazione-inferiorizzazione, nonostante il
presupposto universalista alla base della riflessione antropologica.

Immanuel Kant: l’intelletto è una funzione operativa, è creatore di categorie e concetti; mentre la ragione è una
funzione regolativa, ha il compito di “controllare” l’intelletto affinché non costruisca oggetti falsi e illusori.

Le teorie antropologiche devono conciliare il presupposto universalista (gli uomini sono tutti uguali), oppure dell’unità
fondamentale del genere umano, con le differenze (innegabili) sociali e culturali. Ci sono tre possibilità: l’universalismo
evoluzionista (le differenze scompariranno grazie allo sviluppo evolutivo); l’universalismo relativista (le differenze ci
sono e devono rimanere – si tratta di un patrimonio dell’umanità che va protetto – per di più, sono differenze tra
uguali); l’universalismo gerarchico (le differenze ci sono, sono reali, e per questo alcune società sono “più uguali” di
altre).

Strategie adattive essere umano: si basano su tre elementi portanti: la tecnologia, l’organizzazione sociale, le credenze
religiose e i valori, tutti frutti dell’intelligenza umana -> scambio di informazioni-> linguaggio-> frutto più importante
dell’intelligenza

XIX secolo: scoperte geografiche, maturarono le condizioni necessarie per pensare i tratti esclusivi della specie umana
nell’ambito di un progetto conoscitivo: una scienza generale dell’uomo, tesa alla scoperta delle leggi generali
dell’evoluzione culturale e sociale -> l’Inghilterra, all’apice -> visibili molteplici disuguaglianze sociali e culturali->
stacco netto altre nazioni e in particolare di tutti i cosiddetti popoli selvaggi, popoli primitivi come analogia vivente del
passato (seconda metà dell’Ottocento) -> antropologia: nata entro il guscio dell’evoluzionismo vittoriano-> progetto
scientifico e conoscitivo globale, scoprire le leggi che regolano l’evoluzione culturale, comuni a tutti i popoli della
terra. Vocazione globale-> breve durata-> primi decenni novecento-> disciplina intesa come una pratica di ricerca
intensiva e specifica -> ridimensiona la tendenza degli evoluzionisti a formulare asserzioni di portata universale
sull’uomo, porta a un elevatissimo livello di contestualizzazione delle ricerche e del sapere antropologici ->
ridimensiona la portata del metodo comparativo-> soggetto diventa singola cultura nella sua individualità
empiricamente osservabile. Durante il colonialismo le culture sono apparse come “arcaiche”, immobili, in una sorta di
equilibrio e in grado di assorbire le tensioni e le spinte al cambiamento o destinate a spezzarsi (Tristi tropici, 1955,
Claude Lévi-Strauss esprime il suo disprezzo per la cultura occidentale che si diffonde e devasta altri mondi culturali
attraverso la metafora della “sozzura” gettata sul volto dell’umanità)

Radcliffe-Brown: l’oggetto dell’antropologo dovesse essere la società, concretamente osservabile, e non la cultura,
un’astrazione derivata da quella, pur ritenendo valido l’approccio olistico dell’antropologia: ogni parte contribuisce al
funzionamento del tutto, come in un organismo.

(Ruth Benedict Modelli di cultura), Lévi-Strauss, idea delle culture, al plurale, come un “tutto integrato” (secondo la
metafora dell’organismo) culture, reti di significati costruite dai loro stessi membri attraverso l’azione non si possono
studiare adottando una prospettiva “esterna”, ma vanno comprese dall’interno, nella prima parte della ricerca, nella
seconda -> far ricorso a nozioni o prospettive esterne, per allargare la nostra visione

Cultura: “un complesso integrato di configurazioni di pensiero e di comportamento, trasmesso e condiviso


socialmente”. Tutti hanno una cultura. Essa non erige barriere psichiche fra gli appartenenti a una stessa specie ma,
piuttosto, è il luogo in cui gli individui vanno incontro contemporaneamente a un processo particolaristico di
“culturalizzazione” e a uno universalistico di “umanizzazione”: nel diventare membri di una cultura specifica,
diventano anche “esseri umani”. In ogni società esiste una certa concezione dell’umanità e di conseguenza anche di
ciò che tale non è e rientra quindi in quel contenitore generico etichettato con l’espressione “alterità”-> la differenza
in quanto tale fa scattare la reazione etnocentrica (i piccoli elementi di contrasto sono spesso i più visibili).
Etnocentrismo: tratto comune a tutte le società umane, atteggiamento che porta a giudicare i modi di comportarsi, le
credenze e le idee sul mondo, il sapere degli altri nei termini dei propri valori e della propria tradizione culturale. è il
principale fattore che blocca la comprensione degli altri.
Processo di Inculturazione: Dura per tutta la vita. Da piccoli si impara il “modo giusto” di agire e pensare, i valori della
propria cultura sono continuamente sottolineati. L’ignoranza delle differenze porta ad atteggiamenti di prevaricazione,
ma l’attaccamento ai propri valori può essere creativo, favorire la dinamica dei processi culturali, ostacolare
l’omologazione culturale -> diversità culturali = patrimonio da preservare ma anche un ostacolo alla reciproca
comprensione delle persone
risultato sempre provvisorio e indefinito di processi storici di scambio, di contatto, di ibridazione e mescolanza

Metà del Novecento-> avvio dei processi di decolonizzazione, dopo la seconda guerra mondiale -> antropologi
iniziarono a studiare il conflitto, tensioni costanti, equilibri precari-> idea di culture e società in movimento che
cambiano -> centro dell’attenzione teorica ed empirica le trasformazioni. I frutti puri impazziscono di James Clifford,
“sozzura” levistraussiana rielaborata come un “fertilizzante” in grado di stimolare creatività e nuovi ordini di
differenza, modi del cambiamento culturale, fattore sempre all’opera in tutti i contesti sociali e culturali, si articolano
secondo una dialettica costante fra il peso della tradizione e le spinte della modernità, si può individuare una forte
influenza del pensiero di Marx, specie nel tentativo di mettere a fuoco concettualmente processi sociali e culturali in
cui l’incoerenza, la contraddizione, il conflitto, la frammentazione sono caratterizzanti.
Arjun Appadurai : il mutamento (anche minimo) è una componente intrinseca di qualsiasi raggruppamento sociale e
di qualsiasi complesso culturale.
Marshall Sahlins: Isole di storia, studi su dei popoli del Pacifico (delle Hawaii, Fiji, Nuova Zelanda)-> sottolineare come
quelle isole abbiano le loro storie che si intrecciano con la storia europea
Edmund Leach, 1954, Sistemi politici birmani, kachin della Birmania -> primo studio antropologico condotto in aree
caratterizzate dalla presenza di società complesse, stratificate, alfabetizzate, economicamente articolate, dotate di
un’organizzazione politica centrale. “costretto” a fare un passo avanti decisivo verso l’affermazione dell’idea che la
cultura è l’esito di complessi processi di produzione, circolazione, interpretazione delle risorse simboliche.

Antropologia funzionalista. Malinowskiana: mancavano gli strumenti concettuali per concepire e cogliere la dinamica
contraddittoria dei processi sociali e quindi per avviare una riflessione sulle condizioni e sui meccanismi del
cambiamento sociale e culturale-> trovati, dagli antropologi della generazione successiva, nel pensiero di Marx

Van Gennep: interpreta i riti come processi di produzione della località


Malinowski: scambio kula (trobriandesi); fra l’antropologo e il popolo studiato si crea una sorta di relazione di
“possesso”, Boas: potlach (kwakiutl); Radcliffe-Brown : teoria della discendenza; Lévi-Strauss: teoria dell’alleanza;
Evans-Pritchard : principio di segmentazione (i nuer); Raimond Firth : i tikopia; Maurice Leenhardt : i dinka; Marcel
Griaule : i dogon; Gregory Bateson : gli iatmul

In questo quadro si inserisce anche la concezione dell’antropologia come una disciplina emersa sulla scia della
dominazione coloniale, emerge carattere artificiale delle distanze poste fra le società “complesse” e le società
“semplici”, la consapevolezza della contemporaneità come situazione comune sia alla società da cui proviene
l’antropologo sia alla società studiata

Dell Hymes, non è una ragione sufficiente per studiare un’altra cultura il semplice fatto che è “altra, a livello morale e
politico debbono esservi buone ragioni -> ormai le persone di cui gli antropologi si interessano sono diventate
“cittadini” dei loro stati, l’antropologia non può più considerarsi lo studio di “isole esotiche”, è costretta a riconoscere
di aver studiato prevalentemente società e culture non autonome e indipendenti politicamente ma dominate.

Max Gluckman: fondatore scuola di Manchester, invertì la tendenza “astorica” del funzionalismo, studiò il tema
del conflitto sociale all’interno delle società africane e le situazioni inedite prodotte dal colonialismo in quelle
società, mise in luce che le società “,tradizionali” e le società “dei bianchi” sono legate da moltissimi rapporti

Victor Turner, esponente della scuola di Manchester, ricerche presso la popolazione ndembu della Rodesia del
Nord, attuale Zambia, pose al centro della sua attenzione l’azione individuale, l’analisi delle scelte e delle strategie
secondo cui i singoli individui si comportano nel corso di un conflitto, interesse nel simbolismo nel rituale, (La foresta
dei simboli (1967) e Il processo rituale (1969))

George Balandier. colloca gli oggetti dell’antropologia, pur sempre locali, nel quadro di una «situazione coloniale»,
Delineando la «situazione coloniale intende portare in primo piano i molteplici legami tra le società tradizionali e la
società occidentale che le prospettive precedenti avevano negato o occultato forse proprio per sancire quella distanza
che è stata la condizione per la scientificità della disciplina. Espressione questa di un’attitudine intellettuale
tipicamente etnocentrica. L’Africa che emerge dai lavori di Balandier è un’Africa piena di conflitti, un’Africa dinamica
in cui gli africani elaboravano le strategie per sopravvivere alle crisi in cui versavano e costruivano nuovi modelli.

Roger Bastide, sottolineato il fenomeno del “sincretismo”, cioè l’intreccio fra culture diverse, nel caso specifico fra le
culture afro-americane in Brasile; in particolare, soffermandosi sull’analisi dei movimenti religiosi di origine africana
derivati da elementi trapiantati in Brasile dagli schiavi africani nei secoli precedenti e praticati dai loro discendenti, li
interpretò come uno strumento di riscatto utile a ricostruirsi un’identità in un contesto sociale e culturale
frammentario ed eterogeneo come quello delle comunità dei discendenti degli schiavi africani in Brasile.

Claude Meillassoux, sua ricerca etnografica presso i Gouro della Costa d’Avorio, si pone interrogativi tipicamente
marxisti (come si riproduce una società non capitalista ma soggetta a profonde trasformazioni indotte proprio dal
contatto con un sistema sociale capitalista? risposte andavano cercate nella comunità domestica) studiare come le
economie tradizionali si integrano con l’economia capitalista. Presso i Gouro i rapporti di produzione sono basati
sull’asimmetria fra anziani e giovani: questi ultimi dipendono dagli anziani, che controllano le risorse materiali, gli
scambi matrimoniali, il lavoro. meccanismo di riproduzione dei produttori

Maurice Godelier, tocca questione centrale nel pensiero marxista, quella del rapporto tra infrastruttura (l’insieme
delle condizioni materiali dell’esistenza sociale di un gruppo di uomini) e sovrastruttura (l’insieme delle idee, delle
rappresentazioni, dei valori determinato dall’infrastruttura). Rapporto di determinazione: la coscienza dell’uomo è
determinata dalla sua esistenza sociale. nelle società studiate dall’antropologia esiste un elemento preminente, la
parentela, che è infrastruttura e sovrastruttura allo stesso tempo. relazioni di parentela funzionano come mezzo per
controllare i rapporti di produzione e dei rapporti politici e della religione. si coglie anche una certa influenza dello
strutturalismo di Claude Lévi-Straussu

Antropologia con consapevolezza del mondo più ampio, oltre il campo.

Tradizione: pur se costantemente in movimento, le società e le culture sono tese nel tentativo di apparire immobili.
Ciò ha portato a individuare la tradizione come primo e fondamentale processo della cultura. Il suo primo obbiettivo
(ideale mai raggiunto) nella pratica sociale è ottenere l’immobilità sociale (trasmettere patrimonio sociale senza
variazione alcuna da parte delle generazioni) il contenuto trasmesso sarà sempre interpretato da ogni singolo
individuo. Società modificata dall’interno (invenzioni, scoperte) e dall’esterno (complessi culturali estranei)
Modernità: continuo incrociarsi, sommarsi, fondersi di elementi culturali
Società tradizionali: mutazioni lente e faticose e prevale la volontà di mantenimento dell’ordine esistente

Nozione di evoluzione sociale e culturale: idea che le società debbano rispondere a una legge evolutiva unilineare che
dal semplice porti al complesso, nel XIX secolo ha ricevuto l’avallo della biologia che le ha conferito uno statuto
scientifico, si è radicata sia a livello di senso comune che a livello politico, economico e religioso, confermandosi uno
dei tratti costitutivi di fondo della civiltà occidentale, e manifestandosi nelle varie teorie dello sviluppo, ha trovato per
ampia diffusione per via della dominazione coloniale, visione meccanica dell’evoluzione culturale con fasi ben
delimitate. Relazione con l’alterità è sempre asimmetrica.
Persino nelle culture all’apparenza isolate e integre eterogeneità, incoerenze, ambiguità, contraddizioni, impurità sono
all’ordine del giorno nella loro analisi antropologica.

Omogeneizzazione: legata al processo di acculturazione (l’introduzione di elementi esterni nel tessuto culturale),
inteso come principale causa dei cambiamenti culturali. Riformulazione culturale: idea più articolata e sfumata, più
adatta a cogliere le dimensioni culturali della globalizzazione e anche a mettere a fuoco i processi che investono tutte
le società contemporanee.

Radcliffe- Brown: modello statico dello struttural-funzionalismo

concezione olistica antropologia: desiderio di comprendere il tutto della condizione umana -> Antropologi: interessati
a tutti gli aspetti dell’esistenza umana: sistemi di produzione, competizione per il potere (politica), religione, etichetta
e regole matrimoniali, linguaggio, tecnologia e arte

(fino a qualche decennio fa) oggetto esclusivo antropologia: società di piccole dimensioni raccolte in uno spazio
delimitato e circoscritto (il campo). Costruire il sapere antropologico: Trasformare i dati raccolti in quelle società poste
ai margini in un insieme di relazioni significative, in cui i nessi dell’ordine di partenza diano luogo a un ordine più ricco.
Si riteneva l’antropologia lo studio dell’uomo come animale parlante e la sociologia lo studio dell’uomo come animale
che parla e scrive, così come la sociologia lo studio delle società complesse o industriali o moderne e l’antropologia lo
studio delle società semplici o tradizionali.
Società + grandi -> meno localizzate, + dipendenti dallo scambio estensivo -> ideale olistico è crollato

Tutte le società sono parte di un più ampio sistema mondiale: un’unica struttura economica e sociale (e un’unica
cultura globale) circonda il mondo intero e interagisce profondamente e dialetticamente con una molteplicità di
strutture locali. Le singole società sono interdipendenti e le loro caratteristiche interne devono essere comprese in
rapporto al sistema globale.

ambiti di ricerca: una volta nettamente distinti (uomo che parla = antropologo; uomo che parla e scrive = sociologo) si
avvicinano -> l’oggetto di studio diventa un oggetto conteso e la delocalizzazione dell’oggetto e la sua nuova
localizzazione hanno fatto sì che anche altre competenze disciplinari reclamassero la loro legittimità a operare nelle
analisi e nello studio dell’interculturale-> nascono la psicologia interculturale e la pedagogia interculturale ->
antropologia come progetto culturale, conoscitivo, teorico, impresa intellettuale specifica

Etnografia: comprende contemporaneamente la speciale esperienza sul campo, la sua restituzione scritta e il metodo
di ricerca. luogo di formulazione dei maggiori contributi antropologici, ha segnato l’evoluzione dell’antropologia,
accompagnandone i cambiamenti teorici e la professionalizzazione accademica. Una descrizione scritta, una
rappresentazione dell’organizzazione sociale, delle attività sociali, del simbolismo, delle pratiche interpretative e
comunicative ecc. di un dato gruppo di uomini, prodotto di un processo di ricerca (anche quest’ultimo definibile
etnografia) condotto in parte attraverso un’osservazione “oggettiva” e distaccata e in parte attraverso una
partecipazione dall’interno, un’immedesimazione con le persone studiate-> principio dell’osservazione partecipante.
A partire da Bronislaw Malinowski è divenuta una pratica intensiva di ricerca, lunga durata soggiorni nei villaggi
(campo di ricerca), tratto distintivo dell’antropologia. La sua peculiarità è il tentativo di giungere tanto vicino quanto
più è possibile al significato culturale dell’esperienza delle persone studiate. Gli etnografi stanno a contatto quotidiano
con coloro di cui vogliono comprendere la visione del mondo, osservandoli mentre vivono e partecipando alla loro
vita. Prima di essere testo l’etnografia è esperienza. Ci si espone a fame, malattia, pericolo, rischio osservazione
integrale =assorbimento definitivo dell’osservatore da parte dell’oggetto osservato. Alternanza di ritmo fra due
metodi, il deduttivo e l’empirico, praticati entrambi con intransigenza, l’antropologia è la sola fra le scienze a valersi
della soggettività più intima come un modo di dimostrazione oggettiva. Grazie alla capacità di trasformare in evidenza
oggettiva la soggettività più estrema, come scrive Lévi-Strauss, la moderna antropologia sociale e culturale specifica il
suo obiettivo in un duplice senso: 1) cogliere e descrivere la diversità culturale; 2) perseguire una scienza generale
dell’uomo e farsi critica culturale della nostra società.

antropologia degli ultimi due decenni del Novecento: caratterizzata dall’azione di decostruzione che porta come esito
l’idea dell’inesistenza delle culture -> anni sessanta-settanta -> cambiamenti (mondo, culture, modo di intenderli)
l’Occidente ha avviato nuove modalità di organizzare il rapporto con le altre società (ex circuito turistico molto
redditizio delle popolazioni esotiche) + processi paralleli di delocalizzazione delle culture e di globalizzazione
economica. Con il riconoscimento dell’inesistenza dell’alterità totale (non c’è una cultura assolutamente altra rispetto
a quella di chi la osserva) si è raggiunta la consapevolezza dell’impossibilità dell’omologazione delle differenze, sulla
base di una concezione dell’alterità più articolata. Processi come la contaminazione e l’ibridazione culturale sono
centrali sia in relazione all’alterità esterna/lontana che interna/vicina -> ciò consente all’antropologia di rilanciare la
vocazione nascosta del caratterizzarsi come disciplina tesa alla critica culturale del noi.
Concetto di cultura come un impaccio: Molti hanno affermato che quando l’antropologia spiega la differenza
culturale, in effetti contribuisce a costruirla, produrla e conservarla e che la nozione di cultura allontana gli altri nel
tempo e li colloca in una dimensione esotica
Contesto antropologico teorico: nozione di cultura (non più adeguata all’analisi di processi complessi, come
l’ibridazione culturale)
Contesto antropologico empirico: campo (non più luogo puro dove incontrare i nativi originari, ora è un eventuale
tappa di un viaggio articolato)
L’antropologia non può sbarazzarsi del concetto di cultura, né può fare a meno di una qualche teoria della cultura.
L’uomo acquisisce socialmente, cioè attraverso la sua partecipazione progressiva alle interazioni sociali,
consapevolezza di sé e degli altri, sentimenti ed emozioni, idee e modi di pensiero, schemi di azione organizzati. Cioè,
un insieme di strumenti simbolici e culturali indispensabili per orientarsi nello spazio sociale.

Osservazione partecipante: implica che le ricerche siano concentrate su singole popolazioni e che i risultati siano
esposti attraverso un apposito modello, la monografia etnografica, dando vita a una serie di saggi corposi e articolati
che espongono dati omogenei su una cultura (utili per poi essere comparati). Il passaggio dall’analisi antropologica
comparativa e “panoramica” (globale) della cultura (al singolare) alla descrizione etnografica monografica (locale e
specifica) delle culture (al plurale), in cui, in base al paradigma funzionalista, la cultura è vista come un sistema
funzionale e, in base al paradigma storicista e relativista, come un sistema storico, favorisce notevolmente la
costruzione dell’immagine del mondo come un mosaico di culture distinte, e la rappresentazione di un’umanità
frazionata in popoli, etnie, culture (Fabietti, 1998b). Ciò ha esercitato un’influenza notevolissima sulle procedure di
comparazione che sono alla base del discorso antropologico, che è diventato un discorso sulle singole culture.
Etnografia (ethnos = popolo; graphéin = scrivere, descrivere) = descrizione più completa possibile della diversità
umana, elemento fondante dell’antropologia, ma non può restare un’indagine fine a se stessa e deve fornire materiale
per la riflessione teorica, viene resa tale dall’intenzionalità conoscitiva dell’antropologo che si pone in una condizione
umile, quasi subordinata, ma il suo interesse è circostanziato e temporaneo, si immedesima ma resta distaccato,
interesse per il sistema di valori che si potrebbe ricostruire dalle vicende narrate e dal narratore. Tentativo di costruire
un’oggettiva intersoggettiva. Il modo di avvicinarsi all’oggettività è fare uso di una scrittura che riduce l’esperienza,
occultando un numero elevato di elementi (ex nasconde soggettività antropologo, il fatto che un unico linguaggio
nativo non esiste ne la possibilità di padroneggiarlo in poco tempo (uso traduttori e interpreti per capire eventi, idiomi
e testi), il carattere dislocato dei processi culturali creando le specificità delle culture studiate -> James Clifford->
attraverso la metafora del villaggio come un’unità spaziale delimitabile è stato a lungo possibile da parte degli
antropologi fissare il centro della ricerca etnografica e, nello stesso tempo, rappresentare la cultura come un tutto,
non esiste una società omogenea, è un costrutto culturale basilare in ogni ideologia nazionalista),nella
rappresentazione etnografica, l’antropologo localizzava e isolava quello che oggi appare in stretta connessione (negli
ambienti estesi si incanala il flusso culturale, localizzare una cultura = relegare ai margini del lavoro sul campo le
relazioni e gli spostamenti esterni, le spinte centrifughe, le riformulazioni strutturali) culture antropologiche = frutto di
un’idea artificiale dell’identità e dell’alterità, basata sul legame quasi personale dell’antropologo con la “sua” tribù.
Etnografia recente: pone sempre di più al centro dell’attenzione le persone, rispetto alla cultura, come soggetti.

storici, complessi, consapevoli, capaci di scegliere come usare le risorse culturali anche in modi inaspettati; non più tipi
culturali rigidamente etichettabili -> procedura che però ostacola la tendenza scoprire modelli culturali e visioni del
mondo Difficoltà maggiore = ricerca di un nuovo equilibrio fra antropologo e nativi
etnografia sbilanciata sul versante della scrittura -> crea delle identità forti
etnografia tutta esperienza -> attenua le identità, alimenta poco la teoria antropologica
Campo del sapere: si articola in metodi e teorie orbitanti attorno a differenti centri di gravità che possono slittare
durante la ricerca empirica.
Concetti antropologici: a volte si condensano in totalità compatte e omogenee simili a quelle implicite nella nozione di
cultura come “modo di vita di un popolo”. Concetti vicini all’esperienza (Geertz): distribuiti nello spazio sociale in
modo più fluido, articolato, contraddittorio di quanto non possa essere compreso senza rivedere profondamente la
nozione di cultura -> compito più arduo che antropologia deve affrontare per rispondere adeguatamente alla
necessità di rappresentare processi culturali ed esperienze esistenziali + fluidi e meno localizzati e strutturati nl tempo.

Campo e cultura: non appaiono più oggi come oggetti localizzati e definiti di cui si possa parlare. Esprimono la
posizione da cui un antropologo parla e scrive. Posizione dell’antropologo è spesso ai margini, figura esclusa dal gioco
delle attività sociali (ruolo middlebrows, intermediari fra gruppi/classi <- Pierre Bourdieu), antropologi ingannano
quelli di cui parlano. Problema della gerarchia del campo: capacità della nozione di “campo” di agire come criterio di
selezione fra antropologi, e di costruzione di una gerarchia tematica e professionale con all’apice i “veri” antropologi e
la “vera” antropologia, e al fondo quelli che hanno poco “campo” o non hanno un campo abbastanza antropologico.
ossessione degli antropologi per il “più altro degli altri”-> + restii alla condivisione
Ernesto De Martino: Esplicitò l’universalismo gerarchico riconoscendo il primato della civiltà occidentale.Assunse un
atteggiamento non lontano da quello che emerge in alcune pagine di Tristi tropici o di La vita familiare e sociale degli
indiani Nambikwara, pervaso da un acuto “senso di colpa”, quello di chi, membro della società occidentale ricca e
forte si volge verso gli “altri”. Le nozioni di “etnocentrismo critico” (storicizzazione di sé e della propria cultura,
autocritica e confronto storico-culturale) e l’intento di un “umanesimo etnografico” esprimono questa riflessione,
opposizione alla posizione di universalismo evoluzionista e a chi pone sullo stesso piatto tutte le culture. La fine del
mondo-> De Martino afferma che il discorso che noi occidentali produciamo sugli altri “non può non essere
etnocentrico”, può però essere critico -> Etnocentrismo critico -> invita il ricercatore a rendere problematiche le
categorie di osservazione di cui dispone all’inizio della sua indagine (invito che troviamo alla base della riflessività
nell’etnografia contemporanea) Relativismo -> origine statunitense, richiamato da prospettive teoriche e approcci
metodologici più recenti. La lezione demartiniana va intesa come sforzo universale per pensare e trasformare la realtà
e riconoscimento del primato della riflessione antropologica occidentale nella sua capacità di costruire dei discorsi
critici sugli altri-> senza questo riconoscimento si rischia di utililizzare in modo strumentale il fattore culturale per
difendere pratiche e simboli che a vario titolo si inquadrano entro rapporti sociali ineguali (lato oscuro della realtà
ontologica)

1973, Clifford Geertz -> sollecitò la comprensione dell’antropologia da un punto di vista etnografico, invitando a
considerare la pratica dei suoi esponenti: Per capire che cosa è una scienza bisogna guardare che cosa fanno quelli che
la praticano (nel capire che cosa è fare etnografia si può cominciare ad afferrare in che cosa consista l’analisi
antropologica come forma di conoscenza)
sviluppo dell’etnografia -> ha segnato l’evoluzione dell’antropologia, accompagnandone i cambiamenti teorici e la
professionalizzazione accademica, motore delle innovazioni, luogo formulazione dei maggiori contributi antropologici

Sforzo Etnografico: alla sua base sta la relazione privilegiata dell’etnografo con il proprio campo
etnografie : documenti che pongono domande e si collocano ai margini fra diversi mondi o sistemi di significato: i
mondi degli etnografi e dei loro interlocutori, quelli degli eventuali lettori e delle comunità scientifiche. versione della
realtà sociale che è essenzialmente una rappresentazione testuale. Lungo processo di comprensione che inizia prima
di andare sul campo e continua dopo. Può essere simboleggiato dallo scarto temporale che separa le note e i diari
della testualizzazione finale.
Lavoro sul campo: rappresentato sia come “laboratorio scientifico”, sia come “rito di passaggio” personale, ambigua
relazione fra oggettività e soggettività latente all’interno dei discorsi antropologici-> dicotomia che è stata mascherata
marginalizzando le fondamenta soggettive e intersoggettive del lavoro. Vengono considerati solamente i dati oggettivi.
Antropologi sembrano rifiutarsi di esibire la processualità del proprio lavoro, di mostrarne le tecniche di raccolta dei
dati e di scrittura, una sorta di «congiura del silenzio» (Berreman, 1962) mistificatoria ed eticamente sospetta,
tralasciano di considerare come l’etnografia sia stata prodotta. Testi etnografici presentano come intuitivamente
evidente ciò che ha richiesto molto tempo e fatica per essere elaborato in maniera sintetica, hanno ignorato il
contesto pragmatico della comprensione e il problema dell’opacità dell’Altro, hanno evitato di prendere in
considerazione le modalità con cui hanno costruito il proprio campo. La maggior parte del tempo dell’antropologo sul
campo è spesa alla vana ricerca di dialoghi interessanti, eventi eccezionali o “puri”, rincorrendo informatori annoiati,
spesso incapaci di rispondere alle sollecitazioni dell’antropologo o reticenti ad assumere responsabilità enunciative.
Il lavoro sul campo è ritenuto essere qualcosa che si impara con la pratica e l’immersione totale.
Etnografia -> abbraccerebbe i dettagli raccolti durante la ricerca sul campo ->
antropologia -> elaborazione teorica e esposizione razionale dei dati così ottenuti. ->
separazione fra etnografia e antropologia è stata segnata agli esordi della disciplina da una differenza di ruoli. La fine
del XVIII secolo è infatti caratterizzata da una marcata divisione del lavoro fra raccoglitori-osservatori ed esperti
teorici, figura dell’official correspondent di riviste specializzate. figura dell’antropologo armchair, che prendeva i
propri dati etnografici dai resoconti di viaggio o dalle relazioni di esploratori vs figura dell’antropologo armchair,
che prendeva i propri dati etnografici dai resoconti di viaggio o dalle relazioni di esploratori.
scissione si fonda sullo sforzo positivistico di applicare la nozione di metodo elaborato dalle scienze della natura alle
scienze umane o sociali -> Seconda metà 800 -> delineato l’ideale l’ideale di una scienza naturale della società,
secondo il modello della sociologia comtiana, idea che le scienze sociali differiscono di grado dalle scienze naturali e
che i loro standard potessero essere estesi per analogia ->
principali espressioni della ricerca positivista di una “scienza delle società primitive”: l’evoluzionismo di Tylor
e Morgan, l’organicismo dell’etnologia classica francese, da Lévy- Bruhl a Durkheim e Mauss, il funzionalismo
strutturale di Radcliffe-Brown, fondato su un metodo induttivo. ->
Ripreso dalle correnti “neoevoluzionistiche” -> questo approccio portò l’ecologia culturale di Steward,
l’evoluzionismo di White, il neoevoluzionismo di Service e Steward e il materialismo culturale di Harris a elaborare
un’antropologia nomotetica e generalizzante.
Concezioni positivistiche -> la scienza si organizza attorno ai due poli dell’esperienza e della spiegazione. Implica una
rigida separazione fra soggetto e oggetto e fra teoria e realtà e si fonda sull’idea di “dati grezzi”, indipendenti dalle
prospettive teoriche e su un linguaggio formale di analisi ripulito da ogni riferimento soggettivo. Gli oggetti, trovati nel
mondo, sarebbero indiscutibili e reali, accessibili all’osservazione diretta e trascrivibili nel linguaggio denotativo e
referenziale delle scienze. L’osservazione, da parte sua, è considerata un atto neutro che in nessun modo influenza il
significato dell’oggetto e interferisce con le procedure di analisi teorica. La descrizione è gerarchicamente,
logicamente e cronologicamente subordinata alla formulazione teorica-> fornire alla teoria puri dati osservativi.
lavoro sul campo funziona come operazione di verifica per le teorie che fondano la loro scientificità empirica su di esso
e ha le stesse funzioni degli esperimenti di laboratorio. L’etnologia rappresenta un primo passo verso la sintesi. Tende
a conclusioni fondate sulla comparazione e sulla generalizzazione. L’antropologia, infine, costituisce l’ultima tappa di
una sintesi che ha per base le conclusioni dell’etnografia e dell’etnologia e per finalità l’elaborazione teorica e la
spiegazione. Concezio ne della ricerca antropologica come movimento dal particolare al generale fondato su
concezione della ricerca antropologica come movimento dal particolare al generale fondato su momento idiografico
individualizzante e semplicemente descrittivo, con l’etnografia come fase di raccolta e di analisi dei materiali. In
secondo luogo, il momento scientifico comparativo, nomotetico e generalizzante
la raccolta delle informazioni sulle diverse popolazioni della Terra era funzionale allo sforzo teorico comparativo e
all’elaborazione delle sequenze di sviluppo delle forme sociali e culturali. La divisione del lavoro fra teorici ed etnografi
si fondava sul presupposto che i dati empirici raccolti prevalentemente da dilettanti avessero valore di per sé e
costituissero la base per le inchieste sistematiche elaborate in chiave comparativistica da parte di scienziati
metropolitani, culture considerati SPECIMEN della scienza naturale secondo le concezioni scientifiche dell’era
vittoriana-> molta poca attenzione era dedicata a come i “fatti” fossero raccolti e alla comprensione delle difficoltà
della ricerca di informazioni
Radcliffe-Brown: studio scientifico non dovrebbe preoccuparsi del particolare, dell’unico, ma solo del generale
Jarvie: ogni serio studio della società deve fare riferimento a qualche lavoro empirico
Questionari (1870) (BAAS e Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland)-> Ethnological Society ->
pubblicazione Notes and Queries on Anthropology.-> manuale per la ricerca etnografica ->«promuovere un’accurata
osservazione antropologica da parte dei viaggiatori e a mettere i non-antropologi nelle condizioni di fornire le
informazioni richieste per uno studio scientifico dell’antropologia a casa.-> importante fino vigilia 1 guerra mondiale
Tylor -> Primitive Culture (1871) -> liste domande + istruzioni come selezionare qualificatamente le informazioni
Tylor cercò di elaborare una scienza naturale della cultura fondata sulla frammentazione della cultura nei suoi dettagli,
Frazer e Morgan -> strette relazione epistolari
Howitt e Fison -> primi a produrre un resoconto monografico di due tribù australiane, Kamilaroi and Kurnai (1880)
considerano i nativi come rappresentanti di uno stadio remoto della storia dell’umanità
Walter Baldwin Spencer-> figura chiave di questo periodo iniziale, dominato da una precisa divisione del lavoro fra
raccoglitori a distanza ed esperti-> sodalizio più celebre dell’epoca-> Gillen raccoglieva dati per Spencer, che, da
Melbourne, gli inviava domande di tipo evoluzionistico sulle classi matrimoniali al fine di verificare il lavoro di Fison e
Howitt
The Native Tribes of Central Australia, del 1899, e The Northern Tribes of Central Australia, del 1904. Tali lavori
organizzarono il materiale raccolto all’interno del modello dell’evoluzionismo, ma prescindendo dalle categorie dei
questionari. Per questo sono state considerate un’anticipazione dello stile monografico moderno, come fu
riconosciuto dallo stesso Malinowski.-> stile monografico moderno, come fu riconosciuto dallo stesso Malinowski ->
Su questi lavori, studiosi come Durkheim e Mauss, oltre a Frazer, basarono le proprie concezioni sul totemismo e la
religione primitiva. Altri, come Westermark, Malinowski e Radcliffe-Brown, vi ricavarono materiale per le loro teorie
sulle origini e le funzioni della famiglia e della parentela.
fino alla fine del XIX secolo nessun singolo antropologo aveva condotto ricerca sul campo, ma nessuno dei teorici,
come per esempio Frazer, si era mai sognato di dare un’occhiata ai popoli che aveva speso la vita a studiare (Evans-
Pritchard)
Tylor, Morgan o Frazer -> utilizzavano i popoli esotici o “tecnologicamente primitivi” per studiare l’evoluzione
dell’uomo e non per il loro valore intrinseco. La loro rilevanza derivava dall’essere ritenute modelli delle origini della
civilizzazione, stadi connessi l’uno all’altro in una sequenza di sviluppo universale e unilineare che poneva all’apice
la moderna società europea, mentre all’estremità opposta collocava le culture selvagge, barbare o primitive.
fine = elaborare un modello di classificazione ispirato alle tassonomie naturalistiche

Bronislaw Malinowski, università del Regno Unito, artefice della “rivoluzione” etnografica, etnografia attraverso un
soggiorno prolungato, comunicando con gli indigeni nella lingua nativa.
Société des Observateurs de l’Homme, Henry Rowe Schoolcraft, Frank Hamilton Cushing -> osservazione rigorosa in
prima persona
Société des Observateurs de l’Homme-> proposito esplicito e programmatico di studiare scientificamente l’uomo,
applicando con rigore il metodo dell’osservazione già ampiamente sperimentato nelle scienze della natura.
De Gérando -> critica le osservazioni etnografiche dei precedenti esploratori, sostenendo esplicitamente la necessità
di studiare la lingua nativa. Le scienze dell’uomo come le scienze della natura devono basarsi sull’osservazione
rigorosa dei fenomeni, sull’analisi e sulla comparazione dei dati raccolti. Il tempo dei sistemi è passato. metodologia
dell’osservazione inseparabile dalla comparazione -> caratteristica saliente di questo nuovo sapere sull’uomo.
sottolineava l’importanza di studiare i popoli primitivi nel contesto dei loro sistemi sociali, conferendo allo studio
dell’uomo la sistematicità e la specificità tipica dell’indagine scientifica
Bureau of American Ethnology, finalità di raccogliere e pubblicare informazioni sugli indiani.
Cushing, stile molto differente da quello utilizzato dai suoi colleghi della Smithsonian Institution
Lo standard antropologico di quel tempo era la trascrizione delle interviste a informatori chiave, gli antropologi
portavano informatori dakota, omaha, ponca, quapaw e winnebago a Washington per raccogliere testi, Cushing,
invece, iniziò quasi subito a osservare gli zuni, a superare la loro diffidenza e ostilità e ad apprendere la lingua. Si
interessò all’analisi etimologica come chiave per studiare le strutture mentali e le connessioni culturali, raccogliendo le
storie locali e la mitologia. Il suo intento principale era dimostrare la relazione fra la storia precolombiana del Sud-
ovest e quella dell’America centrale e meridionale. internal method: combinazione di linguistica, osservazioni
quotidiane e intuizioni.
British Association, 1884, committee per promuovere la ricerca sugli indiani canadesi, committee preparò una Circular
of Inquiry, di cui Tylor fu il principale ideatore, a uso di funzionari governativi, missionari e viaggiatori. Era finalizzata
alla ricerca e alla pubblicazione di resoconti sulle caratteristiche fisiche, le lingue, le condizioni economiche e sociali
delle tribù del Nord-ovest. Dati ottenuti furono sistemati e pubblicati dal direttore del progetto e linguista Horatio
Hale. Nel cercare di raggiungere «lo strato teologico nella mente primitiva», i ricercatori erano invitati a non fare
domande, quanto piuttosto a osservare «i riti religiosi effettivamente praticati e a ricercarne il significato». La Circular,
inoltre, sollecitava a raccogliere i testi dei miti «trascritti nell’idioma indigeno», «tradotti da un bravo interprete» e poi
spiegati dall’antropologo. Questo era ritenuto «il modo più naturale» per conoscere «le idee e le credenze che nessun
interrogatorio inquisitorio» avrebbe potuto svelare. Franz Boas (lavoro fra eschimesi) venne scelto per il lavoro sul
campo
1880: data di separazione fra l’etnografia professionale moderna e le precedenti esperienze di contatti fra gli
europei e le popolazioni “altre”. L’utilizzo dei questionari come metodo di ricerca produsse, infatti, il desiderio di
intraprendere direttamente il lavoro sul campo per raccogliere informazioni più dettagliate. Gli studiosi, giudicando la
scarsa qualità delle precedenti descrizioni etnografiche, iniziarono a sentire l’esigenza di verificare personalmente i
dati della riflessione teorica e a considerare che gli scienziati dovessero diventare essi stessi raccoglitori di
informazioni. Tempi maturi per maturi articolare più coerentemente le componenti empiriche e teoriche della ricerca
etnografica e per sostituire il metodo della conoscenza diretta all’antropologo armchair. forte sviluppo nella pratica
etnografica si compì a opera di Alfred Cort Haddon e William Halse Rivers.
Haddon, primo viaggio studia scogliere coralline, La frequentazione dei nativi già missionarizzati lo portò a sviluppare
interessi etnografici dapprima solo secondari poi preponderanti, La gran quantità di informazioni etnografiche raccolte
furono pubblicate al suo ritorno nel “Journal of the Anthropological Institute”. seconda spedizione allo stretto di
Torres (dedicata raccolta dati etnografici)-> fondamentale importanza nella storia dell’antropologia. Haddon prese
come modello per la sua survey le grandi esplorazioni marittime multidisciplinari del XIX secolo, desideroso di
superare i limiti del naturalismo e di introdurre i metodi della psicologia sperimentale per «misurare le capacità
mentali e sensoriali dei popoli primitivi» -> grande successo. La ricerca produsse sei volumi di dati etnografici,
numerosi articoli, insieme al materiale utilizzato nei resoconti popolari di Haddon e per i libri successivi di Seligman
(1910) e dei collaboratori di Rivers, Hose e McDougall (1912). Queste pubblicazioni, più la raccolta dei preziosi reperti
conservati nel Museo etnografico di Cambridge, portarono al riconoscimento definitivo dell’antropologia sul piano
accademico e presso il pubblico dei non specialisti. Haddon incoraggiò fortemente il fieldwork, un termine che
introdusse nell’antropologia britannica prendendolo a prestito dai ricercatori naturalisti.
Sostenne l’esigenza di «nuove investigazioni sul campo» mettendo in guardia contro i «rapidi raccoglitori» e asserì la
necessità di usare «osservatori formati» e «field-anthropologist». Enfatizzò il bisogno non solo di raccogliere specimen
ma anche di «ottenere dai nativi attraverso paziente simpatia» il significato profondo del materiale raccolto.
movimento verso un’etnografia intensiva e verso la distinzione fra survey e quello che definì «the intensive study of
limited areas ». Il significato dell’espressione – radicato nella zoologia, nello studio di “province biologiche” e
nell’analisi della distribuzione e variazione di forme di vita in una regione – coincide con le finalità di Haddon di
chiarire «la natura, l’origine e la distribuzione delle razze e delle popolazioni» di una particolare regione, e la loro
posizione nello sviluppo evoluzionistico.

Dopo la Torres Straits Expedition, Rivers e Seligman divennero le figure guida dell’antropologia britannica ed
educarono una generazione di antropologi a studi “intensivi”:
Rivers: fece ricerche in Egitto, fra i toda, in India e in Melanesia. Fondatore dell’antropologia britannica, avendo
stimolato la nascita della scuola funzionalista. Maestro di Malinowski e Radcliffe-Brown, il suo concrete method fornì
a Malinowski l’esempio della metodologia etnografica. Il suo testo The Todas (1906), prodotto di un lavoro sul campo
di circa cinque mesi, fu a lungo considerato un modello di ciò che poteva essere una monografia antropologica basata
sulla nuova metodologia della ricerca intensiva sul campo. Elaborò precisi procedimenti di raccolta sistematica dei dati
nell’intento di fondare l’antropologia come scienza. Rimase sulla Mer Island, recandosi successivamente sull’isola di
Mabuiag. Rivers pubblicò un primo resoconto del metodo genealogico, A genealogical method of collecting social
and vital statistics, nel 1900 nel “Journal of the Royal Anthropological Institute”. Il metodo si fonda su un approccio
riduzionista mediato dalle scienze naturali: considera che la struttura sociale elementare di ogni gruppo possa essere
sistematicamente rivelata dalla terminologia di parentela. Il contributo di Rivers alle Notes and Queries del 1912,
intitolato Genealogical Account of Field Method, fissò un nuovo standard per lavorare sul campo. Segnò la svolta
“sociologia” di questa edizione divisa in quattro sezioni (antropologia fisica, tecnologia, sociologia, arti e scienze), e la
scomparsa delle parti sulla cultura di Tylor, di quelle sull’archeologia e il ridimensionamento dell’antropologia fisica.
elabora la metodologia dell’intensive study e auspica la specializzazione del ruolo dell’etnografo formato «nei metodi
esatti delle altre scienze», Rivers dichiarò esplicitamente l’importanza dello studio delle lingue e delle categorie native.
Pose grande enfasi sulla necessità di valutare attentamente le parole degli interlocutori, consigliando di lasciarli
parlare liberamente piuttosto che pressarli con interviste dirette e influenzarli con le proprie categorie concettuali.
Il concrete method doveva rappresentare non solo un procedimento per arrivare alle astrazioni che il selvaggio non
era in grado di articolare, ma anche un modo per collezionare “fatti concreti” non contaminati dalle astrazioni
evoluzionistiche europee che ormai erano diventate problematiche. Sentì il bisogno di un nuovo stile etnografico,
fondato su studi intensivi a lungo termine, maggiormente sensibile alle difficoltà della traduzione culturale. Teorizzò la
necessità per l’antropologo dell’osservazione diretta per «sfruttare l’occasione di ogni evento di importanza sociale
avvenuto durante la sua permanenza. Concepì qualcosa di simile al concetto di “osservazione partecipante”,
successivamente elaborato da Malinowski:

Seligman: nel 1903 ritornò in Nuova Guinea dove produsse l’imponente documentazione The Melanesians of British,
New Guinea (1910) e fra il 1907 e il 1908, insieme alla moglie, condusse uno studio sui vedda dello Sri Lanka, diverse
culture delle popolazioni del Sudan e cercò di analizzare lo sviluppo della civilizzazione a partire dall’antico Egitto

All’inizio del XIX secolo, grazie soprattutto alle attività e ai lavori di Haddon e di Rivers, il metodo della conoscenza
diretta aveva pressoché sostituito l’antropologo armchair. Tuttavia, nonostante gli apprezzabili risultati, le
esperienze della scuola di Cambridge non furono decisive nello sviluppo del metodo antropologico. Come sostiene
Evans-Pritchard, la Torres Straits Expedition aveva molti punti deboli. Sebbene gli studiosi fossero formati ai metodi
della ricerca sistematica delle scienze naturali, e nonostante alcune loro intuizioni teoriche, il poco tempo speso fra i
nativi, l’ignoranza della loro lingua, la superficialità e la casualità dei loro contatti non permisero un’analisi
approfondita

Rivers si allontanò dal lavoro sul campo intensivo dedicandosi allo stile della survey genealogica in Polinesia e
Melanesia, Nel 1908,1914, Rivers trascorse diversi mesi nelle isole Salomone occidentali, raccogliendo dati nel corso di
soggiorni molto brevi, tramite interviste a informatori a bordo della Southern Cross. Influenzato dal diffusionista
tedesco Fritz Graebner e dalla tesi eliolitica di Grafton Elliot Smith e William James Perry – secondo cui l’Egitto era la
culla di tutte le civilizzazioni – si interessò alla ricostruzione della storia culturale globale delle migrazioni e dei processi
di prestito culturale, producendo una speculazione comparativa fra tratti culturali dell’Oceania e dell’antico Egitto.

L’origine della moderna tradizione di ricerca etnografica, lavoro di Malinowski nelle isole Trobriand fra il 1916 e il
1918. La prospettiva boasiana, dominante negli Stati Uniti all’inizio del secolo, non segnò, infatti, una “rivoluzione
etnografica” paragonabile a quella compiuta da Malinowski. Mentre Malinowski intraprese lunghi soggiorni sul
campo, Boas, a eccezione di un viaggio nel 1883 nell’isola di Baffin (Canada nord- orientale) nell’area degli eschimesi
centrali, non praticò ricerche per periodi rilevanti e in forma continuativa. Boas fu un grande critico della povera
qualità dei dati utilizzati dai teorici armchair o prodotti dal metodo della survey e un grande sostenitore della
ricerca etnografica. Tuttavia il suo lavoro sul campo si basò su un gran numero di brevi visite a una molteplicità di
aree. Lo studio empirico delle culture native, considerate in rapida estinzione, era condotto attraverso la collezione di
artefatti e la registrazione di testi nelle lingue native. Boas si servì di interlocutori opportunamente istruiti a leggere e
scrivere per registrare le informazioni in lingua nativa. A differenza di Cushing, Boas o Rivers, il lavoro sul campo di
Malinowski era stato preceduto da una specifica formazione professionale in antropologia. Malinowski studiò alla
London School of Economics con Westermark e Seligman e si tenne in contatto con gli antropologi di Cambridge
Haddon e Rivers. Con questi ultimi Malinowski partecipò alla Committee on Anthropology fondata nel 1905 da Marett
a Oxford. Di questo gruppo, di cui faceva parte anche Radcliffe-Brown, Malinowski fu l’ultimo a intraprendere ricerche
etnografiche. L’ingresso sul campo di Malinowski fu preparato da Seligman. Nel 1914 quest’ultimo ottenne che
Malinowski fosse assunto come segretario della sezione antropologica della British Association per una spedizione in
Australia -> insoddisfazione
Sebbene nel suo primo soggiorno sull’isola di Mailu (Nuova Guinea) cercasse di porre rimedio a questa mancanza,
imparando la lingua franca della zona, a Mailu non aveva ancora elaborato i principi dell’osservazione partecipante. I
diari rivelano che durante la sua permanenza a Mailu Malinowski non visse nel villaggio locale, abitando nella casa del
missionario.
Solamente nelle Trobriand, comunque, Malinowski iniziò a mettere in pratica ciò che aveva pensato dopo l’esperienza
a Mailu: «più vicino al villaggio si vive, meglio si riesce a osservare gli indigeni» -> sviluppò il metodo che divenne il
segno distintivo dell’antropologia
per ben due volte Malinowski viaggiò dalla Nuova Guinea in Australia, dove rimase dal maggio del 1916 al settembre
del 1917. Sicuramente durante la guerra era un nemico ma le autorità australiane non solo gli garantirono libera
custodia in modo che potesse fare esplorazioni ovunque volesse all’interno dei loro vasti territori, ma gli fornirono
concretamente i finanziamenti per farlo.
Il lavoro sul campo di Malinowski nelle isole Trobriand, dal giugno del 1915 al maggio del 1916 e fra il 1917 e il 1918,
rappresenta per la tradizione antropologica una sorta di esperienza archetipica, oggetto di una considerevole
elaborazione mitopoietica. In base ad essa, Malinowski è diventato il prototipo dell’antropologo, incarnandone l’ideale
professionale fondato sulla conoscenza diretta e personale dell’oggetto di studio e sulla duplice caratteristica di
ricercatore sul campo e di teorico -> inaugurò il «mito dello studioso sul campo, simile al camaleonte, perfettamente
in sintonia con l’ambiente esotico che lo circonda. Maestro di Evans-Pritchard

Haddon presenta Argonauti del Pacifico occidentale, dedicato a Seligman, come «il punto più alto della ricerca e
dell’interpretazione etnologica»-> Espone, quindi, le linee metodologiche da seguire per poter condurre in maniera
corretta una ricerca sul campo. Parla espressamente della “rivoluzione” scientifica che voleva portare
nell’antropologia sociale cercando di legittimare il proprio metodo agli occhi sia del lettore generico sia degli
apprendisti etnografi. Capitolo, intitolato “Oggetto, metodo e fine della ricerca”, sintetizza i principi del «moderno
metodo sociologico di ricerca sul campo». Rileva che l’etnografo innanzitutto deve conoscere principi, finalità e
risultati della moderna ricerca scientifica. In secondo luogo, deve vivere fra le persone. Inoltre, l’etnografo deve
applicare metodi speciali per raccogliere, elaborare e definire i dati.
metodo della documentazione statistica mediante la prova concreta: ciascun fenomeno deve essere studiato
attraverso la serie più vasta possibile delle sue concrete manifestazioni, mediante un esame esauriente di esempi
dettagliati. Se possibile i risultati devono essere disposti in una qualche sorta di carta sinottica, sia perché servono
come strumenti di studio, sia per presentarli come documenti etnologici. Con l’aiuto di tali documenti e di tale studio
di casi reali si può presentare un chiaro profilo della struttura della cultura indigena nel senso più ampio della parola e
della costituzione della loro società. La raccolta dei dati concreti che coprano una vasta gamma di fatti è quindi uno
dei punti metodologici principali del lavoro sul terreno.
il metodo di Malinowski, infatti, non è tanto una questione di regole quanto di stile di lavoro sul campo. Non si fonda
tanto su reali prescrizioni quanto piuttosto sul fatto di porre se stessi in «condizioni buone per lavorare»
«magia dell’etnografo»: egli può evocare lo spirito autentico degli indigeni, la vera immagine della vita tribale,
prosaica applicazione di un certo numero di regole di buon senso e di principi scientifici, consistenti nell’uscire dal
«chiuso studio dei teorici» e dalla «veranda dell’insediamento missionario nell’aria aperta del campo antropologico»
Il valore del lavoro di Malinowski deriva dalla presenza di un contesto accademico che fu pronto a recepire le
questioni metodologiche da lui sollevate e dall’aver collocato le sue ricerche etnografiche dentro il nuovo paradigma
teorico funzionalista. il contributo fondamentale di Malinowski consiste nella convinzione teorica che le informazioni e
i dati raccolti sul campo fossero interconnessi. Il funzionalismo fornì un insieme di principi metodologici per fare e
scrivere l’etnografia. Tali principi si fondavano sul modo in cui una particolare credenza o istituzione è interrelata con
altre e contribuisce alla persistenza del sistema socioculturale nel suo insieme. Come sostiene Malinowski, nello stesso
tempo nella ricerca si deve analizzare l’intero campo della cultura tribale in tutti i suoi aspetti. La coerenza, la legge e
l’ordine che prevalgono all’interno di ciascun aspetto collaborano anche a tenerli uniti in un tutto coerente.
Negli Argonauti Malinowski sostiene che il primo obiettivo della ricerca è quello di fornire un profilo chiaro dell’assetto
della società che si studia e di produrre un quadro di come i vari aspetti di essa entrino a costituire un insieme
complesso e articolato -> enuncia il principio guida della prospettiva funzionalista, una sorta di “approccio olistico”,
che tende a connettere le parti alla totalità e a considerare l’oggetto di indagine da un punto di vista “globale”.

Nella tradizione antropologica, l’espressione “osservazione partecipante” è diventata sinonimo del metodo
etnografico e della moderna ricerca antropologica. Ha assunto la valenza definitoria del lavoro sul campo al punto da
caricarsi di connotazioni romantiche o eroiche. Nella sua forma classica, l’osservazione partecipante consiste in un
singolo ricercatore che trascorre un lungo periodo di tempo (la formulazione malinowskiana prevede almeno un anno)
fra le persone che intende studiare, padroneggiandone la lingua. Immergendosi nelle loro attività quotidiane, mira a
ottenere una comprensione il più completa possibile dei loro significati culturali e delle strutture sociali. Fondata sulla
presunta neutralità dell’osservatore partecipante, intende cogliere il “punto di vista del nativo” tramite l’esperienza
empatica immediata e soggettiva dell’etnografo. Secondo Malinowski l’etnografo deve mettere da parte il proprio
sapere per poter elaborare una descrizione oggettiva dei fenomeni, indipendentemente dalle prospettive teoriche.
rappresentazione così prodotta deve rispondere a criteri di oggettività, riproducibilità, verificabilità. Basata su un
approccio positivistico, l’osservazione partecipante sostiene che ci siano fatti sociali da scoprire: «lo sforzo principale
deve essere quello di lasciare che i fatti parlino da soli», ridurre al minimo la distorsione che può essere introdotta
dalla figura dell’etnografo sul campo. L’osservazione partecipante ha prodotto quella specifica modalità di scrittura
che è stata ascritta a Malinowski. Implica che le ricerche siano concentrate su singole popolazioni e che i risultati siano
esposti attraverso il modello linguistico-narrativo della monografia. Preceduta per certi versi dai lavori pionieristici di
Spencer e Gillen (1899; 1904), di Rivers (1906) e di Seligman (1911), la formula monografica si fonda sull’osservazione
partecipante elaborata nel lavoro di Malinowski nelle isole Trobriand.
monografia etnografica: designa una particolare forma di produzione testuale consistente nella ricostruzione di un
intero modo di vita nella sua globalità, scomposto e analizzato secondo un formato standard e attraverso una serie di
astrazioni teoriche che ne coprono i molteplici aspetti. Fondata sull’induzione e sull’osservazione diretta e prolungata,
è organizzata formalmente attorno a peculiari convenzioni stilistiche e retoriche, finalizzate all’elaborazione di un
genere scientifico e protocollare di scrittura. Animata dal “realismo” o “naturalismo” etnografico, in essa predominano
il registro descrittivo osservativo-visuale. La forma discorsiva è per lo più impersonale, legata a un’obiettiva neutralità
dell’autore e mirante alla produzione di oggettività, attraverso la registrazione di dati puri, incontaminati da
riferimenti alle concrete relazioni sul campo e alla situazione storico-politica generale in cui la ricerca si svolge-> .
Questo ha prodotto, a livello di concezione dell’oggetto dell’antropologia, un’immagine statica delle singole culture la
società è colta da una sorta di sguardo trascendentale in un punto del tempo e dello spazio.

L’etnografia funzionalista di Malinowski permise di restringere gli orizzonti in direzione di resoconti dettagliati di
singole culture, dimostrando come i costumi esotici avessero senso all’interno del loro contestobasava la propria
tecnica sulla collezione non problematica dei dati e sulla descrizione culturale

JAMES CLIFFORD: L’etnografia maschera la soggettività dell’antropologo di fronte all’altro, nasconde il carattere
altamente “dislocato” dei processi culturali, creando le specificità delle culture studiate.

L’etnografia, maschera la soggettività dell’antropologo, le sue emozioni e i suoi atteggiamenti (politici, morali ecc.) di
fronte all’altro; ancora, nasconde il carattere altamente “dislocato” dei processi culturali, creando le specificità delle
culture studiate, occulta anche il fatto che gli antropologi hanno continuato a servirsi di traduttori e interpreti per
capire eventi complessi, idiomi e testi. Lingua: è un insieme di discorsi divergenti, intersecati, dialogici che nessun
nativo o antropologo padroneggia completamente.

De Martino esplicitò senza ipocrisie epistemologiche l’universalismo gerarchico, riconoscendo il primato della civiltà
occidentale e attribuendole il dovere di aprirsi al confronto con le altre. L’etnocentrismo è inevitabile – afferma De
Martino in La fine del mondo – perché il discorso che noi occidentali produciamo sugli altri “non può non essere
etnocentrico”, ossia fondato su categorie elaborate all’interno della nostra civiltà; può però essere critico.

Lévi-Strauss, l’etnografia corrisponde ai primi stadi della ricerca: osservazione, descrizione e lavoro sul terreno. È
condotta in un gruppo sufficientemente ristretto affinché sia possibile raccogliere le informazioni grazie all’esperienza
personale dell’etnografo. Implica la classificazione, la descrizione e l’analisi dei fenomeni culturali particolari.
L’etnologia rappresenta invece un primo passo verso la sintesi. Tende a conclusioni fondate sulla comparazione e sulla
generalizzazione. L’antropologia, infine, costituisce l’ultima tappa di una sintesi che ha per base le conclusioni
dell’etnografia e dell’etnologia e per finalità l’elaborazione teorica e la spiegazione. Questo approccio ha prodotto una
concezione della ricerca antropologica come movimento dal particolare al generale fondato su due momenti.
Innanzitutto, il momento idiografico individualizzante e semplicemente descrittivo, con l’etnografia come fase di
raccolta e di analisi dei materiali. In secondo luogo, il momento scientifico comparativo, nomotetico e generalizzante.
Molti padri fondatori della disciplina hanno insistito con forza sulla radicale discontinuità tra queste due forme di
conoscenza. Secondo Radcliffe-Brown, per esempio, lo studio scientifico non dovrebbe preoccuparsi del particolare,
dell’unico, ma solo del generale, dei tipi, degli eventi che si ripetono. Ciò di cui la scienza necessita è un resoconto
della forma e della struttura. Tali concezioni hanno portato a sostenere che il ruolo del lavoro sul campo è essenziale
per l’antropologia ma non universale. Così, Jarvie ha ritenuto che, per quanto possa essere utile, il lavoro sul campo
costituisce una parte fondamentale dell’antropologia in quanto scienza che però «non dovrebbe essere imposta alla
gente». Rifacendosi al fatto che i fisici einsteiniani si riferiscono a esperimenti ma raramente ne fanno e i newtoniani
spiegano i dati astronomici senza passare le notti negli osservatori, Jarvie sostiene che «ogni serio studio della società
deve fare riferimento a qualche lavoro empirico, non importa se di antropologi o viaggiatori, o missionari o funzionari
governativi». Per questo, quindi, il lavoro sul campo è solo un metodo per fare antropologia, «altri metodi includono la
poltrona, la libreria, per procura, il questionario, l’informatore e così via»

1872, BAAS e Royal Anthropological Institute of Great Britain, Notes and Queries on Anthropology, manuale per la
ricerca etnografica era finalizzato a promuovere un’accurata osservazione antropologica da parte dei viaggiatori e a
mettere i non-antropologi nelle condizioni di fornire le informazioni richieste per uno studio scientifico
dell’antropologia a casa. La sezione scritta da Tylor comprende non solo liste di domande ma anche istruzioni su come
selezionare qualificatamente, con grande attenzione all’oggettività, le informazioni
HADDON: primo viaggio, perseguì finalità tipicamente darwiniane, interessato alla distribuzione geografica delle
forme di vita, studiare la struttura e la formazione delle scogliere coralline. Portò con sé le Notes and Queries e le
Questions on the Customs, Beliefs and Languages of the Savages di Frazer, al fine di studiare la provenienza e la
distribuzione della cultura materiale e di raccogliere “curiosità” da vendere al museo per finanziare il viaggio. Seconda
spedizione -> stretto di Torres, espressamente dedicata alla raccolta di dati di tipo etnografico -> fondamentale
importanza nella storia dell’antropologia. Haddon prese come modello per la sua survey le grandi esplorazioni
marittime multidisciplinari del XIX secolo, desideroso di superare i limiti del naturalismo e di introdurre i metodi della
psicologia sperimentale per «misurare le capacità mentali e sensoriali dei popoli primitivi, raggruppò un cospicuo
numero di studiosi, ciascuno con la propria specificità disciplinare . La ricerca produsse sei volumi di dati etnografici,
numerosi articoli, insieme al materiale utilizzato nei resoconti popolari di Haddon e per i libri successivi di Seligman.
Queste pubblicazioni, più la raccolta dei preziosi reperti conservati nel Museo etnografico di Cambridge, portarono al
riconoscimento definitivo dell’antropologia sul piano accademico e presso il pubblico dei non specialisti. Incoraggiò
fortemente il fieldwork, un termine che introdusse nell’antropologia britannica prendendolo a prestito dai ricercatori
naturalisti. Enfatizzò il bisogno non solo di raccogliere specimen ma anche di «ottenere dai nativi attraverso paziente
simpatia» il significato profondo del materiale raccolto. Primo movimento verso un’etnografia intensiva e verso la
distinzione fra survey e quello che definì «the intensive study of limited areas ». la sua reale ricerca sul campo fu,
tuttavia, molto episodica e limitata. definì il significato dell’espressione intensive study riferendosi esplicitamente al
metodo genealogico sviluppato da Rivers -> studi esaustivi di un limitato gruppo, tracciando tutte le ramificazioni
delle loro genealogie nel metodo comprensivo adottato dal Dr. Rivers nelle isole dello stretto di Torres e fra i Toda

RIVERS: nella spedizione allo stretto di torres aveva il compito di analizzare la percezione spaziale e dei colori. Il suo
contributo maggiore, tuttavia, fu in campo metodologico con la formulazione del metodo genealogico. fece ricerche in
Egitto, fra i toda, in India e in Melanesia. Principale antropologo britannico, fondatore dell’antropologia britannica,
avendo stimolato la nascita della scuola funzionalista. Maestro di Malinowski e Radcliffe-Brown, il suo concrete
method (Il metodo genealogico rappresenta uno schema in cui collocare i membri di un gruppo e a cui riferire una
vasta gamma di informazioni etnografiche. procedimento per arrivare alle astrazioni che il selvaggio non era in
grado di articolare, ma anche un modo per collezionare “fatti concreti” non contaminati dalle astrazioni
evoluzionistiche europee che ormai erano diventate problematiche, si fonda su fatti non influenzabili da nessun
giudizio) fornì a Malinowski l’esempio della metodologia etnografica, l suo testo The Todas (1906), modello di ciò che
poteva essere una monografia antropologica basata sulla nuova metodologia della ricerca intensiva sul campo.
elaborò precisi procedimenti di raccolta sistematica dei dati nell’intento di fondare l’antropologia come scienza, primo
resoconto del metodo genealogico, A genealogical method of collecting social and vital statistic, contributo alle Notes
and Queries del 1912, intitolato Genealogical Account of Field Method, fissò un nuovo standard per lavorare sul
campo, elaborando la metodologia dell’intensive study, dichiarò esplicitamente l’importanza dello studio delle lingue
e delle categorie native, necessità di valutare attentamente le parole degli interlocutore. Sentì il bisogno di un nuovo
stile etnografico, fondato su studi intensivi a lungo termine, maggiormente sensibile alle difficoltà della traduzione
culturale. Teorizzò la necessità per l’antropologo dell’osservazione diretta per «sfruttare l’occasione di ogni evento di
importanza sociale avvenuto durante la sua permanenza».

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