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Capitolo 2
OGGETTI E METODI DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE

1 È possibile definire la cultura?

Nel 1568, alcune navi spagnole approdarono nell’arcipelago melanesiano.


Entrati in contatto con gli abitanti del luogo, i marinai notarono che avevano
appeso al collo dei bastoni con pietre di un colore dorato. Convinti che si
trattasse di oro, i marinai cercarono di avviare uno cambio: gli Aré’ Aré’
chiesero i loro cappelli da marinaio. I due popoli continuarono con questo
scambio finché gli spagnoli si accorsero che le pietre non erano oro, bensì
un materiale di colore dorato, la pirite. Nonostante ciò, molti spagnoli
continuarono ad arrivare convinti di potersi procurare dell’oro grazie
all’ingenuità degli indigeni. Gli Aré’ Aré’ invece, desideravano i cappelli dei
marinai in quanto avevano una forma simile ai copricapo dei capi locali;
perciò erano convinti che possedere qualcosa di simile avrebbe dato loro
prestigio, proprio come gli spagnoli erano convinti che avere qualcosa che
essi credevano oro, avrebbe dato loro la ricchezza

Questo aneddoto illustra ciò che accade quando due comunità che non si
conoscono entrano per la prima volta in contatto: entrambi i popoli percepivano la
novità in base a ciò che per loro erano delle verità consolidate. Usavano categorie
diverse per capire ciò che avevano davanti → oro connesso all’idea di ricchezza
materiale e i cappelli a un’idea di prestigio e di potere. (culture differenti)

Definizione cultura: è un complesso di idee, di simboli, di


comportamenti e di disposizioni storicamente tramandati,
acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero

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di individui, con cui questi ultimi si accostano al mondo, in
senso sia pratico che intellettuale

Oggetto privilegiato dell’antropologia sono le differenze che intercorrono tra le


idee e i comportamenti in vigore presso le varie comunità umane → culture sono i
modi diversi con i quali tali comunità affrontano il mondo.
L’antropologia cerca anche di mettere luce le cose in comune tra le culture, infatti
comportamenti e idee possono essere molto diversi ma sono espressione di
un’attitudine tipicamente umana.

2 Le origini del concetto antropologico di cultura


Con il tempo, il termine cultura ha rivestito, per gli stessi antropologi, significati
con sfumature diverse che riflettono vedute differenti su come la cultura vada
studiata:

Edward B. Taylor:

autore di “Primitive culture”, 1871

Elaborò il concetto di cultura e a partire da idee espresse in campo


filosofico è un concetto chiave che si accordava con l’antropologia
evoluzionista.

La cultura è quell’insieme complesso che include le


conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il
costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita
dall’uomo in quanto membro della società

Qui cultura non significa più soltanto un patrimonio di conoscenze personali


ma viene esteso a tutte le attività umane fino a comprendere le manifestazioni
più strane come cannibalismo stregoneria sacrifici umani ecc.

Tra le varie idee, vi è anche una definizione importante di cultura: si manifesta


nelle singole società come cultura specifica di coloro che nascono in quella
determinata società. Tuttavia la cultura, intesa come realizzazione di

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particolari predisposizioni umane, è un dato universale, comune all’intero
genere umano.

Ulf Hannerz, 1992:

Una cultura è una struttura di significato che viaggia su reti


di comunicazione non localizzate in singoli territori

Box 5: Darwin e l’antropologia

Darwin pubblicò nel 1859 “ L’origine delle specie” → dopo un viaggio di cinque
anni intorno al mondo, è giunto all’idea che le specie viventi si trasformassero in
conseguenza di due processi:

selezione naturale

sopravvivenza del più adatto

La sua teoria sollevò polemiche tra evoluzionisti (pro) e creazionisti in quanto


metteva in discussione la visione della storia naturale della nostra specie.

Alcuni filosofi e sociologi pensarono che la teoria dell’evoluzione di Darwin fosse


trasferibile all’evoluzione della società → tentativo di giustificare le diseguaglianze
sociali presenti nella società industriale e legittimare la conquista e dominazione
coloniale ( lontano dall’idea di Darwin il quale era antischiavista e antirazzista)
I primi antropologi furono degli evoluzionisti; non tutti aderirono alle teorie di
Darwin in campo naturalistico ma fondavano il loro evoluzionismo sull’idea di
progresso ereditata dall’Illuminismo del 700 → ugualmente il clima evoluzionista
contribuì a dare un forte impulso alle teorie antropologiche relative alla storia della
cultura e della società umana

3 La cultura e la sua “natura”

Differenze uomini vs animali:

Gli esseri umani dipendono per la propria sopravvivenza molto meno dai geni
che dalla cultura: alla nascita non abbiamo le informazioni necessarie per

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adottare automaticamente determinati comportamenti.

Gli animali invece hanno scritto nel codice genetico le informazioni che gli
permettono di procacciarsi il cibo, di trovarsi riparo, o di percorrere chilometri
per riprodursi sempre negli stessi luoghi.

L’uomo nasce incompleto → dal momento in cui nasce ha bisogno di più tempo
delle cure, delle attenzioni e dell’assistenza dei propri simili adulti, al contrario
degli animali → lo sviluppo delle connessioni neuronali del cervello avviene in
larga parte dopo la nascita:

Psicologo Jean Piaget = studiò lo sviluppo delle facoltà intellettuali nei


bambini europei, stabilì che il processo di formazione di tali facoltà giunge a
compimento prima di 15 anni

Cultura come complesso di codici comportamentali riconoscibili

Il nostro codice genetico dispone a compiere operazioni più complesse rispetto a


quello degli animali ma non ci indica quali → dipendono dalla società in cui
cresciamo, che a sua volta è il frutto di una lunga storia di relazioni con l’ambiente
e di interazioni tra gli esseri umani.

Lo stesso vale per le lingue: comunichiamo attraverso un codice linguistico ci


viene insegnato nei primi anni di vita

Ciò non permette agli uomini di essere liberi di scegliere totalmente: nei pensieri
come negli atti, gli esseri umani sono determinati → devono adottare codici di
comportamento riconoscibili e condivisi dagli altri. (Ciò non esclude che nel corso
della vita si elaborino le proprie preferenze)

Gli antropologi hanno messo in rilievo alcuni di quegli insiemi di idee e di


comportamenti che chiamiamo cultura → se analizzati, mostrano una certa
organizzazione e delle corrispondenze; inoltre rilevano un’altra capacità di
adattamento e di trasformazione.

3.1 La cultura come complesso di modelli

Non ci rendiamo conto di come “funzioniamo” dal punto di vista culturale perché
le nostre azioni e nostri pensieri ci sembrano parte di un modo ovvio di
comportarci, ma in realtà seguiamo determinati modelli →

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Assimilati grazie all’educazione, implicita o esplicita, indiretta o diretta che
le persone ricevono nel gruppo nel quale vengono cresciute (modelli per=
Modelli guida per il comportamento o per il pensiero in contesti culturali
diversi)

Non esistono solo modelli per fare qualcosa ma anche modelli di qualcosa
→ modelli attraverso cui noi pensiamo qualcosa, lo rendiamo coerente con
altre cose e poi lo consideriamo una rappresentazione di come sono o
dovrebbero essere le cose (esempio: strategie di mercato o composizioni
musicali)

Senza modelli culturali per e di gli umani non sarebbero quello che sono:

Senza l’aiuto di modelli culturali, egli sarebbe funzionalmente


completo…un caos di impulsi e di vaghi emozioni - Geertz

Box 6: Il ragazzo selvaggio dell’Aveyron

I casi di uomini abbandonati dopo la nascita e ritrovati sono rarissimi, proprio per
la difficoltà umana nel sopravvivere senza cure da parte di adulti nei primi anni di
vita.
Caso più noto:

Ragazzo selvaggio di Aveyron → ritrovato in Francia nel 1800, privo di


parola, nudo e incapace di camminare correttamente. Ragazzo tra gli 11 e i
12, si nutriva di radici e frutti selvatici. Venne mandato a Parigi come
“curiosità” e venne preso in cura da Jean Itard, medico della Società
d’osservazione dell’uomo. Jean lo accolse in casa e gli diete il nome Victor e
per 5 anni cercò di farlo vivere “normalmente”. Victor non imparò mai a
parlare né a connettere in sequenze logiche gli elementi → pensarono fosse
deficiente dalla nascita ma l’ipotesi più probabile è che non fosse stato
accudito nei primi tre anni di vita e quindi le sue potenzialità intellettive non
si fossero sviluppate. Victor morì nel 1828.

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3.2 La cultura è operativa

Senza i modelli culturali l’uomo non potrebbe pensare, agire, sopravvivere.

Alcuni antropologi hanno visto nella cultura un complesso sistema per far fronte a
sfide dell’ambiente e della vita associata→ tra gli impulsi primari e le sue
soddisfazioni troviamo la cultura → ogni atto o comportamento umano finalizzato
a uno scopo tanto materiale quanto intellettuale è guidato da essa → si può dire
che la cultura è operativa= permette all’uomo di agire in relazione ai propri
obiettivi, adattandosi sia all’ambiente naturale che a quello sociale e culturale che
lo circonda

Ogni operazione mentale e pratica non costituisce un oggetto di riflessione da


parte di chi la compie: è come se fossimo predisposti operativamente ad
affrontare il mondo fisico e morale che ci circonda → tale predisposizione deriva
dall’assimilazione di modelli culturali e corrisponde all’habitus (Pierre Bourdieu)→
risultato di interiorizzazione di modelli di comportamento e di pensiero elaborati
dalla cultura nella quale viviamo

3.3 Selettività della cultura


La cultura è un complesso di modelli tramandati, acquisiti ma anche selezionati.

Le generazioni successive ereditano i modelli culturali delle generazioni


precedenti e ne acquisiscono di nuovi in base alla propria esperienza o per
l’influenza di altre culture: in entrambi i casi agisce sempre un principio di
selezione → permette di accogliere elementi culturali che si accordano con
modelli già in vigore e di bloccare l’intrusione di modelli incompatibili

Accogliere:

esempio: adozione di tecnologie o tecniche vantaggiose per coloro che


adottano (lavorazione dei metalli)

Bloccare:

esempio: rifiuto da parte degli abitanti delle isole Mentawai di adottare la


coltura del riso → controproducente a livello economico ma fondamentale per

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preservare la loro cultura (interruzione agricoltura per lunghi periodi per motivi
religiosi → dannosa per la coltivazione del riso)

Tramite la messa in atto di sistemi selettivi le culture dimostrano di essere sistemi


chiusi e aperti allo stesso tempo → eccezione di alcuni modelli che sono stati
imposti con la violenza

3.4 Dinamicità della cultura

I processi di selezione dimostrano che le culture non sono statiche → prodotti


storici → risultato di incontri, cessioni, prestiti…trasformazioni che possono
tradursi in cambiamento sostanziale dei modelli culturali

Georges Balandier → dialettica della dinamica interna e esterna → intendendo dire


che le culture si trasformano tanto secondo logiche proprie, tanto in relazione ad
elementi esterni
Rischio: qualificare culture con certi aggettivi restituendo un’idea di esse come
culture statiche sul piano temporale ( popoli più lontani che sono stati definiti
arcaici e tradizionali)

Box 7: L’evoluzione della cultura


Molti antropologi dell’ottocento, definiti evoluzionisti, ritenevano che la cultura
umana fosse sottoposta a processi di tipo cumulativo e migliorativo a cui davano il
nome di evoluzione.
L’idea di evoluzione culturale venne talvolta appiattita sulla teoria darwiniana
dell’evoluzione biologica con esiti discutibili → alcuni filosofi e uomini politici
posero il principio della selezione naturale (posta da Darwin alla base del
processo di trasformazione della specie che avrebbe dovuto determinare la
sopravvivenza del più adatto) in campo sociale → I filosofi oggi non parlano
volentieri di evoluzione della cultura proprio perché questa espressione rinvia un
clima storico in cui si parlava agli altri come copie imperfette di quel che erano gli
europei
Per alcuni scienziati la cultura rimane qualcosa di identificabile con fenomeni di
tipo tecnico-strumentale, anche se non escludono che processi evolutivi possono

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essere costruiti in relazione ad ambiti come arte o religione. nel senso che certe
immagini nel primo caso e certi di rappresentazione secondo, sarebbe più
efficace di altro nell’imporsi all’attenzione degli esseri umani in quanto più utili
all’adattamento degli umani nell’ambiente in cui vivono → allontanamento dalla
dimensione del significato → fondamentale per la comprensione di qualunque
fenomeno culturale

3.5 La cultura è differenziata e stratificata


All’interno di una comunità esistono modi diversi di percepire il mondo → tali
differenze dipendono dal potere, ricchezza, posizione sociale, istruzione,
convinzioni religiose o politiche.
In passato questi dislivelli interni erano molto più evidenti di adesso:

cultura colta: scienze, arti e lettere

cultura popolare: rituali e feste pagane, credenze dei fantasmi, streghe e


superstizioni

Spesso sono gli interessi, e quindi la cultura, di soggetti socialmente più forti a
prevalere, per cui l’immagine che noi abbiamo delle culture è spesso quello che
dominatori sono interessati a trasmetterci

Antonio Gramsci: coniò, in relazione alla società italiana postunitaria, le


espressioni “cultura egemonica” (ceti dominanti) e “cultura subalterna” (ceti
deboli) → distinzione ancora utile per rappresentare le situazioni in cui una cultura
si impone a un’altra all’interno della medesima società.
Roger Keesing → Ha ribadito un’idea analoga ma tiene conto di più fattori:

quando studiamo le rappresentazioni e i comportamenti di soggetti


appartenenti a una certa cultura, dobbiamo aver presente che tali
rappresentazioni e comportamenti che ci vengono presentati come ovvi e
naturali sono di fatto le idee e comportamenti di coloro che sono socialmente
prevalenti → controllo culturale

Quando studiamo una cultura dobbiamo tener conto del modo in cui avviene la
“distribuzione” → verso gli altri gruppi sociali con gli stessi interessi ma anche
tra generazioni

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FINO A QUI

3.6 Comunicazione e creatività


La cultura esiste nella capacità che gli esseri umani hanno di comunicare → al
centro di qualunque processo di tipo culturale → I modelli infatti per essere
condivisi devono essere riconoscibili da tutti e quindi comunicabili → non per
forza vi ci devono aderire tutti ma devono essere riconoscibili come facenti parte
di un sistema di segni condiviso

Essi sono riconoscibili da tutti ma non un repertorio fisso→ segni possono essere
combinati per creare nuovi significati → coincide con la natura creativa della
cultura che ha riscontro in due caratteristiche del linguaggio umano:

universalità semantica: tutte le lingue sono in grado di collocare le azioni e gli


eventi nel tempo e nello spazio

produttività infinita: riguarda il fatto che data una proposizione nulla ci dice
cosa ne seguirà, possiamo presupporlo ma non con certezza → questo perché
il nostro linguaggio possiede l’universalità semantica → riscontro con
“l’invenzione continua della cultura”

altro tipo di creatività culturale : creazione di nuovi significati che modificano il


nostro modo di intendere le cose

Limiti posti alla creatività:


→ controllata dalla cultura= se si allontana troppo, perde peso
→ la società non sempre accoglie le innovazioni

3.7 La cultura è olistica

I modelli interagiscono sempre con altri modelli, vivono di vita propria e neppure
gli atteggiamenti che sono guidati da essi o le idee che si ispirano ad essi →
cultura olistica, complessa e integrata, formata da elementi che stanno in rapporto
di interdipendenza reciproca

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L’idea di cultura come complesso di elementi che entrano in rapporto si affermò a
cavallo della Prima guerra mondiale.
Secondo alcuni antropologi alcune culture sarebbero più olistiche di altre:

Louis Dumont → la società indù è più olistica di quello occidentale →

prima: gli individui si considerano parte di un sistema che ha bisogno di


tutte le sue componenti per potersi mantenere e per poter essere
rappresentato. L’individuo non è pensato come autonomo e libero

seconda: gli individui sono pensati come distinti, slegati dal contesto
sociale (anche se di fatto non lo sono)

Box 8: Cultura animale

Non è esatto dire che il comportamento animale si fa sempre soltanto sull’istinto e


quello umano cultura. Anche gli umani sono sollecitati da fattori di tipo istintivo,
sebbene siano sempre culturalmente guidati.
Cultura = forma di comportamento appreso → anche gli animali danno prova
dell’esistenza di forme di cultura (machachi lavano le patate rotolate nella sabbia)
→ Comportamenti trasmessi ad altri membri che li hanno poi adattati a loro volta
partendo da un’esperienza → cultura come fatto strumentale

Cultura= complesso di significati veicolati da comportamenti e da singoli simboli


arbitrari come ad esempio le parole di una lingua → solo umani

3.8 Esistono i confini di una cultura?


Le culture non hanno confini netti → nuclei forti che le distinguono da altre ma che
anche le assimilano ad altre → se ci allontaniamo da essi, le cose sono sempre più
intrecciate
Problema confine connesso con l’identitá → le culture sono internamente
complesse → in quanto non è un sistema di modelli coerente con individui che si
comportano e pensano in maniera meccanica.
L’idea che la cultura sia una specie di universo autosufficiente e dotato di rigide
regole di funzionamento è stata abbandonata da parecchi anni, insieme a quella

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secondo cui gli individui che ne sono parte sarebbero dei soggetti plasmati in tutto
per tutto da essa.

Seconda metà 900→ espansione capitalismo, intensificazione economia


internazionale e globalizzazione dei mezzi di comunicazione→ portato nuovi
fenomeni nella cultura → processi di incroci e arricchimento, inseminazione tra
forme culturali

4 La ricerca antropologica
Se la cultura è olistica, come si fa a studiarla? Il riconoscere il carattere olistico
della cultura non ci obbliga a conoscerla nella sua totalità ma studiarla adottando
una prospettiva che ci permette di stabilire collegamenti tra vari aspetti della vita
di coloro che vivono con la cultura stessa.

L’antropologo che lavora sul terreno deve percorrere l’intera


estensione dei fenomeni in ogni aspetto della cultura tribale.allo
stesso tempo deve analizzare l’intero campo tribale in tutti suoi
aspetti - “Argonauti del Pacifico occidentale”, Malinowski

La ricerca antropologica non mira infatti a cogliere le culture In una loro


improbabile interezza ma studia determinati aspetti di una cultura → non possono
concentrarsi solo sull’aspetto a loro prescelto ma sono costretti a considerare un
fenomeno in relazione a tutti gli altri → da ricerca “locale” a “globale”

4.1 L’etnografia e la raccolta dei “dati”


Etnografia → elemento chiave della ricerca psicologica → Segna l’incontro con
realtà culturali diverse da quelle dell’antropologo e rappresenta lo studio di tale
realtà mediante l’adozione di prospettive tecniche particolari:
Compito principale→ raccogliere dati →

raccolta di storie e miti relativi alla comunità

Registrazione di aneddoti, proverbi

Annotazione delle norme e dei comportamenti

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Raccolta di informazioni su riti, matrimoni e credenze

Dati di provenienza diversa → frutto dell’osservazione e dell’ascolto che


l’antropologo ottiene vivendo in mezzo a loro:

gesti

Sguardi

Emozioni

Idee e opinioni che non verrebbero mai esplicitati in una classica intervista
L’antropologo infatti attraverso ciò che dicono e ciò che fanno a stabilire cosa
realmente accade in una società.

Anche la ricerca antropologica utilizza il metodo dell’intervista, della compilazione


di tabelle e questionari, di registrazioni audiovisive ecc. ma ciò che distingue
l’antropologia è il fatto che gli antropologi trascorrono molto tempo con le persone
sulle quali compiono ricerche e soprattutto il modo in cui lo fanno.

Una ricerca etnografica comporta:

vivere a stretto contatto

condividere il loro stile di vita

comunicare nella loro lingua

prendere parte alle loro attività quotidiane

questa condivisione è chiamata “osservazione partecipante”

4.2 L’osservazione partecipante


Vivendo per lunghi periodi di tempo a contatto con determinati popoli,
l’antropologo entra pian piano nel loro mondo:

comincia a vedere il mondo dal loro punto di vista

a capire come i suoi ospiti vedono se stessi nel proprio mondo

Ciò non significa che l’antropologo debba diventare come suoi ospiti, ma che ha
imparato a “stare dentro” a una “forma di vita” (Wittgenstein) → Comincia a
conoscere una cultura solo quando comincia usare i suoi modelli.

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L’antropologo può far ritorno mentalmente al proprio mondo → l’esperienza è fatta
di “vai e vieni” che permettono di considerare con distacco ciò che si impara dalla
cultura che si sta studiando.
Durante il suo lavoro dell’antropologo impara a connettere tra loro certi aspetti
della vita dei suoi ospiti.

Box 9: Gli sviluppi dell’etnografia


L’etnografia si consolidò tra la fine dell’800 e gli anni a cavallo della Prima guerra
mondiale.

In precedenza gli antropologi erano dei teorici puri che utilizzavano i dati
trasmessi dai loro “corrispondenti”.

Anche quelli che avevano avuto esperienze di ricerca tra popolazioni avevano
soggiornato presso di esse per periodi brevi e senza utilizzare l’osservazione
partecipante → il primo fu Malinowski → due anni nelle isole Trobriand
Prima di lui ci furono:

Rivers → Oceania

Boas → indiani della costa nord-occidentale degli USA

Hocart → Polinesia

4.3 Centralità dell’etnografia per l’antropologia


L’antropologo e le persone con le quali interagisce entrano in una relazione assai
più complessa: nell’evento partecipativo comporta una condivisione di esperienze
e situazioni che non possono ridurre l’etnografia ad una semplice “registrazione di
dati” → Non significa solo osservare e per poi procedere all’elaborazione di
modelli formali e quantitativi ma significa anche scoprire dietro comportamenti e
idee altri comportamenti altri the connessi con i primi che costituiscono una loro
possibile spiegazione (possibile solo con la ricerca sul campo)
Per lungo tempo pensato che l’etnografia fosse un insieme di tecniche per
raccogliere dati quando realtà intesa come un’attività di interpretazione.

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Comporta una serie di problemi:

divulgare fatti relativi alla vita privata delle persone

la sua permanenza suscita tensioni e malumori all’interno della comunità

Può essere sospettato di essere una spia del governo

Il lavoro sul campo non prevede solo la raccolta dei dati ma è anche una faticosa
“negoziazione“

La dimensione etnografica fa dell’antropologia un sapere che si fonda sullo


studio di contesti socioculturali specifici e un sapere basato su esperienze
dirette in contesti culturali diversi dal proprio

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