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SAGGIO /

CRITICO STORICQ
EFILOSOFICO
SUL DIRITTO DI NATURA E DELLE GENTI
E SULLE SUCCESSIVE LEGGI
ISTITUTI
E GOVERNI CIVILI E POLITICI

OPERA POSTUMA
DEL CONSIGLI ERE

ALBERTO DE SIMONI
O

GI, MEMBIO PENSIONA'I'O DEL!) I. R. ISTITUTO


DELLE SCIENZE ED ARTI
DII4 REGNO LOMBARDOVENI'IO.

Tono

172

M I L A N 0
00' nn m crovmm mmrrn
1829..

\.

_m

PARTE QUARTA
Dei popoli detti Barbari, che con
quistarono gli Stati dellimpero , e
specialmente lItalia; dei successivi
governi politici e leggi ; e qual ri
ardo si ebbe da essi al diritto di
natura , delle genti e civile romano.

CAPO PRIMO.
Dei principi della morale naturale e civile , e >'
della legislazione de popoli detti Barbari, che
invasero le provincie dell' impero, e de suc
cesszw governi.

g].
Quelle nazioni che barbare denominate
sono , dal Settentrione sbuccarono a terme

come sciami d api che dai loro alveari ai


spargono all intorno a succhiare l'aromatico
ouco de' ori e delle erbe, inondarono le
provincie e gli Stati dell impero romano

(gens quoedam, per usare lesPresaione, troppo


per caustica, dellimperatore Costantino Por
rogenito (1) ex infedelibus et inhonoratis Bo
(i) Lib. De adnu'nistr. imperii, cap. 11 ad Roma:

mm Porplxirogenitunl lium suum.


i

-..-

realil)us) e stabilirono nuovi domini , regni


e principati. Le loro leggi , dure e crudeli
anzi che no, introdotte nel focoso impeto

e fasto delle vittorie e conquiste, furono da esse


alquanto adlolcite e temperate successian
mente col confronto delleleggi romane , com
pilate specialmente nel codice Teodosiano,
che trovarono osservate presso i popoli con

quistati. Riteunero non pertanto le loro leggi

in_qualche parte almeno il primiero carat


tere e spirito di durezza e ferocia che fu
loro impresso dai Barbari primi loro le
giallorl.

5 II.
Vi sono alcuni storici e

politici

scrittori

che accusano i Goti , i Vandali, gli Eruli .,


gli Unni e i Longobardi e gli altri popoli
venuti dalla Scandinavia, dalla Svezia,daa
Danimarca e da altri paesi del Nord, di avere
Come inselvaticbita e istupidita l' Italia nella

ioro originaria barbarie, e cosi altre nazioni


ancora da cui vinte e conquistare. Parve di

lavi che l Europa specialmente , la parte pi


colta del mondo ,.ritoruare dovesse nella sua
primiera antica barbarie, rozzezza e igno
ranza, allorch passarono sotto il dominio
de Goti , de Vandali, degli Unni , dc Lon
gobardi e di altre barbare nazioni, tanti di
lei regni , provincie e Stati. Furono impu
tate queste_ nazioni, che non avessero una
giusta cognizione del diritto delle genK-l V'
vendo sul principio di ruberie, di bottino ,

di estorsioni e cuncu'ssioni , senza alcun ri


guardo non che al diritto delle genti ., ma
I

__ 5 t.._
al diritto di natura medesimo. Tutto ci non
pertanto dovendosi attribuire ai primi imperi
e furori delle vittorie e conquiste .,ne' quali
lo stesso diritto di natura resta, dir Cosi,
soffocato dalle passioni esaltante e commosse
da un certo entusiasmo di gloria e vanit ,

non pu fare il vero originario carattere mo

rale, di parte almeno, deglLantidetti popoli


e nazioni, dalle quali poi vcnne successiva

mente rispettato il diritto delle genti nei trat


tati di pace e di alleanza , e adottato un di

ritto civile pi ragionevole e pi conforme


allo spirito del diritto di natura.
lll.
Conviene quindi riettere che il nome di
Barbari che gli storici danno a tutti ipo

poli che non ebbero la sorte di trovarsi


aotto il cielo della Grecia e dell'Italia,non
dovrebbe signicare che popoli stranieri al
I impero romano, nel

qual senso preso

dai migliori storici

Sarebbe un errore

certamente grande il mettere i popoli venuti

dalla Scandinavia e dal Settentrione , del pari


con i Greci del secolo di Pericle e_ coi Ro

mani di quello di Augusto; ma non si de


vono confondere cogli Ottentoti , con i Pet
scerai , coin Esetrimli , ed altre genti ve
ramente selvaggie che non si riconoscono

(t) Gentili si dicevano quelli che militavano negli


eserciti romani: Barbari, erano generalmente detti
tutti i popoli che non erano 0 greci o romani. Veg

gasi ancora la novella 417, cap. 4 e il S i, Pr0wm.


institut.

'

_6_
per veri uomini , ma di una razza

soltanto

prossima tra gli animali alla umana genera


zione e specie. vero che gli accennati po

poli venuti dal Settrentrione e dalla Scandi


navia , privi di quei lumi che con una saggia

e civile educazione e colla esperienza ri


schiavano lintendimento, guasti in parte
dalla superstizione, dai falsi giudizi e da
una erronea idea della gloria, ritenevano le
loro usanze e le loro leggi combinate coi
loro bisogni, colle loro maniere di vivere

rozze e coerenti alla loro vita austera e disa


giata. Vla non si potevano dire assoluta
mente selvaggi, perch non erano senza re

ligione, qualunque fosse, senza qualche forma


di governo e senza leggi e qualche istitu
zione civile e politica. Non potevano essere
tacciati di Barbari , perch i loro costumi,
i loro sentimenti , il loro amore per la gloria,

il loro spirito sociale li difendono da questa


taccia. Tacito fa di fatti un elogio ad alcuni

di questi popoli per la commissione e fe


delt ai loro re, e generalmente per la loro
morale civile e politica adattata ai loro go
verni, che tutti erano regi, e li descrive
potenti non solo in terra per uomini ed armi,
ma anche in mare per le otte che vi te
evano armate. Se neri possono pertanto pa
ragonarsi coi Greci e coi Romani nelle scienze,
nelle lettere e nelle arti,li superavano forse
nella morale naturale, giacch l ignoranza
de vizj operava pi in loro che presso
gli altri le pi sublimi e-speciose nozioni

di virt e politezza , trovandosi essi in quella

semplicit che fu propria de' primi secoli


della natura sociale.
"
S IV.

Gli antichi storici de popoli settentrionali


hanno osservato che i medesimi, oltre la

loro religione (che era fondata sul domma


incoucusso dellimmortalit dellanima, e di
una vita futura o di premio 0 di pena), la
forma di governo semplice, stabilee rispet
tato e le loro leggi, ritenevano ancora tutte

quelle altre civili istituzioni ed arti che di


stinguono e fanno il carattere delle nazioni
incivilite. Praticavano essi la caccia, la pesca,
la pastorizia ,vl agricoltura, la metallurgia, e

per conseguenza anche il commercio. Una delle


principali occupazioni almeno di quelli che
abitavano pi vicino al mare, doveva essere
la navigazione , la quale per in un paese
povero e scarso di terreni, e popolato di

uomini agguerriti e robusti, doveva ben presto


degenerare in pirateria a danno delle naf

zioni pi doviziose e limitrofe al mare. Da


questi discesero quei famosi Nprmanni , o

uomini del Nord, che ebbero difatti una


Longobardi
eguale e stessa
, essendo
origine tutti
con iusciti
Goti questl
ed
popoli dalla Scandinavia. Costoro infestando
le coete meridionali dell Europa colle loro
piraterie , invasero p0ispecialmente lItalia ,

e si impadronirono della Sicilia e delle pro


vincie che formano il regno di Napoli,dopo

essersi formato uno stabilimento nelle Gallia


in una provincia detta da essi Normandia.
Sidonio Apollinare , vescovo di Chermont ,

...

_ g ._
che mor l' anno 488, fa di qnestipopoli nella
sua lettera a Navarrazio (I) una relazione

0bbrobriosa , e forse esagerata; ma conviene


riettere, che comunque fossero da principio,

successivamente alle loro conquiste e stabi


limenti , massime nell Italia , e specialmente

nel regno di Napoli e di Sicilia , divennero


questi popoli una nazione colta , morigerata
e pienamente civilizzata.

s V.

Non pensarono quei popoli detti Barbari


di imporre le loro leggi ai popoli conqui
stati , ne venivano questi addetti ad un certo

territorio , ritenendo quel carattere perso


nale che trassero dai costumi degli originari

loro paesi onde derivavano , cosicch ognuno


era giudicato personalmente dalle leggi della
originaria sua nazione ., bench

promiscua

mente venisse abitato lo stesso paese eter


ritorio con altri originarj di diversa nazione

Il Franco quindi, per esempio, era giudi


dicato dalle leg i deFranchi; l Alemanno
da quelle degli Alemanni; il Goto dalle sue

leggi nazionali, eil Romano dalle leggi romane ,


che furono ritenute in vigore per i popoli con
quistati. Non vi era adunque in que tempi
alcuna conformit e uniformit di legislazione
nel goVerno de popoli, anzi era in arbitrio

di ognuno il dichiararsi sotto qual legge in


tendeva vivere , come rilevasi particolarmente,

(1) Dell edizione di Parigi del 1598, alla pag. 185.

da una costituzione di Lotaro Primo, che

.abbiamo fra le leggi VI.


longdbardn

Sotto l impero d Onorio , ch da Milano
aveva male a proposito trasferita la sua re

sidenza in Ravenna, avvenne lsprima inva# .


sione de Goti nelle provincie dell impero ro

mano (essendosi in seguito distribuiti col nome


di Westrog0ti i Goti Occidentali, e di Ostrogoti

gli Orientali) sotto il loro re Alarico, cui


successe Ataulfo ., da cui fu saccheggiata e
deprjedatn Roma, al quale poi, per farselo

amico. Onorio diede per moglie la sua so


rella Galle Placidia. A Vallia dopo Reigerico,
successore di Atanlfo nel trono dei Goti Oc

cidentali , l imperatore Onorio , per distorlo


da ulteriori conquiste a danno dellimpero,
assegn in dominio o per regnolAquitania
con molte altre citt nella provincia di Nar

bona , per cui il re dei Westrogoti stabil la


sua sede in Tolosa. Avendo Ataulfo con suo
editto ordinato che le leggi romane insieme
alle costumanzc e consuetudini de Goti si
osservassero , il diritto romano specialmente

compilato nel codice Teodosiano e-nelle sue


novelle costituzioni , si mantenne frai Goti,
senza che si avesse cognizione del corpo del

diritto romano fatto compilare da Giustiniano.


g VII.
,

I Westrogoti veramente per le continue


guerre ch ebbero con i Romani, nutrivano

(.) Lib. 11, m. 57.

avversione e odio alle leggi romane, e Ataulfo,


loro re, succeduto nel regno de Westrogoti
ad Alarico Primo, come si gi accennato,
per la ferocia del suo animo e poi suo carat

tere barbaro meditava gi di sterrinarle e


bandirle tutte. Ma

le continue persuasioni

di Placidia sua moglie, sorella dell impera


tore Onorio, cotanto da lui amata , lo di
suasero e gli fecero mutar pensiero, e invece

con il mentovato editto comandi) a sudditi,


come si gi detto, che le leggi romane
insieme con i costumi de Goti osservas

sero (i), e presso il Goldasto tra le costi


tuzioni imperiali nel tomo terzo si legge
questo editto.
g VIII.
La sede de' re deVisigoti pass indi a
Toledo nella Spagna , dove si form un nuovo

codice di leggi da quei re per contrapporlo


a quello di Giustiniano, dopo che si ebbe

cognizione di questo; ma non furono per


proscritte le leggi romane ,e in supplemento

allaccennato codice era anzi prescritta la


loro osservanza. Il re Clindesindo , succes

sore nel tr0no de Visigoti, che cominci a


regnare nel 641 , con suo editto iuterdisse

l' uso delle leggi romane, che egli volle af


fatto sbandite dal suo regno; ma le leggi che

questo principe pretese sostituire allo ro


mane , come quelle dei due re Recessuindo

_ (i) Artur. Duclt, De usu et auct0r. ju1. u'vil. ,


lib. Il , cap. 6.

_ q| __

ed Egiga , Visigoti parimenti, erano puerili,


vuote di sentimento , frivole nella sostanza e
gigantesche nella espressione, come ha osser

vato il Montesquieu (i). Fu per dal re Re


cessnindo , con togliere la proibizione dei
matrimoni tra' Goti ed i Romani, stabilito il

diritto di epigamia tra essi, cbe dasuoi an


tcessori nel trono deVisigoti era stata pro
scruta.
g IX.

Nel codice de'Visigoti vebbe non pertanto


qualche parte il codice Teodosiano insieme
con quello ancora di Giustiniano. Anzi il re

Alarico (cui il Budino (a) con un anacro


nismo non iscnsabile attribuisce la legge che

puniva di pena capitale chi avesse preferite


le leggi romane alle sue) ordin che il co
dice Teodosiano , distintamente da quello di
Giustiniano , fosse osservato dai Romani abi

tanti ne suoi Stati. Il codice de Visigoti, la


cui compilazione fatta per ordine dii Alarico
attribuita dal Cujaccio ad Anniano cancelliere
del medesimo Alarico , fu ricevuto anche da
altre nazioni e si conserv niente meno

nella Spagna sotto i Saraceni poich la con


uistarono; ma questi debellati ed espulsi

dalla Spagna, Alfonso Nono o Decimo pro


scrisse questo codice , introducendo e stabi

lendo nella Spagna il solo diritto romano,

(i) Esprit de: lois. , liv. XXVIII, chap. t.


(a) De Republ., lib. I, pag. tor.

._,12....

5 X-

Comunque i popoli del Settentrione e della


Scandinavia, che inondarouo sotto diversi
nomi |' Europa e limpero , avessero una

morale pi propria a formare guerrieri iu


trepidi e valorosi, che ad investirli ed ani

marli di un vero spirito di civile. umanit ,


e ecco avessero tratto un certo carattere di
ferocia e di militare audacia e rozzezza, co

sicch eri delle loro foqze e delle loro fe

lici imprese disprezzavanmtutte le cognizioni


le quali non servissero a indurare i loro corpi
alla fatica e alla erezza ne' loro combatti
menti, successivamente per nelle varie pro-,

vincie e Stati dell' Europa pi colta e civi-_


lizzata , dirozzandosi , riconobbero e rispet

tarono quelle verit primitive che fanno il


fondamento de nostri doveri stabiliti dalla
natura medesima, e appoggiati alla originaria
costituzione di tutti gli uomini. In mezzo di
fatti alla stessa loro ignoranza e ad una certa

originaria morale stupidit mostrarono non


pertanto di quando in quando di conoscere.
e seguire quei sentimenti profondi di giu
stizia , di rettitudine e di umanit che na
scono con noi stessi e insinuati ci vengono

dallo spirito del diritto di natura.


5 XI.
Quindi le leggi de Visigoti, Ostr0goti,
Salj , Alemanni, Ripuari , Sassoni , Atiin ,
Frisi , Longobardi, e di altri popoli usciti dal
Nord , da essi stabilite nei diversi paesi con
quistati, nei quali i primi abitanti, mal go

vernati e mal difesi, cedettero al loro co

... ,3 __
raggio, portavanoqualche impronta pio meno
tratto da'- quella legge sovrana che abbraccia
tutto il mondo. vero per che queste leggi
risentivano insieme dello spirito duro e feroce
delle rispettive nazioni , e che la supersti
zione era in gran parte il fondamento di esse.
Ma come si poteva pretendere dalegislatori
nudriti e invecchiati sotto le armi, che svi

luppassero e spiegassero i principj della mo


rale civile e politica con quella avvedutezza
e con quella estensione di cognizioni e di
dottrina che non possono spiegare se non
quelli che con uno studio e riessione so
stennta e diretta dalle scienze e dalla vera
losoa naturale , civile e politica hanno col

tivato il loro spirito?


S XII.

Ebbern questi popoli per ispeciale scopo


nelle loro_ leggi di coltivare e mantenere

ne' sudditi la disciplina militare e quello


spirito bellicoso , ero e ritroso a cui do
vevano particolarmente la loro grandezza
e la

loro

fortuna.

Da ci ne

venne che

quei legislatori ben poco istruiti nella scelta


de loro principi e nello sviluppo delle ve

rit primitive che dovevano servire di fon


damento alle
li

aviti

loro leggi ,' hanno ritenuto

e inveterati

dalla educazione,

pregiudizi forticati

e generalmente adottati

dai loro popoli ,--e le

abitudini viziose

de"loro antenati come cose consacrata da una


prescrizione immemorabile. Ella quindi co

stante massima , che comunque la morale


della natura sia sempre uniformein tutti i
'4

14 -.-.

tempi, in ogni luogo e presso tutte le na

zioni, luomo non pertanto pu averla con


fusa ed alterata con errori e con imposturc,
senza poterla per in se stessa cangiare.

g XIII.
Per lo che non cosa agevole il se

guire le traccie e i principi delle leggi na


turali, quanto alla loro notoriet e cultura
ne tempi barbari che succedettero alla di
struzione e totale decadimento dell impero
romano , ne' quali l ignoranza, i pregiudizi
morali e civili e la superstizione fecero ra
pidi progressi , e opposero. invece grandi
ostacoli ai progressi delle lettere , delle scienze
e delle verit morali e politiche. In quete

nebrosi tempi non era agevole il distinguere


il vero dal falso, n la voce della ragione

era cos facilmente distinta , poich per lo


pi gli uomini si facevano un pregio di avere
rinunciato non solamente alla riessione e al
buon senso, ma eziandio al senso comune
medesimo, tutte le cognizioni utili

essendo

erette in misteri, e facendosi delitto l esami

nare, e maggior delitto il comunicare ad altri


le verit che si venivano scoprendo.
s XIV.
Non pertanto non si deve negare che in
mezzo alle dense tenebre di que' tempi non

fossero sortiti alcuni uomini illuminati

istrutti anche nelle scienze e nelle lettere ,

conservate dai monaci Benedettini special


mente , e sottratte da essi al comune

vol

gare disprezzo. Vi furono alcuni geni lette


rari e loso che a traverso l oscurit me_
\

"1,5..

desima di quelle tenebre fecero balenare al


cuni di quei lampi della verit e dei veri

principj del diritto di natura, de quali la


luce cosi viva e folgorante, che i suoi

raggi, bench offuscati di tempo in tempo,


giungono a penetrare le dense nubi dell igno
ranza. Ma i tempi non erano opportuni per
pubblicare e comunicare apertamente le ve
rit che si scoprivauo, e perch le medita

zioni di alcuni geni sublimi e loso potes


sero liberamente scuotere l ignoranza e sma
scherare l' impostura e la superstizione. Lu

persecuzione e il fanatismo li rendevano troppo


odiosi e screditati presso il volgo, perch la
ragione stessa naturale de popoli potesse da
essi essere rischiarita e illuminata. Non era
anche giunto al suo meriggio il tempo in

cui la losoa e le lettere venissero in aiuto


della morale.

5 XV.
Nell' ultima decadenza dell' impero romano
nell Occidente, verso la ne del secolo
quinto, cio nel 476, Odoacre (della cui

origine e nazione disputano gli storici , as


serendo alcuni che era tartaro di nazione, ed
altri di stirpe gotica , ma allevato in Italia fra

le guardie del corpo dell imperatore ), fattosi


capo di un miscuglio di popoli sortiti dal mare
Baltico e dalle paludose sponde del Danubio
( che furono Eruli , Tureilengi , Rugi , Sciti ,
Alani, cio una ciurma sterminata di varie
nazioni tutte amanti a far bottino delle spoglie
dell Italia) . si impadron , superando le alpi

Cozie, dell' Etruria e dell Emilia , e, prose

_. 16 -

gnend0 le sue conquiste, perVenne a Pavia,


dove , da suoi soldati, e a suo solo arbitrio,
si fece proclamare re d Italia , nome no
allora ignoto all Italia e nell impero; il suo
regno fu per , per quel tempo , militare pi

che civile e politico. Dopo avere egli scontto


e ucciso Oreste , generale all impero , col suo
glio Angustolo, intruso da esso nel tronp
imperiale , e in cui fu estinto affatto il nome

e la dignit dell impero d Occidente, come

abbiamo da Giornande (I) e dagli altri sto


rici presso il Muratori ne suoi Annali, oc

cnp Odoacre Roma , e dentro di essa fece


il suo trionfale ingresso. Distribui fra suoi
soldati le terre conquistate; dalla qual cosa
alcuni hanno erroneamente opinato che avesse

il suo primo principio il sistema del regime


feudale , cio unaristocrazia militare.

SXVI. .

Odoacre per oggetti politici rese e prest


omaggio al nome e impero romano, con
attribuirsi il titolo di patrizio romano, li
tolo un tempo assai specioso e imponente,
perch tanta influenza aveva nel govcrno di
Roma. Questo titolo fu quindi dissimulato in
Odoacredall'imperatore dell Oriente Zenone,
per rispetto del quale e per altri oggetti e
ni politici diretti a promovere i suoi di.

srgni e imprese, non volle Odoacre quello


d imperatore

d Occidente.

Egli ritenne a

bench col successivo titolo regio (POOh

(I) Dc rebus geticis et de regn. success.

J- 17 _

fu riconosciuto re d Italia dopo essersi egli


impadronir di Milano e di Pavia ), le leggi
romane senza punto alterarle e moderrle

con alcun suo codice particolare. Col titolo


di patrizio, dignit eminente uell' impero
d Oriente , che veniva conferita dall' impe
ratore con solenni riti e formalit , credeva

Odoacre di consolidare il suo regno ,di cui


ss la residenza in Ravenna. Non prende
v:si allora alcun pensiere Zenone dell Italia ,
perch in quel tempo era ritornato sul trono
'dell impero

d Oriente , d onde era

stato

dalla congiura di Basilisco discacciato ., ed

aveva egli assai che fare per se stesso sopra


un trono ancor vacillante per le scosse della

passata cospirazione. Procopio (I) chiama


Odoacre tiranno percb pretende che abbia
reso schiavo il senato di Roma e tutta la

parte occidentale della repubblica. Altri sto


rici invece lo rappresentano come un prin
cipe dotato di valore e di sanno , che ri

spett idoveri dell umanit , del principato


e della civile societ , per- cui non potermi
meritare il titolo di tiranno.
' '
S XVII.
Nella distribuzione delle terre conquistate
assegn Odoacre , e diede in dominio ai bar
bari che lo avevano seguito, il terzo delle

terre (l' Italia. Si acquist con questa sua pre


potenza ed ingiustizia lodio dei legittimi pa
droni e possessori delle dette terre. Trovan
\

(1) De bello gol/1:, lib. 1, cap. l.


Saggio crit. 1. W.

-r

la -t

dosi per in gran parte incolti ed oziosi i


terreni d Italia per negligenza e trascura
tezza degli stessi possessori, si credette da
taluni essere stato utile e necessario

pro-_

vedimento quello di Odoacre , di dividere i


terreni in parte tra i nuovi popoli entrati

in Italia , perch questi supplisscro alla ne


gligenza e trascuraggiue dei primi abitanti
possessori , con mettere e ridurre i terrenia
coltura , e far cos risorgere anche la popo
lazione troppo diminuita dalle guerre e ostili
invasioni. Si form cos una specie di ari.
stocrazia che si acquist il terzo di tutte le

terre d Italia in pregiudizio dell antico po


polo italiano, che fu sempre oppresso dalle
nazioni barbare.
I
S XVIII.

Conobbe l accorto Odoacre l' importanza


in quel tempo della piazza e porto di Ra
Vcn_na , trascurato dalla debolezza e imbecil
lit dein imperatori. Non era egli senza ta-=
lenti olitici; se sembr da principio cru

dele, non lo fu che nelle conseguenze

del

focoso impeto della conquista. Non perseguit


ein le sette religiose, lasci ai culti tutti

religiosi unintiera libert, cosicch il catto


licismo risplendette sotto il suogoverno , e us
una ,somma dolcezza successivamente verso i
suoi sudditi, che non mai schiavi lirese , e
col senato romano, falso essendo ci che in
contrario asserisce Procopio ., il quale a torto

_chiama Odoacre tiranno. Fu ein il primo


che conobbe i sublimi talenti e meriti di Au
relio Cassiodoro, ritenendolo in Italia e sol

levando questo uomo virtuoso e insigne alle


pi cospicue cariche del governo, che fu
poi sempre pi distinto con onori elcon su
blimi cariche da Teodorico re de' Goti , come

si vedr nel seguente capo.


g XIX.

Non ebbe lItalia tempi pi miserabili e


calamitosi di quelli che corsero dall impero
di Valentiniano Terzo insino al regno di Teo

dorico re de Goti e poi d" Italia ., conside


rando di quanti danni ., sconcerti e rivolu
zioni debba essere cagione agli stati, ai regni

e alle repubbliche il variar si spesso di prin


cipe e di governo. Quindi che si pu fa
cilmente immaginare quanto l Italia special

mente dovette patire dai disordini, dalle


confusioni e sconvolgimenti, e dall avvili

mento delle leggi e della giustizia di que' tempi.


CAPO SECONDO.
Di Teodorico re de: Goti e poi dell Italia ,
delle sue leggi e de' successori nellimpero.
I.

Mal soffrendo l immratore Zenone, poich


si trov rassdato sul trono dell impero , che
l Italia fosse conquistata e dominata da Odoa
cre , si rivolse a Teodorico Amal0 re degli
Ostrogoti , che ein aveva non solamente adot
tato per suo glio e creato console ordinario,

ma colmato inoltre di ricchissimi doni, cou


cesso avendoin eziandio tutto ci che doman
dava, e con fede greca lo eccii e mosse

20 _

a discacciare Odoacre e distruggere quel suo


precario regno , in cui si mantenne per da

pi di 17 anni. Zeno imperator,.scrive Pro

copio (i) ., ignarus rebusuti ut dabant Lem


pora , Theor!orico hertatus est,

ut in Italiam

irct, Odoacreque devicto , sibi ip.si ac Gothis


pararet occidentis regnum. Anastasio, succes
sore di Zenone, mantenne poi con Teodo

rico una ferma e sinc;ra amiciziae leale cor


rispondenza , ricon0scendnlo legittimo re dI
talia , come si ha da Cassiodoro , esortan
dolo- che amasse il senato, abbracciasse le

leggi romane e procurasee mantenere sotto


il suo regno l' Italia tutta in una tranquilla
e sicura pace , di che Teodorico l accert,
come dalle sue epistole dirizzate ad Ana.
stasio , appresso del medesimo Cassiodoro si

dedu0e (a). Penetr dunque Teodorico in


Italia per la Venezia, disfece ed estinse O
doacre, dopo 17 anni del suo regno, sim
padroni di Milano e di Ravenna, ed ebbe
da Zenone medesimo , dopo averlo rivestito

della dignit di patrizio, l investitura del


regno d Italia per s e suoi discendenti,
come stato proprio ed ereditario, con un
solenne diploma spedito da Costantinopoli:

formalit che dava alla conquista di Teodo


rico un sempre pi specioso titolo di diritto

su questo regno. Lasci deorico il titolo

di re de Goti ., e assunse solennemente quello


(I) Lib. I. IIi:tor. gothica, cap. 1 -- Veggasi an
file il Panrgirico di Ennodio presso Cassiocloro , e Gior
n=tm.lc cap. 48.

(a) Variar. lib. I7 epist. I.


|

_21._

pi nobile e dignitoso di re d Italia, e da


esso ebbe il vero e legittimo. principio il
regno d'Italia, essendo

concorsi con giu

bilo i popoli ad acclamarlo loro re , gi pre


venuti delle esimie sue virt civili e poli

tiche. Se fu mai principe e sovrano in favor


del quale nell acquisto di un regno e stato
sovran0' concorressero tanti cos giusti e le

gittimi titoli , certamente dovr ripntarsi Teo


dorico , rispetto al regno d Italia, vero e

legittimo re e sovrano , come viene celebrato


da Eunodio vescovo di Pavia nel suo pane
girico presso Cassiodoro ., da Procopio stesso ,
bench greco , nella sua storia e nella ora

zione che mette in bocca agli ambasciatori


Goti spediti a Belisario (I) , da Agatia , da
Giornande e da altri.
5 II.
.
Nominato Teodosio re _d Italia (non es

sendogli piaciuto di assumere il titolo dim


peratore , bencb in realt fosse tenuto per tale
da tutti i suoi popoli, aderendovi lo stesso
imperatore d' Oriente Zenone , e sostcnesse
tutto quel decoro e quella maest che ad un
imperatore conveniva , al dire di Procopio
e di Cassiodoro) , estese il suo regno' no alle
ultime Alpi Retiche , ritenendo dentroisuni
conni quel bel tratto di paese che si chiam
poi Valtellina , munendolo di molte fortezza,
distribuite come in feudi, o sia militari be

neci a diversi baroni (vestigia delle quali


.-.-._.

il) De bullo gothico , lib. II , cap. 6,

",

_22_

fortezze tuttavia esistono) perch fosse questo


paese un baluardo dell Italia , munimina Italia:
et clauscra provincia . . . contra feras et agrcstis
smas gentes, dandogli anche un duca, il

quale non solamente presiedesse alle cose


militari, ma ampia giurisdizione esercitasse
sopra qne popoli, come si trae da Cassio

doro
Trionf quindi in Roma Teodorico
con tutta la pompa e magnicenza degli
antichi imperatori, diverti il popolo con

ubblici ginochi e spettacoli, e dilinse le


sue liberalit sopra i Romani, de quali pro.
cur la sussistenza ed abbondanza con tutta
la maggior sollecitudine , regnando esso al
lusanza- de Romani e imitando la gran
dezza e lo splendore dei Romani Augusti.
Principe giusto e clemente , economo insieme
e magnico, di un animo elevato , di una
mente vasta, di un cuore ben fatto, saggio
e grande in ogni enere di talenti, seppe
l arte difcile di combinare l' interesse del
sovrano e dello Stato con quello de sud
diti, di provvedere ai bisogni dell' erario

senza aggravio de medesimi (a).


5 III.
Gli imperatori d Oriente non pensavano
oramai pi alle provvidenze necessarie alla
difesa e sicurezza del popolo romano , ab
bandonato a s stesso e ad un governo in

(l) Var_iar., lib. VII, epist. 4.

(a) Cass:odon , Variar., lib. IV, epist. 38, et lib" ,.


epst. 14 et 15.
'

_ 23 _.

certo e precario. Ognnn vede da tutto ci


che i-Romani erano in diritto legittimo di.
darsi a un

nuovo sovrano che la Divina

Provvidenza gli avesse presentato, -percb


eglino lo

ricevessero, lacclamassero e lo

portaasero sul trono. Giustiniano medesimo


che discacci i Goti dallItalia, repdt non
pertanto giusto e legittimo il regno di Teo
dorico e de suoi successori, poich con
quistata l' Italia per opera di Belisario e

Narsr.te, non volle abolire i loro titoli,


concessioni e privilegi
E cosa ordinaria presso gli scrittori .. Par
ticolarmente pi recenti e moderni, il no

minare i capi e conduttieri de popoli che


invasero e smembrarono l impero romano ,

come conquistatori feroci, stranieri ad ogni


sentimento di umanit , privi di lumi e man
canti di ragione politica e civile. Ma gli

storici pi giudiziosi hanno dovuto conce


dere che Teodorico diede non equivocbe
prove e argomenti di un principe saggio,

dotato di lumi necessari ad un retto go


verno nella ragione civile e politica, come
lo abbiamo poc anzi descritto, bench non
sieno mancati scrittori che impegnati ad esal
tare la santit di Severino Boezio come di
un martire, pretendono di rappresentare
Teodorico col carattere di tiranno , che la
a
v

__-4

(i) Pr'agmat. Sancti9 Jwtin., p0:t Via-1


sap. I et 2.
e

_ 94 -

condann alla morte (1), ma ci segni verso


il ne della sua vita, come si vedr in ap

resso. Conserv ein tutti quei magistrati


dellimpero politici

municipali,

che le

citt italiche sino dal dominio de' Romani


Augusti ritenevano. Adott ancora gli usi

e costumanzc de popoli sottomessi, e si


diede ogni sollecitudine -di riparare

tutti i

mali che la sua militare irruzionee invasione


potesse avere cagionati. Non rec molestia
alcuna alla religione n alla chiesa romana,
la quale anzi favor e di essa si rese bene

merito come lo confessa lo stesso Baromio

ne suoi annali (a) , e colloc tutta la sua


confidenza nelle virt del celebre Cassio

dor, a cui confer tutti quei titoli pi lu


minosi , dei quali l imperatore romano fre
giava e distingueva i suoi pi grandi e be
nemeriti personaggi. Esso fu infatti un mo
dello e un esemplare de' pi savj, illuminati
e fedeli ministri per servire il loro sovrano
e amare insieme la loro patria. In somma

fu tanto il credito, la stima, il rispetto e


lamore che Teodorico

riscosse

universal

mente, che,come scrive lo storico greco


Giornande, non _fuitin parte occidua gens qua
Theodorico, dum viveret, aut amicitia , aut su

bjcctione non deservirct

(I) Bollandisti , maji

ad

diem 27. -- Ferrari ,

Catalog. s Itali, ad dietn 23 octobr. - Giulio Marziale


Rota , in Vita Severin. Boetii.
(2) Ad annum 4q4, n. 56.
(3) Giornande, De rebus getic.

- 25 -

'

.
V.
Era Teodorico veramente illetterato, e igno
rava le scienze (eosicch non sapendo n
meno scrivere il proprio nome, usava una la

mina d oro, che aveva intagliate le_\lettere del


suo nome, con cui sottoscriveva le lettere

e gli altri atti), ma era dotato per di un


nissimo sentimento, di una egregia indole,
e dalla natura fornito di singolari lumi e il
lustrazioni di.mente. Sapeva pensare e go

vernare con coraggio e fermezza , colla giu


stizia e colla virt politica e civile , e sce

gliere per suoi ministri i personaggi pi su


vj , dotti e religiosi, siccome un esempio lo
abbiamo nella persona di Cassiodoro, che
seppe servire al principe e al bene del sud
dito. Non si devono eguagliare i Goti con
gli antichi Romani ;. non pertanto si pu dire

che Teodorico , re de Goti e d Italia , su


per ben molti deroman imperatori nella
loria, nella fortezza, nel buon governo e
nella civilt de costumi;

anzi

riput Cas

sio'doro che stasse meglio a Teodorico il no

me d imperatore , che a qualunque altro im


peratore romano. Non volle Teodorico ri
tenere certi nomi di dignit e di magistrati
affatto vani e senza soggetto , come ha os

servato il Grozio (i), i quali non Iservono


che ad adnlare la superbia, l' ambizione e
larroganza d' alcune persone vche riescono
di inutile e gravoso peso al governo: Grato
.

\ (1)Pr0kgom. ad Histor. Gothari ;

.,-.,-

..... 26 _

sunt omm'no, scrive Cassiodoro (I), qua: de


signant protinus actiones, quando tota ambi
guiras audiendi tollitur, ubi in vat:abulo con
cluditur quid geratur.

{5 VI.
Se fu Te0dorico un grande guerriero, fu
insieme un profondo uomo di Stato, che
protesse e promosse il commercio e le arti
onde meritarsi l amore parziale ds suoi sud

diti , e rispetto e stima degl imperatori d 0


rients , che sempre lo riconobbero per le
ittimo re e sovrano dell'Italia. Ordin opere
magniche, fece eseguire utili stabilimenti,

riparare gli antichi monumenti e abbellire


le citt di Ravenna, Pavia e Verona , dove
alternativamente soggiornava , ma pi spe

cialmente in Ravenna , con dispiacere del Ro


mani che volevano in Roma piuttosto che

altrove collocata avesse la sua sede, bench


del suo affetto Verso Roma abbia lasciati ma

nifestissimi documenti. Non perseguito punto


le nuove sette e Opinioni religiose , lasciando
di esse il giudizio a Dio, e volle che i suoi
sudditi ritenesseto quella religione che ave

vano succhiata col latte, abborrendo le no


vit, come quelle che sogliouo essere sem

pre 'mai agli Stati


permise quindi a'
della loro sinagoga
tanto giustamente

politici perniciosissime ;
Giudei il ristabilimento
in Roma. Si merit per
la statua che il senato

(i) Variar., lib. 6, cap. 7. - Veggasi anche il


libro attimo di Cassiodoro intorno la scelta de ma
gistrati che faceva Teodorico; ed il Grazie, al luogo cit.

" 27 _
/
romano gli fece erigere per avere spiegato
un governo non da straniero e conquista

tore , ma come di un capo della repubblica,


su l esempio di Augusto, nel dar principio
alla sua monarchia. Dimostr particolarmente
Teodorico assai stima e riguardo verso le

persone per quei tempi letterate e scienzia

te; ma aveva per proibito a suoi Goti lo


studio e l applicazione alle lettere e scien
ze, e ci pel ne politico di tenerli occu
pati negli esercizi soltanto militari, potendo
la dolcezza degli studi letterari ammollire il

loro valore e indebolire lo spirito militare.


Ma questo fu un suo pregiudizio ed errore.
VII.
Governo il suo regno Teodorico con le
leggi

romane, come abbiamo da

Cassio

doro (i), e riferisce eruditamente il Gotto


fredo ne suoi prolegomeni al codice Teodo
siano: fura veterum ad nostram cupimus re
verenu'am custodiri , ed espressamente delecta
mar jure romano vivere , cosi si esprime-Teo

dorico presso il detto Cassiodoro. Si dichiar

quindi di voler seguire l esempio di Traia


no : Trajani. nostri, clarum swculis , reparm
ma: exemplum, come abbiamo dal medesimo
Cassiodoro. Aveva Teodorico trovate gi do
minauti nell Italia le leggi romane comprese

specialmente nel codice Teodosiano, delle


quali nulla volle can iare e correg ere nel

gov:arno dell Italia. Ritetitie pertanto a stessa

(I) ariar., lib. I; epist. 37 , et Iib. III, epist.

_ 28 _

forma di governo , la medesima distribuzione


delle provincie. de' magistrati e delle di
gnit , e profess rispetto e riverenza al se

nato romano, come ne fanno fede le epi

stole che leggiamo presso Cassiodoro. Fu


sempre il pensiero e la massima di questo
saggio principe di mantenere il regno d_lta-,
lia con quelle stesse leggi e col medesimo
spirito e unione come era stato da prima
governato , e cos Teodorico si dichiar con

Anastasio imperatore d' Oriente: Quia pati vos


non credimus inter utrasqite rcspublicas , qua
rum semper unum corpus sub antiquis principi
bus fuisse declaratur , aliquid discordiae perma
nere , qua: non solum oportet inlcr se otiosa

dilcctionn conjungi. verum etiam dccct mutuis


viribus adjnvari , romani regni tumm celle, una

sempcr opinio sit

In un suo particolare

editto, che si legge fra le stesse epistole di

Gassiodoro, non diede egli che ai soli suoi


Goti un piccolo numero di saggie leggi con
venienti al loro nazionale carattere e cost
me , ma quanto agli affari

d importanza e

di rilievo , come le successioni, i testamenti


solenni, le adozioni, i contratti, i delitti e
le pene , in somma in tutto ci che riguar

dar potesse il diritto politico e privato ,


volle che le leggi romane servire dovessero

(I) Cassiodon, lib. I, Varian , epist. i. Ebbe


Tcodorico quindi un sommo rispetto per il senato ro
mano, come rappresentante la repubblica romana , molte

lettere esistendo presso Cassiodoro , dalle quali un tal


riguardo e rispetto risulta.

di regola generale nelle cause medesime fraf


un Goto ed un Romano.
g VIII.
Abbiamo pertanto ne primi cinque libri

di Cassiodoro, composti delle epistole ed


editti di Teodorico, che questo saggio so
vrano inculcava a giudici e magistrati la
esatta osservanza delle leggi romane , e vi si
allegano molte costituzioni del codice Teo
dosiano e varie novelle del medesimo Teo
dosio, di Valentiniano e di Maioriano , co
me abbiamo dai citati prolegomeni al codice
Teodosiano del Gottofredo. Mantenne Teodo

rico in fatti l accademia , o sia ateneo di


Roma , perch vi si mandasseroi giovani ad
apprendere le scienze e la giurisprudenza ,
d onde non potessero essere richiamati se

non compiuti i loro studi , chiamando egli


Roma illa cloquentiw fecunda mater , illa vir
autum omnium Iatissimum templum, con altri

elogi ancora (1).


s IX.
Nelle cause particolaridc Goti tra essi
ritenendo quel diritto di Autodicia , di es

sere giudicati dalle proprie leggi, si deci


deva da giudici a'ci specialmente delegati

in ciascuna citt , conformemente agli spe


cialieditti di Teodorico , che non discorda

vano per altro molto dalle leggi romane,


bench contenessero alcune disposizioni che

(i) Cassioclor., Variar., lib. I, epist. 39; lib. IV,

epist. 6; et lib. IX , epist. 2|.

avcvano singolare relazione alla maniera di


Vivere de Goti, asserendo lo stesso Teodo
rico , secondo che si ha da Cassiodoro, che
i suoi editti ex novellis legibus, ac veteris jurt's
sanctimonia pro aliqua parte aveva esso com

pilati. Ogni volta per che un Romano (sotto


il qual nome erano intesi tutti gli antichi

abitanti d Italia) era interessato nella causa


o come attore, o come reo con un Goto,

questa doveva essere trattata secondo il di


ritto romano , avanti magistrati romani: Si

guod negatium , abbiamo da Cassiodoro (t),


cum Gothis est , aut Gotho cmerserit aliquod

cum Romanis , legum considerazione denias;


neo permittimus discreto jurc vivere, quos uno volo
volumus vindicare , cosi riferisce Teodorico ad

un tal Gennaro , preside della provincia del


Sannio, come si legge presso Cassiodoro.
Questo diritto romano si riduceva principal
mente al codice Teodosiano e alle costitu
zioni novelle degli imperatori Teodosio , Va
lentiniano , Marciano , Severo e Antemio che
regnavano in Oriente. 'Il codice di Giusti
niano e le sue novelle non furono ricevute
in Italia ncb in essa si mantenne il do

minio de' Goti. Veramente limpero di Giu


stiniano non cominci che verso la ne del

regno de Goti ,. e in conseguenza non po


tevano il codice e le novelle di Giustiniano
esser note ai medesimi, u quindi essere
adottate nel loro governo.
'

(I) Variar., lib. II, cpist. 13.

.-. 3| _.

X.
Teodorico , come rilevasi da quanto di lui
abbiamo da Cassiodoro , seguiva nella poli-i
tica e nella legislazione tali principi e mas
sime, che farebbero onore ai secoli i piil
laminati, i pi istrutti e i pi colti nella

scienza civile e politica, poich , conn- scrive


Ennodio nel suo panegirico , eum educaverat

in yemio civilitatis Graecia. Cassiudoro (I) in


fatti ci dice che abbia egli abolito l empio
e barbaro uso de duelli e delle pngne giu
diziarie (che gi erano state severamente proi
bite n da Faramondo I, re di Francia (a),
da cui forse Teodorico ne trasse l esempio),
e che co suoi eclitti diretti a Romani, loro
prescrivesse e incnlcasse di sottomettersi alla
instizia che fa la felicit dell' universo , di
obbedire quindi alle leggi, senza le quali
non pu sussistere uno Stato u la civile so
ciet , e di rispettare e onorare i magistrati.
Le pubbliche leggi, esprimeva ne suoi

e: editti, sono la consolazione della vita


umana, il soccorso de deboli , _il freno
a. de potenti e il fondamento della pub

; blica e privata sicurezza e felicit . Ad


un suo Goto pertanto , fatto da esso giu-.
dice in qualche provincia, scrisse Teodo
rico: 1Equittlti fave: emincnriam animi uirtule
defende ut inrcr nativnum consuetudinem pere

versam Gothorum possis demonstrare justitiam


(i) Varian, lib. III, epist. 23 et 24.
(a) Le Socrate moderne, discuss. Vl.

(3) Procopius , Histor. gothica.

._ 32 _

Ebbe pertanto Teodorico per massima quella


che abbiamoin Cicerone nella sua orazione
per Cluenzio , che est sapienti: judicis memi
nisse Imminem , cogilare tantum sibi permissum
quantum commissum cc creditum sir, et non so

lum sibi potestatem datam, verum etiam dem


habitam esse. Mcminisse et semper non quid ipse
velit, scd quid [cx et religio cagat, cogitare. Non

ma ragio'ne adunque poterono i Goti ap


presso Belisario vantarsi di questa loro mas
Ed
cimein evero
principi
la fededi de
morale
trattati
e di
chepolitica
ai principi
procura la stima'e la condenza de' popoli e
delle nazioni, che uno defondamenti pi reali

dello stabilimento e sicurezza degli Stati (che


trascurata e violata daCartagmesi, port
la rovina e distruzione di Cartagine , e che

religiosatnente osservata , port invece Roma


ad un sublime grado di potenza), fu un

oggetto particolare di Teodorico e della na


zione de Goti per rispettarla e osservarla.
g Xl.
Promulg successivamente Teodorico anche

un suo codice particolare di leggi sagge e


prudenti, quanto il suo secolo e le circo
stanze politiche, nelle quali trovavaa , po
tessero permettere , come abbiamo da Cas

liodoro e da altri storici, ma senza prescri


vere le leggi romane, anzi ritenendo nelle
proprie leggi lo spirito di quelle e la loro

economia civile. Non sarebbe stato difatti

(I) Idem , ibidem.

.. 33 ..
prudente consiglio che Teodorico, contro In

fede data nel principio del suo regno, to


gliesse agli Italiani (che tutti in confronto
dei Goti si dicevano Romani) quelle leggi

e abolisse affatto Quella forma di governo a


cui erano da lungo tempo assuefatti ,':e che

Odoacre stesso seppe rispettare. Quindi


che il Grozio ne suoi prolegomeni alla
storia gotica pot dire con ragione: Planeque
siquis cultissimi, clementissir11ique imperii, for
mam conspiccre volueriz , ci ego legenda: cen

seam regnm Ostrogotorum (specialmente di


Teodorico) cpistolas_ , quas Cassiodorus collecta:
edidit.

g XII.
Abbiamo da Cassiodoro(t) che Teodorico
adotrar volle il re degli Eruli, popoli belli
cosi , per farselo amico e alleato , e il rito

quindi di questa adozione consistette nel


mandarin alcuni scudi, spade e cavalli per

suo uso; rito conwniente allo spirito de po


poli generosi del N0rd. Si collego inoltre
Teodorico in alleanza colla famiglia di Clo

doveo re di gran parte delle Gallio , a cui


consigli , dopo la vittoria da esso -ripor
tata sopra gli Alem'anni, che bellummoderats
peragat, ed ebbe tutto lo zelo e l impegno
di pacicare Clodoveo con i re degli Eruli,
deToringi ed altri, come abbiamo presso

Cassiodoro. Mantenne trattati di amicizia e

Tours
(t) ,Varar.
lib. IL, lib. , IV , e P ist. a.
_ - Grego rio

Saggio crit. T. IV.

_3

"

- 34 -.
confederazione anche cogli altri capi della

nazione de Galli e con altri popoli , sempre


intento a promovere la pace universale , sic
come risulta dalle epistole scritte da esso a

Clodoveo medesimo , ad Alarico re de' Vi


tigoti, a Gundebaldo re della Borgogna, ai

surriferiti re degli Eruli, de Toringi e ad


altri, come si pu osservare presso il lodato
Cassiodoro.
s XIII.
Si ccliss per Verit alquanto la gloria e lo
splendore del regno di Teodorico per la morte
a cui condann il celebre losofo Severino
Boezio e Simmaco, senatori di sommo cre-.
dito e ripnta2ione. Id illi injuriw, dice Pro-=

copio (parlando della condanna di Boezio


e Simmaco ) in subdos primum , ne postrrmum
fuit, quod non adhibita u: solebat inquisitione ,
de viris tantis statuerat. Intorno la qual con,
danna si sono sparsi favolosi racconti e si

preteso che imputati fossero Boezioe Sim


xnacu di cospirazione contro

il governo di

Teodorico, e di avere macchinato di resti


tuire. Roma nellantica sua libert.

Non

vi

ebbe, per parte la religione , come osserv


Grozio nella sua storia gotica: Actum ibi non
de religione quoe Boetio satis platonica fuit,

sed de imparai stata , come lo stesso Baronia ,


annalista ecclesiastico, conviene allanno 525

De suoi annali; bench alcuni abbiano pre


teso che l odio alla loro religione cattolica
abbia avuto parte alla condanna di Simmaco
e Boezio; la qual cosa ripugna allo spirito

di Teodorico, il 'quale, al dire di Cassiodorc,

.. 35 ._
ci era espresso col senato romano con questo

notabili parole: Religionem imperare non pes


Anzi
tumus abbiamo
, quia mmc
checogitur
per lautsua
crcdat
piet
inuitus
e culto
verso Dio in sommamente encomiat0 da
Ennodio, cattolico, vescovo di Pavia, co
munque Teodoric0 professasse l' arianismo ,

i cui errori per, se crediamo a qualche


scrittore , si sono da lui abbracciati in sua vec
cbiczza soltanto , quando la mente dell uomo

comincia a vacillare.
g XIV.

Lascio agli storici e critici il disputare pi


diffusamente sul fatto della morte di Seve

rino Boezio ediSim'naco , e intorno i O0


rivi della loro condanna e barbara morte;

ma per vero che alcune crudelt prati


cate da Teodorico negli ultimi anni dellet

tua senile oscurarono non poco la sua glo


ria e il suo nome, n Cassiodoro ha tro

vato argomento di difenderlo e fargli un' apo


logia. Procopio per narra che Teodorico
negli estremi della sua vita confess in Sim

macurn et Boctium quod peccaverat, e che pre


(1) L Eineccio riprende Gottofrcdo Arnoldo , in
IIistor eccles. et haret. , per avere asserito che Se
verino Boezio non fosse cristiano pel suo libro De
consolatione ca: pkilasopkia , quasi che non sia cri
stiano chi ricorre ne suoi travagli alla retta ragione:

alla losoa, e con essa si consiglia. Nella retta ra


gione e losoa contorre anche la religione. Ma le
opere teologiche di Severino Boezio, che riferisce nella
sua Biblioteca latina il Fabricio , e nei|a sua Storia

letteraria del secolo sesto Guglielmo Cave, 10 dichia


rano manifestamente cristiano.

1-36.
Iu'tenriw et dolori: Magnitudine non multo post
obiit. Un principe a cui invecchiando vacilli
la testa , diventa facilmente crudele e ero
ne' suoi ipocondriaci periodi: di ci la sto
ria ci ha lasciati funesti esempi. Tiberio e

la regina Elisabetta d Inghilterra ., oltre al

tri, possono essere di esempio. Negli ultimi


anni massimamente la sola vera religione

che possa essere di conforto , e sollevare e

ravvivare lo spirito, come lo prov Luigi


XIV singolarmente , e avanti di lui l' impe
ratore Carlo, V e suo glio Filippo

Il re

di Spagna. Giornande nulla pi asserisce se


non che Teodorico, postquam ad senium per-.
venisset, er se in brevi ab hac luce egrcssur'um
cognosceret, convocati avanti di lui i primi
signori del regno , a questi munin per suo
successore Atalarico, glio di Amalasunta
sua glia, sotto la tutela di sua madre ., e
raccomand loro la fedelt che dovevano
rofessare al loro re , e l amore insieme e

ii: riverenza verso il senato e popolo l0le


no. Incarico specialmente ancora i suoi Goti

magnati di mantenere amico e propizio al


loro regno l' imperatore d Oriente, e di con
.ervare sempre con lui una ferma e stabile
pace e confederazione ; ma l' imperatore di
Oriente corrispose con fede greca , come si

vedr nel susseguente capo, '

"*_L

4.___

CAPO TERZO.
Desuccessori di Teodorico.
\

Il

Amaiasunta adunque, morto Teodorico


suo padre , assunse il governo del regno col

titolo e carattere di tutrice reggente per la.


Pupillare et di suo glio Atalarico, a cui
la regia corona, come nominato da Teodo
rico suo avo , I secondo che si gi accen

nato ., apparteneva
Dietro i principi e
le massime paterne regn Amalasunta , aven
do Cussiodoro per ministro e consigliere,
col carteggio di tutte le virt morali , ci.

vili e politiche delle quali era fregiata, e


colle quali eguagli la saggezza e prudenza
de'-pi savi re nel governo del regno. Mau
tenne la stessa civile forma e istituto dign
vemo che Teodorico suo padre aveva sta

bilico, e conserv in tempi assai difcili e


critici la dignit della corona d Italia. Ri
tenne le primiere leggi, gli stessi magistrati,
la stessa disposizione delle provincie e la
medesima civile e politica amministrazione.

Finch ebbe essa, come tutrice del glio, la


reggenza del regno, vi mantenne la pace , la
giustizia ,e vi fece pubblicare alcune savie leggi

e particolarmente quella con cui fu ordinato il

(1) Sotto il goverhm'cli Amalasunta suc'cesse all il

pe1o Giustiniano, fatale al regno de Gai,


l

.,..

....

pagamento degli stipendi stati sospesi ai pro


fessori di eloquenza e di giurisprudenza (i)
per promuovere la cultura dell'umano in

telletto ad onta delle tenebre dell' ignoranza


nelle quali erano immersi i Goti.

S 11.

Si studi la savia e prudente Amalasnnta


di allevare il glio secondo il costume ro
mano con farlo istruire nelle scienze e nelle
lettere e in quelle virt che formare de

vono un principe saggio e illuminato nel suo


governo. Scrisse casa a nome del' glio a
Giustino I , imperatore d Oriente , succeduto
ad Anastasio, calde ed ofciose lettere per

conservare tra essi quella concordia e pace


di cui Teodotico l aveva incaricata. Altro
lettere scrisse Amalasnnta col nome del
glio al senato e al popolo romano, piene di
sentimenti

di affetto e di stima, che leg

gonsi tutte presso Cassiodoro (a). l Goti,


-' non ancora iuciviliti e dirozzati affatto, tu
multuando

volevano

il loro re Atalarico

nudrito soltanto ed educato fra le armi, e


per fu Atalarico sottratto violentemente alla

assistenza e cura materna, per cui essen


dosi egli abbandonato alle dissolurezze, al
libertinaggio e all' intemperanza , venne ben

presto nellottavo anno del suo regno a morte


e rest la corona a disposizione di Amala

sunto. Se le donne sono accusate di debo

(r) Cassiodor. Variar. , lib. VIII, epist. 2!.

('l) Variar. , idem , lib. VIII, epist. r , 2 et 3.

_3

luna e frivolit, hanno per naturalmente un


carattere dolce , moderato , magnanimo e in
clinato a una generosa compassione; quindi

collocate sul trono sanno essere superiori


alla donnesca debolezza e frivolit , e pos

sono formare un buon governo meglio che


certe virt virili, dure e feroci, come ci
\ diede l esempio Amalasunta, e in questi ul

timi tempi 1 austriaca imperatrice Maria Tee


resa , di sempre dolce e perpetua memoria ,

e Catterina ancora ., imperatrice delle Rus


sie, senza cercarlo nel viaggio della Guinea
dello Smith.
s III.
Morto il figlio , credette Amalasunta di al.
sociarsi al trono del regno d Italia Teodato
gliuol0 di Amalfrida sorella del gran Teo
dorico ., scelto per suo secondo inarito, coi
patto espresso e rmato col giuramento, che
dovcsse essere Teodato contento del titolo di
re e dell'onore del diadema, e a lei lasciasse
l esercizio libero della sovranit. Fu Teodato

un principe , il quale bench erudito nella


losoa Platonica , e nelle scienze civili ed
ecclesiastiche da esso apprese nella solitu-v
dine della Toscana, dove erasi ritirato , co
me abbiamo da Cassiodoro ,, disonor il trono
di Teodorico, essendo affatto inetto nelle
cose militari, timido ., pigro , avaro , senza
'onore e senza probit,

perdo e maligno,

come lo descrive Procopio. Per tre anni

prov l Italia nel regno di Teodato-unp go


V'0 qual si poteva promettere da un re
malvagio. Profugo egli vilrmnte di citt in,
.

"" 40 -

citt, all appressarsi di Belisario , generale


di Giustiniano, spedito a riacquistare l=lta
lia all'impero, fu cos vile e barbaro da sa
cricare con somma ingrntitudine> e scelle
ratezza la meglic Amalasunta alle gelosie del
limperatrice Teodora che invidiava quelle
virt nelle donne, che essa non possedeva ,

con averla, dopo la prigionia in np isola


posta nel mezzo del lago di Bolsena, fatta
barbaramente strozzare in un bagno (1), la
fui-morte per volle Giustiniano vendicare
m Teodato medesimo che , colto nella sua
fuga , fu ucciso.
33 IV.

Vitige , gran capitano e principe di molto


-valore e prudenza, come ci rendono testi

monianza le sue orazioni ed epistole che si

leggono presso Cassiodoro ed il Goldasto ,


dopo essere stato scacciato e deposto dal
trono , e quindi ucciso Teodato, fu pro

clamato dai Goti nel loro campo per loro


re
Difese egli il suo regno da gran ca
pitano, da politico e da sovrano , e si im
padron di Milano che barbaramente per
distrusse e atterr affatto , avendo fatto mas
sacrare una gran

parte de' suoi

abitanti,

per cui la sua memoria venneiu gran parte


ecclissata. Ricevette dal pontece romano

Silvestro, dal senato e dal popolo romano un


nuovo giuramento di obbedienza e- subordi
(r) Giornandes , De rebus

othicir.

(2).PIOCOPIUS , lib. I, cap. , 7 et u. -- Script.


Ber. dal. , tom. 1 , pag. |07.

-.' 4 "'
trazione , al quale. fu cpntravvenutn'. ben presto
coll introdurre in Roma Belisario. Fu poi
ben tosto assediata Roma dall intrepido Vi
tige , il quale dopo un _anno di assedio do
Vette poi cedere nalmente pi che al va

lore, alla fortuna e alla forza de generali

di Giustiniano , e scontto, fu fatto prigio


niere colla moglie da Belisario, dopo avere-
invano procurata l assistenza de' Longobardi,
gi suoi alleati, che non vollero rompere

la corrispondenza che avevano con Giusti


niano , avendo per esperienza provato che

ambigua: auxiliorum anima: (i) , milizia sine


a'ectq.

S V.
.
A Belisario fu quindi offelta da Romani la
corona del regno .d Italia , ma non si sa se

per fedelt al suo sovrano , o perch non


si vedesse in istato di scatenerla e difenderla,

come pi probabile, seppe ricusarla. Di


Venuto non pertanto oggetto di politica ge
losia Belisario presso Giustiniano, fu richia

mato dal proseguire l impresa d Italia. Be


]isario doveva avere dei gran meriti presso
Giustiniano, poich lo difese , e salvin la
vita stessa , allorch in mezzo ai ginochi del
circo fu egli in pericolo di essere massa
crato dalle ridicole fazioni dei Verdi e dei
Turchini; ma fu Belisario

somma ingratitudiue. I

compensato con

rand_i talenti , le im

prese dovute al valor militare e le virt

(i) Tacit. , Histor. , lib. IV.

41

_-u

stesse ed i meriti singolari civili e politici


di alcuno sono stati spesse volte fomenti delle
elosie de deboli sovrani e argomenti dei
no adulatori per sagricarli, come abbiamo

pi esempi nella storia de' principi deboli e


imbecilli, e in Belisario medesimo.
S VI.
_r Dopo l' elimero regno di lldebaldo e di
' Erarico , che venuti in sospttoein odio ai

Goti medesimi, furono da questi trucidati,

Totila , nipote d'lldfbaldo per parte di fratello,


succedette al trono de Goti. Da alcuni mo
derni storici es'so viene rappresentato erronea.
mente come un agello desolatore della specie
umana, quando all'incontro fu un principe di
singolare virt , di molta umanit ed estremo

valore

Ma gli storici.non sono sempre

giudici imparziali e ragionevoli, e spesso si


attaccano a partiti particolari. Combatt To

tila generosamente per la giustizia dei diritti


della sua nazione, e sostenne per qualche

tempo con eroico coraggio la causa or mai


disperata de Goti. La sua giustizia , la sua
clemenza e la sua umanit ne governo furono
assai commendate dagli scrittori di que tem
pi, sebbene le critiche circostanze politiche
nelle quali ritrovossi Totila , esigendo una
somma vigilanza e anche rigore per soste

_ nere ne vacillanti popoli la regia potest e il


proprio regno, labbiano qualche volta fatto
comparire crudele e severo, non ostante che

(I) Grotius, Prolegons. ad histor. Olhid.

.... 43 -

altrndmfossedi un carattere giusto e cle


mente. Nei delitti che interessano la sicu

rezza e tranquillit civile e politica dello


Stato , la clemenza spesso riesce nn' impru

denza politica , e la giustizia rigorosamente


eseguita non pu condnnnarsi di crudelt.
VII.
Col suo valore , colla sua attivit e colla
sua prudenza seppe Totila ristorare di ma

niera il regno de' Goti , che quasi avealo ri


dotto allo stato medesimo in cui lo lasci
Teodorico. Ancurch Goto, riguard i Ro

mani con occhio paterno,come scrive Paolo


Warnefrido , detto il Diacono,e bench due
Volte abbia dovuto assediare e riacquistare
la citt di Roma, niente mutdelle sue leggi
e de' suoi istituti, ritenendo in essa la me

desima economica e politica amministrazione


e forma delle provincie e del governo se
condo il sistema di Teodorico. Port la guerra.
in Sicilia, sped trecento bastimenti sulla
costa della Grecia , attacc la Dalmazia ., e
fece uno sbarco coraggioso nelle isole Ionie.
Per lo spazio soltanto di soli dieci anni che
regn Totila, molti monumenti lasci del suo
valore , della sua bont e di molte altre virt
delle quali era ornato , per cui gli scrittori

medesimi,lasciarono di esso illustri e splen


dide memorie. Presso il Goldasto abbiamo
varie orazioni dette da Totila a suoi soldati,

colle quali raccomandava loro la giustizia, la


moderazione e le altre virt morali e sociali,
come leggiamo presso Procopio. Fra le altre
eccellenti massime morali e politiche di Toula

_-_-4

riferite da Procopio , si ha che " impou


sibilo che quelli i quali usano violenza e in
giustizia possano acquistare gloria nei come
battimenti, poich la fortuna della guerra

corrisponde alla dirittura morale della vita


di ciascuno.
g VIII.
Disfatto ed estinto Totila nella sanguinosa
battaglia datagli da Narsete, succeduto a
Belisario nel comando delle armate di Gin
stiniano in Italia , in cui si difese lungamente,
e tenne ambigua la vittoria; perito poscia
anche Teja , succeduto a Totila nel regno ,
nelle successive azioni seguite , il trono dei

principi Goti in Italia fu affatto abbattuto ,

e con esso furono

proseritte ed annul

late tutte le saggio leggi ed istituti civili e

politici di Teodorico e degli altri re Goti


dallambizione di Giustiniano, che volle re

pristinato intieramente il solo diritto ro


mano fatto da esso compilare colla ag
giunta delle sue particolari costituzioni.
5 IX.
Cosi termin allatto , dopo 64 anni, la
dominazione de" Goti in Italia , gente illustre

e bellicosa, che tra gli strepit guerreschi


'nonabband-on mai gli esercizj della in
stizia , della temperanza, della fede ,e di
altre insigni virt , cosicch Salviano ebbe
a scrivere che era da desiderarsi negli stessi
Romani la virt , la giustizia e temperanza
deG0t , bench da essi riguardati come
barbari. Il loro governo si mantenne si ben

temperato, che la libert civile del popolo,

-.- 45 _.

le prerogative della nobilt e del club e


la potest dei re si trovavano in un pieno
concerto e bilanciate di modo che non vi:
poteva essere emulazione tra esse.

g X.
Per qualche tempo lItalia,

sotto il do-

minio di Giustiniano , che la riguardava per


con fasto greco come una semplice pro
vincia dellimpero , ritenne in osservanza il

diritto e le leggi romane che Giustiniano


aveva raccolte nel suo codice , ne suoi di
esti e nelle sue nonlle. Anzi Giustiniano

volle promulgare inoltre una prammatica,


che si legge dopo le ndvelle , nella quale ai
disordini no allora accaduti in Italia e nelle
altre parti dell impero occidentale , credeva

di porre rimedio e riparo. Fu questa indi


rizzata ad Antioco prefetto dell Italia, e data
in Costantinopoli nel trigesimo settimo anno
del suo impero , che vuol dire negli ultimi

anni della vita di Giustiniano , quando que


sto vacillava alquanto nella mente , e aveva
oscurata la sua fama

coll'eresia Eutiehiana

che volle abbracciare.- In questa prammatica

confermando tutti gli atti e le donazioni fatte


da Atalarico e Amalasnnta sua madre ., e da
Teodato stesso nel regno de Goti, allin
contro abolisce e abbomina tutti gli atti e le

donazioni fatte da Totila , riputaudolo a 'torto


un tiranno, cosicch nelle prescrizioni stesse
di 30 e 40 anni non si debba computare il
tempo in cui regn Totila in Italia; il che fu
una ingiusta e vile animosit contro la me
moria di Totila , legittimo e prode re deGeti.
\.

._ 46 ._.

Richiamo insieme losservanza di tuttele sue


leggi per tutta l Italia , colle costituzioni

novelle di poi da esso promulgate.


.
5 X1.
Dopo la morte di Giustiniano l Italia ri

cadde in preda di que popoli medesimi,


collajuto de quali Narsete riacquisto I Ita
lia all impero. Questi furono i Longobardi,
conosciuti no a' loro tempi da Cornelio Ta
cito , da Strabone e da Tolomeo , detti an

che da prima Gepidi , come osserva il Sal


masio presso il Grozio neprolegomeni alla

sua storia gotica. Invitati costoro, come as


serisce Paolo Diacono nella sua Storia de Lon7
gobardi (I), dallo stesso Narsete ad occu

pare lItalia in vendetta delle oute che aveva


ricevute dalla corte di Costantinopoli, e spe

cialmente dall imperatrice Soa , che regnava


allora coll imbecille suo marito Giustino Ii ,

stabilirono il loro regno e le loro leggi in


Italia con un . nuovo ordine e maniera nel
governo. Ma non ebbero certamente biso no
dell accennato invito i Longobardi , che gi
erano allenati dal bello e fertile clima dIta.
lia, allorch vi militarono sotto Narsete, per
distruggere il regno de Goti.
Q XII.
Giustino Secondo , glio di una sorella di
Giustiniano , succedette nell' impero allo zio,
ma fu troppo diverso da esso. Per la sua

stupidezza e imbecillit , abbandonatosi egli

. (i) Lib. I , cap. 5.

5.f _

- 47 -

mollemente al governp di Soa sua moglie,


donna orgogliosa e ambiziosa , fu richiamato
dall Italia Narsete , che poi invece si port
da ribelle a trattare con Alboino re de'Lon

gobardi per la conquista dell Italia medesi


ma
Fu invece di Narsete (che lini i suoi
giorni in Roma giunto all' ultima vect:hiezza

nel 567) spedito in \Italia', come esarca,


Longino con assoluto potere e imperio, che
pretese stabilirvi una nuova forma di go
verno (a), per cui agevol imprudentnente

l impresa de' Longobardi nello stabilimento


loro in Italia, non essendo stato fornito dal

1 imbecille Giustino delle truppe necessarie

per difenderla. Volle egli abolire nelle pro.


vincie i consolari, i correttori ed i pre
sidi , contro il sistema civile e politico te

nuto daiRomani e ritenuto dai Goti mede


simi, e istitu duchi in tutte le citt e terre
di qualche momento, e la citt stessa di

Roma come semplice citt provinciale la ri


dusse sotto il governo (1 un duca subordi
nato allesarca , che risiedere doveva in Bar
venne. Non dur guari pertanto in Italia
l impero de Greci, che colla divisione are

.bitraria delle provincie in tante parti e dm


cati con pi celerite facilit si diede occa
sione a Longobardi di occuparla e conqui
ll8ll8.
(I) Paulus Diaconus, lib. I, cap. 5, et apud Me

ratorium , tam. I, parle i. Rer. italic.


(a) Sigonius, De regno Italia , lib. I.

'

- 68 -

'

CAPO QUARTO.

De' Longobardi , del loro regno e delle loro leggi

ed istituti civili e politici.


1.
Alboino, alla testa della sua nazione ger
manica, derivante dalla Scandinavia, detta
da Gornande Vagina gentium, che in origine

era quella stessa de Goti, de Vandali e

deGepidi (i) (de quali ne parlarono Taci


to , e prima di esso Vellejo Patercolo', Stra
bone e poi Svetonio , ed altri antichi scrit

tori), conducendo le famiglie intierc con le


donne e gli ed altre genti settentrionali,
invase e occup primieramente Aquileja con

molte terre della provincia di Venezia, e


specialmente il Friuli, che ridusse in forma
di ducato a favore di Gisulfo ,suo nipote ,
provincia che apparteneva gi allimpero
d' Oriente. Pass successivamente e si im
padroni di Brescia, Bergamo, Lodi, Com

colle sue adiacenti valli e pertinenze, e

poscia di Milano , dove .si fece dichiarare e


volle essere riconosciuto re d' Italia, dopo

(I) Constantin. Porphyrog. , De administrando im


p;rio , cap. 25.-- Paul. Diacon. , lib. Il , cap. 26. -

uratori, Antiquit. Ital., dissert. I. Si chiamarono


Longobardi non gi dalla lun a barba, n dalla specie
delle loro armi, ma da Langfaud, paese settentrionale

d_onde quei popoli erano derivati, come abbiamo da


pi eruditi scrittori.

avere conquistata la citt di Pavia ancora , I


con cui vie pi si assicur il regno d'Italia,
Da questo atto solenne, che si dice seguito
in Milano, si vuole che abbia principio il

diritto della_citt di Milano, che ire dItalia


dovessero in essa essere incoronati; diritto
che ultimamente pretese osservare anche Na

poleone, il quale effetto di ricevere la corona


del regno d Italia nella cattedrale di Milano

per mano dell arcivescovo nel 1805. I riti,


per altro, e le cerimonie che si praticarono
da Longobardi nella creazione e acclapmzione
de loro re, non si riducevano alla sola in

coronazione , ma inalzavano leletto re sopra


uno scudo in mezzo all esercito , e con ac
clamazioni gridandolo e salutandolo re, con

dargli anche in\mano lasta in segno della


reale dignit , come fu eseguito in Milano
con Alboino.
, _
IL
Prosegui rapidamente Alboino le sue con
qniste sopra Emilia , la Toscana e l'Umbria
ed altre provincie e citt, cosicch nello
spazio di meno di quattro anni , altri dicono

di sei anni , che visse in Italia ,

soggiog

ed ebbe in suo dominio tuue le provincie


che erano sottomesse al re de Goti, ec
cettuata Roma e Ravenna che rimasero in
potere degl imperatori d Oriente e sotto
il governo de loro esarchi, sinch anche

questa parte dell Italia dopo vari anni fu


dai rei de Longobardi incorporata al suo
regno. Aveva gi Longino nel suo esarcato

abolita la dignit senatora in Roma (che


Saggio crit. T. IV.

-- 50 --

_poi ne successivi tempi venne restituita , e


fu un oggetto politico, pi che di solo onore),
cangiata , come abbiamo gi accennato , la

forma di governo , stabiliti i duchi e capi


delle provincie ., e ridotta Roma allo stato

di semplice ducato. Alboino nulla volle in


novare , e ritenne lo stesso sistema, e stabili

egli pure nuovi duchi nelle provincie e nelle


principali citt ch egli avea conquistate , con

rifornire di pi e popolare molto terre, rese


quasi disabitate,con le genti ch'egli condusse,
Gepidi , Bulgari, Sarmati, Pannoni , Svevi

e Norici , che lasciarono il loro nome ad al


cune di queste terre , come ha osservato il

Muratori nesuci Annali.


S III.
Pi crudelee tirannico del governo di Al
boino (che, avvelenato, dovette morire vit
tima del gliale amare di sua moglie verso il di

lei padre da Alboino ucciso) fu quello del suo


successore Clefo, principe guerriero , emula
di Alboino , il quale ampli assai le fron
riere de suoi Stati, ma che, come scrive

Paolo Diacono (1), multos Romanorum viros


potentes , alios gladio cxlinxit, alias ex Italia

exturbauit , et quum annum unu.m , et sex mense:


cum Messana, sua conjuge regnuni obtinuisseta
puero de suo obscquio, gladio jugulatus est Ob

blig questo fatto, come abbiamo dal Si


gonio , i Longobardi a cangiare la forma del
loro governo nell aristm:razia di quei tren

(|) De gest. Longobard. , lib. II , t:ap. 32 e scg

-- 51 -

tasci duchi, che da prima eletti dal re, in


tutto erano subordinati al medesimo , e di
pendenti da suoi cenni , come suoi ministri

e governatori delle citt e provincie del regno.


Questi ., oltre la politica diretta inuenza che
dovevano avere nelle generali assemblee della
nazione e nel di leigoverno , regolavauo an
cora parzialmente gli affari civili ., giudiziari

e politici del proprio ducale distretto e citt ,


poich unurquisque dux suam civitatem obti
nebal: (I) , e tutti erano dello stesso grado e
della stessa autorit nelle rispettive loro citt ,
insidiandosi per a vicenda per usurparsi

1 un 1 altro parte dei rispettivi distretti che


dominavano.

s IV.
Fu il governo decennale dei trentasei duchi

fra i Longobardi a un dipresso come quello


dei decemvir fra i Romani, governo soste
muto e diretto da una tirannica prepotenza

di alcuni pochi tra essi,_in cui i ni politici


tendevano tutti allo scopo di assicurare per
ogni verso la propria tiranuide e dispotismo.

Questo lo scopo a cui hanno sempre cospi


rato nelle repubbliche quelli i quali essendo
in loro stato dai maneggi e dai raggiri dei

fazionare denugoghi , per un datmtempo,


concent to il governo, spiegano un affettato
zelo di sistemare e assicurare in apparenza
pi stabilmente la pubblica libert; ma col

l' oggetto di rendersi essi sempre pi neces

(1) Paul. Diacon., ibid.

__Sg_.

cari, e di rassodare cos progressivamente e


insensibilmente sempre pi in s stessi il do
il governo. La sola , dice il Gra
miuio e

distingu. respub/icas a tirannir: ,


vina (i),
qua: non modo in dominazione unius , scd

in

imperio paucorum et universw plebis deprchcn


dirur, quando pro legibus imperant hominum
Volantates.

s V.
Stanchi nalmente i Longobardi della anar
chia tirannica de loro duchi , descrittaci da
Paolo Diacono e dal Baronio, dietro le lettere

di S. Gregorio papa, non che delle discordie


che necessariamente trai duchi medesimi in
sorgevano e dividevano il regno ,e informati
inoltre che l imperatore Maurizio meditava

con Ghildeberto re de Franchi di portar la

guerra di l dell Alpi contro di essi, che


divisi e diouniti, era assai agevole loppri
mere e

distruggere ,

ritornarono

al

gran

rincipio della concentrazione de poteri e


della sorana potest , e divennero quindi

'all elezione, nella persona di Amari glio


dello stesso _Glefo , di un nmwo re. At vero

Longobardi, cos scrive Paolo Diacono (2),


quum per anno: decem sub potestate ducum
i1isscnt, tandem communi consilio Audtarim

Clephonis filium , regem sibi statuerunt. Fu questi


un principe ben savio e prudente, e ben
diverso dal padre suo Clefo ., che pens tosto

(1) Da legibus, cap. t6.

(2) Lib. 111 , cap. 16.

_. 53 _.

ai mezzi i pi opportuni onde dare al suo


regno un pi decoroso e imponente aspetto,

ed una pi stabile e ferma forma di gov<:rno ,


scoondo che le circostanze politiche del regno
medesimo potevano permettete o esigere.A
questo oggetto fece cin saviamente una pace

triennale con Smaragdo esarca di Ravenna,

come abbiamo dal riferito


VI. Paolo Diacono
Ebbe Autari per moglie la piissima Teo-t
dolinda , glia di Curibaldo re degli antichi
Bavari , detti Bui, alla religione e consigli
della quale si dice che si debba la conver
sione di Autari (bench alcuni contraddicono,
e riferiscono con pi ragione questa conver
sione ad A ilulfo, successore di Amari , e
secondo, marito di Teodolinda) dal gentiles
simo o arianigm0 alla cristiana cattolica re.

ligioue, che ad esempio del re anche i


Longobardi successivamente abbracciarcno ,
sebbene alcuni la corruppero di poi, rite
nendo tuttavia l arianismo. Fu detto che
l elezione di Antari (che si aggiunse il pre
nome di Flavio sull esempio degli imperatori
romani, prenome ritenuto a titolo di dignit
Successivamente dal re longobardi) sia se
guita sotto qualche condizione , a cui alcuni
pretendono attribuire lo stabilimento legale

(i) Lib. cit., cap. 18. Pretendon0 alcuni che il pon


tefice S. Gregorio nella epistola ai Vescovi dItalia no
minasse Amari principe nefandissimo; pretendono
per altri che non di Autari ma dellimperatore di

que tempi parlasse il poutelide S. Gregorio.

__

54 ....

e permanente del regime feudale , come pre

tendono il Gianone (1) e Giorgio Adamo


Strnvio
Ma questa una congettura che
non pu combinarsi col governo di Amari ,

che era appoggiato ad un pieno potere , e


perci gli si era desiderato un pi lungo
regno, perch colle sue virt morali, civili

e politiche, delle quali era fregiato, potesse


sempre pi stabilire un regno orido, felice
e potente pel suo successore
Q VII. e per l'Italia
La storia ci insegna che presso tutti i po
poli , sotto ogni specie di governo e di pub
blica amministrazione si fece sentire tosto o

tardi la necessit dell' unit del potere, che

sola pu prevenire le divisioni e le fazioni ,


stabilire lordine politico e civile, togliere
e correggere i vizi ed i morbi ai quali va
pur troppo soggetto lo stato della societ
politica. Dagli annali del genere umano si
prova non pertanto che le repubbliche tutte
sono sortito dalle viscere del dispotismo ,
allorch il sovrano abusando della sua au

torit e potere , ha sostituito il proprio ar


_

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>-'!li"
M ..
M
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.>

7
4 _,.:]:H

(i) Storia di Napoli, lib IV , cap. 1 , n. 9.


(2) Syntsgma jurisfudalis, cap. 1.
(3) Il regno longobardo comprendeva il tratto di
paese che chiuso dall Alpi e dallAppenino , e an
dava sino a conni tra Modena e Bologna, ma fu poi
pi esteso sino al ducato Bencventano, del Friuli e di

Spoleti : Veggasi per pi chiaramente la dissertazione


seconda sopra le antichit italiane del Muratori , c i

suoi Annah allanno 505.

_ 55 ._
bitrio alla legge , ed ha reso incerto e pre
cario il destino della nazione , e che termi
narono di esistere allorch

mancando gli

stimoli e le traccie delle virt, e smarrita


lidea di una giusta e ragionevole libert ci

vile, si sono abbandonati gli uomini all'in


temperante soddisfazione delle loro sfrenate

passioni, col pretesto di una malintesa libert.


g VIII.
Non si pu quindi negare nella giusta 6

losoa ed economia civile e politica, che il


govcrno monarchico sia il primo principio
di conservazione dellordine sociale e civile.

La ragione , l esperienza, il pubblico bene


e il genuino sistema civile e politico stabi

liscono questa unit di potere che regge la


medesima natura nella stessa Unit Divina.
Dante nel suo libro della Monarchia ha -ern.
ditamente e diffusamente trattata e dimostrata
questa verit politica. In questo trattato ha

egli spiegati eccellenti principi di diritto polirico relativamente al governo monarchico,


se si eccettuano alcuni pregiudizi derivati

dal partito Ghibellina che ein seguiva. Si

reputa per per una giusta massima nellor


dine e nell" economia politica , che la sue
cessione de maschi piuttosto che delle fem
mine, e del maggior fratello piuttosto che
de minori, sia pi opportuna e adattata allo
stabilimento , al Lbuon ordine e regolamento
degli imperi e regni (i) , come ritennero i
(i) Buddeo, De successione primogenitorum, SX"lH
et seq.

- 56 -1
.
Longobardi nel loro regio governo quando
fu ereditario. Non pertanto si hanno avuti
esempi di eccellenti governi di donne che
governarono imperi e regni.
g IX.

Si pretende che pattuito fosse, nella ele


zione di Antari al regno de Longobardi, che
i duchi si mantenessero proprietarj ne loro

ducati, e che cosi venisse lacerata l Italia


da piccoli tiranni che cospiravano a distrug
gersi a vicenda con oppressione continua dei'
popoli soggetti. Aveva, vero , Autari ac
cordato ai duchi, avvezzi da dieci anni a
governare i loro ducati con assoluto impero

e potest , che ritenessero i loro ducati sotto


per I alto dominio e la suprema ragione e
autorit regia , e sotto la condizione che do

vessero nell erario regio contribuire la met


de dazj e gabelle , perche servissero a so
stenere il regio decoro e maest, ma che

il supremo ed eminente dominio ossia il po


tere dirigente risiedere sempre dovesse nella
regia corona, dovendo i duchi prestarsi
sempre pronti ad ogni richiesta colle loro
forze ed armi a servire il re in ogni caso
di guerra e di militare impresa; e l altra
met doveva essere ritenuta dai duchi per
impiegarla nel governo de lor ducati per le
spese e soldi de loro ministri
Hujus in
diebus regni, cosi scrive Paolo Diacono (2),

(I) Bridtleo, De successione primogenitorum, S XVIII


et seq.

,(,) Lib. 3, cap. 16.

.....

-"

duce: , qui tunc erant, omnem substantiarum


sua.rum mediatatem regalibus usibus rribuunt, u:

esse possit unde rea: ipse, sive qui ci adhwre


rent, ejusquc obsequii per diversa ocia dediti
alerentur. Da questo sistema stabilito da Au

tari co' suoi duchi , ne venne che hanno pre


teso alcuni, come si gi detto, di rinve

nire le prime traccie almeno del sistema feu


dale , stato poi successivamente regolato da
consuetudini e da leggi particolari, contro lo

pinione di alcuni altri i quali credettero'deri


vare codesto sistema dal regno dcGoti. Dicesi
anzi che esso nacque ed ebbe un origine

oscura fra i dirpi e le catene montuose del


Nord, e che spinse le sue radici

suct:es

sivamente no sotto l equatore. Il sistema


feudale , come lo descrive il Montebqnien (i),
era una quercia antica che si sollevava su

perba , di cui l' occhio non poteva vedere


da lontano che il fogliame , e avvicinandosi
vedevasi il tronco senza scoprire le radici,

per cui conveniva scavare la terra per sco


prirle.
gX.
' '
Nel regno de Longobardi, che fu un

governo misto di monarchia e di oligar


chia , er qualche tempo , e qualche =volta
anche gli tirannia, non si riconobbero altre

leggi da principio che le loro consuetu


dini ed-usi che - variavano secondo i tempi
ed i luoghi, lasciando ai fori e potenti la

(I) Esprit de: lois, liv. XXX, chip. i. -" '_

..- 58 ..

libert di opprimere i deboli. Adottarono po


scia per qualche tempo le leggi contenute
nel codice Teodosiano e non nel corpo del

diritto romano fatto compilare da Giusti


niano , bench fosse questo gi introdotto in
Italia, sotto il governo militare di Narsete ,

da poi ch fu da esso distrutto il regno de'


Goti , come diffusamente nesuoi Annali d'Ita
lia espone il celebre Muratori.
5 XI.

Rotari VIl , re de Longobardi ( portato al


trono da Gundeberga, vedova di Arivaldo
e glia della celebratissima Teodolinda, re

gina cui la nazione lasci la scelta del re),


fu un principe in cui del pari andavano con
iunti un estremo valore ed una somma

prudenza politica e morale , con alcuni vizj


per proprj de' gran principi. Nellottavo
anno del suo regno, dopo averlo dilatato e
ingrandito coll acquisto delle Alpi Cozie , di
molte terre nella Liguria e di altre provincie,
convoc un adunanza de duchi, dei conti,

dei gastaldi, dei giudici e della nobilt,

colla loro approvazione form e ordin il


codice delle leggi longobarda , nell esordio
del quale dichiar che si era mosso a farlo
per i continui travagli de poveri e per le
soverchie gravezze che dai pi potenti sol"
frivano i deboli. A queste leggi fecero alcune
aggiunte successivamente il re Grimoaldo,

Luitprando, Buchi e Astolfo (t), e non si

(I) Sigonius, Dc regno Il alin, lib. Il ad ann. 668.

- 59
fece in esse alcun caso
novelle di Giustiniano ,
e dimenticati quasi per

-_
de' digesti, codici e
libri ignoti in Italia,
cinque secoli anche

in Oriente. Tutte le leggi per compilate nel


1 accennato codice portano in fronte la di
chiarazione del concorso e intervento dei du

chi, dei magnati, dei giudici e del popolo,


distinto per dalla plebe, giacch plebsplane
servorum loco habebatur , quaa per se nihil au
dct, nullique adhibctur c0nsilio. In fatti come

hanno osservato Ugone Grozio , e dopo di


lui il Gianone , la podest legislativa in ap
parenza era posta nei suffragi dei duchie
magnati ed altri baroni del regno sulla pro

posizione fatta dal re o a di lui nome.


S XII.
Passato il regno de Longobardi in Carlo
Magno, esso pure fece molte aggiunte al co

dice longobardo che volle conservare, ed

altr'e in seguito ne fecero Pipino, Lodovico


Pio, Lotario ed altri successori re d Italia,

della stirpe de Carolingi , ma sempre, col.


lintervento del consiglio ed assenso de ma

gnati ,

giudici e magistrati che sotto il

primo nome usato da Longobardi di conti,

visconti e gastaldi erano impiegati nel pub


blico ministero e tribunali del regno. Pre
venuti molti tra gli scrittori e storici, che
nel solo diritto romano si abbia il ore delle

leggi civili, trattano le leggi longobarde col


maggior disprezzo , e quali leggi barbare C
innmane , come sembra che lo stesso mal"
fliese Scipione Malfci nella sua opera della

- 60 -*

Scienza. cavalleresco: (i) , parlando dei duelli ,


convenga. Ma il Momesquien con altri dotti
ed eruditi scrittori giudica queste leggi diven

samente, e lo stesso Groz'io, particolarmente

ne suoi prolegmneni alla Storia Gotica , fa


un distinto elogio all' istituto civile e poli
tico de' Longobardi; anzi nella maniera ed
ordine con cui i re longobardi stabilirono

le loro leggi, preferisce iLongobardi ai Ro


mani medesimi: Rudi illi populo , 'scrisse un

antico storico , pro legibus crant antiquce con


sucturiincs , ac pwnoe a majoribus constitutw ,

pauris cxpcrlicbantur contractus , paucis dirime


bantzlr Iitcs secundum leges et jura gentium. Su

questo piano furono le leggi longobardo suc


cessivamente disegnate e concepite.
XIII.
Non si pu dissimulare non per tanto che
nel codice longobardo non si possano riscon

trarc alcune leggi incoerenti c infette de pre

giudizj civili e politici di que tempi. Ma


prese in complesso , e considerando le cir
costanze parziali nelle quali si ritrovava in

Italia la nazione longobarda ., possono dispu


tare colle leggi romane del rispettivo meri

to , bench non abbiano quella dignitosa


maest per cui il diritto romano si distin
gue dalle leggi delle altre nazioni. Il Gro

(r) Lib. 11, cap. t , a c 3. Non ha mostrato il per


altro erudilissimo marchese Malfei di avere ben esami

nate le leggi Iongobarcle con quel criterio civile e po


litica che csigerauo.

.. 6, __
zio (che avendo ben esaminate le leggi lon
gobarde, fa di esse, come dissimo, un giusto
elogio) osserva nella prefazione alla sua Storia
deGou' , che le romane leggi, fondate nelle
costituzioni e rescritti imperiali, detivamlo

dall unica volont _ del principe , facile ad


ingannarsi e ad essere ingannato ed illuso ,

dovevano imconsegnenza essere in frequente


contraddizione tra esse , dettate spesso Ida
un caso particolare, da un favore troppo
parziale, e stabilite dal capriccio e dal di\
spotismo, e,npn dall interesse pel_pubblieo
buon ordine , per la giustizia e per la po

litica disciplina ;; l dove all incontro presso,


iL00gobardi non essendOsi pubblicata alcuna

delle loro leggi che prima non fossetst,ata ben

digerita e maturata da tutti gli ordini della


nazione , non doveva risultare da esse nel

l0r0>00mplesso alcuna cosa di pregiudizio,


al buon

ordine pubblico

alla giustizia,

_ fondata nelle leggi naturali e nel diritto,di 4_I_lil-:


tura. Roberto Maranta non per tanto, ginre

consulto per di Volgar nome, nelle sue, Qui:


stioni legali ebbe limpurlente coraggio di
tacciare le leggi longobarde di gius asinino.
Ma la vera storia e losofiacivile e politica
non stata mai un pregio de giurcconsulti

volgari e forensi, de quali abbiamo mado&


nali errori nell interpretazione delle leggi ro

mane medesime.
.

g XIV.

Merita speciale menzione la provvidenza


savissima delle , leggi longobarde, che sul

riesso della debolezza naturale del 660

_ 62 __
femminile determinarono che ogni donna fosse
sotto la tutela di un qualche uomo saggio,

che si diceva mundualdus, dalla parola mun


dium, che cosi chiamavasi laccennata tutela.
Poteva essere mundualdo tanto il padre rispetto

alla glia, come il fratello verso le sorelle,e


gli agnati in mancanza di questi. In difetto di
tutti questi la corte regia, cartis regia , as
sumeva questo ufcio con delegare persone

che ne adempissero Iincombenza, come si


pu vedere dalla legge 205 del re Rotari.
Di questa provvidenza della detta legge du
rano ancora le vestigia negli statuti di al

cune citt e provincie dell' Italia, e special


mente nel regno di Napoli, dove pi lun
gamente furono osservate le leggi Iongobarde.
Erano i legislatori longobardi convinti di

questa giustissima massima e principio di


ragione naturale e civile, che le leggi de

vono essere fatte per gli uomini e non gli


uomini per le leggi, come sembra che pen
sassero alcuni imperatori romani nel loro

spirito dispotico e tirannico. Vollero quindi


che le leggi loro fossero alla loro indole e al
loro spirito e carattere nazionale adattate ,

semplici, facili ed intelligbili. Rispetto per


al contratto di matrimonio dalle leggi longo
barda permesso tra i pi stretti congiunti,
il re Luitprando s indusse con 'sua legge a
proibirlo e circoscriverlo, quid, come egli
si spiega nell accennata sua legge , Dea te

ste, Papa urbis Romea, qui in omni mando ca


pur ecclesiawm Dci , et sacerdotum est, per ruam

_ 63 _
epistolam adhortatus est , ut tale conjugium eri,

nullarmus permitteremus. Diede con ci prova


il re Luitprando del suo esemplare rispetto
e subordinazione verso il Sommo Pontece
della vera religione di Ges Cristo,che ein
sinceramente professava. Solevano inoltre i
mariti fare alle moin nel mattino successivo

al primo loro congiungimento un eccessivo


dono delle loro sostanze , sedotti dalle lu

singhe e Vezzi della moglie , detto Morgan


gab. Il re Luitprand0 con sua le ge pens.
saviamente di moderarlo alla sola quarta parte

delle sostanze del marito , perch il matri


monio non dovesse servire alle frodi e alle
sleduzioni delle femminili artificiosc lusinghe
ed arti.

S XVI.
Acconsentirpno i Longobardi che i Fran

chi , gli Alemanni ed altri popoli Venuti a


soggiornare e abitare nel regno d' Italia, se
guir potessero le patrie loro originarie leggi
nei contratti, nelle successioni ereditarie,
nei giudizi e negli altri atti civili
Cre
devano essi di promovere la popolazione

con facilitare agliesteri lo stabilimento nei

loro paesi , giacch_massima fondamentale


della loro politica era

d invitare gli stra

nieri a stabilirsi nel loro "regno con premi

e privilegi -', e d impedire all incontro con


gravi pene la diserzione dallo Stato

re

(_|) Veg asi il Muratori, sopra le Antichit italiane,

Dissertazione XXII, rom. I.

._ 64 __

gno loro, insinuando cosi un amore e at


taccamento al loro-sovrano.
g XVII.
Ci nondimeno era sempre un grave dis
ordine del governo longobardo , che doves
seto

ritenersi e osservarsi diverse leggi fa

cilmente

in

contraddizione tra esse.

Sic

come anche i Franchi, gli Alemanni e ogni


altro popolo che si fosse stabilito nel regno

dItalia, dovevano essere sudditi dello stesso


sovrano e governo; come mai potevano
essere tra essi politicamente dalle rispettive

leggi divisi e distinti, senza supporre il gra


vissimo assurdo che diversi Stati civili, co

stituiti da diverse leggi, possano formate


l'unit d' uno Stato sotto un medesimo so
vranoe governo? Fino sotto limpero di

Lotturjo. nell' anno 824 abbiamo un editto


contro gli accennati principj e massime di

un retto.o_rdine politico, con cui si ordi


nava che ciascuno de sudditi seguir dovesse

quella legge, o romana, 0 longobarda , o


gotica , o di qualsivoglia altra nazione sotto
cui _avesse scelto_di vivere,colla condizione
per, che adottata una Volta una Iegge,non
fosse pi lecito di ritrattarla e cangiarla.
S XVIII.
: Ma le leggi romane erano permesse e
concedute ai soli antichiabitanti dell Italia

e gli miginarj romani, nei contratti e nelle


azioni forensi si civili che criminali, nei
testamenti e nelle|snccessioni. Per altro queste
leggi dovevano essere

apprese dal solo co

dice di Teodosio, che era in maggiore stima

- 65 -'
e riputazione presso i Longobardi, e non
da quello di Giustiniano , come lo era presso
i Goti
Il Muratori di pi asserisce (a)
che i Longobardi avessero in un loro codice
distinto, compendato e abbreviato il diritto
romano, che egli trov nella biblioteca Estense
fra gli antichissimi codici de"quali quella

celebre biblioteca fu fornita. Si crede per


che questo codice, senza attribuirlo a' Lon
gohardi , non contenesse che le stesse istitu

zioni di Giustiniano, abbencb il Muratori


non eiaai data la briga di farne il confronto.

S XIX.
Il re Luitprando con una sua legge fra le

centotreutasette che da esso furono stabilite ,


una cum omnibus judicibus de Auser et Neustria:

partibus et'de Thusciw nibus, rum reliquia de


libus mais longobardi; al cancro populo assisten

te, e cheabbiamo nel codice longobardo (3),


prescrive che i notari dovessero sapere e
conoscere ambedue le leggi, romane e lon
gobarde, Per scrivere i contratti secondo
quella legge che desideravano i contraenti.
Seri)mlo le leggi romane aspettar si doveva

l et di venticinque anni compiti per le

mancipazione , ma in questo furono special.


mente modicate le leggi romane dalle leggi
longobardiche , con permettere l emancipa

zione prima anche degli anni venti. I Ro

(.) Gothofredi I;rolegom. il cod. Tender.


mc 37,
ii avi tam.
_ (a)
(3) Ami
Lib..quuit., m.
dggt0 crtt. T. IV.

Il

m.

2431
5

... 66 ....
mani non sono stati paghi di avere dati este
sissimi limiti alla patria podest sopra i gli,
ed hanno voluto di pi allungare a questi la

durazione della minorennit. Nell avere per


i legislatori longobardi anticipato il benecio_
della libert civile alla giovent , furono, a
parere di alcuni, pi gindiZiosi e ragionevoli
de Romani. Questo istituto civile longobar
dico era quello stesso ritenuto dagli Ate
niesi, i quali non aspettavano ne loro gio

vani. che l' et di venti anni per riconoscerli


quai veri cittadini e membri

dello

Statn,

capaci della cognizione e amministrazione


de pubblici aari.
.
.
9 XX,
.'
.
- 'Non furono le sole leggi longobardo che

approvasseroi duelli, ma questo detestabile


abuso della fragione naturale si mantenne
ancora fra altre nazioni non .incolte e bar

bare ,- e pressoi Cristiani medesimi per lungo


tempo, come nota Cniaccio (i); siccome
pure gli altri generi di prova del ferro ro
vente, dallacqua gelata e bollente , abolite
poi particolarmente dall imperatore Lotario
nella sua costituzione inserita nel codice dei
Longobardi (a). I duelli furono veramente
assai puma aboliti e vietati dal se io re
Teodorico, come abbiamo gi accennato (3),
Is

(1) De judis , lib. I, tir. i, S Si autem con


troversia. >

(a) Lib. il, tir. 55 , S 3|.

() Veggasi Cassiodsr. ,Variar., lll). III , epist. 2'i.

_ 67 "'

ma i Longolmrdi-=por!aiond in.letalia luso


dei duelli, come giudizi di Dio , bench
sembri essere /- lato culle -loro leggi al

quanto riatrelto e l'ilDllOg' come si pu


rilevare dal libro primo e. secondo delle
leggi longobarda; Dopo Carlo Magno le
leggi ealiche, derivate dalla Germania .. este
lero il duello indistintamente agli alfni e

c- .alle cause chiminali e eivili.ll popoli


troppo-ostinati essendo: e prevenuti nelLa
superstizione di credere che lddio mani
festano da qual parte stesse il vero e il giusto
mediante laprova dei'duelli e le altre. accen

xiate ., -come del ferro-rovente, dell'acqua


gelara1e bollente, fecero chelgli stessi pi
potenti principi e sovrani nonardisserol di

proseriverk ass'0lutamrnte. Disqe quindi il


re' Luigprimdo iu- una-suazle'gge , -a- proposito
dei duelli e delle dette prove ,che legl in,

tendevaproibirle ea pri;scriverle ', quiz: incerti


sumus de judiaio Dei; et multo: audivimus per
pugnam sine injus:moausa- sum causam- pon
dere ; ma 1pruptei' consuuudinm genti: no,er(e
longobardica: legem impiam celare non ponzi

mus

Ed inier0un-fan'marchevole, ri

spetto alle prove della reil e innocenza per

mezzo di'yduelli presso i Longobafdi,l ab


biamo da Paolo Diacono (2), il quale ci
racconta che Guudilberga , moglie del re
Rodoalbo , accusataldi adulterio, tunc pro.
l

'

'|.'.|-

"'

|_

i 11'! .').

--."2

'l).i."'.i.

;'.-".

(I) Lib. VI , lg. 65; e! lib. 1-, capi w , lcg. 9|.


(2) 1?: geni: Eongaard.,dib. IV , mp- 49-

__ 53 _
prius e/us'aervua Catellus nomine , a rege expeliit
1: cm

00

qu rt'gma:

castitate -dominos

Oflmen

suce

mgessrnt ,

monarchia

pro

dimicarel.

Qui dum cum criminalore illo singulare certamcn


iniisset;'cuncto populo adstante superavit, re

gina vero post hoc factu'r ad dignitotam pri


stinam rediic.
J
.
,
.
"'"'S'XXL

" Nella 'prova per duellola:nazione lango

barda secon'dava per altro il proprio genio


e spirito girerriero, ma coniaideravasi non
pertanto superatmosatnente questa pugna
come un giudizio di Dio, siccome pure le
altre prove colla croce, coll-acqua o fred.
da o caldae bollente. Lungostenip vi volle

e grande prudenza e coetanz'n ai richiese nei

legislatori per sradicare:dall animoule po


poli questo {barbaroe rupctistiioso pregiq-_
dizio. La religione illuminata febbe grau parte
a distruggerl. vNon ormai che il fantasma
di un falso onore , il quale tuttavia dia oc

casione ai duci-li, non ostante le severe pene

imposte ai duellanti dalle. leggi. civili e po


diuche.- " - , .
4

-- CAPO QUINTO.
i

'

'

.i

Contwaziom: 'sul governo e sulle;leggi


deLongobardi.
- :.
i
v

-'P'

Avevano i re longobardi riservato a loro


"stessi l'esame e la spedizione delle Cause mag
giori e di alto rilievo eollfaesiatenza di persone

che per quei tempi potevarqnh ritenere aqicicu

- 69 _.

temente versate neprincipii del diritto si civile


che politico. Questi erano i notari di palalzo, i

referendari, i segretarie gli scribi, tutti ori


ginalmente della classe e condizione de notari
che erano i primi personaggi che gurassero
nella corte dei re longobardi per la spedizione

degli affari civili e politici. I duchi longobardi


non dovevano essere che governatori, anche

ammovibili a piacere del re, de loro ducati


medesimi,

ma successivamente

per la de

bolezza di alcuni re seppero arrogarei mag


gioree pi ampia autorit che non pote
rono poi esercitare specialmente sotto i re

Luitprando e Astolfo , e qualche altro che


seppe sostenere i diritti e il decoro della
regia maest.
g II.

L autorit reale nella sua costituzione dog


veva essere in se stessa libera e assoluta,

comunque permettesserdi re che molta.in


ueuza avessero nel governo i primati ed i
duchi nello stabilimento delle leggi e nella
elezione e acclamazione ancora del nuovo
sovrano. sembrato pertanto a taluni, senza

distingucre i tempi, che il governo longo?


bardo fosse un misto di monarchico e aristo
cratico, e nella sua sostanza militare.

Es

sendo-derivati dalla Germania Settentrionale


i Longobardi, avranno, rispetto alla forma
del governo, conservati da principio alcuni

costumi de Germani, fra i quali scrive Ta

cito che de minoribus principe: consultant,


de majoribus omnes, ira lumen ut ca quoque

quorum pene: plebem arbitrium est apud prin

...- 70_v

'

eipes pemuctehtur. Ma etlbilitisi i Longobardi


nellItalia, il loro governo ebbe varie vi
cende, secondo il vigoroso spirito, o la
debolezza de principi che regnavano.
Fu distribuito, come si gi veduto, il
regno longobardo in tanti ducati, ne" quali
i duchi nella loro originaria istituzione non
dovevano essere che semplici governatori,
dipendenti dal re; ma successivamente avendo
usurpata una autorit quasi emula a quella del

re, resero iloro ducati ereditari mediante


l' investitura cheavevano estorta al re me
desimo. Da questo stabilimento per tanto dei

ducati longobardi alcuni pretesero, come si


pure gi detto , trarre lorigine dei feudi. Altri
per eruditi storici o giureqonsnlti vogliono
che assai tempo dopo estinto il regno lon

gobardo il diritto feudale abbia avuto il suo


Vero e proprio principio da una legge che
Corrado detto il Salice diede nel 1026 nelle
pianure di Roncaglia, dove gli imperatori di

quei tempi tenevano le pubbliche assemblee


nazionali.

Ma con

miglior fondamento

si

deve da pi alti e remoti principi far de


rivare l' origine

de governi

feudali, che

alcuni la vogliono trarre da quella della ser


vit della gleba. Il voler per entrare in un

esatto dettaglio sulla storia-originaria de feudi


sarebbe un inoltrarsi in un oscuro laberinto
pieno di andirivieni ., poich al dire del Gia

none l origine de feudi cos ignota come

quella del Nilo. Essendo oramai distrutte le

--*

_ff..

-v 71

Vestigla del governo feudale, inutile il


\pi oltre parlarne. i.
s IV.
La religione de Longobardi alla loro di:
scesa e invasione nell Italia era in parte
ariana ed in qualche parte pagana. Il loro

re Alboino seguiva la setta ariaua e non gi

la pagana , come ha voluto far eupporre il


padre Daniele nella sua Storia di Francia,
Amaro fu il primo re longobardo che abbia,
per le efcaci insinuazioni\della religiosissima
regina Teodolinda sua consorte, abbracciati
idommi della chiesa cattolica, come si

gi accennato poc' anzi, che seguirono poi


i re longobardi no a Desiderio, ultimo di
loro, se si eccettuano Rotari e Ariovaldo,

che ai V0gll00l) da alcuni et0fit:i far supporre


tuttavia attaccati alla setta e superstizione

ariana. Rotari per nel corpo di leggi che


col consenso e consiglio de' primari e de giu
dici, e alla presenza del popolo raunato in
una dieta generale della nazione propose e
pubblic (i), diede un saggio di buona re

ligione colla legge in cui prescrisse" che co


lui il quale si fosse difeso col giuramento,
non potesse pi essere obbligato al duello n ad altre prove in sua difesa. Viene per altro
accusata degli scrittori ecclesiastici quella

legge supposta del m'edesimo Rotari, che


proibisce il vestire l abito monastico serer
la licenza del re; ma dalla ragione un cdi

(I) E: rcriptor. rer. Italia , t. 1, parte 2.,

l7,

72

-;-

'

appoggiata, abbastanza giusticata: De

liberis hominibus ,cosi parla l accennata legge ._.


qui ad scruitium Dci se tradere uolunt, ut prius

hoc non faciant quam a nobis licenziam posta.


Ient. Hoc autem idea dicimus quia audivimus ali
quos cx illis non tam causa dvvtionis hoc fe
' cisse, quam pro exercitu, scu pro alia regali m

clionc fugienda. Questa legge per non gi a


Rotari deve essere attribuita ., ma a- Carlo

Magno che l' aggiunse al codice longobardo.


Credettero i re longobardi un giusto prin
cipio di ragione politica la tolleranza in punto
di religione. .Non perseguitarono quindi chic
chessia per motivo di religione. Da pileggi
che abbiamo nel codice longobardo si prova
quanto Rotari , bench supposto ariano ,
abbia favorito la chiesa cattolica, e quanti
altri re, e specialmente Luitprando che era

ottimo cattolico , abbiano ampliata l' autorit


e il patrimonio de vescovi, dotate ed arric

chite chiese , monasteri e spedali , e rispet


tato con speciale ossequio il supremo Capo

della chiesa. Con s fatte liberalit religiose


si credette forse di riparare i danni e le rovi

ne che ne primi anni del loro dominio i Lon


?obardi recarono alle chiese e menasteri,- e

e rapacit e crudelt usate contro i cattolici


sudditi dellimpero. La dottrina ondera for
nitoil sommo pontece S. Gregorio, e la ripu
tazione di santit e di virt singolare che si
aveva acquistato universalmente, ebbero la

principal parte nella conversione della nazione


longobarda colla regina Teodolinda, che aveva

portato dal patrie paese buoni e retti sen


timenti di religione, coi quali ispir nell'ani
mo de'-suoi due mariti, AutarieAgilulfo, la

parit della fede e della religione ,=*per cui

Agilulfo

indotto per principio di vera ca

rit cristiana a riscattare i prigioni che i


Franchi-avevano fatto in Italia in varie scor-
rerie ne precedenti governi.
g VI.
Ad ogni modo alcuni de' re longobardi
pretesero non per tanto di occupare alcune

citt e fondi allodiali che la chiesa romana


intendeva a se appartenenti; e specialmente

il re Luitprando medesimo , principe altronde


nido e che compose il suo regno con tante
provvide leggi, accusato dagli storici ec
clesiastici di aver ritolto al Pontece romano

il patrimonio delle Alpi Cozie, poco innanzi


confermato alla chiesa romana dal re Ariperto,
e invaso il patrimonio sabinese col ducato ro

mano. Non permisero i re longobardi che il


clero estendesse il suo potere e la sua cogni
zione oltre le cose e le cause ecclesiastiche, o

che i vescovi avessero parte nell amministra


zione politica del regno. Era riservato alla
politica piet e religione di Carlo Magno e suoi
successori di restituire il sommo pontece ne'

suoi diritti e ragioni territoriali, e difendere


e sostenere la:sua iurisdizione e dignit.
VII.
Ritornando alle leggi de' Longobardi,gi os-'
serva che il Budino (I) condanna distintamente

(1) De republ. , lib. VI , cap. 6.

la legge del re Rotari, che volle punito colla


morte il reo di furto, nel caso che per il furto
del valore di dieci scellini (iliquar) non potesse:
redimersi, con ottantascellini, ciascuno dei

quali costituiva la sola vigesima quarta parte


di un) soldo : Siliqua vigesima. quarta pars so
lidi est , come scrive Isidoro (I). Rettamente

intende il Bodino che questa legge oiIenda


lo stesso buon senso.' e tolga ogni propor

zione della geometria morale della pena col


delitto , prescritta non solo dallalowa
naturale, ma dalla civile e politica niente
meno. Vien

posta da

questa legge.su un

eguallbilancia la somma vile di soli ottanta

scellini (vale a dire a-uu di pressodi soldi

tre e mezzo circa_di q'i1e' tempi) con la,vita


di un uomo , c0n quella vita si preziosa.
che, secondo la sana losoa eil diritto di
natura , e secondo i giureconsulti romani me-.
deaimi , non pu esser suscettibile di estima

zione a danaro e a prezzo alcuno. In homine


nulla corpor.s wstimatioeri potest
Il re Luit.
prendo quindi in una sua. legge
ha cre
duto di dover correggere, in parte almeno,

'la legge di _Rotari , rispetto alla pena dei


furti, senza per arerla riformata imieramente,

VIII.
Da quella ingiusta e iniqua considerazione
della vita dell uomo, che fu comune nelle
(I) Orign., lib. XVI, cap. 24.

(a) Leg 1 et ult. , D. De Iris qui faler. vel dejecer. ;


lcg. 3 , D Si quadrupes pan er. fecisse dicatur.
(3) Lib. VI, lcg. 26, co . Leg. Longo.

-4- 75 -

leggi de popoli derivati dal Nord , ne venne


che esse eguagliarono , e posero a livello di

proporzione la pena pecuniaria colla pena di


morte naturale, e imposero questa a delitti

meno gravi , e quella ai pi enormi. Infatti la


pena ' dell omicidio doloso e premeditato,
delitto contro cui richiamantf la natura e
ogni diritto divino e umano, secondo le

leggi longobardo scontar "potevasi col de


naro , e in mancanza di questo colla cessione
di altrettanti beni quanti importar potesse
la pena pecuniaria imposta al delitto di omi

cidio; e tutto ci per in parte a profitto


de parenti ed eredi dell' uccisi)
S IX.
Per sistema politico, eccettuati certi de
litti che interessare potessero la pubblica
sicurezza dello Stato e la dignit del sovrano ,

presso che tutte le pene nelle leggi longo


barde consistevano in composizioni pecu
niarie, delle quali una parte toccava alla
persona lesa dal delinquente , e chiamavasi
chrigeldium , e laltra qualche volta al giu
dice stesso , ma per l ordinario al regio sco,

e dicevasi Fedra. Nella parteche doveva ap


partenere alla parte lesa, che era la met,
e pi ancora , secondo le circostanze del caso
e la condizione della persona oesa , si

aveva per oggetto di compensarla del danno


dall ingiuria e offesa patito, e di obbli
garla al perdono; se poi la_parte. offesa
dopo essere stata soddisfatta si fosse vendi
cata, questo diveniva un delitto pubblico da
panini colla maggiore severit; ottima prov

_.. 76 _
videnza politica per assicurare la pubblica
pace e civile tranquillit. Dal principio del
regno longobardo queste composizioni erano

assai tenui e leggiere, nch il popolo lon


gobardo fu povero; ma arricchitosisuccessi

vamente nelle conquistate provincie dellItalia,


furono le composizioni notabilmeute accre
sciuto , come si ha specialmente da una legge

di Rotari rispetto alle ferite


Quando, e ben di rado, si condannava

alcuno reo di gravissimo delitto alla pena di


morte,i beni del condannato erano salvi sem

pre a'snoi gli ed eredi , n andavano sog-


getti alla consca, che la legge romana aveva

stabilita per ne' soli casi di lesa maest nel


primo grado (a) , ai quali Giustiniano l'aveva
circoscritta contro il primiero sistema scale.
Peraltro era antica consuetudine deLongobardi
ne gravi delitti, di commettere la decisione

alla singolar pugna di due campioni, uno per


l'accusa'to , l altro per laecusatore. Questa
consuetudine essendo passata in legge, fu
molto tempo praticata anche da altre nazioni
che da Longobardi lappresero, come abbia
mo accennato pocanzi nellantecedente capo
al SXX e seguente.
s Xl.
I costumi furono pure un oggetto parti
COlare nelle leggi lombarde; si provvide al
(1) Cod. Longobard. , lib. I , tit. 7, S 15.
(a) .Auth. Barra damnatorum , cod. De ben.
proscnptor. seu damnaton ex., Novell. 134, cip. alt.

,
" 77 ""
lonest delle donne e alla loro debolezza ,
conne"si gi esposto, coll assegnare loro
un tutore speciale, o nel padre, o nel pi

prossimo parente , o nel marito medesimo;


cl1e vegliar dovesse su la loro condotta e
costumi , e senza il cui consenso nulla o rar
potessero
Questa dipendenza delle domo

erai stabilita anche daiRornani ne tempi mi,


glio'ri , ma di Giustiniano fu allargata di
molto la condizione e la libert donnesczi,

probabilmente per compiacere alla sua Teo


dor , che tanta parte ebbenelle leggi di
Giustiniano a favore delle donne. Savissima

pur'e (inella legge che si ha.nel libro pri

model codice longobardo (a), per cui se un


padrone abussva della moglie del suo schiavo.,
1' Una e =l- altro dovevano essere liberi. Con
questa legge si preVeniva, senza soverchio
rigore , l incontinenza de padroni verso le

mogli de' loro schiavi , e compensavano sa


viamente il torto fatto alla schiavo coll'abuso
della di lui moglie , contro la corrotta mo-'
rale de'Romaui che allentava la briglia al
1 incontinenza de' padroni verso le unogli
de loro schiavi. La schiavit domestica in
difatti assai pi umana e morale presso i

Long0bardi, che non fu presso i Romani .,


i- quali si attribuivano il barbaro e crudele
diritto di straziare a

loro talento i. servi ,

quando questi presso i Longobardi erano


(i) Heinecdius , exercit. 25 da marito tutore e!

curatore uxoris
(2) Tir. 50,

cap. I cl: 2,
5.

_.. 73 _
trattati anzi con ogni officio.di nmttnit,_alla_
qual cosa avevano provveduto le stesselorg
leggi. per notabile quella legge, ,lopgo;
barda che punisce colla stessa peiiavlabort,
procurato ad,nna serva , come quello di una

giumenta ; la qual pena era,di tre soldi d_opq


per indennizzare;il rispettivo padrone. Strano

e' ingiurioso all umanit certamente era _que;


sto paralello , eguagliandosi il parto umano

aqnello d una bestia-

y_

"mliiL-sm

51X11-

_ mm,

di Una saggia provvidenza delle leggi longobarde fa ancora quella, che se gli oiciali della
giustizia, i magistratiantJ neansero la dovuta
diligenza e sollecitudine a rendere giustizia,

dovevano dopo un certo termine assai breve


soddisfare del proprio alle ._persone interessate
nella causa e istanza; stimolo fortissimo a farli
attenti nei loro -oicj, e sollecitia s'pe_dire le

cause. Generalmente ogni giudice di prima


istanza, chiamati) in lingua longobarda sculda;,
doveva nello ispazio di (giornisquattto aver
terminata la causa, e ilgiudice; di'secouda_

istanza in sei giorni; e se il caso si fossetut-


tavia trovato dubbioso e difcile, le parti
dovevano in capo a dodici giorni riferirlq
innanzi ali re per avere dal suo sovrano ora;

colo la decisione denitiva, che. perlopi


la "terminava con una transazione. Non una

vasi presso'i Longobardi di servirsi di am


v0.cati e di procuratori, perch_e_in quei tempi

npn,.si .attendevaqagli studi, della giurispru


denza e della avvocatura, V c_si credevache

ognuno fosse abbastanza elotjuente nella pro


I

i.

29

pria causa e per dicf le proprie ragioni:


Ohmc.t ,LHl'JIClGCI'II .; 'in'so'quod sciunt, satis
sunncloqutil'itcsnil-f-itl

1'1-t -

m -

. i, .;,

I:" K1

'

P-aolo Wli-nefredo detto il Diacono, che scrisse


la storia de Longobardi forse con quel pre

giudiziokromune,agii=storibi della propria naf


"'ziooee patriai, fa funclogio grande del go
verno longobardo. A6serisc che sotto quel
regno nn si usava wioleuza , non si tende#
vano insidie, l-UIIO vera che 'angar-iasse -c
spogliusse altri ingiustamente , non verano
furtie larlronecci; ognuno andava ovunque

piapevaglimicupopm senza timore , e la gin.


strataefa amministrata esattamente e impar- _
zialmente. Sar. esagerata alquanto questa
relazioneg-eoutraddiceridotri il

cardinal Ba

ronio a:eui'eeuxbrata un paradosso, e


CTIB'dGNIU aurore troppo parziale, come
originario longobardo, sed longobardus et

'mse, surv genti nimium fauit; ma non si po


tr dire del tutto menzoignera, secondo le
memorie=di alcuni scrittori, almeno sotto
que savj re che sul trono longobardo sede-
rono e l onorarono; nil cardinal Baronio

merita tutta la fede avendo mostrato troppo


mal animo contro i Longobardi, forse sopra
certe memorie di greci scrittori che hanno

t_roppqesagerato in odio de Longobardi per


avere essi sottratta l Italia al dominio e im

pero greco.

'

'

"'l

'

V_,.

"

,-

:w:

v-\tw.

-nf-

lilli,

Ili

,,

(r):liqtti Diurno", monaco cassinensc, credesi aver

- So] ....

s XIV. IH

Il re stolfo (succeduto al fratello Rachi


che si fece monaco Cassinense, dopo aver
governato il regno con somma prudenza
e moderazione , ed \ aver promulgate varie

saggia: e provvide lleggi che abbiamo nel


primo , secondo e terzo libro del codice
dele

leggi. longobarde)

essendosi impa

drouito di Ravenna , dell Esarcato e della

Pmtapuli (per cui allimpero

d Oriente

fu tolta ogni oinbra di dominio e di auto


rit Inell Italia , se si eccettuano la Sicilia e

alcune piazze marittime della Puglia edella

Calabria , che per mancanza di 'armate ma


rittime non poterono essere tolte.ai Greci),
e minacciando la cittmtessa di Roma , lim
peratored0riente, che pretendeva di rite

nere ancor qualche vestigio della sua sovra


nit sopra

Roma, credette di incaricare il

Pontece a procurare la restituzione diqne-.


sie provincie e a sollecitare a questo eett0
isoccorsi del re di Francia. Gregorio

lll ;

sommo pontece, invi bens in Francia i,


suoi nunzj , accompagnati dai deputati del.
popolo romano ., ma incaricati di presentare
a. quel reil. decreto del senato e del popolo
romano medesimo , per cui implorando la di
lui protezione e suttraeudosi da ogni sog
I

compilate le leggi longobardo nei temi i dellim ero di


Lotarioll o di Ruggero re di Sicilia ne XII secco, per
ordine dello stesso Lotario.Un pi esatto codice delle
leggi longobarda abbiamo dal Muratori nella sua Rac

colta degli scrittori kdelleoan Jllid=, I. I, part.a.?

_U|_

gezione e vassallaggio verso gli imperatori


orientali che non erano gi da lungo tempo
in istato n di overnare, n di difendere
Roma e lItalia, dichiararono solennemente
il re di Francia sovrano di Roma. In seguito

il Pontece Stefano 111 recatoii {2in me


desimo in Francia, la protezione. implo
rando del re Pipino contro i Lungohardi e

il loro re Astolfo (che pretendeva il do


minio di Roma e del suo ducato e ter

ritorio , ddpo avere gi conquistato, come si


detto, lEsarcato e la Pentapoli), a nome
del senato ancora, del clero , della nobilt
e del popolo romano , dichiar il re di Fran

cia e i ng patrizj e signori di Roma. Ci


non pertanto Pipino, prudentemente e one

stamente oprando, siinterpoee co suoi ofci


efcacemente presso il re Astolfo perch re

stituisse i luoghi e territori occupati, ma


inutilmente; quindi Pipino, stimolato dal papa,
dichiar la guerra ad Astolfo,3:he dopo non
molto tempo trovandosi alla caccia , percosso

da un fulmine , come scrive Erelaemperto ,


rimase estinto mentre

rneditava grandi di

segni di vendicarsi dell' oppressione deFran


resi e di riordinare di nuovo la guerra,
senza aver lasciata alcuna discendenza da
esso, ma soltanto alcune savie e prudenti
leggi compilate nel volume delle leggi lon
gobard6. Eb_be Astolfo i vizi, non i talenti
di conquistatore , guidato nelle sue imprese
pi dall audacia che dal consiglio e dalla
prudenza, e perci le sue conquiste non fu
rono durevoli . e l ambizione sua che lo sti

Saggio crit. T. IV.

._ 82 -.

molava all ingrandimento del suo regno lon

gobardo , oper il contrario effetto accele


randone la caduta.
g XV.

Tutto pertanto disponeva e preparava la


strada al trono dell' impero d Occidente e
del regno d ltalia al re di Francia. Dichia
ratasi la guerra comro i Longobardi, discese
Pipino re di Francia dalle Alpi, ridusse sotto
il suo domiriio Ravenna, lEsercato e la Pen
tapoli, e preso possesso di Roma , invest i

ponteci romani di una signoria territoriale


(subordinata per in principio allalto do
minio del re di Francia) supra Ravenna ,
l Esarcato e la Pentapoli e Roma medesima.
Carlo Magno, glio e successore di Pipino,
dopo avere ripudiata la glia di Desiderio
re de Longobardi succeduto ad Astolfo ,
gi sua moglie, e sposata invece Ildegarda
di Svevia , prosegu e condusse a ne la
guerra contro i Longobardi, con aVere scon

tto e fatto prigione lo stesso Desiderio ,


Ultimo dei loro re, che condotto in Francia,
n ivi i suoi giorni miseramente. Le discordie
di Desiderio coi

ponteci romani

protetti

dai re di Francia, aprirono sempre pi la


strada al suo precipizio e alla distruzione
del regno longobardo.
Q XVI.
Cos

Venne

a terminare inti_eramente il

regno de' Longobardi, massime dopo che


Arlalgiso glio di Desiderio (I), assunto gi

(i) Unito con alcuni duchi longobardi Adalgiso pens

dal padre per collega nel regno ,ricvcratosi


sotto la protezione dell imperatore d'Oriente
a Costantinopoli, dove prese il nome di
Teodato, ebbe a nire esso pure isuoi
giorni esule nella Grecia col vano titolo di
patrizio (titolo che valeva quello di vicario

o luogo-tenente imperiale) che gli confer


. l imperatore dOriente , pretendendo egli
con questa vana formalit di conservare un
fantasma del perduto diritto su l impero

dOccidente, sopra Roma e l Italia. Procur


veramente l imperatrice Irene , gi moglie
di Leone quarto , che allora reggeva lim
pero d Oriente, di restituire nel regno lon
gobardo Belgiso , e con essa erano di con
_certo al'cuni duchi longobardi medesimi ,
tra i quali particolarmente Arigiso , duca _di

Benevento; ma la potenza di Carlo Magno


fece svanire un tal progetto e meditata im
presa , e ridusse all obbedienza sua lo stesso
Arigiso coin altri duchi longobardi.
S XVII.
Il regno de Longobardi , bench nel suo
principio sia sembrato aspro ed incolto , si
era reso in seguito placido , colto e pulito,

di entrare in Italia con una armata navale de Greci,


e ricuperare il regno longobardo; ma la morte del

greco imperatore Costantino Copronimo fece sventare

questa macchinata congiura. Dopo per la di lui morte,


Irene Augusta, moglie di Leone , glio e successore
di Costantino, usurpatosi colla morte del marito lim

pero , aveva procurato invano di restituire Adalgi50


nel regno d Italia.

._ 34 _.
per lo spazio di pi di tlugeut a'nni che
dur, era d invidia alle altre nazioni,bencb
da qualche scrittore siano stati ingiustamente
dipinti i Longobardi per crudeli, inumani e
barbari. Gustero, segretario dell imperatore

Federico primo, e celebre poeta di que tempi,


cos cant nel suo poema de" Longobardi:
\

Gens astuta, sagax , pruden; , indsta solar: ,


Provida consilio , legum 1unsque panta.

Le loro leggi, nella maggior parte saggie c


inste, scampate perci dall ingiuria del l0'le
po, provauolaloro umanit, giustizia e pru

denza civile (bencb da taluni siano ingiu


stamente tacciate di barbare ed innmane ) ,
e quindi furono conservate da si lungo tempo,
massime in molti statuti e leg i municipali
di tante provincie e citt , specialmente della
Lombardia
Ricevettero bens queste leggi

dalla loro origine in poi delle aggiunte,


concepite per sul loro spirito, ma giammai
formali cambiamenti. I Capitolati aggiunti
alle leggi longobarda specialmente da Carlo
Magno e suoi successori, avevano rapporto

ad alcune nuove circostanze succedute nel


governo politico e nel governo economico.

Alcuni altri capitolari si sono aggiunti in


torno al governo ecclesiastico , ma tutti hanno

(i) Nella Lombardia , e presso i Milanesi special


mente, la legge pi comune era la longobarda,e dopo

questa la romana, che era quella che singolarmente


prolcssavasi dal clero.

-y85 fatto parte del diritto longobardico. Molti


illustri giureconsulti , massime del regno di

Napoli, si impiegarono a spiegare e illustrare


le leggi longobarde con chi0se e commenti

per collazinarle colle leggi romane, e perle


in qualche stima a fronte del codice Giusti
niano e delle Pandette; ma successivamente
andate affatto indisnso c,in dimenticanza le

leggi longobarde , non vi fu pi professore


che impiegasse i suoi studi sopra le mede
sime. Una prevenzione troppo parziale per
le leggi romane ha screditato a torto le leggi

longobarde. I,Normanni per, per lungo


spazio di tempo, da che c0nquistar0no' la

Puglia , la Sicilia e il regno di Napoli, ten


nero tanto conto delle leggi longobarde , che
le anteposero a tutte le altre, e specialmente
alle romane. Del resto fu sempre un vizio

notabile nel sistema della legislazione deLon


gobardi quello di lasciar sussistere nel tempo

stesso un doppio corpo di leggi , cio le


romane e le longobardiche , becchi: i Lon-
gobardi e gli Italiani fossero oramai divenuti
un corpo solo, e formare dovessero una
sola e individua nazione 'e un solo stato
civile e politico.

... 86 .....

CAPO SESTO
Di Roma , del suo particolar governo e delle sue leggi al tempo de' Goti, de Longobardi, e suc

cesswo.
s I.
Conviene ora favellare di Roma e del

000 governo interno politico e delle sue


leggi, daclx i Goti ed i Longobardi domi

narono la maggior parte dell" Italia e del

l'impero Occidentale oramai afasciato e di


strutto, e dach quello ancora d Oriente
veniva successivamente a perdere ogni po

litica inuenza di dominio sopra Roma e gli


Stati ad essa annessi. Dopo che Costantino,
forse con non troppo maturo politico con-
ciglio ., volle trasferire la sede dellimpero
nella nova sua citt da esso eretta, per cos
nobilitarla e renderla celebre, Roma and

sempre pi decadendo dal suo antico splen


dore e dignit, e a subire quasi la con

dizione di una nemplice citt provinciale.


Legislatrice e capitale una volta, per cos
dire, del mondo intiero, dovette Roma rice
vere le leggi e il governo da straniere na
zioni , e divenire bersaglio , in certo modo,
de conquistatori dell Italia.

g il.
Questa citt, che fece gi una gura cos
luminosa nellimpero romano , dopo l'inva

eione in ltaliade popoli settentrionali venne

soggettata a diversi governi. Gli ofliciali reg


gemi, ora nominati dall'imperatore dOrienm,

-_*_AN__\

-- 37 -

e ora scelti dallo stesso popolo romano , ora


intrusi da s stessi e dalla forza dellarmi,
vi esercitavano precariameute una autorite

potest assoluta. Si osservava spesso in quei


tempi in Roma un miscuglio bizzarro di di

spotismo , d aristocrazia , di democrazia e


di anarchia , in cui sucCessivamente venne ad
avere molta inuenza il politico accorgimento
della corte ponticia per regolare i movi
menti e dirigere .il governo secondo chele
sembrava opportuno per prepararsi nel go
verno di Roma uno stabile predominio, e

dare poi essa la legge al medesimo. Desidero


che si ritenga la massima, ch" io non confondo
la Corte di Roma colla persona del sommo

pontece qual capo dellm religione evicario


di Ges Cristo. La Corte rappresenta il so
vrano temporale di Roma, che va distinto
nella persona del pontece, dal sublime ca
rattere del divino vicariato che egli sostiene.
/
g III.
GlLimperatori d Oriente non cessavano
di eccitare turbolenze e sedizioni in Italia e

in Roma , e di attribuirsi il dominio di


questa , senza essere in istato di proteggerla
e difenderlo. Si videro nella necessit suc
- cessivameute di pregare i ponteci di Roma
a conservar loro questa citt e mantenerla
fedele coi dipendenti Stati dItalia al loro
dominio, e sollecitare a questo oggetto,
come si gi accennato, il soccorso del re

di Francia. Quindi i re longobardi, gli


esatcbi e gli stessi ponteci si trovarono in

uno stato continuo dinvasioue e di guerra

- 88 s

'per consegnenza di quella confusione gene


rale in

cui era involto il governo e 1 or

dine tutto dello stato politico di Roma.


'
8 IV.
Sono ben lontano dal ricercare ed esa
minare nella politica e ne successivi accre
scimenti della potenza ecclesiastica argo

menti e induzioni che possano offendere il


rispetto e la sommissione dovuta ai sommi
ponteci della nostra santa religione cri

stiana. Dir pel contrario, ma tutti gli uo


mini 'saggi, religiosi e imparziali insieme,
che

la potenza ecclesiastica

ha

procurati

grandi benccj all'impero e all'ordine po


liticoe civile medesimo, comunque altronde
i molti mali che si dicono indi derivati,

possano forse essere attribuiti all abuso di


questi beneci medesimi e ai modi e titoli _
con i quali si ottenevano e venivano com

partiti. Dach le virt piemineuti, la pi


saggia moderazione e prudenza , e insieme

una vera e singolare piet sono divenuti

titoli necessarj nel supremo poutcato,non


si pu a meno di non benedire esecondare
con tutti i nostri voti questa santa e religiosa
autorit sovrana che tende a legare gli uomini

tra essi con i Vincoli di una carit e alie


zione comune, ed anche a promovere la

pace e tranquillit temporale.

g v,

L' autorit e dominio che gli imperatori


d Oriente (giacch limpero Occidentale era
stato distrutto e abbattuto coll' ultimo. effi

mero imperatore Augusto) si attribuiva"

Di...

ii.

.
_ 89 _
:
pretendevano sopra Roma, trovandosi in
uno stato precario, veniva sempre pi a
indebolirsi e perdere ogni forza morale e

politica nella opinione de Romani. Anzi no


ai tempi dellimperatore Onorio , larico re
de Goti obblig Roma a far alleanza seco lui
contro lo stesso imperatore Onorio che non
pot opporsi
Fu in queste circostanze
che i ponteci, mossi probabilmente dal
suggerimento dello stesso popolo , che mal
soffriva il dominio greco che gli era di
aggravio e peso, senza procurarin alcun
soccorso e sollievo nelle critiche circostanze in
cui si trovava, pensarono di aggiungere la
signoria di Roma al loro patrimonio temporale.
' A questo oggetto temendo la potenza deLon

-gobardi che venissero ad occupare e signo


reggiare Roma ancora col resto degli Stati
dell Esarcato, gli stessi ponteci cooperarono
alla distruzione del regno dei Longobardi in
Italia, ci che loro nalmente venne dato
di eseguire.
5 VI.

Fu opera del pontece Gregorio Ill che,


per far argine alla potenza del re longobardo
Astolfo, che gi si era impadronito di Ra

venna, dell Esarcato e della Pentapoli. Roma

col suo senato e popolo si mettesse sotto la


protezione di Carlo Martello, il quale, bench
col semplice titolo di maggiordomo della
corte del re, dominava la Francia, 0 usava
(i) lib.
Proco ius Dc bello gothico lib. I. '- Zosi
mus,

.... 90 .

della regia potest in quel regno. Successi


vamente essendo Pipino , figlio del detto
Carlo , stato creato ed acclamato re di Francia
dopo la degradazione della prima stirpe reale,
come gi si riferito, si implor da Roma la

protezionespecialmente di Pipino, e dal ponte


ce , a nome del senato e del clero,

della

nobilt e popolo romano, fil ein dichiarato


patrizio e signore di Roma per tutta la sua
reale discendenza.
5 VII.
Ugone Grozio, seguito da Vincenzo Gra
vina nel suo Trattato dellimpero romano, e
dal marchese Ma'ei nella sua Verona illustrata,
ha alfermatri che lo stato di Roma non cess,

n sotto Angusto , n d0po di esso no ai

tempi de Goti e Longobardi, di essere vera


mente e propriamente considerato per una re
pubblica, come sempre nell'uso delfavellare
si chiamava , talch repubblica e impero ro
mano dovessero significare la stessa cosa , n

altro dovesse essere l' imperatore che il primo


personaggio della repubblica e dello Stato (1).

Non pertanto dalla storia di Roma si ha


che anche sotto gli stessi imperatori il go
verno di Roma fosse un misto di monarchia,

di dispotismo militare e qualche volta di


repubblica ancora , e specialmente dopo I in
v

(l) Il nome di re ubblica si ritrova nelle iscrizioni

quasi in ogni citt Italia, che aveva una forma ed


elii ic di Roma nei loro magistrati e governi, semprc
per sotto lalto dominio dell impero.

-4_-____

_1_

residue de popoli settentrionali dell Italia


del barbaro furore de quali fu pi volte
vittima Roma medesima. La dignit stessa
imperiale ora era elettiva e dipendente dal

1 autorit del senato e del popolo , ora per


consenso dello stesso senato e popolo era
considerata una monarchia ereditaria e di
pendente dalla disposizione dellattuale pos
sessore del trono cesareo come un bene e
patrimonio privato; ora venivano dalle guar

die pretoriane a loro arbitrio e capriccio

innalzare a questa dignit persone da esse


tumultuariamente nominate ed acclamato, che
per lo pi vi mantennsro ed esercitarono
un dispotismo militare. Il Gronovo con altri
ha preteso che le sole milizie avessero di
ritto all elezione degli imperatori di Roma,
e che i decreti e le conferme del senato ed

il consentimento del popolo

fossero for

malit vane e illusioni, giacch il senato e

il popolo n pretesero ne si arrischiarono


mai di riutare un imperatore eletto da pre
toriani e dalle legioni.
g VIII.
,

Anche presso i Goti ed i Longobardi le


loro milizie alcune volte si sono date lar

bitrio di creare e deporre i loro re,iquali


perci alcune volte si sono trovati nella neces
sit di ricevere dalle milizie stesse le leggi del

loro governo. La corona reale deGotiedei


Longobardi non era pertanto pi ereditaria
che quella dell' impero romano. Egli vero
che per sentimento generale della nazione

e perle costumanze e leggi intorno alla suc


(

...i 93 _

cessione e alla regia autorit presso i Goti


e Longobardi, osservate fedelmente anche
dalle milizie , vero e legittimo principee so

vrano diveniva colui che si giudicava capace


di govarnarli, e che come tale era ricono
sciuto dalla nazione e dal .di lei consenti
mento portato e confermato sul trono,come
dalla storia di quelle nazioni si rileva; la

qual cpsa non avveniva nelle elezioni degli


imperatori romani , essendosi troppo spesso
veduti sul trono Cesareo mostri di tirannia e

di scelleratezza, imbecilli e voluttnosi , in


trusi sul medesimo dalla forza , dalla vio
lenza e prepotenza delle milizie che obbli
gavano il senato e il popolo a consentirvi.
g IX.

Comunque le guardie pretoriane e le le


gioni disponessero troppo di

sovcnte in

Roma del trono imperiale, per certo che


gli imperatori eletti, almeno i pi accorti ,
savi e politici, facevano molto maggior
Conto

nelle loro elezioni se

confermate

venivano dal senato e dal popolo, ricono

scendo specialmente dal senato e dal popolo


il titolo legittimo della loro angusta dignit.
Bitenevasi per

massima costante in Roma ,

che laccettazione e il consenso del senato e


del popolo, comunque estorto dalla forza ,
dalla violenza e prepotenza militare, real

mente costituivano vero e legittimo impera


tore colui che da prima doveva essere con
siderato soltanto un usurpatore e tiranno,
per essere (lui pretoriani e delle legioni por
rato tumultuariamente sul trono Cesareo.

{5 X.

'

Giustiniano per avvilire sempre pi il po


polo romano volle sopprimere e togliere la

dignit del consolato di Roma , bench ri


dotto oramai a un vano titolo d' onore , e
l'esatca Longino si arrog, come si gi
accennato , lautorit a lui incompetente di

sopprimere la dignit senatoriale col senato


intierc, non che di cangiare in Roma la forma
del governo e- stabilire pi duchi o capi delle
provincie romane, riducendo Roma stessa

alla condizione precaria di semplice ducato


provinciale. 1 re goti avevano conservato a

Roma il suo lustro e splendore nel consolato,


nel senato e nel diritto romano medesimo ,
secondo cui si governava.- Ma Giustinianoe

lesarcaLongiuo, in odio del governo dei


Goti , ebbero tutto limpegno di distruggere
in Roma ogni memoria del regno de Goti,
ritenendo soltanto in vigore il diritto r0ruano,
ma per nel modo in cui Giustiniano lo fece
compilare. Il consolato rest pur sempre in se
guito abolito, ma del senato almeno un ombra

o un fantasma , dir cos, si tuttavia con


servato, massimepoich Roma e il.suo Stato
cessarono di essere sottoposti all impero
dOriente. Fu per in seguito il senato ro
mano vie pi ristabilito allorch il popolo

romano , sedotto dagli empi consigli di


Arnaldo da Brescia , tent ed ard di mettersi
in libert e scuotere la signoria che i ro
mani ponteci avevano acquistata sopra Roma.

5 Xl.
Si mantenne in Roma il dirittoromano

anche prima dei due codici Teodosiann e


Giustiniano,succeduto uno allaltro nelle
costituzioni e rescritti imperiali e nella tra
dizione delle antiche sue leggi; solamente
sotto il governo e regno de"Goti vi si erano

introdotte alcune loro costumauze e leggi ,


che furono poi abolite col regno stesso
gotico , avendo voluto Giustiniano che il solo

corpo delle leggi romane, da esso fatto gom


pilare , e le successive sue novelle costitu
zioni dOVessero

Roma. Tuttavia

essere osservare

anche in

poich i ponteci romani

ebbero o precariamente o assolutamente il


governo e dominio di Roma , introdussero le

cosi dette loro decretali, nelle quali varj

ponteci vi ebbero parte , secondo le circo


stanze morali e politiche de' rispettivi loro

tempi. Queste non erano propriamente che


rescritti secondo i casi proposti ai ponteci,
con i quali rescritti venne il diritto romano
alterato , modicato 0 circoscritto , e stabi

lita la base del cosi detto diritto canonico.

Le leggi che si deducono dai principi della


religione hanno per oggetto primario la bont
e virt particvlare delluomo considerato in

se stesso , e non relativamente alla societ

civile e politica. Questi due distinti oggetti


furono confusi insieme e alterati nel diritto
canonico , perch i ponteci vi vollero
gurare , e come legislatori ecclesiastici in Ci

che riguardar possa la religione e la chiesa ,


e come legislatori civili e politici nella loro
qualit di principi temporali , che per se deve

essere distinta da quella de sommi ponteci.


\

"Le

, ,

--u-.__

__ 95 ._
Pertanto gli accennati rescritti , che furono
poi denominati decretali, sopra i quali fou

tlato il diritto canonico, essendo complicati


nei detti due differenti oggetti, non potrebbero
in ogni modo essere una perfetta e compiuta
legittima legislazione civileepolitica per ser
vire di sussidio e supplemento alle leggi cuvili,

come si preteso per tanto tempo nelle stesse


scuole della giurisprudenza civile. In tutto

ci per che ha immediata e necessaria re


lazione colla religione e con i di lei invio
labili diritti, gli

oracoli del Vaticano

do

vranno sempre essere rispettati e onorati.


s XII.
Nellanno 1149. icittadini romani, sedotti e
illusi da Arnaldo da Brescia, famoso eresiarca
e uomo

fanatico,

fecero

una sollevazione

contro il governo ponticio, pretendendo


scioccamente di rimettere in piedi lantico
senato e la primiera repubblica. Questo se
dizioso entusiasmo dur per qualche tempo,
fomentato sempre pi dalle persone che non

gi una ragionevole libert civile e politica.


pensavano di stabilire, ma un anarchico li
bertinaggio , in cui la giustizia , il buon or

dine civile e politico e le leggi tutte ve


nissero soffocare e compromesse , come fa
sempre l oggetto di tutte le tumultuarie po
olari sollevazioni. Ma le armi e la potenza
dellimperatore Federico I, invacati dal
pontece, come difensore che doveva essere
della chiesa e del suo capo, restituirouo a

Roma la quiete e la tranquillit , calle leggi


6 al governo il dovuto rispetto e sommes

sione, colla pena dovuta allempio Arnaldo.

CAPO SETTIMO.
Di Carlo Magno , del suo governo
e delle sue leggi.
I.
. Vinti i Longobardi e conquistato il loro

regno, si port Carlo Magno a Roma, dove


ricevr:ttegli onori dovuti ain esarcbi e. pa
trizi ., asserendo il Goldasto (i) che il pa
triciato romano per se fosse uguaglato alla

dignit imperiale, e fu riconosciuto dal pon


tece Adrianon formalmente re d Italia , ti

tolo confuso con quello di re? de' Longobardi,


sebbene questo titolo pel dirittodella vit
toria e per la conquista del loro regno
gli doveva gi appartenere (a). Il Sigonio
asserisce che

Carlo

Magno , debellato e

fatto prigioniero Desiderio, ultimo re de


Longobardi .. siasi fatto incoronarc dall' arci
vescovo. di Milano colla corona ferrea usata
dai re longobardi, ed abbia stabilito questo

rito per i suoi successori nel regno d" Italia.


In capo a sei anni fece riconoscere Pipino
suo secondo glio, ancor fanciullo, per re_
d Italia suo successore , per prevenire che

alcuno non si usurpasse questo titolo nella


(i) Tom. [I Constit. impera, ad annum 7 4
(a) Al regno d Italia fu dato Spesse volte il nome di

regno di Longobardia, o sia Lombardo , come viene


0;; idi chiamato coll aggiunta di Veneto, per esservi ora

unll0 lo Stato che spettava alla gi repubblica di Ve


ama.

sua assenza dallItalia , ma essendogli pre


morto Pipino, da cui in alcune sue saggio
leggi, comprese in quelle longobarde, si
hanno ottime provvidenze pel governo, de
stin re d Italia Bernardo glio di Pipino,
cui , come troppo giovane , fu dato per ajo e
consigliere Valla, fratello di Adelardo, celebre

abbate di Corbeja, uomo di gran senno e


rudenza , che fu vittima , insieme col suo

alliem,dolla unbecillit sospettosaediidente


di Lodovico detto il Bonario , sedotto corag
girato da suoi cortigiani.
s II.

Il pontece Adriano diede un pubblico


esempio del dovuto omaggio e obbedienza
a Carlo Magno come re d' Italia e de Lon
gobardi (Longobardia e Italia erano allora

sinonimi : Italia , quce et Longobardia dicitur ,


si legge nel testamento di Carlo Magno, co
sicch al regno stesso (1 Italia fu dato spesso
il nome di Longobat"dia,come avverte il Mu

ratori

come sovrano legittimo di

Roma e dellItalia sopra la quale aveva


esteso il suo dominio. Fu per il papa Adriano
un sostegno e l'organo principale del go

verno di Romae del regno dItalia,essendo


stato eletto dallo ateaoo Carlo Magno qual suo
primo ministro, munito del pien potere; sic
come rileva il Muratori, il pi dotto ed eru

dito illustratore della storia dItalia.

(t) Antichit italiane, tom. I, dissert. a.

Saggio crit. T: IV.

III.
Carlo Magno (tacciato ingiustamente dal
Raynald come un vincitorc sanguinario

ed

un tiranno persecutore) fu nalmente ac


clamato" e incoronato in Roma dal pontece

Leone III, tra gli applausi festosi e giu


livi di

ogni ordme del

popolo romano ,

come imperatore d' Occidente. Era vacante

da tre secoli

l impero d' Occidente, e di

viso in vatj principati e regni, uniti per


/

in gran parte nella persona di Carlo per ra


gione di successione e per diritto di con
quista. Era adunque in diritto Carlo Magno

di dover essere proclamato imperatore, e


di avere questo augusto titolo corrispondente
al vasto impero che teneva nell Occidente ,

superiore di molto a quello stesso che pos


sedevano gli imperatori occidentali,_da Ono
rio no ad Augustola. La situazione politica.

ero di Carlo Magno era ben diversa da


quella di Augusto. Aveva Augusto nella mo

rale de Romani, bench alquanto alterata ,


nei loro lumi, nellabitudine della obbedienza
alle loro leggi, nelle leggi medesime esistenti,
e

massimamente

nell organizzazione

dello

stato militare, aveva , dissi, Augusto i prin


cipali fondamenti di un governo forte e le
risorse d' una prosperit nuova per il popolo
romano. Carlo Magno, all incontro , senza al
cuno di questi appoggidoveva erigere un edi
cio nuovo , n poteva stabilire la sua monar
chia senza far provare una intera riforma.

5 IV.
Comunque i Greci abbiano fortemente de-_
tlamat contro l'incoronazione ed acclama

_ 99 ""
zione di Carlo Magno come imperatore ro
mano nell' Occidente , e qualunque possa es
sere il parere di alcuni storici antichi e mo
derni, sar sempre vero , riguardando la'

cosa con occhio sincero, che ben pochi


(l' passati Cesari hanno portato sul capo con

pi giusto titolo la corona imperiale. Si


veduto bene spesso che una tumultuaria e
sediziosa acclamazione delle guardie e di una
parte anche sola delle milizie e di un po
polaccio ignorante , sedotto e lusingato dal
danaro sparso tra esso, dava il nome dim
peratore a chi la sorte, la cabala e lintrigo
suggerivamo di nominare, obbligando cos
la miglior parte dello Stato e dell impero

a piegare il collo forzatamente sotto lo


scettro di ferro di

chi poco prima , come

privato, viveva oscuro a s stesso e agli


altri, e alcune volte

era impiegato in me

stieri vili, plebei e mercenari, come ne


abbiamo gli esempi nella storia degli im
peratori

romani.

All incontro

Carlo Ma

gno , gi signore di Roma, colla conquista

di tutte le provincie che formavano nc tempi


addietro limpero d' Occidente, non fece,
allincoronazkme e acclamazione avuta in
Roma, che ricevere e vestire quel nome che

gi gli competeva per pi titoli, e ornarsi


di una dignit che_realmente per s stesso

e secondo il diritto pubblico e politico pos


sedeva. In mezzo alla barbarie in cui era se
polta l Europa sorti in Carlo Magno un prin
cipe losofo , legislatore e conquistatore.
s V.

Niceforo , che allora era statoportato sul

-, 100 -

trono di Costantinopoli colla deposizione di


Irene .. divenuta odiosa ai Greci per le nozze
che a'ettava di contrarre con Carlo Magno,
ebbe per grande favore di stare in pace
con questo, e determinando iconni del

l'uno e dell' altro impero, di riconoscere


l' eletto imperatore d" Occidente per suo col

lega. Non vi potrebbe per tanto essere dif


ficolt o dubbio alcuno intorno alla legitti
mit (lell' elezione di Carlo Magno; ma la
confermazione del greco imperatore dovrebbe
togliere vie pi ogni dubbio. Molti anni

prima che Carlo Magno fosse ritestit0


della dignit e clamide imperiale, era egli
gi in possesso del regno de' Longobardi ,
o sia dItalia , ed esercitava i diritti di so
vrano sopra Roma e le sue dipendenze ,

sopra tutta l ltalia indipendentemente dal


I imperatore d' Oriente , che laveva da gran

tempo , si pu dire, affatto abbandonata.


Non fece gi Carlo Magno Valere lo specioso
diritto di conquista , quel diritto che facil
mente si confonde colla forza , ma conservo
le antiche prerogative; e quantunque vi ab
bia fatti alcuni nuovi regolamenti, non al
ter nella sostanza 'quella forma di governo
che da Longobardi stessi era stata stabilita.
Volle Carlo Magno riconoscere dalla nazione
il possesso del regno dItalia con farsi eleg
gere re in una dieta generale degli Ottimali

rauoata in Pavia , come abbiamo da pi au


ticlri scrittori
seri P tor. Ber. italicar. lom. Il P art.I
me(i)416Apud
c 498.

-.

101

_...

% VI.
Fatta la conquista del regno

de' Longo

bardi , eil eletto solennemente re de'mede


sit'ni , pose e stabili Carlo Magno una delle
pi solide basi del suo impero e regno,
creando grandi vassalli, grandi dignitarj e
cariche onoriche, colla quale leg tra esse

e rassorl le diverse parti del corpo politi


cc.

Institui pertanto duchi

e conti Carlo

Magno con solenni investitura in pi citt


e provincie, e stabili marchesati su le fron

tiere dell impero e del regno_ d Italia. No


min inoltre alcuni legati straordinari, che
messi , cio missi regii , o sia missi dominici,
si chiamavano , attribuendo loro una potest
maggiore che ai conti, nei quali peraltro la

.pubblica e privata giurisdizione {aveva ripo


sta. Questi messi tenevano i loro placiti par
ticolari e generali detti molli , cio giudizi,
ore era il concorso del popolo per i loro
litigi. Lautorit di questi messi era ordina
riamente circoscritta ad una,

o pure a pi

provincie , ed era chiamata missatiaum. Giunti


nella loro assegnata provincia i messi spie
gavano le loro patenti , ed invitavano chiun
que credesse dover ricorrere al loro tribu-
nale per avere giustizia , intitolandosi missi
ad singulnrwn _hominum justitias faciendas et

deliberandas , cio ad ascoltare i ricorsi e ri


chiami dei popoli, e regolare gli affari ge

nerali negli Stati provinciali, come abbiamo


dagli storici di que' tempi. Il sistema di go
verno di Carlo Magno doveva essere pi

semplice e le sue misure meno moltiplicate

"102

di quelle dAugusto, poich non incontrava


i medesimi ostacoli dal canto della massa

del popolo, sebbene ne avesse dalla parte


dei nobili ed ecclesiastici che ein seppe poi
successivamente co politici suoi divisamenti
trarre ne suoi stessi disegni e oggetti.

5;} VII.
Fece coniare Carlo Magno monete in Ro

ma in qualit di sovrano, e gli atti pubblici


furono in questa citt datati dallanno del
suo regno , e ricevette dallo stesso sommo

pontece le chiavi di S. Pietro e il giura


mento di fedelt prestato dal popolo roma
no. Da tutto ci si comprova chiaramente
la piena sovranit ritenuta da Carlo Magno

come re d' Italia , e non gi soltanto come


imperatore, non

dellItalia,

solo sopra

ma sopra Roma

il

rimanente

medesima e

le sue adjacenze. vero che ein confer


m la donazione di Pipino suo padre, del

ducato di Roma , di Ravenna e della Pen


tapoli , provincie conquistate da Pipino con
tro Astolfo re de Longobardi, al romano
pontece, o sia alla Chiesa romana , ma non
cedette insieme i diritti sowani ad esso com
petenti sopra le dette provincie, e come

imperatore e come re d Italia. L eminente


dominio e lalta giustizia s0pra le accennato

provincie, come si pu vedere nel codice


Carolino , e come abbiamo dain Annali dIta
Zia del Muratori, si riserv sempre Carlo
Magno per s e suoi successori nel regno
dItalia. Carlo Magno ed anche i suoi succes

sori permisero bens ai_romani ponteci di go

-* t03 -

dare, con titolo precario, della signoria e so?


tranit di Roma e del suo ducato , conser
vando per a s stessi sempre tutti i diritti
dell' eminente dominio e dell alta giustizia
dain imperatori romani, dagli imperatori
dOriente e dagli esarchi di quest' ultimi
esercitati e posseduti: diritti che poscia
per indulgenza de principi si erano ridotti
per qualche tempo ad una semplice specula
zione metafisica, ma che nella successiva
rivoluzione de tempi stabilirono la vera e
indipendente sovranit di Roma e del suo

ducato nel sommo pontece.


VIII.
L'aceortezza politica di Carlo Magno si
manifest sempre pi successivamente nell as=
sicurarsi la fedelt e la dipendenza dei paesi
da esso conquistati pi lontani e pi esposti
ai pericoli di ribellione e sollevazione, come
erano quelli della Germania. Persuaso per
tanto ein d una maggiore docilit e fede
per parte degli ecclesiastici, che per quella
de laici, o vassalli immediati, eresse in Germa
nia molti vescovati coll autorit ponticia ,
provvisti di grandi e signorili feudi e signorie ,
e cosi per mezzo dei removi investiti della

dignit e titolo di principi, e coll' appoggio


della religione si conservo lAlemagua nella

maggior parte fedele e costantemente attac


cata e ligia a s e asuoi successori. Creb
bero progressivamente

in grande ricchezza

e potenza i vescovi, e giunsero, almeno dai


tempi dell impero di Carlo il Calvo , a pos
smlcre ampie giurislizioni signorili, e 1' 311

'04. -

tori: e dignit di conti nelle citt stesse e


distretti dove presedevano come vescovi (l).

Il fasto pertanto e il lusso ne' successivi


'tempi introdotto da alcuni vescovi , troppo

prevenuti del loro grado e potenza, come


principi temporali, pregiudic assai a quel

rispetto e venerazione che la religione in


spirare deve verso la dignit e carattere
vescovile.
S IX.

Carlo Magno conferm le primiere leggi


longobarde , lasciando da principio per
a ciascuno dc suoi sudditi del regno d Italia

il seguire a suo grado e arbitrio o le leggi


romane, o le leggi francesi medesime, o il

codice longobardo che egli accrebbe poi di


nuove leggi come re d Italia , col nome di

capitolari (a), de' quali alcuni spettavano al

governo civile e politico , altri al governo


economico e altri ancora al governo eccle
siastico.Cou questi capitolati e collo stabili
mento delle decima da esso introdotte inten

deva di dare alla chiesa quello stato sso e


permanente che sembrava aver perduto. Era

gi massima adottata dai Longobardi, che


ciascun

popolo

dovesse

osservare le leggi

della propria nazione; quindi Carlo Magnoe


(i) Muratori, Annal. Ital., dissert. 7|. 4 Giulini,

Memor. di Milano, parte scronda, iil). IX, dalla


pag. 129 alla pag. i37; il) X , pag. ig3. -- Dcnina

Rivoluz. dItalia, tam. ii, lib. 1x, cap. 2.

(a) S'truvius , fli'stor. jur. , rap. 5 , S 7. - Mu

ratori , Antiquit italic. , toni. 11, pag. 23.

-- '105 i suoi successori lasciarono al popolo romano


libera la scelta di quelle leggi sotto cui gli

fosse piaciuto di vivere. Dal che ne venne


che dal secolo IX in poi si us di spiegare
ne contratti la nazione e la legge di ciascuno
de contraenti.

S X.
Coni snoi capitolati Carlo Magno im
pose a feudatari, alle citt, alle chiese ed.
ai

monasteri alcuni tributi con i nomi di

fodro , parata e mansimatico. Il fodro era


una certa misura di frumento che si doveva
pagare al re alla sua

venuta in Italia , cui

potevasi supplire anche col danaro. La pa


rata erano le spese per I accomodamento
delle strade e ponti per dove aveva il re a
passare. Il mansionatico erano le spese per

la ristaura2ione delle abitazioni e per le


altre cose che al regio esercito si dovevano
somministrare
Questi regi diritti non
furono sotto questi nomi toltie levati se non
ai tempi di Enrico Il imperatore , e furono
poi convertiti in altre contribuzioni sotto
altri speciosi nomi.

g Xl.
Non volle Carlo Magno , nelle sue leggi
che veniva p,romulgando, seguire l antico
costume deFranchi, per cui il popolo Ie
gislatore riguardava il sovrano come esecu
tore soltanto delle leggi stabilite, 0 san
zionate da esso. Vedeva egli, come principe

(I) Sigonius , De regno itaL , lib.I ad annum 975.

-- 106 -

illuminato e saggio, che la legislazione rea


golata e diretta precisamente dallarbitrio
del popolo era un assurdo opp0sto diretta
mente al principio constitutivo della monar
chia, ed esposto ad inniti disordini: AVeva

avanti gli occhi 1' esempio de grandi malanni


e sconcerti civili e politici

recati e occa

sionati dal diritto legislativo esercitato dal

popolo pressoiGre_ci e i Romani, ed 3Ve\'8


pure osservato che la tranquillit _e lordine
pubblico e un regolare andamento del governo
non si poterono stabilirein Roma se non quando
ad Augusto riesci di togliere e privare il

popolo della diretta e necessaria inuenza


ticll legislazione, comunque da principio
in apparenza sembrasse dare al popolo tut
tavia qualche inuenza nella medesima.
g XII.

Ammise

per Carlo Magno i depUtati del

popolo nesnoi parlamenti, nequali egli


stabiliva e pubblicava le sue leggi, per dargli
in questo illusorio modo una certa apparente

e precaria inuenza nello stabilimento delle


leggi: cos senza attribuirgli alcun carattere
proprio di legislatore nel governo monarchico,

ein adulava non pertanto la

vanit del

popolo, su lesempio d Augusto , che nel

potere legislativo volle conservare al popolo


unesteriore ed illusoria inuenza politica
che induccsse un tal quale tacito assenso
a quelle leggi gi_dal sovrano deliberate e

determinate , senza che il popolo per si


potesse arr0gare alcun diritto di farvi alcuna

menoma alterazione. Sapeva benissimo Carlo

_.

107

.__.

Magno, che lesrrrizio della sovranit, e ape


cialmente del potere legislativo, presso il po
polo era opposto al principioconstitutim della
monarchia. Ricordavasi egli saggiamente dei
mali infiniti che questo esercizio presso i Greci
e il popolo romano aveva cagionati, e che
la tranquillit e l ordine pubblico non si
ottennero in Roma , se non quando Augusto

tolse al popolo ogni attributo da cui de


rivar potesse in esso qualche diritto appa

rente di sovranit , e specialmente il legisla<


tivo. Le leggi quindi da esso determinate
e stabilite furono soltanto da lui proposte
nella dieta generale della monarchia , e cosi_
indirizzate ai duchi, conti e gastaldi e. agli

altri prefetti dItalia (1) perch vi fossero


pubblicate senza che il popolo avasse alcuna
parte nel potere legislativo.
' g Xlll.

Per stabilire negli Stati del suo impero e


regno nn armonia politica, che tanto inte

ressa il buon ordine, la tranquillit e sicu


rezza civile, e che tanto ravviva e accende

lo spirito patrio , seppe rispettare ancora


Carlo Magno i pregiudizi nazionali del po
polo e la morale dilui debolezza e ignoranza ,

cosicch prefer i mezzi

dolci della per

suasinue a quelli del potere e della forza,


e procur di distruggere gli abusi colla
prudenza , abbassando perci le sue leggi da

(_i) Capit. rgg. Frane. post. le. long05- a11d

script. rcr. italic. , tom. 1, parte seconda

-108-

quella altezza ed eminenza a cui dalla so


vrana sua potenza potevano essere portate.
I suoi capitolari sopra il furto, sopra il
duello giudiziario , estendendolo dagli affari
criminali ai civili; sopra la redenzione delle
pene dovute peri delitti; sopra ifeudi e le
regole e corti feudali, ed altri che non sem
brano reggere ad una scrupolosa censura ci

vile e politica , tendevano per, secondo i


pregiudizi e le circostanze morali di quetempi,
a togliere e proscrivere da suoi Stati le pene
di morte e infamanti , nei casi ne quali ri
pugnavano ai genuini e originari principi del
diritto di natura e della medesima umana e
ragionevole politica, ed erano inoltre diretti
al giusto esaggio fine di sempre pi strin
gere coi possenti legami della benevolenza e
affezione i suoi sudditi al suo governo. Pro

cur saggiamente Carlo Magno di fare del


1 amore

dellordine, dello

spirito di giu

stizia , dell eguaglianza nei diritti originari


e dello spirito socievole, le basi delle sua
legislazione.
5 XIV.
Fu attribuito a Carlo Magno un capito
lare che proibisce e prescrive l uso del di

ritto romano, ma questa una falsit, o di


remo piuttosto uno sbaglio ed errore com

messo da Benedetto Levita , che compilando


con poco criterio i capitolari di Carlo Ma
gno vi inser la legge particolare deVlsF
goti ,che vietava l uso del diritto romano ,

convertendo questa legge in un capitolare


attribuito a Carlo Magno. Da questo Au
,

.- 109 _

gusto all" incontro abbiamo che il brevia


rio , o sia codice da Alarico re de Visigoti
tutto compilato, e tratto dal codice Teodo
siano , fu da esso ritenuto e conservato ad
uso de' tribunali nelle decisioni delle cause

de seguaci e partitanti delle leggi romane,


contro le quali nulla ha egli stabilito e sanziontito ne suoi capitolari.
g XV.

Carlo Magno pens colle sue leggi (nelle


quali si scorge uno spirito dautivedimento
che

tutto

abbraccia,

ed

una

certa forza

che tutto attira) a reprimere e restrin


gere il lusso, poich in qhei tempi non
poteva produrre che effetti dannosi e pre
giudizievoli a quel sistema economico cui le
circostanze (1' allora dovevano obbligare i
popoli in ciascuna classe, senza recare alcun
vantaggio che potesse bilanciare la sua inuen
za. Le arti, lindustria , il commercio erano
troppo lontani da quel orido stato in cui
dai lumi, dalle cognizioni e dalle scienze,
succedute alla ignoranza e inerzia di quetem

pi, dopo qualche secolo furono portati in


Francia e in Italia, e successivamente in
Germania e in altre parti dell Europa. Se
gli Stati o popoli sotto il governo di Carlo

Magno si fossero trovati nella orida situa


zione di cui la Francia e l'Italia godono in
questi tempi, per cui il lusso nutrisce molta

parte della popolazione , e inuisce con tanto


vantaggio nel commercio, e a risvegliare e

a elettrizzare, dir cos , lo spirito nazio


nale , quell illuminato Augusto non avrebbe

-- no certamente posti certi limiti al lusso, malo


avrebbe anzi favorito e secondato sino a quel
segno per che la pubblica economia, re
golata dallo stato attivo della nazione, po
teva e doveva permettere.
S XVI.
Il lusso, generalmente parlando, in senso
politico proprio e necessario singolarmente

nelle monarchia , nelle quali lo splendore del


trono e la maest del principe devono inuire
nello spirito della nazione e dei popoli per
ispirare nel loro animo un certo intimo senti
mento di quel profondo ossequio e venera
zione che li rende vie pi sommessi, obbe

dienti e rispettosi. Egli perci che Augu


sto , quellilluminato politico il quale ten
dera a stabilire e rassodare sopra ferme basi
e principj politici la monarchia, rigett la

proposizione del senato di Roma di correg


gere e moderare il lusso, e lo fece anzi vie pi
risplendere nella sua corte._ Nelle repubbli

che democratiche , siccome l eguaglianza do


webbe essere un principio fondamentale delle
medesime, il lusso deve essere necessaria
mente sbandito e prescritto; ma tosto che

il lusso vi si introduce, vanno case a deca


dere in una torbida oligarchia, che succes

sivamente prepara il trono monarchico al


pi potente e facinoroso, come dalla storia
abbiamo gli esempi.
g XVII.
Pens veramente Carlo Magno con alcun
misure opportune e saggie di disporre i po

poli vie pi alla civilizzazione e alla orsa.

_III

-e

nizzazione di un governo in cui l ordine ci,


vile e politico si promovesse col mezzo di
leggi e regolamenti dettati dalla prudenza
e dall' oggetto del ben pubblico e della
pubblica e privata tranquillit e sicurezza.
Conobbe lutilit de costumi nella stabili
mento dello Stato e di un sodo e ben si

stcmato govuno, e us quindi Ogni mezzo


per dare a tutto il suo Stato e al suo go...

verno questo salutare appoggio, e rigene


rar,lo perci ne costumi mediante una poli
zia severa , forte e costante, come abbiamo
da suoi capitolari e dalle sue leggi.
g XVIII.

Procur quel provvido e illuminato mo


narca , per quanto poteva permettere la roz
zezza e ignoranza de' tempi, e promosse I in
troduzione delle arti e delle scienze necessarie

a incivilire luomo. a illuminarlo , a spogliarlo

de pregiudizi e dirozzarlo, e stabil quindi


scuole, ginnasi e accademie delle scienze, delle
lettere e delle belle arti delle quali si dichiar
parzialmente capoe protettore. Ad esso sono
perci attribuite le fondazioni di alcune pi
rinomate universit dellEuropa.

Ma trov

questo principe veramente' grandi ostacoli da


superare nella superstizione e nelle abitudini

de popoli , e specialmente de magistrati della


nazione ai quali tornava in vantaggio I igno
ranza e rozzezza dc popoli per pi facil-=
mente sedurli, e trarli a secondare e se
guire gli ambiziosi loro disegni e imprese.

-f-'

Ha. -

CAPO OTTAVO.

-Continuazione intorno il governo e le leggi


di Carlo Magno.
g 1.
Quella grande e incoucussa verit morale
e politica insieme che fa riguardare la reli
gione come una delle principali basi e molle
della stabilit e fermezza di uno Stato e go
verno, fu ben conosciuta e ponderata da
Carlo Magnm Avendo egli saggiamente con

siderate le passioni de popoli, pieni di pre


giudizi , profondamente ignoranti in generale ,
e conosciuti i costumi che inclinavano ancora

alla barbarie, credette di fare della reli

gione un possente sostegno e appoggio delle


sue leggi e del suo govcrno. Copri quindi i
suoi divisamenti politici col velo della reli

gione, e fece di questa come un perno su


cui muovere la macchina politica, e cos
assicurare l'esecuzione desuoi disegni e lo sta
bilimento del suo sistema politico. IlCancelliere

dellOspitale diceva che la religione aveva pi

forza sopra lo spirito degli uomini che tutte le


loro passioni, e che il nodo con cui li
tiene uniti insieme era

incomparabilmeute

pi forte che ogni altro vincolo della societ


civile. Questo pregio dovuto singolarmente
alla religione cattolica.

s Il.
Considerando non pertanto lo spirito delle
leggi e costituzioni di Carlo Magno relative
l

___.___

-h___._

'al culto religioso, ed esaminando la sua

condotta religiosa, si vedr ch egli seppe


separare e distinguere la religione in s stessa
dalla politica nesuoi rapporti di una assoluta
inuenza morale nel governo dello Stato. Si
regol e si diresse sopra il principio primi
tivo della religione, che non deve essere con
fuso e complicato col principio fondamentale
e originario della- politica, e volle quindi

che la religione, senza essere l unico fonda


mento del suo edicio politico, fosse la co
lonna pi sicura , e l appoggio pi stabile
che vie pi lo rassodasse e stabilisse sopra
una ferma base.
|
S III.

Hanno creduto alcuni scrittori, pi critici


'che veritieri , di rilevare nella parziale prote
zione da Carlo Magno accordata ai vescovi
e al clero nelle sue donazioni alle chiese e
nella fondazione de monasteri, prove e argo
menti della sua instabilit e incostanza nel

sistema della sua politica edella sua morale


rispettoalla relazione dellareligione colla costi
tuzione civile dello Stato, e col di lui go

verno politico. Ma a ben riettere su le cir


costanze dc tempi, su le opinioni e pregiudizi
che allora dominavano , si vede che laccor
tezza politica di Carlo Magno esigeva di pro
curarsi nel clero e neministri medesimi della
religione, e in conseguenza anche ne monaci,

un corpo a lui attaccato moralmente e da


esso dipendente per interesse e per massima.

Seppe non pertanto blandemente e dolce


mente servirsi degli ecclesiastici stessi per cir

Saggio crit. T. IV.

-.

114 -.

coscrivere e moderare i loro diritti co suoi


edilti e capitoli sopra le immunit delle
chiese, sopra i voti religiosi, intorno certi

riti della chiesa, e sopra l" esteriore polizia


ecclesiastica e del culto , togliendo ecorreg
gendo certi abusi superstiziosi introdottisi, e
vietando ai Vescovi d intervenire alle armate,

per non essere ci conveniente al pastorale


loro ministero.' Fece egli raunare pi con
cilj per questi ed altri oggetti di ecclesiastica
disciplina ., e con una rispettosa dipendenza

Verso i sommi ponteci per tutto ci che po


teva riguardare la giurisdizione spirituale nel
governo della chiesa, spieg loggetto della
sua fondamentale politica in materia di reli
gione ,/e le misure da esso a questo riguardo
adottate furono sempre in piena armonia col
necessario sistema che ein doveva tenere

per rassodare sopra ferme basi il suo impero,


onde un poeta satirico ebbe a dire di Carlo
Magno che
Arti; era! populo: servili assuescerc vinclo ,
Quod vis non potmt, fraus pia fecit opus ;
ma a torto fu accusato di frodolenta la con

dotta di Carlo Magno in ci che appartener


poteva alla religione.
'
5 IV.
Una forte censura ebbe Carlo Magno dagli
scrittori storici per la condotta che tenne
contra i Sassoni privandoli della ingenuit e

della propriet de beni, e riducendoli tatti ad


un duro servaggio, da cui poi furono succes

sivamente liberati soltanto da Luigi il Bono,

-ii5-

suo glio e successore. Sembr che Carlo

Magno sia stato troppo crudele e barbaro


in questa sua condotta , e che abbia usato
un tanto rigore contro i princer stessi
della religione e morale cristiana che pro

fessava. Ma considerando e ponderandoi


motivi e le ragioni che determinarouo Carlo

Magno , contro il proprio naturale sentimento


_e la dolcezza della propria indole e carattere ,
a usare un estremo rigore contro i Sassoni,

sembra che non solo iscusato, ma giusticato


possa essere nella stessa rigorosa morale,
non che dal diritto delle genti e della guerra.
Si trattava della sicurezza esteriore dellim
pero , oggetto che deVe interessare ogni so
vrano per il bene e la tranquillit dello stato

e de sudditi, massime limitrofi: si trattava di


una nazione inquieta e torbida in quei tempi,

guasta affatto ne" costumi e senza alcun prin


cipio di civilizzazione, sempre crudele e
data alle stragi, ai saccheggi e alle ruberie; di
una nazione la cui attivit e confidenza nelle

proprie forze eguagliavano la di lei ferocia


e ambizione, e insieme lodio e lanimosit
contro i Francesi e loro alleati; di una na

zione nalmente 'verso la quale Carlo Magno


aveva usato invano tuttiimezzi della dol
cezza e della clemenza per ammausarla e

indurla ad osservare i principj del diritto di


natura e delle genti.
s V.
Ad ogni modo non pertanto la clemenza
e la moderazione fu una delle massime po
litiche che particolarmente aveva adottate

Carlo Magno per sistema. Fece egli spiccare

-116

questa generosa virt e prerogativa politica


e morale del suo carattere sempre beneco
e generato verso i Guasconi che avevano
cospirata la distruzione dellintiera sua ar
mata per tradimento nell angusto passaggio
di Roncisvalle , accordando loro un magna

nimo perdono , che pure offr e accordi; ai


suoi popoli d Italia sollevati dall audace
Adalgiso glio di Desiderio, e concesse an
cora a Grimoaldo duca di Benevento suo
ribelle. Il trattamento da lui fatto nel prin

cipio del suo regno a Idelberga, che fece


chiudere con i suoi gli avuti da Carlo-f
marmo in un monastero , si creduto un

necessario politico provedimento , in cui si


vide non pertanto

la sua clemenza e mo

derazione, poich Idelberga, donna altiera ,


costante nelle violente sue risoluzioni , aveva
macchinato di sbalzare Carlo Magno dal trono ,

di cui era stato gi spogliato Desiderio suo


padre, per darlo ai gli di Carlomanuo suo
manto.
g VI.

La stretta prigionia in cui Carlo Magno tenne


Desiderio, ultimo re de Longobardi, tradotto
in Francia dopo la conquista di tutto il suo

regno , fu un sacricio che a malgrado del suo


sistema diclemenza e moderazione egli fece
alla sicurezza e tranquillit del suo stato. Era
necessario che esso togliesse ogni facolt di
nuocere , o attentato alla sicurezza del proprio

stato a un principe cos implacabile e ero ,

qual era Desiderio , nesuoi odj , e cos ar


dito nelle sue intraprese , che non avrebbe

mancato di recare sempre molestie ed ecci

_. ||7 _

tare nemici allo Stato. Nel rigore usato verso


Pipino suo glio soltanto naturale, facendolo
radere e rinchiudere in un monastero, non
dimentic certamente Carlo Magno la sua
massima di clemenza e moderazione , poich
questo gastigo deve ritenersi assai mite se si
consideri che si trattava di provvedere alla

sicurezza della propria vita e di quella di

'tmto loStato, contro un glio parricicla


che aveva attentato alla vita del padre, e
macchinata un aperta ribellione , secondando
e favorendo le imprese de' suoi nemici; n
di tale clemenza e moderazione hanno creduto

di dover usare Filippo Il re delle Spagne e


Pietro il Grande imperatore delle Russie

con i loro gli, quantunque fossero im


putati di eguali colpe e macchinazioni. Se
condann Carlo Magno a morte

Rotgardo

duca del Friuli, suo vassallu, fu un atto di


vera e necessaria giustizia, poicb fu questo
un tradit0re manifesto che manteneva corri
spondenza colla corte di Costantinopoli e

col glio di Desiderio, Adelgiao, protetto e


sostenuto da quella corte per sollevare l'I
talia e_lAlemagua contro di esso, e rove

sciare e porre in disordine e confusione lim


pero tutto.
5 VII.
Il diritto delle genti fu certamente rispet

tato da Carlo Magno in tutte le imprese di


rette a difendere il suo impero e regno dai.
limitro popoli del nord, che continuamente
infetavano i conni e tentavano dinva
detli colle loro armi, a reprimere la bal

-iiB-

danza de'rnbelli e a procurare la pace, la


tranquillit e sicurezza de'sud Stati. Rispett
i diritti degli ambasciatori (appoggiati al
diritto delle genti) anche delle potenze e
nazioni che sapeva essere sue nemiche.
Gli ambasciatori medesimi de suoi maggiori

nemici, nel tempo stesso che articiosamente


procuravano torbidi e sedizioui nel suo im

pero, furono non solo da esso protetti e


guarentiti nelle circostanze della loro missione

e nel loro carattere , ma ricevettero ancora


testimonianze pubbliche di considerazione e

rispetto. Tutto ci si vide particolarmente


negli ambasciatori di Irene imperatrice

di

Costantinopoli, donna ambiziosa e intrapren

dente, e in quelli di Niceforo , succednto nel


trono

di

Costantinopoli

alla

detronizzata

Irene, come pure in quelli de' principi Mori


delle Spugne, tutti spediti con istruzioni se

grete, ma non ignote alla sagacit politica


di Carlo Magno, di promovere e maneg
iare rivoluzioni e sedizioui contro di esso
nellimpero e regno d' Italia. Allepoca me

morabile di Carlo Magno incomincia il corpo


universale diplomatico del diritto delle genti,

pubblicato da Giovanni Dumont, eche con


tiene in una serie di molti temi tuttii trat

tati di alleanza, di pace, di navigazione e


di commercio, ed altri atti relativi al diritto
delle genti dopo Carlo Magno.

g VIII.
Il commercio, che divenuto e conside
rato negli ultimi secoli uno degli istituti eco

nomici pi interessanti e utili nel governo

politico, e che ormai un oggetto il qual


merita assidua cure e speciali provvidenze
per parte de saggi governi, era in una leg
giere considerazione all epoca dellimpero

di Carlo Magno per i pregiudizi special


mente che dominavano in quei tempi con
tro il commercio. I principi di un giusto
ed esteso sistema commerciale erano quasi

affatto ignoti e sconosciuti alla maggior parte


de popoli dellEuropa -: solamente iVeneti,

gli abitanti di Arles , di Narbona, di Lione


e di Marsiglia avevano qualche leggiere co
gnizione e inclinazione intorno il commer

cio. La vita frugale e la privazione di tante


cose, introdotte di poi dal lusso , dava luogo
a ben pochi bisogni e desideri, e circoscri
v'eva in limiti assai ristretti lambizione , la
vanit e l appetito ai piaceri , per cui non

si riputavano necessarie tante cose delle quali


ora non potremmo senza pena e disagio

essere prxvr.
'
S IX.
Non da supporre che Carlo Magno , il
quale spieg un genio e spirito vasto e il
luminato, e che seppe concepire il progetto

grandioso di riunire il Mare Eusino col Me


diterraneo mediante un canale tirato dal
Roma al Danubio , non abbia saputo cono
scere e vedere i vantaggi sommi che il com
mercio bene sistemato procura e attrae negli
Stati, massime dove questi sono nella van
taggiosa situazione di avere i portidellAsia ,

dellAfrica e del nord dellEuropa aperti


alle otte. Ma le circostanze detempi non
\

avranno alla politica di Carlo Magno per


messo di pensare seriamente a promovere
e stabilire un uido ed esteso commercio
ne suoi Stati: stabili per ne medesimi grandi

ere e mercati dei quali il principale era in


Aquisgrana. La comunicazione troppo estesa

e continua de suoi popoli coin stranieri,che


necessariamente doveva esigere

uno stabile

sistema di un utile commercio, poteva ren


derlo sospetto alla politica accortezza e

prudenza di Carlo Magno in que tempi,


e farlo riguardare come pericoloso almeno
alla tranquillit e sicurezza de suoi Stati. Se
il commercio rende, come scrive qualcuno,

gli uomini pi socievoli, meno eri e su


perbi , pi industriosi e attivi, nel tempo
stesso li rende meno coraggiosi, meno atti
alla guerra, meno sensibili ai sentimenti di

generosit, scaltri e furbi. Questi riessi, o


sia pregiudizi di, que tempi, forse non isfug

girone alla penetrazione dello spirito di.


Carlo Magno. Di fatti Giulio Cesare scrive (i)
de Galli, che il commercio di Marsiglia gli
aVeva talmente corrotti

e indeboliti, che

avendo essi un tempo sempre debellati i


Germani, rimasero poi invece essi vinti da
questi e soggiogati.
Si crede da qualche storico e scrittore
politico che la necessit di sagricare ogni

cosa per mantenere vivo e attivo lo spirito


guerriero ne suoi popoli, sia stato il principal
motivo che indusse CarloMag:ro a negligentare

il) De bello gallica, lib. VI.

-lI

non solo il commercio, ma anche quelle


arti liberali e scienze utili,' l' esercizio pa

cico delle quali potesse soffocare le incli


nazioni proprie a nutrire , ravvivare, e, dir

cosi , elettrizzare questo spirito su cui fon

dava la sicurezza e tranquillit de suoi Stati


e la sua gloria medesima. Federico Il re di
Prussia, principe di talenti sublimi e singo
lari, uon ebbe questo pregiudizio, poich col

promovcre efcacemente e proteggere il com


mercio, le scienze e le arti ne suoi Stati,
non estiuse certamente ne suoi sudditi quello

spirito guerriero di cui diede prove cosi


illustri e grandi: ma le circostanze politiche e
morali di Carlo Magno erano assai diverse

da quelle di Federico Il re di Prussia. I


g XL

-LZi

In mezzo a tante imprese militarie a tanti


affari politici ed economici del governo di?

suoi estesi dominj ai quali personalmen


volevapensiero
serio
Carlo Magno
perchaccudire,
la giustizia
ebbe ein
Venisse"'
u
rettamente amministrata , arlmettendo in- ,='f="
distintamente tutti coloro che si credessero

gravati dalle decisioni de tribunali e delle


corti speciali di giustizia, a presentare i loro
richiami e aggran immediatamente al trono,
sopra i quali egli medesimo voleva giudicare
e provvedere. Un doppio vantaggio trasse
egli da questo suo sistema, uno di preve
nire la prevaricazione e seduzione degiu
dici, laltro di rendere vigilanti e attenti al

loro dovere e ofcio i coinmissarj detti regi

messi (e che ora si direbbero regi PIW;

catori) da lui destinati ad assistere atr

bnnali perch Vegliassero per la retta ammi


nistrazione della giustizia. Con sua legge spe
ciale che abbiamo nel codice longobardo, pro
cur Carlo Magno di porre freno alle con

cussioni che venivano fatte ai popoli da pub


blici ministri, e abbiamo ancora una lettera
da esso scritta a Pipino suo glio , re d Italia,
a questo oggetto. Era pertanto Carlo Magno

accessibile sempre all oppresso , all olleso


e a chiunque ricorresse alla sua giustizia
e alla sua clemenza; dal qual sistema di
buon governo osservato da Carlo 'Magno

si convince il Voltaire di errore, fra i tanti


altri di questo Scrittore, nellaver detto che
il governo di Carlo Magno fosse stato un asso
luto e pretto dispotismo.

S XII.
Vedendo Carlo Magno che il suo impero col
regno d' Italia non aveva ancora stabilmente

ben rassodate e fondate le radici nel sentimento


e nellopinione depopoli,e specialmente nel
1' alterigia e ambizione de magnati , che da

prima si dividevano l impero e il regno


d Italia , e che una anche semplice e non
forte scossa e urto metteva in pericolo di
essere rovesciato il suo nascente e ben diretto

edicio politico , prese egli saggiamente in


questa politica situazione in cui trovavasi,
il divisamento di tutto esattamente

vedere,

esaminare e considerare per s stesso ., per


quelle istantanee provvidenze e quei giudizi

che nella osua prudenza e saggezza credeva


convenienti e opportuni a prevenire ogni

AA

--19.3 -

pericolo di attentati e cospirazioni , e seppe


riunire a tal uopo con moho accorgimento

tutte le
neggi e
Stato e
inimici
re g no.

risorse politiche della forza, de ma


trattati, dell interesse pubblico dello
della pubblica necessaria difesa dagli
che circondavano il suo impero e
g XIII.

La feudalit , che aveva prodotti si funesti

effetti specialmente nel governo del regno


lombardo, per l ignoranza dei veri principi
di un ben regolato e organizzato governo
civile di alcuni di quei re; che aveva gettate

profonde radici, ed era cresciuta con si


frondosi rami che sempre pi si estendevano
a ombreggiare il trono de re medesimi e a

cospirare a distruggere la dinastia regnante ,


come avvenne -difatti in Francia nella di
nastia di Carlo Martello e poi in quella di

Ugo Capeto , avendo la prima distrutta quella


dei Merovingi, e la seconda essendo succeduta
a quella de Corolingi; questa feudalit, dicesi,
fu da Carlo Magno circoscritta almeno dentro

stretti confini pel pubblico buon ordine e per


la civile libert de popoli. Ma le circostanze
dei tempi non resero i mezzi da esso usati,

efcaci abbastanza , percb anzi successiva


mente si vide la feudalit stabilirsi vie pi
ed estendersi come si vedr in seguito, non

essendo stati abbastanza determinati gli at


tributi de magnati e grandi dell impero e
regno che andavano progressivamente esten
dosi e usurpando i diritti della sovranit

medesima, n determinati con precisione i

--

|24

diritti costituzionali dei diversi

ordini dello

Stato. Quando 'in una monarchia i duchi,


le grandi Contee e marchesati apparterranno
pi al diritto politico del -sovrauo che al
diritto civile dello Stato, questo rimarr

tranquillo e consolidato.
g XIV.

Credette Carlo Magno, sopra oggetti por


litici calcolati sul meridiano di quei tempi,
di dover dissimulare alcune volte I' abuso
del dominio che si arrogavano i magnati,
altieri della loro potenza

in

quei paesi e

distretti ne quali da principio non potevano


aver altro diritto che di amministrare la giusti
zia a nome del sovrano , coll obbligo di pre
starsi subordinati a tutti gli ordini del mede

simo, e ai quali si diede poi titolo di signoria


e feudi, poich gli eletti al governo di essi
si erano arrogato progressivamente l uso
e lesercizio politico delle regalie e diritti
demaniali. La privazione assoluta di tutti i
diritti politici dovrebbe essere la condizione

necess

'a e assoluta quando si voglia to

gliefpericolo che le

grandi

signorie e

feudi non vadano a cadere su le leggi civili

-e sopra la pubblica e politica amministra


zione dello Stato. Quindi che sotto lim
pero e regno de successori di Carlo Magno,

abusandosi della debolezza e imbecillit di


qtte regnanti, i feudatari si attribuirono a di
ritto ci che non era da prima che una
semplice graziosa tolleranzae condiscendenza
di Carlo Magno per tenersi attaccati e hg]
strettamentei magnati, i grandi e i vescovi

-- 125

stessi, i quali essendo in que tempi i de-.


positarj dei soli lumi che sopravvissero alla
distruzione dell impero romano e conservas
aero qualche reliquia dell antica giurispru

denza,

potevano agevolmente sconcertare

il sistema monarchico che sopra ferme basi


andava egli erigendo e stabilendo. Per con
seguenza la fendalit si sollev pi potente,
pi ardita e pi imponente con trasformare
l" impero medesimo e il regno d Italia in
una anarchia che si potrebbe denominare
anche aristocrazia se avesse avuta una forma

regolare di amministrazione.
XV.
Il sistema delle ricompense speciali e dein
onori militari fu singolarmente adottato da
Carlo Magno con solenne formalit per sem

pre pi animare i soldati ed eccitare in essi


il valore e il coraggio, poich in questi
aveva la forza che manten.eva la sua potenza
e sosteneva lestte leggi e il suo governo,
Nello'stesso tempo per vide ein la ne

cessit di una esatta e regolare disciplina


ne' suoi soldati stessi, edotto abbastanza
della fatale inuenza che ebbero le milizie
indiscplinatc sotto gli imperatori romani e

in Occidente e nell0riente, nella oppres


sione, violenza e angherie: con cui erano
trattati dalla militare licenza i popoli, e
nelle frequenti rivoluzioni e ribellioni delle
milizie che arrivarono sino a disporre del
trono a loro capricdo e della. vita stessa

dein Augusti, ridnccndo cos spesso lIm


pero a una terribile anarchia. Era necessario

- 126 quindi che con una esatta e rigorosa disci

plina esso mettesse freno a quello spirito


tropp'o irritabile di ardire e di ferocia , che
forma il carattere militare , senza per av
vilirlo, anzi animandolo culle massime del
vero onore e della gloria, e con speciose e
brillanti ricompense.
s XVI.
Riteneva Carlo Magno per principio di
verit politica che la nobilt tratta dalle
azioni e imprese militari e dagli splendidi
onori derivati da queste, sia la vera nobilt
di tutti i tempi e presso tuttii governi m0
narchici; la quale per nulla

pu contare

nelle democrazie, nelle aristocrazie e in


ogni gov/erno dove la popolare licenza pu

signoreggiare, perch lostracismo, le in.


sinnate gelosie e l' emulazione. tendono anzi

ad avvilire e morticare i pi grandi e pi


illustri guerrieri e gli stessi pi bmemeriti
difensori della patria, e a compensare le loro
vittorie e le loro gloriose azioni con onte e
con disprezzo e coll esilio ancora, come
abbiamo non solo dalle storie greche, ma

ancora dalla romana pi esempi. Le fami

glie patrizie pertanto dell'anticha Roma, le


famiglie regnanti in Europa , le famiglie il
lustri nella monarchia di Francia, dItalia

_e della Germania, hanno il primo e origi


nario loro lustro tratto dai servigi e dalle
imprese militari. [Da questa sorgente glu
riosa anche in questi ultimi tempi i pi il
lustri guerrieri ritrassero lo splendore del
loro nome e delle loro famiglie, e manteuner0

-12

quella gerarchia delle distinzioni e preroga


tive e quella

eredit di signorili propriet

e titoli che l ordine della istituzione mo


narchica esige. Non si mette per in dub

bio che lordine togato, collocato fra la \pi


grande ed alta nobilt ed il popolo, niente
meno recar possa alle famiglie lustro e splen
dore , poich anche questo in s stesso
una milizia che serve direttamente al so
vrano e allo Stato negli affari di giustizia e

di politica , e a cui perci afdato il de


posito delle leggi e con esse la tranquillit
e sicurezza pubblica e privata.
g XVII.
Si preteso da qualche storico di rap
presentare Carlo Magno come un conquista
tare sempre agitato e spinto dallambizime,
dalla gloria e dall interesse insieme d in
grandire ed estendere il suo

dominio , es

sendo pur troppo vero che l' ambizione di


un conquistatore una passione la quale

sempre pi prende forza ed energia a mi


sura che le conquiste si estendono e ag
iungono successiiramentt: nuovi stati e do

minj , e che, come dice Sallustio(l), Iibidincm


dominandi causam belli habere. Ma se si esa
mina e considera giustamente sul fatto e sul
diritto la condotta; morale e politica di que.
sto Augusto , non si trover che abbia as
saliti e invasi gli altrui Stati senza giusti
e legittimi motivi, e pel mero fanatismo

(1) De bello Catilin. , cap. 2.

-19.8

di conquista. Se egli attacc e port la


guerra contro gli Uni ,

gli Avari, i Sara

ceni, iSassoni, ed altri popoli della Germa


nia , ci egli dovette fare per difendere e
guarmire le sue provincie e stati e quelli

de principi suoi aderenti e tributari, dal


1 invasione e devastazione

di cui erano da

questi popoli, bellicosi ed inquieti minac


ciati. La situazione critica in cui trovavasi

l Europa sotto l impero e regno di Carlo


Magno, esigeva necessariamente in esso la

ritinione delle risorse politiche e lo sviluppo


della pi efcace forza, senza alcuno spirito
e idea di conquista , per rassodare il suo do
minio , impero e regno, per resistere allevi
rbt?i e ambizione de popoli del Nord e con
trapporsi all invidia e gelosia delle nazioni
e potenze allarmatedal vedere stabilito sotto

limperatore e re Carlo un si vasto ed esteso

impero e stato nel centro dell' Europa. Non


poteva essere determinato alcun sistema di
circos_criune del di lui dominio e stato,

nch. i Lovgobardi, che tuttavia in qualche


parte dell,ltaiia e nellappoggio dellimpero

greco si mantenevano col disegno di riven

dicare il ioro regno, non fossero stati in


eramente debellati, e i Greci, i Saraceni

e \i popoli settentrionali contenuti dal timore


e dalla forza.
g XVIII.

Ma quantunque grande fosse la sua saggia


previdenza , non pot Carlo Magno prevenire

tutto ci che potesse derivare dall'ingran


dimento=della sua potenza e della s_ua po.

- 129 -
litica alla successiva conservazione del suo
impero e regno. Non era egli sicuro di
avere ne suoi successori chi potesse soste
nere il peso della sua vasta ed estesa mo

narchia. Mostr quindi Carlo Magno tanto


negli avvertimenti dati a' suoi gli, che nella
divisione fatta de suoi Stati tra essi, aver
egli ben compresi e preveduti i pericoli e
danni del suo cosi esteso

ingrandimento e

potenza, ritenendo la conseguenza del prin


cipio stabilito dall esperienza, che calcola a
misura l estensione o potenza di uno Stato

dalla morale abilit e capacit di colui che


lo governa. Non pote difatti superare e
prevenire la conseguenza dellacceunato prin
cipio e i suoi giusti timori sopra il destino

e vicende de suoi Stati e popoli, siccome


avvenne_ ad Augusto niente meno, che ebbe
i medesimi timori e le medesime previdenza.

CAPO NONO.

Dcsuccessori nellimpero e regno dItalia , e delle


vicende del loro governo politico, e delle loro
leggi.

5 I.

Entriamo in un campo orrido, spinoso e


pieno dinciampi per lo schiariment delle
leggi che prevalsero nellimpero e nel regno,

e pel diritto politico con cui i governi di


que' tempi si reggevano. I progressi deNor
marmi, popoli cos detti perch
dal Settentrione, diedero molto
a Carlo Magno , bench da esso
Saggio crit. T. IV.

venivano
a pensare
tenuti in
9

--l3o-

freno, negli ultimi periodi della sua gloriosa


vita. Angustiato inoltre e sturbato dagli scon

certi di sua famiglia e dalla perdita di due


suoi qli, cio del primo e del suondogenito ,
ne'qua i riponeva le sue speranze per la pro
sperit e conservazione del suo impero e

regno, vedeva il suo sistema legislativo e


politico e l impero medesimo col regno dItalia
esposti a rovesci e rivoluzioni, ed a notabili

caugiamenti che difatti avvennero.


S II.

Successore nell' impero a Carlo Magno fu


Lodovico cognominato il Pio o il Bonaria,
il quale ebbe tutte le virt d un uomo
onesto e privato, ma non ebbe le qualit

che convenivano ad un imperatore e sovrano.


Oltre la propria debolezza, fu disgraziato nei

glidel primo matrimonio, che, ingrati e su


bornati , cospirarono contro la persona del
padre medesimo, e queste domestiche ri
voluzioni e dissensioni che successivamente
si mantennero nelle gare ,ed emulazioni dei

rin'cipi dell'imperiale famiglia, contribuirono


in seguito a far sortire l impero e regno
dItalia dalla dinastia di Carlo Magno re
gnante in Francia, e a rovesciare il magni

co edicio POlCO eretto da esso.


5 III.
Aveva di gi Carlo Magno investito il
_ suu secondogurto Pipino del regno d Italia;
ma giunto questo-allet di trentaquattro

anni, la morte lo tolse al regno in tempo


appunto che pel vigor degli anni e per la

pratica e piena cognizione gi acquistata del

-131

civile e politico governo, non che del me


stier dell' armi, era in grado di regnar con
vantaggio de sudditi econ somma sua lode.
Aveva gi egli guerreggiato coBeneventani,
presso i quali si conservavano ancora le
ultime reliquie dei Longobardi che tuttavia

pretendevano contrastare a Carlo Magno il


loro regno. Fu in guerra

eziaudio coi Ve

neziani, la repubblica de' quali cominciava


di gi a voler estendere le ali del suo leone
in pregiudizio del regno d' Italia. Si port
anche in Germania colle forze del suo re

gno a secondare le imprese di suo padre.


S IV.

Per la morte di Pipino , come si gi


detto , Carlo Magno di per successore all'I
talia nel suo regno il di lui figlio Bernardo

ancor fanciullo, 'cn'i stabil per ajo e prin


cipal ministro e consigliere labbate di
Corbeia , Adelardo , uomo non meno celebre
negli annali ecclesiastici che nella storia ci
vile <li Francia e d' Italia, congiunto in stretta

parentela collo stesso Carlo Magno come


glio di una sorella di Carlo Martello, sic

come abbiamo dagli storici. Fu compagno


nel ministero e nel governo del regno, nella

fanciullezza del re Bernardo, con Ailelardo


il di lui fratello Wala, uomo niente meno
dotato di

leali, prudenza e scienza poli

tica, ma morto Carlo Magno, il di lui suc


cessore Lodovico detto il Pio o il Bonaria ,
sedotto e raggirata dai coriigiani_ invidiosi

del credito e della virt dei detti due fra

telli che li posero in difdenza, richiamolli,

--132
dall Italia e premi questi due eccellenti

personaggi e ministri collesilio. Caduto suc

cessivamente in sospetto dell ombroso e in


gannato Lodovico anche lo stesso re Ber
nardo suo nipote, furono a questo cavati
gli occhi .e abbacinato secondo l" uso e

la barbara politica della corte di Costanti


nopoli , per cui dopo pochi giorni perdette
col regno la vita ancora, e colla sua morte
si trov nuovamente il regno d Italia riunito

alla corona di Francia quanto alla persona,


ma non consolidato col regno di Francia.

'

5 V.

Fu veramente imputato Bernardo d essere


stato capo di una ribellione e sollevazione
che port la conseguenza di una mutazione

del governo, da cui col tempo si vogliono


derivati i motivi delle turbolenze e disordini

nati nella famiglia di Ludovico , d onde suc


cessivamente venuta la decadenza e rovina
totale della potenza deCarolingi. Ma qual
che storico pretende attribuire l; morte di
Bernardo alla perdia dellimperatrice Er

mengarda,

che colla sua rovina credeva

procurare maggiore stato a suoi figli. Co


munque sia, lo stesso imperatore Lodovico,
in numerosa adunanza di baroni e prelati,
con pubblica confessione accus s stesso di
ci che era seguito nella causa del nipote
re Bernardo , come di un ingiustizia enorme
e scandalosa, bench non avesse fatto altro

che eseguire la sentenza portata da giudici


deputati a quel processo. Un atto dumilt
cos straordinario non serv che a screditare

--- 133 -

sempre piildi lui governo, e a pregiudh


care ne sudditi l opinione che devono avere

per la pubblica tranquillit , che il governo


agisca sempre con gitxsto fondamento di
giustizia.

\
5 VI.
Tolto di mezzo 1 infelice re Bernardo ,fu
il regno d' Italia riunito con distinto e par-

ticolare titolo nella persona dellimperatore


di Francia. I Quindi dopo Lodovico Pio o
Bonario glimperatori d Occidente si fecero
incoronare colla corona detta di ferro del
regno de' Longobardi, o sia (1 Italia , india
pendentcmente dalla corona imperiale. Per
costuman2a e

consuetudine C&UODZZM3 da

tanti atti, era stabilito che il re d' Italia, o


sia chi portava questo nome, ricevesse la

corona dallarcivescovo metropolita di Mi-


lano , cui solo doveva spettare il diritto di
porre la corona sul capo al re d Italia in
Milano, trasferendosi da Monza la corona
di ferro (che ivi si Conserva per un mouue
mento della religione e piet'della regina
Teodolinda) a Milano a questo oggetto;
il che si praticato, come gi si detto ,

anche nel 1805'quando Napoleone volle


essere incoronato re d' Italia dopo avere in
Parigi ricevuta la corona imperiale dal sommo

pontece.

g VII.

Lodovico Pio o sia Bonario adott per


atto collega, nel trono imperiale e reale,

Lotario suo primogenito, che per dispo


sizione poi del padre si stabil anche nel
L-,.

'

[34 _

regno d' Italia (i). Si govern Lotario per


qualche tempo coi saggi consigli dell abate
di Corbeja, Adelardo, che fu un gran
uomo, il quale aveva insieme il fratello
Wala , gi consigliere intimo e ministro
di Lodovico medesimo, richiamati avendo

questi fratelli dall esilio cui gli aveva con


dannati ingiustamente il debole e sospet
toso Lodovico. Ai consigli di Adelardo si
attribuisce dagli storici tutto ci che Lo
tario fece di buono nel governo civile ed.
ecclesiastico e nel ristauramento degli studi

nel regno d' Italia. Il matrimonio di Lodo

vico con Giuditta glia di un principe Ba


varese, e la nascita di Carlo (da questa se

conda moglie di Lodovico), che poi si rese


celebre sotto il nome di Carlo Calvo, scon
certarono tutto limpero, la casa e famiglia di

Lodovico , specialmente per l impegno spie


gato dalla vivace Giuditta di voler provve

duto il glio suo di uno Stato aspese degli


altri principi gli di

Lodovico . fra i quali

questo_aveva gi divisi i suoi Stati; bench

fosse Carlo Calvo calunniato per un frutto


dell' adulterio di Giuditta. di cui

questa

per si spurg secondo l uso di que tempi.


Una manifesta ribellione ne segui quindi dei

gli contro il padre , capo della quale si


fece Lotario, interessato a non lasciarsi di

minuire la parte degli Stati paterni a lui


gi assegnata. Questa rivoluzione ebbe prin
cipio dall odio dei gli di Lodovico contro
la matrigna.
(i) Thegai'ius, Dc gesti: Ludoyici Pit' , cap. ai.

-- 135 -
g IVI.
Lotarlo , dopo varie tristi vicende, ed0po

essere stato spogliato del titolo di imperatore,


ritenne non pertanto il regno d Italia, subori
limato per sempre al padre , senza il con'
senso del quale nulla operar poteva di qualche
momento, ma d'accordo con i due suoi fratelli
eccit egli nuova ribellione contro il padre,
e cos I impero e il regno d Italia si trova

rono in una specie di anarchia, in cui le


leggi non potevano avere efcacia alcuna; le ,
scienze e le lettere furono involts nelle te;

nebre dellignoranza, e solo qualche barlume


e raggio 'traspariva dai monasteri. Si mau
tenne questo sistema, si pu dire veramente
anarchico , ndh visse Lodovico Pio, che fu

sempre agitato dalle discordie de" suoi gli


Lotario e Lodovico II, il quale ebbe poi
il regno d" Italia col titolo insieme d' impe
ratore. Le rivoluzioni frequenti di Benevento ,
Salerno e Capoa, desCritte accuratamente da

Camillo Pellegrino, ebbero molta parte a


mantenere l Italia e il suo regno in uno stato
continuo di convulsioni Politiche e civili,

ed in una torbida anarchia, a cui si aggiun


sero ancora gli stimoli e le suggestioni che

venivano dalla corte di Costantinopoli.


>

g IX.

Dopo molti dibattimenti e rigiri politici,


essendo morto 1 imperatore Lodovico II,
nel quale fu tolto allItalia il miglior prin

cipe che l avesse da qualche' tempo go


vernata (bench lautore degli Annali Ber
tiniani ardisca dire che Lodovico, inutiliter

-136

sibi, et ecclcsuz et regno vivens , morti succubuit),


Carlo, detto il Calvo, glio di Lodovico I,

e nipote quindi di Carlo Magno. che viene


chiamato negli Annali di Fulda tiranno della

Gallia, bench fosse pi timido di una lepre (i),


seppe con le armi e con larte eludere le

pretese degli altri principi Carolingi; e giunto


a Roma, fu col coronato dal pontece Gio
vanni Ottavo , e proclamato imperatore. Qual

che storico pretende che questo solo titolo


importasse la signoria e il regno dItalia per
Carlo Calvo; ma la vera storia ci dice che

questo principe abbia indi convocata a Pavia


una dieta generale de magnati , de prelati
ed altri signori del regno, nella quale poi

sia stato eletto , proclamato e coronato re

d Italia dall arcivescovo di Milano. Ebbe per


per emuli e per nemici, nch visse, Lodo
vico rc di Germania , e Carlomanno suo glio,
e da questa discrdia quattro duchi d'Italia,
di Spoleti , del Friuli, di Provenza e di To
scana, trassero lopportuna occasione di farsi

pi grandi e pi indipendenti dall impero e


dal regno d Italia , sino ad aspirare essi me
desimi allimpero.

y
5 X.
Y
' Lodovico Terzo fu chiamato prima re d'I
talia senza il titolo d' imperatore , e fu co

ronato come tale nell'anno 900; e nel 901

(i) Lautore degli Annali Bertinidni nel tomo III

Seri tor.franc. , pag. 150 e seg., non dissimula

1 mito contro Lodovico I e suoi gli.

_. ,37 _.
aoitanto ebbe la corona imperiale._ A Carlo
il Calvo imperatore viene imputato. lerrore

politico di avere resi con una sua costitu


zione i fendi ereditari, e di avere permessa
l' alienazione dc medesimi come effetti ere.
ditari. Da questo politico errore derivata
quella indipendenza/che spesso si arrogamno
i feudatari contro gli imperatori ed i re me
decimi, bench da essi arricchiti di grandi

propriet territoriali, alloggetto di vie pi


stringerli ed attaccarli alla loro persona e
a loro interessi. Si introdussero in seguito le
leggi feudali per regolare i diritti e doveri
e le successioni de feudi, ma queste leggi ,

come dice? il Mouteaquieu, hanno posti diversi


limiti agli imperi troppo estesi, hanno pro-_
dotto regole tali che sono proclivi all'anarcbia,

e danno poi a questa una tendenza all'or


dine e all' armonia. Le leggi feudali non per-a
tanto sono considerate da alcuui_ecrittori
come violenti abusi del potere aristocratico ,

e come cause dirette delle agitazioni e con


VUSOD politiche.

5 XL
I feudi da principio erano limitati a un
dato tempo ., poscia furono concessi in vita ,

ma colla autorit riservata al sovrano di


poter togliere i feudi a suo arbitrio , mas
sime mancando i feudatari al giuramento di
fedelt e omaggio che dovevano prestare al

sovrano. Fatti poi ereditari i feudi, furono


ceduti e venduti come propriet libere dei

feudatari , e passarono anche nella linea fem


minile e in famiglie estranee. In questo modo

si videro accumulati pi feudi in una sola


famiglia, che rendesi cosi potente egrande
a segno di ombreggiare la sovranit

meda

sima. Ma gi de feudi e loro origine abbiamo


altrove ragionato, senza dover ripetere il
gi detto.
S XII.
Fanno menzione gli storici dellimperzh
tore Carlo detto il Grosso, come di un
principe, bench pio e religioso , il pi de
bole e imbecille che abbia seduto sul trono
di Francia , e che mor, come scrive Er
mano nella sua cronaca , strangolato da pro

prj domestici. Avendo egli consentito a trat


tati dismmrevoli e vituperosi con i Saraceni
e Normanni (per i quali questi special

mente si stabilirono in Italia), e dato avendo


altre prove della sua naturale imbecillit e

debolezza di mente, fu spogliato della so;


vranit dal Francesi, dagli Italiani e dagli
Alemauni, tutti d accordo, per cui ne 'deri
varono poi innumerabili mali per l Occidente

Cristiano, avendo essi innondata la Germania ,


la Gallia e lItalia. Si unirono quindi succes
sivamente. i principi italiani nella risoluzione
di nonlasciar uscire delle loro mani il re

gno d Italia , che fu poi occupato da Be


ren ario duca del Friuli, in competenza di

Guido duca di Spoleti. Perdette cosi Carlo


il Grosso, per la sua sciocchezza, inerzia
ed inngarderia tre vaste monarchie, e an
d a vivere come un proscritto caritatevoh

mente della liberalit di un principe straniero,


lasciando di s una memoria certamente non

&A

- 139 ....

conveniente ad uno che fu imperatore e re


dei pi vasti Stati dell Europa.
s XIII.
Alcuni scrittori politici opinano che l'im

pero di Carlo Magno abbia dovuto poi


disciogliersi e cadere oppresso dal proprio

peso , per l'estensione disordinata e troppo


vasta degli Stati che lo componevano; altri

per attribuiscono la caduta e la distruzione

dell impero di Carlo Magno non gi alla di


lui ampiezza ed estensione , ma alla debo
lezza e imbecillit de suoi successori, che
non ebbero n la incute n il coraggio di

questo grande e immortale Augusto, la cui


memoria non si mai ecclissata negli oscuri
laberinti della storia e nelle vicende delle
epoche politiche che a lui succedettero,

come di un principe losofo insieme, legi


slatore e conquistatore. Il sistema di Carlo
Magno era stato saggiamente e fortemente
concepito e maneggiato, ma conveniva che
la di lui testa , il suo vigoroso spirito e il vit
torioso di lui braccio si fossero mantenuti e
conservati ne suoi successori per sostenere
e difendere un opera cosi grande e magni
ca. osservazione nella storia politica,
che i successori a chi fu il creatoree l au
tore di una grande stirpe reale, e di

una

nuova dinastia imperiale e reale e di subli-

mi principati, si riposano tranquillie spen


sierati sopra la gloria di questo e sopra il
di lui nome e fama, senza credersi e con
siderarsi nella politica necessit di sviluppare
anchessi e mantenere con fermezzae costanza

'- 14 -

il genio, lo spirito e il valore medesimo


di chi ha loro trasmesso il glorioso treno,
per conservare a questo lo splendore che

gli aveva portato'colla sua gloria e virt


l'antecessore; e ne abbiamo gli esempi nei
successori di Alessandro , di Augusto, di Co-

stantino ed altri nella storia pi recente.


V

{5 XIV.

La politica fondamentale di un governo


e di uno Stato non deve essere circoscritta
soltanto nell interno regime di un impero e

regno, poich quel principio generale di un


socievole sistema che abbraccia esteriormente
per s stesso le sue relazioni con ogni Stato
e impero politico, e che stabilito e ordinato
dal diritto di natura originalmente, ha mo-i
talmente nesnoi sviluppi e rapporti un' catene
sione .press'o che innita che esige una seria
considerazione in ogni parziale governo e
Stato. Siccome dunque, per una parte, ogni

Stato e impero ha sempre gli cmuli e invi


diosi della sua prosperit e della sua dignit,
e potrebbe avvenire che la sorte qualche
volta non potesse essere favorevole alle sue

armi , qualunque sia la sua potenza militare;


e per laltra, ogni nazione politica e civilizzata

non pu rimanere isolata e senza relazioni

con le altre. per quello spirito di socievole


umanit , di cui anche i corpi morali politici
sono dalla natura medesima investiti , e che

ha promosso e messo in tanto utile attivit


il commercio e la corrispondenza de rispettivi
prodotti delle arti, dell industria e dei terreni,

perci si reuduto indispensabile un sistema

federativo' delle nazioni e potenze, se non


generalmente, almeno parzialmente tra esse.

Questo quel sistema che pu indurre suc

cessivamente quel giusto equilibrio politico


che il diritto di natura e delle

genti esige'

tra i diversi Stati, nazioni e potenze.

g XV.

'

Ritornando su le traccie storiche per dare


un prospetto politico de tempi succeduti
allimpero e governo di
storia ci fa vedere che

Carlo Magno, la
le di lui massime

e principj politici e civili non essendo stati


da suoi successori seguiti ed osservati, ne
Venne

successivamente la loro rovina ed

estinzione. La riunione di pi fendi in un


solo capo e sotto un medesimo titolo, ac
crebbe e foment la potenza de grandi vas
salli contro gli stessi imperatori e re, e

sollev alcuni di essi sino a pretendere alla


dignit sovrana. Carlo Magno fece un atto
di Vera sovranit accordando i fendi alle.

persone de pi benemeriti e pi ben affetti


magnati del suo impero e regno d Italia ,
con grandi privilegi e prerogative per stri
gnerli vie pi a se. stesso e al suo trono ,

obbligandoli cos a fornire al servizio mili


tare uomini in proporzione della grandezza

ed estensione del loro feudo; ma non pro


vide e non prevenne con opportune leggi e
regolamenti gli enormi abusi che ne sareb

bero derivati. Difatti i possessori de grandi


feudi ne abusarouo con apprpriarseli Come un
retaggio proprio e con subinfeudare essi me

desimi ad altri le picciole citt, castelli,


I

- 143 _

borgate ed altre terre annesse ai loro ter


ritori feudali, creandosi cosi de' sudditi
e vassalli proprj e privativi, e quindi deri
varono le sedizioui, le turbolenze , le ribel
lioni contro i propri legittimi sovrani, e
le interne scissure, emulazioni e discordie tra

gli stessi feudatarj che sinVidiavano a vicenda


i propri e rispettivi feudi, come abbiamo dalle
storie de' tempi bassi.
g XVI.
Carlo Magno aveva ritenuto in una giusta
dipendenza e in un dovere di obbedienza e

di piena subordinazione i grandi vassalli feu


dali, e colla forza del suo carattere, del suo

spirito e della sua prudenza fece che fos


sero insieme l' appoggio e il sostegno del

suo governo. Ma i suoi successori non eb


bero n il suo spirito , n il suo carattere ,
n la sua forza e prudenza politica per re

rimere le ambiziose maechinazioni e imprese


de loro grandi vassalli possessori di potenti
feudi, colle quali si studiavano di realizzare
quel sistema di oppressione e di indipen

denza che sotto Carlo Magno non era pos


sibile d' introdurre e sostenere a carico

de popoli e contro il legittimo loro so


vrano. La

stirpe

stessa Carolingia, il go

verno della quale fu piuttosto una difettosa


e sregolata aristocrazia, che una vera e
propria monarchia , venne ad essere oppressa
e finalmente estinta , e gli ultimi principi
di questa stirpe videro essi medesimi l'im

pero d' Occidente e il regno d Italia uscire


dalla casa di Francia e divenire preda di
un torbido regime feudale.

.-

143 _

s XVII.

.,

distinta la legittima stirpe e dinastia de Ca


rolingi in Francia, i grandi vassalli e pos

sessori,di illustri feudi, intenti e gelosi di

consolidare vie pi le loro. usurpazioni , e


stabilire un indipendente potenza ne paesi
che possedevano col titolo originario feu
dale, pensarono di eleggere allimpero e al
regno dItalia persone cui potessero pre
scrivere leggi e condizioni; cos I impero

d Occidente divenne elettivo, e i principi


della Germania successivamente si attribnif
rono il diritto di questa elezione. Questo

diritto per di elezione si stabil particolar


mente da Carlo il Calvo : da quel tempo in
poi non si tenne alcuno per legittimo re
d' Italia , se prima non era stato formalmente
eletto e conosciuto come tale in una generale
radunanza de magnati in Pavia, alla quale
doveva presiedere larcivescovo di Milano,
cui sPettava ancora il rito di incoronare il

re d Italia. (I)
g XVIII.
.
Questo nuovo sistema di eleggere I im
peratore e re dItalia favoriva, vero, ma
nello stesso tempo feriva l interesse politico
di molti grandi vassalli, e cagionava quindi
tra essi, per i diversi loro interessi e oggetti
politici , ostili divisioni e scismi , d onde dee

rivavano poi glinterregni e le vacanze dellim

(l) Muratori, De corona frrea , anecdot. lati. ,,

00m. II, e Annali dItalia, tout. VII all anno 878.

_. 144 -

pero tanto funeste alla tranquillit e pacica


sicurezza de popoli. I ponteci, assistiti dalla
loro corte assai pi istrutta, pi rafnata
e pi accorta di quella di qualunque altro
rincipe, erano giunti colla santit medesi

ma del loro carattere ad attribuirsi nella


opinione de popoli il diritto di decidere della
validit delle elezioni imperiali. Queste ele
zioni Venivano approvate o contrastate se
condo linteresse de" grandi vassalli, e se

COt)tlu che la corte di Roma poteva sperare


qualche ingrandimento o temere di essere
obbligata a qualche restituzione di territorio.
Pretesrro succrssivamente i ponteci ,

che

nessun principe potesse essere riconosciuto


imperatore se non avesse riceviuta la corona

imperiale dalle mani del sommo pontece,


diritto che si mantennero i sommi ponte
ci per lunghissimo tempo; anzi vi furono

alcuni adnlatori della corte di Roma , che


ebbero il coraggio e l'impndenza di asse
rire, che l'impero doccidente e il regno dItalia
fos5rro feudi dipendenti dalla santa sede,

pretesa per che la corte di Roma non ha


mai avanzato. Ma in quei tempi della pi
c_rassa ignoranza Venivano accreditate le pi
stravaganti opinioni che la superstizione,

la forza e il dispotismo potessero spacciare.


g XIX.
Lacerata lItalia dai tirarmi che la signo

' reggiaron0 per la debolezza degli ultimi im


peratori della dinastia francese, esercitando
ogni'genere di dispotismo cdi angherie con

somma

oppressione de popoli, devastata

"'

-LJLL

- 145 -_
dal suo re Berengario e investita dai Sara
ceni nelle coste sue meridionali, colla de
solazione delle limitrofe provincie e Stati,

si eccit il pastorale zelo del pontece Gio


vanni XII a implorare il soccorso de principi
Sasson_i. Disceso pertanto Ottone I impera

tore eletto nella Germania e capo della


dinastia Sassone nella Lombardia, si

fece

incoronare re dItalia dall arcivescovo di

Milano e consecrare in Roma imperatore


dal sommo pontece, e cosi riun questo
Augusto nella sua persona 1' impero e il re
gno d Italia e di Germania. Stabilitosi nel
regno -d Italia Ottone, non altrimenti che
Carlo Magno, attese e procur di ristabi
lirlo e riordinarlo, dopo tante rivoluzioni, in

miglior sistema e forma con buone leggi


ed istituti (I) , come pi diffusamente si ve
dr nel successiw capo.
5 XX.
' Carlo Magno avendo adottate, come si
gi veduto, le leggi longobardee accresciuto

notabilmente de suoi capitolati , sembrava che

queste dovessero essere le leggi alle quali


tutti i suoi sudditi, almeno del regno IOD
gobardo e italiano, dovessero essere subor
dinati e soggetti; ma non pertanto il

di

ritto romano conservi) la sua prerogativa


per tutti quelli che intendevano ritenerlo e

professarlo. Y ha difatti un editto di Carlo

(i) Goldast. , Consh'tut. impcr., tom. I, pag. at5 ,


et tam. III , pag. 2503. et seg.
Saggio crit. T. IV.
10

..-. 146 _.

Magno, in cui si distinguonoi casi ei paesi


ne' quali si dovevano giudicare le cause , o
secondo il diritto romano, o secondo le leggi

longobarde, o delle altre rispettive nazioni.


Fu per il diritto romano ritenuto costan
temente dagli ecclesiastici siccome legge

che la chiesa specialmente professava , nch


il cos detto diritto canonico non venne a
prevalere sul diritto romano e massime nelle
forme giudiziarie.

CAPO DECIMO.
Dell' impero trasferito in Germania e del regno

d Italia. Sistema e diritto politico relativo.


4

g I.

Deposto Carlo il Grosso, come abbiamo


veduto , dal trono imperiale e reale, Arnolfo ,
benth glio naturale soltanto del sangue
di Carlo Magno , arriv a conseguire la co
rona imperiale, ma n egli, n il suo suc
cessare e figlio Lodovico IV ebbero libero
e assoluto il possesso del regno d' Italia,
bench si pretendesse essere questo una per
tinenza dell impero, perch non ebbero n .
la forza, n la rtputazione necessaria onde po
ter abbattere i grandi vassalli e potenti signori
che si erano, per la debolezza degli imperatori

e mancanza de propri re d Italia, fatti pi


assoluti e pi indipendenti nel regno d Italia ,
in cui si era stabihta,a dire il vero, un' anar
chia agitata da continueostilit che tendeva
insieme a liberarsi da ogni dipendenza del
I impero,

-...-

147 _

S Il.

Dopo la morte di Lodovico IV, pocanzi


menzionato, che mori nell' et giovanile senza

lasciare alcuna prole, i duchi ctutti ipriu


cipi acclesiastici e secolari del regno germa-I
nico, che anche durante la successione dei

Carolingi in qualche modo avevano avuto


parte se non nel creare ed eleggere, al-
meno nel confermare e riconoscere i desti-'
nati successori nell' impero e regno germa
nico, cui si

pretendeva

annesso

anche il

regno dItalia (bench in esso si fossero


intrusi alcuni precisamente ad occuparl ),
pretesero, estinto massimamente il lignaggio
Carolingio, che loro siappartcnesse il diritto
di eleggersi e crearsi nell impero e regno
germanico il loro sovrano, e quindi stabilire

nel mezzo dell Europa la potenza della Ger


mania. Congregatisi quindi in Vormazia , dopo
vari contrasti e dibattimenti trai concorrenti

e pretendenti al vacante trono imperiale e


reale, fu da essi poi eletto Corrado

duca

di Franconia e di Assia , che dopo un bre-<


vissimo

regno ebbe

successore

Arrigo

I,

duca di Sassonia, dettd l'Uccellatore. Ma


ambedue quein sovrani non poterono pen

sare all' Italia e a ristabilire a dovere quel


regno che pretendevano per altro di loro
ragione , poich il primo, oltre la brevit del
suo regno , ebbe a che fare assai con i ri

voltosi principi della Germania, che si an


davano usurpando maggiore autorit e do
mini0: il secondo, cio Arrigo, bench con

un ben lungo regno, si trov sempre 000

..... 1 8 ....

ate dalla insolenza iion solo degli Ungheri


e dalle loro scorrerie, per mantenersi tri
butaria la Germania , ma anche dalle guerre

che gli furono mosse da Carlo il Semplice,


re di Francia.
g III.
La gloria di signoreggiare realmente l I
talia e di essere incoronato imperatore in
Roma , nella dinastia germanica, era stata
dalla suprema previdenza divina riservata
ad Ottone primo imperatore con tal nome ,
glio e successore del sovraccennato Arrigo ,

cognomiuato poi il Grande, ossia Magno per


le sue gloriose azioni e imprese. Dopo avere

egli sistemati gli affari politici del regno di


Germania, rivolse i suoi pensieri all Italia.
Trov che nel di lei regno si era intruso
Berengario Secondo, che col veleno essen
dosidisfatto di Lotario glio di Ugo , succe-,

dato al padre in questo regno, lo tiran


neggiava, e teneva rinchiusa in stretta pri
gione Adelaide gi moglie di Lotario, di
Cui per la fama della di lei bellezza si era
invaghito Ottone. Liber egli difatti dalla
carcere e spos la bella Adelaide, per cui
successivamente la corona del regno d Ita
lia pass in Germania. Dovette per ben
tosto Ottone ritornare in Germania per gli
ammutiuamenti ivi eccitati da Lodolfo suo
glio del primo matrimonio , mal contento

del secondo contratto dal padre. Ritornato poi


subito in Italia dove fu acclamato e coronato re
di Lombardia e d' Italia dalla dieta de' grandi
e potenti signori dellItalia medesima, in

-...

[49

Milano (essendo stata rimessa in uso la co-


rona di ferro che si conservava in Monza),
pass Ottone a Roma, dove poidal

pon

tece fu parimenti coronato con i riti pi


solenni e acclamato imperatore successore
di Carlo Magno.

'

5 IV.
Asseriscono alcuni storici che gi da vari
principi italiani, especialmvnte dal pontece
Gregorio XII e da Gualberto arcivescovo

di Milano fosse stato sollecitato Ottone per


ch venisse a liberare l Italia dalla tirannide

di Berengario gi marchese dIvrea, che si


era intruso violentemente in quel reg00. Si

pretende inoltre che dal pontece e dall ar


civescovo di Milano,sia stato allenato Ottone

con offrirgli le due corone imperiale e del


regno italico , come se da essi dipendessero.

Fu pertanto vinto e sconfitto totalmente Be


rengario col suo glio Adelberto dalle armi di

Ottone: mand il primo a nire i suoi giorni


prigioniero in Bamberga; e ilsecondo, ramingo
e profugo , non ostante il favore e l appoggio

accordatogli di poi dal pontece Giovanni


XII , and anch egli a terminare i suoi giorni

non si sa dove.
s V.
Sebbene in un colliiupero sia stato trasferito
in Germania anche il regno d Italia (per cui
la Germania detta da qualche scrittore la
pietra fondamentale dellequilibrio europeo,
oin. certo modo la linea naturale di divi

sione tra l'ovest e il nordest), fu per qne


sto regno , considerato sotto un aspetto po

-150

litico, distinto e indipendente dall'impero.


In fatti gli imperatori d Occidente, poich
questo impero risorto in Carlo Magno e
ne suoi successori, non dominarono l Italia
come imperatori, ma come re eletti d'Italia.

Quindi che comunque Ottone II ab


bia fatto incoronare suo glio Ottone III

col titolo (1 imperatore e re di Germania e


d' Italia , questo non pot acquistare col solo
titolo (1 imperatore e re di Germania alcun
diritto 'al regno d Italia, e non fece difatti
Ottone III

menzione alcuna, ne suoi pub

blici atti, degli anni del regno d Italia, n


ch non ricevette in Milano dal consenso

della nobilt , del clero e del popolo la co


rona ferrea di questo regno. Non fu accor

dato n pure ain imperat0ri Enrico I e


Corrado II il titolo di re d Italia, se non
Venivano incoronati distintamente del dia

dema imperiale della corona di ferro per


mano dellarcivescovu di Milano. Enrico II
il Santo niente meno ed Enrico III non
poterono ottenere di essere riconosciuti re
dItalia , nch colla corona di cui furono
fregiati in Pavia, non ebbero il consenso del
clero, della nobilt e del popolo italiano.

Nel piissimo Augusto Enrico 11 (che fu un


difensore e protettore zelante della chiesa
che sommamente benec colla sua religiosa
municenza) si estinse la dinastia de' prin

cipi sassoni, e l impero pass nella casa dei


principi di Franconia. Per pi di venti anni
port il titolo d imperatore Enrico IV, senza
quello di re d' Italia , nel. qual grado fu ri

-- iSi conosciuta dagli Stati lombardi e ti Italia


soltanto il di lui glio primogenito sostenuto
dall' alleanza della celebre contessa Matilde.
g VI.
Molte citt della Lombardia e dell' Italia

prolittarono singolarmente della specie din


terregno , o piuttosto anarchia che succe
dette alla morte di Enrico III , per gittare
i fondamenti della confederazione lombarda,
all' oggetto di ricuperare i diritti e la gin
riedizione di cui alcune citt e comuni eransi
investite sino dai tempi degli imperatori fran

0esi, e di cui gli imperatori tedeschi anda


vano spogliandoie. L' autorit sempre inde
li0lita degli ultimi imperatori della dinastia
francese aveva favorite e dissimulate le
usurpazioni dei grandi vassalli che divisero
il regno rl Italia in pi marche e contee, e
che divennero sempre pi potenti sotto gli
imperatori della dinastia di Franconia in

proporzione che i loro territorj si estende


vano in popolazione e in ricchezze. Gli im

peratori della dinastia di

Francoqia, gli

Stati ereditari de quali erano assai limitati

e ristretti, per cui la loro potenza territo


rialc era troppo

fuori di proporzione colla

dignit imperiale, non avevano potuto di


fendere questa dignit dagli attentati che
1 accrescimento della potenza dei marchesi,

duchi e conti tutto di le portavano. Quindi


che l Italia si vide successivamente divisa

in tante repubbliche e piccioli principai


sovrani che si dispntavano per a 'vicenda
tra essi medesimi i rispettivi dominj e ter

_o

--152

ritorj , cosiccb, secondo l espressione del


Muratori, l Italia era divenuta un pubblico
mercato di vizi e di calamit.

Queste re

pubbliche perb e principati non ricusa


vano la loro dipendenza e subordinazione
allimperatore qualora avesse insieme del
regno dItalia conseguita la corona.
r
g VII.
La dieta di elezione all' impero, convocata

per la prima volta dai principi della Germania,


che si attribuirono il diritto di questa ele
zione, in Fraucfort , e ivi poi successivamente
stabilita, fece passare la corona imperiale nella
dinastia e casa di Svevia. L imperatore Fede-.
rico I della detta dinastia e casa, denominato
il Barbarossa, successore di Corrado 111, si
fece coronare anche re d Italia in Pavia,
essendosi attribuito di suo arbitrio questo
regno come un'appendice dell' impero, e

sembr da principio di ambire l affezione


de popoli della Lombardia. Si dice che al
cuni giureconsulti italiani dello studio di Bo
logna avessero persuaso questo imperatore,

che la sola sua volont bastava per istabilire


la legge, e nelle loro_ civili adnlazioni gli
aggiudicasaero l impero del mondo intiero :
massima che Bartolo (I) pretese insegnare e
stabilire come un dogma formale e politico.
La cortigiana adulazione di alcuni giurecou
salti ha pur troppo prostituita la giurispru

denza e la losoa civile e politica al loro

(1) Ad leg. Hortcs. , D. da caph'vis.

-- 153 interesse e alla loro ambizione , corrompendo'


cosi lo spirito de principi e introducendo
massime e principi di tirannia e dispotismo
Papiniauo per, celebre ginreconsulto romani-w,

sotto l innmauo fratticida Caracalla, diede

un vivo e solenne esempio dei doveri del


giurecousulto presso i principi nella lealt

e sincerit dcsuoi sentimenti, per cui fu


vittima della tirannia di quel brutale Augusto.

S VIII.
Federico I, principe descritto altrotide di
elevato ingegno, e ornato ancora di belle
virt morali e civili, fu pertanto, corrotto
dagli adulatori suoi. consiglieri, un oppres

sore particolarmente de popoli della Lombar


dia , il quale si usurp la nomina de' magistrati
che per costituzione dell' impero medesimo
doveva spettare alle rispettive citt e terri
tori che si reggevauo in qualche forma re
pubblicana sotto i loro consoli scelti dal co-
mune consenso del popolo, e che commise

altre violenze e concussioni che eccitarono un


incendio generale , in cui fu involta special
mente la Lombardia e la citt di Milano
distrutta inticramente dal furore di Federico. Si

avevail sospetto, forse non malamente fondato,


che questo valtiero imperatore meditasse se
riamente di mettere in ceppi tutta l Italia .,

t0gliendo ad essa ogni ombra di regno , e di


ridurla in servit sotto il suo dispotico go
verno. Finalmente riesci colla loro costanza,

fermezza e valore ai Milanesi e popoli loro


aderenti, assistiti anche dalla religiosa inuenza

del sommo pontece , di obbligare Federico

_...

154

ad una tregua, e a loro accordare marchesi


1: conti perpetui , invece dei suoi commissarj
e ufciali imperiali (che tirannicamente a
suo nome li governavano commettendo mille

avanie e ingiustizie), nch le celebri cro


ciate portarono Federico a lasciare la vita

annegato in un ume dell Asia , dopo per


che la societ lombarda colle sue forze la

veva oblrli ate, per mezzo del pontece Ales


sandro Ill, alla pace , per la quale successi
vamente furono concedute, restituite e con

fermate le libert e le regalie a tante citt


d Italia. Questa pace fu celebrata nella citt
di Costanza , per cui l'Italia si prometteva
di godere nello stato di repubblica una fe
lice libert, ma che venne sturbata dalle
guerre successive intestine

che divisero le

citt in diversi partiti, non avendo questa


pace altro prodotto che un fumante alla di

visione fatale e alla tranquillit politica e


civile dellItalia.
g IX.

Succedette allimpero Enrico VI , glio di


Federico,

che visse breve

tempo, e non

pot impedire che i Lombardi facessero ri.


sorgere vie pi orida dalle sue rovine la
citt di Milano. Ebbero per i Milanesi il
travaglio di doversi difendere e preservare

dai furori di Federico II che , comunque


avesse riportata una sanguinosa vittoria copia
di essi , non pot per riuscire a sottomet

terli al suo dispotico dominio, da cui si


mantennero liberi e indipendenti sino alla di
lui morte. Gravissime calamit pror l Italia

-- 155 tutta durante la dinastia deglimperatori svev.

Non deve essere per frodato limperatore


Federico li del merito

che ebbe

di aver

promosso le scienze con farle risorgere; ed

egli fu che fece tradurre parte dal greco e


parte dallarabico in latino le opere di Ari
stotile.

X.
Le fazioni deGuel e Ghibellini, cos
denominate da due illustri famiglie della
Germania, che si innestarono colla casa
Estense e con altre famiglie illustri dItalia,
formarono due potenti partiti i quali deso
larono l Italia, affettando uno di essere at
taccato allinteresse dell impero , e l" altro
di difendere e sostenere la dignit ponticia
e la libert politica dell'Italia e de suoi

Stati e provincie. Ma poich gli spiriti di


questo partito fermentarono e furono agitati
tra la democrazia e laristocrazia , secondo
per l interesse e l'ambizione particolare

deloro rispettivi capi e direttori fazionarj,


si videro a vicenda perseguitarsi e insultarsi
con una ahimosit che non aveva avaro
esempi ne tempi pi burrascosi medesimi
della repubblica romana , e si venne a matr
tenere cos una continua guerra civile sem

pre pi
fanatismo.

fomentata da un irreconciliabile

5 Xl.
Queste fazioni e partiti sotto gli accennati
nomi venivano sempre pi agitati e fomen
tati dalla politica degli imperatori medesimi
che ne traevano vantaggio per opprmrere

--i56

in ispecial modo i popoli della Lombardia


e dell Italia.

Videro nalmente le grandi

citt e principi

dell Italia la necessit di

unirsi in una particolare confederazione per


resistere e far argine a questo tirannico e
ruinoso sistema, e sottrarsi dal duro vassal

laggio che lord pretendevano imporre gli


imperatori germanici. Ma la discordia entr
ben presto a guastare larmonia tra i nobili
e i cos detti plebei. Questi, spintie diretti
da torbidi e facinorosi demagoghi, preten
devano di avere parte anch' essi nelle mag
giori cariche e onori dei governi,e si arma

rono per sostenere le loro pretensioni; dal


che seguiva,

che

prevalendo

or

l uno

or laltro de due partiti, a vicenda venivano


espulsi e prescritti.
g XII.
Il regno d' Italia e l' impero germanico fu
rono sempre in s stessi due sovranit se

parate, come gi si osservato , bench po


tessero essere accoppiate in una sola perso
na. Ma vi furono alcuni imperatori che ri
guardarono e considerarono come una per
tinenza dell impero medesimo il regno d'I
talia , attribuendosi tutti i diritti di regalia
sopra di esso. A tutto ci non si pu
negare che abbiano contribuito moltissimo
le fazioni e i partiti che dominavano a vi

cenda l Italia e la laceravano , i quali, per


puro spirito ostile tra essi , ricorrevano di l
dai monti agli imperatori della Germania per

essere sostenuti e appoggiati dalla loro forza


e autorit, attribuendo cos ai medesimi,

..

_-.

almeno tacitamente, il regno d Italia, adulati


a questo riguardo anche dagli stessi giuro
consulti italiani (i).
g XIII.
Carlo IV , da cui fu sostituita la cos detta
Bolla doro per legge fondamentale della for
ma di governo dell impero , fatto elettivo
in sette soli principi della Germania, che
poi si accrebberosuccessivamente sino a
nove , ha creduto quindi di poter disporre
della sovranit di varie citt dellItalia , con

conferirle a coloro ai quali il governo era

stato gi conferito in vita, e come feudo


delle stesse citt e territori. Accord immu
nit e privilegi alle repubbliche che si erano
formate negli interregni dellimpero, con ri
servarsi un frivolo diritto di alto dominio.

Ma il trafco fatto degli imperatori de prin


cipati e signorie dItalia, non prova per se
solo, che i diritti degli imperatori come

tali sopra l Italia fossero legittimi e fondati.


Carlo IV , avaro insieme e sommamente am

bizioso , per soddisfare le sue passioni fece


un commercio infame dei pretesi diritti del

1 impero sopra lItalia. Vendette a Veneti


per prezzo Padova , Verona e Vicenza coi
loro rispettivi territorj ; alla famiglia Visconti

di Milano concedette il vicariato ereditario

dell impero sopra Milano e la Lombardia,


e fece mercato di altri diritti dell impero ,

(i) Bartol., Bald. , Angcl. , Salieet. et alii, ad lcg.

Cunctos populos, cod. De summa tri;u'Mte.

h-158
cosicch uno storico ebbe a scrivere di Carlo;

IV, che ipsum imperium romanum venditumm.

fuisse , si cmptorem reperisset. Suo glio , l' im


becille Venceslao, termin di distruggere il

rimanente del dominio degli imperatori della

Germania sopra l' Italia, che i suoi succes


sori poi seppero.- successivamente rivendicare
con piu 6pCCIOBI titoli.

5 XIV.
Lo Stato di Milano fu eretto in ducato

dal mentovato imperatore Venceslao, e con


ferito a Gian-Galeazzo Visconti, poich gi col
titolo semplice di vicario dell imperio la casa
Visconti era in possesso ereditario di signo
reggiare e governare la Lombardia, di cui

la capitale fu sempre Milano. Lerezione del.


ducato di Milano in vera sovranit indipen
dente eccit nella Germania una enerale
indegnazione che cagion in seguito la de
posizione di Venceslao dal trono imperiale.

I principi della Germania ritenevano che


litalia ei suoi distinti Stati, principati e
repubbliche fossero tutti feudi dell impero
di Germania; ma con quali principi di diritto

vero e legittimo si sostenga questo punto di


pubblico diritto, molto si scritto e detto
senza essersi mai potuto stabilire con cer

tezza la giusta e originaria sua base e


titolo.
6 XV.

L ampio e vasto dominio, posseduto gi
da Luccbino e da Giovanni arcivescovo di Mi
lano, della famiglia Visconti, passato in re

taggio in Barnab e Galeazm , e poi conso

lidato'nel solo Giovanni Galeazzo, glio di

quest" ultimo (chiamato il conte di Virt per


una signoria sotto questo titolo che godeva
in Francia per dote dIsabella sua prima
moglie) comprendeva quasi tutti gli Statf
che componevano gi il regno d'Italia , inas

sime dopo gli acquisti fatti da Giovanni Ga


leazzo medesimo di Verona e Vicenza, tolte
ad Antonio della Scala , di Padova a Fran
cesco da Carrara, e di Bologna ancora. Il
titolo affettato di vicario dellimpero con

veni Giovanni Galeazzo in quello pi ape.


cioso di duca, per poscia passare a quello
pi sublime di re della monarchia univer
sale d'Italia , comev aveva stabilito e dispo
sto se la morte non lavesse prevenuto. Pa
reva che gli dovcsse difatti competere il ti
tolo di re d Italia, giacche era in possesso

degli Stati quasi tutti che il regno dItalia


componevano, esarebbe stato desiderabile che
in una cos illustre famiglia d Italia venisse
repristiuato il di lei regno.

S XVI.

. Giovanni Galeazzo , nel suo ultimo testa?


mento, senza prevedere le dannose conseguen
ze che ne potevano derivare, divise i suoi
vasti Stati tra i due suoi gli Giovanni Ma

ria e Filippo Maria. E vero per che per il


tragico ne fatto da Giovanni Maria , pro
curatosi colla tirannica sua condotta nel suo
governo , si unirono indi realmente gli Stati

tutti sotto il dominio del solo Filippo Ma

ria , principe debole , sospettoso e difden


te , che non seppe poi difenderli dagli emuli

-- 160 della Potenza tiellacasa Visconti , cosicch


li yide egli stesso in parte; occupati e con-.
quietati da altri, e la repubblica di Venezia

specialmente prottare delle di lui spoglie.


Mori anche Filippo senza lasciar 'prol_e,
fuorch Bianca glia soltanto naturale, mo

glie di Francesco Sforza , la quale, dopo va


rie disposizioni fatte e rivocata, fu dal padre.
istituita erede de suoi Stati. Dopo la morte.
di Filippo Maria Visconti, Milano volle eri
gersi in repubblica, con una democrazia
temperata dalla prudenza e saggezza politica
de suoi promotori, ma non dur che un\
solo triennio , avendo Francasco Sforza colle
armi rivendicato il ducato come ereditario
per sua moglie e gli. Delle successive vi

cende politiche di questo ducato si ragio


ner nel seguente capo.
S XVII.
La citt di Genova sottraendoei alla di
pendenza del ducato di Milano nel governo
torbido dell imbecille duca Filippo Maria ,

si diede al re di Francia. Gi assai prima i


Genovesi, gelosi della grande potenza della

famiglia Visconti, che andava sempre pi


siiluppandosi in Italia , invitarono di con

certo un Fiorentini e Lucchesi limperatore


Roberto I a venire in Italia, e cosi trassero

sopra la Lombardia tutte le disgrazie della


guerra. I Milanesi vinsero questo imperatore

nella battaglia del lago di Garda, Io te

spinsero fuori dell Italia e conservarono il


loro geverno. Questo Augusto non fu- pi fe

li<_e

Germania , dove per la sua debolezza

-161

ed imbecillit mise il suggello alla sovranit


dei varj principi e Stati ne' quali era diviso

l impero germanico, cedendo loro I alto ed


eminente dominio con tutti gli attributi del
potere sovrano. Le diete quindi di questi
principi e Stati acquistarono un considere
vole potere, e i diritti pubblici e politici
degli Stati e citt chiamate libere dell'im
pero si confermarono coll abolizione delle
avogarie imperiali, che sin allora avevano
esercitata l alta giustizia e i diritti dellalto
dominio.

S XVIII.

Limperatore Federico III credette di


estendere i diritti dell impero germanico
anche nella Francia medesima, collattri

buirsi di suo arbitrio l erezione di un re


gno nei vasti Stati di Carlo detto il Te
rnerario , duca di Borgogna, e col conferir

gli il titolo di vicario generale dellimpero


nella bassa Germania , connante col regno
di Francia. Ma vi si oppose con energica
fermezza Luigi XI, re di Francia , per ti

more che' venisse sconcertato dallambizioue


e potenza del nuovo re il politico sistema e
il riposo della Francia. Parlando specialmente
sul proposito del nominato re di Francia
Luigi XI, sembra che la natura lo avesse
creato per essere un tiranno, ma di una

profonda e sottile politica, onde fu detto il


Tiberio della Francia. Pur troppo spesso i

legittimi sovrani per mera opinione, pel


solo interesse e per un sedizioso

furono

capriccio

accusati di tirannia senza essere

Saggio crit. T. IV.

1'

_162__

tirarmi. Vero che Luigi XI fu sempre di


un carattere inessibile, duro e vendica
tivo , cosicch gli riesci di abbassare e umi

liare i nobili e grandi vassalli troppo poten


ti, fra i quali lo stesso duca di Borgogna,

Carlo detto il Temerario, e di prevenire i


tradimenti e le eospirazioni che gli stessi
principi del sangue gli ortiivano; ma non
per ci si pu chiamarlo tiranno , come qual

che scrittore pretende di rapprenserltarlo.


Non ostante che le grandiassemblee, non che

il regime e i principi feudali inuissero assai

sopra i movimenti della macchina politica


del regno, riesci al re Luigi di stabilire e
sostenere l'autorit reale, e si pu dire di
creare la potenza della monarchia francese.
Quindi non mancano scrittori che lo rappre
sentano un er0e. Si un egli strettamente in
alleanza col corpo germanico , e diede la
vera idea del sistema federativo su cui il
cardinale de Ricbelieu stabili egli pure un
gran sistema politico per la corona di Fran

cia, sistema che si era preteso di perfezio


nare in questi ultimi anni con lo spirito per
sempre inquieto di conquista ond era agi
tata la Francia, e colla Francia l Italia an
cora , ma che nalmente fu sagricato alla
pace e tranquillit d Europa.
S XIX.

Non debbo passare sotto silenzio una mas


sima del governo politico del re Luigi XI,
la quale riguarda precisamente l' Italia, ed
quella che egli ritenne e ossen di non

permettere ai principi francesi, che stabi


\

-163
lissero alcun principato in Italia.

L oggetto

politico di questa massima di Luigi XI"


sembra un mistero ed enigma, ma si spiega

abbastanza dalla somma gelosia che egli


ebbe sempre di qualunque ingrandimento
de principi francesi con cui questi potessero
adombrarlo, di maniera che prefer di ve
dere l'Artois eia Franca Contea in dominio

di una potenza straniera, piuttosto che tol


lerare l ingrandimento di un principe fran
cese col possesso di dette

due provincie.

Non si cur punto dei diritti che si dice


vano e si pretendevano allora competere alla

sua corona sopra il regno d Italia, ma egli fu


sempre vigilante e attento ad assicurarsi sol
tanto il trono del regno di Francia e a di
fenderlo dalle insidie e perdie de ribelli fra

i quali contavansi alcuni principi del sangue


medesimo.

CAPO UNDECIMO.
Dell impero di Massimiliano Primo e di Carlo
Quinto, del loro governo e sistema politico suc

cessivo e relativo anche al." Italia.

si.
Dopo essersi fatto incoronare Federico
III in Roma , dal pontece , come re d Italia,

avendo per con atto formale dichiarato


che non intendeva con questo esempio di
pregiudicare ai diritti della citt di Milano
per l incoronaziorie successiva del re d I
talia, pens di fare eleggere dalla dieta

164 _

dell impero germanico re

de romani

suo

glio Massimiliano, titolo successivamente


ritenuto per que principi che erano destinati

poi alla corona imperiale, bencb non si


contrastasse la sovranit ai sommi ponteci
sopra Roma e gli Stati da questa dipendenti.
Si era gi Federico III arrogato l arbitrio
di vendere alcuni principati in Italia e di
fare mercato dei diritti dell' impero, il cui

nome, bench ampio e magnifico, non era


per sostenuto che da. una apparente e
precaria grandezza, la quale fustabilita in

seguito dal valore e dalla prudenza poli


t.ica dell imperatore

dr in seguito.
.

Carlo V ,,come si ve

5 II.

Massimiliano, fregiato poi della corona


imperiale, fu un principe in cui gli storici
hanno osservato un misto specioso di di
fetti e di talenti, di vizi e di virt: Adhuc

tremo, disse Plinio nel ano panegirico a


Traiano, exlitit, cujus virtutcs nullo vitiorum

consortio lwdwentur. Nella piet per e cle


menza non si lasci vincere Massimiliano
da alcuno, come scrive il Muratori. Era
egli veramente dotato di grande vivacit

d ingegno , e fornito di una sufcente cogni


zione delle cose militari", ma aveva pensieri

ed affetti tra essi contrari, era sempre pre


cipitoso nelle sue risoluzioni, non prendera

consiglio da alcuna persona, sebbene per


altro nulla facesse a suo modo, ed era negli
gentissimo neproprj affari, come fra gli altri lo
descrive lo storico veneto assai accreditato,

-- 165 Paolo Parata. nel libro primo della sua storia.


Gli Stati e principi della Germania si studia
tono di prottate e de' suoi vizj e delle sue
Virt, ma Massimiliano seppe abbattere l a
narchia de'magnati eottomettendosi alle leggi e
procuramlo alla costituzione dell' impero'ger

manico un sistema pi regolare e ragione


vole. Fu ein incostante per nelle sue al

leanze,e quindi si vide umiliato e,morti*


cato nelle sue armi e azioni militari. Fece
la guerra ai Veneti, e questi, assistiti dai

Francesi sotto il celebre maresciallo Trivul


zio, distrusseto due sue armate, Con-un

trattato secreto concluad di poi con Luigi


XII re

di

Francia -, si era

impegnato di

far valere le ragioni ereditarie di questo


sopra il ducatodi Milano, Lascinssi egli ab4
bagliare dai Francesi con*pregiudilio delle
ragioni dell' impero -,"avendp lasciato troppo

ingrandire in Italia 'un re di Francia. Ma


non pertanto avendo contratto un sec0ndo
matrimonio

con

ima 'nipote di Lodovico

Sforza (dopo che questo ebbe fatto avva


lenare il nipote gi duca ), lo investi del
'rlucuto di Milano contro quanto aveva con.
venuto col re di Francia. Si dice nalmente
che gli fosse venutorlo strano capriccio di

farsi eleggere e nominare papa, ma fu de


riso

in _questo suo pensiero, e forse era

anche un impoetura de suoi nemici.


lgrlll"l.u

1,2

Il dispotiamo con cui pretendeva opprim re


a nazione italiana , e il suo odio'verao di

casa, spieg Massimiliano con varie risoluzioni

-|66

da lui prese nel suo governo e co' suoi rag


giri e maneggi politici. Di fatti egli som
miee colla forza e non col diritto gli Stati
dItalia a tasse straordinarie, in propor

zione a quelle che erano gi obbligati gli


Stati della Germania a lui fornire. Avendo
instituito un consiglio aulico ., prescrisse che

iconti, marchesi e grandi vassalli dell Italia


compa,rissero in ginocchio avanti di esso
a prestare il loro omaggio. Volle dissi
mulare Massimiliano, che

le

diete degli

Stati e principi della Germania si occupas


aero intorno questioni religiose, onde deri

varono gli scismi e le fazioni fomentate dal


fanatismo di religione, senza prevedere e ri
ettere alle funesta conseguenze che ne do

vevano derivare al sistema politico de suoi


Stati medesimi ed all impero.
Q IV.
- I pensieri e gli affetti di Massimiliano,
come si gi detto, in s stessi contrari, con
un consiglio immatmo e precipitoso, e di

prima impressione, facevano che tutte le


cose che gli si rappresentavano alla fantasia,
abbracciano egli con un certo ardore entu

siastico, senza poi darsi successivamente


pensiero di recarle a ne , prov<:rbiato per
ci dagli storici per la sua somma disat
tenzione e negligenza dimostrata spesso nei

pi delicati aari e imprese del governo.


Con questo carattere entr Massimiliano a
piedi giunti nella celebre lega di Cambrai
controlla repubblica di Venezia, senza alcun

oggetto politico plausibile di interesse per

..... 167 ....

limpero e per i suoi Stati e domini parti


colari. Ein non ha, servito che alle mire po

litiche del pontece Giulio II per le citt 6


provincie che pretendeva ripetere da quella.
repubblica, e a quelle del re di Francia Luigi
XII per assicurarsi il dominio del ducato di

Milano, e rintegrarlo delle citt e provincie

delle quali era stato spogato dalla veneta


_ potenza. La bella storia della lega di Cam
hrai, da alcuni attribuita al cardinale di Po

lignac, e da altri a Gian-Battista Dubos


scrittore del secolo XVIII, ci istruisce chia

ramente e diffusamente dein interessi politici


rispettivi delle potenze collegate in questa lega.
Dopo conseguita per retaggio materno la

successione ai regni delle Spague e de vasti


reami del nuovo Mondo, scoperti da Cristo

foro Colombo e conquistati in seguito per


il re di Castiglia, sovrano inoltre della Bor
gogna , di tutte le provincie del Belgio e di

altri Stati della Germania, Carlo V PCF:VBGOC.


anche al trono imperiale, succedendo al
suo avo materno Massimiliano, avendo avuto

per per competitore Francesco I re di


Francia. La rivalit fra questi due emuli ,

e gi competitori alla corona imperiale, si.


mantenne sino alla loro morte, avendo at

tirati alla loro sorte i riguardi, le inquie


tudini e il destino dell intera

Europa; ma

Carlo V, favorito molto dalla fortuna, ebbe


grandi vantaggi sopra il suo rivale e avver
sario. Questo Augusto, secondo gli storici,
congiungem una grande esperienza ed ac

-- 168 -

certezza negli affari di Stato e politici di


governo , alla profonda politica -di una testa
spagnuola. Dotato era di una attivit infati'
cabile,ldi una emma singolare, era sempre
padrone di s stesso e del suo segreto,
impenetrabile nesuoi disegni e progetti,

prudentemente geloso nel nascondere le pro-;


prie umane debolezze, e nutreudo una somma

ambizione di portare al sommo grado la


propria ripntazione e fama, aspirava aper
tamente alla monarchia universale.
g VI.
,
'Dopo chegi da alcuni anni era stato
eletto e

riconosciuto imperatore Carlo V,

volle non pertanto essere incoronato impe


ratore, col titolo insieme unito di re d Italia ,
in Bologna dal pontece Clemente VII, dopo
averlo assai mortiiicato col sacco di Roma
e colla di lui prigionia. La morte di Fran

cesco Il Sforza , ultimo duca di Milano, lo


fecepadr'one di disporre di questo ducato

che lo trasmise al suo glio Filippo Il de


stinato successore nel regno delle Spugne.
L'esrinzione della famiglia dePaleologhi gli

port il Monferrato. L assassinio di Alessau


dro de Medici, marito di una di lui glia
' naturale, in rese padrone di quasi tutta 1 E
truria. Anche. il regno di Napoli venne in

suo potere , cosieeh il suo dominio si CBIGIP


deva dalle rive del mare Baltico sino a quelle
del mare di Sicilia, e port la casa d Austria
al colmo di quella grandezza a cui non giunse
mai altra famiglia e dinastia imperiale e reale.

__ [Lh

- 169 _..

s VII.

Gli Stati che gi componevano il regno


d" Italia furono trattati da Carlo V , bench
ritenesse ancora il titolo_di re d Italia, come

le provincie della Spagna e come feudidel


1 impero di Germania , con gravissimo spia

cere della nazione-italiana che aveva tanto


primeggiato sotto limpero.romano e sue
_cessivamente ancora. Aveva quindi ameni
hrata e divisa affatto l Italia colla erezione

di pi ducati e principati come feudi im


periali , e col cedere particolarmente il do

minio pi esteso in ltalia del ducato di Mi

lano, che faceva una gran parte del regno


d Italia (dopo averlo conquistato e tolto a
Francescol re di Francia, e dopo la morte
dell ultimo duca Sforza, che pure ricono

sceva da Carlo V il suo ducato), al suo li


glio succeduto poi al regno di Spagna, e suoi
discendenti, colla sostituzione della linea fe

mi_nina in difetto della mascolina. Uni egli


puie alla corona di Spagna anche il regno
delle due Sicilie , bench il sommo pontem

lo pretendesse feudo della santa sede sino


dal tempo dei principi normanni che si di
cevano investiti di questo regno dal papa;
e cosi venne in certa maniera a ecclissare
affatto la gloria e lo splendore della nazione
italiana nel mondo politico, e a distruggere

quasi ogni memoria del regno dItalia.


s VIII.
Fu la casa Medici di Firenze investita da
Carlo V del ducato della Toscana , eretto

poi col titolo di gran ducato, perbolla del .

- 170 pontece Pio V, nella persona

di Cosimo

de Medici. Conferm la casa dEste nel du


cato di Modena e Reggio , ad essa per gi
conferito dall'imperatore Federico III bisa
Volo di Carlo V, e la casa Gonzaga fu da
esso investita del ducato di Mantova. La
repubblica di Genova fu confermata nella

sua precaria libert e possesso desuoi Stati ,


bench assai ristretti. La veneta repubblica
ritenne in suo dominio anch essa le citt e

provincie delle quali aveva spogliato il du


cato di Milano, risorgendo dall esterminio
di cui era stata minacciata e quasi ridotta

dalla lega di Cambrai. I ducati di Ferrara


e di Parma e Piacenza si pretemlevano feudi

della santa sede, e di quel di Ferrara ebbe


parimenti l investitura la casa d Este, e dal
pontece Paolo III la casa Farnese ottenne
quello di Parma e Piacenza, bench dallim
pero questi Stati si pretendessero pertinenti
di ragione al ducato di Milano. Ecco il sis

stema politico cui fu ridotto il regno d I


talia sotto l' impero di

Carlo

V,

che ne

aveva fatta la conquista, Iacerum cmdelitcr


ora manusque ambas, come il Deifobo di

Virgilio, e quindi vediamo qual aspetto ab


bia dovuto prendere il diritto politico in
quei tempi e successivamente durante un
tal sistema, in cui il diritto delle genti
venne alterato e variato ne suoi genuini

principi del diritto politico, o sia di con


venienza politica. Questo diritto, diVerso in
s stesso dal diritto pubblico delle genti,

deriva da quella prudenza e accortezza che

devono avere tutti i governi civili e politici


si per l interno che per gli affari esterni,
per conoscere i veri interessi dello Stato e
quelli delle potenze e Stati vicini, per sa
pere occultare opportunamente i propri di
segni e per prevenire e deludere quelli de
gli inimici.

g IX.
Ci non pertanto i popoli dell Italia
dovettero allambizione medesima , se cos
lecito il dire, di Carlo V, se godet

tero sotto il suo impero qualche notabile


tempo di pace , di tranquillit e di quiete,
che fu impiegato saggiamente a promoven: e
coltivare le scienze, le lettere e le arti liberali.

Distratto e occupato era limperatore Carlo


dalla imprese e sconrolgimenti della Germa
nia , tutta agitata dalle novit di religione

introdotte particolarmente da Lutero , frate


disertore del suo istituto Agostiniano , che

ricopi e adott gli errori gi condannati


di Viclefo e di Gerolamo da Praga, che fu-'
rono i suoi precursori cento e pi anni avanti.
Queste novit per una certa indolenza e
apatia del pontece Leone X, e poi per

l umore forse troppo acre e caustico del


pontece Paolo IV, ebbero conseguenze fu
neste per la religione. e per la tranquillit

politica ancora degli Stati e dellimpero.


'

S X.
Di fatto queste novit furono cagione e
motivo di una rivoluzione troppo estesa ne-
gli spiriti de popoli della Germania singo
larmente , e di un cangiamento di massime nel

.-

172

-'

diritto politico, nella condizione de sudditi


e negoVerni, senza che abbia potuto rie
scire con tutto il suo valore , la sua forza

e il suo spirito politico Carlo V a sedare


e a quietare gli umori rivoltosi; che anzi con

l inquisizione e persecuzione , con le manaje

e capestri e con i roghi accesi, sempre pi


questi umori

fermentarono e

risvegliarono

quindi maggiormente il fuoco della ribellione


in vari Stati e provincie non solo contro la
chiesa romana,

ma contro i legittimi

so

vrani medesimi. Queste peripezie , sconvol


gimenti e alterazioni civili e politiche pi
che religiose, negli Stati specialmente della
Germania, si Vuole che abbiano cagionato
' nello spirito medesimo di Carlo V una strana
rivoluzione, per cui, oppresso dalla noia,
dall' accidia e dagli ipocondriaci aett i
e fors anche per motivo superiore indispeu
tito e disgustato della vanit e fralezza
delle terrene grandezze, and anire i suoi
giorni in una solitudine religiosa in Ispagna
dopo avere disposto dell' impero e di tutti
i suoi Stati a favore del glio Filippo II e

del fratello ancora Ferdinando, che poi ebbe


la corona imperiale cogli Stati della Germania.
S XL.
I successori di Carlo V nel regno di Spa
gna conservarono il dominio del ducato di

Milano e di altri Stati dItalia per circa


un secolo e mezzo, nch Carlo Il , ultimo
re di Spagna della casa dAustria , sedotto,
come alcuni scrittori pretendono, da alcuni
consiglieri messigli al anco da Luigi XIV,

- 173 _.

re di Francia, e specialmente dal cardinale


Porto-Cancro, che si

disse

venduto alla

Francia , invest con suo testamento di tutti


i-diritti e Stati della corona di Spagna , e

conseguentemente anche di quelli d Italia,


Filippo dAngi, discendente da sua sorella

Maria Teresa dAustria, gi moglie del sul


lodato Luigi XIV , che fu poi Filippo V. Fu.
quindi privato di questa successione larci
duca Carlo , cui sembrava che dovesse spet

tare ., e come prossimo agnato discendente


da Carlo V, epel testamento medesimo del

re Filippo IV che lo chiamava a questa suc


cessione. Quindi nacque guerra per la soc

cessione del regno di Spagna , in cui entra


rono , oltre i pretendenti alla monarchia della

Spagna , ancora altri principi gelosi dell in


grandimento-della casa di Borbone. Per la pace
eper le conVenzioni successivamente seguite
tra le potenze belligeranti., il ducato di Mi
lano ritorn in dominio della casa dAustria
sotto l'impero di Carlo VI, ritenendo per

il re di Spagna in Italia il regno delle due


Sicilie e il dnato di Parma e Piacenza per
stabilirvi due principi, gli di Filippo V e.

di Elisabetta Farnese sua seconda moglie. La


Toscana , retaggio un tempo della casa Medici,
divenuta poi di ragione ereditaria della casa di
Borbone di Francia, indi cambiata col ducato

di Lorena nella persona di Francesco I, inne


stato nella casa dAustria col matrimonio della
grande Maria Teresa ., e poi imperatore, ri

mase in dominio della casa Austriaco Lore-.

nese. Anche i Veneti conservarono glivStatii

" 7t"'"
de quali spogliarono ilregno dItalia; e cos
pure la illustre casa di Savoia ebbe notabile

porzione degli Stati d Italia , parte nelle con


venzioni di pace seguite nella guerra della

successione di Spagna, e parte per frutto


della sua politica alleanza colla casa dAu
stria contro la Francia.

'' Ma queste vicendeg degli Statiche formarono .


gi il corpo del regno dItalia, sembra che non
potessero talmente distruggere in astratto la;

idea e memoria di questo regno, che il mede


simo non potesse pi risorgere e gurare nella
bilancia politica dell Europa. Luigi XIV di

fatti aveva proposto alla regina Anna della,


Gran Bretagna ed a suoi ministri, ne nego-,

lieti di pace succeduti alle guerre per la,

successione di Spagna , che il duca di Sa


voia rinunciando ad ogni preteso diritto al
regno di Spagna , venisse riconosciuto re

della Lombardia , o sia d Italia, giaccb 000


gli Stati che gi in essa il re di Francia pos
sedeva , con tutto il ducato di Milano , 20

gli Stati di Parma e Piacenza 'e di Mantova ,


considerati parte del ducato di Milano , ed

altri che avrebbe potuto ripetere, veniva a

formare un regno orido e abbastanza pos


tente nel sistema di una pace

universale e

dell equilibrio e riposo politico dell Europa.


Le gelosie politiche per che eccito Luigi XIV
colle 508 imPrege,

e con quel

suo

5|,lll'll0

vivo, attivo ed energico , furono di osta


colo all esecuzione de suoi vasti progetti e

disegni politici, opposti, come sembrava e

_ 175 _.
come si diceva, al riposo e ad una stabile pace
dellEuropa, cosicch fu riunita e combinata

una massa di forze superiori per impedire che


egli si avanzasse pi oltre a sovercbiare le
nazioni e Stati altrui ,ma non poterono queste.

forze cos combinate impedire che il regno di.


Spagna divenisse un retaggio ereditario della

casa di Borbone sotto Filippo V , e succes


sivamente sino a questi tempi, a dispetto
degli ambiziosi disegni di Napoleone Bona-.
parte.
g XIII.
.
La terribile e tempestosa rivoluzione di,
Francia , che verso il ne del secolo decimo
ottavo ha, si pu dire, scosso, agitato ed
elettrizzato quasi il mondo tutto , e in cui vit
time reali furono sagricate all ingiustizia e
al furore di un popolo sedotto e ingannato,
venne a inuire sgraziatamente colla forza
e coll armi anche nell' Italia per metterla in

rivoluzione ed erigerla in una pretesa repub- '


blica schiava della rivoluzione francese, di cui

volle essere il presidente Napoleone Bonaparte


che si era fatto creare primo console della re

pubblica francese. Ebbe gi la rivoluzione


francese i suoi partigiani anche nelle citt

d Italia, e specialmente nella capitale, dove,


accresciuti da

foresteri

fanatici,

tennero

rannanze, e pubblicarono perno un avviso.


con cui si eccitavano i popoli della Lom
bardia a togliere dalle mani de nobili ogni
autorit , e stabilire quel governo democra
tico che fu il campo in cui trionfarpno

l'arroganza plebea, loliga rchia e lentn

-- 176 -

siasmo fanatico per una mal intesa e mal


calcolata libert.
g XIV.
' Ma il primoconsole della repubblica fran
cese meditava gi di cangiare il consolato
colla corona d imperatore de Francesi, cui
aspirava gi da alcuni anni :, e per emulare

la gloria e grandezza di Carlo Magno, senza


aVere le virt e la religione del medesimo,
volle pure di suo arbitrio convertire Iapre
sidenza della repubblica italiana nella corona
del regno d'Italia, che pretese far risorgere
dalle rovine nelle quali era sepolto, e sotto
le quali aveva gi da gran tempo perduto
persino il nome e la mem0ria. Le conse
guenze inevitabili delle dissensioni civili del

regime feudale , della invasione e occupa


zione delle armi straniere , del sistema po
litico di Carlo V e di Filippo II; le mao

chinazioni e intrighi della Corte di Roma ,


'e la divisione stessa del territorio italiano
in piccioli principati e sovranit, non pote
vano che ali'atto abolire e distruggere ogni
vestigio morale e ogni memoria del regno

d Italia presso gli Italiani medesimi.


. S XV. ' '
'
Questa memoria non per tanto si risve
gli nelia mente ambiziosa di chi ambiva
unire due corone sul suo capo, 1' imperiale

di Francia e la reale dItalia, dopo aver1


questa conquistata sopra 1 legittimi principi
che la possedevano gi da secoli. Volle che
l Italia, col non dovuto discernimento e ri
esso al diverso sistema di morale, di co

'_ I77 ""

stumi e di inveterate censuetndini alla di


versit della posizione de paesi, delle mas
rime imbevnte da pi secoli, e delle molte

plici leggi nelle quali era divisa , arlottasse


pure il codice civile e militare per una
repubblica che la rivoluzione della Francia
0 il di lei spirito aveva dettato pel suo go

verno singolare. difatti opinione comune


mente accreditata che questo codice ., senza

essere per s stesso sistematico nelle materie


in esso classicate, esaminato nella-sua ori

gine e sorgente onde derivato, ne prin

cipj dietro i quali si diretta la scelta e


la dispcsizione dei materiali della di lui com
pilazione , nelle istituzioni civili primiere da
esso abolite e ne principi nuovi da esausta
biliti , esigerebbe una riforma intiera , o di
essere anzi , per cos dire, affatto rifuso ,
corretto ed emendato, per poterlo rendere

pi conforme alle istituzioni organiche avite ,


alle costnmanze ., alle consuetudini ed ai ca-

ratteri propri della nazione italiana. Non si


deve per negare che abbia questo codice,

dove ha fatto pi conto del diritto romano


e del diritto di natura, molte disposizioni as
sai saggie e opportune anche per l" Italia ,
ma malamente distribuite e ordinate nella
sua compilazione, e non sistematicamente
applicate e distribuite.
s XVI._
Entrando successivamente a ragionare con
un criterio dedotto dal curattete subdolo e
cupo di chi ha preteso di rintagrare e ria

Saggio crit. T. W.

.- 178 -.

chiamare dalle sue rovine nelle quali sem.


brava sepolto il regno 'd Italia , e dal siste

ma in cui lo ha voluto, dir cosi , rifondere

e ristabilire , si vedr che questo regno non


oteva essere che precario e dipendente pie

namente dall' impero di Francia. In fatti si


osserva che egli ha affettato di riunire sulla
sua testa tutte due le corone , imperiale e

reale; che ha voluto l Italia soggetta alle

stesse leggi stabilite in origine per la sola


Francia rivoluzionata; che

ha riservato al

dominio dell impero francese vasti territori


e domini propri dellItalia, cosicch fosse
quest impero sempre a cavaliere della me

desima per dominarla e disporne a suo pia


cere, e per renderla come una semplice ap

pendice dell'impero francese. Gli Stati della


repubblica di Genova colla citt stessa, del,
Piemonte con Torino , della Toscana tutta ,.
dell' Isole Ionio nellAdriatico , ed altri con
le rispettive fortezze ha voluto ein riservati.

e ritenuti al dominio dellimpero francese;


cosiccb il regno d Italia veniva a riescire
poco pi d uno scheletro a fronte dellan

tica sua grandezza ed estensione, subordi-I


nato al dispotismo francese.

_._4_

VJ_<__4 ,__

-.- 179 _...

CAPO DECIMOSECON'DO.

Della repubblica di Venezia e del suo sistema


di diritto politico.

1.
La repubblica di Venezia ha nalmente
ancb essa dopo pi secoli subita la sorte ine
vitabile di tuttele altre repubbliche della
Grecia e dell'Italia; fu essa pure assorbita.
da quel_ vortice in cui tante altre repubbli
che bannodovuto seppellirsi e perdersi, e

che sar sempre il destino di tutte quelle


ancora chele rivoluzioni venissero mai in
avvenire a creare e a far risorgere fra po

poli ingannati e sedotti , come fu ultimamente


il popolo francese. Gli abitanti (1 Italia, mas
sime limitro al mare Adriatico , che erano

i Veneti antichi, de quali parlano Erodoto


e Strabone (i) , e specialmente i Padovani
fuggendo il furor maniaco di Attila detto il
agello di Dio, cercarono un asilo nell' ele-_
mento delle tempeste , e quindi ebbe origine
la repubblica di Venezia , creata successiva
mente in mezzo alle lagune del golfo Adria

tico sopra settantadue piccole isole , per non


dire scogli , unite da principio da un inte

resse comune di commercio, e pel bisogno


didifendersi con una politica confederazione
(i) He'r0dotus, lib. I et CXCV! -- Strabo, lib. V,
p3g601812;
et
.' lib. XII7 pag. 545, 544 ; lib.
_ XIII , pag.
. ..a

-180-

fra esse, le quali isole formano tuttavia la


grande e magnica citt di Venezia , la cui
costruzione ebbe principio sotto l impero di
Onorio e di Teodosio il giovine.

Ristretta

fu essa in queste isole con un sistema di


governo da principio democratico, in cui i
magistrati annui,

sotto nome di tribuni o

di consoli , facevano eseguire le leggi stabi


lite dal popolo nelle generali assemblee, ri
tenuto per" sempre I alto dominio dellim
litlt0l6 Costantinopolitaoo. Fu conquistata
successivamente da Carlo Magno , o sia da
Pipino suo glio re d' Italia , e sottratta Ve

nezia da quel vassallaggio che vi pretendeva


limperatore d Oriente Niceforo, riducen
dola ad uno stato pr0nciale del regno (1 Ita
lia, come riferisce Costantino Porrogeneta (i),
bench altri storici vi contraddicano,, pre
tendendo che abbia anzi Carlo Magno rista
biliti

i Veneziani nella loro libert , senza

che compresi fossero nel regno d Italia colle


isole adjacenti (a).
'
v
S Il.

Successivamente a varie politiche vicende


interne ed esterne, intorno le quali tanto
mariano gli storici, cangiata Venezia sotto

diverse forme , e poi ridotta ad una rigo


rosa e gelosa aristocrazia per opera di Pie.
1ro Gradenigo , doge allora della repubblica
Veneta, si rese assai rispettabile sul mare
(1) De administratione imperii ad Romanumji

lium cap. 27 ct 28.


(a) Veggasi il Dandolo, tom. XII. Ber. indie.

- WJ_.!

--18r

colla conquista di altri Stati marittimi, e si


estese anche nel continente, e specialmente

a pregiudizio del regno dItalia, prottando


delle spoglie del medesimo in tempo che
veniva questo lacerato e diviso per la de
bolezza e imbecillit di chi doveva difen
derlo esostenerlo; anzi

si

dice

da qual

che storico, che i Veneti aspirassero al do


minio dellintiera Lombardia, che formava
il principal corpo del regno d' Italia,

se il

valore , la prudenza e accortezza politica di


Francesco Primo Sforza particolarmente non
avessero renduti vani i loro ambiziosi disegni.
2% III.
La costituzione politica del governo .ve
nero , poich fu ridotto ad un assoluta ari
stocrazia ( che Aristotile direbbe oligarchia ,
nome per altro che Polibio d al

governo_

di un piccolo numero di cittadini), viene dai


politici considerata come un capo d opera del
potere , o sia dispotismo aristocratico, che ha
in si: quei principj di conservazione, de' quali
certamente non pu essere capace il governo
democratico, ma che contiene altresi quegli
stessi principi di dissoluzione , ai quali va
soggetta la democrazia. Egli perci che i
timori continui che l autorit esecutrice era
costretta di in erire e mantenere negli spi
riti e negli animi degli stessi aristocrati per
sostenere il governo , erano un effetto di
quella politica gelosia e cautela sempre so
spettosa, con cuisoltanto poteva conservarsi
e reggersi il governo veneto; molto pi dap

poich colla decadenza del suo commercio

-182

si diminuita affatto la sua attivit al di


fuori , e il suo vigore interno , per cui venne
a cadere qurlla repubblica in una pusillanime
circoepezione e difdenza. Il governo di Ve
nezia, disse il Raynald, sarebbe stato il mi
gliore di tutti se l aristocrazia ereditaria non

fosse il peggiore de governi, poich quella


in cui la tirannia si spiega sotto le forme le
pi metodiche e le pi umiliauti , e che non
in e stessa propriamente un governo re

pubblicano, ma il pi oppressivo e tiranuico


(li qualunque governo arbitrario, come ri
ette il citato Raynalrl. La sorte de sudditi
delle aristocrazic sempre la peggiore di
tutte, perch la volont generale non che

lorgano del dispotismo de' particolari, sempre


pi violento e crudele, in quanto che animato

e sostenuto dall orgoglio ., dall ambizione e


dalla avarizia degli ariatocrati nelle loro as
semblee , consiglj e adunanze di Stato. Chi
obbedisce ad un sovrano meno tormentato
dall invidia e dalla gelosia di chi vive sotto
un' aristocrazia ereditaria ,

in cui

i nobili

che governano non sono cosi eublimati, che


non si facciano continuamente dai sudditi
dei paragoni odiosi , il che non pu seguire
sotto un sovrano, troppo superiore a suoi
sudditi per poter essere ravvisato dai me
desimi come oggetto d invidia , di gelosia e
di emulazione.
.

'
S IV:

Dopo-aver perduta la repubblica veneta


la sua gloria e il poteremarittimn, acui do
Veva i auoiprincipj e la sua esistenza ori

----<---- -.p 1

-- 183 gioaria, e dopo essere stata ridotta all orlo de

suo ultimo precipizio dalla celebre lega d


Cambrai, si trov impotente a concorrere
"alla difesa della libert generale dell Italia ,

e si vide concentrata unicamente e neces


sariamente a vegliare sulla propria interna

sicurezza e indipendenza. Si manifestarono


quindi e si spiegarono in seguito tutti i prin

'cipj viziosi del potere e della politica ari


stocratica nellinterno regime. Corrotta sempre
pi successivamente, spogliata da ogni energia,
eobbligata a praticare i pi tenebrosi in
ftrighi , ella venne a subire nalmente la sorte

di tutte le altre repubbliche, e con i suoi


Stati a rintegrare il regno d Italia,

al

cui

discioglimento e smembramento aveva gi


cooperato a spese dei principi che ha saputo
ingannare.
h

'

Vs

Si conscrver non pertanto ancora per


lungo tempo la memoria di una si

illustre

e celebre repubblica , e di quella_magnica

metropoli che, fabbricata sopra scogli e pic


cole isole, estese il eno dominio sul mare e

sul continente , e produsse uomini insigni e


celebri nelle lettere, nelle scienze e nelle
armi. Possedendo un tempo tutte le ricchezze
dell Oriente , del cui commercio aveva a s

tratto tutto il vantaggio , diede all' Europa

le prime e pi utili nozioni della naviga


zione e del commercio. Dalla scoperta del

Capo di Buona-Speranza , o dall attivit


dello spirito commerciante degli Olandesi,
fu ridotto indi il commercio di Venezia ad
.

,;\;LI; . .

184'..

angnsti e stretti conni, e ne venne quindi


in gran parte il decadimento politico di
quella repubblica nella sua considerazione

fra le potenze dellEuropa, e del suo lustro


e splendore fra le medesime.
- .
\
. 5 VI.
La libert in Venezia era minore che sotto
'le monarchia pi assolute. Laristocrazia ere
ditaria quella fra tutti i governi in cui la
tirannia si mostra e si spiega , come si gi
.detto , sotto le forme pi metodiche o pi
umilianti. Non era mai vero in VBnezia che
le magistrature nella loro autorit e-potest

si equilibrassero tra esse , bench avessero


un certo ordine e metodo apparente-La le
gislazione era condata al gran consiglio, il
potere esecutivo al senato , e il giudiziario

alle cos dette quarantie. Questi in apparenza


tlierenti magistrati si formavano dalle per
sone tratte dal medesimo corpo e animate
dal medesimo spirito. Gli stessi nobili, dopo

aver create le leggi nel gran consiglio, le fa


cevano eseguire nel senato e nelle quarantic.

Non vi era in Venezia alcun contrappeso al

dispotismo de patrizj , e alla loro alterigia


e fasto con cui si pregiavano di avvilire la
bench antica e illustre nobilt delle suddite

citt e provincie. La tranquillit che si go


deva in Venezia era come quella de forzati
in una galera. I sudditi non erano conside
rati dagli orgogliosi aristocrati che come ani

mali di servizio, cos scrive uno scrittore


moderno francese (1) : Nam ciuis , scrisse i
4

_(I) Institution polilique , chap. 25.

"""

-" --'4-

- 135 cardinale Contarini veneto, liber est homo,


hi vero ohmes , cio gli altri del popolo, ser

vitutem serviunt
Una oligarchia pertanto
avrebbesi potuto chiamare il governo veneto L,
giacch Aristotile e Plutarco confondono
spesso il nome di aristocrazia con quello di
oligarcbia, avendo tra esse molta relazione

politica , come stato osservato nel governo


della repubblica di Venezia ., massime nella

discussione de pubblici affari.


S VII.
Il dispotismo aristocratico di Venezia si
spiegava maggiormente ne delitti che si prei
tendevano di Stato. Tali erano tutte le azioni ,

tutte le parole, tutti i fatti, bench in se

stessi non meritassero riesso alcuno , i quali


potessero adombrare anche ben da lontano

e leggermente il dispotismo aristocratico,


sempre sommamente geloso della sua potenza.
Gravissimi delitti erano non solamente le
satire, ma gli elogi del governo medesimo .,

forse perch si temeva sotto di questi unironia


sediziosa. Questi pretesi delitti erano di com
petenza del cos detto consiglio dei dieci e
degli inquisitori di Stato , che erano tanti

Minossi inesorabili, che non lasciavano agli


accusati la libert di difendersi, n per se
stessi n col ministero di un avvocato ,dalle

calunnie forse di un accusatore prezzolato


dal governo a questo infame ofcio. I pro
cessi si formavano con una crudele e iniqua

(i) Reipub. Veneta , lib. I.

- 186
sollecitudine nel cupo silenzio della notte. ,
con ascoltare sommariamente e in fretta i
testimoni

(i, quali

spe,sso

erano gli stessi

prezzolati accusatori e spie che secretamente

gli avevano denunciati) e le risposte che si


esigevano succinte da prevenuti. Si pronnnciava tosto la sentenza , e sul momento si
.faceva eseguire , si faceva strozzare , o spesso

ancora annegare nel canale uno sventurato,


anche soltanto per alcune psi ' indiscrete
sfuggitein sopra la pubblica a nministra

zioue. All incontro sopra ogni al: 0 delitto


che non riguardava che l interesse privato
de sudditi, era notato il governo Veneto di
molta indolenza e trascuratezza. Anzi si
videro comprarsi l impunit i rei di mol

tiplici omicidi; e la politica veneta vedeva


con indifferenza le

sanguinose fazioni, le

prepotenze e le oppressioni ne' paesi sudditi ,

perch servivano a mantenere le divisioni e

i partiti, per i quali erano frastornati e dis


tolti i sudditi dal formare cospirazioni contro

la repubblica e il suo governo.


5 VIII.
Questo era il diritto politico su cui si reg
geva internamente l aristocratica repubblica
di Venezia, dedotto da quella ragione di
convenienza politica , che era calcolata pre

cisamente sopra quella estrema diidenza


e gelosa circospezione e pusillanimit_ da
cui era agitato e'compreso il dispot1smu
aristocratico, sempre inquieto e smanioso per

la sua conservazione e sostegno, di cui fu


vittima il generale stesso della veneta rmata ,'

*f

_' .

L-

__.. 4 .-a-_ans_,,ld

... ,37 ..
Francesco Carmmmola
, caduto in ingiusto
D

sospetto della sua fede verso quella repub


blica a cui aveva col suo valore prestati rile
vanti servigi
Con questa politica condotta
si sostenne per si lungo tempo la grande
macchina dell aristocrazia veneta, che pel
suo informe peso minacciava continuamente
di rovinare e seppellire sotto le sue rovine
li aristocrati medesimi. Ma nalmmte,come

gi si detto , dovette la repubblica (li Ve


nezia soggiacere al destino di tutte le repub
bliche , non ostante gli

sforzi pi

violenti

praticati per mantenerla e conservarla sino


a formare trattati e alleatize in pregiudizio
della religione medesima.

IX.

' Il principio veramente del decadimento poli


tico della repubblica veneta , per cui cominci
a perdere la stima e la considerazione di una

potenza imponenti: per inuire nell' equilibrio


politico dell' Europa , si attribuisce dei poli

tici alla circostanza di aver essa voluto troppo


estendersi in Italia particolarmente, cos che
iuva liiti i Veneti ariostocrad e allenati dalle
delizie della Terra Ferma, si resero oggetto
di gelosia agli altri principi dominanti in
Italia, obbligandoli a far argine alla loro
ambizione, come si vide specialmente dalla

lega di Cambrai che ridusse la repubblica


di Vene2iasnll' orlo del totale suo annien
tamento e distruzione. Cercando di dilatarsi 2
(i) Sannuto , Istor. di Venezia , tam. XXII , Ber.

italic. Cronica di Bologna, tout. XVIII , Rcr. italirr

-183-

Veneti nella Terra Ferma, e abbandonando in


certo modo il mare, non seppero essi di.
fendere le belle isole e regni di Cipro, diCan-

dia e del Peloponneso ossia Morea,dalla per


fidia ottomana. La lentezza politica delle de

terminazioni dei magistrati veneti fa pure


la cagione di tante perdite di Stati che do

vette soffrire la repubblica.


g X.

Si osservato nel sistema politico della


repubblica veneta, che essa in tutte le citt
suddite mantenne una qualche forma di mu

nicipale repubblica, bench subordinata in


ogni riguardo al veneto aristocratico dispo-,
tismo. Per cagion d esempio in Vicenza e
in Verona interveniva un certo numero dei
loro cittadini come assessori nei giudizi ci
vili e criminali. In Brescia v era un consi
glio particolare che aveva il diritto di spe

dire giudici scelti fra suoi cittadini in tutti


i borghi e luoghi di sua dipendenza, e di
conoscere di alcune cause particolari e pro
vedere alla pubblica economia della citt e
suoi distretti dipendenti. Bergamo anch esso
aVeva il suo consiglio municipale per gli af

fari di sua competenza e specialmente per


eleggere alcuni magistrati e il cosi detto
proveditore di Clusone che era un magistrato
stabilito a

governare la

Valle

Seriana,

di

cui .era capo luogo Clusone. Ma non pertanto


venivano molte cause e specialmente crimi
nali avocate a Venezia per essere ivi decise

secondo le convenienze politiche di quel go


verno che si attribuiva un pieno arbitrio

- 189 -

in qualunque causa e affare bench compe


tente a magistrati provinciali e municipali
dello Stato.
55 XI.
Tutte quindi le citt e provincie suddite
della veneta repubblica avevano le loro di
stinte e parziali leggi municipali ci loro statuti

civili, criminali , ed economici, secondo i


quali dovevano dai magistrati provinciali es
sere decise le cause,

quando per dai su

premi magistrati veneti in certe circostanze


politiche non venisse loro una diversa norma

de loro giudizi dettata secondo l aristocratico


dispotismo. Queste leggi municipali e statuti

particolari distinti delle citt e provincie sud


dite derivavano la loro origine ben da lontano,

poich si erano introdotti molto tempo prima


che le dette citt e provincie subissero il giogo
aristocratico di Venezia. Nei tempi che co
munemente tutte le altre citt e provincie del

1 Italia ridotta presso che ad un sistema di


anarchia , adottarono parziali e diversi sta-'
tuti e municipali regolamenti, questi diversi

statuti e leggi municipali , come dice il Mon


tesquieu, facevano in s stesse di un popolo
abitante il medesimo territorio e sotto un
medesimo governo, tante diverse nazioni e
popoli, assurdo gravissimo sotto tutti i ri

guardi di ragione naturale , civile e politica.


g XII.

Le repubbliche romana e greche ebbero


ne loro Stati un codice di leggi civili , che
regolava uniformemente gli affari e le con
tese private e ci che apparteneva nell in-'
/

._-

196 -.

terno civile governo; ma la repubblica ve


neta non pens mala stabilire ne suoi Stati
un codice uniforme di leggi civili, e lasci
che in ciascuna citt, inciascun paese e pro
vincia suddita si conservassero gli aviti loro
statuti c municipali stabilimenti, soggetti
per sempre a qualche segreto colpo del
l aristocratico dispotismo. Forse non riguar
dava laristocrazia veneta il suo dominio su

le citt e provincie specialmente del conti


nente, checome precario. Memori iVeneti dei

diritti dell impero su le dette citt e provincie,


eprevedendu forse ilcaso che venisse restituito
dall impero il regno d Italia, a cui dove

vano appartenere, e rimontando quindi essi


ai titoli con i quali avevano le mentovate
citt e provincie acquistate , non pensarono
di spiegare apertamente sopra le medesime
in tutta la sua politica estensione il loro

potere legislativo, per non irritare i popoli


troppo tenaci delle antiche loro civili eo
stituzioni.
5 X111.
L ostracismo che era particolare

nelle

greche repubbliche, ad expurgaactam civitacem


cormitutnm, come dice Plutarco, praticato
alcune volte anche dai Romani, si conside
rave specialmente fatto per la democrazia ,
per conservare il governo popolare, se pure
era possibile. Ma non pertanto fece uso di
questo rimedio politico anche la repubblica
veneta , come osserv il Giovio nel primo

libro delle sue storie, e come abbiamo qualche


esempio piessoil Macchiarello nel libro terzo

.-. 19| _

de'suoi discorsi politici: Sinistra erga enii-


ncntes interpretatio , come scrive Tacito nella

vita di Agricola, neo minus periculum ex ma


gna fama , quam ex mala. Manebat admi
ratio viri , sed oderant. Lodtracismo che
Paolo Paruta, storico e patrizio veneto, di

fende come necessario ad una repubblica .,


Veniva esaminato colle regole e con i prin-
cipj di un rigoroso diritto politico e civile ;

giacch la giustizia e lequit naturale me


desima sembra che cedere debbano dove si
crede o si. fa credere che debba aver luogo
il ben pubblico e la pubblica sicurezza, bench
spesso con una politica articiale venga il ben

pubblico e la pubblica sicurezza in- appa-


ronza adornb'rata e rappresentata. L estra

cismo sembra che esser debba quel jus sin


gulare di Giulio Paolo (1) , quod contra te-'
norem juris , et rationis propter aliquam utili-e
mth auctoritate constituentium introductum est;
Omnc magnum exemplum ,

si)ggiunge Tacito ,

habet aliquod ex iniquo , qu9d militare publica


repcnditur.

g XIV.

Abusarono della leg e dellostracismo gl


Ateniesi nelle persone illustri pel. loro tue-1
rito utili alla loro patria stessa, di Temi
stocle, di Cimone , di Tucidide ., di Alci
biade e di Aristide, ci Romani nella persona

di Camillo dopo aver egli salvata la patria

(I) Leg. 16 , D. De legib. et Senaturconsults.

.
"' 19" "'
nei maggiori di lei cimeuti, e nei due Scipioni,

l Africano e l Asiatico, dopo aVer essi con


quistata alla repubblica l' Africa e lAsia.
Succede pur troppo che si odiano i meriti
quibus remunerndis, come dice Tacito , im
pares existimantur , semper breves et infausms

papali amores. Anche la proscrizione di Gi


cerone , cos benemerito della repubblica ro

mana, fu opera dell'ostracisnio che si era


introdotto in Roma , e che preseil pretesto
di proscriverlo da quanto anzi aveva esso
operato in difesa e sostegno della libert

della repubblica, e dopo che fu applaudito


con sommi encomj dal popolo romano a
questo riguardo.

5 XV.

*'

Le ferree massime attribuite al veneto de


cemvirale e inquisitoo magistrato, furono,

secondo un losofo moderno, dettate dalla pi


crudele imbecillit; ma i politici veneti le
vogliono conseguenze necessarie che devono
derivare da quel diritto di convenienza po
litica che l aristocratico sistema veneto nella
sua particolare ragione di Stato per le sue
circostanze internc.e per la sua stessa situa
zione topograca e politica csigeva. L ari
atocrazia creditariapertanto , come era quella
di Venezia, quel governo , come si detto

altrove, fra gli altri, in cui la tirannia si


mostra e si spiega sotto le forme pi meto

diche e le pi umtliaitti, e rende necessarie le


massime pi sente e ferree colle quali soltanto
i P 99"nerh ben combaciato ed unito
ledicio 'politico che sempre per se stesso

_4.___

-___

_.4 M -1

-- 193 --

minaccia ne suoi interni difetti e negliestemi


urti di rovinare e sfasciarsi. Convien dire che

inprogresso di tempo codesti difetti uniti


alle scosse esterne abbiano soprammodo di
sordinato e sconvolto questo politico edi
zio , poich di fatti esso rovin e si di
sciolse interamente in questi ultimi anni;

ma il Macchiavelli medesimo per dice che


le cadute delle repubbliche e degli Stati sono
un indizio sensibile, che vi ha unintelli
gen2a superiorev alla prudenza degli uomini,
la quale fa a suo talento il destino degli Stati.
g XVI.
i"
.S_ .

Celebre la contesa cheebbe quellane-


pubblica col pontece Paolo V , segnatamente
per aver essa emanata una legge che proi
biva l alienazione de beni in mani morte e

c per istituti ecclesiastici, e di fabbricare


chiese senza la sua permissione. Fra i giare
consulti e teologi ancora che difesero e sosten

nero la detta legge, si distinse fra Paolo Sarpi,


bench appartenesse a un monastico istituto
possidente. Fu questa contesa sopita dallin
uenza imponente singolarmente del re di
Francia, ma si ritenne in vigore la mento

vata legge libera dalle censure alle quali


era stata sottoposta da una troppo estesa
immunit ecclesiastica. Questa legge ora
mai universalmente adottata in tutti gli Stati
cattolici, senza temere alcuna censura le
gittima della chiesa eidel sommo ponte

ce , non ostante quellopera comunemente


riprovata che

il, frate Mameccbio Dome

nicano pubblic col titolo 0el diritto libera

Saggio crit. T. IV.

13

s- 194 'rlella chiesa di acquistare e di possedere beni


temporali , si mobili che stabili,- opera che fu
riconosciuta per una rapsodia di inette, mon
che e infedeli citazioni e stravaganze, e quindi

disapprovata dall una e l altra potest, cio


dalla civile e politica, e dalla ecclesiastica e
ponticia.
XVII.

. , Il principe e sovrano pel suo grado in una

- certa lontananza tale ., moralmente parlando,


dalle perenne de' suoi sudditi, che famigliar
mente ecomunemente la sua persona non viene
sotto i loro occhi , ed egli cotanto moral
mente eminente e superiore, che essi non

possono immaginare alcuna relazione la quale


possa eccitare in loro uno spirito di emula
zione e di invidia. Ma pel contrario i no

bili aristocrati che al loro corpo attribuiscono


privativamente la sovranit e il principato,
sono sotto gli occhi famigliarmente di tutti,
e non sono in un rango cosi sollevato che
non possano essere un oggetto di paragoni
e confronti odiosi. Sono questi sempre presso
i sudditi riguardati con un occhio livido di
emulazione e di invidia , ed i loro vizi mo

rali li rendono spesso ad essi spregevoli. Le


repubbliche democratiche all incontro, nelle

quali la nascita non dovrebbe dare per s


stessa alcuno speciale diritto al governo ,
non possono somministrare oggetti morali
e politici nel loro governo , i quali ecci
tar possano facilmente emulazione, livore
e invidia, giacche

il

popolo non pu im

vidiare ed emulare on autorit , un grado

._/_
-.L-

....-

.- '195 .

e una prerogativa che egli medesimo, con


ferisce, e che sa di poter riprendere e
togliere a suo talento; quando per-al
cuno arrivando sediziosamenle a preoccu

pare e sedurre l opinione e l affetto del po


polo , e quindi ad avere una specie di do
minio e preponderanm nel overno , non si
faccia un oggetto di emulazroue , di odio e
di invidia, come spesso si veduto nelle
democrazie, che perci si cangiarono in
aristocrazie dispotiche o in oligarchie , e sue

cessivamente in monarche; pero sempre


Vero ci che dice Tacito, che semper breves'

et infausti sunt papali amores.


S XVIII.
Ci non per tanto si osservato ehm,

per quanto abbia di difettoso e di odioso


il governo aristocratico , quel governo sin

golarmente che per s sembra che conservar

possa Una p0ssibile e durevole forma di re


pubblica ., n si sa che siavi stato giammai
governo popolare che siasi mantenuto tale -,
non dico molti secoli, come laristocrazia
vveneta , ma molti anni. Anzi a prendere il
termine nel suo rigore in cui dovrebbe es
sere ricevuto , secondo il medesimo, Rous

seau (i), non ha mai esistito una vera de


mocrazia e non esister giammai. Nella Ro
pubblica Elvetica , ne' suoi cantoni, che in
apparenza sembrano Stati democratici, esa

minandoli con occhio politico si vedr che


...--_

(I) Contract serial. , liv, III, Chip. 4.

- 196 ._.

il popolo basso ha pochissima o ninna parte


nel governo , e che i soli ricchi e nati da
antiche e accreditate famiglie sono quelli che

reggono il paese e lo Stato. La differenza


che si osserva tra queste repubbliche dette
democratiche e quelle che si chiamano ari
stocratiche, si soltanto che nell une lari
etocrazia ereditaria, nelle altre si pu dire

elettiva e pi conveniente in apparenza a


un popolo commerciante. Quindi che vere
e prette democrazie, come si gi detto ,
non si hanno che nel solo nome e in ap
parenza , poich in sostanza sono tutte ari
stocrazie e oligarchie , che vanno spesso ri
solvendosi successivamente in monarchie,

come dalla storia impariamo. Dice in fatti


anche Tacito , che pi facile di cele
brare

in

astratto la

democrazia, che di

trovare un paese in cui la massa intiera di


una nazione non sia dominata da un piccolo
numero, ed obbligata pi ad obbedire che
ad aver parte alcuna diretta nel governo,
per stabilire successivamente l'oclocrazia,

come osserva lolibio nel suo sesto libro,


col disprezzo delle leggi e con una sfrenata
licenza.

una

CAPO DECIMOTERZO.
Del governo federativo.

g I.

Dopo che si ragionato sopra 1 aristo


crazia veneta , sembra che l argomento del
I opera esiga ancora qualche cenno e sag

gio storico politico intorno il governo fede


rativo , o sia di confederazione, giacch no
dai tempi e dalle et rimote ed antiche, e
dalla moderna storia civile e politica abbinato
illustri esempi non solo della di lui esi tenza
ma ancora della di lui forza e dignit nelsi'stc
ma politico degli Statie nazioni. Questo gover
no , come ben lo descrive il Montesqnieu(t),
a una cunvenzione, o sia un ordine di gvernd
che nasce da una convenzione in virt della
quale pi corpi politici consentono di dive
nire cittadini di uno Stato ma giore che vo_
gliono formare. Ella un unione di societ

civili e politiche che entrano a formare una


nuova societ, senza che alcuna di esse lasci

per questo di =governarsi colle sue proprie:


leggi. Pu qucsta confederazione ampliarsi ed
accrescersi per mezzo di nuovi associati che si
volessero ad essa unire, come seuito
in
U

questi ultimi tempi nell Elvezia. Questa for

(t) Esprit. da: lois, liv. IX, chap. t. - Aristot.

Politic. , lib. Il, cap. 1. _- Grozio, De 'ure be lli e


pacis, lib. I, cap. 5, S 7 , a, 3. - ulfend., D;
jur. nat. et gent., lib. VII , cap. 5, S 18 et 19.
0

.- 198 _.

ma di governo stata inventata da que pg.

poli che distintamente non avendo forza per


respingere l armi nemiche, e assicurare la
libert e stabilit de loro governi particolari,
si sono procurati la loro sicurezza , la pace

e tranquillit politica col mezzo di si fatte


unioni socievoli, poich vediamo nellordine
dei corpi politici il medesimo effetto che nel-t
lordine de corpi sici.
S Il.

, Questo sistema di governo fece un tempo


orire: la Grecia , di cui gli storici greci
dicono che Anfizione , uno de' pi antichi
legislatori della Grecia e terzo re d'Atene,
abbia data la prima idea , e che nel tempio
di Cerere alle Termopili alternativamente , e

pel tempio di Apolline in Delfo avesse sta


.hilita la raunanza due volte all' anno de ri

ipettivi deputati delle societ politiche riu


nite per trattare de' pubblici affari della con

federazione. Pens Anzione con questo si


stema di governo federativo di formare e

stringere un nodo sociale tra tutti iparziali


governi e repubbliche della Grecia , per ren
derli imponenti e rispettabili ai popoli vi
cini, e conservare e difendere con una co

mune cospirazione e concordia la civile e


politica libert di ciascheduna di esse. Non
seppe per Anzione prevenire con oppor
toni regolamenti e leggi quello spirito di

mala intelligenza ,

gelosia ed emulazione

che si introduce spesso -.fra gli stessi Stati


federativi.

In fatti la vile compiaceuza del

tribunale degli Anzioni in riguardo al re

Filippo il Maceddne che lo ricevette inoltre"


fra suoi membri, mentre tendeva a soggio
gare i Greci, fece perdere tutto il credito

a questo tribunale e _la riputazione a tutta'


l associazione Anzionita, cosicch Venne
presto a sciogliersi. Eschi_ne nella sua'ora-

zione Dc falsa legatione descrive tutte le citt


che erano entrate in questa associazione,
come quelle ancora che ricusarouo den-
trarvi
g III.

Poich Ia'Grecia Venne in parte couquistata e occupata da tirarmi, e la lega An


zionita fu disciolta e distrutta, una nuova
lega federativa si form nell'Acaja, provini

eia del Peloponneso, che fu per qualche tempo


celebrata , onde difendere iproprj rispettivi

tertorj e gmemi dalla forza e prepotenza;


di chi cercava dilatare nella Grecia le

sue

conquiste e la sua potenza. Quattordici citt


entravano in questa confederazione, di cui

non abbiamo per che cognizioni imperfette


e confuse. Si sa soltanto da Polibio
edaj
(1) Abbiamo da Erodoto nel libro primo, cap.

no

che Talete di Mileto-, per far argine alla potenz a de


Monarca Persiano, propose aHe citt della Ionia , di,
stabilire tra esse un vero

overno federatim; Teos

citt situata nel centro del a fonia , doveva essere ii


luo o in cui si doveva formare il consiglio generale
del a confederazione , cosicch poi ciascuna citt doveva'
sempre conservare la costituzione sua articolare e go
vernarsi colle sue proprie leggi ,ma icesi che questo

progetto non sia stato adottato.


(a) Lib. IV.

- 200 -_

Strabone (i), che ciascuna di queste citt


regolava la sua polizia particolare e quella del suo territorio colle proprie particolari.
leggi e politica economia , ma che tutte per .

inviavauo i loro deputati allassemblea fede


rativa che si teneva in una determinata citt

dellija ne primi giorni di primavera. Vi


si etabilivano in essa que regolamenti che
esigeVano le circostanze , e ei nominavano i

magistrati che dovevano eseguirli. Filippo re


di Macedonia , e cos Alessandro suo glio,

dopo aver aoggiogata la maggior parte della


Grecia , rispettarouo la repubblica Achea, e
servi poi questa di rifugio a' Greci che vo
levano conservare la loro libert,

ma non

pot essa nalmente resistere alla politica e


far argine alla prepotenza de' Romani. Vi fa
ancora la repubblica di Licia che il Monte
equieu
propone per un modello di una
perfetta repubblica federativa , il cui governo
fu rispettato dai Romani (3), ma divenne
poi successivamente il bersaglio del dispo
tismo dei re della Lidia e della Persia, e

lo strumento passivo dellambizionc di al


cuni prepotenti cittadini.

s IV.

Venendo alla nostra Italia, abbiamo dalla


otoria che gli Etruschi , riguardati come i pi

antichi popoli abitanti dell Italia , emuli della


15

(i) Lib. vm.


(a) Lib. IX, ca . 3 Esprit. dei bit.
(3) Strabone, li . XIV. .

.... 201 _.

potenza che Roma andava acquistandosi , fori

marono_ da prima un sol corpo di nazione,


fra le antiche la pi colta e famosa, e poscia
si divisero in dodici repubbliche indipendenti,

come si ha da Strabone (i), ciascuna delle


quali aveva alla testa del suo governo non col
titolo di re. Queste repubbliche situate tutte
in terra fertilissima e sotto un cielo salubre,
ricehee potenti permare eper terra, si unirono
con un legame federativo a formare un solo

corpo sociale composto di pi societ politiche


nei primi periodi del regno e repubblica roma

na , e forse per difendersi dallo spirito di con


quista, da cui i Romani n d allora erano
dominati e di cui davano non equivoci ar-,
gomenti. Si raunavano anchessiin Etruschi
er mezzo dei deputati delle rispettive re
pubbliche e governi nel tempio di Voltumna,
in una determinata citt centrale della con

federazione, per deliberare in comunione so


pra gli interessi generali della nazione e so
pra le provvidenze opportune per assicurare

la propria libert, eleggendo uno col: titolo


di re , che presedesse a tutta la eonfederzu
zione

Non poterono per successiva

mente gli Etruschi sottrarsi rlalla prepotenza


de' Romani che seppero prevalersi delle loro
interne dissensioni e fazioni prodotte dagli og
getti particolari e parziali d interesse e d am
bizione , e divennero nalmente dopo varie
(I) Lib. V.
(2) Livius, lib. I, decad.l; lib. Il, IV, V et X. -

Dionysius de Halicarnasso, lib. III;

--202

vicende di aspre guerre , di tregua e di trat.


rati di pace, conquista de Romani per qual
che tempo, sotto una gura precaria e af
"fettata di alleati, e poscia colla condizione'
assoluta di veri sudditi.
g V

I principali governi federativi che ci d


la storia moderna di questi

ultimi secoli,

cono le sette provincie unite BataVe avanti


che fossero associate alle altre provincie del

Belgio a formare in questi ultimi tempi un


regno; gli Stati Uniti d'America e il Corpo'
Elvetico. Parlando specialmente e primieta-
mente di quest ultimo che parte almeno
formava gi del regno d Arles , omet

tendo il romauzesco fatto del porno spic


calo da Guglielmo Tell dalla testa del di lui
glio, diremo soltanto che l' omicidio ese
guito dal Tell nella persona del balivo di

Ury, che tiranneggiava quel paese commesso


al suo governo, scosse tutta la nazione e
diede il primo movimento alla rivoluzione
elvetica per rivendicare dalla oppressione e
tirannia dei suoi governatori la sua civile e

politica libert che con un valoree costanza


straordinaria

seppe la nazione

Svizzera di-'

fendere e sostenere. Ella costante storica"


osservazione, che i paesi montuosi e che si
alternano tra il monte , il colle e il piano,

quasi divisi dalla natura in tante picciole


parti e distretti, i quali abbiano dalla loro
situazione sufcienti comodi ed agi per
una discreta vira civile, risvegliano e for
mano negli abitatori un genio euncarattero

..__ A,ps

-203

portato alla libert che li rende difcilissimi


ad essere sommessi, ed inquieti e indocili sotto
quel governo monarchico , cui la forza gli
.avesse ridottie uniti, come avvenuto spe

cialmente frai popoli che compongono la


confederazione elvetica.
.
VI.
Il primo nodo della confederazione elve
tica lo formarono i tre cantoni di Schvitz ,

Undervald e Ury, cui successivamente si


unirono Zuricb, Claris, Zag, poscia Berna,
Friburgo e Soletta, indi Basilea e Sciaf
fusa, e nalmente il paese di Appeuzel. In

.questi ultimi anni le vicine popolazioni e.


paesi, gli Uni come repubbliche sotto la
protezione deprimieri cantoni elvetici, come
particolarmente i Grigioni (gi divisi per s
in tre cos deth leghe che si reggono in

uno Stato precario rispetto allimperoe alla


Casa d'Austria , e per li fanatici partiti che
li dividono e li reggono) e i Ginevrini, gli
altri nella qualit di loro sudditi condi
zionati , furono tutti come tanti nuovi can
toni con un solenne atto federativo aggre

gati alla repubblica federativa elvetica per


comporre attualmente 1 unit politica del
corpo elvetico, conservando per ciascuno
de cantoni internamente la primiera loro
singolare e parziale forma di governo. Alcuni
cantoni ritengono una forma costituzionale
aristocratica consistente in una citt princi
pale da cui dipendono i villaggi e terre che

formano il cantone, ma che hanno per


qualche parte anch esse nel governp e nello

.- 204 _

pubbliche radunanze, ed altri, i pi sterili


e infecondi, divisi in comuni con un diritto
eguale al governo, formano una specie di

una apparente democrazia regolata dalle loro


leggi e antiche costumanze che spirano la

originale semplicit della nazione , ma cir


coscritta dalla giurisdizione e potest dei

loro magistrati eletti dal popolo. Vha un


cantone che alternativamente di un anno al
1 altro si dice dirigente , in cui deve risie

dere il landamauo , che il magistrato il


quale deve presiedere a tutta la confedera
zione elvetica , ed in cui si deve radunare e
riunire la dieta generale della confederazione,
5 VII.
L eguaglianza civile e politica si mantiene
tra gli Svizzeri quanto possa essere questa
ammessa e aver luogo fra le nazioni incivi
lite e dirozzate dall antica barbarie. Ma non
sintende gi di parlare di quella assurda
eguaglianza e per s stessa metasica , per cui

si pretende che il servo e il padrone, l' arte


ce e chi lo impiega prezzolandolo, il eolono

ed il proprietario non debbano conoscere tra


essi alcuna subordinazione: la sola

egua

glianza politica che esiste tra gli Svizzeri,

quella che protegge la liberte la propriet


del debole contro gli attentati del pi forte,
e che riunisce gli uomini tutti sotto una di

pendenza moralmente eguale alle leggi; egua


glianza che deve esistere auc0ra in astratto

negoverni monarchicisotto la guarentia dello


,stess0 Sovrano.v Le arti e le scienze sono
_pre,sso gli Svizzeri in onore e stima, avendo

w- 205 '

questi saputo riunire e combinare fra essi


la politezza dAtene con la semplicit di Sparta.
s VIII.
Il territorio elvetico, poich ebbe assicu
rata la sua libert da primieri signori e di
Basti , non fu mai attaccato ostilmente avanti
la rivoluzione francese che voleva obbligare e
- ridurre la repubblica elvetica stessa asecon

dare i suoi vasti progetti di conquista sopra

la Germania e sopra i legittimi sovrani della


medesima. Non si pu dire che il vantaggio di
non essere da prima stato il territorio elve

tico esposto alle pi odiose invasioni Ostili,


possa essere il solo risultato della forza e
unione del nodo federativo trai cantoni, poich
la sovranit scompartita e distribuita in tanti
cantoni avrebbe imbarazzato per s stessa

I' incamminamento politico del governo , ed


eccitato dissensioni e discordie tra gli stessi

cantoni, e il corpo elvetico sarebbe stato fa


cilmente minacciato di una inevitabile disso

luzione, se le alpi che lo circondano d'o


gni parte, non gli avessero servito di riparo
e difesa dalla forza esterna, e se la sterilit
de terreni montuosi della maggior parte dei
cantoni non fosse stata uno dei motivi sin

golari che si oppose all interesse di conqui


starlo e possederlo.
'
IX.
La forma di un govcrnn federatitm,a ben
considerarla e ravvisarla nel

suo civile e

politico sistema, diretta in s stesso a pre


venire tutti gli inconvenienti e pericoli che

minacciar possano la libert, indipendenza

-- a06 -

e tranquillit della parti che lo compongono.


Colui che volesse arrogarsi una superiorit

civile per dirigere il governo secondo le


sueparziali viste politiche e di proprio in
teresse,

non

potrebbe essere accreditato

egualmente in tutti gli altri confederati; se


egli si rendesse troppo potente in uno,met
terebbe in allarme gli altri; se egli sotto
mettesse una parte , l altra , rimasta libera,

potrebbe a lui resistere con le proprie forze


e opprimerlo avanti che riescisse di stabi
lirsi e assicurarsi lusurpato dominio; se
avvenisse qualche sedizione e si introducesse

qualche abuso presso uno degli Stati con


federati , gli altri possono pacicare e pre
venire la sedizione e correggere 1 abuso in
trodotto , come avviene nella confederazione

elvetica. Un governo federativo pertanto in


s stesso gode e partecipa della bont e
lealt dell interno governo di ciascuno Stato
particolare confederato; nelle sue relazioni
esteriori e politiche cogli altri Stati e go
VGI'H e nella forza imponente della sua con
federazione ha tutti i vantaggi delle grandi
monarchie.
5 X.

Se la repubblica cos detta delle Sette Pro


vincie unite, stabilita nel nord del Brabante,
si conserv per tanto tempo la libertein
dipendenza e il suo governo federativo, non
ostante le interne rivoluzioni che cangiarono
una volta la democrazia in oligarchia, lo

dove alle reciproche gelosie delle Corti di


Londra, Parigi e Vienna. Quando per i

Francesi si resero padroni del Belgio, essi


non ebbero che a presentarsi sulle rive del

Reno e della Musa per sciogliere e distrug.


gere la confederazione batava , e ridurla a

formare colle altre provincie del Belgio il


regno di Batavia da prima , poscia ridotto
a un semplice dipartimento dellimpero fran
cese, ed indi nalmente col Brabante a sta
bilire un nuovo principato sovrano o sia re
gno a favore della casa d0ranges che-deriva

da Guglielmo da,Nassan principe d'Uranges,


stato gi proclamato primo magistrato nell o-'
rizzonte della novella repubblica _federatim
delle sette provincie unite, sottoil nome
di Stadbauder, che in s stesso non era che
Un capitano generale.
,
XI.

Ciascuna delle sette provincie unite, il cui

centro era Amsterdam, conserVando la sua


indipendenza particolare, le sue leggi ei

suoi magistrati civili e politici del suo par


ziale governo, condava gli interessi generali
della confederazione alla sorveglianza di un
consiglio comune col nomedi Stati generali,
e setta la presidenza dello Stadhauder. Questo

consiglio era composto dei plenipoten2iarj


di ciascuna delle sette provincie, i quali per
non potevano n dichiarare la guerra, n fare
la pace, n arrolare truppe e milizie , n sta
bilire imposizioni, n contrarre alleanze,
senza essere espressamente autorizzati dalle

rispettive provincie committenti. Sembra per


tanto che questi deputati delle sette promu

cie col carattere e nome illusorio di pleul-__

- 208 -

potenziari foseromeri automi in se stessi nel


loro consiglio , senza alcuna autorit e arbitrio

per presiedere e dirigere il governo federativo


delle sette provincie , non potendo essi {n'ulla

operare senza le preciseistruzioni deloro com

mittenti, che spesso temporeggiando a tra

smetterle ai medesimi, dovevano incagliare


anche i pi delicati pubblici affari con pregiu
dizio della stessa repubblica federativa. Il com
mercio delle sette provincie non essendo stato

da principio massimamente , che di sola eco


'nomia per la sterilit del loro suolo, e per la
circostanza di trovarsi in mezzo alle acque, col

mare che sempre minacciava di sommergerle,


s

ne venne che l interesse parziale di ciascuna

delle stesse sette provincie, e la multiplicit


di altri particolari interessi nel commercio

( poich una nazione commerciante ha sempre


un numero prodigioso di interessi privati)
dovevano facilmente mantenere e fomentare
le interne discordiee fazioni, e sconcertare
quella unione e armonia che doveva rendere

vie pi rispettabile e forte la repubblica delle


sette provincie unite nella loro confederazio
ne, cosicch non esistendo pi questa unione,
ed essendo ella in pericolo di essere ridotta

ad uno stato precario, divenne poi un oggetto


di facile conquista a Napoleone Bonaparte.
g XII.

Una repubblica federativa formavano nien


temeno le colonie unite degli Anglo-ameri
cani, perch,dascuna colonia in particolare

ri[venendo indipendente , riteneva tutti i po


teri che non erano stati espressamente at
tribuiti con l atto della confederazione al

- 29 .
corpo incaricato di mantenere e dirigere l'u

nione federativa. Questo corpo, nominato


congresso , e composto dei deputati di chi
scuna delle Colonie confederate , doveya eleg
gere annualmente il presidente capo ed or
gano del congresso,

in

cui risiedeva l as

semblea nazionale. Gli altri membri di questo


congresso

venivano annualmente eletti

il

primo luned di novembre di ciascun anno,v


colla condizione che non potessero possedere

alcun ufcio lucrative nella repubblica. Essi


potevano essere eletti di nuovo dopo lanno,

ma non era loro permesso di\ritenere la


carica pi" di un triennio di seguito.
SXIIL
- .- 4
P Nel congresso si decideva della pace e
della guerra, si spedivano e si ricevcvano

gli ambasciatori e inviati degli altri esteri


Stati, si dirigevano e si combinavano le
alleanze con le nazi0ni straniere, di maniera.
per che per condizione espressa della con
federazione la potest legislativa particolare
di ciascuna colonia dovasse (conservare il di

ritto di proibire sul suo parziale territorio lim

portazione di ogni specie di derratee dimerci,


e la facolt di stabilire quediritti di entrata ed
uscita che essa guidicasse convenienti alla
sua economia e commercio particolare. Non
si sa come con questo patto e condizione

costituzionale potesse conservarsi 1 unit e


e l armonia federativa delle colonie angio
americane , e forse quindi sono derivate le

vicende per le quali questa repubblica venne


ormai disciolta e dissipata.

Saggio crit. T. IV.

'l

.-: 210

-u--.

s XIV.

:Aveva inoltre il congresso l autorit di.


ssare il titolo ed. il valore delle monete .,
il corso delle quali era ammesso nelle colo-.
uie unite; di nominare glioiciali generali
di terra e di mare, di prescrivere la di

sciplina militare e Le operazioni delle ar


mate; di decidere delle contestazionidegli ahi.

tanti degli Stati Uniti e de popoli cirtmnvicini


(che originari del paese, vivevano vagando in

esso), e di vrgliare afnch il diritto legislativo


.di ciascuno Stato fosse rispettato. Giudicava

inoltre il cmgressodenitivamente delle di


ferenze nate tra pi Stati limitro tra essi e

de loro rispettivi conni. Non poteva man


tenere alcuno Stato, o sia colonia, in tempo
di pace un maggiore numero di truppe e
di bastimenti di guerra di quello deter

minato dal congresso. Non poteva n pure


alcuno Stato armarsi per sua difesa , fuori
del caso.di. una istantanea invasione oatile,
il cui pericolo. imminente non lasciasse il
tempo opportuno per consultare il congresso.
Da tutto ci si comprova che la repubblica
delle colonie anglo-americane doveva tutta
esistere nel congresso , e quindi da questo

ne doveva divenire la sua dissoluzione..


XV.
Fu anche la Germania riguardante come
una repubblica federativa, sotto lalto ed emi

nente dominio dell imperatore , composta di


tanti e diversi Stati sovrani uniti insieme in un
comune interesse di difesa, di esistenza po,
lirica e di commercio; ma essendo stato ulti

--. __._I_,

mamente alterato, modicato e limitato il

sistema federativo delle potenze della Ger


mania ,

non si

pu per

ora

discorrere

di esso per darne un adequato detaglim I.


sovrani componenti il sistema federativo ger.
manico divenuti troppo potenti, hanno di
staccato il loro interesse particolare dell in
teresse generale. La disuuione degli Stati fa
che ne pericoli e danni comuni ogni Stato
resti abbandonato a s stesso, e quindi ob

bligato a sottomettersi alla legge

del

pi

forte. Lesperienza ha dimostrato che una


grande nazione non trover giammai in una

unione e nodo federativo il pegno e la si


curezza della sua tranquillit civile e della

sua politica indipendenza. La facilit con cui


Un moderno conquistatore ha potuto por
tare un gran cangiamento alla unione della
confederazione germanica , d all accennata.

esperienza un grado di convinzione la pi


evidente. In una nazione estesa e vasta che

potrebbe sviluppare tutte le difcolt locali.


e politiche che quasi ogni giorno possono
s0pravveuire , lintrigo e imbarazzo delle me

desime, moltiplicato in tante maniere, pu


arrestare l' unit de mezzi e degli oggetti del
governo federativo; e quindi come si potr
imuginare in questa nazione la prosperit

di una repubblica federativa estesa e dira


'mata' da tanti principi differenti?
Q XVI.
Un singolare esempio di confederazione
abbiamo nella storia (1' Italia, che fu cos
detta societde Lombardi, in cui concor

aero le principali citt della Lombardia , con


altre ancora della Romagna, e alcuni principati
particolari, risoluti , come scrive il Muratori,
di non pi tollerare l' esorbitante alterigia
dellimperatore Federico I detto il Barba
rossa, e linsolenza e rapacit de suniu
ciali. Fu a questa lega ecoufederazioue sta
bilito un consiglioerettore. ( la cui residenza
particolare ignota, non facendone gli storici
menzione), senza il cui c0nsenso nulla

di

rilevante si doveva intraprendere nellog


getto particolare della convenuta confede
razione. Qnesta confederazione non era per
diretta a formare e stabilire l unit morale

e politica di un Vero governo federativo


tra le citt, Stati e principi confederali, ma
soltanto ne patti cnvenzionali ai quali era
appoggiata, cospirava a formare e stabilire
Una specie singolare di repubblica , composta
di una unione e concordia federativa di altre
repubbliche, al solo oggetto di difendersi con

le sue forze riunite dalla tirannica oppres


sione di cui era 1 Italia minacciata dallac

cennato imperatore Federico, poich nel resto


i;confederati protestavauo sempre diconservare
all impero i suoi eminenti diritti, dichiarando

peraltro di voler ritenere insieme distintamente


e particolarmente Ldstinti loro governi civili
e politici indipendenti nella loro economia
e organizzazione morale politica interna.
XVII.

Colla 'celebre pace di CostauZa, in cui fu


accordata alle citt e ai principi compresi nella
confederazione della cos detta societ dei

- 213 -;

Lombardi, la fdrma parzialecli ipubbli'crt


e di libert politicae civile, e furono in con-*
seguenza concedute loro tutte le regalie dallo

stesewimp'eratore Federicol',_e da Ar_ri-


go IV re de romani suo glio ,-si sciolse la
confederazione ;, o sia 'societ_Lombarda, 'pel

qualche tempo} Furono per riservate allim


peratore nell aceennata pace di Costanza

le appellazioni delle cause di maggior ri


lievo, per prova dei supremo ed eminente
suo dominio; le quali cause

si

trattavano

successivamente avanti i di lui vicarj stabi


liti nelle citt e Stati dItalia. Ai tempi di
Federico II , la lega, 0 sia societ deLom

bardi, venne rimessa e invigorita per opporsi


alle novit di questo Augusto, che sembrava.
voler seguire le massime dellavolo suo in.
danno della pubblica pretesa libert politica

e civile. Continu. ancora a forticarsi questa .


confederazione e societ deLombatdi; e
stringersi fortemente per seguire il partito
detto de' Guel contro quello detto deGi

belini, che andava a prendere gran piede


per estendere vie pi e sostenere negli ace
seriti diritti della sovranit dell' impero la
prepotenza e predominio di que' signori e
magnati che si dicevano suoi vicarj.
S XVIII.
Disciolto il. regno d Italia , e ridotto
alla condizione precaria di uno Stato su

bordinato all impero , in cui, per cosi dire,


venne concentrato tutto quel

regno'

quasi

nel semplice grado di provincia, i popoli di


molte citt italiane colsero l opportunit '
14*_

il
.

..'

t..,'

-jl4 -

della debblem e imbecillit di alcuni impe_


tutori-ed Uliberp"il coraggio successivamente
di pqendere e arrogarsi con un sistema fe

derativo la forma-di repubblica , ritenendo


e ricpettandoncon una apparente formalit

il suprerno eminente dominio dellimpero,


mentre per?! alcuni potenti signori in al
cune altre citt ai attribuirono invece il prin
cipato, ottenendo per sola formalit linve
stitura dall imperatore. In queste parziali
repubbliche entr ben tosto la discordia tra

i nobili e magnati, e la plebe o sia popolo


(sotto il cui nome sintende quel corpo
che non poteva vantare il grado di nobilt),

come-avvenne gi alla repubblica romana


rispetto ai patrizj, che eranoyi magnati e
nobili di quella repubblica distinti dal po

polo.Nou da dubitarei che gli esempi


\

di quella al potente e celebre repubblica


tratti dalla storia romana, che non doveva
essere affatto ignota, non ostante l ignoranza

di que' tempi, abbiano servito a movere gli


animi e le forze popolari contro il corpo

de' nobili e magnati, poichil fanatismo


duna

mal intesa libert

seduste i popoli

ad- usurparsi democraticamente il governo


delle rispettch citt e provincie.
g XlX.
Ma quandanche fossero mancati questi
esempi della storia di Roma , altri stimoli
giusti, oiingiusti poteva avere il volgo ,
troppo facilmente mobile, eccitato massime,
come per lo pi suole avvenire , dall ambi

' zione e perdia de demagoghi e facinorosi

Il
i.

-- 215 ---.,.
__ts_, v
seduttori dell idiotismo volgarea,ijel" correre '
allarmi e cercare di entrare efnsere una
parte imponente eprincipale nel reggimento
e governo della repubblica. Questo disordine

. .

fu sempre l' appendice proprim di tutti_i go


verni popolari :,* siccome ci d ttnr'eseinpiio"
solenne la pi celebre , la pi possente e
, la pi singolare repubblica dell'universo, qual'
fu la romana, in cui dalla prepotenza popolare

i patrizi furono obbligati a dividere il co-,


mando e la dignit del governo , e a tolle
rare i tribuni della plebe armati di un ampia
autorit imponente e sediziosa.

'

{5 XX.

U Quantu'nque da alcuni si pretenda che il


reggimento e governo popolare possa in
certe circostanze morali e politiche avere i
suoi comodie vantaggi, e riuscire ancora tal
volta in utili stabilimenti civilie politici, sar-

non pertanto sempre vero , che siccome il

popolo per lo pi ignorante , rozzo, inett0


per se alla direzione dell economia civile
e politica di un regolare governo , e incapace

quindi di prendere saggie ed utili risoluzioni


ne grandi affari, e d altronde sempre sog

getto a torbide e violente passioni, facile


ad essere sedotto ed ingannato dalle appa
renze speciose di un supposto pubblico inte
resse, ed accecato da una immaginaria li

bert, perci se esso avesse parte nel reg


gimento di una repubblica la renderebbe con
tinuamente soggetta a sconvolgimenti, a dis

sensioni, a gare ed emulazioni, e la ridur


rebbe cos ad uno stato precario , incerto " .'

_ __

. f

-- 516 -

e tumultuoso: La'pura democrazia sempre


stata in s stessa una chimera, e la rapidit

con cui cadono per lo pi le democrazie,


dimostra che don sono proprie a governare
gli uomini; Quindi ne dovette avvenire ,
secondo la condizione comune di tutte le

repubbliche, che il governo monarchico in


' cui per le interne fazioni , discordie ed emu
lazioni vengono esse a cospirare e cadere ,
dovesse necessariamente succedere alle me

desime peristabilire con principj pi costanti,


ragionevoli e fermi un governo che richia

masse nalmente tutta la popolazione e tutte


le classi delle persone al vero ordine politico
e civile, e quindi alla tranquillit, allar

monia ed alla pace.

fine del Tomo quarto ed ultimo.

n
"

.-

.
D

...

'IV'_D IC E. '
u_.n-

-.1

PARTE QUARTA;
Dei popoli detti Barbari, che conquistarono gli
Stati dell imparo, e specialmente lItalia ,
dei successivi overni politici e leggi, e qual
riguardo si ebe da essi al diritto di natura,

delle genti e civile romano

. . , pag.

CAPO PRIMO.

Dei rincipj della morale naturale e civile, e


de la levislazione de popoli detti Barbart ,
che invasero le provincie dell impero, e de
n

successivi governi

ivi

CAPO SECONDO.
Di Teodorico re de Goti e poi dell Italia,

delle sue leggi e de successori nell imparo.

19

CAPO TERZO.

De successori di Teodorico .

. . . . w

CAPO QUARTO.
De Longobardi, del loro regno e delle lo
leggi ed istituti civili e politici . .
.
O

3;

._218_..
1

CAPO QUINTO, .

1 '

Continuazone sul gbvrogsulkkgi leLon


gobardi . . . . .\...'. . , pag. 68

. (PO SESTO.
Di Roma , del suo particolar, averne e delle
sue leggi al tempo dequ , eL0ngobardi ,
e successivo

86

CAPO SETTIMO.
Di qulo Magno, del suo governo e delle sue
leggi.............
CAPO OTTAVO.

9Continuazione intorno il g0vcrno e le leggi di


Carlo Magno .
. . . . .

CAPO NONO.
De successori nellimpsro c regno dItalia , e
delle vicende del loro governo politico, e delle
,lorg'leggi........... 129

CAPO DECIMO.
.

Dell im ero trasferito in Germania e del regno

dItalia. Sistema e diritto politico relativo. |46


CAPO UNDECIMO.
.

'

Dell impero di Massimiliano I e di Carlo V,


del lorq governo c sistema politico successivo
e relatwq anche allItalia
. . . . . n 163

.... 2.9 ...


'

.I

C0: DEGIMOSECONDO.
Delia republicriffdi," Feneziare (del suo sist_ema

di dmtto POILCQ ' -:"*;.

CAPO DECIMMKZQ.
Del governo federativo

. . ; 2
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