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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF.

MAURO- ECAMPUS-2021

CAPITOLO 2

Diritto come esperienza giuridica e linee di storia costituzionale


romana
 Diverse definizioni di diritto="norma" o "istituzione" o "esperienza giuridica".
• Periodizzazione: un’esperienza giuridica, come quella romana, che si snoda lungo un arco
temporale che va dall VIII sec. a.C. al VI d. C. richiede una suddivisione in diversi periodi. Essa è
convenzionale e strumentale ad una migliore comprensione di ciascun istituto, che va inquadrato
nel momento storico a cui si fa riferimento. Si tratta di una scansione puramente temporale, che
non implica alcun giudizio di valore. Del tutto assente l’idea di tipo evoluzionistico, di fasi che si
susseguono secondo uno schema ascendente, legato a concetti aprioristici di progresso e
perfezione.
Nell’esperienza storica romana possono distinguersi diverse fasi di organizzazione politica
Ottaviano, mutamento costituzionale sul piano fattuale, depotenziamento delle magistrature
repubblicane, nuova organizzazione amministrativa, l’affermarsi di una nuova forma di processo e
di nuove forme di produzione del diritto .
Nel 384 Diocleziano sale al potere. Nuova concezione del potere imperiale: dominus et deus.
Divisione impero, tetrarchia.

Si parla di teoria normativa con riferimento alla concezione normativa elaborata da H.


Kelsen, il quale parte dalla dicotomia scienze "naturalistiche", che studiano la sfera del sein ,
come scienze sociali e quelle "normative" che assumono ad oggetto il sollen . A quest’ultimo
gruppo appartiene, secondo il Kelsen, la scienza del diritto che --sostiene lo studioso austriaco--
dovrebbe dedicarsi non allo studio dell’essere, della realtà, bensì esclusivamente alle norme. Da
tale tipo di concezione risulta evidente che il diritto è inteso come "forma normativa" e
l’ordinamento viene inteso come un sistema di norme giuridiche che disciplina il comportamento
degli individui stabilendo diritti e obblighi. Ciascuna norma trae la sua validità da una "norma
fondamentale" , presupposto necessario ed indispensabile.
Risulta evidente che la prospettiva seguita dal Kelsen conduce a considerare il diritto una pura
forma normativa e quindi a riconoscere come diritto solamente le norme. Di conseguenza per
Kelsen è "diritto" solamente il "diritto positivo" cioè elaborato in conformità ed in concatenazione
con la norma fondamentale. È il diritto positivo che stabilisce quale debba essere la condotta degli
individui, che impone obblighi ed autorizzazioni.
Essa, al contrario della dottrina di Kelsen, ora richiamata, prende spunto dalla realtà, dalla
concretezza dei fenomeni sociali, siano essi statuali o meno. I fenomeni sociali, in quanto tali, sono
considerati costitutivi di diritto. Siamo in una prospettiva radicalmente opposta al diritto inteso
come pura forma normativa del Kelsen.Questa concezione, definita "istituzionale" muove dal
pensiero di Gierke e, soprattutto, di Haurion, che aveva utilizzato l’espressione "istituzionale" per
indicare "..ogni assetto permanente per mezzo del quale, all’interno di un raggruppamento sociale
determinato, degli organi che dispongono di un potere di dominio sono messi al servizio di scopi
interessanti il gruppo…".La teoria istituzionale ha avuto largo seguito e sviluppo in Francia ed in
Italia è stata seguita ed ulteriormente elaborata da Santi Romano. Secondo il grande studioso
italiano il diritto è organizzazione della società, prima ancora di essere norma che disciplina uno o
più rapporti sociali. Di conseguenza ogni istituzione, da intendere come ente sociale, è un
ordinamento giuridico. Nel concreto coesistono tanti ordinamenti e si pone il problema dei rapporti
tra ordinamenti generali, primari, come lo "stato" e altri ordinamenti particolari o secondari.
Nella realtà concreta vediamo che all’interno di ordinamenti statuali esistono altri raggruppamenti
sociali che, pur essendo di per se ordinamenti giuridici, hanno rilevanza giuridica solo ed in quanto
lo consente l’ordinamento generale. Essi cioè, per esistere sul piano giuridico, necessitano di un
riconoscimento da parte dell’ordinamento generale o primario. L’ Orestano aderisce alla

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concezione istituzionale. Per una migliore comprensione della portata di tale concezione, può
essere utile considerare la plebe nella società romana. Nell’ordinamento romano, infatti, la plebe
esiste in concreto sin dalle origini della città; essa si presenta come gruppo distinto rispetto
all’aristocrazia patrizia e, oltre a partecipare alla vita cittadina ed a osservare le norme vigenti
nell’ordinamento, presenta essa stessa una propria organizzazione, propri culti, proprie assemblee
in cui vengono adottate decisioni, regole, vincolanti per coloro che appartengono al ceto plebeo
inteso come gruppo sociale e, quindi, come ordinamento particolare che ha rilevanza giuridica
solamente nei limiti stabiliti dall’ordinamento generale.
Prima di procedere allo studia del diritto privato romano, riteniamo opportuno richiamare alcune
considerazioni preliminari al fine di precisare la nozione di diritto dalla quale muoviamo ed i criteri
metodologici che intendiamo seguire nell’affrontare lo studio della materia oggetto del corso.
Soffermiamoci in primo luogo sulla nozione di "ordinamento giuridico", inteso come il complesso di
norme che, in un determinato momento storico e in un determinato assetto territoriale, regola la
vita dei consociati. "Ordinamento giuridico", secondo alcuni studiosi può avere un altro significato.
Con tale espressione si può, infatti, indicare l’insieme delle strutture organizzative che
costituiscono il tessuto di una determinata formazione storica, in una società considerata in un
determinato luogo e in un determinato tempo .

Per un corretto studio dell’esperienza giuridica romana, occorre tener sempre presente
la‘universale’, idonea ad essere utilizzata per qualsiasi realtà, tempo e luogo. Si parla di
procedimenti di "autoproiezione’ con riferimento a nozioni --create nel presente e per il presente--
che finiscono per essere generalizzate ed utilizzate per esprimere esperienze del passato o del
presente, in ogni caso diverse da quella in cui si sono formate: ad esempio --come abbiamo
ricordato parlando delle origini di Roma-- non possiamo prendere la nostra categoria giuridica
‘consuetudine’ ed applicarla al mondo romano per tradurre mores. Come abbiamo visto, non c’è
una vera e propria coincidenza e proiettare nei passato l’attuale nozione finirebbe per alterare i
risultati della nostra ricostruzione;
altrettanto dicasi per la nozione di ‘persone giuridiche’ e per molte altre.

Si suole dividere la storia di Roma in vari periodi, seguendo parametri diversi: infanzia, giovinezza,
virilità, vecchiezza; epoca antica periodo giustinianeo.
Al di là del criterio prescelto e della conseguente suddivisione, occorre in primo luogo precisare
che tali periodizzazioni hanno un valore puramente convenzionale, sono strumentali, servono a
farci capire a quale momento storico facciamo riferimento --è evidente che parlando, ad esempio,
di patria potestà è ben diverso riferirsi all’età arcaica rispetto a quella giustinianea-- e, in secondo
luogo, non implicano alcun giudizio di valore Questo significa che l’età preclassica non va
considerata come un periodo di preparazione alla grande cultura classica e quella postclassica
come la decadenza, dopo lo splendore dell’epoca precedente. Ogni fase, ogni periodo
dell’esperienza giuridica romana ha un suo valore, è espressione degli elementi presenti in quel
dato tempo e in quel dato luogo. Ricordiamo che quest’ordine di idee è alla base delle concezioni e
del modo di procedere della critica interpolazionistica, che partendo dal presupposto che la
giurisprudenza romana classica rappresentasse l’apice della riflessione giuridica romana ha
ritenuto che i testi in cui emergevano posizioni e soluzioni diverse –poiché il loro era un procedere
con metodo geometrico e matematico -- fossero il risultato di interventi sui testi originari effettuati
dai compilatori giustinianei. Questa presunta uniformità di ragionamenti e di procedimenti
--secondo i seguaci della critica interpolazionistica– rendeva i giuristi fungibili, come le voci di un
coro in cui si perdono le singole individualità. Attraverso un’accurata analisi testuale sono state
individuate varie modifiche, ‘interpolazioni’, che sarebbero state compiute dai compilatori o in
epoca precedente o addirittura in età postgiustinianea dato che a volte si tratta di manoscritti molto
posteriori.
Non ci soffermiamo sulle varie tappe della riflessione romanistica e sui criteri peculiari di ciascuna
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corrente di pensiero in quanto ciò sarà oggetto specifico del corso di Storia del
Diritto italiano.
In questa sede è sufficiente ricordare che lo studio diretto del Corpus Iuris fu effettuato dalla
scuola dei Glossatori, sorta nell’XI secolo con l’università di Bologna. Il primo grande glossatore è
Irnerio, il suo insegnamento attrasse studiosi di ogni paese europeo e ciò contribuì alla diffusione
delle categorie elaborate dai giuristi romani.

CAPITOLO 3
 Linee di storia costituzionale romana
Nell’esperienza storica romana possono individuarsi le seguenti fasi principali • Monarchia • Repubblica •
Principato • Dominato • Età giustinianea

• Il periodo monarchico (753 – 509 a.C.) si caratterizza, sotto il profilo costituzionale, per una
gestione monocratica del potere regio. • L’età monarchica suole distinguersi in due fasi: una prima
latino-sabina e una seconda etrusca
• REPUBBLICA (dal 509 al 27 a.C.) La cacciata di Tarquinio il superbo segna un profondo mutamento
a livello costituzionale. Il potere centrale spetta al populus romanus (popolo romano). Si tratta di un
potere democratico esercitato mediante le magistrature, il senato ed i comizi
• IL PRINCIPATO (dal 27 a.C. al 235 d.C.) E’ caratterizzato da un profondo mutamento costituzionale:
si passa da una gestione “democratica” ad una monocratica. • Il princeps rappresenta il nuovo
baricentro del sistema e si sostituisce gradualmente al populus (= popolo) come centro di
imputazione di relazioni giuridiche
 IL DOMINATO (dal 284 al 565 d. C.) Il termine DOMINATO è stato coniato dagli studiosi moderni in
base al titolo DOMINUS et DEUS ed indica l’impero romano assoluto, da Diocleziano (284 – 305
d.C.) a Giustiniano (527 – 565 d.C.).

Linee di storia costituzionale romanaSe consideriamo l’esperienza giuridica romana sotto il


profilo costituzionale, cioè delle forme di governo che si sono succedute dalle origini di Roma
all’età di Giustiniano, dobbiamo distinguere vari tipi di organizzazione politica.
Nell’epoca più antica, i primordia civitatis sono caratterizzati dalla figura del rex che s’impone sui
consociati per il proprio potere carismatico. Egli è mediatore tra la comunità romana e gli dei.
Secondo le concezioni più antiche si riteneva, infatti, che gli dei presiedessero ad ogni momento
dell’esistenza dell’uomo, dalla nascita alla morte. Di conseguenza era essenziale che la vita della
comunità si svolgesse in piena armonia con essi, cha la pax deorum non venisse in alcun modo
incrinata. Le conseguenze di un comportamento illecito, se di minore entità, potevano essere
espiate con un’offerta, un sacrificio. A capo della comunità vi erano due praetores - consules ,
magistrati eponimi . Si tratta di una magistratura collegiale della durata di un anno.Permangono le
strutture precedenti ed al rex competono solo funzioni religiose. Al centro del sistema repubblicano
è il POPULUS , cioè l’insieme dei cives . Non tutti gli uomini sono cives. I romani conoscono infatti
la distinzione --riferita da Gaio-- tra uomini liberi e servi .
L’estendersi del dominio romano su tutto il territorio italico e poi nelle province, il continuo
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emergere di rapporti commerciali con mercanti provenienti dai paesi che si affacciavano sul
Mediterraneo e con quelli orientali, determinarono una situazione nuova per quanto concerne la
tutela dei diritti scaturenti dagli scambi comuni. Come è stato ricordato non si poteva applicare lo
ius civile agli stranieri e, tuttavia, occorreva che anche i negozi tra romani e peregrini fossero, in
qualche modo, tutelati. Sorse allora la figura del praetor peregrinus il quale, sulla base delle
necessità derivanti dalle situazioni contingenti, introdusse nuove regole, nuovi principi, nuovi
strumenti processuali tesi a fornire le salvaguardie necessarie per favorire gli scambi
commerciali.Ulteriore fatto da sottolineare è il delinearsi di una situazione di conflitto, sempre più
forte, tra optimates e i populares , lotta politica che trovò espressione in una serie di processi
politici. La repubblica attraversò una crisi profonda e si susseguirono, specie nel periodo di Mario e
Silla, lotte ed epurazioni. Dopo la morte di Cesare si venne a creare la situazione opportuna per un
nuovo mutamento costituzionale che determinò il passaggio dalla repubblica al principato. Da una
struttura costituzionale democratica, impostata sul carattere collegiale delle magistrature, peculiare
dell’età repubblicana, si tornò ad un potere monocratico, fondato sull’auctoritas del principe.
Perché ciò si realizzasse occorreva superare la fase delle guerre civili e fu proprio Ottaviano a
porre fine ad esse ed a restaurare la pax.Il potere del princeps si afferma gradualmente. Augusto,
infatti, non si pose in antitesi al populus, che non venne privato delle sue competenze. Il populus
conservò formalmente le sue prerogative, le sue strutture organizzative, ma il princeps, per
esercitare il suo potere, creò un apposito apparato, idoneo allo svolgimento dei suoi compiti e si
sviluppò così una sorta di burocrazia funzionale all’esercizio del potere imperiale.
I principes avevano cercato di coordinare il contrastante gioco delle molteplici forze e degli
interessi dell'impero e quando una di queste forze, quella degli eserciti provinciali, prese il
sopravvento e volle fare dell'imperatore l'esclusivo rappresentante dei propri interessi, il principato
cedette il passo alla monarchia militare. La situazione andò progressivamente aggravandosi e
sfociò nell'anarchia militare che finì per compromettere la difesa dei confini sempre più pressati
dalle incursioni barbariche e contribuì a svuotare le casse dell’impero. Per far fronte all’esigenza di
disporre del denaro necessario a pagare stipendi e donativi, l'imperatore, da un lato ricorse alle
confische, e dall’altro spinse al massimo la pressione tributaria nelle province e, per assicurare la
riscossione, ne rese responsabili i cittadini più abbienti, costretti ad utilizzare i propri beni per
versare quanto mancava a raggiungere l’ammontare del tributo stabilito. Decisamente negativa si
rivelò l'introduzione dell'annona, cioè l'imposta in natura, una sorta di sistema di requisizioni
adottato per ovviare alla continua svalutazione monetaria.
Cesari, destinati a succedere all’imperatore, il sistema per porre fine alle lotte dinastiche.
Tale sistema però non funzionò e dopo poco si scatenarono di nuovo le guerre civili che portarono
alla fine al potere di nuovo riunificato con Costantino.
Dopo che le prime invasioni barbariche distrussero l’impero romano d’Occidente e dopo la
destituzione del suo ultimo imperatore , con l’avvento al trono di Giustiniano, ma di ciò parleremo
più diffusamente nella sezione dedicata alle fonti del diritto.

ETÀ MONARCHICA ED ETÀ REPUBBLICANA

MONARCHIA La centralità della figura del rex è sottolineata da un importante passo di


Pomponio, giurista del II secolo d. C., il quale riferisce che: «initio civitatis nostrae … omnia … a
regibus manu gubernabantur» . Si tratta di un’affermazione significativa in quanto attesta la
concezione storica del giurista classico che contrappone la certezza del diritto propria dei suoi
tempi, all’età regia in cui i Romani erano sine lege certa, sine iure certo e … tutto era governato dai
re mediante il loro potere...«. È interessante notare l’utilizzazione del vocabolo manus. Il suo
significato letterale, sotto il profilo semantico, è »mano« , parte del corpo umano, ma il vocabolo
acquista ben presto ulteriori valenze. Entrando a far parte del linguaggio giuridico si verifica un

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ampliamento di significato e passa ad indicare il »potere« che il pater familias ha sui suoi
sottoposti. Orestano sottolinea che si tratta di »… una categoria fondamentale dell’esperienza
primitiva. Nel 754 – 753 a. C. Romolo fonda Roma e suddivide la popolazione in tre tribù:
Ramnes, Tities, Luceres; istituisce i comizi curiati ed il senato . Al di là dei dati leggendari riferiti
dagli annalisti è da ritenere che Roma sia sorta dall’unione di varie
famiglie , genti , tribù , villaggi , aggregatisi per ragioni difensive e di commercio il luogo in cui
sorge Roma presenta una maggiore facilità di guadare il Tevere, data la presenza dell’isola
Tiberina
Suoi ausiliari sono i duoviri perduellionis e i quaestores parricidii . Tito Livio riferisce che il re
nominava il prefetto della città quando doveva allontanarsi per la guerra. Tra i collegi sacerdotali
ricordiamo quello dei pontefici, con varie competenze: calendario, sapere
giuridico, interpretazione, custodia dei mores, giurisdizione sulle
Vestali e sui Flamini. Vi erano poi gli Auguri, collegio di tre membri con competenza in materia di
auspici.

REPUBBLICATalamanca-- ritengono, invece, si sia trattato di una trasformazione repentina,


traumatica, indice di una ripresa dell’aristocrazia patrizia.Nella nuova funzione del rex sacrorum
d’età repubblicana si individua più che un residuo dell’antico potere regio, una concreta risposta
all’esigenza di tenerne separati i due aspetti, per cui mentre al rex sacrorum veniva affidato il
potere religioso, i maggiorenti della repubblica si impadronirono di quello politico.I loro
rappresentanti, cioè i consoli, nominati dal popolo nei comizi, gestivano collegialmente per un anno
l’imperium loro affidato ed erano responsabili del loro operato. Ciascun console, mediante
l’intercessio , poteva impedire eventuali abusi di potere da parte del collega.
Nella fase di transizione si svolsero numerose guerre . Essi avevano loro assemblee e culti; però
era loro precluso l’accesso ai sacerdozi, al senato ed alla magistratura.
I territori conquistati erano giuridicamente ager publicus ed erano assegnati ai patrizi i quali ne
concedevano piccole porzioni ai plebei loro clientes . Di conseguenza, sotto il profilo economico,
anche la situazione della plebe, distinta in rustica e urbana era disomogenea. La prima secessione
della plebe risale al 494 a.C.La ristrutturazione dell’esercito, attuata già dai re Etruschi, aveva
aperto la via ad una maggiore partecipazione dei plebei alla vita militare e, quindi, ad una presa di
coscienza della propria rilevanza militare e politica e dato l’avvio a rivendicazioni politiche ed
economiche quali l’equiparazione tra patrizi e plebei, mediante l’abolizione del divieto di
matrimonio tra le due classi. L’esistenza di un corpus di leggi scritte limitava, infatti, fortemente
l’arbitrio.Probabilmente a causa dei loro ampi poteri militari e civili e della sospensione di tutte le
altre magistrature, i decemviri stessi si abbandonarono ad abusi ed arbitrii e, dopo la secessione
della plebe sull’Aventino, furono destituiti.A questo proposito il Talamanca, mentre riconosce ai
plebei la forza necessaria per ottenere una legislazione scritta, non ritiene avessero quella di
rovesciare il governo. Abbattuto il decemvirato, furono nominati i nuovi consoli che pubblicarono le
XII tavole e poi le leggi Valeria ed Orazia favorevoli alla plebe.
Nel 509 a.C. fu istituita la provocatio ad populum , considerata «uno dei pilastri della costituzione
repubblicana», diretta ad impedire abusi da parte dei magistrati nei processi che prevedevano
condanne alla poena capitis .Al 367 a.C. risalirebbe, secondo gli annalisti, la legislazione Licinia
Sestia contenente una serie di misure favorevoli alla plebe in materia di debiti, di distribuzione
delle terre, nonché l’abolizione del divieto per i plebei di accedere al consolato.Nel IV secolo a.C.,
inoltre il plebiscito Ovinio stabilì che il senato potesse essere a composizione mista, attribuendo ai
censori la lectio tra gli uomini migliori di ogni ceto, e quindi anche tra i plebei.Nel 300 a. C. la lex
Ogulnia, nonostante la forte opposizione patrizia, estese ai plebei la partecipazione ai collegi
sacerdotali.La politica espansionistica determinò una profonda crisi nella struttura politica della
città che finì per indebolire --a causa dell’aumento ineguale delle ricchezze provenienti dai territori
conquistati e dall’incremento del commercio, dall’opposizione delle popolazioni conquistate a una
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situazione derivante dalla struttura della città organizzata sul modello di città-stato, con l’esercizio
dei poteri politici riservati ai soli cives-- la res publica romana.
Il senato si oppose e convinse l’altro tribuno della plebe all’intercessio.
Nonostante le manovre senatorie la legge fu approvata ed infine un gruppo di senatori, che
avevano tentato senza riuscirci di farlo condannare per adfectatio regnis , lo uccise. Le leggi
rimasero in vigore e furono ampliate e migliorate nel 123 a.
Mario che, in particolare procedette alla riforma dell’esercito e poi, in senso oligarchico con Silla
che tentò di restaurare il potere dei patrizi.
Nel periodo posteriore a Silla emersero nuovi personaggi: Lepido, Pompeo e Cesare.
Questi ultimi due, insieme a Crasso, formarono il primo triunvirato, ma ben presto esplose il
conflitto tra Pompeo e Cesare che si concluse nel 49 a.C. con Cesare unico detentore del potere.

ALCUNE NOZIONI UTILICon l’avvento della repubblica diviene un’assemblea politica cui
successivamente potranno accedere anche i plebei, i cui componenti erano scelti dai consoli, dai
tribuni militum e poi dai censori. Il senato garantisce la continuità e la stabilità dell’ordinamento, la
politica estera, la leva militare, l’organizzazione delle province ed indirizza l’attività dei magistrati e
la volontà popolare. SENATUSCONSULTUM deliberazione senatoria su una questione esposta
dai magistrati. Consoli e tribuni della plebe potevano intervenire esercitando l’intercessio.

TRIBUNI PLEBIS cioè i capi della plebe istituiti per tutelare e garantire gli interessi
plebei. Compete loro l’auxilium plebis, esercitato mediante il potere di intercessio tribunicia nei
confronti dei magistrati, cioè il potere di opporsi a qualsiasi magistrato che avesse adottato
decisioni contrarie agli interessi della plebe e la summa coercendi potestas , che consentiva loro di
irrogare multe ed anche procedere al sequestro dei beni ed ordinare arresti. Furono
originariamente eletti nei comitia tributa ed infine dai concilia plebis.

Comitia e i Concilia
COMITIA CURIATA con competenze prevalentemente sacrali, come l’inauguratio del rex sacrorum
e dei Flamini maggiori. COMITIA CENTURIATA di origine militare. Tra i suoi compiti principali
l’adozione di leges de bello indicendo , l’elezione dei magistrati maggiori, il iudicium nei processi
che prevedevano la condanna alla pena capitale. COMITIA TRIBUTA assemblea dell’intero popolo
diviso in tribù, convocata e presieduta dai magistrati maggiori.

CONCILIA PLEBIS. Erano convocati, entro il pomerium dai magistrati plebei tribuni e aediles e


avevano come compito quello dell’elezione dei magistrati plebei e la votazione dei plebisciti ed il
iudicium in caso di crimini che prevedevano l’inflizione di multe. Secondo il Talamanca, questa
avrebbe riconosciuto il valore vincolante dei plebisciti che dovevano, però, ottenere sempre
l’auctoritas senatoria.

ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATILa conquista di territori via via sempre più
lontani determinò la necessità di organizzarli adottando criteri diversi che, di volta in volta, fossero
idonei a garantire la stabilità.
Foedera patti con altre popolazioni, distinti in aequa , nel caso il patto fosse concluso su un piano
di parità e iniqua nel caso in cui Roma dettasse unilateralmente le condizioni.
Municipia istituiti quando Roma incorporava territori conquistati. I municipi si impegnavano a fornire
prestazioni e godevano di una certa autonomia, ma erano amministrati da funzionari nominati dal
pretore. In tal modo era possibile, lasciando ampi margini di autonomia, tenere sotto controllo il
territorio conquistato.
Civitates sine immunis ac liberae
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Civitates stipendiariae .
La lex provinciae regolava l’ordinamento interno di ogni provincia, cioè i principi generali da
seguire nell’amministrazione, nonché le diocesi, cioè le circoscrizioni amministrative in cui era
divisa e il tributo fiscale. Il governatore aveva una notevole autonomia e adottava i provvedimenti
idonei a garantire l’ordine pubblico e la tutela degli interessi della res publica.

PRINCIPATOSi suole definire ‘Principato’ quel periodo dell’esperienza giuridica romana che va
dalla presa di potere da parte di Ottaviano potere che fu caratterizzato dalla coesistenza delle
antiche istituzioni repubblicane e delle nuove istituzioni introdotte da Augusto e dai suoi
successori, fino a Diocleziano a partire dal quale si parla di «Dominato», che assunse il titolo di
dominus et deus Diocleziano, un comandante di origine dalmata fu acclamato imperatore dal suo
esercito. Riuscì a superare la lunga crisi del III secolo d. C. che aveva visto vacillare le sorti
economiche dell’impero e la sua stessa stabilità. Restaurò l’impero, con importanti riforme: divise
l’impero in due parti, Oriente e Occidente e per una migliore gestione ideò il cd. sistema
tetrarchico, associando al potere per l’Occidente Massimiano e nominando due Cesari e cioè
Galerio e Costanzo Cloro, che coadiuvavano i due Augusti nella gestione del potere imperiale.
Successivi matrimoni incrociati sembravano rafforzare i legami. L’intento era quello dl assicurare
una migliore gestione dell’impero e superare i problemi di successione che veniva cosi pianificata.
Una serie di riforme in campo militare, tributario, economico ed amministrativo caratterizzò il suo
regno, che viene ricordato anche per l’ultima grande persecuzione contro i cristiani.
Per comprendere l’affermarsi del potere di Ottaviano risulta fondamentale leggere le Res gestae
divi Augusti, una testimonianza di particolare interesse su cui si è soffermato l’Orestano. Si tratta di
un documento predisposto dallo stesso Ottaviano per farci conoscere l’andamento dei fatti
nell’ottica da lui seguita. Il protagonista principale delle vicende della Res publica è sempre
--formalmente-- il popolo romano, nel cui nome
Ottaviano dichiara di agire; egli riceverà l’appellativo di Augusto.
«...Spontaneamente tutta l’Italia giurò nelle mie mani e domandò che fossi nominato comandante
nella guerra che poi vinsi presso Azio». Dalle parole di
Augusto si evince che egli prospetta il tutto come una legittimazione basata sul consenso
universale, per cui egli formalmente agì sempre in nome e nell’interesse del popolo romano.
Il conflitto ufficialmente era nei confronti di Cleopatra, in realtà contro Antonio.
Ci si è chiesti se il periodo augusteo sia definibile una «diarchia» , come sostiene il Mommsen.
L’opinione, a nostro avviso, non è condivisibile in quanto presuppone una concezione del princeps
come «magistrato» del popolo romano, un magistrato straordinario. Il de Francisci ha mostrato
l’infondatezza di tale ricostruzione.
La tribunicia potestas e l’imperium proconsolare furono attribuiti ad Augusto, ma «staccati» dalle
rispettive cariche. Quella dì Augusto fu una posizione giuridica totalmente «nuova», espressione di
un ordinamento «nuovo», creato da Augusto e che noi siamo soliti indicare come «Principato».
AUCTORITAS PRINCIPIS è un potere personale che persistette nel corso del tempo, ma non
istituzionalizzato. È un potere personale, di fatto, di ciascun principe.
Ulpiano in D.I.4.1 pr: Quod principi placuit, legis habet vigorem….

DOMINATO
Come è stato accennato, dopo i Severi si aprì un periodo di grande incertezza dovuto al frenetico
susseguirsi di imperatori eletti dai vari eserciti.
Aureliano, vi fu un tentativo di restaurare l’ordine imperiale con un nuovo regime che --perfezionato
in seguito da Diocleziano e Costantino-- pose fine alla cosiddetta «crisi del III secolo». La crisi era
dovuta alla decadenza economica e demografica, nonché all’esaurimento della mano d’opera
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servile ed alla provincializzazione dell’esercito e dell’amministrazione imperiale.


La difficile situazione venutasi a creare sfociò in una vera e propria disgregazione politica ed
economica.
Diocleziano, un generale dalmata, fu acclamato imperatore nel 284. Egli procedette alla
riorganizzazione dell’impero attraverso riforme in campo militare, tributario e riorganizzando
l’impero dividendolo in impero d’Occidente ed impero d’Oriente. Le province furono suddivise in
quattro prefetture e anche le diocesi furono riorganizzate. I poteri dei governatori provinciali furono
ridotti ed essi, privati dei poteri militari, divennero funzionari imperiali
Su tutte le opere riformatrici di Diocleziano incombeva la nuova concezione del potere imperiale e
l’introduzione del cosiddetto sistema tetrarchico, diretto a garantire stabilità ed a superare i
problemi di successione. Diocleziano nominò Massimiano quale collega per le prefetture
occidentali e due Cesari designati quali successori .In questo modo Diocleziano intendeva
assicurare il pieno controllo e la difesa delle province. In realtà il grandioso programma
dioclezianeo, che aveva consentito di raggiungere stabilità, una amministrazione efficace ed una
sicurezza dei confini, mostrò immediatamente la sua debolezza. Alla morte di Costanzo l’esercito
elesse imperatore
Costantino, il figlio illegittimo di Costanzo che non esitò a combattere ed a sconfiggere il legittimo
Cesare.
amministrativo. In ambito religioso adottò una politica completamente diversa dai suoi
predecessori, dapprima introducendo la tolleranza religiosa, poi divenendo fermo sostenitore del
cristianesimo. Operò a favore della Chiesa, tentò di ricomporre i dissensi di quest’ultima, anche
convocando concili come quello di Nicea del 325.

Alla sua morte, nel 395 pervennero al potere i suoi due figli Arcadio e
Onorio . Data la loro giovane età il governo era affidato rispettivamente ad Eutropio ed a Stilicone.
Essi si attestarono su due linee politiche diverse e si giunse persino al conflitto armato. In Oriente
Teodosio II, salito al trono dopo la morte di
Arcadio, accolse a corte la sorella Galla Placidia ed il figlio, il futuro Valentiniano III.

LEZIONE 4
Fonti : generalità
Papiniano, nel frammento riportato in D.1.1.7 pr., distingue:

• Le fonti di cognizione o di conoscenza sono lo strumento mediante il quale si conoscono le


regole vigenti nell’ordinamento romano.
• Per lungo tempo ha dominato in dottrina la dicotomia fonti tecniche e fonti atecniche .
• Presupposto di tale dicotomia era una concezione del diritto identificato con la norma; di
conseguenza la distinzione esprimeva un giudizio di valore: solamente le fonti giuridiche potevano
fornire dati utili per ricostruire il modo di essere dell’ordinamento romano.
• Le fonti extragiuridiche venivano considerate di secondaria importanza per la conoscenza del
diritto romano in quanto fornivano elementi utilizzabili unicamente per ricostruire il contesto.
• La scelta di procedere nello studio utilizzando una nozione storica del diritto e cioè l’esperienza
giuridica consente di superare tale dicotomia.
• Lungo le varie fasi dell’esperienza giuridica romana è sempre presente la riflessione
giurisprudenziale.
• Le forme di interpretatio variano nei vari momenti storici, in corrispondenza al modello
costituzionale presente ed al tipo di giurisprudenza .
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LA LEGGE DELLE XII TAVOLE


Si giunse alla decisione di sospendere le magistrature e nominare un decemvirato sine
pravocatione, cioè con poteri illimitati, per scrivere le leggi .
Al collegio non partecipavano elementi plebei, ma fu loro garantita l’intangibilità della lex Icilia e
delle leges sacratae.
Il decemvirato fu nominato nel 451 con a capo Appio Claudio, patrizio gradito alla plebe.
Furono preparate dieci tavole di leggi, dirette ad assicurare a tutti l’uguaglianza di fronte alla
legge .• Le tavole furono discusse ed emendate ed infine votate dai comizi centuriati.
• L’anno seguente fu nominato un nuovo collegio decemvirale, con la partecipazione anche di
elementi plebei, con il compito di predisporre altre due tavole di leggi.
• Queste, giudicate iniquae da Cicerone, furono approntate ed in esse fu ribadito il divieto di
connubium tra patrizi e plebei, divieto che fu abrogato nel 445 a. C. dalla lex Canuleia.

LA LEGGE DELLE XII TAVOLE – IMPORTANZA DELLE LEGGE


• Il collegio dei pontefici, infatti, mantenne il proprio prestigio e rilievo dato che si doveva sempre
ricorrere alla loro interpretatio non solo per il testo legislativo, ma anche per tutte le formule
negoziali e processuali non presenti nelle XII tavole. La segretezza che caratterizzava il sapere
giuridica veniva superata, almeno in parte.

LA LEGGE DELLE XII TAVOLE – IMPORTANZA DELLA LEGGE


• Le fonti, nel sottolineare l’importanza di questo corpus di leggi, mettono in evidenza anche un
altro aspetto: l’eccezionalità dei mutamenti determinati, a livello costituzionale, dapprima dalla
sospensione delle magistrature e poi dall’affidamento di ogni potere al decemvirato.

LA LEGGE DELLE XII TAVOLE – ASPETTI COSTITUZIONALI


• I plebei, infatti, con il riconoscimento dell’inviolabilità dei loro rappresentanti attraverso le leges
sacratae, potevano aspirare a conseguire ulteriori risultati quali, come in questo caso, la
partecipazione ad un governo misto, teso ad attuare la parificazione tra i due ordini.

LA LEGGE DELLE XII TAVOLE-ASPETTI COSTITUZIONALI


• Il testo delle XII tavole non ci è pervenuto.
• La tradizione riferisce che la normativa decemvirale fu incisa su tavole di bronzo o di quercia, che
furono poi distrutte in occasione dell’incendio gallico e la loro trasmissione fu assicurata dalla
tradizione orale.

L’EDITTO DEL PRETORE


Con l’espansione del potere di Roma, vennero stabiliti foedera di vari tipi con le popolazioni
assoggettate o alleate e, anche se Roma controllava militarmente i territori conquistati, alle
popolazioni veniva lasciata una certa autonomia ed il proprio ius civile. Sorgeva quindi un
problema negli scambi commerciali tra i Romani ed i cittadini delle diverse comunità su quale fosse
il diritto che meglio tutelasse entrambi. Romani e peregrini.

L’EDITTO DEL PRETORE – IL PRAETOR PEREGRINUS


Come già detto le regole, inizialmente stabilite dal pretore caso per caso, vennero in seguito
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

istituzionalizzandosi e gli interventi venivano programmati per l’intero anno di nomina .


Ogni pretore, nell’assumere la carica, prendeva a modello l’editto del suo predecessore
accogliendo gli elementi che riteneva validi e integrandolo a seguito del sorgere di nuove concrete
esigenze. L’affermarsi di una tutela giurisdizionale, garantita dal nuovo processo
determinò, rispetto al processo per legis actiones, un’evoluzione dei compiti del
pretore. Nell’affermarsi e nel consolidarsi delle nuove regole giuridiche un ruolo rilevante è svolto
dai giuristi romani. Essi individuano nello ius gentium il fondamento delle nuove regole giuridiche
che vengono affermandosi nei processi.
I giuristi, con le loro analisi del caso concreto, con il loro sapere giuridico e con una eccellente
tecnica di interpretatio, riescono a creare il principio da applicare alla singola controversia.

L’EDITTO DEL PRETORE – LA FINE DEL DIRITTO PRETORIO


Il diritto pretorio consiste in ciò che i pretori introdussero per aiutare, supplire, correggere dello ius
civile per la pubblica utilità.

L’INTERPRETATIO

A capo del collegio dei pontefici vi era il Pontifex Maximus alla cui presenza si svolgevano varie
cerimonie religiose. Il lavoro interpretativo dei pontefici produce proprium ius civile, quod sine
scripto in sola prudentium interpretatione consistit D. la mutata consistenza della società romana e
l’aumento degli scambi commerciali portano i Romani ad introdurre nuove regole non procedendo
più all’emissione di leges rogatae, ma utilizzando l’imperium dei magistrati maiores con l’unica
limitazione del veto reciproco , e dal 367 a. del pretore. alla giurisprudenza pontificale si sostituì
quella laica ed ebbe fine il monopolio pontificale, legato all’esclusiva conoscenza dei precedenti e
delle «tecniche argomentative necessarie per la soluzione di nuovi casi emergenti nella prassi e
per l’applicazione alla fattispecie concreta dei precedenti già elaborati» .
Il pretore che interveniva per risolvere le controverie sorte nell’ambito dei cives romani, si trovò, a
causa della mutata consistenza della società romana e dell’aumento degli scambi commerciali con
i nuovi popoli venuti in contatto con la repubblica, a «intervenire» anche al di fuori del quadro
offerto dallo ius civile che, destinato ai soli cittadini, non era applicabile nei rapporti tra cives e
peregrini . Il magistrato offrì anche in questi casi la necessaria tutela istituendo
processi , impostando i termini della controversia che viene quindi affidata ad un iudex privato. Si
venne così a creare un insieme di regole parallele allo ius civile. , al momento in cui assume la
carica, il pretore emana un editto di durata annuale con cui dichiara il suo programma e indica i
casi ed i modi in cui si sarebbero svolti i processi.
Rimaneva la possibilità per il pretore di cambiare le clausole dell’editto tralaticio che non avessero
dato buona prova o di aggiungere altre clausole per adeguare il diritto alle nuove esigenze che si
andavano creando. I giuristi classici sottolineavano il legame degli interventi del pretore sul piano
normativo con il principio dell«aequitas» . Il pretore era «visto come un interprete, nel senso delle
cose e della società». Nel periodo del principato rimangono valide le regole fisssate nella
repubblica, mentre nel dominato la fonte principale del diritto sono le costituzioni emanate
dall’imperatore.
L’interpretazione della legislazione per adattarla ai casi concreti e per creare nuovo diritto viene
principalmente demandata ai giuristi.

LEZIONE 5

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Fonti: codici pregiustinianei


FONTI DI COGNIZIONE PREGIUSTINIANEE• Raccolta privata di rescritti imperiali in materia di
diritto civile, divisa in quindici libri.
• La raccolta comprende rescritti del periodo compreso tra Adriano e Diocleziano .

Il codice gregoriano

• Il codice, non è diviso in libri, ma in titoli in cui le costituzioni sono inserite in ordine cronologico.
• Sono raccolte prevalentemente costituzioni dioclezianee, probabilmente ad integrazione del
codice Gregoriano.
• Si tratta della prima raccolta ufficiale di costituzioni imperiali.
• E’ composto da sedici libri, ciascuno dei quali è diviso in titoli in cui le costituzioni, prive di
praefatio sono inserite in ordine cronologico.
• Realizzato per ragioni di chiarezza .
• Il codice è stata realizzato su ordine di Teodosio II e Valentiniano III, terminato nel 438 d.

Il Codice teodosiano – legge delle citazioni


• Il libro XVI del Teodosiano è dedicato alla materia religiosa, per la prima volta presente in una
raccolta legislativa.
• E’ diviso in undici titoli, in cui è ripartita la legislazione relativa alla fede, ed in particolare ai
privilegi riconosciuti alla Chiesa ed ai clerici, alla repressione delle eresie, dell’apostasia ed al
trattamento di Iudaei e pagani.

Il codice teodosiano – il libro XVI


esse attestano l’esigenza di un continuo adattamento della legislazione di fronte ai mutament nella
società.
• Interessante la N. Th. 1 del 438 d. C. da cui emergono le ragioni che hanno determinato la
codificazione:
• Consapevolezza che la giurisprudenza iuris civilis è ormai in decadenza.

Il codice teodosiano – novellae post teodosianee


• Leggi predisposte in Occidente dai sovrani barbari per regolare la vita degli abitanti dei vari stati
sorti a seguito delle invasioni.

• Lex Romana Burgundiorum .


Il codice teodosiano
• E’ una raccolta di costituzioni imperiali che riprende l’orientamento che aveva determinato la
pubblicazione delle due raccolte private , dei quali costituisce un completamento.
• Il contenuto è principalmente di diritto pubblico in quanto raccoglie leges generales più che
rescripta .

Il codice teodosiano – il progetto iniziale

• La commissione, nominata nel 429 d. C., procedette lentamente nel lavoro di realizzazione della
raccolta e, pertanto, Teodosio II decise di rivedere l’idea originaria e ordinò nel 435 d. C., con la

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costituzione tramandata in C. Th. I.1.6, che venisse effettuata una raccolta di sole costituzioni
imperiali, a partire da
Costantino.
• L’imperatore dispose che i testi potessero essere modificati, adattati, affinchè la compilazione
servisse alla prassi.
• L’opera fu realizzata in breve tempo e il Codice fu pubblicato in Oriente nel 438 d.
• Il fatto che a fondamento dell’ordinamento giuridico romano vi fosse il potere normativo imperiale.

Il codice teodosiano – le ragioni della compilazione


• Nonostante inesattezze ed errori, evidenziati dalla dottrina, l’opera realizzata dai commissari
teodosiani è di grande valore .
• Essi hanno compiuto un lavoro immane di consultazione, raccolta, adeguamento e sistemazione
delle numerose costituzioni imperiali.
• Non va trascurato, inoltre, che mentre per il diritto privato disponevano di un modello non vi erano
precedenti in materia di diritto pubblico.

Il codice teodosiano – il valore della compilazione

• Le Costituzioni del Codice Teodosiano vengono citate come C. Th.

• Nell’inscriptio è indicato il nome del o dei legislatori che hanno emanato la costituzione ed il
destinatario del provvedimento Ad esempio in C. Th.

Poena capitis subiugari praecipimus eos, quos operam sacrificiis dare vel colere simulacra
constiterit

Dat. XI Kal. Mart. Med Constantio A. VIII et Iuliano Caes. Conss.


• In alcuni casi è stato possibile effettuare un confronto con il materiale pervenuto tramite le
Constitutiones Sirmondianae, raccolta privata di costituzioni imperiali pubblicata nel 1631 dal
Sirmond, un religioso francese.

Ermogeniano, ma precedente il Codice teodosiano.


Teodosiano, consentendoci di valutare quale fosse, presumibilmente, la redazione originale.

Il codice teodosiano – le constitutiones sirmondianae


• Viene riportata in C. Th. I.4.3.
• Emanata nel 426 d.C. affronta la questione delle opere di giurisprudenza classica da utilizzare
dalle parti in occasione di un processo e dai giudici nel formulare la sentenza, qualora non fosse
già prospettata una soluzione a livello di normativa imperiale.
• Nell’ipotesi di una divergenza di opinioni , il giudice doveva scegliere il parere da applicare nella
controversia che si accingeva ad esaminare.

Il libro XVI del codice teodosiano


La scelta teodosiana risulta, quindi, pienamente coerente con la rilevanza che nel V secolo si
riconosceva alla catholica religio ed ai rapporti Impero – Chiesa. Dal Codice emerge una costante
difesa della fides catholica, con una costante e capillare lotta contro le dottrine ereticali ed i loro
adepti, contro il paganesimo, l’apostasia e con limiti e restrizioni nei confronti di coloro che
aderiscono alla religione giudaica. Tutto ciò comporta, inoltre, una grande quantità di disposizioni
con le quali gli imperatori cristiani, da Costantino in poi, riconoscono una serie di privilegi alla
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

chiesa cattolica.
Codice. 2 è trattato il tema del potere giurisdizionale del vescovo, dei privilegi fiscali dei
clerici, dell’asilo in Chiesa e delle esenzioni fiscali a favore dell’Ecclesia catholica. Il titolo terzo , de
monachis, è dedicato alla disciplina relativa al monachesimo, regolamenta la presenza dei monaci
nelle città Il titolo quarto , de his, qui super religione contendunt, disciplina le dispute in materia di
religione, ad evitare che discussioni troppo violente in materia di religione possano degenerare in
disordini e tumulti. Viene affrontato il problema dell’eterodossia, definita da Arcadio come
deviazione, anche minima, dai principi della catholica religio.
Dalla lettura dei testi emerge come lo scopo precipuo di questa legislazione non sia l’eliminazione
fisica degli eterodossi, ma il loro rientro nella Chiesa cattolica, anche forzato. Nel titolo sesto Ne
sanctum baptisma iteretur si vieta la reiterazione del battesimo, confermando la disciplina della
Chiesa cattolica, allo scopo di combattere la pratica, diffusa nell’ambito di alcune correnti ereticali
come ad esempio il donatismo. Il titolo settimo De Apostatis contiene le costituzioni in tema di
apostasia che prevedevano gravi sanzioni a carico di coloro che avevano abiurato la fede
cattolica, violando così il sacramento del battesimo.
Samaritani, dapprima furono tollerati e poi isolati per la loro fede religiosa. E’ vietato matrimonio tra
Giudei e cristiani. Il libro nono Ne Christianum mancipium Iudaeus habeat è rivolto contro la
possibilità, per un Giudeo, di avere schiavi cristiani. La disposizione di questo titolo in realtà
alleggerisce una disposizione precedente --Teodosio I, in C. 5, aveva riaffermato il divieto di
acquistare schiavi cristiani, prevedendo la possibilità che i cristiani riscattassero, competenti pretio
gli schiavi cristiani che fossero ancora presso un Giudeo-- consentendo il possesso di schiavi
cristiani, purchè lasciati liberi di praticare la loro religione.
Con Teodosio II si torna però alla precedente severità. Il libro undicesimo De Religione si apre con
una disposizione che affida ai vescovi la competenza di giudicare le questioni religiose.

Le leggi romano-barbariche
Principio della «personalità del diritto», nascono difficoltà legate alla convivenza tra persone
diverse per stirpe e cultura.
Le leggi romano–barbariche, nate per ovviare a questi inconvenienti, ebbero una grande rilevanza
pratica e per noi rappresentano una fonte preziosa per conoscere sia la realtà di quei tempi, sia
testi altrimenti perduti. Ulteriori risultati può fornire uno studio più approfondito dei rapporti tra le tre
leggi romano barbariche e quelli con le contemporanee raccolte di consuetudini, valide per le
popolazioni barbariche residenti ai confini dell’impero. Ciò pose Teodorico in posizione privilegiata
rispetto alle altre popolazioni barbariche, tanto che egli si propose come erede dell’Impero romano
d’Occidente.
La lex Romana Visigothorum era destinata a valere solo per i Romani residenti nel regno visigotico
ed è stata composta da giuristi romani su incarico del re e pubblicato nel 506 d.

Codice Teodosiano e dalle Novelle post-teodosiane, ma anche dalle


Institutiones di Gaio e dalle Pauli Sententiae. L’importanza della Lex è legata anche al materiale
raccolto che è di varia provenienza e che ci ha consentito di conoscere l’intera Epitome
Gai, nonché brani delle Pauli Sententiae e del Codice Teodosiano. da Gundobado, re dei
Burgundi. Con la scelta del termine lex, Gundobado sembra aver voluto sottolineare la propria
autonomia dall’Impero Romano.
Destinata a regolare i rapporti tra i cittadini romani, trae ispirazione dal diritto romano e più
precisamente dalle stesse fonti utilizzate dall’editto di Teodorico.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 6
Fonti:fonti giustinianee
• Opera fondamentale, espressione dell’ideale giustinianeo di restaurazione della romanità, è
oggetto di riflessione dal VI secolo ai giorni nostri.

Mommsen – Krüger.

IL CORPUS IURIS CIVILIS – IL CODICE


• Il Codice a noi pervenuto è l’edizione aggiornata e più completa di un primo codice, resa
necessaria dalla ricchezza della normativa giustinianea immediatamente successivo.
• E’ diviso in dodici libri.

IL CORPUS IURIS CIVILIS – IL DIGESTO


• Il Digesto o Pandette è una raccolta di Iura .
• Nel 530 Giustiniano, con la costituzione Deo Auctore ordina a Triboniano di realizzare la raccolta,
pubblicata nel 533 d.C. con la costituzioneTanta.

IL CORPUS IURIS CIVILIS – LE ISTITUZIONI


• Le Institutiones Iustiniani Augusti sono un trattato elementare di diritto da utilizzare a fini didattici
in luogo delle Institutiones gaiane.

IL CORPUS IURIS CIVILIS – LE NOVELLAE CONSTITUTIONES

• Si tratta delle Nuove costituzioni pubblicate in epoca successiva al Codice.Giustiniano realizzerà


una raccolta per rispondere alle esigenze della prassi. Lo scopo pratico che Giustiniano si era
prefisso determina gli interventi gli interventi sui testi come la resecatio , delle similitudini e delle
norme più desuete. Hanno valore generale le costituzioni senza data inserite nei Codici
antecedenti e anche quelle dirette a singole persone o emanate come pragmatica sanctio . A
conclusione della costituzione Haec quae necessario si riafferma la piena diuturna cura per
conseguire il bene comune e proprio a tal fine ha predisposto leges certae et indubitatae et in
unum codicem collatae per l’uso nella prassi.

Si vieta l’utilizzazione in giudizio delle costituzioni non comprese nel Codice e pari divieto concerne
l’uso del testo originario delle costituzioni accolte. Il testo di questo primo Codice, il cui utilizzo fu
vietato a seguito della pubblicazione del nuovo Codice, non è pervenuto, ma in un papiro di
Ossirinco è riportato un indice delle costituzioni tramandate in alcuni titoli del libro I. .

L’iniziativa di una raccolta di iura si deve alla profonda cultura di Triboniano, quaestor sacri
palatii . , sono un’insieme di costituzioni dirette a superare divergenze, contrasti di opinione nelle
opere giurisprudenziali di età classica probabilmente allo scopo di realizzare lavori preparatori del
Digesto. la costituzione Deo auctore segna l’inizio dei lavori del Digesto. Giustiniano precisa lo
scopo dell’opera e dà le direttive ai compilatori.

2 in cui l’imperatore afferma che occorre «racogliere ed emendare tutta la normativa romana, e
racchiudere in un solo codice i volumi dispersi di tanti giuristi». Giustiniano dispone la lettura delle
opere degli antiqui iures prudentes, forniti di ius respondendi ex auctoritate principis per realizzare
una trattazione unitaria, dopo aver eliminato discordanze e similitudini. L’opera, definita

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

sanctissimum templum iustitiae, è divisa in cinquanta libri e titoli seguendo la sistematica edittale e
quella del Codice. Si realizzerà una raccolta di tutto lo ius antiquum.
L’imperatore attribuisce ai compilatori la facoltà di intervenire anche su veteres leges vel
constitutiones, riferite o citate nelle opere dei giuristi e vieta ogni contrasto e ripetizione tra Codice
e Digesto. con la costituzione Tanta, indirizzata al senato e a tutte le genti. Si tratta di una raccolta
di tutti i migliori frammenti tratti dalle opere della giurisprudenza classica in cui sono stati eliminate
ambiguità e discordanze.

LE ISTITUZIONI

• Giustiniano affidò ad una commissione il compito di redigere un manuale di istituzioni per la


cupida legum iuventus .
• In apertura dell’opera c’è un richiamo al binomio arma et leges fondamento dell’imperatoria
maiestas .
Giustiniano aveva emanato durante i lavori del Digesto per irsolvere questioni poste dai iura.
• Fu pertanto necessario realizzare una nuova edizione ed ai commissari fu affidato il compito di
decerpere le nuove costituzioni inserendole nei vari titoli.
• I commissari furono autorizzati a fare le necessarie emendazioni, eliminando le costituzioni rese
superflue dalle successive disposizioni giustinianee, quelle contrastanti tra loro, quelle simili e a
chiarire quelle oscure nonchè a completare le lacune.
Giustiniano fino a pochi giorni precedenti alla pubblicazione del Codice.
• Per le costituzioni fino al 438 sembra che i compilatori abbiano utilizzato i tre Codici precedenti.
INTERPOLAZIONI

Con questo termine si indicano le modifiche apportate dai compilatori giustinianei ai testi classici
per rispondere all’esigenza di adeguarli ai mutamenti verificatisi nella società romana nonché alle
finalità della compilazione stessa. Tali modifiche, a volte minime, a volta profonde, sono state
oggetto di indagine da parte della riflessione romanistica che, attraverso un minuzioso esame dei
testi, ha cercato di individuare l’apporto di età giustinianea in modo da riportare in luce il diritto
classico in tutta la sua perfezione. Alla base di questa corrente di studi vi erano sia concezioni
storiche il diritto muta adattandosi alle ideologie e ai mutamenti sociali, sia anche concezioni
astoriche quali l’idea che la giurisprudenza classica rappresenti la perfezione del diritto. Questo
faticoso sforzo diretto a riscoprire il «puro» diritto romano classico, se in alcuni casi ha consentito
una ricostruzione storicamente corretta, in linea generale ha finito per conseguire risultati del tutto
astorici, riflettendo più le idee dell’interprete moderno che non la realtà del testo.
Attualmente prevale una concezione storica del diritto ed alle interpolazioni si è dato il giusto
valore. Deve essere, infatti, considerato che, non di rado, a Triboniano ed ai commissari
giustinianei pervenivano testi che non presentavano il dettato originale in quanto, spesso, avevano
già subito modifiche, alterazioni in età tarda .
È stata, di conseguenza, avanzata l’ipotesi che i compilatori abbiano proceduto all’esame dei testi
suddividendo il lavoro tra varie commissioni.

LEZIONE 7
 Soggetti di diritto: la persona
ROMANA - DEFINIZIONE
• Nell’esperienza giuridica romana il vocabolo persona non si identifica con l’odierno «soggetto di
diritti».
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LA NASCITA
• La vita del nuovo essere, secondo il diritto romano, inizia al momento della nascita, cioè del
distacco del feto dalla madre , ed è sufficiente anche un istante di vita per poter acquisire e
trasmettere diritti.
• Aveva rilievo giuridico se istituito erede o legatario.

LE PERSONE FISICHE – LA TUTELA DEL NASCITURO


• Inizialmente non esisteva alcun mezzo per «denunciare» la nascita di un figlio.

LA MORTE
• La morte segna la fine della persona fisica. Tutte le situazioni facenti capo al defunto si
estinguono o si trasmettono ai successori.

LE PERSONE FISICHE – LA MORTE


• Il caso in cui non fosse possibile ricostruire la successione ereditaria di persone legate da
rapporti successori e morte insieme, ad esempio a seguito di un unico incidente in cui non sia
possibile individuare il momento della morte di ciascun individuo, viene risolto dai giuristi di età
classica mediante la regola della commorienza.

SERVI
• Sono considerati giuridicamente delle res , oggetto di diritti e non soggetto di diritto.
• Le cause della schiavitù sono legate alla nascita o sono ad essa successive.

Le cause successive alla nascita si distinguono in


• quali la captivitas . L’individuo fatto prigioniero, anche se cittadino romano, perdeva tutti i diritti e
diventava di condizione servile .
Le cause di ius civile sono: b1. Debitore inadempiente b2. Renitente alla leva b3. Incensus = non
iscritto alle liste del census b4.

LA PERSONA
Nella lingua latina il vocabolo persona, derivato probabilmente dall’etrusco Phersu, aveva in
origine il significato di «maschera teatrale», quindi, «ruolo», «personaggio», per passare poi ad
indicare, per traslato, «uomo» in generale, indipendentemente dalla sua posizione all’interno della
società.

ORIGINE E SIGNIFICATO DEL VOCABOLO


Nell’esperienza giuridica romana il vocabolo persona non si identifica con l’odierno «soggetto di
diritti».
Nel linguaggio giuridico, infatti, il sostantivo persona aveva il significato di «individuo» di stato
libero. In età classica, sotto l’influenza del pensiero stoico, il termine venne utilizzato anche per
indicare il servus , che sotto il profilo giuridico era qualificato res , oggetto di diritti e non soggetto.
• da peregrini a cives..
Diversa l’ipotesi in cui il nato fosse un essere mostruoso , con tratti prevalentemente ferini, in tal
caso non si considerava fosse nato un essere umano.
I SERVI
• Captivitas .

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Iusta servitus
• Nell’ipotesi di un debitore venduto trans Tiberim per non aver saldato il debito accertato , né aver
prestato vindex .
• Nell’ipotesi di cittadino incensus o infrequens .
• Nell’ipotesi che un cittadino avesse violato un principio di ius gentium e quindi fosse stato
consegnato al popolo offeso.
• Nell’ipotesi in cui un uomo libero, per realizzare un guadagno, si fosse fatto vendere come
schiavo ed in seguito il pretore avesse negato la petitio ex servitute in libertatem .
• Nell’ipotesi di una donna libera che avesse continuato una relazione sessuale con uno schiavo
altrui nonostante tre diffide da parte del dominus.

CAPTIVITAS ll cittadino romano, catturato in guerra, diventa captivus . Di conseguenza subisce la


capitis deminutio maxima e diviene servus. Si tratta di una iniusta servitus, cioè non conforme allo
ius civile. La condizione di captivus era tuttavia considerata temporanea, nel senso che un
eventuale ritorno in territorio romano o di alleati di Roma, con l’animus remanendi, comportava che
il reversus ab hostibus, in base allo ius postliminii, riacquistasse il suo status civitatis, cioè tornasse
nella condizione di cittadino romano.

ACCERTAMENTO DELLO STATUS LIBERTATIS Accertamento Dello Status Libertatis 1 Il ricorso


all‘accertamento dello status libertatis derivava: • Dall‘assenza sia di iscrizioni in appositi registri sia di segni
distintivi sicuri dello stato di schiavitù. Gli schiavi potevano essere identificati unicamente dal collare e dalla
bulla col nome del dominus • Dalla diffusione del fenomeno dei servi fugitivi, cioè di schiavi che fuggivano
dal loro padrone e, liberatisi del collare e della bulla, si allontanavano e si comportavano altrove da uomini
liberi. • Dal caso di uomini liberi che, a causa della loro miseria prestavano la loro attività lavorativa come
schiavi, pur essendo liberi. Accertamento Dello Status Libertatis 1 La causa liberalis è un procedimento
speciale di accertamento nel caso si avessero dubbi che uno schiavo fosse in realtà un uomo libero o che un
uomo apparentemente libero fosse in realtà uno schiavo. ACCERTAMENTO DELLO STATUS LIBERTATIS:
CAUSA LIBERALIS Nell‘ipotesi che il dominus riconoscesse quale proprio servus fugitivus un‘uomo
apparentemente libero, l‘ordinamento gli offriva un mezzo di tutela. Egli poteva esercitare la c.d. vindicatio
in servitutem (= rivendica in schiavitù) ma, a sostegno, doveva presentare delle prove. LA CAUSA LIBERALIS
- VINDICATIO IN SERVITUTEM Nel caso di un uomo libero ridotto in schiavitù in territorio romano, poteva
essere esercitata la vindicatio in libertatem (= rivendica in libertà‘) nei confronti del padrone. Colui che
avesse riconosciuto nello schiavo un uomo libero e volesse utilizzare la vindicatio in libertatem, esercitava
l‘azione in qualità di adsertor libertatis,(= assertore della libertà), ma doveva sostenere l‘onere della prova.
LA VINDICATIO IN LIBERTATEM In età augustea fu creato un apposito praetor liberalium causarum (=
pretore delle cause liberali) ed il procedimento si svolgeva extra ordinem (vedi infra)

LEZIONE 8
Soggetti di diritto: status
• Sono considerati giuridicamente delle res , oggetto di diritti e non soggetto di diritto.

ad essa successive.
La nascita da madre schiava, al momento del parto cause di ius gentium quali la captivitas .
Le cause di ius civile sono: b1. Debitore inadempiente b2. Infrequens cioè renitente alla leva b3.
Incensus cioè non iscritto alle liste del census b4.

CAPUT - NOZIONE
Il concetto attiene ai soli uomini liberi.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

 Dalla presente lezione, il materiale contenuto sia nelle lezioni sia nelle sessioni avrà l’obiettivo di
guidare lo studente nell’apprendimento dei concetti esplicitati nel libro di testo.
 Il docente evidenzierà i concetti più importanti del corso, mentre per gli altri farà un semplice
rinvio al libro di testo.
 Verranno, altresì, esplicitate le parti del libro di testo da escludere.

CAPTIVITAS
Si tratta di un principio consuetudinario, in base al quale nell‘ipotesi che un cittadino romano, dopo
essere stato catturato e quindi ridotto in stato di schiavitù, riuscisse a superare i confini ed a
tornare in territorio romano o di alleati di Roma, con l‘animus di restare, egli riacquistava le
situazioni giuridiche precedenti, sia attive, sia passive.

La Fictio legis Corneliae è stata introdotta dalla lex


Cornelia de captivis, risalente all’81 a. C.
La lex Cornelia aveva disciplinato il caso del cittadino romano fatto prigioniero di guerra, che al
momento della morte fosse ancora nella condizione di captivus.

FICTIO LEGIS CORNELIAE


La morte del prigioniero veniva cioè retrodatata fittiziamente all‘epoca della cattura, cioè al
momento in cui l‘individuo, essendo ancora libero, aveva la piena testamenti factio attiva .

LEZIONE 9
Soggetti di diritto:manomissione
MANOMISSIONE
È un atto irrevocabile mediante il quale il dominus affranca il proprio schiavo il quale acquista lo
status libertatis per cui era detto liberto.
In età tardoantica si andò poi affermando la manumissio in ecclesia in cui il dominus dichiarava
solennemente di voler affrancare il proprio servo in ecclesia intesa non tanto come edificio, ma
come comunità dei fedeli, dinnanzi alla quale e alla presenza del vescovo, veniva compiuta la
manomissione.
• al fine di limitare la portata del loro voto venivano raggruppati in pochissime tribù.
• La completa comparazione all’ingenuus avveniva in caso di restitutio natalium.
• La rinuncia del patrono .
LA MANOMISSIONE
L’esperienza giuridica romana conosce vari modi di affrancazione dei servi che, nel periodo più
antico, comportano l’acquisto della libertà e della cittadinanza.
Il dominus, nel proprio testamento dichiarava di voler affrancare lo schiavo.
In cui il testatore dichiarava direttamente l’affrancazione, per cui lo schiavo diveniva libero non
appena l’erede compiva l’accettazione dell’eredità. In questo caso si parla di libertus Orcinus.
Si tratta della dichiarazione effettuata o dal dominus o dallo schiavo, su autorizzazione del
dominus, mediante la quale si iscriveva nelle liste del censo lo schiavo che si voleva affrancare.

LA MANOMISSIONE – IUS CIVILE – MANUMISSIO CENSU


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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

In età repubblicana si affermano e si diffondono forme meno solenni che non producevano però
effetti per lo ius civile.
Di conseguenza poteva accadere che il dominus avesse un ripensamento ed effettuasse una
vindicatio in servitutem. In tal caso interveniva il pretore, tutelando l’affrancato.
Il problema fu superato con la lex Iunia Norbana del 19 d.

LA MANOMISSIONE –LE MANOMISSIONI PRETORIE


Manumissio inter amicos di età repubblicana in cui il dominus manifestava la volontà di affrancare
lo schiavo oralmente davanti a testimoni.La lex, risalente al 2 a.C., stabiliva che si potevano
affrancare per testamento un numero limitato di schiavi. Esso doveva essere proporzionale a quelli
posseduti dal testatore. Così ad esempio, il dominus che possedesse tre schiavi, ne poteva
manomettere solamente due, qualora possedesse 10 schiavi il numero di quelli affrancabili era la
metà, da 10 a 30 un terzo, da trenta a 100 un quarto e un quinto se era proprietario di oltre 100
schiavi.

CANINA
La Lex Aelia Sentia del 4 d. C. è così articolata:
• Gli schiavi minori di 30 anni o liberati da padroni minori di 20 anni non diventavano cittadini
romani, ma Latini Aeliani, condizione di gran lunga piú deteriore rispetto a quella di Latini.

AELIA SENTIA
• In caso di manumissio a favore di uno schiavo, punito per aver commesso crimini particolarmente
gravi, era previsto che l’affran-francazione determinasse la condizione di peregrinus dediticius .

SENTIA
La Lex Iunia Norbana, risalente al 19 d. C.
La legge, mentre prevedeva il riconoscimento formale delle affrancazioni pretorie non solenni, cioè
inter amicos o per epistulam, riconosceva agli affrancati la qualifica di Latini Iuniani, che
presentava varie limitazioni rispetto ai c.d.

IUNIA NORBANA
Le leggi ora richiamate furono abrogate da Giustiniano, il quale riconobbe valore di manomissione
a qualsiasi manifestazione di volontà diretta ad affrancare un servo fatta dal dominus.
I LIBERTI
Lo schiavo liberato dalla servitus mediante iusta manumissio acquista lo status di libertus. Va
ricordato, però, che il liberto, pur essendo libero si trova in una posizione diversa rispetto all’uomo
nato libero .
• In età tardoantica viene introdotta da Costantino la revocatio in servitutem nel caso di eventuale,
grave, ingratitudine del liberto.
Tale principio trova una corrispondenza in caso di cattivo esercizio del patronato. Nell’ipotesi che il
patronus avesse compiuto gravi delitti contro il liberto era prevista come pena la perdita del diritto
di patronato.
• Già nelle XII tavole era previsto il caso di successione ab intestato , cioè se il liberto muore senza
eredi, l’eredità va a favore del patrono e dei suoi discendenti.

A- Diritto pubblico
• I liberti non potevano accedere ad alcune cariche pubbliche; non avevano la capacità giuridica di
accedere all’ordo senatorius e trovavano notevoli difficoltà anche ad accedere all’ordo equester.
• Erano raggruppati in poche tribù in modo che il loro voto non potesse prevalere su quello degli
ingenui.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Decisamente migliore era la posizione del c.d. libertus orcinus , cioè lo schiavo affrancato per
testamento. Egli, infatti, non aveva patrono, essendo il suo defunto.
• Poteva accadere che l’imperatore concedesse la restitutio natalium ad un liberto, ed in tal caso
questi diveniva ingenuus, era però necessario il consenso del patrono.

LEZIONE 10
Soggetti di diritto:status civitatis e status familiae
L’espressione status civitatis indica l’appartenenza alla comunità romana.
• In età arcaica solamente gli abitanti della città di Roma erano cives.

STATUS CIVITATIS – DEFINIZIONE


• Il civis romanus, infatti, ha capacità sia di diritto privato quali lo ius connubii , lo ius commercii , la
patria potestas e la testamenti factio , sia di diritto pubblico quali lo ius honorum e lo ius suffragii .

STATUS CIVITATIS – CONTENUTO


• La cittadinanza romana --alla fine dell’età repubblicana-- era esclusiva, non era cioè conosciuta
la doppia cittadinanza.
• I genitori erano uniti in iustae nuptiae.
in tal caso il figlio segue lo status che il padre aveva al momento del concepimento.
La cittadinanza poteva essere concessa, a titolo onorifico a singoli individui, a determinate classi
sociali e, per ragioni politiche, ad intere comunità ad es. la lex Iulia del 90 a.C. la attribuì agli
abitanti del Latium.
Nel 212 d.C.
Fatti costitutivi per la perdita della cittadinanza sono
• Riduzione in schiavitù.

N.B. diversa la situazione degli abitanti delle più antiche coloniae civium

STATUS FAMILIAE
• L’espressione status familiae indica la posizione di un individuo liber e civis, rispetto a un
determinato gruppo famigliare , cioè la sua condizione di membro della famiglia.
Si usa l’espressione sui iuris per indicare colui che è autonomo, non soggetto ad alcun pater
familias, cioè non ha ascendenti maschi o è stato emancipato.

STATUS FAMILIAE – SUI IURIS


Con l’espressione alieni iuris o alieno iure subiectae si fa riferimento alle persone che, invece,
sono in vario modo soggette ad un pater familias.
LA CITTADINANZA
• L’espressione civis romanus indica l’appartenenza di un uomo libero alla comunità romana,
individuata mediante l’utilizzazione del termine populus, che ha funzione unificante.
• Essere membro della comunità romana costituiva un legame così forte da non consentire alcuna
interferenza, neanche da parte dei comitia, cioè dello stesso popolo.
• La riflessione giurisprudenziale romana non elabora una teoria della cittadinanza e si esprime
sempre in termini di status civitatis.
• Nei primordia civitatis lo status civitatis riveste un’importanza fondamentale: solamente ai cives è
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

riconosciuta la piena capacità giuridica.


• Ai non cittadini spetta solo una limitata capacità d’agire.

Dominato.
LA CITTADINANZA – MUTAMENTI DEL SIGNIFICATO DI CIVIS
• Il populus, inteso come insieme organizzato di cives, scompare non solo in ambito politico, ma
anche giuridico.
• Non si parla più di cives Romani o di populus Romanus, bensì di sudditi, di sottoposti ,
espressione dapprima di uso raro, poi divenuta sempre più frequente, se non addirittura usuale.

• A ciò contribuì fortemente l’estensione della cittadinanza romana ai peregrini effettuata da


Antonino Caracalla.
• La «cittadinanza romana», col suo valore intenso, pregnante, si trasformò in «cittadinanza
imperiale» estesa a tutti.

Collatio legum Romanarum et Mosaicarum 6.4.1 esprimeranno chiaramente questo mutamento di


prospettiva:Abitanti delle città latine facenti parte della federazione latina tra Roma e le altre città
del Lazio, sciolta nel 338 a.

La distinzione tra cives, Latini e peregrini andò sempre più scomparendo a partire dalla fine della
Repubblica.
Dalle fonti emerge l’esistenza di quattro gruppi di Latini
Antichi abitanti del Lazio cui vengono riconosciuti lo ius commercii , cioè la capacità di concludere
negozi giuridici per aes et libram con i Romani e lo ius connubii, cioè la capacità di sposare un
cittadino romano.

Alicuius civitatis
Sono gli abitanti delle città conquistate da Roma che nei loro rapporti interni godono dei principi del
loro ordinamento giuridico ed i cui rapporti con i cittadini romani erano regolati dallo ius gentium .
Peregrini dediticii
Sono gli abitanti di città straniere che i Romani avevano distrutto perché avevano resistito a lungo
prima di arrendersi.
• Hostes .
LA PATRIA POTESTAS
• Con l’espressione patria potestas si indica il potere che l’ordinamento riconosce al pater familias
su tutti coloro che appartengono ad una determinata familia e sono a lui sottoposti.
Si tratta di un potere, probabilmente formatosi e consolidatosi già in età precivica, esercitato dal
pater familias sui propri discendenti.
La patria potestas risulta essere un potere molto forte ed articolato che, nei primordia civitatis va
dallo ius vitae ac necis allo ius exponendi, vendendi e noxae dandae e, in epoca successiva, pur
mantenendo formalmente lo stesso contenuto, in realtà viene affievolendosi in sintonia con il
mutare del contesto storico.
Potere esercitato dal pater familias nei confronti della moglie e delle donne entrate a far parte della
familia a seguito di un matrimonio con il pater o con uno dei suoi discendenti, ancora alieni iuris.
Dominica potestas
Si tratta del potere che il dominus esercita sui propri servi .
Esso comportava un potere assoluto, in base al quale il dominus poteva disporre pienamente del
servo fino al punto di poterlo uccidere impunemente.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Nel corso dell’esperienza giuridica romana tale potere verrà temperato da numerose disposizioni
imperiali.

LEZIONE 11
Soggetti di diritto: capacità giuridica
• La capacità giuridica, disciplinata dal nostro codice civile all’art.
Romani non elaborarono tale categoria giuridica, pur conoscendone, nel concreto, l’operatività.
• Per i Romani solo colui che possiede simultaneamente i tre status ha la piena capacità giuridica.

status libertatis status civitatis status familiae quale sui iuris, cioè un individuo autonomo, non
sottoposto alla potestas di nessuno.

CONTENUTO DELLA CAPACITÀ GIURIDICA


• IUS COMMERCII capacità di compiere negozi giuridici patrimoniali, anche per aes et libram.
• IUS CONNUBII capacità di concludere iustae nuptiae con un civis.
• TESTAMENTI FACTIO ATTIVA E PASSIVA capacità di fare testamento e ricevere per
testamento.

Alle origini godono della condizione di cittadini solamente gli abitanti della città di Roma.

NON AVEVANO CAPACITÀ DI AGIRE


Coloro che non avevano raggiunto la pubertà: 14 anni per i maschi e 12 per le donne.
• Infames cioè coloro che hanno perduto la publica aestimatio , connessa all’esercizio di
professioni o mestieri particolari o attività socialmente riprovevoli.
• Addicti cioè i debitori inadempienti, asserviti al loro creditore con manus iniectio.

Rimanevano come schiavi fino al rimborso del riscatto.


• Altre limitazioni della capacità agire sono collegate ad infermità, sia fisiche sia mentali .

NB: Ulteriori limitazioni della capacità giuridica sono previste in età tardoantica per coloro che
aderivano a dottrine ereticali o seguivano religioni diverse dal
Cristianesimo o l’avevano abbandonato .
• È attualmente regolata dagli articoli 48, 90 e 394 del c.c.
• Nell’eventualità di limitate incapacità d’agire era prevista la curatela, cioè una forma di assistenza
che andava dalla gestione del patrimonio dell’incapace ad interventi saltuari legati alle sue
condizioni di salute.

• Cura minòrum.
Per assistere il prodigo o veniva assegnato, quale curatore, l’adgnatus proximus cioè il parente
collaterale più prossimo, oppure la nomina veniva effettuata dal pretore.

LA CAPACITÀ GIURIDICA – CURATELA – TIPOLOGIE

In età postclassica il regime della curatela fu modellato su quello della tutela.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LA TUTELA MULIERUM
Come è stato ricordato, la capacità di agire era riconosciuta solamente a coloro che erano sui
iuris, maschi, maggiori di venticinque anni e sani di mente.

TUTELA MULÌERUM
La donna impubere era sottoposta alla tutela impuberum. La donna pubere ha una capacità di
agire limitata per cui è sottoposta per sempre alla tutela mulìerum ed ha, inoltre, alcune incapacità
giuridiche. Per quest’ultimo tipo, dall’iniziale designazione del tutore da parte del pretore, si passò
ad una specifica richiesta effettuata dalla donna, che doveva inoltre dichiarare se gradiva o meno
la persona designata dal pretore. In età imperiale, in base alla lex Iulia et Papia, venne
riconosciuto l’esonero dalla tutela alla donna che avesse partorito tre figli o quattro se liberta .
Da notare che la tutela mulierum non è funzionale alla protezione della donna ed il tutore presta
solamente la propria auctoritas laddove ella non risulti capace. Sotto il profilo del diritto
pubblico, l’incapacità della donna era totale. Per quanto riguarda il diritto processuale criminale era
dubbio che la donna potesse essere processata dinnanzi ai comitia centuriata.
LA TUTELA IMPUBERUM
• Già gli antichi mores e poi la legge delle XII tavole disciplinarono la tutela impuberum, diretta a
proteggere gli impuberi orfani o il cui pater avesse subito la capitis deminutio.

LA TUTELA – TUTELA IMPUBERUM


È basata sulla legge: l’adgnatus proximus era tutor legitimus.

TUTELA TESTAMENTARIA
• Questo tipo di tutela si affermò in epoca repubblicana per soddisfare l’esigenza, fortemente
sentita a livello morale e sociale, di fornire un’adeguata assistenza a coloro che fossero privi di
tutela.
• Nel periodo più antico era consentita al tutor testamentarius la c.d. abdicatio tutelae ed al tutor
legitimus la c.d. in iure cessio tutelae.
• In epoca successiva, essendo mutato il concetto stesso di tutela –considerata ormai un munus
publicum , un compito avente rilevanza sociale e non solo famigliare– la riflessione
giurisprudenziale, in piena coerenza con la nuova configurazione della tutela, ammise che il tutore
dativo potesse rifiutare il compito, purchè provvedesse alla c.d. potioris nominatio , cioè
provvedesse ad indicare un altro individuo più idoneo a svolgere tale compito.
• Una volta terminato il periodo della tutela, il tutor doveva render conto del suo operato.
• Nell’ipotesi che il tutor legitimus , approfittando della sua posizione, avesse danneggiato con
malversazioni il pupillo, era prevista contro di lui un’actio rationibus distrahendi, cioè un’azione in
duplum , a carattere infamante.
• Alla fine dell’età repubblicana, fu introdotta un’azione a carattere generale, l’actio tutelae.

• Culpa in concreto.
Le cause di estinzione della tutela sono le seguenti
• Capitis deminutio del tutore.
• Capitis deminutio del pupillo.
• Remotio tutoris, cioè la rimozione nel caso di un tutore sospetto

LEZIONE 12
Soggetti di diritto: persone giuridiche

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• La nozione di «persona giuridica» –con cui oggi si indicano i soggetti di diritto, diversi dalle
persone fisiche– risulta disciplinata dal nostro codice civile agli articoli 31-35, nonché dalla Legge
31.05.1995 n.

PERSONE GIURIDICHE – NOZIONE ATTUALE


• La nozione era del tutto sconosciuta ai Romani, che tuttavia ne conoscevano la concreta
operatività.

PERSONE GIURIDICHE – NOZIONE - STORIA


• Nell’esperienza giuridica romana, tuttavia, non erano rare situazioni analoghe a quelle che noi
oggi inquadriamo nel concetto di «persona giuridica».

PERSONE GIURIDICHE – CENTRO DI IMPUTAZIONE


• È, tuttavia, innegabile che a Roma erano note e diffuse varie situazioni di questo tipo.
• In proposito –-osserva l’Orestano-– ancora nel VI secolo d.

LE PERSONE GIURIDICHE - NOZIONE


• Seguendo l’insegnamento dell’Orestano preferiamo utilizzare —per evitare di interferire nella
lettura delle fonti alterandone i dati con l’uso di una categoria peculiare della nostra riflessione
giuridica— una chiave interpretativa più neutra, meno legata ad esperienze moderne e cioè
«centro di imputazione di relazioni giuridiche», sia nell’ambito del diritto pubblico, sia in quello
privato.

RELAZIONI GIURIDICHE
• Il centro di imputazione di relazioni giuridiche più rilevante in età repubblicana e cioè il populus
Romanus risulta distinto, separato dai cives che lo compongono ed anche dalle comunità ad esso
assoggettate. Va sottolineato che esso disponeva di un proprio patrimonio, distinto da quello dei
singoli cittadini e cioè l’aerarium populi Romani.
Si tratta di una modalità di annessione territoriale di città già esistenti. Alla comunità viene
concessa la cittadinanza romana, cum suffragio o sine suffragio.

Coloniae
A differenza dei municipia, si tratta di nuove città fondate dai Romani.

Collegia
• Associazioni nate per motivi religiosi e poi professionali, regolate da uno statuto. Si trattava di
centri di imputazione di relazioni giuridiche quali ad esempio, la proprietà, altri diritti e obbligazioni.
In epoca imperiale possono anche ricevere eredità.

Sodalitates
• Associazioni a fine di reciproca assistenza tra soci.
• In origine erano forme di società basate su un accordo tra i soci, ma non distinte da essi.

LE PERSONE GIURIDICHE - SODALITATES


- Non possono abbandonare la corporazione. C’è una appartenenza coatta che si trasmette di
padre in figlio.

FONDAZIONI
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Nell’esperienza giuridica romana manca la figura e l’operatività della fondazione.


• Prima dell’editto di Milano del 313 d. C.

LE PERSONE GIURIDICHE – FONDAZIONI - CHIESA

• Dopo l’editto di Milano del 313 d. C.


Piae Causae

; il vescovo è l’autorità preposta, con funzioni di amministratore.


Nell’età monarchica il fulcro dell’ordinamento romano risulta essere il rex , in funzione di mediatore
tra la comunità e gli dei. La rilevanza del populus Romanus risulta evidente anche dallo spazio ad
esso dedicato dalla riflessione giurisprudenziale romana.
In primo luogo un testo di Alfeno Varo, giurista della fine del periodo repubblicano. Egli, in un
passo inserito in D. 5.1.76, trattando di situazioni unificate, considerate come res fa riferimento
anche al populus.

Et populum eundem hoc tempore putari qui abhinc centum annis fuissent, cum ex illis
nemo nunc viveret

Il giurista parla del populus come di un insieme che rimane sempre lo stesso, pur mutando
continuamente gli elementi che lo compongono ed è il temine populus che conferisce unità ad essi.
Egli mostra così di conoscere la distinzione tra res corporales e incorporales.

IL POPULUS ROMANUS - SENECA


Se confrontiamo i due testi ci troviamo di fronte ad una discordanza e il filosofo sembra più tecnico
e più «moderno» del giurista. Successivamente nel paragrafo 2, sia pure trattando di un caso
particolare , espone il suo pensiero e la distinzione tra res corporales ed incorporales è
chiaramente presente. È proprio tale dicotomia che consente a Pomponio di considerare il popolo
chiaramente distinto dai cives che lo compongono. La centralità del populus è evidente in ogni
ambito.
viene creato un nuovo apparato amministrativo, che dipende direttamente dal principe ed è
funzionale alla sua politica.
• Si verifica, cioè, un progressivo spostamento dell’imputazione di relazioni giuridiche di interesse
generale dal populus al princeps, fino ad un totale assorbimento.
• In questa prospettiva, assume un ruolo di grande rilievo l’intera organizzazione burocratica –
diretta-mente dipendente dal principe– ed in particolare l’apparato amministrativo e finanziario, in
realtà già presente in epoca repubblicana, ma con caratteristiche e denominazioni diverse.
• Mentre prima si parlava di aerarium populi Romani ora si parla di fiscus che affianca l’erario, ma
è distinto da esso.
• I cespiti, le competenze, che in epoca repubblicana confluivano nell’aerarium, –di fronte a questo
repentino spostamento del baricentro del sistema e al graduale sostituirsi del princeps al populus–
hanno come nuovo centro di imputazione di relazioni giuridiche il princeps e, sotto l’aspetto
finanziario, il fisco che – osserva l’Orestano – rappresenta il profilo concreto di tale sostituzione.
• Il fiscus, come sappiamo, nasce dall’esigenza concreta ed impellente che il princeps, in qualsiasi
momento e in sintonia col nuovo ordo da lui creato, abbia a disposizione, ove necessario, ingenti
somme di danaro non solo per le spese militari, ma in generale per lo svolgimento della sua
politica, al di fuori di ogni controllo.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Ulpiano, il quale riferendosi ai beni del fisco afferma: «res fiscales quasi propriae ac privatae
principis sunt».
In questo caso l’avverbio quasi ha un valore equiparativo e corrisponde a «perinde ac si » . Il
giurista vuole affermare l’equiparazione delle res fiscales a quelle private del principe.
• Il fisco non era considerato patrimonium principis, tanto che non entrava a far parte dell’eredità, e
quindi non passava ai suoi eredi, ma veniva attribuito al suo successore al trono.
Roma e per le province. Lungo tutto l’arco temporale del Principato le fonti attestano un
consolidarsi del potere del princeps in questo, come negli altri campi.

PRIVILEGIA FISCI

• Progressivamente il fisco si afferma come dominus di tutto ciò che non appartiene ai privati.
• Ricordiamo l’ipotesi in cui venga rinvenuto un tesoro. Esso spetta, secondo l’imperatore Adriano,
all’inventore se lo trova nel suo fondo o in un luogo sacro o religioso, invece metà a lui e metà al
proprietario del fondo se è in alieno loco o in Caesaris loco.
• Qualche decennio dopo, Callistrato riferisce che i divi fratres attribuiscono al fisco metà del
tesoro, qualunque sia il luogo del rinvenimento.
• La situazione cambia con il mutare dell’assetto costituzionale.

LEZIONE 13
Famiglia:Matrimonio
Matrimonium o nuptiae , è l’unione coniugale, manifesta e continuata, tra un maritus e una uxor .
Principio esogamico, il matrimonio è consentito solamente tra persone prive di legami di parentela
e affinità.

IL MATRIMONIO- PRINCIPI
• Il consensus era il fondamento del matrimonio, manifestato personalmente dagli sposi anche se
alieni iuris. In questo ultimo caso occorreva l’assenso dell’avente potestà.

IL MATRIMONIO – IL CONSENSO
• Le fonti forniscono elementi sufficienti per ricostruire abbastanza agevolmente il regime di età
classica e postclassica, mentre per l’età arcaica le testimonianze in nostro possesso forniscono
dati incerti.
• Si discute, ad esempio, se nel periodo delle origini fossero previste specifiche forme per
concludere il matrimonio, come sostengono molti studiosi sulla base del fatto che ancora in età
tardo-repubblicana la moglie –a seguito della confarreatio – entrava nella famiglia del marito ed era
sottoposta alla potestas di lui se il marito era sui iuris o del pater familias di lui, se il marito era
alieni iuris.

POSTCLASSICA - CONFARREATIO
• La confarreatio è una cerimonia religiosa tenuta davanti al flamen Dialis , alla presenza di dieci
testimoni. La cerimonia è così chiamata per l’utilizzazione di un pane di farro, spezzato dagli sposi
in onore di Iuppiter Farreus .
• Per lungo tempo la dottrina ha distinto tra matrimonio cum manu e matrimonio sine manu.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

IL MATRIMONIO - CONFARREATIO
• E’ stata negata la validità di questo tipo di ricostruzione, sulla base dell’affermazione che manus
e matrimonio sono due istituti diversi.

IL MATRIMONIO – CONFARREATIO, COEMPTIO E USUS


matrimonium cum manu in cui la donna era in posizione di filia rispetto al proprio marito e loco
sororis rispetto ai figli e loco neptis rispetto al padre di lui o all’avo.

IL MATRIMONIO – MATRIMONIUM CUM MANU E SINE MANU


• Questa ultima ricostruzione, secondo il Talamanca, è da considerare valida per l’età tardo-
repubblicana, repubblicana e classica.
• Per quanto concerne il periodo più risalente, appare indubbio che la confarreatio fosse un rito
matrimoniale che, contemporaneamente, faceva entrare la donna nella famiglia del marito.
• Anche la coemptio --una applicazione della mancipatio , consisteva nella mancipatio della donna
al marito, da parte del pater di lei.

IL MATRIMONIO - USUS
• Che il matrimonio potesse esistere indipendentemente dall’usus è attestato da una norma
decemvirale che prevede il trinoctium , cioè l’assenza della mulier dalla casa maritale per tre notti
in un anno. Si impediva così l’usus e, quindi, l’acquisto della manus, fermo restando il matrimonio.

IL MATRIMONIO TRINOCTIUM
• L’usus cadde in desuetudine nel I sec. d.C., anche a causa della riforma della confarreatio
effettuata da Tiberio, che lasciò sopravvivere la confarreatio, limitando però l’acquisto della manus
sulla donna solamente in relazione ai sacra.
AUGUSTEA
• In età tardoantica, con le mutate concezioni religiose, la legislazione degli imperatori cristiani
risulta tesa più ad impedire che il matrimonio potesse sciogliersi per cause diverse dalla morte di
uno dei coniugi, che non a fissare nuove forme vincolate di matrimonio.

TARDOANTICA
• Un’ultima considerazione: il matrimonio normalmente era preceduto, tra le classi più elevate,
dagli sponsalia , non vincolanti come in età arcaica.

IL MATRIMONIO – SVILUPPI SUCCESSIVI - SPONSALIA


• In età postclassica si assiste ad un certo ritorno all’antico. Se il nubendo avesse dato alla sponsa
una somma di denaro quale arrha sponsalicia , e poi non intendesse più effettuare le nozze,
avrebbe perso l’arra e, nell’ipotesi che il rifiuto venisse invece da parte della sponsa o del pater di
lei, essi dovevano restituire una somma di danaro multipla rispetto a quanto ricevuto.
• La riflessione giurisprudenziale romana non ha proceduto ad una organica sistemazione dei
presupposti di validità del matrimonio.
- cioè il matrimonio poteva aver luogo solamente tra cives .

REQUISITI DI VALIDITA’ – IUS CONNUBII


• la pubertà era stabilita a 14 anni per l’uomo e a 14 per la donna, • In età repubblicana e classica
era richiesta anche la sanità mentale, intesa non come capacità giuridica, ma come capacità di
agire, tanto che il matrimonio era considerato valido anche se uno dei coniugi fosse pazzo.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

REQUISITI DI VALIDITA’ – IDONEITA’ FISICA


• Assenza di parentela, sia naturale sia civile tra gli sposi.
• In età tardo-repubblicana e classica era d’impedimento la parentela fino al terzo grado.
• La parentela in linea retta era di impedimento fino all’infinito.
• La parentela in linea collaterale era d’impedimento entro il sesto grado.

REQUISITI DI VALIDITA’ – ASSENZA DI PARENTELA


• L’iniustum matrimonium era quello effettuato contro i divieti legislativi.
• Matrimonio tra adultera e correo.
• Matrimonio tra pupilla e tutore prima del rendiconto della gestione patrimoniale.
• Matrimonio tra un funzionario provinciale ed una donna della provincia.
• Matrimonio tra senatori con liberte o donne di condizione umile o attrici.
• Matrimonio dei militari.
• Matrimonio tra il rapitore e la donna o la puella rapita.
• Matrimonio tra cristiani ed ebrei .
• Matrimonio di chi ha fatto voto di castità .
• Matrimonio in cui sussistesse una cognatio spiritualis ad es. tra un padrino e la figlioccia .

EFFETTI DEL MATRIMONIUM


• Tra i coniugi sorgeva un vincolo di adfinitas e così tra ciascun coniuge ed i parenti dell’altro.
• Si applicavano le norme che presupponevano l’esistenza del rapporto di coniugioDurante il
matrimonio l’amministrazione dei beni spettava al marito, ma la legislazione era tesa a
salvaguardare le res dotali.
Per punire eventuale malcostume della donna. Per cose eventualmente sottratte dalla moglie.
La capitis deminutio maxima scioglieva il matrimonio. La capitis deminutio media comportava lo
scioglimento del matrimonio solamente se veniva meno il connubium.
Il divorzio scaturisce dalla concezione del matrimonio fondato sul principio dell’affectio maritalis . In
età risalente solo al marito era riconosciuta la facoltà di ripudiare la moglie, cioè il repudium .

SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO – PER DIVORZIO


E’ da notare che le cause di divorzio penalizzavano la donna in quanto, ad esempio, mentre per
questa era considerata iusta causa l’essere adultera, ciò non valeva per l’uomo muliercularius . In
età giustinianea, il legislatore ampliò notevolmente i casi riconosciuti come iusta causa di ripudio
come ad esempio nel caso in cui la moglie avesse partecipato ad un banchetto o frequentato le
terme con estranei o spettacoli senza il consenso del marito oppure il marito avesse indotto la
moglie a prostituirsi o l’avesse falsamente accusata di adulterio o avesse mantenuto una
concubina, oppure entrambi avessero attentato alla vita dell’altro o partecipato ad una congiura
contro l’imperatore.

LEZIONE 14
Famiglia:filiazione e patria potestà
• Con il termine pater s’indica sia il padre che l’ascendente.
• Pater naturalis è il genitore in senso stretto, pater familias è colui che ha la patria potestas su un
determinato soggetto e poteva essere non solo il suo padre naturale, ma anche, nell’ipotesi che
fosse alieni iuris, un ascendente.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Con i vocaboli filii o liberi s’indicavano i discendenti.

Per oblatiònes curiae.


Per rescriptum principis , in età giustinianea.
• Per quanto riguarda la nozione di patria potestas e del suo acquisto si rinvia alla lezione 10:
Status Civitatis e Familiae e la sessione 3 della stessa lezione: 3- Patria potestas .
• Di seguito viene inserito uno schema riassuntivo della patria potestas.

- Dal II sec. a.C. anche Actio in rem per sponsionem T. par. 76


• Il dominus aveva sul servo la dominica potestas, cioè un potere molto vasto e forte, quasi come
quello che aveva sulle cose inanimate.
• In età risalente egli poteva anche ucciderlo ed il fatto non era represso come omicidio.
• In seguito, vari interventi legislativi mitigarono tale principio.

CONTENUTO PATRIMONIALE DELLA PATRIA POTESTAS


Al paterfamilias spettavano tutti i beni ed i diritti della familia dato che le persone a lui sottoposte
non potevano possedere personalmente, né essere titolari di diritti.
• Con l’espandersi di Roma, ben presto i patresfamilias cominciarono ad affidare i loro affari ai loro
sottoposti.
• Occorreva, di conseguenza, tutelare coloro che avessero stipulato un contratto col filius o con
altri sottoposti al pater familias.
• Fu decisivo l’intervento del pretore, che riconobbe le cosidette actiones adiecticiae qualitatis per
le attività svolte dal filius o dal servus.
Sono le azioni che potevano essere esercitate dai creditori del filius nei confronti del paterfamilias
o del dominus.

I vari tipi di actiones sono le seguenti

• Actio exercitoria: nel caso di obbligazioni contratte nello svolgimento della direzione di una nave.
• Actio institutoria: nel caso della gestione di un’azienda.
• Actio tributoria: qualora filius o servus fossero insolventi.
• Actio de in rem verso: nel caso che filius o servus, privi di peculio, avessero portato ad un
arricchimento del paterfamilias mediante gli acquisti da loro effettuati. I creditori potevano agire nei
limiti dell’arricchimento.
• L’incapacità patrimoniale dei filii familias fu ben presto mitigata e superata dal peculium, cioè
l’insieme dei beni ola somma di denaro che, di proprietà del pater familias, viene messa a
disposizione del filius o del servus.
• Il pretore, cioè, stabilì che il paterfamilias fosse responsabile per gli atti compiuti da un sottoposto
autorizzato.
Così denominata da exercitor . Si tratta dell’azione che può essere esperita nel caso in cui al filius
fosse stata affidata la direzione di una nave e che questi, in connessione con l’attività commerciale
connessa con tale compito, avessero assunto obbligazioni poi non adempiute.

ACTIONES ADIETICIAE QUALITATIS – ACTIO EXERCITORIA


Così denominata da institor .
Si tratta delle azioni esperite nei confronti del paterfamilias o del dominus a fronte dell’ insolvenza
delle obbligazioni contratte dal filius familias o dal servus nello svolgimento della gestione delle
aziende a loro affidate.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

ACTIONES ADIETICIAE QUALITATIS –ACTIO INSTITORIA


Azione pretoria, esperibile contro il pater o il dominus nell’ipotesi che il filius o il servus
commerciassero con le merci acquistate con il peculium loro affidato ed essendone a conoscenza.
Se nello svolgimento di tali traffici essi assumevano obbligazioni, poi non mantenute, il pretore
affidava al pater o al dominus il compito di ripartire il capitale utilizzato ed i guadagni tra i creditori,
inclusi loro stessi qualora avessero diritti da vantare.
Azione pretoria esperibile nei confronti del pater o del dominus, da parte del creditore di un filius o
di un servus che avessero concluso un negozio giuridico su preciso ordine del pater o del dominus
e non avessero poi soddisfatto le loro obbligazioni.

ACTIONES ADIETICIAE QUALITATIS –ACTIO QUOD IUSSU


Veniva esperita contro il pater o il dominus che non avessero preposto il filius o il servus ad
un’attività commerciale, ma avessero loro assegnato un peculium.
Nell’ipotesi che il filius o il servus avessero concluso, all’insaputa dei primi, un negozio giuridico ed
avessero contratto un’obbligazione.
L’azione poteva essere esperita solo nei limiti della somma effettivamente guadagnata dal pater o
dal dominus.

Corrisponde all’azione di «ingiustificato arricchimento» .


È una variante dell’actio de peculio.La figura preminente è il capo famiglia, cioè il
paterfamilias. Egli ha la manus maritalis sulla moglie e la patria potestas sui figli e sui discendenti e
la domìnica potestas sui beni famigliari, fossero schiavi o altre res . Poteva accadere che vi fosse
uno scioglimento anticipato del vincolo familiare, attuato con l’emancipatio o l’adoptio , con la
conventio in manum. Tale scioglimento comporta una capitis deminutio minima e cessa ogni
legame parentale con gli appartenenti alla famiglia di origine e con gli agnati.
L’adozione in senso lato si distingueva in adoptio vera e propria e l’adrogatio .
Tre successive vendite facevano perdere al paterfamilias originario la patria potestas
sull’adottando. Il filius veniva dato in mancipio presso il pater oppure presso un
terzo. L’adottante, con un’actio in rem rivendicava l’adottando e colui che lo aveva in mancipio non
si opponeva.
Non era fatta dall’ascendente, non comportava l’acquisto della patria potestas sull’adottato, il quale
non perdeva i diritti successori nei confronti della famiglia di origine.

ADOPTIO ED
L’adrogatio era utilizzata da un paterfamilias che non aveva discendenti allo scopo di crearsi una
discendenza.

Il pontifex maximus, ascoltati i soggetti interessati rivolgeva ai comizi la proposta che l’adrogatus


diventasse filius dell’adrogans .Le fonti attestano l’esistenza del peculium profecticium, cioè
proveniente dal pater profecticium ; si trattava di un insieme di beni e di danaro che il paterfamilias
assegnava al filiusfamilias in modo che questi potesse provvedere alle proprie necessità e
svolgere attività commerciali.
• Il filius poteva amministrare, godere e disporre liberamente del peculium, ma doveva renderne
conto al paterfamilias.
• La proprietà del peculium rimaneva al pater, il quale rispondeva dei debiti contratti dal filius, ma
nei limiti del peculium.
• I creditori, infatti, potevano esercitare l’actio de peculio contro il pater.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Peculium castrense
• Si trattava di un tipo particolare di peculium che si diffuse nel periodo adrianeo. Si trattava dei
beni acquistati dal filius durante il periodo di leva.

Peculium quasi castrense


Si diffuse in età costantiniana ed era formato dai beni acquistati dal filiusfamilias durante i pubblici
incarichi o l’esercizio di professioni liberali o di cariche ecclesiastiche.

Peculium adventicium
L’imperatore Costantino stabilì che i bona materna venissero acquistati solo formalmente dal pater
che non aveva il diritto di disporne, ma solo di goderne l’usufrutto.

LEZIONE 15
Negozio: il negozio giuridico
• Il negozio giuridico può essere definito come un atto giuridico lecito i cui effetti sono liberamente
determinati dalle parti, in conformità alla volontà espressa ed alla causa che l’atto può raggiungere.
• La configurazione attuale del negozio giuridico nasce dalla dottrina tedesca dell’Ottocento.
• I Romani non hanno elaborato una figura generale, astratta, cui ricondurre i vari atti giuridici.
• La riflessione giurisprudenziale romana, pur soffermandosi su singoli tipi di negozio giuridico,
approfondendone i vari aspetti, non è mai giunta a definirne l’appartenenza ad un'unica categoria,
non percependo che i singoli tipi di negozio che venivano utilizzati nella prassi appartenessero al
genus «negozio giuridico».

«possibilità» dell’oggetto del negozio giuridico: l’oggetto doveva esistere, trovarsi in rerum natura.

Liceità del negozio giuridico


Le parti dovevano perseguire uno scopo lecito, consentito dall’ordinamento.
Ad esempio non era lecito effettuare una stipulatio post mortem , destinata a produrre i suoi effetti
dopo la morte dello stipulans o promissor , precostituendo un diritto o un obbligo per gli eredi del
tutto estranei al rapporto negoziale originario.

Legittimazione del negozio giuridico


Il soggetto di un negozio giuridico poteva compiere solo negozi giuridici attinenti la propria sfera
giuridica.

Alternatività degli effetti


I negozi giuridici potevano produrre effetti reali o obbligatori .
• Come già accennato, data la mancanza di una teoria del negozio giuridico nell’ambito di una
costruzione sistematica, non troviamo enunciata dai giuristi romani neppure la loro classificazione.

• Appartenevano, invece, al secondo le manifestazioni di volontà che, non essendo previste dallo
ius civilie, non producevano effetti giuridici, ma erano tutelate dal diritto onorario.
• Era il pretore, dunque, che nell’amministrare la giustizia interveniva offrendo tutela
giurisdizionale.
• Un esempio: il pactum de non petendo con cui un soggetto si impegnava a non richiedere al
debitore l’adempimento di un negozio giuridico ad es. per un anno. L’accordo era irrilevante per il
diritto, ma trovava tutela nella concessione al debitore, da parte del pretore, di una exceptio che
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

paralizzava l’azione del creditore.

• Mandatum.
• E gradualmente cadde in disuso l’antico formalismo negoziale, mentre le nuove forme presero
ben presto il posto di quelle tradizionali.• La riflessione giurisprudenziale romana, pur non
procedendo ad una sistematica classificazione dei negozi giuridici, mostra di conoscerne diversi
tipi.

1a- Negotia inter vivos


Cioè negozi destinati a produrre i loro effetti tra vivi, durante la vita dell’autore o degli autori.

1b- Negotia mortis causa


Quei negozi giuridici che producevano effetti solo a partire dal momento della morte dell’autore .

2a- Negozi unilaterali


Ad esempio il mutuo. Sono quelli per cui l’obbligazione sorge solamente a carico del mutuatario
che ha ricevuto la res e deve restituirla al mutuante.

3a- Negozi solenni


Sono quei negozi in cui è prevista, come per la mancipatio una forma solenne con procedure che
andavano minuziosamente rispettate.

4a- Negozi onerosi

Ad esempio come la compravendita in cui c’è uno scambio tra un vantaggio che si riceve ed un
sacrificio che si compie .
GIURIDICI IURE CIVILI
1 - Gesta per aes et libram.
In questo tipo di negozi il soggetto otteneva un bene o un beneficio in cambio di una quantità di
bronzo non coniato che veniva pesato dal libripens che teneva la bilancia.

1b- Nexum
A causa del bronzo prestato sorgeva un vincolo obbligatorio. Era un negozio giuridico in cui il
debitore, a garanzia dell’adempimento del debito si sottoponeva materialmente al potere del
creditore.

1c- Solutio per aes et libram


Negozio giuridico utilizzato per estinguere un vincolo obbligazionario sorto col nexum. Atto
contrario alla nexi datio, fatto alla presenza di 5 testimoni ed del libripens.

In iure cessio
Finto processo utilizzato per trasferire proprietà di un determinato bene, sia res màncipi sia nec
màncipi. L’acquirente rivendicava la proprietà della res, l’alienante taceva e il magistrato attribuiva
la proprietà della res al rivendicante .

Sponsio
• Consisteva nello scambio contestuale di domanda e risposta tra il futuro creditore ed il futuro

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

debitore: Idem dari spondes? Spondeo.


• Il futuro debitore, cioè lo sponsor assumeva l’impegno di effettuare una prestazione a favore del
creditore.
• A differenza del nexum, non esisteva una sottoposizione materiale del debitore al potere del
creditore. Solo in caso di inadempimento, il debitore sarebbe divenuto schiavo del creditore.
• Con la sponsio sorgeva una obbligazione di garanzia.
• Alla sponsio corrispondeva, come atto estintivo la acceptilàtio verbale.

Sono gli elementi essenziali per l’esistenza del negozio stesso e la cui mancanza impedisce il
sorgere stesso del negozio giuridico, la produzione dei suoi effetti giuridici.
Ad esempio un’emptio-venditio, cioè una compravendita non esiste qualora non ci sia un prezzo.
Sono gli elementi accidentali, cioè non essenziali all’esistenza del negozio giuridico, elementi che
le parti possono apporre liberamente, ma che una volta apposti sono vincolanti.
Sono quegli elementi previsti dall’ordinamento, rispetto ai quali le parti possono stabilire modifiche.
Ad esempio, la compravendita presuppone lo scambio cosa/prezzo, ma le parti possono stabilire
modalità di pagamento a rate.

LEZIONE 16
Negozio: generalità, elementi essenziali
SCHEMA GENERALE – VOLONTÀ • Si tratta della «funzione oggettiva».
• La causa ha rilevanza giuridica a partire dal momento in cui la forma perse il suo carattere
tassativo.
• Ciò in teoria avrebbe lasciato spazio alla rilevanza della causa e della volontà.
• La riflessione giurisprudenziale, in effetti, ha mostrato interesse dapprima per la causa e
solamente in seguito è emersa la rilevanza della volontà.
• A partire dal V – IV sec. a.C. la giurisprudenza prese consapevolezza della rilevanza della causa,
intesa come «funzione» del negozio giuridico e non come «motivo» o «fonte» dello stesso, come
potrebbero suggerire alcuni impieghi atecnici del vocabolo causa presenti nelle fonti.
• Il concetto di causa non risulta quasi mai esplicitato, va piuttosto dedotto dal modo in cui è
delineata la fattispecie.

al fine di individuare la liceità o l’illiceità del negozio.


al fine di individuare il negozio e quindi la disciplina.
• L’eventuale illeicità della causa travolgeva il negozio giuridico.

• Di conseguenza la causa fu presa in considerazione come mezzo per identificare e qualificare i


poteri ed i doveri che scaturivano dal negozio.
• La volontà negoziale non acquistò rapidamente autonomia dalla forma, almeno fino al periodo
classico, compreso .
• I negozi erano formali e solenni e solo più tardi, in età postclassica, si distinse tra volontà interna
e manifestazione esterna.
• Occorreva sempre una manifestazione che rivelasse la volontà.
• Di conseguenza il «silenzio» non aveva rilevanza giuridica. E così la riserva mentale. Fu la
giurisprudenza a far emergere la rilevanza giuridica del silenzio.
• In ambito processuale il silenzio equivaleva ad una ammissione , così nell’in iure cessio e nella
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

mancipatio.
• Si tratta di casi in cui la fattispecie era organizzata in modo che necessitava una risposta, la cui
mancanza denotava acquiescenza, quindi, un comportamento concludente.
• Il c.d. «negozio tacito», cioè il negozio dedotto in via presuntiva dal fatto che l’individuo che
avesse interesse a porlo in essere, non avesse manifestato in qualche modo la volontà contraria,
cioè la rinuncia, non era noto ai Romani.
• Se c’era una discordanza evidente tra volontà reale e volontà manifesta si parlava di negotium
immaginarium .
• A tale categoria di negozi fittizi appartenevano i cosiddetti «negozi indiretti».
Rilevarne la liceità o l’illiceità.

La causa era illecita


in caso di contrasto tra causa e buon costume .

Contrasto tra causa e ius privatum


• in caso di negozio nefarium o negozio iniustum, esso era del tutto privo di valore.

• contrasto indiretto, negotium in fraudem legis , cioè un negozio apparentemente lecito, in realtà
diretto ad aggirare un divieto legislativo .
Ulpiano riferisce che per aggirare il divieto di dare denaro a mutuo ai filiifamilias , si ricorreva
all’artificio di dare loro res fungibili in modo che potessero venderle per procurarsi denaro.
• Il contrasto tra causa e boni mores ebbe rilevanza solamente a partire dal Principato, attraverso
la produzione normativa dei principes e la riflessione giurisprudenziale.
• I negotia contra bonos mores detti anche negotia turpia erano equiparati a quelli contra leges.
• La rilevanza della causa scaturisce dal fatto che essa è indispensabile per individuare di quale
negozio giuridico si tratti.
• Un esempio significativo è offerto da Gaio . Si tratta di un negozio giuridico concluso tra Tizio e
Caio. Il primo fornisce un gruppo di gladiatori al secondo e le parti convengono che per ogni
gladiatore restituito
Tizio riceverà venti denari ed, invece, mille per ogni gladiatore ucciso o debilitato.
• A tale proposito ricordiamo che gli iuris periti avevano a lungo discusso se si trattasse di una
locatio – conductio o di un’emptio – venditio , ed era prevalsa la seguente soluzione al quesito: si
trattava di locatio – conductio nel caso di gladiatori restituiti e di un’emptio – venditio negli altri casi.
Il Guarino parla di leasing ante litteram.

• Di conseguenza la causa fu presa in considerazione come mezzo per identificare e qualificare i


poteri ed i doveri che scaturivano dal negozio.La dichiarazione di volontà poteva essere
La dichiarazione espressa, verbale o scritta con cui si manifesta l’assetto di interessi voluto dalle
parti.

Dichiarazioni tacite sono tutte quelle in cui l’adesione al contenuto precettivo del negozio viene
manifestato mediante un comportamento che esprime in modo in equivoco la volontà.
Per esempio, come accade nell’ipotesi in cui si occupi una res nullius . Siamo di fronte ad un
negozio di attuazione.
Di volta in volta, si accerta la concludenza della dichiarazione tacita ed è compito della
giurisprudenza dedurre la volontà dai comportamenti concludenti che, tuttavia, in particolari
circostanze possono avere un valore diverso da quello comunemente accertato, come regola
d’esperienza.
In età giustinianea, invece, queste regole d’esperienza sono considerate vere e proprie

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

presunzioni .
• Nei negozi unilaterali la dichiarazione o il comportamento determinano l’esistenza del negozio.
• In quelli bilaterali occorre che le volontà delle due parti s’incontrino perché il negozio giuridico
possa esistere.
• La forma del negozio giuridico è il modo in cui la volontà si manifesta. Essa può essere vincolata,
cioè le modalità di manifestazione sono stabilite dall’ordinamento oppure libera.
• Nel periodo più antico la volontà delle parti liberamente espressa non ha efficacia in quanto i
negozi giuridici sono formali.
• Nell’ambito dei diritti delle persone e nel diritto di famiglia, tranne il matrimonio, tutti i negozi sono
formali. Ad es. l’adrogatio , il testamentum calatis comitiis e la manumissio censu .
• In tali casi non solo occorre rispettare determinate modalità di manifestazione della volontà, ma
ciò deve accadere alla presenza di un organo della comunità .
• Nell’ambito dei negozi patrimoniali distinguiamo tra negozi reali e negozi obbligatori.
• Negli altri negozi patrimoniali è prevista una forma verbale o gestuale.

LA FORMA NEI NEGOZI GIURIDICI: GESTA ET VERBA


• In età classica il tipico documento probatorio è la testatio, una specie di processo verbale in cui
viene descritta l’attività della parti, comprese di dichiarazione. I fatti documentati debbono avvenire
alla presenza di almeno cinque testimoni che sigillano il documento, garantendone l’autenticità e la
veridicità.
• Nella testatio, redatta su due o più tavolette cerate, vi era una doppia scrittura: una esterna per
permettere di conoscerne il contenuto in qualsiasi momento ed una interna, chiusa e sigillata dai
testimoni in modo che, qualora fossero sorti contrasti, fosse possibile controllare ed eventualmente
richiamare i testimoni che potevano riconoscere i loro sigilli e, quindi, deporre sulle circostanze in
cui la testatio era stata redatta.
• Nel I sec. a. C. vengono introdotti nuovi documenti: chirografi .

LEZIONE 17
Negozio: elementi accidentali, elementi naturali

Gli elementi accidentali sono elementi non essenziali per l’esistenza del negozio giuridico,
apponibili liberamente dalle parti, ma imprescindibili una volta apposti al negozio.
• Nell’esperienza giuridica romana il termine condicio veniva utilizzato per indicare la condizione.
• La condizione non poteva essere apposta a tutti i negozi giuridici; alcuni di essi, i c.d.actus
legittimi non sopportavano di essere sottoposti a condizioni.
• La mancipatio e così tutti i negotia per aes et libram, ad eccezione del testamento, l’in iure
cessio, l’expensilatio, l’acceptilatio, l’aditio hereditatis e la datio tutoris.
• L’apposizione di una condizione al negozio giuridico determina uno stato di «pendenza».

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

DIES
• Si tratta, anche in questo caso di un evento futuro, ma certo, dal cui verificarsi le parti fanno
iniziare o cessare gli effetti del negozio giuridico.
• I cosiddetti atti legittimi come mancipatio, acceptilatio, in iure cessio etc. non sopportavano il
termine.
• Nel trasmettere la proprietà di una res non si poteva apporre un termine finale, dato che
nell’esperienza giuridica romana non esisteva la proprietà temporanea.
• Lo stesso dicasi per la costituzione di servitù o l’istituzione di un erede: semel heres, sempre
heres .
• Modus è un limite alla liberalità.

ELEMENTI ACCIDENTALI
• Sospensiva gli effetti del negozio giuridico non si producono finchè non accada l’evento futuro ed
incerto inserito come elemento accidentale nel negozio giuridico stesso.
Questo tipo di condizione --che, al verificarsi dell’evento futuro ed incerto, determina il venir meno
degli effetti, già prodotti dal negozio-- è di affermazione più recente.
Solamente in età tardoantica, infatti, si individuò la condizione risolutiva, oltre a quella sospensiva.

Classificazione
possibile, tuttavia, ricostruirla sulla base della fonti.
Condizioni positive e negative

Gli effetti del negozio giuridico erano subordinati al verificarsi o meno dell’evento previsto .
Condizioni potestative, casuali e miste

Nel primo caso il verificarsi dell’evento dipendeva dalla volontà di una delle parti, nel secondo caso
dalla volontà di un terzo, nel terzo parzialmente dalla volontà di una delle parti e parzialmente da
quella di un terzo o dal caso.

Condizione propria o impropria


Si parla di condizione propria quando essa consiste in un evento futuro e incerto e impropria
quando manca uno dei requisiti e cioè consiste in un evento presente o passato e certo.

Possibili o impossibili
Si parla di condizione possibile quando l’evento futuro e incerto risulta possibile sotto il profilo
naturale o giuridico. Nel secondo caso, l’evento risulta impossibile. Ad es.: «se toccherò il cielo con
un dito» ; «se sposerai tuo fratello».

Condizioni lecite, illecite o turpi


Lecite se conformi al diritto, illecite se contrarie e turpi qualora fossero contrarie ai boni mores.
• E’ lo stato di un negozio giuridico cui sia stata apposta una condizione. Il periodo di pendenza è
quello compreso tra la conclusione del negozio giuridico ed il verificarsi della condizione.
• Durante la pendenza il negozio è in «stato di attesa »; gli effetti sono infatti sospesi e, per tutto il
tempo della pendenza, sono una spes .
• Al verificarsi della condizione, il negozio giuridico produceva i suoi effetti.

Il negozio giuridico con cui veniva diminuito il valore dell’acquisto sottoposto a condizione,

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

comportava la responsabilità di colui che l’aveva posto in essere.


L’alienante, anche se poteva disporre della res, non poteva incidere sulle aspettative
dell’acquirente eliminando il suo diritto, ad esempio con la manomissione del servus o
trasformando il terreno oggetto del negozio in locus religiosus, seppellendovi un uomo.

In diem addictio
Clausola in base alla quale la res trasferita ritornava all’alienante qualora fosse pervenuta, entro un
determinato tempo, una offerta migliore.
commissoria: la res si ritrasferiva all’alienante, se l’acquirente non adempiva nel termine stabilito.

Muciana
Se in un legato si inseriva una condizione sospensiva quale ad es. «lascio a Tizio un mio immobile
purchè non si sposi», è evidente che per avere la certezza che la condizione fosse verificata o
meno, bisognava attendere la morte del legatario.
Il giurista Quinto Mucio risolse la questione considerando verificata la condizione, in modo che il
legatario potesse ricevere l’oggetto del legato.

LEZIONE 18
Negozio: invalidità del negozio giuridico
Anche in materia di invalidità del negozio giuridico manca una consapevole, sistematica
elaborazione dell’argomento, né le fonti attestano una terminologia tecnica precisa.

Negozio nullo
L’atto non può produrre effetti ed il negozio giuridico è totalmente inefficace.

Negozio annullabile
L’atto produce effetti, ma essi possono venire rimossi su iniziativa di chi ne abbia interesse.
• Anche secondo la terminologia moderna esistono attualmente negozi giuridici nulli ed annullabili,
sono negozi invalidi in cui esiste un vizio attinente alla formazione del negozio.
• Nell’esperienza giuridica romana ha un grande rilievo, in questo campo, l’esistenza di un duplice
sistema normativo: ius civile e ius honorarium.
• Per il primo l’alternativa è negozio valido / negozio nullo.

Ad esempio, costringendo una persona a firmare un contratto, tenendogli la mano.

INVALIDITÀ DEL NEGOZIO GIURIDICO –


Esiste una volontà interna diversa da quella dichiarata .
riserva mentale: quando si manifesta una volontà che in realtà non si ha.
simulazione: entrambi i contraenti del negozio giuridico dichiarano di voler concludere quel
negozio, ma in realtà ne vogliono un altro.

Violenza.

INVALIDITÀ DEL NEGOZIO GIURIDICO – VOLONTÀ VIZIATA


• Per quanto riguarda la simulazione, in età classica, la riflessione giurisprudenziale cominciò a dar
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

rilievo all’accordo sottostante.


• La simulazione può essere assoluta o relativa .

INVALIDITÀ DEL NEGOZIO GIURIDICO - SIMULAZIONE


• Si tende a dare validità al negozio apparente, laddove la discordanza non fosse evidente.
non fossero lesi diritti di terzi estranei al negozio.
• Nel periodo più antico e fino all’età classica la volontà ebbe un’importanza secondaria, dato che
non era distinta, autonoma rispetto alla forma.
L’elemento rilevante era la rigorosa osservanza della forma.
• Il formalismo negoziale era predominante, di conseguenza erano rilevanti le modalità più che la
volontà.

Violenza morale
• Nell’esperienza giuridica romana non fu elaborata una categoria generale dei vizi della volontà.
• Ciò non significa che i giuristi romani ignorassero l’esistenza di elementi perturbatori che
incidevano sul processo di formazione della volontà.
• La loro presenza comportava l’invalidità del negozio giuridico.
la conversione fosse opportuna.

LA RAPPRESENTANZA
• Si parla di rappresentanza quando un soggetto compie un negozio giuridico in nome e per conto
di un altro soggetto, rappresentato.
• Lo ius civile ignora la rappresentanza e nei negozi non formali conosce solamente il nuncius.
• Vigeva il principio dell’esclusivismo nel negozio, cioè l’attività negoziale doveva essere posta in
essere direttamente ed esclusivamente dal soggetto giuridico che ne avesse interesse.
• Il rappresentante manifesta la propria volontà e produce effetti giuridici nella sfera del
rappresentato.
• Il nuncius annuncia, trasmette la volontà di un soggetto che lo ha incaricato di concludere un
negozio.

LA RATIHABITIO
• Se un tale avesse compiuto un negozio giuridico per conto di un’altra persona, senza essere
stato autorizzato a ciò, al rappresentato era riconosciuta la possibilità di ratifica, con cui
manifestava la volontà di far sorgere retroattivamente nei propri confronti gli effetti del negozio
giuridico attuato dal rappresentante non autorizzato.
I VIZI DELLA VOLONTÀ ERROR FACTI
• L’errore è dovuto a ignoranza o a falsa conoscenza di una circostanza che, qualora fosse stata
nota, avrebbe avuto rilievo nel processo di formazione della volontà che o non si sarebbe formata,
o si sarebbe determinata in modo diverso.

di errore scusabile, nel senso che chiunque, dotato di intelligenza e diligenza avrebbe potuto
commetterlo.

In persona
Cioè sull’identità di una persona con cui o a favore della quale si concludeva un negozio giuridico.
Se si trattava di un testamento, l’intero testamento non era valido: se nel testamento era scritto che
veniva istituito erede Tizio, mentre si voleva in realtà istituire Caio, i giuristi ritenevano che non
esistesse una valida manifestazione di volontà.

In negotio

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Si verificava nell’ipotesi in cui Tizio concludesse un determinato negozio giuridico, mentre invece
ne concludeva un altro .

In substantia
Le parti concordavano un negozio giuridico , ma mancava l’accordo sulla qualità della res .
Le soluzioni prospettate dalla riflessione giuridica romana variano.

In qualitate
Cioè sulla qualità. Se il soggetto riteneva che la res, oggetto del negozio giuridico avesse
determinate qualità che in realtà non aveva, ma questo errore non incideva sulla destinazione
economico - sociale del bene, il fatto non era rilevante e quindi non produceva nullità.

In corpore
Cioè sul corpo, sull’identità fisica della res. Ad es. credo di vendere il fondo
Corneliano ed invece vendo quello Semproniano.
Se l’errore incideva su tutto il negozio, esso non era valido in quanto mancava la volontà.

E’ il caso in cui l’errore --giuridicamente non rilevante-- riguarda la designazione di un soggetto o di


un oggetto, senza creare equivoci d’identificazione quando per esempio si conclude un negozio
giuridico con

Tizio credendo si chiamasse Caio.

Errore sui motivi


Ad es. un legato a favore di Tizio, in quanto si ritiene che abbia curato affari della famiglia in
assenza del legatario, mentre in realtà tale attività era stata curata da un altro.

L’imperatore Adriano dichiara nullo il testamento di donne che istituiscono erede Tizio, ritenendo
erroneamente morto il proprio figlio.
L’imperatore Caracalla annulla i testamenti di coloro che ritenevano erroneamente che fossero
morti coloro che erano stati istituiti eredi con il testamento precedente.
• Diverso dalle tipologie di error ora richiamate è il c.d. errore «ostativo», già ricordato.• Il dolus
malus consiste nel comportamento ricco di artifizi e raggiri con cui un deceptor , nel corso di una
trattativa o un rapporto giuridico, induce il deceptus ad una falsa rappresentazione della realtà al
fine di fargli concludere un negozio giuridico pregiudizievole ai propri interessi, negozio che il
deceptus non avrebbe altrimenti concluso o avrebbe concluso a condizioni diverse.
causam dans o dolo determinante comportava la nullità del negozio giuridico, in quanto il deceptor
aveva determinato nel deceptus una falsa rappresentazione della realtà che lo aveva indotto a
concludere un negozio giuridico che, in assenza di dolo, non avrebbe concluso .

Dolus incidens o dolo incidente


In questo caso il deceptor aveva determinato le condizioni negoziali pregiudizievoli per il deceptus,
il quale voleva, in ogni caso, concludere il negozio giuridico, anche se a condizioni migliori.
In questo caso il deceptus aveva diritto ad un indennizzo o ad avere una congrua prestazione.
Il pretore tutelava la posizione del deceptus concedendo actio de dolo, exceptio doli, l’in integrum
restituito ob dolum .
• Vizio della volontà consiste nella violenza morale, cioè sollecitazioni, pressioni, attuate
minacciando un soggetto affinchè concludesse un negozio giuridico o lo concludesse a
determinate condizioni.
• Gli studiosi distinguono tra vis e metus .
• Ebbe scarso rilievo fino all’età classica.
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• actio quod metus che comportava la condanna al quadruplo della prestazione, effettuata sotto
una minaccia.

LEZIONE 19
Diritti reali:res e diritti reali
RES
• Nella lingua latina il termine res significa «cosa» e viene utilizzato in ambito giuridico per indicare
le «cose», i «beni».
• Nel linguaggio giuridico attuale «bene» significa «cose che possono formare oggetto di diritti»,
così recita l’ art. 810 c.c.
• Nell’esperienza giuridica romana il contenuto, sotto il profilo giuridico, di res risulta più ristretto, in
quanto i Romani non concepivano come res, ad esempio, le opere d’ingegno ed altre entità
immateriali fino al momento in cui esse si traducevano in qualcosa di concreto, in una entità
materiale.
• Altra differenza, rispetto alla nostra esperienza, è rappresentata dal fatto che per i Romani non
solo le cose potevano essere oggetto di diritti soggettivi, ma anche le persone libere che,
giuridicamente, non rientravano nella categoria delle res.
• Nel periodo più antico, infatti, il potere del paterfamilias è un potere così forte che alla patria
potestas sono sottoposti sia le res, sia le persone, ed i rapporti tra il paterfamilias e le cose e le
persone erano disciplinate allo stesso modo, anche per quanto concerneva la tutela processuale.

Seguito = la res è perseguibile ovunque si trovi e in mano di chiunque sia.


• Tra i vari diritti reali, il diritto di proprietà si distingue per la sua posizione rilevante: è un diritto
reale, assoluto. E’ una signoria su una res, con esclusione di qualsiasi terzo.
• In età arcaica si distingue tra «proprietà gentilizia» e «proprietà privata individuale», tra
«proprietà privata» e possessio vel usufructus dell’ager publicus ed in seguito tra «proprietà
quiritaria» e «concessione» dei fondi provinciali.

Essi si distinguono in
Diritti reali di godimento, che garantiscono al titolare un vantaggio derivante o dall’uso della cosa
altrui o dal divieto per il proprietario di esercitare uno dei suoi poteri.

• Il più antico diritto reale è la proprietà.


• In seguito, per rispondere ad esigenze d’ordine pratico, si affermarono le servitù e poi l’usufrutto,
originariamente tutelati con la vindicatio e le actiones in rem.
• Tali diritti parziari, in epoca classica, furono intesi come diritti tutelati erga omnes, ampliando
gradualmente il numero dei soggetti nei confronti dei quali era esperibile l’actio in rem.
• In età postclassica emersero l’enfiteusi e la superficie.

CLASSIFICAZIONE DELLE RES GENERALITÀ • La dottrina moderna classifica le res secondo vari criteri,
rispondendo così alla nostra esigenza di classificazione, schematizzazione. • Ciò non accade nel mondo
romano in cui i giuristi, pur conoscendo varie categorie di res, diversamente disciplinate, non si soffermano
ad elaborarne una teoria o una classificazione. • Si limitano, come sempre, ad affrontare di volta in volta le
questioni concrete e a risolverle mediante il loro lavoro d’interpretatio, con l’impiego di tecniche e
metodologie giuridiche, seguendo un andamento casistico. • E’ da notare che i nostri tentativi di
classificazione, basati sulle fonti giuridiche romane, spesso incontrano obiettive difficoltà, dovute da un lato
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

alla discordanza delle testimonianze anche di uno stesso autore (cfr. Gai, Inst. 2,1 e 2,23) e dall’altro al fatto
che, rispetto a singole res, vengono date talvolta qualificazioni in contrasto con la categoria generale di
appartenenza. • La distinzione a carattere più generale è rappresentata dalla dicotomia res in nostro
patrimonio (= cose nel nostro patrimonio, nella nostra disponibilità) e res extra nostrum patrimonium (=
cose al di fuori della nostra disponibilità), che tendenzialmente le fonti e gli studiosi considerano
corrispondenti alle res in commercio (= cose in commercio, che possono essere oggetto di rapporti giuridici
privati) e res extra commerciium (= cose non commerciabili) (Gai, Inst. 2.1 RES IN NOSTRO PATRIMONIO O
RES IN COMMERCIO IDONEE AD ESSERE OGGETTO DI RAPPORTI GIURIDICI PRIVATI RES EXTRA NOSTRUM
PATRIMONIUM O RES EXTRA COMMERCIUM RES CORPORALES/INCORPORALES RES MANCIPI/NEC MANCIPI
RES MOBILI/IMMOBILI RES DI GENERE E DI SPECIE RES FUNGIBILI E INFUNGIBILI RES DIVISIBILI E INDIVISIBILI
RES CONSUMABILI E INCONSUMABILI RES SEMPLICI/COMPOSTE/COLLETTIVE RES PRINCIPALI/ACCESSORIE
RES FRUTTIFERE E INFRUTTIFERE RES DIVINI IURIS RES HUMANI IURIS RES SACRAE RES RELIGIOSAE RES
SANCTAE RES PUBLICAE Titolare è il populus romanus RES COMMUNES OMNIUM RES PUBLICAE RES
UNIVERSITATIS RES PRIVATAE VEDI RES IN NOSTRO PATRIMONIO RES IN BONIS ALICUIUS RES NULLIUS RES:
SCHEMA • Gaio, afferma (Gai Inst. 2.2) che la summa divisio (= distinzione basilare) delle res è tra res divini
iuris e res humani iuris. • Le prime sono le res inidonee ad essere oggetto di rapporti giuridici privati, quindi
extra commercium (è però da notare che talvolta —come avviene in D.18.1.6 pr.— le res divini iuris sono
contrapposte alle res extra commercium ). • Res divini iuris (= cose di diritto divino) sono le cose destinate
a soddisfare le varie esigenze religiose. All’interno di esse si distingue tra: • res sacrae (= cose sacre), sono
le cose destinate al culto degli dei superi, come ad es. i templi, le are, i santuari, gli arredi sacri etc. La
consecratio (= consacrazione) o la dedicatio (= dedicazione) sono le cerimonie utilizzate per rendere una
cosa res sacra. Occorreva una cerimonia contraria di sconsacrazione (profanatio=profanazione) perché la
res sacra perdesse tale qualifica e tornasse ad essere una cosa profana. • res religiosae (= cose religiose),
Sono le cose destinate dai privati al culto dei defunti. I sepolcri (= loca religiosa), erano considerati tali i
luoghi di sepoltura anche degli schiavi, non il sepolcro vuoto. • res sanctae (= cose sante) Sono le cose
sante, inviolabili. Esse appartengono alla comunità romana, pur non essendo destinate al culto degli dei.
Erano cose poste sotto la protezione divina come, ad esempio la striscia di terreno a confine dei campi, le
mura e le porte della città etc,. • Res humani iuris (= cose di diritto umano) sono tutte le altre cose, non
destinate a soddisfare esigenze religiose. In tale ambito risulta fondamentale la distinzione tra res privatae
(quelle oggetto di rapporti giuridici privati) e res publicae (quelle di cui è titolare il populus romanus • Le res
humani iuris, a loro volta , si distinguono in: • Res communes omnium (= cose comuni di tutti) sono le cose
a disposizione di tutti, illimitatamente, come ad es. il mare, l’acqua piovana, l’aria etc. Esse non erano
suscettibili di apprensione, salvo la possibilità di usufruirne o di acquistarne in quantità limitata la proprietà.
• Res publicae (= cose pubbliche) Sono le cose del popolo romano. In questa categoria rientravano sia le res
privatae che erano state sottratte ai privati mediante la publicatio, sia le res appartenenti al popolo romano
a seguito di occupatio bellica (bottino di guerra) sia le res, publico usu destinatae (= cose destinate al
pubblico uso, ad es. strade, terme etc.), sia le cose che servono a scopi peculiari della Res publica come le
armi etc. • Res universitatis cioè dei municipia e delle coloniae, destinate all’uso di tali collettività. In
mancanza di questa specificità sarebbero rientrate nelle res publicae. • L’altra distinzione —come già
accennato, anch’essa enunciata da Gaio— è quella tra res in nostro patrimonio e res extra nostrum
patrimonium (Gaio, 2.1), la cui portata non è precisata dal giurista. • Le prime sono le cose sulle quali è in
atto un diritto di proprietà ed i privati possono disporne nei vari rapporti giuridici; esse sono, quindi, res in
commercio. • Le seconde sono quelle di cui i privati non possono disporre; esse, quindi, non possono essere
oggetto di rapporti giuridici patrimoniali. • Ciò è dovuto al fatto che o sono inidonee ad essere oggetto di
diritti soggettivi dei privati (quindi res extra commercium), oppure sono idonee (e quindi res in commercio),
ma al momento in cui sono prese in considerazione (per es. quali oggetto di una apprensione) non hanno
alcun proprietario, cioè sono res nullius (= cose di nessuno) e, come tali, suscettibili di essere oggetto di
rapporti giuridici privati solo con l’occupatio (= volontaria presa di possesso) • E’ da notare che la
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classificazione tra res in commercio e res extra commercium non è meglio precisata nelle fonti; in esse si
afferma solamente che per alcune res manca il commercium; essa è ststa elaborata dagli studiosi moderni.

NOSTRUM PATRIMONIUM

Res in nostro patrimonio .


- Res màncipi res mancipi sono le cose che, sin dalle origini, erano state oggetto di màncipium,
cioè quelle strettamente collegate ai bisogni della familia.

Il loro elenco è tassativo


• fundi in agro italico o provinciale, se ad essi era riconosciuto lo ius italicum cioè l’esenzione dal
pagamento del tributum o dello stipendium.
• animali da tiro e da soma.

MANCIPI
Le res nec màncipi sono anche esse collegate alla familia, ma non ad essa indispensabili, sono
solamente fonte di ricchezza.

NEC MANCIPI
Vi rientrava anche il dominium ex iure Quiritium, identificato con la cosa che ne era oggetto.

Cose che, secondo Cicerone, erano quelle create con un atto intellettivo e, secondo Gaio, quelle
che non potevano essere toccate.

CORPORALES E INCORPORALES
Tutte le cose suscettibili di essere trasportate da un luogo ad un altro senza alterarle: uno schiavo,
un animale, un manufatto etc.
Sono tutte le cose considerate per il loro peso, quantità o misura , quindi sostituibili con un’altra res
dello stesso genere.
Sono le cose prese in considerazione per la loro specifica individualità e come tali non fungibili.

GENERE E SPECIE, FUNGIBILI E INFUNGIBILI


Le cose suscettibili di essere divise in più parti senza che ciò ne alteri la funzionalità, ad es. il
danaro, il grano etc.

DIVISIBILI E INDIVISIBILI
Tutte le cose che, usate secondo la loro normale destinazione, consentono un solo utilizzo .
Le cose suscettibili di un uso ripetuto, per es. il denaro.

CONSUMABILI E INCONSUMABILI
Le cose che costituiscono una unità autonoma .

Cose che sono formate dall’unione di più cose semplici, che danno luogo ad un nuovo bene con
funzione propria .
Cioè un insieme di singole cose che conservano la loro esistenza autonoma, ma svolgono una
funzione socio-economica unitaria ed hanno un’unica denominazione .

SEMPLICI COMPOSTE E COLLETTIVE


La cosa accessoria è destinata al godimento della cosa principale. Esiste quindi un rapporto di
subordinazione anche se l’accessoria non perde la propria autonomia e individualità .

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Le res nullius, cioè le cose che non sono nel patrimonio di nessuno, sono classificabili
temporaneamente come res extra commercium, sottolineando in tal modo l’assenza di un titolare.

LEZIONE 20
Diritti reali: la proprietà
Possessio vel usufructus di agri provinciales .
• La giurisprudenza romana conosce il diritto di proprietà, ma alle origini questo non era concepito
come un diritto autonomo sulle res.

Quiritium .
• Alla fine del periodo classico le tre forme di proprietà presenti nel mondo romano esercitano
reciproche influenze tanto che poi, in epoca postclassica, si pervenne al dominio unificato.

Mancìpium
Il vocabolo —che deriva da manu capere— è utilizzato nelle fonti per indicare il rapporto che
intercorre tra il paterfamilias ed il resto dei cittadini, in ordine ai vari elementi che formano la
familia, vocabolo che, in età arcaica, ha un contenuto essenzialmente patrimoniale.

Dominium ex iure Quiririum


• Segue, dunque, nel tempo il dominium ex iure Quiritium ed è il risultato della fusione del
mancipium con la possessio delle res non familiares.
• Il valore semantico del vocabolo dominium è: "supremazia nella domus .
• Con riferimento al periodo più antico, il dominus è individuato nelle fonti, anche con il vocabolo
erus, presente in Plauto, ma anche in Ulpiano.
• La precisazione ex iure Quiritium è dovuta, molto probabilmente al fatto che esso deriva
dall’antico mancipium, rispetto al quale rappresenta un campo, da un lato, più ristretto e, dall’altro,
più ampio in quanto vi sono comprese, accanto alle res màncipi, anche le res nec màncipi.

IN BONIS HABÈRE
• La proprietà pretoria o bonitaria è stata individuata dalla dottrina moderna, per rispondere a
nostre esigenze classificatorie.

PROPRIETÀ PROVINCIALE
• Anche in questo caso la configurazione come proprietà provinciale è stata creata dalla dottrina
moderna, ovviamente basata sui dati forniti dalle fonti in cui troviamo utilizzata, con riferimento ai
fondi provinciali, l’espressione possessio vel usufructus.

DOMINIUM UNIFICATO
• In epoca postclassica si afferma il c.d. dominium unificato, come risultato dell’evoluzione e
dell’unificazione dei tre tipi di rapporti reali assoluti fino ad allora presenti a Roma e cioè dominium
ex iure
Mancìpium
• Il Mancìpium indica il rapporto che intercorre tra il paterfamilias ed il resto dei cittadini , in ordine
ai vari elementi che formano la familia.
• Sia i soggetti sottoposti al paterfamilias, sia i servi , sia la domus, sia gli animali domestici, sia i
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

beni funzionali all’economia famigliare, come ad esempio gli attrezzi per lavorare i campi, le
suppellettili etc, sono gli oggetti del mancìpium.
• Di conseguenza la familia era considerata una res màncipi.
• Oggetto del mancipium, quindi, era la familia che comprendeva filii, servi, domus e le altre res
màncipi.

Dominium ex iure Quiririum


• Soggetti del dominium erano i cives sui iuris ed i peregrini che avevano lo ius commercii .

DOMINIUM EX IURE QUIRITIUM - SOGGETTI


• Oggetti del dominium erano tutte le res in commercio, sia màncipi sia nec màncipi, mobili e
immobili, in agro romano e poi nel territorio italico, ed in seguito nei municipia e nelle coloniae, sia
in Italia, sia fuori.
• Il dominium consiste nello ius utendi, fruendi et abutendi una res.

I suoi caratteri sono


• Pienezza: Cioè la illimitata facoltà di godimento della cosa, nel rispetto della legge.
• Perpetuità: il diritto di proprietà è imprescrittibile.
• Esclusività: su una cosa esiste solo un diritto di proprietà, esso si difende con l’actio negatoria.

La proprietà immobiliare romana ha un’estensione molto ampia


• Comprende lo spazio sovrastante e tutto ciò che, suscettibile di sfruttamento economico, è
sottostante.
• I giuristi medievali sottolineavano tale aspetto con il brocardo: usque ad infera, usque ad sidera =
fino alle viscere della terra, fino alle stelle.
• Si parlava di communio nel caso vi fossero più domini per una res.

Limitazioni Si tratta di un potere immenso, una sorta di «sovranità privata» secondo la formula
elaborata dai Glossatori.
Esso, secondo lo ius civile, aveva come uniche, parziali limitazioni quelle necessarie per arginare il
disordine in campo edile e per disciplinare sia le costruzioni che le ricostruzioni.
• Limes = iter limitare.
• Ambitus , cioè uno spazio di 2.5 metri, lasciato libero da costruzioni intorno ad ogni edificio in
modo di potersi muovere tra le case in città.

Interdetto proibitorio, concesso dal pretore a favore del proprietario di un fondo su cui sporgevano
alberi da un fondo vicino. Il proprietario del fondo invaso poteva recidere, a tutela del diritto del
fondo invaso, i rami di altezza inferiore ai 15 piedi, qualora il proprietario vicino non avesse
provveduto a ciò.

Il proprietario dei frutti poteva recarsi sul fondo vicino una volta ogni tre giorni, per raccoglierli,
qualora il vicino non li avesse raccolti e glieli avesse dati, facendosi rimborsare eventuali spese per
la raccolta.

Divieto elaborato dai giuristi classici, secondo i quali un proprietario non poteva riversare le acque
correnti in un fondo sottostante per liberarsi di esse, nè poteva spaccare pietre mandandovi
schegge, nè nel caso avesse un’officina, poteva immettere fumi nel fondo contiguo.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Mediante l’in bonis habère il soggetto acquistava una res, seguendo il principio dello ius
honorarium, anziché dello ius civile.
• L’in bonis habère —peculiare del periodo classico, ma di origini repubblicane— consiste in un
rapporto assoluto reale, a carattere sostitutivo del dominium ex iure Quiritium, rispetto al quale
prevale se vi è un conflitto.
• Caratteristica principale è la tutela garantita dal pretore a favore di coloro che nel procedere
all’acquisto di una res non avessero rispettato le forme previste dallo ius civile.
• Per es. res màncipi acquistate utilizzando la traditio, anziché la mancipatio o la in iure cessio, •
La tutela pretoria era piena: non solo nei confronti dei terzi, ma anche del dominus ex iure
Quiritium.

IN BONIS HABÈRE– ACTIO PUBLICIANA


• In tal caso egli, quale acquirente privato della res e quale possessore in bona fide, poteva
chiedere erga omnes la restituzione della res con la actio Publiciàna.
PROPRIETÀ PROVINCIALE
• Si tratta di un rapporto assoluto, reale, riferito ai fondi provinciali, affine al dominium ex iure
Quiritium, e tutelato, inizialmente, mediante gli editti provinciali.
• In epoca classica è considerato un rapporto assoluto reale che presenta molti caratteri peculiari
del dominium ex iure Quiritium.
• L’oggetto della proprietà provinciale erano i praedia provinciales , cioè i territori conquistati posti
al di fuori del territorio italico.
• Essi appartenevano alla Res publica romana, ma che venivano assegnati a privati.
• A proposito dei fondi provinciali, va ricordato che gli studiosi tendono a distinguere tra province
senatorie e province imperiali, sulla base della normativa con cui Augusto aveva riservato a sé
l’amministrazione, mediante i suoi funzionari, di alcune province da poco annesse o di grande
rilevanza strategica .
• Coloro che avevano avuto assegnati in godimento territori provinciali pagavano un tributum, se si
trattava delle cosiddette province imperiali, oppure uno stipendium per le c.d. province senatorie.
• Tali fondi, sia stipendiarii sia tributarii, appartenevano giuridicamente alla categoria delle res
màncipi.
• La situazione in cui si trovavano gli assegnatari —a parte il pagamento del tributo— era
decisamente affine alla proprietà, anche se i giuristi romani preferivano utilizzare il termine
possessio o far ricorso al vocabolo usufructus per sottolineare le profonde analogie tra la posizione
dell’usufruttuario e quella del concessionario.

Il diritto unificato era caratterizzato


• Dal fatto che incontrava una nuova limitazione, rappresentata dalla possibilità di espropriazione
per pubblica utilità.

LEZIONE 21
Diritti reali: modi di acquisto
DIRITTI REALI: MODI DI ACQUISTO

TUTELA DELLA PROPRIETÀ • Si tratta di fatti giuridici o fatti costitutivi cui l’ordinamento
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

attribuisce l’efficacia di determinare l’acquisto della proprietà.


• Si distingue tra modi di acquisto a titolo derivativo e modi di acquisto a titolo originario.
• Si parla di modi di acquisto a titolo originario nei casi in cui non esista connessione con un diritto
precedente, ma il diritto di proprietà sorga ex novo.

• Il fructus è una nuova res che si distacca dalla cosa madre.


• In linea generale il fructus spetta al proprietario della cosa fruttifera, al momento in cui avviene la
separatio .

Eccezioni a tale principio sono


Con Giustiniano il possessore in buona fede di cose eventualmente furtive non doveva dare conto
dei frutti consumati ma, qualora egli ne fosse obbligato alla restituzione, doveva restituire i frutti
ancora presenti.

• Inquilino del fondo rustico, salvo diversa volontà manifestata dal dominus.
Si parla di confusio con riferimento ai casi in cui si verifica una mescolanza di cose solide o liquide
ed essa sia
• Inseparabile ad esempio la fusione di oro e argento o la mescolanza di miele e vino .Qualora la
confusio non comportasse un’unione fisica, in quanto si trattava di res fungibiles, colui che aveva
ricevuto nel proprio patrimonio ad es., del denaro altrui, ne acquistava il dominium, e doveva
restituire non le stesse monete che erano entrate nella confusio, ma altrettante dello stesso tipo.

SPECIFICATIO
• Termine introdotto dai Glossatori, sulla base di fonti romane, con riferimento all’ipotesi della
trasformazione di una materia prima o di un manufatto di proprietà di un dominus, effettuata da
persona da lui non incaricata.
• La cosa originaria perdeva, a seguito della lavorazione, la propria connotazione originaria e si
trasformava in una nova species, con funzione diversa.

• Per i Proculiani prevale il lavoro dello specificatore e, quindi, la proprietà della nova species
spetta a colui che ha effettuato la trasformazione, cioè allo specificatore.

• Qualora la nova species fosse reversibile allo stato primitivo, la proprietà spettava al dominus
della materia prima. In caso contrario, qualora non fosse reversibile, la proprietà spettava allo
specificatore, purchè in buona fede.
• In ogni caso, è sempre previsto un indennizzo o per il dominus della materia prima o per lo
specificatore, in funzione dell’assegnazione della proprietà.

Adiudicatio
• Si trattava di un provvedimento del giudice con cui, nel caso di un’azione divisoria, si assegnava
ad un soggetto, in proprietà individuale, una cosa comune o una parte di cosa comune.
• Il dominium ex iure Quiritium su una cosa, individuata e aggiudicata, era costituito
automaticamente dal provvedimento del giudice.

Litis aestimatio o estimazione giudiziale


• Il giudice stabiliva, con una sentenza, la condanna pecuniaria, corrispondente al valore della res
contesa, a carico del possessore ingiusto della cosa.
• Costui pagava quanto stabilito dal giudice ed acquistava il dominium ex iure Quiritium sulla cosa
controversa.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

USUCAPIO
• Modo di acquisto della proprietà mediante il possesso protratto nel tempo.
• Nel nostro codice l’usucapione è disciplinata dagli artt. 1158 ss. del c.c.
• Il giurista Modestino definisce così l’usucapione: «Adièctio dominii per continuationem
possessionis temporis lege definiti» .

Quiritium.
• Il possessore a favore del quale si utilizzava l’usucapione poteva essere solamente un cittadino
romano.
• Lex Atinia de rebus subreptis del 2° sec. a.C.
Per la quale le res furtivae non erano usucapibili.
• Lex Plautia de vi del 1° sec. a.C.
Le res vi possessae non erano usucapibili.

• Le res alienate da una donna, senza autorizzazione da parte del tutore.


• Le res extra commercium.

Mancipatio e in iure cessio cfr.

Traditio
• Consisteva nella consegna materiale di una cosa. Negozio traslativo della proprietà peculiare
della res nec màncipi, non utilizzabile per le res màncipi per le quali , fino all’intervento del pretore
con l’actio Publiciana erano necessarie le forme solenni.
Alluvio o adluvio
• Con il termine alluvio o adluvio si indica un incremento progressivo del fondo frontista, ad opera
della corrente di un fiume.
• La riva del fondo rivierasco si accresce con detriti provienenti da altri fondi, imprecisati.

Avulsio o incrementum palens


• Qualora si sia verificato il distacco di una notevole e riconoscibile porzione di terreno a causa
della corrente e la porzione avulsa, trascinata da acque impetuose, abbia poi aderito ad un altro
fondo rivierasco e, quindi, si sia verificata la coalitio , il proprietario del fondo rivierasco —che ha
materialmente ricevuto l’incremento— acquista ipso iure la porzione avulsa da altro fondo.

Alveus derelictus
• Si parla di alveus derelictus qualora un fiume abbia cambiato il suo corso o si sia prosciugato. I
proprietari dei fondi rivieraschi divengono di conseguenza proprietari del letto abbandonato del
fiume, seguendo il metodo della linea mediana.

INCREMENTI FLUVIALI – ALVEUS DERELICTUS


Insula in flumine nata .

INCREMENTI FLUVIALI – INSULA IN FLUMINE NATA


• Qualora nasca al centro del fiume un’isola, essa diviene proprietà comune dei proprietari dei
fondi rivieraschi.
• Si parlava di accessio quando una cosa veniva ad accedere ad un’altra economicamente più
rilevante.
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Accessione di mobili ad immobili


Qualora un fondo venisse seminato con sementi altrui, il proprietario del fondo diveniva
proprietario delle sementi e dei germogli.

ACCESSIONE DI MOBILI AD IMMOBILI


• Inaedificatio da parte del proprietario del fondo oppure del proprietario del materiale o da parte di
un terzo.
Il proprietario del fondo acquistava il dominium dell’edificio costruito: superficies solo cedit.

Il regime era dovuto probabilmente all’alto valore del materiale ed a una norma delle
XII Tavole che vietava di distaccare le travi dall’edificio o i pali impiantati nella vigna.

Accessione di mobili a mobili


Il proprietario della cosa principale acquistava il dominium della cosa accessoria .

FERRUMINATIO
Riguardava l’ipotesi che due parti di metallo fossero state unite con il piombo.

In età classica, qualora su una tela o su una stoffa fossero trapunti fili, il proprietario della stoffa
acquistava anche il dominium sui fili.
Esistevano però delle eccezioni quali, ad esempio, il caso in cui venissero usati dei fili d’oro.

ACCESSIONE DI MOBILI AD MOBILI - TEXITURA


Se un tessuto veniva tinto con colori altrui, il proprietario del tessuto acquistava la proprietà della
tintura.

ACCESSIONE DI MOBILI AD MOBILI - TINTURA


Qualora venisse scritto su pergamena, tavolette cerate, o papiro con inchiostro o cera altrui, il
dominus del materiale scrittorio acquistava la proprietà delle materie altrui utilizzate.

ACCESSIONE DI MOBILI AD MOBILI - SCRIPTURA


Nel caso di una pittura, con colori propri o altrui, sulla tavola di un terzo occorre considerare che,
mentre nel caso della scrittura, l’autore può farne altre copie, nel caso della pittura ciò non accade
ed il dipinto è inscindibile dalla tavola.

ACCESSIONE DI MOBILI AD MOBILI - PICTURA


• secondo i Sabiniani la proprietà spettava al dominus della tavola.
• secondo i Proculiani, e questa è la tesi prevalente, al pittore.
• Si tratta della presa di possesso di una res, con animus occupandi, cioè con la volontà di
divenirne proprietario.

• Piscatio .
E’ da notare che per alcuni giuristi il dominium nasceva solo nel momento materiale della cattura,
mentre per altri era sufficiente che l’animale fosse ferito e inseguito per prenderlo su terreno
proprio o altrui.

RES COMMUNES OMNIUM, FERAE BESTIAE


Ciò non valeva nel caso si trattasse dei resti di un naufragio che rimanevano a disposizione, fino al
compimento dell’usucapione, di colui che si fosse presentato a provarne il dominium.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Spettavano a chi se ne fosse impadronito per primo, salvo spettassero allo

Stato.
• Per i Proculiani la proprietà non si perdeva con l’abbandono, ma solo con l’occupatio da parte di
altri.
• Per i Sabiniani, invece -e l’opinione è condivisa da Ulpiano- la proprietà si perdeva
immediatamente.
• Nel diritto postclassico, per perdere il possesso della res era necessario l’animus derelinquendi
che veniva in genere identificato con il comportamento esteriore.
In genere si ha la derelictio, qualora essa sia voluta.
Una conferma è data dallo iactus mercium navis in caso di pericolo a causa di una tempesta.

• Se veniva scoperto per caso, una metà spettava al dominus ed una metà all’inventore.

LEZIONE 22
Diritti reali: proprietà
Nel nostro ordinamento la proprietà è tutelata essenzialmente con
• la rivendicazione un’azione reale che fa valere —contro chiunque la possieda o la detenga senza
titolo— il proprio diritto sulla cosa .

Altri mezzi di tutela sono

• l’azione di regolamento dei confini l’art. 950 del c.c. prevede che il proprietario possa agire per
ottenere che il confine tra il proprio fondo e quello vicino venga stabilito giudizialmente.
• l’azione per apposizione di termini se il confine è oggettivamente certo, ma non vi sono segni
visibili, ciascuno dei due proprietari può chiedere che vi siano apposti o ripristinati i termini, a
spese comuni .

• Cautio damni infecti.


• L’actio finium regundorum, inizialmente, era da considerare appartenente più alla categoria della
volontaria giurisdizione tra confinanti che non una vera e propria controversia giudiziaria e, quindi,
non trova inserimento nei due gruppi sopraindicati.
• La rei vindicatio è un’azione esercitabile contro qualsiasi terzo che possegga illegittimamente una
cosa, impedendo al proprietario di esercitare il suo diritto.
• Essa corrisponde all’attuale azione di rivendica ed è diretta ad ottenere la restituzione della cosa
illegittimamente posseduta da terzi.

• Per la difesa della proprietà si utilizza, in età arcaica, la legis actio sacramento in rem ,
caratterizzata da un forte formalismo verbale e gestuale.
• Le parti processuali: l’attore —colui che esercita l’azione, agisce, dà impulso al processo— ed il
convenuto —colui che, chiamato in giudizio, convenit in ius, cioè viene in ius — pronunciano
entrambi gli stessi certa verba e compiono gli stessi gesta e lo stesso sacramentum. Entrambi i
contendenti, infatti, pronunciano l’identica vindicatio.
• Il pretore, magistrato giusdicente, attribuiva la possessio interinale della cosa controversa ad uno
dei due, previa dazione di praedes per la restituzione della cosa e dei frutti.
• Non sappiamo su quali basi si fondasse tale attribuzione, probabilmente teneva conto dell’attuale

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

situazione possessoria, dell’apparente fondatezza, ma anche dell’idoneità, della serietà dei


praedes.

L’agere per sponsionem


• L’actio per sponsionem, sorta mentre era in vigore la legis actio sacramento in rem, rappresenta
una sorta di ponte di passaggio verso la formula petitoria.
• Con l’agere per sponsionem l’attore chiede al convenuto di fare la promessa di pagare la summa
sacramenti, in caso di soccombenza.
• L’attore, agendo con una actio in personam per ottenere la somma promessa, faceva
contemporaneamente accertare se fosse l’effettivo proprietario della cosa.

• Nel processo formulare si utilizza la formula petitoria che consente di non ricorrere alla sponsio .
• In questo tipo di processo l’intervento del pretore risulta determinante per ottenere un giudizio più
semplice e rapido.
• Colui che sosteneva di essere proprietario di una cosa, di cui non aveva il possesso, cioè l’attore,
chiamava in giudizio il possessore, cioè il convenuto, per farsela restituire.
• Una volta instaurato il giudizio, vi erano due possibilità: il convenuto restituiva spontaneamente la
res oppure la tratteneva.

• In caso di soccombenza il convenuto era condannato a restituire la cosa, cum sua causa• Alle
origini, tale actio era diretta ad accertare se il confinium di cinque piedi tra un fondo e l’altro fosse
stato rispettato o meno.

ACTIO FINIUM REGUNDORUM


• In seguito, tali controversie divennero sempre più rare e l’interesse si spostò sull’estensione
territoriale della proprietà.
• Così l’actio finium regundorum finì per diventare una figura particolare di rei vindicatio.

ACTIO NEGATORIA
• Veniva esperita nell’ipotesi in cui un terzo, senza contestare il dominium del proprietario,
sostenesse di aver su quella res un diritto reale, per es.
usufrutto, servitù.
• L’actio negatoria mirava ad accertare l’inesistenza del diritto reale parziario, affermato dal
convenuto e, quindi, che non esistessero gravami di alcun tipo, per es. su un fondo, che veniva
così riconosciuto optimus maximus.
• L’attore doveva provare di essere dominus e il convenuto l’esistenza del diritto vantato.

OPERIS NOVI NUNCIATIO


• L’operis novi nunciatio ha origini antichissime. Essa, infatti, era già stata disciplinata dalle XII
Tavole.
• Si trattava di una solenne intimazione fatta in iure, allo scopo di vietare la prosecuzione di una
costruzione iniziata da un terzo.
• L’intimazione, ad effetto inibitorio, era accompagnata da gesti rituali come lo iactus lapilli .
• Il nuncians, cioè l’autore della diffida, identificava l’opus novum ed affermava di essere titolare di
uno ius prohibendi, ad es. per mancato rispetto delle distanze tra gli edifici.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Il nunciatus, cioè il costruttore della nuova opera, o interrompeva la costruzione, oppure chiedeva
al pretore un decreto di remìssio, che lo autorizzasse al proseguimento dell’opera.
el nostro ordinamento la proprietà è tutelata essenzialmente con

• la rivendicazione un’azione reale che fa valere —contro chiunque la possieda o la detenga senza
titolo— il proprio diritto sulla cosa .
• l’azione negatoria con cui il proprietario chiede che venga dichiarata l’inesistenza dei diritti che
altri sostengono di avere sulla cosa oppure chiede che vengano fatte cessare le turbative o le
molestie al suo diritto di proprietà .

Altri mezzi di tutela sono


• l’azione di regolamento dei confini l’art. 950 del c.c. prevede che il proprietario possa agire per
ottenere che il confine tra il proprio fondo e quello vicino venga stabilito giudizialmente.
• l’azione per apposizione di termini se il confine è oggettivamente certo, ma non vi sono segni
visibili, ciascuno dei due proprietari può chiedere che vi siano apposti o ripristinati i termini, a
spese comuni .
• Mezzi diretti a salvaguardare il dominus da aggressione di terzi o da asserzioni di terzi di essere
proprietari.

• Cautio damni infecti.


• L’actio finium regundorum, inizialmente, era da considerare appartenente più alla categoria della
volontaria giurisdizione tra confinanti che non una vera e propria controversia giudiziaria e, quindi,
non trova inserimento nei due gruppi sopraindicati.

LEZIONE 23
Diritti reali: proprietà e comunione
• Accanto alla proprietà individuale, i Romani conobbero la communio .
• Il vocabolo communio viene utilizzato nelle fonti prevalentemente per indicare la contitolarità di
singoli diritti assoluti.
• Nelle fonti l’uso del termine communio è attestato non solo per indicare la contitolarità dei diritti
reali, ma anche la contitolarità del possesso o di un intero patrimonio.
• Per individuare i vari fenomeni ora richiamati vengono, talvolta, utilizzati altri vocaboli o
circonlocuzioni. La terminologia non ha, infatti, un carattere esclusivo e viene utilizzata anche in
senso traslato.
• Secondo vari studiosi, tra i quali ricordiamo il Guarino, alle origini vi era una «comunione
indifferenziata» all’interno delle familiae e, cioè, la c. d. «comunanza domestica».
• I membri liberi della famiglia erano partecipi, a titolo di «comunione indifferenziata» delle res
familiares e di tutti i beni di comune consumo; in breve, «contitolari» del patrimonio domestico.
• Con il successivo affermarsi del mancìpium sulle res familiares, sottoposte al potere del
paterfamilias, non si posero problemi di contitolarità, essendo esso sempre riferito ad un unico
soggetto, appunto al paterfamilias.
• La questione della contitolarità si pose, invece, per le terre indivise e non assegnate a singoli,
specifici patresfamilias.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Queste terre, questi agri cittadini non assegnati, inizialmente erano oggetto della c.d.
«comunanza gentilizia» .
Con tale denominazione gli studiosi fanno riferimento alle terre non assegnate ai patres, ma
rimaste indivise.
• Ciascun membro della familia o gens aveva il diritto di partecipare ai beni di consumo comune.

COMUNIONE SOLIDARISTICA
• Ogni membro del consorzio aveva diritto sul patrimonio comune.

CARATTERI
• Il condominio era ripartito in quote.
• Ogni quota era liberamente disponibile.
• La partecipazione agli utili ed agli oneri era proporzionale alla quota.
• Le decisioni venivano prese a maggioranza.
• Esisteva un diritto di accrescimento ius adcrescendi. Cfr. art. 674 ss. del c.c.
• Un momento intermedio tra la proprietà indifferenziata e quella individuale fu rappresentato dal
consortium ercto non cito , cioè dalla situazione in cui si venivano a trovare, alla morte del
paterfamilias, gli heredes sui.

«Consorzio non chiamato a divisione», cioè patrimonio non diviso


• Era un consortium fratrorum suorum, tra fratelli. Essi ereditavano il patrimonio familiare; si
trattava, dunque, di una «comunione domestica» che continuava tra i coeredi, che gestivano
insieme tale comproprietà, attuando «una sorta di società universale».
• Non sappiamo quanti fossero i tipi di consortium presenti nell’esperienza giuridica romana.
• Apprendiamo da Gaio l’esistenza di due soli tipi di consortium: il consortium fratrorum suorum ed
il consortium ad exemplum fratrorum suorum .
• Questo ultimo tipo di consorzio, detto anche «consorzio imitativo» veniva convenzionalmente
istituito mediante «certa legis actio» —riferisce Gaio—probabilmente con una in iure cessio tra
individui che volessero costituire un insieme patrimoniale comune, ad imitazione del consorzio
fraterno.
• Le somiglianze con la societas, che si affermerà più tardi, sono evidenti.
• Per i Romani, il diritto di ciascuno dei consortes, aveva ad oggetto il tutto, era un diritto
«integrale», impersonava l’intero consorzio sia negli atti di disposizione, sia in quelli processuali.
• Il diritto di ciascuno dei consortes era, dunque, inteso come una «contitolarità solidale» del
patrimonio familiare: tutti erano proprietari di tutto.

• Nel primo caso occorreva la volontà di tutti; senza la concorde volontà di porre fine alla
communio, non era, infatti, possibile porre in essere i negozi attuativi, perché mancava l’accordo di
divisione.
• Nella prassi difficilmente si raggiungeva tale pieno accordo e generalmente si usava la forma
giudiziale, mediante la c.d. actio communi dividundo.

LEZIONE 24
Diritti reali parziari: servitù

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

DIRITTI REALI PARZIARI


• I diritti reali parziari —cui appartengono quei diritti reali che noi moderni definiamo «diritti reali di
godimento»— sono individuati con l’espressione «iura in re aliena» , cioè diritti assoluti attribuiti ad
un soggetto giuridico su una res di cui fosse dominus un altro individuo.

GODIMENTO E DI GARANZIA
• I «diritti reali di godimento» presentano la caratteristica di garantire al titolare il godimento di
alcune facoltà giuridiche comprese nel dominium, sottraendole alla disponibilità del dominus della
res su cui grava il diritto reale di godimento.L’emphyteusis , comportava il diritto di un soggetto di
utilizzare, per tempo illimitato o comunque per lungo tempo, un fondo altrui, coltivandolo e
migliorandolo come se fosse proprio, pagando al concedente un modesto canone.

SERVITUTES
• All’interno dei iura in re aliena, diritti reali di godimento, i più antichi sono le servitutes.

DIRITTI REALI PARZIARI: SERVITUTES• Per servitù prediale s’intende un peso, gravante su un
fondo , a vantaggio o utilità oggettiva di un altro fondo , confinante o contiguo, appartenenti a
proprietari diversi.
• E’ un diritto reale, parziario, in base al quale il proprietario del fondo servente è tenuto a non
esercitare sul proprio fondo un’attività, che altrimenti avrebbe potuto svolgere , o a permettere che
il dominus del fondo dominante eserciti sul fondo contiguo attività utili al proprio fondo.
SERVITUTES
• Le servitù sono caratterizzate dalla tipicità.
• Non troviamo, infatti, nelle fonti una figura generale di servitù avente una disciplina generale,
come accade nell’esperienza attuale .

SERVITUTES : TIPICITÀ • utilitasSi doveva trattare di una utilità oggettiva e non personale. Il
fondo dominante doveva ricavare una utilità oggettiva dal fondo servente.
• perpetuità Poiché la servitù consiste in un peso su un fondo servente a vantaggio di un fondo
dominante, essa non può essere temporanea, ma solo permanente.
Il contenuto della servitù può essere solamente un pati o un non facere .
• inalienabilità la servitù non poteva essere alienata separatamente dal fondo, essendo inerente ad
esso.

Le più antiche servitù , e di acquedotto .


SERVITUTES : MANCIPI E NEC MANCIPI
• Iter comportava il diritto del proprietario del fondo dominante di passare a piedi attraverso il fondo
servente.
• Via diritto del proprietario del fondo dominante di passare attraverso il fondo servente, su una
vera e propria strada.

• Aquaeductus consiste nella facoltà del proprietario del fondo dominante di attraversare con una
conduttura d’acqua il fondo servente in modo di portare l’acqua nel proprio fondo.

SERVITUTES: AQUAEDUCTUS
Si tratta delle c.d. servitù rustiche, cioè quelle dirette a favorire l’attività agricola del fondo

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

dominante.
• Servitutes praediorum urbanorum .
SERVITUTES PRAEDIORUM RUSTICORUM E URBANORUM
Esaminiamo le c.d. servitù rustiche :
• Servitus pecoris ad aquam appellandi diritto del proprietario del fondo dominante di condurre le
proprie pecore ad abbeverarsi nel fondo servente.

Soffermiamoci ora ad esaminare le servitù urbane


• Servitus altius non tollendi il proprietario del fondo servente non poteva edificare oltre una certa
altezza, in modo di assicurare al fondo dominante vedute e luci.

SERVITUTES : URBANE
• Servitus stillicidii e servitus luminis dominante convogliasse l’acqua piovana nel fondo servente.
Modi di acquisto
• in iure cessio servitutis .
• deductio servitutis al momento della vendita di un fondo, l’alienante si riservava, deduceva dal
fondo una servitù, a favore di un altro fondo sempre di sua proprietà.
• adiudicatio esperita una actio communi dividundo, questa si concludeva con una adiudicatio, cioè
con la costituzione di una servitù, resa necessaria dalla pronuncia di divisione e di assegnazione
delle singole quote di proprietà.• traditio servitutis il proprietario del fondo servente tollererava che
il proprietario di un altro fondo si comportasse come se fosse titolare di una servitù sul fondo.
• prerogativa temporis si desumeva l’esistenza di una servitù dall’esistenza, sul fondo servente da
lungo tempo, di manufatti idonei all’esercizio della servitù.

DIRITTI REALI PARZIARI


• I diritti reali parziari —cui appartengono quei diritti reali che noi moderni definiamo «diritti reali di
godimento»— sono individuati con l’espressione «iura in re aliena» , cioè diritti assoluti attribuiti ad
un soggetto giuridico su una res di cui fosse dominus un altro individuo.

GODIMENTO E DI GARANZIA
• I «diritti reali di godimento» presentano la caratteristica di garantire al titolare il godimento di
alcune facoltà giuridiche comprese nel dominium, sottraendole alla disponibilità del dominus della
res su cui grava il diritto reale di godimento.
L’emphyteusis , comportava il diritto di un soggetto di utilizzare, per tempo illimitato o comunque
per lungo tempo, un fondo altrui, coltivandolo e migliorandolo come se fosse proprio, pagando al
concedente un modesto canone.

SERVITUTES
• All’interno dei iura in re aliena, diritti reali di godimento, i più antichi sono le servitutes.

DIRITTI REALI PARZIARI: SERVITUTES


• Per servitù prediale s’intende un peso, gravante su un fondo , a vantaggio o utilità oggettiva di un
altro fondo , confinante o contiguo, appartenenti a proprietari diversi.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 25
Diritti reali di godimento: usufrutto

• L’usufrutto è un diritto reale su un bene altrui, appartiene alla categoria dei c.d.
diritti reali di godimento.
• Il giurista Paolo definisce così l’usufrutto: ius alienis rebus utendi salva rerum substantia .
• Oggetto dell’usufrutto è una res fruttifera e inconsumabile.
• L’usufruttuario, cioè il titolare del diritto di usufrutto, può utilizzare il bene e percepirne i frutti.
• Egli è mero detentore della res e, quindi, non essendone possessore non può usucapirla e
diventarne dominus, né ha potere di disporne o di costituire diritti reali su di essa.
• Solamente in età giustinianea si ammise l’applicazione della longi témporis praescrìptio.
• Si tratta di uno ius in re aliena di formazione più recente rispetto alle servitutes.
• L’origine dell’usufrutto, risalente al III sec. a.C., è da ricondurre a motivazioni «sociali».
• Con esso si risolve un problema di ordine pratico: risponde all’esigenza di consentire il
mantenimento di una vedova, che -a seguito di matrimonium sine manu- non faceva parte della
famiglia e quindi non poteva succedere ab intestato al marito.

• L’usufrutto era strettamente connesso alla persona dell’usufruttuario, per cui non poteva
alienarlo.
• Secondo la maggioranza degli studiosi, se ne faceva in iure cessio esso si estingueva, e, in ogni
caso, l’atto non aveva efficacia.

Nell’utilizzare e nel godere della res usufructuaria , doveva usare la diligenza del buon padre di
famiglia temporaneita’

• L’usufrutto era un diritto limitato nel tempo, per cui doveva essere costituito a termine ed in ogni
caso si estingueva con la morte dell’usufruttuario.
• Se era a favore di una persona alieno iure subiecta, veniva acquistato dal paterfamilias cui era
sottoposto, ma commisurato alla vita della persona alieni iuris e si estingueva per morte o capitis
deminutio della stessa.
• Un caso particolare è quello dell’usufrutto a favore di persone giuridiche.
I giuristi romani, pur non conoscendo tale categoria, creata dalla dottrina tedesca dell’800,
affrontarono e risolsero la questione per i municipia.
Gaio lo ammette, ma limita la durata della tutela processuale dell’usufrutto a cento anni.
• L’usufruttuario acquista i frutti mediante la perceptio .
• Se essa non coincide con la separazione dalla cosa madre , la proprietà è acquistata
interinalmente dal nudo proprietario.
• Se oggetto dell’usufrutto è un gregge, sono considerati frutti i vari prodotti: latte, lana, carne e per
quanto concerne i nuovi nati la disciplina è particolare.
• Il gregge, come qualsiasi altra res, deve essere restituito nella sua originaria consistenza, cioè
com’era al momento della costituzione dell’usufrutto.

̶ spetta all’usufruttuario tutto ciò che il servus ottiene ex re fructuarii o dal proprio lavoro .
̶ Se, invece, i proventi dell’attività dello schiavo derivano ex re domini o a titolo gratuito, l’acquisto
era a favore del dominus.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

ED ESTINZIONE

• A difesa del diritto d’usufrutto, l’ordinamento offriva all’usufruttuario la possibilità di agire


mediante la c.d. vindicatio usufructus, esperibile nei confronti del dominus e, a partire dall’età
classica, di qualsiasi possessore.

LA TUTELA DELL’USUFRUTTO

• Se il convenuto non ottemperava allo iussum de restituendo, rimuovendo gli ostacoli all’esercizio
dell’usufrutto, il giudice -basandosi sullo ius iurandum in lite dell’attore- pronunciava la condanna
pecuniaria che comportava, secondo il diritto pretorio , la perdita dell’usufrutto.

Nel legato di usufrutto, l’usufruttuario deve dare la satisdatio boni viri arbitratu se usurum
fruiturum .
La satisdatio è una stipulazione pretoria.

ESTINZIONE DELL’USUFRUTTO

Si verifica quando l’usufruttuario diventa anche dominus, acquistando la proprietà della res
usufructuaria o viceversa.

I modi di estinzione dell’usufrutto sono

In epoca classica, veniva effettuata mediante in iure cessio al proprietario.

LEZIONE 26
Diritti reali di godimento figure affini all'usufrutto

DIRITTI REALI DI GODIMENTO quasi usufruttus, sorto in età classica, per ovviare
all’inconveniente di legati d’usufrutto aventi ad oggetto l’intero patrimonio usus , cioè l’uso senza il
frutto, consistente nel reale diritto assoluto Habitatio , un diritto reale di godimento, valevole erga
omnes, che conferisce al titolare Operae servorum et animalium consistente nel diritto di usare gli
schiavi o gli animali altrui.
• In età repubblicana, oggetto dell’usufrutto potevano essere solamente res inconsumabili, cioè
cose che potevano essere utilizzate dall’usufruttuario più volte e poi, al termine dell’usufrutto,
venivano restituite al dominus nel loro stato originario.
• A partire dall’età classica, si affermò la tendenza ad attribuire ad un usufruttuario non solo singole
res, ma anche un intero patrimonio , senza distinzione alcuna tra le res consumabili e le res
inconsumabili che facevano parte del patrimonio.
• Un senatoconsulto del I secolo d.C. –secondo alcuni studiosi, sarebbe stato adottato da Tiberio-
riconobbe piena validità a questo tipo di disposizione testamentaria, riconoscendo implicitamente
la liceità dell’usufrutto delle cose consumabili.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Augusto.
• I giuristi, a proposito degli incapaces ex lege Iulia et Papia, rilevarono tale incongruenza.

− dall’altro coloro che propendevano a tollerare tale prassi e, quindi, riconoscevano la validità del
lascito.
• La questione, come è stato accennato, fu risolta -nel senso di riconoscere la validità di questo
tipo di disposizione testamentaria dell’intero patrimonio a favore degli incapaces- dal
senatoconsulto che stabilì la prestazione di una promessa stipulatoria, da parte dell’usufruttuario, a
garanzia della restituzione all’erede della stessa qualità e quantità delle cose ricevute e
consumate, cioè il tantundem eiusdem generis.
• Il senatoconsulto in tal modo trasformò la cautio fructifera in una promessa di restituire il
tantundem.
• L’oggetto del quasi usufrutto, originariamente riguardante solo le cose materiali, fu poi esteso
anche alle res incorporales: crediti e poi tutte le altre.
• In seguito fu ammesso anche l’usufrutto delle c.d. "cose deteriorabili ed, inoltre, che il "quasi
usufruttuario", anziché procedere alla restituzione delle res all’erede, potesse pagare il
controvalore in denaro.
• In età giustinianea l’usufrutto di cose consumabili fu denominato "quasi usufrutto".
• La posizione del quasi usufruttuario è analoga a quella del mutuarlo che riceve dal mutuante una
somma di denaro in prestito, di cui diviene proprietario e che dovrà poi restituire.
• L’erede -nell’ipotesi che il quasi usufruttuario non avesse prestato la cauzione - non poteva
utilizzare la rei vindicatio, bensì doveva utilizzare le azioni a tutela del mutuante: actio certae
crediate pecuniae o la condictio certae rei.
• L’uso consisteva nella facoltà di usare direttamente una cosa altrui, in consumabile, fruttifera o
infruttifera, per i fabbisogni propri, senza percepirne i frutti.
• A partire dall’età classica accanto all’usufructus si affermò l’usus.

Fructus sine usu, habitatio e operae servorum et animalium

• Diritto reale parziario su bene altrui, consistente nel diritto di percepire i frutti, senza utilizzare la
cosa.

FRUCTUS SINE USU

• Si tratta di un diritto reale su cosa altrui, consistente nel diritto di abitare una casa di altri o di
darla in locazione a terzi.
• La giurisprudenza classica oscilla tra un inquadramento di tale diritto nell’uso oppure
nell’usufrutto .
• In età giustinianea, all’habitatio fu riconosciuta una configurazione autonoma e fu espressamente
ammesso che l’habitator desse in locazione la domus, oggetto di habitatio. Il Talamanca conclude:
"è praticamente un usufrutto".
• Sembra che l’habitatio non si estinguesse per capitis deminutio e per non usus.
• Il testatore poteva attribuire, mediante legato, le operae servorum et animalium ad un soggetto
diverso dal dominus.

Compila il quiz collegato

E´giunto il momento di saggiare la comprensione di quanto abbiamo studiato.


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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Dopo aver studiato sulle lezioni e libro di testo. Analizzati i testi normativi di riferimento compila il
quiz.

LEZIONE 27
Diritti reali di godimento e garanzia
Concludiamo il quadro dei diritti reali di godimento, richiamando brevemente gli ultimi due:
superficie ed enfiteusi, di formazione più recente rispetto alle servitù e all’usufrutto.
• Per superficie si intende il diritto reale parziario di godimento, in base al quale un soggetto,
diverso dal dominus di un fondo, può costruire sul fondo altrui un edificio e mantenerne la
proprietà, pur non essendo il dominus del fondo su cui insiste l’edificio.
• Per enfiteusi si intende un diritto reale parziario di godimento su un bene altrui, a seguito della
concessione di un fondo dietro pagamento di un canone.
• In caso d’inadempienza da parte del debitore, lo ius civile predispose a favore dei creditori una
garanzia reale dei loro crediti.
• I creditori potevano soddisfarsi direttamente sulle res del debitore o di un terzo garante.
• A tal fine furono creati due diritti reali assoluti, c.d. di garanzia: il pignus e l’hypoteca.
• Tale funzione in epoca preclassica era assolta mediante la fiducia da qualificare, secondo alcuni
studiosi, come dominium fiduciarium .
• Per realizzare tale funzione si ricorreva alla fiducia cum creditore.
• Il garante trasferiva, mediante in iure cessio, mancipatio, il dominium ex iure Quiritium di una
propria res màncipi.
• Tra le parti veniva concluso un «patto fiduciario» , in base al quale la res sarebbe stata restituita
dal creditore al debitore al momento dell’adempimento oppure trattenuta per sempre in caso
d’inadempimento.
• In generale, il garante rimaneva in possesso della res, per esempio un fondo, in modo di
ricavarne un utile produttivo.
• Nell’ipotesi di adempimento non seguito dal ritrasferimento, in conformità a quanto concordato
col pactum fiduciae, il garante -purché fosse in possesso della res fiduciaria- ne riacquistava il
dominium mediante l’usureceptio o «usucapione di favore» , per la cui realizzazione era sufficiente
il decorso di un anno, anche per gli immobili.
• Risulta evidente come la fiducia fosse piuttosto rischiosa per il garante che, in caso
d’inadempimento, perdeva la proprietà della cosa anche nell’ipotesi che essa avesse un valore
superiore al credito.
• Di conseguenza, si rese necessario l’intervento del pretore, il quale tutelò un altro tipo di garanzia
reale, il pignus .
• Al creditore veniva riservata la possessio ad interdicta di una res del debitore o di un terzo
garante, con diritto di venderla e rifarsi sul ricavato, in caso di inadempimento.
• Tale diritto scaturiva dalla tutela offerta dal ius honorarium al creditore.

− del concessionario se si trattava di danni temporanei, per cui doveva continuare a pagare il
canone.

− l’enfiteuta doveva dare comunicazione al proprietario di ogni trasferimento del suo diritto che
intendesse fare.
− Al proprietario veniva riconosciuto un diritto di prelazione .
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

In base al quale, doveva essere preferito ad un terzo, a parità di condizioni economiche, nel
riscatto del fondo enfiteuticario.
Se non esercitava tale diritto, al proprietario spettava il c.d. laudèmium, pari al 2% del prezzo.
− Devoluzione.

• Il pignus datum è la forma più antica di pegno ed è concesso volontariamente dal garante,
mediante una dazione della cosa pignorata al creditore .
La res doveva essere restituita in caso di satisdatio , altrimenti poteva essere venduta, in modo
che il creditore potesse soddisfare il proprio credito con il ricavato.
• Il pignus conventum o ipoteca nasce da un accordo tra garante e creditore, per cui il primo è
tenuto a lasciare una res a disposizione del creditore e con l’intesa che quest’ultimo ne avrebbe
avuto il possesso solamente in caso di inadempimento, per consentirgli di soddisfare il credito.
Per esempio: un accordo intercorso tra il proprietario di un fondo ed un contadino affittuario che si
impegnava a non portare fuori dal fondo gli attrezzi agricoli e gli animali ivi introdotti per coltivare il
fondo stesso missio in possessionem , disposta dal pretore pignus ex causa iudicati captum ,
peculiare della cognitio extra ordinem, ordinato dal giudice a garanzia dell’esecuzione della
sentenza da parte del soccombente.

LEZIONE 28
Possesso: generalità e tipi

IL POSSESSO
• Oggi: disciplinato dagli artt. 1140 ss. c.c.
• Non troviamo nella riflessione giurisprudenziale romana una definizione del possesso.
• I giuristi moderni definiscono il possesso «signoria sulla cosa», ma tale definizione- come
abbiamo visto, cfr. lezione precedente: modi d’acquisto proprietà- è utilizzata anche per la
proprietà.
• Il vocabolo «signoria» indica il potere sulla cosa, un potere immediato ed assoluto.

DIRITTO, cioè la proprietà.


• Ciò significa che nel possesso rileva il potere materiale sulla cosa e, quindi, «signoria di fatto»
indica la «disposizione materiale» della cosa, con esclusione di qualsiasi terzo.
• Con riferimento alla proprietà, invece, indica il diritto ad avere la materiale disponibilità della cosa.
• Significativo un frammento di Paolo in cui il giurista afferma che la possessio è una res facti, più
che una res iuris.
• A tale proposito occorre precisare che la possessio, pur essendo una res facti, è disciplinata e
tutelata dal diritto e, quindi, è giuridicamente rilevante.
• Per esempio, consideriamo l’usucapione; essa consente, con il decorso del tempo ed il possesso
della res, di acquistare la proprietà. Ma ogni eventuale interruzione della possessio incide
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

sull’effetto acquisitivo mediante usucapione.


• Nelle XII Tavole, in tema di usucapione viene utilizzato il vocabolo usus per indicare il possesso.
• Solamente a partire dal II secolo a.C., è attestato nelle fonti l’impiego del termine possessio, a
proposito dell’ager occupatorium .

• Animus possidèndi e corpore possidère non sempre coesistono.


• Può accadere che un individuo abbia il corpore possidère, ma non l’ànimus o viceversa.
• Per distinguere tra detenzione e possesso si ha riguardo alla volontà di colui che ha il corpus: il
ladro sa che la res spetta ad un altro, ma la vuole tenere lo stesso per sé e, quindi, c’è il possesso.

• I giuristi PROIBITORI= proibiscono un determinato comportamento: il pretore ingiunge di


astenersi da un determinato comportamento e soprattutto dall’uso della violenza VIM FIERI
VETO .
DUPLICIA ADIPISCENDAE POSSESSIONIS RECUPERANDAE POSSESSIONIS RETINENDAE
POSSESSIONIS Interdictum de vi armata: analogo al precedente, ma presuppone che lo
spossessamento sia avvenuto con una vis atrox o vi armata interdetto UTRUBI: tutela il possesso
di uno schiavo, poi esteso ai beni mobili.

LEZIONE 29
Processo: (segue) tipi
• La tutela giurisdizionale nel periodo più antico era affidata al re .
• Secondo alcuni studiosi ciò sarebbe accaduto a partire dall’età della monarchia etrusco-sabina,
mentre in epoca precedente si faceva ricorso all’autotutela, cioè alla difesa privata.
• In quest’ultimo caso, si applicava il principio del taglione , previsto dalle consuetudini degli
antenati .
• Colui che aveva subito un torto procedeva alla vendetta, nei limiti consentiti dalle consuetudini
non vi fosse una composizione pacifica, in quanto non riusciva a raggiungere un accordo con
l’offensore.
Ad esempio, nell’ipotesi della rottura di un arto .

− L’attore , che provvede alla chiamata in giudizio .


− Il convenuto , che doveva ottemperare alla richiesta, altrimenti poteva esservi costretto con la
forza .
• ACTIO è il potere di adire il magistrato per ottenere una pronuncia sulla fondatezza o meno della
domanda AZIONE in senso materiale: il potere di colui che, titolare di un diritto soggettivo, voglia
farlo valere in giudizio.

• Secondo la nota definizione, del giurista Celso: «...l’azione altro non è che il diritto di perseguire
mediante un processo ciò che è dovuto...» DICHIARATIVE o COGNITIVE ESECUTIVE formulare
cognizione
• La forma più antica di processo è quella per legis actiones , molto praticata all’epoca delle XII
tavole, che ci hanno tramandato una disciplina abbastanza dettagliata, espressa con un linguaggio
essenziale, arcaico e con un tono imperativo, ma molto incisivo.
• La formazione della struttura processuale, quale la conosciamo noi attraverso le testimonianze di
Gaio e di Pomponio, fu lenta e graduale, così come accadde per l’affermarsi del diritto civile, il cui

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

nucleo originario fu costituito dal diritto dei Quiriti.


• Il processo per legis actiones si svolge a Roma tra cittadini romani ed è diviso in due fasi: in iure
ed in iudicio.
• Una precisazione: la fase in iudicio si svolgeva dinnanzi al giudice, ma la denominazione iudex
non deve trarre in inganno: non si tratta di un giudice in senso moderno, bensì di un privato
cittadino.
• Il processo per formulas fu utilizzato in alternativa al processo per legis actiones in base alla lex
Aebutia de formulis .
• Nel periodo augusteo fu regolato da due leges Iuliae che eliminò tutte le legis actiones, tranne la
legis actio sacramento nei giudizi centumvirali.
• Si tratta di un processo meno formale, più agile ed immediatamente rispondente alle mutate
esigenze concrete.
• Anche il processo formulare, presenta una struttura bipartita: è suddiviso in una fase in iure e una
apud iudicem .
• Il pretore, chiamato ora non solo a controllare la regolarità sul piano formale, fa una prima
sommaria valutazione della fondatezza dell’iniziativa processuale, che gli consente di DARE o
NEGARE l’azione richiesta.
• Se la domanda dell’attore veniva accolta, il pretore concedeva l’azione richiesta.
• Il pretore procedeva poi alla stesura di una FORMULA SCRITTA che conteneva una sintesi della
posizione di fatto e di diritto delle parti, la nomina del giudice e le istruzioni da seguire
rigorosamente, poi la inviava al giudice affinché accertasse e pronunciasse sentenza.
• Sorge e si sviluppa alla fine della repubblica, inizialmente affianca il processo formulare e poi in
età tardoantica lo sostituisce quando la procedura per formulas viene abolita .
• Alle origini il procedimento per cognitio veniva utilizzato solamente nelle province e si svolgeva
dinnanzi ai prefetti, proconsoli, legati e presidi e riguardava materia di diritto pubblico.
• Augusto estende questo tipo di processo a Roma.
• Scompare la struttura bifasica.
• Ora il processo si svolge per intero dinnanzi al funzionario incaricato dal principe.
• Il funzionario, a differenza del iudex ha un ampio potere discrezionale e vasti poteri di
accertamento.
• Il processo si può svolgere anche in contumacia.
• La sentenza era impugnabile, cioè la parte soccombente, se riteneva che fosse ingiusta, poteva
proporre appello.
• Se consideriamo i vari tipi di processo presenti nell’esperienza giuridica romana sotto il profilo
della struttura, possiamo individuare, accanto ad alcuni elementi peculiari di un tipo o un’altra
forma processuale, altri elementi comuni.

LEZIONE 30
Processo: (segue) tipi
• E’ il più antico tipo di processo.
• Non solo il contenuto, ma anche il linguaggio, i termini ed i verbi utilizzati, nonché la costruzione
della frase e il tono ritmato dei versetti attestano la risalenza del processo per l.a.
• Tali elementi inducono a ritenere che la disciplina giurisdizionale predisposta dai decemviri fosse
fortemente legata a mores processuali precedenti.
• Tali mores erano connessi a forme di autodifesa assai risalenti, poste in essere sotto la guida dei
pontefici . In prosieguo di tempo si erano consolidati e cristallizzati in forme stereotipe .
• Sappiamo che il collegio dei pontefici aveva varie competenze, molte delle quali trascendevano
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

l’ambito religioso. Per quanto concerne il campo giurisdizionale avevano la competenza esclusiva
sui Flamini e sulle vestali.
• Con molta probabilità il processo per legis actiones, come sistema giurisdizionale stabile,
configurato secondo le forme a noi note, venne affermandosi e diffondendosi nel periodo
antecedente la legislazione decemvirale.
• I processi si svolgevano secondo forme che andarono mano a mano stratificandosi e
consolidandosi, assumendo gradualmente l’assetto che conosciamo.
• Ciò fu reso possibile grazie all’apporto continuo e costante della riflessione pontificale, cui
spettava il compito d’individuare di volta in volta i certa verba da pronunciare ed i gesti rituali da
compiere.
• L’attività posta in essere in ambito processuale dai pontefici mirava ad accertare la veridicità delle
affermazioni.
• Tale esigenza era fortemente sentita a livello giuridico, sociale e religioso.
• L’accertamento della violazione del diritto del singolo - realizzato attraverso un meccanismo
processuale appositamente predisposto- impediva il degenerare in uno stato di faida altamente
destabilizzante e garantiva un controllo sociale costante che, oltre all’accertamento, si estendeva
anche alla effettiva esecuzione della tutela giurisdizionale, nei termini e nei modi stabiliti.
• Il processo consentiva di superare le conseguenze nefaste che la violazione del sacramentum
avrebbe determinato per l’intera comunità.
• Attraverso questo incessante lavorio di interpretatio si giunse alle forme, ormai stabilizzate,
proprie della prima fase della repubblica: dall’ antico sacramentum —il giuramento con cui le parti,
dopo essersi sfidate davanti a testimoni, s’impegnano ad accettare le conseguenze di un falso
giuramento— si giunge alla legis actio sacramento.
• Il processo evolutivo non si arresta qui, la riflessione giurisprudenziale continua il suo lavoro,
affina le tecniche d’interpretazione ed estende l’impiego della tutela giurisdizionale a situazioni
diverse dalla tutela della proprietà , cioè a quelle situazioni, connesse alla proprietà, che vanno
delineandosi in seguito.

• Fermiamo l’attenzione sulla l. a. sacramento in rem.


• Si tratta di un significativo esempio di azione dichiarativa.
• È una legis actio generale , pertanto, può essere utilizzata per tutte le situazioni tutelate dal diritto
civile.
• La testimonianza di Gaio, giurista del Il sec. d. C., è particolarmente preziosa per la nostra
conoscenza del processo romano.

Il processo presenta una struttura bipartita

• Occorreva in primo luogo distinguere se la controversia verteva su una cosa mobile o immobile.
• A questo punto le parti procedono alla «recita» delle azioni.
• L’attività delle parti —alla presenza del magistrato e sotto il suo controllo— era diretta a
determinare i termini della questione.
Di conseguenza era necessaria la presenza in tribunale di entrambe le parti, le quali effettuavano
le loro dichiarazioni solenni alla presenza di testimoni .
• Una peculiarità della l. a sacramento è rappresentata dal fatto che le due dichiarazioni dell’attore
e del convenuto sono identiche: entrambi pronunciano le stesse parole solenni .
Viene seguito lo schema suggerito dal pontefice.
Ciascuno dei contendenti dichiara: «affermo che questo uomo è mio in base al diritto dei Quiriti,
secondo la sua condizione. Così ho detto, ecco eseguo nei tuoi confronti l’ imposizione della
verghetta» il convenuto assumeva un atteggiamento passivo, non facendo alcuna dichiarazione e
non compiendo alcun gesto.
62
RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

In tal caso si aveva una confessio in iure Il convenuto compiva la stessa dichiarazione e gli stessi
gesti, cioè una vindicatio contraria a quella dell’attore.
• Il pretore, a sua volta, ordinava: «lasciate entrambi l’uomo» .
• Si arrivava così alla seconda parte del formulario.
L’attore dichiarava: «poichè hai proceduto alla vindicatio non secondo il diritto; ti sfido ad un
giuramento di cinquecento assi» .
Seguiva la dichiarazione del convenuto: «ed io TE ».
• Si trattava di due dichiarazioni omogenee, rafforzate dal giuramento. Essendo identiche una delle
due era necessariamente falsa e falso un giuramento.
• Nel periodo più antico il falso giuramento —secondo le concezioni allora dominanti— non solo
doveva essere punito giuridicamente come spergiuro, ma era rilevante anche sul piano del diritto
sacro.

• Attore e convenuto producevano le prove a sostegno delle loro affermazioni ed il giudice,


seguendo rigidamente le istruzioni ricevute dal magistrato, dopo averle valutate, procedeva
all’accertamento del diritto e pronunciava la sentenza, dichiarando quale dei due giuramenti fosse
giusto CONTESTARE ed in tal caso il creditore lo provocava al sacramentum.
Le due dichiarazioni in questo tipo di l. a. erano divergenti.
• La sfida al sacramentum comportava l’indicazione dei garanti Il convenuto contesta.
Allora l’attore rivolgendosi al pretore dice: quando tu negas, te praetor, iudicem postulo ut des e
veniva nominato il giudice , il quale avrebbe accertato il credito.
• Dalla descrizione sommaria ora fatta risulta evidente che si tratta di un rito abbreviato rispetto alla
legis actio sacramento, quindi più recente e più semplice: manca il giuramento , non ci sono
praedes.
• Gaio riferisce che la legis actio per conditionem fu introdotta da una lex Silia del III a.
L’attore chiedeva al convenuto il riconoscimento del debito, se questi negava lo invitava a
comparire in tribunale davanti al magistrato per la nomina del giudice, quindi tutta la parte iniziale è
extra ius.

LEGIS ACTIONES ESCUTIVE


• Se il debitore condannato non adempiva al pagamento delle somme stabilite, il creditore
-trascorsi i dies iusti , cioè trenta giorni dalla pronuncia della sentenza da parte del giudice - poteva
condurre il debitore insolvente dinnanzi al pretore e procedere alla manus iniectio.
• Lo afferrava e dichiarava: «dato che sei stato condannato a pagare diecimila sesterzi e non hai
provveduto, compio su di te la manus iniectio per i diecimila sesterzi stabiliti».
• Il debitore condannato poteva offrire un garante , il quale contestava le affermazioni del creditore.
• Se il garante veniva sconfitto, il debitore doveva pagare il doppio della somma stabilita con la
sentenza di condanna.
• Poteva accadere che il debitore insolvente non desse un garante, in tal caso il pretore
confermava la dichiarazione del creditore e compiva l’aggiudicazione, la consegna del debitore al
creditore.
• A quel punto il creditore poteva condurre il debitore presso di sé e tenerlo legato per sessanta
giorni.
• Doveva portarlo a tre mercati consecutivi, dichiarando l’ammontare del debito e se nessuno
interveniva, poteva ucciderlo o venderlo al di là del Tevere , cioè al di fuori del territorio romano.
• Se vi erano più creditori si procedeva alla sua uccisione e poi, tagliato a pezzi il cadavere del
debitore, si procedeva alla spartizione di essi tra i creditori.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 31
Processo formulare
• Si tratta di un nuovo tipo di processo di cognizione, meno formale, più agile ed immediatamente
rispondente alle mutate esigenze concrete, legate all’annessione dei territori conquistati e
all’intensificarsi degli scambi commerciali, anche al di fuori della ristretta cerchia dei cittadini.
• Fondamentale l’attività creativa del pretore, che introdusse nuovi strumenti processuali, nonché
la collaborazione tra i giuristi e i magistrati.
• Tutto ciò determinò la nascita del diritto pretorio o onorario , un insieme di principi destinati a
supplire, aiutare e correggere il diritto civile .
• In piena rispondenza con la definizione che Papiniano dà dello ius honorarium: quod praetòres
introduxèrunt àdiuvandi vel supplèndi vel corrigèndi iuris civilis gratia propter utilitàtem publicam .
• Per quanto ora richiamato, il pretore interveniva non abrogando la norma di ius civile perché non
aveva il potere di farlo, bensì per ragioni di aequitas, rendeva inattivo, inoperante il diritto civile nel
caso concreto che stava giudicando.
• Si verificò, quindi, un’evoluzione dei compiti affidati al pretore, rispetto al precedente tipo di
processo.
• Il magistrato ora è chiamato non solo a controllare la regolarità sul piano formale, ma anche a
dare una prima sommaria valutazione della fondatezza dell’iniziativa processuale, che gli
consente, quindi, di DARE o NEGARE l’azione richiesta.

• Come abbiamo visto, il processo per legis actiones era riservato ai soli cives romani, una tutela
processuale ai peregrini fu assicurata mediante l’istituzione del pretore, urbano e peregrino, cui fu
affidata l’amministrazione della giustizia .
• Nei processi con i peregrini, il pretore, non potendo applicare lo ius civile riservato ai cives,
doveva fissare i criteri sostanziali in base ai quali il giudice privato avrebbe dovuto risolvere la
controversia.
• A tal fine, dopo aver ascoltato i due contendenti, il pretore dava le istruzioni al giudice scelto dalle
parti.
• Si realizzava così nella prassi quello che, in prosieguo di tempo, sarebbe divenuta la formula del
processo romano di età classica.
• Con molta probabilità, le istruzioni che il magistrato dava al giudice venivano stilate di volta in
volta, poi, con il trascorrere del tempo, dalla prassi processuale emerse un insieme, sempre più
ricco ed articolato, di criteri sostanziali in base ai quali giudicare, cioè delle formule in nuce.
• Ogni anno il pretore, al momento dell’assunzione della carica, emanava un editto.
• In esso indicava i criteri che avrebbe seguito nell’esercizio della iurisdictio.
• Tra essi vi erano anche i criteri utilizzati dai pretori precedenti.
• Ferma restando l’autonomia di ciasciun pretore, tali criteri venivano tramandati reinserendoli di
anno in anno nel nuovo editto.
• Tali procedimenti presentavano un inconveniente: non avevano rilevanza sul piano dello ius civile
e producevano effetti solamente di diritto onorario.
• Tra la fine del II secolo e l’inizio del I secolo a.C., fu emanata la Lex Aebutia de formulis che -va
sottolineato- non abolì le legis actiones ma rese il loro uso alternativo, dato che riconobbe effetti
civili ai giudizi basati sulle formulae.
• Nel 67 a.C. fu promulgata la Lex Cornelia che imponeva ai pretori di ius dicere, secondo quanto
stabilito nell’editto .
• Ciò non escludeva la possibilità che il pretore potesse denegare azioni civili o pretorie, pur
previste nell’editto, e viceversa potesse concedere, mediante decreta, azioni ed altri mezzi
processuali non previsti nell’editto .
• Nel 17 a.C. Augusto, mediante le due leges Iuliae , abolì tutte le legis actiones -tranne la legis

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

actio sacramento nei giudizi centumvirali e l’azione di danno temuto Governatore della provincia
Essi esercitavano la iuris dictio, secondo l’editto.
D’ora in poi il termine magistrato sarà utilizzato solamente in riferimento al pretore.
• In questa fase venivano fissati i termini giuridici della controversia.
• Essa si svolgeva alla presenza dell’attore e del convenuto, dinnanzi ad un magistrato dotato di
iuris dictio, che, secondo il Marrone, si esplicava fondamentalmente nella datio actionis.
• L’attore -che, al momento della in ius vocatio, aveva indicato al convenuto quale azione
intendeva promuovere- faceva ora una seconda editio actionis, con riferimento all’albo pretorio, in
cui era riprodotto l’editto, contenente i modelli delle varie formule o iudicia.

IUDICEM ED ESECUZIONE SENTENZA


• Si svolgeva dinnanzi al giudice, in stretta osservanza delle istruzioni date dal magistrato
giusdicente.
• Ricordiamo, ancora una volta, che il giudice privato -designato dal pretore con le parole: Titius
iudex esto- non era un magistrato come il pretore, bensì un individuo , stimato da entrambe le parti
che si affidavano al suo giudizio.

FASE APUD IUDICEM O IN IUDICIO


• Poteva trattarsi di un iudex unus oppure di un collegio di più giudici come quello dei
recuperatores o dei centumviri.
• Le parti presentavano le prove a sostegno delle loro pretese, il giudice le valutava ed emanava la
sentenza di assoluzione o di condanna.
• Il giudice non poteva svolgere altre indagini ma doveva attenersi esclusivamente a quanto
addotto dalle parti .
• Il giudice le valutava, formava il proprio convincimento ed emanava la sentenza di assoluzione o
di condanna al pagamento di una somma di denaro.
• Dalla sentenza di condanna nasceva una obligatio iudicati, cioè un’obbligazione da giudizio, da
sentenza.
• Nell’ipotesi che non fosse riuscito a raggiungere un proprio convincimentosulla questione, il
giudice poteva dichiararlo.
• La dichiarazione era accompagnata da un giuramento.

ESECUZIONE DELLA SENTENZA


• L’esecuzione della sentenza aveva per oggetto tutti i beni del soccombente.
• Il creditore-vincitore presentava una richiesta al pretore, chiedendo di essere immesso nei beni
del debitore-soccombente.
• Tale missio in bona veniva annunciata pubblicamente e veniva nominato un cùrator bonòrum.
• Trascorsi trenta giorni, veniva nominato un magister, scelto tra i creditori, il quale bandiva la
vendita dei beni del debitore condannato.
• I beni venivano assegnati al miglior offerente.

LEZIONE 32
Processo formulare: la formula
Queste quattro parti della formula vengono definite «ordinarie».
• Esse non sono necessariamente presenti in ogni formula.
65
RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• E’ sempre presente l’intentio .


• L’adiudicatio è presente solo nei giudizi divisori.

Azioni utili

Con tale denominazione si fa riferimento a quelle azioni di diritto civile adattate dal pretore ed
utilizzate in casi non previsti dallo ius civile.

Azioni fittizie

Si definivano così le azioni utili in cui si operava mediante una finzione .

Nell’intentio era esposta una situazione di fatto che l’attore dichiarava esistente.

Nell’intentio era indicato un rapporto intercorso tra due soggetti, ma nella condemnatio in luogo di
uno dei due era indicato un soggetto diverso.
Caso tipico le actiones adiecticiae qualitatis, utilizzate per tutelare i rapporti intercorsi tra un
soggetto ed il servo altrui.

Si trattava di una situazione non prevista dal diritto civile e, pertanto, la formula veniva predisposta
in base ad una situazione di fatto, meritevole di tutela.

CONDEMNATIO

• E’ un elemento essenziale.
• Con essa il pretore conferisce al giudice privato il potere di condannare o assolvere il convenuto.

Aulo Agerio, se non risulta assolvilo.

DEMONSTRATIO

• Serve a circoscrivere l’oggetto della controversia nell’ipotesi che l’intentio sia indeterminata.
• In tal caso viene inserita prima dell’intentio; si tratta, quindi, di una parte accessoria.

Agerio , dal latino àgere per indicare colui che agisce, cioè l’attore e Numerio Negidio , dal verbo
negare per indicare il convenuto.

ADIUDICATIO

• Si tratta di una clausola utilizzata solamente nei giudizi divisori, così formulata: giudice, assegna
a Tizio il quantum che occorre assegnare.
• Con l’adiudicatio veniva conferito al giudice privato il potere di assegnare le singole sezioni di un
bene comune, oggetto della controversia, ad una delle parti.

TAXATIO

• Se si trattava di una condemnatio relativa ad una somma incerta con questa clausola si fissava,
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

in via preventiva, un tetto all’importo della condanna, vincolando così il giudice a fissare una
somma uguale o inferiore al limite stabilito.

PRAESCRIPTIO PRO ACTORE O PRO REO

• Era la clausola inserita prima dell’intentio per escludere dalla pretesa dedotta in giudizio
dall’attore le rate non ancora scadute, altrimenti l’effetto estintivo della litis contestatio avrebbe
estinto interamente il credito, senza più possibilità di agire.

EXCEPTIO

• E’ il «mezzo di difesa» proprio del convenuto, introdotto dal pretore.


• Si tratta di una clausola inserita nella formula tra intentio e demonstratio, che rendeva inefficace
la richiesta dell’attore: per es. la richiesta relativa all’intera somma dovuta dal debitore,
cornprensiva delle rate non ancora scadute o l’eccezione per dolo.

Si parla di satisdationes nell’ipotesi in cui, oltre alla promessa di pagamento, vi erano altre
garanzie .

MISSIO IN BONA O BONORUM POSSESSIO

• Mezzo cautelare con cui il pretore autorizzava una o più persone ad entrare in possesso
dell’intero patrimonio di un soggetto.

Nell’ipotesi in cui il dominus non ottemperasse, il pretore effettuava una seconda missio, con cui
conferiva al soggetto anche la possessio ad interdicta.
Trascorso il tempo necessario per l’usucapione, il richiedente ne diveniva proprietario.
• E’ un mezzo pretorio corrigendi iuris civilis gratia.
• Essa comportava il ripristino della situazione giuridica antecedente, esattamente com’era prima
dell’evento o dell’atto, i cui effetti giuridici, per ragioni di equità, il pretore intendeva rimuovere.

IN INTEGRUM

• Gli interdetti sono degli ordini emessi dal magistrato cum imperio, nell’ipotesi che gli sembrasse
opportuno ingiungere immediatamente al convenuto quanto richiesto dall’attore, senza la litis
contestatio e il procedimento in iure.

INTERDETTI

• In questo modo il pretore tutelava gli interessi del singolo e contemporaneamente l’ordine
pubblico.
• Ad esempio, se la controversia aveva ad oggetto la proprietà di una cosa, l’interdetto serviva a
garantire che colui che dichiarava di esserne il legittimo proprietario non cercasse di riprendersi la
res con la forza, con la violenza.
• Nell’ ipotesi di disobbedienza all’ordine impartito con l’interdetto, il magistrato avrebbe inflitto la
sanzione.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 33
Processo: la cognitio extra ordinem
• La cognitio extra ordinem è uno dei tre tipi di processo utilizzati a Roma.
• La struttura del nostro attuale processo, nonché alcuni principi sono, in parte, improntati sulla
cognitio.
• Essa sorge e si sviluppa alla fine della repubblica.

L’attore esplicitava le proprie ragioni, il convenuto opponeva la sua difesa

La sentenza è pronunciata dal medesimo magistrato o funzionario imperiale dinnanzi al quale si


svolge il processo e si raccolgono le prove.
• I principi, le regole, le caratteristiche affermatisi con il processo per cognitio extra ordinem si
ritrovano nel processo postclassico e giustinianeo.
• In età postclassica e giustinianea il processo continua a svolgersi secondo il modello della
cognitio extra ordinem.
• Presenta la caratteristica di limitare il potere discrezionale dei giudici.
• Alle parti fanno carico le spese giudiziarie, fino ad allora non prese in considerazione.
• A partire dalla fine del quarto secolo d.C., vengono vietate le carceri private, nonostante tali
misure legislative perdura l’esecuzione personale a carico del debitore insolvente.
• Emerge la tendenza a considerare il diritto soggettivo in sé, piuttosto che nella prospettiva
processuale dell’actio corrispondente.
• Alle origini il procedimento per cognitio veniva utilizzato solamente nelle province e si svolgeva
dinnanzi ai prefetti, proconsoli, legati e presidi e riguardava controversie in materia di diritto
pubblico.
• Com’è stato ricordato, nel 27 a.C nel momento in cui Augusto prende il potere si verifica un
repentino mutamento costituzionale, sul piano fattuale.
• Nella generale riorganizzazione del periodo augusteo, in sintonia con l’accentramento dei poteri
nelle mani di Augusto -che dapprima si affianca al populus romanus e poi gradualmente si
sostituisce ad esso- e con il depotenziamento della magistratura repubblicana, il princeps estende
questo tipo di processo a Roma.
• Augusto, per primo, riconobbe il valore giuridico dei fedecommessi, affidando ai consoli la
competenza per le controversie in tale materia.

ORDINEM
• In luogo della in ius vocatio , nel processo per cognitio la chiamata in giudizio del convenuto si
effettuava mediante una citazione ufficiale.
• Su richiesta dell’attore, si invitava il convenuto a presentarsi in giudizio in un determinato giorno
mediante l’evocatio, cioè l’intimazione da parte dell’autorità giudiziaria.
• Nell’ipotesi che il convenuto fosse irreperibile, la convocazione si effettuava mediante editto.
• Nel tardo impero l’attore predisponeva un documento scritto di citazione e lo consegnava al
giudice per l’approvazione e, in caso di esito positivo, lo notificava al convenuto per mezzo di un
pubblico funzionario.
• In età giustinianea la citazione avveniva per libellos.
• Predisposto un libellus conventionis, l’attore lo presentava al giudice che lo esaminava e, se la
68
RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

richiesta appariva a prima vista fondata, l’accoglieva.


• Un executor lo consegnava al convenuto.
• Entro un breve termine il convenuto doveva presentare il libellus contradictionis .
• Le parti si presentavano in tribunale nel giorno stabilito.
• Se il convenuto procedeva ad una confessio in iure , il processo non aveva luogo.

SENTENZA ED APPELLO
• La sentenza di condanna non prevede necessariamente -come accadeva prima- il pagamento di
una somma di danaro.

COGNITIO EXTRA ORDINEM: SENTENZA


• La sentenza era impugnabile cioè la parte soccombente, se riteneva che la sentenza fosse
ingiusta, poteva proporre appello.
• L’appellante doveva dichiarare, subito dopo la lettura della sentenza, la propria volontà di
appellarsi.
• L’appellante, inoltre, doveva far pervenire , entro un breve lasso di tempo, un libellus
appellatorius al giudice di primo grado.
• Il giudice lo trasmetteva, insieme ad una propria relazione, al giudice di grado superiore .

LEZIONE 34
Obbligazioni: modi di estinzione
Nelle Istituzioni giustinianee si evidenziano il dovere di prestazione e la responsabilità del
debitore .

ELEMENTI DELLE OBBLIGAZIONI

La regola della parziarietà delle obbligazioni con pluralità di soggetti incontra alcune eccezioni. In
primo luogo nel caso di obbligazioni cumulative, dette anche «solidalmente cumulative» o
«multiple». obligationes poenales, cioè le obbligazioni fissate a titolo di pena, a favore o a carico di
più soggetti. Un’altra eccezione alla regola delle parziarietà delle obbligazioni a pluralità di soggetti
è rappresentata dalle c.

obbligazioni solidali.

PRAESTARE
Il verbo, probabilmente, esprime il momento della responsabilità secondaria del debitore, cioè il
omento successivo a quello del debito puro non adempiuto.

STORIA DELL'OBBLIGAZIONE
La nozione di vincolo giuridico inizialmente indicava il legame che intercorreva tra debitore e
creditore. L’adempimento è dovuto, anche contro la propria volontà , cioè
necessariamente, «anche contro la volontà» del debitore, come precisa Modestino. L’obbligazione
si concretizza, dunque, nell’adempimento nell’interesse di qualcuno. Si è discusso in dottrina se
fosse più antica l’obbligazione nascente da contratto o da delitto.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

All’epoca delle XII Tavole è ancora in corso il passaggio dalle sanzioni afflittive a quelle
pecuniarie, mentre erano ormai da tempo diffuse le obbligazioni. Di conseguenza, l’obligatio da
contratto dovrebbe essere più risalente. Tra le obbligazioni da contratto il nexum sembra essere la
fattispecie più recente. La sponsio è un atto con cui il debitore assume il dovere di comportamento
e la responsabilità relativa.

In epoca più antica, dunque, per assicurare l’adempimento di una prestazione occorreva creare


una situazione di fatto, idonea ad influire sulla volontà del debitore, spingendolo ad adempiere
volontariamente. In concreto, venivano consegnati al creditore pegni o ostaggi che rimanevano
presso di lui fino all’adempimento della prestazione. Così col nexum -negozio per aes et
libram, con cinque testimoni cittadini romani puberi ed un libripens con la bilancia- si creava un
vincolo giuridico, con la materiale soggezione del debitore al creditore, persino dopo la
morte, tanto che aveva luogo il partes secanto. Il nexus, pur essendo un uomo libero, era
assoggettato al creditore, che lo tratteneva presso di sé, facendolo lavorare, finchè non avesse
scontato il debito.

Contribuì a far decadere il nexum, la diffusione della sponsio che, anziché creare l’asservimento di
una persona, creava un’obligatio, cioè uno iuris vinculum. Era tale anche nell’ipotesi che fosse
stata affidata ad una delle parti o ad un terzo la determinazione della
prestazione. PATRIMONIALITÀ La prestazione doveva essere suscettibile di una valutazione
economica in danaro, cioè doveva avere carattere patrimoniale . Essi basano tale tesi sul fatto che
nell’epoca più risalente la responsabilità da obligatio aveva carattere personale e non
parimoniale, tanto che vi erano obbligazioni a contenuto non patrimoniale come nel caso della
sponsio utilizzata per la promessa di matrimonio .

POSSIBILITÀ L’obbligazione doveva essere possibile. Vi doveva essere cioè la concreta


possibilità di effettuare la prestazione, sia sul piano materiale sia su quello giuridico . Anche essa
era un requisito indispensabile, in mancanza del quale il debitore sarebbe stato in balìa del
creditore. Non sorge l’obbligazione se la prestazione è impossibile.

L’oggetto dell’obbligazione doveva, quindi, essere compatibile con le norme giuridiche e


morali. L’illiceità della prestazione coinvolge l’illiceità del negozio . Nell’eventualità che l’oggetto
dell’obligatio fosse illecito o turpe e l’obbligazione fosse ugualmente adempiuta dal debitore
sorgevano obbligazioni di restituzione o di ripristino. Se nell’adempimento della prestazione vi era
un ritardo per colpa del debitore si parlava di mora solvendi.
Se il ritardo nell’adempimento era dovuto a colpa del creditore si parlava, invece, di mora
accipiendi. Se il debitore non adempiva il proprio debito, consapevolmente e senza che vi fosse
alcuna giustificazione, veniva invitato ad adempiere. La posizione del debitore in mora è più
gravosa di quella di ogni altro debitore. Il periculum gravava sempre sul debitore.
Il debitore in mora era responsabile per impossibilità sopravvenuta della prestazione, qualunque
ne fosse la causa. Il debitore moroso sarebbe stato liberato del vincolo se avesse provato che
-eseguita la prestazione nei tempi previsti - la res sarebbe ugualmente perita. Un altro principio
-affermatosi anch’esso nell’ambito dei iudicia bonae fidei ed esteso ulteriormnte da Giustiniano- è
rappresentato dal dovere, a carico del debitore moroso, di corrispondere al creditore i frutti della
cosa dovuta, dal momento iniziale della mora . Nel caso di debito di una somma di denaro, il
debitore moroso doveva gli interessi che avrebbe liquidato il giudice .
Le conseguenze della mora venivano meno nel momento in cui il debitore offriva di eseguire la
prestazione. Se il creditore rifiutava la prestazione offerta dal debitore, cadeva in mora . A quel
punto, di fronte ad una soggettiva impossibilità della prestazione, il debitore era responsabile
solamente per dolo, in caso di perimento dell’oggetto della prestazione. Nell’ipotesi di obbligazione
generica, se il debitore precisava quali cose offriva e il creditore non accettava la prestazione ed in
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

seguito quelle cose «specificate» perivano , il debitore era liberato.


Se di fronte alla non accettazione della prestazione consistente in una somma di danaro, il
debitore la depositava in aedibus sacris o altro luogo pubblico e questa pecunia veniva
obsignata , cessava la decorrenza degli interessi. Diocleziano, in tal caso, considerò il debitore
liberato dall’obligatio. La mora accipiendi cessava nel momento in cui il creditore si mostrava
disponibile a ricevere la prestazione.

LEZIONE 35
Obbligazioni: (segue) modi di estinzione e modificazioni delle
obbligazioni
Il tema è di grande interesse non solo per gli studiosi di diritto romano, ma anche per il nostro
presente.
• La materia, trattata in modo vario ed articolato nei diversi ordinamenti contemporanei, è infatti
oggetto di numerose convenzioni internazionali per cui entra a far parte anche di regimi giuridici
comunitari.
• Nel nostro ordinamento sono fonti delle obbligazioni: a. la volontà negoziale b. fatti illeciti c. ogni
fatto o atto di per sé idoneo a far sorgere un’obbligazione, secondo la disciplina vigente .

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI


• La più risalente, tra quelle a noi pervenute, è offerta da Gaio obligationes ex contractu
obligationes ex delicto , cioè da atto illecito sanzionato da un’azione penale.

FONTI DELLE OBBLIGAZIONI: BIPARTIZIONE GAIANA


• a carattere residuale, cioè quelle che non rientravano nelle altre categorie ed avevano un regime
diverso come la negotiorum gestio, la solutio indebiti ed il legatum per damnationem.
• Nel rapporto obbligatorio -dal lato attivo o passivo- può esservi o un singolo soggetto o una
pluralità di soggetti e tale pluralità può essere originaria o successiva.

E PARZIARIE
• Si parla di obbligazione solidale quando si tratta di un unico debito, ma con più soggetti .
• Ciascun debitore ha il dovere di eseguire l’intera prestazione .
• Ciascun creditore ha diritto di pretendere l’intera prestazione .
• l’obbligazione si divide ipso iure in tante obbligazioni quanti sono i soggetti.

• il debitore solidale -che il creditore sceglieva per l’adempimento dell’obligatioprima di pagare


poteva farsi cedere le azioni che il creditore aveva nei confronti degli altri debitori, divenendo così
loro creditore.

Tutti i debitori sono tenuti per intero nei confronti del creditore, così nelle obbligazioni da delitto
solidarietà elettiva
E’ peculiare delle obbligazioni da contratto.
Ogni debitore è tenuto per l’intero.
Ogni creditore può pretendere l’intero.
L’adempimento di un debitore estingue l’obbligazione anche rispetto agli altri.
L’adempimento nei confronti di un creditore estingue l’obbligazione e il diritto degli altri creditori.
La solidarietà elettiva, attiva e passiva, dipende dalla configurazione che le parti hanno dato all’atto
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

che crea l’obbligazione e vige solo tra i soggetti originari del rapporto.

La pluralità di soggetti concerne il lato passivo del rapporto obbligatorio, cioè vi sono più debitori.

E GENERICHE
• Si parla di obbligazioni alternative nell’ipotesi in cui siano indicate come oggetto dell’obbligazione
due o più prestazioni, ma il debitore è tenuto ad eseguirne solamente una, anche se entrambe le
prestazioni sono dovute.

Panfilio.
• E’ diversa dunque dall’obbligazione facoltativa in cui, invece, oggetto dell’obbligazione è una sola
prestazione.
• Il diritto di scelta la scelta spettava al creditore.
Aver privato il debitore dello ius variandi, estintosi col perimento della res, comportava un obbligo
di risarcimento a carico del creditore, per il danno subito dal debitore.
In tal caso si aveva concentrazione sulla prestazione residua, solamente nell’ipotesi di assenza di
colpa da parte del debitore.
Se l’impossibilità sopravvenuta della prestazione dipendeva, invece, dalla colpa del debitore, i
giuristi sostennero che la facoltà di scelta fosse ugualmente esercitabile.
Il creditore, cioè, poteva ottenere che il giudice procedesse ad una stima della cosa distrutta.
In epoca giustinianea si ammise che il debitore potesse pagare il valore economico delle cose
distrutte per caso fortuito, liberandosi così del vincolo obbligatorio.
• Erano così denominate le obbligazioni il cui oggetto era costituito da una categoria di res.
• La scelta in genere spettava al debitore.
• Secondo la riflessione giurisprudenziale di età classica, il debitore poteva consegnare una cosa
qualsiasi tra quelle appartenenti allo stesso genere, considerate tutte uguali.
• La regola cambiò in età giustinianea quando fu stabilito che la res dovesse essere di media
qualità .
• Si suol dire, secondo gran parte degli studiosi che -trattandosi di res appartenente ad un genus- il
debitore non potrà inviìocare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione perché il genus
numquam perit .
• A tale proposito il Talamanca fa una precisazione: l’opinione ora richiamata, è sostanzialmente
vera tuttavia in concreto può accadere che le parti abbiano stabilito che l’oggetto dell’obbligazione
generica sia, ad esempio, un certo numero di anfore del vino prodotto nel fondo Semproniano, che
si trovano nella cantina del debitore.
• Ora per quanto alto possa essere il loro numero esse possono essere consumate o distrutte tutte
e di conseguenza il genus limitatum obligationes honorarie .
• Si tratta di una distinzione significativa, che attesta il contributo, decisamente importante, che lo
ius honorarium diede all’affermarsi di nuove obbligazioni.
• Essa, da un lato, accordò una maggiore tutela alle obbligazioni civilistiche e, dall’altro, inserì tra
esse nuovi istituti non civilistici come, ad esempio, l’introduzione della rapina tra i delicta civilistici
oppure il deposito, il commodato e la datio pignoris che presentavano affinità col mutuo.

• La riflessione giuridica romana considera indivisibile l’obbligazione avente ad oggetto una


prestazione individuale.
• Si riteneva, cioè, che singoli adempimenti parziari non rispondessero all’aspettativa del creditore
e non corripondessero alla pretazione complessiva.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 36
Contratti: re contractae
Nell’amministrare la giustizia, il pretore -qualora considerasse estinta un’obbligazione per fatti non
previsti dallo ius civile- poteva concedere al debitore/convenuto un’exceptio, in modo da
paralizzare l’actio esercitata dal creditore.

SOLUTIO E CONCURSUS CAUSARUM

L’adempimento della prestazione o solutio era il modo naturale d’estinzione del rapporto
obbligatorio. L’adempimento, di solito, veniva compiuto dal debitore stesso e talvolta da un
terzo. Ciò era escluso nell’ipotesi di una particolare prestazione di facere, ad esempio legata alle
particolari capacità artistiche del debitore. La solutio veniva effettuata al creditore o ad un suo
procuratore o ad una persona da lui indicata.

La solutio doveva essere eseguita per intero. Il debitore, nei tempi e nel luogo stabiliti nell’ atto
costitutivo, doveva effettuare la prestazione stabilita, non poteva eseguirne una diversa, a meno
che non vi fosse il consenso del creditore . Trattandosi di uno dei gesta per aes et libram, lo
svolgimento del rito -che corrisponde a quello del nexum con cui è sorta l’obbligazione- è quello
peculiare di questo tipo di gesta. L’abolizione del nexum portò al riconoscimento dell’effetto
liberatorio della solutio, negli altri casi.

Si parla di concursus causarum nell’ipotesi in cui il creditore di una cosa determinata avesse
acquistato -dopo il sorgere dell’obbligazione e ad altro titolo- la cosa, oggetto della prestazione da
lui dovuta. Si tratta di un caso d’impossibilità sopravvenuta, in quanto il debitore non può effettuare
la prestazione, essendo oggetto della obbligazione il trasferimento della proprietà di una res che
ormai era diventata, ad altro titolo, di proprietà del creditore. Non aveva rilevanza in quale modo e
a che titolo il creditore avesse ottenuto la proprietà della res, che costituiva l’oggetto della sua
aspettativa nei confronti del debitore.

L’acceptilatio era un atto simmetrico e contrario rispetto alla stipulatio da cui era sorta
l’obbligazione. Essa produceva l’estinzione dell’obbligazione indipendentemente dall’effettivo
adempimento e, pertanto, fu usata come modalità di remissione dei debiti. Questo tipo di
acceptilatio consisteva nell’atto contrario all’expensilatio o nomen transcripticium. Ricordiamo
brevemente che il nomen transcripticium era un negozio avente ad oggetto una somma di
danaro, già dovuta per una precedente obbligazione.

L’obbligazione nasceva dalla trascrizione nel libro contabile. Il pagamento della somma dovuta
veniva registrato nel libro contabile tenuto dal paterfamilias/creditore, indipendentemente
dall’effettiva prestazione. Il debitore eseguiva il pagamento della somma dovuta, direttamente al
creditore o a colui che quest’ultimo aveva autorizzato a ricevere il pagamento in sua vece. Non era
consentita una prestazione diversa .

Era però ammesso che, secondo il parere espresso dai giuristi, che il creditore accettasse una
prestazione diversa e ugualmente liberasse il debitore obligatus , cioè la c. Come principio
generale il debitore era tenuto ad effettuare l’intera prestazione. beneficium competentiae, cioè che
i debitori provvedessero ad eseguire la prestazione nei limiti delle proprie possibilità . Tale
privilegio era concesso, ad esempio , al marito nell’ipotesi di debiti contratti con la moglie.

IPSO IURE

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Era considerata una causa di estinzione dell’obbligazione perché la stessa persona non poteva
essere soggetto attivo e soggetto passivo nello stesso rapporto obbligatorio. La morte e la capitis
deminutio di uno dei soggetti del rapporto obbligatorio erano causa di estinzione
dell’obbligazione, ma solamente nell’ipotesi che si trattasse di un’obbligazione intrasmissibile, sia
attivamente che passivamente. Nel periodo delle origini, dato il carattere strettamente personale
del rapporto intercorrente tra debitore e creditore, l’obligatio era considerata del tutto
intrasmissibile. - è un modo di estinzione ipso iure delle obligationes ex contractu.

Consiste in un atto uguale e contrario a quello da cui è sorta l’obbligazione. Nell’atto le parti


consensualmente manifestano la volontà di estinguere l’obligatio. Si ha il recesso unilaterale o
remissio, quando il creditore rinunciava espressamente alla prestazione che il debitore doveva
effettuare. Se il creditore restituiva spontaneamente al debitore la res, oggetto del pegno.

In tal caso il pegno non si estingueva e il debitore rimaneva obligatus , cioè obbligato. Se il


creditore pignoratizio , nonostante il recesso unilaterale, avesse agito contro il debitore, il pretore
avrebbe concesso a quest’ultimo una exceptio doli o pacti. Per i giuristi del periodo tardo
repubblicano, la litis contestatio -se si trattava di un iudicium legittimum- «consumava», estingueva
l’obligatio che aveva indotto il creditore ad esperire l’actio. Estinta l’obligatio dedotta in giudizio, il
debitore convenuto in ius, sarebbe stato «legato» da un vincolo di tipo processuale.

Dalla sentenza di condanna sarebbe sorta un’obligatio iudicati.

LEZIONE 37
Contratti: verbis contractae
SOLIDALI

• Nei modi di estinzione ope exceptionis, l’estinzione dell’obligatio avviene mediante la


concessione di un’exceptio.

compensatio, cioè la compensazione nell’ipotesi che esistessero reciproci rapporti di credito e di


debito.
pactum de non petendo, cioè un accordo intercorso tra i due soggetti dell’obligatio, con cui il
creditore concordava con il debitore di non richiedere la prestazione.

la novazione la delegazione , cioè la designazione unilaterale, sia espressa che tacita, di un


sostituto La cessione dei crediti La cessione o trasferimento del debito la morte o la capitis
deminutio dei soggetti dell’obligatio, se si trattava di rapporti obbligatori trasmissibili.
• Per le obbligazioni solidali vi sono modi di estinzione ipso iure , come la litis contestatio, ed ope
exceptionis, come il pactum de non petendo.

• Si tratta del più diffuso ed importante modo di estinzione ope exceptionis.


• Quando si parla di compensazione si fa riferimento alla situazione in cui il creditore è

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

contemporaneamente debitore nei confronti del proprio debitore.


• Tra le medesime persone esistono, cioè, rapporti reciproci di credito e debito che si estinguono
nella misura in cui concorrono.

Caio si estingue per compensazione, Mario rimane creditore per la parte residua, cioè 50.
• La compensazione legale è sconosciuta all’esperienza giuridica romana.
• Inizialmente era esclusa anche la c.d. compensazione giudiziale.
• Ad ogni obligatio corrispondeva un’actio tipica e quindi non si potevano trattare nello stesso
processo questioni tutelate da actiones diverse.
• Alcune deroghe, nell’ambito del processo formulare si affermarono già verso la fine dell’età
repubblicana.
• Per quanto concerne le actiones bonae fidei non si valutava conforme alla bona fides agire per
ottenere una prestazione quando non era stata adempiuta la propria.
• Di conseguenza si affidò al giudice il fatto di tener conto dei crediti del convenuto in modo di
poter procedere alla compensazione giudiziale ed eventualmente alla condanna al pagamento
della differenza, se c’era una somma residua.
• Così ope iudicis il credito inferiore si estingueva.
• Occorreva che i due crediti fossero ex eadem causa, dipendessero cioè dallo stesso rapporto
obbligatorio .
• Un’altra deroga riguardava gli argentarii, cioè i banchieri.
• Ad essi se erano contemporaneamente creditori e debitori dei loro clienti fu imposto l’onere,
effettuato il riscontro contabile, di agire nei loro confronti cum compensatione, calcolando il saldo
da indicare nell’intentio.
• Si richiedeva che i due crediti fossero omogenei .
• I due crediti potevano anche non derivare ex eadem causam.
• In età giustinianea il ricorso alla compensazione divenne generale, purchè i crediti fossero
facilmente accertabili ed aveva luogo ipso iure.
• La novazione consiste nella «sostituzione» di una nuova obligatio, ad una precedente
obbligazione.

• Con tale denominazione s’individuava la c.d. novazione oggettiva.


• Essa comportava un mutamento oggettivo, nel contenuto del rapporto obbligatorio.
• Si aveva, cioè, o un mutamento del titolo o di un elemento accidentale del rapporto obbligatorio
oppure l’inserimento di un termine o di una condizione alla prior obligatio.
• Un esempio di novatio, realizzata mediante transcriptio a re in personam.
• Il creditore scriveva nei propri libri contabili il debito: nella rubrica dell’acceptum, trascriveva la
somma dovuta, come se l’avesse effettivamente ricevuta, cioè poneva in essere un’acceptilatio.
• Contemporaneamente scriveva nella rubrica dell’expensum la stessa somma e lo stesso
soggetto, come se fosse stato costituito un mutuo.
• Di conseguenza l’obbligazione precedente si estingueva e ne nasceva una nuova, facilmente
estinguibile mediante acceptilatio da effettuare al momento del pagamento del debito.
• Originariamente riservata ai cives, fu estesa in seguito ai peregrini.
• Con tale denominazione s’individuava la c.d. novazione soggettiva, quella cioè in cui si
procedeva ad un mutamento dei soggetti del rapporto obbligatorio.
• Facendo ricorso a tale tipo di novatio si poteva conseguire un risultato d’ordine pratico e cioè la
cessione del debito oppure del credito.
• Il creditore scriveva nella rubrica dell’acceptum la somma dovuta dal debitore e poi nella rubrica
dell’expensum la medesima somma, facendo però riferimento ad un'altra persona, come se
quest’ultima avesse contratto un mutuo di pari importo.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Tale expensilatio comportava come conseguenza che l’obligatio del precedente debitore si
estinguesse ed in capo al nuovo debitore ne sorgesse un’altra, però litteris.
• Questo tipo di transcriptio presupponeva che vi fosse già un’altra obligatio litteris e, quindi, non
era utilizzabile per i peregrini, ma utilizzabile esclusivamente per i cives.
• Essa trasformava il debito in uno dei due contratti formali propri dell’expensilatio.
• Si tratta di un accordo intercorso tra un creditore ed il suo debitore, con cui il creditore s’impegna,
per un certo periodo di tempo o per sempre o qualora si verifichino dette circostanze, a non far
valere il suo credito.
• Tale accordo, nel periodo più risalente non produceva effetti in quanto non contemplato dallo ius
civile.
• In seguito, l’accordo ebbe rilevanza tra le parti grazie all’intervento del pretore.
• Il magistrato, infatti, introdusse la tutela di tale pactum, concedendo al debitore, convenuto,
un’exceptio, diretta a paralizzare l’actio esperita dal creditore, nonostante l’accordo intercorso tra le
parti.
• Al debitore era riconosciuto anche il diritto di ripetere la somma data in pagamento nonostante il
diverso accordo intercorso.

LEZIONE 38
Contratti: consensu contractae
• Una precisazione preliminare: nell’esperienza giuridica romana la riflessione giurisprudenziale,
pur conoscendo singole figure di obbligazioni da contratto non era giunta ad elaborare una
categoria generale ed astratta di contratto.
• La lingua latina attesta la presenza del vocabolo contractus, deverbativo di contrahere .
• Sia il sostantivo sia la forma verbale vengono utilizzati per indicare «un atto lecito bilaterale
produttivo di obbligazioni» , cioè il vincolo obbligatorio bilaterale sorto da un rapporto giuridico a
carico di un soggetto nei confronti di un altro.

L’obbligazione sorge a carico di una sola parte, ma eventualmente anche a carico dell’altra parte,
per esempio deposito, comodato.
• Possiamo, quindi, utilizzare questa distinzione per ricostruire il tema nell’esperienza giuridica
romana, purchè abbiamo sempre presente il suo carattere puramente strumentale e la totale
estraneità alle concezioni presenti nel mondo antico.

Esaminiamo ora il primo tipo di obbligazioni prospettato da Gaio.


• I contratti reali sono quei negozi giuridici bilaterali, caratterizzati dal fatto che re contrahitur
obligatio, cioè la consegna della res determina gli effetti obbligatori.
• Questo non significa che manchi il consenso, ma esso non è sufficiente, occorre la consegna
materiale, mediante traditio come accade nel mutuo e nel pegno .
• Nel deposito e nel comodato con la consegna della res si verifica l’acquisto della detenzione, a
favore del depositario e del comodatario.

L’obbligo a carico del mutuario era quello di restituire non la medesima cosa ricevuta dal mutuante,
ma il tantundem.

• Per comprendere il regime del mutuo, esso va inquadrato nel momento storico in cui venne ad
esistenza.
• Nel periodo più antico colui che non avesse restituito la res ricevuta in prestito era considerato un

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

ladro.
• Ciò spiega perché non era ammessa la restituzione di importo superiore.
• Il mutuo era gratuito.
• L’eventuale corresponsione di interessi da parte del mutuario doveva essere espressamente
prevista in un’apposita stipulatio .
• Il mutuo era imperfettamente bilaterale, in quanto l’obbligo gravava su uno solo dei soggetti del
rapporto obbligatorio.
• Al fine di impedire che il filius familias prendesse danaro a mutuo, il senatoconsulto Macedoniano
stabilì espressamente il divieto.
• Per attuare quanto previsto dal senatoconsulto, il pretore concedeva un’exceptio ex s.c.
Macedoniani, diretta a bloccare l’azione intentata dal mutuante nei confronti di un filius familias.
• Nell’ipotesi che il filius familias avesse ugualmente provveduto al pagamento della somma
ricevuta in mutuo, non vi era possibilità di ripeterla.
• Vigeva anzi il principio della soluti retentio, cioè il mutuatario aveva diritto a trattenere quanto
pagato dal mutuante, a titolo di estinzione di un’obligatio naturalis.
• Un tipo particolare di mutuo è il c.d. fenus nauticum.
• Oggetto del mutuo era una somma di danaro che il mutuante consegnava al mutuatario e che
quest’ultimo avrebbe utilizzato per l’acquisto di merci.
• Ora è evidente che il rischio della navigazione era piuttosto forte.
• In questo tipo particolare di mutuo, il mutuante si accollava il rischio della navigazione.
• La somma di danaro o la quantità di cose fungibili doveva essere restituita solamente nell’ipotesi
che vi fosse stato un esito positivo della navigazione.

DEPOSITO
• Contratto con cui un soggetto trasferisce la detenzione di una res mobile ad un altro soggetto ,
affinchè la conservi e la restituisca a richiesta del depositante.
• E’ a titolo gratuito, se c’è un corrispettivo in denaro si rientra nella locatioconductio operis .• Viene
così definito il deposito che abbia avuto luogo in una situazione d’emergenza: incendio,
sommossa, disastro naturale, naufragio .
• In una situazione di pericolo talmente forte ed incombente da non lasciare al depositante
possibilità di libera scelta, era considerata ancora più grave la responsabilità del depositario
qualora non avesse voluto restituire la res depositata presso di lui.
• Nell’ipotesi in cui più persone abbiano depositato una res presso qualcuno di loro fiducia.
• Su costui gravava l’obbligo di custodia e di restituzione a colui tra due o più depositanti che fosse
uscito vittorioso dal processo.
• N.B.: il sequestratario ha il possesso della res, non è solo detentore.

PEGNO, FIDUCIA E COMODATO


• Il contratto obbligatorio di pegno è ben diverso dal diritto reale di garanzia avente lo stesso nome.
• Consiste nel trasferimento del possesso di una res dal debitore al creditore affinchè quest’ultimo
la tenesse presso di sé, a garanzia dell’adempimento del credito.
• Il creditore aveva l’obbligo di restituire la res, se la prestazione veniva eseguita.

• Si parla di usureceptio nel caso in cui una res fosse stata trasferita a titolo fiduciario da un
soggetto ad un altro creditore e quest’ultimo non avesse restituito la cosa.
• In questo caso, il garante ne acquistava il dominium ex iure Quiritium, appunto l’usureceptio.
• Per l’acquisto del dominium non era richesta la buona fede ed era sufficiente il possesso per un
anno.
• Il comodato o prestito d’uso è un contratto reale, a titolo gratuito ed imperfettamente bilaterale.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Il comodante poteva in qualsiasi momento, a proprio arbitrio, revocare il prestito d’uso.


• Il comodatario che utilizzasse la res in modo diverso dall’uso stabilito commetteva furtum usi .
• Nel periodo più antico, per i beni immobili era previsto il precario , sorto nell’ambito della clientela.
• I paterfamilias concedevano ai clientes fondi rustici in cambio di attività lavorative su fondi dei
concedenti, direttamente sfruttati.
• Inizialmente tale rapporto si svolgeva sul piano concreto, fattuale, per cui non era prevista alcuna
tutela per il precarista.

LEZIONE 39
Contratti: (segue) consensu contractae
 Nei contratti verbali vige la regola verbis contrahitur obbligatio, cioè l’obbligazione nasce dalla
pronuncia dei certa verba .
• Anche in questo tipo di contratto il consenso non manca, ma si esprime mediante i verba.
• Si tratta di obbligazioni lecitamente costituite , alla presenza di entrambe le parti , sulla base della
pronuncia di determinate frasi solenni , effettuata da entrambi i soggetti o da un loro nuncius.
• Sono caratterizzate dalla solennità e da un rigido formalismo.
• Sono obbligazioni sorte nel periodo più risalente , come espressione di impegni religiosi e che poi
acquisirono rilevanza giuridica.
• In particolare, all’epoca delle XII Tavole anche i vades ed i praedes assumevano il vincolo
obbligatorio con verba solemnia.
• Le obligationes verbis finirono per diventare il settore più rilevante del sistema obbligatorio
romano.
• Gaio conosceva solamente tre tipi di contratti verbali: stipulatio, dotis dictio e promissio iurata
liberti, essendo già scomparse sia la vadiatura che la praediatura.
• A partire dall’età preclassica, le obbligazioni verbali decaddero progressivamente.
• In età postclassica caddero sempre più in disuso, fino a scomparire.
• Ciò fu dovuto sia alla concorrenza, legata all’affermarsi di più moderne figure negoziali, sia alla
rilevanza sempre maggiore delle forme documentali.
• Per la costituzione e l’esistenza delle obbligazioni verbali non era necessaria la presenza di
testimoni, né una documentazione scritta o altro.
• Era sufficiente la pronuncia dei verba solenni stabiliti.
Tale obligatio era esigibile per il solo fatto che si fosse verificata la fattispecie prevista, descritta dai
verba pronunciati.
Per esempio, il matrimonio per il quale era stata fatta la dotis dictio.
• A partire dall’età classica si affermò la tendenza a precostituire prova dell’obligatio verbis e ad
inserire nei verba un riferimento alla causa del negozio verbale .
• In seguito la riflessione giurisprudenziale introdusse un ulteriore elemento: i certa verba non solo
dovevano essere pronunciati da persone capaci congruenza della domanda e della risposta.
Esigenza resa manifesta dall’utilizzo dello stesso verbo.
Ad esempio «spondes?» «spondeo», «dabes?» «dabeo» etc.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• La stipulazione è un contratto verbale consistente, come la sponsio, in un formale scambio di


domande e risposte , mediante il quale un soggetto s’impegnava nei confronti di un altro a
compiere una prestazione.
• Era un negozio astratto, usato per gli scopi più diversi: per esempio per patti volti a costituire
diritti reali; come clausola penale rafforzava il rapporto obbligatorio e nella forma della stipulatio
usurarum consentiva di superare il carattere gratuito del mutuo.
• L’interrogazione poteva essere formulata in modo tale che il promettente s’impegnasse ad
adempiere o allo stipulante o ad un terzo, aggiunto ai fini dell’adempimento .

Caratteristiche
• Utilizzabile solamente dai cives, in origine.
• Utilizzabile da tutti in epoca giustinianea.
• Produceva effetti solamente tra i soggetti contraenti.
• Il promittente s’impegnava personalmente, non poteva impegnarsi per un terzo.
• Il contenuto della stipulatio poteva essere indicato non solo direttamente, ma anche
indirettamente, facendo rinvio ad un precedente debito o ad un testo scritto.

Requisiti
• Congruenza interrogatio/responsio.

Tutela
• Actio ex stipulatu era l’azione concessa allo stipulante contro il debitore inadempiente.
• La prestazione poteva avere qualsiasi contenuto.
• Actio certae crediti pecuniae se l’oggetto della stipulatio era una res determinata o una somma di
danaro o una quantità di cose.

PROMISSIO IURATA LIBER


• La figura tipica di contratto verbale era la sponsio.
• E’ la più antica forma di obbligazione di garanzia.
• La sponsio è il prototipo della stipulatio.

• La sponsio era riservata ai cives e dava luogo ad effetti di ius civile, perché tutelata dall’actio ex
stipulatu che da essa nasceva.
• Tra il IV ed il III sec. a.C. vengono usate anche forme verbali diverse da spondere, verbo che
rimase riservato ai cittadini romani.
• La sponsio poteva accedere solamente ad obbligazioni derivanti da stipulatio.

• Consiste in un interrogatio dell’aspirante creditore, il quale si rivolge al garantefuturo debitore,


chiedendogli se si assume l’obbligo di effettuare una prestazione .

Il creditore poteva indifferentemente rivolgersi al debitore principale o allo sponsor in quanto


debitore e garante erano obbligati allo stesso modo, erano tenuti entrambi alla prestazione.
• Il requisito formale è rappresentato dall’interrogatio, dallo scambio domanda/risposta.
• E’ l’atto mediante il quale si costituisce la dote.

DOTIS DICTIO
• Formalmente è una sola delle parti a pronunciare i verba, ma questo non significa che , sotto il
profilo sostanziale non vi fosse il consenso dell’altra parte.
• Produceva solamente effetti obbligatori, non reali.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Con essa sorgeva un diritto di credito solo a favore del marito della donna.
• Consisteva nella solenne promessa che il liberto, cioè lo schiavo manomesso, faceva al suo
patrono , impegnandosi ad effettuare determinate prestazioni, servigi a favore di lui.
• Occorre tener presente la particolare posizione dello schiavo nell’esperienza giuridica romana.
Egli è considerato una res e come tale del tutto privo di capacità e, di conseguenza, non poteva
obbligarsi in base al diritto civile.
• La promissio, effettuata dopo l’acquisto dello status libertatis a seguito della manomissione,
serviva a dare una base giuridica all’obbligo puramente morale, religioso assunto dal servus.

• Attualmente disciplinata dagli artt. 1936 ss.


• Si tratta di un contratto verbale, utilizzato a scopo di garanzia al fideiussore, il quale se solvente
non aveva però alcun diritto di rivalsa nei confronti di altri cofideiussori, né una actio specifica da
esperire contro il debitore garantito.
Doveva utilizzare l’actio mandati oppure l’actio negotiorum gestorum.
• In questo campo intervenne la normativa imperiale: Adriano stabilì che se vi erano più fideiussori,
l’obligatio venisse suddivisa tra loro e ogni fideiussore avesse un beneficium divisionis da far
valere in via d’eccezione per opporsi al creditore, che avesse agito contro di lui per l’intero.
• Nell’ipotesi che il fideiussore fosse solvente, gli spettava il beneficium caedendarum actionum,
per cui il creditore gli cedeva la propria actio da esperire contro il debitore principale.
• Nell’età giustinianea la fideiussio, assorbite le altre due figure, rimase l’unica obligatio a scopo di
garanzia.
• Il carattere sussidiario dell’obbligazione del fideiussore era sempre più evidente, anche grazie al
c.d. beneficium excussionis, concesso da Giustiniano.
• In base ad esso il fideiussore poteva pretendere che il creditore in primo luogo richiedesse
quanto dovuto al debitore principale e si rivolgesse al fideiussore solamente in caso d’insolvenza.
• La vadiatura era funzionale alla comparsa in giudizio del convenuto, nell’ambito del processo per
lègis actiònes.
• Un soggetto garantiva la presenza in giudizio del convenuto.

La parte soccombente doveva pagare la summa sacramenti che poi sarebbe stata devoluta ad una
cassa pubblica.
Di conseguenza era richiesto che ognuna delle parti dovesse indicare delle persone che
garantissero il futuro, eventuale pagamento del sacramentum.
Essi prestavano garanzia di ciò davanti al magistrato.

LEZIONE 40
Contratti: pacta e contratti innominati
• Nella quadripartizione gaiana le obbligazioni consensuali sono le più recenti.
• Esse, infatti, sorgono dai contratti consensuali riconosciuti dallo ius honorarium la compravendita
la locazione la società il mandato consensualità Si tratta di un elemento caratterizzante,
fondamentale, non solo necessario, ma anche sufficiente.

Proprio per il loro essere contratti consensuali, un eventuale mutuo dissenso, purchè fosse
sopravvenuto prima dell’inizio dell’esecuzione della prestazione .
A conclusione della trattazione dei contratti consensuali, viene affrontato, a titolo di esempio, il
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

tema della socìetas , mentre gli altri contratti consensuali: compravendita, locazione e mandato,
sono oggetto di singole sessioni.
• E’ un contratto consensuale, eventualmente plurilaterale: due o più persone si accordano per
mettere in comune res e/o attività lavorative allo scopo di conseguire un guadagno per tutti,
dividendo i profitti e le perdite.

• Per limitare la responsabilità dei soci veniva utilizzato il seguente espediente: l’attività comune
veniva svolta da servi, muniti di peculium, in modo che la responsabilità dei domini fosse contenuta
nei limiti del peculium o al massimo entro i limiti dell’arricchimento conseguito.

• E’ garantita dall’actio pro socio, di buona fede.


• L’eventuale condanna -data la fraternitas e la fiducia reciproca implicite nell’accordo societario-
comportava infamia.
• Era tuttavia riconosciuto al convenuto il beneficium competentiae, per cui se egli avesse
provveduto tempestivamente al pagamento, in base alle sue concrete disponibilità economiche,
avrebbe potuto evitare la condanna infamante.
• La responsabilità per inadempimento del socio è in linea generale per la c.d. culpa in concreto.
• La societas omnium bonorum -in cui i soci mettevano insieme tutti i loro beni, presenti e futuri-
sembra fosse il tipo più risalente, cui vennero aggiungendosi in seguito altri tipi.
• Profitti e perdite andavano divisi in parti uguali, salvo che le parti avessero pattuito diversamente.

Scioglimento della società

• per reciproco dissenso, • per recesso anche di un solo socio, • per esaurimento dello scopo, • per
impossibilità sopravvenuta di realizzare lo scopo, • per morte o capitis deminutio anche di uno solo
dei soci, • per procedura esecutiva con conseguente bonorum venditio a carico di uno dei soci .

COMPRAVENDITA
• Nel periodo più antico veniva effettuata solamente la vendita in contanti, per le res màncipi
occorreva la mancipatio, in quanto il consenso non era sufficiente a trasferire la proprietà.
• Il contratto di compravendita, nato nella prassi della iurisdictio peregrina, venne in seguito tutelato
iure honorario anche tra i cives.

Diocleziano, poi abbandonata da Costantino e dai suoi successori.


• In età tardoantica la compravendita è configurata come un atto traslativo della proprietà della res,
fondato sul consenso delle parti e sul pagamento di un prezzo .
• Oggetto della compravendita, indicato con il termine merx, era una res sia mobile sia immobile,
màncipi e nec màncipi. Poteva essere qualsiasi cosa corporale e incorporale, ma anche diritti
parziari di godimento, crediti, un’eredità etc.
• Fonti tarde ammettono l’esperibilità di un actio empti da parte dell’acquirente di buona fede per
ottenere un risarcimento del danno, in caso di dolo da parte del venditore.

− L’acquirente è tenuto al pagamento del prezzo. Egli versa le monete, mediante la tradìtio, in
modo che il venditore ne acquisti la proprietà.
− Aveva l’obbligo di fare acquistare all’acquirente la piena disponibilità della cosa .
− Doveva garantire all’acquirente il libero possesso della merx, in modo che l’acquirente ne
potesse acquistare il dominium per usucapione o in altro modo.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

− Le parti, in via pattizia, potevano stabilire l’obbligo per il venditore di effettuare il trasferimento
della proprietà attraverso un apposito atto estraneo alla compravendita, cioè la mancipatio o la in
iure cèssio.
− Se si trattava di una cosa mobile, il venditore doveva farne la tradìtio.
− Se era inadempiente, contro di lui era concessa all’acquirente un’actio empti, azione di buona
fede.

− Si parla di evizione, facendo riferimento al caso in cui un terzo, estraneo alla compravendita,
avesse rivendicato nei confronti dell’acquirente —e con successo—la cosa venduta.
In tal caso il venditore è responsabile.

− Alle origini, la responsabilità del venditore sorgeva mediante nuncupationes pronunciate al


momento della mancipatio.
• Attualmente disciplinata dagli artt. 1571-1606 c. c.; L. 27-7-1978, n. 392.
• Nell’esperienza giuridica romana essa più che un contratto, risulta essere un genus, al cui
schema potevano essere ricondotte diverse figure.
• Con tale termine s’indica il contratto consensuale e bilaterale con cui un soggetto si obbliga a
dare una cosa nella materiale disponibilità di un altro merces , che era certa e consisteva in una
controprestazione pecuniaria.

LOCATIO REI
• Il conduttore o locatario d’immobili urbani era indicato con il termine inquilinus, di rustici con
colonus.
• Il locatore aveva l’obbligo di consegnare la cosa e di assicurarne il godimento al conduttore.
• Il conduttore aveva l’obbligo di pagare alle scadenze stabilite il corrispettivo in danaro, di
custodire la cosa e di restituirla al termine stabilito, nelle condizioni in cui l’aveva ricevuta.

A favore del conduttore : actio in personam contro il locatore e l’interdictum de vi armata se era
stato estromesso dal fondo con uso delle armi.
• Estinzione: la locatio operarum cessava con la morte del locatore; le operae, infatti, non potevano
essere prestate da persone diverse.

LOCATIO OPERARUM
• Il locatore si obbligava a fornire la res, mobile o immobile e il conduttore ad esercitare
autonomamente, ma nell’interesse del locatore una certa attività in modo da conseguire il risultato
convenuto e poi restituirla al locatore.

LOCATIO OPERIS
• Per esempio, il locatore forniva il materiale necessario, di sua proprietà, al conduttore , il quale si
impegnava con il proprio lavoro o di suoi collaboratori a realizzare beni per il locatore, dietro
corrispettivo di una somma di danaro.
• Di vario contenuto: per es. il trasporto della res, la custodia della res, l’istruzione di un servus,
lavaggio e rammendo d’indumenti, ricavare gioielli dall’oro del locatore etc.
• A carico del conduttore vi era l’obbligo di eseguire il lavoro pattuito o direttamente o con l’ausilio
dei propri schiavi o sublocando l’opera ad un altro conductor.
• Il locatore aveva diritto che, al momento della consegna, l’opera venisse collaudata .
• Impossibilità sopravvenuta della prestazione, dovuta a caso fortuito o forza maggiore, cioè il

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

periculum era a carico del locatore, che avrebbe dovuto pagare lo stesso il corrispettivo.
• In materia di locatio–conductio è di grande importanza la Lex Rhodia de iactu.
• Prevedeva un regime particolare per merci trasportate in mare.
• La lex disciplinò il gettito in mare di merci locate per il trasporto, effettuato dal comandante della
nave, in caso di pericolo.

Mandatum mea et tua gratia, cioè il mandato nell’interesse comune del mandante e del
mandatario.
Mandatum tua gratia tantum, cioè a favore del mandatario non produceva effetti. Era considerato
al massimo un suggerimento.

Il consensus perseverans in item placitum

Il fine pratico di compiere gratuitamente un’attività richiesta dal mandante.

giuridicamente lecita, 2. sufficientemente determinata.


• Di conseguenza il mandato di compiere atti illeciti ed il mandato indeterminato non erano validi.

− di eseguire l’incarico, cioè di svolgere l’attività richiesta dal mandante o di realizzare lo scopo da
lui indicato, attenendosi precisamente alle istruzioni ricevute. Ciò significa che non poteva
eccedere .
Ad esempio, ricevuto l’incarico di acquistare una res per cento assi, comprarla pagandone 150.
• sollevare il mandatario dai debiti assunti.
• Entrambe sono azioni di buona fede.
• Implicavano la condanna del convenuto «a tutto ciò che egli dovesse dare o fare ai sensi della
buona fede» .
• Se consideriamo il tipo di tutela accordato dal diritto romano con le actiones mandati , ma
esperibili anche a favore e contro i peregrini, risulta evidente la natura del mandato.

• Per reciproco dissenso.In questi due ultimi casi occorreva aver riguardo alla situazione: purchè
tali eventi fossero intervenuti prima dell’inizio dell’esecuzione dell’incarico revoca da parte del
mandante rinunzia da parte del mandatario
• Per morte di uno dei soggetti .

Mandatum pecuniae credendae o mandatum credendi

• Si tratta del mandato con cui un soggetto conferisce al mandatario l’incarico di prestare, mutuare
danaro ad una terza persona.
• Quest’ultimo era in una posizione analoga a quella del fideiussore, garantiva l’adempimento del
mutuatario.
• Da non confondere con la fideiussione .
• Il mandato pecuniae credendae, infatti, non è —a differenza della fideiussio—un contratto
accessorio rispetto al rapporto di credito garantito.
• Il mandato pecuniae credendae è collegato al contratto di mutuo.

nei confronti del terzo mandatario, poteva esperire l’actio mandati contraria.

La procura
• Il procuratore era colui che faceva le veci di un altro, agiva in luogo di un'altra persona.
• In età postclassica, la procura fu del tutto assorbita dal mandato.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 41
Successioni: nozione, successione testamentaria
CONTRATTI LETTERALI E
• Ai contratti reali vengono accostati gli «anonyma synallagmata, da noi indicati come »convenzioni
sinallagmatiche« o »contratti innominati«.

CONTRATTI LETTERALI
• Si tratta di contratti che hanno come oggetto una somma di danaro, già dovuta per
un’obbligazione precedente.
• Fondati sulla scriptura, cioè sulle risultanze dei libri contabili tenuti dal pater familias.

• Il pater familias creditore scriveva nel codex, sotto la rubrica dell’acceptum la somma dovuta dal
debitore come se gli fosse stata versata.
• Contemporaneamente scriveva la stessa somma nella rubrica expensum, ma riferita ad un’altra
persona come se questa avesse stipulato un mutuo.
• Si veniva così ad estinguere l’obbligazione del primo debitore e contemporaneamente, per effetto
della seconda trascrizione, nasceva una nuova obbligazione litteris a carico del nuovo debitore.

NOMINA ARCARIA
• Sono documenti redatti in doppio originale, contenenti dichiarazioni che potevano essere in
contrasto con la realtà.
• La scriptura dava valore costitutivo alla dichiarazione come obligatio litteris e, quindi, produttiva di
effetti giuridici.

SYNGRAPHAE
• Documento scritto, affidato al creditore, redatto in un unico originale.
• In esso era attestato ciò che era realmente accaduto tra le parti.

SINE NOMINE
• Ai contratti reali vengono accostati gli »anonyma synallagmata, da noi indicati come «convenzioni
sinallagmatiche» o «contratti innominati».

PERMUTA .
• Attualmente disciplinata dagli artt. 1552 e ss. c.c.
• Si parla di permuta con riferimento all’ipotesi in cui un soggetto trasferisca ad un'altro il dominium
su una res ed in cambio riceveva il dominium su un’altra res.
• La permuta, dunque, ha ad oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di res, da un
soggetto ad un altro.
• I Sabiniani la consideravano una species rispetto al genus compravendita.

AESTIMATUM
• Attualmente disciplinato da artt.1556 ss.c.c.
• Consisteva nella consegna , effettuata da uno dei contraenti a favore della controparte, di una res
aestimata, cioè preventivamente stimata, valutata, allo scopo di venderla.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Con la consegna sorgeva, per l’accipiente, l’obbligo di restituire la res in caso di mancata vendita
o di pagarne il prezzo stabilito se invece era stata venduta.
• Da non confondere con la compravendita in quanto il contraente poteva anche restituire la res,
né con la locatio operis perché non era obbligato a vendere.

CONTRATTI INNOMINATI - PRECARIUM


• Si tratta di una conventio sine nomine, elaborata dalla riflessione giurisprudenziale d’età classica
E’ un contratto innominato, quindi atipico e non disciplinato dallo ius civile.
• Si parla di datio ad experiendum, cioè della dazione di una cosa ad un soggetto affinché la
potesse provare oppure esaminarla a fondo, in funzione di un’eventuale vendita.

LEZIONE 42
Successioni: ab intestato, contra testamentum
Si configura come crimen qualsiasi azione delittuosa lesiva degli interessi della civitas.
Il vocabolo delictum è un deverbativo da de-linquere rapina
• Da ciascuno di questi illeciti sorge un’obbligazione.
• Ogni atto illecito, dunque, è fonte di obligationes ex delicto.
• Nell’esperienza giuridica romana, infatti, furono configurate come obligationes ex delicto o di
«responsabilità primaria» quelle derivanti da atti illeciti lesivi della persona o del patrimonio di un
soggetto.
• In epoca tardoantica si svilupparono poi altre figure di reati, da cui nascevano obligationes quasi
ex delicto, su cui ci soffermeremo in seguito.
• Per quanto concerne la sanzione, in epoca arcaica essa non era prestabilita, ma la
determinazione era lasciata all’offeso e, di conseguenza, la sanzione poteva essere anche
sproporzionata rispetto all’offesa, essendo rimessa alla vendetta del singolo.
• In seguito si affermò il principio che vi dovesse essere una proporzione tra offesa e sanzione: la
c.d. «legge del taglione», cioè occhio per occhio, dente per dente.

• Il pretore, com’è noto, non si limitava ad applicare la normativa vigente e quindi a punire i
comportamenti illeciti previsti dalla legge.

CARATTERI OBBLIGAZIONI EX DELICTO


NOSSALITÀ • Il delictum, denominato alle origini anche noxa, deverbativo di nocère .
• Secondo le antiche consuetudini, la commissione di un illecito comportava il legittimo esercizio
della vendetta da parte della gens o familia dell’offeso.
• Le obligationes ex delicto comportavano la responsabilità di colui che aveva la potestà sull’autore
del fatto illecito.
• Di conseguenza per sottrarsi all’azione del soggetto leso dall’attività illecita, il pater familias o il
dominus del soggetto che aveva commesso l’illecito potevano fare la c.d. noxae deditio, cioè
consegnare spontaneamente il proprio sottoposto, abbandonare il responsabile.
• Tale antica consuetudine durò fino a tutta l’età classica.
• L’azione penale intentata contro il dominus o il pater era un’azione nossale, cioè un’azione che
consentiva al convenuto di liberarsi della responsabilità ricorrendo alla «dazione a nossa» o noxae

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

deditio, cioè col trasferimento all’offeso della propria dominica o patria potestas sul sottoposto
colpevole oppure cedendone il cadavere.
• Nel caso in cui il dominus o il pater non ricorressero alla noxae deditio, assumevano la
responsabilità per l’illecito commesso .
• Occorre tener presente che la responsabilità per l’illecito commesso si trasmetteva a coloro che
in seguito ne avessero la potestà: noxae caput sequitur, cioè la nossa segue l’individuo colpevole
dell’illecito.
• In questo senso si parla della c.d. «ambulatorietà» dell’obligatio ex delicto.
• La nossalità in seguito subì modifiche notevoli.
• In primo luogo la nossalità relativa ai delicta commessi dai filii, cadde progressivamente in
decadenza in parallelo col riconoscimento della loro capacità giuridica anche in ambito privatistico
ed infine fu abolita dall’imperatore Giustiniano.
• Il principio di nossalità trovò applicazione nell’ambito della «devastazione», cioè il danno
patrimoniale dovuto ad animali selvatici incustoditi.
• Le XII Tavole prevedevano un’apposita actio de pauperie nei confronti del dominus, il quale ove
non intendesse risarcire il danno , poteva evitare tale azione mediante la noxae dedìtio
dell’animale.

PERPETUITÀ DELLE AZIONI


• Sia le azioni penali civili sia quelle pretorie, concesse per il completamento della repressione dei
delicta non erano soggette a decadenza, cioè erano perpetue.

CAUSALITÀ VOLONTARIA
• Essa implicava che le obbligazioni derivassero da un atto illecito, cioè da un atto «volontario»,
posto in essere dall’autore dell’illecito o da un suo sottoposto.
• Va ricordata un’ importante distinzione tra culpa e dolo , che operò anche in questo campo.
• Si ritenne sufficiente la volontarietà dell’atto illecito, cioè la culpa per dar luogo all’obbligatio.
• Attualmente disciplinato dagli artt. 624e segg. c.p.
• Si definisce furtum la sottrazione non violenta di una res mobile o di un animale al suo detentore.
• Già le XII Tavole disciplinarono il furtum e -com’è stato ricordato- in tale raccolta scritta rifluirono
antiche consuetudini .
• Nel periodo più antico era ammessa la vendetta privata e ciò naturalmente comportava il pericolo
di forti reazioni, anche sproporzionate rispetto all’evento.
• Il ladro furtum oblatum se colui che era colpevole di furtum conceptum riusciva a dimostrare che
la refurtiva gli era stata data per nasconderla in casa.
• Nell’ipotesi invece in cui il furto avesse avuto luogo di notte ed il ladro fosse stato colto in
flagrante oppure si fosse difeso con le armi oppure si fosse trattato di uno schiavo, il derubato
poteva aggredirlo, catturarlo ed ucciderlo mediante precipitazione dalla rupe .
• Nella seconda ipotesi in duplum in triplum in quadruplum per il furtum manifestum.
• Un’importante novità è rappresentata dal fatto che l’actio furti è esperibile non solo contro il ladro,
ma anche contro la «mente» del furto, cioè colui che avesse partecipato al furto o con una vera e
propria collaborazione o con l’ideazione, l’istigazione, i consigli, le istruzioni .

ELEMENTO SOGGETTIVO: DOLUS MALUS


• Consiste nella consapevolezza di impossessarsi di una cosa altrui contro la volontà del legittimo
dominus.
• Oggetto del furtum -apprendiamo da Gaio, Inst. III, 183 e segg.-potevano essere non solo cose
mobili, ma anche uomini liberi.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

ELEMENTO OGGETTIVO
• Poteva aversi anche il furto di una cosa propria nell’ipotesi in cui un individuo, per esempio un
debitore, sottraeva la res data in pegno, impadronendosene.

ANIMUS LUCRI FACIENDI

• cioè l’animo di trarre un lucro dalla sottrazione della cosa.


• Consiste, quindi, nell’intento di trarre un vantaggio economico dal furto della res.
• Doveva verificarsi un vero e proprio furto, cioè la sottrazione di una cosa altrui, impossessandosi
di essa, contro la volontà del dominus , per trarne vantaggio.

ESCLUSIONE DELLA PUTATIVITÀ DEL FATTO


• Non era, pertanto, sufficiente ad integrare la fattispecie criminosa -pur essendo presente
l’animus- l’impossessamento di una res derelicta o di una res nullìus.
• Al dominus derubato oltre all’actio furti e alla rei vindicatio spettava anche la condictio furtiva per
farsi restituire la cosa rubata.
• Il ladro aveva l’obbligo di restituire la cosa rubata e tale obligatio sorgeva nel momento stesso
della sottrazione con l’intento di tenere per sé la cosa altrui.
• Il dominus derubato, esercitando la condictio, chiedeva il trasferimento della proprietà di una
cosa di cui era già dominus.

OBBLIGAZIONI QUASI EX DELICTO


• Nell’ipotesi che il lancio di oggetti solidi o liquidi abbia procurato un danno, questa azione viene
concessa al danneggiato contro colui che abita nell’edificio .
• La responsabilità che in età classica era esclusivamente oggettiva, cioè legata al materiale
verificarsi dell’evento, in età giustinianea si trasformò in soggettiva, occorreva almeno la culpa.
• Azione d’origine pretoria esperibile nell’ipotesi in cui un giudice si fosse appropriato della cosa
controversa e, in età giustinianea, anche contro colui che avesse emesso una sentenza ingiusta,
per negligenza.
Azione esperibile contro l’agrimensore -cui fosse stato affidato il compito, quale arbiter in una
controversia, di stabilire i confini tra due o più proprietà - che avesse dato dolosamente misure
false.
• L’azione per la corruzione del servo spettava al dominus nei confronti di chiunque avesse
ospitato il servus fugitivus o lo avesse spinto a commettere atti illeciti o lo avesse persuaso a
compiere gesti pericolosi che ne avessero causato il ferimento o la morte.
• Si trattava di un’actio in duplum, cioè un’azione che comportava il pagamento di una somma pari
al doppio della diminuzione di valore del servus oppure il risarcimento del doppio del danno
provocato al dominus.
• In epoca giustinianea fu estesa all’ipotesi di corruzione di un filius, esperibile dal pater.
• L’azione per violazione di sepolcro era esperibile contro colui che avesse violato un sepolcro,
aprendolo per inserirvi un defunto della propria familia o seppellirvi un estraneo.

• Si tratta di un’azione concessa contro l’appaltatore delle imposte, il quale si fosse impossessato
di res dei contribuenti.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

LEZIONE 43
• La morte di una persona aveva importanti conseguenze sul piano concreto.
• In teoria l’estinzione fisica di un individuo avrebbe dovuto comportare l’estinzione dei diritti che a
lui facevano capo: mors omnia solvit .

INTRODUZIONE

• Sul piano concreto, la morte avrebbe avuto gravi conseguenze per i familiari del defunto, ma
anche per i suoi creditori.
• Essa, inoltre, avrebbe messo a repentaglio l’ordine sociale perché, ad esempio, il patrimonio del
de cuius sarebbe diventato res nullius e, quindi, chiunque se ne sarebbe potuto appropriare.
• E’ evidente che come immediata conseguenza vi sarebbe stata la corsa all’accaparramento dei
beni ereditari divenuti suscettibili di apprensione.
• Tutto ciò sarebbe facilmente sfociato in rivalità e disordini.
• Risulta evidente che era essenziale ed imprescindibile un intervento dell’ordinamento al fine di
disciplinare e tenere sotto controllo la situazione.
• In questo campo, sin dai primordia civitatis, si affermarono consuetudini dirette a preservare il
patrimonium del defunto dalla dissoluzione.
• Occorreva assicurare la trasmissione del patrimonio del defunto ad altri soggetti giuridici,
determinati dall’ordinamento stesso o scelti dal de cuius.
• Si affermarono regole essenziali, dapprima semplici e mano a mano sempre più complete ed
elaborate.
• Ciò fu realizzato grazie al puntuale lavoro di riflessione dei giuristi.
• Di grande rilievo anche gli opportuni interventi, da un lato del pretore e dall’altro del legislatore,
fino a creare un sistema successorio vasto ed articolato.
• Il vocabolo hereditas, sin dal periodo più antico, indicava il complesso di cespiti patrimoniali già
appartenenti al defunto.
• Coloro che, in tutto o in parte, subentravano al de cuius nei vari rapporti giuridici furono indicati
con il termine heres ed il suo plurale heredes .
• Alle origini, l’hereditas fu limitata alle res familiares.

PARTICOLARE

• Nella successione a titolo universale si verifica che un soggetto, c.d. «erede», subentra
indistintamente nell’universalità del patrimonio del de cuius.
• Il patrimonio del defunto è da intendere come un insieme di attività e passività facenti capo al
defunto, che viene trasmesso nel suo insieme o in una quota proporzionale.
• L’erede non subentra, invece, nei rapporti di diritto pubblico ed in quelli personali .
• Non si trasmettono usufrutto, uso ed abitazione.
• Nell’ambito delle obligationes, non si trasmettono quelle derivanti da mandato e da delitto .
• L’erede, essendo successore universale del de cuius, risponde dei debiti del defunto anche oltre
l’ammontare del patrimonio ereditario .
• Per evitare gli evidenti risvolti negativi di ciò, l’erede può compiere l’accettazione dell’eredità con
il beneficio d’inventario che limita la sua responsabilità patrimoniale per i debiti del de cuius entro il
valore dell’eredità.
• Nell’ipotesi che gli eredi siano di minore età, è obbligatoria l’accettazione con beneficio
d’inventario in quanto si presume che il minore non sia in grado di valutare se si tratti di una
hereditas damnosa o meno.

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LEGATUM PER DAMNATIONEM

• Da esso sorgeva un rapporto obbligatorio tra erede e legatario.

LEGATUM PER PRAECEPTIONEM

• Le differenze tra i vari tipi di legato andarono attenuandosi progressivamente a seguito di vari
interventi normativi e dell’opera della riflessione giurisprudenziale.
• Ricordiamo il senatoconsulto Neroniano con cui fu stabilito che, ove l’oggetto di un legato per
vindicationem fosse una res non di proprietà del testatore, il legato non era nullo , bensì era da
considerare per damnationem.

A carico dell’erede vi erano tante obligationes quanti erano i legatari.

DISCIPLINA DEI LEGATI - FEDECOMMESSI

• Per quanto concerne l’acquisto del legato, la regola generale è che il legato si acquista dopo che
l’erede ha acquistato l’hereditas.
• I Romani, infatti, distinguevano tra dies cedens e dies vèniens se l’erede rinunciava all’eredità •
Nei casi 1 e 2 si trattava di nullità che non ammetteva sanatoria semplicemente indicando un
nuovo legatario al posto del primo vendendo la res, oggetto del legato per vindicationem.
• Nell’esperienza giuridica romana vi era anche un’altra ipotesi di revoca, di tipo legale, e cioè
nell’ipotesi che, dopo la redazione del testamento, si verificassero capitales inimicitiae tra il
testatore ed il legatario.
• Nel periodo più antico poteva verificarsi che il testatore con una serie di legati esaurisse l’intero
patrimonio e all’erede non rimanesse nulla, solamente il nudum nòmen.
• Si rese così necessario l’intervento del legislatore che, a partire dall’età repubblicana limitò la
facoltà del testatore di fare legati.
• La lex Fùria testamentaria , stabilì il divieto di legati superiori a mille assi, tranne che nell’ipotesi
che la disposizione riguardasse il coniuge o i parenti entro il sesto grado.
• La lex Vocònia fissò il principio che non si potesse effettuare un legato il cui ammontare fosse
superiore alla quota minima assegnata agli eredi.
• La lex Falcidia , abolite le precedenti misure legislative, fissò un nuovo principio: agli eredi
testamentari andava riservato un quarto del patrimonio netto.

LEZIONE 44
Successione ab intestato

Bonorum possessio quando nessuno dei chiamati all’eredità compie l’accettazione.

SUCCESSIONE AB INTESTATO
• La bonorum possessio è una creazione di diritto onorario.
• Come si deduce dalla stessa denominazione, la bonorum possessio consiste nell’immissione nel
possesso del patrimonio del defunto -effettuata dal pretore- di un soggetto che ne abbia fatto
istanza.
• Essa consiste, dunque, in una missio in bona delle res corporales che formano il patrimonio
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

ereditario.
• Colui che viene immesso nel possesso sine tabulis senza le tavole testamentarie, veniva
concessa dal pretore, pur in assenza di un testamento a colui che rientrasse in una delle categorie
indicate nell’editto.
• E’ la successione fondata sul testamento.
• Da notare che le categorie di successibili ora elencate erano subordinate le une alle altre.
• Ciò significa che non si poteva passare da un ordo ad un altro se non dopo che fossero stati
esauriti i gradi interni a quello precedente.
• Per quanto concerne la successione mortis causa tra madre e figli, va ricordato che la materia
era disciplinata dal senatoconsulto Tertulliano .
• Il senatoconsulto stabilì che, ove la madre che godesse dello ius liberorum, le veniva riconosciuto
il diritto di succedere al proprio figlio, ma era preceduta dai figli di suo figlio defunto e dai loro
discendenti.
• La posizione degli agnati, in età classica privilegiati rispetto ai cognati, andò degradando.
• La successio gràdum et òrdinum fu estesa all’hereditas.
• In materia successoria, la posizione dei parenti in linea femminile andò assimilandosi a quella in
linea maschile.
• Le limitazioni a carico delle donne andarono attenuandosi.
• Le aspettative successorie delle madri e delle vedove migliorarono.
• Fu ammessa la successione a favore dei figli illegittimi.
• Nella successione dei liberti, s’indebolì la posizione del patrono e dei suoi discendenti.
• L’agnatio perse rilievo, Giustiniano riconobbe solamente la parentela di sangue.
• La bonorum possessio è un sistema di successione mortis causa introdotto dal pretore.
• Si contrappone al sistema successorio riconosciuto dallo ius civile.
• Di fronte all’esercizio dell’hereditatis petitio , il pretore, effettuata una cognizione sommaria,
assegnava il possesso delle res controverse ad una delle parti.
• Il pretore attribuiva, secondo quanto stabilito nell’editto, a chi ne avesse fatto richiesta il possesso
di singoli beni ereditari, nonché del godimento di fatto della situazione di erede.
• Anche per la bonorum possessio è prevista la delazione ab intestato e quella testamentaria ,
nonché una successione necessaria sia formale che materiale .
• Con l’immissione nel possesso dei beni ereditari, al beneficiario non spettava il dominium ex iure
Quiritium, ma solamente l’in bonis habere.
• Per acquistare il dominium occorreva il decorso del tempo affinché si avesse l’acquisto per
usucapione.
• Non sappiamo con certezza il momento in cui sorse la bonorum possessio, né quali esigenze
specifiche ne abbiano determinato la nascita.
• Secondo un’autorevole dottrina, la bonorum possessio sarebbe stata introdotta per esigenze di
carattere processuale, in quanto era necessario determinare chi fosse il possessore, per sapere
chi fosse l’attore e chi il convenuto.
• Occorreva fare chirezza nel caso che la situazione possessoria fosse incerta.
• L’intervento del pretore mirava ad ovviare agli inconvenientì legati all’eredità giacente e ad
impedire la casualità degli effetti dell’usucapio pro herede.
• In effetti, il pretore nel periodo più antico, determinava una situazione provvisoria destinata a
cessare se l’erede civile, mediante una hereditatis petitio, riusciva a far valere i propri diritti prima
che fosse trascorso il tempo necessario per l’usucapione da parte del bonorum possessor.

LEZIONE 45
Fonti, soggetti di diritto e famiglia

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

DISCIPLINA DEL TESTAMENTO


• L’apertura del testamento doveva seguire determinate regole: a Roma aveva luogo davanti al
pretore e nelle province davanti al governatore.
• Si effettuava tra il terzo ed il quinto giorno dalla morte del testatore, alla presenza dei testimoni
che erano stati presenti alla redazione del testamento, i quali dovevano riconoscere i propri sigilli.
• Le forme previste per l’accettazione la pro herede gestio.

ACQUISTO EREDITA’: DELATIO E ADITIO


• Consiste in un atto formale con cui si compie l’accettazione dell’eredità, mediante la pronuncia di
certa verba che esprimevano la volontà di accettere l’eredità.

FORME DI ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’: LA CRETIO


• Si tratta di un’accettazione tacita dell’eredità, manifestata attraverso comportamenti
inequivocabili.

GESTIO
• E’ la designazione -chiara ed espressa con precisione, inequivocabile- dell’erede, cioè di colui
che è chiamato alla successione .
• L’heredis institutio determinava la successione in locum et ius defuncti di colui che era stato
istituito erede.
• Lo ius civile richiedeva che, oltre all’istituzione d’erede, vi fosse l’esplicita diseredazione di coloro
che erano heredes sui e che il testatore voleva escludere dalla successione.
• Lo ius honorarium richiedeva, invece, che vi fosse l’exheredatio di tutti i liberi non istituiti eredi.
• Era possibile apporre una condizione sospensiva, ma non una condizione risolutiva oppure un
termine.

FORME DI TESTAMENTO
• È la forma più antica, peculiare dell’età arcaica.
• Si svolgeva alla presenza dei comizi curiati, appositamente convocati dal pontefice massimo, due
volte ogni anno.
• In tale occasione si svolgeva un’adrogatio -cioè l’adozione di un pater familias , da parte di un
altro pater familias, privo di discendenti.

FORME DI TESTAMENTO: TESTAMENTUM CALÀTIS COMITIIS


• risalente anch’esso all’età arcaica. Era utilizzato dai soldati durante la guerra.
• Dapprima venivano presi gli auspici e poi alla presenza dei commilitoni il soldato manifestava la
propria volontà testamentaria.

FORME DI TESTAMENTO: TESTAMENTUM IN PROCÌNCTU


• Si tratta di un caso particolare di mancipatio.
• Con essa il testatore alienava fiduciariamente il proprio patrimonio ad un altro soggetto , con
effetto successivo alla morte del testatorealienante, il quale indicava anche il destinatario di
ciascun bene.

FORME DI TESTAMENTO: MANCIPATIO FAMILIAE


• Richiedeva alcuni elementi formali: doveva aver luogo alla presenza di un libripens e di cinque
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

testimoni.
• Il testatore redigeva il testamento alla loro presenza oppure portava le tavolette già pronte per
quanto riguardava le disposizioni di ultima volontà .

• Nell’ipotesi che fosse stato commesso un errore nella pronuncia delle dichiarazioni, il pretore
interveniva concedendo la bonorum possessio secundum tabulas a colui che fosse risultato erede
nelle tavole del testamento, anche se il testamento non aveva validità per lo ius civile.

TESTAMENTUM CIVILE
Nel caso in cui il testatore avesse avuto la testamenti factio attiva al momento della redazione del
testamento e in seguito l’avesse perduta per capitis deminutio.
• La distruzione del testamento a favore del patrono, nel caso che il liberto fosse morto senza figli.
• Nel periodo che intercorre tra la morte del de cuius e l’accettazione, l’eredità è priva di titolare: né
il de cuius perché è defunto, né l’erede perché non ha ancora accettato l’eredità.

EREDITÀ GIACENTE
• L’hereditas è essa stessa «centro d’imputazione» di relazioni giuridiche, titolare degli incrementi
e delle diminuzioni che si verificano nel concreto .
• Gli acquisti vengono effettuati anche dai servi o eventualmente da terzi, gestori dell’eredità.

EREDITÀ GIACENTE: USUCAPIO PRO HEREDE


• Attualmente disciplinata dagli artt. 552 segg.
• Si tratta di un’azione utilizzata dai parenti del de cuius che impugnavano il testamento anche se
erano stati espressamente diseredati.
• Si riteneva, infatti, che se non esisteva una iusta causa perché fossero diseredati, era dovere del
testatore provvedere a loro favore, riservando almeno un quarto di quanto sarebbe spettato loro in
caso di successione legittima .
• Va precisato che la «legittima» non fu creata mediante provvedimenti legislativi, ma fu introdotta
nell’ordinamento romano dalla riflessione giurisprudenziale.
• Ad esempio, se il testatore -senza adeguato motivo- non avesse adempiuto al dovere di disporre
a favore dei propri congiunti ecco intervenire i giuristi con la loro interpretatio.
• Un testamento di questo tipo, inofficioso veniva considerato nullo, in quanto solamente un
individuo che non fosse sano di mente avrebbe potuto prescindere dal suo dovere verso i
congiunti.
• Di conseguenza, il testamento poteva essere impugnato per nullità, come se fosse stato redatto
da un infermo di mente, sub còlor insàniae.
• Secondo alcuni studiosi colui che fosse stato diseredato avrebbe potuto effettuare la hereditàtis
petìtio, che però poteva anche dare risultati inadeguati.
• La querela inofficiòsi testamènti era peculiare del processo per cognitio extra ordinem, in cui il
magistrato, dotato di ampi poteri, poteva decidere in materia ereditaria.
• La querela inofficiosi testamenti veniva esercitata entro cinque anni dal momento dell’acquisto
dell’eredità dai liberi, dai genitori, dalle sorelle e dai fratelli del de cuius.
• A discrezione del giudice si accertava la violazione dell’officium pietatis.
• In linea generale, si riteneva che il testatore dovesse riservare ai congiunti un quarto della
legittima.
• Nell’ipotesi di un esito positivo della querela, ciò non comportava automaticamente
l’assegnazione di una quota ereditaria all’attore, veniva solamente invalidato il testamento e di
conseguenza si apriva la successione ab intestato.
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LEZIONE 46
negozio e contratto
Diritto romano, come qualsiasi altra materia del corso di laurea.
• Siamo alla prima esperienza e, quindi, avete un’idea solamente teorica di ciò che saranno i vostri
esami.

• imparare alcune cose si ed altre no e sperare nella fortuna etc. etc.


• La materia trattata nelle lezioni muove dal testo del Prof M. TALAMANCA, esposto a volte
semplificando, altre integrando o schematizzando, facendo i collegamenti o i rinvii in modo di
rendere la lettura più agevole e chiara.
• Abbiamo, quindi, un materiale di studio già organizzato, ora dopo averlo letto, compreso e
studiato, l’apprendimento è sicuramente a buon punto.
• Passiamo alla fase finale di ripasso e vediamo insieme alcuni esempi di domande e di risposte.
• E’ ovvio che si tratta solo di alcuni esempi a carattere puramente indicativo, che certamente non
esauriscono le possibili domande d’esame.
• Non potete sapere su cosa sarete interrogati, ma avete la certezza che il giorno della prova
d’esame non verranno richiesti argomenti non trattati nel libro di testo o nelle lezioni telematiche.
• Inutile dire che vi suggerisco di seguire la prima ipotesi e vi consiglio fermamente di prescindere
dalle altre «modalità di studio» indicate o da altre simili.
• Questo per varie ragioni, come ad esempio, il fatto che non si può superare un esame per una
dote naturale quale è la memoria , ma non è rilevante se non accompagnata dalla comprensione
degli argomenti, dalla capacità di effettuare confronti, collegamenti etc.
• Confido nella vostra intelligenza, nella vostra voglia di superare l’esame, ottenendo il miglior
risultato possibile.
• Organizziamoci a tal fine.
• la nozione: dato «realtà», dato «norma», dato «scienza».
Innanzi tutto la nozione di «esperienza giuridica».
• Concezione storica del diritto: le ragioni della scelta perché tale nozione anziché quella di diritto,
inteso secondo la teoria normativa di Kelsen o la teoria istituzionale di Santi Romano o altre teorie.
• Nozione di ordinamento .
• Ogni elemento va visto nel suo contesto storico, tenendo presenti i condizionamenti.
• Dato il lungo periodo in cui si è svolta questa esperienza sarebbe più corretto parlare di un
«insieme», un «fascio», un «complesso di esperienze giuridiche», relative al mondo romano, che
si sono susseguite nel tempo.
• La c. d. «periodizzazione» è un argomento strettamente collegato a quello precedente.
• Si tratta, infatti, di un’esperienza che si snoda lungo un arco temporale molto lungo dall’VIII
secolo a.C. al VI secolo d. C.: dalle origini della città di Roma all’impero dell’età di Giustiniano.

• Rex ed i suoi collaboratori: questori parricidi e duoviri della perduellio.


• Collegi sacerdotali: auguri, pontefici , feziali.
• Ricordiamo la significativa testimonianza di Pomponio, il quale nell’Enchiridion tratta del periodo
regio.
• Egli, vivendo nel secondo secolo d.C., è fortemente colpito dalla differenza che intercorre tra la
realtà dei suoi tempi e quella delle origini.
• La certezza del diritto, peculiare del suo tempo, è in netta antitesi con il modo di essere della
comunità quiritaria .
• Il giurista sottolinea la centralità del potere regio: omnia a regibus manu gubernabantur.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

• Il significato di manus in diritto pubblico e in diritto privato.

• Potere d’ordinanza del rex, interprete della volontà degli dei che indica ai consociati i
comportamenti da tenere: fas est, fas non est oppure nefas, nel significato di «è lecito», «non è
lecito».
• La pronuncia regia ha un particolare valore. E’ vincolante in quanto parola.
• L’aspetto è accentuato dal fatto che si tratta di una pronuncia regia, effettuata cioè da colui che
funge da mediatore tra la comunità romana e gli dei.

Giustiniano che legifera Deo Auctore, Spirito Sancto inspirato etc.

LEZIONE 47
diritti reali, possesso e processo
ETÀ REPUBBLICANA

• Il pretore, collega minore dei consoli, è eletto dai comizi centuriati.


• E’ dotato di imperium e potestas.
• Dal 242 a.C. vi furono due pretori: urbano e peregrino
• Importanza del pretore non solo per il suo compito di amministrare la giustizia, ma soprattutto per
il suo apporto creativo. Può innovare, introducendo nuovi mezzi di tutela, detti pretori.
• Editto del pretore: contenuto, struttura, rapporto con giurisprudenza.
• Competenze: Cavère, respondère, corrìgere.

IUS
• Rapporti patrizi/plebei.
• Ordinamento plebeo/ ordinamento generale.
• Leges sacratae: si tratta di decisioni plebee adottate in un concilio della plebe che per la prima
volta è vincolante anche per i patrizi che non l’hanno adottato né hanno partecipato al giuramento.
• Con esse inizia il processo di equiparazione tra patrizi e plebei.
• Tribuni della plebe .
• Leges publicae.
• Leges XII Tabulae : formazione, trascrizione antichi mores.
Argomenti trattati, diversi settori, stile.
• Importanza.
• Costituzioni imperiali: edicta, mandata, rescripta , decreta= ius novum.

PRINCIPATO
• Organizzazione amministrativa.
• Riforme adrianee.
• Consilium principis.
• Constitutio Antoniniana .
• Giurisprudenza classica: ius respondendi ex auctoritate principis, publice respondere.

IMPERO
• Diocleziano, nuova concezione del potere imperiale: Dominus et Deus.
• Costantino e la sua dinastia. Costanzo II e Giuliano.
• Teodosio II e Valentiniano III.

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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

DOMINATO
Codice Teodosiano.
• I precedenti .
• Legge delle citazioni.
Raccolta leges, iura, mista.
Legislazione romano barbarica.
Giustiniano, nuova concezione potere imperiale.

PERSONE E STATUS
• Commorienza.

PERSONE FISICHE
• Nozione moderna che implica l’esistenza di uno stato che le riconosce come soggetti di diritto.

Nozione
Status libertatis.
• Peregrini dediticii.

STATUS CIVITATIS
Colui che, privo di ascendenti maschi o emancipato, ha piena capacità giuridica.

Cioè individui sottoposti ad un altro soggetto


• In potestate .
• In manu .
• Parentela in linea diretta e parentela in linea collaterale.
• Matrimonio cum manu e sine manum, connubium, affectio maritalis.
• Nubendi= cives o Latini con ius connubii.
• Forme ed effetti matrimonio.
• Il pater, in quanto dominus, esercita la dominica potestas sui servi.
• dominus, servi.

Lo schema di risposta alla domanda «Dominica potestas» è il seguente


• Gli effetti delle attività del servus vanno in capo al dominus.
• Il dominus, attraverso lo schiavo, può acquistare il possesso o esercitare, ad esempio, un’attività
artigianale o commerciale .
• testamenti factio passiva.
età pubere , sesso maschile, normalità fisica e psichica.

Tutela
• Mulierum.
• Responsabilità del tutore.
• etc.
• Attore colui che agisce, chiamando in giudizio la controparte.
• Convenuto colui che è invitato a presentarsi in tribunale .
• Si caratterizza per la divisione in due fasi.
Si svolge in tribunale alla presenza del rex o del magistrato: litis contestatio, dichiarazione delle
parti o confessio.
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RIASSUNTI LEZIONI DIRITTO ROMANO- LEZ. PROF. MAURO- ECAMPUS-2021

Il processo formulare, in età repubblicana, affianca il processo per legis actiones e


progressivamente si sostituisce ad esso.

• esecuzione della sentenza.


• Affianca il processo formulare, che verrà abolito nel 342 d.C.
• Inizialmente utilizzato nelle province per controversie di diritto pubblico, poi esteso anche al diritto
privato.

• Litis contestatio.
• Ius iurandum de calumnia.
• Prove.
• Valutazione da parte del giudice e decisione della controversia.

LEZIONE 48
DAI DIRITTI REALI ALLE SUCCESSIONI
DAI DIRITTI REALI ALLE SUCCESSIONI

Nozione.
• Caratteristiche .
• Diritti su cosa propria.
• Nozione.

Diritti reali di godimento: superficie, enfiteusi, servitù.


• La tutela processuale.
• Rilevanza della destinazione economico sociale della res.
• Tutela processuale.• La morte del possessore privo di eredi che potessero subentrare a lui.
• Litis contestatio.
• Praescriptio longi temporis.
• Obbligazioni da quasi delitto.
• Testamenti factio attiva e passiva.
• L’indegnità a succedere.
• Le varie epoche.
• pro herede gestio.
• Separatio bonorum.
• Hereditatis petitio.
• Nullità • Riduzione.
• Legislazione.
• Non confirmati.

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