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del Lavoro e
Sindacale
(Vol. III)
CAPITOLO I
LINCONTRO DA DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO
Il diritto del lavoro non riguarda solo le vicende del rapporto di lavoro bens anche la delicata fase della
costituzione del detto rapporto.
Esso riguarda, in pratica, anche il cosiddetto mercato del lavoro, che il luogo dove si incontrano domanda
e offerta di lavoro.
Una delle esigenze maggiormente avvertite da sempre quella di apprestare gli strumenti per consentire
unottimale distribuzione delle occasioni di lavoro; e ci in unottica di soddisfacimento degli interessi sia in
senso stretto produttivi sia delle persone.
In questultimo caso la finalit allocativa arricchita dallo scopo sociale di contenere, quanto possibile,
fenomeni di disoccupazione.
Lazione dei singoli Stati procede seguendo levoluzione dei fenomeni economico-sociali.
Semplificando al massimo, notiamo come si sia a mano a mano passati da una prospettiva statica dove
risulta prevalentemente curato il momento dellavviamento delle persone al lavoro ad una ben pi
complessa, che propone unintegrazione essenziale delle politiche attive e passive del lavoro; un raccordo,
cio, tra i servizi atti a consentire e a facilitare loccupazione nonch a garantire lincontro tra domanda ed
offerta, da un lato, e le misure di sostegno al reddito, dallaltro, s da soddisfare la complessit degli interessi
che fanno da sfondo alle dinamiche occupazionali.
In particolare, vera una possibilit di eludere legalmente il meccanismo, attraverso il passaggio diretto da
azienda ad azienda: difatti un lavoratore, invece di dimettersi o di essere licenziato e di riscriversi nelle liste
di collocamento, attendendo che arrivasse il suo turno, poteva transitare da un'azienda ad un'altra, sulla base
di contatti diretti fra le stesse, previa la mera concessione di un nulla-osta da parte dell'ufficio di
collocamento.
pur vero che erano previste sanzioni, anche penali, per chi violasse la normativa, ma, col tempo, esse erano
divenute sempre pi lettera morta.
Cominci cosi la serie delle modifiche legislative.
In un primo tempo, ci si limitati ad ampliare il numero dei casi nei quali si poteva proporre una
richiesta nominativa, piuttosto che numerica.
Ci per venire incontro alla pressante richiesta delle imprese di non dover procedere ad assunzioni al buio,
visto che, fra laltro, lufficio non controllava leffettiva esistenza dei requisiti professionali dichiarati dal
lavoratore in cerca di lavoro.
Ma un primo vero tentativo di riforma venne attuato con la legge n. 56 del 1987, attraverso il
decentramento delle funzioni e la creazione di apparati regionali (Commissioni Regionali per lImpiego).
Il risultato, pero, non fu per niente soddisfacente.
Una prima svolta decisiva la si ebbe con la legge n. 608 del 1996, con la quale venne abolita la
richiesta numerica - e, sostanzialmente, anche quella nominativa, ove consentita prevedendo la sola
comunicazione dell'assunzione, una volta avvenuta, all'ufficio di collocamento, il quale in tal modo assumeva,
nel mercato del lavoro, il ruolo di semplice spettatore.
Gli uffici di collocamento (ora Centri per lImpiego) restarono, quindi, organismi tenuti alla sola registrazione
dei dati e senza alcuna possibilit di gestire il mercato del lavoro, e l'inutilit di tale funzione fu il pretesto
per decretarne l'abolizione.
Determinante in tal senso fu una sentenza della Corte di giustizia europea del 1997 che, su ricorso di
un'azienda italiana, la Job Centre, sentenzi l'incompatibilit del monopolio pubblico italiano del mercato
del lavoro col Trattato di Roma istitutivo della Comunit europea per violazione della libert di concorrenza.
All'azienda italiana in questione era stata negata l'iscrizione dal Tribunale di Milano in quanto il suo statuto
prevedeva l'esercizio di un'attivit di intermediazione, ossia un'attivit ancora vietata dalla legge n. 264 del
1949.
La sentenza della Corte diede in tal modo una spinta decisiva in direzione del superamento del monopolio
pubblico del mercato dal lavoro con l'apertura ai privati del medesimo mercato, tenuto anche conto della
fallimentare esperienza della sistema pubblico.
La sentenza della Corte di giustizia europea Job Centre del 1997 decretava lincompatibilit del
monopolio statale in materia di mercato del lavoro in quanto contrario alle norme sulla libera concorrenza.
Da essa ha preso vita il processo di riforma iniziato col d.lgs. n. 469 del 1997 introduttivo di due
fondamentali innovazioni, e cio:
a) il trasferimento delle funzioni degli uffici di collocamento dallo Stato alle Regioni che a loro volta
l'avrebbero decentrato alle Province dopo la riforma costituzionale del 2001;
b) la legalizzazione dell'intermediazione privata il cui esercizio era subordinato al rilascio di
un'autorizzazione amministrativa.
Circa il punto sub a): Con la riforma del Titolo V della Costituzione con L.3/2001, lo Stato mantiene
solo una funzione di indirizzo e di coordinamento della politica del lavoro, mentre la relativa
competenza legislativa viene decentrata alle Regioni.
Queste ultime hanno poi attuato un ulteriore decentramento a livello provinciale, con l'istituzione dei
Centri per l'impiego in sostituzione degli uffici di collocamento e con l'obiettivo di fornire varie forme
di assistenza a favore di chi fosse in cerca di un'occupazione, la Regione coordina tali Centri dallalto,
attraverso una Commissione Tripartita composta da rappresentanti pubblici e delle parti sociali.
Circa il punto sub b): Sul piano dell'apertura ai privati, tuttavia, la legge non ebbe buoni risultati in
quanto non permetteva di svolgere contemporaneamente attivit di intermediazione e di
somministrazione di lavoro.
Ma il processo di riforma continuato; infatti nel 2002 si interviene nuovamente e radicalmente sul
funzionamento istituzionale e organizzativo del governo del mercato del lavoro: con il d.lgs. 297/2002 si
dispone la Soppressione delle liste di collocamento e lintroduzione delle schede anagrafiche e personali
dei lavoratori.
Si tentato cos di creare canali informatici, banche dati, attraverso il Sistema Informativo Lavoro (SIL) prima
e la Borsa Continua Nazionale del Lavoro (BCNL), poi nel 2003.
Inoltre vi stata l'introduzione dell'obbligo di denuncia contestuale dell'assunzione anche per i rapporti di
lavoro non subordinato (bens parasubordinato) quali le collaborazioni coordinate e continuative ed i lavori a
progetto.
Si giunti, infine, ad un'ulteriore riforma del regime del collocamento privato, tramite il pi volte
evocato d.lgs. n. 276 del 2003, come ritoccato dal d.lgs. n. 251 del 2004, una delle cui linee di intervento
stata quella dell'ulteriore rivisitazione della disciplina che prevede i presupposti e le condizioni di
svolgimento dell'attivit di collocamento da parte dei privati.
In particolare tale Riforma ha previsto: labolizione del vincolo di oggetto sociale esclusivo per le agenzie di
lavoro somministrato, di tal che le stesse avrebbero potuto esercitare anche altre attivit, ivi compresa quella
di intermediazione, inerenti al mercato del lavoro.
A tale ultimo scopo stato istituito un albo, presso il Ministero del lavoro, diviso in 5 sezioni, cui devono
iscriversi le Agenzie private per il lavoro che intendono esercitare attivit di somministrazione,
intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale, prevedendo
un regime unico di autorizzazione, nel senso che le agenzie del lavoro possono svolgere una o pi delle
dette attivit.
Per ottenere lautorizzazione necessario che sussistano alcuni requisiti tra i quali:
-
Le agenzie possono operare anche sulla base di un'autorizzazione provvisoria, ottenuta per silenzioassenso col decorso di 60 giorni dalla domanda di iscrizione all'albo, che diventa definitiva dopo 2 anni.
Lautorizzazione pu anche essere rilasciata dalle Regioni ovviamente con valenza territoriale limitata
abilitate a predisporre un proprio albo locale: i requisiti rimangono gli stessi e sono escluse le Societ di
somministrazione, la cui autorizzazione resta in capo al Ministero.
Le dette agenzie sono soggette a tutte le norme in materia di tutela della riservatezza dei dati personali e,
con esse, a quelle che vietano discriminazioni nell'avviamento al lavoro; ad esse, in particolare, fatto divieto
di assumere informazioni sulla posizione personale dei lavoratori in materia di credo religioso, sesso, politica,
origini etniche e nazionali, ecc.
Diverso dallautorizzazione laccreditamento: esso spetta alle Regioni e si tratta di un provvedimento con
cui un soggetto in genere privato, ma anche pubblico secondo alcune normative regionali: il caso della
legislazione in Lombardia vien e riconosciuto idoneo a operare nellambito della rete dei servizi per
limpiego territoriali, a supporto e integrazione della stessa azione regionale.
dichiarare di essere immediatamente disponibile al lavoro e di versare nello stato di disoccupazione ovvero
di svolgere unattivit lavorativa subordinata o assimilata (si tratta in pratica delle collaborazioni a progetto)
il cui reddito nellanno solare non superi 8.000 euro o, ancora, di svolgere unattivit lavorativa autonoma il
cui reddito nellanno solare non superi i 4800 euro.
La dichiarazione di immediata disponibilit (DID) un presupposto fondamentale sia per accedere alle
azioni di politica attiva del lavoro sia per accedere a quelle di sostegno al reddito; da essa discende lobbligo
di accettare unofferta congrua di lavoro proveniente dai servizi per limpiego.
Si ritiene congrua lofferta di lavoro in presenza dei seguenti elementi:
a) corrispondenza ad uno o pi profili professionali equivalenti a quelli per il quale. il lavoratore ha
concordato e sottoscritto la propria disponibilit al momento della sottoscrizione del patto di servizio
integrato con il piano di azione individuale;
b) rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, oppure determinato di durata superiore a 6 mesi;
c) sede di lavoro ubicata nel raggio di 50 chilometri dal domicilio del lavoratore o comunque raggiungibile
in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici.
Successivamente alla richiesta dello stato di disoccupazione viene fissata una data in cui il soggetto
convocato per un colloquio onde definire le azioni da intraprendere per la ricerca del lavoro e, quindi, per
stipulare il patto di servizio, in cui vengono evidenziate le condizioni e le caratteristiche del lavoratore.
La mancata presentazione alla convocazione senza giustificato motivo comporta la perdita di detta
condizione; os come essa si perde in caso di rifiuto di offerta congrua di lavoro a tempo pieno ed
indeterminato, o determinato ovvero somministrato o nel caso di non rispetto degli impegni assunti.
Si ha la conservazione dello stato di disoccupazione qualora, successivamente allacquisizione di tale
condizione, il soggetto sia occupato in attivit subordinata o assimilata, il cui reddito nellanno solare non
superi 8000 euro, o in unattivit lavorativa autonoma il cui reddito nellanno solare non superi 4800 euro.
In ogni caso il lavoratore tenuto a comunicare allInps o allufficio competente ogni variazione dei
presupposti della disoccupazione.
Si sospende invece lo stato di disoccupazione in caso di accettazione di unofferta di lavoro subordinato di
durata fino a 6 mesi qualora esso comporti il conseguimento di un reddito annuo superiore agli 8.000 euro.
GLI STRUMENTI OPERATIVI PER LINCONTRO TRA DOMANDA ED OFFERTA: LE BANCHE DATI
I beneficiari dei servizi per limpiego, a seguito di richiesta ai Centri per limpiego o alle Agenzie autorizzate,
vengono iscritti in liste anagrafico professionali, ove vengono evidenziate le loro caratteristiche ed i loro
curricula.
Al fine di garantire la diffusione delle informazioni e la puntualit delle stesse, in merito alle offerte di lavoro
ed alle caratteristiche dei lavoratori registrati in queste liste, si sviluppato sia a livello europeo che
nazionale un sistema telematico, il quale, attraverso questi Data base, mette in comunicazione i lavoratori
iscritti e le richieste dei datori di lavoro, cos da semplificare le procedure di incontro tra domanda ed offerta.
A livello europeo, stato istituito il servizio EURES (European Employment Services) che rappresenta un
punto di riferimento informativo e di orientamento sul mercato del lavoro dellUnione europea, volto a
favorire la mobilit geografica e professionale dei lavoratori indicando le condizioni di vita e di lavoro dei
Paesi membri e le proposte occupazionali disponibili.
In ambito nazionale si sono succeduti e sovrapposti vari portali, ad iniziare dal SIL, Servizio Informativo
Lavoro, che faceva affidamento su un coordinamento tra livello nazionale e regionale.
Con lart. 15 d.lgs. 276/2003 stata introdotta la Borsa Continua del Lavoro (BCL); essa rappresenta un
sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro, alimentato da tutte le informazioni
utili immesse liberamente dagli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati e, direttamente, da
lavoratori e imprese.
Linterconnessione della BCL avvenuta grazie al portale ClicLavoro che, basandosi su un sistema di nodi
regionali e date le sue caratteristiche tecniche, costituisce la concreta attuazione della Borsa Continua
Nazionale del lavoro.
Oltre alla BCL stata istituita presso lInps una banca dati dei percettori di trattamenti previdenziali o altri
sussidi o indennit pubbliche, nella quale confluiscono tutti i dati disponibili relativi ai percettori di
trattamenti di sostegno al reddito e ogni altra informazione utile per la gestione dei relativi trattamenti.
Con essa si mira allo scambio di informazioni tra servizi per limpiego ed enti previdenziali, aggiornando i
dati in tempo reale e mettendoli a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
LInps tenuta a comunicare i dati dei percettori di misure di sostegno al reddito al fine di garantirgli i servizi
per limpiego e in modo che questi siano obbligati ad accertare lofferta congrua di lavoro; e i soggetti
abilitati, attraverso questa banca dati, comunicano eventuali cause di decadenza dai trattamenti
previdenziali.
A questa disciplina sembra sovrapporsi quella prevista dalla l. 92/2012 che ha disposto lintroduzione di una
ulteriore banca dati presso lINPS, contenente le informazioni su: i beneficiari di ammortizzatori sociali, con
indicazione dei dati anagrafici, della residenza e domicilio; il tipo di ammortizzatore sociale di cui
beneficiano.
Ancora nel 2013 l. 99/2013 si previsto un nuovo sistema informativo, al fine di razionalizzare gli
interventi di politica attiva di tutti gli organismi centrali e territoriali coinvolti.
Esso istituito nellambito delle strutture del Ministero del lavoro e raccoglie le informazioni concernenti i
soggetti da collocare nel mercato del lavoro, i servizi erogati per una loro migliore collocazione nel mercato
stesso e le opportunit di impiego.
In tale banca dati confluiscono la Banca dati percettori, lAnagrafe nazionale degli studenti e dei laureati
delle universit, nonch la dorsale informativa disposta dalla 1. 92/2012.
La frammentazione dei soggetti dotati di competenze e funzioni in materia oggi aspramente criticata; vi
quindi la necessit di razionalizzare e migliorare lorganizzazione del mercato del lavoro.
In tale prospettiva il d.d.l. n. S-1428 DEL 2014 propone listituzione di unAgenzia Nazionale dei Lavoro.
partecipata da Stato, Regioni e Province autonome e con il coinvolgimento delle parti sociali, vigilata dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, cui dovrebbe essere affidata la gestione integrata delle politiche
attive e passive e la loro riorganizzazione.
Il ruolo dellAgenzia, quindi, dovrebbe essere quello di coordinare e indirizzare i centri per limpiego, la
formazione e lerogazione degli ammortizzatori sociali.
LAgenzia diverrebbe lunica referente a livello nazionale e il d.d.l. prevede la regolamentazione di raccordi
tra Agenzia ed Inps, sia a livello centrale sia a livello territoriale.
Le norme sul collocamento obbligatorio non incontrano il maggior favore da parte delle imprese, giacch
esse si vedono assegnare unit lavorative di accertata minore capacit lavorativa.
Se, da un lato, la condizione di disabile e di minore capacit lavorativa non presupposto di minore capacit
produttiva, perch un disabile pu essere utilizzato in modo ottimale in mansioni che non risentono della
sua condizione, per altro verso non sono escluse, successivamente all'assunzione, verifiche intese ad
accertare il grado di effettiva utilizzazione del disabile; all'esito di tali accertamenti, laddove sussistano
condizioni di incompatibilit, temporanea o permanente, il disabile pu essere temporaneamente sospeso
dal servizio, con privazione della retribuzione, od anche licenziato per giusta causa.
LEuropa vigila con attenzione e scrupolo sulle politiche del lavoro nazionale attuative delle strategie
dellUnione, anche perch vi sono investiti vari milioni di euro.
Nella raccomandazione COM (2014) 413, data la situazione attuale del mercato del lavoro italiano, il
Consiglio invita lItalia non solo a valutare attentamente e monitorare gli esiti delle recenti riforme in materia,
inclusa la Youth guarantee, ma anche a garantire una migliore regolamentazione della flessibilit in entrata,
di elaborare piani di miglioramento dellefficacia dei servizi di collocamento rafforzando i servizi pubblici per
limpiego.
CAPITOLO II
LA FUGA DAL MERCATOREGOLARE DEL LAVORO E CONTROLLI
1. Il Lavoro Sommerso
Il Lavoro Sommerso (irregolare, nero) linsieme di tutte le prestazioni lavorative non regolari, ovvero
svolte senza il rispetto della normativa vigente.
Sommerso il doppio lavoro del dipendente pubblico; lo sono le saltuarie prestazioni lavorative senza
contratto in cui di frequente proprio studenti giovani sono impiegati; cos come limpiego di immigrati
clandestini in condizione di semi-schiavit.
Mentre il legislatore italiano non propone una definizione unitaria delle varie ipotesi di lavoro sommerso
allEuropa che dobbiamo guardare per una sintesi descrittiva: e difatti comunemente ci si rif alla definizione
fornita dalla Commissione europea, nella fondamentale Comunicazione sul lavoro sommerso del 1998:
sommersa sar allora qualsiasi attivit retribuita di per s lecita ma non dichiarata alle autorit
pubbliche, tenendo conto della diversit dei sistemi giuridici vigenti negli Stati membri (undeclared
work).
E lEuropa interviene spesso sulla materia: una Direttiva (Direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio) che vieta limpiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno irregolare al fine di contrastare
limmigrazione illegale: essa stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili
negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto.
Questa Direttiva stata recepita in Italia con d.lgs. 109/2012.
LUnione europea ha sempre tenuto piuttosto alta lattenzione verso la lotta al lavoro sommerso: prima nel
2008, con una specifica risoluzione e ancora di recnte.
Il 2014 ha visto, infatti, una Risoluzione del Parlamento europeo in merito alla funzione delle ispezioni sul
lavoro per il miglioramento delle condizioni di lavoro e, da parte della Commissione, una proposta di
Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allistituzione di una piattaforma europea per il
rafforzamento della cooperazione volta a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso.
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In realt, il modello ha rivelato molti limiti sul piano operativo, apparendo troppo incentrato sulla
discrezionale iniziativa imprenditoriale.
Bisogna, allora, attendere il 2006 per una nuova e pi promettente stagione, la quale assume la
forma della legge finanziaria per il 2007 (l. 296/2006) con le sue numerose misure per contrastare
il lavoro nero e migliorare il livello di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Tra le novit principali spicca, innanzitutto, lintroduzione degli indici di congruit, cio di indici
che rapportano la qualit dei servizi e beni prodotti dalle imprese con la quantit delle ore
necessarie per produrli e il cui mancato rispetto pu costituire elemento sintomatico di lavoro non
dichiarato ovvero nero.
Sul piano operativo, inoltre, la finanziaria del 2006 si apprezza per la previsione di specifici
meccanismi di rafforzamento della capacit ispettiva.
Lazione di Governo di questa stagione mette mano anche agli aspetti della sicurezza del lavoro e
proprio allinterno della revisione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro viene inserita una disposizione dallampio titolo Disposizioni per il contrasto del lavoro
irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 5 l. 123/2007, confluito
poi nellart. 14 d.lgs. 81/2008 (il testo unico).
Purtroppo linsediamento nel 2008 di un nuovo esecutivo resetta molte iniziative in materia di
sommerso: significativa lespressa abrogazione della previsione sugli indici di congruit ad opera di
una delle primissime leggi del nuovo Parlamento.
Di egual segno anche le modifiche al testo unico sulla sicurezza del 2008, apportate con il d.lgs.
106/2009.
Negli ultimi anni, poi, prima la l. 183/2010 ed infine la l. 9/2014 hanno disposto un incremento
delle dotazioni organiche degli ispettori del lavoro e un aggravamento dellapparato sanzionatorio
in materia.
intensificazione delle attivit ispettive degli organi di vigilanza e inasprimento delle sanzioni
repressive connesse (vedi paragrafo successivo).
3. Le Attivit Ispettive
LIspezione sul lavoro unattivit amministrativa di controllo svolta da specifici funzionari pubblici, che ha
lo scopo di impedire e prevenire violazioni di legge nel campo dei rapporti di lavoro.
Lattivit di vigilanza attribuita ad una pluralit di soggetti, ma lesercizio di essa assegnato, in via
generale, al Ministero del lavoro attraverso proprie strutture centrali e periferiche.
Gli ispettori ministeriali operano allinterno di uffici generali della Direzione territoriale del lavoro (DTL) o
della Direzione regionale del lavoro (DRL).
La potest ispettiva si concretizza in procedimenti di tipo istruttorio, finalizzati allacquisizione di elementi di
fatto e di diritto, e nelladozione di peculiari provvedimenti, spesso di natura sanzionatoria, atti a ripristinare
le condizioni di legalit del lavoro.
Gli ispettori del lavoro hanno facolt di visitare in ogni parte, a qualunque ora del giorno e della notte, i
laboratori, gli opifici, i cantieri ed i lavori, nonch i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti, con lunico
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limite rappresentato dai locali annessi ai luoghi di lavoro che non siano direttamente o indirettamente
connessi con lesercizio dellazienda, sempre che non si abbia il fondato sospetto che tali luoghi servano a
compiere o a nascondere violazioni di legge, nel quale caso possibile accedervi.
Lispettore del lavoro pu chiedere informazioni a qualunque soggetto o ente, pubblico o privato, compresi
lavoratore, datore di lavoro, consulente del lavoro, ecc., circa lattivit oggetto di indagine; la mancata
ottemperanza o la fornitura di notizie errate sanzionata penalmente.
Le Procedure Ispettive previste dal d. lgs. 124/2004 sono:
Prescrizione Obbligatoria: il provvedimento di carattere penale che lorgano ispettivo, in qualit di
ufficiale di polizia giudiziaria, emette ogniqualvolta si ravvisino estremi di reato di natura
contravvenzionale in materia di lavoro.
Essa consiste nellemanazione di direttive per rimuovere o far cessare la violazione.
Il trasgressore, per beneficiare dellestinzione del reato, deve adempiere entro il termine stabilito e
successivamente pagare una somma pecuniaria, avente natura amministrativa.
Qualora gli ispettori ministeriali, nellesercizio delle loro funzioni, riscontrino indizi di reato, sono tenuti
a darne tempestiva notizia allautorit giudiziaria e ad acquisire elementi di prova.
Diffida Precettiva: un atto amministrativo con cui si ordina al datore di lavoro di regolarizzare
inosservanze sanabili.
In caso di adempimento, limporto della sanzione pari alla misura del minimo previsto dalla legge
ovvero pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa.
Diffida Accertativa per Crediti Patrimoniali: uno strumento veloce e semplificato attraverso il quale
il lavoratore pu pervenire alla soddisfazione dei suoi crediti patrimoniali e il datore di lavoro pu
ottenere una definizione immediata di contenziosi evitando le lungaggini dellalea del giudizio.
utilizzato qualora nel corso dellattivit di vigilanza, risultino crediti retributivi a favore del lavoratore
derivanti dalla disapplicazione di norme di legge o contrattuali.
A seguito della notifica della diffida, il datore pu adempiere, corrispondendo le somme direttamente al
lavoratore, oppure promuovere entro trenta giorni un tentativo di conciliazione presso la Dtl.
Decorso inutilmente il termine o fallita la conciliazione, la diffida accertativa acquista valore di
accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo.
Disposizione: un atto emanato dagli ispettori, nei casi in cui essi sono abilitati a integrare le norme in
materia di lavoro con un proprio apprezzamento discrezionale.
Essa comporta un nuovo obbligo immediatamente esecutivo per il datore di lavoro, che specifica quello
generico previsto dalla legge, in particolare quando essa non stabilisca puntuali modalit di
adempimento.
Conciliazione monocratica: un meccanismo finalizzato alla soluzione conciliativa di eventuali
infrazioni civili o amministrative rilevate e riguarda diritti patrimoniali del lavoratore o crediti di lavoro
derivanti dal mancato rispetto degli obblighi retributivi e contributivi.
Questa procedura pu essere contestuale, se immediatamente attivata dallispettore, previo consenso
delle parti, allinizio di un accesso ispettivo.
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Pu avere anche carattere preventivo, quando la Dtl competente, a seguito di richiesta di intervento da
parte del lavoratore o dellorganizzazione sindacale che lo rappresenta, riscontrati i presupposti per il
raggiungimento di unintesa, convoca gli interessati per una soluzione pacificatoria.
Il tentativo di conciliazione pu portare ad un accordo, sottoscritto dallunico funzionario della Dtl,
inoppugnabile e con efficacia di titolo esecutivo.
Il pagamento effettuato dal datore di lavoro di crediti dovuti al lavoratore e il relativo versamento dei
contributi previdenziali e dei premi assicurativi estingue il procedimento ispettivo.
Tra gli obiettivi dellattivit ispettiva rientra senzaltro il contrasto al lavoro sommerso e irregolare, cio il
controllo sulla corretta costituzione dei rapporti di lavoro.
Infatti, il datore di lavoro tenuto ad una serie di adempimenti quali la registrazione dei lavoratori nel libro
unico del lavoro (LUL), la comunicazione preventiva agli uffici competenti per lassunzione, nonch tutte le
denunce obbligatorie da effettuarsi per lintera durata del rapporto, al fine di documentarne lesistenza nei
confronti degli enti previdenziali.
Il collegato lavoro ha ribadito lapplicazione della maxisanzione contro il lavoro nero.
La violazione consiste nella mancata preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto lavorativo da
parte del datore di lavoro privato (ad eccezione del lavoro domestico).
Lapplicazione di sanzioni esclusa se, dal versamento dei contributi, si evidenzi comunque la volont di non
occultare il rapporto.
Un altro strumento davvero essenziale nel contrasto al lavoro irregolare e nella tutela della salute e la
sicurezza dei lavoratori rappresentato dalla sospensione dellattivit di impresa.
Gli organi di vigilanza ministeriali possono adottare tale provvedimento se si accerti limpiego di personale
non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% di tutti i lavoratori
presenti sul luogo di lavoro, oppure in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro.
La sospensione comporta anche, quale pena accessoria, la comunicazione allAutorit nazionale
anticorruzione e al Ministero dei trasporti di un atto interdittivo che impedisce allimpresa la contrattazione
con le pubbliche amministrazioni e la partecipazione a gare pubbliche.
La l. 9/20 14 ha poi previsto una maggiorazione sia delle sanzioni amministrative concernenti loccupazione
di lavoratori in nero sia delle somme aggiuntive da versare ai fini della revoca del provvedimento di
sospensione dellattivit imprenditoriale.
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CAPITOLO III
LAVORO SUBORDINATO E PARASUBORDINATO
1. Contratto di Lavoro Subordinato
Con il termine Contratto intendiamo la fonte volontaria dei doveri e dei diritti connessi ad un rapporto di
lavoro.
Il codice civile non offre una definizione del Contratto di Lavoro Subordinato, ma disciplina direttamente il
rapporto di lavoro; in particolare una definizione di Rapporto di Lavoro Subordinato pu dedursi
dallart. 2094 c.c. che qualifica Prestatore di Lavoro Subordinato colui che si obbliga mediante retribuzione
a collaborare nellimpresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dellimprenditore.
In virt di tale definizione, possiamo affermare che le caratteristiche del Contratto di Lavoro Subordinato
sono:
a) Il contratto di lavoro un contratto di scambio, nel quale una parte si obbliga a collaborare con laltra
in cambio di una retribuzione,che non lasciata per interamente alla regolamentazione contrattuale,
ma deve essere fissata in modo da risultare proporzionata alla quantit e qualit del lavoro prestato e
sufficiente a garantire al lavoratore unesistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.).
Dunque, il contratto di natura sinallagmatica, a prestazioni corrispettive, per cui mancando l'una viene
meno l'obbligo dell'altra.
b) Il contratto di lavoro ha unintrinseca funzione organizzatrice, in quanto ladempimento della
prestazione lavorativa deve realizzarsi sotto la direzione dellimprenditore, cio rispettando tutte le
disposizioni impartite per lesecuzione della prestazione da adempiere comunque con una diligenza
qualificata (art. 2104 c.c.) ed assoggettandosi ai restanti poteri datoriali (conformativo, di controllo e
disciplinare).
Dunque, Collaborazione e Subordinazione sono i caratteri costitutivi del rapporto di lavoro:
Nella continuit ideale della disponibilit delle energie lavorative del prestatore messe a servizio
dellimprenditore;
La Subordinazione consiste nella sottoposizione dei prestatori di lavoro alle direttive del datore di
lavoro nonch, in sua vece, degli altri prestatori gerarchicamente sovraordinati nellorganizzazione
dellazienda.
Al datore di lavoro spetta di determinare le modalit di esplicazione dellattivit lavorativa, entro i
limiti fissati dalla legge e dal contratto.
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Non sempre, comunque, facile distinguere tra Lavoro Subordinato e Lavoro Autonomo; sicch la dottrina e
la giurisprudenza hanno individuato degli indici di subordinazione che sono:
a) losservanza di un orario di lavoro;
b) lassenza del rischio economico del lavoro;
c) la natura della prestazione; d) la continuit della prestazione;
d) la predeterminazione della retribuzione;
e) linserimento stabile del lavoratore nellorganizzazione del datore.
La presenza di tutti questi indici, o la loro prevalenza, consente di qualificare il rapporto di lavoro
come subordinato.
Tuttavia, questi Indici devono considerarsi come elementi secondari rispetto allunico elemento determinante
rappresentato dalla dimostrazione dellesistenza del Vincolo della Subordinazione, intesa come
assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e di controllo del datore di lavoro.
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In definitiva si avuta una domanda crescente di collaborazione senza subordinazione, dal momento che
la subordinazione porta con s vincoli legali e conflitti duri da combattere, alla quale si risposto (in maniera
indiretta e per certi versi con intento elusivo dei crescenti vincoli eteronomi o sindacali) attraverso:
a) Il LAVORO A PROGETTO (co.co.co. e co.co.pro.): nel 1973 furono introdotte le Collaborazioni
Coordinate e Continuative (co.co.co.) dall art. 409 cpc, novellato dalla l. 533/1973 ( il quale estendeva
le regole sullallora nuovo processo del lavoro anche alle prestazioni lavorative rese in modo coordinato e
continuativo senza vincolo di subordinazione).
La co.co.co. una particolare forma di Lavoro Autonomo la cui caratteristica quella di avere molti
aspetti in comune col rapporto di lavoro subordinato, tanto da farla qualificare non proprio come lavoro
autonomo bens come lavoro "parasubordinato".
La sostanziale differenza tra il lavoratore subordinato ed il collaboratore coordinato e continuativo sta nel
fatto che la prestazione di quest'ultimo svolta sotto il "coordinamento" del committente, anzich sotto
la direzione dell'imprenditore.
In particolare il Lavoratore Parasubordinato lavora in piena autonomia operativa, escluso ogni vincolo di
subordinazione, ma nel quadro di un rapporto unitario e continuativo con il committente del lavoro.
Pertanto funzionalmente inserito nellorganizzazione aziendale ed opera sotto il coordinamento del
committente, anzich sotto la direzione dellimprenditore.
Dunque i requisiti della co.co.co. sono:
continuit, che ricorre quando la prestazione non sia occasionale, ma perduri nel tempo ed importi
un impegno costante del prestatore a favore del committente;
coordinazione, intesa come connessione funzionale derivante da un protratto inserimento
nellorganizzazione aziendale;
personalit, che si ha in caso di prevalenza del lavoro personale del contraente sullopera svolta da
eventuali collaboratori e sullutilizzazione di una struttura materiale (Cass. 5698/2002).
Malgrado il progressivo aggravio dei costi sopportati per la loro utilizzazione, il numero dei collaboratori
coordinati continuativi andato crescendo nel periodo recente, e ci perch la collaborazione coordinata
e continuativa presenta molteplici aspetti vantaggiosi per il committente datore di lavoro.
In particolare:
il collaboratore non ha diritto a ferie, ad assistenza per malattia ne a trattamento di fine rapporto;
non vi contrattazione collettiva regolante il rapporto la cui disciplina, pertanto, lasciata alla libera
scelta delle parti.
Dietro le co.co.co. spesso si celavano veri e propri rapporti di lavoro subordinato (collaborazioni fasulle)
senza rispettarne la tutela e la disciplina; ci port il legislatore ad intervenire col D. lgs. 276/2003
(Riforma Biagi) che sostitu la figura contrattuale delle co.co.co. con quella delle Collaborazioni
Coordinate a Progetto )co.co.pro.), prevedendo altres la confluenza delle situazioni contrattuali di
Collaborazione Continuativa in atto, in Collaborazioni a Progetto.
I requisiti per la stipulazione del co.co.pro sono profondamente diversi da quelli previsti per i co.co.co.:
16
inoltre si prevede che il lavoro a progetto devessere riconducibile a uno o pi progetti specifici
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. (Inoltre, la c.d. riforma
Fornero (l. 92/2012) ritenendo il lavoro a progetto espressione di una cattiva flessibilit ha previsto
varie precauzioni per evitare labuso di questo contratto: )
Il d.lgs. 276/2003 contempla poi alcune tutele per i co.co.pro. in tema di:
-
corrispettivo, che, a seguito della l. 92/2012, non pu essere inferiore, a parit di durata della
prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti nazionali di categoria applicati nel settore
di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza ed esperienza sia analogo a quello
del collaboratore a progetto.
Si tratta comunque di tutele pi blande rispetto a quelle previste per il lavoro subordinato.
Il legislatore ha preveduto, infine, la conversione del contratto a progetto in contratto di lavoro
subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto in caso di:
mancanza originaria del progetto;
nel caso in cui si accerti dinanzi al giudice che lattivit del collaboratore sia svolta con modalit
analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dellimpresa committente.
b) LAVORO OCCASIONALE. Il lavoro occasionale (pure definito dal d.lgs. 276/2003), viene individuato con
riguardo a parametri assai pragmatici, consistenti in:
una durata non superiore a trenta giorni nellanno solare ovvero a 240 ore (circa un paio di mesi);
nel solo ambito dei servizi di cura e assistenza alle persone,
purch il committente sia unico e
il compenso percepito nel medesimo anno solare non sia superiore a 5mila euro.
Il lavoro occasionale, soprattutto per la sua marginalit reddituale che ne fa un tipico rapporto precario,
pu essere dedotto in contratti di collaborazione coordinata e continuativa non soggetti ai vincoli
introdotti dal d.lgs. 276/2003.
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c) LAVORO ACCESSORIO. Specie dopo le restrizioni apportate dalla riforma Fornero, il lavoro accessorio si
presenta in modo ancora pi marginale in quanto viene individuato in relazione a specifiche fasce di
compenso (a) fino a 5.000 euro, in caso di una pluralit di committenti; b) fino a 2.000 euro, sempre
annualmente rivalutabili, per ciascun committente che sia imprenditore commerciale o professionista).
La peculiarit del lavoro accessorio che viene compensato tramite buoni orari, dal valore nominale
variabile fissato con decreto del Ministero del lavoro, che possono essere acquistati presso rivendite
autorizzate; il lavoratore, una volta riscosso il buono dal beneficiario della prestazione, pu percepire il
compenso presso il concessionario. Il compenso esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide
sullo stato di disoccupato o inoccupato.
d) LAVORO AUTONOMO. Di recente il legislatore ha previsto la possibilit del ricorso al contratto di lavoro
autonomo in situazioni limitrofe a quelle in cui possibile utilizzare lavoro subordinato. In particolare,
lart. 69 bis, d.lgs. 276/2003, introdotto dalla l. 92/2012, prevede una presunzione semplice in base alla
quale il lavoratore titolare di posizione fiscale ai fini dellimposta sul valore aggiunto (IVA) si considera
co.co.pro. qualora si verifichino almeno due dei seguenti presupposti:
la collaborazione abbia una durata superiore ad 8 mesi nellanno solare;
il corrispettivo della collaborazione costituisca pi dell80% dei corrispettivi complessivamente
percepiti dal collaboratore nellarco solare;
il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
Se opera questa presunzione semplice, al contratto a progetto dovrebbe poi normalmente applicarsi la
disposizione sulla conversione in contratto di lavoro subordinato nel caso di mancanza del progetto e,
poich altamente probabile che i contratti di lavoro autonomo vengano stipulati senza progetto, la
suddetta presunzione potrebbe quasi sempre determinare una conversione dei contratti di lavoro
autonomo in contratti di lavoro subordinato.
Loperativit della presunzione tuttavia esclusa in tre ipotesi:
I. quando la prestazione lavorativa sia connotata da competenze teoriche di grado elevato o da
capacit tecnico-pratiche maturate nellesercizio concreto di attivit;
II. quando sia svolta da un soggetto che abbia un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore al
livello minimo imponibile per il versamento dei contributi previdenziali di artigiani e commercianti
maggiorato del 25% (cio attualmente circa 14.000 euro allanno);
III. quando le attivit lavorative siano svolte nellesercizio di professioni per le quali lordinamento
richieda liscrizione ad ordini professionali o in appositi registri, albi, ruoli, o elenchi professionali
qualificati.
Non sembrano ipotesi cos difficili da verificarsi in concreto.
Per cui sembra in effetti di essere dinanzi al classico caso in cui le eccezioni alla regola sono tali e tante da
far dubitare che la regola trovi mai uneffettiva applicazione.
In conclusione pu dirsi che con questi interventi legislativi si delineata una nuova nozione di
dipendenza che non del tutto sovrapponibile a quella codicistica, perch basata su elementi diversi come
la committenza unica o plurima e lindividuazione di fasce reddituali.
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Ci, secondo alcuni, in ossequio allart. 97 Cost., nel quale si leggeva una riserva di legge testualmente
riferita ai profili organizzativi (i pubblici uffici sono organizzati).
I rapporti di pubblico impiego, oltre tutto, erano considerati di matrice non contrattuale in quanto il c.d.
rapporto organico (cio il rapporto connesso alle funzioni svolte dallufficio pubblico) assorbiva, fino a
renderlo giuridicamente irrilevante, il c.d. rapporto di servizio (cio la relazione lavorativa vera e propria) e
determinava una sorta di pubblicizzazione diffusiva di tutti gli atti di costituzione, gestione, estinzione dei
rapporti di lavoro, con unapplicazione solo eventuale e marginale della disciplina codicistica del lavoro
subordinato.
Questa costruzione giuridica, se poteva avere una sua validit quando le pubbliche amministrazioni erano
essenzialmente costituite dai Ministeri o, comunque, da organizzazioni tendenzialmente simili, accentrate,
di dimensioni relativamente limitate e con funzioni principalmente regolative, non aveva pi senso a seguito
delle profonde modificazioni sociali, economiche, culturali e politiche che l Italia ha subito negli anni 50, le
quali hanno avuto sensibili ripercussioni anche sugli apparati burocratici: in pochi anni infatti i Ministeri
hanno perso centralit, a favore di una crescente importanza di scuola, sanit e amministrazioni locali.
Questa trasformazione di forme e contenuti delle organizzazioni pubbliche, infatti, rende via via pi obsoleta
la concezione giuridica organicistica del lavoro pubblico.
Dopo vari tentativi di modernizzare lassetto pubblicistico del lavoro con le amministrazioni inserendo tra le
fonti del diritto anche fonti negoziate (c.d. delegificazione), si giunge nel 1992/1993 ad una scelta pi
drastica, passata alla storia come privatizzazione del pubblico impiego: in pratica, una buona parte dei
rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni viene assoggettata, in linea di principio, alla medesima
disciplina che si applica ai rapporti di lavoro subordinato nellimpresa; e, soprattutto, si stabilisce che:
i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono regolati contrattualmente (= si
chiude lera della specialit pubblicistica e si ponendo a fondamento del sistema regolativo il
contratto individuale;
tutti gli atti di organizzazione degli uffici e di gestione dei rapporti di lavoro sono assunti con la
capacit e i poteri del privato datore di lavoro, cio secondo le regole del codice civile e delle leggi sul
lavoro nellimpresa, senza che il giudice possa astrattamente sindacarne la funzionalizzazione al
perseguimento di un interesse pubblico;
i rapporti di lavoro possono, e per qualche materia (trattamenti economici) debbono, essere regolati da
contratti collettivi;
le controversie di lavoro pubblico sono devolute al giudice ordinario, con eccezione delle controversie
in materia di procedure concorsuali per lassunzione, attratte in regime pubblicistico dalla
costituzionalizzazione del principio del concorso pubblico (art. 97 co. 4 Cost.).
Ambito di applicazione. La privatizzazione riguarda tutte le pubbliche amministrazioni, centrali e
periferiche, e tutti i dipendenti pubblici, ivi compresi i dirigenti, a partire dal 1998 (anno in cui matur una
c.d. seconda privatizzazione,pi ampia ed incisiva di quella del 1993).
Ne restano escluse alcune figure di dipendenti pubblici, per i quali, a torto o a ragione, si ritiene che, vista la
delicatezza delle funzioni svolte, prevalga la c.d. immedesimazione organica: magistrati ordinari,
amministrativi e contabili; avvocati e procuratori dello Stato; personale militare, delle Forze di polizia di
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Stato, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, della carriera diplomatica, prefettizia e della carriera
dirigenziale penitenziaria; personale degli enti che svolgono attivit di vigilanza sul sistema finanziario e
creditizio, come la Banca dItalia; e, in via temporanea, anche i professori e i ricercatori universitari.
Tale riforma stata ritenuta pienamente compatibile con i principi di cui allart. 97 Cost. anche da alcune
importanti pronunce della Corte costituzionale le quali hanno affermato che il contratto individuale di lavoro
subordinato di stampo privatistico (oltre che sul contratto collettivo) pienamente funzionale a garantire il
buon andamento delle pubbliche amministrazioni ed, anzi, per una maggiore duttilit rispetto alla
strumentazione pubblicistica, pu persino consentire una maggior flessibilit gestionale, agevolando una
contaminazione di modelli manageriali tra privato e pubblico.
V da segnalare per che vi stata di recente unulteriore fase di riforma, la c.d. riforma Brunetta, (tradottasi
nella legge delega 15/2009 seguita dal d.lgs. 150/2009), che ha modificato molte norme del d.lgs. 165/2001,
la quale ha portato a configurare una disciplina legale, che, pur continuando a mantenersi allinterno di un
paradigma privatistico molto pi pervasiva e autoritaria di quanto non fosse quella assestatasi nel
precedente scenario pubblicistico.
In ogni caso, per, questa ulteriore fase stata bloccata dalla crisi economico-finanziaria che ha indotto tutti
i Governi a ridurre drasticamente qualunque spesa volta ad incrementare la produttivit del lavoro nelle
amministrazioni.
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CAPITOLO IV
LA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO.
Vediamo ora pi nel dettaglio quali sono gli elementi del contratto individuale di lavoro:
A) I SOGGETTI:
Il datore di lavoro. Il datore di lavoro pu essere sia un imprenditore (l art. 2086 c.c. identifica il datore
di lavoro nel capo dellimpresa da cui dipendono gerarchicamente tutti i suoi collaboratori) sia un
soggetto non imprenditore (lo dimostra lart. 2239 c.c., che estende la disciplina sul lavoro subordinato,
in quanto compatibile, ai rapporti di lavoro che si eseguono al di fuori di dellimpresa).
La natura non imprenditoriale del datore di lavoro comporta per l inapplicabilit delle norme in materia
di organizzazione dellattivit sindacale (non per della disciplina dei licenziamenti individuali, in quanto
la l. 108/1990 applica la stessa ad entrambe le categorie).
La l. 108/1990 distingue, poi, i datori non imprenditori in base alla finalit lucrativa,prevedendo che ai
datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attivit di natura politica, sindacale,
culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto (organizzazioni di tendenza) inapplicabile lart. 18
l. n. 300/1970. In base al numero dei dipendenti, infine, cambia la disciplina relativa su: licenziamenti
individuali e collettivi; cassa integrazione; assunzioni di disabili; istituzioni di rappresentanze sindacali e
molto ancora.
Per il datore di lavoro non ricorre una disciplina speciale quanto alla capacit giuridica di stipulare il
contratto.
Il lavoratore. La disciplina riservata al lavoratore come parte del contratto si presenta, a differenza di
quella osservata per il datore di lavoro, molto pi articolata, soprattutto per quanto riguarda la capacit
di essere parte del contratto di lavoro: lart. 2 c.c. che, al co. 1, individua nel compimento della maggiore
et il momento in cui si acquista la normale capacit di agire, al co. 2, fa salve le leggi speciali che
stabiliscono unet inferiore in materia di capacit a prestare il lavoro (capacit giuridica speciale),
dotando il minore anche della capacit di esercitare i diritti e le azioni dipendenti dal contratto (capacit
di agire).
La materia pi volte stata ritoccata dal legislatore e ha subito la spinta innovatrice proveniente
dallUnione Europea: secondo lart. 5 co. 1 d.lgs. 345/1999, di attuazione delle direttiva 94/33/CE per la
protezione dei giovani sul lavoro, let minima per lammissione al lavoro fissata al momento in cui il
minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non pu essere inferiore ai 15 anni
compiuti.
Alla predetta soglia di et si associa il divieto, stabilito dallart. 4 co. 1 l. 977/1967, di adibire al lavoro i
bambini (intendendo per tale il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di et o che ancora
soggetto allobbligo scolastico). Si tratta di una disciplina dai contenuti imperativi e la sua violazione
implica la nullit del contratto.
Al riguardo la giurisprudenza ha per chiarito che la violazione della suddetta soglia non faccia venir
meno il diritto alla retribuzione per lattivit effettivamente prestata dal soggetto tutelato, alla pari con il
lavoratore adulto.
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A partire dal 1 settembre 2007, tale disciplina opera in stretto raccordo con lart. 1 della l. 296/2006 che
estende a 10 anni il periodo di istruzione obbligatoria ed eleva let per laccesso al lavoro a 16 anni.
Linnovazione importante, perch impone la coincidenza tra lassolvimento degli obblighi di istruzione e
lacquisizione dellet per accedere al lavoro. Il riferimento alla soglia di quindici anni opera pertanto
come limite minimo da rispettare, che non esclude una soglia maggiore derivante proprio
dallassolvimento degli obblighi scolastici.
B) LA FORMA. In assenza di una previsione normativa di senso contrario, il contratto di lavoro soggetto al
principio generale di libert della forma.
Tale principio subisce per rilevanti eccezioni in casi particolari dove il legislatore stesso, in modo
esplicito, rende la forma scritta un requisito richiesto ad substantiam , ossia a pena di nullit del contratto
o della clausola (es: nel caso del patto di prova o nel caso dei contratti di lavoro a tempo determinato)
oppure ad probationem (es: per il lavoro part-time).
Tali eccezioni mirano a garantire al lavoratore la conoscenza e, soprattutto, la consapevolezza della
fattispecie negoziale che si accinge a stipulare (non a caso sono previste in relazione a contratti di lavoro
che si allontanano dal modello di lavoro c.d. standard).
Problema: che valore hanno le clausole de contratti collettivi che stabiliscono specifici requisiti formali per
la stipula del contratto individuale?
La giurisprudenza, a tal riguardo, si espressa in modo non sempre univoco:
un primo orientamento tale previsione non requisito di validit del contratto individuale in quanto
tal clausole non rientrano nella previsione dell art. 1352 c.c.(secondo il quale se le parti hanno
convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si
presume che la forma sia stata voluta per la validit di questo) in quanto non stipulato dalle parti
che hanno posto n essere il rapporto di lavoro;
Secondo un altro orientamento, invece, il requisito formale previsto dal contratto collettivo si
presume voluto a pena di validit dellatto a norma dellart. 1352 c.c.
Tale problematica si pone, senza dubbio, anche per il lavoro pubblico.
NB: non introduce un vincolo formale lart. 1 d.lgs. 152/1997, che obbliga il datore di lavoro pubblico e
privato a fornire al lavoratore, entro trenta giorni dalla data dellassunzione, una serie di informazioni
riguardanti molteplici aspetti tra cui: lidentit delle parti; il luogo di lavoro; la data di inizio del rapporto
di lavoro; la durata del rapporto di lavoro; la durata del periodo di prova se previsto; linquadramento, il
livello e la qualifica attribuiti al lavoratore; limporto iniziale della retribuzione ed il periodo di pagamento;
la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore; lorario di lavoro; i termini del preavviso in caso
di recesso.
23
C) L ACCORDO. Come ogni contratto anche quello di lavoro soggetto sia allart. 1321 c.c. sia allart. 1325
c.c., e quindi alla necessit dell accordo a pena di nullit.
importante, per, evidenziare che, a differenza di quanto normalmente accade per i contratti individuali,
gli spazi riservati allaccordo, quale strumento di autoregolamentazione degli interessi di cui le parti sono
titolari, molto ridotto nel caso del contratto di lavoro. Il contenuto di questultimo, infatti,
prevalentemente definito in forma eteronoma sia dai contratti collettivi sia della legge.
All autonomia privata rimane la competenza circa il se stipulare il contratto e sul con chi(anche se
pure questultimo profilo registra una rilevante eccezione nel caso del lavoro pubblico, in quanto nel caso
delle amministrazioni, la scelta del contraente vincolata alla collocazione occupata nella graduatoria
prodotta con la selezione concorsuale ovvero a quella assunta nella lista di collocamento).
Per quanto riguarda la disciplina dei vizi del consenso, v da ricordare che:
quanto allerrore, la giurisprudenza ha precisato che il suo effetto invalidante dipende dalla
circostanza che la volont sia stata manifestata in presenza di tale falsa rappresentazione e che l
errore sia essenziale (ossia, deve vertere su: natura o oggetto del contratto; identit delloggetto
della prestazione o una sua qualit determinante del consenso; identit o qualit della persona
dellaltro contraente, qualora siano determinanti del consenso) e riconoscibile (ossia astrattamente
riconoscibile da un soggetto di media diligenza).
quanto al dolo, diverse sono le modalit con cui accertare i raggiri usati da uno dei contraenti per
determinare lerrore dellaltro contraente. In questo caso non sono necessari i connotati della
riconoscibilit e della essenzialit, essendo sufficiente dimostrare che, in assenza del dolo, la parte
indotta in errore non avrebbe mai concluso il contratto. La casistica giurisprudenziale dimostra come
diffuse siano non solo le tradizionali ipotesi di dolo commissivo, ma anche quelle omissive e
lesempio pi evidente rappresentato dal caso delle reticenze.
Estremamente rilevante, soprattutto per la sua diffusione pratica, la disciplina sulla simulazione.
L art. 1414 c.c., prevede unipotesi di simulazione assoluta (le parti stipulano un contratto che in realt
non vogliono), con riferimento alla quale si sancisce che il contratto non produce alcun effetto tra le parti,
e un ipotesi di simulazione c.d. relativa (le parti vogliono un contratto diverso da quello dichiarato), con
riferimento alla quale lart. 1414 co. 2 c.c. fa salva la validit dellaccordo dissimulato, purch ne sussistano
i requisiti di forma e di sostanza.
Esempio di simulazione relativa che si pu avere in relazione al contratto di lavoro quello in cui le parti
qualificano il contratto di lavoro come autonomo, ma, in realt, eseguono un contratto di lavoro
subordinato; inoltre, una moderna e sempre pi diffusa ipotesi di simulazione relativa si rinviene anche
nelle fattispecie di collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da societ del medesimo
gruppo, quando gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un
lavoratore ed una impresa, siano, in realt, intercorsi anche con limpresa collegata ( ad esempio, per
aggirare la valutazione di sussistenza del requisito numerico per lapplicabilit della cosiddetta tutela
reale del lavoratore licenziato).
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D) IL PATTO DI PROVA. Lart. 2096 c.c. consente di apporre al contratto di lavoro un patto di prova per
effetto del quale, nel corso della sua pendenza, le parti possono recedere senza obbligo di preavviso.
Problema: premessa la pacifica riconduzione di tale patto nell alveo degli elementi accidentali, qual la
natura giuridica del patto di prova?
I. I principali orientamenti qualificano il patto di prova come condizione sospensiva: il contratto di
lavoro in prova implicherebbe nelle parti contraenti solo una reciproca aspettativa, rispetto al vincolo
stabile, collegata ad una fase temporale in cui entrambi i contraenti hanno accertato la reciproca
convenienza a stipulare il contratto e, in caso negativo, ciascuno di essi pu recedere senza fornire
motivazioni particolari.
II. Un altra opinione, invece, ricostruisce il patto di prova come condizione risolutiva: la fattispecie
costitutiva del contratto risulterebbe completa, ma questultimo risulterebbe risolutivamente
condizionato agli esiti negativi della prova.
III. Altri ancora qualificano la clausola di prova come patto di libera recedibilit senza preavviso da un
altrimenti normale od unitario rapporto di lavoro subordinato.
Ad ogni modo, si tratta di una questione con un limitato impatto pratico.
Disciplina del patto di prova (art. 2096 c.c.):
Lo scopo del patto di prova quello di consentire la tutela dellinteresse di entrambe le parti del
rapporto a sperimentarne la convenienza in relazione alle mansioni assegnate ed al contesto
aziendale in cui esse si svolgono (Cass. 10440/2012).
Ci spiega perch, ai sensi del secondo comma dellart. 2096 c.c., limprenditore e il prestatore di
lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire ed a fare lesperimento costituente oggetto della
prova.
Per quanto riguarda la forma, l art. 2096 co. 1 c.c. dispone che lassunzione in prova deve risultare
da atto scritto.
pacifico come il requisito formale richiesto vada inteso ad substantiam e che, quindi, la mancata
osservanza del requisito formale implichi la nullit della clausola.
Trattandosi di un caso di nullit parziale ex art. 1419 co. 2 c.c., linosservanza della forma rende
lassunzione definitiva sin dal momento della stipula del contratto (Cass. SU, 1756/1981).
Il patto di prova deve non solo risultare da atto scritto, ma contenere anche la specifica indicazione
della mansione da espletare e la sua omessa indicazione lo rende nullo.
Secondo un altro orientamento, invece, il patto di prova apposto al contratto di lavoro deve
contenere la specifica indicazione delle mansioni da espletare e, considerato che diretto a
tutelare linteresse di entrambe le parti a sperimentare la convenienza al contratto di lavoro, per
evitare degenerazioni patologiche necessario che esso contenga anche la specifica e testuale
indicazione delle mansioni in relazione alle quali lesperimento deve svolgersi.
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Per quanto riguarda la durata della prova, questa, il mancanza di una specifica disciplina da parte
dellart. 2096 c.c. , normalmente, definita dai contratti collettivi in misura pari a 6 mesi.
Per quanto riguarda il recesso dal contratto di lavoro in prova, l art. 10 l. 604/1966 esclude
lapplicazione del regime giuridico sui licenziamenti individuali nel caso di assunzione in prova entro
il limite di sei mesi e lart. 2096 co. 3 c.c. consente di recedere dal contratto di lavoro senza obbligo
di preavviso.
Ne deriva che il datore di lavoro, qualora al contratto di lavoro venga apposta la clausola di prova,
titolare del potere di recesso libero (ossia, senza l obbligo di fornire al lavoratore una motivazione
sulla valutazione delle capacit e del comportamento professionale del lavoratore stesso).
Tuttavia, la predetta libert non assoluta, poich non ammesso un recesso arbitrario del datore di
lavoro; il lavoratore, cio, potr sempre dimostrare che:
-
latto di recesso del datore di lavoro sia stato determinato da motivi illeciti ex art. 1345 c.c.
qualora allo scioglimento del vincolo negoziale abbia concorso un motivo non attinente
allesperimento della prova (ad esempio, la giurisprudenza individua un motivo illecito nella
circostanza in cui risulti assente, per esiguit della durata o per altre ragioni, lesperimento
stesso della prova);
il positivo superamento della prova (facendo quindi valere la nullit del licenziamento ex art.
1345 c.c.).
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CAPITOLO V
I DOVERI DEL LAVORATORE E I POTERI DATORIALI
Datore di lavoro e lavoratore, in quanto parti contrattuali, sono innanzitutto tenuti al rispetto del principio
generale di buona fede e correttezza nell esecuzione del contratto (ricavabile dagli artt. 1175 e 1375 c.c.).
Tuttavia, data la particolarit del diritto del lavoro, ci non basta, in quanto:
-
dall altro, necessario ricorrere a specifiche tecniche di contenimento e limitazione dellesercizio dei
poteri datoriali: la tecnica con cui per eccellenza viene realizzato tale contenimento quella c.d. della
procedimentalizzazione dei poteri del datore di lavoro (tecnica utilizzata soprattutto dallo Statuto dei
lavoratori), alla cui stregua lesercizio dei poteri, in taluni casi la loro stessa praticabilit, viene
sottoposto a regole, condizioni, oneri e criteri che ne determinano validit e legittimit sostanziale.
la natura della prestazione dedotta quale oggetto del contratto di lavoro (parametro tecnicoprofessionale, direttamente collegato allabilit e alla preparazione richieste per lo svolgimento
dellattivit lavorativa cui il lavoratore si impegnato verso il datore di lavoro);
linteresse dellimpresa: la perizia e labilit del lavoratore devono essere utilmente ricondotte al
concreto contesto organizzativo dimpresa nel cui ambito la prestazione chiamata a svolgersi
(devono cio essere dirette alla valorizzazione, in termini oggettivi, del piano strategicoorganizzativo datoriale).
il potere direttivo del datore di lavoro (potere di dirigere la prestazione lavorativa), in quanto l art.
2014 c.c. impone lobbligo di osservare le disposizioni per lesecuzione e per la disciplina del lavoro
che il datore di lavoro impartisce al lavoratore.
Tale potere, quindi, nel canalizzare e orientare lattivit lavorativa del collaboratore finisce, su un
piano tecnico-giuridico, con lo specificare i contenuti stessi della prestazione e dunque, logicamente,
i caratteri della diligenza dovuta dal lavoratore.
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Il potere direttivo ha carattere modulare e la sua intensit si rivela variabile nel senso che quanto
maggiore il livello di professionalit e di competenza del lavoratore subordinato tanto pi ridotto
pu essere lesercizio del potere direttivo.
B) Obbligo di fedelt: ai sensi dellart. 2105 c.c il lavoratore non deve trattare affari, per conto proprio o di
terzi, in concorrenza con limprenditore, n divulgare notizie attinenti allorganizzazione e ai metodi di
produzione dellimpresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. Lobbligo di fedelt si
concretizza quindi in due diversi divieti:
il divieto di divulgazione o abuso dei segreti aziendali : vietata cio anche la diffusione di tutte
le informazioni aziendali che possono pregiudicare limpresa in qualsiasi modo, a prescindere dal
realizzarsi del danno, eccetto quelle che sono entrate a far parte del patrimonio del lavoratore
(eccezione che non sussiste nel caso in cui le informazioni concernano segreti aziendali).
Problema: qual la responsabilit per il lavoratore che non rispetti tale divieto?
necessario distinguere:
-
nel caso in cui le informazioni divulgate possono essere apprese da qualsiasi lavoratore
dellimpresa, a prescindere dalle mansioni e semplicemente in ragione dellinserimento generico
nellorganizzazione produttiva, avremo solo conseguenze di tipo civile;
nel caso in cui vi sia un vero e proprio obbligo di segreto professionale o industriale e le
informazioni sono dunque conosciute proprio in ragione delle mansioni svolte e del ruolo
ricoperto in azienda, avremo anche una responsabilit penale per il lavoratore ex artt. 622 e 623
c.p.
Lobbligo di fedelt vincola il lavoratore per tutta la durata del rapporto, anche nei casi in cui la
prestazione non sia dovuta, come nei casi di sospensione dellattivit lavorativa.
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Al momento della cessazione del rapporto di lavoro pacifico che non debba pi esser rispettato
lobbligo di non concorrenza, eccetto nei casi di stipula di apposito patto detto appunto di non
concorrenza (ex. art. 2125 c.c.).
Il Patto di non concorrenza quella clausola contrattuale in base alla quale il prestatore di lavoro, in
cambio di un adeguato compenso, si impegna a non prestare attivit lavorativa per un determinato lasso
di tempo dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Il patto deve essere obbligatoriamente in forma scritta, essendo altrimenti nullo, e non pu prevedere
periodi di inattivit superiori a 5 anni per i dirigenti ed a 3 anni per gli altri dipendenti.
Ove il patto preveda un periodo di inattivit pi lungo di quello stabilito, esso si intende
automaticamente ridotto a quello stabilito dallo stesso art. 2125.
Il periodo di inattivit deve essere adeguatamente compensato, non potendosi diversamente ammettere
una limitazione al diritto costituzionale di avere un' occupazione lavorativa.
Nel caso di violazione del patto, il lavoratore deve risarcire il danno arrecato allimpresa, salvo che il patto
non preveda gi da s una clausola penale.
Controllo occulto (artt. 3 e 4 st.lav.): ci significa che, innanzitutto, il nominativo del personale di
vigilanza e le specifiche mansioni ad esso affidate devono essere comunicate ai dipendenti
interessati; inoltre, non possibile effettuare controlli sullattivit del lavoratore attraverso dispositivi
funzionanti a distanza (utilizzando cio impianti audiovisivi ed altre apparecchiature con lesclusiva
finalit di controllo a distanza dellattivit dei lavoratori).
Nel caso in cui siano necessarie apparecchiature per esigenze organizzative o di sicurezza la loro
installazione subordinata ad un accordo con le rappresentanze dei lavoratori.
Effettuare controlli difensivi (cio volti ad accertare eventuali condotte illecite) che richiedono una
diretta osservazione dellesecuzione dellattivit lavorativa.
Se invece riguardano esclusivamente lintegrit del patrimonio aziendale e il fine evidente sia quello
della sua salvaguardia da qualsivoglia forma di illecito (se cio risulta del tutto esclusa una diretta
connessione con lo svolgimento dellattivit di lavoro) tale vigilanza non sottoposta ai limiti posti
dall art. 4 st. lav. Indubbiamente, per, il distinguo tra le due ipotesi piuttosto labile.
Compiere accertamenti sanitari, ossia sullidoneit e sulla infermit per malattia o infortunio del
dipendente, essendo possibile controllare le assenze soltanto attraverso i servizi ispettivi degli Istituti
previdenziali competenti, i quali sono tenuti ad adempiere quando il datore di lavoro lo richieda (art.
5, co. 1, st.lav.). La finalit garantire limparzialit e la serenit dellaccertamento; per tale ragione si
prevede che:
29
i controlli devono essere eseguiti nello stesso giorno in cui sono richiesti, anche se festivo o
domenicale;
nelle fasce orarie c.d. di reperibilit, ossia 10-12 e 17-19, il lavoratore deve restare presso il
proprio domicilio al fine di consentire la visita medica (nellambito del lavoro pubblico le fasce
di reperibilit sono oggi fissate dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle 15.00 alle ore 18.00): essere
reperibile un onere per il lavoratore e difatti lirreperibilit ingiustificata pu comportare sia la
perdita sia la riduzione del trattamento economico previsto in caso di malattia;
la visita pu essere effettuata solo con il consenso del lavoratore, che pu essere s negato ma
con conseguenze di natura disciplinare.
Effettuare controlli sullidoneit fisica del lavoratore ad eseguire la prestazione , i quali anch
essi devono essere esercitati da Enti pubblici ed Istituti specializzati di diritto pubblico (art. 5, co. 3,
st. lav.)
Impiegare guardie giurate. Queste sono destinabili a soli scopi di controllo e salvaguardia del
patrimonio aziendale (art. 2 st.lav.), per cui non possono n contestare ragioni o fatti (come ad
esempio quelli inerenti allattivit lavorativa) diversi da quelli che attengono a vicende lesive dei beni
aziendali (non possono raccogliere ed utilizzare informazioni riguardanti un comportamento
negligente del lavoratore se non nel caso in cui esso si realizzi unitamente ad un illecito penale (es.
furto)), n accedere nei locali dove si svolge lattivit lavorativa durante il suo svolgimento, se non
eccezionalmente e sempre al fine di salvaguardare i beni aziendali.
le modalit di svolgimento delle visite personali devono essere concordate tra datore di lavoro
e r.s.a.
NB: restano comunque inammissibili quelle visite personali che, pur se adottate con le dovute
precauzioni, possono ledere lintimit del lavoratore cos da creargli serio disagio.
In caso di violazione della disciplina sinora descritta prevista una sanzione penale nei confronti del
datore di lavoro e il lavoratore pu rifiutarsi di subire il controllo illegittimo.
Problema: possibile per il datore di lavoro ed entro quali limiti procedere alla raccolta e al trattamento
dei dati riguardanti la vita privata del lavoratore?
Con riguardo alle informazioni relative alla persona del lavoratore, l art. 8 st. lav. consente al datore di
lavoro esclusivamente la conoscenza di quelle rilevanti ai fini della valutazione dellattitudine
professionale del lavoratore.
Tale norma sancisce infatti un duplice divieto di indagini datoriali (anche se effettuate a mezzo di terzi) sia
ai fini dellassunzione sia nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro: a) un divieto assoluto,
30
relativamente alle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore; b) un divieto invece relativo,
per i fatti concernenti il lavoratore, in quanto riferito solo a quelli non rilevanti ai fini della valutazione
dellattitudine professionale dello stesso.
Lart. 8 deve essere letto in collegamento, oltre che con lart. 1 dello Statuto (che sancisce il diritto dei
lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, di manifestare liberamente
il proprio pensiero nei luoghi dove prestano la loro opera), soprattutto con il divieto di atti discriminatori
dellart. 15 st.lav., potendo addirittura considerarsi per alcuni versi funzionale rispetto a questultimo.
Inoltre, ad integrare il modello statutario intervenuto il cd codice della privacy (d. lgs. 196/2003), il quale
ha arricchito la protezione del lavoratore rispetto al trattamento dei dati relativi tanto alla sua persona,
quanto alla prestazione e alle attivit svolte in occasione delladempimento dellobbligazione
lavorativa.
Il codice della privacy, in particolare: a) disciplina le modalit di raccolta e di trattamento dei dati il cui
trattamento consentito al datore dalle norme di diritto del lavoro); b) introduce un variegato ed ampio
apparato sanzionatorio che va dal divieto di utilizzo dei dati personali trattati in violazione della disciplina
e dalla tutela risarcitoria rafforzata ai sensi dellart. 2050 c.c., alle molteplici sanzioni amministrative e
penali; c) attribuisce la possibilit di beneficiare delle peculiari forme di tutela sia giurisdizionale, sia
amministrativa e paragiurisdizionale mediante ricorso al Garante.
B) Il Potere Disciplinare: nel caso di violazione, da parte del lavoratore, degli artt. 2104 (diligenza) e 2105
(fedelt) c.c. il datore di lavoro potr esercitare un ulteriore potere, definito disciplinare (art. 2016 c.c.).
Le sanzioni disciplinari sono per lo pi conservative (ad esclusione di quella estrema rappresentata dal
licenziamento disciplinare per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) in quanto consentono la
prosecuzione del rapporto di lavoro a condizioni immutate. La disciplina di tale potere si rinviene:
Nellart. 2106 c.c. il quale sancisce quale limite generale per il datore, il principio di proporzionalit,
in virt del quale la misura delle sanzioni disciplinari deve essere dunque proporzionata alla gravit
dellinfrazione,
Nellart. 7 st.lav., (il quale per non vale per il pubblico impiego), il quale pone limiti sostanziali e
procedurali:
a) Come limiti sostanziali:
-
al co. 1, impone che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni ed alla procedura
di contestazione debbano essere predefinite in un apposito codice e portate a conoscenza dei
lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti ( chiara la derivazione di questa
regola dal principio penalistico nullum crimen, nulla poena sine lege): necessario dunque sia
pubblicato un codice disciplinare e laffissione in luogo a tutti accessibile lunica forma
possibile di pubblicit, non essendoci altra modalit equipollente (nel pubblico impiego
prevista, in aggiunta allaffissione, una forma di pubblicit alternativa, ovvero la pubblicazione
sul sito istituzionale dellamministrazione);
al co. 4, dispone che non possono essere disposte sanzioni disciplinari comportanti mutamenti
definitivi del rapporto, eccezion fatta per il licenziamento. Le sanzioni in concreto richiamate
nella norma sono: il rimprovero verbale, lammonizione scritta, la multa (la quale non pu essere
31
di importo superiore a quattro ore di retribuzione base), la sospensione dal lavoro e della
retribuzione (che non pu durare pi di 10 giorni).
b) Per quanto riguarda i limiti procedurali, il Procedimento Disciplinare stato regolato
dettagliatamente; esso infatti consta di 4 fasi:
-
Difesa del lavoratore. Fra la ricezione della contestazione da parte del lavoratore, e
l'eventuale adozione della sanzione, deve intercorrere un termine dilatorio di almeno 5
giorni, che pu essere utilizzato dal lavoratore per esercitare il diritto di presentare le proprie
difese in ordine all'addebito contestato eventualmente con l'assistenza di un rappresentante
dell'associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato ad hoc.
Irrorazione della sanzione. Una volta trascorso il termine a difesa, il datore di lavoro pu
eventualmente applicare la sanzione, qualora rimanga convinto della responsabilit del
dipendente.
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NB: La disciplina del pubblico impiego pi analitica e puntuale, anche per ci che concerne il
procedimento per lirrogazione della sanzione.
Anzitutto la competenza in ambito disciplinare cambia a seconda della gravit dellinfrazione;
inoltre, prevista la contestazione scritta delladdebito entro 20 giorni dalla conoscenza del fatto
disciplinare, nei casi di infrazioni sanzionabili sino alla sospensione massima di dieci giorni
(termine raddoppiato in caso di infrazioni pi gravi); a pena di decadenza, poi, il procedimento
deve essere concluso con lirrogazione della sanzione ovvero con larchiviazione entro 60 giorni
dalla contestazione delladdebito (se lufficio disciplina a procedere il termine decorre dalla data
di prima conoscenza del fatto), o 120 nel caso di sanzioni pi gravi della sospensione per dieci
giorni.
Per tali procedimenti non ammessa la procedura arbitrale: lunico rimedio per impugnarli di
tipo giurisdizionale.
Il Licenziamento Diusciplinare quello che fa riferimento alla condotta del lavoratore, per questo che
detto anche Licenziamento per Ragioni Soggettive.
Esso causato da comportamenti colposi e dolosi da parte del lavoratore per la cui gravit non pi
possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro per via della lesione del vincolo fiduciario.
In relazione alla gravit della condotta si distingue tra:
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CAPITOLO VI
CONTENUTI DEL CONTRATTO: PRESTAZIONE PROFESSIONALE E
PRESTAZIONE RETRIBUTIVA
In base alle regole generali, loggetto del contratto deve essere (oltre che lecito e possibile) determinato o
determinabile (artt. 1346, 1349 c.c); in assenza di tali requisiti, il contratto nullo, salvo che la nullit non
riguardi singole clausole sostituite di diritto da norme imperative (artt. 1418, 1419 c.c.).
La ratio di questa regola generale evidente: nessuno pu seriamente assumere un obbligo senza che ne
siano definiti con sufficiente esattezza i confini.
Nel caso del contratto di lavoro subordinato questa regola necessita di due importanti precisazioni:
1. Loggetto non facilmente definibile allatto della stipulazione del contratto, perch nel contratto vi :
da un lato, limplicazione della persona del lavoratore; e, dallaltro, la finalit di consentire il
funzionamento di unorganizzazione come quella dellimpresa, finalit assai mutevole nel tempo in base
a variabili non del tutto programmabili e prevedibili.
Ne deriva che nella disciplina del contratto di lavoro va prestata particolare attenzione alla
predeterminazione dei criteri per individuarne loggetto in modo da rendere almeno la prestazione
determinabile secondo parametri conoscibili dalle parti in tempo utile per adempiere alle proprie
obbligazioni.
2. Raramente nel diritto del lavoro si fa uso della nullit assoluta: lindeterminatezza delloggetto d luogo
per di pi a nullit parziali o speciali (dette anche di protezione), che mirano alla conservazione del
contratto.
Il contenuto del contratto di lavoro costituito essenzialmente dalla prestazione professionale del lavoratore
e da quella retributiva del datore di lavoro:
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Dunque, mentre le mansioni servono a determinare pi o meno precisamente il contenuto del contratto di
lavoro al momento della stipulazione (profilo statico), qualifiche e categorie servono a: individuare la
retribuzione in rapporto ai compiti assegnati; definire meglio il parametro di misurazione della diligenza del
lavoratore (art. 2104 c.c.) e del suo adempimento; individuare la disciplina legale o contrattuale da applicare
in relazione a moltissimi istituti (prova, orari, ferie, licenziamenti, ecc.) (profilo dinamico).
Per descrivere entrambi i profili, quello statico e quello dinamico, occorre dedicare attenzione specifica ad
altre due norme del codice civile finora solo accennate: gli artt. 2095 e 2103:
Categorie dei Prestatori di lavoro art. 2095 c.c. (Aspetto Statico)
I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai. / Le leggi speciali, in
relazione a ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura dell'impresa, determinano i requisiti di
appartenenza alle indicate categorie.
Tale norma distingue i lavoratori in 4 categorie legali, rinviando poi alle leggi speciali ed alle norme
corporative e, quindi, ai contratti collettivi di lavoro la determinazione dei requisiti di appartenenza alle
diverse categorie.
1. Dirigenti: la categoria di pi elevato livello professionale cui corrisponde anche il pi elevato livello
retributivo.
Il dirigente lalter ego dellimprenditore, cio colui che preposto alla direzione dellintera
organizzazione aziendale, ovvero ad una branca o ad un settore autonomo di essa, e sia investito di
poteri che, per la loro ampiezza e autonomia, gli consentano, pur nellosservanza delle direttive
programmatiche dellimprenditore, di orientare il governo complessivo dellazienda o di una sua parte .
Il rapporto di lavoro prevalentemente su base fiduciaria e per questo per lo pi a tempo
determinato e non esclude la facolt di recesso unilaterale (ex art. 2118), da ambo le parti, senza
condizioni o conseguenze particolari; tuttavia, i contratti collettivi prevedono la necessit di un
giustificato motivo, deferendo ad arbitri le relative controversie.
2. Quadri: costituiscono la categoria immediatamente inferiore a quella di dirigenti e rappresentano il pi
alto livello dei lavoratori non dirigenti.
I Quadri hanno ottenuto il solo riconoscimento legale ad opera della gi citata L. 190/1985, anche se
tale riconoscimento stato solo simbolico, visto che ad esso non seguita la delineazione di uno
speciale Statuto Giuridico di Categoria.
Dunque si trattato di un intervento molto leggero: infatti, dopo aver dato una definizione piuttosto
generica della nuova categoria legale e dopo aver equiparato il quadro all impiegato, lindividuazione
dei requisiti di appartenenza e delle effettive differenziazione nei trattamenti economico-normativi
viene rimessa alla contrattazione nazionale o aziendale in relazione a ciascun ramo di produzione e alla
particolare struttura organizzativa dellimpresa.
I contratti collettivi, a loro volta, hanno sviluppato la nozione di quadro, su due distinti fronti:
uno negativo, ribadendo cio che i quadri non sono dirigenti con la conseguente impossibilit di
conferire ad essi le stesse funzioni direttive di cui investito il dirigente quale alter ego
dellimprenditore.
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laltro positivo, individuando il tratto che pi caratterizza le mansioni del quadro in elevate
responsabilit funzionali ed elevata preparazione professionale ovvero in elevate responsabilit
riguardanti direzione, coordinamento e controllo di altri lavoratori, comprese le responsabilit
connesse di crescita professionale e verifica dei risultati raggiunti dai diretti collaboratori.
3. Impiegati: costituiscono, insieme agli operai, la gran massa dei lavoratori
subordinati;
essi,
cosiddetti "colletti bianchi", si contraddistinguono dagli operai in quanto impiegati con mansioni di
tipo intellettuale, richiedenti un certo grado di cultura, e certamente non manuali.
4. Operai: costituiscono l'altra classe storica dei lavoratori subordinati, i cosiddetti "colletti blu", che si
contraddistinguono per la manualit delle loro competenze di lavoro.
La contrattazione collettiva ha introdotto varie qualifiche in funzione della diversa preparazione tecnica
del lavoratore: si distinguono quindi operai comuni, qualificati ed specializzati.
Inizialmente gli Impiegati e gli Operai costituivano 2 categorie distinte, ma col tempo si avuto un
riassorbimento di tale separazione; a ci ha contribuito la legge che ha eliminato quasi tutte le differenze di
trattamento esistenti tra le 2 categorie, e la contrattazione collettiva che negli anni 70 (contratti collettivi 7374) ha optato per lInquadramento unico.
Questultimo un sistema di inquadramento che ha introdotto una nuova e unica scala classificatoria,
normalmente incentrata su sette o otto livelli retributivi, nei quali rientrano vari profili professionali, spesso
appartenenti a categorie differenti.
Non raro quindi che in un medesimo livello si trovino inquadrati sia operai che impiegati.
Mansioni del lavoratore e ius variandi art. 2103 c.c. (Aspetto Dinamico)
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti
alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a
mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attivit svolta, e l'assegnazione
stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con
diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli non pu essere trasferito da una unit produttiva ad un'altra se non per
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. / Ogni patto contrario nullo.
La norma dice che il prestatore di lavoro non pu restare inchiodato alle mansioni di assunzione (e alle
correlate qualifica e categoria) e che il datore di lavoro ha la facolt di variare le mansioni iniziali ( jus
variandi).
Dunque, lo ius variandi il diritto del datore di lavoro di impiegare diversamente il lavoratore.
Questo potere, tuttavia, non pu essere esercitato in modo indiscriminato; infatti lart. 2103 c.c. sancisce il
diritto del lavoratore ad essere adibito:
alle mansioni per le quali e stato assunto, ovvero,
a quelle della categoria superiore successivamente acquisita, ovvero,
a quelle equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
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In ordine alle mansioni la norma prevede, in buona sostanza, una sorta di stabilit e continuit nelle modalit
di impiego del lavoratore ma non esclude un margine di esercizio dello ius variandi, con ogni garanzia in
termini di trattamento economico.
Il datore di lavoro, infatti, pu variare l'impiego del lavoratore purch nell'ambito di mansioni equivalenti e
per tali si intendono non semplicemente quelle di pari livello retributivo bens quelle che siano compatibili
con la professionalit del lavoratore, ancorch acquisita in azienda.
A tal proposito la giurisprudenza ha elaborato una sorta di "diritto del lavoratore a lavorare", ossia di
esprimere la sua professionalit, di tal che si considera demansionamento anche l'assegnazione a mansioni
che non tengano conto di tale professionalit.
L'esercizio dello ius varandi perci vietato in senso peggiorativo, e come tale da intendersi anche il caso
in cui sia mortificata la professionalit del lavoratore allorquando l'equivalenza sia ricercata soltanto sulla
base di parametri economici.
Viceversa, lesercizio dello ius variandi ammesso in senso migliorativo; infatti, ammesso limpiego del
lavoratore in mansioni superiori, con diritto non solo alla maggiore retribuzione ma anche allinquadramento
nella superiore qualifica o categoria, quando tali mansioni si protraggono per un periodo di 3 mesi o
comunque per il periodo stabilito dalla contrattazione collettiva.
Quindi il periodo di 3 mesi stabilito dalla stessa legge (art.2103 c.c.), ma tale termine potrebbe essere
derogato dalla contrattazione collettiva, la quale potrebbe prevedere un termine minore o superiore per
poter accedere alla qualifica superiore.
Un es. dato dallart.6 della L.190/1985 che per laccesso alla categoria dei Quadri e dei Dirigenti consente la
previsione (per contratto collettivo) di un termine eccedente quello legale, sul presupposto che per accedere
a tali pi elevate categorie sia giusto richiedere un periodo pi lungo di training.
Trascorso il periodo come sopra determinato, il lavoratore acquisisce in via definitiva il livello contrattuale
superiore e non pu pi essere retrocesso.
L'unica eccezione a tale regola si da nel caso in cui l'assegnazione alla mansione superiore sia avvenuta per
sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto (ad esempio, in malattia): in tale
ipotesi il limite dei 3 mesi non opera e l'assegnazione pu durare anche pi a lungo, senza che maturi il
diritto all'inquadramento definitivo nel livello superiore.
Non costituisce demansionamento l'impiego in mansioni di livello inferiore del lavoratore divenuto inabile
alle proprie mansioni tenuto altres conto che in tale ipotesi non si ha riduzione del trattamento
economico nonch l'accettazione di mansioni di livello inferiore per evitare licenziamenti collettivi.
Regole simili a quelle descritte esistono anche per il lavoro pubblico privatizzato.
In questo settore per v un maggiore ruolo svolto dalla legge nella qualificazione, anche perch le regole
in materia di progressione di carriera vengono dalla giurisprudenza costituzionale equiparate a quelle in
tema di assunzioni e quindi assoggettate alla regola del concorso ex art. 97, co. 3 Cost.
Lo jus variandi assoggettato a regole simili al privato, seppure con alcune significative varianti:
a) la legge prevede che lequivalenza quella compresa nellambito dellarea di inquadramento; da ci
deriva che: mentre nel settore privato il giudice a valutare se determinate mansioni possono essere, in
concreto, ritenute equivalenti, sulla base del bagaglio professionale necessario a svolgerle, nel settore
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pubblico si adotta un concetto di equivalenza formale, nel senso che condizione necessaria e
sufficiente affinch le mansioni possano essere considerate equivalenti la mera previsione in tal senso
da parte della contrattazione collettiva.
b) la seconda regola, derogabile dai contratti collettivi che se lassegnazione a mansioni superiori avviene
per coprire un vuoto in organico, pu protrarsi per un periodo massimo di 12 mesi e comunque deve
essere immediatamente seguita dallavvio delle procedure per coprire definitivamente il posto in
organico.
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Con lentrata in vigore della Costituzione sempre pi si delineato un equilibrio in cui, la retribuzione
parsa materia di competenza della contrattazione collettiva, quasi sottratta ad interventi del legislatore,
soprattutto se limitativi di norme pi favorevoli.
Tale assetto si sostanzialmente capovolto verso la met degli anni 80 (quando inizia a venire utilizzato il
modello di relazioni industriali neo-corporativo, basato sulla concertazione trilaterale delle politiche
economiche e sociali): in questo periodo, infatti, nei momenti di maggior tensione tra le parti sociali, il
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legislatore intervenuto blindando in norme di legge alcuni contenuti negoziali riguardanti proprio istituti
retributivi; tali leggi furono contestate da alcune parti sociali , in quanto diretti a limitare gli incrementi
salariali che, ai sensi degli accordi interconfederali, andavano riconosciuti ai lavoratori a seguito dellaumento
del costo della vita.
Sorse cos per la prima volta un contrasto tra la legge e la contrattazione collettiva in materia salariale.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul punto, si pronunci con grande cautela, ben sapendo di
andare a toccare un vero e proprio tab del diritto sindacale italiano, come lesistenza di una riserva
costituzionale di competenza a favore della contrattazione collettiva nella disciplina dei trattamenti
retributivi: con la sent. n. 34/1985, la Corte disse, molto sinteticamente, che sino a quando lart. 39 non sar
attuato, non si pu n si deve ipotizzare conflitto tra attivit normativa dei sindacati e attivit legislativa del
Parlamento, ovvero che la qualificazione formale del contratto collettivo come atto di autonomia negoziale
lo pone strutturalmente in una posizione gerarchicamente sottordinata rispetto al legislatore,
indipendentemente dal procedimento seguito per lapprovazione della legge.
In definitiva, la competenza a determinare una retribuzione "sufficiente" demandata alla contrattazione
collettiva che in tale ambito va a definire la cosiddetta "paga sindacale", ossia i minimi retributivi al di sotto
dei quali il datore di lavoro non pu fissare la paga dei propri dipendenti, pur non aderendo all'associazione
sindacale che ha sottoscritto il contratto collettivo.
La previsione di livelli retributivi minimi lascia spazio alla contrattazione aziendale di stabilire tutt'altri livelli
retributivi, il che si verifica, pur in presenza di una contrattazione collettiva nazionale, specialmente per
pareggiare il diverso costo della vita nelle diverse zone del paese.
La contrattazione collettiva , pertanto, la fonte normativa esclusiva in materia di trattamento economico e
nei casi in cui la legge a stabilirne la misura (come, per esempio, nel caso della maternit) la contrattazione
collettiva pu stabilire trattamenti migliori ma non viceversa, incontrando il limite del divieto di reformatio in
peius.
NB: Meno vaghe sono le regole in materia di rapporti tra legge e contratto collettivo che esistono nel lavoro
pubblico dopo la privatizzazione.
La riforma degli anni 90 fu infatti abbastanza univoca: la legge non era di per s considerata strumento
idoneo a garantire linteresse generale nella disciplina del pubblico impiego o la trasparenza retributiva, per
cui :
a) innanzitutto, la legge e il contratto collettivo vengono tendenzialmente equiparate: si introduce la
regola che consente al contratto collettivo successivo di prevalere sulla norma di legge, regolamento o
statuto che introducesse una particolare disciplina dei rapporti di lavoro per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche; e tale regola viene corredata di una particolare cogenza per i trattamenti
retributivi, perch si prevede che le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che
attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data
dallentrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale;
b) la seconda regola innovativa attiene ai confini legali da porre alla contrattazione collettiva con riguardo
ad alcune materie: in particolare, si esclude in generale una riserva di competenza a favore della
contrattazione collettiva, ad eccezione proprio dei trattamenti economici (sensibile differenza rispetto
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alla disciplina privatistica della contrattazione collettiva, nella quale non c alcun vincolo eteronomo a
sostegno di una decisione negoziale)
Con la successiva riforma, approvata nel 2009, si torna per in maniera incisiva su tali regole:
a) innanzitutto si ribalta il rapporto tra microlegislazione riguardante solo il lavoro pubblico e
contrattazione collettiva, prevedendo la necessit di un espressa autorizzazione legislativa per la
contrattazione collettiva derogatoria di disposizioni speciali per il lavoro pubblico contenute in leggi,
statuti o regolamenti, vanificando in buona misura la delegificazione sistematica perseguita con la
riforma degli anni 90;
b) la l. 15/2009 non si rimangia per la regola della prevalenza del contratto sulla microlegislazione in
materia retributiva (continua a prevedere a favore dei contratti collettivi una sorta di riserva di
competenza in materia retributiva); tuttavia questa regola, dovendosi leggere alla luce della diversa
filosofia della riforma, che svaluta profondamente la contrattazione collettiva come veicolo di razionalit
normativo/organizzativa, una regola destinata, ad essere ridimensionata (basti infatti considerare che
il suo effetto caducatorio si produce soltanto con riguardo a norme di legge, statuto o regolamento che
comportino incrementi retributivi).
Problema: come viene garantito dall ordinamento il principio della sufficienza della retribuzione (imposto
dallart. 36 Cost. come vincolo per lautonomia negoziale rispetto alla quantificazione dei salari)?
A partire dai primi anni successivi alla II guerra mondiale il nostro paese aveva prodotto un sistema di
indicizzazione dei salari incentrato sulla c.d. scala mobile, cio su un meccanismo di calcolo di una indennit
di contingenza costituita dal valore dei punti di contingenza che periodicamente scattavano a seguito del
variare dei prezzi di un paniere di beni di cui si monitorava costantemente landamento.
Tale sistema, che consentiva negli anni 70 una notevole salvaguardia dei salari reali (cio del potere
dacquisto dei salari al di l del loro valore nominale), stato superato ormai da ventanni: con il Protocollo
del 23 luglio del 1993 si attribu infatti al CCNL, da rinnovare per la parte retributiva ogni due anni (e ogni
quattro per la parte normativa), la funzione di garantire che la dinamica degli effetti economici del contratto
sia coerente con i tassi di inflazione programmata (TIP) assunti.
Inoltre il medesimo Protocollo introduceva listituto dellindennit di vacanza contrattuale, unico per tutti i
lavoratori, che non equivaleva certo alla scala mobile, ma comunque garantiva una qualche automatica
copertura (pari al 30% del TIP dopo i primi tre mesi di vacanza contrattuale e al 50% dopo 6 mesi) dopo la
scadenza del CCNL in caso di vacanza contrattuale, cio di un periodo in cui non vi era un contratto
collettivo valido e applicabile.
Questo sistema viene profondamente modificato nel 2009, con un AI (accordo interconfederale) al
quale non aderisce la CGil, il quale: a) introduce per il CCNL la funzione di garantire la certezza dei
trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore; b) porta poi la cadenza
contrattuale al triennio (superando la distinzione tra parte normativa quadriennale e parte economica
biennale); c) sceglie come indicatore per la dinamica degli effetti economici lIPCA (indice dei prezzi al
consumo armonizzato in ambito europeo per lItalia), elaborato da un soggetto terzo (ISTAT) al quale viene
affidato anche il compito di monitorare eventuali scostamenti tra linflazione prevista e quella reale
effettivamente osservata; d) sostituisce l indennit di vacanza contrattuale dalla previsione di un
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meccanismo che, alla data di scadenza del contratto precedente, riconosca una copertura economica, che
sar stabilita nei singoli contratti collettivi, a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungimento
dellaccordo.
L AI del 16 novembre 2012, cui la Cgil non aderisce, contiene la prima rilevante modifica delle
tecniche di tutela del salario reale profondamente riformate nel 2009.
In particolare, tale accordo attribuisce di nuovo una competenza specifica e abbastanza regolata proprio al
CCNL che, avendo lobiettivo mirato di tutelare il potere di acquisto delle retribuzioni, deve rendere la
dinamica degli effetti economici ... coerente con le tendenze generali delleconomia, del mercato del lavoro,
del raffronto competitivo internazionale e gli andamenti specifici del settore.
La novit sembrerebbe da ricondurre ad una svolta storica nelle relazioni industriali italiane, cio al fatto che
si superato definitivamente con il protocollo del 1993 il sistema di indicizzazione dei salari.
A seguito di questa svolta storica il CCNL ha acquisito (o deve acquisire) un obiettivo mirato che quello
di tutelare il potere dacquisto delle retribuzioni.
Tuttavia, per evitare il contrasto con l art. 36 Cost., necessario che gli strumenti di adeguamento
perequativo garantiscano la retribuzione sufficiente, la quale viene identificata dalla giurisprudenza
costituzionale come il nucleo duro della retribuzione da garantire indipendentemente da dinamiche
aziendali o di mercato. Stando cos le cose, si pu concludere nel senso che appare costituzionalmente
legittimo il superamento sia della scala mobile sia dellindennit di vacanza contrattuale. Pi dubbia
lopportunit, non la legittimit, delleliminazione di ogni meccanismo volto a tutelare il salario reale nei
periodi di vacanza contrattuale, come quello previsto ad esempio negli accordi del 2009.
[Nel lavoro pubblico il sistema di tutela del salario reale mediante contrattazione collettiva incontra limiti
anche pi drastici, essendo operante un blocco vero e proprio della contrattazione nazionale per la parte
economica dal 2010 fino a tutto il 2014, disposto per legge: in particolare, gli stipendi tabellari sono per
tutti i dipendenti pubblici congelati per un periodo sicuramente superiore ai due anni, con una sorta di
cancellazione ex lege della erosione salariale verificatasi nel periodo indicato.
Cos si espunge dallordinamento nazionale qualsiasi strumento per mantenere le retribuzioni ancorate al
parametro della sufficienza imposto dallart. 36 Cost].
LA RECENTE REGOLAZIONE DEL SALARIO VARIABILE
I complessi equilibri normativi della retribuzione gravitano da qualche anno a questa parte intorno agli
elementi del trattamento economico che consentono una variabilit della retribuzione complessiva in
considerazione dei risultati realizzati individualmente o dallorganizzazione nel suo complesso (cd parte
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Prime norme in materia sono state emanate nel 1997, seguite poi da norme dirette ad attuare un
Protocollo interconfederale, stipulato il 23 luglio 2007, pure diretto a promuovere una contrattazione
aziendale, territoriale o di secondo livello sul salario variabile mediante sgravi contributivi.
A partire dal 2008 ( l. 126/2008) agli sgravi contributivi si aggiunge anche un regime fiscale agevolato
basato sulla detassazione di una quota del salario in quanto corrisposto come retribuzione di
produttivit.
Nonostante queste misure la spinta verso un incremento del salario variabile contrattato a livello
decentrato ha dato scarsi risultati.
Nel 2012, laccordo interconfederale di novembre ha provato a coniare unaltra regola (cd dello
sdoppiamento funzionale), prevedendo che i CCNL possano destinare una quota degli incrementi
salariali previsti dal livello nazionale ai livelli decentrati, potendo cos fruire della detassazione prevista
dalla legge.
Tale accordo stato seguito da una normativa articolata e complessa (accolta con favore anche dalla
Cgil), che d luogo a delicati problemi interpretativi, soprattutto con l individuazione delle condizioni alle
quali pu ritenersi legittima la regola dello sdoppiamento.
Per risolvere i problemi che tale normativa pone necessario, secondo Zoppoli, rileggerla alla luce dei
principi di cui allAI del 2009, e, pi in particolare, della regola dellintegrale copertura degli scostamenti
tra lIPCA e linflazione reale: in tal modo si pu sostenere che la quota di salario dirottabile dal CCNL
verso il salario aziendale di produttivit/redditivit solo quella che residua dopo aver garantito tale
copertura.
Nel settore pubblico, elementi retributivi variamente collegati al rendimento e denominati di
produttivit o di risultato esistono sin dagli 80 (anche prima della privatizzazione del 92-93).
Tuttavia dopo la riforma degli anni 90 si sempre pi insistito nel promuovere una articolazione della
retribuzione dove una quota, anche qui piuttosto piccola (salvo alcune figure dirigenziali), venisse
corrisposta a seguito di una valutazione formale dei risultati realizzati da ciascun dipendente.
Questi sistemi introdotti da accordi e contratti collettivi e variamente gestiti dalle diverse
amministrazioni sono stati resi obbligatori dalla legge, prima soltanto per i dirigenti e poi, a partire dal
2009, per tutti i dipendenti pubblici, allinsegna di una vera e propria ideologia meritocratica.
In particolare, una norma, (art. 19 del d.lgs. 150/2009), definisce i criteri per differenziare le valutazioni
annuali, stabilendo che i dipendenti di ogni amministrazione pubblica vadano distribuiti in tre fasce di
merito, e che solo il 25% possa essere inserito nella fascia pi alta, mentre ad un altro 25% non debba
essere corrisposto alcun trattamento accessorio collegato alla performance individuale.
Rispetto a questi vincoli la contrattazione collettiva integrativa pu soltanto apportare piccole modifiche.
Tuttavia, ben prima che questo complesso sistema potesse conoscere una reale applicazione, la politiche
di austerity hanno indotto a sottrarre a tutte le amministrazioni risorse per il salario variabile e, in
particolare, a rinviare la differenziazione retributiva in fasce ad una successiva tornata contrattuale.
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Anzianit la quale, in quegli anni caratterizzati da un vertiginoso aumento dellinflazione, era diventata
troppo gravosa per le aziende; infatti essa veniva calcolata moltiplicando l'ultima retribuzione per gli anni di
servizio, cos favorendo il fenomeno delle liquidazioni gonfiate, essendo a tal fine sufficiente aumentare
artificiosamente lultima retribuzione.
Il TFR eredita dal previgente sistema (Indennit di Anzianit) la natura giuridica di retribuzione differita,
cio di elemento del trattamento retributivo che, pur maturando in stretta correlazione con il quotidiano
svolgersi della prestazione lavorativa, deve essere corrisposto in un momento diverso che nel caso di specie
lestinzione del rapporto di lavoro (altri istituti di retribuzione differita sono, ad esempio, le c.d. mensilit
aggiuntive, come la tredicesima, che va in genere corrisposta alla fine dellanno solare).
Il TFR si calcola ora mediante unaddizione: in pratica ogni anno il datore tenuto ad accantonare una
somma corrispondente ad una retribuzione media mensile, che si ottiene dividendo la retribuzione dovuta
per ciascun anno di servizio per 13,5; questa somma viene di anno in anno rivalutata in base alla variazione
del costo della vita
In attivit di servizio il lavoratore pu chiedere un'anticipazione del TFR, per determinati motivi (spese
sanitarie straordinarie, acquisto della prima casa per se o per i figli ecc.) e, in ogni caso, in misura non
superiore al 70% di quanto a tale titolo maturato fino a quel momento.
Con la riforma del TFR (esteso anche al settore pubblico), ad opera del d.lgs. n. 252 del 2005, stato previsto
che il Tfr venga destinato al finanziamento di fondi di previdenza complementare, salvo che il lavoratore non
manifesti esplicitamente, entro sei mesi dallassunzione, la volont di mantenere il Tfr presso il proprio
datore di lavoro.
In sostanza, i lavoratori che accetteranno tale devoluzione non beneficeranno pi dellintero T.F.R. alla
cessazione del rapporto, ma lo vedremo trasformato, pro tempore, in un trattamento pensionistico.
NB: i dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 hanno diritto al Tfr, cos come regolato per i
privati; per i lavoratori pubblici gi in servizio prima di quella data, dopo una tormentata ed annosa vicenda,
se non aderiscono ad un fondo pensione di comparto entro il 31 dicembre 2015, ora prevista la
conservazione dei trattamenti di fine servizio regolati da varie discipline di comparto.
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CAPITOLO VII
LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
1. La tutela dellintegrit psico-fisica nei luoghi di lavoro: lo sviluppo normativo
La sicurezza dei dipendenti stata una delle preoccupazioni principali del legislatore in materia di lavoro;
infatti, gi nel 1898 var una prima legislazione di tutela contro linfortunio sul lavoro.
Da allora il concetto di tutela della persona si andato arricchendo; infatti ancor prima della tutela
successiva al verificarsi dell'evento lesivo, l'esigenza primaria stata quella di prevenire tale evento, evitando
che lo svolgimento dell'attivit lavorativa determini pericoli per la salute e la sicurezza del lavoratore.
A tale finalit rivolto lart. 2087 c.c. che sancisce il cosiddetto Obbligo di Sicurezza in capo al datore di
lavoro; in particolare questultimo " tenuto ad adottare tutte le misure che secondo la particolarit del
lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrit fisica e la personalit morale dei
prestatori di lavoro".
Per necessarie sono state intese innanzitutto quelle misure stabilite espressamente dalle norme
antinfortunistiche e, comunque, tutte quelle imposte dallobbligo generale incombente sul datore di lavoro,
che, in mancanza di una specifica previsione, tenuto a valutare quali misure si debbano ritenere, in
concreto, indispensabili, valutando i rischi e le nocivit della lavorazione; le conseguenze dannose prevedibili
sulla base dellesperienza e, di conseguenza, i necessari aggiornamenti delle misure di sicurezza: il criterio
della massima sicurezza tecnologicamente fattibile.
In definitiva, dunque, l'imprenditore non pu ritenersi adempiente a tale obbligo semplicemente osservando
le prescrizioni tecniche dettate per una certa attivit o lavorazione; infatti, qualora esse siano superate o
insufficienti, in virt del progresso tecnico, l'art. 2087 impone all'imprenditore di fare uno sforzo "in pi",
senza attendere passivamente l'aggiornamento della normativa.
L'obbligo di sicurezza ha, quindi, un contenuto aperto, espressione di una grande attenzione
dell'ordinamento per la vita e la salute dei lavoratori.
La genericit dellart. 2094 c.c. stata in parte delimitata da regolamenti governativi adottati nel 1955 e nel
1956, i quali tuttavia hanno affrontato il problema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in unottica
volta alla riparazione dellevento dannoso e non gi alla sua prevenzione.
lo statuto dei lavoratori che inizia finalmente a ragionare in termini di tutela preventiva e collettiva, dando
il via a normative pi compiute e realmente attente ai bisogni di una concreta visione globale del problema: i
suoi passaggi pi importanti sono la riforma sanitaria del 1978 e il decreto sulla sicurezza del 1994,
sollecitato dal necessario processo di adeguamento a standard comunitari (d.lgs. 626/1994), che disegna il
sistema generale di prevenzione e sicurezza e disciplina la prevenzione dei rischi professionali e
leliminazione dei rischi di incidenti, affermando un ruolo attivo dei lavoratori e del loro diritto ad essere
informati, istruiti e consultati.
Ultima tappa il testo unico del 2008 (d.lgs. 81/2008), emanato da un governo di centrosinistra su cui nel
2009 intervenuto il nuovo governo di centrodestra con emendamenti controversi (d.lgs. 106/2009).
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La principale finalit del T.U. (d.lgs. 81/2008 e d.lgs. 106/2009) quella di garantire luniformit della tutela
dei lavoratori.
I punti fondamentali sono quelli che riguardano:
a) l'obbligo della formazione, in azienda, di un servizio di prevenzione e protezione dai rischi, con un
responsabile della sicurezza preposto alla gestione dell' organizzazione della sicurezza sul lavoro; i
suoi compiti sono quelli di individuare i fattori di rischio e le idonee misure per la sicurezza e la salubrit
degli ambienti di lavoro, proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori, partecipare
alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fornire le informazioni ai
lavoratori.
b) lobbligo di predisporre, periodicamente, una relazione di valutazione dei rischi, ossia una mappa dei
rischi connessi alle diverse attivit lavorative aziendali, consultabile dagli Organi Ispettivi delle ASL e
dalle Sezioni Ispettive delle Direzioni Provinciali del Lavoro;
c) l'istituzione di un medico competente, preposto agli accertamenti medici periodi cui vengono
sottoposti i lavoratori in base alla personale situazione di salute e posizione di lavoro; accertamenti che
possono essere finalizzati alla verifica di assenza di condizioni di dipendenza da alcool o da sostanze
stupefacenti
d) l'istituzione del rappresentante sindacale per la sicurezza, punto di riferimento dei lavoratori, che pu
farsi promotore di iniziative inerenti alla sicurezza e che deve essere consultato in occasione
delladozione di esse, nonch in occasione dellelaborazione della Relazione di Valutazione dei Rischi;
e) l'obbligo della informazione e formazione del lavoratore, al fine di renderlo partecipe alla tutela della
sua salute ma anche pi responsabile rispetto alle misure di sicurezza, cos rendendolo passibile di
sanzioni disciplinari nel caso di disattenzione delle relative prescrizioni.
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Il danno biologico (o danno alla salute) comprende quindi ogni pregiudizio non patrimoniale diverso da
quello consistente nella diminuzione o perdita della capacit di produrre reddito che la lesione abbia
provocato alla vittima.
Ai fini risarcitori, il lavoratore che invoca il ristoro di un danno biologico dovr fornire la prova
dellesistenza di una lesione dellintegrit psico-fisica accertabile in via medica.
Danno Esistenziale: (o danno ai diritti propri dellestrinsecazione della persona) va inteso come ogni
pregiudizio, oggettivamente accettabile, che alteri abitudini e assetti relazionali di un soggetto,
manifestandosi in disagi e turbamenti di tipo soggettivo, che alterano il benessere psicofisico,
provocando uno stato di malessere psichico diffuso e compromettendo i normali ritmi di vita e la
tranquillit del danneggiato, che si vede costretto a modificare le normali attivit quotidiane e a operare
scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalit nel mondo esterno, in
particolare, nella rinuncia forzata allo svolgimento di unattivit non reddituale.
Esso si differenzia dal Danno Morale Soggettivo, infatti mentre questo attiene unicamente alla sfera
interna del soggetto ed ai suoi patimenti (implicando un turbamento dello stato danimo della vittima),
il danno esistenziale riguarda gli effetti del patimento che si riflettono sulla vita quotidiana e sulle
normali attivit dellinteressato.
A differenza del danno biologico, il danno esistenziale va dimostrato con tutti i mezzi consentiti
dallordinamento, assumendo precipuo rilievo la prova per presunzioni.
Dopo un iniziale richiamo al principio di unitariet del danno non patrimoniale, la Cassazione ha
recentemente sancito la irrisarcibilit del danno esistenziale, ritenuto una non autonoma categoria di
danno, con il dichiarato intento di evitare inutili duplicazioni di poste risarcitorie.
Linosservanza dellobbligo posto dallart. 2087 costituisce inadempimento contrattuale, con conseguente
obbligo del risarcimento del danno; infatti il lavoratore creditore di un obbligazione - quella inerente
all'adozione delle misure di prevenzione - che l'ordinamento pone in capo al datore di lavoro; al lavoratore,
pertanto, sar sufficiente dimostrare l'inadempimento contrattuale in ordine al suo diritto alla sicurezza per
far valere l'ulteriore diritto al risarcimento.
La previsione di una tutela di natura contrattuale non esclude che il lavoratore possa far valere il suo diritto
al risarcimento al di fuori del relativo rapporto contrattuale, ai sensi dell'alt. 2043 c.c., ossia per responsabilit
extracontrattuale.
Le imprese sono comunque obbligate a stipulare un'assicurazione con lINAIL (Istituto nazionale per gli
infortuni su lavoro) che risarcisce il lavoratore per le lesioni e le menomazioni subite e che nel caso di
riduzione della capacit lavorativa liquida al lavoratore una rendita vitalizia commisurata a tale
menomazione.
Peraltro, come ogni assicurazione, lINAIL garantisce al lavoratore un indennizzo anche quando linfortunio
non si verificato per una responsabilit dellimpresa.
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orizzontale} o dai superiori gerarchici (in tal caso di parla di mobbing verticale), con sistematicit o
reiterazione per un certo periodo di tempo (almeno 6 mesi), determina una condizione di sostanziale
disagio e di emarginazione in conseguenza della quale il lavoratore si sente non gradito dall' ambiente di
lavoro.
Dunque, affinch una determinata condotta sia classificabile come mobbing occorre che sia:
funzionale allemarginazione del lavoratore, con ci causandogli una serie di ripercussioni psicofisiche che spesso possono sfociare in specifiche malattie aventi un andamento cronico: disturbo da
disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress, e cos via.
reiterata nel tempo, per cui non sono sufficienti condotte isolate od occasionali; ad avviso della
giurisprudenza, la ripetitivit di tali condotte si deve realizzare in sei mesi oppure in tre mesi
nellipotesi di azioni particolarmente intense con una frequenza almeno settimanale.
Del mobbing in ogni caso responsabile il datore di lavoro: direttamente, nel caso di mobbing verticale;
per il risarcimento del danno derivante da atti discriminatori aventi una connessione con le dette
molestie;
per l'eventuale danno biologico derivante dalle stesse, quando le molestie sessuali abbiano avuto
ripercussioni sull'integrit della persona.
Anche le molestie sessuali possono essere del tipo verticale (se poste in essere dai superiori) e
orizzontale (se poste in essere dai colleghi di lavoro), ed anche per esse sussiste in ogni caso la
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responsabilit del datore di lavoro, diretta, nel primo caso, ed indiretta, per omessa vigilanza, nell'altro
caso.
Ovviamente, onde individuare il tipo di vigilanza cui il datore di lavoro tenuto, si deve tenere conto che
egli non ha il diritto di ingerirsi paternalisticamente nella sfera delle relazioni private dei dipendenti (che
possono aver luogo anche sul luogo di lavoro).
Ci che il datore deve fare intervenire con decisione nei casi in cui si profilino situazioni moleste, e se
possibile operare per sensibilizzare i dipendenti (ad es. con un codice di condotta) a comportamenti
corretti.
Un tentativo interessante e altres quello di istituire figure di "consigliere di fiducia", cui le persone
vittime di molestie possono rivolgersi, anche con rispetto della riservatezza, per avere consigli e aiuti su
come affrontare al meglio la sgradevole situazione.
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CAPITOLO VIII
LUOGO E DURATA DELLA PRESTAZIONE
1. Il luogo della Prestazione e il Trasferimento
Lassunzione del lavoratore presuppone la sua collocazione in una determinata sede di lavoro.
Il luogo di esecuzione della prestazione di lavoro viene in genere individuato dalle parti al momento della
stipulazione del contratto.
Si riconosce al datore di lavoro, in virt del suo potere direttivo, la facolt unilaterale di trasferire il lavoratore
da ununit produttiva ad unaltra del proprio complesso aziendale (salva la stipula di eventuali clausole o
patti di inamovibilit); per unit produttiva si intende unarticolazione autonoma e tecnicamente
indipendente dellazienda, con struttura organizzativa idonea a concludere una frazione dellattivit
produttiva aziendale.
Tale facolt, per, incontra dei precisi limiti:
a) Innanzitutto per essere legittimo, deve fondarsi su ragioni oggettive, s da svelare qualsiasi possibile
intento discriminatorio o comunque motivi arbitrari e prevenire effetti gravemente pregiudizievoli
sullorganizzazione di vita personale del lavoratore: ai sensi dell art. 2103 c.c., infatti, il lavoratore non
pu essere trasferito da ununit produttiva ad unaltra se non per comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive.
Ne deriva che il datore ad avere lonere di motivare obiettivamente la decisione del trasferimento.
La contrattazione collettiva sovente intervenuta a integrare la disposizione legale, imponendo la
considerazione di una serie di particolari situazioni, che renderebbero lo spostamento del lavoratore
oltremodo gravoso, e addirittura, in taluni casi, richiedendo un esplicito consenso da parte del lavoratore.
Ad ogni modo, le ragioni del trasferimento non sono sindacabili nel merito: in sede di eventuale
valutazione giudiziale il giudice deve limitarsi ad accertare che sussistano le ragioni oggettive addotte
dallimpresa.
b) Vi sono anche dei limiti soggettivi, ad esempio: nel caso di dirigenti sindacali aziendali il trasferimento
pu essere disposto solo a seguito di nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza, per tutto il
periodo di durata della carica e sino alla fine dellanno successivo alla sua cessazione; non possono essere
trasferite le persone con gravi handicap, i lavoratori che assistono un congiunto portatore di handicap e
le lavoratrici madri fino al compimento di un anno di et del bambino.
c) In ragione del principio per cui le sanzioni disciplinari non possono comportare mutamenti definitivi del
rapporto di lavoro non ammesso il trasferimento con finalit disciplinare (sebbene sia invece
pienamente riconosciuto quello per incompatibilit ambientale, nei casi in cui sussista una giustificazione
oggettiva legata alle esigenze dellimpresa, che suggerisca di spostare il lavoratore senza comunque
addossargli alcun addebito soggettivo).
DISCIPLINA. Nonostante il legislatore non abbia previsto espressamente le modalit di comunicazione della
decisione di trasferimento, in giurisprudenza si ritiene, in applicazione delle regole di correttezza e buona
fede che non solo vadano comunicati per iscritto i motivi, su richiesta del lavoratore, ma che addirittura il
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il distacco, caratterizzato dalla messa a disposizione nei confronti di un altro soggetto del lavoratore
da parte del datore di lavoro.
2. Lorario di lavoro
La disciplina dellorario di lavoro, dei riposi e delle ferie individua i limiti quantitativi della prestazione
lavorativa (non del rapporto).
La previsione di limiti allestensione temporale di questultima (giornata, settimana, anno) e di riposi
dettata dallesigenza di tutelare lintegrit fisica e psichica del lavoratore (artt. 32, co. 1, e 36, co. 2, Cost) e la
sua partecipazione alla vita familiare e/o sociale (artt. 2, 30, 36 co. 3 Cost).
Dalla Costituzione derivato il principio secondo il quale la durata massima della giornata lavorativa
stabilita dalla legge (art. 36 co. 2).
Attualmente tale disciplina si rinviene nel d. lgs. 66/2003, il quale la fissa in maniera inderogabile in pejus per
i lavoratori (le parti, cio, possono ridurre ma non aumentare l orario determinato dalla legge o,
eventualmente, dai CCNL).
Tale decreto si applica a tutti i settori di attivit pubblici e privati (sono esclusi solo: la gente di mare, il
personale di volo e il personale della scuola; e limiti peculiari di orario sono previsti per i minori).
Il decreto non solo rinvia al contratto collettivo limitatamente a quelli stipulati da organizzazioni sindacali
dei lavoratori comparativamente pi rappresentative come fonte di disciplina dellorario di lavoro, ma gli
attribuisce anche una funzione (facoltativa) sia di flessibilizzazione dellorario di lavoro, sia di deroga in
peggio della disciplina legale.
Linosservanza delle norme in materia di orario e riposi punita con sanzioni amministrative di tipo
pecuniario, mentre la sanzione penale prevista per la violazione delle disposizioni di tutela del lavoro delle
lavoratrici madri e del lavoro notturno.
Per quanto riguarda, pi da vicino, la disciplina, possiamo dire che:
Lart. 1 co. 2 lett. a definisce come orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
disposizione del datore di lavoro e nellesercizio della sua attivit o delle sue funzioni.
Per determinare quale sia l orario di lavoro, si guarda al lavoro effettivo; non si considerano, cio: i
tempi di andata e ritorno a casa, il tempo che occorre per marcare il cartellino o per indossare gli abiti
da lavoro (anche se ci controverso), le pause di 10 minuti quando il lavoro non supera le 6 ore al
giorno.
51
Si considerano rientranti nell orario di lavoro, invece, le pause fisiologiche, le quali non possono
eccedere i 10 minuti (o i 20 in caso di lavoro pericoloso).
Lart. 3 d.lgs. 66 fissa lorario normale di lavoro settimanale (e, di conseguenza, stabilisce il limite
temporale oltre il quale le prestazioni diventano straordinarie) in 40 ore settimanali; i contratti
collettivi di lavoro possono comunque stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire lorario
normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore allanno (= i contratti
collettivi possono prevedere pertanto orari c.d. multiperiodali, calcolati cio rapportando lorario
normale alla durata media delle prestazioni lavorative che pu estendersi fino alla soglia dellanno).
Lart. 16 d.lgs. 66 elenca una lunga serie di deroghe alla durata dellorario normale settimanale.
Esse riguardano la natura dellattivit dellimpresa (esempio: lavori agricoli), particolari fasi produttive
(es. apprestamento delle materie prime) o specificit dellattivit del lavoratore (es. gli addetti a lavori
discontinui, di semplice attesa e custodia, come ad esempio fattorini e camerieri o custodi, guardiani e
portinai).
L art. 4 rinvia ai contratti collettivi la fissazione di un orario massimo settimanale, comprensivo delle
ore di lavoro straordinario.
Infatti essa ha fissato il limite massimo, comprensivo dello straordinario, in 48 ore.
Tuttavia, ha confermato il Criterio della Flessibilit nella determinazione dellorario di lavoro; in
particolare tale norma consente il superamento del limite massimo delle 48 ore, purch esso sia
rispettato in termini di media riferita ad un arco temporale di 4 mesi che la Contrattazione Collettiva
pu elevare a 6 o anche a 12 a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti allorganizzazione del
lavoro.
Dunque, unimpresa pu tranquillamente praticare, per alcune settimane, un orario di 60 ore, purch
rispetti la media di 48 su una base di 4 mesi.
La disposizione sulla durata normale come quella sulla durata massima non si applicano nei confronti di
talune categorie di lavoratori rispetto ai quali la durata dellorario non misurata o predeterminata
ovvero pu essere determinata dai lavoratori stessi, in relazione alle caratteristiche dellattivit
esercitata (si tratta, ad esempio, dei dirigenti).
Non fissato n l orario normale n quello massimo giornaliero; il d.lgs. 66/2003 introduce un limite
indiretto alla durata massima giornaliera della prestazione di lavoro, in quanto stabilisce il diritto del
lavoratore a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, individuando cos un limite massimo di 13 ore
giornaliere.
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LAVORO STRAORDINARIO
Per lavoro straordinario sintende quello che supera l orario normale fissato dalla legge o dai contratti
collettivi in 40 ore.
La disciplina delle modalit di esecuzione del lavoro straordinario rimessa ai contratti collettivi e, in questo
caso, il lavoro straordinario pu essere preteso dal datore di lavoratore senza neppure il consenso del
lavoratore.
Sono previsti per dei limiti sostanziali:
a) in ogni caso consentito entro il limite di durata massima dellorario settimanale;
b) non pu essere superato il limite di 250 ore annuali;
c) il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
A seguito della prestazione di lavoro straordinario, il lavoratore ha diritto ad una maggiorazione della
retribuzione (prevista dai contratti collettivi e computata a parte) e, in aggiunta o in sostituzione a tale
maggiorazione, ad un riposo compensativo; infatti alcuni contratti di lavoro hanno anzi istituito la cosiddetta
banca delle ore, ossia un sistema di accumulo programmato delle ore di lavoro straordinario da
compensare in termini di equivalente riposo.
La prova del lavoro straordinario ricade sul lavoratore.
LAVORO NOTTURNO
Per lavoro notturno si intende quello prestato durante un periodo di almeno 7 ore consecutive
comprendenti l intervallo tra la mezzanotte e le 5 del mattino.
Per lo svolgimento di lavoro notturno va accertata l idoneit fisica del lavoratore dalle strutture sanitarie o
dal medico competente con controlli periodici (almeno ogni 2 anni) a cura e a spese del datore (ci, dallaltro
lato della medaglia, consente di escludere qualsiasi responsabilit per il datore in caso di danno subito dal
lavoratore durante il lavoro notturno).
Nel caso in cui sopraggiungano condizioni accertate di salute non compatibili con lavoro notturno, il
lavoratore andrebbe adibito a mansioni diurne equivalente; nel caso queste non esistano o non siano
disponibili, si ricorrer a soluzioni alternative, che possono consistere anche (caso eccezionale) in mansioni
peggiorative.
Il lavoro notturno non pu superare le 8 ore in media nelle 24 ore.
Il lavoro notturno vietato ai minori e alle donne in gravidanza fino ad un anno dalla nascita del bambino.
Per quanto riguarda la sua retribuzione, questa rinviata ai contratti collettivi con determinazione di
maggiorazione e (in aggiunta o in alternativa) riduzione dell orario rispetto a quello normale (ai fini della
determinazione di queste voci, occorre considerare la pesantezza e la gravit del lavoro).
IL LAVORO A TURNI
Il d.lgs. 66 si limita a definire il lavoro a turni come qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro (anche a
squadre) in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo
un determinato ritmo, il quale comporti la necessit per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su
un periodo determinato di giorni e settimane.
Di solito la contrattazione collettiva si occupa dellintroduzione, della modifica e del regime del lavoro a
turni; ma la materia potrebbe essere oggetto anche solo di confronto con il sindacato.
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rimessa ai contratti collettivi una facolt ampia di deroga, a condizione che ai prestatori di lavoro siano
accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali
periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai
lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
Problema: di rango costituzionale la regola che il giorno di riposo settimanale deve coincidere con la
domenica? Zoppoli dice di no in quanto non si rinviene n nella Costituzione n nelle fonti internazionali
e comunitarie. L art. 9 del d. lgs. 66/2003, infatti, riprendendo lart. 2109 c.c., stabilisce semplicemente che
il riposo di regola coincide con la domenica (perch la maggioranza degli italiani di fede cattolica).
La regola soggetta a deroga perch in ogni caso il riposo settimanale di 24 ore consecutive pu essere
fissato in un giorno diverso dalla domenica e pu essere attuato mediante turni per il personale
interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare.
Per quanto riguarda il trattamento economico del lavoro domenicale, previsto che se il riposo cade in
un giorno diverso dalla domenica, il lavoratore ha diritto ad una maggiorazione e pu chiedere, ma deve
provarlo, un risarcimento del danno biologico (per usura psico-fisica) per pregiudizio alla vita relazionale
e familiare.
Compatibilmente con le esigenze dell azienda, il riposo settimanale dovrebbe ricadere, per i lavoratori
con altre fedi religiose, nel giorno della loro festivit (es: sabato per gli ebrei).
NB: ai lavoratori vengono anche riconosciute le festivit infrasettimanali (sia religiose sia civili). Nel caso in
cui il datore non le conceda, o si aggiungono alle ferie oppure viene corrisposta una doppia retribuzione
(= quella per la festivit, comunque dovuta + quella per lo svolgimento di lavoro extra).
LE FERIE
Per ferie si intende il riposo annuale diretto al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore ed a
consentirgli una vita familiare pi intensa.
Oltre che dalla Costituzione (art. 36), nel nostro ordinamento le ferie annuali sono disciplinate dallart. 2109
co. 2-4 c.c. e dallart. 10 d.lgs. 66/2003, emanato per attuare la direttiva europea (ora direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 4 novembre 2003 n. 2003/88/CE).
Il diritto alle ferie prescinde dallo svolgimento della prestazione lavorativa per un periodo determinato.
La durata delle ferie stabilita dai contratti collettivi sulla base di una serie di fattori (tra cui: categoria
professionale e anzianit di servizio) e , in ogni caso, non pu essere inferiore a 4 settimane consecutive; tale
periodo dev essere goduto per almeno due settimane consecutivamente mentre le restanti due potranno
essere godute nei 18 mesi successivi all anno di maturazione.
Il periodo in cui far ricadere le ferie deciso dal datore di lavoro, il quale ha l obbligo di avvertire
preventivamente il lavoratore.
La retribuzione dovuta per il periodo di ferie viene decisa dai contratti collettivi.
In caso di mancato godimento delle ferie imputabile al datore, sono previste sanzioni amministrative (da 130
a 780 euro) nonch la possibilit di agire ex art. 2043 c.c., chiedendo l esecuzione in forma specifica o, ove
possibile, un indennit sostitutiva.
La malattia sospende le ferie solo se sia tale da ostacolare la fruizione delle stesse (malattia di almeno 3
giorni)..
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CAPITOLO IX
LA SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO PER CAUSE INERENTI AL
LAVORATORE E AL DATORE DI LAVORO
1. Contratto di Lavoro e sospensioni della prestazione lavorativa (legali, concordate
e atipiche)
Il rapporto di lavoro sospeso in determinate situazioni e per predefiniti periodi.
Le fattispecie di sospensione sono variegate ma accomunate dalla sospensione totale o parziale della
prestazione lavorativa.
Si pu distinguere, tra:
A. Ipotesi (legali) di sospensione che riguardano (prevalentemente) la persona del lavoratore (es: per
malattia).
Le vigenti discipline che hanno accresciuto le sospensioni operanti nella sfera del lavoratore: oltre alle
tradizionali fattispecie previste, alle origini, dalla legge sullimpiego privato (art. 6 r.d.l. 1825/1924) e poi
generalizzate dagli artt. 2110 e 2111 c.c. (che regolano gli effetti sul rapporto di lavoro di malattia,
infortunio, gravidanza, puerperio e servizio militare) vanno considerati gli innumerevoli casi di libert dal
lavoro, considerati meritevoli di particolare protezione, in quanto nellesercizio di diritti sociali, politici e
personali.
Evidente linflusso della nostra Costituzione sullassetto del rapporto di lavoro con la garanzia di un
ampio novero di diritti per il lavoratore al fine di consentirgli il pieno sviluppo della personalit e
leffettiva partecipazione allorganizzazione politica, economica e sociale del Paese (co. 2 art. 3 Cost.): si
possono richiamare gli artt. 2, 29-31, 34, 35, 39, 40, 51 Cost. (che garantiscono i diritti delluomo; i diritti a
tutela della famiglia, del matrimonio, dellistruzione, della formazione professionale; i diritti di libert e
attivit sindacale e di autotutela; i diritti politici) ma anche le disposizioni costituzionali che, pur
riferendosi agli eventi gi considerati dal codice civile, trasformano il lavoratore da oggetto di tutela, in
quanto contraente debole, a soggetto di diritti personali: artt. 33, 37, 38, 52 (salute, maternit,
infortunio, malattia e invalidit, servizio militare).
Per quanto riguarda la disciplina di tali ipotesi: Non c dubbio che la caratteristica dellistituto, presente
in tutte le ipotesi di sospensione, sia quella della conservazione del posto di lavoro (assistito dal divieto
esplicito o implicito di licenziamento per il fatto causativo della sospensione) per la durata (considerata
tollerabile, dalla legge o dal contratto, dallorganizzazione produttiva) della causa sospensiva.
Problematici sono per alcuni aspetti, in particolare quello relativo alla retribuzione e quello relativo al
computo del tempo ai fini dell anzianit di servizio:
Con riguardo alla conservazione del diritto alla retribuzione, si pone il problema di giustificare, a
livello di sistema, la permanenza di tale vincolo in assenza della prestazione lavorativa.
La dottrina ha sostenuto che, fermo restando il vincolo di corrispettivit che lega reciprocamente le
obbligazioni delle parti del rapporto di lavoro, vi sono ipotesi regolate (eventualmente anche dal
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contratto collettivo e individuale: es. sospensioni concordate) che costituiscono eccezioni rispetto
alla vigenza del principio generale.
Per quanto concerne lanzianit di servizio, ove non espressamente conservata, la soluzione pi equa
anche se non vi unanimit di vedute in dottrina e giurisprudenza sembra essere quella secondo
la quale, durante la sospensione, il lavoratore maturi lanzianit di servizio connessa alla mera
conservazione del rapporto di lavoro (non anche allacquisizione dei diritti).
B. Ipotesi (legali) di sospensione che riguardano lattivit del datore di lavoro.
Pu essere il datore di lavoro ad avere temporanea difficolt ad utilizzare la prestazione lavorativa.
In tale ipotesi la regola applicabile quella secondo la quale dovuta allimpiegato lintera retribuzione e,
in ogni caso, la fattispecie disciplinata dallistituto della mora credendi (art. 1207 c.c.) alla quale sono
riconducibili tutte le ipotesi di sospensione del lavoro dipendenti dal datore di lavoro.
Per taluni per la mora credendi comporta per il datore di lavoro lobbligo di corrispondere la
retribuzione; per altri, oltre la retribuzione, il datore sarebbe tenuto a corrispondere anche il risarcimento
del danno (art. 1207 co. 2).
A determinate condizioni, tuttavia, il nostro ordinamento, anche nellipotesi di mera difficolt, prevede la
possibilit di sospendere il rapporto e le sue obbligazioni, in tutto o in parte, con la sostituzione per il
tempo non lavorato di una prestazione previdenziale alla retribuzione (integrazione salariale).
Al di fuori delle ipotesi legali tipiche (salvo laccordo tra le parti del rapporto a livello sia collettivo sia
individuale), non esiste comunque un potere unilaterale di sospensione del rapporto di lavoro che non
trovi giustificazione e autorizzazione in disposizioni legali o contrattuali: la natura eccezionale di tale
potere impone infatti che il suo esercizio avvenga solo nelle ipotesi tassativamente previste.
C. Ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro che derivano dallaccordo individuale o collettivo tra
le parti.
Normalmente il legislatore attribuisce agli accordi, individuali o collettivi di prevedere ipotesi di
sospensione e di disciplinare le conseguenze relative ai diritti e agli obblighi del rapporto sospeso.
Qualche impedimento a tale facolt individuato nel settore delledilizia a causa della normativa che, in
funzione antifraudolenta, impone la contribuzione previdenziale sullorario settimanale normale previsto
dai contratti collettivi.
D. Ipotesi atipiche di sospensione della prestazione lavorativa.
Esistono infine cause atipiche di sospensione tra le quali si annovera lo stato di detenzione del lavoratore
per fatti estranei al rapporto di lavoro.
La fattispecie ha generato un approfondito dibattito sulla disciplina applicabile.
La giurisprudenza consolidata ritiene che la fattispecie non integri linadempimento degli obblighi
contrattuali, ma gli estremi della sopravvenuta temporanea impossibilit della prestazione lavorativa (art.
1464 c.c.).
Ne deriva che in tal caso il licenziamento del lavoratore si giustifica per un motivo oggettivo, non
persistendo linteresse del datore a ricevere ulteriori prestazioni del dipendente detenuto.
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Il quadro normativo va per approfondito con riguardo ad altri aspetti degli eventi in questione:
Per quanto riguarda la malattia in generale, bisogna precisare che:
causa di sospensione del rapporto di lavoro soltanto la malattia che determini lincapacit allo
specifico lavoro svolto dal lavoratore, e non qualsiasi alterazione della sua salute [la giurisprudenza,
anche costituzionale, ha per ritenuto equiparabili alla malattia anche le cure termali in caso di
assoluta in dilazionabilit delle stesse (Corte cost. 297/1990; Cass. 18283/2003) e una legge del 90 ha
stabilito che la tossicodipendenza d diritto al lavoratore ad un periodo di aspettativa della durata
massima di tre anni, senza retribuzione, n decorrenza di anzianit per seguire programmi
terapeutici e riabilitativi];
il comporto di malattia, fissato dai contratti collettivi stato dalla Cassazione (SU 2702/1980) distinto
in comporto secco (o continuativo) e comporto cd. per sommatoria di pi malattie in un certo arco
di tempo: in virt di tale distinzione la giurisprudenza ha ritenuto applicabile alla pluralit continua
di malattie lart. 2110 c.c. (respingendo lorientamento secondo cui tale fenomeno costituiva
giustificato motivo oggettivo di licenziamento);
lonere della prova delle assenze, che integrano il periodo di comporto, grava sul datore di lavoro e
la malattia o linfortunio dovuto a colpa del datore di lavoro non fanno decorrere il periodo di
comporto (gravando sul lavoratore lonere di provarlo), fermo restando la sola possibilit del
licenziamento per inidoneit sopravvenuta (ove ne ricorrano gli estremi).
Per quanto riguarda l infortunio e la malattia professionale bisogna precisare che:
la conservazione del posto perdura fino alla guarigione clinica certificata dallistituto competente
(INAIL);
relativamente al trattamento economico, nel nostro sistema vige ancora la distinzione tra impiegati e
operai: i primi hanno diritto al mantenimento della retribuzione a carico del datore di lavoro (di
norma, integrale per un certo periodo di tempo e parziale per un periodo successivo); per gli operai
prevista unindennit previdenziale, posta a carico dellINPS, pari al 60% della retribuzione normale,
che decorre a partire dal 4 giorno dopo linizio della sospensione (c.d. carenza) e persiste per un
periodo variabile in base allanzianit del lavoratore (la contrattazione collettiva ha prevalentemente
unificato quantit e durata del trattamento, obbligando il datore di lavoro ad integrare in tutto o in
parte quanto corrisposto dallente previdenziale agli operai);
lINAIL tutela il lavoratore per il periodo di inabilit temporanea assoluta al lavoro: se linfortunio
impedisce al lavoratore di riprendere lattivit lavorativa per pi di tre giorni, lINAIL indennizza il
lavoratore per tutto il periodo di inabilit temporanea assoluta fino a completa guarigione e a
partire dal quarto giorno successivo alla data dellinfortunio; il datore di lavoro obbligato per a
corrispondere al lavoratore infortunato lintera retribuzione nel giorno in cui si verificato
linfortunio e il 60% della retribuzione, fatte salve migliori condizioni previste dai contratti collettivi o
individuali di lavoro, per i successivi 3 giorni (la maggior parte dei contratti collettivi prevede anche
lintegrazione del trattamento INAIL da parte del datore di lavoro, permettendo la copertura
dellindennit giornaliera al 100% della retribuzione).
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di maternit post-parto), in particolare per i tre mesi dopo il parto e per gli ulteriori giorni non goduti
prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.
La lavoratrice madre gode dunque di un congedo di maternit per complessivi cinque mesi.
Linosservanza di tali disposizioni punita penalmente (art. 18).
Durante il congedo di maternit le lavoratrici hanno diritto ad unindennit giornaliera, a carico dellINPS,
pari all80% della retribuzione normale. Il periodo di congedo va computato nellanzianit di servizio a tutti
gli effetti (incluse la tredicesima mensilit o la gratifica natalizia e le ferie).
Il licenziamento intimato alla lavoratrice, nel periodo che va dallinizio della gravidanza fino al compimento
di un anno (oggi, a seguito della l. 92/2012, esteso a 3 anni) di et o di accoglienza o affidamento del
bambino, nullo.
fatta salva la cessazione del rapporto per licenziamento, per colpa grave della lavoratrice, cessazione
dellattivit aziendale, scadenza del termine, esito negativo della prova.
Sono valutate negativamente le dimissioni che avvengono a ridosso di una gravidanza, come possibile
strumento che nasconde un licenziamento.
Il congedo di maternit stato esteso a:
lavoratrici che abbiano adottato un minore (in caso di adozione nazionale, il congedo fruito durante i
primi cinque mesi successivi alleffettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice; in caso di
adozione internazionale, pu essere fruito anche prima dellingresso del minore in Italia);
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lavoratrici che abbiano ricevuto in affidamento un minore (il congedo pu essere fruito entro cinque
mesi dallaffidamento per un periodo massimo di tre mesi);
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Questi periodi di riposo sono interamente indennizzati dallINPS ed previsto il computo nellanzianit di
servizio, esclusi gli effetti relativi a ferie e tredicesima mensilit o gratifica natalizia.
La disciplina dei riposi e permessi si applica anche in caso di adozione e affidamento.
Congedi per malattia del figlio: entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal
lavoro durante le malattie di ciascun figlio di et non superiore a tre anni e nel limite di 5 giorni allanno
per le malattie di ogni figlio di et compresa fra i tre e gli otto anni di et. Il congedo spetta anche nel
caso di adozione e affidamento (art. 50).
Le assenze dal lavoro non sono retribuite, anche se i periodi sono computati nellanzianit di servizio,
esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilit o gratifica natalizia.
Il Congedo Matrimoniale fu introdotto con r.d.l. 1334/1937, a beneficio degli impiegati privati e fu poi
esteso nel 1941 con accordo interconfederale anche agli operai.
Di recente il r.d.l. 1334/1937 stato abrogato dal d.lgs. 212/2010 nonostante si tratti di un congedo che
in stretta connessione con lart. 31 co. 1 Cost. secondo cui la Repubblica agevola la formazione della
famiglia con misure economiche e altre provvidenze.
Esiste comunque una disciplina previdenziale del congedo con la previsione di un assegno per congedo
matrimoniale della durata di 8 giorni, da fruire entro i 30 giorni successivi alla data dellevento.
Lassegno non spetta a impiegati e dirigenti nonch ai dipendenti di taluni settori (es. commercio, credito,
assicurazioni) e il diritto condizionato a quando si contrae matrimonio civile o concordatario.
Il periodo non computato n nel periodo di ferie annuali, n nel periodo di preavviso.
Per eventi e cause particolari connessi a esigenze familiari sono previsti permessi e congedi: ad esempio
permesso retribuito di tre giorni allanno in caso di decesso o di documentata grave infermit del coniuge
o di un parente entro il secondo grado o del convivente. Il congedo non retribuito e non computato
nellanzianit di servizio anche a fini previdenziali.
I lavoratori pubblici e privati hanno diritto, in quanto studenti anche universitari, a permessi giornalieri
per studio retribuiti, per sostenere le prove di esame, garantiti dallart. 10 co. 2 st.lav.
La legge riconosce al disabile il diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro nel caso di
aggravamento delle proprie condizioni di salute o di significative variazioni dellorganizzazione del
lavoro, incompatibili con la prosecuzione dellattivit lavorativa (art. 10 co. 3 l. 68/1999).
La sospensione perdura fino a quando lincompatibilit persista.
Durante la sospensione il lavoratore pu essere impiegato in tirocinio formativo; il rapporto di lavoro si
risolve nel caso in cui le competenti commissioni accertino la definitiva impossibilit di reinserire il
lavoratore disabile nellazienda.
I lavoratori donatori di sangue hanno diritto di astenersi dal lavoro per lintera giornata in cui effettuano
la donazione, conservando la normale retribuzione. I lavoratori donatori di midollo osseo hanno diritto a
permessi retribuiti.
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Una distinzione fondamentale nellambito della CIG riguarda le cause integrabili, ossia gli eventi che
consentono di accedere alle prestazioni della cassa integrazione guadagni e che aprono la strada a due tipi
di intervento della stessa: ordinario e straordinario.
In particolare la legge prevede che:
lintervento ordinario (CIGO) possa richiedersi in situazioni aziendali, dovute ad eventi transitori e non
imputabili allimprenditore o agli operai, ovvero in situazioni temporanee di mercato.
lintervento straordinario (CIGS) , invece si pu richiedere per ristrutturazione, riorganizzazione e
conversione industriale, in caso di crisi aziendale di particolare rilevanza sociale, nonch per procedure
concorsuali nelle quali per emerga lesistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dellattivit o
di salvaguardia anche parziale dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi
definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (tale disposizione non vivr a lungo
in quanto il d.l. 83/2012 ne prevede labrogazione a partire dal 1 gennaio 2017).
CIGO e CIGS hanno due diverse finalit di intervento:
la CIGO riguarda difficolt temporanee e congiunturali dellimpresa, dovute a cali della domanda ovvero
a casi di impossibilit sopravvenuta non imputabile n allimprenditore n ai lavoratori (esempio:
calamit naturali);
la CIGS invece intende fronteggiare eventi di pi lunga durata, non contingenti ma strutturali,
caratterizzati da riassorbimento di personale di medio-lungo periodo.
In ogni caso, presupposto dellintegrazione salariale, a partire almeno dalla configurazione della l. 223 la
temporaneit della causa integrabile, in quanto la difficolt o la crisi di impresa devono essere reversibili (ma
rimane in contrasto a tale requisito, la legislazione assistenzialista successiva al 1991); spesso infatti la CIG si
trasforma in un intervento di tipo assistenziale in quanto la situazione di crisi destinata a concludersi con il
licenziamento collettivo.
La CIGO e la CIGS hanno applicazioni non generalizzate e in parte diversificate; ne beneficiano infatti, solo
alcuni settori produttivi e alcune imprese e il trattamento riguarda solo talune categorie di lavoratori:
la CIGO si applica al settore industriale e edile e agricolo; e sono destinatari dei trattamenti operai,
impiegati, quadri con esclusione degli apprendisti (la l. 223/1991 ne ha ampliato lambito fino a farlo
quasi coincidere con quello dellintervento straordinario);
la CIGS si applica nelle imprese industriali, delledilizia e del settore lapideo con pi di 15 addetti,
calcolati come media nel semestre precedente; inoltre, la l. 92/2012 ha esteso in modo permanente la
CIGS a settori destinatari di misure transitorie, prorogate di anno in anno (imprese esercenti attivit
commerciali con pi di 50 addetti; agenzie di viaggio e turismo e operatori turistici con pi di 50
addetti; imprese di vigilanza con pi di 15 addetti; imprese del trasporto aereo e del settore
aeroportuale indipendentemente dal numero degli addetti).
La procedura per lattivazione della CIG prevede innanzitutto una fase di consultazione sindacale, chiusa la
quale, anche senza accordo, inizia quella amministrativa vera a propria con la presentazione della domanda
(che, nellintervento ordinario, devessere presentata alla sede provinciale dellINPS e, nel caso dellintervento
straordinario, va inoltrata al Ministero del lavoro, previo parere motivato della Regione).
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CAPITOLO X
LESTINZIONE DEL RAPPORTO TRA
DISCIPLINA DEL CONTRATTO E POTERI DATORIALI
1. Le modalit di estinzione dei rapporti di lavoro: morte dei contraenti, risoluzione
consensuale, licenziamento, dimissioni
Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato pu normalmente estinguersi al verificarsi di 4 vicende:
a) La prima vicenda, la morte di uno dei due contraenti:
Nel caso del lavoratore, trattandosi di prestazione personale infungibile, la morte determina
automaticamente lestinzione del contratto, seppure con la maturazione del diritto allindennit di
preavviso (art. 2118 co. 2 c.c.).
b) La seconda vicenda estintiva la risoluzione consensuale, detta anche mutuo consenso (art. 1372 c.c.),
pienamente legittima se frutto di una genuina volont di entrambe le parti.
Per la difficolt di verificare tale genuinit ha condotto di recente ad assimilare disciplina della
risoluzione consensuale e disciplina delle dimissioni.
Le altre due ipotesi (licenziamento e dimissioni) sono entrambe riconducibili al recesso, atto unilaterale
recettizio, che assume una diversa denominazione a seconda che a porlo in essere sia il datore di lavoro o il
lavoratore:
c) Qualora ad esercitare il recesso sia il datore siamo in presenza di un licenziamento,
d) Qualora ad esercitare il recesso il lavoratore siamo in presenza delle dimissioni.
Nel codice civile del 1942 vi era, come tra poco si vedr meglio, una disciplina unitaria del recesso dal
contratto di lavoro (artt. 2118-2119), dalla quale scaturivano vincoli assai blandi a carico del recedente.
La successiva evoluzione legislativa ha poi completamente modificato tale assetto normativo, divaricando
enormemente la disciplina del licenziamento da quella delle dimissioni e rendendo i rimedi sinallagmatici o
del tutto residuali o inappropriati a garantire una tutela altrettanto equilibrata dei diversi interessi delle due
parti del contratto di lavoro (e segnatamente del lavoratore).
Perci i due istituti del licenziamento e delle dimissioni devono essere trattati molto pi approfonditamente
rispetto agli altri.
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2. Il Licenziamento Individuale
Il licenziamento del lavoratore consiste, in pratica, nella risoluzione del rapporto contrattuale.
Ci nonostante il relativo istituto ha una disciplina specifica e non ricade in quello generale di risoluzione dei
rapporti contrattuali, in quanto il rapporto di lavoro caratterizzato da una serie di diritti del lavoratore in
relazione ai quali lo stesso gode di una particolare tutela che non pu essere annullata, con un colpo solo,
attraverso il licenziamento.
EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA
Il codice civile del 1942 non disciplinava i licenziamenti in quanto tali ma il recesso del datore di
lavoro e del lavoratore.
Lart. 2118 c.c. attribuisce ex lege ad entrambe le parti la facolt di recedere unilateralmente e liberamente
dal contratto senza dover dare alcuna giustificazione (ad nutum).
La novit rispetto ai codici liberali ottocenteschi sta soltanto nellobbligo di dare un preavviso nel termine e
nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equit, obbligo peraltro surrogabile dal
pagamento di unindennit equivalente allimporto della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di
preavviso (art. 2118 co. 2).
I termini di preavviso trovarono una definizione nella regola cosiddetta degli "8 giorni", ossia di una
settimana, che dovevano servire al lavoratore per trovare un'altra occupazione e, dall'altro lato, al datore di
lavoro per provvedere alla sostituzione del lavoratore dimissionario.
Tali termini sono stati dilatati dalla contrattazione collettiva che, peraltro, prevede una maggior durata del
preavviso a carico del datore di lavoro.
Non difficile vedere come lart. 2118 consenta un vero e proprio licenziamento arbitrario, cio un
licenziamento di cui unico arbitro limprenditore, al quale il legislatore impone solo di dare un preavviso
(o, in alternativa, una piccola somma di denaro), preavviso che invero non nemmeno indispensabile in
presenza di una giusta causa (ossia di una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del
rapporto) la quale, infatti, in base allart. 2119 c.c., consente al datore di lavoro di licenziare il lavoratore
senza preavviso, nei contratti a tempo indeterminato, o ante tempus, nei contratti a termine.
Il sistema codicistico, quindi, era di grande favore per il datore di lavoro.
Linteresse alla conservazione del
posto di lavoro in questo sistema non aveva ancora assunto alcuna rilevanza giuridica.
Questo sistema ha dovuto fare i conti con lintroduzione della Costituzione, e, in particolare degli artt.
1, 4, 35 e, soprattutto, 39 e 40.
Gi qualche anno prima per i licenziamenti, in quanto tali, avevano fatto capolino per richiamare
lattenzione del legislatore extracodicistico e della contrattazione collettiva dellItalia appena liberatasi dal
fascismo: la crisi occupazionale del dopoguerra, infatti, dimostrava la necessit di mantenere ad ogni costo i
posti di lavoro esistenti.
Per fronteggiare tale situazione la contrattazione collettiva predispose una prima disciplina un po pi
specifica e ricca di quella codicistica, dando vita alla distinzione tra licenziamenti individuali e licenziamenti
per riduzione di personale o collettivi: i primi da giustificare o indennizzare se privi di giustificazione; i
secondi da sottoporre a procedure negoziate con i sindacati.
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In un diritto del lavoro e sindacale che si andava sistemando e completando emergevano cos, oltre al
licenziamento ad nutum (art. 2118 c.c.) e al licenziamento in tronco (art. 2119 c.c.), anche i licenziamenti
individuali per giustificato motivo e i licenziamenti collettivi.
C da aggiungere che nella contrattazione collettiva, anche quella corporativa, cera da tempo traccia del
licenziamento per motivi disciplinari, la pi pesante delle sanzioni comminabili ad un lavoratore che si
rendesse colpevole di infrazioni alle direttive impartite in azienda.
Per tutti questi licenziamenti per non esistevano sanzioni temibili: al massimo il datore di lavoro che
occupava pi di 80 dipendenti poteva essere costretto a pagare unindennit, denominata penale, compresa
tra 5 e 8 mensilit (riducibile alla met per le aziende con un numero di dipendenti compreso tra 36 e 80) o
un risarcimento di danni difficilmente quantificabili, data levanescenza dellinteresse protetto.
La disciplina in materia stata rivoluzionata dalla L. 604/1966, la quale ha segnato un netto distacco
dalla disciplina codicistica; infatti i principi che reggono la nuova normativa sono assai pi limitativi del
potere imprenditoriale di licenziare, dal momento che si prevede che:
A. latto estintivo deve essere scritto a pena di nullit e deve basarsi su un giustificato motivo (art. 1 e 3)
soggettivo (che riguarda cio un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di
lavoro) od oggettivo (che si concretizza cio in ragioni inerenti allattivit produttiva, allorganizzazione
del lavoro e al regolare funzionamento di essa, alla sopravvenuta inidoneit fisica) che, se non gi
comunicato insieme al licenziamento, va comunicato entro un breve termine su richiesta del lavoratore.
Dunque, in sostanza la L. 604/1966 distingue 2 tipi di licenziamento:
1. Licenziamento per Ragioni Soggettive: quello che fa riferimento alla condotta del lavoratore.
Esso detto anche Licenziamento Disciplinare, visto che per irrogarlo occorre rispettare la
procedura per le sanzioni disciplinari prevista all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori, per cui occorre
prima contestare l'addebito, garantire al lavoratore il diritto di difendersi entro cinque giorni, e poi
arrivare, se il caso, all'irrogazione del licenziamento.
Ne distinguiamo 2 tipi in relazione alla gravit della condotta:
Licenziamenti per Giustificato Motivo Soggettivo: trovano il loro fondamento e cio il loro
giustificato motivo, nellinadempimento contrattuale da parte del lavoratore.
Linadempimento che da luogo al licenziamento deve essere "notevole", ossia di gravit tale da
determinare tale forma di risoluzione del rapporto di lavoro.
Se la violazione non notevole, evidentemente, si tratter pur sempre di un inadempimento, ma
il lavoratore che l'ha commessa sar al massimo passibile di una sanzione disciplinare minore (es.
la sospensione).
La gravit del comportamento e la relativa sanzione definita dalla contrattazione collettiva,
atteso che a tale fonte normativa demandata la definizione del codice disciplinare.
Licenziamenti per Giusta Causa: la Giusta Causa costituisce unaggravante del Giustificato
Motivo Soggettivo; infatti in questo caso linadempimento deve essere notevolissimo visto che
comprende comportamenti di assoluta, totale e irrecuperabile gravit, tali da comportare
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motivo
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il giudice potr e dovr verificare, infine, che il datore di lavoro abbia provato l'impossibilit di
utilizzare il lavoratore in un'altra mansione (repechage): ci significa che il licenziamento
deve rappresentare l'extrema ratio.
C da dire che mentre per il licenziamento intimato per giustificato motivo (oggettivo o soggettivo)
previsto un obbligo di preavviso (la cui quantificazione, in termini temporali, solitamente demandata
alla contrattazione collettiva) cos non in caso di recesso (datoriale) per giusta causa, in relazione al
quale si parla anche di licenziamento in tronco.
Tale differenza di disciplina, secondo lorientamento maggioritario, dipende dal fatto che la giusta causa,
a differenza del giustificato motivo comporta di fatto la lesione del vincolo fiduciario posto alla base del
rapporto di lavoro
B. Lonere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al
datore di lavoro (art. 5), sgravando cos in modo sensibile il lavoratore da un onere processuale,
normalmente a lui addossato in virt dellart. 2697 c.c., che potrebbe essere assai difficile assolvere data la
asimmetria di informazioni tra le due parti sullorganizzazione dellimpresa.
C. inoltre, la l. 604/1966 ha previsto la nullit, indipendentemente dalla motivazione addotta, del
licenziamento discriminatorio che quellatto di risoluzione del rapporto di lavoro, dovuto alla attivit
e alle idee del dipendente espresse dentro o al di fuori dell'ambiente di lavoro; e dunque determinato da
ragioni di credo politico o fede religiosa, dallappartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad
attivit sindacali (licenziamenti per motivo illecito).
disposto che tale licenziamento sia provato interamente dal lavoratore, ma con la L. 125/1991 fu
prevista per la prima volta la prova statistica, in base alla quale se il ricorrente fornisce elementi di fatto,
desunti anche da dati di carattere statistico idonei a fondare, in termini precisi e concorrenti, la
presunzione dellesistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al
convenuto (e dunque al datore di lavoro) lonere della prova sullinsussistenza della discriminazione.
Dunque, la L. 604/1966 si pu fin qui considerare una legge di adeguamento costituzionale.
Non era infatti pi accettabile che il contratto di lavoro subordinato fosse considerato liberamente
disponibile dallimprenditore dinanzi ad una Costituzione che contiene norme a specifica tutela del lavoro
e che tutela s liniziativa economica privata, semprech, per, essa non contrasti con lutilit sociale o rechi
danno alla sicurezza, alla libert, alla dignit umana (art. 41 Cost.).
Solo quattro anni dopo la l. 604, fa la sua comparsa lo Statuto dei lavoratori, il quale prevede sin
dallinizio una tutela rafforzata dei lavoratori contro il licenziamento illegittimo (un primitivo art. 18), che
consiste nella c.d. tutela reale.
Dunque, contro i licenziamenti illegittimi (cio non sorretti da un giustificato motivo) sono azionabili 2 tipi ti
tutele:
a) Tutela obbligatoria: tale regime sanzionatorio disciplinato dallart.8 della L. 604/1966 (modificato dalla
L.108/1990).
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Si applica alle Imprese da 1 a max 15 dipendenti, nonch alle cosiddette Organizzazioni di Tendenza,
quali quelle politiche, nell'ambito delle quali un atteggiamento del lavoratore contrario alla tendenza
dell'organizzazione di per s sintomatico di una situazione di incompatibilit che non consente la
prosecuzione del rapporto di lavoro e deve perci escludere l'ipotesi di reintegra del lavoratore.
Restano fuori solo domestici, dirigenti e lavoratori ultrasessantenni con i requisiti pensionistici; infatti
per queste categorie trova ancora applicazione lart. 2118 c.c. (recesso ad nutum).
In questo caso prevista la sanzione alternativa riassunzione/pagamento di indennit; infatti, la
riassunzione in servizio pu essere sostituita, a scelta dell'imprenditore, dal pagamento di una penale
risarcitoria pari ad un numero di mensilit di stipendio da 2,5 fino a 6, a seconda dei casi, inoltre, nel caso
di riassunzione in servizio il lavoratore non ha diritto ad emolumenti arretrati e il rapporto di lavoro viene
costituito ex novo, senza alcun collegamento con quello a suo tempo interrotto col licenziamento.
Pertanto, in sostanza, il datore di lavoro, pagando un importo a titolo di penale risarcitoria, fa s che il
licenziamento, pur non giustificato, sia comunque produttivo di effetti.
Ottiene, cio, quello che era il suo vero scopo: risolvere il rapporto con il lavoratore.
Tanto pi che la scelta tra le due opzioni sanzionatorie spetta interamente al medesimo datore.
Si parla di tutela Obbligatoria, infatti, proprio perch si limita a determinare un "obbligo", alternativo,
per il datore di lavoro: nuova assunzione o risarcimento.
Il lavoratore non pu condizionare in alcun modo tale decisione.
Si tratta di un regime abbastanza debole, nel senso che le cifre che vengono in gioco sono abbastanza
modeste; d'altra parte si tratta di piccole imprese.
b) Tutela Reale: tale regime sanzionatorio disciplinato dallart. 18 dello Statuto (anchesso modificato
dalla L. 108/1990).
Si applica alle imprese che hanno pi di 15 dipendenti nell'ambito del territorio comunale o, comunque,
pi di 60 dipendenti a livello nazionale.
Prevede la reintegrazione, e cio il ripristino del rapporto di lavoro a suo tempo interrotto ed il
pagamento delle mensilit perdute nel frattempo e, in ogni caso, non meno di 5; il lavoratore, inoltre, pu
rinunciare alla reintegra nel posto di lavoro verso il pagamento di 15 mensilit; l'imprenditore che non
reintegri il lavoratore che intende ritornare in servizio tenuto comunque a corrispondergli lo stipendio.
Dunque, questa una tutela Reale in quanto comporta la riattribuzione, al lavoratore illegittimamente
licenziato, del proprio posto di lavoro (reintegrazione).
Inoltre una tutela pi forte rispetto a quella Obbligatoria, proprio perch comporta la reviviscenza del
rapporto di lavoro, attraverso lannullamento del licenziamento.
Cosicch il decennio, apertosi con lesigenza di nuove tutele, si chiude tra crescenti polemiche verso
una disciplina eccessivamente vincolistica.
Paradossalmente infatti, il decennio che si era aperto con un referendum volto ad estendere il campo di
applicazione dellart. 18 si chiude invece con un referendum di segno opposto, promosso dai radicali, volto
ad eliminare dallordinamento proprio lart. 18.
Tale referendum viene dichiarato ammissibile dalla Corte cost. (sent. 46/2000) la quale osserva che da
escludere che la disposizione che si intende sottoporre a consultazione, per quanto espressiva di esigenze
72
ricollegabili ai principi di cui agli artt. 4 e 35 Cost., concreti lunico possibile paradigma attuativo dei principi
medesimi.
Il referendum si svolger poi il 21 maggio del 2000, senza per raggiungimento il quorum.
Le sorti dellart. 18 st. lav. appaiono per ancora incerte: non essendoci infatti alcun ombrello costituzionale
a conservare questa norma essa sembra essere in balia della politica.
Non stupisce allora che unaggressiva maggioranza di centro-destra, capeggiata da Silvio Berlusconi (tornato
al Governo nel 2001), provi a mettere subito in cantiere una nuova riforma dellart. 18, che resta su un binario
morto, mentre prende piede il disegno di riforma volto ad incrementare la flessibilit in entrata, il quale,
sebbene non tocchi lart. 18 molto insidioso, perch in grado di agire nel profondo, convincendo che la
conservazione del posto di lavoro a vita non un interesse realisticamente tutelabile o che, comunque, deve
cedere dinanzi allinteresse ad ottenere un qualsiasi lavoro che sia accettabile fonte di un onesto reddito.
Nel 2003 (15 giugno) si svolge un nuovo referendum abrogativo riguardante lart. 18, questo
promosso da Rifondazione comunista con lobiettivo, non nuovo ma riverniciato, di generalizzarne il campo
di applicazione.
Si rivela un fiasco politico (il quorum si ferma al 25,5%, pur registrando circa l87 % di si), confermando per
una quota di aficionados, pronti a difendere ad ogni costo lart. 18.
una riprova che il sistema politico italiano neanche nel nuovo millennio, e senza distinzione tra destra e
sinistra, in grado di affrontare le contraddizioni dellart. 18 st.lav.
Per completare il quadro normativo, occorre avere anche ben presenti le modifiche apportate alla
disciplina dei licenziamenti dalla l. 183/2010, collegato lavoro, e dallart 8, d.l. 138/2011, che ha introdotto:
Per quanto riguarda il collegato lavoro, ci si pu qui limitare a due novit normative:
la prima riguarda pi la disciplina sostanziale che i profili sanzionatori e prevede un vincolo per il
giudice di tenere conto della contrattazione collettiva nel definire le nozioni di giusta causa e
giustificato motivo e di non interferire nelle managerial prerogatives (si tratta di un chiaro tentativo
di condizionare i poteri della magistratura ordinaria, che per, lascia il tempo che trova);
la seconda novit riguarda la clausola compromissoria prevista dallart. 31, co. 10-11: si consente
cio alle parti del contratto individuale di stabilire la devoluzione delle controversie che tra loro
dovessero insorgere ad arbitrati secondo equit.
A causa dellintervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano attraverso un
messaggio alle Camere, stata prevista un importante limitazione alladozione della clausola
compromissoria (vengono escluse le controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro),
al fine di escludere la disciplina del licenziamento dalla giurisdizione arbitrale di equit.
Lart. 8 d.l. 138/2011 (convertito in l. 148/2011) ha introdotto i Contratti di prossimit; si tratta di
contratti aziendali con i quali possibile derogare disposizioni di legge o regolamentazioni contenute
nei CCNL per determinate materie.
Nel co. 2 dellart. 8 ritroviamo lelenco delle materie che possono formare oggetto di tali intese; in
particolare troviamo le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il
licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il
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licenziamento della lavoratrice dallinizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di
interdizione dal lavoro, nonch fino a un anno di et del bambino, il licenziamento causato dalla
domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della
lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
abbastanza chiaro che il legislatore ha voluto introdurre la derogabilit (attraverso le intese aziendali o
territoriali) delle norme in tema di sanzioni per i licenziamenti illegittimi, escludendo soltanto alcuni
licenziamenti particolarmente lesivi della dignit della persona del lavoratore o della lavoratrice o dei
figli a qualsiasi titolo danneggiati dalla perdita del lavoro da parte dei genitori (si potrebbe parlare di
licenziamenti con rilevanza familiare).
Ci potrebbero cos essere accordi aziendali o territoriali che contengono una disciplina specifica e
limitata del licenziamento: si tratta quindi di una norma che mina alla radice la costruzione di un sistema
giuridico basato su alcune, seppur minime, coerenze interne.
In materia intervenuta da ultimo la Riforma Fornero (L. 92/2012) la quale ha attinto dal Modello
Tedesco lidea di affidare la scelta tra rimedi reintegratori e rimedi risarcitori al giudice, che pu tener conto
di molti elementi prima di scegliere tra luno e laltro; il giudice che ha il potere di qualificare
giuridicamente il licenziamento, determinandone la disciplina conseguente in tutti i suoi aspetti.
Il risultato complessivo della riforma quello di complicare ulteriormente il preesistente quadro normativo,
ampliando notevolmente il ruolo del giudice nellinterpretare ed applicare le nuove regole sui licenziamenti.
Il primo mutamento, rispetto alla disciplina previgente, riguardante la totalit dei datori di
lavoro indipendentemente dal loro requisito dimensionale, consiste nellobbligo, a pena di inefficacia,
di indicare da subito nella lettera di licenziamento i motivi che lo hanno determinato.
Ma la principale novit riguarda lart. 18 St. Lav (Tutela Reale); in particolare, il legislatore ne ha limitato il
campo di applicazione sulla base di fattispecie di licenziamento ben distinte:
in caso di licenziamento discriminatorio, licenziamento intimato oralmente o licenziamento
nullo (esempio: perch intimato in concomitanza di matrimonio o in violazione del divieto di
licenziamento della lavoratrice/lavoratore in maternit/paternit o per qualunque altro caso di nullit
previsto dalla legge) ovvero nullo perch determinato da un motivo illecito determinante ex articolo
1345 del codice civile: la tutela prevista per i lavoratore, indipendentemente dalla circostanza che lo
stesso sia occupato in unimpresa con pi o meno di 15 dipendenti, continua a essere quella
della reintegrazione nel posto di lavoro unita al risarcimento del danno corrispondente allimporto
delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella delleffettiva reintegrazione, in ogni
caso non inferiore a 5 mensilit (Tutela Reintegratoria Piena e Forte, che corrisponde alla Tutela Reale
ante riforma).
Resta ferma la facolt per il lavoratore di optare, in luogo della reintegrazione, per unindennit
risarcitoria pari a 15 mensilit di retribuzione.
N.B.: Le tutele previste nei casi di licenziamento discriminatorio ovvero intimato in concomitanza di
matrimonio
in
violazione
del
divieto
di
licenziamento
della
lavoratrice/lavoratore
in
maternit/paternit o per qualunque altro caso di nullit previsto dalla legge o determinato da un
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motivo illecito determinante ex articolo 1345 del codice civile si applicano qualunque sia il numero di
dipendenti occupati presso il datore di lavoro.
In caso di licenziamento disciplinare ossia intimato per giusta causa (fatti talmente gravi da non
consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto di lavoro e da esonerare, pertanto,
dallobbligo del preavviso) o per giustificato motivo soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi
contrattuali del lavoratore comportante, tuttavia, la necessit della comunicazione del preavviso), nel
rispetto della procedura di cui allart. 7 Stat. Lav. (preventiva contestazione al lavoratore delladdebito e
concessione di un termine, non inferiore a cinque giorni, per lesercizio della difesa);
le tutele previste per il lavoratore, scelte dal giudice con sentenza di condanna, sono alternativamente:
Tutela Reintegratoria Debole: prevede la reintegrazione nel posto di lavoro pi indennit di
risarcimento in misura massima corrispondente a 12 mensilit di retribuzione solo qualora il fatto
contestato sia giudicato insussistente o rientri tra quelle condotte punibili, da parte della
contrattazione collettiva o dei codici disciplinari applicabili, con sanzioni di natura conservativa
(non tali, pertanto, da integrare la sanzione massima del licenziamento) o ancora in caso di
licenziamento fondato su unasserita inidoneit psico - fisica del lavoratore o intimato in
violazione dellart. 2110 c.c. (periodo di comporto).
Tutela
Obbligatoria
altri
casi, consiste in
una
indennit
conciliazione presso la direzione territoriale del lavoro competente (procedura esplicabile mediante
comunicazione contestuale alla direzione del lavoro e al lavoratore, convocazione delle parti presso la
sede della direzione territoriale del lavoro entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta e conclusione
entro 20 giorni dalla convocazione; in caso di mancata conciliazione il datore di lavoro pu procedere
con il licenziamento che avr efficacia dal giorno della predetta comunicazione alla direzione del
lavoro); le tutele previste, scelte dal giudice con sentenza di condanna, sono:
Tutela Obbligatoria Rafforzata: prevede soltanto un indennizzo base che va da 12 a 24
mensilit;
Tutela Reintegratoria Debole: prevista solo in caso di manifesta insussistenza del fatto posto
alla base del licenziamento economico, consiste nella reintegrazione nel posto di lavoro pi
indennit di risarcimento in misura massima corrispondente a 12 mensilit di retribuzione
In caso di licenziamento affetto da vizi formali o procedurali ma sorretto da giusta causa,
giustificato motivo soggettivo o giustificato motivo oggettivo: prevista la Tutela Obbligatoria
Ordinaria che consiste soltanto in un indennizzo che va da 6 a 12 mensilit.
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Nel caso il giudice accerti che, oltre ai vizi formali o procedurali (esempi: mancato rispetto della
procedura di cui allart. 7 Stat. Lav., mancata specificazione delle motivazioni del licenziamento, mancato
rispetto della procedura preventiva di conciliazione), non sussistono le giustificazioni del licenziamento,
le tutele applicate saranno quelle previste per i casi di licenziamento disciplinare o economico di cui
sopra.
Al di fuori delle ipotesi suddette, in caso di licenziamento economico o disciplinare ingiustificato
intimato da datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti, prevista la Tutela Obbligatoria
Tradizionale, che rappresentata dalla facolt concessa al datore di lavoro di scegliere tra la
riassunzione (costituzione di un nuovo rapporto di lavoro) del lavoratore o il pagamento allo stesso di
unindennit risarcitoria di importo da un minimo di 2,5 a un massimo di 6 mensilit (elevabili in
favore di lavoratori dotati di anzianit aziendali lunghe).
Il nuovo obbligo della procedura preventiva di conciliazione obbligatoria non si applica alle aziende con
organico fino a 15 dipendenti.
Un altro aspetto che viene per la prima volta regolato dalla l. 92 la Revoca del licenziamento, di cui si
occupa il nuovo art. 18 co. 10 st. lav.
In sostanza si riconosce al datore di lavoro una sorta di diritto al ripensamento in ordine alla decisione di
licenziare, da esercitarsi entro quindici giorni dalla comunicazione dellimpugnazione del licenziamento (che,
in base sempre alla novella della l. 92, deve avvenire entro 180 giorni dal licenziamento). con conseguente
rivitalizzazione del rapporto di lavoro ex tunc (dal momento dell intimazione del licenziamento.
Pu anche trattarsi di una disposizione ragionevole, ma non pare del tutto coerente con una aspettativa di
seria ponderazione dei motivi che inducono al licenziamento.
3. I Licenziamenti Collettivi
I licenziamenti collettivi per riduzione di personale costituiscono ormai una fattispecie a se stante, con una
specifica disciplina legale diretta a realizzare un diverso bilanciamento degli interessi da considerare, in
quanto si deve dare maggior peso, da un lato, alla tutela delloccupazione come bene collettivo e, dallaltro,
alla libert dellimprenditore di dimensionare il proprio organico.
Dal punto di vista pratico il licenziamento collettivo non altro che una pluralit di licenziamenti individuali
per ragioni oggettive, essendo esso ammesso in presenza delle stesse circostanze.
In particolare, si parla di licenziamento collettivo qualora:
a) i lavoratori da licenziare siano almeno 5 in un lasso temporale di 120 giorni;
b) il licenziamento sia conseguenza di una medesima riduzione o trasformazione di attivit o di lavoro
oppure della cessazione dellattivit.
In presenza di questi presupposti i datori di lavoro imprenditori e non imprenditori che occupino pi di 15
dipendenti sono tenuti ad osservare una serie di obblighi procedurali e sostanziali.
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in base al carico di famiglia, a discapito del soggetto col minor carico familiare.
77
4. Le Dimissioni
Per quanto riguarda il recesso del lavoratore, evidente come assai minori siano i problemi di bilanciamento
dei vari interessi in gioco. Infatti normalmente non c ragione di limitare la libert di dimettersi, considerato
che sullaltro versante limpresa ha una certa facilit a trovare forza lavoro disponibile.
Da qualche anno a questa parte per anche le dimissioni sono state circondate da crescenti cautele,
probabilmente da mettere in relazione con il sempre pi stretto controllo giudiziale sui licenziamenti che si
pu eludere attraverso dimissioni mascherate (allarmante il fenomeno delle dimissioni in bianco).
Infatti, prima nel 2007 con la l. 188 e poi con la l. 92/2012, emersa una tendenza alla formalizzazione o
procedimentalizzazione delle dimissioni in generale (che ha finito per riguardare anche la risoluzione
consensuale).
Oggi, infatti, dimissioni e risoluzione consensuale:
a) devono essere convalidate presso la direzione provinciale del lavoro o il centro per limpiego o presso
sedi individuate dalla contrattazione collettiva;
b) restano prive di qualsiasi effetto se non sono seguite entro trenta giorni dallinvito del datore di lavoro a
presentarsi per la convalida o la sottoscrizione della ricevuta, mentre gli effetti rimangono sospesi per 7
giorni dopo il suddetto invito del datore di lavoro;
c) possono essere revocate durante i 7 giorni di sospensione.
Le dimissioni in bianco (cio quelle prive di data, predisposte su richiesta del datore di lavoro allatto
dellassunzione o durante il rapporto) sono poi configurate come un abuso amministrativo specificamente
sanzionato, anche se riguardano lavoratori parasubordinati o contratti di associazione in partecipazione;
infatti esse celano un intento ricattatorio in quanto dirette ad allontanare il dipendente in qualsiasi
momento, senza corrispondergli alcuna indennit.
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CAPITOLO XI
LAVORO ESTERNALIZZATO, ARTICOLAZIONI DELLIMPRESA E
CODATORIALIT
Per esternalizzazione sintende la tendenza dellattuale organizzazione imprenditoriale al decentramento
dellattivit imprenditoriale.
L esternalizzazione provoca delle conseguenze:
79
B) APPALTO
L'appalto il contratto con cui una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi propri e con
gestione a proprio rischio, l'obbligazione di compiere in favore di un'altra (committente o appaltante)
un'opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro.
Originariamente la L. 1369/1960 vietava tutte le forme di appalto costituite da una mera fornitura di lavoro
da parte dellappaltatore al committente (Appalto di manodopera).
Essa non impediva agli imprenditori di appaltare in esterno lesecuzione di opere e servizi, ma introduceva
apposite disposizioni per prevenire e reprimere il fenomeno dei finti appalti.
Nei finti appalti lappaltatore interveniva soltanto per procacciare al datore di lavoro committente prestazioni
di lavoro ovvero lavoratori, evitandogli di assumerli e retribuirli direttamente.
Egli agiva quindi come intermediario tra il committente (reale datore di lavoro) e la forza lavoro.
La sanzione in caso di finti appalti era di considerare i lavoratori impiegati nellappalto alle dipendenze del
datore di lavoro committente.
Con il D.Lgs. 276/2003 si e giunti alla abrogazione della L. 1369/1960; ci non ha significato tuttavia
liberalizzare linterposizione di manodopera, che , invece, ammessa nei limiti dellistituto della
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e un altro allalleggerimento della posizione dellappaltante, con lovvia finalit di non disincentivare
oltremodo il ricorso allo strumento: a tal fine si attenuata, almeno in parte, la portata dellobbligazione
del committente-datore di lavoro, il quale pu infatti avvalersi del beneficium excussionis (il suo
patrimonio potr essere escusso solo allinfruttuoso esito delle azioni esecutive rivolte in via principale
allappaltatore ovvero ai subappaltatori datori di lavoro).
La garanzia della solidariet passiva si estende oggi anche ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale
e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo.
Viceversa le disposizioni riportate non trovano applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle
pubbliche amministrazioni o nel caso in cui il committente sia una persona fisica che non esercita attivit di
impresa o professionale.
C) SOMMINISTRAZIONE
La Somministrazione di lavoro, disciplinata dal D.Lgs. 276/2003 (artt. 20 ss.), rappresenta una forma legittima
di interposizione nelle prestazioni di lavoro, con la quale si realizza una fornitura a terzi di prestazioni di
lavoro: il lavoratore e assunto dallagenzia di somministrazione, ma presta la sua attivit presso un altro
datore di lavoro.
Dunque, la Somministrazione consta di 3 figure:
Agenzia di Somministrazione: soggetto autorizzato ed iscritto nellAlbo delle Agenzie per il lavoro. Ha
il compito di fornire allimpresa richiedente (utilizzatrice) lavoratori;
Impresa utilizzatrice: soggetto richiedente manodopera a tempo determinato o indeterminato alla
agenzia di somministrazione;
Lavoratore: persona fisica parte di un contratto di lavoro con lagenzia di somministrazione, la cui
prestazione di lavoro oggetto del contratto di somministrazione stipulato tra agenzia e utilizzatore
Il tratto pi originale della somministrazione dato dalla dissociazione che si realizza tra il soggetto che
formalmente e il datore di lavoro (impresa di somministrazione) e il soggetto nel cui interesse viene
per lutilizzatore il vantaggio immediato quello della copertura di un posto di lavoro senza laggravio
di una diretta imputazione dello stesso, ma solo su un piano formale e nemmeno in ogni caso, alla
propria struttura giuridico-organizzativa;
Il contratto di somministrazione di lavoro, che quello commerciale intercorrente tra Agenzia e soggetto
utilizzatore, pu essere concluso a termine o a tempo indeterminato.
81
82
Sono pienamente applicabili ai lavoratori delle societ di somministrazione, per tutto il periodo della
missione, i diritti sindacali dettati dallo Statuto dei lavoratori.
Altre norme impongono e garantiscono il rispetto degli obblighi in materia di sicurezza e salute sui
luoghi di lavoro, con adempimenti suddivisi tra somministratore e utilizzatore.
In particolare, si prevede che lutilizzatore che adibisce il lavoratore a mansioni superiori o comunque a
mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto ha l obbligo di comunicarlo per iscritto al
somministratore di cui va data copia al lavoratore medesimo.
Ove non adempia a tale obbligo, egli risponder in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al
lavoratore occupato in mansioni superiori e per leventuale risarcimento del danno derivante dalla
assegnazione a mansioni inferiori.
Vi , infine, un gruppo di previsioni mirate a esaltare le propriet potremmo dire occupazionali della
somministrazione:
I lavoratori dipendenti dal somministratore devono essere informati dallutilizzatore dei posti vacanti
allinterno della sua attivit, affinch possano aspirare, al pari dei dipendenti del medesimo
utilizzatore, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.
Tali informazioni possono essere fornite mediante un avviso generale opportunamente affisso
allinterno dei locali dellutilizzatore presso il quale e sotto il cui controllo detti lavoratori prestano la
loro opera.
nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facolt dellutilizzatore di assumere il
lavoratore al termine della sua missione, a meno che al lavoratore sia corrisposta unadeguata
indennit, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al somministratore.
Resta salva la facolt per il somministratore e lutilizzatore di pattuire un compenso ragionevole per i
servizi resi a questultimo in relazione alla missione, allimpiego e alla formazione del lavoratore per il
caso in cui, al termine della missione, lutilizzatore assuma il lavoratore.
previsto poi uno specifico apparato sanzionatorio a presidio di queste regole il quale prevede sanzioni
civili, amministrative e finanche penali:
In caso di inosservanza dei limiti e le condizioni di liceit (ragioni, causali, divieti) di cui all art. 20,
nonch della forma scritta (prevista dall art. 21 per alcuni elementi del contratto di somministrazione
assolutamente
necessari
ed
essenziali
per
verificarne
la
conformit
alla
legge:
estremi
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Nel Contratto di Somministrazione il lavoratore svolge la sua attivit nellinteresse e sotto la direzione
dellutilizzatore (imprenditore somministrato).
D) DISTACCO
Listituto del distacco (il quale trova compiuta regolamentazione nell art. 30 d.lgs. 276/2003) si configura
quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o pi
lavoratori a disposizione di altro soggetto per lesecuzione di una determinata attivit lavorativa (co. 1).
Primo elemento essenziale della fattispecie la presenza di un interesse lecito del datore che abbia
assunto il lavoratore di spostarlo verso un altro imprenditore. Il distacco, allora, pu essere legittimato da
qualsiasi interesse produttivo del distaccante purch esso non coincida con quello alla mera
somministrazione di lavoro altrui.
Originariamente la giurisprudenza riteneva lecito il ricorso al distacco in ipotesi di possibili co-interesse,
in capo a distinti soggetti, imprenditori e non, allimpiego di un medesimo lavoratore.
In specie, larea di maggiore realizzazione di tale schema negoziale sempre stata quella delle societ
collegate; collegate non tanto, e non solo, sul piano azionario quanto piuttosto su quello sostanziale delle
strategie economico- imprenditoriali.
Problema: si pu presumere l esistenza dell interesse nel caso di gruppi societari?
Argomento a favore: la legge di conversione del d.l. 76/2013 ha previsto che nel distacco tra aziende che
abbiano sottoscritto un contratto di rete, linteresse della parte distaccante sorge automaticamente in
forza delloperare della rete potrebbe effettivamente offrire una sponda analogica alle tesi che
individuano nella sinergia di gruppo un (auto)sufficiente indizio della sussistenza di un interesse su cui
fondare le pratiche di distacco tra aziende collegate.
Critica: una rete di imprese e un gruppo non paiono soggetti sempre e del tutto assimilabili; in pi,
proprio la speciale e circoscritta esplicitazione legale della coincidenza tra interessi della rete e interesse
al distacco pare pi avallare lidea che il gruppo, in quanto tale, non garantisce un assoluto e
insindacabile riscontro in termini di legittimit del distacco.
Altro requisito quello della temporaneit. Il riscontro della temporaneit serve a dimostrare che non vi
deviazione dal normale vincolo di subordinazione: linteresse, cio, spiega la finalit del distacco
causalmente ma la temporaneit a renderlo compatibile con la continuit propria delloriginario vincolo
di subordinazione.
84
Si deve per sottolineare che, mentre la dottrina reclama la specificit di tale requisito, la giurisprudenza
non lo valorizza per troppo, ritenendo che la durata del distacco (ossia la sua temporaneit) discende
dalla persistenza dellinteresse del datore di lavoro: tal che non si potrebbe a priori escludere un distacco
coincidente con lintera durata del rapporto di lavoro.
Terzo requisito lo scopo per il quale lavoratore viene distaccato, ossia lesecuzione di una
determinata attivit lavorativa.
Se tale attivit non corrisponde alle ordinarie mansioni svolte dal collaboratore presso il distaccante
(mutamento delle mansioni) necessario il consenso del lavoratore.
Lart. 30 d.lgs. 276/2003 chiarisce che il datore di lavoro distaccante rimane responsabile del trattamento
economico e normativo a favore del lavoratore.
Analogamente a quanto previsto per tutte le altre lecite forme di interposizione ovvero di esternalizzazione
di manodopera, il legislatore predispone uno specifico apparato sanzionatorio, penale e civile, per i casi di
violazione delle regole imposte dallart. 30 d.lgs. 276/2003:
a) quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato pu
chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dellart. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto
che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di
questultimo;
b) nei casi () di distacco privo dei requisiti di cui allart. 30 co. 1, lutilizzatore () [ punito] con la pena
della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.
Se vi sfruttamento dei minori, la pena dellarresto fino a diciotto mesi e lammenda aumentata fino
al sestuplo (art. 18, co. 5/bis d.lgs. 276/2003).
E) TRASFERIMENTO D AZIENDA
Sinora abbiamo osservato due gruppi di istituti giuridici. Un primo (lavoro a domicilio e telelavoro) consente
di alleggerire e ottimizzare lorganizzazione datoriale (nonch i suoi costi), decentrando allesterno o
smaterializzando lo svolgimento delle prestazioni lavorative, rivolgendosi a collaboratori che, per,
rimangono alle dipendenze del datore di lavoro stesso; il secondo gruppo, rappresentato da tutti gli altri
istituti, consente la diversa operazione comportante il medesimo effetto di alleggerimento e di
ottimizzazione di beneficiare dellinserimento nella propria organizzazione di lavoratori assunti da altri.
La modalit estrema di alleggerimento del complesso aziendale il trasferimento di azienda.
Consiste nella cessione di tutta o di una parte della propria azienda ad unaltra, e, con essa, anche delle
risorse ad essa dedicate, ivi compreso il personale dipendente.
Il trasferimento di azienda o di impresa da considerarsi tale se resta di fatto inalterata la finalit produttiva
della stessa, per cui non sfuggono all'applicazione delle relative regole quei trasferimenti organizzati proprio
per eluderle e per determinare condizioni di minor favore per il personale.
Nel caso di trasferimento di una parte soltanto dell'azienda peraltro con la prospettiva di riacquistare dal
cessionario il prodotto prima realizzato in proprio tale parte deve essere funzionalmente autonoma.
Tuttavia, mentre in passato tale autonomia doveva essere "preesistente al trasferimento", ossia avere un
riscontro reale nell'organizzazione aziendale anteriore a detto trasferimento, la novella del 2003 ha
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soppresso il requisito della "preesistenza", ritenendo sufficiente che il ramo d'azienda sia identificato come
tale, dal cedente e dal cessionario, al momento del trasferimento.
Si tratta di una previsione mirante a favorire le Esternalizzazioni.
La Tutela del lavoratore nel Trasferimento dAzienda si sviluppa su 2 piani:
Piano collettivo: secondo cui c lobbligo del cedente e del cessionario di informare e confrontarsi con
sindacato prima del trasferimento.
In particolare, ai sensi dellart. 47 co. 1 l. 428/1990, quando la vicenda traslativa riguardi aziende in cui
sono occupati pi di 15 dipendenti, deve darsene comunicazione per iscritto alle rappresentanze sindacali
(dell art. 19 st. lav. =) costituite nell unit produttiva interessata nonch alle rispettive associazioni
sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato nellimpresa cui appartiene il complesso aziendale
ceduto, almeno 25 giorni prima di concludere il definitivo accordo sulla cessione, dando conto:
della data o della data proposta del trasferimento;
dei motivi del programmato trasferimento;
delle sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
delle eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
Le organizzazioni sindacali possono poi richiedere per iscritto un incontro per discutere i termini della
cessione; tale consultazione si intende esaurita qualora, trascorsi 10 giorni dal suo inizio, le parti non
abbiano raggiunto un accordo.
Nonostante il sindacato non abbia potere di veto, tale da bloccare il trasferimento, la Cassazione nel 2009
ha chiarito che il mancato adempimento dell obbligo di informazione costituisce comportamento
contrario ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., inadempimento che
integra gli estremi della condotta antisindacale, e quindi attribuisce la possibilit di adire il giudice per
ottenere il relativo provvedimento che ordini al datore di lavoro la cessazione dellillegittimo
comportamento e la rimozione dei suoi effetti.
Problema: come incide il provvedimento giudiziale sulla validit del negozio traslativo posto in essere
senza aver dato luogo allinformativa sindacale?
La tesi tradizionale tende ad escludere che lesito del procedimento per laccertamento della condotta
antisindacale possa coinvolgere anche la legittimit del trasferimento stesso; tuttavia oggi, non potendosi
pi ritenere il cessionario alla stregua di un terzo (dato che oramai anche lui soggetto alla procedura
per condotta antisindacale) sembra pi difficile sostenere che gli esiti dellantisindacalit non siano
direttamente influenti sul negozio sottoscritto dalle due parti imprenditoriali in violazione di un preciso
obbligo di legge.
Piano Individuale (art. 2012 c.c.)
A protezione della posizione del lavoratore, che viene trasferito unitamente allattivit produttiva, la
norma prevede, innanzitutto, che detto trasferimento non pu essere motivo di licenziamento, nel
senso che il trasferimento dell'azienda non pu avvenire correlativamente alla riduzione
dell'organico che dovrebbe essere con essa trasferito ne a condizione che ci avvenga, di tal che il
cessionario obbligato ad acquisire l'intero personale gi destinato dal cedente all'attivit
produttiva ceduta;
86
Il lavoratore, inoltre, mantiene i diritti acquisiti ed i crediti vantati all'atto del trasferimento inquanto
garantita la prosecuzione del contratto di lavoro con il cessionario dellazienda.
In tal modo si mette certamente al sicuro la posizione del lavoratore ma si consente, anche, di
trasferire il contratto di lavoro dal cedente al cessionario senza passare per il consenso del lavoratore
stesso, come sarebbe imposto ai sensi dellart. 1406 ss. c.c. (sulla cessione del contratto).
Tradizionalmente questa deroga viene spiegata argomentando il carattere spersonalizzato della
parte datore di lavoro/imprenditore e, quindi, lindifferenza della soggettivit datoriale rispetto al
dato oggettivo dellorganizzazione di beni e mezzi in cui si inserisce la prestazione di lavoro.
In ogni caso, evidente che la disposizione consente traslazioni dellazienda pi spedite, riducendo
gli ambiti di eventuale resistenza da parte dei lavoratori.
Resistenza ben possibile, perch la successione aziendale potrebbe peggiorare il contesto lavorativo
e professionale.
Tanto che nel ridisegnare i contorni della norma su impulso del diritto comunitario il legislatore
ha previsto quale giusta causa di dimissioni nei tre mesi successivi al trasferimento dazienda la
sostanziale modifica delle condizioni di lavoro.
Problema: esigibile nei confronti del cedente il TFR al momento della cessione dell azienda?
La Cassazione nel 2011 ha chiarito che il diritto al trattamento di fine rapporto matura
progressivamente in ragione dell accantonamento annuale ma esigibile solo al momento della
cessazione del rapporto di lavoro.
Ne deriva che, in caso di trasferimento e prosecuzione dell azienda da parte del cessionario, il
datore di lavoro cedente sar obbligato, al momento della risoluzione del rapporto successivo al
trasferimento dell azienda, al pagamento delle quote di TFR maturate dal lavoratore fino alla data
del trasferimento.
stabilito poi un vincolo di solidariet tra cedente e cessionario per tutti i diritti maturati dal
lavoratore al momento del trasferimento d azienda.
Sulla base di tale previsione la Cassazione nel 2010 ha escluso che sussista questo vincolo di
solidariet per i crediti relativi a rapporti di lavoro esauritisi o non ancora esauritisi a tale momento.
Infine, il lavoratore mantiene il diritto a vedersi applicare i contratti collettivi vigenti all'atto del
trasferimento, salvo che nell'azienda cessionaria non trovino applicazione contratti collettivi diversi.
Il linea teorica, pertanto, il trasferimento pu dar luogo a reformatio in peius, nel senso che il
lavoratore pu vedersi applicare fin da subito un contratto peggiorativo rispetto a quello applicategli
nella posizione di provenienza; ove una tale ipotesi possa realmente verificarsi, col contratto
aziendale che, in genere, viene scongiurata o comunque graduata una reformatio in peius.
Mentre nel Trasferimento di Azienda il cessionario svolge la sua attivit utilizzando lazienda (o ramo di
essa) del cedente, dunque non con risorse proprie;
NellAppalto, lappaltatore svolge la sua attivit nei confronti dellappaltante con mezzi e risorse
proprie.
87
quanto
riguarda
il
distacco
(possibilit
di
spostare
temporaneamente
lavoratori
di
88
CAPITOLO XII
FLESSIBILIT E TEMPO DI LAVORO
Nel nostro ordinamento riduzione e modulazione o flessibilit dellorario di lavoro si realizzano anche
attraverso tre tipi contrattuali: a tempo parziale (part time), ripartito (job sharing) e intermittente (job on call).
La moltiplicazione dei pi contrattuali stata provocata dallintento del legislatore di assecondare i
mutamenti socio-economici, contrastare la disoccupazione e linattivit, specie delle fasce pi deboli del
mercato del lavoro (donne, giovani e anziani).
Tuttavia, per la scarsezza di domanda di lavoro e la difficolt, se non impossibilit, di scegliere la forma
contrattuale rispondente alle proprie esigenze di vita, le regole apprestate dal legislatore sono state oggetto
di critiche che hanno sottolineato come, in modo miope, le esigenze aziendali siano state soddisfatte a
scapito non solo di tutele fondamentali del lavoratore, ma anche della funzione di conciliazione vita-lavoro.
89
La costituzione di un Rapporto di lavoro a tempo parziale non caratterizzata dalla rigidit, nel senso che il
lavoratore pu essere impiegato col suo consenso, in prestazioni eccedenti il suo orario ridotto.
In particolare, esistono 2 modalit per esigere dal lavoratore estensioni o modificazioni dellimpegno orario:
a) Lavoro Supplementare: quella durata della maggiore prestazione lavorativa che eccede il tempo
parziale fino a concorrenza delle 40 ore costituenti il massimo orario settimanale normale; oltre le 40
ore anche la prestazione del lavoratore a tempo parziale si qualifica lavoro straordinario.
b) Clausola di Elasticit: essa deve essere inserita previamente nel contratto di lavoro a tempo parziale, e
conferisce al datore di lavoro il potere di pretendere una prestazione lavorativa di maggior durata; ci
vale, ovviamente, per i soli rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale e misto, in quanto nel
caso di tempo parziale orizzontale la maggiore prestazione pu esser chiesta di volta in volta in termini
di lavoro supplementare.
La clausola di elasticit va formulata in conformit con le regole stabilite dalla contrattazione collettiva
ma se tali regole non esistono, essa pu essere liberamente stabilita dalle parti.
La legge riconosce dunque lammissibilit di un potere modificativo del datore di lavoro per quanto riguarda
la collocazione ovvero lestensione temporale dellimpegno lavorativo del dipendente nel rispetto di talune
condizioni di sicurezza.
Specificatamente, a garanzia del lavoratore demandata allautonomia collettiva la previsione delle
condizioni e modalit in relazioni alle quali la controparte datoriale legittimata a modificare la collocazione
temporale della prestazione ovvero la sua estensione, definendo anche i limiti massimi di variabilit in
aumento.
Unitamente alla regolamentazione sindacale, la legge richiede, da un lato, la concessione di un preavviso in
favore del lavoratore di almeno due giorni, oltre che la corresponsione di specifiche compensazioni, nella
misura ovvero nelle forme previste dalla disciplina collettiva; dallaltro, il consenso del part-timer allo
svolgimento flessibile o elastico del rapporto da formalizzare in uno specifico patto scritto con lassistenza di
un componente della Rsa.
Il rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.
In ipotesi di svolgimento di prestazioni flessibili o elastiche senza il rispetto del le disposizioni collettive e/o
delle prescrizioni legali, viene riconosciuto in favore del prestatore il diritto, in aggiunta alla retribuzione
dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno.
La l. 92/2012 ha reintrodotto il diritto del lavoratore al ripensamento circa la disponibilit ad essere flessibile
ed elastico.
Si tratta di un ripensamento debole, essendo affidata alla contrattazione collettiva di qualunque livello la
fissazione di condizioni e modalit che consentono al lavoratore di richiedere leliminazione o la modifica
delle clausole flessibili e di quelle elastiche.
Il lavoratore pu rifiutare il cambio di turno o il lavoro aggiuntivo per gravi ragioni di salute propria, dei
familiari, dei conviventi o di cura dei figli fino a 13 anni.
90
Il Trattamento del lavoratore part-time deve essere identico a quello del lavoratore a tempo pieno,
naturalmente con commisurazione dei principali trattamenti (a cominciare da quello retributivo) al minore
impegno orario.
Ai fini dell'eventuale passaggio dal tempo pieno al part-time, occorre un accordo scritto tra datore di
lavoro e lavoratore.
La l. 183/2011 ha cancellato la convalida dello stesso avanti alla Direzione territoriale del lavoro.
Il lavoratore non vanta un diritto soggettivo alla trasformazione del rapporto, fatta eccezione del caso in
cui sia affetto da patologia oncologica; il diritto in questo caso garantito anche per la trasformazione
del rapporto da tempo parziale a tempo pieno, su richiesta del lavoratore.
Il legislatore stabilisce inoltre:
Quanto al percorso inverso (dal part-time al tempo pieno), era prevista la spettanza al lavoratore a
tempo parziale di un diritto di prelazione in caso di assunzioni a tempo pieno, relative alle medesime
mansioni gi svolte.
Ma esso stato eliminato dalla novella del 2003, per cui l'unica possibilit di prevederlo attraverso una
pattuizione individuale ad hoc.
Tale diritto di precedenza invece attribuito al lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a
tempo pieno in rapporto a tempo parziale.
91
Per quanto concerne i periodi in cui esegue la prestazione lavorativa, il job sharer
garantito dalla
previsione di un generale principio di non discriminazione (non da quello di parit di trattamento), in virt
del quale deve essergli assicurato un trattamento economico e normativo complessivamente (in questo
differisce dal divieto di discriminazione garantito al part-timer) non meno favorevole rispetto al lavoratore di
pari livello, a parit di mansioni svolte.
Le dimissioni o il licenziamento di uno dei due coobbligati comportano l'estinzione del vincolo contrattuale
con riguardo ad entrambi, salvo che il datore sia disponibile a mantenere in vita il rapporto con l'altro
lavoratore, trasformandolo cos in un rapporto normale, a tempo parziale o pieno (lavoro subordinato).
92
CAPITOLO XIII
IL LAVORO A TERMINE
Il contratto di lavoro a termine quel contratto di lavoro, ora ammesso dallordinamento, derogativo del
generale principio della stabilit del rapporto di lavoro.
In una disciplina del rapporto di lavoro e della sua formazione non poteva non tenersi conto che le esigenze
di forza lavoro da parte delle imprese sono in taluni casi caratterizzate da estrema flessibilit, a causa di forti
aumenti o diminuzioni della produzione in determinati periodi dell'anno od anche in relazione alle
commesse che impegnano l'impresa per un determinato periodo di tempo, di tal che un rapporto di lavoro
costituito a tempo indeterminato si trova a dover affrontare ipotesi di licenziamento conseguenti alla ridotta
produttivit dell'impresa.
Il rapporto di lavoro a termine soddisfa le maggiori esigenze occasionali o stagionali o a termine
dell'impresa ma forma, per altro verso, quel precariato che porta con s tutta una serie di implicazioni di
ordine sociale.
1. Evoluzione dellIstituto
La prima disposizione di legge in materia di Rapporto di Lavoro a Termine stata la L. n. 230/1962.
Questa legge partiva dal concetto che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato fosse la regola, e il
Contratto a termine leccezione.
Essa individuava tassativamente le ipotesi (Causali) in presenza delle quali era possibile assumere a termine
un lavoratore; esse sono:
la sostituzione di un lavoratore assente (per malattia o maternit) con diritto alla conservazione del posto;
leccezionalit ed occasionalit di esigenze di una maggiore forza lavoro per un periodo di tempo
determinato.
Col tempo, altre causali sono state aggiunte; in particolare, la l. 79/1983 aggiunse la causale delle "punte
stagionali" di attivit (che cosa diversa dal concetto di attivit stagionale: quest'ultima un'attivit che si
svolge soltanto in una certa stagione, mentre parlando di punte stagionali si allude ai casi di intensificazione
dell'attivit in certe stagioni dell'anno).
Un'ulteriore flessibilizzazione fu apportata dalla legge 256/1987, la quale stabil che, attraverso
contratti collettivi stipulati dalle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative, si
potessero introdurre nuove causali che rendessero lecito il ricorso ai contratti a termine; con lunico limite di
prevedere un limite quantitativo massimo nellutilizzo di questi contratti (Clausole di Contingentamento).
Peraltro, anche se le causali, sia di fonte legale che contrattuale, aumentavano, e con esse la possibilit di far
ricorso a contratti a termine, i! sistema era sempre basato sulla regola del contratto a tempo indeterminato.
Questo significava che se un lavoratore veniva assunto a termine in virt di una causale non prevista, il
lavoratore aveva diritto a veder "convertito" il suo rapporto in rapporto a tempo indeterminato.
Nel frattempo, la Comunit Europea ha emanato la direttiva n. 70 del 1999. che ha cercato di stabilire
alcune regole minime per il contratto a termine, che gli Stati membri avrebbero dovuto applicare.
Tale Direttiva stata attuata col d.lgs. 368/2001, che ha contestualmente abrogato la Legge 230/1962.
93
La nuova disciplina ha reso pi agevole il ricorso a tale forma di rapporto di lavoro subordinato prevedendo
una condizione generale molto elastica; essa, infatti, a differenza della legge n. 230 del 1962, che prevedeva
rigide causali per la costituzione di rapporti di lavoro a termine, stabiliva invece molto genericamente, allart.
1, che ad un contratto di lavoro possa apporsi un termine "a fronte di ragioni di carattere tecnico,
2. Disciplina
Il rapporto di lavoro a termine ora disciplinato dal d.lgs. 368/2001 il quale per ha subito modifiche ad
opera di interventi successivi (l. 92/2012 e l. 78/2014).
Oggi lart. 1 d.lgs. 368/2001 dispone che consentita lapposizione di un termine alla durata del contratto
di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso
fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del
contratto a tempo determinato, sia nellambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato.
Come si evince dalla nuova formulazione, non rilevano pi le ragioni per le quali si giunge alla stipulazione
del contratto a tempo determinato; infatti il precedente Criterio Qualitativo (la sussistenza delle ragioni
tecniche, organizzative, sostitutive o produttive), oggi sostituito da un limite legale di natura
94
Se dopo la scadenza del termine originario o validamente prorogato o dopo il periodo di durata massima
complessiva di 36 mesi, il lavoro prosegue di fatto:
per 30 giorni (se il contratto ha una durata inferiore a 6 mesi)
per 50 giorni (se il contratto ha una durata maggiore di 6 mesi),
il datore di lavoro tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione retributiva per ogni giorno di
continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore.
necessario, inoltre, che trascorra un lasso di tempo tra il primo e il secondo contratto a termine, stipulato
tra le stesse parti contrattuali:
intervallo di 10 giorni se la durata del primo contratto inferiore ai 6 mesi
intervallo di 20 giorni se la durata del primo contratto superiore ai 6 mesi.
Per quanto riguarda i Diritti dei Lavoratori assunti a termine; ad essi si applicano le norme del rapporto di
lavoro a tempo indeterminato in quanto compatibili.
Lart. 6 d.lgs. 368/2001 dispone che ai lavoratori assunti a tempo determinato sono riconosciute le ferie, le
gratifiche natalizie o la tredicesima, il trattamento di fine rapporto ed ogni altro trattamento in atto
nellimpresa.
Essi hanno diritto a una specifica formazione professionale.
Oltretutto previsto un c.d. diritto di precedenza, garantito nei confronti di col oro che esercitano attivit
stagionali, nelle successive assunzioni a termine per le medesime attivit, e dei lavoratori a tempo
determinato in caso di assunzioni con contratti a tempo indeterminato per le mansioni gi espletate, quando
essi abbiano prestato attivit lavorativa per pi di 6 mesi.
Il riconoscimento del diritto di precedenza tuttavia subordinato alla manifestazione di volont dei
lavoratori di goderne, da aversi rispettivamente entro tre mesi e sei mesi dalla cessazione del rapporto.
Il diritto si estingue entro un anno dalla scadenza del contratto.
La violazione delle norme sul contratto a tempo determinato comportano la conversione legale del
95
delleventuale ricorso giudiziale ovvero con la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di
conciliazione o arbitrato.
96
CAPITOLO XIV
I CONTRATTI A FINALIT FORMATIVE
I Contratti di Lavoro con Funzione Formativa sono contratti di lavoro subordinato che consentono la
formazione professionale dellindividuo e la possibilit di accumulare esperienza e conoscenze in un
determinato settore.
Sono contratti nei quali il datore di lavoro, a fronte di agevolazioni statali, ha l'ulteriore obbligo di formare il
lavoratore facendo cos fruttare la sua esperienza lavorativa in termini di maggiore professionalizzazione e,
quindi, di agevolazione nella ricerca di un posto di lavoro (Contratti a Causa Mista: erogazione di lavoro +
obbligo di formazione).
Figura tipica il Contratto di Apprendistato disciplinato dal d.lgs. 276/2001.
Accanto a questo erano previsti anche i Contratti di Formazione e Lavoro, che il d.lgs. 276/2001 ha sostituito
con i Contratti di Inserimento.
Questi ultimi, rivolti alle categorie di lavoratori svantaggiati e non soltanto ai giovani, sono stati abrogati
dalla l. 92/2012.
CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Il contratto di apprendistato, destinato a chi, abbandonati gli studi, intende acquisire una formazione sul
campo, ha fatto la sua comparsa nell'ordinamento con la legge n. 25 del 1955.
Tale contratto offriva prospettive di lavoro all'apprendista, il quale al termine del periodo di apprendistato
poteva essere confermato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ed assicurava all'imprenditore
tutta una serie di agevolazioni, quali:
1) la riduzione degli oneri contributivi all'INPS per tutto il periodo dell'apprendistato e fino ad un anno
dalla scadenza nel caso di conferma del lavoratore;
2) l'inquadramento dell'apprendista fino a due livelli inferiori rispetto a quello della corrispondente
qualifica;
3) la non computabilit del lavoratore nell'organico dell'impresa ai fini delle norme applicabili in base,
appunto, al numero dei dipendenti.
La stipula di contratti di apprendistato era subordinata all'autorizzazione della Direzione provinciale del
lavoro ed il suo svolgimento era assoggettato ad una forma di controllo di verifica della effettivit della
formazione e della legittimit dell'erogazione dei previsti benefici.
La riforma dell'istituto avvenuta col d.lgs. n. 276 del 2003 che ha abolito la previa autorizzazione ma nel
resto da ritenersi norma di indirizzo per le Regioni cui demandata la relativa attuazione.
Il decreto oggetto di varie modifiche prima con il T.U. 167/2011 e poi con la L. 92/2012 e da ultimo la L.
78/2014, prevede 3 diverse tipologie di Contratti di Apprendistato:
a) Contratto di Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale: destinato ai
giovani tra i 15 e i 25 anni privi di qualifica che vogliano acquisirla attraverso i percorsi scolastici o della
formazione professionale regionale (triennale per la qualifica professionale e quadriennale per il
diploma professionale).
97
Per essi la formazione deve avere una durata di 400 ore integrabile da una formazione aziendale
definita dalla contrattazione collettiva.
b) Contratto di Apprendistato Professionalizzante, riservato ai giovani di et compresa tra i 18 ed i 29
anni, finalizzato al conseguimento di una preparazione professionale specifica, di durata non inferiore a
2 e non superiore a 5 anni.
per tale tipo di apprendistato la formazione definita dalla contrattazione collettiva, con un limite di
offerta formativa pubblica da parte delle Regioni, e da essa definita, che pu arrivare a 120 ore nel
triennio.
c) Contratto di Apprendistato di Alta Formazione e Ricerca: destinato ai giovani tra i 18 e .i 29 anni,
coniugabile con i percorsi di diploma di scuola superiore, la laurea, il dottorato di ricerca, lattivit di
ricerca e il praticantato professionale.
Lapprendistato del terzo tipo pu essere attivato a seguito di convenzioni tra datori di lavoro e
istituzioni educative e la formazione essenzialmente regolata dal sistema pubblico (regioni o
istituzioni educative); alla contrattazione affidato il ruolo residuo di regolare la formazione in azienda.
Il contratto di apprendistato , dunque, una sorta di contratto a termine che pu trasformarsi, alla scadenza,
in un contratto a tempo indeterminato.
Il suo svolgimento resta regolato dalle stesse norme valevoli per il contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato; alla sua scadenza il datore di lavoro pu confermare l'apprendista convertendo il suo
contratto in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Per tutti i tipi di apprendistato si prevede la forma scritta ad substantiam con la previsione di un sintetico
piano formativo individuale, lindicazione di un tutor e della qualifica da conseguire al termine del rapporto e
la previsione di una durata del contratto non inferiore a sei mesi.
La violazione delle norme che disciplinano l'istituto espone l'imprenditore a sanzioni di tutto rilievo: infatti, al
di l delle rivendicazioni del lavoratore, che pu chiedere ed ottenere - con sentenza il riconoscimento di
un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, l'INPS pu agire per il recupero delle
contribuzioni non versate.
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CAPITOLO XV
RAPPORTI E MERCATI DI LAVORO CON DISCIPLINE SPECIALI
Il diritto del lavoro attraversato da una duplice tensione: da un lato tende a garantire diritti e tutele
omogenee per tutti i lavoratori, indipendentemente dalle qualit soggettive, dal tipo contrattuale, dal
contesto organizzativo in cui la prestazione viene eseguita; dallalt ro, invece, differenzia la regolazione in
relazione a una serie di variabili.
In questo capitolo vengono analizzati tutti quei regimi giuridici che presentano qualche significativa
differenziazione rispetto a quella generale.
99
Nella storia dellamministrazione italiana questi giusti principi non si sono purtroppo sempre tradotti in
buone pratiche:
innanzitutto ben prima della privatizzazione, una significativa percentuale di dipendenti sono stati
immessi nei ruoli senza sostenere un vero e proprio concorso (in genere grazie a discipline specifiche
che valorizzavano lunghi periodi di precariato, come nella scuola o nelle ex aziende di Stato, come le
Poste; oppure perch vi erano regole eterogenee e spesso assai duttili sui concorsi presso le varie
amministrazioni: concorsi per soli titoli, per interni, riservati a determinate categorie);
in secondo luogo il conseguimento delle finalit costituzionali non garantito da qualsiasi meccanismo
concorsuale, molto dipendendo dalla cadenza e dalla durata dei concorsi, dal tipo di prove, dalla
commissione giudicatrice, dal numero dei partecipanti.
A ben guardare, stata proprio la privatizzazione degli anni 90 a costituire loccasione per un rilancio dello
strumento del concorso, considerato anche in modo pi laico come procedura selettiva, che pu essere
bandita da ciascuna amministrazione, ma secondo regole minime comuni a tutti e, comunque, sulla base di
una programmazione triennale.
Tutte le pubbliche amministrazioni nello svolgimento del concorso sono dunque tenute a rispettare almeno
4 regole generali:
a) una
adeguata
pubblicit
alla
selezione,
assicurandone
imparzialit,
economicit
celerit
dellespletamento;
b) una verifica dei requisiti attitudinali e professionali richiesti attraverso meccanismi oggettivi e
trasparenti;
c) il rispetto delle pari opportunit tra lavoratrici e lavoratori;
d) una composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di comprovata competenza nelle
materie del concorso scelti in modo da escludere tassativamente condizionamenti politici o sindacali.
Tuttavia, proprio in virt dellart. 97 Cost, non sempre necessario il reclutamento tramite concorso.
In generale la legge prevede che si possa ricorrere allavviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per
qualifiche e profili per i quali sia richiesto il solo requisito della scuola dellobbligo.
Possono poi specifiche disposizioni di legge prevedere eccezioni o particolari procedure per talune categorie
di lavoratori o tipologie di rapporti.
Da parecchi anni ormai la giurisprudenza costituzionale ha comunque rigorosamente vigilato sul rispetto del
principio costituzionale del concorso anche da parte del legislatore, soprattutto regionale, limitando molto la
possibilit di introdurre deroghe o procedure semplificate per la stabilizzazione dei precari e, comunque,
fissando un ulteriore principio in base al quale non si pu mai riservare a particolari categorie di lavoratori o
di rapporti di lavoro pi del 50% dei posti messi a concorso.
Anche le progressioni di carriera sono state equiparate ai reclutamenti e sottoposte a limiti analoghi ai
reclutamenti, salvo che non avvengano allinterno della stessa area o categoria professionale, configurando
una mera riqualificazione economica della posizione del lavoratore e non comportino una novazione
oggettiva del contratto di lavoro.
100
B) LA DIRIGENZA
Anche riguardo alla disciplina della dirigenza pubblica vi sono numerose specificit.
Regole peculiari di grande importanza permangono riguardo a:
a) il rapporto tra dirigenza e organi di direzione politica (Ministri, Presidenti di Regione, Sindaci, Assessori,
Consigli regionali/comunali, Rettore, ecc.);
b) la distinzione tra disciplina dellincarico relativo ad una determinata funzione istituzionale e disciplina
del contratto di lavoro;
c) lappartenenza dei dirigenti a determinate fasce e a ciascuna amministrazione;
d) la previsione di una peculiare responsabilit dirigenziale.
Tutti e quattro questi profili valgono a conferire alla dirigenza pubblica un fondamentale ruolo che quello
di affidarle la gestione dellorganizzazione e della concreta azione pubblica.
In sostanza nelle pubbliche amministrazioni la dirigenza deve svolgere la funzione datoriale.
Nel farlo per deve necessariamente far riferimento al vertice politico che non ha i medesimi interessi
organizzativi e/o lo stesso orizzonte temporale della burocrazia di professione, poich normalmente viene
eletto o nominato per periodi limitati e predeterminati.
La legge deve quindi al contempo assicurare: al vertice politico una adeguata strumentazione per orientare
lazione amministrativa secondo i propri programmi; alla dirigenza amministrativa i poteri per gestire, con
sufficiente autonomia e logiche tipicamente manageriali, lintera macchina amministrativa, garantendo
unaccettabile continuit nello svolgimento delle tante attivit dirette a soddisfare i diritti delle diverse
categorie di utenti.
Questa complessit d luogo a regole che:
a) attribuiscono al vertice politico il potere di dare indirizzi ed obiettivi alla dirigenza e di impostare la
valutazione dei risultati raggiunti, e alla dirigenza il potere di gestire la micro-organizzazione e i rapporti
di lavoro alla stregua del privato datore di lavoro;
b) distinguono lattribuzione dellincarico istituzionale al dirigente, che deve essere a termine (in genere
triennale) e che pu anche essere collegato alla permanenza in carica dellorgano politico che conferisce
lincarico, dalla stipulazione del contratto di lavoro con il dirigente (entrato in molo di regola dopo aver
superato un concorso pubblico), che un contratto a tempo indeterminato;
c) tendono a configurare i dirigenti pubblici come ununica categoria di specialisti della gestione
organizzativa pubblica, anche se permangono differenze di fasce e non si mai riusciti a realizzare un
vero e proprio ruolo unico della dirigenza pubblica, utilizzabile indifferentemente presso tutte le
amministrazioni;
d) prevedono la responsabilit dei dirigenti per i risultati conseguiti, responsabilit che si distingue da
quella disciplinare o meramente contabile, e che consiste nella periodica valutazione del grado di
raggiungimento degli obiettivi.
Una concreta conseguenza di queste regole specifiche che la retribuzione del dirigente pubblico
strutturata almeno intorno a tre elementi: retribuzione base, indennit di funzione e indennit di risultato.
Lindennit di risultato pu variare a seconda del grado di raggiungimento dellobiettivo assegnato.
101
C) LA MOBILIT COLLETTIVA
Talora le amministrazioni possono presentare situazioni di vero e proprio esubero, con la necessit di porre
fine ad un certo numero di rapporti di lavoro e attivare circuiti di mobilit collettiva.
A tal fine le amministrazioni hanno lobbligo di rilevare annualmente eventuali eccedenze di personale su
base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale, cercando di condividere con le
organizzazioni sindacali i criteri per lindividuazione degli esuberi e le procedure di mobilit attraverso un
esame, che per deve concludersi, anche senza nessun accordo, entro trenta giorni.
In mancanza di tale rilevazione le amministrazioni non possono assumere nuovo personale, compreso
quello appartenente alle categorie protette e nemmeno instaurare rapporti di lavoro con qualunque
tipologia di contratti pena la nullit degli atti posti in essere.
Accertata leccedenza, dopo averne data informazione preventiva alle rappresentanze unitarie del personale
e ai sindacati firmatari dei contratti nazionali, le amministrazioni possono preliminarmente ricorrere al
prepensionamento per quei dipendenti che abbiano raggiunto la massima anzianit contributiva oppure
ricollocare il personale nella stessa amministrazione, anche con forme flessibili di gestione del tempo di
lavoro, o in altre amministrazioni, previo accordo con le stesse.
Dopo novanta giorni dallinformazione ai rappresentanti sindacali, lamministrazione colloca in disponibilit i
dipendenti che non stato possibile impiegar e altrimenti o che non abbiano preso servizio presso una
diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilit.
Il collocamento in disponibilit ha una durata massima di 24 mesi con diritto non alla retribuzione ma a
unindennit pari all80% dello stipendio e dellindennit integrativa speciale.
Il personale in disponibilit viene inserito in appositi elenchi, formati e gestiti dal Dipartimento della
Funzione pubblica (per i dipendenti delle amministrazioni di livello nazionale) o dalle strutture regionali e
provinciali dei servizi per limpiego (per gli altri dipendenti).
Le amministrazioni, prima di avviare le procedure per nuove assunzioni a tempo indeterminato o per un
periodo superiore allanno, devono verificare limpossibilit di ricollocare il personale in disponibilit iscritto
nellapposito elenco; leventuale riutilizzo del dipendente, con qualsiasi contratto, sospende per un periodo
equivalente il termine massimo di 24 mesi previsto per il collocamento in disponibilit.
Decorso tale termine il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.
102
Ci che accomuna queste figure di personale appunto il regime di diritto pubblico-amministrativo cui sono
sottoposte in virt delle funzioni svolte di pi immediato impatto sulle attivit istituzionali e, dunque, la
tipologia delle fonti di disciplina dello stato giuridico ed economico.
A tale regime consegue la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle
controversie relative ai rispettivi rapporti di lavoro, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali
connessi.
La scelta del mantenimento di un regime pubblicistico per queste figure appunto legata al ruolo da esse
ricoperto: e, dunque, considerata da una parte pi funzionale ad assicurare il buon andamento dellazione
istituzionale negli specifici settori in cui le relative figure operano, e dallaltra parte fonte di tutela per gli
stessi soggetti, mediante appunto la predisposizione di un quadro legale protettivo, che funga da limite
alla discrezionalit (e ai possibili abusi) del potere politico, che, negli ambiti suddetti, deve essere
evidentemente tenuto ad una maggiore distanza.
Quanto ai contenuti della disciplina, a conferma della peculiarit (e della elevatezza) del ruolo svolto, per
alcuni di questi pubblici funzionari essa trova diretto fondamento nel testo della Costituzione italiana.
Lart. 98 co. 3 della Costituzione stabilisce, inoltre, la possibilit di fissare, con legge, limitazioni al diritto
discriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di
polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari allestero.
GLI ORDINAMENTI SPECIALI AI QUALI RINVIA IL D.LGS. 165/2001
Ciascuna delle figure dellart. 3 regolata da un apposito, autonomo ordinamento legislativo speciale.
I magistrati sono disciplinati dal r.d. 2641/1865 e dal r.d. 12/1941, sullordinamento giudiziario, nonch da
alcuni provvedimenti pi specifici (quale, ad esempio, la l. 117/1988, sul risarcimento dei danni cagionati
nellesercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilit civile dei magistrati); a queste fonti bisogna
aggiungere ulteriori provvedimenti legislativi relativi a singole articolazioni dellordine giudiziario.
Il rapporto dimpiego degli avvocati dello Stato disciplinato dalla l. 103/1979;. quello del personale della
carriera prefettizia, dal d.lgs. 139/2000; quello del personale della carriera diplomatica, dal d.P.R. 18/1967;
quello del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal d.lgs. 217/2005; quello della dirigenza
penitenziaria, dal d.lgs. 63/2006.
La disciplina delle Forze armate , invece, oggetto di una congerie normativa stratificatasi nel tempo e
spesso differenziata con riferimento ai singoli corpi.
La Polizia di Stato stata smilitarizzata ad opera della l. 12 1/1981, tuttora recante la disciplina di
riferimento in materia di amministrazione della pubblica sicurezza, che ha previsto anche una parziale
contrattualizzazione del rapporto di lavoro; ispirata allanalogo regime dettato per la polizia di Stato ,
infine, la disciplina del Corpo di polizia penitenziaria, contenuta nella l. 395/1990.
Il personale delle Autorit amministrative indipendenti ricomprese nellart. 3 co. 1 d.lgs. 165/2001 , poi,
disciplinato dai rispettivi regolamenti del personale deliberati dalle medesime autorit.
In realt, tra tali regolamenti, funzione di disciplina di riferimento, svolta dal regolamento del personale
della Banca dItalia, adottato ai sensi dellart. 20 n. 6 r.d. 1067/1936: che prevede una parziale
contrattualizzazione dei dipendenti, la quale si sostanzia nel sottoporre al Consiglio superiore della Banca gli
accordi previamente raggiunti con le organizzazioni sindacali, che possono essere da questo approvati o
103
respinti in blocco, con una delibera che si configura come atto unilaterale normativo, di cui laccordo
costituisce mero presupposto.
Con riguardo, infine, ai docenti universitari di ruolo, per essi lart. 3 co. 2 d.lgs. 165/2001 non ha disposto la
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IL LAVORO DOMESTICO
Il rapporto di lavoro domestico si caratterizza per il fatto che la prestazione viene resa nellabitazione del
datore di lavoro, implicando quindi la convivenza fa miliare con questultimo.
La contrattazione collettiva di settore, oggi, la principale fonte in materia di lavoro domestico, insieme alla
l. 339/1958 (applicabile per al solo caso di prestazioni di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di
lavoro), integrata dalla disciplina codicistica.
Eventuali pattuizioni tra le parti sono valide solo se pi favorevoli al lavoratore, prevalendo sulla legge e sul
contratto collettivo.
Il rapporto di lavoro domestico consiste quindi nella prestazione di servizi di carattere domestico diretti al
funzionamento della vita familiare.
Il datore di lavoro pu essere rappresentato da una persona singola; un nucleo o gruppo familiare;
comunit stabili (religiose o militari), che riproducono nella loro vita di relazione le stesse regole della vita
familiare.
Sono considerati lavoratori domestici, oltre al personale addetto alle normali incombenze familiari
(camerieri, colf, baby sitter, badanti, cuochi, ecc.), gli autisti, quando la loro prestazione esclusivamente o
prevalentemente al servizio della famiglia, i giardinieri, custodi e portieri di case private al servizio del nucleo
familiare.
Il lavoro svolto da parenti o affini del datore di lavoro, ovvero da persone a lui legate da vincolo affettivo, si
presume prestato a titolo gratuito e non sottoposto alla normativa sul lavoro domestico, salvo che, nel
caso concreto, non si esplichi con modalit tali da farlo ritenere svolto in regime di subordinazione e sia
retribuito.
La presunzione di gratuit pu essere superata, quindi, con la prova rigorosa circa leffettiva sussistenza degli
elementi della subordinazione e della onerosit della prestazione.
Tra le parti deve essere stipulato un contratto di lavoro (lettera di assunzione), nel quale vanno indicati, oltre
alla data di inizio del rapporto, la durata del periodo di prova, la sussistenza o meno della convivenza (totale
o parziale), lorario giornaliero di lavoro, la retribuzione pattuita, tutti gli altri elementi indicati nel contratto
collettivo.
A differenza degli altri rapporti di lavoro subordinato, per i quali il patto di prova deve essere stipulato in
forma scritta (art. 2096 c.c.), nel caso del lavoro domestico lart. 2241 cc. ne presume la sussistenza per i primi
8 giorni.
La retribuzione pu comprendere anche elementi in natura, quali il vitto e lalloggio, e deve essere
corrisposta a periodi non superiori al mese.
Ai lavoratori domestici compete la tredicesima mensilit, di importo eguale ad una mensilit di retribuzione
in denaro.
Lorario di lavoro regolamentato dal contratto collettivo di categoria, che individua precisi limiti alla durata
della prestazione, prevedendo un orario normale e qualificando espressamente come straordinarie le
prestazioni che superino tale orario, stabilendo le relative maggiorazioni retributive.
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Se il dipendente lavora per almeno 4 ore giornaliere ha diritto ad un riposo settimanale di una giornata
intera, di regola coincidente con la domenica, o di due mezze giornate, una delle quali coincidente con la
domenica; spettano anche le ferie.
Dallinserimento del lavoratore nellambito della vita familiare deriva, da un lato, un obbligo particolare di
tutela della salute e della personalit del lavoratore; ma, dallaltro, lesclusione del lavoro domestico
dallambito di applicazione della tutela reale e obbligatoria contro i licenziamenti.
Ne consegue che il datore di lavoro pu in qualsiasi momento recedere dal rapporto previo preavviso, ferma
restando la facolt di licenziare in tronco il lavoratore qualora ricorra una giusta causa; tuttavia, la lavoratrice
domestica non pu essere licenziata durante il periodo di gravidanza.
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il datore di lavoro, infine, deve impegnarsi al pagamento delle spese per il rientro in patria
dell'extracomunitario.
Il permesso concesso per la durata del contratto ii quale, dal canto suo, non pu eccedere la durata
massima del permesso che, per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, di due anni.
Qualora il rapporto di lavoro si interrompa prima della scadenza del permesso di soggiorno,
l'extracomunitario resta iscritto, fino a tale data, in apposite liste formate
presso i Centri per l'impiego.
La normativa attuale in materia quella di cui alla legge n. 189 del 2002 (detta Bossi-Fini) che tra l'altro
prevede il contingentamento dei flussi di immigrazione per mantenerne il controllo; in tal modo il governo
che periodicamente stabilisce quanti permessi di soggiorno per lavoro possano essere concessi ad
extracomunitari, cos limitandone, correlativamente, l'immissione sul mercato del lavoro.
I lavoratori extracomunitari hanno diritto ad un trattamento economico e normativo pari a quello dei
lavoratori comunitari.
Se un datore di lavoro occupa alle proprie dipendenze uno o pi extracomunitari privi del permesso di
soggiorno o con il permesso revocato o scaduto punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa
di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
Relativamente ai profili
assicurativo-previdenziali,
non sussistono
particolarit:
sia al lavoratore
extracomunitario assunto a tempo indeterminato o determinato che al lavoratore distaccato spetta la stessa
110
tutela previdenziale prevista per i lavoratori comunitari che si trovano alle dipendenze dello stesso datore di
lavoro, fatte salve le convenzioni in materia di sicurezza sociale. Una disciplina diversa dettata, invece, per i
lavoratori extracomunitari assunti per lavoro stagionale, in considerazione della durata limitata dei contratti
nonch della loro specificit.
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CAPITOLO XVI
LA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA
1. Il Principio di Eguaglianza nel Diritto del Lavoro
Il principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, trova, nel diritto del lavoro, diversi
riferimenti.
La normativa in materia di lavoro, ivi compresa quella contrattuale, si spesso ispirata a tale principio che, in
ogni caso, non presuppone un egualitarismo di tipo reddituale, in quanto l'eguaglianza, in ambito di lavoro,
intesa come divieto di disparit di trattamento in situazioni uguali e come offerta di pari opportunit e non
come generico appiattimento e parit di trattamento sulla base della sola appartenenza ad una determinata
categoria o professionalit.
112
la legge n. 903 del 1977, sulla parit tra l'uomo e la donna sul lavoro;
la legge n. 125 del 1991, sulle azioni positive per la realizzazione delle pari opportunit tra uomo e
donna, abrogata e sostituita dal d.lgs. n. 198 del 2006 recante il "codice delle pari opportunit";
il d.lgs. n. 145 del 2005, attuativo di una direttiva CE in materia di parit tra uomo e donna sul lavoro,
integrativo delle norme gi vigenti in materia.
E' dunque vietato ogni atto, fatto o comportamento che produca un effetto meno favorevole nei confronti di
un lavoratore o di una lavoratrice rispetto ad un altro o ad un'altra in situazioni analoghe; ci varrebbe anche
per quanto attiene alle opportunit di carriera nei livelli pi elevati, ma in tal caso il divieto di
discriminazione cede di fronte alla discrezionalit riconosciuta al datore di lavoro di scegliere i suoi pi
diretti collaboratori,
laddove tali scelte restano insindacabili in quanto avvengono sulla base di elementi prevalentemente
fiduciari.
Costituisce altres deroga al suddetto principio il caso in cui il sesso sia un requisito essenziale per la
particolare prestazione lavorativa nonch nel caso di lavori gravosi.
In ambito di discriminazione si usa distinguere tra discriminazione diretta e discriminazione indiretta,
laddove la prima immediatamente rilevabile nell'azione, atto o comportamento discriminatorio, mentre
l'altra, meno evidente, per lo pi desunta da dati statistici dimostrativi del fatto che atti apparentemente
neutri pongono, invece, in situazione di svantaggio determinate categorie di lavoratori.
In ambito processuale, nel caso di Discriminazione Diretta lonere della prova spetta allo stesso lavoratore
discriminato; invece, nel caso di Discriminazione Indiretta lonere della prova della non discriminazione si
rovescia sullimprenditore, cui incombe di discolparsi dallaccusa di discriminazione.
Una volta accertata la discriminazione, il giudice potr stabilire nella sentenza un "piano di rimozione"
delle discriminazioni.
un rimedio processualmente innovativo (anche se, sinora, poco utilizzato), che stato previsto per cercare
di conferire pi mordente alla normativa.
113
in base alla razza ed alle origini etniche (d.lgs. n. 215 del 2003);
in base alla religione, alle convinzioni personali, alla situazione di handicap, all'et, alle abitudini
sessuali (d.lgs. n. 216 del 2003).
Tali decreti definiscono il concetto di non discriminazione, tanto diretta quanto indiretta, in relazione ai
suddetti fattori, includendo in esso anche la nozione di "molestia ambientale" assimilabile ai
comportamenti mobbizzanti, e prevedono particolari strumenti di tutela giurisdizionale in caso di acclarata
discriminazione.
5. Le azioni positive
Alle nonne negative della discriminazione si accompagnano quelle inerenti alle azioni positive, che
contemplano, cio, non divieti bens forme di tutela a favore di particolari categorie ritenute in posizione di
svantaggio, quali i disabili e le lavoratrici, nonch iniziative per la realizzazione concreta delle pari
opportunit.
E se per i disabili vi tutta una normativa protezionista, che addirittura riserva loro una quota di posti di
lavoro (legge n. 68 del 1999), per la lavoratrice la legge n. 125 del 1991 prevede solo che siano adottate le
misure necessario a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscano la realizzazione concreta delle pari
opportunit.
In ambito europeo non mancano casi di eccessivo protezionismo che si sono tradotti in disparit di
trattamento all'inverso e cio troppo a favore delle donne ed in danno degli uomini.
Si prendi come es. una legge di un Land tedesco, la quale prevedeva che a parit di punteggio in un
concorso, si assumesse obbligatoriamente la donna; l'uomo conseguentemente svantaggiato, il sig. Kalanke,
introdusse un ricorso, poi pervenuto alla Corte di Giustizia, volto a far dichiarare l'illegittimit della norma, a
causa della discriminazione "a rovescio" che essa concretava.
La Corte dette ragione, in quel caso, al ricorrente, censurando in particolare l'automatismo del privilegio
stabilito dalla legge oggetto del giudizio.
Sentenze successive hanno ribadito il concetto, ma attenuandolo: ad es., nella sentenza Marshall stata
ribadita l'illegittimit di quote automatiche, ma si anche aggiunto che se una certa legge prevede, invece,
un meccanismo non cos "cieco", ma che preveda la possibilit, per il datore di lavoro, di motivare perch o
stata preferita una donna, tale preferenza deve ritenersi legittima.
114
115
Per quel che concerne le discriminazioni fondate su motivi attinenti alla razza o allorigine etnica, il
d.lgs. 216/2003 ha previsto:
Ufficio per la promozione della parit di trattamento e la rimozione delle discriminazioni (UNAR):
istituito presso la presidenza dei Consiglio dei Ministri, diretto da un responsabile nominato dal
Presidente del consiglio o da un Ministro delegato.
Le funzioni sono assai simili agli organismi che operano nel campo del genere: propone, promuove
(anche azioni positive), formula raccomandazioni e pareri, redige una relazione annuale al Parlamento
sulleffettiva applicazione dei principi in materia, indaga, ma non ha il potere di agire in giudizio bens
solo di fornire assistenza nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi.
116
autorit
giudiziaria
territorialmente
competente,
che
decide
con
sentenza
immediatamente esecutiva.
Linottemperanza delle decisioni dei giudici punita con lammenda fino a 50.000 euro o larresto
fino a 6 mesi e comporta altres il pagamento di una somma di 51 euro per ogni giorno di ritardo
nellesecuzione del provvedimento da versarsi al Fondo di cui allart. 18 e la revoca dei benefici di cui
allart. 41 co. 1 del codice delle pari opportunit.
Nel caso di discriminazioni diverse dal genere, il soggetto discriminato ha la possibilit di ricorrere in
giudizio direttamente o tramite soggetti collettivi.
Lintervento in giudizio di soggetti collettivi si realizza innanzitutto per delega del lavoratore.
Per le discriminazioni relative alla razza e alletnia, il lavoratore pu rilasciare la delega ad
associazioni ed enti inseriti in un apposito elenco, approvato dal Ministero per le pari opportunit e
individuati sulla base delle finalit programmatiche e della continuit dellazione.
Le associazioni e gli enti inseriti nellelenco sono legittimati ad agire nei casi di discriminazione
collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla
discriminazione.
prevista la possibilit di promuovere il tentativo di conciliazione.
117
118
CAPITOLO XVII
NEGOZI DISPOSITIVI, PRESCRIZIONE E DECADENZA
DEI DIRITTI DEL LAVORATORE
RINUNCE E TRANSAZIONI
La Rinuncia un negozio unilaterale recettizio (in quanto esplica i suoi effetti nel momento in cui giunge a
conoscenza del destinatario) mediante il quale il titolare di un diritto vi rinuncia senza alcun corrispettivo.
La Transazione, invece, secondo la definizione del codice civile, un contratto col quale le parti, facendosi
reciproche concessioni, pongono fine ad una lite gi iniziata o prevengono una lite che pu sorgere tra loro.
Lart.2113 c.c., sancisce linvalidit (annullabilit), ma non la nullit, delle rinunce e delle transazioni che
hanno ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni d legge inderogabili e da contratti
o accordi collettivi (ad es. diritto al versamento dei contributi assicurativi o diritto ad una retribuzione non
inferiore al minimo contrattuale di categoria).
Dunque, linvalidit prevista lAnnullabilit; cio un rimedio, rispetto alla nullit, svantaggioso per il
lavoratore, che lo costringe eventualmente a impugnare il negozio invalido in un preciso arco temporale.
Problema 1: qual lambito di applicazione della disciplina?
Lart. 2113 c.c. estende la disciplina a tutti i diritti derivanti da norme inderogabili non solo di legge, ma anche di
contratti o di accordi collettivi, mentre rende estranei alla previsione codicistica i diritti futuri, intendendo per tali quelli
concernenti unattivit lavorativa ancora da svolgere, quindi non maturati.
La giurisprudenza, dal canto suo esclude dall ambito di applicazione dell art. 2113 c.c.:
a) il diritto di impugnare il licenziamento (in quanto tale diritto pienamente disponibile dal lavoratore, e lo dimostra
il fatto che per il lavoratore sono previste le dimissioni);
b) le dichiarazioni che, sovente il lavoratore firma al termine del contratto di lavoro: quietanze a saldo o liberatorie
(con le quali il lavoratore afferma di aver percepito tutto quanto a lui spettante e di non aver nullaltro a
pretendere) in quanto aventi natura meramente ricognitiva o di scienza.
Una parte della dottrina (De Luca Tamajo), ha proposto una ricostruzione incentrata sulla distinzione tra diritti primari
(attinenti a situazioni soggettive fondamentali contemplate da norme inderogabili: ad esempio, il diritto al riposo o
alle ferie ex art. 36 co. 3 Cost.) e diritti secondari (di carattere risarcitorio conseguenti alla violazione del precetto
inderogabile: ad esempio, il diritto allindennit economica per il riposo o per le ferie non godute), considerando i
primi, estranei allart. 2113 c.c. e tutelati tramite la nullit tanto della pattuizione individuale quanto del negozio
dispositivo peggiorativo per il lavoratore; e i secondi, regolati dallart. 2113 c.c. e protetti dallannullabilit dei
relativi negozi di disposizione. Lopinione, per rimasta minoritaria, fondandosi su una distinzione smentita dalla
formulazione della norma codicistica la quale riferita semplicemente ai diritti del prestatore di lavoro.
La ricostruzione che invece ha, nel tempo, sempre pi preso piede differenzia il piano della regolazione del
rapporto, da cui nascer il diritto (ad esempio, regola della retribuzione sufficiente per il lavoro da prestare), e
quello del suo svolgimento, attinente allesercizio dello stesso diritto e quindi alla sua disposizione (ad esempio,
rinuncia alla retribuzione per il lavoro gi svolto).
Donde, la spiegazione del duplice regime: nullit per la violazione della regola, annullabilit per il negozio dispositivo
del diritto.
119
Le rinunce o gli accordi transattivi raggiunti sono impugnabili entro il termine di 6 mesi dalla data di
cessazione del rapporto di lavoro ovvero dalla data della rinuncia o della transazione nell'ipotesi in cui
queste siano intervenute dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
L'impugnazione deve avvenire in forma scritta con atto anche stragiudiziale.
Il lavoratore non deve osservare formule particolari, purch emerga detta volont e latto, avendo natura
unilaterale recettizia, giunga nel termine prescritto a conoscenza del datore.
NB: limpugnazione stragiudiziale non sostituisce lazione in giudizio: pur sempre necessario che
lannullamento sia dichiarato dal giudice, con sentenza di accertamento costituivo. Il relativo termine
quinquennale di prescrizione decorrer dalla data dellimpugnazione stragiudiziale.
La particolare tutela prevista dalla legge quando si ha riguardo a diritti irrinunciabili del lavoratore trae
giustificazione dal fatto che nel rapporto di lavoro il lavoratore generalmente considerato il contraente pi
debole.
Pertanto si ritiene che la volont da lui espressa nell'atto possa non essere libera.
Per tale ragione, la rinuncia o la transazione che intervenga alla presenza di un terzo soggetto chiamato a
valutare il libero processo di formazione della volont del lavoratore, sottratta alle limitazioni previste
dall'articolo 2113 del codice civile.
Non sono, quindi, impugnabili le rinunce e le transazioni che siano state stipulate:
con l'assistenza di associazioni sindacali;
davanti alla Commissione provinciale di conciliazione;
davanti al giudice;
davanti alle Commissioni di certificazione previste dallart. 76 del d.lgs. n.276 del 2003.
Si ritiene che nei casi sopra elencati la formazione della volont del lavoratore sia adeguatamente assistita.
PRESCRIZIONE
La prescrizione un istituto di carattere generale, che, secondo la Terminologia del codice civile e lopinione
tradizionale, produce lestinzione del diritto l dove il suo titolare rimanga inerte (ossia non lo eserciti) per un
dato tempo (art. 2934 c.c.).
Varie sono le opinioni circa la sua ratio, per lo pi ricondotta allesigenza di certezza delle situazioni
giuridiche e di responsabilit sociale, che mal tollera la negligenza dei singoli.
Alla prescrizione sono sottratti soltanto i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge (art. 2934
c.c.).
I diritti del prestatore di lavoro quindi, (secondo quanto prima osservato) disponibili seppur in modo
limitato, vi sono soggetti.
Sempre in base alle regole generali, si sa che il termine di prescrizione ordinario di un diritto di 10 anni
che decorre dal momento in cui il diritto pu essere esercitato.
Entrambe queste regole (quella del termine decennale e quella del dies a quo), per, presentano delle
particolarit nel diritto del lavoro:
Per quanto riguarda i termini di prescrizione, c lart. 2948, n. 5 c.c., che sottopone le indennit
spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro al termine breve di 5 anni.
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Tuttavia, consolidata lopinione secondo cui i crediti retribuitivi del lavoratore, avendo natura
periodica, ovvero rientrando tra ci che deve pagarsi ad anno o in termini pi brevi (n. 4, dello stesso
art. 2948, c.c.), si prescrivono comunque in 5 anni.
Lordinario termine decennale trova invece applicazione in altre diverse ipotesi (indennit una tantum,
rimborsi spese, liberalit, diritto alla qualifica, diritto al risarcimento del danno per responsabilit
contrattuale, per omesso versamento dei contributi previdenziali ex art. 2116 c.c.).
Per quanto riguarda il dies a quo della prescrizione: nella sentenza 63/1966 la Corte Costituzionale
dichiar lillegittimit costituzionale degli artt. 2948, n. 4, 2955, n. 2 e 2956, n. 1 c.c., limitatamente alla
parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di
lavoro, in quanto la situazione psicologica pu indurre il lavoratore a non esercitare il proprio diritto
per lo stesso motivo per cui molte volte portato a rinunciarvi, cio per timore del licenziamento.
Ne derivato lo slittamento, con riferimento esclusivo alla prescrizione dei diritti aventi natura
retributiva, del dies a quo al momento della cessazione del rapporto.
Questa regola tuttavia stata parzialmente rivista, a seguito del radicale mutamento del quadro
legislativo a seguito dell introduzione, con l art. 18 st. lav. della tutela reale contro i licenziamenti: la
giurisprudenza, infatti, in virt di tale innovazione ha sancito che la prescrizione comincia a decorrere
durante il rapporto di lavoro quando lo stesso rapporto gode di una stabilit di tipo reale (quando
cio, per il caso di sua illegittimit, sia prevista la reintegra nel posto di lavoro).
Questo quadro, negli ultimi decenni assestatosi, a seguito della cd. riforma Fornero (l. 28 giugno 2012,
n. 92) nuovamente mutato e risulta, al momento, assai incerto.
DECADENZA
Altro istituto di carattere generale in cui centrale il decorso del tempo la decadenza, la quale, a differenza
della prescrizione, dev essere tassativamente e specificamente indicata dalla legge o dallautonomia privata.
Con essa, per esigenze di certezza in relazione a situazioni anche solo potenzialmente controverse, si
sottopone a un termine breve e perentorio lesercizio di un diritto, che, trascorso tale termine, sar precluso.
Tra le ipotesi pi significative di decadenza legale in materia di lavoro vanno annoverate quelle concernenti
limpugnazione del licenziamento individuale e collettivo, del termine illegittimo apposto al contratto di
lavoro, dei negozi dispositivi invalidi.
Come si diceva, un termine di decadenza pu essere introdotto anche dallautonomia privata; per nullo il
patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti
lesercizio del diritto (art. 2965 c.c.).
Lautonomia collettiva ha pi volte dato seguito a questa possibilit, soprattutto in passato e in relazione alle
procedure conciliative e arbitrali.
E si andato via via consolidando lorientamento giurisprudenziale che individua nellart. 2113 c.c. il
parametro per valutare la legittimit delle clausole contrattuali di decadenza. In questa logica, si per lo pi
considerato eccessivamente difficile lesercizio di un diritto sottoposto a un termine di decadenza inferiore a
sei mesi o la cui decorrenza abbia inizio in costanza di rapporto di lavoro
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