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Diritto Dell' Unione Europea ( Università degli Studi di Bari Aldo Moro)
ISTITUZIONI DI DIRITTO
Villani
Riassunto
CAPITOLO 1:
Uno dei primi promotori del progetto di unire gli Stati europei fu il conte
Richard Coundenhove - Kalergi, il quale fondò nel 1924 un’associazione
denominata Unione paneuropea ,avente lo scopo di preservare l’Europa, da
una parte, dalla minaccia sovietica e dall’altra dalla dominazione economica
degli Stati Uniti.
Fondamentalmente furono 3 le concezioni che ispirarono tale
progetto:
La CECA nasce come una comunità sopranazionale e non più quindi come un
organizzazione internazionale. La novità è principalmente PERMANENZA DEI il
trasferimento dei poteri sovrani da parte degli Stati membri a enti,
appunto le comunità sopranazionali.
All’origine della Ceca vi è la celebre dichiarazione di Robert Schuman, che
contiene LA PROPOSTA, rivota anzitutto alla Germania (in relazione allo
storico contrasto Francia - Germania), ma anche agli altri Stati Europei
che intendevano aderirvi, DI METTERE IN COMUNE, sotto un Alta
Autorità, l’insieme della produzione di carbone e di acciaio, assicurando
allo stesso tempo la loro libera circolazione, al fine di favorire una
solidarietà tra i due Stati principalmente coinvolti. L’apparato
organizzativo sarebbe stato formato da un’Alta Autorità , composta da
personalità indipendenti che avrebbero avuto poteri sia esecutivi che
normativi nei confronti dei Paesi aderenti ma soggetta a un controllo
Sentenza COSTA/ENEL:
Tale trasferimento dagli Stati membri alle Comunità europee non riguarda
solo la potestà legislativa ma anche quella giudiziaria.
Nelle comunità sono presenti una pluralità di competenze, tra le quali
quella attribuita alla CORTE DI GIUSTIZIA, detta “pregiudiziale” o di
“rinvio”.
Essa è regolata nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
(TFUE), dall’ art 267 secondo il quale, nel caso si presentasse un dubbio
circa l’interpretazione o la validità del diritto comunitario, la Corte di
giustizia non può decidere circa il caso concreto o risolvere la questione
presa in considerazione, ma deve limitarsi solo a pronunciare la
CORRETTA INTERPRETAZIONE della norma comunitaria e decidere se
l’atto sia valido o meno.
STRUTTURA:
- istituzione di un Presidente dell’Unione eletto per un mandato di 2 anni e
mezzo dal Consiglio Europeo;
- istituzione di un Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e
la politica di sicurezza, avente l’incarico di Presidente del consiglio degli
“Affari estri” e di Vicepresidente della Commissione;
- vengono aumentati i poteri del Parlamento europeo in materia di bilancio
e di adozione degli atti dell’Unione, diventando, la codecisione, la
procedura legislativa ordinaria (accrescimento della legittimità
democratica);
- viene garantito il valore giuridico della Carta di Nizza dei diritti
fondamentali;
- definitivo abbandono di un’ottica meramente economica e mercantile
dell’Unione;
CAPITOLO 2:
Gli obiettivi dell’ Unione Europea sono indicati dall’articolo 3 del Trattato
UE nel quale confluiscono gli obiettivi che in passato caratterizzavano i
tre “pilastri”.
par. 1: “l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il
benessere dei popoli”
Il rispetto di tali valori è condizione imprescindibile per l’ingresso di
nuovi Stati membri.
par. 2: creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza
frontiere interne in cui sia assicurata la libertà di circolazione delle
persone con controlli riguardanti le frontiere, l’asilo, l’immigrazione,
la prevenzione e la lotta alla criminalità.
Tali obiettivi sono enunciati dall’ articolo 11 del TUE, nel quale, nel quadro
della PESC, si intende dare vita ad una politica estera unitaria, ponendosi
sulla scena internazionale come un soggetto politico unico e facendosi
portatore di quei valori di pace, di democrazia , dello stato di diritto e del
rispetto dei diritti umani.
L’Unione quindi, riconferma l’obbligo di astensione dalla minaccia e dall’uso
della forza, prescritto già dalla Carta delle Nazioni Unite e pone a
Art. 2 TUE <<L’ Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità,umana,
della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, rispetto dei diritti dell’
uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che
sono comuni agli Stati membri>>.
Sia l’Unione che gli Stati membri sono tenuti al rispetto di tali principi.
Il primo principio enunciato è quello di libertà. Tale termine va riferito
alla sua dimensione politica e va inteso come garanzia di rispetto
dell’autonomia dei cittadini nei confronti dei poteri pubblici.
Il principio di democrazia : implica il rinvio ai principi basilari delle
democrazie occidentali e si rifletteva sul Parlamento europeo nell’ obbligo
di consultazione, ossia nello strumento che gli consentiva la
partecipazione al processo legislativo. Il principio di democrazia non
poteva però dirsi adeguatamente realizzato essendo palesemente
insufficiente la mera consultazione al Parlamento. Il problema del deficit
democratico è stato quindi risolto con il procedimento della codecisione,
nel quale il potere legislativo è esercitato in condizioni di parità, dal
Consiglio e dal Parlamento.
Il principio dello stato di diritto comporta la necessità che nell’Unione,
tutti i soggetti e gli attori coinvolti, siano subordinati al rispetto del
diritto, risultante dagli stessi Trattati.
Art. 49 TUE: Ogni Stato europeo che rispetti e promuova i valori dell’art.
2 TUE può chiedere di diventare membro dell’Unione.
L’osservanza di questi valori è un requisito essenziale per l’ammissione
all’Unione.
L’art. 7 TUE ha instituito un meccanismo di controllo sulla condotta degli
Stati membri che può condurre, in caso di accertamenti di violazioni, a
sanzioni nei confronti degli Stati. La disposizione non riguarda però
violazioni dei principi sporadiche, ma violazioni gravi e persistenti (colpo
di Stato, politica razzista, ricorso alla tortura, soppressione della libertà
di stampa, ecc.), e può condurre a sanzioni sospensive di diritti inerenti
alla qualità di membro dell’Unione. Inoltre occorre che, a seguito
dell’accertata violazione, e di una proposta da almeno 1/3 degli Stati
membri o dalla Commissione, sia il Consiglio a deliberare, previo parere
conforme del Parlamento europeo. E’ cmq garantita la possibilità per lo
Stato membro preso in questione, di contraddire quanto detto ed esporre
le proprie ragioni prima che il Consiglio e il Parlamento deliberino.
Le sanzioni previste, possono consistere nella sospensione di alcuni dei
diritti derivanti dal trattato UE, compreso il diritto di voto nel Consiglio,
ferma restando la necessità per lo Stato in questione di continuare a
rispettare gli obblighi connessi alla qualità di membro.
La procedura regolata dall’Art.7 TUE non è soggetta ad un adeguato
controllo giudiziario dato che la Corte di Giustizia può pronunciarsi solo
sulla legittimità procedurale dell’atto adottato dal Consiglio e non anche
sul merito.
Solo per vizi formali quindi lo Stato può impugnare davanti alla Corte la
constatazione concernente la propria violazione.
Il Trattato di Lisbona ha poi introdotto una modifica al par. 1 dell’Art. 7
TUE stabilendo una difesa più avanzata dei valori stabiliti dall’Art. 2 TUE,
mediante una procedura di preallarme volta a verificare l’esistenza di un
evidente rischio di violazione grave e a prevenire la stessa commissione
della violazione.
I PRINCIPI DEMOCRATICI
L’art. 6 par.2 del TUE è dedicato ai diritti umani, diritti riconosciuti dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e
risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.
In una prima fase la Corte di Giustizia, nel valutare la validità di un atto
comunitario, si era rifiutata di tenere conto dell’eventuale violazione dei
diritti umani, mentre in una seconda fase, a seguito soprattutto delle
posizioni assunte dalla giurisprudenza interna (italiana e tedesca in
primis), ha affermato che i diritti umani fondamentali fanno parte dei
principi giuridici generali dell’Unione. Perciò atti europei emanati in loro
violazione sono illegittimi e suscettibili di essere annullati dalla Corte di
Giustizia.
L’inserimento dei diritti fondamentali, nel diritto dell’Unione è avvenuto
dunque in via “pretoria” grazie alla giurisprudenza per così dire creativa
della Corte.
L’adesione dell’Unione alla Convenzione comporta che i suoi atti siano
sindacabili dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Una prima è disciplinata dall’art.48 par.6 TUE riguardo alle modifiche alla
parte terza del TFUE, concernente le politiche e le azioni interne
dell’Unione.
CAPITOLO 3:
LE COMPETENZE DI ATTRIBUZIONE
LE COMPETENZE “SUSSIDIARIE”
dell’Unione, ma che quest’ultima non sia stata provvista dai Trattati dei
poteri d’azione necessari per realizzarlo.
Un ulteriore limite all’impiego del procedimento deriva dal divieto di
applicazione dello stesso in materia di PESC.
Tali limiti hanno però una scarsa efficacia pratica, in quanto gli scopi
dell’Unione che risultano dagli articoli 2,3 e 4 del TUE sono già di per sé
ampi e generali.
I c.d. POTERI IMPLICITI
- In tali materi sia l’Unione che gli Stati membri possono adottare
atti giuridicamente vincolanti.
- Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui
l’Unione non ha esercitato la propria.
Esse sono:
- 1) il mercato interno;
- 2) la politica sociale;
- 3) la coesione economica, sociale e territoriale;
- 4) l’agricoltura e la pesca (esclusa la conservazione delle risorse
biologiche del mare);
- 5) l’ambiente;
- 6) la protezione dei consumatori;
- 7) i trasporti;
- 8) le reti trans europee;
- 9) l’energia;
- 10) lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
IL PRINCIPIO DI SUSSUDIARIETA’
PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’
LA COOPERAZIONE RAFFORZATA
CAPITOLO 4:
LA CITTADINANZA EUROPEA
Si ricordi a tal proposito la causa Micheletti ,causa in cui la Corte ha respinto la posizione della Spagna che
negava che una persona, provvista di doppia cittadinanza, argentina e italiana, potesse considerarsi
italiana e quindi esercitare il proprio diritto di stabilimento in Spagna. Per la Spagna, infatti, in caso di
doppia cittadinanza, deve prevalere quella di residenza abituale che nel caso di specie era quella
argentina.
IL DIRITTO DI PETIZIONE
Una volta ricevuta la denuncia, o anche di propria iniziativa, il Mediatore, procede alle indagini . Qualora,
esso constati un caso di cattiva amministrazione ne investe l’istituzione interessata che dispone di tre
mesi per comunicargli il suo parere, e trasmette poi una relazione con progetti di raccomandazioni alla
stessa e al denunciante. L’azione del Mediatore europeo non si esprime mai con atti giuridicamente
vincolanti ma tuttavia il suo contributo alla risoluzione dei casi specifici è solitamente molto efficace.
CAPITOLO 5:
IL PARLAMENTO EUROPEO
IL CONSIGLIO EUROPEO
IL CONSIGLIO
LA COMMISSIONE
Uno dei compiti più importanti è quello di vigilare sul rispetto del diritto
dell’Unione. La Commissione appare in tal caso la custode dei Trattati
stessi e vigila sulle istituzioni e sugli stati membri. Al potere di vigilanza
si affianca un potere di carattere istruttorio, secondo il quale la
Commissione può raccogliere tutte le informazioni e procedere a tutte le
necessarie verifiche, per l’esecuzione dei compiti affidatile.
Altro compito attribuito alla Commissione è quello di formulare
raccomandazioni o pareri nei settori definiti dai Trattati.
Raccomandazioni e pareri non sono atti obbligatori, ma alcune volte
possono produrre effetti giuridici.
La Commissione dispone di un potere decisionale, seppur generale ma i
suoi atti non sono legislativi perché sono appunto adottati attraverso una
procedura non legislativa; l’atto delegato può integrare o modificare
elementi non essenziali dell’atto legislativo, mentre quelli essenziali
restano nella competenza esclusiva dell’atto legislativo.
Per quanto riguarda la potestà esecutiva la Commissione la condivide con
gli Stati membri anche se rimane una prerogativa di quest’ultimi.
I Trattati attribuiscono alla Commissione anche la rappresentanza
esterna dell’Unione anche se non esclusiva, infatti questa è esclusa nella
materia della PESC.
La Commissione partecipa alla formazione degli atti del Consiglio e del
Parlamento europeo. Essa detiene infatti il monopolio delle “proposte di
atti dell’Unione”, senza le quali non è possibile avviare i procedimenti di
adozione di tali atti. La forza della proposta è tale che essa, può si essere
respinta ma ove il Consiglio intenda modificarla può farlo solo deliberando
all’unanimità.
La Commissione poi pubblica ogni anno, almeno un mese prima dell’apertura
della sessione del Parlamento, una relazione generale sull’attività
dell’Unione.
La Corte dei conti è composta da un cittadino per ogni Stato membro, nominati per sei anni dal Consiglio a
maggioranza qualificata, su proposta di ciascun Stato membro e previa consultazione del Parlamento
europeo. Per ricoprire questo incarico, sono scelti personalità che fanno parte delle istituzioni di controllo
esterno o che posseggono una qualifica specifica per tale funzione, e che offrono tutte le garanzie di
indipendenza.
CAPITOLO 6:
I PROCEDIMENTI INTERSITITUZIONALI
CAPITOLO 7:
CARATTERI GENERALI
Inoltre tali accordi possono anche produrre effetti diretti per i singoli,
cioè possono creare diritti, che i singoli possono esercitare anche in via
giudiziaria dinanzi ai giudici degli Stati membri. Chiaramente, perché
essi abbiano efficacia diretta, è necessario che il loro contenuto sia
obbligatorio, preciso e incondizionato e che per la sua applicazione non si
richiede l’emanazione di un ulteriore atto.
Per quanto riguarda gli accordi conclusi tra Stati membri, va osservato
che quelli preesistenti alla loro partecipazione alla Comunità(o
Unione)europea, se incompatibili con i nuovi obblighi derivanti dai
Trattati, devono essere abrogati in virtù del fatto che il suddetti
Trattati prevalgono sulle convenzioni concluse tra gli Stati anteriormente
alla sua entrata in vigore. Così vale ugual cosa, ossia che PREVALE il
diritto dell’Unione, per accordi tra Stati membri stipulati dopo la loro
partecipazione all’Unione, che siano quindi incompatibili. In tal caso nei
loro confronti si potrebbe dare luogo anche ad una procedura di
infrazione.
Pertanto ove il contrasto non sussista gli Stati posso concludere accordi
anche in materie di competenza dell’Unione, a condizione che tale
competenza non sia esclusiva.
Gli Stati membri possono inoltre, in seno al Consiglio adottare degli atti
denominati “atti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio”, i quali non
Essi non fanno parte del diritto dell’Unione, qualora siano anteriori
all’adesione degli Stati membri alla Comunità o alla entrata in vigore del
Trattato CE. Tuttavia l’art 351 TFUE dello stesso fa salvi gli accordi, i cui
obblighi e diritti derivanti, non sono pregiudicati dalle disposizioni dei
Trattati.
Ciò vuol dire che uno Stato membro può sottrarsi agli obblighi derivanti
dal Trattato nella misura in cui ciò è necessario per adempiere quelli
prescritti da un convenzione conclusa anteriormente con uno Stato terzo.
Lo stesso articolo, però, prescrive anche che lo Stato o gli Stati membri
in questione debbano cercare di eliminare le incompatibilità tra la
convenzione anteriore e i Trattati. I giudici devono quindi interpretare la
convenzione preesistente in materia, in modo conforme al diritto
dell’Unione.
1. Regolamenti
2. Direttive
3. Decisioni
4. Raccomandazioni e pareri
5. Atti obbligatori e non vincolanti
I REGOLAMENTI
la diretta applicabilità
PORTATA GENERALE
Essa implica che il regolamento si applichi ad una fattispecie definita in
termini generali ed astratti e ad una serie indeterminata di destinatari,
ossia a più categorie di destinatari determinate astrattamente e
individuate sulla base di elementi oggettivi e non di qualità personali.
Esso si differenzia quindi dalla decisione in quanto quest’ ultima non ha
portata generale ma Individuale, diretta cioè a destinatari limitati e
specifici.
Ci sono però casi in cui, i regolamenti hanno uno specifico oggetto, cioè
misure contro determinate persone, come nel caso del regolamento che
stabilisce il congelamento di capitali per le persone sospettate di
terrorismo; tali regolamenti si rivolgono cmq ad una generalità
indeterminata di destinatari in quanto vietano a chiunque di mettere a
disposizione dei sospettati risorse finanziarie. La generalità del
regolamento poi, non va intesa necessariamente come sua applicazione in
tutti gli Stati membri perché è possibile che esso abbia un’applicabilità
territoriale limitata.
OBBLIGATORIETA’
in tutti i suoi elementi ciò significa che tale obbligatorietà è, integrale,
cioè non è limitata ai soli risultati da raggiungere, come nel caso nella
direttiva, ma si riferisce anche alle forme e ai mezzi diretti ad assicurare
il risultato.
LA DIRETTA APPLICABILITA’
negli Stati membri essa mette in evidenza l’aspetto essenziale della
sopranazionalità: infatti i regolamenti esprimono la capacità dell’Unione
europea di produrre una normativa che raggiunge direttamente i singoli,
creando per essi diritti e obblighi senza che ci sia il bisogno che gli Stati
membri facciano qualcosa per darle esecuzione e per farla adattare.
L’ applicabilità diretta dei regolamenti comporta che essi acquistino
efficacia giuridica all’interno degli Stati membri al momento stesso in cui,
dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione, entrano in
vigore sul piano europeo senza che detti Stati possano fare niente per
impedirne l’efficacia.
LE DIRETTIVE
Dalla sua definizione risulta che essa può avere :
obbligo consiste nel divieto per gli Stati di adottare misure che
abbiano il risultato di rendere più difficile l’attuazione della
Direttiva, in quanto modifichino l’ordinamento interno in modo da
renderlo più difforme dagli obiettivi della direttiva e
pregiudichino così il risultato da essa prescritto. Al contrario i
provvedimenti devono appunto facilitare tale esecuzione, e i
mezzi con i quali fare questo devono essere comunicati alla
Commissione.
Entro il termine prescritto gli Stati destinatari hanno l’obbligo di
adottare tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla
direttiva; eventuali difficoltà consentono allo Stato al massimo di
chiedere una proroga. La scelta della forma e dei mezzi rientra nelle
competenze degli Stati i quali però a riguardo non hanno libertà assoluta:
infatti esigenze di certezza del diritto impongono agli Stati di emanare
atti che siano idonei a garantire pienamente il risultato prescritto nella
direttiva. Pertanto possono essere necessari provvedimenti idonei a
modificare la normativa dello Stato per adeguarla all’obiettivo posto dalla
direttiva.
Una volta scaduto il termine per l’attuazione, lo Stato è responsabile per
violazione ex Art.288 TFUE e nei sui riguardi può essere esperita la
procedura di infrazione; inoltre a certe condizioni può anche essere
richiesto il risarcimento dei danni che i singoli hanno subito a seguito
dell’inadempimento.
Sebbene la direttiva abbia un’efficacia “mediata”, a certe condizioni e
entro certi limiti, essa pur non attuata dallo Stato membro, può produrre
effetti diretti all’interno dello Stato, qualora abbia un contenuto chiaro e
preciso, preveda per gli Stati destinatari un obbligo incondizionato e sia
diretta conferire ai singoli un diritto suscettibile di essere esercitato ed
invocato davanti al giudice nazionale. La Corte di Giustizia a stabilito che
per l’applicabilità diretta, il termine di attuazione della direttiva deve
essere scaduto. La ratio della diretta applicabilità sta innanzitutto nel
tutelare gli obblighi dei singoli nascenti dalla direttiva che sarebbero
pregiudicati dalla mancata attuazione da parte dello Stato e che invece,
grazie al riconoscimento di effetti diretti, possono ugualmente essere
esercitati e tutelati in via giudiziaria e in secondo luogo nel sanzionare lo
Stato inadempiente. Dato che la direttiva crea obblighi solo per gli Stati,
LE DECISIONI
LE RACCOMANDAZIONI E I PARERI
L’Art.288 TFUE al 5° comma si limita ad affermare che tali atti non sono
vincolanti.
La raccomandazione rappresenta una manifestazione di volontà con la
quale l’istituzione che emana, chiede al destinatario, seppur in maniera
non vincolante, di tenere un la condotta raccomandata.
Il parere invece, è una manifestazione di giudizio, un consiglio, senza che
il suo intento sia quello di sollecitare il destinatario a seguire un
determinato comportamento.
E’ diffusa opinione che tutte le istituzioni dell’Unione siano idonee ad
emanare raccomandazioni, quando non dispongano, in forza dei Trattati,
del potere di adottare atti obbligatori o quando ritengono che non vi sia
motivo di adottare atti più vincolanti (sent. Grimaldi). Anche se potere
generale di adottare tali atti spetta al Consiglio, alla Commissione e nei
casi previsti dai Trattati, alla BCE.
La raccomandazione può avere come destinatari un istituzione, ovvero
Stati membri o anche persone fisiche o giuridiche.
Sebbene non abbia effetti obbligatori, la raccomandazione è soggetta
alla competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia ai sensi dell’Art 267
TFUE.
Gli atti diversi da quelli contemplati dall’Art. 288 TFUE sono denominati
atti atipici. Essi comprendono un’ampia varietà di figure, possono
rappresentare un elemento di incertezza giuridica e vengo raggruppati in
3 categorie:
atti, previsti dai Trattati, che hanno la medesima
denominazione di uno di quelli tipici contemplati dall’Art.
288TFUE, ma caratteri giuridici differenziati (es. i
regolamenti interni di varie istituzioni e organi)
atti, previsti dai Trattati, ma aventi denominazioni e
caratteri diversi da quelli tipici (es. le risoluzioni operative che
le istituzioni adottano per regolare la propria attività nei vari
settori)
atti, non contemplati dai Trattati, ma nati dalla prassi
(l’assenza di disposizioni rendono difficile l’individuazione dei loro
effetti che a seconda dei casi possono avere valore giuridico o
meramente politico)
Altri esempi di atti atipici sono senz’altro gli accordi interistituzionali
tra Parlamento, Consiglio e Commissione i quali hanno carattere vincolante
ed effetti obbligatori, e la cui prassi, collegata al principio di leale
collaborazione, appare sicuramente legittima.
CAPITOLO 8:
LE COMPETENZE GIUDIZIARIE
La Comunità europea è una comunità di diritto, all’interno della quale gli Stati
membri e le istituzioni che ne fanno parte non possono sottrarsi al controllo
giudiziario della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado, per quanto
riguarda la conformità degli atti alla carta costituzionale di base costituita dal
Trattato CE (sent. Les Verts).
Questa procedura può essere promossa sia dalla Commissione che da uno
Stato membro.
Questo ruolo, infatti sarebbe di difficile esercizio qualora essa non fosse
informata da denunce e esposti, provenienti da soggetti vari.
Tale fase inizia con l’ invio di una LETTERA, detta di messa in mora
o di diffida, da parte della Commissione, allo Stato interessato. In
tale lettera essa indica gli elementi di fatto e gli elementi di diritto
in base ai quali reputa che sussista l’infrazione, nonché le specifiche
disposizioni violate dallo Stato.
Ricevuta la lettera, lo Stato viene posto nella condizione di
presentare delle osservazioni circa l’eventuale violazione, come pure
le sue presumibili giustificazioni.
Se le giustificazioni dello Stato risultano insufficienti alla
Commissione, ai sensi dell’Art.258,1° Co TFUE, essa emette un c.d.
PARERE MOTIVATO, ossia un atto che precisa in maniera rigida e
formale gli addebiti contestati. Fondamentalmente ciò che
differenzia la lettera di messa in mora, dal parere motivato è che
mentre la prima è considerata come un succinto riassunto degli
addebiti, il secondo deve contenere invece un esposizione precisa,
rigida, formale e particolareggiata dei motivi che hanno spinto la
Commissione a convincersi che lo Stato abbia compiuto l’infrazione.
Il trattato non stabilisce quale sia il termine entro il quale lo Stato debba
conformarsi al parere, e neanche quello per presentare le proprie
osservazioni, ma la Corte ha affermato che debba trattarsi di un tempo
ragionevole in relazione alle particolarità del caso in questione.
Qualora lo Stato non si conformi al parere motivato entro il termine
fissato, allora si passa alla fase contenziosa e la Commissione può adire la
Corte.
FASE CONTENZIOSA
alla situazione dello Stato al momento della scadenza del termine fissato
nel parere motivato.
La Corte in attesa della sentenza, può emanare provvedimenti provvisori,
con i quali può prescrivere allo Stato convenuto la sospensione
dell’applicazione di una data legge o di una certa prassi amministrativa.
Esistono poi specifiche ipotesi nelle quali non è contemplato lo
svolgimento di una fase pre-contenziosa e la Commissione può adire
direttamente la Corte di Giustizia;
un’ esempio classico di questo tipo di procedura è quello riguardante gli
aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno o attuati in modo
abusivo.
a) la gravità dell’infrazione
b) la sua durata
c) la necessità di garantire l’effetto dissuasivo della sanzione anche
con riguardo alla capacità finanziaria dello Stato inadempiente
La sanzione può essere una somma forfettaria consistente in una somma
determinata quale sanzione della continuazione dell’inadempimento tra la
prima sentenza di accertamento della violazione e la seconda; ma può
essere anche una penalità consistente in una somma da pagare per ogni
giorno di ritardo a partire dalla seconda sentenza, ossia una penalità di
mora che non può essere determinata a priori ma dipende dal persistere
del ritardo dello Stato.
In alcuni casi è possibile anche un’applicazione cumulativa delle due
sanzioni (somma forfettaria e penalità) dato che avrebbero una distinta
Affinché sorga l’obbligo risarcitorio non c’è bisogno che la violazione sia
stata precedentemente accertata dalla Corte di Giustizia, infatti ben può
il giudice interno constatare la violazione e condannare il proprio Governo
al risarcimento dei danni
la norma giuridica violata sia una norma che conferisce diritti ai singoli.
1. ricorrenti privilegiati
che impugnano un atto anche se non li riguarda direttamente (senza
interesse ad agire)
2. ricorrenti non privilegiati
impugnano un atto solo se lede i loro interessi individuali
I ricorrenti privilegiati sono
STATI MEMBRI - COMMISSIONE - PARLAMENTO – CONSIGLIO
I MOTIVI DI IMPUGNAZIONE
L’incompetenza
consiste nell’assenza del potere di emanare l’atto in questione.
L’incompetenza può essere assoluta, quando l’Unione in quanto tale
sia priva di tale potere, o relativa, quando è la singola istituzione ad
esserne priva.
Violazione delle forme sostanziali
consiste nella violazione delle regole giuridiche riguardanti il
procedimento di adozione dell’atto (es: mancata o insufficiente
motivazione, mancata consultazione di un’istituzione se obbligatoria,
erronea indicazione della base giuridica); non è sufficiente una
qualsiasi violazione, ma deve trattarsi di una violazione di una certa
gravità che finisca per colpire principi sostanziali come quello della
certezza del diritto.
Violazione dei Trattati
consiste nella violazione di norme e principi dei Trattati istitutivi, di
trattati di adesione, o di principi generali del diritto dell’Unione,
nonché accordi internazionali e norme del diritto internazione
generale. Per quanto riguarda la violazione di accordi dell’Unione, la
Corte considera soltanto quegli accordi provvisti di effetti diretti,
che abbiano i caratteri di completezza, precisione e incondizionata
obbligatorietà.
Sviamento di potere
avviene quando, l’istituzione ha il potere di emanare un atto, ma
quest’ultimo è adottato per un fine diverso da quello in vista del
L’annullamento può essere anche parziale, nel senso che vengono annullati
solo i punti dell’atto considerati illegittimi dal ricorrente. Questo però si
può fare solo se questi punti possono essere effettivamente separati dal
resto dell’atto e solo se l’annullamento parziale non determini una
modifica sostanziale del contenuto dell’atto stesso (altrimenti la
competenza della Corte si risolverebbe in un intervento legislativo).
Per quanto riguarda gli effetti temporanei delle sentenze di
annullamento, questi retroagiscono fino al momento dell’adozione dell’atto
(efficacia ex tunc), anche se ciò contrasta con le esigenze di certezza del
diritto e di tutela dell’affidamento per cui sarà poi la Corte a stabilire
quali saranno gli effetti dell’atto annullato cha andranno fatti salvi. La
Corte nella sentenza di annullamento si limita soltanto a verificare la
sussistenza del vizio, saranno poi le istituzioni che dovranno individuare le
misure necessarie da prendere per conformarsi alla sentenza.
C’è da ricordare infine che la pur corretta esecuzione della sentenza non
pregiudica il diritto del ricorrente al risarcimento del danno ai sensi
del’Art.340 TFUE.
La Corte ha stabilito che oggetto della norma in esame sono tutti gli
atti di portata generale, per cui l’eccezione non può essere sollevata
nei confronti di atti individuali che non siano stati impugnati nel
termine di decadenza di 2 mesi.
IL RICORSO IN CARENZA
abbiano reso giustizia all’interessato allora questi può ricorrere alla Corte
(carattere residuale).
Non tutti gli atti o le omissioni però danno luogo al risarcimento, infatti
devono sussistere alcune condizioni:
o la norma violata deve essere preordinata a conferire diritti al
singolo
o deve trattarsi di una violazione grave e manifesta
o deve esserci un nesso di causalità tra l’obbligo incombente
sull’autore e il danno subito dai soggetti lesi
Per quanto riguarda la responsabilità dell’Unione per un illecito
commesso dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni , sono
necessarie 2 condizioni:
o colui che ha prodotto il danno deve essere un dipendente
dell’Unione
o e deve aver agito in esecuzione di un compito affidatogli dalla
stessa Unione
La responsabilità extracontrattuale dell’Unione potrebbe
configurarsi anche a seguito di una condotta lecita; in questo caso
però il danno sarebbe risarcibile solo in presenza di rigorose
condizioni:
o l’esistenza di un danno effettivo e certo
o il nesso di causalità tra la condotta dell’Unione e il danno
o e il fatto che il danno sia anormale e speciale
In realtà la Corte di Giustizia, nella sentenza FIAMM ha espressamente
negato tale possibilità.
Le azioni contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si
prescrivono in 5 anni dal momento in cui avviene il danno; il termine è
calcolato a partire dalla nascita del danno e non dell’illecito.
Non rientrano nella competenza della Corte, né la responsabilità
contrattuale dell’Unione, che ricade nella competenza dei giudici nazionali,
a meno che nel contratto non sia stata inserita una clausola
compromissoria a favore della Corte; né le controversie tra l’Unione e i
suoi dipendenti che invece ricadono nella competenza del Tribunale della
funzione pubblica.
CAPITOLO 9:
Prende avvio con la verifica, da parte del presidente del Consiglio o del
ministro delle politiche europee, dello stato di conformità
dell’ordinamento italiano e degli indirizzi di politica governativa agli
obblighi europei. La stessa verifica viene compiuta dalle regioni e
provincie autonome, nelle materie di loro competenza.
Di seguito il Presidente del Consiglio di concerto con i ministri interessati,
entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge
recante “ disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle comunità europee”.
I l contenuto della legge comunitaria reca disposizioni:
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