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1 PARTE PRIMA

LA FORMAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI

1.

Definizione di diritto internazionale. Precisazioni terminologiche

Il diritto internazionale lordinamento della comunit degli Stati. Esso scaturisce dalla cooperazione tra gli Stati, che si impegnano a rispettarlo con proprie norme di rango anche costituzionale. Le norme internazionali creano diritti e obblighi per gli Stati, secondo la volont di ciascuno nelle forme previste dal diritto internazionale stesso. Esso non regola solo i rapporti interstatali, ma tende sempre di pi a disciplinare rapporti che si svolgono allinterno della comunit statale: economici, commerciali e sociali. A questo scopo esso viene applicato dagli operatori giuridici interni: innanzitutto i giudici nazionali. Bisogna distinguere il diritto internazionale pubblico dal diritto internazionale privato. Questultimo costituito da quelle norme di diritto privato straniero che i giudici sono tenuti ad applicare, quando norme dello Stato prevedono limitazioni al proprio diritto privato. Si tratta, quindi, di norme che appartengono ad ordinamenti diversi: il primo della comunit degli Stati, il secondo dello Stato interno. Il diritto internazionale pubblico tende a regolare anche rapporti interni e di diritto privato, ma solo perch lo Stato traduce in norme interne le norme internazionali stipulate che trattano tali rapporti.

2.

Quadro sintetico delle funzioni di produzione, accertamento ed attuazione coattiva del diritto internazionale. Caratteristiche dellordinamento internazionale sono: funzione normativa funzione di accertamento del diritto funzione di attuazione coattiva delle norme.

La funzione normativa il potere vincolante delle norme internazionali per gli Stati. Bisogna distinguere tra diritto internazionale generale (norme che si indirizzano a tutti gli Stati) e diritto internazionale particolare (norme che vincolano una ristretta cerchia di Stati,

2 che di solito hanno partecipato alla loro formazione). Ad esempio, la Costituzione italiana (art. 10) afferma che lordinamento si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. La Costituzione si riferisce alle norme consuetudinarie, formatesi nellambito della comunit internazionale nel tempo e attraverso luso continuo, di cui si pu affermare lesistenza, solo se si dimostra che sono rispettate dagli Stati per prassi costante. Questa la consuetudine, fonte di primo grado del diritto internazionale che, tuttavia, ha dato vita sinora ad una scarsa quantit di norme. Tipiche norme di diritto internazionale particolare sono quelle derivanti da accordi, patti, convenzioni o trattati internazionali, che vincolano solo gli Stati contraenti. Esse sono molto numerose e costituiscono la parte pi rilevante del diritto internazionale. Sono fonte di secondo grado, poich laccordo subordinato alla consuetudine, cos come nel diritto interno il contratto subordinato alla legge. Fonte di terzo grado sono i procedimenti previsti da accordi, che costituiscono norme di diritto internazionale particolare. Essi traggono la loro forza cogente dagli accordi internazionali, che li prevedono, e sono vincolanti solo per gli Stati aderenti agli accordi da cui promanano. Si tratta di atti delle organizzazioni internazionali, ossia delle unioni tra Stati, come lOnu, Comunit Europea, ecc. Queste organizzazioni non hanno potere vincolante nei confronti degli Stati membri e normalmente emettono raccomandazioni che sono mere esortazioni. Quando gli atti di queste organizzazioni sono vincolanti, invece, essi sono fonti gerarchicamente sottoposte agli accordi, perch prendono vita proprio dallaccordo (trattato istitutivo). Lo Stato, quindi, vincolato alla decisione, perch si impegnato a rispettarla con ladesione allaccordo costitutivo dellorganizzazione. La funzione di accertamento giudiziario del diritto internazionale molto pi labile rispetto al diritto interno. Essa ha carattere prevalentemente arbitrale. Larbitrato, a differenza della giurisdizione, si poggia sullaccordo delle parti diretto a sottoporre le controversie ad un giudice congiuntamente predeterminato. Lattuazione coattiva delle norme internazionali, ovvero la repressione della violazione delle norme internazionali, si basa sullautotutela (nel diritto interno invece uneccezione il farsi giustizia da s). Proprio per questo si afferma che il diritto internazionale poggia su rapporti di mera forza. Queste caratteristiche hanno portano alcuni a negare la giuridicit del diritto internazionale, fenomeno incapace di imporsi con continuit ed efficacia al singolo Stato non osservante.

3 Secondo il Conforti, la giuridicit e lobbligatoriet del diritto internazionale risiedono nellattivit degli operatori giuridici interni, che hanno il compito istituzionale di far applicare il diritto, in primo luogo i giudici. In Italia la Costituzione (art. 10) impegna al rispetto del diritto internazionale generale; inoltre i trattati stipulati formano normalmente oggetto di legge ordinaria applicativa. Quindi, losservanza del diritto internazionale si basa sulla volont degli operatori giuridici interni ad adoperare i mezzi esistenti, affinch le istanze internazionalistiche prevalgano su quelle nazionalistiche. Secondo il Jellinek il diritto internazionale frutto della autolimitazione del singolo Stato, in quanto la comunit internazionale non possiede mezzi giuridici idonei per reagire in modo imparziale ed efficace alle violazioni delle norme internazionali. La cooperazione del diritto interno indispensabile, quindi, per fare del diritto internazionale un fenomeno giuridico. E anche vero che lapplicazione del diritto internazionale non pu compromettere i valori della comunit statale costituzionalmente garantiti. Esistono quindi problemi di coordinamento tra i due ordinamenti, anche perch spesso il diritto interno appare pi progredito di quello internazionale.

3.

Lo Stato come soggetto di diritto internazionale. Altri soggetti e presunti tali.

Lo Stato viene definito in modo duplice: da una parte Statocomunit (comunit umana stanziata su una zona della superficie terrestre, sottoposta a leggi che la tengono unita), dallaltra Statoorganizzazione-governo-apparato (insieme dei governanti e degli organi che esercitano il potere dimperio sui singoli associati). E a questa seconda accezione che spetta la qualifica di soggetto di diritto internazionale. Sono gli organi statali che, esercitando il potere di governo, partecipano alla formazione delle norme internazionali; ad essi che queste norme si rivolgono, disciplinando e limitando la loro attivit di governo; sono unicamente gli organi statali che, con la loro condotta, possono comportare responsabilit per lo Stato. Gli organi che concorrono alla formazione dellapparato statale non sono solo quelli di vertice, ma tutti quelli che partecipano al potere di governo nellambito del territorio, quindi anche le amministrazioni locali e gli enti pubblici minori, che, per consuetudine, sono considerati componenti dellorganizzazione dello Stato soggetto di diritto internazionale. Lo Stato organizzazione , dunque, quellente rilevante per lordinamento internazionale, in quanto destinatario delle sue norme; per questo lo Stato pu pretendere che esse vengano rispettate nei propri confronti e questo avviene finch esso eserciti effettivamente il

4 proprio potere su di una comunit territoriale. Il requisito della effettivit territoriale di governo essenziale. Per questo motivo negata soggettivit internazionale ai governi in esilio e ai comitati di liberazione nazionale che, bench riconosciuti dai governi ospitanti per motivi di opportunit politica, non hanno effettiva sovranit sul territorio occupato da altro Stato. Cos, ad esempio, lOrganizzazione per la Liberazione della Palestina con sede a Tunisi, quando nel 1988 proclam lo Stato della Palestina, nonostante non avesse alcuna base territoriale. La Cassazione (1985) ha sostenuto che lOlp, e altri movimenti di liberazione nazionale, godono di soggettivit limitata allo scopo di discutere, su basi di perfetta parit con gli Stati territoriali, questioni relative alla autodeterminazione dei popoli da essi controllati, principio ritenuto norma consuetudinaria di natura cogente. Viene, invece, esclusa la soggettivit piena e, quindi, vengono negate le immunit previste dal diritto internazionale e le immunit dalla giurisdizione penale riconosciuta ai capi di Stato estero. Anche oggi, nonostante il passaggio di vari territori da Israele al controllo dellAutorit Nazionale Palestinese, vi sono dubbi sulla effettiva soggettivit di uno Stato palestinese. I suoi territori di fatto sono ancora sotto il controllo militare israeliano. Inoltre, gli accordi che hanno sancito questo passaggio somigliano, pi che ad accordi internazionali, ad intese intercorse con le potenze coloniali nella fase di decolonizzazione e di preparazione allindipendenza definitiva. Del resto, tali accordi non sono registrati presso il segretariato dellOnu, come avviene per le intese internazionali, e, inoltre, lAnp continua ad aver, presso lOnu lo status di osservatore e non di membro. Altro requisito necessario ai fini della soggettivit internazionale lindipendenza o sovranit esterna, che si ha quando un organismo di governo non dipende da alcun altro Stato. Non hanno tale caratteristica gli Stati membri di Stati federali che, quindi, non sono soggetti di diritto internazionale, bench a volte possano essere autorizzati dal potere centrale a concludere accordi. Diverso il caso della Confederazione, ovvero lunione tra Stati indipendenti e sovrani, creata soprattutto a scopi di difesa, con un organo rappresentativo di tutti gli Stati (Dieta) che possiede ampi poteri in materia di politica estera. In definitiva, indipendente e sovrano lo Stato il cui ordinamento sia originario, tragga forza giuridica da una Costituzione propria e non dallordinamento e dalla Costituzione di altro Stato. Non diminuisce la soggettivit la dimensione anche minima del territorio. Fanno eccezione i governi fantoccio, che, pur se caratterizzati da istituzioni indipendenti e originarie, di fatto sono soggetti allingerenza di altri Stati; essi, quindi, non hanno soggettivit internazionale.

5 Non occorre alcun riconoscimento ufficiale da parte della comunit degli Stati per divenire soggetto internazionale. Lo automaticamente ogni organizzazione di governo che eserciti effettivamente ed indipendentemente il proprio potere su di una comunit territoriale. Il riconoscimento di uno Stato nei confronti di un altro Stato un atto lecito ed altrettanto lecito il non-riconoscimento. Per il diritto internazionale sono atti che non producono conseguenze giuridiche, essendo comportamenti della sfera politica. Il riconoscimento un atto politico, indicativo unicamente della volont di un Paese di avviare rapporti diplomatici con un altro Paese e di stringere relazioni amichevoli e collaborazioni mediante la conclusione di accordi. (La Corte dAppello americana, con una sentenza del 1992, ha rifiutato di considerare estinto un trattato con Taiwan, Stato non pi riconosciuto dagli Usa dal 1979, ma comunque dotato degli attributi statali di territorio, popolo, Governo, rapporti internazionali). Gli Stati preesistenti non possono esercitare col riconoscimento una sorta di potere di ammissione nella comunit internazionale nei confronti di una nuova organizzazione di governo, che si affermata con i caratteri della effettivit e dellindipendenza. E anche se alla manifestazione o meno del riconoscimento, oggi come in passato, stato dato valore di giudizio e ideologico (non democraticit, violazione di diritti umani, non riconoscimento del valore della pace), tutto ci non si mai tradotto in norme internazionali, perch gli Stati non hanno mai trovato accordo sui valori da porre a base di una codificazione o di una stabilizzazione consuetudinaria del riconoscimento. Un tentativo di trovare queste norme stato fatto con le due dichiarazioni di Bruxelles (1991) in cui la Comunit Europea ha posto una lunga serie di condizioni per il riconoscimento dei Paesi dellex Unione Sovietica e dellex Jugoslavia. Ci si chiede se, oltre alleffettivit e allindipendenza, occorrano altri requisiti affinch lo Stato acquisti personalit internazionale, come nel caso delle dichiarazioni di Bruxelles. Bisogna dire che gli Stati preesistenti oggi chiedono al nuovo Stato di non costituire una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale, che esso goda del consenso del popolo attraverso libere elezioni e non violi i diritti umani; questi requisiti, quindi, se mancanti, dovrebbero anche essere motivo di perdita della personalit internazionale. Ma, di fatto, nel contesto mondiale attuale questi requisiti, mai ufficializzati, sono validi solo per linstaurazione di rapporti amichevoli. Inoltre, non sono pochi gli Stati autoritari e inosservanti dei diritti umani, ma che hanno rapporti costanti con Stati democratici. Anzi, si pu affermare che la richiesta di tali requisiti non condiziona, ma presuppone la personalit giuridica dello Stato stesso. Si discute poi della soggettivit o meno del Governo o del partito insurrezionale. Gli insorti non possono essere soggetti di diritto

6 internazionale, ma solo sudditi ribelli, verso i quali il Governo legittimo pu prendere i provvedimenti che ritiene opportuni. Ma, se essi dovessero riuscire a prendere il controllo effettivo di una parte di territorio, in tal caso ci si troverebbe di fronte ad una forma embrionale di Stato, alla quale non si pu negare soggettivit, anche se la rivolta poi dovesse fallire. E, dunque, leffettivo controllo del territorio il requisito richiesto per la personalit giuridica internazionale. Il moltiplicarsi di norme convenzionali che obbligano gli Stati a tutelare i diritti fondamentali delluomo fa propendere gran parte della dottrina per lesistenza di altri soggetti di diritto internazionale oltre agli Stati; questi soggetti sarebbero, sia pure limitatamente, le persone fisiche o quelle giuridiche, in quanto titolari di veri e propri diritti internazionalmente riconosciuti. A suffragare questa tesi sta il fatto che, sempre pi spesso, concesso allindividuo ricorrere presso organi internazionali (potere di azione) per vedere riconosciuto un proprio diritto. Allo stesso modo, esistono tanti trattati che disciplinano vari aspetti della vita economica e sociale interindividuale. Anche nel diritto consuetudinario vi sono numerosi esempi per sostenere la personalit internazionale degli individui: si pensi ai crimini di guerra, contro la pace e la sicurezza dellumanit (crimina juris gentium), per i quali uno Stato pu esercitare la propria potest punitiva a difesa di prerogative nazionali, ma che si riflettono sullindividuo. La dottrina contraria a questa teoria afferma che non si nega che gli individui possano essere titolari dei suddetti diritti, ma se ne contesta la natura internazionale. Destinatari delle norme consuetudinarie o pattizie che si rivolgono allindividuo rimangono sempre e soltanto gli Stati. Lobbligo per lo Stato di trattare lindividuo secondo criteri umanitari sussisterebbe solo nei confronti di tutti gli Stati (diritto consuetudinario) o degli Stati contraenti (diritto convenzionale). Solo nellambito dei singoli Stati, e solo se questi facciano onore agli obblighi assunti, inserendoli nel loro diritto interno, si potrebbe produrre una situazione giuridica individuale corrispondente a quanto previsto sul piano interstatale. La destinazione individuale di molte norme internazionali e il potere dazione riconosciuto alla persona sul piano interstatale non sono sufficienti ad individuare una personalit del singolo sul piano dellordinamento internazionale, il quale una comunit di governanti e non di governati. Questi ultimi rimangono sottoposti allo Stato, la cui collaborazione essenziale perch si raggiungano gli obiettivi individuali che le norme internazionali si propongono. Inoltre, lindividuo non ha possibilit di avvalersi direttamente di mezzi internazionali coercitivi per costringere gli Stati a rispettare i suoi diritti.

7 Neanche le minoranze etniche possono assurgere a soggetti di diritto internazionale, nonostante numerose norme riconoscano e tutelino i loro diritti. Non vi sono oggi strumenti di azione diretta. Si parla poi, spesso, di diritti dei popoli (autodeterminazione, disporre autonomamente delle proprie risorse, ecc.), ma il termine popolo un modo enfatico per indicare lo Stato che leffettivo titolare del diritto. Tuttavia, vi sono una serie di norme internazionali che tutelano il popolo rispetto allapparato che lo governa. Queste norme si riducono allunico principio della autodeterminazione dei popoli. Esso una regola di diritto positivo che ha acquistato carattere consuetudinario ed stato posto alla base della Carta dellOnu. La Corte Internazionale di Giustizia ne ha riconosciuto lesistenza come principio consuetudinario in due pareri richiesti dallAssemblea Generale (1971, Namibia; 1975, Sahara occidentale) e in una sentenza (1995, Timor Est) che lo definisce uno dei principi essenziali del diritto internazionale contemporaneo. Tuttavia, esso un principio che oggi ha ancora unapplicazione ristretta, per lo pi a quei popoli sottoposti ad un Governo straniero, a dominazione coloniale, a territori conquistati e occupati con la forza (autodeterminazione esterna). Il diritto di autodeterminazione consiste nel riconoscere la libera scelta che un popolo pu fare per uscire dal dominio straniero e divenire indipendente, associarsi o integrarsi ad altro Stato indipendente, ecc. Diversamente non pu considerarsi di diritto internazionale il principio di autodeterminazione interna, cio non si pu pretendere che ogni Governo sia riconosciuto e liberamente scelto dalla maggioranza dei sudditi come obbligo di diritto internazionale. Pur essendo un principio sempre pi spesso propugnato, tuttavia esso non , allo stato attuale dei fatti, un principio generale: nella comunit internazionale esistono governi non democratici che spesso godono dei favori proprio di quegli Stati che propugnano i valori democratici. In definitiva, il diritto internazionale generale impone allo Stato, che governa un territorio non suo, di consentirne la autodeterminazione. In caso di violazione, la comunit internazionale pu adottare misure sanzionatorie. Di conseguenza appare lecito lappoggio ai movimenti di liberazione nazionale. Comunque, non si pu parlare di diritto soggettivo internazionale dei popoli allautodeterminazione, dato che i rapporti intercorrono unicamente tra Stati. E nei confronti della comunit internazionale che un certo Governo ha lobbligo di consentire lautodeterminazione; allo stesso modo, nei confronti della comunit internazionale che gli Stati hanno lobbligo di negare efficacia extraterritoriale agli atti di governo compiuti nel territorio dominato. Non si pu invece ammettere lipotesi di rapporti giuridici internazionali tra il popolo in lotta ed il Governo straniero occupante, a meno

8 che il movimento di liberazione non sia riuscito a riassumere il controllo effettivo di una parte del territorio. A differenza del passato, non si pu pi negare piena personalit alle organizzazioni internazionali (associazioni tra Stati) dotate di organi per il perseguimento di interessi comuni. Esse stipulano accordi che producono diritti e obblighi per le organizzazioni stesse, ma che non hanno effetti nella sfera giuridica degli Stati membri. A riprova di ci, quando uno Stato non membro vuole concludere unintesa con lorganizzazione, ma coinvolgendo anche gli Stati membri, deve richiedere la partecipazione diretta allatto di questi ultimi. Quindi lorganizzazione internazionale un soggetto di diritto internazionale vincolato dalle norme generali del diritto internazionale, dal suo atto costitutivo e dagli accordi di cui parte. La personalit internazionale delle organizzazioni non va confusa con la personalit giuridica di diritto interno che esse posseggono nei singoli Stati membri in cui operano, secondo le regole stabilite nello Statuto. Cos, ad esempio, la Carta delle Nazioni Unite stabilisce che lOnu, nel territorio di ogni Stato membro, gode della personalit giuridica necessaria per lesercizio delle sue funzioni e per il conseguimento dei suoi fini. Nel caso, invece, di attivit in uno Stato terzo, non vincolato dal trattato istitutivo, si applicano le norme interne di quello Stato sulla capacit giuridica degli enti collettivi stranieri. Altro problema nasce per leventuale responsabilit solidale degli Stati membri per le obbligazioni contratte dalle organizzazioni. In caso laccordo istitutivo tratti la questione, si applicano le relative regole (il trattato Ce esclude la responsabilit solidale degli Stati membri); in caso contrario sembra giusto applicare la regola della responsabilit solidale, affermata da alcune sentenze, in base ai principi generali di diritto, per i quali chi si impegna in affari di natura economica deve rispondere delle obbligazioni che ne derivano. La Chiesa cattolica ente indipendente. La sua personalit internazionale si concretizza nel potere di concludere accordi e, data lesistenza dello Stato della Citt del Vaticano, in tutte le situazioni giuridiche che presuppongono il governo di una comunit territoriale. La personalit non pu invece concedersi al Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano di Malta, un tempo collegato alla comunit internazionale per aver avuto sovranit su Rodi e Malta, oggi, invece, organismo puramente assistenziale.

4.

Il diritto internazionale generale. La consuetudine ed i suoi elementi costitutivi.

Le norme di diritto internazionale generale hanno natura consuetudinaria e vincolano tutti gli Stati.

9 La consuetudine caratterizzata dal comportamento uniforme, costante e ripetitivo (diuturnitas o prassi) da parte della generalit degli Stati, accompagnato dalla convinzione della sua obbligatoriet e necessit o doverosit sociale (opinio juris sive necessitatis). La critica a questa concezione dualistica basa la consuetudine sulla sola prassi; ammettere anche il secondo aspetto, vorrebbe dire per lo Stato incorrere in un errore: coscienza di unobbligatoriet giuridica non ancora esistente. Di fatto, la giurisprudenza internazionale e interna si riferisce sempre ai due elementi. A conferma di questo vi anche il comportamento degli Stati che, quando non vogliono che la sola prassi crei nuovo diritto, si affrettano a dichiarare che un certo comportamento, che intendono tenere, dettato da sole ragioni di cortesia o che esso non idoneo a creare un precedente per la formazione di una norma consuetudinaria o per labrogazione di una norma preesistente (desuetudine). I cerimoniali e gli usi di cortesia, quindi, non si concretano in consuetudini, in quanto, pur se dotati di diuturnitas, gli Stati non sono convinti della loro obbligatoriet. In tal senso, la Cassazione penale a Sezioni Unite (1955) ha dichiarato che lestensione delle immunit diplomatiche al personale di servizio delle ambasciate e ai familiari del diplomatico rappresenta una consuetudine internazionale a titolo di pura cortesia, ma, mancando lopinio juris sive necessitatis, non costituisce obbligo internazionale. Inoltre, lindagine sullopinio juris sive necessitatis serve per accertare se in un determinato trattato siano presenti norme di diritto generale (consuetudine confermata dallaccordo) o norme di diritto convenzionale (regole nuove limitate ai rapporti tra i contraenti). Lelemento dellopinio juris sive necessitatis rilevante anche per stabilire se lo Stato vuole modificare il diritto consuetudinario esistente, affermando una nuova consuetudine o una desuetudine, o se sia incorso in un illecito internazionale. Il Conforti risponde che un Governo pu violare il diritto consuetudinario (c sempre una violazione iniziale alla nascita di una nuova consuetudine), se dimostra che detta violazione sia sorretta dal convincimento della sua doverosit sociale. Per quanto riguarda lesistenza dellelemento della diuturnitas, occorre un certo tempo, pi o meno lungo, per la formazione della consuetudine. Il tempo pu essere tanto pi breve quanto pi diffuso un certo atteggiamento nella comunit internazionale. Non esistono, invece, consuetudini istantanee, poich mancano i caratteri di stabilit e ripetitivit richiesti dal diritto non scritto. Alla formazione della consuetudine possono concorrere non solo organi detentori del potere estero con atti esterni (trattati, note diplomatiche, comportamenti in seno ad organismi internazionali), ma anche altri organi con atti interni (leggi, sentenze, atti amministrativi).

10 Un ruolo decisivo ricoperto dalla giurisprudenza che pu contribuire notevolmente allevoluzione del diritto consuetudinario (es.: passaggio dalla immunit assoluta degli Stati esteri dalla giurisdizione civile alla solo immunit pubblica e non anche privatistica). Le corti possono contribuire allidentificazione delle cause di estinzione e di nullit dei trattati, promuovendo la difesa di valori, tutelati costituzionalmente dallordinamento interno e diffusi nella generalit dei Paesi, anche a livello internazionale. La consuetudine si impone a tutti gli Stati (anche quelli di nuova formazione), abbiano o meno partecipato alla sua formazione. Gli Stati nati dalla decolonizzazione hanno contestato il vecchio diritto consuetudinario, poich formatosi in epoca coloniale e rispondente ad interessi diversi dai nuovi. Da qui la pretesa di ritenere cogenti solo le norme consuetudinarie liberamente accettate. Secondo Conforti bisogna distinguere la contestazione fatta dal singolo Stato (persistent objector), da quella di un gruppo di Stati. Nel primo caso, la contestazione, anche se ripetuta, irrilevante, n per lapplicabilit occorre la prova dellaccettazione, altrimenti si negherebbe lesistenza di un diritto generale valido per tutti. Del resto lo Stato singolo non chiede linopponibilit nei suoi confronti di una consuetudine gi formata, ma vuole impedirne la formazione o negare che questa sia avvenuta. Nel caso di contestazione fortemente e ripetutamente espressa da un gruppo nutrito di Stati, la consuetudine non pu considerarsi esistente nei loro confronti e, quindi, non applicabile. Ma, prima di giungere alla conclusione dellinesistenza, linterprete deve sforzarsi di salvare la norma consuetudinaria contestata, rifacendosi a principi giuridici comuni anche generalissimi. E da respingere lopinione di gran parte degli Stati in sviluppo, maggioranza nellOnu, che, riferendosi alla grande produzione di risoluzioni e raccomandazioni a carattere universale da parte degli organi delle Nazioni Unite, parlano di formazione quasi legislativa del nuovo diritto internazionale generale e consuetudinario. Queste risoluzioni non hanno forza vincolante e i comportamenti in esse contenuti diventano cogenti solo se confermati dalla diuturnitas e dallopinio juris sive necessitatis o se sono trasferite in convenzioni internazionali. E da ammettere, poi, lesistenza di consuetudini particolari (di natura locale o regionale). Si tratta di diritto non scritto formatosi per modificare o abrogare, norme poste da un determinato trattato. La fattispecie avviene in caso di accordi istitutivi di organizzazioni internazionali, quando i contraenti o gli organi dellorganizzazione danno vita ad una prassi modificatrice delle norme a suo tempo pattuite e basate sul diritto generale. Le consuetudini particolari non possono mo-

11 dificare o abrogare patti quando lorganizzazione dotata di organismi che controllano il rispetto del trattato istitutivo (es.: Ce). In ogni caso, anche la consuetudine particolare risulta sempre dalluniformit dei comportamenti degli Stati contraenti di un trattato o di unarea geografica, senza che sia necessario indagare se il singolo Stato abbia effettivamente partecipato alla formazione della stessa. Si parla invece di reciprocit, e non di consuetudini particolari, in caso di uniformit di contegni tra un certo numero di Stati non legati da trattati o da vincoli geografici e di altra natura. Alle norme consuetudinarie generali applicabile lanalogia, interpretazione estensiva che applica una norma ad un fatto nuovo che essa non contempla, ma i cui caratteri essenziali sono simili al vecchio caso. (es.: applicazione delle norme sulla navigazione marittima alla navigazione cosmica).

5.

I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.

Tra le altre fonti non scritte, lart. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia dellOnu annovera anche i principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili. Si tratta di una fonte applicabile al caso concreto, utilizzabile dove manchino norme pattizie e consuetudinarie. E in pratica una sorta di analogia juris, che, sulla base di principi giuridici secolari, colma le lacune del diritto, da effettuare dopo aver esperito unattenta analisi della normativa internazionale esistente. A parte le polemiche suscitate sul significato della definizione Nazioni civili ritenuta offensiva per i Paesi del Terzo Mondo, un problema deriva dal fatto che si tratta di principi estratti non dal diritto internazionale vigente, ma prelevati dallordinamento interno degli Stati. Dunque, per essere sentiti come obbligatori e necessari a livello internazionale, questi principi devono essere osservati nella gran parte degli Stati, raffigurando valori e comportamenti considerati necessari anche sul piano internazionale. In sostanza, si tratta di un particolare insieme di norme consuetudinarie internazionali, rispetto alle quali la diuturnitas data dalla costante applicazione allinterno dei singoli ordinamenti e lopinio juris sive necessitatis data dalla considerazione di tutti gli organi dello Stato che esse abbiano valore universale e, quindi, siano applicabili in ogni ordinamento, anche in quello internazionale. Dunque, il principio generale di diritto comune uniformemente seguito. Ci vuol dire che, in quanto prassi, il giudice di uno Stato pu applicarlo anche quando esso non sia presente nel proprio ordinamento, sempre che in esso sia prevista losservanza del diritto inter-

12 nazionale. Ad esempio, in Italia, in base allart. 10 Cost., una legge nuova contraria al diritto internazionale generale provoca lillegittimit costituzionale della norma interna e tale conseguenza vi sar anche in caso di contrariet ad un principio generale di diritto riconosciuto dalle Nazioni civili.

6.

Altre presunte norme generali non scritte.

Parte della dottrina (Quadri) pone al di sopra delle norme consuetudinarie unaltra categoria di norme generali non scritte, i cosiddetti principi, generali convinzioni costituzionali, espressione immediata e diretta del corpo sociale, che caratterizzano lintera comunit internazionale, pur essendo state imposte da forze prevalenti in un dato momento storico. Sarebbero fonti primarie. Tra esse si distinguono: principi formali (sono due, consuetudo est servanda e pacta sunt servanda) che propongono una diversa gerarchia delle fonti di diritto internazionale, principi formali (1 grado), consuetudine e accordi (2 grado); principi materiali che disciplinano direttamente i rapporti tra gli Stati nel modo in cui le forze prevalenti indirizzano le scelte in determinati settori dei rapporti internazionali. La critica a questa posizione, pur ammettendo il ruolo di primo piano delle grandi Potenze nella formazione del diritto internazionale, afferma che la norma esiste solo se, alla iniziale imposizione, segue la stabilit, la continuit e la reiterazione degli Stati, accompagnate dal convincimento della doverosit sociale del comportamento. Si discute se sia fonte (in fase interpretativa) di norme internazionali lequit, ovvero il comune sentimento del giusto e dellingiusto. A parte la possibilit di utilizzare lequit come mero strumento interpretativo secundum legem, da negare la qualifica di fonte, sia nel caso di equit contraria alla consuetudine e alle norme pattizie, sia nel caso di equit diretta a colmare le lacune del diritto internazionale, poich, se la volont degli Stati evidentemente diretta a non istituire diritti e obblighi nei loro rapporti, questi non possono essere creati attraverso lequit. Spesso sia le corti interne che internazionali hanno emesso decisioni sulla base di considerazioni di equit, ma di sovente sono state smentite dalla prassi successiva.

7.

Inesistenza di norme generali scritte. Il valore degli accordi di codificazione.

Con la nascita dellOnu stata avviata unopera di codificazione che si tramutata in una serie di trattati multilaterali. Non esistendo nella comunit internazionale unautorit dotata di poteri legislati-

13 vi, la scelta pattizia era lunico strumento per trasformare il diritto non scritto in diritto scritto. Lart. 13 della Carta dellOnu assegna allAssemblea Generale il compito di codificare il diritto internazionale. Lorgano ha istituito una Commissione di diritto internazionale, per la sistemazione di testi normativi consuetudinari, predisponendo convenzioni multilaterali aperte alla ratifica degli Stati, convocando conferenze di Stati per la redazione di progetti di intese o istituendo comitati interni ad hoc (es.: Convenzione di Vienna 1969 sul diritto dei trattati Convenzione di Vienna 1978 sulla successione degli Stati nei trattati Convenzione di Vienna 1986 sui trattati tra Stati e organizzazioni internazionali e tra organizzazioni internazionali Convenzione di Montego Bay 1982 sul diritto del mare Conferenza di Roma 1998 sullistituzione della Corte Penale Internazionale Permanente). Gli accordi di codificazione vincolano i contraenti, ma, nonostante contengano diritto consuetudinario, non possono applicarsi anche agli Stati non ratificanti. Gli accordi di codificazione vanno considerati alla stregua di normali trattati internazionali che vincolano solo i Paesi contraenti. In ogni caso, linterprete dovr sempre fare unaccurata analisi quando vorr applicare come diritto generale una delle norme contenute negli accordi, verificando se effettivamente corrispondano alla prassi degli Stati. In tal senso: sent. Corte Internazionale di Giustizia 1969 sulla delimitazione della piattaforma continentale tra Germania e Stati limitrofi. La Corte, commentando il criterio dellequidistanza dalle coste per definire i confini marini (Convenzione di Ginevra 1958), ha definito tale principio non di diritto generale, in quanto prassi non sufficientemente consolidata e, quindi, inapplicabile alla Germania che non aveva ratificato la Convenzione. E possibile che, a causa della mutata prassi degli Stati, bisogna ricorrere al ricambio delle norme di diritto generale codificate. Tutti gli accordi del genere sono stipulati per una durata illimitata, ma per alcuni sono previsti procedimenti di revisione in vista di nuovi accordi pi attuali. Levoluzione del diritto consuetudinario comporta linapplicabilit della norma obsoleta per gli Stati non contraenti (motivo in pi per non equiparare il diritto codificato a quello generale). Per quanto riguarda gli Stati contraenti, nulla vieta che il diritto consuetudinario di nuova formazione abroghi quello pattizio anteriore, sempre che si accerti incontrovertibilmente che gli Stati contraenti abbiano contribuito alla formazione della nuova consuetudine.

8.

Le dichiarazioni di principi dellOnu.

Si inquadrano nel discorso sul diritto internazionale generale le dichiarazioni di principi dellAssemblea Generale dellOnu, conte-

14 nenti una serie di regole sui rapporti tra Stati, ma pi spesso sui rapporti degli Stati con i propri sudditi e con gli stranieri. Tra tutte si ricorda la Dichiarazione universale dei diritti delluomo (ris. 10.12.1948 n. 217-III) e le Dichiarazioni in campo economico che suggeriscono regole a cui dovrebbe ispirarsi lazione degli Stati, per eliminare o attenuare le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Non si pu dire che le Dichiarazioni costituiscano fonte autonoma di norme internazionali generali. LAssemblea Generale non ha poteri legislativi mondiali e le sue risoluzioni non hanno carattere vincolante; aspetto questo tenacemente difeso dai Paesi occidentali. In caso contrario, i Paesi del Terzo Mondo, maggioranza allOnu, avrebbero in mano la gestione del diritto generale internazionale. Tuttavia innegabile che le Dichiarazioni di principi abbiano un ruolo importante, simile a quello degli accordi di codificazione, per lo sviluppo di un diritto internazionale pi attento alle esigenze di solidariet sempre pi sentite oggi. Pur non vincolanti, esse danno un contributo alla formazione del diritto internazionale, ispirando i contenuti degli accordi e condizionando la formazione della consuetudine; esse, quindi, sono rilevanti in quanto prassi degli Stati che le adottano. Certe Dichiarazioni possono avere il valore di veri e propri accordi internazionali, quando, oltre ad enunciare un principio, espressamente ne equiparano linosservanza alla violazione della Carta dellOnu. Si tratta di un espediente, di fronte alla natura non vincolante delle Dichiarazioni, per sancire che quel certo principio ormai obbligatorio e vincola gli Stati che le sostengono con il voto; essi, proprio esprimendo un assenso, intendono obbligarsi. Lo stesso dicasi quando la Dichiarazione considera linosservanza di un principio non violazione della Carta dellOnu, ma del diritto internazionale generale.

9.

I trattati. Procedimento di formazione e competenza a stipulare.

Laccordo (convenzione, trattato, patto) fonte di norme internazionali particolari. Come gli atti di natura contrattuale, il trattato lincontro di due o pi volont, dirette a regolare una determinata sfera di rapporti attraverso diritti e obblighi reciproci. Non da accogliere la distinzione della dottrina tedesca tra trattati normativi o trattati legge (unici produttivi di norme giuridiche, caratterizzati da volont di identico contenuto e dalla adesione di un gran numero di Stati contraenti: accordi di codificazione, trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, ecc.) e trattati contratto o trattati negozio (le parti, muovendo da posizioni contrastanti, attuano uno scambio di prestazioni corrispettive: accordi commerciali, trattati

15 di alleanza, trattati di cessione territoriale, ecc.). La distinzione non ha senso, perch qualsiasi trattato esprime una volont di obbligarsi e produce regole di condotta. Inoltre, per quanto riguarda la contrapposizione e lunione delle parti, i due dati sono pi o meno presenti in qualsiasi procedimento negoziale sino alla stipulazione dellaccordo. Invece, una distinzione che va fatta, e che non avvalora comunque la teoria tedesca, deriva dalla presenza nei trattati di norme astratte, che regolano una fattispecie generica di rapporto e vincola gli Stati contraenti che vengano a trovarsi in una situazione che rientra nella tipologia generale descritta, e norme concrete, che regolano un singolo e ben determinato rapporto. Meglio ancora si pu dire che i trattati, come tutte le fonti di norme giuridiche, possono dare vita a regole materiali, che disciplinano direttamente i rapporti tra i destinatari contraenti, e regole formali (o strumentali), che si limitano ad istituire fonti per la creazione di ulteriori norme, come quelle contenute nei trattati istitutivi di organizzazioni internazionali: questi accordi, oltre a regolare concretamente i rapporti tra i contraenti, demandano agli organi sociali dellorganizzazione la produzione di ulteriori norme. Il complesso di norme consuetudinarie che regola il procedimento di formazione, i requisiti di validit e di efficacia degli accordi forma il diritto dei trattati. A questo tema dedicata la Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, entrata in vigore nel 1980. Per completare la materia vanno ricordate la Convenzione di Vienna 1978 sulla successione degli Stati nei trattati, entrata in vigore nel 1996, e la Convenzione di Vienna 1986 sui trattati stipulati tra Stati e organizzazioni internazionali e tra organizzazioni internazionali, mai entrata in vigore e praticamente uguale alla prima. Per quanto riguarda la sfera di applicazione di Vienna 69, lart. 4 della Convenzione afferma il principio che le regole consuetudinarie di diritto generale in essa contenute si applicano a tutti gli Stati e a tutti i trattati. Per le norme innovative, lo stesso art. 4 enuncia che esse non sono retroattive e quindi sono applicabili solo agli Stati ratificanti, tra cui la Convenzione in vigore. La conseguenza che, in caso di trattati successivi multilaterali, di cui siano contraenti anche Stati terzi, la Convenzione si applica solo a quelli legati dalla Convenzione stessa. Scopo di Vienna 69 quello di allargare il pi possibile e non di restringere la sua applicazione. Per favorire lincontro di volont degli Stati, il diritto internazionale lascia la pi ampia libert in materia di forma e procedura nella conclusione degli accordi, purch se ne deduca la reciproca intenzione ad obbligarsi. Il modo consueto quello degli accordi per iscritto, regolato da Vienna 69 (artt. 7-16). In linea di massima le fasi

16 di conclusione di unintesa, formatesi ai tempi delle monarchie assolute, sono le stesse ancor oggi, pur con ulteriori procedure nate successivamente: negoziazione predisposizione dellaccordo da parte di plenipotenziari (oggi membri dellesecutivo), emissari del sovrano (oggi capo dello Stato), previa contrattazione con la controparte; chiusura del testo definitivo da parte dei plenipotenziari; atto con cui il sovrano controlla ladesione al mandato assegnato ai plenipotenziari;

firma

ratifica

scambio ratifiche per portare a conoscenza delle parti la volont ad obbligarsi. Lart. 7 di Vienna 69 stabilisce che il rappresentante dello Stato viene identificato in base alla produzione di pieni poteri. Gli organi competenti si deducono dal diritto interno e dalla prassi di ogni Stato (in Italia il Governo). Sono rappresentanti anche i capi di Stato, i capi di Governo, i ministri degli Esteri in ordine a tutti i trattati; i capi delle missioni diplomatiche per i trattati con gli Stati, presso cui sono accreditati; i delegati presso le organizzazioni internazionali per i trattati stipulati in seno alle stesse. La fase di negoziazione pi complessa nei trattati multilaterali. Ad esempio i trattati di pace, di codificazione sono negoziati dai plenipotenziari nellambito di conferenze diplomatiche dalle procedure molto articolate. La vecchia regola delladozione del testo allunanimit viene sempre pi spesso sostituita dal principio di maggioranza qualificata (art. 9 Vienna 69). La firma del trattato da parte dei plenipotenziari chiude la fase della negoziazione. Essa non comporta ancora alcun obbligo per gli Stati, solo unautenticazione del testo definitivo che potr essere modificato solo con lapertura di nuovi negoziati. La ratifica latto con cui lo Stato si impegna nei confronti degli altri Stati ratificanti. In base alle norme costituzionali interne di ogni Stato individuabile il soggetto nelle cui attribuzioni rientra il potere di ratifica. Di solito il capo dello Stato, spesso in funzione di dichiarante della volont di altri organi, quali il Governo e il potere legislativo. Nellordinamento italiano (art. 87 Cost.) i trattati internazionali sono ratificati dal capo dello Stato, spesso previa autorizzazione delle Camere. Lautorizzazione necessaria (art. 80 Cost.), e va espressa con

17 legge, nei trattati di natura politica, che prevedono regolamenti giudiziari, che comportano variazioni del territorio nazionale, oneri alle finanze o modificazioni di leggi. In base poi allart. 89 Cost., ogni atto del presidente della Repubblica deve essere controfirmato dai ministri proponenti che ne assumono la responsabilit. Il capo dello Stato non pu rifiutarsi di sottoscrivere, ma pu solo sollecitare il riesame del trattato, prima della sottoscrizione. In Italia, quindi, il potere di ratifica soprattutto nelle mani dei poteri esecutivo e legislativo. Alla ratifica (detta anche approvazione o conclusione) va equiparata ladesione o accessione, che non altro che una ratifica successiva di un testo predisposto da altri. Essa la volont di concludere laccordo e viene espressa nei trattati multilaterali dallo Stato che non ha partecipato alla fase di negoziazione. Questo possibile nei trattati aperti, che prevedono lingresso successivo di altri contraenti, con la clausola di adesione. Per ladesione allUnione Europea da parte di uno Stato terzo, invece, occorre un nuovo accordo, autonomo dal primo, che deve essere ratificato dal nuovo Stato membro e dai contraenti del trattato istitutivo dellUnione. Il procedimento di formazione dellaccordo si conclude con lo scambio delle ratifiche. In questo caso il trattato si perfeziona istantaneamente. Nei trattati multilaterali, invece, la procedura normalmente adottata quella del deposito delle ratifiche. Laccordo si forma per gli Stati depositanti via via che le ratifiche vengono consegnate presso un Governo o presso il Segretariato di unorganizzazione internazionale. Si prevede per che lintesa non entri in vigore, neanche per gli Stati ratificanti, finch non sia stato depositato un certo numero di ratifiche. Allo scambio o deposito lart. 16 di Vienna 69 fa seguire la notifica agli Stati contraenti o al depositario. Secondo la Carta dellOnu (art. 102) e Vienna 69 (art. 80) ogni trattato va sottoposto a registrazione presso il Segretariato dellOnu e a pubblicazione a cura di questorgano nella United Nations Treaty Series. Tuttavia questi due oneri non costituiscono requisito di validit o di esistenza dei trattati, ma comportano unicamente la possibilit di invocare il trattato dinanzi ai vari organi delle Nazioni Unite.. Esistono procedimenti alternativi della formazione dei trattati, caratterizzati dalla diversa manifestazione di volont degli Stati. Nei trattati predisposti dalle organizzazioni internazionali, la negoziazione sostituita dalla discussione e lapprovazione da parte, di solito, dellorgano assembleare. Nei trattati multilaterali, i plenipotenziari redigono un testo definitivo che rimane aperto alla firma e alla ratifica degli Stati, che sono manifestate nei tempi pi opportuni. Questi due atti perdono cos le funzioni caratteristiche del procedimento ordinario. La firma, in particola-

18 re, contestuale alla ratifica, perde il significato di autenticazione del testo, per assumere quello di generica dichiarazione di disponibilit. Fenomeno sempre pi ricorrente, che trova giustificazione nelle esigenze di speditezza e praticit dei tempi attuali, quello degli accordi in forma semplificata o accordi informali. Essi vengono conclusi con la sola sottoscrizione del testo da parte dei plenipotenziari, quando dai negoziati, dai comportamenti dei rappresentanti o dal testo stesso si evince la volont comune di attribuire alla firma valore di piena e definitiva volont di adesione (in tal senso art. 12 Vienna 69). Si parla di accordo misto, quando per alcuni Stati pu essere concluso nella forma semplificata, mentre per altri con la forma solenne. Sono da assimilare agli accordi in forma semplificata anche le note diplomatiche e altri strumenti simili, sempre che da essi si ricavi la volont a vincolarsi reciprocamente. Cos dicasi anche per tutti i patti stipulati senza ricorrere alla ratifica. Bisogna sottolineare che, per aversi un accordo in forma semplificata, non basta la mancanza della ratifica, ma occorre che dal testo dellintesa o dalle circostanze risulti una chiara e sicura volont di obbligarsi attraverso la firma. Spesso, infatti, gli Stati danno vita a rapporti definiti accordi, ma che non hanno alcun aspetto giuridico, espressamente escluso dalle dichiarazioni dei sottoscrittori, da quanto esposto nel testo. Si tratta di intese che valgono finch valgono. Al confine tra intese non giuridiche e accordi in forma semplificata si collocano gli accordi sullapplicazione provvisoria dei trattati, che si hanno quando nel testo del trattato, in attesa di ratifica o con dichiarazione separata, le parti prevedono che esso entri immediatamente e provvisoriamente in vigore, salvo la legittimazione definitiva della ratifica. Nella dottrina non c univocit di interpretazione sulla natura giuridica o meno di questi trattati. Per laffermazione, pur essendo intese che possono essere revocate unilateralmente in qualsiasi momento, stanno coloro (Picone) che riconoscono a queste intese la capacit di sospendere lefficacia di convenzioni precedenti sullo stesso oggetto; inoltre, in caso di revoca, lo Stato si troverebbe nellimpossibilit di annullare retroattivamente le conseguenze verificatesi nel periodo di validit del trattato. Per quanto riguarda i trattati segreti, di solito vietati dal diritto interno, non sembra possa negarsi la loro validit quando gli Stati consentono a propri organi di condurre accordi riservati, a meno che la natura non vincolante dellintesa risulti da altra fonte. Per quanto riguarda i soggetti che possiedono competenza a stipulare accordi in forma semplificata, le norme variano da ordinamento a ordinamento. In genere le norme costituzionali elencano i limiti nel concludere questo tipo di intese. Per lItalia si pu ritenere che la forma semplificata pu essere scelta in tutte le materie, ad eccezione di quelle elencate nellart. 80 Cost. (trattati di natura politica,

19 che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, che comportano variazioni del territorio nazionale, oneri alle finanze o modificazioni di leggi). Il tutto con opportuni temperamenti, soprattutto per gli oneri alle finanze: si devono ritenere non stipulabili in forma semplificata solo quegli accordi che prevedono oneri non preventivati, e non qualsiasi tipo di spesa (es.: spese della visita di un capo di Stato estero). Ci occupiamo ora dei trattati conclusi in violazione di norme interne sulla competenza a stipulare. La fattispecie si verifica quando un organo di un Paese si impegna, concludendo in qualsiasi modo un accordo, ma lo fa non rispettando le procedure previste dal proprio diritto interno. Ci si chiede se il trattato sia egualmente valido o se linosservanza delle norme interne si traduca in un vizio della volont dello Stato contraente e, quindi, in una conseguente nullit dellintesa. Il problema nacque nel passaggio dalle monarchie assolute a quelle costituzionali, quando accanto al sovrano assoluto, potere unico, si affiancarono il potere esecutivo e il potere legislativo. E oggi in Italia la questione si riflette proprio nei rapporti che intercorrono tra Governo e Parlamento. Si verificato che lesecutivo, adducendo motivi di opportunit e di politica internazionale, abbia impegnato lo Stato, senza ascoltare il Parlamento, quando, invece, ne sarebbe occorso lintervento, soprattutto negli accordi in forma semplificata, dato che la procedura in forma solenne prevede la partecipazione formale e allargata e, quindi, il controllo reciproco, dei vari poteri dello Stato. La cosa avvenuta anche per gli accordi previsti dallart. 80 Cost., per i quali prevista la legge dautorizzazione delle Camere (es.: domanda dammissione allOnu del 1947 fatta dal ministro degli esteri e accolta nel 1955; i vari trattati relativi allamministrazione del territorio triestino al confine con la Jugoslavia; concessione di basi militari agli Usa alla Maddalena conclusa, tra laltro, in forma segreta. Per gli accordi di cooperazione e assistenza militare, il Governo ha motivato la non necessit della ratifica col fatto che si trattava di accordi esecutivi del Trattato Nato). Accanto alle posizione diverse e contrastanti sullargomento della dottrina, si pone la soluzione data da Vienna 69 (art. 46): a. il consenso espresso in violazione delle norme del diritto interno sulla competenza non pu essere invocato dallo Stato come vizio del suo consenso, a meno che la violazione non sia manifesta e non concerna una regola del suo diritto interno di importanza fondamentale; una violazione manifesta se obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti in materia secondo la prassi abituale e in buona fede.

b.

20 Interpretando la norma, il Conforti ritiene che la violazione si ha solo quando sullaccordo non si pronunciato uno degli organi a cui la Costituzione assegna un potere decisionale effettivo per la stipulazione degli accordi internazionali; ad esempio, quando il Parlamento italiano non si pronuncia nelle materie elencate dallart. 80 Cost. Laccordo concluso dal Governo senza la relativa competenza costituzionale , quindi, unintesa priva di carattere giuridico che vale finch vale. La situazione sanabile nel momento in cui lorgano che non si pronunciato esprime lassenso nelle forme previste dalla Costituzione. Spesso vi sono accordi che subordinano la propria entrata in vigore non allo scambio o al deposito delle ratifiche, ma alla comunicazione, da parte di ciascun Governo firmatario, delladempimento delle procedure previste dal diritto interno per rendere applicabile lintesa nel territorio dello Stato. Si tratta di accordi intermedi tra quelli in forma semplificata e quelli in forma solenne, ma che dimostrano come il Governo, quando conclude patti in materie di competenza di altri organi, normalmente si preoccupa di avere il consenso di questi ultimi. In seguito a varie iniziative di alcune Regioni italiane, sorta la questione sullesistenza o meno del diritto delle Regioni a concludere accordi internazionali. Sulla posizione iniziale della Corte Costituzionale (sent. 1975) contraria alla competenza regionale internazionale, si innestato il D. P. R. 24.7.1977 n. 616 che ha ribadito la riserva allo Stato dei rapporti internazionali, anche nelle materie trasferite e delegate allente territoriale, affermando il divieto per le Regioni di svolgere attivit promozionale allestero senza il preventivo assenso del Governo. Tale posizione confermata dalla Consulta nelle pronunce emesse tra gli anni 80 e 90, in cui si afferma che le Regioni, con lassenso del Governo, possono stipulare intese di rilievo internazionale e addirittura veri e propri accordi che impegnano la responsabilit dello Stato, con lunica esclusione per le materie contenute nellart. 80 Cost. Ora largomento stato regolato dalla Legge cost. 18.10.01 n. 3, che ha modificato il Titolo V - Parte II della Costituzione. Il nuovo art. 117 prevede la possibilit per le Regioni, nelle materie di propria competenza, di concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali di altri Paesi nei casi e con le forme disciplinati dalla legge. In mancanza di normativa in tal senso, tuttavia, continua ad applicarsi la disciplina precedente. In ogni caso, per il Conforti, negli accordi internazionali le Regioni vanno considerate come organi dello Stato con competenza a stipulare, mentre non si pu affermare la giuridicit di altre iniziative tese a creare rapporti di collaborazione con enti stranieri. Non sono accordi di diritto internazionale, perch risultano essere solo occasioni di applicazione di atti legislativi e amministrativi interni in attuazione della collaborazione concordata.

21 Allo stesso modo vanno considerate le intese tra enti territoriali minori (gemellaggi, intese interuniversitarie, ecc.) che sono meri programmi che portano allapplicazione di atti amministrativi interni, cio hanno una rilevanza non statale, ma locale. Hanno invece giuridicit internazionale quegli accordi stipulati autonomamente tra Regioni, conclusi, per esplicita volont degli Stati contraenti, in esecuzione di trattati internazionali. Agli accordi stipulati dalle organizzazioni internazionali, tra loro o tra loro e Stati membri o terzi, dedicata la Convenzione di Vienna 1986, i cui principi riproducono quelli contenuti in Vienna 69. Lo Statuto di ogni organizzazione consente di identificare gli organi che hanno competenza a stipulare e in quali materie questo potere si esplica. Linosservanza di tali norme comporta linvalidit dellaccordo concluso. Tuttavia, poich le norme statutarie sono modificabili per consuetudine, possibile che la competenza possa risultare dalla mutata prassi dellorganizzazione, sempre che si tratti di prassi certa, uniformemente seguita e accettata dagli Stati membri. Nel caso, invece, in cui vi sia, come nella Comunit Europea, un organo giudicante che esplica il controllo sul rispetto del trattato istitutivo, bisogna rifarsi alla giurisprudenza dellorgano. In tal senso, la sentenza della Corte della Comunit Europea (1994) che ha annullato laccordo tra Commissione europea e Stati Uniti sullapplicazione del diritto sulla concorrenza, essendo la Commissione incompetente ai sensi del Trattato Ce a concludere accordi internazionali. Rispondendo alle argomentazioni della Commissione, la Corte ha affermato che la semplice prassi non pu prevalere sulle norme del Trattato. Anche per Vienna 86 (art. 46) causa di invalidit la violazione di norme dellorganizzazione di importanza fondamentale sulla competenza a stipulare.

10.

Linefficacia dei trattati nei confronti degli Stati terzi. Lincompatibilit tra norme convenzionali.

Il trattato, sulla scorta della dottrina contrattualistica, fa legge tra le parti e solo tra le parti. Diritti e obblighi per Stati terzi non potranno derivare da un trattato, se non attraverso la partecipazione degli Stati terzi allaccordo stesso; una partecipazione che non sia adesione, che, come abbiamo visto, inserisce a pieno titolo lo Stato aderente tra i contraenti dellintesa (ratifica a posteriori). Occorre, insomma, che diritti e obblighi per lo Stato terzo, discendenti da un trattato, per essere efficaci siano sottoposti allaccettazione, anche implicita, del medesimo. Laccettazione prevede a monte unofferta contenuta nellintesa; atti che perfezionano quellincontro tra volont, caratteristico

22 dellaccordo. Fuori di questa ipotesi inevitabile linefficacia delle norme pattizie nei confronti degli Stati non contraenti. Quando in un trattato i contraenti si impegnano a tenere comportamenti vantaggiosi per il terzo, tali vantaggi, finch non si trasformino in diritti attraverso la partecipazione del terzo, possono sempre essere revocati, anche senza la stipulazione di un nuovo accordo, anche solo con la negazione di tali vantaggi in ordine a casi concreti. Anche Vienna 69 (artt. 34 37) ribadisce il principio della partecipazione, affinch il terzo assuma diritti o obblighi derivanti da un trattato tra altri Stati contraenti, con i seguenti principi: a. b. c. Necessit del consenso del terzo ad obblighi e diritti. Volont dei contraenti a creare un obbligo e necessit di assenso scritto del terzo. Consenso presunto in caso di assegnazione di un diritto, a meno che non vi siano indicazioni contrarie o il trattato preveda diversamente. Revocabilit in qualsiasi momento del diritto accettato, a meno che non sia stata stabilita la sua irrevocabilit.

d.

Quando un trattato viene sostituito da un altro trattato sulla stessa materia e tra gli stessi contraenti, i rapporti tra gli Stati sono regolati dal nuovo accordo, ma, quando i contraenti dei due trattati non coincidono, possono sorgere problemi relativi al fatto che uno Stato, impegnato con il primo trattato a tenere un certo comportamento, col secondo potrebbe obbligarsi a tenerne uno contrario; inoltre, alcuni Stati di un trattato multilaterale possono modificare o abrogare, con unintesa successiva, alcune disposizioni che toccano anche i rapporti con gli altri contraenti. In questi casi si pu andare incontro al problema dellincompatibilit fra norme convenzionali. I problemi relativi vanno risolti combinando i principi della successione dei trattati e dellinefficacia dei trattati nei confronti dei terzi. Tra gli Stati contraenti di entrambi i trattati, laccordo successivo prevale. Lo Stato contraente dei due trattati sar obbligato a due comportamenti e, quindi, dovendone sceglierne uno, incorrer comunque in un illecito internazionale nei confronti degli Stati del primo trattato o nei confronti di quelli del secondo. Sar quindi internazionalmente responsabile. Quando gli accordi ricevono entrambi esecuzione allinterno dello Stato mediante atti legislativi o atti normativi di pari grado, il criterio cronologico fa prevalere la scelta del secondo sul primo. Lopzione per uno o laltro trattato diviene, invece, palese, quando solo uno dei due accordi viene eseguito nellordinamento interno. Discorso a parte va fatto per lart. 103 della Carta dellOnu che considera prevalenti gli obblighi derivanti dalla Carta su quelli di qualsiasi altro accordo internazionale. Si potrebbe giudicare puramen-

23 te velleitaria questa pretesa, in quanto una norma convenzionale pu essere sempre abrogata da accordi successivi, ma questa regola ormai diventata norma consuetudinaria e va considerata jus cogens. Vienna 69 ricalca pi o meno la medesima disciplina nei seguenti paragrafi dellart. 30 sullapplicazione dei trattati nel tempo: par. 3 Tra due Stati il trattato anteriore si applica solo nella misura in cui le sue disposizioni sono compatibili con quelle del trattato posteriore. Quando le parti del trattato anteriore non sono tutte parti contraenti del trattato posteriore, a. nelle relazioni tra gli Stati che partecipano ad entrambi i trattati, si applica il par. 3; b. nelle relazioni tra uno Stato partecipante ad entrambi i trattati ed uno Stato contraente di uno solo, il trattato di cui i due Stati sono parti regola i loro diritti e obblighi reciproci. Il par. 4 si applica senza pregiudicare lart. 41 o qualsiasi responsabilit che deriva ad uno Stato dalla conclusione o dallapplicazione di un trattato incompatibile con gli obblighi che gravano sullo Stato stesso in virt di un trattato precedente. Due o pi parti di un trattato multilaterale non possono concludere un trattato che miri a modificare il primo, sia pure limitatamente ai loro rapporti, quando la modifica vietata dal trattato, oppure pregiudica le altre parti contraenti, o, in pi, incompatibile con la realizzazione delloggetto e dello scopo del trattato multilaterale stesso.

par. 4

par. 5

art. 41

Il testo dellart. 41 appare ambiguo, poich sembra accogliere la tesi dellinvalidit dellaccordo successivo che viola gli obblighi assunti verso le altre parti del primo accordo. Tuttavia questa ipotesi smentita dai lavori preparatori della Convenzione e anche dal fatto che il caso previsto dallart. 41 non figura tra le cause di invalidit dei trattati in Vienna 69. Si pu concludere che lart. 41 risolve il problema solo in termini di illiceit e responsabilit internazionale degli Stati contraenti dellaccordo successivo verso le altre parti del trattato multilaterale. Esso, quindi, solo una specificazione dei parr. 4 e 5 relativa agli accordi derogatori apparentemente limitati ai rapporti tra i contraenti. In realt, gli Stati cercano di evitare situazioni del genere inserendo negli accordi le cosiddette clausole di compatibilit o clausole di subordinazione che risolvono il problema alla radice. Secondo

24 lart. 30, par. 2, di Vienna 69, quando un trattato precisa che esso subordinato ad un trattato anteriore o posteriore, le disposizioni di questultimo prevalgono. In ogni caso, a queste clausole spesso si accompagna limpegno delle parti ad intraprendere tutte le azioni necessarie, lecite e idonee per sciogliersi da obblighi incompatibili. Un impegno del genere contenuto nellart. 307 del Trattato Ce. Il problema della compatibilit, ad esempio, si verificato tra il Trattato Ce e il Gatt, lAccordo Generale sulle Tariffe doganali e il Commercio, poi confluito nel Wto, Organizzazione Mondiale per il Commercio. Il Wto tende alla globalizzazione dei mercati, mentre il Trattato Ce istituisce ununione doganale a carattere regionale, che prevede labbattimento interno delle barriere doganali, ma che istituisce una tariffa doganale comune verso lesterno.

11.

Le riserve nei trattati. Attraverso listituto della riserva lo Stato esprime la volont di:

non accettare alcune clausole di un trattato; accettare alcune clausole con talune modifiche; accettare alcune clausole secondo una certa interpretazione espressa attraverso la cosiddetta dichiarazione interpretativa.

In seguito alla riserva, tra lo Stato, che ne autore, e gli altri Stati contraenti laccordo si forma solo per la parte non investita della riserva, mentre tra gli altri Stati rimane integralmente applicabile. La dichiarazione interpretativa di non accettare una o pi norme di un trattato, se non in un certo significato, rende non opponibile allo Stato dichiarante altre interpretazioni della norma. Parte della dottrina distingue tra dichiarazioni interpretative qualificate o condizionate, che sono vere e proprie riserve, e dichiarazioni interpretative semplici, che sarebbero solo una proposta di interpretazione, mirante ad evitare il consolidarsi di una prassi, favorirla o inaugurarla. Lammissione delle riserve ha lo scopo di consentire la pi larga partecipazione possibile nei trattati multilaterali. Invece, nei trattati bilaterali la parte che non vuole assumere certi impegni pu proporre direttamente la cancellazione dal testo della clausola su cui c diversit dopinione. Molto meno elastica era la situazione nel diritto internazionale classico. La possibilit di apporre riserve doveva essere gi concordata nella fase di negoziazione e la riserva stessa doveva figurare nel testo predisposto dai plenipotenziari. A questo punto gli Stati potevano scegliere se ratificare o meno. Formulare riserve non previste nel testo impediva la formazione del consenso, comportava lesclusione dello

25 Stato dal novero dei contraenti; solo eventualmente poteva costituire proposta di un nuovo accordo. Un cambiamento decisivo dovuto al parere della Corte Internazionale di Giustizia (28.05.1951), in risposta ad una richiesta dellAssemblea Generale dellOnu circa la possibilit di apporre riserve alla Convenzione sul genocidio, che non prevedeva tale clausola. Con un principio oggi entrato nella prassi, la Corte rispose che una riserva poteva essere formulata allatto della ratifica, anche se la facolt non era prevista dalla Convenzione, purch essa fosse compatibile con loggetto e con lo scopo del trattato. Un altro Stato pu, comunque, contestare la riserva e la sua compatibilit con lo spirito del trattato e, se non si raggiunge un accordo sul punto, il trattato non esistente tra Stato contestante e Stato autore della riserva. A questa linea flessibile ispirata la disciplina sulla riserva suggerita da Vienna 69: art. 19 Una riserva pu essere sempre formulata, purch non espressamente esclusa dal trattato e purch non incompatibile con loggetto e lo scopo dello stesso. Quando la riserva non prevista nel testo del trattato, essa pu essere contestata da un altro contraente, ma, se la contestazione non viene manifestata entro 12 mesi dalla notifica della riserva ai contraenti, la riserva si ritiene accettata. Lobiezione ad una riserva non impedisce che essa esplichi i suoi effetti nei rapporti tra lo Stato formulante e lo Stato obiettante, a meno che questultimo non abbia espresso la chiara e manifesta intenzione di impedire che il trattato entri in vigore nei rapporti tra i due Stati.

art. 20

artt. 20 - 21

La prassi successiva ha portato unulteriore evoluzione. Si ammette che lobiezione alla riserva abbia gli effetti pi vari: dallimpedire che laccordo si formi tra Stato riservante e Stato obiettante, fino alleffetto puramente precauzionale addirittura morale. Si consente di formulare riserve anche in periodo successivo alla ratifica, purch non vi siano obiezioni sul ritardo. Ma la tendenza maggiormente innovatrice si ricava dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani che, in caso di formulazione di riserva inammissibile (esclusa dal testo, contraria alloggetto e allo scopo del trattato), afferma che lo Stato formulante non viene escluso dal trattato, ma unicamente la riserva invalida e deve ritenersi come non apposta. Tuttavia non possibile per ora estendere a tutti i trattati questa interpre-

26 tazione, rivolta specificamente alla Convenzione Europea dei Diritti Umani, fondamentale strumento per la difesa delle prerogative dellessere umano e, quindi, da non sottoporre pi di tanto a tentativi di modifica. Infatti, la Corte Internazionale di Giustizia continua a comportarsi in modo tradizionale. Pu accadere che sorgano problemi circa la competenza a formulare riserve. Il problema va risolto analizzando i vari testi costituzionali. In Italia la questione si gi posta, quando il Governo ha aggiunto di sua iniziativa riserve non concordate col Parlamento. Parte della dottrina ritiene ammissibile unipotesi del genere, o anche che il Governo non tenga conto di una riserva espressa dal Parlamento nella legge di autorizzazione, assegnando allesecutivo il ruolo di gestore dei rapporto internazionali. Altra parte della dottrina invece di parere contrario, giudicando essenziale la collaborazione dei due organi per la formazione della volont statale. Alla collaborazione tra Governo e Parlamento ispirato lart. 80 Cost. Per il Conforti, lapposizione di una riserva da parte del Governo allatto della ratifica valida per il diritto costituzionale e anche per il diritto internazionale. In caso, invece, di non dichiarazione del Governo di una riserva voluta dal Parlamento e contenuta nella legge di autorizzazione, per la parte coperta dalla riserva sar ipotizzabile una violazione del diritto interno. Lo Stato, quindi, non rimarr impegnato per quella parte del trattato, a meno che il Parlamento non revochi la riserva.

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