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PARTE GENERALE
1. La nozione di tributo
Nel linguaggio ordinario, i termini tributo, imposta, tassa, contributo ed altri sono
in sostanza, semanticamente equivalenti; in sede giuridica tali termini, sono
specialistici.
La definizione di tributo è affidata all’interprete.
Oltre che l’impostazione degli studi di scienza delle finanze, sui giuristi italiani
ha operato l’influenza della dottrina tedesca del diritto pubblico…
… che, caratterizzava il tributo come espressione di sovranità.
Da qui nasce il tributo come entrata coattiva o autoritativa, ossia un’entrata la
cui obbligatorietà è imposta con un atto dell’autorità, senza che vi concorra la
volontà dell’obbligato.
La coattività distingue il tributo dalle entrate di diritto privato (entrata con base
contrattuale);
essa (la coattività) è però carattere tipico ma non esclusivo del tributo. [Infatti
non lo distingue da altre entrate di diritto pubblico come ad esempio le sanzioni
pecuniarie, che sono anch’esse prestazioni pecuniarie imposte
autoritativamente, ma derivano da fatti illeciti].
Capitolo Secondo
Le Fonti
1. Le fonti
Già la Statuto Albertino (art. 30) poneva una riserva di legge in materia
tributaria stabilendo che “nessun tributo può essere imposto o riscosso se
non è stato consentito dalle camere e sanzionato dal Re”. La norma,
esprimeva un certo assetto di rapporti di potere tra le classi sociali
rappresentate dai parlamenti, da un lato, e dal monarca e dall’esecutivo,
dall’altro. Nel pensiero liberale, la norma è invece ricondotta al più
generale principio per cui solo la legge può incidere nella sfera della
proprietà e libertà individuali. Nella nostra Cost., il principio trova
espressione nell’art. 23, secondo il quale “nessuna prestazione personale
o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. La dottrina
tradizionale e la stessa Corte Cost., nelle prime sentenze hanno attribuito
a tale norma la funzione garantista., conforme all’ideologia liberale di
tutelare la libertà e la proprietà dei singoli. Anche l’art. 23 va interpretato
nel contesto dei valori costituzionali: ciò non significa negare che esso
tuteli la proprietà e la libertà dei singoli, ma comporta che la riserva di
legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte, si pone nell’ambito
della Cost. vigente, in funzione immediata e prevalente di interessi
generali e solo in via mediata e subordinata degli interessi dei privati.
A) La legge dello Stato è la fonte, per così dire, normale delle norme
tributarie: ciò è una conseguenza della riserva di legge contenuta
nell’art. 23 . Il che comporta che ,di massima, le norme tributarie siano
contenute in atti aventi forma di legge o efficacia di legge. Nessuna
peculiarità vi è per la formazione e l’approvazione delle leggi tributarie:
si applicano gli artt. 70 e seg. della Cost. Le leggi tributarie però non
possono essere abrogate con referendum popolare e non possono
essere approvate con la legge di bilancio. Si è inteso conservare la
distinzione tra leggi (sostanziali) di prelievo e di spesa, e legge
(formale) di approvazione del bilancio.
B) Anche la legge regionale è fonte di norme tributarie: essa soddisfa la
riserva di legge ex art. 23, ma può disporre solo entro certi limiti, che
sono più ristretti per le regioni a statuto ordinario, più larghi per quelle
a statuto speciale. Per le regioni ordinarie, occorre far capo all’art. 119
Cost. che, nel primo comma, proclama l’autonomia finanziaria (Le
regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da
leggi della Repubblica che la coordinano con la finanza dello Stato,
delle Provincie e dei Comuni) e, nel secondo, delimita la potestà
tributaria (alle regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi......).
Questi precetti costituzionali sono stati interpretati in vario modo. Di
fatto il legislatore ha optato per una soluzione piuttosto riduttiva: con la
l. Del 16/5/70 n° 281, sono state attribuite alle r egioni di diritto comune
quattro specie di tributi (imposta sulle concessioni statali dei beni del
demanio e del patrimonio indispensabile; tassa sulle concessioni
regionali; tassa di circolazione; tassa per l’occupazione di spazi e aree
pubbliche). La legge statale regola completamente questi tributi,
lasciando al legislatore regionale la sola facoltà di fissare le aliquote,
entro minimi e massimi prefissati dalle legge statale. Questi tributi
quindi sono propri delle regioni solo perché le regioni ne ricevono il
gettito; nella sostanza, sono tributi voluti dallo Stato, che provvede
anche ad amministrarli. Per le regioni a statuto speciale, andrebbero
analizzate le singole norme statutarie: queste sembrano attribuire alle
regioni differenziate un’autonoma potestà normativa in campo
tributario in armonia con il sistema tributario statale . Di tale potestà le
regioni hanno fatto uso soltanto per concedere esenzioni o
agevolazioni rispetto a tributi erariali : il che è stato ritenuto
ammissibile dalla Corte solo a condizione che le norme regionali di
favore trovino riscontro in un tipo di esenzione già contemplato dalle
norme statali.
C) I decreti legge sono abbastanza frequenti in materia tributaria. Essi
possono essere emanati dal Governo in casi straordinari di necessità
ed urgenza e debbono essere convertiti in legge entro 60 gg.,
altrimenti decadono ex-tunc. Le Camere possono regolare con legge i
rapporti giuridici sorti sulla base di decreti non convertiti (art. 77).
D) Anche i decreti legislativi sono molto frequenti in materia tributaria.
Essi trovano fondamento nell’art. 76 Cost. , che consente alle Camere
di delegare al Governo l’esercizio della funzione legislativa “con
determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo
limitato e per oggetto definiti”. Il ricorso frequente in materia tributaria
al meccanismo della delega trova la sua ragione in ciò che le norme
tributarie, per il loro tecnicismo, mal si prestano ad essere elaborate e
discusse in sede parlamentare, soprattutto quando l’area di intervento
è piuttosto estesa.
4. I testi unici.
5. I regolamenti.
Nella gerarchia delle fonti sono subordinati alle leggi; quindi non possono
essere in contrasto con norme di legge; se sono contrari alla legge,
possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicati dagli
altri giudici (ordinario e tributario). I regolamenti non sono oggetto di
giudizio di costituzionalità; se contrari a norme costituzionali, sono
annullati o disapplicati come nel caso in cui sono contrari alla legge. Nei
limiti in cui ciò è consentito dalla riserva di legge (art. 23), fonte di
produzione di norme tributarie possono essere anche i regolamenti, sia di
organi statali sia di enti locali.
A) La l. 23/8/88 n°400, recante “disciplina dell’at tività di governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, ha
disciplinato (art. 17) la potestà regolamentare prevedendo che i
regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei Ministri, dopo
aver sentito il parere del Consiglio di Stato, e sono emanati dal Pres.
Della Rep.. Tali regolamenti possono essere emanati per disciplinare:
1) l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; 2) L’attuazione ed
integrazione delle leggi e dei decreti legislativi; 3) le materie in cui
manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge; 4)
l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche
secondo le disposizioni dettate dalla legge; 5) L’organizzazione del
lavoro e i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi
sindacali.
Il Governo dispone di una potestà regolamentare generale esercitabile
anche senza specifica autorizzazione legislativa; esso è titolare,
inoltre, di una potestà esercitabile solo previa autorizzazione
legislativa, nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge.
B) I regolamenti ministeriali sono adottati con decreto del Ministro nelle
materie di competenza del ministro. Quando la materia è di
competenza di più ministri, sono emanati regolamenti interministeriali,
sempre in base ad apposite autorizzazione legislativa. I regolamenti
ministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei
regolamenti governativi e debbono essere comunicati al Pres. del
Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
C) Vi sono poi i regolamenti locali, emanati da regioni, province e comuni;
per lo più essi hanno per oggetto la fissazione di aliquote (la legge
però fissa sempre il tetto max).
6. Le fonti comunitarie.
Il trattato istitutivo della CEE è stato ratificato con legge ordinaria; è stato
così inserito, nel sistema delle fonti del nostro diritto, un meccanismo in
base al quale valgono nell’ordinamento italiano anche le norme
comunitarie. Il sistema delle fonti del diritto comunitario è costituito,
innanzitutto, dal diritto c.d. primario, elaborato direttamente dagli stati
membri, e vi è poi il diritto derivato, costituito dalle norme emesse dagli
organi comunitari. Tra le fonti di produzione del diritto comunitario
derivato hanno particolare importanza i regolamenti e le direttive. Il
regolamento a norma dell’art. 189 del trattato, ha portata generale, è
obbligatorio in tutti i suoi elementi, ed è direttamente applicabile in
ciascuno degli stati membri. La diretta applicabilità comporta che gli Stati
non possono e non debbono emanare norme per introdurre un
regolamento nell’ordinamento interno. In quanto produttivo di effetti
immediati, il regolamento è idoneo ad attribuire ai singoli dei diritti che i
giudici nazionali devono tutelare. Le direttive secondo l’art. 189 del
trattato CEE, vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, mentre è rimessa alla discrezionalità dei singoli Stati
l’adozione degli strumenti e dei mezzi per raggiungerlo.
Capitolo Terzo
2. I vincoli dell’interpretazione.
L’attività interpretativa non è del tutto libera né del tutto vincolata. I vincoli
d’interpretazione, posti dallo stesso ordinamento giuridica sono i
seguenti:
a) vincoli derivanti dalla struttura gerarchica dell’ordinamento: i testi di
legge devono essere interpretati in modo da risultare conformi alla
Cost.; in materia tributaria le leggi devono essere interpretate in modo
da risultare conformi all’art. 53 Cost.; i testi delle leggi delegate
devono essere interpretati in modo da risultare conformi alle leggi di
delegazione; i testi delle norme nazionali devono essere interpretati in
modo da risultare conformi alle norme comunitarie; i testi dei
regolamenti devono essere interpretati in modo da risultare conformi
alle norme di legge , ecc;
b) Vincoli derivanti da leggi interpretative e dalle definizioni legislative;
c) Vincoli derivanti dalle norme sull’interpretazione.
Tra le norme generali sull’interpretazione vanno ricordate le seguenti.
Innanzitutto va ricordato l’art. 12 disp. Prel. C. C. Primo comma
(nell’applicare la legge non si può attribuire ad essa altro senso che
quello fatto palese del significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. In secondo luogo
vi è l’art. 12 cit. Secondo comma ( se una controversia non può essere
decisa con una precisa disposizione si ha riguardo alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio,
si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello
Stato). Terzo luogo, art. 13, che vieta l’analogia per le leggi penali e per
quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi.
3. Semantica delle leggi tributarie.
6. Le lacune e l’analogia.
8. Le leggi interpretative.
9. Le circolari interpretative.
Capitolo terzo
13. L’interpello.
Per ovviare allo stato di incertezza in cui possono trovarsi gli operatori
economici i quali, proponendosi di porre in essere un’operazione, hanno
motivo di ritenere che il fisco la consideri elusiva, è stato istituito uno
speciale procedimento, con il quale i contribuenti possono interpellare
l’amministrazione finanziaria e conoscerne preventivamente il giudizio in
ordine ad una determinata operazione. I contribuenti possono interpellare
l’amm. finanziaria in ordine all’applicazione delle seguenti norme:
operazioni di fusione, concentrazione, trasformazione, scorporo e
riduzione di capitali; in caso di interposizione di persona i redditi sono
imputati al titolare effettivo e non a quello apparente; sulla qualificazione
di determinare spese come spese di rappresentanza ovvero di pubblicità
e propaganda. La procedura di interpello è così articolata: il contribuente,
quando sta per porre in essere un comportamento che potrebbe dar
luogo all’applicazione di una delle citate norme antielusive, può richiedere
il preventivo parere alla competente direzione generale del Ministero delle
finanze fornendole tutti gli elementi conoscitivi utili ai fini della corretta
qualificazione tributaria della fattispecie prospettata; in caso di mancata
risposta della direzione generale, o di risposta alla quale il contribuente
non intende uniformarsi, è dato al contribuente il diritto di richiedere il
parere del “comitato consultivo per l’applicazione delle norme
antielusive”; la mancata risposta da parte del comitato consultivo entro 60
gg. dalla richiesta del contribuente, e dopo ulteriori 60 gg. da una formale
diffida ad adempiere, equivale a silenzio-assenso.
Capitolo quarto
I principi
Si è visto che, tra le fonti del diritto tributario, vanno annoverate le fonti
comunitarie; queste vanno distinte in due gruppi: a) disposizioni fiscali del
Trattato istitutivo della CEE; b) norme di diritto comunitario derivato
(norme create dagli organi della comunità sulla base del Trattato). I più
importanti tra i principi del Trattato sono i seguenti: Il Trattato impone agli
Stati membri l’obbligo di non applicare, ai prodotti provenienti dagli stati
membri imposizioni interne superiori a quelle applicate ai prodotti
nazionali, ed il divieto di sovvenzionare le esportazioni con rimborsi
superiori alle imposizioni subite all’interno dello stato dai prodotti che
vengono esportati; l’obbligo degli stati membri di istituire un’imposta sulla
cifra d’affari con il sistema dell’imposizione del valore aggiunto;
l’armonizzazione delle legislazioni fiscali degli stati membri, al fine di
realizzare un mercato europeo comune.
Sul versante del diritto derivato, molti settori del diritto tributario interno
sono regolati da norme contenute in direttive comunitarie, o da norme
interne che si ispirano a norme di direttive comunitarie. Va in primo luogo
segnalato il corpus di direttive emanate in materia di imposta sul valore
aggiunto ed in materia di accise. In secondo luogo, vanno ricordate le
direttive intese ad armonizzare le imposte sulla raccolta dei capitali cui si
conformano le norme dell’imposta di registro sugli aumenti di capitale e
sui finanziamenti delle società. In terzo luogo, in materia di imposte
dirette, va ricordata una direttiva che istituisce un sistema di assistenza
reciproca fra le amministrazioni finanziarie al fine di reprimere l’evasione
mediante scambio di informazioni fra gli Stati membri.
Capitolo quinto
Le fattispecie
1. Sistematica dell’imposta.
3. Esenzioni ed esclusioni.
4. Fattispecie sostitutive.
5. Fattispecie equiparate.
8. Fattispecie alternative.
9. Fattispecie condizionali.
Capitolo sesto
Gli effetti
2. La base imponibile.
4. Il tasso.
6. Obbligazioni d’acconto.
7. Obbligazioni dipendenti.
8. Effetti connessi.
9. Le garanzie: i privilegi.
Capitolo settimo
I soggetti
1. Il creditore.
2. L’amministrazione finanziaria.
3. Il contribuente.
Il contribuente viene usato in due accezioni: una assai lata, per cui esso
designa ogni soggetto, che sia o possa diventare termine passivo di
riferimento di obbligazioni verso il fisco; in un significato più ristretto indica
quello che, nella varietà dei soggetti passivi è da denominare obbligato
principale. Nel primo significato il termine ricorre nel decreto istitutivo
dell’anagrafe tributaria; l’iscrizione all’anagrafe implica attribuzione di un
n° di codice fiscale; contribuente è dunque ogni so ggetto iscritto o
iscrivibile all’anagrafe ovvero ogni soggetto la cui esistenza è fiscalmente
rilevante.
4. L’obbligato principale.
5. La solidarietà: a) le fattispecie.
7. Il responsabile d’imposta.
Vi sono casi, nei quali risponde del debito d’imposta un soggetto diverso
da colui che ne realizza il presupposto e ne risponde non con tutto il suo
patrimonio, ma soltanto con un determinato bene; lo si è denominato
perciò responsabile limitato.
A) in un primo gruppo di casi la posizione del terzo è un riflesso della
disciplina dei privilegi speciali. Quando il credito d’imposta è garantito
da privilegio speciale sui beni ai quali il tributo si riferisce, il privilegio
importa il diritto di seguito; il bene continua ad essere gravato dal
privilegio anche se viene trasferito a terzi; i terzi assumono così la
veste di responsabile (limitatamente a quel bene che può essere
espropriato per soddisfare il credito d’imposta). Secondo la
giurisprudenza l’azione del fisco nei confronti del terzo può essere
esercitata solo dopo che è stata infruttuosamente esperita l’azione
esecutiva nei confronti dell’obbligato principale; la responsabilità del
terzo quindi viene detta sussidiaria.
B) in un altro gruppo di ipotesi, la responsabilità del terzo è un riflesso di
norme in materia di pignoramento; una prima ipotesi si ha in caso di
cessione d’azienda; avviata l’esecuzione nei confronti di chi sia stato
titolare di azienda, e l’abbia ceduta, l’esattore può sottoporre a
pignoramento i beni mobili e le merci dell’azienda ceduta. Un’altra
concerne i beni mobili rinvenuti nella casa di abitazione del
contribuente; contro il pignoramento di tali beni non possono proporre
opposizione di terzo il coniuge, i parenti e gli affini entro il terzo grado
del contribuente e dei coobbligati. Infine, i frutti degli immobili del
debitore, soggetti a privilegio, possono essere espropriati, nelle forme
dell’espropriazione presso il debitore, anche se l’immobile è affittato
(quindi anche se i frutti appartengono all’affittuario). In questo secondo
gruppo di ipotesi, l’esecuzione si svolge sulla base dell’atto di
imposizione e dell’iscrizione a ruolo del debitore d’imposta, il terzo,
quindi, subisce l’esecuzione forzata per l’attuazione d’un debito altrui
senza essere soggetto passivo del processo esecutivo.
11. Il successore.
Per le imposte sui redditi è previsto che le società e gli enti che non
hanno la sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato, devono
indicare (al fisco) le generalità e l’indirizzo in Italia di un rappresentante
per i rapporti tributari. Per l’Iva i non residenti che effettuino operazioni
rilevanti ai fini del tributo nell’ambito del territorio dello Stato, possono
nominare un rappresentante che provveda ad adempiere gli obblighi e ad
esercitare i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta. Se non è
nominato un rappresentante, i soggetti residenti che acquistino beni o
servizi da non residenti debbono provvedere essi stessi agli adempimenti
IVA (c.d. autofatturazione).
Parte terza
Dinamica dell’imposta
Capitolo ottavo
Profili generali
1. I modelli.
2. La potestà d’imposizione.
3. Il procedimento d’imposizione.
L’attuazione dell’imposta da parte dell’amministrazione avviene con una
serie di attività di varia natura coordinate all’emanazione di un atto
conclusivo. Nel diritto amministrativo generale il procedimento ha trovato
riconoscimento e disciplina nella l. 7/8/90 n° 241. Tale legge si applica
anche ai procedimenti tributari con la sole eccezione del capo dedicato
alla partecipazione (del cittadino al provvedimento). Il procedimento
amministrativo in generale si articola in più fasi: le principali sono a) la
fase iniziale, b) la fase istruttoria, c) la fase conclusiva. Il procedimento
d’imposizione inizia sempre d’ufficio sia quando è mancata la
dichiarazione, sia quando questa è presentata, e quindi l’azione
dell’ufficio è rivolta a controllare e rettificare la dichiarazione. Inoltre, nel
criterio tributario d’imposizione non abbiamo una serie prestabilita di atti
da porre in essere prima dell’emanazione dell’atto finale. Ai procedimenti
tributari non si applicano come si è detto le norme generali in tema di
partecipazione del cittadino al procedimento. Solo in alcuni casi la legge
obbliga l’ufficio ad interpellare il contribuente ad a consentirgli una
qualche forma di difesa; è quindi rimesso alla discrezionalità dell’ufficio
dar vita ad un contraddittorio nel corso del procedimento. Nella fase
istruttoria , l’ufficio esperisce le indagini del caso per ricercare e verificare
i fatti fiscalmente rilevanti con l’uso dei poteri d’indagine che la legge gli
conferisce. Infine, si ha la fase conclusiva, ossia l’emanazione del
provvedimento d’imposizione. Il procedimento può concludersi però
anche senza emanazione di provvedimenti: ciò avviene quando l'ufficio
constata che non vi sono i presupposti per la emanazione di
provvedimenti.
5. La teoria dichiarativa.
6. La teoria costitutiva.
Capitolo nono
1. Considerazioni preliminari.
Dei tre modelli di attuazione delle leggi d’imposta, indicati in via astratta,
quello accolto dal nostro ordinamento per la più parte dei tributi è il
modello della imposizione eventuale. Le ragioni della scelta legislativa
sono evidenti: la massa enorme di adempimenti richiesti da tali imposta
non possono che essere affidate, innanzitutto agli stessi contribuenti, i
quali devono adempiere una serie assai vasta di obblighi c.d. formali o
strumentali.
Alla regole della contabilità ordinaria non sono soggetti tutti gli
imprenditori perché, per le imprese minori, è previsto un regime
semplificato di contabilità. Va messo in rilievo, da un lato, che la nozione
di impresa minore ai fini tributari non coincide con la nozione civilistica di
piccolo imprenditore e, dall’altro, che lo statuto fiscale dell’impresa minore
ha rilievo, non soltanto ai fini degli obblighi contabili, ma anche ad altri
fini. La nozione fiscale di impresa minore è legata alle dimensioni del
fatturato; sono imprese minori le imprese individuali e società di persone
il cui fatturato non supera una determinata soglia (360 ml. per periodo
d’imposta). La contabilità fiscale semplificata è composta,
essenzialmente, dai registri IVA, cioè da registri dove sono annotati
acquisti e vendite. Le imprese minori non sono obbligate a tenere, le
scritture contabili di cui consta la contabilità ordinaria (giornale, inventari,
scritture ausiliarie) e la dichiarazione dei redditi sarà elaborata sulla base
dei dati desunti dai registri IVA. Data la sua rudimentalità la contabilità
semplificata è poco attendibile quindi il controllo del fisco nei confronti
delle imprese minori, è fondato, non sulla contabilità, ma su standards
medi di redditività di coefficienti presuntivi.
Le scritture contabili che devono tenere i sostituti sono: i libri paga; i libri
matricola; le schede dei compensi a terzi. Nelle prime due scritture sono
annotate le somme corrisposte ai dipendenti, con le ritenute effettuate,
mentre la terza concerne le somme erogate ad altri soggetti da sottoporre
a ritenuta. Come vedremo, i dipendenti possono omettere la
presentazione al fisco della dichiarazione dei redditi presentando al
sostituto una speciale dichiarazione nella quale sono indicati gli altri
redditi posseduti e gli oneri deducibili.
Capitolo nono
Può accadere che la dichiarazione sia errata, a danno del fisco o a danno
del contribuente. La dichiarazione, una volta presentata è acquisita in
modo definitivo dal fisco. Scaduto il termine la dichiarazione presentata
non è sostituibile ma ne è possibile entro certi limiti la rettifica.
A) La legge disciplina espressamente la possibilità di presentare una
dichiarazione integrativa la cui funzione è quella di porre rimedio ad
infedeltà o incompletezze della dichiarazione originaria. Ciò può
essere fatto al più tardi entro il termine per la presentazione della
dichiarazione relativa al secondo periodo d’imposta successivo. Uno
dei vantaggi derivanti da questo ravvedimento operoso attiene alle
sanzioni; per effetto della dichiarazione integrativa, non si applicano le
pene pecuniarie previste per la incompletezza e infedeltà della
dichiarazione originaria, ma si applica una soprattassa, graduata in
ragione del momento in cui viene presentata la nuova dichiarazione.
B) La legge non disciplina espressamente il caso in cui il dichiarante
abbia errato a suo danno ( es: abbia dichiarato redditi inesistenti). Qui,
se in conseguenza di tale errore, il contribuente ha quantificato e
versato una somma maggiore di quella dovuta, il rimedio è dato, non
dalla presentazione di una nuova dichiarazione, ma dall’istanza di
rimborso. Gli errori della dichiarazione possono essere fatti valere
mediante ricorso contro il ruolo. Sulla base della dichiarazione, se non
sono state versate le somme dovute in base alla stessa dichiarazione,
l’amministrazione può procedere ad iscrizione a ruolo; in sede di
ricorso contro il ruolo, possono essere fatti valere gli errori commessi
in sede di dichiarazione. Errori rettificabili sono soltanto quelli che
attengono alle dichiarazioni di scienza; le opzioni non sono rettificabili.
Capitolo decimo
L’istruttoria
Il controllo sostanziale è affidato agli uffici delle imposta ad alla g.d.f.; per
lo svolgimento di tali indagini, uno degli strumenti più efficaci è
l’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche.
A) Per quel che riguarda l’accesso, gli impiegati dell’amministrazione
finanziaria che eseguono l’accesso devono essere muniti, in ogni
caso, di apposita autorizzazione che ne indica lo scopo, rilasciata dal
capo dell’ufficio da cui dipendono. In alcuni casi è richiesta anche
l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Per l’accesso nei
locali adibiti ad attività commerciali e per l’accesso in locali adibiti ad
attività di lavoro autonomo è sufficiente l’autorizzazione del capo
dell’ufficio. Però, nel caso di accesso nei locali destinati all’esercizio di
arti e professioni, è richiesta la presenza del titolare dello studio (o di
un suo delegato). Nel caso di accessi in studi professionali, vi è da
contemperare la tutela dell’interesse fiscale con quella del segreto
professionale. Per l’esame di documenti e la richiesta di notizie cui
venga eccepito il segreto professionale si esige l’autorizzazione del
Procuratore della Repubblica. Per l’accesso nelle abitazioni, si
richiede (oltre all’autorizzazione del capo dell’ufficio) anche
l’autorizzazione del P. Della Rep., che può essere concessa soltanto
in presenza di gravi indizi di violazioni della norme fiscali, ed allo
scopo di reperire libri, registri, documenti ed altre prove delle
violazioni. La norma contempera due esigenze: da un lato la tutela del
domicilio, dall'altro la tutela degli interessi fiscali. Art. 14: il domicilio è
inviolabile. E’ quindi in ossequio ad una esigenza costituzionalmente
prevista che l’accesso nelle abitazioni per motivi fiscali è consentito
solo in presenza di due presupposti, uno sostanziale ( gravi indizi di
violazioni) ed una formale ( autorizzazione motivata dell’autorità
giudiziaria). L’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è
necessaria anche per procedere a perquisizioni personali e
all’apertura di plichi, casseforti, ecc.
B) L’ispezione documentale ha per oggetto i libri, registri, documenti e
scritture che si trovano nei locali compresi quelli la cui tenuta e
conservazione non sono obbligatori.
C) Le verificazioni infine, sono i controlli sugli impianti, sul personale
dipendente, sull’impiego di materie prime ed altri acquisti.
D) Di ogni accesso deve essere redatto un processo verbale da cui
risultino le ispezioni e rilevazioni eseguite, le richieste fatte al
contribuente, e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto
dal contribuente, che ha diritto di averne copia. Viene redatto, inoltre,
un processo verbale di constatazione, che sintetizza i dati rilevati. Nel
processo verbale di constatazione sono anche quantificate le sanzioni
pecuniarie irrogabili, al fine di consentire al contribuente la c.d.
definizione in via breve.
5. Indagini bancarie.
6. Inviti e richieste.
Capitolo undicesimo
L’avviso di accertamento
1. Natura giuridica.
2. Le statuizioni.
Esaminiamo il contenuto dispositivo dell’atto d’imposizione.
A) In materia di imposte sui redditi, la legge prescrive che l’avviso di
accertamento deve recare l’indicazione dell’imponibile o degli
imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate....
Ciò che sembra essenziale è soltanto la determinazione
dell’imponibile; vi sono infatti ipotesi in cui l’atto non va oltre tale
determinazione. Una prima ipotesi è data dall’accertamento dei redditi
delle società di persone; con esso viene determinata l’imposta dovuta
dalla società ILOR ma , agli effetti dell’imposta dovuta dal socio, rileva
soltanto la determinazione dell’imponibile della società, da imputare
poi, pro quota, a ciascun socio, agli effetti dell’imposta dovuta al socio.
Un’altra ipotesi si ha quando l’imponibile è di segno negativo oppure
costituito dal c.d. pareggio fiscale; l’avviso che accerta delle perdite o
accerta il pareggio non comporta, evidentemente, statuizioni circa
l’imposta; si può dire, anche, che comporta la statuizione che non è
dovuta alcuna imposta per quel periodo.
B) Nella disciplina dell’Iva, il contenuto dell’avviso di accertamento non è
specificato dal legislatore, che si limita a stabilire che “l’ufficio imposta
sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale
presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti un’imposta
inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o
rimborsabile superiore a quella spettante”.
C) Le imposte indirette si differenziano da quelle dirette in quanto la loro
applicazione avviene attraverso una sequenza di atti in parte diversa.
All’avviso di accertamento delle imposte sui redditi corrisponde nelle
imposte indirette, l’avviso di accertamento di valore così denominabile
in quanto di regola, in tali imposte, occorre stabilire il valore venale del
bene su cui incide l'imposta. L’essenziale caratteristica che differenzia
tale avviso da quello delle imposte dirette non è però tanto il fatto che
esso implichi la valutazione del valore venale di un bene, quanto al
fatto che il suo contenuto riguarda soltanto tale valore, senza
estendersi alla determinazione dell’imposta. La determinazione
dell’imposta è infatti affidata ad un altro atto, avente una sua specifica
individualità e funzione: l’avviso di liquidazione. La determinazione
dell’imponibile può assumere articolazioni differenziate nelle tre
imposte cui ci si riferisce: registro, successione ed INVIM. Agli effetti
dell’imposta di registro l’avviso di accertamento stabilisce il valore
venale degli immobili o delle aziende. Agli effetti dell'imposta sulle
successioni, l'avviso contiene la determinazione del valore dei beni
caduti in successione, ma esso può riguardare anche le passività
ereditarie. Per l’INVIM, quando il tributo viene applicato su beni il cui
trasferimento sia soggetto all’imposta di registro o sulle successioni, o
sul valore aggiunto, i valori accertati o i corrispettivi assunti ai fini di tali
imposte valgono anche per l’INVIM. Peraltro, ai fini di quest’ultima
imposta, l’accertamento imponibile assume un contenuto più
articolato, riguardando non solo il valore finale ma anche quello
iniziale e le spese incrementative detraibili.
3. La motivazione.
A) Che gli atti di disposizione debbano essere sempre motivati è un
principio alla cui affermazione generale si è pervenuti solo di recente.
Sono due i dati normativi nei quali trova sicuro fondamento il principio
generale dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti
dell’amministrazione finanziaria. Il primo è nella legge che regola in
generale ogni provvedimento amministrativo; ci si riferisce all’art. 3
della l. 7/8/ 90 n° 241, ove è stabilito, con formu la di portata generale,
che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato. Il
secondo dato normativo è nell’art. 21 del d.p.r. n° 636, il quale
stabilisce che la commissione tributaria non può disporre la
rinnovazione dell’atto impugnato quando sia fatto valere il vizio di
motivazione: il che implica, da un lato, l’obbligo dell’amministrazione di
motivare i provvedimenti impugnabili e dall'altro il carattere invalidante
del vizio di motivazione.
B) Motivazione, negli atti discrezionali, è l’esternazione dei motivi di
opportunità, di convenienza amministrativa, ecc, che stanno a
fondamento dell’atto. Per gli atti d’imposizione, sembra valida la
formula giurisprudenziale: motivazione è l’indicazione dell’iter logico
giuridico seguito dall’organo nella formazione dell’atto. Il lettore del
provvedimento deve essere posto in grado di ripercorrere l’itinerario
logico seguito dall’autorità nella formazione del provvedimento.
Questa idoneità del provvedimento a rendere noto l’itinerario logico
che sorregge il dispositivo sussiste o non sussiste: il provvedimento,
cioè, è motivato o non lo è.
C) Un provvedimento con motivazione insufficiente, omessa,
contraddittoria, ecc; un provvedimento, cioè viziato nella motivazione è
invalido; esso è destinato ad essere annullato dall’autorità
giurisdizionale; il giudice, a fronte di un atto invalido, può soltanto
annullarlo; non può mai sostituirlo.
4. Invalidità.
6. La notificazione.
7. Il termine.
8. Effetti soggettivi.
9. La definitività.
Capitolo undicesimo
L’avviso di accertamento
Sezione seconda – tipologia –
20. Il concordato.
L’avviso di accertamento
Sezione terza – Misure antielusive –
1. Nozione di elusione.
3. L’interpretazione antielusiva.
8. L’interpello dell’amministrazione.
Per ovviare allo stato di incertezza in cui possono trovarsi gli operatori
economici, i contribuenti possono interpellare l’amm. Finanziaria e
conoscerne preventivamente il giudizio. I casi sono predeterminati:
operazione che potrebbe essere considerata elusiva, ed inquadrata in
uno dei casi di elusione espressamente stabiliti; operazione alla quale
potrebbe essere applicata la norma in tema di interposizione di
persona. La procedura di interpello è così articolata:
- il contribuente, quando sta per porre in essere uno dei
comportamenti sopra indicati può richiedere preventivo
parere alla competente direzione generale del Ministero delle
finanze
- in caso di mancata risposta della Dir. generale, o di risposta
alla quale non si intende uniformarsi, è dato al contribuente il
diritto di richiedere il parere del Comitato consultivo per
l’applicazione delle norme antielusive.
- La mancata risposta del Comitato entro 60 gg. dalla richiesta
del contribuente, e dopo ulteriori 60 gg. da una formale
diffida ad adempiere, equivale a silenzio assenso.
Capitolo dodicesimo
La riscossione
7. La ritenuta diretta.
8. Il versamento diretto.
Capitolo dodicesimo
Sezione terza – La riscossione delle imposte indirette –
Capitolo dodicesimo
Sezione quarta – Esecuzione forzata –
22. L’ingiunzione.
Capitolo tredicesimo
Il rimborso
Sezione prima – Le fattispecie –
Svariati sono i rapporti nei quali i privati sono in posizione di credito verso
l’amministrazione finanziaria; simili posizioni possono essere denominate,
in senso ampio, crediti d’imposta o diritti di rimborso. Il credito d’imposta
si distingue dai rimborsi: il primo designa un credito estinguibile mediante
compensazione, il secondo indica corresponsione della somma oggetto
del credito. Dal punto di vista delle modalità di esercizio vi sono crediti
che debbono essere esercitati mediante la loro inclusione nella
dichiarazione dei redditi o nella dichiarazione Iva; e crediti da indebito,
che implicano un’apposita istanza. Si ha dunque un tripartizione così
articolata: a) crediti di rimborso la cui fattispecie costitutiva è un
pagamento indebito
b) crediti di restituzione la cui fattispecie non è un pagamento indebito; e
le cui modalità di esercizio non sono caratterizzate in termini di
compensazione necessaria con il debito d’imposta;
c) crediti d’imposta in senso stretto che, non derivano da un pagamento
indebito, e la cui modalità di esercizio è caratterizzata dalla
compensazione con il debito d’imposta.
Un’altra serie di ipotesi, nelle quali può aversi indebito, attiene alla
riscossione. Nel campo delle imposte sui redditi può darsi:
a) liquidazione erronea di somme direttamente versate;
b) vizio proprio del ruolo (es. viene iscritta a ruolo una somma superiore
a quella dovuta in base al titolo che legittima la riscossione).
Capitolo tredicesimo
Sezione seconda – Il procedimento –
6. Articolazione generale.
8. Imposte indirette.
9. Il rimborso d’ufficio.
10. Il diniego.
11. Il silenzio.
Capitolo quattordicesimo
Le sanzioni
Capitolo quattordicesimo
Le sanzioni
4. Le fattispecie.
5. La pena pecuniaria.
6. La soprattassa.
7. Altre sanzioni.
Gli illeciti amministrativi sono puniti, oltre che con le sanzioni già
esaminate, con altre sanzioni, c.d. accessorie: - lo scioglimento degli
organi amministrativi e la revoca dell’autorizzazione all’esercizio del
credito, per gli enti di credito che violino le norme in tema di certificazioni
di passività bancarie e in tema di deroghe al segreto bancario; - la
decadenza dal diritto di fruire di contributi o altre provvidenze dello Stato;
- la sospensione dall’esercizio della professione; - la sospensione
dall’esercizio di un’attività commerciale.
Capitolo quattordicesimo
Sezione terza – Le misure penali –
10. La riforma.
Questo reato è integrato all condotta di chi non tiene, o non osserva per
il periodo necessario taluna delle seguenti scritture contabili: libro
giornale; libro degli inventari; registro delle fatture; registro dei
corrispettivi; registro degli acquisti. Si considerano non tenute le scritture
contabili non regolarmente bollate e non vidimate, nonché quelle
inattendibili nel loro complesso a causa di irregolarità gravi, numerose e
ripetute.
Frode fiscale torna utile per classificare una serie di ipotesi delittuose,
che il legislatore tratta unitariamente.
A) Le condotte.
Le sei ipotesi delittuose sono le seguenti:
a) rilascio o utilizzazione di scritture o documenti contraffatti o alterati;
b) distruzione o occultamento di scritture o documenti contabili;
c) indicazione di nomi diversi da quelli veri in elenchi allegati alla
dichiarazione;
d) rilascio o utilizzazione di fatture false o di altri documenti falsi;
e) indicazione nei certificati rilasciati dal sostituto al sostituito di somme
diverse da quelle effettivamente corrisposte;
f) indicazione nelle scritture contabili, o nel bilancio, o nella
dichiarazione, di elementi positivi o negativi di reddito, in misura falsa;
Abbiamo quindi accanto al reato di distruzione od occultamento della
contabilità, che viene indicata come “frode fiscale per soppressione” (sub
b), un’ipotesi di reato di “falso materiale” (sub a); le rimanenti 4 ipotesi
sono tutte inquadrabili come reati di falso ideologico.
B) Il dolo.
Per tutte le ipotesi di reato, il legislatore esige che il dolo sia specifico;
occorre, cioè, che il fatto sia commesso alfine di evadere le imposte sui
redditi o l’imposta sul valore aggiunto o di conseguire un indebito
rimborso ovvero di consentire l’evasione o l’indebito rimborso a terzi.
C) La pena.
La legge prevede, come sanzioni, la reclusione da sei mesi a 5 anni e la
multa da 5 a 10 ml.. Se i fatti previsti alle lettere a, b, c, e, f, sono di lieve
entità, abbiamo un’attenuante: la sanzione detentiva e quella patrimoniale
sono alternative e la loro misura è minore. Non si ha lieve entità quando
gli importi sono superiori a 50ml..
18. La frode mediante falso materiale.
La norma in esame punisce colui che indica nella dichiarazione dei redditi
ovvero nel bilancio o rendiconto ad essa allegato, al di fuori dei casi
previsti dall’art. 1, ricavi, proventi o altri componenti positivi del reddito,
ovvero spese od altri componenti negativi di reddito in misura diversa da
quella effettiva utilizzando documenti attestanti fatti materiali non
corrispondenti al vero, ovvero ponendo in essere altri comportamenti
fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento dei fatti materiali.
A) Soggetti attivi del reato.
Nel caso di persone fisiche, vi è coincidenza tra soggetto dichiarante e
autore del reato; nel caso delle società invece autori del reato sono coloro
che agiscono per la società. E’ penalmente responsabile il soggetto che
sottoscrive la dichiarazione dei redditi della società; i singoli consiglieri di
amministrazione e i sindaci rispondono penalmente quando abbiano
partecipato al reato commesso, ad esempio, dall’amministratore
delegato.
B) La condotta
Nella condotta che integra questo reato vanno distinti due momenti:
l’indicazione dei componenti reddituali falsi e il comportamento
fraudolento. Commette reato infatti chi espone dati falsi nella
dichiarazione ovvero nel bilancio; il mendacio nella dichiarazione o nel
bilancio deve però essere accompagnato da un altro elemento, di tipo
fraudolento: o l’utilizzo di documenti falsi o in generale un altro
comportamento fraudolento.
C) L’oggetto della condotta.
Altro punto dubbio è se, per integrare il reato occorra che la condotta
investa congiuntamente bilancio e dichiarazione. Data la lettera della
legge (dichiarazione ovvero bilancio) sembra sufficiente che la condotta
investa uno soltanto di tali documenti. In pratica comunque sembra
improbabile che la falsità vi sia nel bilancio e non nella dichiarazione o
viceversa.
D) Assenza di soglia minima.
Ai fini di questo reato non vi è una soglia minima; la ragione di ciò è
evidente; chi pone in essere un comportamento fraudolento va punito per
il fatto che il comportamento è fraudolento, astraendo da valutazioni
quantitative; la quantità rileva solo come attenuante; se l’importo è
inferiore a 50 ml. si ha una circostanza di attenuazione della pena
edittale.
E) Alternatività tra contravvenzioni ex art. 1 e delitto ex art. 4 lett. f).
1. Cenno storico.
Il ricorso può essere proposto solo da chi è legittimato a farlo, ossia dal
destinatario dell’atto che viene impugnato. Per le azioni di rimborso è
legittimato colui che ha presentato istanza di rimborso. Il ricorrente deve
farsi assistere in giudizio da un difensore tecnico. Il difensore non è
necessario quando:
- controversie di valore inferiore a 5 ml.
- ricorsi contro i ruoli formati dai centri di servizio
- controversie promosse da soggetti che sono abilitati all’assistenza
tecnica.
Difensori tecnici possono essere: avvocati, procuratori legali,
commercialisti, ragionieri. La difesa può essere svolta anche da altri
soggetti, ma con capacità limitata:
- i consulenti del lavoro, per cause concernenti le ritenute alla fonte sui
redditi di lavoro dipendente ed assimilati
- ingegneri, architetti, geometri, per le cause in materia catastale
- i dipendenti delle associazioni di categoria, per le cause riguardanti gli
associati.
4.3. L’intervento.
Il litisconsorzio può essere anche facoltativo. Esso può sorgere dal fatto
che altri soggetti intervengono in un processo già instaurato, o sono
chiamati in giudizio. Il d. lgs. 546 limita fortemente la possibilità di
intervento a due categorie di soggetti: a) a chi è destinatario dell’atto
impugnato; b) a chi è parte del rapporto controverso. Infatti, l’intervento
c.d. principale non è configurabile nei processi d’impugnazione, ma
soltanto nei processi di rimborso, nei quali si può ammettere l’intervento
di chi assume essere titolare del diritto di rimborso, in luogo di chi ha già
instaurato il processo, contrapponendosi all’originario ricorrente.
L’intervento nei processi d’impugnazione è limitato a chi assume come
titolo di legittimazione di essere destinatario dell’atto impugnato. Se è già
avvenuta la notifica dell’atto, il destinatario che lo ha già impugnato non
ha motivo di intervenire nel processo instaurato dal co- destinatario;
duplicherebbe il processo avviato come ricorrente; inoltre non ha motivo
di intervenire invece che proporre ricorso. Resta possibile l’intervento del
destinatario di un atto, che non ha ricevuto la notifica (il condebitore in
solido che interviene nel processo instaurato da altro coobbligato); egli
può intervenire per sostenere le ragioni del ricorrente, ove si ritenga che
sia legittimato da un interesse, non meramente di fatto, ma
giuridicamente rilevante.
Ogni atto può essere impugnato per i vizi che lo concernono (vizi propri) e
non per i vizi che riguardano altri atti; un atto non può essere impugnato
per vizi di atti precedenti. Per i ricorsi contro l’avviso di accertamento non
vi sono limitazioni; tutti i vizi dell’avviso, di forma o di sostanza, che
possono determinare l’annullamento, sono deducibili come motivi del
ricorso. Nell’impugnazione dell’avviso di liquidazione, può essere fatto
valere ogni vizio che attenga alla liquidazione. L’iscrizione a ruolo con la
cartella di pagamento, presuppone un avviso di accertamento o una
dichiarazione; i vizi dell’accertamento debbono essere fatti valere
impugnando tale atto, e quindi non possono essere fatti valere
impugnando il ruolo. L’avviso di mora è atto del Concessionario della
riscossione e non dell’ufficio delle entrate. Se l’avviso di mora non è stato
preceduto dalla cartella di pagamento, lo si potrà impugnare per tale
motivo. Se invece è stato preceduto dalla notificazione della cartella potrà
essere impugnato contestando che vi sia mora. Circa il provvedimento
sanzionatorio, è da ricordare che la applicazione delle sanzioni
amministrative, nelle imposte le cui controversie sono attribuite alle
commissioni, è di competenza dello stesso ufficio che amministra
l’imposta. Pertanto l’impugnazione dell’atto amministrativo che applica
una sanzione, è diretta all’annullamento dell’atto sanzionatorio.
5. La costituzione in giudizio.
Il giudice tributario, come il giudice civile può emettere tre tipi di atto:
sentenze, ordinanza e decreto. Il collegio si pronuncia con sentenza in
tutti i casi in cui definisce il giudizio; si ha sentenza quindi, non solo
quando il collegio decide il ricorso al merito, ma anche quando dichiara
l’estinzione del giudizio o l’inammissibilità del ricorso. La sentenza è
l’unico atto di cui è disciplinato il contenuto. Sottoscritta dal presidente e
dal relatore deve contenere: 1) l’indicazione della composizione del
collegio, delle parti e dei difensori; 2) la concisa esposizione dello
svolgimento del processo; 3) le richieste delle parti; 4) la succinta
esposizione dei motivi in fatto e in diritto; 5) il dispositivo.
Il collegio pronuncia ordinanza in tutti i casi in cui non definisce il giudizio
( non pronuncia sentenza). Es: sospensione cautelare dell’atto
impugnato.
15.1. I decreti.
21. La cassazione.
23. La revocazione.
Anche nel processo tributario le parti possono trovare un accordo, per cui
il processo si chiude, non con sentenza, ma con conciliazione. La
conciliazione tributaria equivale ad una transazione, e, poiché la
transazione non può avere ad oggetto diritti non disponibili, nella
conciliazione viene ravvisata una deroga alla c.d. indisponibilità del
rapporto d’imposta. La transazione disciplinata dal codice è realizzata
attraverso reciproche concessioni. La conciliazione invece, nel diritto
pubblico, si configura come un istituto autonomo, il cui scopo è quello di
realizzare la composizione consensuale giusta della lite. Quali
controversie possono essere conciliate? Il legislatore non ha esplicato
alcun limite, non significa però conciliabilità illimitata. In sostanza la
conciliazione deve presentarsi con contenuto accertativo, con effetti di
diritto sostanziale e processuale. La conciliazione appare legittima solo
nelle liti che riguardano l’avviso di accertamento, e solo per questioni di
tipo quantitativo. Non sono conciliabili le questioni che riguardano le
sanzioni, pur se si tratta di questione riguardante solo il quantum. Tale
ultimo limite si deduce dalla norma che fa seguire alla conciliazione la
riduzione delle sanzioni irrogate ad un terzo del minimo edittale.
TRIBUTARIO
Parte speciale
PARTE SPECIALE
• Vedi pp. 14 – 16
• Vedi pp. 23 – 24
• Nel caso in cui una società produca un reddito, questo può essere
tassato due volte: una in capo alla società e una in capo ai soci
• Nel caso delle società di persone si segue il principio dell’imputazione
diretta del reddito in capo ai soci
• Nel caso delle altre società si usa il criterio del credito d’imposta
LE CATEGORIE DI REDDITO
• Vedi pp. 78 – 79
• Stabilire quali attività danno luogo a reddito d’impresa rileva sotto due
profili:
• Discriminare i fenomeni che danno luogo a reddito d’impresa da
quelli che non rilevano ai fini fiscali
• Discriminare il redito d’impresa da quello delle altre categorie
• È importante tener conto che non sempre valori iscrivibili nel bilancio
civilistico sono riconosciuti dal diritto tributario
• Talvolta l’elemento patrimoniale fatto oggetto di una svalutazione o di
un ammortamento non riconosciuto fiscalmente viene mantenuto in
bilancio ma a fronte di esso viene istituito un fondo che prende il nome
di fondo tassato: costituito con somme assoggettate ad imposte e ormai
pienamente disponibili per la società. Tali fondi potranno quindi essere
successivamente distribuiti come utili senza essere tassati, perché la
tassazione è già avvenuta nell’esercizio in cui tali fondi sono stati
costituiti
• Un fenomeno opposto si verifica quando la legge consente di escludere
da imposizione elementi positivi di reddito accantonandoli in un
apposito fondo contabile: si tratta di riserve in sospensione d’imposta
SOPRAVVENIENZE ATTIVE
AMMORTAMENTI
I COSTI PLURIENNALI
LE IMPRESE MINORI
• Nel calcolo del calcolo della differenza tra compensi e spese del
professionista è obbligatoria una contabilità
• I redditi da lavoro autonomo “assimilati” non sono invece determinati
contabilmente ma attraverso deduzioni percentuali ai compensi, senza
obblighi contabili
Fornitore Tizio
Valore del bene: 80£
Prezzo di vendita: 80£ + 20£ IVA
IVA versata: 20£ (addebitata al cliente Caio)
Cliente Caio
Prezzo di acquisto: 80£ + 20£ IVA = 100£
Prezzo di vendita:120£ + 30£ IVA = 150£
IVA versata: 30£ (addebitata al cliente Sempronio) – 20£ (detrazione dell’IVA sugli acquisti, addebitatagli
dal fornitore Tizio) = 10£
Cliente Sempronio
Prezzo di acquisto:120£ + 30£ IVA = 150£
IVA pagata: nel prezzo di acquisto paga le 20£ versate allo stato dal fornitore Tizio, da questi addebitate al
cliente Caio, e dal cliente Caio addebitate al cliente Sempronio, e le 10£ che il cliente Caio ha comunque
dovuto versare allo stato anche dopo aver detratto le 20£ di IVA già pagate dal fornitore Tizio: quindi in
totale si vede addebitate nel prezzo tutte le 30£ di IVA, 20 versate allo stato dal fornitore Tizio e 10 dal
cliente Caio
TERRITORIALITÀ DELL’IMPOSTA
OPERAZIONI ESENTI
DICHIARAZIONE ANNUALE
• Trasferimenti immobiliari
• Sentenze
• Cessioni di autoveicoli
• Locazioni immobiliari
• Atti meramente dichiarativi
L’ACCERTAMENTO DI VALORE E LE ALTRE VICENDE
APPLICATIVE DELL’IMPOSTA