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1. La nozione di tributo
Il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; per questo aspetto esso si distingue da altri istituti, che
pur incidono sul patrimonio del privato, ma comportano limitazioni od ablazioni di altro tipo
(espropriazioni, imposizione di limiti o vincoli, etc). L’obbligazione tributaria è un’obbligazione con effetti
definitivi: in ciò il tributo si distingue dai prestiti forzosi.
Il tributo è un'entrata coattiva: è infatti imposto con atto della autorità (≠ dalle entrate di diritto privato).
Ciò comporta che l’ente pubblico impositore sia anche provvisto di poteri autoritativi, allo scopo di
costituire il rapporto tributario o anche soltanto di imporre il pagamento del tributo. Possono esservi
anche entrate pubbliche imposte coattivamente che non hanno carattere tributario (come le sanzioni), ma
il fondamento giuridico del tributo è un atto dell’autorità (legge o provvedimento).
Il fatto generatore del tributo è un fatto economico (≠ dalle sanzioni pecuniarie che nascono da illecito, che
sono, come i tributi, prestazioni pecuniarie imposte autoritativamente, ma collegate ad un fatto illecito).
Il tributo, dal punto di vista funzionale, realizza il concorso alla spesa pubblica (ex art. 53 Cost.: “1. Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. 2. Il sistema tributario è
informato a criteri di progressività”) ed il suo gettito è destinato a finanziare lo Stato e gli altri enti pubblici,
indipendentemente dallo scopo per cui il tributo è istituito. Solitamente, il gettito dei tributi è una risorsa
dell’ente pubblico senza destinazione specifica; vi possono però esservi dei tributi con destinazione specifica
(tributi di scopo o tributi parafiscali).
In sintesi: il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; è imposto coattivamente; è collegato ad un
presupposto economico ed il suo gettito è destinato al finanziamento delle spese pubbliche.
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traggono dall'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto;
– sono detti contributi anche le prestazioni dovute a determinati enti (associazioni, consorzi, etc)
obbligatoriamente per il loro funzionamento (es. contributi ai consorzi di bonifica);
monopoli fiscali
– sono considerati tributi solo con riguardo alla sua funzione di procurare entrate. Ciò che si paga per
l’acquisto di un genere di monopolio non è un tributo, ma il corrispettivo di un normale contratto di
compravendita. Se invece si ha riguardo alla funzione dei tributi (procacciare entrate all’ente pubblico),
anche il monopolio è un tributo, quando ha per scopo di procurare entrate.
1 La riserva di legge
Art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Con “legge”, l’art.23 indica:
la legge statale ordinaria
gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi);
le leggi regionali (e provinciali, per Trento e Bolzano);
le fonti dell'Unione europea.
La riserva di legge riguarda solo le norme di diritto sostanziale, quelle che definiscono i soggetti passivi, l'an
e il quantum del tributo. L’art.23, dunque, non riguarda le norme sull'accertamento e la riscossione. È una
riserva di legge relativa: disciplina infatti le linee fondamentali della materia rimettendone il
completamento a norme di rango non legislativo.
Le “prestazioni personali e patrimoniali imposte” dall’art.23 sono da intendersi:
sia in senso formale: imposte cioè con atto autoritativo, i cui effetti sono indipendenti dalla
volontà del soggetto passivo;
che in senso sostanziale: ossia l’art.23 si applica anche a prestazioni di natura non tributaria ma
aventi funzione di corrispettivo, quando un obbligazione, per nascendo da un contratto, costituisca il
corrispettivo per un servizio pubblico che soddisfi un bisogno essenziale e sia reso in regime di monopolio
(es. tariffe elettriche, assicurazione obbligatoria delle auto). In tali situazioni, infatti, il cittadino è libero di
stipulare o non stipulare il contratto, ma questa libertà è astratta, perché si riduce solo alla possibilità di
scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e condizioni unilateralmente e
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autoritativamente prefissati.
3.I regolamenti
Con i regolamenti, il Governo e le autorità amministrative hanno potestà normativa, subordinata però, nella
gerarchia delle fonti, alle leggi. I regolamenti, quindi, non possono essere in contrasto con le norme di
legge e, se sono contrari alla legge. Possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicati
dagli altri giudici.
L. 400/1988 disciplina la potestà regolamentare: i regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei
Ministri, sentito il Consiglio di Stato, ed emanati dal Presidente della Repubblica (Art.1). Tali regolamenti
disciplinano: l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi (regolamenti esecutivi), l’attuazione e
l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio (regolamenti attuativi e
integrativi), le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge (regolamenti
indipendenti), l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche (regolamenti
organizzatori) e l’organizzazione del lavoro e dei rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti. In questi casi, il
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Governo dispone di una potestà regolamentare generale, esercitabile anche senza specifica autorizzazione
legislativa. L’art.17.2 contempla i regolamenti delegati, che il governo può emanare nelle, materie non
coperte da riserva assoluta di legge.
In materia tributaria, essendoci riserva di legge, possono aversi solo:
regolamenti esecutivi: disciplinano l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; che possono
essere emessi anche in assenza di apposita norma autorizzativa,
regolamenti delegati (o delegificanti): emessi in materie non coperte da riserva assoluta di legge,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti;
possono essere emessi solo in base ad una norma espressa.
I regolamenti attuativi ed integrativi delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio non
sono ammissibili nel diritto tributario sostanziale, perché le leggi non possono limitarsi ad enunciare
princìpi di massima per le materie coperte da riserva di legge; sono invece ammessi solo per la parte di
disciplina non coperta da riserva di legge.
Non sono ammessi i regolamenti indipendenti, disciplinanti le materie in cui manchi la disciplina da parte di
leggi o atti aventi forza di legge, per la materia coperta da riserva di legge.
I regolamenti ministeriali sono adottati in materie di competenza del singolo Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Se la competenza è di più Ministri si hanno i regolamenti
interministeriali, adottati con decreto Presidente del Consiglio dei Ministri (ad es, il decreto con cui il
ministro fissa la revisione del catasto e ne aggiorna le rendite catastali).
4. L’interpretazione adeguatrice
Nell’interpretare un testo normativo, si deve privilegiare l’interpretazione conforme al testo
gerarchicamente sovraordinato (c.d. interpretazione adeguatrice). Oltre che la conformità alle norme
costituzionali, è da privilegiare la conformità alle norme dell’Unione europea e alle convenzioni
internazionali (c.d. principio della doppia conformità).
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6.1. Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscali
Il rispetto del principio di uguaglianza concerne sia le norme impositive, sia le norme di favore. Dato un
tributo, che colpisce in generale una categoria di soggetti o fatti economici, quali sono le ragioni che
legittimano il legislatore a introdurre trattamenti di favore senza violare il principio di eguaglianza??
Il legislatore può però riconoscere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente riconosciuti, e
cioè se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale.
7. Il principio di progressività
L’art. 53.2, della Costituzione, recita che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il principio di progressività (=rapporto diretto tra imposizioni e reddito individuale di ogni contribuente) non
riguarda i singoli tributi ma il sistema nel suo complesso; singoli tributi possono essere ispirati anche a
principi diversi.
1.L’obbligazione tributaria
Lo Stato (o altro ente impositore) è titolare di poteri autoritativi ed è titolare di un diritto di credito;
correlativamente c’è da distinguere tra i vari obblighi e poteri formali che danno vita alle attività o
procedure dirette e l’obbligazione tributaria, e gli effetti sostanziali connessi.
L’obbligazione tributaria non si differenzia dalle obbligazioni del diritto privato, disciplinate dal codice civile.
Dell’obbligazione tributaria, però, vi è una disciplina propria nel diritto tributario: solo quando la disciplina
tributaria presenta delle lacune, l’interprete può colmarla ricorrendo alle norme del codice civile, ma solo
se ricorrono i presupposti dell’analogia. L’analogia è possibile quando: a) la disciplina tributaria presenti
delle lacune in senso tecnico; b) le norme del codice sono suscettibili di essere estese oltre l’ambito del
diritto privato; c)la norme del codice sono compatibili con le peculiarità del diritto tributario.
L’obbligazione tributaria è poi un obbligazione legale. La disciplina dell’obbligazione è tutta stabilita dalla
legge; nulla di tale disciplina può essere determinato dalla volontà delle parti. La stessa amministrazione
finanziaria, pur dotata di poteri autoritativi, non dispone di discrezionalità: i suoi poteri sono vincolati.
Altro è invece se tale definizione viene intesa nel senso che l’obbligazione ha la sua origine esclusivamente
nella legge, e che, al meccanismo della sua nascita, sono estranei gli atti del contribuente o
dell’amministrazione finanziaria. Sotto questo profilo, la definizione dell’obbligazione tributaria come
obbligazione di fonte legale non è accolta dalla teoria costitutiva.
2. Il presupposto
La fattispecie che dà vita, in modo diretto o medito, all’imposta, è variamente denominata: presupposto,
fatto imponibile ecc. Preferire l’uno o l’altro termine è questione puramente lissicale.
Il presupposto è quell’evento che determina- direttamente o indirettamente- il sorgere dell’obbligazione
ributaria. Il presupposto è connotato dal legislatore (esplicitamente o implicitamente) sotto diversi profili:
oggettivo, soggettivo, spaziale e temporale.
Presupposto e oggetto dell’imposta sono nozioni usate talora come coincidenti (ad esempio, nell’imposta di
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registro). Le due espressioni sono però usate anche con significati distinti, in quanto il termine
“presupposto” è preferito nei discorsi giuridici, mentre “oggetto” è un termine usato con significato
economico.
5. Sovrimposte e addizionali
Vi è sovrapposizione di fattispecie quando la fattispecie imponibile di un tributo (imposta madre), viene
usata come fattispecie di un’altra imposta, detta imposta figlia. L’imposta figlia è denominata sovrimposta o
addizionale.
È denominata addizionale (o imposta addizionale) anche il tributo la cui misura è ragguagliata ad una
frazione o multiplo di quanto dovuto per l’imposta di base. Il legislatore disciplina di volta in volta
l’accertamento e la riscossione della sovrimposta e dell’addizionale, potendo prevedere un regime
autonomo o dipendente dall’applicazione dell’imposta-base.
2. La solidarietà tributaria
Le diverse situazioni passive, che scaturiscono dalle fattispecie tributarie, possono far capo ad una pluralità di
soggetti passivi.
Può trattarsi di obblighi formali o dell’obbligazione tributaria. Si ha obbligazione solidale quando più soggetti
sono tenuti in solido ad adempiere l'obbligazione tributaria, ciascuno può essere costretto all'adempimento
per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri (art.1292 c.c.).
Il soggetto passivo del tributo è obbligato sia all'adempimento della prestazione pecuniaria che
all'adempimento di obbligazioni formali, come la presentazione della dichiarazione. Anche per tali obblighi
l'adempimento di uno dei coobbligati libera tutti gli altri. Nelle leggi tributarie sono espressamente indicati
i casi in cui l'obbligazione è solidale.
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paritaria, quando il presupposto del tributo è riferibile ad una pluralità di soggetti; è tipica delle
imposte indirette, ad es.
– imposta di registro, stipulazione di un contratto da registrare, le parti contraenti sono obbligate in
solido,
– imposta sulle successioni, dovuta dagli eredi in solido
dipendente, quando vi è un obbligato principale, che ha posto in essere il presupposto del tributo,
ed un obbligato dipendente (responsabile d'imposta), che non ha partecipato alla realizzazione del
presupposto e tuttavia è obbligato in solido perché ha posto in essere un'altra fattispecie connessa.
Le previsioni di solidarietà, soprattutto in materia di imposte personali, hanno natura eccezionale.
3. La sostituzione tributaria
Si ha sostituzione tributaria quando l'obbligazione tributaria, o altri debiti tributari, sono posti a carico di
un soggetto diverso da chi realizza il presupposto del tributo.
Sono obbligati ad operare le ritenute (e quindi sostituti):
le società ed altri enti soggetti passivi Ires
società di persone, associazioni, imprenditori individuali
chi esercita arti o professioni, curatori fallimentari quando corrispondono:
- somme o valori che costituiscono reddito di lavoro dipendente o assimilato
- compensi di lavoro autonomo
- provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio
- interessi, dividendi e altri redditi di capitale
- compensi per avviamento commerciale
- premi e vincite
Sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o
situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Il sostituto, nel momento in cui corrisponde le
somme soggette a ritenuta, ha il diritto-dovere di trattenerne una quota (l'obbligazione del
sostituto verso il sostituito è adempiuta ed estinta con la corresponsione di una somma minore di quella
dovuta). Dal punto di vista del rapporto di rivalsa, non vi è differenza tra sostituzione a titolo d’imposta e
sostituzione a titolo di acconto, salvo l’obbligo, nel secondo caso, per il sostituto, di rilasciare al sostituito un
certificato. Operare la ritenuta è un obbligo la cui violazione è punita con sanzione amministrativa.
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3.2. La sostituzione a titolo d’acconto
Nella sostituzione a titolo d'acconto (o sostituzione impropria), il sostituto non è debitore in luogo del
soggetto che sarebbe obbligato secondo i criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, ma è
soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento (previa effettuazione della ritenuta), al quale non
è riferibile alcuna idea di sostituzione. A carico del sostituto gravano obblighi di versamento di acconti non
previsti, in via ordinaria, a carico del reddituario. Il sostituto a titolo d'acconto non è soggetto passivo
dell'obbligazione tributaria in base al presupposto, ma è tenuto per obblighi di diversa natura, che hanno
come fattispecie l'erogazione di somme al sostituito, operando una ritenuta e versando al fisco una somma
pari alla ritenuta. Il sostituito resta obbligato per l'intero reddito, comprese le somme soggette a ritenute,
salvo il suo diritto di detrarre le ritenute subite dall'imposta complessivamente dovuta.
La misura delle ritenute e del versamento dipende solitamente da un'aliquota fissa; nei casi di redditi da
lavoro dipendente è invece variabile perché dipende dall'ammontare della retribuzione annua.
Le somme che il sostituito percepisce, al lordo della ritenuta, sono componenti del suo reddito complessivo
ma, subendo le ritenute, acquista il diritto di dedurre, dall'imposta globalmente dovuta, l'importo delle
ritenute subite. Se il sostituto non versa le somme ritenute, il fisco può agire soltanto nei confronti del
sostituto.
Il sostituito con le ritenute è assoggettato ad una tassazione anticipata, acquisendo il diritto di detrarre
dall'imposta dovuta per quel periodo d'imposta, l'ammontare delle rendite subite. Le somme ritenute valgono
come pagamenti in acconto della sua obbligazione d'imposta. Il sostituito acquista il credito verso il fisco
anche se il sostituto esegue la ritenuta ma non la versa. Il sostituto che non effettua le ritenute
d'acconto rimane obbligato nei confronti del fisco, conservando il diritto-dovere di rivalsa sul sostituito.
Il fisco può:
emettere, nei confronti del sostituto, avviso di accertamento per stabilire che ha omesso di
effettuare le ritenute e di versarle
accertare, nei confronti del sostituito, il reddito che gli è stato corrisposto dal sostituto e non è
stato dichiarato
7. Traslazione e rivalsa
Abbiamo visto come si ripartisce l’onere del tributo nei rapporti tra coobbligati in via paritaria e che
sostituto e responsabile d’imposta hanno diritto di rivalsa. Vediamo ora gli altri casi in cui il debitore
dell’imposta ha diritto di rivalersi verso gli altri.
Ogni contribuente cerca di trasferire ad altri l’onere del tributo. Si distingue tra contribuente di diritto e
contribuente di fatto; il primo è il debitore, che è tenuto a pagare il tributo, il secondo colui che sopporta
l’onere del tributo, senza poterlo riversare su altri.
Vi sono tributi posti a carico di un soggetto che però sono destinati a gravare economicamente su altri
soggetti (ad es. le imposte sui consumi, delle quali sono debitori gli operatori economici, sono destinate a
gravare sui consumatori).
Ma Vi sono casi nei quali al soggetto passivo del tributo è espressamente conferito il diritto di rivalsa (ad
es. i soggetti passivi Iva hanno diritto di rivalsa verso i cessionari).
Quando il soggetto passivo del tributo è diverso dal soggetto che pone in essere il fatto economico, il
debitore del tributo deve poter trasferire l'onere economico sul soggetto che realizza il fatto espressivo
di capacità contributiva; quando questo non si verifica, il tributo non si realizza secondo la sua ratio.
Il sostituto d'imposta e il responsabile d'imposta hanno diritto di rivalsa nei confronti di colui che ha posto in
essere il presupposto. In generale ogni terzo che sia tenuto a corrispondere il tributo ha diritto di rivalsa
verso colui che realizza il presupposto dell'imposta. La rivalsa può derivare da norme civilistiche o da
clausole contrattuali.
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La traslazione economica dell'imposta attuata in forza di un patto contrattuale ha natura di
integrazione del corrispettivo e non natura tributaria. Quando invece la rivalsa è prevista da norme
tributarie, il rapporto di rivalsa è parte del tributo inteso come istituto giuridico. Si ha surrogazione a
vantaggio di chi, essendo tenuto, con altri o per altri, al pagamento di un tributo, ha assolto il debito di
imposta: tale soggetto può surrogarsi, nei confronti del debitore di imposta che ha posto in essere il
presupposto, negli stessi diritti del fisco.
1. Le agenzie fiscali
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha la competenza circa la politica economica e finanziaria,
il bilancio e il fisco. La gestione pratica dei tributi spetta alle agenzie fiscali, enti pubblici economici. Le
agenzie fiscali sono 4:
Agenzia delle entrate, amministra tutti i tributi statali, esclusi quelli doganali e le accise. Al vertice
dell'Agenzia delle entrate c'è il Direttore generale, da cui dipendono le Direzioni regionali. La titolarità
dell'obbligazione tributaria è dello Stato, l'esercizio dei poteri in materia di imposizione fiscale è attribuito
all'Agenzia delle entrate. I compiti strettamente operativi sono svolti, in periferia, dalla agenzia delle
entrate.
Agenzia delle dogane, amministra tributi doganali ed accise,
Agenzia del territorio,
Agenzia del demanio.
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2. Lo schema standard di attuazione dei tributi.
Ai contribuenti sono imposti obblighi di
autoliquidazione,
versamento,
dichiarazione.
L'Agenzia delle entrate controlla l'adempimento degli obblighi di versamento ed eventualmente emana
l'avviso di accertamento, che di regola comporta anche l'applicazione di sanzioni.
Il potere di riscuotere il tributo si attua con la formazione del ruolo, titolo esecutivo con cui si realizza la
riscossione in forma coattiva sia delle somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti che delle
somme dovute in base agli atti di accertamento.
Vi sono casi (tributi senza imposizione) in cui la nascita dell'imposta ne comporta direttamente l'adempimento: al
verificarsi del presupposto, l'obbligato deve versare l'imposta (ad es. imposta di bollo, tassa sulle
concessioni governative). L'inadempimento comporta l'attivazione della procedura sanzionatoria.
5. Il legittimo affidamento
Principio generale dell'ordinamento è la tutela del legittimo affidamento, con cui si tutela il
contribuente che si comporta in buona fede, facendo affidamento sulle indicazioni fornite
dall'amministrazione, o che viola una norma per ragioni imputabili all'amministrazione.
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Da ciò deriva, ad esempio, che le circolari ministeriali generano un legittimo affidamento in ordine al
comportamento da tenere nei confronti dell’amministrazione, che non può discostarsi nei rapporti con i
contribuenti dalle indicazioni fornite con le circolari.
L'amministrazione può modificare l'interpretazione di una disposizione ma le circolari peggiorative non
possono essere retroattive. Sono quindi illegittimi gli atti di accertamento che hanno per oggetto fatti
accaduti prima del cambiamento peggiorativo.
6. Il contraddittorio
Ai procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di contraddittorio. L'ufficio non è
obbligato ad avvertire il contribuente dell'indagine avviata nei suoi confronti, né vi è un generale
riconoscimento legislativo del diritto del privato di partecipare al procedimento e di difendersi, prima che
sia emesso a suo carico un atto impositivo.
Vi sono norme che prevedono, caso per caso, la facoltà o l'obbligo dell'ufficio di ascoltare il
contribuente, tra cui
quando dai controlli emerga un risultato diverso da quello dichiarato, l'ufficio deve
comunicare al contribuente l'esito del controllo per consentirgli di fornire i chiarimenti necessari;
prima di emettere un accertamento che applica la clausola antielusiva, l'ufficio deve, a pena di
nullità, richiedere chiarimenti al contribuente;
prima di emettere avviso di accertamento sintetico del reddito, l'ufficio può interpellare il
contribuente perché dimostri che il maggior reddito non è tassabile o è già stato tassato;
prima di emettere un accertamento fondato su presunzioni desunte da conti correnti bancari, l'ufficio
può invitare il contribuente a fornire prova contraria;
al termine delle verifiche fiscali, il contribuente ha 60 giorni per far pervenire le sue osservazioni
e richieste all'ufficio, che non può emanare l'avviso di accertamento prima della scadenza di tale termine.
8. L’interpello ordinario
Art. 11 Statuto dei diritti del contribuente: ciascun contribuente può presentare alla Direzione regionale
dell'Agenzia delle entrate circostanziate e specifiche istanze di interpello (ordinario) con cui richieda un
parere circa l'interpretazione di una disposizione tributaria, con riguardo a casi concreti e personali (non
può esser presentata a scopo accademico). Può riguardare qualsiasi domanda sull'applicazione delle
leggi tributarie.
L'istanza può esser presentata solo se riguarda una disposizione la cui interpretazione sia
obiettivamente incerta.
L'amministrazione risponde per iscritto entro 120 giorni con risposta motivata. Il silenzio vale assenso,
indica che l'Agenzia concorda con l'interpretazione e con il comportamento prospettato dal richiedente. È
onere del contribuente indicare nell'istanza quale sia la sua interpretazione, altrimenti in caso di silenzio
dell'amministrazione non si può avere tacito assenso.
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L'istanza deve essere preventiva all'applicazione della disposizione.
L'amministrazione non è tenuta a rispondere se non sussistono i presupposti sostanziali dell'istanza o se
questa è formalmente invalida.
Se l'istanza è formulata da molti contribuenti circa la stessa questione, l'amministrazione può fornire una
risposta collettiva con circolare o risoluzione.
Il parere reso dall'Agenzia vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e
limitatamente al richiedente. Il parere vincola l'Agenzia, rendendo illegittimi gli atti dell'amministrazione
contrastanti con i pareri resi, in via espressa o tacita.
Se la risposta è negativa ed il contribuente non vuole adeguarsi può:
presentare la dichiarazione discostandosi dal parere ed impugnare poi l'eventuale avviso di
rettifica, insieme con il parere;
presentare una dichiarazione conforme al parere, versare l'imposta ed agire con istanza di
rimborso.
Se c'è il dubbio che un comportamento sia elusivo, si ha interpello speciale circa l'applicazione di specifiche
disposizioni con finalità antielusive. Riguarda:
operazioni di disapplicazione di norme tributarie che limitano deduzioni, detrazioni, etc per
contrastare comportamenti elusivi, quando non possono verificarsi effetti elusivi;
operazioni in tema di interposizione;
qualificazione di determinate spese come spese di rappresentanza, pubblicità e propaganda;
disapplicazione della norma in tema di indeducibilità dei costi connessi a rapporti con imprese
residenti nei paradisi fiscali.
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L'istanza è accolta o respinta con provvedimento definitivo dal Direttore.
L'art. 110 co 11 T.u.i.r. il contribuente, prima di effettuare operazioni con imprese residenti in paradisi
fiscali, può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere, in via preventiva, un parere sulla
deducibilità dei costi, con la procedura prevista dall'interpello in materia elusiva.
Art. 167 e 168 T.u.i.r. Il contribuente residente con partecipazioni di controllo in paradisi fiscali può chiedere un
provvedimento disapplicativo del regime di trasparenza delle imprese estere controllate secondo la
procedura dell'interpello ordinario. Deve fornire la prova che la società non residente svolga un'attività
industriale o commerciale come sua principale attività nel Paese in cui ha sede o che dalle partecipazioni
non consegue l'effetto di localizzare i redditi in un paese a bassa fiscalità.
9. L’autotutela
Con l'autotutela l'amministrazione può annullare l'atto che riconosce viziato. Non essendovi
discrezionalità nel diritto tributario, l'esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di
convenienza: la correzione è giustificata soltanto dal dovere di ogni pubblica amministrazioni di ripristinare
la legalità.
Con l'autotutela si ha
annullamento, da riferire agli atti che presentano vizi di legittimità, ossia vizi di forma o
procedimentali;
revoca, da riferire agli atti infondati o viziati nel contenuto.
L'autotutela può esser esercitata a seguito di richiesta del contribuente o d'ufficio, sia in pendenza di giudizio
che dopo che l'atto sia divenuto definitivo, e può riguardar e qualunque atto
dell'amministrazione, anche gli atti di riscossione. Può avere ad oggetto anche un atto divenuto definitivo
perché non impugnato o impugnato senza successo. Il giudicato non impedisce l'autotutela, purché il
ritiro dell'atto sia fatto per motivi che non contraddicano il contenuto della sentenza passata in giudicato.
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2. La dichiarazione d’imposta in generale
I contribuenti hanno l'obbligo di presentare una dichiarazione all'agenzia fiscale nella quale indicano il
presupposto e l'ammontare dell'imposta.
Dichiarazione dei redditi e dichiarazione Iva devono esser presentate ogni anno, riguardano tributi periodici,
la cui base di commisurazione varia di anno in anno.
Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la
dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (ad es, per l’imposta comunale per gli
immobili o per la tassa raccolta rifiuti).
Altri tributi a carattere istantaneo (come l'imposta di registro e sulle successione), richiedono invece che la
dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto.
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i trasferimenti da e verso l'estero,
la disponibilità di investimenti all'estero.
La dichiarazione dei redditi è una “dichiarazione di scienza”. Il contribuente non deve però solo esporre fatti
e dati, ma deve anche qualificarli giuridicamente.
In sede di dichiarazione si possono esercitare opzioni di scelta del regime di contabilità come
la rateizzazione delle plusvalenze realizzate,
le sopravvenienze attive costituite da contributi o liberalità,
la quantificazione degli ammortamenti,
le spese per studi, ricerche, pubblicità e propaganda.
In questo modo la base imponibile e l'imposta non dipendono solo dalla legge ma anche dalle scelte del
contribuente.
Se vi sono perdite d'impresa pregresse, il contribuente può, nella dichiarazione, utilizzarle a
compensazione del reddito di esercizio.
L’opzione (e la revoca) di regimi speciali di determinazione delle imposte dirette e dell’IVA o di regimi
contabili, se non sono esercitate nella dichiarazione, possono essere desunti anche da comportamenti
concludenti del contribuente o dalla modalità di tenuta delle scritture contabili.
I contribuenti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare presentano la dichiarazione unificata
annuale, comprendente:
dichiarazione dei redditi,
dichiarazione Irap,
dichiarazione di sostituto d'imposta,
dichiarazione annuale Iva.
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da chi ha sottoscritto la relazione di revisione: in mancanza si avrà una sanzione amministrativa.
Art. 12 Statuto dei diritti del contribuente prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali nei locali
destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali
sono effettuati in base ad esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo;
si svolgono durante l'orario ordinario di esercizio delle attività, salvo casi eccezionali,
con modalità tali da arrecare meno disturbo possibile allo svolgimento delle attività e alle relazioni
commerciali e professionali del contribuente.
Iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato
delle ragioni che l'abbiano giustificata,
dell'oggetto della verifica,
della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa,
dei diritti e degli obblighi riconosciutigli in occasione delle verifiche.
Su richiesta del contribuente l'esame dei documenti amministrativi e contabili può esser effettuato presso il
professionista che lo assiste.
Delle osservazioni del contribuente e del professionista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni
di verifica.
Durante il controllo sostanziale vengono eseguite ispezioni documentali su libri, registri, documenti e altre
scritture che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta non è obbligatoria.
La verifica contabile esamina la completezza, esattezza e veridicità della contabilità, anche
confrontandola con documenti e scritture contabili di terzi (controllo incrociato).
Le verificazioni sono controlli sugli impianti, sul personale dipendente, sull'impiego di materie prime ed
altri acquisti, e su ogni elemento utile ai fini del controllo dell'esatto adempimento delle norme fiscali.
Gli operatori dell'amministrazione finanziaria non possono permanere presso la sede del
contribuente oltre i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di indagini
particolarmente complesse, con atto motivato del dirigente dell'ufficio.
Decorso tale periodo gli operatori possono tornare nella sede del contribuente per esaminare le
osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni
di verifica o per specifiche ragioni.
Di ogni accesso è redatto processo verbale da cui risultino
le ispezioni e rilevazioni eseguite,
le richieste fatte al contribuente,
le risposte ricevute.
Il verbale è sottoscritto dal contribuente, che ha diritto di averne una copia.
La descrizione dettagliata delle operazioni è effettuata nel processo verbale di verifica. Viene poi redatto un
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processo verbale di constatazione che sintetizzi i dati rilevati.
Entro 60 giorni dalla ricezione della copia del verbale, il contribuente può comunicare osservazioni o
richieste, valutate dagli uffici impositori.
L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza dei 60 giorni, salvo casi di particolare
e motivata urgenza.
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4.1. Il contraddittorio.
L'interpello del contribuente (sia invitandolo a comparire di persona sia inviandogli questionari) è una facoltà,
non un obbligo dell’Ufficio. Solo in alcuni casi la legge prevede che l'ufficio debba interpellare il
contribuente prima di procedere ad accertamenti (ad es., quando l'amministrazione considera elusiva
un'operazione ed intende applicare la norma elusa, deve prima chiedere chiarimenti al contribuente e poi
potrà emettere l'accertamento).
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dovute (o la prima rata) entro 15 giorni prima dalla data per la comparizione; le sanzioni sono ridotte
a 1/8 del minimo, rateizzabili;
potrà presentare istanza di accertamento con adesione, chiedendo all'ufficio di formulare una proposta,
per raggiungere un accertamento concordato; le sanzioni sono ridotte a 1/4 del minimo.
Se non c'è adesione all'invito o accertamento con adesione, l'ufficio può emettere un avviso di
accertamento (non prima della scadenza del termine concesso al contribuente per presentare memorie) e
può inoltre notificare un atto di contestazione delle sanzioni amministrative.
Art. 42 D.p.r. 600/1973 è previsto che nelle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento deve indicare
l'imponibile o gli imponibili accertati,
le aliquote applicate,
le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d'acconto e dei crediti di
imposta.
Di regola l'avviso statuisce l'imposta dovuta, ma vi anche sono avvisi senza imposta:
accertamento dei redditi delle società di persone, si ha la determinazione dell'imponibile della
società da imputare, poi, pro quota, a ciascun socio, agli affetti dell'imposta sui redditi dovuta dal socio;
accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite.
L'ufficio, con la rettifica della dichiarazione, determina autoritativamente il quantum delle varie operazioni.
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Nell'imposta di registro la rettifica deve stabilire il valore venale dei beni o diritti sui quali deve essere
applicato il tributo, indicando le aliquote e la maggiore imposta accertata.
Il comune di domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai fini delle notifiche: il legislatore presuppone che il
contribuente abbia sempre un domicilio fiscale, nel quale la notifica deve essere fatta.
Se nel comune di domicilio fiscale non c'è un luogo presso il quale la notifica possa esser fatta
validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l'atto è depositato presso la
casa del comune ed il messo affigge avviso di deposito presso l'albo del comune e ne dà notizia al
destinatario con raccomandata.
Anche quando la notifica deve essere fatta ad un non residente, il sistema è basato sul presupposto che il
non residente abbia o elegga in Italia un luogo presso cui fare la notifica. Il non residente può nominare un
rappresentante per i rapporti tributari ed ha in ogni caso un domicilio fiscale in Italia:
per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui è prodotto il reddito,
per le altre imposte nel comune in cui si verifica il presupposto.
Il contribuente può comunicare all'Agenzia delle entrate l'indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e
degli atti che lo riguardano.
Poiché l’atto di imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi della notificazione sono vizi
formali dell’atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso.
La giurisprudenza ritiene però che la proposizione del ricorso contro l'avviso di accertamento sani, con
effetto ex tunc, la nullità della notifica dell'avviso, per raggiungimento dello scopo della notifica.
L’atto di imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza. L'atto
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notificato in ritardo è illegittimo.
Per le imposte sui redditi e per l'Iva il termine è
31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione,
in caso di omessa presentazione della dichiarazione, il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto esser presentata.
Per l'imposta di registro il termine è
5 anni per gli atti non registrati,
3 anni per gli atti registrati.
3. Gli effetti.
L’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo, con cui l’obbligazione tributaria è stabilita
autoritativamente. È però questione discussa se l’accertamento abbia efficacia costitutiva o dichiarativa
dell’obbligazione tributaria.
Secondo la teoria dichiarativa, l'obbligazione tributaria sorge non appena si verifica il presupposto di
fatto del tributo. Si ritiene che le norme che disciplinano le imposte sono norme materiali, di cui
scaturisce direttamente il debito tributario, e che l'atto impositivo ha per effetto il mero accertamento
dell'obbligazione tributaria, che, nascendo ex lege con il verificarsi del presupposto, viene accertata
con la dichiarazione del contribuente e con l'avviso di accertamento.
Per la teoria costitutiva l'obbligazione non deriva direttamente dalle norme tributarie materiali (norme sul
presupposto del tributo, sui soggetti passivi, sul quantum), ma, perché sorga l'obbligazione, è necessaria la
presentazione della dichiarazione o l'emanazione di un avviso di accertamento; quindi gli avvisi di
accertamento costituiscono (non accertano) l'obbligazione tributaria.
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se sono favorevoli, possono estendersi agli altri condebitori,
se sono sfavorevoli non si estendono,
se sono neutri si estendono solo se l'interessato ne vuole approfittare.
Assodato che l’avviso di accertamento dell’obbligazione solidale vale soltanto nei confronti dei soggetti ai
quali è notificato, va escluso che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a notificare l’avviso di
accertamento a tutti i coobbligati.
Nella solidarietà vi è una pluralità di debitori per un’unica prestazione, e l’adempimento di uno libera tutti;
da ciò deriva la facoltà del creditore di rivolgersi a sua scelta ad uno o più debitori. La facoltà di rivolgersi ad
uno o più debitori implica, in diritto tributario, di riflesso, l’esclusione dell’obbligo di notificare l’avviso a
tutti. L'amministrazione finanziaria pertanto può, a scelta, emettere avviso di accertamento nei
confronti di un solo obbligato o di tutti, ma l'avviso di accertamento notificato ad un condebitore è efficace
solo nei confronti di questo soggetto, non verso gli altri.
L'atto produce effetti verso soggetti diversi dai suoi destinatari solo quando
vi sia successione nel debito d'imposta,
l'amministrazione sia titolare di privilegio speciale, perché in tal caso l’atto emesso nei confronti
del soggetto passivo legittima l’esecuzione sul bene, anche se di proprietà di terzi.
Dato che l’avviso di accertamento esplica effetti solo nei confronti del condebitore al quale è notificato, è
solo il condebitore cui è stato notificato l'avviso di accertamento che può essere iscritto a ruolo.
Il fisco può iscrivere a ruolo un condebitore se l'iscrizione a ruolo sia legittimata da un avviso di
accertamento emesso nei suoi confronti. Nella prassi, invece, si iscrivono a ruolo tutti, anche senza
avviso. Occorre tuttavia che vi sia un titolo che legittimi l’iscrizione a ruolo (dichiarazione o avviso di
accertamento), del soggetto nei cui confronti si pretende di riscuotere.
Gli atti che riguardano un singolo condebitore non incidono sui rapporti interni tra condebitori. Il
condebitore che riceve l'avviso di accertamento e paga l'imposta non acquista per questo solo il diritto di
regresso nei confronti del coobbligato, in quanto l'obbligazione nei rapporti interni si divide secondo la
riferibilità del presupposto del tributo a ogni condebitore; il coobbligato non potrà ritenersi libero da ogni
vincolo solo per non aver ricevuto l'avviso di accertamento.
Se l'avviso non è notificato nei termini a tutti, la giurisprudenza ritiene che gli atti con i quali il creditore
interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto anche per gli altri debitori,
estendendo la regola anche alla decadenza. È però strano che estenda alla decadenza una regola della
prescrizione; questo orientamento suscita perplessità.
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Nella disciplina delle sanzioni, la notifica tempestiva di un atto sanzionatorio ad un autore della
violazione produce la proroga di un anno del temine per la notifica agli altri.
4. Nullità e annullabilità
La nullità, come forma di invalidità dei provvedimenti amministrativi, non è dunque la conseguenza della
violazione di una qualsiasi norma imperativa, ma solo delle norme che disciplinano
gli elementi essenziali del provvedimento;
l'attribuzione delle competenze;
il giudicato,
nei casi espressamente previsti dalla legge.
L'avviso di accertamento è nullo, ad esempio, quando
non è sottoscritto (negli atti informatizzati basta l'indicazione del responsabile dell'atto),
è intestato ad un soggetto inesistente (defunto o società estinta),
non è notificato,
è privo degli elementi essenziali della parte dispositiva.
Il provvedimento impositivo è nullo quando
è viziato da difetto assoluto di attribuzione,
è emesso in carenza di potere,
nei casi espressamente previsti dalla legge (ad es.: in materia di imposte dirette si ha nullità
degli accertamenti non sottoscritti, non motivati; è anche previso che l'accertamento di un'imposta
elusa deve esser preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiarimenti al contribuente; sono nulli
gli atti dell'ufficio non conformi alla risposta data in sede di interpello ordinario).
Vi sono norme da osservare a pena di annullabilità e norme la cui violazione determina una semplice
irregolarità del provvedimento impositivo.
Non sempre il legislatore rende esplicita al conseguenza di un vizio: ad es., gli avvisi di accertamento devono
essere notificati entro un termine di decadenza, ma non è espressamente indicato che l’atto notificato in
ritardo è annullabile.
Nullità è intesa come annullabilità.
L'art. 21-septies , c.1, l. 241/1990, regolante il procedimento amministrativo, prevede che fuori dai casi
in cui l'invalidità è espressamente prevista, non vi sono né criteri generali né indicazioni da cui desumere
se un vizio rende l'atto annullabile o soltanto irregolare. È l'interprete a stabilire la gravità del vizio,
tenendo conto che è invalidante la violazione di norme procedimentali a garanzia del contribuente e non
invalidante la violazione di norme che non tutelino alcun interesse del ricorrente.
La violazione di norme sui metodi di accertamento e sui presupposti di accertamento (sopravvenuta
conoscenza di nuovi elementi, per l’accertamento integrativo) rendono l'atto annullabile.
Gli accertamenti fondati su prove acquisite illecitamente sono viziati in quanto infondati, cioè privi di
fondamento di fatto (essendo inutilizzabili le prove acquisite in modo irrituale).
I vizi non invalidanti sono mere irregolarità.
Il co 2 art. 21-octies l. 241/1990 (legge regolatrice del procedimento amministrativo)stabilisce che
alcune violazioni non comportano l'annullamento del provvedimento quando, per la natura vincolata
del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto esser diverso da
quello adottato.
La norma si applica solo ai provvedimenti vincolati in modo assoluto, alla cui formazione è estranea qualsiasi
elaborazione intellettiva.
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5. L’accertamento analitico
Il metodo con cui viene determinato l'imponibile determina la diversa denominazione dell'avviso di
accertamento. Si distingue tra accertamento analitico e sintetico.
L'accertamento analitico:
del reddito delle persone fisiche è effettuato quando sono note le fonti dei redditi e si
perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti;
dei redditi di impresa è effettuato determinando o rettificando singole componenti del reddito,
e presuppone che la contabilità sia attendibile (è detto analitico-contabile);
dell'Iva investe singole componenti dell'imponibile, dell'imposta o delle detrazioni. Nelle
imposte indirette (come l’imposta di registro) non ha senso la distinzione tra più metodi di
accertamento, salvo casi particolari.
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accertamento analitico-induttivo, rettifica la dichiarazione sulla base
– di presunzioni, affermando l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività
dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti,
– esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente
desumibili dalle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica attività svolta.
Gli studi di settore determinano presuntivamente i ricavi o compensi attribuiti al contribuente in base
alla sua capacità potenziale di produrli, definita in base a fattori e indici di normalità economica.
Le imprese vengono divise in gruppi omogenei (cluster). Elaborando e valutando dati contabili e strutturali
di campioni significativi di contribuenti appartenenti allo stesso cluster, si individua la relazione matematica
tra le caratteristiche dell'attività e l'ammontare dei ricavi o compensi. Su tale relazione si calcola l'importo
presunto dei ricavi o dei compensi.
Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi i cui ricavi non superino i 5.164.000
Euro: ogni contribuente che appartenga a queste categorie deve presentare, oltre alla dichiarazione dei
redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi di settore.
I moduli si compilano e trasmettono attraverso un software che automaticamente applica lo studio di
settore ed indica:
il cluster di appartenenza,
congruità e coerenza, volume di ricavi o compensi previsti dallo studio.
Il reddito del contribuente congruo ma non coerente non può essere rettificato applicando gli studi di
settore, ma con gli ordinari metodi accertativi.
Il reddito del contribuente congruo e coerente non può esser rettificato, a meno che non si
disconosca la veridicità dei dati dichiarati.
Gli studi di settore sono atti amministrativi generali di organizzazione. Essi non possono essere applicati in
via automatica, ma è necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria, in contraddittorio con il
contribuente, per verificare se nel caso concreto vi sono ragioni che confermano i ricavi indicati negli studi
di settore o che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore.
Sono applicati anche ai soggetti in regime di contabilità ordinaria (imprese o lavoratori autonomi) solo
quando si riscontrano ( con verbale d’ispezione) inattendibilità della contabilità.
I responsabili dei Caaf imprese e i professionisti abilitati possono, su richiesta del contribuente, rilasciare
una speciale dichiarazione (“visto pesante” o asseverazione) con cui
asseriscono che gli elementi comunicati all'amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei
redditi rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, corrispondono alla contabilità e alla
documentazione dell'impresa.
• attestano che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili in base agli studi di settore.
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Le dichiarazioni accompagnate da visto pesante non possono essere rettificate con metodo
induttivo, ma solo in base a studi di settore entro la fine del 3° anno successivo alla presentazione della
dichiarazione. In caso di rettifica il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
Il concordato può avere ad oggetto il reddito o il volume di affari soggetto ad Iva, può riguardare la base
imponibile di un'imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali.
L'accertamento con adesione impegna il contribuente, che non può proporre ricorso, e l'ufficio, che non
può modificarlo: è dunque definitivo.
In casi tassativamente previsti può esser integrato con successivo accertamento quando
a) sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, dai quali si desume un reddito superiore al 50%
del reddito definito, e non inferiore a 77.468 Euro;
b) la definizione riguarda accertamenti parziali;
c) la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazione a società di persone, associazioni,
aziende coniugali non gestite in forma societaria;
d) se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti della società o dell’associazione o dell’azienda
coniugale di cui alla lett. c), alle quali partecipa il contribuente bei cui riguardi è intervenuta la definizione.
Con il concordato
le sanzioni amministrative sono ridotte a 1/4 del minimo,
può derivare la riduzione alla metà delle pene previste per reati tri butari e la non
applicabilità di misure accessorie se il debito tributario derivante dal concordato è assolto prima
dell'apertura del dibattimento di primo grado.
L'accertamento con adesione non è ammesso quando è configurabile l'obbligo di denuncia
all'autorità giudiziaria per alcuni reati. Inoltre non è ammesso anche quando, per tali reati, è stato
presentato rapporto alla GdF o è stata attivata l’zione penale.
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è un contratto secondo concetti privatistici (in particolare, una transazione)
è un normale atto unilaterale di accertamento.
È comunque una forma di esercizio di potere impositivo, non può quindi essere un atto di diritto privato.
1. Nozione di elusione
L’elisione fiscale occupa uno spazio intermedio tra risparmio legittimo (o lecito) d’imposta ed evasione.
L'evasione è diversa dall’evasione perché generalmente è realizzata occultando il presupposto dell'imposta
ed è punita con sanzioni amministrative o penali.
L'elusione non è violazione, ma aggiramento di un precetto fiscale; può essere definita come un
comportamento che realizza un "risparmio fiscale", conforme alla lettera ma non alla ratio delle norme
tributarie; è posta in essere con strumenti giuridici validi e leciti (quindi senza occultamenti della materia
imponibile, senza atti simulati). Invece, l’evasione appartiene all’area dell’illecito.
La nozione di elusione è collegata a quella di abuso: il contribuente che elude non applica il regime fiscale
"appropriato", ma applica, abusivamente, una normativa fiscale più favorevole.
L'art. 37-bis del D.p.r. 600/1973 fornisce una definizione legislativa: vi è elusione quando sono posti in
essere comportamenti "privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall'ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni d'imposte o rimborsi, altrimenti indebiti". Chi elude,
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pertanto, non viola alcuna specifica disposizione, ma ottiene un vantaggio fiscale indebito perché derivante
da comportamenti privi di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dal risparmio fiscale. Se
l'operazione posta in essere non realizza l'aggiramento di specifiche disposizioni fiscali ed è motivata
essenzialmente da ragioni non fiscali, non si ha elusioni, ma risparmio lecito d'imposta. Il risparmio fiscale
non è indebito se e perché è la conseguenza dell'applicazione di una norma di favore in modo conforme alla
sua ratio; di fronte a due schemi di comportamento, è ammesso che il contribuente adotti quello
fiscalmente meno oneroso.
La giurisprudenza comunitaria ha escluso che costituisca un abuso del diritto di stabilimento il creare una
società in uno Stato membro per fruire di una legislazione fiscale più vantaggiosa. Sono elusive, invece, le
costruzioni societarie artificiose, costituite essenzialmente per spostare materia imponibile verso Paesi a
bassa fiscalità.
I contratti stipulati per fini di elusione fiscale non possono essere considerati in "frode alla legge", ai sensi
dell'art. 1344 c.c. ("Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere
l'applicazione di una norma imperativa"). Questa disposizione non è applicabile ai contratti che eludono
norme fiscali, perché le norme imperative alle quali ci si riferisce sono le norme (civilistiche) proibitive, ossia
le norme che vietano di porre in essere determinati negozi. Poiché le norme tributarie sono imperative, ma
non proibitive, un contratto con fini di elusione fiscale non è nullo, ma valido ed efficace sul piano civilistico,
come stabilito dall'art. 10 dello "Statuto dei diritti del contribuente" ("Le violazioni di disposizioni con
rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto").
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6. Esclusione delle sanzioni
Nel diritto comunitario, l'elusione comporta il recupero dell'imposta elusa, ma non le sanzioni. Nella
sentenza Halifax, infatti, è stato affermato che la constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo
non deve condurre ad una sanzione, per la quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e
univoco.
Parimenti, nel diritto interno, le sanzioni amministrative puniscono la "violazione" di norme tributarie; non
possono essere applicate nel caso di "aggiramento" di norme, né sono previste sanzioni specifiche per
l'elusione.
1. Aspetti generali
La riscossione è una funzione dell'Agenzia delle entrate, che la esercita mediante la società Equitalia s.p.a., i
cui compiti sono:
1. incassare le somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo;
2. gestire il "conto fiscale";
3. provvedere alla esecuzione forzata;
4. eseguire i rimborsi.
L'estinzione dell'obbligazione tributaria avviene in forme tipiche, rigidamente disciplinate; l'ente impositore
non può riscuotere, ed il contribuente non può liberarsi, se non nelle forme stabilite dalla legge. Non hanno
riscontro nel diritto tributario i modi di estinzione delle obbligazioni, che sono espressione del potere di
disporre del rapporto.
Anche la prescrizione può incidere sui crediti tributari. Relativamente alla prescrizione:
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• In materia di imposte sui redditi e di Iva, preso atto del silenzio della legislazione tributaria, si
applica il termine decennale previsto dall'art. 2946 c.c. ("Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i
diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni").
• In materia di imposte indirette, sono (talora) espressamente previsti termini di prescrizione
dell'imposta "definitivamente accertata" (ad es., per l'imposta di registro, il termine è decennale).
Il testo normativo principale in tema di riscossione è il D.p.r. 602/1973, dettato per la riscossione delle
imposte sui redditi, ma richiamato per la riscossione dell'Iva e delle altre imposte indirette.
2. Le ritenute dirette.
L'art. 1 del D.p.r. 602/1973 stabilisce che le imposte sui redditi sono riscosse mediante:
a) ritenuta diretta;
b) versamenti diretti del contribuente all'agente della riscossione e alle sezioni di tesoreria provinciale
dello Stato;
c) iscrizione nei ruoli.
Le ritenute dirette sono ritenute simili a quelle dei sostituti d'imposta; sono dette "dirette" perché operate
dal creditore dell'imposta, ossia dalle amministrazione pubbliche, a titolo d'acconto o a titolo d'imposta.
Vi sono soggetti i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, alcune provvigioni, i
redditi di capitale, i contributi, i premi e le vincite (artt. 29 e 30, D.p.r. 602/1973).
I sostituti, dopo aver effettuato le ritenute (a titolo d'acconto o d'imposta), devono poi versare, mediante
versamento diretto, gli importi ritenuti: ogni mese, entro il giorno 16, i sostituti devono versare le somme
ritenute operate nel mese precedente.
Le ritenute d'acconto, per chi le subisce, sono un acconto dell'imposta dovuta per quel periodo d’imposta.
Chi subisce la ritenuta acquista un diritto di pari ammontare nei confronti del fisco, che, mediante
indicazione nella dichiarazione dei redditi e verrà compensato con il debito d'imposta per quell'anno.
Il fenomeno, dal punto di vista del sostituto, non è un acconto né un’anticipazione. Il sostituto, invece, con il
versamento, estingue l'obbligazione di cui è soggetto passivo e quindi il suo adempimento è definitivo.
Nella riscossione delle imposte periodiche (imposte sui redditi e IVA) incontriamo una pluralità di obblighi di
versamento, distinti dall’obbligazione tributaria.
In materia di imposte sui redditi, il contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d'imposta, due
versamenti d'acconto, calcolati in base all'imposta dovuta per il periodo precedente e che valgono come
acconti dell'imposta dovuta per il periodo in corso:
• La prima rata è pari al 40 per cento dell'acconto e dev'essere versata nel termine previsto per il
versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente.
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• La seconda rata dev'essere versata nel mese di novembre (oppure l'ultimo giorno dell'undicesimo
mese del periodo d'imposta, per i soggetti passivi Ires il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno
solare).
Tale forma di riscossione è denominata riscossione anticipata: con essa si vuole ravvicinare conseguimento
del reddito e pagamento del tributo (pay as you earn); precede sia il presupposto, che si realizza, per le
persone fisiche, solo al 31 dicembre, ossia con il decorso dell'intero periodo d'imposta, sia la procedura di
accertamento. La riscossione avviene nel corso del periodo d’imposta, e, quindi, in anticipo rispetto al
compiuto verificarsi del presupposto.
La ratio di tale norma risiede nel fatto che si presume che il reddito si riproduca ogni anno nella medesima
misura. Se il contribuente prevede di produrre un reddito inferiore e di dover quindi pagare un'imposta
minore, egli può versare meno di quanto dovuto, ma rischia una sanzione amministrativa se la sua
previsione si rivela errata.
A consuntivo, quando verrà presentata la dichiarazione annuale, sarà versato il saldo (se non emergerà un
credito).
Nell'Iva, l'imposta deve essere versata entro il 16 di ogni mese, in base alle liquidazioni mensili (oppure
dopo il compimento di ciascun trimestre). Entro il 27 dicembre, deve essere versato un acconto calcolato in
base all'ultima liquidazione dell'anno.
Dopo che il periodo d’imposta si è concluso, con la presentazione della dichiarazione dei redditi e della
dichiarazione annuale Iva, deve essere versato il saldo che risulta dovuto in base alla stessa dichiarazione. In
particolare, con la dichiarazione annuale Iva, deve essere versata la differenza tra versamento infra-annuale
e imposta dovuta per il periodo (meno le detrazioni); se risulta un credito, il contribuente ha diritto di
computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo e, in certe ipotesi, può chiederne il
rimborso.
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delle imposte sui redditi e dell'Iva ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni (e tutti i
provvedimenti successivi che rideterminano gli importi dovuti) devono contenere anche l'intimazione ad
adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all'obbligo di pagamento degli importi stabiliti.
Il contribuente, se propone ricorso, deve versare, a titolo provvisorio, metà dell'imposta accertata, con gli
interessi (art. 15, D.p.r. 602/1973).
L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al
contribuente (anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento), in tutti i casi in cui siano
rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA
ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.
Dopo le sentenze delle Commissioni tributarie sfavorevoli per il contribuente, l’Agenzia deve rideterminare
il dovuto e notificare un’intimazione ad adempiere.
Il versamento delle somme dovuto deve avvenire entro 60 gg dal ricevimento dell’intimazione.
Inoltre:
• L'avviso di accertamento (e l'intimazione ad adempiere in esso contenuta) divengono esecutivi
decorsi sessanta giorni dalla notifica.
• In esso deve esservi l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la
riscossione delle somme richieste è affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata.
• Se sussiste fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, decorsi sessanta giorni dalla
notifica dell'intimazione, può essere disposte la riscossione delle somme dovute nel loro ammontare
complessivo (imposta, interessi e sanzioni) anche prima dei termini normali.
• L’agente della riscossione, sulla base dei titoli esecutivi predetti, e senza notifica della cartella di
pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle
disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.
• Decorso un anno dalla notifica, prima di procedere ad espropriazione forzata, è notificato l'avviso di
intimazione ad adempiere entro cinque giorni (art. 50, D.p.r. 602/1973).
• L'espropriazione forzata deve essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.
A partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme richieste
sono maggiorate dagli interessi di mora, calcolati a partire dal giorno successivo alla notifica degli atti;
all'agente della riscossione spettano l'aggio e il rimborso delle spese per la procedura esecutiva.
I ruoli sono regolati dal citato D.p.r. 602/1973 e si applicano sia alle imposte dirette, sia a quelle indirette
(eccetto le norme dedicate specificamente per le imposte dirette), sia ai tributi degli enti locali, che abbiano
affidato il servizio di riscossione ad Equitalia s.p.a. (altrimenti la riscossione si effettua mediante ingiunzione
fiscale, ai sensi del R.d. 639/1910).
Il ruolo, come ogni provvedimento amministrativo, deve essere motivato, come stabilito dall'art. 7, comma
55
3 dello Statuto dei diritti del contribuente: "sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale
precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria" .
Il titolo esecutivo, per i crediti tributari, è costituito dall’iscrizione a ruolo, che viene portato a conoscenza
del contribuente mediante la cartella di pagamento; le prescrizioni riguardanti la motivazione del titolo
esecutivo devono dunque essere contenute nella cartella di pagamento. È necessario che nel ruolo e nella
cartella di pagamento vi sia l’indicazione del titolo in base al quale è effettuata l’iscrizione a ruolo.
Possono aversi due situazioni:
5. Se il ruolo è meramente riproduttivo di un atto precedente, basta l'indicazione dell'atto precedente.
6. Se il ruolo è innovativo (ad es., se deriva dal controllo diplomatico o dal controllo formale della
dichiarazione), è necessaria una specifica motivazione.
In base al grado di stabilità del titolo della riscossione, si distinguono iscrizioni a titolo provvisorio e iscrizioni
a titolo definitivo:
• Le iscrizioni provvisorie sono effettuate in base ad un accertamento non definitivo, perché
impugnato: il ricorso contro un avviso di accertamento, infatti, non ne sospende l'esecuzione. Ad es., in
materia di imposte sui redditi e Iva, in pendenza del primo grado di giudizio, il contribuente deve versare
metà delle imposte accertate più gli interessi; per l'imposta complementare di registro, si riscuote un terzo
dell'imposta in pendenza del ricorso di primo grado, mentre l'imposta suppletiva è riscuotibile dopo il
secondo grado (art. 56, comma 1, lett. a) del D.p.r. 131/1986).
Inoltre:
a) dopo la sentenza della Commissione tributaria che respinge il ricorso, il ricorrente deve versare i
due terzi del tributo (con gli interessi, e previa detrazione di quanto già pagato);
b) in caso di accoglimento parziale del ricorso, da parte della Commissione tributaria provinciale, il
ricorrente deve versare: l'intero ammontare dovuto in base a tale sentenza, se inferiore o pari ai due terzi
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del tributo controverso; ovvero una somma pari ai due terzi dell'importo del tributo controverso (sono
detratte le somme già versate e aggiunti gli interessi);
c) la sentenza della Commissione tributaria regionale rende riscuotibile l'intero importo dovuto.
Queste norme si applicano anche alle sanzioni amministrative. Se pende processo penale, si applica l'art. 21
D.lgs. 74/2000, secondo cui “1. L’ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative
alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. 2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei
soggetti diversi da quelli indicati dall’art.19.2, salvo che il procedimento penale sia definito con
provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che
esclude la rilevanza penale del fatto. In quest’ultimo caso, i termini per la riscossione ricorrono dalla data in
cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all’ufficio competente; alla
comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi. 3. Nei casi di irrogazione di un’unica
sanzione amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione tra loro,, a norma dell’art.
12 del d.lgs. n.472/1997, alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del
presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in
relazione alle violazioni non penalmente rilevanti”.
La legge prevede dei "ruoli straordinari" in cui sono iscritte, anticipatamente rispetto ai tempi ordinari, le
somme per le quali vi è fondato pericolo di non riscuoterle. In tal modo possono essere riscosse per intero
somme che sarebbero da riscuotersi solo in parte, nelle more del processo di primo grado.
4.8. Interessi
Il pagamento delle imposte deve avvenire, oltre che in via anticipata, al momento di presentazione della
dichiarazione. Se il pagamento avviene in seguito sono dovuti interessi (art. 20, 21 e 30, D.p.r. 602/1973).
La legge distingue Quattro ipotesi:
a) interessi per mancato versamento diretto: sugli importi non versati (o versati dopo la scadenza dei
termini stabiliti); interessi in misura predeterminata dalla legge;
b) interessi per ritardata iscrizione a ruolo: si applicano quando, dalla liquidazione o dal controllo
formale della dichiarazione, risulta un importo non versato; si rendono allora dovuti gli interessi al tasso
fissato dalla legge (a partire dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione e fino alla data
di consegna all'agente dei ruoli nei quali tali somme sono iscritte);
c) interessi per dilazione di pagamento: in caso di rateizzazione o sospensione dal pagamento, si
applicano gli interessi al tasso del 6 % annuo;
d) interessi di mora: stabiliti annualmente dal Ministro (sulla base della media dei tassi bancari attivi),
si applicano quando, 60 giorni dopo la notifica della cartella, non è avvenuto il pagamento della somma
iscritta a ruolo.
Sulle somme dovute all'erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano interessi moratori nella
misura semestrale prefissata dalla legge, da computarsi per ogni semestre compiuto.
8. Privilegi e fideiussioni
Il codice civile prevede una serie di privilegi, generali e speciali, sui mobili e sugli immobile, ad assistenza dei
crediti tributari:
a) privilegio generale sui mobili del debitore (art. 2752 c.c.): previsto per Irpef, Ires, Iva e per i tributi
comunali;
b) privilegio speciale sui mobili: i crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili ai
quali i tributi si riferiscono, e così anche i crediti di rivalsa Iva (art. 2758 c.c.); i crediti Irpef e Ires hanno
privilegio sopra i mobili che servono all'esercizio dell'impresa e sulle merci (art. 2759 c.c.);
c) privilegio generale immobiliare (art. 2771 c.c.): i crediti per Ires e Irpef, limitatamente alla quota
imputabile a redditi immobiliari o fondiari non determinabili catastalmente, hanno privilegio sugli immobili
del debitore situati nel comune in cui il tributo si riscuote;
d) privilegio speciale immobiliare (art. 2772 c.c.): assiste i crediti per tributi indiretti, in relazione agli
immobili cui il tributo si riferisce.
In determinati casi, per ottenere il rimborso del credito IVA annuale, o relativo a periodi inferiori all’anno, il
contribuente deve prestare delle garanzie per assicurare all'amministrazione il recupero del rimborso
eventualmente indebito.
La sospensione cautelare dell'atto impugnato (ossia la sospensione della riscossione) può essere
subordinata, con provvedimento discrezionale della commissione tributaria, alla prestazione di una garanzia
bancaria o assicurativa.
Se risulta che l'imposta non è dovuta, lo Statuto dei diritti del contribuente impone all'amministrazione di
rimborsare il costo delle fideiussioni.
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Caratteristiche:
• La proposta di concordato può prevedere la dilazione del pagamento.
• Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le garanzie
non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o una
posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
• Se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a
quello degli altri creditori chirografari.
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pagamento indebito.
Per l'Iva bisogna distinguere tra
rimborso di imposte indebitamente versate,
credito d'imposta (o diritto di detrazione) spettante in relazione agli acquisti di beni o servizi fatti
nell'esercizio di impresa, arte o professione,
autorimborso derivante da una nota di variazione.
In materia di rimborso dell’indebito, valgono le norme generali.
4. Il rimborso d’ufficio
Di regola, il rimborso deve essere chiesto dall’interessato, ma vi sono dei casi in cui il rimborso deve essere
disposto d’ufficio. L’iter da seguire, per la tutela giurisdizionale, anche in caso di rimborso d’ufficio, è quello
consueto: istanza di rimborso e successivo ricorso alle commissioni. In tal caso, opera soltanto il termine di
prescrizione del diritto.
Si ha rimborso d'ufficio quando
in sede di liquidazione o controllo formale della dichiarazione dei redditi risulta un credito del
contribuente,
dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale, devono esser rimborsate d'ufficio le
somme riscosse in via provvisoria durante il giudizio di primo grado (l’obbligo del rimborso d’ufficio è
l’effetto della sentenza della Commissione provinciale, che annulla in tutto o in parte un provvedimento
impositivo, con la conseguenza che la somma versata in via provvisoria risulta in tutto o in parte non
dovuta),
in caso di somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali o duplicazioni imputabili all'ufficio
dell'Agenzia delle entrate.
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l’ammenda, si ha una contravvenzione.
Alle sanzioni penali si contrappongono le sanzioni amministrative, che puniscono gli illeciti amministrativi.
La disciplina generale delle sanzioni amministrative tributarie è nel D.lgs. 472/1997.
La sanzione amministrativa è inflitta dall'amministrazione finanziaria e non dall'autorità giudiziaria (come invece
le sanzioni penali).
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– imputabilità, cioè capacità di intendere e volere,
– colpevolezza, cioè dolo o colpa, non basta la volontarietà del comportamento sanzionato ma serve
anche la colpevolezza del trasgressore, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se
non doloso, quanto meno negligente.
4. Le sanzioni
La sanzione amministrativa principale è l'obbligo di pagare una somma di denaro (cui si aggiungono sanzioni
accessorie, con contenuto interdittivo), che può variare
la misura della sanzione può variare tra un minimo ed un massimo, può essere irrogata in una misura
determinata discrezionalmente, avendo riguardo
– alla gravità della violazione (desunta anche dalla condotta dall’agente),
– all'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze,
– alla sua personalità (desunta anche dai suoi precedenti fiscali),
– alle sue condizioni economiche e sociali;
può esser pari ad una frazione o a un multiplo del tributo cui si riferisce la violazione,
può esser fissa.
La sanzione pecuniaria non produce interessi e non è trasmissibile agli eredi.
Sono sanzioni accessorie
interdizione dalla carica di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali,
interdizione dalla partecipazione a gare pubbliche,
interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni,
sospensione dall'esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa per un massimo di 6 mesi.
Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi si applica la sanzione
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base aumentata dalla metà al triplo, che quindi con il cumulo verrà poi aumentata da 1/4 al doppio.
La sanzione può essere aumentata fino a 1/2 in caso di recidiva, cioè nei confronti di chi, nei 3 anni
precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole. In particolari ed eccezionali circostanze,
che rendono manifestamente sproporzionata la sanzione, può essere ridotta fino alla metà del minimo.
L'ufficio che emette in tempi diversi gli accertamenti relativi a periodi di imposta diversi, deve
determinare la sanzione complessiva tenendo conto dei provvedimenti già emessi. In sede processuale il
giudice deve rideterminare la sanzione complessiva tenendo contro delle sentenze precedenti.
In caso di accertamento con adesione, le disposizioni sulla determinazione della sanzione unica in caso di
progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta. La sanzione
conseguente alla rinuncia, all’impugnazione dell’avviso di accertamento, alla conciliazione giudiziale e alla
definizione agevolata non può stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di
contestazione o di irrogazione delle sanzioni.
N.B.: Se la sanzione risultante dal cumulo giuridico è superiore a quella calcolata con il cumulo materiale, si
applica il cumulo materiale, si applica cioè il sistema più favorevole.
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solo il debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti della Direzione regionale dell'Agenzia delle
entrate.
Gli uffici sono tenuti a rilasciare un certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e su quelle già definite e
non ancora estinte. Il certificato negativo esonera da responsabilità il cessionario (che è liberato anche nel
caso in cui il certificato non sia rilasciato entro 40 gg dalla richiesta).
La responsabilità del cessionario non è soggetta a limitazione quando la cessione sia fatta per frodare il
fisco, e c'è presunzione di frode per i trasferimenti entro 6 mesi dalla contestazione del reato.
8. Estinzione dell’illecito
Il contribuente può estinguere l'illecito se:
rimedia alla violazione commessa, se questa non sia già stata constatata e non siano iniziati accessi,
ispezioni o verifiche di accertamento delle quali l’autore o i soggetti obbligati in solido abbiano avuto
formale conoscenza,
paga una parte della sanzione, se il versamento è eseguito con ritardo non superiore a 30 giorni la
sanzione è 1/12 del minimo,
per qualsiasi errore o omissione, se rimedia entro il termine per la presentazione della
dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (o, se non è prevista la
dichiarazione periodica, entro 1 anno dalla violazione), nel qual caso la sanzione è ridotta a 1/10 del
minimo,
se è stata omessa la presentazione della dichiarazione, se questa è presentata con ritardo inferiore
a 90 giorni, la sanzione è ridotta a 1/12 del minimo.
71
procedimento.
La morte della persona fisica autrice della violazione estingue l'illecito e la sanzione già irrogata;
non cessa la responsabilità solidale dei soggetti tenuti a titolo di garanzia, anche quando non sia stata
ancora irrogata la sanzione amministrativa nei confronti della persona fisica che ha commesso la
violazione. Da ciò deriva che la sanzione può essere irrogata anche dopo la morte del trasgressore, allo
scopo di ottenere il pagamento della sanzione da parte dei coobbligati.
Definizione Agevolata (o in via breve). Gli effetti dell'illecito cessano se, entro 60 giorni
dalla notificazione dell'atto di contestazione, il trasgressore o un obbligato in solido pagano 1/4
della sanzione indicata nell'atto di contestazione. La definizione agevolata estingue l’illecito e
impedisce sia l'irrogazione della sanzione principale che quelle accessorie. Per incentivare la
definizione in via breve, l’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme
dovute nel termine previsto per la proposizione del ricorso, con l’indicazione della possibilità di
definizione in via breve.
Per effetto del condono, concesso con provvedimento ad hoc.
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2. Reati relativi alle dichiarazioni. La dichiarazione fraudolenta
Si hanno due forme di reato:
1. Indicazione, nella dichiarazione, di costi fittizi, correlati all'uso di fatture, o altri documenti, che si
riferiscono ad operazioni inesistenti. Il reato è commesso se vi è una fattura o altro documento relativo ad
operazione inesistente, quale che sia l'ammontare di tale operazione; e la registrazione di tale documento
nelle scritture contabili obbligatorie, o la detenzione ai fini di prova nei confronti dell'amministrazione
finanziaria (art. 2, D.lgs. 74/2000).
Non è prevista una soglia minima di punibilità, poiché si tratta di reato di falso non è dato rilievo all’entità
dell’evasione. La pena va da un minimo di un anno e sei mesi ad un massimo di sei anni di reclusione. E'
prevista una pena più mite (da sei mesi a due anni di reclusione) quando l'ammontare complessivo degli
elementi fittizi è inferiore a 154.937,07 euro.
2. Registrazione nelle scritture contabili di dati falsi, ponendo in atto mezzi fraudolenti che siano
idonei ad ostacolare l'accertamento della falsità.
Differenze con la figura precedente:
a) il primo delitto si riferisce a fatture (o altri documenti) relativi ad operazioni inesistenti (ossia a costi
fittizi), il secondo può riferirsi tanto a elementi attivi (mancata indicazione) quanto ad elementi passivi
(indicazione fittizia);
b) tale delitto può essere commesso solo quando vi sia l'obbligo di tenuta della contabilità (per i
redditi d'impresa e di lavoro autonomo);
c) il rilievo penale può concernere non solo le rilevazioni di fatti materialmente inesistenti, ma anche
le falsità di carattere valutativo;
d) questo reato è costituito non da qualsiasi registrazione di dati falsi, ma dall'impiego di mezzi
fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento della falsità (è necessario un quid pluris, ad es., una
contabilità tenuta "in nero");
e) la pena va da un anno e sei mesi a sei anni, ma è prevista una soglia di punibilità, allo scopo di
"limitare l'intervento penale ai soli illeciti economicamente significativi". Il reato è commesso se in una delle
dichiarazioni annuali sono indicati elementi attivi fittizi per un ammontare inferiore a quello effettivo o
elementi passivi fittizi e se, congiuntamente: con riferimento alle singole imposte, l'imposta evasa è
superiore a 77468,53 euro; e l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche
mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli
elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore a 1.549.370,70 euro.
Per reprimere la condotta di chi non le dichiarazioni IVA, ma omette i versamenti Iva, la disposizione relativa
all'omesso versamento di ritenuta sia applica anche a chi non versa, entro il termine per il versamento
dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale
Iva; tale disposizione si applica anche a chi non versa, utilizzando in compensazione crediti non spettanti o
inesistenti.
10.Il processo penale per reati tributari; rapporti con il processo tributario
Per i delitti in materia di dichiarazione, è competente il giudice del luogo in cui il contribuente ha il domicilio
fiscale. Per gli altri reati, l'art. 8 c.p.p. dà rilievo al luogo in cui è stato commesso il reato; quando non è
applicabile tale criterio, è competente il giudice del luogo in cui il reato è accertato.
Processo penale e processo tributario sono indipendenti l'uno dall'altro e possono svolgersi
contemporaneamente. Non esiste, pertanto, alcuna pregiudizialità tra processi.
Occorre però vedere quale sia il rapporto tra i due processi, nel caso in cui uno stesso fatto sia punibile sia
con sanzioni amministrative che con sanzioni penali.
Anche se la sanzione penale esclude quella amministrativa, l'ufficio "irroga comunque le sanzioni
amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato" (art. 21, comma 1, D.lgs.
70/2000). Il provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa resta sospeso in pendenza del
processo penale; una volta conclusosi il processo penale, la sanzione amministrativa viene eseguita, se
eseguibile, o diventa ineseguibile (se il processo penale termina con una condanna).
Se il processo penale termina con l'archiviazione o con sentenza irrevocabile di assoluzione o di
proscioglimento, ma permangono i presupposti della sanzione amministrativa, questa diventa eseguibile.
Per quanto riguarda l'efficacia del giudicato penale nel processo tributario, vale l'art. 654 c.p.p., che esclude
l'efficacia del giudicato penale nei processi (come il processo tributario) in cui vi sono limitazioni di prova
estranee al processo penale.
1. Le commissioni tributarie
Il D.lgs. 546/1992 disciplina il processo tributario, attribuendo la giurisdizione tributaria alle commissioni
tributarie e rinviando alle norme del codice di procedura civile in caso di lacune.
Le commissioni tributarie si articolano in
Commissioni tributarie provinciali,
Commissioni tributarie regionali.
I membri delle commissioni non sono selezionati con pubblici concorsi per esami, ma sono scelti dal
Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria secondo graduatorie formate in base a criteri e punteggi
determinati.
Possono far parte della commissione provinciale i magistrati, i dipendenti civili dello Stato, i ragionieri
con 10 anni di attività, i laureati in giurisprudenza o economia da 2 anni, altri professionisti con 10
anni di attività (ingegneri, architetti, geometri, periti edili, periti industriali, dottori agronomi, agrotecnici e
periti agrari).
I membri delle commissioni tributarie sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta
del Ministro dell'economia. Sono in situazioni di incompatibilità coloro che svolgono attività professionale di
consulenza in materia tributaria.
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4.1.La parte resistente.
Il soggetto che ha emesso l'atto impugnato è parte necessaria del processo tributario.
Se il ricorso è proposto dopo che si è formato il silenzio-rifiuto rispetto ad un’istanza di rimborso,
legittimato a resistere è l’ufficio o l’ente cui è stata presentata l’istanza; la sede di tale soggetto determina
anche la competenza territoriale della Commissione.
Gli uffici dell'Agenzia e gli enti locali stanno in giudizio senza difensore tecnico; gli uffici del contenzioso
presso la Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate possono stare in giudizio in rappresentanza degli
uffici locali.
Si ha interruzione del processo quando muore la parte privata, il suo legale rappresentante o il suo difensore.
Durante l'interruzione non possono essere compiuti atti del processo. La parte da cui è derivata
l'interruzione deve presentare istanza di ripresa entro 6 mesi, altrimenti il processo si estingue.
10.L’istruzione probatoria
Art. 115 cod. proc. civ. il giudice, salvi i casi previsti dalla legge, deve porre a fondamento della decisione le
prove proposte dalle parti.
Le parti possono produrre documenti in giudizio
inserendoli nel fascicolo con cui si costituiscono,
allegandoli alle memorie difensive,
con apposita nota, fino a 20 giorni prima dell'udienza.
Il giudice deve tener conto anche dei fatti non specificamente contestati dalla parte costituita: si ritengono
provati i fatti addotti da una parte e non tempestivamente contestati dall'altra.
La raccolta delle prove è quindi dominata dal c.d. principio dispositivo. Il giudice deve pronunciare in base
alle prove fornite dalle parti, ma vi sono dei casi, espressamente previsti dalla legge, in cui la prova può
essere assunta d’ufficio dal giudice.
Art. 7 D.lgs. 546/1992 le commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti,
possono:
disporre accessi e ispezioni,
richiedere dati, informazioni e chiarimenti,
richiedere relazioni tecniche ad organi dello Stato, quando occorre acquisire elementi conoscitivi
particolarmente complessi,
disporre lo svolgimento di una consulenza tecnica.
Il giudice, ex art. 210 cod. proc. Civ,. su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o ad un terzo di esibire
in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.
Inoltre, ex art. 113 cod. proc. civ., il giudice può richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le
informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire
al processo.
Il processo tributario è un processo di parti, ed il potere di indicare i fatti rilevanti per il giudizio appartiene
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in via esclusiva alle parti. Il giudice non può indagare sui fatti che non siano stati indicati dalle parti.
In appello i poteri istruttori del giudice riguardano solo prove che siano ritenute necessarie per la decisione
o che la parte non ha potuto fornire in primo grado, per causa ad essa non imputabile. È sempre ammessa,
in appello, la produzione di documenti.
Quando occorra acquisire documenti conoscitivi di particolare complessità, le commissioni tributarie
possono richiederli ad organi tecnici di una P.A., che redigeranno una relazione, oppure disporre una
consulenza tecnica.
Non sono utilizzabili i documenti acquisiti nel corso di un accesso che sia stato eseguito senza
autorizzazione del Procuratore della Repubblica o dell’Autorità giudiziaria, o a seguito di autorizzazione
illegittima, essendo qui in gioco la tutela del domicilio.
Invece, non è invalidante la mancanza di autorizzazione della Direzione regionale dell’Agenzia e del
Comandante di zona della GDF per lo svolgimento di indagini bancarie, trattandosi di un atto interno.
Sono utilizzabili anche le prove acquisite in sede penale e trasmesse all'amministrazione finanziaria senza
autorizzazione dell'autorità giudiziaria, essendo, tale autorizzazione, intesa a tutelare il processo penale,
non interessi del contribuente.
Nel processo tributario sono esclusi il giuramento e la testimonianza, in quanto processo essenzialmente
scritto e documentale.
10.3.La confessione
La confessione non è espressamente disciplinata come prova del processo tributario, per cui si applica
l’art.116 c.p.c. (libera valutazione delle prove da parte del giudice).
Valgono come prova le dichiarazioni che il contribuente faccia, nel processo o in atti extraprocessuali, di
fatti a sé sfavorevoli. La stessa dichiarazione dei redditi e le altre dichiarazioni fiscali possono essere viste,
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nel dialettica del processo, come dichiarazioni di fatti sfavorevoli al dichiarante e, dunque, come
confessioni stragiudiziali.
Le dichiarazioni rese nelle risposte ai questionari, o documentate nei verbali redatti a seguito di
convocazione del contribuente presso l'ufficio, o in sede di accesso, valgono come confessioni stragiudiziali
se il verbale che le documenta è stato sottoscritto dal contribuente.
10.6.Le presunzioni
Il diritto tributario prevede molte presunzioni legali, tra cui
presunzioni collegate a dati bancari:
– se vi sono incassi non registrati, si presume, ai fini delle imposte dirette e Iva, che si tratti di
corrispettivi non registrati;
– se vi sono prelevamenti non registrati, si presume, ai fini delle imposte dirette, che abbiano generato
ricavi o compensi non registrati.
Il contribuente ha l'onere di provare di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile o che
sono estranei alla produzione del reddito.
Presunzioni in materia iva: si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si
trovano in luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni. La presunzione non opera se è
dimostrato che i beni sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti, o consegnati a terzi in
lavorazione, deposito o latro titolo non traslativo della proprietà. I beni che si trovino in uno dei luoghi in
cui il contribuente svolge le proprie operazioni si presumono acquistati se il contribuente non dimostri di
averli ricevuti in base ad un titolo non traslativo della proprietà.
Non si applica, in diritto tributario, l’art. 2729, comma 2, c.c., secondo cui, le presunzioni semplici sono escluse
nei casi in cui non è ammessa la prova testimoniale. Le presunzioni semplici devono essere basate su elementi
gravi, precisi e concordanti. Esistono presunzioni semplicissime, non basate su elementi gravi, precisi e
concordanti, ad es. nell'accertamento induttivo.
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l'amministrazione finanziaria ha l'onere di provare i fatti su cui si fonda l'atto impugnato; i fatti
costitutivi del presupposto del tributo e della base imponibile;
il contribuente ha l'onere di provare i fatti che riducono o elidono il tributo; nei processi di
rimborso, ha l'onere di dimostrare che ricorrono i fatti costitutivi del diritto che deduce in giudizio; non ha
l'onere di provare che non ha traslato su altri l'onere del tributo.
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sostanziale, che è costituito, ex art.2909 c.c., dell’accertamento di una situazione giuridica soggettive.
Per cosa giudicata si intende
sostanziale: accertamento della situazione giuridica soggettiva, che scaturisce dalla statuizione di
esistenza o inesistenza del diritto fatto valere in giudizio,
formale: stabilità che acquisisce la sentenza quando non è più impugnabile in via ordinaria. La
riscossione a titolo definitivo presuppone sentenza passata in giudicato in senso formale; il contribuente
può iniziare un giudizio di ottemperanza e l'esecuzione forzata solo se la condanna è passata in giudicato. Le
sentenze passate in giudicato possono essere impugnate solo con revocazione straordinaria.
L’oggetto dell’accertamento, ex Art. 2909 c.c., contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad
ogni effetto tra le parti: il giudicato ha per oggetto l'accertamento del diritto soggettivo fatto valere in
giudizio. Oggetto del giudicato tributario è solo la decisione sull'accertamento del diritto all'annullamento, è
estraneo l'annullamento dell'atto impugnato.
La risoluzione delle questioni pregiudiziali, da cui dipende la decisione della controversia, è risolta in via
incidentale; ciò che passa in giudicato è solo la decisione della controversia.
Il giudicato, dal punto di vista soggettivo, vale solo tra le parti del processo, i loro eredi ed aventi causa; non
vale per i terzi: il principio del contraddittorio e il diritto di difesa impediscono di opporre il giudicato a chi
non ha partecipato al processo o non è stato messo in grado di esserne parte.
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14.1.Il giudizio di ottemperanza
Il ricorso per ottemperanza è proposto scaduto il termine per l'adempimento degli obblighi posti dalla
sentenza passata in giudicato a carico dell'agenzia fiscale o dell'ente impositore. In mancanza di un
termine, il ricorso è proponibile decorsi 30 giorni da un atto di messa in mora notificato a mezzo di ufficiale
giudiziario.
È competente
la Commissione tributaria provinciale, se la sentenza da ottemperare è di tale organo (quando
cioè è una sentenza che non è stata appellata, o è stata impugnata, ma la Commissione regionale ha
dichiarato inammissibile o improcedibile l’appello);
la Commissione tribunale regionale, quando si sia pronunciata nel merito, dato che la pronuncia
d'appello sostituisce quella appellata, anche se è una sentenza di rigetto del gravame;
se la sentenza della Commissione tributaria regionale è impugnata e la Cassazione respinge il
ricorso, il giudizio di ottemperanza è promosso davanti alla Commissione tributaria regionale che ha
promanato la sentenza;
se la pronuncia della Cassazione è di merito, l'ottemperanza alla sentenza della Cassazione spetta
al giudice amministrativo.
Il ricorrente deposita il ricorso in doppio originale presso la segreteria della commissione; la segreteria
lo comunica alla controparte che, entro 20 giorni, può trasmettere le proprie osservazioni alla
commissione, allegando la documentazione dell'eventuale adempimento.
Il presidente della commissione, decorso tale termine, fissa il giorno per la trattazione del ricorso non oltre
90 giorni dal deposito del ricorso.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio con facoltà delle parti di intervenire, che devono essere avvisate
almeno 10 giorni liberi prima.
Il collegio adotta le disposizioni per la realizzazione dell'ottemperanza con sentenza. Il
procedimento è chiuso con ordinanza.
Nel giudizio di ottemperanza il giudice deve prioritariamente individuare gli obblighi non adempiuti,
valutando la portata del dispositivo della sentenza da ottemperare con la motivazione. Con
l'ottemperanza si adottano i provvedimenti in luogo dell'amministrazione inadempiente; può essere
necessaria un'attività cognitiva per individuare la portata della sentenza da eseguire ed individuare il
provvedimento idoneo a dare esecuzione effettiva alla sentenza.
Il giudizio di ottemperanza non può riconoscere un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello su cui ha
statuito la sentenza da eseguire; è ammissibile solo la domanda di interessi legali, trattandosi di una
domanda accessoria rispetto alla condanna al rimborso.
Il giudice gode di discrezionalità nell'individuare i mezzi idonei ad assicurare l'esecuzione del giudicato e il
collegio può, se lo ritiene opportuno, delegare un proprio componente o nominare un commissario al
quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi.
Può essere nominato un commissario ad acta cui viene conferito il potere di avvalersi della struttura
dell'amministrazione finanziaria, tenuta a fornire l'assistenza necessaria per la sollecita adozione del
provvedimento commissariale.
Le sentenze della Commissione tributaria provinciale, emesse nel giudizio di ottemperanza, non sono
appellabili, e possono essere impugnate solo per Cassazione. Sono impugnabili tutte le sentenze, non
soltanto quelle che provvedono sull’ottemperanza.
90
Il ricorso contro le sentenze di ottemperanza è ammissibile ex art. 111 Cost., e può esser proposto per
violazione di legge sia sostanziale che processuale.
15.1.L’appello
Le sentenze delle Commissioni tributarie provinciali possono essere appellate con ricorso alle Commissioni
tributarie regionali. L’atto di appello deve essere proposto entro 60 giorni dalla notificazione (ad istanza di
parte) della sentenza di primo grado; in assenza di notificazione entro 6 mesi dal deposito della sentenza.
Se il ricorso non è notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a pena di
inammissibilità, depositare copia dell'appello presso la segreteria della Commissione che ha
pronunciato la sentenza impugnata.
La parte appellata, se soccombente, può proporre appello incidentale nell'atto di controdeduzione. Si
osservano le norme di primo grado.
91
L'oggetto del giudizio di appello è delimitato dai motivi e dal petitum dell'appello, che deve indicare i capi
della decisione di primo grado su cui viene richiesto un nuovo giudizio.
Se non viene richiesta la riforma integrale, vi sarà una parte della sentenza di primo grado che sarà sostituita
dalla pronuncia di appello, ed una parte, non impugnata, che passerà in giudicato.
Non sono ammesse domande nuove; solo nelle azioni di rimborso, il contribuente può domandare gli interessi
maturati dopo la sentenza di primo grado.
Non sono ammesse nuove eccezioni, ma questo non impedisce di proporre nuove deduzioni difensive.
Le nuove eccezioni vietate in appello sono quelle non rilevabili d'ufficio.
Con l'effetto devolutivo, i materiali acquisiti in primo grado passano automaticamente all'esame del giudice
d'appello.
Le questioni e le eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono
espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.
Le decisioni di merito sostituiscono quelle di primo grado, sia quando accolgono, sia quando respingono
l’appello.
Le sentenze di puro rito si distinguono in
decisioni dichiarative della inammissibilità dell'appello, cessa il processo e la sentenza di primo
grado passa in giudicato;
decisioni estintive del giudizio d'appello, cessa il processo e la sentenza di primo grado passa in
giudicato;
decisioni di rimessione al primo giudice, il processo ricomincia in primo grado.
Il giudice d'appello, di regola, decide la causa; deve rimettere la causa al primo giudice solo quando, in primo
grado, si siano verificate anomalie particolarmente gravi, che rendano necessario rifare il primo giudizio.
Sono casi tassativi:
– quando dichiara la competenza o la giurisdizione negata dal primo giudice,
– quando in primo grado il contraddittorio non è stato regolamentare costituito o integrato,
– quando la sentenza impugnata ha erroneamente dichiarato estinto il processo in sede di reclamo
contro il provvedimento presidenziale,
– quando il collegio della Commissione tributaria provinciale non era legittimamente composto,
– quando manca la sottoscrizione della sentenza di primo grado.
92
Il ricorso è sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato cassazionista, munito di procura speciale.
Il ricorso deve presentarsi entro 60 giorni dalla notificazione della sentenza della Commissione tributaria
regionale; se non è notificata è proposta entro 6 mesi dal deposito.
La parte contro cui è proposto il ricorso può contraddire con un controricorso, che può contenere anche il
ricorso incidentale.
I ricorsi in materia tributaria sono assegnati ad un'apposita sezione.
Non vi è una fase istruttoria. La causa è discussa oralmente in un'unica udienza; entro 5 giorni liberi prima
dell'udienza possono esser depositate memorie.
La corte si pronuncia in camera di consiglio quando è manifesta la fondatezza o l'infondatezza del ricorso.
Se il ricorso viene accolto si ha sentenza che annulla la sentenza impugnata, senza rinvio o con rinvio
davanti alla commissione tributaria regionale.
Eccezionalmente, la cassazione può pronunciare sul merito (per cui respinge o accoglie il ricorso
proposto in primo grado), solo quando non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto. Se invece sono
necessari ulteriori accertamenti di fatto, rinvia alla Commissione tributaria regionale, che provvederà
attenendosi a quanto stabilito dalla Cassazione.
15.4.La revocazione
La revocazione è un mezzo di impugnazione straordinario (proponibile anche contro sentenze passate in
giudicato), che si propone allo stesso giudice che ha emesso la sentenza da revocare. Si fonda sul presupposto
che i vizi della sentenza, che possono essere addotti come motivo di gravame, siano tanto gravi ed evidenti da
far ritenere che saranno riconosciuti dalli stesso giudice che l’ha pronunciata.
È un mezzo di impugnazione a critica vincolata, proponibile solo se (ex art.395 c.p.c.):
1) le sentenze sono effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra;
2) si è giudicato in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza o che la parte
soccombente ignorava esser state riconosciute o dichiarate false prima della sentenza;
3) dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto
produrre in giudizio per cause di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
93
4) la sentenza è l'effetto di errore di fatto risultante dagli atti della causa: è fondata sulla
supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, o quando è supposta l'inesistenza di un
fatto la cui verità è positivamente stabilita, ed il fatto non ha costituito un punto controverso su cui si è
pronunciata la sentenza;
5) la sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata,
purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6) la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
La revocazione si distingue in
• ordinaria, fondata su vizi palesi come errore di fatto e contrasto con un precedente giudicato, desumibili
dalla stessa sentenza o sono relativi ad altri elementi già noti o conoscibili; deve esser proposta entro 60
giorni dalla notificazione o entro 6 mesi dal deposito della sentenza;
• straordinaria, fondata su dolo della parte, falsità della prova, ritrovamento di documenti decisivi, dolo del
giudice; si basa su circostanze non desumibili dal testo della sentenza, di cui la parte può venire a
conoscenza anche dopo un notevole lasso di tempo; deve esser proposta entro 60 giorni dal giorno in cui è
stato scoperto il dolo o sono state dichiarate false le prove o è stato recuperato il documento o è passata in
giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice.
La revocazione è proponibile contro le sentenze delle commissioni tributarie che non sono
ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate. Ciò significa che le sentenze di primo grado,
fino a che sono impugnabili con appello, non sono soggette a revocazione, perché i vizi denunciabili
con la revocazione possono essere fatti valere con l’appello.
Le sentenze per le quali è scaduto il termine di appello possono essere impugnate con ricorso per
revocazione straordinaria.
Il riesame della sentenza di primo grado, ad opera dello stesso giudice che l’ha emessa, può avvenire solo
per i motivi specificati dai nn. 1,2,3 e 6 dell’art.395 c.p.c., ossia dolo di una delle parti, prove false, nuovi
documenti decisivi e dolo del giudice.
Le sentenze di secondo grado sono impugnabili per revocazione, sia ordinaria che straordinaria, purché
sui vizi relativi al giudizio sul fatto non può porre rimedio il ricorso per cassazione; la revocazione è
ammessa da subito, perché le sentenze d’appello non sono ulteriormente impugnabili sotto il profilo degli
accertamenti di fatto.
Le sentenze della Cassazione sono soggette a revocazione ordinaria se la sentenza è l'effetto di errore di
fatto risultante dagli atti della causa: è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è
incontestabilmente esclusa, o quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è
positivamente stabilita, ed il fatto non ha costituito un punto controverso su cui si è pronunciata la sentenza.
Il ricorso per revocazione deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione del motivo di
ricorso.
94
PARTE SPECIALE
1.Premessa
Le imposte sul reddito sono due:
Irpef
Ires,
disciplinate dal Testo unico delle imposte sui redditi, D.lgs. 917/1986, modificato con D.lgs. 344/2003.
95
2.2.Il presupposto dell’imposta. Il possesso dei redditi.
Art. 1 T.u.i.r. presupposto dell'Irpef è il possesso di determinati redditi.
Non esiste una nozione unitaria di possesso di reddito, ma tante nozioni quante se ne traggono dai fatti che
rendono tassabili i redditi delle diverse categorie:
i redditi di capitale, redditi di lavoro, redditi diversi sono tassabili quando sono percepiti (principio
di cassa); il possesso di questi redditi significa percezione;
per i redditi fondiari, il possesso va riferito all'immobile;
per il reddito d'impresa, il reddito è un dato contabile (non vi è possesso del reddito, ma
dell’apparato produttivo).
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alle tariffe mediamente praticati per i beni o i servizi della stessa specie e, in mancanza, ai listini delle camere di
commercio e alle tariffe professionali.
Per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziali regolamentati, si tiene conto della media aritmetica dei prezzi
rilevati nell'ultimo mese; per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli di
partecipazione in enti non societari, si tiene conto proporzionalmente del valore del patrimonio
netto della società o ente.
97
di reddito ex art. 6 T.u.i.r.
99
effettivamente prestato nell'impresa in modo continuato e prevalente;
che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione, di aver prestato attività lavorativa
nell'impresa in modo continuativo e prevalente.
Il reddito delle imprese familiari non è reddito d’impresa imputato ai partecipanti come reddito omogeneo,
ma vi è netta separazione tra reddito dell’imprenditore e reddito dei collaboratori: solo la quota spettante
all'imprenditore è reddito da impresa.
Il criterio di riparto degli utili non vale per le perdite: civilisticamente, i collaboratori non partecipano alle
perdite.
Sono riferite ai collaboratori le ritenute d'acconto operate sui redditi percepiti dall'imprenditore.
100
10.2.Imposta lorda, detrazioni e imposta netta
Dedotti dal reddito complessivo gli oneri, si ottiene la base imponibile dell'imposta, cui si applicano le
aliquote, crescenti per scaglioni di reddito:
23% per i redditi fino a 15.000 Euro;
27% per i redditi da 15.000 a 28.000 Euro;
• 38% per i redditi da 29.000 a 55.500 Euro;
41% per i redditi da 56.000 a 75.000 Euro;
43% per i redditi superiori a 75.000 Euro.
Gli immobili strumentali per la produzione del reddito di impresa e di lavoro autonomo non sono produttivi
di un reddito autonomo.
Gli immobili sono strumentali per destinazione o per natura. La strumentalità può essere
per destinazione, cioè gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o della professione
o dell'impresa commerciale da parte del possessore;
per natura, cioè gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non
sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, anche se usati da un terzo.
103
2.I redditi di capitale
Quella dei redditi di capitale è una categoria che il legislatore non delimita con una definizione generale,
ma con un elencazione.
L’art. 44 T.u.i.r. elenca tassativamente i redditi di capitale, tra cui le rendite vitalizie, gli utili derivati da
contratti di associazione in partecipazione, redditi imputati ai beneficiari di trust, ma i principali redditi di
capitale sono gli interessi e i dividendi.
Generalmente sono reddito di capitale:
quelli che derivano dall'impiego di capitale,
e non derivano da eventi incerti.
Non sono redditi di capitale:
le plusvalenze realizzate con la cessione di azioni, obbligazioni, in quanto incerti (rientrano tra i
redditi diversi);
i redditi di capitale conseguiti nell'esercizio dell'impresa che fanno parte dei redditi d'impresa.
In molti casi, i redditi di capitale sono soggetti a regimi sostitutivi (ritenute alla fonte e imposte sostitutive).
104
supera il 25% del capitale,
o attribuisce diritto di voto nell'assemblea ordinaria superiori al 20% del capitale.
I dividendi delle partecipazioni non qualificate di persone fisiche sono soggetti ad una ritenuta a titolo di
imposta del 12,50%.
La base imponibile dei dividendi delle partecipazioni qualificate è 49,72%; per valutare l'onere fiscale
complessivo bisogna sommare l'imposta sugli utili della società all'imposta che grava sul dividendo.
Se il socio-persona fisica è un imprenditore o una società di persone, si applica il regime per le
partecipazioni qualificate, tassato cioè al 49,72%.
I dividendi sono tassati integralmente, indipendentemente dalla natura e dalla qualifica del soggetto
percipiente, quando provengono da società estere partecipate domiciliate in paesi a regime fiscale
privilegiato.
Sono tassati come i dividendi gli utili percepiti dall'associato in un rapporto di associazione in
partecipazione con apporto di capitale o, insieme, di lavoro e capitale e le remunerazioni dei titoli e degli
strumenti finanziari assimilati alle azioni.
Non sono redditi di capitale gli utili che provengono da società di persone ed enti assimilati: tali utili sono
imputati ai soci e tassati come redditi da partecipazione.
Per i dividendi distribuiti da società residenti a persone fisiche non residenti si ha una ritenuta del 27%, e i
contribuenti non residenti possono chiedere il rimborso di 4/9 della ritenuta subita se dimostrano che gli
stessi dividendi sono tassati nel loro Stato di residenza.
La ritenuta è 1,375% quando i percettori non residenti siano società ed enti soggetti a imposizione sui
redditi di uno degli Stati membri Ue.
Non è reddito quello che i soci ricevono a titolo di ripartizione di riserve di capitali o altri fondi costituiti con
sovrapprezzi di emissione delle azioni o quote,
interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote,
versamenti dati dai soci a fondo perduto o in conto capitale,
saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta.
Tali introiti hanno natura patrimoniale, sono restituzione di conferimenti.
107
4.1.Determinazione dei redditi di lavoro autonomo.
La base imponibile dei redditi da lavoro autonomo è costituita
principalmente dai compensi, cioè i corrispettivi
– percepiti a titolo di remunerazione dell'attività, comprese le somme ricevute a titolo di rimborso spese e
gli interessi moratori o per dilazione di pagamento, ed esclusi i rimborsi delle spese sostenute in nome e
per conto del cliente e i contributi previdenziali e assistenziali posti a carico del cliente;
– percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali, comunque riferibili all'attività
artistica o professionale;
dalle plusvalenze dei beni strumentali e degli immobili, derivanti da cessione a titolo oneroso,
da risarcimento per perdita o danneggiamento; sono tassabili anche in caso di autoconsumo e di
destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'attività professionale. La plusvalenza è la differenza tra il
corrispettivo o l'indennizzo e il costo non ammortizzato del bene.
Sono deducibili:
le spese sostenute nell'esercizio della professione, cioè inerenti a tale esercizio, le spese si deducono
secondo il principio di cassa, nel periodo d'imposta in cui avviene il pagamento; di regola sono
integralmente deducibili;
le minusvalenze dei beni strumentali: in caso di cessione di un bene strumentale verso un
corrispettivo inferiore al costo non ammortizzato, la minusvalenza è deducibile, lo stesso in caso di
risarcimento. Non sono deducibili le minusvalenze in caso di autoconsumo o destinazione del bene a
finalità estranee all'attività;
il costo dei beni strumentali mobili e dei beni immateriali è deducibile con ammortamento, ma i
beni il cui costo non supera 516 Euro sono deducibili integralmente nell'anno di acquisto. I canoni di
leasing di beni mobili strumentali sono ammessi in deduzione nell'anno in cui maturano secondo i princìpi di
competenza economica, a condizione che la durata del contratto non sia inferiore a 1/2 del periodo di
ammortamento;
le indennità di fine rapporto dovute ai dipendenti sono deducibili anno per anno, in base alla quota
maturata nel periodo d'imposta.
I costi di acquisto di immobili acquisiti dopo il 1 gennaio 2010 non sono deducibili, e neanche i canoni di
leasing.
Le spese di ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili sono deducibili al limite di 5% del
costo complessivo dei beni ammortizzabili, l'eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 anni d'imposta
successivi.
Esistono regole particolari, con finalità antiabuso, per la deducibilità di alcuni costi come:
le spese relative a beni di uso promiscuo (sia lavoro che personale) si deducono a metà;
gli ammortamenti e le spese relative all'auto utilizzata nell'esercizio della professione sono
deducibili al 40%;
le spese telefoniche sono deducibili per 80%;
le spese per alberghi e ristoranti sono deducibili nel limite del 75% della spesa entro il limite
annuo del 2% dei compensi percepiti;
le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite del 1% dei compensi percepiti;
le spese di partecipazione a convegni, corsi di aggiornamento professionale sono deducibili
a metà.
Non sono deducibili i compensi al coniuge o ai figli per prestazioni di lavoro dipendente,
collaborazioni coordinate e continuative o occasionali.
108
4.2.Redditi equiparati a quelli di lavoro autonomo.
I redditi derivanti dall'utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere di ingegno, brevetti,
sono deducibili per il 25% a titolo di spese di produzione; 40% se l'autore è di età inferiore a 35 anni.
Sono redditi di lavoro autonomo gli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società di capitali e
le indennità per cessazione di rapporti di agenzia.
In materia di determinazione dell’imponibile, a parte i costi deducibili in misura forfetaria dai diritti
d’autore, non sono ammesse deduzioni di costi per gli altri redditi equiparati a quelli di lavoro autonomo.
110
che apportano solo lavoro;
nel triennio solare precedente non abbiano acquistato beni strumentali di ammontare
complessivo superiore a 15.000 Euro.
Il reddito imponibile è determinato dalla differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute nel
periodo d'imposta, secondo il criterio di cassa.
Il reddito è assoggettato ad un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali con aliquota del 20%.
I contribuenti minimi non applicano l'Iva sulle loro prestazioni, non la detraggono dagli acquisti; sono
esenti Irap.
I contribuenti minimi devono presentare la dichiarazione dei redditi ma sono esonerati dagli obblighi di
registrazione e di tenuta delle scritture contabili e dagli studi di settore.
Il regime cessa a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui vengono meno i requisiti previsti o
si verifica una causa di esclusione.
In caso di superamento in corso d'anno dell'ammontare di 45.000 Euro di ricavi o compensi, il regime
cessa immediatamente, con il passaggio al regime ordinario per l'intero periodo d'imposta.
111
– i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente,
– i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente,
– il reddito di chi dà l'azienda in affitto,
– i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall'affitto,
locazione, noleggio e concessione in uso di veicoli,
– le vincite delle lotterie, dei giochi e concorsi a premio,
– i primi ricevuti come riconoscimento di meriti artistici, scientifici e sociali, – i proventi illeciti,
– i redditi che derivano dall'assunzione di obbligazioni di fare, non fare e premettere.
I redditi diversi sono tassati al momento del realizzo ma al netto delle spese ed oneri di produzione e non
sono soggetti a ritenute alla fonte.
115
f) imposte sul reddito dell'esercizio,
utile o perdita dell'esercizio.
A) e b) sono gestione ordinaria, c) e d) sono gestione finanziaria, e) è gestione straordinaria. Secondo il
principio della realizzazione non sono iscritti a bilancio i plusvalori non realizzati.
Le società che applicano i princìpi contabili internazionali IAS e IFRS non applicano tali regole civilistiche. In
base ai princìpi contabili internazionali sono obbligati a redigere il bilancio consolidato e il bilancio
annuale
le società quotate,
le società con strumenti finanziari diffusi presso il pubblico;
le banche e gli intermediari finanziari sottoposti a vigilanza della Banca d'Italia;
le imprese assicurative quotate e non obbligate a redigere bilancio consolidato.
I plusvalori, in alcuni casi sono iscritti a conto economico quali componenti positivi del risultato d'esercizio, in
altri sono considerati una rivalutazione e comportano l'iscrizione del corrispondente importo in una riserva del
patrimonio netto. Il plusvalore non concorre alla formazione del risultato d'esercizio.
Al risultato del conto economico si applicano variazioni fiscali.
116
9.Il principio di competenza
L'attività d'impresa è frazionata in esercizi sociali annui, ad ogni esercizio corrisponde un periodo d'imposta.
Per l'imputazione temporale dei componenti che concorrono a determinare il reddito d'impresa si fa
riferimento al principio di competenza economica: i ricavi devono essere imputati all'esercizio in cui sono
conseguiti in senso economico, quando avviene lo scambio con i terzi; i costi assumono rilievo quando
sono realizzati i ricavi che contribuiscono a produrre, secondo il principio di correlazione dei costi ai
ricavi. In particolare,
per la cessione di beni mobili, i corrispettivi si considerano conseguiti alla data della consegna o
spedizione;
i corrispettivi per la cessione di immobili e aziende si considerando conseguiti alla data di
stipulazione dell'atto;
il ricavo per la prestazione di servizi è imputabile all'esercizio in cui la prestazione è
ultimata; in caso di prestazioni periodiche rileva la data di maturazione dei corrispettivi.
Si prescinde perciò dal considerare la data in cui è incassato il corrispettivo o la data in cui viene pagato il
prezzo di acquisto di un bene o di un servizi.
Il principio di competenza economica comporta che i costi siano dedotti nell'esercizio in cui sono conseguiti i
ricavi che hanno concorso a produrre, in quanto i costi sono correlati ai ricavi, e non sono dedotti
nell'esercizio in cui sono sostenuti.
117
– le merci,
– i beni strumentali,
– i crediti acquisiti nell'esercizio d'impresa,
– beni inventariati,
– gli immobili, anche se strumentali, se inclusi nell'inventario;
per le società di fatto
– le merci,
– i beni strumentali,
– i crediti commerciali,
– i beni mobili e immobili iscritti nei pubblici registri a nome dei soci utilizzati in via esclusiva per lo
svolgimento dell'attività d'impresa.
I beni relativi all'impresa si distinguono in:
beni merce, cui è diretta l'attività di produzione o scambio dell'impresa, le partecipazioni e i titoli
che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie. La cessione di beni merce genera ricavi. Sono rilevati e
valutati come rimanenze. Alla somma dei beni merce prodotti o acquisiti da un'impresa in un esercizio e di
quelli residuati da precedenti esercizi (rimanenze iniziali di magazzino) deve corrispondere la somma dei beni
alienati nell'esercizio e di quelli giacenti in magazzino alla fine dell'esercizio (rimanenze finali): le rimanenze di
magazzino trasferiscono il costo dei beni invenduti da un esercizio all'altro, il costo d'acquisto è
imputato all'esercizio in cui genera ricavi; le variazioni delle giacenze di magazzino concorrono sempre
a formare il reddito;
beni strumentali, sono inseriti nel processo produttivo dell'impresa in modo durevole, quindi sono
utilizzati in più esercizi; la loro cessione genera plusvalenze e minusvalenze. Sono rilevati al costo nello
stato patrimoniale dell'esercizio di acquisizione, saranno ammortizzati a partire dall'esercizio in cui entrano
in funzione;
beni meramente patrimoniali, sono una categoria residuale; la loro cessione genera
plusvalenze e minusvalenze. Sono rilevati al costo nello stato patrimoniale dell'esercizio di acquisizione.
L'elemento costitutivo iniziale del valore fiscalmente riconosciuto è il costo, cioè il corrispettivo pagato
per l'acquisto del bene, in caso di provenienza esterna, o dal costo di fabbricazione, in caso di
provenienza interna. Il costo di un bene comprende anche gli oneri di diretta imputazione connessi
all'acquisto e al suo inserimento nel ciclo produttivo.
Il valore fiscalmente riconosciuto dei beni strumentali è ridotto per effetto degli ammortamenti.
119
le partecipazioni siano detenute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese
precedente quello dell'alienazione, con presunzione assoluta di previa cessione delle azioni o quote acquisite
in data più recente, quindi l'esenzione non si applica agli investimenti di breve periodo;
le partecipazioni siano iscritte fra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il
periodo di possesso; anche se dopo l'iscrizione fra le immobilizzazioni la partecipazione dovesse essere
iscritta nell'attivo circolante, il diritto all'esenzione non verrebbe meno; l'originaria iscrizione nell'attivo
circolante invece preclude definitivamente l'accesso al regime di esenzione;
la società partecipata non abbia sede in un paese a regime fiscale privilegiato; condizione che al
momento del realizzo della plusvalenza deve essere integrata ininterrottamente fin dal terzo periodo di
imposta anteriore al realizzo;
la società partecipata svolga un'effettiva attività commerciale; condizione che al momento del
realizzo della plusvalenza deve essere integrata ininterrottamente fin dal terzo periodo di imposta anteriore al
realizzo.
120
– le indennità conseguente a titolo di risarcimento per danni non connessi alla perdita di beni che
generano ricavi o plusvalenze;
– i proventi conseguiti a titolo di contributo o liberalità.
Non costituiscono sopravvenienze attive i versamenti a fondo perduto o in conto capitale effettuati dai
soci in società né la riduzione dei debiti derivanti da concordati fallimentari o preventivi.
122
deducibili fiscalmente solo in un periodo successivo, quando diventano certi e oggettivamente determinabili,
devono esser deducibili in tale esercizio, senza essere imputati al relativo conto economico;
– per le spese e gli altri componenti negativi di reddito che, pur non essendo imputabili al conto
economico, sono deducibili per disposizione di legge;
– per le spese e gli altri oneri che afferiscono specificamente ai ricavi e ad altri proventi e che, pur non
risultando imputati a conto economico, concorrono a formare il reddito. Quando sono recuperati a
tassazione dei ricavi non dichiarati, vanno dedotti gli oneri e le spese ad essi specificamente relativi.
L'ammontare deducibile è solo quello imputato a bilancio, con rinvio ai successivi periodi di imposta
della deducibilità della parte in eccedenza.
L'amministrazione finanziaria può disconoscere la deduzione di ammortamenti, accantonamenti e altre
rettifiche di valore risultanti dal conto economico, ma non coerenti con i comportamenti contabili
sistematicamente tenuti nei precedenti esercizi.
Le spese per prestazioni di lavoro sono interamente deducibili, anche se si tratti di liberalità.
I compensi spettanti agli amministratori delle società sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti,
derogando al principio di competenza.
La partecipazione agli utili spettanti ai dipendenti e agli associati in partecipazione sono computate nell'esercizio
di competenza, indipendentemente dall'imputazione al conto economico, in deroga al principio della previa
imputazione, in quanto calcolata dopo la determinazione dell'utile, e quindi non calcolabile tra i costi del
conto economico di quel periodo.
123
non ammette le norme di sottocapitalizzazione. Anche le imprese minori prevedono una deducibilità degli
interessi passivi non limitata.
Le minusvalenze patrimoniali
Si ha minusvalenza quando viene ceduto un bene (non un bene merce) ad un prezzo inferiore al suo
valore fiscalmente riconosciuto.
Le minusvalenze rilevano solo quando sono realizzate, cioè a seguito di cessione a titolo oneroso, o di
risarcimento, ad un controvalore inferiore al valore fiscalmente riconosciuto.
Le minusvalenze realizzate con la cessione di partecipazioni immobilizzate sono integralmente irrilevanti se
derivano da partecipazioni con i requisiti di participation exemption, sono deducibili se derivano da
partecipazioni cui non si applica tale regime.
Per gli imprenditori individuali e le società di persone le minusvalenze realizzate con partecipazioni esentate,
ed i costi inerenti al loro realizzo, sono indeducibili in misura corrispondente alla percentuale esente.
Le sopravvenienze passive
Le sopravvenienze passive si hanno quando:
non si conseguono i ricavi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;
si sostengono spese, perdite, oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare
il reddito in esercizi precedenti;
sopravvenga l'insussistenza di attività iscritte in bilancio in esercizi precedenti.
Le perdite
Le perdite possono essere di
un bene relativo all'impresa, deducibile nei limiti del valore fiscalmente riconosciuto:
– se bene strumentale è deducibile per il costo non ammortizzato,
– se bene patrimoniale è deducibile per il costo d'acquisto o produzione.
Le perdite sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.
Crediti, sono deducibili
– in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali;
– quando la valutazione negativa in ordine all'insolvibilità del debitore risulta da elementi certi e precisi.
L'accantonamento al fondo rischi su crediti viene appostato in bilancio e fiscalmente dedotto
nell'esercizio in cui il credito viene reputato in sofferenza, anticipando la deduzione del costo per la futura
perdita su crediti. Quando la perdita si verificherà l'ammontare della perdita su crediti sarà deducibile
solamente per la parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento effettuato nei precedenti esercizi.
124
I costi pluriennalI: a) l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali
I costi la cui utilità si estende a più esercizi devono essere ammortizzati, cioè ripartiti nei diversi esercizi in
cui sono utilizzati.
Nell'attivo dello stato patrimoniale le immobilizzazioni devono essere iscritte inizialmente per un valore
pari al costo, il costo sarà sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la residua
possibilità di utilizzazione.
L'ammortamento dei beni materiali è ammesso solo per i beni strumentali all'esercizio dell'impresa. Non
sono ammortizzabili gli immobili che concorrono alla formazione del reddito d'impresa secondo le
regole catastali.
Le quote degli ammortamenti sono determinate in base ad una stima del periodo di durata del cespite,
sono stabiliti periodi minimi di durata dell'ammortamento mediante la determinazione di coefficienti
massimi.
Le quote di ammortamento sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene: nel
primo esercizio la quota di ammortamento deve essere ridotta a 1/2, indipendentemente dalla sua entrata in
funzione.
Il quantum ammortizzabile è dato dal costo storico del bene. L'ammortamento è effettuato entro i limiti
dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale.
Per i beni materiali il cui costo è inferiore a 516 Euro è consentita la deduzione integrale delle spese di
acquisizione nell'esercizio in cui sono state sostenute.
15.Gli accantonamenti.
Gli accantonamenti fiscalmente deducibili costituiscono un'eccezione al principio per cui i costi e le spese
sono deducibili solo quando sono certi.
125
Sono deducibili:
gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi previdenza del personale
dipendente, nei limiti delle quote maturate nell'esercizio: è incerta la data in cui sarà corrisposta
l'indennità di fine rapporto;
gli accantonamenti al fondo di copertura per rischi su crediti: si può dedurre annualmente lo 0,5%
del valore nominale o di acquisizione dei crediti, fino ad un massimo del 5%. Quando si verificano delle
perdite, la deduzione è ammessa solo per la parte che supera l'accantonamento già dedotto;
accantonamenti al fondo delle spese per lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi e aeromobili;
accantonamenti delle società concessionarie per spese di ripristino o di sostituzione di beni
gratuitamente devolvibili;
accantonamenti per oneri derivanti da operazioni e concorsi a premio.
126
spese sostenute nell'esercizio.
Nel caso delle opere di lunga durata, fatte su ordinazione, devono essere rilevati, tra le rimanenze, i lavori
eseguiti, in base ai corrispettivi pattuiti, quando vi sono stati avanzamenti dei lavori, si tiene conto dei
corrispettivi liquidati.
Quando l'opera è conclusa si ha liquidazione definitiva dei corrispettivi e i corrispettivi
definitivamente liquidati non fanno parte delle rimanenze ma dei ricavi.
127
19. Consolidato nazionale.
Nel consolidato fiscale, ferma restando la rilevanza dei rapporti di gruppo, si sommano algebricamente i
risultati fiscali conseguiti da ciascuna società. Si calcola il reddito di ciascuna società, compresa la
capogruppo. Si ottiene così il reddito complessivo globale.
Sul piano procedurale, ciascuna società deve dunque redigere la propria dichiarazione dei redditi, da
presentare, oltre che al fisco, alla capogruppo, che, dopo aver redatto la propria dichiarazione, deve
redigere e presentare al fisco la dichiarazione di gruppo.
Alla controllante è dunque riferito il risultato globale, positivo o negativo, del gruppo. Dal risultato positivo
scaturisce un unico debito, di cui è responsabile, per l’intero importo, la controllante. Le società controllate
sono invece responsabili solo per la parte del debito globale che è da collegare al loro reddito individuale.
L’opzione per il consolidato può essere esercitata dalle società tra cui intercorre un rapporto di controllo di
diritto, ossia quando una società o un ente dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea
ordinaria di una società.
Le società non residenti possono esercitare l’opzione per il consolidato solo in qualità di controllanti e a
condizione di essere residenti in paesi con i quali è in vigore una convenzione contro la doppia imposizione,
e di esercitare nel territorio dello stato un’attività d’impresa mediante una stabile organizzazione.
128
Le società controllate rispondono, nei confronti del fisco, solo per la parte del debito fiscale che è da
collegare al loro reddito complessivo.
Ciascuna società controllata deve corrispondere alla capogruppo, per la quota parte del debito unitario che
corrisponde al suo reddito, i mezzi finanziari per assolvere il tributo; se non vengono forniti
anticipatamente, la controllante ha diritto di rivalersi.
L’onere economico delle sanzioni dovrà essere sopportato dalla società cui è imputabile la violazione.
129
qualsiasi tipo di reddito.
Il non residente è soggetto ad imposta in ragione del collegamento reale dei singoli redditi con il territorio
dello Stato.
I redditi di lavoro autonomo e di capitale prodotti in Italia da persone fisiche non residenti sono tassati
con ritenuta a titolo d'imposta.
I redditi che non sono tassati alla fonte a titolo definitivo, devono essere dichiarati dai non residenti.
L'imposta si applica sulla somma dei singoli redditi prodotti in Italia, ma non ha natura di imposta
personale: i non residenti sottraggono dal reddito complessivo soltanto alcuni degli oneri deducibili, e
dall'imposta lorda solo alcune delle detrazioni.
131
possano considerarsi prodotti all'estero secondo i criteri di localizzazione, e che concorrano alla formazione
del reddito complessivo imponibile.
1.Premessa
Le operazioni straordinarie sono taluni eventi organizzativi o riorganizzativi da distinguere secondo che
abbiano per oggetto beni (cessioni o conferimenti di aziende e di partecipazioni) o soggetti (trasformazioni,
fusioni, scissioni di società).
133
La tassazione immediata della plusvalenza realizzata può essere conveniente quando compensa perdite di
esercizio o perdite pregresse.
Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non rende tassabili le plusvalenze
dell’azienda, che deve però essere assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del
dante causa.
La tassazione della plusvalenza realizzata con la cessioni di un’azienda può essere evitata conferendo
l’azienda in regime di neutralità fiscale, iscrivendo la partecipazione ricevuta come immobilizzazione e
cedendo poi la partecipazione in regime di participation exemption.
5.Le fusioni
La fusione può avvenire mediante la costituzione di una società nuova (fusione propria), o mediante
l’incorporazione in una società di una o più altre (fusione per incorporazione).
La società che risulta dalla fusione, o la società incorporante, subentra in tutte le situazioni giuridiche che
facevano capo alle società fuse (sia sostanziali che formali).
La fusione è evento fiscalmente neutro.
Nel patrimonio della società fusa o incorporata, possono esservi beni il cui valore reale è diverso da quello
contabile; possono esservi quindi plusvalenze o minusvalenze latenti.
136
Le plusvalenze latenti divengono tassabili, e le minusvalenze divengono deducibili, se si realizzano
determinati eventi (ad esempio, realizzo mediante cessione a titolo oneroso); la fusione non è evento
rilevante a tali fini, perché non conferisce rilievo alle differenze tra valori reali e valori fiscalmente
riconosciuti dei beni delle società che partecipano alla fusione.
I beni ricevuti dalla società incorporante assumono lo stesso valore fiscale che avevano presso
l’incorporata. E i divergenti valori contabili e fiscali devono essere annotati in un prospetto di
riconciliazione, da unire alla dichiarazione dei redditi. In caso di successiva cessione dei beni, si assumerà
come valore di partenza, per il calcolo della plusvalenza, non il valore contabile del bene, ma il valore
fiscalmente riconosciuto.
Le partecipazioni dei soci delle società fuse o incorporate sono annullate e sostituite con partecipazioni
della società risultante dalla fusione o incorporante.
È tassabile solamente il conguaglio in denaro pagato ai soci in occasione del concambio.
138
Il disavanzo figura nello stato patrimoniale della incorporante come posta attiva che ha la funzione di
contropartita di parte del capitale sociale.
I maggiori valori iscritti in bilancio (ad esempio, l’avviamento), non sono fiscalmente rilevanti.
La società incorporante o risultante dalla fusione può tuttavia affrancare tali valori o maggiori valori,
determinandone così il riconoscimento ai fini fiscali, mediante applicazione dell’imposta sostitutiva prevista
per i conferimenti d’azienda.
Il subentro della incorporante nelle situazioni tributarie dell’incorporata riguarda anche le riserve in
sospensione d’imposta: all’incorporante passa il debito fiscale potenziale ad esse collegato.
In linea generale, le riserve in sospensione devono essere ricostruite; se la società subentrante non le
ricostruisce nel suo bilancio, diventano tassabili.
La ricostruzione delle riserve non è necessaria quando si tratta di riserve che diventano tassabili solo in caso
di distribuzione ai soci; esse vanno ricostituite nei limiti in cui vi sia un avanzo o un aumento di capitale
sociale superiore alla somma dei capitali delle società partecipanti alla fusione.
L’incremento di capitale attuato dalla società risultante dalla fusione o dall’incorporante, come l’avanzo,
assorbono il patrimonio netto delle società fuse o incorporate e, di conseguenza, ne conservano la natura
fiscale.
6.La scissione
Fenomeno inverso alla fusione è quello della scissione, che può avvenire in due modi:
- scissione totale: trasferimento dell’intero patrimonio di una società ad altre società beneficiarie, le quali
assegnano proprie azioni ai soci della società scissa;
- scissione parziale: trasferimento di parte del patrimonio di una società, che permane, ad una o più società.
La differenza fondamentale, tra le due forme di scissione, è che nel primo caso la società scissa è destinata
ad estinguersi e le sue posizioni passano direttamente in capo alla società beneficiaria.
Per quel che riguarda le plusvalenze, il trasferimento del patrimonio della società scissa alle società
beneficiarie avviene senza corrispettivo; non vi sono, pertanto, i presupposti per la tassabilità, a carico della
società scissa, delle plusvalenze latenti nei beni trasferiti.
Possono darsi, anche a seguito della scissione, avanzi e disavanzi sia da concambio che da annullamento.
Anche per le differenze di scissione il principio è quello della neutralità: avanzi e disavanzi riflettono, qui,
fenomeni analoghi a quelli visti in materia di fusione con concambio e senza concambio.
Anche alle società beneficiarie è consentito optare per l’affrancamento dei valori o maggiori valori.
1.2.La neutralità.
L’imposta sul valore aggiunto è un’imposta che, per il suo soggetto passivo, è neutrale. Tale soggetto,
infatti, “recupera” l’imposta che assolve sugli acquisti, acquisendo un credito verso lo Stato; e “recupera”
l’imposta dovuta sulle vendite grazie al diritto di rivalsa verso coloro che acquistano i suoi beni o servizi.
Vi sono quattro situazioni giuridiche soggettive:
- il soggetto passivo (ad esempio, l’imprenditore) che effettua operazioni imponibili diviene debitore verso
lo Stato;
- lo stesso soggetto diviene, contemporaneamente, creditore verso i cessionari;
- il soggetto passivo che effettua acquisti è debitore verso il suo fornitore;
- ma, al tempo stesso, ha il diritto di recuperare l’Iva dovuta sui beni o servizi acquistati.
L’imposta non è neutrale per i cc.dd. consumatori finali. Il diritto di detrazione (o credito d’imposta) è una
situazione giuridica soggettiva che caratterizza l’Iva.
I soggetti passivi sono gravati da una serie di obblighi formali e sostanziali, ma possono detrarre l’imposta
pagata a monte. I non assoggettati, invece, non hanno diritto alla detrazione.
Una ulteriore peculiarità concerne la frode fiscale; nell’Iva può aversi un tipo di frode che non si ha nelle
altre imposte: si tratta dell’esercizio indebito del diritto di detrazione, connesso alla simulazione di acquisti
non effettuati (fenomeno delle c.d. cartiere, che vendono false fatture).
1.3.Giustificazione costituzionale
L’Iva è un’imposta sul consumo. È il consumo il fatto espressivo di capacità contributiva, che giustifica
l’imposta sul piano costituzionale.
Vi è un divario assai netto tra aspetto giuridico-formale del tributo e aspetto economico-sostanziale.
Dal primo punto di vista, il tributo ha come presupposti determinate operazioni poste in essere da
determinati soggetti.
Poiché il tributo colpisce alla fine solo i consumatori finali, è il consumo un fatto espressivo di capacità
contributiva.
Il diritto di detrazione, insieme col diritto di rivalsa, rende neutrale l’imposta per gli operatori economici.
2.Soggetti passivi.
La condizione di “soggetto passivo” è quella degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, i quali sono
debitori verso lo Stato dell’imposta dovuta, ma sono altresì titolari del diritto di detrazione connesso all’Iva
dovuta sugli acquisti.
141
Ben diversa è invece la condizione del c.d. consumatore finale, ossia di chi acquista un bene o un servizio,
ma non ha il diritto di “recuperare” l’imposta pagata.
Sono soggetti passivi Iva gli imprenditori e gli esercenti arti o professioni. Sono soggette ad imposta tutte le
attività svolte da soggetti che hanno forma giuridica di società commerciale, o da enti che abbiano per
oggetto principale od esclusivo l’esercizio di attività commerciali od agricole.
Invece, per gli enti non commerciali, si considerano effettuate nell’esercizio d’impresa soltanto le cessioni
di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di imprese commerciali o agricole.
Gli enti pubblici sono soggetti passivi d’imposta quando pongono in essere attività economiche di tipo
commerciale.
Ponendo a confronto la definizione di imprenditore ai fini Iva e quella di imprenditore ai fini delle imposte
sui redditi, si notano delle differenze:
- nei due settori, è imprenditore chiunque svolga un’attività commerciale, ma ai fini Irpef le prestazioni di
servizi a terzi che non rientrano nell’art. 2195 c.c. sono ugualmente attività d’impresa se vi è
l’organizzazione in forma d’impresa;
- solo nella definizione Iva sono compresi gli imprenditori agricoli (mentre la definizione di imprenditore ai
fini reddituali coincide con quella di imprenditore commerciale).
Anche la definizione di esercizio di arte o professione è simile a quella data ai fini delle imposte dirette.
142
- i passaggi dal committente al commissionario (e viceversa) di beni venduti o acquistati in esecuzione di
contratti di commissione;
- le cessioni gratuite di beni la cui produzione rientra nell’attività propria dell’impresa;
- la destinazione di beni al consumo personale o familiare dell’imprenditore;
- l’assegnazione delle società ai soci.
Vi sono operazioni che, pur presentando tutti i requisiti delle cessioni, non sono considerate tali, e quindi
sono escluse dal campo di applicazione dell’Iva. Sono esclusi anche i conferimenti di azienda, i passaggi di
beni dipendenti, le cessioni di terreni non edificabili e le cessioni gratuite di campioni di modico valore.
143
- le cessioni effettuate nei confronti di cessionari che non agiscano nell’esercizio d’impresa, arti o
professioni (i c.d. consumatori finali);
- le cessioni per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per
l’imposizione.
6.Le aliquote
Vi è un’aliquota normale (20 per cento); un’aliquota per generi di largo consumo (10 per cento);
un’aliquota ridottissima per i generi di prima necessità (4 per cento).
L’imposta dovuta dal soggetto passivo all’Erario si quantifica applicando, alle operazioni effettuate, le
relative aliquote.
144
7.Il diritto di rivalsa
Il soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile e che perciò è
debitore verso l’Erario, ha il diritto di rivalersi nei confronti del cessionario o del committente. Esercitare il
diritto di rivalsa è obbligatorio.
La rivalsa è quindi, innanzitutto, un diritto di credito: un credito del soggetto passivo dell’Iva, nei confronti
della controparte contrattuale, che si aggiunge, per effetto di legge, al corrispettivo pattuito.
Il soggetto passivo Iva, quando effettua una operazione imponibile, deve emettere fattura addebitando la
relativa imposta, a titolo di rivalsa, a cessionario o committente.
Il soggetto passivo Iva ha l’obbligo di far sorgere il diritto di rivalsa; ha l’obbligo, in altri termini, di costituirsi
creditore.
Nel commercio al minuto non è obbligatoria l’emissione della fattura: il prezzo si intende comprensivo
dell’imposta.
Vi è un interesse fiscale a che sorga il credito di rivalsa; perciò la mancata emissione della fattura e il
mancato addebito dell’Iva in fattura sono sanzionati.
Un risvolto della previsione legislativa dell’obbligo di rivalsa è la nullità di patti che la escludano.
La rivalsa può essere esercitata anche in ritardo, vale a dire dopo che è decorso il termine per la emissione
della fattura.
Ciò che impedisce la rivalsa è l’emissione di un avviso di accertamento.
8.2.Il pro-rata
Quando non vi sono legami diretti tra acquisti e specifiche operazioni attive che non sono soggette ad
imposta, ed il soggetto passivo Iva esercita sia attività che danno diritto, sia attività che non danno diritto
alla detrazione, il calcolo della quota di Iva detraibile è fatto con criterio forfetario (il pro-rata).
Il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alle operazioni che danno diritto alla
detrazione. È quindi pari al risultato della frazione avente al numeratore l’ammontare delle operazioni con
diritto a detrazione, e al denominatore la somma di tutte le operazioni attive effettuate nello stesso
periodo.
145
Vi sono operazioni attive che non devono essere considerate nel calcolo della percentuale di detrazione, tra
cui le cessioni di beni ammortizzabili e le operazioni esenti.
Limitano il diritto di detrazione non tutte le esenzioni, ma solo quelle relative all’attività propria
dell’impresa (cioè effettivamente svolta dalla società).
146
Nel caso di acquisti intracomunitari non vi sono operazioni di sdoganamento; il soggetto Iva di un Paese
comunitario che cede il bene ad un soggetto Iva di altro Paese comunitario deve emettere una fattura su
cui l’operazione deve essere indicata come non imponibile.
L’acquirente deve emettere autofattura e registrare l’operazione sia nel registro delle fatture emesse, sia
nel registro degli acquisti.
Nel caso in cui l’acquirente sia un consumatore finale, l’operazione è imponibile a carico del venditore.
Gli acquisti intracomunitari fatti da enti non commerciali non sono, in linea di principio, acquisti
intracomunitari in senso tecnico, ma lo diventano al di sopra di una data soglia.
9.6.Depositi fiscali.
I depositi fiscali (che sono diversi dai depositi doganali) sono dei depositi (in senso fisico) che consentono di
sospendere l’applicazione dell’imposta sui beni che vi sono immessi.
147
I beni provenienti da altri paesi comunitari, o da paesi extracomunitari, che sono immessi fisicamente nei
depositi, non sono assoggettati temporaneamente ad imposta. Quando si verifica l’estrazione dal deposito,
si applicherà l’imposta adeguata alla destinazione del bene.
11.1.Fatturazione e registrazione
I soggetti passivi sono innanzitutto tenuti ad emettere fattura per le operazione imponibili, non imponibili
ed esenti.
La fattura non è obbligatoria per il commercio al minuto. La fattura deve essere datata e numerata in modo
progressivo per anno solare ed indicare:
- ditta, denominazione, residenza o domicilio dei soggetti fra cui avviene l’operazione e, relativamente al
cedente o prestatore, numero di partita Iva. Se non si tratta di imprese, società o enti devono essere
indicati il nome e il cognome;
- natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione;
- corrispettivi;
- aliquote, ammontare dell’imposta e dell’imponibile;
- numero di partita Iva del cessionario del bene o del committente del servizio.
La fattura può essere emessa sia in forma cartacea, sia in forma elettronica.
Nei rapporti tra cedente e cessionario, l’emissione della fattura è necessaria sia ai fini della rivalsa, sia ai fini
della detrazione.
Ogni soggetto passivo deve tenere, ai fini Iva, due registri: uno per le operazioni attive, uno per gli acquisti.
Le fatture attive devono essere annotate nei registri delle vendite entro quindici giorni dalla loro emissione.
Dal libro delle operazioni attive risulta l’Iva a debito, da quello delle operazioni passive l’Iva a credito: ogni
mese (od ogni trimestre) deve essere liquidata la differenza algebrica tra Iva a debito e Iva a credito.
2.La registrazione
La registrazione avviene a seguito di richiesta di registrazione o d’ufficio. Vanno distinti:
- atti soggetti a registrazione in termine fisso;
- atti soggetti a registrazione in caso d’uso;
- atti non soggetti a registrazione.
Per gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, la legge pone a carico di determinati soggetti
(contraenti, notai, …) l’obbligo di richiederne la registrazione entro un dato termine, presentando l’atto
all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, che liquida l’imposta e ne chiede il pagamento.
Per gli atti da registrare in caso d’uso, l’atto può essere usato solo se è stata previamente effettuata la
registrazione.
150
Infine, è previsto che per qualsiasi atto scritto può chiederne la registrazione chiunque vi abbia interesse.
La richiesta di registrazione è fatta su appositi stampati forniti dall’Ufficio.
La registrazione degli atti relativi a diritti sugli immobili deve essere richiesta in via telematica.
Le richieste devono essere precedute dal pagamento dei tributi, auto liquidati dal richiedente.
Gli uffici controllano la regolarità dell’autoliquidazione e del versamento delle imposte.
Di regola, la registrazione avviene a seguito di richiesta di parte, ma, se non è stato osservato l’obbligo di
richiederla, la registrazione è fatta d’ufficio.
Per gli atti dei notai e dei pubblici ufficiali, la registrazione d’ufficio è possibile solo che si rinvengano, nei
registri o nei repertori, gli estremi di atti non registrati.
Per le scritture private la registrazione d’ufficio è prevista solo quando le scritture siano depositate presso
pubblici uffici, quando l’Amministrazione finanziaria ne sia venuta legittimamente in possesso e in presenza
di contratti verbali sulla base di prove presuntive.
Sono detti atti da registrare in termine fisso gli atti per i quali vi è obbligo di richiedere la registrazione
entro venti giorni dalla redazione.
Vanno distinti quattro gruppi:
- atti scritti indicati nella tariffa;
- contratti verbali;
- operazioni societarie;
- atti formati all’estero.
In linea generale, può dirsi che sono da registrarsi in termine fisso tutti gli atti aventi per oggetto
prestazioni a contenuto patrimoniale, con la duplice eccezione degli atti per i quali vale la regola del caso
d’uso e degli atti per i quali non vi è obbligo di registrazione.
I contratti verbali soggetti a registrazione sono quelli di locazione o affitto di beni immobili e di
trasferimento o affitto di aziende.
Inoltre, devono essere registrati gli atti formati all’estero, che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà di beni immobili, la locazione o l’affitto di beni immobili, etc.
Per uso di un atto si intende l’uso dell’atto a fini amministrativi, ossia la sua produzione in un procedimento
amministrativo.
L’atto, prima di essere depositato presso una pubblica amministrazione, deve essere registrato.
In pratica, non si verifica di frequente che un atto debba essere registrato in vista del suo uso
amministrativo: è però importante avere presenti le ipotesi in cui ciò si verifica, perché ciò significa che non
vi è l’obbligo di registrazione in termine fisso. I casi riguardano i contratti formati mediante corrispondenza
e le scritture private non autenticate relative ad operazioni Iva.
La registrazione consiste nell’annotazione in apposito registro dell’atto o della denuncia e, in mancanza,
della richiesta di registrazione.
Per atti pubblici, scritture private autenticate e atti giudiziari, la registrazione va richiesta all’Ufficio
dell’Agenzia delle entrate; negli altri casi la registrazione può essere richiesta a qualunque Ufficio.
La registrazione attesta l’esistenza degli atti e attribuisce ad essi data certa.
Vi è nella legge del registro un generale divieto di rilascio di atti non registrati da parte di pubblici ufficiali. Il
pagamento dell’imposta di registro, quindi, condiziona l’utilizzo degli atti giuridici.
151
Un secondo gruppo di soggetti è costituito dai responsabili d’imposta, che sono obbligati insieme con le
parti degli atti. Per gli atti pubblici e per le scritture private autenticate, l’obbligo di richiedere la
registrazione è a carico dei notai (per la sola imposta principale).
Vi sono infine dei soggetti che sono obbligati a chiedere la registrazione ma non a pagare l’imposta:
- cancellieri e segretari di organi giurisdizionali;
- gli impiegati dell’Amministrazione finanziaria e gli appartenenti alla Guardia di Finanza per gli atti per i
quali è prevista la registrazione d’Ufficio.
In entrambi i casi l’imposta è dovuta dalle parti del giudizio.
152
Il legislatore accorda la restituzione dell’imposta soltanto quando la nullità o l’annullamento siano sanciti
da una sentenza passata in giudicato e l’atto non sia suscettibile di ratifica, conferma o convalida; non è mai
accordata la restituzione quando l’invalidità sia imputabile alle parti.
Gli atti che accertano la nullità sono tassati in misura fissa. La motivazione effettiva di tale indirizzo
giurisprudenziale è nel sospetto che l’atto dichiarativo dissimuli la retrocessione: nel sospetto, cioè, che le
parti, dopo aver stipulato un atto traslativo valido, concludono poi un nuovo contratto traslativo, e che, per
evitare una seconda tassazione, promuovano un giudizio fraudolento di nullità del primo atto.
153
11.Registrazione a debito
La registrazione a debito è quella che viene effettuata senza contemporaneo pagamento delle imposte
dovute. Tale procedura è ammessa in tre casi:
- le sentenze e gli atti dei procedimenti contenziosi in cui sono interessate le amministrazioni dello Stato;
- gli atti relativi alla procedura fallimentare;
- le sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da reato.
La registrazione a debito concerne situazioni pendenti, e l’imposta sarà richiesta quando sarà cessata la
pendenza; l’imposta sarà così richiesta al soggetto che risulti soccombente.
13.La riscossione
L’imposta principale è dovuta in sede di registrazione. Se vi è ricorso contro l’accertamento di un’imposta
complementare, l’Agenzia può riscuotere, in pendenza del giudizio di primo grado, un terzo della maggiore
imposta accertata.
15.Il presupposto
L’imposta si applica sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e
sulla costituzione di vincoli di destinazione.
L’elenco dettagliato comprende:
- il trasferimento di beni e diritti mortis causa;
- le donazioni e altre liberalità tra vivi;
- la costituzione di vincoli di destinazione;
- etc.
Non sono soggetti all’imposta i trasferimenti gratuiti a favore dei discendenti e del coniuge, aventi ad
oggetto aziende o rami di esse, quote sociali o azioni.
154
È sempre necessario che, in caso di trasferimento di azienda o di un suo ramo, il beneficiario prosegua
l’esercizio dell’attività d’impresa e che, in caso di trasferimento di partecipazioni, detenga il controllo per
un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
Per la definizione del presupposto dell’imposta successoria, occorre considerare che la legge fa discendere
obblighi fiscali “limitati” dalla chiamata ereditaria ed obblighi fiscali in senso pieno soltanto
dall’accettazione dell’eredità. Vi sono dunque due tipi di presupposti: la chiamata e la devoluzione
dell’eredità.
I soggetti passivi
I chiamati all’eredità e gli altri soggetti obbligati a presentare la dichiarazione rispondono solidalmente
dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti.
Gli eredi rispondono in solido dell’imposta globalmente dovuta.
Bisogna distinguere tra soggetti obbligati a presentare la dichiarazione e soggetti obbligati a pagare
l’imposta.
I chiamati all’eredità sono obbligati, in ogni caso, a presentare la dichiarazione, e sono obbligati a pagare
l’imposta solo se nel possesso dei beni ereditari e nel limite del valore dei beni posseduti.
I legatari sono obbligati a presentare la dichiarazione ma sono obbligati a pagare soltanto la parte
d’imposta che grava sul legato.
16.Franchigie e aliquote
La franchigia riguarda le singole quote ed è di un milione di euro per il coniuge e per i parenti in linea retta;
è di centomila euro a favore dei fratelli e delle sorelle.
L’imposta è proporzionale, con tre differenti aliquote:
- quattro per cento nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta con una franchigia di un milione di
euro per ciascun beneficiario;
- il sei per cento nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado;
- l’otto per cento nei confronti degli altri soggetti;
- etc.
Nel computo della franchigia rilevano soltanto le donazioni pregresse per le quali sia stata riconosciuta una
franchigia d’imposta che abbia assorbito, in tutto o in parte, l’imposta dovuta.
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Capitolo Ventiquattresimo FISCALITÀ LOCALE E REGIONALE
156
Essi possono dettare regole in materia di presupposto, esenzioni, base imponibile, accertamento e
riscossione. L’aliquota deve essere deliberata in misura non inferiore al quattro per mille né superiore al sei
per mille (sette per mille in caso di esigenze straordinarie di bilancio).
Presupposto del tributo è il possesso di uno dei seguenti tipi di immobili:
- fabbricati;
- aree fabbricabili;
- terreni agricoli.
Dal 2008 è esente l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
L’Ici è stata oggetto di forti critiche, non solo di carattere politico, ma anche di natura giuridico-
costituzionale.
Sono soggetti passivi dell’imposta il proprietario dell’immobile o il titolare del diritto di usufrutto, uso,
abitazione, enfiteusi, superficie.
A proposito del diritto di superficie, prima che su di un suolo venga costruito un fabbricato, il soggetto
passivo del tributo è il proprietario del suolo. Dopo che è stato costruito il fabbricato, soggetto passivo è il
titolare del diritto di superficie.
In caso di locazione finanziaria (leasing), il tributo è dovuto dal locatario.
Per gli immobili compresi nel fallimento, il curatore deve versare l’imposta dovuta per il periodo di durata
dell’intera procedura concorsuale entro tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.
La base imponibile è costituita dal valore dell’immobile, le cui regole di determinazione sono le seguenti:
- per i fabbricati iscritti al catasto, si applica alla rendita catastale il moltiplicatore 100, previsto per
l’imposta di registro;
- per i fabbricati non iscritti al catasto, si tiene conto della rendita attribuita ai fabbricati similari;
- per i fabbricati posseduti da imprese, non iscritti in catasto, si considera il costo d’acquisto e lo si
moltiplica per un coefficiente di rivalutazione;
- per le aree fabbricabili, si tiene conto del valore venale in comune commercio;
- per i terreni agricoli, si moltiplica il reddito dominicale per settantacinque.
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ed è commisurata, da un lato, alla superficie dei locali e, dall’altro, al costo del servizio. La Tarsu può essere
sostituita, con delibera comunale, dalla Tia (tariffa di igiene ambientale).
La legge finanziaria per il 2007 prevede che i comuni possono deliberare l’istruzione di un’imposta di scopo,
destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche. Per la
disciplina di tale imposta si applicano le disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili.
Il regolamento che istituisce l’imposta determina:
- l’opera pubblica da realizzare;
- l’ammontare della spesa;
- l’aliquota dell’imposta;
- l’applicazione di esenzioni, riduzioni o detrazioni;
- le modalità di versamento.
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paese diverso da quello in cui il servizio è reso; ha carattere residuale, opera quando non valgono le altre
norme sulla libera circolazione, e riguarda i servizi transfrontalieri. La libertà deve essere assicurata sia a chi
presta il servizio che ai consumatori.
Libera circolazione dei capitali: i paesi membri non devono ostacolare gli investimenti con norme fiscali dagli
effetti restrittivi della circolazione dei capitali, o discriminatori tra investitori residenti e non residenti.
Caso Verkooijen: è incompatibile l'esenzione parziale da imposta per i dividendi distribuiti da società
residenti ma non per i dividendi esteri.
Caso Manninen: parità di trattamento tra dividendi distribuiti da società residenti e dividendi distribuiti
da società non residenti, se il credito d'imposta è accordato ai dividendi interni ma non a quelli provenienti
dall'estero.
Caso Commissione c. Italia: i dividendi in entrata (distribuiti da società non residenti a contribuenti residenti) e
i dividendi in uscita (distribuiti da società residenti a soci non residenti) non devono essere tassati in
modo discriminatorio rispetto ai dividendi domestici (distribuiti da società residenti a contribuenti
residenti).
Sono consentite deroghe alla discriminazione fondata sulla nazionalità per la tutela dell'ordine pubblico,
della moralità e della salute pubblica.
Caso Cassis de Dijon: le leggi nazionali, quando siano necessarie per rispondere ad esigenze imperative
attinenti all'efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute pubblica, alla lealtà dei negozi
commerciali e alla difesa dei consumatori, sono accettate.
Il Consiglio, deliberando all'unanimità, e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato
economico e sociale, adotta le disposizioni relative all'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte
sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui l'armonizzazione
sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni
di concorrenza.
L'evasione fiscale è considerata una distorsione della concorrenza.
Per armonizzare le legislazioni fiscali nazionali sugli scambi è stata adottata l'Iva.
Per evitare distorsioni della concorrenza, la base imponibile deve essere uniforme in tutta l'Unione e le
aliquote ravvicinate: si prevede che l'aliquota non possa essere inferiore al 15%; sono ammesse due
aliquote ridotte, applicabili a beni di prima necessità o destinati a fini culturali e sociali.
Si applica la tassazione nel paese di destinazione, tassando le importazioni e detassando le
esportazioni. Questo regime opera nei rapporti tra operatori residenti nell'Unione europea ed operatori
residenti fuori dall'Unione.
Per gli scambi interni all'Unione si ha la tassazione nel paese di origine: le cessioni di merci all'interno tra
Stati dell'Unione costituiranno operazioni imponibili come le cessioni che avvengono all'interno dello stesso
territorio statale. L'imposta sarà pagata nel paese d'origine, ma l'Iva dovrà poi esser percepita dallo Stato di
destinazione: si prevede un sistema di compensazione tra Stati.
Per le accise è stato conservato il principio della tassazione nel paese di consumo del prodotto, i prodotti
possono circolare nel territorio comunitario in regime di sospensione d'imposta.
La Direttiva 335/1969 ha armonizzato la tassazione indiretta della raccolta dei capitali, in modo che questi
possano circolare liberamente nel mercato comune in condizioni di neutralità fiscale; prevede:
l'istituzione di un'imposta sui conferimenti da applicare una sola volta nello Stato in cui è
situata la direzione effettiva della società;
l'abolizione delle imposte di bollo sui titoli, azionari e obbligazionari, la soppressione di altri imposte
indirette che hanno caratteristiche dell'imposta sui conferimenti e dell'imposta di bollo;
vieta che possano essere applicate alla società di capitali imposta indirette diverse da quella
configurata dalla Direttiva.
Il Consiglio deliberando all'unanimità, secondo una procedura legislativa speciale e previa
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consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che
abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno. Sono state
adottate:
la Direttiva 133/2009 sulle fusioni e sulle altre operazioni straordinarie che interessano società
di Stati membri diversi, facilita la nascita di gruppi multinazionali; prevede
– un regime fiscale comune alle operazioni straordinarie transfrontaliere,
– disciplina fusioni, scissioni, conferimenti di attivo e scambi di azioni che concernono società di stati
membri diversi,
– sancisce il principio di neutralità fiscale: tali operazioni non comportano tassazione delle plusvalenze
risultanti dalla differenza tra valori reali e valori fiscali dei beni coinvolti nelle operazioni,
– disciplina il passaggio di fondi in sospensione d'imposta dalla conferente alla beneficiaria, il
passaggio delle perdite, l'avanzo di fusione, i conferimenti di attivo;
la Direttiva madre-figlia 435/1990 sulla distribuzione di utili tra società madri e figlie di Stati
membri diversi, affronta i problemi fiscali connessi agli utili ed ha per scopo eliminare i fenomeni di doppia
imposizione: essendo la società madre e la società figlia di due Stati diversi, lo stesso reddito rischia di esser
tassato due volte, come utile della società figlia e come dividendo della società madre. Prevede che quando
la società madre riceve utili dalla società figlia, lo Stato della società madre
– si astiene dal sottoporre ad imposta tali utili (metodo dell'esenzione),
– o attribuisce alla società madre un credito d'imposta, consentendogli di dedurre, dall'imposta
dovuta, l'imposta dovuta dalla società figlia (metodo del credito d'imposta indiretto).
Nel nostro ordinamento è stata recepita riconoscendo alla società madre non residente il diritto al
rimborso della ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi percepiti o direttamente la non applicazione della
ritenuta da parte della società figlia residente che distribuisce i dividendi.
La Direttiva 123/2003 ha modificato la Direttiva madre-figlia prevedendo:
– riduzione al 10% della quota di partecipazione necessaria per l'attribuzione dello status di società
madre e società figlia;
– ampliamento dell'elenco delle società cui si applica la Direttiva;
– applicabilità della disciplina alle stabili organizzazioni;
– miglioramento delle modalità di eliminazione della doppia imposizione per gli stati membri che
utilizzano ancora il metodo dell'imputazione.
La Direttiva 49/2003 disciplina il regime fiscale di interessi e canoni corrisposti da una società ad
altre società o stabili organizzazioni di uno stesso gruppo, con sede in stati membri diversi: i rapporti tra
società consociate di Stati membri diversi sono tassati una sola volta in un solo stato, quello percettore;
Direttiva sul risparmio, instaura un regime fiscale in base al quale i redditi da risparmio, corrisposti
sotto forma di interessi, siano tassati solo nello Stato di residenza del
beneficiario;
la Convenzione arbitrale, diretta a porre rimedio alle doppie imposizioni che si verificano quando
uno Stato rettifica gli utili di imprese associate residenti in Stati diversi: l'impresa collegata coinvolta nella
stessa transazione ha diritto di ottenere una corrispondente riduzione del proprio imponibile dallo Stato
in cui risiede. Le autorità fiscali dei due stati membri interessati possono avviare tra loro una procedura
amichevole, se non viene raggiunto un accordo si passa all'arbitrato.
Sono incompatibili con il mercato comune gli aiuti concessi dagli Stati che favoriscano alcune impresa o
produzioni, falsando o minacciando di falsare la concorrenza.
Sono aiuti di stato sia le sovvenzioni fiscali sia le norme che escludono o riducono i normali oneri fiscali.
Un aiuto non è compatibile quando:
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sia selettivo, favorisca alcune imprese o alcune produzioni;
falsi o minacci di falsare la concorrenza;
incida sugli scambi tra Stati membri.
Non è un divieto assoluto: sono compatibili gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori
e gli aiuti concessi in occasione di calamità naturali o altri eventi eccezionali.
Sono compatibili:
gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni dove vi sia una grave forma di
sottoccupazione;
gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse
europeo oppure a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;
gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di alcune attività o alcune regioni economiche;
gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio;
alcune categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio su proposta della
Commissione.
Gli Stati, prima di adottare un provvedimento a favore delle imprese, devono comunicarne il progetto
alla Commissione, e non può eseguirlo prima che si sia pronunciata. La Commissione può dare inizio ad una
speciale procedura, al termine del quale può decidere che il progetto non sia compatibile.
Se gli stati concedono aiuti non notificati o non compatibili, la Commissione può disporne la revoca ed
ordinare il recupero dell'aiuto. Le controversie sul recupero degli aiuti sono devolute alla giurisdizione
tributaria.
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