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DIRITTO TRIBUTARIO- Tesauro (quarta ed.

Capitolo Primo: GLI ISTITUTI

1. La nozione di tributo
Il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; per questo aspetto esso si distingue da altri istituti, che
pur incidono sul patrimonio del privato, ma comportano limitazioni od ablazioni di altro tipo
(espropriazioni, imposizione di limiti o vincoli, etc). L’obbligazione tributaria è un’obbligazione con effetti
definitivi: in ciò il tributo si distingue dai prestiti forzosi.
Il tributo è un'entrata coattiva: è infatti imposto con atto della autorità (≠ dalle entrate di diritto privato).
Ciò comporta che l’ente pubblico impositore sia anche provvisto di poteri autoritativi, allo scopo di
costituire il rapporto tributario o anche soltanto di imporre il pagamento del tributo. Possono esservi
anche entrate pubbliche imposte coattivamente che non hanno carattere tributario (come le sanzioni), ma
il fondamento giuridico del tributo è un atto dell’autorità (legge o provvedimento).
Il fatto generatore del tributo è un fatto economico (≠ dalle sanzioni pecuniarie che nascono da illecito, che
sono, come i tributi, prestazioni pecuniarie imposte autoritativamente, ma collegate ad un fatto illecito).
Il tributo, dal punto di vista funzionale, realizza il concorso alla spesa pubblica (ex art. 53 Cost.: “1. Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. 2. Il sistema tributario è
informato a criteri di progressività”) ed il suo gettito è destinato a finanziare lo Stato e gli altri enti pubblici,
indipendentemente dallo scopo per cui il tributo è istituito. Solitamente, il gettito dei tributi è una risorsa
dell’ente pubblico senza destinazione specifica; vi possono però esservi dei tributi con destinazione specifica
(tributi di scopo o tributi parafiscali).
In sintesi: il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; è imposto coattivamente; è collegato ad un
presupposto economico ed il suo gettito è destinato al finanziamento delle spese pubbliche.

2. La classificazione tradizionale: imposte, tasse, contributi.


I tributi possono essere: imposte, tasse e contributi (alcuni aggiungono i monopoli fiscali).
 imposte
– finanziano spese indivisibili;
– presupposto è un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo, senza relazione specifica
con l'attività dell'ente pubblico (es. il conseguimento di un reddito, il possesso di un bene o la
stipulazione di un contratto): è quindi un evento cui sono estranei l’ente e l’attività pubblica;
– sono dovute a titolo di solidarietà, ex art. 2 e 53 Cost.;
– sono commisurate alla dimensione economica del presupposto;
 tasse
– finanziano spese divisibili;
– presupposto è un atto o attività pubblica (es. tasse su concessioni governative), ossia l'emanazione di
un provvedimento (es. tassa di iscrizione a ruolo) o la fruizione di un bene o servizio pubblico,
specificamente riguardanti un certo soggetto (es. tassa sui rifiuti);
– tra prestazione pecuniaria ed attività pubblica c'è un rapporto di correlatività (non di corrispettività: ciò
spiega perché le tasse sono dovute anche in casi in cui il servizio non è concretamente utilizzato);
Ciò che distingue una tassa dall’entrata di diritto privato è il suo regime giuridico: la prestazione imposta
coattivamente è una tassa; sa ha base contrattuale, ha natura privatistica.
 contributo
– nel diritto tributario, il termine contributo ( o “tributo speciale”) quel particolare tipo di tributo che ha come
presupposto è l'arricchimento (ad es., l’incremento di valore degli immobili9) che determinati soggetti

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traggono dall'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto;
– sono detti contributi anche le prestazioni dovute a determinati enti (associazioni, consorzi, etc)
obbligatoriamente per il loro funzionamento (es. contributi ai consorzi di bonifica);
 monopoli fiscali
– sono considerati tributi solo con riguardo alla sua funzione di procurare entrate. Ciò che si paga per
l’acquisto di un genere di monopolio non è un tributo, ma il corrispettivo di un normale contratto di
compravendita. Se invece si ha riguardo alla funzione dei tributi (procacciare entrate all’ente pubblico),
anche il monopolio è un tributo, quando ha per scopo di procurare entrate.

3. Le nozioni in uso nella giurisprudenza.


Secondo la giurisprudenza costituzionale, partendo dall'art. 75 Cost., che vieta il referendum abrogativo
di norme tributarie, si intende il tributo caratterizzato da due elementi essenziali:
 l'imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata con atto autoritativo, di carattere
ablatorio;
 la destinazione del gettito allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario necessario a
coprire le spese pubbliche (comprendente così anche dei contributi previdenziali e del contributo per il
servizio sanitario);
Secondo la giurisprudenza ordinaria sono tributarie (nozione ampia, ma che non comprende le prestazioni
previdenziali):
 tutte le prestazioni imposte in via coattiva, ossia senza il consenso dell’obbligato, purchè
non rappresentino il corrispettivo sinallagmatico di una prestazione dell’ente impositore,
 che siano destinate a finanziare le spese pubbliche.

Capitolo Secondo: . LE FONTI

1 La riserva di legge
Art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Con “legge”, l’art.23 indica:
 la legge statale ordinaria
 gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi);
 le leggi regionali (e provinciali, per Trento e Bolzano);
 le fonti dell'Unione europea.
La riserva di legge riguarda solo le norme di diritto sostanziale, quelle che definiscono i soggetti passivi, l'an
e il quantum del tributo. L’art.23, dunque, non riguarda le norme sull'accertamento e la riscossione. È una
riserva di legge relativa: disciplina infatti le linee fondamentali della materia rimettendone il
completamento a norme di rango non legislativo.
Le “prestazioni personali e patrimoniali imposte” dall’art.23 sono da intendersi:
 sia in senso formale: imposte cioè con atto autoritativo, i cui effetti sono indipendenti dalla
volontà del soggetto passivo;
 che in senso sostanziale: ossia l’art.23 si applica anche a prestazioni di natura non tributaria ma
aventi funzione di corrispettivo, quando un obbligazione, per nascendo da un contratto, costituisca il
corrispettivo per un servizio pubblico che soddisfi un bisogno essenziale e sia reso in regime di monopolio
(es. tariffe elettriche, assicurazione obbligatoria delle auto). In tali situazioni, infatti, il cittadino è libero di
stipulare o non stipulare il contratto, ma questa libertà è astratta, perché si riduce solo alla possibilità di
scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e condizioni unilateralmente e
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autoritativamente prefissati.

2. Le leggi tributarie dello Stato.


Art. 75 co 2 Cost. “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di
indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. Non possono essere abrogate con
referendum popolare le leggi tributarie.

2.1. Lo statuto dei diritti del contribuente


La l. 212/2000 “Statuto dei diritti del contribuente” contiene importanti disposizioni in materia di leggi
tributarie. Si tratta di disposizioni qualificate come principi generali dell’ordinamento tributario, che
possono essere derogate e qualificate solo espressamente. In materia di fonti, in particolare, vi sono 4
importanti enunciati:
 auto-qualificazione dello Statuto come attuativo della Costituzione;
 valore delle norme dello Statuto come princìpi generali dell'ordinamento tributario,
 divieto di deroga o modifica delle norme dello Statuto in modo tacito;
 divieto di deroga o modifica delle norme con leggi speciali.
Lo statuto è una legge tributaria generale. È una legge ordinaria e, quindi, le sue norme non invalidano le
leggi che non le rispettano: si tratta di importanti criteri-guida per l’interprete.

2.2.I decreti-legge e i decreti legislativi. I testi unici


Le nome tributarie possono esser emanate con decreti-legge (art. 77 Cost.), che il Governo emana in casi di
straordinaria necessità ed urgenza e che devono esser convertiti in legge entro 60 giorni, altrimenti
decadono ex tunc.
Il Parlamento può delegare al Governo l'emanazione di decreti legislativi, determinando i princìpi e i criteri
direttivi, per un tempo limitato e per oggetti definiti, quando sia necessaria una particolare competenza
tecnica (Art.77 Cost). Il ricorso frequente in materia tributaria al meccanismo della delega trova la sua
ragione giustificativa nel tecnicismo delle norme tributarie.
Il testo unico riunifica in un unico testo le norme contenute in fonti diverse; di solito ha forma di decreto
legislativo; possono essere meramente compilativi o innovativi.
La legge delega del 1971 per la riforma tributaria aveva attribuito al governo il potere di emanare: decreti
legislativi per l’attuazione della riforma, decreti legislativi con disposizioni integrative e correttive e infine
decreti legislativi recanti testi unici. Sono stati emanati testi unici che regolano le imposte sul reddito,
l'imposta di registro e l'imposta sulle successioni.

3.I regolamenti
Con i regolamenti, il Governo e le autorità amministrative hanno potestà normativa, subordinata però, nella
gerarchia delle fonti, alle leggi. I regolamenti, quindi, non possono essere in contrasto con le norme di
legge e, se sono contrari alla legge. Possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicati
dagli altri giudici.
L. 400/1988 disciplina la potestà regolamentare: i regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei
Ministri, sentito il Consiglio di Stato, ed emanati dal Presidente della Repubblica (Art.1). Tali regolamenti
disciplinano: l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi (regolamenti esecutivi), l’attuazione e
l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio (regolamenti attuativi e
integrativi), le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge (regolamenti
indipendenti), l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche (regolamenti
organizzatori) e l’organizzazione del lavoro e dei rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti. In questi casi, il

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Governo dispone di una potestà regolamentare generale, esercitabile anche senza specifica autorizzazione
legislativa. L’art.17.2 contempla i regolamenti delegati, che il governo può emanare nelle, materie non
coperte da riserva assoluta di legge.
In materia tributaria, essendoci riserva di legge, possono aversi solo:
 regolamenti esecutivi: disciplinano l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; che possono
essere emessi anche in assenza di apposita norma autorizzativa,
 regolamenti delegati (o delegificanti): emessi in materie non coperte da riserva assoluta di legge,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti;
possono essere emessi solo in base ad una norma espressa.
I regolamenti attuativi ed integrativi delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio non
sono ammissibili nel diritto tributario sostanziale, perché le leggi non possono limitarsi ad enunciare
princìpi di massima per le materie coperte da riserva di legge; sono invece ammessi solo per la parte di
disciplina non coperta da riserva di legge.
Non sono ammessi i regolamenti indipendenti, disciplinanti le materie in cui manchi la disciplina da parte di
leggi o atti aventi forza di legge, per la materia coperta da riserva di legge.
I regolamenti ministeriali sono adottati in materie di competenza del singolo Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Se la competenza è di più Ministri si hanno i regolamenti
interministeriali, adottati con decreto Presidente del Consiglio dei Ministri (ad es, il decreto con cui il
ministro fissa la revisione del catasto e ne aggiorna le rendite catastali).

4.Il riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni


Art. 117 co 2 Cost.: lo Stato ha la potestà esclusiva di disciplinare il sistema tributario dello Stato e stabilirne i
princìpi fondamentali.
Art. 117 co 3 Cost.: nelle materie di legislazione concorrente le regioni trovano limiti nei princìpi fondamentali
fissati dalle leggi statali.
Art. 119 Cost.: le regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario, e in materia di tributi regionali e locali.
Art. 119 co 2 Cost.: le regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

4.1.La competenza legislativa in materia di tributi regionali.


Art. 119 co 2 Cost.: le regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
L. 42/2009 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione all'art. 119 Cost.” prevede 3
tipi di tributi regionali:
1. tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; le
regioni possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni, deduzioni nei limiti e
secondo i criteri fissati dalle leggi statali;
2. addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;
3. tributi propri istituiti dalle regioni su presupposti non assoggettati ad imposizione erariale.

4.2.La competenza legislativa in materia di tributi locali.


Gli enti locali stabiliscono ed applicano tributi propri, con norme attuative o integrative delle leggi statali o
regionali: lo Stato fissa i princìpi del coordinamento del sistema tributario e la regione, a sua volta,
coordina il sistema tributario regionale e locale. Lo Stato indica quali oggetti imponibili e quali tipi di tributi
sono riservati allo Stato e quali invece possono essere oggetto di legislazione regionale.
Oggetto del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art.119.2) è la definizione dei
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tributi, o tipi di tributo, che possono far parte del sistema tributario come tributi propri delle regioni o degli
enti sub-regionali.
La normativa di coordinamento, in tema di autonomia tributaria degli enti locali,:
1. individua i tributi dei comuni e delle provincie, definendone presupposti, soggetti passivi, basi
imponibili ed aliquote;
2. disciplina i tributi comunali, attribuendo all'ente locale la facoltà di stabilirli e applicarli a particolari
scopi, come la realizzazione di opere pubbliche;
3. disciplina i tributi provinciali relativi a scopi istituzionali;
4. prevede che le regioni possano istituire nuovi tributi dei comuni, provincie e città
metropolitane;
5. prevede che gli enti locali possano modificare le aliquote dei tributi da loro attribuiti dalla legge e
introdurre agevolazioni.

5. I regolamenti degli enti locali


D.Lgs. 446/1997 (disciplina in via generale della potestà regolamentare delle province e dei comuni in
materia tributaria): gli enti locali non possono disporre in materia di fattispecie imponibile, soggetti passivi
ed aliquota massima. Devono inoltre rispettare i vincoli ex art. 117 e 119 Cost.

6.Le convenzioni internazionali


In materia tributaria, le convenzioni internazionali regolano:
6. la doppia imposizione e la collaborazione tra autorità fiscali di Stati diversi
7. l'evasione e l'elusione fiscale internazionale.
Di regola, le norme delle convenzioni prevalgono sulle norme interne, in quanto norme speciali.
Art. 169 T.u.i.r. nei casi in cui la norma interna sia più favorevole di quella del trattato, prevale la norma
interna.

7. Le fonti dell’Unione Europea


Art. 117.1 Cost.: “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario”. Nelle materie appartenenti alla sfera di competenza dell'UE
valgono le norme dell'Unione, non quelle nazionali.
Art. 288 TFUE i regolamenti dell'Unione sono direttamente applicabili e hanno portata generale. Entrano
immediatamente in vigore in tutti gli Stati, che non devono emanare norme per recepirli nell'ordinamento
interno.
Le direttive vincolano gli Stati membri circa il risultato da raggiungere, lasciandogli discrezionalità circa le
forme e i mezzi. Si rivolgono solo agli Stati membri ed è necessario che questi adottino norme di
recepimento. Se gli Stati non adempiono si verifica l'”effetto diretto”: quando contengono disposizioni precise
ed incondizionate, la cui applicazione non richiede l'emanazione di disposizioni ulteriori, scaduto il termine
per l'adempimento, le disposizioni acquistano efficacia diretta nell'ordinamento dello Stato
inadempiente; i singoli acquistano diritti che i giudici devono tutelare e gli Stati non possono opporsi.
Le decisioni riguardano casi specifici, hanno effetto diretto e sono obbligatori per i destinatari in esse
indicati. In particolare, rilevano le decisioni della Commissione sugli aiuti di Stato.
Le sentenze della Corte di giustizia hanno effetto diretto negli ordinamenti degli Stati membri.

8. Efficacia delle norme tributarie nel tempo


Leggi e regolamenti, dopo esser stati approvati dal Parlamento e promulgati dal Presidente della Repubblica,
e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, entrano in vigore dal 15° giorno successivo alla pubblicazione. Di regola,
la data di entrata in vigore è anche la data a partire dalla quale inizia l'efficacia delle norme.
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Art. 11 disp. prel. cod. civ. la legge non dispone che per l'avvenire: non ha effetto retroattivo. È la regola
generale, derogabile solo con altre norme di legge (non con regolamento).
Le leggi diventano inefficaci con:
1. abrogazione, che può avvenire ex art. 15 disp. prel. cod. civ.
– dichiarazione espressa del legislatore
– incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti
– la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore.
L'efficacia della legge abrogata cessa ex nunc.
Una legge tributaria abrogata continua ad essere applicabile ai fatti avvenuti prima dell'abrogazione, e
continuano ad esser dovuti i tributi sorti in relazione a presupposti d'imposta avvenuti sotto il suo vigore.
2. dichiarazione di incostituzionalità, che fa cessare l'efficacia ex tunc: la legge è da considerare come
mai esistita. I tributi riscossi in base a norme dichiarate incostituzionali devono essere rimborsati.
3. le norme nazionali cessano di essere applicabili quando la materia è regolata da norme comunitarie
direttamente applicabili o con effetto diretto.
4. il referendum abrogativo non è ammesso per abrogare leggi tributarie.

9. Efficacia delle norme tributarie nello spazio


La legge tributaria ha efficacia nei limiti del territorio sottoposto alla sovranità dello Stato e in tale territorio è
unica ed esclusiva.
Le norme emanate da enti diversi dallo Stato esplicano i loro effetti nel territorio su cui ha potestà l'ente.
Alcune imposte prescindono dalla territorialità, tassando anche fatti avvenuti all'estero. Le imposte
personali sui redditi prevedono che:
5. nei confronti dei soggetti fiscalmente residenti, si tassi il complesso dei redditi posseduti,
indipendentemente dal luogo di produzione
6. nei confronti dei non residenti, si tassano solo i redditi prodotti nello Stato.
Per quanto riguarda l'Iva, si ha imponibilità sulle operazione effettuate nello Stato e non imponibilità sulle
operazioni non effettuate nello Stato.
L'imposta di registro si applica agli atti giuridici formati nello Stato, ma anche su atti formati all'estero
con effetti di natura reale o locatizia su beni dello Stato.
La legge tributaria non può avere efficacia oltre i limiti del territorio sottoposto alla sovranità dello Stato ed
in questo territorio è unica ed esclusiva.

Capitolo Terzo:. INTERPRETAZIONE E INTEGRAZIONE

1.Peculiarità delle leggi tributarie


L’interpretazione e a conoscenza delle leggi tributarie presentano difficoltà non lievi, legate alle peculiarità
della legislazione tributaria stessa.
La legislazione tributaria non è sinteticamente raccolta in un codice, testo unitario, né vi è una legge
generale di tutta la materia. Solo lo Statuto dei diritti del contribuente pone dei principi generali, validi per
tutto il diritto tributario. Il diritto tributario è stato definito polisistematico.
Il diritto tributario è caratterizzato da iperlegificazione e instabilità. Il legislatore produce con continuità
norme per motivi di gettito e per adeguare la legislazione alle nuove realtà economiche e ai nuovi istituti
giuridici. Le norme tributarie nascono poi, sovente, per far fronte a situazioni di emergenza e, quindi,
mediante decreti-legge, convertiti con moltissime modifiche ed aggiunte. Un altro elemento di instabilità
delle legislazione tributaria è dato dall’emanazione frequente di “leggi a termine”, di leggi, cioè, con cui
viene stabilito un certo trattamento fiscale per determinati fatti, se posti in essere entro una certa data.
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Altre difficoltà sono originate dalle tecniche espositive: spesso le disposizioni di legge tributarie sono ricche
di rinvii ad altre disposizioni. Ecco perché l’art.2 dello Statuto dei diritti del contribuente dispone che “I
richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando
anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio”. Altre difficoltà interpretative
delle leggi tributarie sono legate alla preferenza del legislatore per le formulazioni casistiche, piuttosto che
per le formulazioni generali. Infine, sovente le leggi tributarie sono di difficile comprensione, perché
richiedono la conoscenza di nozioni e discipline estranee alla formulazione culturale tipiche del giurista.
Un’ultima considerazione che molte norme descrivono e prescrivono dei calcoli e, quindi, non sono
immediatamente comprensibili.

2. L’interpretazione delle leggi tributarie


Non esistono criteri interpretativi peculiari al diritto tributario. Storicamente, vi sono state epoche in cui
erano in auge particolari canoni, a favore o contrari al fisco. Oggi nessuno più sostiene che la legge
tributaria debba essere intesa pro fisco o contra fiscum. La giurisprudenza, peraltro, è consolidata nel
ritenere che le norme che accordano esenzioni e agevolazioni, in quanto norme che apportano una deroga
ad una regola generale, siano norme da interpretare restrittivamente. Le discussioni sull’interpretazione
della legge tributaria hanno comunque sempre riguardato le norme sostanziali dell’imposizione, non le
norme formali o procedurali.

3. L’interpretazione letterale. Lingua corrente e termini tecnici


Per procedere all’interpretazione, l’interprete si avvale di 4 strumenti: l’elemento letterale, l’elemento
logico-sistematico; l’elemento storico; l’elemento teleologico.
L’interprete opera con discrezionalità: può servirsi liberamente di tutti gli strumenti. L’art. 12, comma 1,
delle disposizioni preliminari al codice civile, afferma che “nell’applicare la legge non si può ad essa
attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse, e dall’intenzione del legislatore”.
Il primo elemento su cui si basa il lavoro interpretativo è il dato letterale, che pone problemi di vario tipo.
Anzitutto il linguaggio delle leggi tributarie è intriso di tecnicismi, per cui risulta spesso ostico per i giuristi.
Quando un termine, oltre che essere d’uso comune, ha un significato tecnico, si ritiene generalmente che il
legislatore lo usi nel suo significato tecnico. Il significato che l’interprete deve attribuire al termine tecnico
può rinviare da una definizione data dallo stesso legislatore. Talvolta, infatti, lo stesso legislatore, all’inizio
di un testo legislativo, si preoccupa di fornire all’interprete la definizione delle espressioni usate.
Di uno stesso termine possono poi esservi più definizioni: ad esempio, la nozione civilistica di residenza non
coincide con quella di residenza fiscale. Si ritiene comunemente che, quando la norma tributarie descriva la
propria fattispecie usando termini propri di altri settori dell’ordinamento, quel termine o istituto è assunto,
salvo casi particolari, nel diritto tributario con lo stesso significato che gli è attribuito nel settore di
provenienza.

3.1. Le convenzioni internazionali, i testi multilingue e le traduzioni


Le convenzioni internazionali devono essere interpretate secondo gli artt. 31, 32 e 33 della Convenzione di
Vienna sul diritto dei trattati. L’art. 31 prevede che i trattati devono essere interpretati secondo buona
fede, alla luce del contesto, dell’oggetto e dello scopo. L’art. 32 richiama i lavori preparatori e le circostanze
della conclusione del trattato. L’art. 33 si occupa dei trattatati redatti in più lingue e stabilisce che fa fede
ciascuno dei testi autentici; che i termini hanno lo stesso significato nei diversi testi e che, se appare una
differenza di significato, occorre adottare il significato che concilia meglio i diversi testi.
Vi sono, inoltre, norme particolari sull’interpretazione delle convenzioni in materia tributaria. Nel modello
Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni (e quindi nelle convenzioni conformi a
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tale modello), l’art. 3 prevede che i termini della convenzione, la cui nozione non è definita dalla
convenzione stessa, o non è ricavabile dal contesto della convenzione, devono essere intesi secondo la
legge interna dello Stato alle cui imposte la convenzione dev’essere applicata.
Se in un testo normativo comunitario redatto in più lingue vi sono termini con significati non conicidenti,
l’interprete deve tenere conto delle diverse versioni e interpretarle in maniera uniforme.

4. L’interpretazione adeguatrice
Nell’interpretare un testo normativo, si deve privilegiare l’interpretazione conforme al testo
gerarchicamente sovraordinato (c.d. interpretazione adeguatrice). Oltre che la conformità alle norme
costituzionali, è da privilegiare la conformità alle norme dell’Unione europea e alle convenzioni
internazionali (c.d. principio della doppia conformità).

5. Gerarchia tra i mezzi ermeneutici. Preminenza del dato letterale


Dove la lettera della legge è vaga, l’interprete deve servirsi di altri strumenti interpretativi. In diritto
tributario, la giurisprudenza sembra seguire un procedimento per gradi; viene dato anzitutto rilievo al
criterio letterale; solo quando la lettera della legge non è chiara, viene fatto ricorso ad altri criteri. Non
mancano casi, però, in cui vengono seguite altre scale di valori: si ammette la liceità di interpretazioni che
fanno prevalere la ratio della legge sul significato letterale, ad esempio.

6. Le leggi interpretative. Limiti costituzionali delle leggi interpretative


Anche il legislatore si fa interprete, quando, data una disposizione di dubbio significato, ne impone una
determinata interpretazione. Le leggi interpretative riguardano di solito una disposizione di incerto
significato; dato tale presupposto, il legislatore, dettando una norma interpretativa, impone una
determinata interpretazione tra quelle possibili. Le leggi di interpretazione autentica possono essere
adottate dal legislatore anche per rimediare ad interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea del
diritto perseguita. Vi sono, insomma, norme solo apparentemente interpretative.
Le leggi interpretative non sostituiscono la disposizione interpretata: si hanno così due disposizioni
coesistenti, quella interpretata e quella interpretativa. Non si ha invece una legge interpretativa quando
una norma viene sostituita da un’altra norma, formulata in modo di eliminare le ambiguità di significato
presenti in quella abrogata.
Le disposizioni interpretative sono, per loro natura, retroattive. Il loro scopo è di stabilire il significato di
una precedente disposizione, e sarebbe illogico che la disposizione interpretata assumesse un dato
significato solo a partire dall’entrata in vigore della legge interpretativa. Perciò è importante distinguere tra
disposizioni interpretative (retroattive) e disposizioni innovative (non retroattive). Tutte le volte che la
disposizione preesistente è sostituita da una nuova disposizione non siamo in presenza di una disposizione
interpretativa, perché la disposizione interpretativa si giustappone a quella interpretata.
Accade però, nella pratica, che nuove disposizioni, che sostituiscono disposizioni previgenti, ma con
formulazione più chiara, vengano considerate interpretative: in tali casi non si è in presenza di disposizioni
propriamente interpretative, ma di nuove diposizioni che talora possono essere assunte come argomento
di interpretazione della disposizione sostituita.
Dato il carattere retroattivo delle leggi interpretative, il legislatore, nello Statuto dei diritti del contribuente,
ha disposto che “l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi
eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”
(art.1.2).
Una disposizione, che si auto qualifica come interpretativa, ma detta una interpretazione non riconducibile
ad una delle alternative potenzialmente desumibili dal testo della disposizione interpretata, non è proprio
interpretativa, ma innovativa. Lo scopo della nuova norma non è tanto quello di rendere chiaro un testo
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oscuro, ma di modificare retroattivamente una data disciplina, dissimulando il suo carattere innovativo. La
forma interpretativa della legge è solo un mezzo per dissimulare la retroattività dell’innovazione. Ma nulla
quaestio: se una legge si autodefinisce interpretativa ma in realtà è una legge che modifica la norma che
dice di interpretare, è comunque un uso improprio della legge di interpretazione, più volte censurato dalla
Corte Costituzionale.
Vi sono però limiti costituzionali che le leggi interpretative devono rispettare. L’irretroattività della legge
costituisce un valore del nostro ordinamento, per cui il legislatore deve astenersi dall’emanare norma che si
pongono in contrasto con interessi costituzionalmente protetti.
L’art. 53 Cost, ad esempio, è un limite alla retroattività delle leggi tributarie in quanto richiede che la
capacità contributiva sia attuale. Valgono dunque per le leggi tributarie , gli stessi limiti alla retroattività che
la Corte ha affermato per le ordinarie leggi impositive.

6.1. Le circolari interpretative (e l’affidamento del contribuente)


Di solito, all’emanazione di una nuova legge, l’amministrazione finanziaria fa seguire una circolare, con la
quale ne illustra agli uffici periferici il significato. La pronuncia dell’amministrazione finanziaria viene
sovente sollecitata da quesiti posti dagli uffici periferici o dai cittadini, in relazione a casi specifici; la
risposta a tali quesiti costituisce un’altra occasione per l’interpretazione della legge.
Le circolari sono atti interni all’amministrazione. Non sono fonti di diritto, e quindi, non sono vincolanti
nell’ordinamento giuridico generale, ma solo all’interno dell’ordinamento amministrativo. Essendo atti
interni, non ha rilievo neppure la loro violazione da parte dell’amministrazione finanziaria. Le circolari
ministeriali sono però fonte di legittimo affidamento del contribuente in ordine al comportamento da
tenere nell’applicazione delle leggi tributarie.

7.Le norme di rinvio


Vi sono dei casi nei quali la disciplina di un particolare settore del diritto tributario è integrata per effetto di
una norma di rinvio. Un esempio notevole è quello del diritto processuale tributario, che è disciplinato dal
D.lgs. 546/1992, il cui art. 1 richiama, per quanto non disposto, le norme del codice di procedura civile
compatibili con le norme del processo tributario.

7.1. L’integrazione analogica


L’art. 12, comma 2, delle Preleggi, prevede 2 forme di analogia: l’applicazione di norme dettate per casi
simili o materie analoghe (analogia legis) e il ricorso ai principi generali dell’ordinamento (analogia juris).
L‘analogia non è ammessa, come prevede l’art. 13 delle disposizioni preliminari al codice civile, per le leggi
penali e per quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi.
All’analogia si ricorre per porre rimedio ad una lacuna. Deve trattarsi, però, di una lacuna tecnica. Dove non
sono prospettabili lacune in senso tecnico, non sono necessarie, né possibili, integrazioni mediante
l’analogia. L’analogia è certamente da escludere per le norme tributarie sanzionatorie.
Non è poi ammissibile l’integrazione analogica delle fattispecie imponibili, perché le fattispecie imponibili
sono solo quelle indicate espressamente dal legislatore. Le norme tributarie impositrici non possono essere
integrate analogicamente perché non possono presentare lacune in senso tecnico. Il divieto di analogia
delle norme impositrici combacia con il divieto di analogia delle corrispondenti norme sanzionatorie. Se cosi
non fosse, ed estendessimo analogicamente un’imposta a casi non previsti espressamente dalla legge
tributaria, dovremmo poi considerare non punibile l’evasione, non potendo parallelamente estendere la
norma punitiva.
Ciò che è detto per le norme impositrici vale anche per le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni.
È dunque vietata l’analogia per le norme che indicano che cosa è tassabile e chi è debitore d’imposta; non è
invece da escludere, a priori e in generale, l’integrazione analogica quando si riscontra una lacuna in altre
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discipline tributarie (ad es, norma sui procedimenti). Può trattarsi di analogia mediante ricorso ad altre
norme tributarie, o a norme di altri settori dell’ordinamento. Possono darsi, infatti, nel diritto tributario, le
lacune cc.dd. tecniche. Vi sono ad esempio lacune nella disciplina dell’obbligazione tributaria, che vengono
pacificamente integrate mediante ricorso al codice civile.
Anche in diritto tributario si applicano i principi generali dell’ordinamento. Vi sono, ad esempio, principi
desumibili dal codice civile, ma applicabili anche in campo tributario, come il diritto alla ripetizione
dell’indebito.
Il principio di buona fede è previsto espressamente dallo Statuto dei diritti del contribuente. E proprio l’art.
1 dello Statuto stabilisce che le disposizioni in esso contenute costituiscono principi generali
dell’ordinamento tributario. Sono poi da ricordare i principi generali enunciati nel diritto tributario per una
imposta o per alcune imposte, e non per altre: ad esempio, il divieto di doppia imposizione, enunciato solo
in materia di imposte sui redditi, ma applicabile a qualsiasi tributo.

Capitolo Quarto I PRINCIPI

1.Doveri di solidarietà e fini extrafiscali dei tributi


Le leggi che istituiscono e regolano i tributi devono rispettare il principio di capacità contributiva, sancito
dall’art. 53 Cost. (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”), ed ogni altro pertinente precetto costituzionale: ad esempio, la tassazione dei salari non
deve ledere le regole fissate dall’art. 36 Cost..
Il dovere di concorrere alle spese pubbliche, previsto dall’art. 53 Cost., è uno dei doveri inderogabili di
solidarietà sanciti dall’art. 2 della Costituzione. L’art. 53 specifica che a tale dovere sono tenuti tutti, in
ragione della propria capacità contributiva. Lo scopo dei tributi non è meramente fiscale (e cioè di
procurare entrate allo Stato) ma anche extrafiscale. Il tributo è infatti mezzo di attuazione del principio di
solidarietà ed è strumento per l’adempimento dei fini sociali, che la Costituzione assegna alla Repubblica.

2. Il principio di capacità contributiva


L’art. 53 Cost. dispone che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”. Questa disposizione ha un duplice valore normativo. Da un alto essa, correlata ai doveri
inderogabili di solidarietà (art.2 Cost), specifica il dovere di contribuire alle spese pubbliche; dall’altro, in
quanto norma che pone il principio di capacità contributiva, limita sia il dovere di contribuire, sia il potere
legislativo in materia fiscale.
L’Art.53 Cost è una norma di garanzia per i soggetti passivi dei doveri tributari, perché disponendo che è
costituzionalmente legittimo imporre tributi solo in ragione di un fatto che sia indicativo di capacità
contributiva, vincola il legislatore nella scelta dei presupposti dei tributi. Il presupposto del tributo non può
essere un fatto qualunque, ma deve essere un fatto che esprime dunque capacità contributiva.
Ma che cosa è la capacità contributiva? Su di un punto, il consenso della giurisprudenza è unanime: e cioè
nell’attribuire alla capacità contributiva il significato di capacità economica, e quindi, nel dire che fatto
espressivo di capacità contributiva è un fatto di natura economica.

2.1. Nozione soggettiva e nozione oggettiva di capacità contributiva.


Per dare concretezza al concetto di capacità contributiva, occorre anche indicare, in positivo, quali fatti
economici esprimono capacità contributiva. In proposito, vi sono orientamenti divergenti.
Vi è un orientamento rigoroso e garantista, che adotta una nozione soggettiva di capacità contributiva.
Secondo tale orientamento, la capacità contributiva indica la effettiva idoneità soggettiva del contribuente
a far fronte al dovere tributario, manifestata da indici concretamente rivelatori di ricchezza. In questo senso
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si esprimeva, fino agli anni ’80, la Corte costituzionale.
Nella giurisprudenza costituzionale si può riscontrare una evoluzione dal concetto di capacità contributiva
più rigoroso a quello meno rigoroso, ossia da quello soggettivo a quello oggettivo. Secondo questo diverso
orientamento, la capacità contributiva viene ravvisata in qualsiasi fatto economico, anche non espressivo
dell’idoneità soggettiva del contribuente obbligato; la scelta dei presupposti d’imposta rientra nella
discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà.
In base alla definizione di natura oggettiva, trova giustificazione anche un’imposta sule imprese (come
l’Irap), che assume come presupposto il valore lordo della produzione, a prescindere dal reddito, e colpisce,
quindi, anche imprese che chiudono l’esercizio in perdita. Né si chiede che il presupposto del tributo sia
posto in essere dal soggetto obbligato; ad esempio, è parsa legittima la norma che pone l’imposta sulle
successioni a carico di tutti gli eredi, per cui ogni singolo erede è obbligato anche per la quota che spetta
agli altri.

2.2. Indici diretti e indiretti di capacità contributiva.


Vi sono indici diretti e indici indiretti di capacità contributiva. Fatto direttamente espressivo di capacità
contributiva è, per eccellenza, il reddito. Insieme con il reddito, sono considerati indici diretti di capacità
contributiva il patrimonio e gli incrementi di valore del patrimonio. Sono, invece, indici indiretti di capacità
contributiva il consumo e gli affari. Se, in generale, il consumo di beni o servizi è indice di capacità
contributiva perché implica disponibilità economica, ciò non vale per ogni consumo: altro è la spesa
voluttuaria, altro la spesa di beni di prima necessità. Altro indice indiretto è il trasferimento di un bene,
colpito da tributi come l’imposta di registro, la cui giustificazione costituzionale discende dall’assunto che
ogni trasferimento implichi un lucro per almeno uno dei contraenti.

2.3. La capacità contributiva come limite quantitativo.


Dal punto di vista quantitativo, il sacrificio patrimoniale che viene imposto ai contribuenti deve essere
rapportato alla idoneità che il singolo mostra di potersi privare di una parte dei propri beni per metterli a
disposizione della collettività, dopo aver soddisfatto i suoi bisogni essenziali. Nell’art. 53 è dunque insito un
limite massimo della misura del tributo.

3. Il requisito di effettività. Forfetizzazioni e principio nominalistico.


Nella giurisprudenza della Corte costituzionale è dato risalto all’esigenza che il collegamento tra fatto
rivelatore di capacità contributiva e tributo sia effettivo, e non apparente o fittizio. Talora, però, il
legislatore tributario si avvale di norme che forfettizzano la quantificazione di un qualche elemento
dell’imponibile o dell’imposta: si pensi al reddito catastale. Il requisito di effettività dovrebbe comportare
l’esclusione delle basi imponibili dei componenti meramente nominali. La Corte costituzionale ha ritenuto
che rientra nella discrezionalità del legislatore tenere conto o non tenere conto degli effetti della
svalutazione monetaria, e che solo in casi di particolare gravità il legislatore deve depurare la base
imponibile dagli effetti conseguenti ai processi di svalutazione monetaria, per correggere o eliminare
conseguenza inique o eccessivamente onerose.

3.1. Il requisito di attualità. Limiti di ammissibilità dei tributi retroattivi.


Oltre che effettiva, la capacità contributiva deve essere attuale. Si ammette però che il legislatore possa
emanare norme retroattive, se non ledono interessi costituzionalmente protetti. Secondo la giurisprudenza
costituzionale, i tributi retroattivi sono costituzionalmente legittimi se colpiscono fatti del passato che, in
base ad una verifica da compiersi volta per volta, esprimono una capacità contributiva ancora attuale. Oltre
che la distanza temporale, ha rilievo la prevedibilità del tributo retroattivo. L’affidamento riposto dal
cittadino nel principio di irretroattività e nella certezza del diritto non deve essere leso dal sopravvenire di
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tributi retroattivi non prevedibili.

4. Obblighi dei terzi e norme formali.


L’art. 53, in quanto esige che ciascuno sia tenuto a contribuire in ragione della propria capacità
contributiva, esige che il tributo sia posto a carico del soggetto che realizza il presupposto. Vi sarebbe
violazione dell’art.53 Cost se il tributo ricadesse su di un soggetto diverso.
Vi sono però anche norme che pongono obblighi a carico di soggetti diversi da colui cui è imputabile il
presupposto. Il sostituto e il responsabile d’imposta non realizzano il fatto economico espressivo di capacità
contributiva: sono tuttavia obbligati al pagamento dell’imposta, ma il principio di capacità contributiva non
è violato perché essi non sono incisi in via definitiva dal tributo, potendo riversare, mediante ritenuta o
rivalsa, l’onere economico del tributo su colui che realizza il presupposto.

5. Capacità contributiva e tributi “commutativi”


Secondo la lettera dell’Art.53 Cost, deve essere giustificato dalla capacità contributiva ogni concorso alle
spese pubbliche, senza distinzioni né rispetto ai modi del concorso, ne rispetto alle spese pubbliche. Vi sono
però interpretazioni restrittive della disposizione costituzionale.
Secondo la giurisprudenza costituzionale, l’art. 53 ha riguardo soltanto a prestazioni il cui costo non si può
determinare divisibilmente; esso non concerne, quindi, le tasse, destinate a finanziare spese pubbliche il cui
costo è misurabile per ogni singolo atto. Inoltre non è criterio di riparto di tutte le spese pubbliche, ma
soltanto di quelle indivisibili; opera rispetto alle imposte, non opera rispetto ai tributi cc.dd. commutativi.
Questo orientamento restrittivo contrasta, però, sia con la lettera dell’art. 53, sia con una visione d’insieme
del testo costituzionale. Le entrate collegate a servizi divisibili possono essere addossate a chi ne fruisce,
solo se il fruirne è segno di capacità contributiva. Vi sono servizi pubblici che, pur essendo divisibili,
soddisfano bisogni essenziali (si pensi al servizio sanitario, all’istruzione, ecc.), costituzionalmente tutelati.
Anche il finanziamento di tali servizi è finanziamento di una spesa pubblica, da realizzare con un concorso
legato alla capacità contributiva. Il legislatore, quindi, non può addossare il costo a che ne fruisce, senza
tenere conto della sua capacità contributiva.
La garanzia costituzionale può venire meno solo per i servizi pubblici non essenziali; per tali servizi, sono
ammissibili modalità di finanziamento che prescindono dalla capacità contributiva di chi li usa, ma si basano
sul principio del beneficio. Spesa pubblica, nell’art. 53, è dunque sia quella relativa a servizi indivisibili, sia
quella relativa a servizi essenziali, anche se divisibile. Il concetto di spesa pubblica può essere limitato, ma
solo escludendo i servizi pubblici non essenziali, la cui spesa sia divisibile.

6. Capacità contributiva, uguaglianza e ragionevolezza


Il principio di capacità contributiva, combinato con il principio di uguaglianza, implica che a situazioni uguali
devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento
tributario diseguale; in materia tributaria ciò significa tassazione uguale di situazioni uguali sotto il profilo
della capacità contributiva, trattamenti disuguali dove la capacità contributiva è diversa.
Spetta al legislatore, nella sua discrezionalità, stabilire se due situazioni sono uguali o diverse, ma la Corte
può sindacare le scelte discrezionali del legislatore se queste sono irragionevoli.
Devono comunque essere fatti salvi i limiti indicati nello stesso art. 3, comma 1: cioè non possono esservi
discipline discriminatorie per ragioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni
personali e sociali.
Il principio di uguaglianza, imponendo al legislatore di trattare in modo uguale le situazioni che esso stesso
mostra di considerare uguali, esige che la legge non detti discipline contradditorie; esige, cioè, coerenza
interna alla legge tributaria.

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6.1. Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscali
Il rispetto del principio di uguaglianza concerne sia le norme impositive, sia le norme di favore. Dato un
tributo, che colpisce in generale una categoria di soggetti o fatti economici, quali sono le ragioni che
legittimano il legislatore a introdurre trattamenti di favore senza violare il principio di eguaglianza??
Il legislatore può però riconoscere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente riconosciuti, e
cioè se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale.

7. Il principio di progressività
L’art. 53.2, della Costituzione, recita che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il principio di progressività (=rapporto diretto tra imposizioni e reddito individuale di ogni contribuente) non
riguarda i singoli tributi ma il sistema nel suo complesso; singoli tributi possono essere ispirati anche a
principi diversi.

8. Tutela dell’interesse fiscale e diritti inviolabili


L’interesse fiscale è il valore costituzionale che legittima le norme che tutelano il fisco. Secondo la Corte
costituzionale, la materia tributaria, per la sua particolarità e per il rilievo che ha nella Costituzione
l’interesse dello Stato alla percezione dei tributi, giustifica discipline differenziate.
La tutela costituzionale dell’interesse fiscale non deve però mai ledere i diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost.

Capitolo Quinto. NORME IMPOSITIVE E NORME DI FAVORE

1.L’obbligazione tributaria
Lo Stato (o altro ente impositore) è titolare di poteri autoritativi ed è titolare di un diritto di credito;
correlativamente c’è da distinguere tra i vari obblighi e poteri formali che danno vita alle attività o
procedure dirette e l’obbligazione tributaria, e gli effetti sostanziali connessi.
L’obbligazione tributaria non si differenzia dalle obbligazioni del diritto privato, disciplinate dal codice civile.
Dell’obbligazione tributaria, però, vi è una disciplina propria nel diritto tributario: solo quando la disciplina
tributaria presenta delle lacune, l’interprete può colmarla ricorrendo alle norme del codice civile, ma solo
se ricorrono i presupposti dell’analogia. L’analogia è possibile quando: a) la disciplina tributaria presenti
delle lacune in senso tecnico; b) le norme del codice sono suscettibili di essere estese oltre l’ambito del
diritto privato; c)la norme del codice sono compatibili con le peculiarità del diritto tributario.
L’obbligazione tributaria è poi un obbligazione legale. La disciplina dell’obbligazione è tutta stabilita dalla
legge; nulla di tale disciplina può essere determinato dalla volontà delle parti. La stessa amministrazione
finanziaria, pur dotata di poteri autoritativi, non dispone di discrezionalità: i suoi poteri sono vincolati.
Altro è invece se tale definizione viene intesa nel senso che l’obbligazione ha la sua origine esclusivamente
nella legge, e che, al meccanismo della sua nascita, sono estranei gli atti del contribuente o
dell’amministrazione finanziaria. Sotto questo profilo, la definizione dell’obbligazione tributaria come
obbligazione di fonte legale non è accolta dalla teoria costitutiva.

2. Il presupposto
La fattispecie che dà vita, in modo diretto o medito, all’imposta, è variamente denominata: presupposto,
fatto imponibile ecc. Preferire l’uno o l’altro termine è questione puramente lissicale.
Il presupposto è quell’evento che determina- direttamente o indirettamente- il sorgere dell’obbligazione
ributaria. Il presupposto è connotato dal legislatore (esplicitamente o implicitamente) sotto diversi profili:
oggettivo, soggettivo, spaziale e temporale.
Presupposto e oggetto dell’imposta sono nozioni usate talora come coincidenti (ad esempio, nell’imposta di
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registro). Le due espressioni sono però usate anche con significati distinti, in quanto il termine
“presupposto” è preferito nei discorsi giuridici, mentre “oggetto” è un termine usato con significato
economico.

2.1. Imposte dirette e indirette; reali e personali


Le classificazioni più correnti dell’imposta hanno come riferimento il presupposto. Assai nota ed usata è la
distinzione tra imposte dirette e indirette; le prime sono quelle che colpiscono il reddito o il patrimonio, le
seconde sono tutte le altre (imposte sui consumi, sui trasferimenti, ecc.). La distinzione tra imposte dirette
e indirette ha valore non meramente classificatorio, ma operativo, perché vi sono disposizioni normative
che la adottano.
La denominazione trae origine dal fatto che le imposte dirette colpiscono una manifestazione diretta di
capacità contributiva, le altre una manifestazione indiretta.
Le imposte sul reddito sono ulteriormente distinte in personali e reali, a seconda che, nella loro disciplina,
abbia o no rilievo qualche elemento che attiene alla persona (ad esempio, la situazione familiare) del
soggetto passivo.

2.2. Imposte istantanee e periodiche


Il presupposto può essere un fatto istantaneo o un fatto continuativo; di qui, la distinzione tra imposte
istantanee e periodiche. Sono istantanee, ad esempio, le imposte che prendono in considerazione il
patrimonio in un dato istante (ad es., imposta sulle successioni che colpisce l’asse ereditario).
Sono imposte periodiche le imposte sul reddito e l’imposta sul valore aggiunto, che hanno come
presupposto un insieme di fatti che si collocano in un dato arco temporale (periodo d’imposta). Ad ogni
periodo d’imposta corrispondono distinti rapporti d’imposta e, quindi, distinti procedimenti attuativi.
Ciascuna imposta periodica è determinata da fatti che si sono verificati nel (o che devono essere imputati
al) singolo periodo d’imposta, ma ciò non significa netta cesura tra i fatti di ciascun periodo: ad esempio, in
materia di redditi d’impresa, lo Statuto dei diritti del contribuente prevede che le modifiche delle imposte
periodiche si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata
in vigore delle disposizioni che le prevedono.
Lo Statuto dei diritti del contribuente, all’art.3, prevede che le modifiche delle imposte periodiche si
applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono.

3. Fattispecie equiparate (o assimilate) e supplementari


Vi sono norme che allargano l’ordinario campo di applicazione di un’imposta, aggiungendo altre fattispecie
imponibili a quelle tipiche. Ciò avviene talvolta perché il legislatore vuole che certi fatti economici non
sfuggano alla tassazione; essi sono perciò equiparati al presupposto tipico di un’imposta, pur se presentano
tratti di eterogeneità. In altri casi, l’ampliamento della sfera di applicazione del tributo risponde a fini
antielusivi. Per distinguere terminologicamente le due ipotesi, si parla nel primo caso, di fattispecie
equiparate (o assimilate), e, nel secondo, di fattispecie surrogatorie (o supplementari).
Ad esempio, fattispecie tipica dell’imposta di registro è un negozio o atto redatto per iscritto. In via
generale, quindi, non si ha registrazione, e non si ha imposizione, per gli atti non redatti per iscritto.
Tuttavia, in deroga a tale norma, è stabilito che determinati contratti verbali sono soggetti ad imposta
mediante registrazione della denuncia del contratto.
Da ricordare è che l’assimilazione è una tecnica adottata talora dal legislatore anche per ampliare l’ambito
di applicazione di una determinata norma.
Le fattispecie supplementari sono aggiunte a quelle tipiche al fine di impedire ai contribuenti di utilizzare lo
strumento previsto dalla fattispecie supplementare per fini di elusione.
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Possiamo esemplificare indicando due norme dell’imposta di registro. Il mandato irrevocabile con dispensa
dall’obbligo di rendiconto non è soggetto all’imposta normalmente prevista per il mandato, ma alla
maggiore imposta stabilita per l’atto per il quale è stato conferito (ad esempio, vendita immobiliare). Si
vuole con tale norma impedire che venga usato un mandato a vendere per dissimulare una vendita al
mandatario (e pagare così l’imposta sul mandato, che è inferiore a quella sulla vendita). Sempre agli effetti
dell’imposta di registro, le vendita con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione sospensiva
meramente potestativa sono trattati come gli atti non soggetti ad alcuna condizione.

4. Calcolo dell’imposta. Base imponibile e aliquota


La quantificazione del debito d’imposta dipende, innanzitutto, dalla base imponibile, che è concetto diverso
da quello di presupposto.
Presupposto è ciò che provoca l’applicabilità di un tributo (l’an debeatur); base imponibile ciò che
determina la misura (il quantum).
Può aversi identificazione o sovrapposizione di concetti: il reddito, ad esempio, è al tempo stesso
presupposto e base imponibile.
La base imponibile è costituita, nella maggior parte delle imposte, da una grandezza monetaria. Se gli
elementi della base imponibile non sono entità monetarie, ma beni o servizi, sarà necessario quantificarne
il valore in moneta.
Le norme sulla base imponibile sono sovente particolarmente complesse. Il legislatore non si limita a
stabilire quale sia la base imponibile di un tributo, ma detta anche le norme che fissano la composizione
della base imponibile ed i criteri di valutazione. Si considerino, ad esempio, le norme sul reddito d’imposta.
L’imposta può essere stabilita in misura fissa o variabile. Si pensi, ad esempio, all’imposta (o tassa) fissa di
registro, dovuta in una certa misura per ogni atto di cui si chiede la registrazione.
La misura variabile dipende dall’aliquota (cioè da una percentuale dell’imponibile), che può essere fissa o
progressiva. Nel caso dell’aliquota proporzionale, l’aliquota è fissa. Vi sono diverse modalità tecniche con
cui un’imposta può essere resa progressiva: vi è una progressività per classi, una progressività per scaglioni,
una progressività continua ed una progressività per detrazione. Le imposte sono regressive quando
l’aliquota diminuisce con l’aumentare della base imponibile, mentre, nelle imposte graduali, la base
imponibile è divisa in più gradi, a ciascuno dei quali corrisponde una determinata aliquota. La misura
dell’imposta, inoltre, può dipendere da situazioni personali o familiari del debitore; ad esempio, le aliquote
dell’imposta sulle successioni (e donazioni) variano a seconda del rapporto di parentela tra de cuius ed
erede (e tra donante e donatario).

5. Sovrimposte e addizionali
Vi è sovrapposizione di fattispecie quando la fattispecie imponibile di un tributo (imposta madre), viene
usata come fattispecie di un’altra imposta, detta imposta figlia. L’imposta figlia è denominata sovrimposta o
addizionale.
È denominata addizionale (o imposta addizionale) anche il tributo la cui misura è ragguagliata ad una
frazione o multiplo di quanto dovuto per l’imposta di base. Il legislatore disciplina di volta in volta
l’accertamento e la riscossione della sovrimposta e dell’addizionale, potendo prevedere un regime
autonomo o dipendente dall’applicazione dell’imposta-base.

6. Le norme di favore. Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni


Le norme fiscali non sono solo norme impositive. Vi sono anche norme fiscali di favore. Può essere definita
agevolazione, o aiuto fiscale, ogni tipo di norma che, in deroga a quanto previsto in via ordinaria, riduce il
peso dell’imposta. Gli strumenti di cui il legislatore può servirsi sono molteplici: esenzioni, deduzioni dalla
base imponibile, riduzioni di aliquote.
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Le esenzioni sono enunciati normativi che sottraggono all’applicazione del tributo fattispecie che invece
sono imponibili in base alla definizione generale del presupposto. Le esenzioni possono essere temporanee
o permanenti. Vi sono esenzioni di carattere soggettivo, di carattere oggettivo ed esenzioni che richiedono
sia un requisito soggettivo, sia un requisito oggettivo. La distinzione tra esenzioni soggettive ed esenzione
oggettive ha rilievo pratico perché le esenzione oggettive non vengono meno se muta la proprietà del
cespite. Invece, una esenzione soggettiva non opera più quando muta la proprietà del cespite.
Vi sono casi nei quali l’esenzione designa fattispecie da cui non scaturisce alcun effetto giuridico; in tali casi
la conseguenza dell’esenzione è la non applicazione di un’imposta. Talvolta il legislatore esenta una
fattispecie da una imposta perché prevede l’applicazione di un’altra imposta. Le esenzioni, dunque,
possono comportare tanto l’esonero da qualsiasi imposta, quanto l’applicazione di un’altra imposta; e solo
se l’applicazione dell’altra imposta comporta un minore onere economico per il contribuente, si può
affermare che un simile trattamento ha natura agevolativa. Vi sono poi dei casi nei quali l’esenzione
comporta l’esonero dall’obbligazione d’imposta, ma non da altri adempimenti; ad esempio, le esenzioni
dall’Iva esonerano il soggetto passivo dal pagamento dell’imposta, ma le operazioni esenti devono essere
fatturate e contabilizzate.
Per individuare le fattispecie esenti, si possono seguire 2 criteri, uno di tipo logico, uno di tipo
nominalistico. In base a quello logico, sono esenzioni tutti i casi che sono in rapporto di deroga rispetto alla
norma che definisce il presupposto. Oltre a tale criterio, non possono non essere considerate esenzioni
quelle che il legislatore qualifica e disciplina espressamente come tali, quale che sia il rapporto logico tra
caso esentato e disciplina generale.
Diverso può essere il modo di operare delle esenzioni: vi sono infatti, esenzioni operanti ex lege, ed
esenzioni operanti solo a seguito di istanza di parte, o di apposito provvedimento esonerativo.
Le esenzioni si differenziano dalle esclusioni perché le prime costituiscono una deroga alla disciplina
generale del tributo, mentre le esclusioni risultano da enunciati con cui il legislatore chiarisce i limiti di
applicabilità del tributo, senza derogare a quanto risulta dagli enunciati generali. L’esclusione è, dunque,
una disposizione a cui, per definizione, non corrisponde una norma. La distinzione indicata tra esenzioni ed
esclusioni, tuttavia, non sempre corrisponde al linguaggio legislativo.

7. Fattispecie sostitutive (e regime fiscali sostitutivi)


Il legislatore può stabilire, con una norma derogatoria, che talune categorie di fatti sono sottratte
all’applicazione d’una imposta, ad essa applicabile, e siano assoggettate ad altro, speciale regime. Si ha, in
tal caso, una fattispecie sostitutiva, o regime fiscale sostitutivo. Ciò può avvenire sia per scopi di
agevolazione, sia per motivi di tecnica impositiva (ossia di semplificazione del meccanismo impositivo).
Pongono in essere dei regimi sostitutivi, ad esempio, le norme che sottopongono determinati redditi a
ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Rispetto al regime normale, in tali ipotesi si hanno le seguenti
differenze:
-Soggetto passivo del tributo sostitutivo non è colui che percepisce il reddito ma il sostituto;
-Il reddito è tassato in via autonoma, con aliquota fissa; non è quindi componente del reddito complessivo
del percettore, ed è sottratto alla progressività;
-La tassazione alla fonte in via definitiva sostituisce ogni imposta diretta.

8. Crediti d’imposta in senso tecnico


L’espressione “credito d’imposta” è ambivalente, perché indica tanto il credito del fisco verso il
contribuente, quanto l’opposto, ossia il credito del contribuente verso il fisco. Con l’espressione “credito
d’imposta in senso tecnico” non ci riferiamo in modo generico a qualsiasi credito del contribuente verso il
fisco, ma solo ad alcuni particolari crediti.
Vi sono crediti d’imposta accordati per motivi di tecnica tributaria, ossia per porre rimedio a fenomeni di
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doppia imposizione. È il caso del credito d’imposta attribuito a coloro che percepiscono redditi di fonte
estera. Vi sono, poi, i crediti d’imposta accordati per fini extrafiscali, ossia per ragioni agevolative. Ad
esempio, sono stati concessi crediti d’imposta a coloro che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate.
Nell’ambito dei crediti d’imposta, dobbiamo distinguere quelli rimborsabili da quelli non rimborsabili. I
crediti non rimborsabili sono utilizzati dal contribuente solo a compensazione del debito d’imposta, e, se vi
è un eccedenza, il contribuente non ha diritto al rimborso. In sostanza tali crediti equivalgono a delle
detrazioni. Ad esempio, il credito d’imposta per rediti prodotti all’estero equivale ad una detrazione, perché
-se l’imposta pagata all’estero è più elevata di quella dovuta in Italia- il credito è attribuito in misura
limitata, ossia in misura non superiore all’imposta dovuta in Italia sul reddito prodotto all’estero. In genere
non sono rimborsabili, ma equivalgono a delle detrazioni, i crediti d’imposta previsti per motivi agevolativi.
Altra forma di norma di favore è quella che esclude da imposta i redditi reinvestiti. Ad esempio, vi sono
norme che, per il aiutare il cinema, escludono dalla tassazione gli utili impiegati nella produzione o
distribuzione di film con valore culturale italiano.

Capitolo Sesto. I SOGGETTI

1.Soggetti passivi e domicilio fiscale


Sono titolari di situazioni giuridiche le persone fisiche, gli enti collettivi dotati di personalità giuridica, le
società di persone, le associazioni non riconosciute, le organizzazioni senza personalità giuridica e, nell’Ires, le
altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto si
verifica in modo unitario e autonomo. Tra i soggetti passivi dell’IVA sono espressamente comprese le
organizzazioni senza personalità giuridica.
Il soggetto passivo è denominato contribuente. Ogni contribuente ha il domicilio fiscale in un comune dello
Stato ed è regolato a fini reddituali:
 i residenti hanno domicilio fiscale nel comune dell'anagrafe in cui sono iscritti
 le società e gli enti hanno domicilio fiscale nel comune in cui hanno sede legale
 i non residenti sono domiciliati nel comune in cui è prodotto il reddito
Il comune di domicilio fiscale determina la competenza dell'ufficio che deve controllare la posizione
fiscale del contribuente ed indica il comune in cui devono essere notificati gli atti provenienti
dall'amministrazione finanziaria.

2. La solidarietà tributaria
Le diverse situazioni passive, che scaturiscono dalle fattispecie tributarie, possono far capo ad una pluralità di
soggetti passivi.
Può trattarsi di obblighi formali o dell’obbligazione tributaria. Si ha obbligazione solidale quando più soggetti
sono tenuti in solido ad adempiere l'obbligazione tributaria, ciascuno può essere costretto all'adempimento
per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri (art.1292 c.c.).
Il soggetto passivo del tributo è obbligato sia all'adempimento della prestazione pecuniaria che
all'adempimento di obbligazioni formali, come la presentazione della dichiarazione. Anche per tali obblighi
l'adempimento di uno dei coobbligati libera tutti gli altri. Nelle leggi tributarie sono espressamente indicati
i casi in cui l'obbligazione è solidale.

2.1. La solidarietà paritaria.


Vi sono 2 tipi di solidarietà: quella paritarie e quella dipendente.
La solidarietà tributaria può essere:

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 paritaria, quando il presupposto del tributo è riferibile ad una pluralità di soggetti; è tipica delle
imposte indirette, ad es.
– imposta di registro, stipulazione di un contratto da registrare, le parti contraenti sono obbligate in
solido,
– imposta sulle successioni, dovuta dagli eredi in solido
 dipendente, quando vi è un obbligato principale, che ha posto in essere il presupposto del tributo,
ed un obbligato dipendente (responsabile d'imposta), che non ha partecipato alla realizzazione del
presupposto e tuttavia è obbligato in solido perché ha posto in essere un'altra fattispecie connessa.
Le previsioni di solidarietà, soprattutto in materia di imposte personali, hanno natura eccezionale.

2.2. La solidarietà dipendente e il “responsabile d’imposta”.


Responsabile d'imposta è il debitore d'imposta che non realizza il presupposto ma una fattispecie collaterale,
è fiscalmente obbligato in via dipendente, in solido con il soggetto che realizza il presupposto.
Ciò che distingue il responsabile d’imposta dall’ordinaria figura di coobbligato della solidarietà paritaria è il
fatto che la sua responsabilità non deriva dall’aver concorso a realizzare il presupposto dell’imposta, ma
dall’aver posto in essere una fattispecie ulteriore e diversa.
Tra fattispecie principale (cui si collega il debito dell’obbligato principale) e fattispecie secondaria (da cui
deriva l'obbligazione del responsabile) vi è un rapporto di pregiudizialità- dipendenza: l'obbligazione del
responsabile esiste in quanto esiste quella principale; il responsabile è un coobbligato in via dipendente.
Ciò non ha rilievo nei rapporti con il fisco. Nei rapporti esterni, il responsabile d'imposta è un coobbligato
in solido, nei rapporti interni ha invece diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'obbligato principale
(mentre, nella solidarietà paritetica, il coobbligato che opaga l’intero ha diritto di regresso pro quota).
Casi di solidarietà dipendente:
 Ires, se è adottato il regime di trasparenza, la società partecipata è obbligata come garante del
debito dei soci: ciascun socio risponde del debito tributario che scaturisce dal proprio reddito, ma la società
è solidalmente responsabile per l'imposta, le sanzioni e gli interessi;
 nel consolidato nazionale, ogni società controllata risponde dei debiti collegati alla sua
dichiarazione dei redditi; in quanto soggetto che realizza il reddito, è obbligata anche la controllante, in
quanto responsabile anche dei debiti fiscali che scaturiscono da redditi delle controllate;
 imposta di registro, il notaio è obbligato al pagamento dell'imposta con le parti contraenti;
 i soci delle società in nome collettivo e i soci accomandatari rispondono solidalmente ed
illimitatamente dei debiti della società, anche fiscali;
 nel caso in cui il sostituto a titolo di imposta venga iscritto a ruolo per le imposte, sanzioni o interessi
relativi a redditi per i quali non ha effettuato né le ritenute né i versamenti, il sostituto è obbligato per il
reddito altrui;
 il rappresentante fiscale ai fini Iva del soggetto non residente risponde, con il rappresentato, dei
debiti d'imposta del rappresentato;
 il cessionario d'azienda risponde delle imposte e sanzioni del cedente, previa escussione preventiva
del cedente;
 le aziende di credito che rilasciano fideiussione ai soggetti passivi dell'Iva che conseguono rimborsi
d'imposta rispondono dell'obbligo di restituire le somme indebitamente rimborsate.

2.3. I rapporti interni tra condebitori.


I rapporti tra condebitori d’imposta non sono disciplinati dal diritto tributario, ma dal codice civile.
Art. 1298 cod. civ. l'obbligazione solidale, nei rapporti interni, si divide per quote, e le quote si presumono
uguali, se non risulta diversamente. La divisione del debito nei rapporti interni nella solidarietà tributaria si
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riferisce al rapporto di ciascun condebitore con il presupposto dell'imposta. I privati possono in ogni caso
disciplinare in via convenzionale la ripartizione tra essi dell'onere tributario.
Art. 1299 cod. civ. chi ha pagato l'intero ha diritto di regresso e può ripetere dai condebitori la quota che
compete a ciascuno di essi.

3. La sostituzione tributaria
Si ha sostituzione tributaria quando l'obbligazione tributaria, o altri debiti tributari, sono posti a carico di
un soggetto diverso da chi realizza il presupposto del tributo.
Sono obbligati ad operare le ritenute (e quindi sostituti):
 le società ed altri enti soggetti passivi Ires
 società di persone, associazioni, imprenditori individuali
 chi esercita arti o professioni, curatori fallimentari quando corrispondono:
- somme o valori che costituiscono reddito di lavoro dipendente o assimilato
- compensi di lavoro autonomo
- provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio
- interessi, dividendi e altri redditi di capitale
- compensi per avviamento commerciale
- premi e vincite
Sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o
situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Il sostituto, nel momento in cui corrisponde le
somme soggette a ritenuta, ha il diritto-dovere di trattenerne una quota (l'obbligazione del
sostituto verso il sostituito è adempiuta ed estinta con la corresponsione di una somma minore di quella
dovuta). Dal punto di vista del rapporto di rivalsa, non vi è differenza tra sostituzione a titolo d’imposta e
sostituzione a titolo di acconto, salvo l’obbligo, nel secondo caso, per il sostituto, di rilasciare al sostituito un
certificato. Operare la ritenuta è un obbligo la cui violazione è punita con sanzione amministrativa.

3.1. La sostituzione a titolo d’imposta


Con la sostituzione a titolo di imposta si applica un'aliquota fissa su un determinato provento, che viene
sottratto dal reddito complessivo del percipiente. Realizza un regime fiscale sostitutivo ponendo
l'obbligazione tributaria a carico di un soggetto diverso da colui che percepisce il reddito. Nella sostituzione
d'imposta il soggetto passivo è uno solo, il sostituto (≠ da responsabile d'imposta dove i soggetti sono due);
solo se il sostituto non opera la ritenuta e non provvede al versamento, alla sua obbligazione si
aggiunge quella del sostituito, realizzando un'obbligazione solidale successiva e dipendente.
Il sostituto non è un obbligato che sostituisce un altro soggetto, ma è debitore verso il sostituito di somme
la cui corresponsione realizza, presso il creditore, un fatto fiscalmente rilevante. Di solito è una società che
corrisponde redditi di capitale o di lavoro, e che quando eroga i redditi o compensi deve operare una
ritenuta. Il sostituto è obbligato personalmente verso il fisco ma ha anche il diritto-dovere di trattenere
dalla somma che corrisponde al reddituario, un importo pari alla somma di cui è debitore verso il fisco.
La sostituzione di imposta è una deroga alla tassazione progressiva delle persone fisiche, è prevista in casi
alcuni casi, tra cui:
 ritenute sui compensi corrisposti a lavoratori autonomi non residenti,
 ritenute sui dividendi e altri redditi di capitali spettanti a non residenti,
 ritenute su alcuni redditi di capitale e sulle vincite.
Il sostituto a titolo d'imposta è unico debitore, verso il fisco, dell'imposta dovuta sul presupposto realizzato
dal sostituito. Il debito del sostituto a titolo d'imposta realizza un regime sostitutivo della normale tassazione:
tra fisco e sostituito non c'è alcun rapporto, mentre tra sostituito e sostituto c'è un rapporto privatistico.

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3.2. La sostituzione a titolo d’acconto
Nella sostituzione a titolo d'acconto (o sostituzione impropria), il sostituto non è debitore in luogo del
soggetto che sarebbe obbligato secondo i criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, ma è
soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento (previa effettuazione della ritenuta), al quale non
è riferibile alcuna idea di sostituzione. A carico del sostituto gravano obblighi di versamento di acconti non
previsti, in via ordinaria, a carico del reddituario. Il sostituto a titolo d'acconto non è soggetto passivo
dell'obbligazione tributaria in base al presupposto, ma è tenuto per obblighi di diversa natura, che hanno
come fattispecie l'erogazione di somme al sostituito, operando una ritenuta e versando al fisco una somma
pari alla ritenuta. Il sostituito resta obbligato per l'intero reddito, comprese le somme soggette a ritenute,
salvo il suo diritto di detrarre le ritenute subite dall'imposta complessivamente dovuta.
La misura delle ritenute e del versamento dipende solitamente da un'aliquota fissa; nei casi di redditi da
lavoro dipendente è invece variabile perché dipende dall'ammontare della retribuzione annua.
Le somme che il sostituito percepisce, al lordo della ritenuta, sono componenti del suo reddito complessivo
ma, subendo le ritenute, acquista il diritto di dedurre, dall'imposta globalmente dovuta, l'importo delle
ritenute subite. Se il sostituto non versa le somme ritenute, il fisco può agire soltanto nei confronti del
sostituto.
Il sostituito con le ritenute è assoggettato ad una tassazione anticipata, acquisendo il diritto di detrarre
dall'imposta dovuta per quel periodo d'imposta, l'ammontare delle rendite subite. Le somme ritenute valgono
come pagamenti in acconto della sua obbligazione d'imposta. Il sostituito acquista il credito verso il fisco
anche se il sostituto esegue la ritenuta ma non la versa. Il sostituto che non effettua le ritenute
d'acconto rimane obbligato nei confronti del fisco, conservando il diritto-dovere di rivalsa sul sostituito.
Il fisco può:
 emettere, nei confronti del sostituto, avviso di accertamento per stabilire che ha omesso di
effettuare le ritenute e di versarle
 accertare, nei confronti del sostituito, il reddito che gli è stato corrisposto dal sostituto e non è
stato dichiarato

7. Traslazione e rivalsa
Abbiamo visto come si ripartisce l’onere del tributo nei rapporti tra coobbligati in via paritaria e che
sostituto e responsabile d’imposta hanno diritto di rivalsa. Vediamo ora gli altri casi in cui il debitore
dell’imposta ha diritto di rivalersi verso gli altri.
Ogni contribuente cerca di trasferire ad altri l’onere del tributo. Si distingue tra contribuente di diritto e
contribuente di fatto; il primo è il debitore, che è tenuto a pagare il tributo, il secondo colui che sopporta
l’onere del tributo, senza poterlo riversare su altri.
Vi sono tributi posti a carico di un soggetto che però sono destinati a gravare economicamente su altri
soggetti (ad es. le imposte sui consumi, delle quali sono debitori gli operatori economici, sono destinate a
gravare sui consumatori).
Ma Vi sono casi nei quali al soggetto passivo del tributo è espressamente conferito il diritto di rivalsa (ad
es. i soggetti passivi Iva hanno diritto di rivalsa verso i cessionari).
Quando il soggetto passivo del tributo è diverso dal soggetto che pone in essere il fatto economico, il
debitore del tributo deve poter trasferire l'onere economico sul soggetto che realizza il fatto espressivo
di capacità contributiva; quando questo non si verifica, il tributo non si realizza secondo la sua ratio.
Il sostituto d'imposta e il responsabile d'imposta hanno diritto di rivalsa nei confronti di colui che ha posto in
essere il presupposto. In generale ogni terzo che sia tenuto a corrispondere il tributo ha diritto di rivalsa
verso colui che realizza il presupposto dell'imposta. La rivalsa può derivare da norme civilistiche o da
clausole contrattuali.
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La traslazione economica dell'imposta attuata in forza di un patto contrattuale ha natura di
integrazione del corrispettivo e non natura tributaria. Quando invece la rivalsa è prevista da norme
tributarie, il rapporto di rivalsa è parte del tributo inteso come istituto giuridico. Si ha surrogazione a
vantaggio di chi, essendo tenuto, con altri o per altri, al pagamento di un tributo, ha assolto il debito di
imposta: tale soggetto può surrogarsi, nei confronti del debitore di imposta che ha posto in essere il
presupposto, negli stessi diritti del fisco.

5. I patti di accollo dell’imposta.


La rivalsa può essere:
 obbligatoria, quando l'onere del tributo deve essere trasferito dal soggetto passivo ad altri, ed i patti
di rinuncia di rivalsa sono nulli
 facoltativa, i privati sono liberi di stipulare patti di accollo dell'imposta, con cui l'accollante si
impegna verso l'accollato, a far fronte a un determinato debito d'imposta o ad altri oneri tributari che
dovessero sopravvenire a carico dell'altro soggetto. L'accollo può essere:
– interno al rapporto tra contribuente accollato ed accollante, nel qual caso i fisco non acquisisce alcun
diritto nei confronti dell'accollante,
– esterno, che attribuisce all'accollatario il diritto di agire verso l'accollante.
Il debitore originario del tributo non può mai essere liberato, l'accollo delle imposte è sempre
cumulativo, mai liberatorio.
 vietata, possono esservi norme che vietano la rivalsa.

6. La successione nel debito di imposta.


La successione ereditaria, comportando il subentro degli eredi in tutte le situazioni giuridiche
trasmissibili che facevano capo al defunto, implica il subentro degli eredi nelle situazioni giuridiche di
natura tributaria. Il fenomeno non è compiutamente regolato del legislatore tributario, per cui si applica,
in mancanza di norme tributarie, la normativa codicistica.
Gli eredi non rispondono in solido dei debiti ereditari, ma ne rispondono in proporzione alle rispettive
quote (art.752 c.c.).

Capitolo Settimo. L'AZIONE AMMINISTRATIVA

1. Le agenzie fiscali
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha la competenza circa la politica economica e finanziaria,
il bilancio e il fisco. La gestione pratica dei tributi spetta alle agenzie fiscali, enti pubblici economici. Le
agenzie fiscali sono 4:
 Agenzia delle entrate, amministra tutti i tributi statali, esclusi quelli doganali e le accise. Al vertice
dell'Agenzia delle entrate c'è il Direttore generale, da cui dipendono le Direzioni regionali. La titolarità
dell'obbligazione tributaria è dello Stato, l'esercizio dei poteri in materia di imposizione fiscale è attribuito
all'Agenzia delle entrate. I compiti strettamente operativi sono svolti, in periferia, dalla agenzia delle
entrate.
 Agenzia delle dogane, amministra tributi doganali ed accise,
 Agenzia del territorio,
 Agenzia del demanio.

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2. Lo schema standard di attuazione dei tributi.
Ai contribuenti sono imposti obblighi di
 autoliquidazione,
 versamento,
 dichiarazione.
L'Agenzia delle entrate controlla l'adempimento degli obblighi di versamento ed eventualmente emana
l'avviso di accertamento, che di regola comporta anche l'applicazione di sanzioni.
Il potere di riscuotere il tributo si attua con la formazione del ruolo, titolo esecutivo con cui si realizza la
riscossione in forma coattiva sia delle somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti che delle
somme dovute in base agli atti di accertamento.
Vi sono casi (tributi senza imposizione) in cui la nascita dell'imposta ne comporta direttamente l'adempimento: al
verificarsi del presupposto, l'obbligato deve versare l'imposta (ad es. imposta di bollo, tassa sulle
concessioni governative). L'inadempimento comporta l'attivazione della procedura sanzionatoria.

2.1. La disciplina generale dei procedimenti tributari


Per i procedimenti tributari si applicano
 le regole generali per i procedimenti amministrativi ex l. 241/1990, escluse le norme sulla
partecipazione del cittadino al procedimento e quelle in tema di accesso, mentre si applicano in materia
tributaria quelle relative
– ai principi generali,
– quelle in tema di responsabile del procedimento, soggetto attraverso il quale la Pa dialoga con il
cittadino, è quello che coordina l'istruttoria ed è organo di impulso;
– quelle in tema di efficacia e invalidità dei provvedimenti amministrativi.
 lo Statuto dei diritti del contribuente, l. 212/2000;
 regole procedimentali contenute in specifici testi normativi.
Il procedimento di imposizione inizia sempre d'ufficio (sia quando la dichiarazione sia stata omessa, sia
quando sia stata presentata); la dichiarazione non avvia il procedimento ma assolve un obbligo imposto
dalla legge.
Nel procedimento tributario d'imposizione non c'è una sequenza predeterminata di atti. Il procedimento
tributario d'imposizione può concludersi o
 con un avviso di accertamento,
 con un accertamento con adesione,
 senza l'emanazione di alcun provvedimento.
Le leggi tributarie disciplinano
 i presupposti,
 la misura,
 i soggetti passivi dell'obbligazione tributaria.

3. Funzioni vincolate e indisponibilità dell’obbligazione tributaria.


I poteri dell’amministrazione finanziaria non sono discrezionali ma vincolati. L'amministrazione
finanziaria, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, deve emanare l'avviso di accertamento,
rispettando i criteri prestabiliti dalla legge. L'ufficio non ha possibilità di scelte discrezionali, non può
disporre dei suoi crediti né del potere impositivo.
Eventualmente, in contraddittorio con il contribuente, l'amministrazione può rivalutare gli elementi posti, in
concreto, a fondamento dell'atto di accertamento, pervenendo ad un accertamento con adesione; oppure
l'amministrazione finanziaria può riconoscere l'illegittimità dell'atto impositivo e ritirarlo in via di autotutela.
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È ammessa anche l'acquiescenza tacita da parte dell'amministrazione finanziaria rispetto ad una pronuncia
delle commissioni tributarie.

4. Lo statuto dei diritti del contribuente. Collaborazione e buona fede


Nello statuto vi sono diverse norme che disciplinano i rapporti tra amministrazione finanziaria e
contribuenti. Contiene, tra l’altro, norme riguardanti il procedimento d’imposizione, che prevedono obblighi
a carico della P.A. e la disciplina dell’interpello ordinario.
Art. 10 Statuto dei diritti del contribuente, i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono
improntati al principio
 della collaborazione
 e della buona fede.
Co 2 non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato
ad indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria; si tutela l'affidamento del contribuente,
anche quando abbia agito a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori
dell’amministrazione stessa, e sia incorso nella violazione di una norma tributaria.
Molte regole relative al comportamento cui è tenuta l'amministrazione sono improntate al principio di
buona fede, ad Es.
 correggere errori macroscopici in cui sia incorso in buona fede il contribuente;
 ritirare gli atti impositivi illegittimi, anche se divenuti definitivi;
 rimborsare al contribuente il costo delle fideiussioni rilasciate per ottenere la sospensione del
pagamento o la rateizzazione o il rimborso del tributo quando sia definitivamente accertato che
l'imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata;
 non applicare retroattivamente le interpretazioni sfavorevoli per il contribuente. Analogamente
sono applicazione dell'art. 10 Statuto gli obblighi di informazione imposti all'amministrazione che
deve
 garantire al contribuente l'effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, senza violare il diritto
alla riservatezza;
 informarlo di ogni fatto o circostanza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un
credito o l'irrogazione di una sanzione;
 informare adeguatamente i contribuenti non residenti in Italia;
 garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e le comunicazioni siano comprensibili.
L'amministrazione deve anche
 non richiedere ai contribuenti documenti di cui sia già in possesso;
 prima di procedere ad iscrizione a ruolo in base alla dichiarazione, invitare il contribuente a fornire i
chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti;
 svolgere accessi, ispezioni e verifiche con modalità tali da non turbare l'attività del
contribuente;
 motivare i propri atti.
Se i contribuenti non hanno potuto adempiere in tempo gli obblighi tributari per cause eccezionali di forza
maggiore, il Ministro ha il potere-dovere di rimetterli in termini.

5. Il legittimo affidamento
Principio generale dell'ordinamento è la tutela del legittimo affidamento, con cui si tutela il
contribuente che si comporta in buona fede, facendo affidamento sulle indicazioni fornite
dall'amministrazione, o che viola una norma per ragioni imputabili all'amministrazione.

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Da ciò deriva, ad esempio, che le circolari ministeriali generano un legittimo affidamento in ordine al
comportamento da tenere nei confronti dell’amministrazione, che non può discostarsi nei rapporti con i
contribuenti dalle indicazioni fornite con le circolari.
L'amministrazione può modificare l'interpretazione di una disposizione ma le circolari peggiorative non
possono essere retroattive. Sono quindi illegittimi gli atti di accertamento che hanno per oggetto fatti
accaduti prima del cambiamento peggiorativo.

6. Il contraddittorio
Ai procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di contraddittorio. L'ufficio non è
obbligato ad avvertire il contribuente dell'indagine avviata nei suoi confronti, né vi è un generale
riconoscimento legislativo del diritto del privato di partecipare al procedimento e di difendersi, prima che
sia emesso a suo carico un atto impositivo.
Vi sono norme che prevedono, caso per caso, la facoltà o l'obbligo dell'ufficio di ascoltare il
contribuente, tra cui
 quando dai controlli emerga un risultato diverso da quello dichiarato, l'ufficio deve
comunicare al contribuente l'esito del controllo per consentirgli di fornire i chiarimenti necessari;
 prima di emettere un accertamento che applica la clausola antielusiva, l'ufficio deve, a pena di
nullità, richiedere chiarimenti al contribuente;
 prima di emettere avviso di accertamento sintetico del reddito, l'ufficio può interpellare il
contribuente perché dimostri che il maggior reddito non è tassabile o è già stato tassato;
 prima di emettere un accertamento fondato su presunzioni desunte da conti correnti bancari, l'ufficio
può invitare il contribuente a fornire prova contraria;
 al termine delle verifiche fiscali, il contribuente ha 60 giorni per far pervenire le sue osservazioni
e richieste all'ufficio, che non può emanare l'avviso di accertamento prima della scadenza di tale termine.

7. Il divieto di doppia imposizione


Il divieto di doppia imposizione comporta che:
 non può esser applicata la stessa imposta, sullo stesso presupposto, sia nei confronti dello stesso
soggetto che nei confronti di soggetti diversi,
 divieto che opera anche quando sono coinvolte imposte diverse (un reddito non può essere tassato
sia come reddito di una società per capitali sia di persona fisica).
Ne deriva che il secondo atto d'imposizione è illegittimo, a prescindere dal fatto che l'imposta dovuta
sia quella applicata dal primo atto o quella applicata dal secondo.

8. L’interpello ordinario
Art. 11 Statuto dei diritti del contribuente: ciascun contribuente può presentare alla Direzione regionale
dell'Agenzia delle entrate circostanziate e specifiche istanze di interpello (ordinario) con cui richieda un
parere circa l'interpretazione di una disposizione tributaria, con riguardo a casi concreti e personali (non
può esser presentata a scopo accademico). Può riguardare qualsiasi domanda sull'applicazione delle
leggi tributarie.
L'istanza può esser presentata solo se riguarda una disposizione la cui interpretazione sia
obiettivamente incerta.
L'amministrazione risponde per iscritto entro 120 giorni con risposta motivata. Il silenzio vale assenso,
indica che l'Agenzia concorda con l'interpretazione e con il comportamento prospettato dal richiedente. È
onere del contribuente indicare nell'istanza quale sia la sua interpretazione, altrimenti in caso di silenzio
dell'amministrazione non si può avere tacito assenso.
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L'istanza deve essere preventiva all'applicazione della disposizione.
L'amministrazione non è tenuta a rispondere se non sussistono i presupposti sostanziali dell'istanza o se
questa è formalmente invalida.
Se l'istanza è formulata da molti contribuenti circa la stessa questione, l'amministrazione può fornire una
risposta collettiva con circolare o risoluzione.
Il parere reso dall'Agenzia vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e
limitatamente al richiedente. Il parere vincola l'Agenzia, rendendo illegittimi gli atti dell'amministrazione
contrastanti con i pareri resi, in via espressa o tacita.
Se la risposta è negativa ed il contribuente non vuole adeguarsi può:
 presentare la dichiarazione discostandosi dal parere ed impugnare poi l'eventuale avviso di
rettifica, insieme con il parere;
 presentare una dichiarazione conforme al parere, versare l'imposta ed agire con istanza di
rimborso.
Se c'è il dubbio che un comportamento sia elusivo, si ha interpello speciale circa l'applicazione di specifiche
disposizioni con finalità antielusive. Riguarda:
 operazioni di disapplicazione di norme tributarie che limitano deduzioni, detrazioni, etc per
contrastare comportamenti elusivi, quando non possono verificarsi effetti elusivi;
 operazioni in tema di interposizione;
 qualificazione di determinate spese come spese di rappresentanza, pubblicità e propaganda;
 disapplicazione della norma in tema di indeducibilità dei costi connessi a rapporti con imprese
residenti nei paradisi fiscali.

8.1. L’interpello in materia di elusione e interposizione


Poiché può essere dubbio se un comportamento sia elusivo, il legislatore ha previsto un’apposita forma di
interpello, concernente i comportamenti elusivi ed altre fattispecie di difficile interpretazione.
In caso di interpello speciale
 il contribuente chiede il preventivo parere alla Direzione dell'Agenzia delle entrate, fornendole
tutti gli elementi conoscitivi utili per la corretta qualificazione tributaria della fattispecie
prospettata;
 la Direzione deve rispondere entro 120 giorni, trascorsi i quali il contribuente può inviare una
diffida ad adempiere;
 la mancata risposta entro 60 giorni dalla diffida vale come silenzio-assenso.

8.2. L’interpello disapplicativo


Le norme con ratio antielusiva sono norme che negano, in via astratta e generale, un determinato beneficio,
ma il legislatore prevede un correttivo.
L'art. 37-bis D.p.r. 600/1973 stabilisce che le norme tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi,
limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse
dall'ordinamento tributario, possono esser disapplicate quando non possono verificarsi effetti elusivi.
L'interpello disapplicativo può esser presentato in relazione ad ogni norma che limita o esclude misure di
vantaggio.
Il contribuente presenta istanza al Direttore regionale dell'Agenzia delle entrate
 descrivendo in modo completo l'operazione,
 dimostrando che non possono verificarsi effetti elusivi,
 indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione.

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L'istanza è accolta o respinta con provvedimento definitivo dal Direttore.
L'art. 110 co 11 T.u.i.r. il contribuente, prima di effettuare operazioni con imprese residenti in paradisi
fiscali, può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere, in via preventiva, un parere sulla
deducibilità dei costi, con la procedura prevista dall'interpello in materia elusiva.
Art. 167 e 168 T.u.i.r. Il contribuente residente con partecipazioni di controllo in paradisi fiscali può chiedere un
provvedimento disapplicativo del regime di trasparenza delle imprese estere controllate secondo la
procedura dell'interpello ordinario. Deve fornire la prova che la società non residente svolga un'attività
industriale o commerciale come sua principale attività nel Paese in cui ha sede o che dalle partecipazioni
non consegue l'effetto di localizzare i redditi in un paese a bassa fiscalità.

9. L’autotutela
Con l'autotutela l'amministrazione può annullare l'atto che riconosce viziato. Non essendovi
discrezionalità nel diritto tributario, l'esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di
convenienza: la correzione è giustificata soltanto dal dovere di ogni pubblica amministrazioni di ripristinare
la legalità.
Con l'autotutela si ha
 annullamento, da riferire agli atti che presentano vizi di legittimità, ossia vizi di forma o
procedimentali;
 revoca, da riferire agli atti infondati o viziati nel contenuto.
L'autotutela può esser esercitata a seguito di richiesta del contribuente o d'ufficio, sia in pendenza di giudizio
che dopo che l'atto sia divenuto definitivo, e può riguardar e qualunque atto
dell'amministrazione, anche gli atti di riscossione. Può avere ad oggetto anche un atto divenuto definitivo
perché non impugnato o impugnato senza successo. Il giudicato non impedisce l'autotutela, purché il
ritiro dell'atto sia fatto per motivi che non contraddicano il contenuto della sentenza passata in giudicato.

10. Il garante del contribuente


Presso ogni Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate è istituito un Garante del contribuente, organo
collegiale, 3 membri scelti e nominati dal Presidente della Commissione tributaria regionale. Il Garante ha il
compito di tutelare il contribuente che lamenti disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative
anomale o irragionevoli che incrinino il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione finanziaria. Ha
una funzione di persuasione morale, può solo:
 stimolare procedure di autotutela,
 rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici per la tutela dei contribuenti e migliore
organizzazione dei servizi,
 richiamare gli uffici al rispetto dei propri obblighi di informazione,
 prospettare al Ministro i casi in cui possono esser esercitati i poteri di rimessione in termini del
contribuente,
 individuare i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni o i comportamenti
dell'amministrazione determinano pregiudizi per i contribuenti, segnalandoli agli organi
competenti o alla Guardia di finanza.

Capitolo Ottavo. LA DICHIARAZIONE.

1. Obblighi contabili e Centri di assistenza fiscale


Gli imprenditori sono obbligati a tenere la contabilità dal codice civile; le norme fiscali, però, impongono
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degli obblighi ulteriori. Vi è un regime di contabilità ordinaria e uno di contabilità semplificata.
Sono sottoposti a regime di contabilità ordinaria
 le società e gli enti commerciali soggetti all'Ires,
 gli imprenditori individuali e le società di persone con ricavi superiori a certe soglie,
 gli enti non commerciali che svolgono un'attività commerciale.
Ai fini Iva devono esser tenuti 2 registri:
 registro delle fatture emesse
 registro degli acquisti, vi si annotano le fatture relative ai beni e servizi acquistati o importati.
Ogni operazione fiscalmente rilevante (imponibile, non imponibile o esente) deve esser fatturata; le
fatture devono esser registrate entro 15 giorni dalla loro emissione.
I commercianti al minuto, che non sono obbligati ad emettere fattura, devono tenere un registro dei
corrispettivi.
Gli imprenditori commerciali, in regime di contabilità ordinaria, agli effetti dell’imposizione sui redditi,
devono tenere:
 il libro giornale (contiene le registrazioni di tutti i movimenti contabili di una ditta) e il libro degli
inventari;
 i registri prescritti a fini Iva;
 le scritture ausiliarie (conti di mastro) in cui registrare gli elementi patrimoniali e reddituali che
concorrono alla formazione del reddito;
 le scritture ausiliarie di magazzino;
 il registro dei cespiti.
Gli imprenditori e i sostituti d'imposta devono anche tenere
 libri paga
 libri matricola
in cui annotano le somme corrisposte ai dipendenti, le ritenute effettuate e le detrazioni applicate.
Le imprese minori, individuali e società di persone, il cui fatturato annuale non supera 309.374 Euro per le
imprese che prestano prevalentemente servizi (516.456 per le altre), hanno un regime semplificato di
contabilità, cioè 2 registi Iva in cui vanno annotate anche le operazioni rilevanti solo ai fini reddituali.
I lavoratori autonomi devono tenere due registri Iva
 registro dei corrispettivi,
 registro degli acquisti
e, ai fini delle imposte sui redditi
 registro da cui risultino le somme incassate, le spese fatte e il valore dei beni da
ammortizzare.
I lavoratori autonomi con entrate inferiori ad una certa soglia possono limitarsi a tenere i 2 registri Iva,
annotando anche i dati necessari per le imposte dirette.
I contribuenti possono esser assistiti da Centri autorizzati di assistenza fiscale:
 Caaf delle imprese, assistono le imprese nella tenuta della contabilità e nella preparazione e
presentazione della dichiarazione dei redditi; appongono il visto di conformità formale dei dati esposti
nelle dichiarazioni (rispetto alla contabilità) e degli oneri deducibili indicati nella dichiarazione (rispetto alla
documentazione esibita);
 Caaf lavoratori dipendenti, in alternativa all'assistenza del datore di lavoro o di professionisti abilitati,
sono organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti.

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2. La dichiarazione d’imposta in generale
I contribuenti hanno l'obbligo di presentare una dichiarazione all'agenzia fiscale nella quale indicano il
presupposto e l'ammontare dell'imposta.
Dichiarazione dei redditi e dichiarazione Iva devono esser presentate ogni anno, riguardano tributi periodici,
la cui base di commisurazione varia di anno in anno.
Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la
dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (ad es, per l’imposta comunale per gli
immobili o per la tassa raccolta rifiuti).
Altri tributi a carattere istantaneo (come l'imposta di registro e sulle successione), richiedono invece che la
dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto.

3. La dichiarazione dei redditi. I soggetti obbligati


La dichiarazione dei redditi deve esser presentata, di regola, da ogni soggetto che nel periodo di imposta
abbia posseduto redditi.
La dichiarazione deve esser presentata anche se dai redditi che si dichiarano non consegue alcun obbligo di
versamento (cioè debito d'imposta).
Gli imprenditori e i lavoratori autonomi (cioè coloro obbligati alla tenuta di scritture contabili), inoltre,
devono presentare annualmente la dichiarazione, anche se non hanno prodotto reddito.
I soggetti passivi Iva, analogamente, devono presentare la dichiarazione annuale anche se non hanno
effettuato operazioni imponibili.
Si desume da tali regole che la fattispecie, da cui scaturisce l’obbligo di dichiarazione, non coincide con il
presupposto dei tributi sul reddito; vi sono casi insomma in cui vi è l’obbligo di presentare la dichiarazione,
ma non vi è alcun debito d’imposta; e vi sono casi di soggetti esonerati.
Sono esonerati dall'obbligo di dichiarazione
 i soggetti che hanno solo redditi di lavoro dipendente e il reddito dell'abitazione principale,
 i soggetti che possiedono solo redditi esenti o redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta
(purchè non obbligati alla tenuta di scritture contabili),
 i soggetti che hanno redditi inferiori al minimo imponibile.

3.1. I contenuti della dichiarazione dei redditi.


Il contenuto caratteristico della dichiarazione, sia ai fini dell’Irpef, sia ai fini dell’Ires, è dato dall’indicazione
degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili.
Nella dichiarazione Irpef sono indicati:
 i redditi,
 l'imposta dovuta,
 la somma da versare,
 gli oneri deducibili,
 l'imposta lorda,
 le detrazioni d'imposta,
 l'imposta netta,
 le ritenute e i versamenti d'acconto,
 i crediti d'imposta
 il saldo finale (somma da versare o credito).
Devono essere indicati anche
 i dati ed elementi necessari per l'effettuazione dei controlli,

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 i trasferimenti da e verso l'estero,
 la disponibilità di investimenti all'estero.
La dichiarazione dei redditi è una “dichiarazione di scienza”. Il contribuente non deve però solo esporre fatti
e dati, ma deve anche qualificarli giuridicamente.
In sede di dichiarazione si possono esercitare opzioni di scelta del regime di contabilità come
 la rateizzazione delle plusvalenze realizzate,
 le sopravvenienze attive costituite da contributi o liberalità,
 la quantificazione degli ammortamenti,
 le spese per studi, ricerche, pubblicità e propaganda.
In questo modo la base imponibile e l'imposta non dipendono solo dalla legge ma anche dalle scelte del
contribuente.
Se vi sono perdite d'impresa pregresse, il contribuente può, nella dichiarazione, utilizzarle a
compensazione del reddito di esercizio.
L’opzione (e la revoca) di regimi speciali di determinazione delle imposte dirette e dell’IVA o di regimi
contabili, se non sono esercitate nella dichiarazione, possono essere desunti anche da comportamenti
concludenti del contribuente o dalla modalità di tenuta delle scritture contabili.
I contribuenti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare presentano la dichiarazione unificata
annuale, comprendente:
 dichiarazione dei redditi,
 dichiarazione Irap,
 dichiarazione di sostituto d'imposta,
 dichiarazione annuale Iva.

3.2. La dichiarazione semplificata dei lavoratori dipendenti


I lavoratori dipendenti, se la loro situazione reddituale non è complessa, presentano una dichiarazione dei
redditi semplificata (mod. 730), avvalendosi dell’assistenza del proprio datore di lavoro, o di un Caaf, o di
un professionista abilitato.
Se il datore di lavoro si rende disponibile, i lavoratori possono presentargli entro il 30 aprile la dichiarazione
redatta sul modello semplificato.
Il datore di lavoro deve liquidare i saldi e gli acconti dovuti al lavoratore:
 se il lavoratore risulta debitore, il datore di lavoro trattiene la somma dovuta sulla
retribuzione dovuta nel mese di luglio;
 se il lavoratore risulta creditore il rimborso viene attuato con riduzione delle ritenute, da luglio in
poi.
Lavoratori e pensionati possono avvalersi anche dell’assistenza del “Caaf dipendenti”, presentando al Caaf il
mod.730. Il Caaf liquida l’imposta e ne comunica il risultato al datore di lavoro, che provvede ai conguagli.
Datori di lavoro e Caaf trasmettono telematicamente la dichiarazioni semplificate all’Agenzia delle Entrate.

3.3. Requisiti formali e sottoscrizione


La dichiarazione deve esser redatta, a pena di nullità, su modelli approvati annualmente
dall'Agenzia delle entrate. Il modello standard è detto Unico. Vi è poi il modello detto “semplificato”
(mod.730) destinato ai lavoratori dipendenti e pensionati.
La dichiarazione non sottoscritta è nulla, ma l'ufficio deve invitare il contribuente a sanare la nullità: se
questo non provvede si producono gli effetti della nullità.
La dichiarazione delle società o enti soggetti a Ires deve esser sottoscritta dal presidente del collegio sindacale e

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da chi ha sottoscritto la relazione di revisione: in mancanza si avrà una sanzione amministrativa.

3.4. Modi e tempi di presentazione


La dichiarazione dei redditi e Iva, redatta su modello cartaceo, deve esser presentata in via telematica
entro il 30 settembre dell'anno successivo al periodo d'imposta cui si riferisce, tramite banca, ufficio
postale o altri soggetti abilitati.
I soggetti passivi di Ires devono presentare la dichiarazione in via telematica entro l'ultimo giorno del
settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.
La dichiarazione può essere presentata in forma cartacea dalle persone fisiche che non sono obbligate
alla tenuta delle scritture contabili, in tal caso la dichiarazione è presentata per il tramite di una banca
o di un ufficio postale tra il 1 maggio e il 30 giugno.
La dichiarazione cartacea deve esser conservata dal contribuente per esser esibita in caso di controllo.
Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza, si applica solo una
sanzione amministrativa per il ritardo. Le dichiarazioni presentate oltre i 90 giorni si considerano omesse
(non agli effetti del reato di omessa dichiarazione): con la conseguenza che l’accertamento sarà fatto nella
forma dell’accertamento d’ufficio, e non come accertamento di rettifica.

4. Gli effetti della dichiarazione dei redditi


Funzioni ed effetti della dichiarazione possono essere schematizzati da 4 punti di vista: dal punto di vista
procedimentale, dal punto di vista della genesi del debito d’imposta, dal punto di vista della riscossione e
dal punto di vista del credito o diritto al rimborso.
1. La dichiarazione è, innanzitutto, un atto che assume un particolare rilievo nel procedimento
amministrativo di determinazione dell’imposta. La dichiarazione ha insomma rilevanza
procedimentale. La dichiarazione è sottoposta al controllo dell'amministrazione per la liquidazione
dell'imposta e per il controllo formale, condiziona il controllo sostanziale, determina i modi di
rettifica del reddito dichiarato, il tipo di avviso di accertamento. L'ufficio è legittimato a
rettificare il reddito in relazione alla completezza della dichiarazione; in caso di omissione o nullità
della dichiarazione, l'amministrazione procede con l'avviso d'accertamento d'ufficio. La
dichiarazione non fa piena prova contro il contribuente dei fatti dichiarati, ma esonera l'ufficio
dal motivare e provare i fatti esposti nella dichiarazione stessa (rilievo probatorio).
2. Secondo al teoria costitutiva, la dichiarazione è elemento della fattispecie costitutiva
dell'obbligazione; mentre, secondo la teoria dichiarativa, il presupposto da solo determina per
legge il sorgere dell'obbligazione tributaria e la dichiarazione è solo destinata a liquidarla.
3. La dichiarazione è titolo per la riscossione delle somme in essa indicate come da versare. Il
dichiarante deve, infatti, non solo calcolare la somma da versare, ma anche versarl a.
L'amministrazione, sulla base della dichiarazione, può porre in riscossione le somme non versate
ma dovute in base alla dichiarazione.
4. Se dal saldo finale risulta un credito del dichiarante, la dichiarazione è titolo che obbliga
l'amministrazione a provvedere al rimborso. La dichiarazione è alternativamente titola per la
riscossione e titolo per il rimborso.

5. La dichiarazione integrativa (c.d. ravvedimento operoso)


Scaduto il termine per presentare la dichiarazione, il contribuente può presentare una nuova
dichiarazione (dichiarazione integrativa) che sani le violazioni formali, o che aumenti l'imponibile o
l'imposta, o che riduca una perdita. La dichiarazione integrativa può esser presentata entro il 31
dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è presentata la prima dichiarazione.
La presentazione della dichiarazione integrativa comporta la riduzione della sanzione a 1/10 del minimo
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se è presentata entro
 il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è commessa
la violazione
 ovvero, quando non è prevista la dichiarazione periodica, entro 1 anno dall'omissione o dall'errore.

5.1. Rimedi agli errori commessi dal contribuente a suo danno.


La dichiarazione può esser rettificata in diminuzione presentando una dichiarazione correttiva non oltre il
termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. La dichiarazione
correttiva presentata nel termine sostituisce la dichiarazione originariamente presenta.
La dichiarazione è irretrattabile ma emendabile: il contribuente può sempre far valere gli errori commessi
a suo danno. Nel caso abbia indicato un debito errato per eccesso (e quindi un versamento
eccessivo), può fare istanza di rimborso, rispettando i termini dell'istanza (se l'errore riguarda la
dichiarazione dei redditi, il termine è 48 mesi).
In materia di Iva il termine è quello previsto per la rettifica della dichiarazione da parte dell'ufficio. Gli errori
possono esser fatti valere anche con ricorso contro il ruolo. La dichiarazione è un titolo sulla base del
quale- se non sono state versate le somme in essa indicate come dovute- l’amministrazione può procedere
all’iscrizione al ruolo; in sede di ricorso contro il ruolo, possono essere fatti valere gli errori commessi dal
contribuente a suo danno.
Gli errori sono rettificabili ai sensi dell’art.1427 c.c..

6. La dichiarazione dei sostituti


I sostituti d'imposta sono tenuti a presentare una dichiarazione dalla quale risultino le somme e i valori
corrisposti e le ritenute effettuate. In caso di ritenute d'acconto devono esser indicate le generalità di chi
le ha percepite; mentre tale indicazione non è richiesta per le ritenute a titolo di imposta..
Coloro che percepiscono redditi di lavoro dipendente (o assimilati) possono presentare al sostituto una
dichiarazione speciale dove indicano
 gli altri redditi posseduti,
 gli oneri deducibili
 gli altri elementi necessari per la determinazione dell'imponibile
 la liquidazione delle imposte.
Il sostituto d'imposta ha l'obbligo di ricevere la dichiarazione e di controllarne la regolarità formale, quindi
liquidare le imposte ed effettuare i conguagli. Deve quindi presentare la propria dichiarazione,
indicando gli elementi risultanti dalle dichiarazioni che gli sono state rese dai sostituiti.

7. La dichiarazione nulla, incompleta e infedele.


Gli obblighi relativi alla dichiarazione sono presidiati da sanzioni amministrative e penali. Ai fini delle
sanzioni amministrative, la dichiarazione può essere omessa, incompleta e infedele.
Si ha dichiarazione omessa quando
 non è stata presentata affatto, o
 è stata presentata oltre 90 giorni dalla scadenza.
È nulla la dichiarazione
 non redatta su stampati conformi a quelli ministeriali,
 non sottoscritta (o non sottoscritta da persona non legittimata).
Dichiarazione omessa e nulla sono equiparate relativamente all'accertamento.
È infedele quando un reddito netto non è indicato nel suo esatto ammontare. È incompleta quando è
omessa l'indicazione di una fonte reddituale. Le due fattispecie sono trattate allo stesso modo.
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La dichiarazione non sottoscritta è nulla, ma si tratta di nullità sanabile, perché l’ufficio deve invitare il
contribuente a regolarizzare l’atto.

8. La dichiarazione nell’iva e nell’imposta di registro


La dichiarazione annuale Iva deve essere presentata da tutti i soggetti passivi Iva, anche se non hanno
effettuato operazioni imponibili; se non deve essere presentata in forma unificata, è presentata in via
telematica tra il 1 febbraio e il 30 settembre. Sono indicati i dati e gli elementi necessari per la
determinazione dell'ammontare delle operazioni e dell'imposta e per effettuare i controlli.
È redatta in base alle registrazioni effettuate nel periodo di imposta; deve indicare:
 l'ammontare delle operazioni imponibili e delle relative imposte,
 l'ammontare degli acquisti e delle importazioni, con le relative imposte (agli effetti del diritto di
detrazione),
 l'ammontare delle somme versate,
 il saldo finale (credito d’imposta o debito).
Nel procedimento applicativo dell’imposta di registro, la dichiarazione occupa un’importanza ridotta,
poiché gli elementi da portare a conoscenza del fisco sono generalmente racchiusi nello stesso atto da
registrare. La dichiarazione Iva non è, di regola, un atto autonomo.

Capitolo Nono. L'ISTRUTTORIA

1. L’istruttoria ed il sistema informativo


Passiamo ora ad esaminare l’attività conoscitiva dell’amministrazione finanziaria, volta al controllo degli
adempimenti dei contribuenti.
Ogni contribuente ha un codice fiscale ed è iscritto all'Anagrafe tributaria.
L'emanazione dell'avviso di accertamento è una prerogativa esclusiva degli uffici dell'Agenzia delle entrate,
l'attività investigativa è svolta anche dalla Guardia di finanza.
Il Ministro dell'economia e delle finanze programma annualmente l'attività dell'Agenzia, fissando con
decreto i criteri selettivi in base ai quali individuare i contribuenti da controllare.

2. La liquidazione in via informatica.


Il primo controllo a cui sono sottoposte le dichiarazioni dei redditi ha ad oggetto
 la liquidazione delle imposte dovute
 e dei rimborsi spettanti in base alla dichiarazione stessa.
Il controllo viene eseguito con procedure automatizzate, entro il periodo di presentazione delle
dichiarazioni relative all'anno successivo.
L’Art. 36-bis D.p.r. 600/1973 regola la liquidazione. Con la liquidazione automatica si ha un controllo limitato sia
nell’oggetto che negli effetti, alla verifica dell'esattezza numerica dei dati dichiarati.
Se risulta che l'importo versato dal contribuente è inferiore a quello da versare in base alla dichiarazione,
si procede direttamente alla riscossione della somma non versata.
Sulla base dei dati dichiarati e dei dati tratti dall’Anagrafe tributaria, l'amministrazione finanziaria
 corregge gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli
imponibili, delle imposte, e nel riporto delle eccedenze delle imposte derivanti da precedenti dichiarazioni;
 riduce le detrazioni d'imposta, le deduzioni dal reddito e i crediti d'imposta indicati in misura superiore
a quella prevista dalla legge o non spettanti in base a quanto dichiarato;
 controlla che i versamenti siano tempestivi e corrispondenti a quanto dichiarato.
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Il risultato del controllo, se diverso da quanto dichiarato, è comunicato al contribuente, che viene invitato a
versare la somma così liquidata; se il contribuente versa è evitata l'iscrizione a ruolo e la sanzione è ridotta a
1/3.

2.1. Il controllo formale delle dichiarazioni


Art. 36-ter D.p.r. 600/1973: alla liquidazione può seguire un controllo formale della dichiarazione, entro il 31
dicembre del secondo anno successivo a quello della presentazione. Il controllo formale non è automatico
ma si svolge in base ai criteri selettivi fissati dal Ministero e riguarda solo alcune voci della dichiarazione,
che devono essere giustificate documentalmente.
Il contribuente o il sostituto d'imposta, in sede di controllo formale, è invitato a
 fornire chiarimenti su alcuni elementi della dichiarazione,
 trasmettere i documenti che li giustificano,
 esibire le ricevute dei versamenti.
Il controllo formale si differenzia quindi dalla liquidazione perché non riguarda solo la dichiarazione ma
anche i documenti che devono corredarla.
Al termine del controllo formale gli uffici (restando impregiudicata la facoltà di emettere avvisi di
accertamento) dopo aver invitato il contribuente a produrre documenti o fornire chiarimenti:
a) escludono lo scomputo delle ritenute d'acconto non documentate,
b) escludono le detrazioni d'imposta non spettanti in base alla documentazione o agli elenchi
dell'Anagrafe tributaria, riguardanti gli oneri deducibili, comunicati all’Anagrafe tributaria da banche,
assicurazioni o altri enti,
c) escludono le deduzioni dal reddito non spettanti in base alla documentazione fornita in base
alla lett.b),
d) quantificano i crediti d'imposta dovuti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti
richiesti ai contribuenti,
e) liquidano la maggiore Irpef e i maggiori contributi dovuti sull'ammontare complessivo dei redditi
risultanti da più dichiarazioni o certificati, presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente,
f) correggono errori materiali e di calcolo contenuti nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.
L'esito del controllo formale (come l’esito della liquidazione) è comunicato al contribuente o al sostituto
d'imposta.
Tale doppio controllo (liquidazione automatica e controllo formale) è diretto alla determinazione del
debito d’imposta derivante dal reddito dichiarato e, se ad esse non non segue l'esatto adempimento da
parte del contribuente, l'amministrazione provvede ad iscrivere a ruolo le somme dovute.

3. Accessi, ispezioni e verifiche


Il controllo sostanziale delle dichiarazioni è svolto sia dall'Agenzia delle entrate che dalla Guardia di finanza.
Art. 14 Cost. il domicilio è inviolabile, ma vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri nei
casi e nei modi stabiliti dalla legge, con la garanzia dell'autorizzazione data con atto motivato dall'autorità
giudiziaria. Gli accertamenti e le ispezioni sono ammessi a fini fiscali ma devono esser regolati da leggi
speciali.
La tutela costituzionale del domicilio non riguarda l'accesso nei locali destinati all'esercizio di attività
commerciali, agricole, artistiche, professionali: per accedervi si richiede l'autorizzazione del capo dell'ufficio
o del Comandante di zona, con provvedimento che ne indica lo scopo. È però richiesta la presenza del
titolare dello studio in caso di accesso a locali destinati all'esercizio di arti o professioni.
In caso di studi professionali si deve mediare tra tutela dell'interesse fiscale e segreto professionale: è
necessaria l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l'esame di documenti e la richiesta di
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notizie relativamente ai quali è eccepito segreto professionale.
Per l'accesso nelle abitazioni è necessaria
 l'autorizzazione del capo dell'ufficio o del Comandante di zona,
 l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica, concessa
– con atto motivato,
– in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali,
– allo scopo di reperire libri, registri, documenti ed altre prove delle violazioni. Tale atto può esser
sindacato dal giudice tributario.
L'autorizzazione del Procuratore è necessaria anche per perquisizioni personali e apertura coattiva di
plichi sigillati, casseforti, mobili ripostigli e simili.

Art. 12 Statuto dei diritti del contribuente prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali nei locali
destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali
 sono effettuati in base ad esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo;
 si svolgono durante l'orario ordinario di esercizio delle attività, salvo casi eccezionali,
 con modalità tali da arrecare meno disturbo possibile allo svolgimento delle attività e alle relazioni
commerciali e professionali del contribuente.
Iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato
 delle ragioni che l'abbiano giustificata,
 dell'oggetto della verifica,
 della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa,
 dei diritti e degli obblighi riconosciutigli in occasione delle verifiche.
Su richiesta del contribuente l'esame dei documenti amministrativi e contabili può esser effettuato presso il
professionista che lo assiste.
Delle osservazioni del contribuente e del professionista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni
di verifica.

Durante il controllo sostanziale vengono eseguite ispezioni documentali su libri, registri, documenti e altre
scritture che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta non è obbligatoria.
La verifica contabile esamina la completezza, esattezza e veridicità della contabilità, anche
confrontandola con documenti e scritture contabili di terzi (controllo incrociato).
Le verificazioni sono controlli sugli impianti, sul personale dipendente, sull'impiego di materie prime ed
altri acquisti, e su ogni elemento utile ai fini del controllo dell'esatto adempimento delle norme fiscali.

Gli operatori dell'amministrazione finanziaria non possono permanere presso la sede del
contribuente oltre i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di indagini
particolarmente complesse, con atto motivato del dirigente dell'ufficio.
Decorso tale periodo gli operatori possono tornare nella sede del contribuente per esaminare le
osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni
di verifica o per specifiche ragioni.
Di ogni accesso è redatto processo verbale da cui risultino
 le ispezioni e rilevazioni eseguite,
 le richieste fatte al contribuente,
 le risposte ricevute.
Il verbale è sottoscritto dal contribuente, che ha diritto di averne una copia.
La descrizione dettagliata delle operazioni è effettuata nel processo verbale di verifica. Viene poi redatto un
34
processo verbale di constatazione che sintetizzi i dati rilevati.
Entro 60 giorni dalla ricezione della copia del verbale, il contribuente può comunicare osservazioni o
richieste, valutate dagli uffici impositori.
L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza dei 60 giorni, salvo casi di particolare
e motivata urgenza.

3.1. Le indagini bancarie


Il segreto bancario non opera di fronte alle indagini fiscali.
Le indagini bancarie devono essere autorizzate, a seconda di chi procede, dalla Direzione regionale dell'Agenzia
o dal Comandante di zona per la Guardia di Finanza; ma la mancanza di tale autorizzazione non
preclude l'utilizzabilità dei dati acquisiti.
Le banche devono comunicare all'Anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la natura dei rapporti intrattenuti.
Acquisiti i dati bancari, l’ufficio può chiedere dati e notizie al contribuente, invitandolo a comparire di
persona o inviandogli questionari, per consentirgli di fornire elementi contrari alle presunzioni
derivanti dai movimenti bancari che non trovano riscontro nella contabilità. I prelevamenti non
registrati legittimano il fisco ad accertare dei ricavi, presupponendo che il prelevamento sia stato usato
per remunerare un acquisto inerente alla produzione del reddito e che al costo non contabilizzato
corrisponda un ricavo non contabilizzato. È una presunzione relativa, superabile indicando il beneficiario del
prelevamento

3.2. Inviti e richieste


Le indagini presso il contribuente (accessi, con conseguente ricerca ed esame di documenti e di altri
elementi probatori) e presso le banche (e le poste) sono gli strumenti più penetranti di cui il fisco
dispone per controllare le dichiarazioni e reprimere l’evasione. Meno penetranti sono altri strumenti
di cui il fisco dispone.
L'ufficio può invitare i contribuenti
 a comparire di persona per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
 ad esibire o trasmettere atti e documenti; ai soggetti obbligati alla tenuta della contabilità può
esser richiesta l'esibizione dei bilanci o delle scritture contabili;
 a compilare questionari relativi a dati e notizie specifiche, rilevanti ai fini dell'accertamento.
L'ufficio può chiedere
 agli organi e alle amministrazioni dello Stato, alle società di assicurazione, agli enti di riscossione
per conto terzi, la comunicazione di dati e notizie relativi a determinati soggetti o categorie di soggetti;
 a notai, procuratori del registro, conservatori dei registri immobiliari e pubblici ufficiali copia di
atti depositati presso di loro;
 ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili dati e documenti relativi ad attività svolte
nei confronti di clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo;
 ad ogni altro soggetto, atti e documenti fiscalmente rilevanti relativi specifici rapporti intrattenuti
con il contribuente.

4. Gli obblighi di collaborazione del contribuente


Durante l'attività istruttoria, il contribuente è tenuto ad ottemperare agli inviti e alle richieste
dell'amministrazione. La mancata collaborazione è punita con sanzione amministrativa e pregiudica le
facoltà di difesa del contribuente.

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4.1. Il contraddittorio.
L'interpello del contribuente (sia invitandolo a comparire di persona sia inviandogli questionari) è una facoltà,
non un obbligo dell’Ufficio. Solo in alcuni casi la legge prevede che l'ufficio debba interpellare il
contribuente prima di procedere ad accertamenti (ad es., quando l'amministrazione considera elusiva
un'operazione ed intende applicare la norma elusa, deve prima chiedere chiarimenti al contribuente e poi
potrà emettere l'accertamento).

5. Collaborazione dei comuni


Ai fini Irpef, i comuni collaborano con l'Agenzia in due modi e momenti diversi:
 segnalando all'Agenzia delle entrate dati, fatti ed elementi idonei ad integrare la
dichiarazione dei redditi;
 in sede di accertamento, l'ufficio deve trasmettere ai comuni le sue proposte di
accertamento e il comune può formulare proposte di aumento; decorsi 90 giorni l'ufficio notifica gli
accertamenti per i quali non siano intervenute proposte dai comuni o per i quali accolga le proposte in
aumento. Le proposte non condivise devono esser trasmesse alla “Commissione per l'esame delle proposte
del comune” che determinerà gli imponibili da accertare; se non delibera entro 45 giorni dalla
trasmissione della proposta, l'ufficio provvede all'accertamento dell'imposta nella misura da lui
determinata.

6. Rapporti tra istruttoria amministrativa e processo penale


La Guardia di finanza, se durante una verifica emergono notizie di reato, deve darne notizia al Procuratore
della Repubblica. Di conseguenza, ogni successiva fase del procedimento, finalizzata ad assicurare le fonti
di prova e raccogliere quanto possa servire per l’applicazione della legge penale, dovrà svolgersi applicando
il codice di procedura penale.
La GdF, operante come polizia giudiziaria, può trasmettere agli uffici fiscali i documenti, dati e notizie reperiti
in sede di indagine preliminare, previa autorizzazione dall'autorità giudiziaria: gli uffici dell'Agenzia delle
entrate potranno immediatamente utilizzare gli elementi probatori raccolti in ambito penale, anche in
deroga alle disposizioni in materia di segreto sugli atti dell'indagine penale (art.329 cpp).
Per consentire all’amministrazione di usare gli elementi raccolti in sede penale anche quando le indagini si
prolungano nel tempo, il termine di decadenza entro cui deve essere notificato l’atto impositivo si
raddoppia qualora, nel periodo d’imposta esaminato, siano avvenuti fatti che devono essere denunciati
all’autorità giudiziaria.

7. Definizioni agevolate mediante adesione


Terminata la verifica, il processo verbale è trasmesso all'ufficio dell'Agenzia delle entrate; se sono stati
rilevati fatti penalmente rilevanti sarà trasmesso anche alla Procura della Repubblica.
Se nel processo verbale vengono rilevate violazioni di norme fiscali, il contribuente potrà:
 conclusa la verifica e quando gli è stato rilasciato il processo verbale di chiusura delle indagini,
presentare entro 60 giorni osservazioni e richieste agli uffici impositori, esponendo ragioni
di fatto o di diritto, per cui ritiene che le conclusioni del verbale debbano essere disattese;
 prestare adesione ai verbali di constatazione in materia di imposte dirette e Iva, da cui può scaturire
un accertamento parziale; l'adesione ha ad oggetto il contenuto integrale del verbale e interviene entro
30 giorni dalla consegna del verbale. L'ufficio emetterà un atto di definizione dell'accertamento parziale,
applicando sanzioni ridotte a 1/8 del minimo, anche rateizzabili;
 l'ufficio potrà formulare e notificare un invito al contraddittorio o un invito a comparire, indicando la
pretesa fiscale; il contribuente potrà prestare adesione, comunicandolo all'ufficio e versando le somme

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dovute (o la prima rata) entro 15 giorni prima dalla data per la comparizione; le sanzioni sono ridotte
a 1/8 del minimo, rateizzabili;
 potrà presentare istanza di accertamento con adesione, chiedendo all'ufficio di formulare una proposta,
per raggiungere un accertamento concordato; le sanzioni sono ridotte a 1/4 del minimo.
Se non c'è adesione all'invito o accertamento con adesione, l'ufficio può emettere un avviso di
accertamento (non prima della scadenza del termine concesso al contribuente per presentare memorie) e
può inoltre notificare un atto di contestazione delle sanzioni amministrative.

Capitolo Decimo. L'AVVISO DI ACCERTAMENTO

1. Natura giuridica e contenuto


L'avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo vincolato (l’amministrazione
finanziaria non ha alcuna discrezionalità in ordine al contenuto da emanare) che conclude il
procedimento amministrativo di applicazione delle imposte. Negli avvisi di accertamento non è riscontrabile
il vizio di eccesso di potere.
Nell'avviso di accertamento si possono distinguere
 motivazione, indica i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che hanno determinato la decisione
dell'amministrazione,
 dispositivo.
Per le imposte sui redditi si richiede che l'avviso sia motivato indicando
 i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato,
 il distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie,
 la specifica indicazione dei fatti e circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici,
 le ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni.
In materia Iva bisogna indicare
 i presupposti di fatto e di diritto, a pena di nullità,
 gli errori, le omissioni e le false o inesatte indicazioni su cui è fondata la rettifica,
 i relativi elementi probatori,
 per le omissioni e le inesattezze desunte in via presuntiva devono essere indicati i fatti certi che
danno fondamento alla presunzione.
Molto spesso gli avvisi di accertamento sono emessi in base ad altri atti, richiamati dall’avviso. In caso di
motivazione per relationem, l'atto richiamato deve essere allegato all'atto che lo richiama; in alcune leggi
specifiche si ammette che non sia allegato ma ne sia riprodotto il contenuto essenziale.

Art. 42 D.p.r. 600/1973 è previsto che nelle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento deve indicare
 l'imponibile o gli imponibili accertati,
 le aliquote applicate,
 le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d'acconto e dei crediti di
imposta.
Di regola l'avviso statuisce l'imposta dovuta, ma vi anche sono avvisi senza imposta:
 accertamento dei redditi delle società di persone, si ha la determinazione dell'imponibile della
società da imputare, poi, pro quota, a ciascun socio, agli affetti dell'imposta sui redditi dovuta dal socio;
 accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite.
L'ufficio, con la rettifica della dichiarazione, determina autoritativamente il quantum delle varie operazioni.

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Nell'imposta di registro la rettifica deve stabilire il valore venale dei beni o diritti sui quali deve essere
applicato il tributo, indicando le aliquote e la maggiore imposta accertata.

2. La notificazione. Modalità e termini


L'avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione: l’atto di imposizione, in tanto
esiste, ed esplica effetti giuridici, in quanto sia notificato al destinatario.
La notificazione si esegue con consegna di copia al destinatario, in luoghi prefissati dalla legge. In caso di
consegna in mani proprie la notifica può esser effettuata in qualunque luogo, altrimenti il messo ricerca la
persona nel comune di domicilio fiscale e potrà consegnare copia dell'atto a persona di famiglia o addetta
alla casa, o al portiere, un vicino, dando avviso al destinatario con raccomandata. Se non è possibile
consegnare la copia a nessuno, l'atto è depositato in comune.
La notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna dell’atto al
rappresentante o alla persona incaricata di ricevere la copia o ad altra persona addetta alla sede; regole
analoghe valgono per gli enti privi di personalità. Se la notificazione non può essere eseguita presso la
sede, l’atto e notificato secondo le regole previste per le persone fisiche, con riferimento al rappresentante
dell’ente.
In particolare, in materia tributaria, la notificazione degli atti tributari: è eseguita dai messi comunali o da
messi speciali autorizzati dall'Agenzia delle entrate, che dovranno far sottoscrivere l'atto al consegnatario.
Se il consegnatario non è il destinatario, il messo deposita copia dell'atto da notificare in busta sigillata
e vi trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e
alla copia dell'atto. Il consegnatario sottoscrive la ricevuta e il messo dà notizia dell'avvenuta notifica con
raccomandata.
Se non è possibile la consegna in mani proprie, la notificazione si esegue con spedizione di
raccomandata con avviso di ricevimento, nel domicilio fiscale.
La notificazione a mezzo postale si considera fatta nella data di spedizione, ma i termini che hanno inizio
dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto.

Il comune di domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai fini delle notifiche: il legislatore presuppone che il
contribuente abbia sempre un domicilio fiscale, nel quale la notifica deve essere fatta.
Se nel comune di domicilio fiscale non c'è un luogo presso il quale la notifica possa esser fatta
validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l'atto è depositato presso la
casa del comune ed il messo affigge avviso di deposito presso l'albo del comune e ne dà notizia al
destinatario con raccomandata.
Anche quando la notifica deve essere fatta ad un non residente, il sistema è basato sul presupposto che il
non residente abbia o elegga in Italia un luogo presso cui fare la notifica. Il non residente può nominare un
rappresentante per i rapporti tributari ed ha in ogni caso un domicilio fiscale in Italia:
 per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui è prodotto il reddito,
 per le altre imposte nel comune in cui si verifica il presupposto.
Il contribuente può comunicare all'Agenzia delle entrate l'indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e
degli atti che lo riguardano.

Poiché l’atto di imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi della notificazione sono vizi
formali dell’atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso.
La giurisprudenza ritiene però che la proposizione del ricorso contro l'avviso di accertamento sani, con
effetto ex tunc, la nullità della notifica dell'avviso, per raggiungimento dello scopo della notifica.

L’atto di imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza. L'atto
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notificato in ritardo è illegittimo.
Per le imposte sui redditi e per l'Iva il termine è
 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione,
 in caso di omessa presentazione della dichiarazione, il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto esser presentata.
Per l'imposta di registro il termine è
 5 anni per gli atti non registrati,
 3 anni per gli atti registrati.

3. Gli effetti.
L’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo, con cui l’obbligazione tributaria è stabilita
autoritativamente. È però questione discussa se l’accertamento abbia efficacia costitutiva o dichiarativa
dell’obbligazione tributaria.
Secondo la teoria dichiarativa, l'obbligazione tributaria sorge non appena si verifica il presupposto di
fatto del tributo. Si ritiene che le norme che disciplinano le imposte sono norme materiali, di cui
scaturisce direttamente il debito tributario, e che l'atto impositivo ha per effetto il mero accertamento
dell'obbligazione tributaria, che, nascendo ex lege con il verificarsi del presupposto, viene accertata
con la dichiarazione del contribuente e con l'avviso di accertamento.
Per la teoria costitutiva l'obbligazione non deriva direttamente dalle norme tributarie materiali (norme sul
presupposto del tributo, sui soggetti passivi, sul quantum), ma, perché sorga l'obbligazione, è necessaria la
presentazione della dichiarazione o l'emanazione di un avviso di accertamento; quindi gli avvisi di
accertamento costituiscono (non accertano) l'obbligazione tributaria.

Se l'atto di imposizione non è impugnato, l'obbligazione statuita nell'atto amministrativo è da


considerare definitiva, senza possibilità di rimedi per il contribuente.
Per la teoria dichiarativa, il contribuente è titolare, di fronte al potere di accertamento, di un diritto
soggettivo alla giusta imposizione, quindi agisce in giudizio a tutela del diritto soggettivo leso dall'atto
amministrativo. Per effetto del verificarsi del presupposto viene ad esistenza il rapporto di imposta.
Per la teoria costitutiva il contribuente è titolare di una posizione di interesse legittimo (intesa come mera
proiezione individuale di una giurisdizione di annullamento).
Per operare un'iscrizione a ruolo è necessario che il debito sia oggetto o di dichiarazione o di atto
amministrativo, questi sono atti che costituiscono il rapporto: la dichiarazione è un mero atto, mentre
l'avviso di accertamento è un atto costitutivo del rapporto.

3.1. L’accertamento delle obbligazioni solidali


In caso di solidarietà il potere impositivo può essere esercitato nei confronti di più soggetti. In passato, si
riteneva che l’avviso di accertamento, notificato ad uno solo dei condebitori, fosse efficace nei confronti di
tutti; e da ciò derivava che, se l’atto non era impugnato e diventava definitivo, si riteneva che gli effetti
valessero nei confronti di tutti, anche nei confronti del condebitore che non era stato notificato (c.d.
solidarietà .formale o supersolidarietà). Tuttavia, la Corte Costituzionale (sentenza n.48/1968) ne ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art.24 Cost., in quanto comportava lesione del
diritto di difesa dei condebitori nei cui confronti un atto poteva esplicare effetti senza che ad essi fosse
notificato, e quindi senza che fossero posti in condizione di contestarlo in giudizio. Dopo tale sentenza, si è
consolidata l’idea che l’obbligazione solidale tributaria non differisce, né per struttura, né per disciplina, da
quella di diritto civile.
Gli effetti degli atti compiuti da o nei confronti di un condebitore

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 se sono favorevoli, possono estendersi agli altri condebitori,
 se sono sfavorevoli non si estendono,
 se sono neutri si estendono solo se l'interessato ne vuole approfittare.

Assodato che l’avviso di accertamento dell’obbligazione solidale vale soltanto nei confronti dei soggetti ai
quali è notificato, va escluso che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a notificare l’avviso di
accertamento a tutti i coobbligati.
Nella solidarietà vi è una pluralità di debitori per un’unica prestazione, e l’adempimento di uno libera tutti;
da ciò deriva la facoltà del creditore di rivolgersi a sua scelta ad uno o più debitori. La facoltà di rivolgersi ad
uno o più debitori implica, in diritto tributario, di riflesso, l’esclusione dell’obbligo di notificare l’avviso a
tutti. L'amministrazione finanziaria pertanto può, a scelta, emettere avviso di accertamento nei
confronti di un solo obbligato o di tutti, ma l'avviso di accertamento notificato ad un condebitore è efficace
solo nei confronti di questo soggetto, non verso gli altri.
L'atto produce effetti verso soggetti diversi dai suoi destinatari solo quando
 vi sia successione nel debito d'imposta,
 l'amministrazione sia titolare di privilegio speciale, perché in tal caso l’atto emesso nei confronti
del soggetto passivo legittima l’esecuzione sul bene, anche se di proprietà di terzi.

In passato si riteneva che l’avviso di accertamento, riguardante l’obbligazione principale, fosse


vincolante anche per l’obbligato dipendente, e che l’obbligato dipendente potesse contestare i
presupposti particolari dell’obbligazione dipendente, ma non l’obbligazione principale, risultante
da un’imposizione divenuta definitiva nei confronti dell’obbligato principale. Ora tale concezione è
superata. L'obbligato dipendente non è vincolato dall'avviso di accertamento (o da altro atto)
emesso nei confronti dell'obbligato principale. Nei rapporti tra coobbligati e fisco non vi è dunque
differenza tra solidarietà paritaria e solidarietà dipendente.
L'amministrazione che voglia ottenere il pagamento del tributo dall'obbligato dipendente deve
notificargli l'avviso di accertamento, motivando sia il presupposto dell'imposta, sia la fattispecie ulteriore da
cui scaturisce l'obbligazione del coobbligato dipendente.

Dato che l’avviso di accertamento esplica effetti solo nei confronti del condebitore al quale è notificato, è
solo il condebitore cui è stato notificato l'avviso di accertamento che può essere iscritto a ruolo.
Il fisco può iscrivere a ruolo un condebitore se l'iscrizione a ruolo sia legittimata da un avviso di
accertamento emesso nei suoi confronti. Nella prassi, invece, si iscrivono a ruolo tutti, anche senza
avviso. Occorre tuttavia che vi sia un titolo che legittimi l’iscrizione a ruolo (dichiarazione o avviso di
accertamento), del soggetto nei cui confronti si pretende di riscuotere.

Gli atti che riguardano un singolo condebitore non incidono sui rapporti interni tra condebitori. Il
condebitore che riceve l'avviso di accertamento e paga l'imposta non acquista per questo solo il diritto di
regresso nei confronti del coobbligato, in quanto l'obbligazione nei rapporti interni si divide secondo la
riferibilità del presupposto del tributo a ogni condebitore; il coobbligato non potrà ritenersi libero da ogni
vincolo solo per non aver ricevuto l'avviso di accertamento.

Se l'avviso non è notificato nei termini a tutti, la giurisprudenza ritiene che gli atti con i quali il creditore
interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto anche per gli altri debitori,
estendendo la regola anche alla decadenza. È però strano che estenda alla decadenza una regola della
prescrizione; questo orientamento suscita perplessità.

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Nella disciplina delle sanzioni, la notifica tempestiva di un atto sanzionatorio ad un autore della
violazione produce la proroga di un anno del temine per la notifica agli altri.

4. Nullità e annullabilità
La nullità, come forma di invalidità dei provvedimenti amministrativi, non è dunque la conseguenza della
violazione di una qualsiasi norma imperativa, ma solo delle norme che disciplinano
 gli elementi essenziali del provvedimento;
 l'attribuzione delle competenze;
 il giudicato,
 nei casi espressamente previsti dalla legge.
L'avviso di accertamento è nullo, ad esempio, quando
 non è sottoscritto (negli atti informatizzati basta l'indicazione del responsabile dell'atto),
 è intestato ad un soggetto inesistente (defunto o società estinta),
 non è notificato,
 è privo degli elementi essenziali della parte dispositiva.
Il provvedimento impositivo è nullo quando
 è viziato da difetto assoluto di attribuzione,
 è emesso in carenza di potere,
 nei casi espressamente previsti dalla legge (ad es.: in materia di imposte dirette si ha nullità
degli accertamenti non sottoscritti, non motivati; è anche previso che l'accertamento di un'imposta
elusa deve esser preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiarimenti al contribuente; sono nulli
gli atti dell'ufficio non conformi alla risposta data in sede di interpello ordinario).

Vi sono norme da osservare a pena di annullabilità e norme la cui violazione determina una semplice
irregolarità del provvedimento impositivo.
Non sempre il legislatore rende esplicita al conseguenza di un vizio: ad es., gli avvisi di accertamento devono
essere notificati entro un termine di decadenza, ma non è espressamente indicato che l’atto notificato in
ritardo è annullabile.
Nullità è intesa come annullabilità.
L'art. 21-septies , c.1, l. 241/1990, regolante il procedimento amministrativo, prevede che fuori dai casi
in cui l'invalidità è espressamente prevista, non vi sono né criteri generali né indicazioni da cui desumere
se un vizio rende l'atto annullabile o soltanto irregolare. È l'interprete a stabilire la gravità del vizio,
tenendo conto che è invalidante la violazione di norme procedimentali a garanzia del contribuente e non
invalidante la violazione di norme che non tutelino alcun interesse del ricorrente.
La violazione di norme sui metodi di accertamento e sui presupposti di accertamento (sopravvenuta
conoscenza di nuovi elementi, per l’accertamento integrativo) rendono l'atto annullabile.
Gli accertamenti fondati su prove acquisite illecitamente sono viziati in quanto infondati, cioè privi di
fondamento di fatto (essendo inutilizzabili le prove acquisite in modo irrituale).
I vizi non invalidanti sono mere irregolarità.
Il co 2 art. 21-octies l. 241/1990 (legge regolatrice del procedimento amministrativo)stabilisce che
alcune violazioni non comportano l'annullamento del provvedimento quando, per la natura vincolata
del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto esser diverso da
quello adottato.
La norma si applica solo ai provvedimenti vincolati in modo assoluto, alla cui formazione è estranea qualsiasi
elaborazione intellettiva.

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5. L’accertamento analitico
Il metodo con cui viene determinato l'imponibile determina la diversa denominazione dell'avviso di
accertamento. Si distingue tra accertamento analitico e sintetico.
L'accertamento analitico:
 del reddito delle persone fisiche è effettuato quando sono note le fonti dei redditi e si
perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti;
 dei redditi di impresa è effettuato determinando o rettificando singole componenti del reddito,
e presuppone che la contabilità sia attendibile (è detto analitico-contabile);
 dell'Iva investe singole componenti dell'imponibile, dell'imposta o delle detrazioni. Nelle
imposte indirette (come l’imposta di registro) non ha senso la distinzione tra più metodi di
accertamento, salvo casi particolari.

5.1. L’accertamento sintetico


Il reddito complessivo delle persone fisiche può essere determinato con metodo sintetico.
Mentre l’accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie (per il cui il
reddito complessivo, se vi sono più redditi, è la somma dei singoli redditi), con l’accertamento sintetico
si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo.
L'accertamento sintetico è un accertamento presuntivo basato sulle uscite, ammesso solo se il reddito
complessivo accertabile ecceda di almeno 1/5 quello dichiarato.
L'ufficio deve indicare nell'avviso di accertamento la sussistenza dei fatti indice (spese o
investimenti) utilizzati per il calcolo sintetico del reddito.
L'ufficio può applicare il redditometro, stabilito con decreto dal Ministro dell'economia, che individua
gli elementi indicativi di capacità contributiva in base ai quali calcolare il reddito complessivo.
Applicando i coefficienti, l'ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo lordo del
contribuente da cui si deducono gli oneri e si applicano le detrazioni di imposta lorda.
Il contraddittorio è obbligatorio. L'ufficio ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire per fornire dati e
notizie rilevanti per l'accertamento e quindi avviare il procedimento di accertamento con adesione.
Il contribuente ha l'onere di provare le spese finanziate con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso
periodo d'imposta; potrà opporre di aver utilizzato disponibilità economiche di natura non reddituale
(risparmi, beni ricevuti per successione o donazione).
L'ufficio deve accertare l'esistenza di fatti indice, ma il contribuente può contestare la sussistenza di tali
fatti, il cui onere di prova grava sull'ufficio, o contestare la quantificazione del reddito eseguita applicando i
coefficienti redditometrici.

6. L’accertamento dei redditi d’impresa


L'accertamento analitico-contabile dei redditi di impresa è costituito da rettifiche di singole componenti
del reddito dichiarato.
La rettifica può giustificarsi per
 ragioni di diritto, Es. se viene violata una norma in materia di reddito d'impresa che comporti
variazioni del reddito fiscale rispetto all'utile;
 ragioni di fatto, ad Es. dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili,
dall'esame della documentazione alla base della contabilità, da circostanze estranee alla contabilità.
Si distingue tra
 accertamento analitico semplice, che deduce la incompletezza, falsità o inesattezza degli elementi
indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto da una delle risultanze probatorie acquisite
dall'ufficio con i verbali, le risposte ai questionari, l'esame di atti;

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 accertamento analitico-induttivo, rettifica la dichiarazione sulla base
– di presunzioni, affermando l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività
dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti,
– esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente
desumibili dalle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica attività svolta.

6.1. L’accertamento analitico-induttivo mediante studi di settore


Il reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l’impresa ha una certa
dimensione e tiene in modo sistematico la contabilità, secondo il regime di contabilità ordinaria. Non è
invece possibile fare affidamento sulla contabilità per l’accertamento del reddito delle imprese minori, il
cui impianto contabile è rudimentale. Ecco perché, a partire dagli anni ’80, il legislatore ha introdotto
normative dirette a tassare gli imprenditori minori sulla base del loro reddito “ordinario”.
Nei confronti di soggetti in contabilità semplificata, quindi, l'accertamento può esser fatto sia in base alle
norme ordinarie, sia tramite l'accertamento analitico-induttivo mediante studi di settore.

Gli studi di settore determinano presuntivamente i ricavi o compensi attribuiti al contribuente in base
alla sua capacità potenziale di produrli, definita in base a fattori e indici di normalità economica.
Le imprese vengono divise in gruppi omogenei (cluster). Elaborando e valutando dati contabili e strutturali
di campioni significativi di contribuenti appartenenti allo stesso cluster, si individua la relazione matematica
tra le caratteristiche dell'attività e l'ammontare dei ricavi o compensi. Su tale relazione si calcola l'importo
presunto dei ricavi o dei compensi.
Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi i cui ricavi non superino i 5.164.000
Euro: ogni contribuente che appartenga a queste categorie deve presentare, oltre alla dichiarazione dei
redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi di settore.
I moduli si compilano e trasmettono attraverso un software che automaticamente applica lo studio di
settore ed indica:
 il cluster di appartenenza,
 congruità e coerenza, volume di ricavi o compensi previsti dallo studio.
Il reddito del contribuente congruo ma non coerente non può essere rettificato applicando gli studi di
settore, ma con gli ordinari metodi accertativi.
Il reddito del contribuente congruo e coerente non può esser rettificato, a meno che non si
disconosca la veridicità dei dati dichiarati.

Gli studi di settore sono atti amministrativi generali di organizzazione. Essi non possono essere applicati in
via automatica, ma è necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria, in contraddittorio con il
contribuente, per verificare se nel caso concreto vi sono ragioni che confermano i ricavi indicati negli studi
di settore o che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore.
Sono applicati anche ai soggetti in regime di contabilità ordinaria (imprese o lavoratori autonomi) solo
quando si riscontrano ( con verbale d’ispezione) inattendibilità della contabilità.

I responsabili dei Caaf imprese e i professionisti abilitati possono, su richiesta del contribuente, rilasciare
una speciale dichiarazione (“visto pesante” o asseverazione) con cui
 asseriscono che gli elementi comunicati all'amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei
redditi rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, corrispondono alla contabilità e alla
documentazione dell'impresa.
• attestano che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili in base agli studi di settore.

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Le dichiarazioni accompagnate da visto pesante non possono essere rettificate con metodo
induttivo, ma solo in base a studi di settore entro la fine del 3° anno successivo alla presentazione della
dichiarazione. In caso di rettifica il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di primo grado.

6.2. L’accertamento induttivo-extracontabile dei redditi d’impresa


L’accertamento analitico, anche se analitico-induttivo, presuppone l’attendibilità complessiva della
contabilità, e consta della rettifica di singoli componenti reddituali (sia pure di componenti di
grande rilievo, come nel caso in cui venga rettificato induttivamente l’ammontare dei ricavi).
Quando la contabilità è inattendibile l'ufficio può procedere ad accertamento induttivo-
extracontabile, ma tassativamente quando:
 il reddito di impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
 dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all'ispezione una
o più scritture contabili prescritte a fini fiscali;
 le scritture non sono disponibili per cause di forza maggiore;
 le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate con verbale di ispezione o le
irregolarità formali delle scritture contabili sono gravi, numerose e ripetute, tali da rendere inattendibili le
scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica;
 il contribuente non ha dato seguito all'invito a trasmettere o esibire atti o documenti e non ha risposto
al questionario.
In questi casi l'ufficio può:
 avvalersi dei dati e notizie comunque raccolti o conosciuti;
 prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili, se esistenti;
 avvalersi di presunzioni prive di gravità, precisione e concordanza.
L'ufficio può ritenere inattendibile la contabilità solo in base a prove circostanziate circa le irregolarità
contabili, solo su prove concrete riguardanti il singolo contribuente.
Stabilita l'inattendibilità della contabilità, l'ufficio può prescindere dalla contabilità e servirsi di dati ed
elementi comunque raccolti per ricostruire il reddito, utilizzando medie statistiche e dati di carattere
astratto.
Una volta appurata, in concreto, l’inattendibilità della contabilità, si apre una seconda fase, volta a
ricostruire il reddito: in questa fase, l’ufficio può prescindere dalla contabilità e servirsi di dati ed
elementi comunque raccolti (ossia raccolti in sede di indagini non riguardanti il singolo
contribuente) e di presunzioni non assistite dai requisiti di gravità, precisione e concordanza. È solo
in questa fase che l’ufficio può utilizzare medie statistiche ed altri simili dati di carattere astratto,
non desunti dalla situazione concreta del singolo contribuente.

7.e 8. L’accertamento parziale e accertamento integrativo


L'ufficio indagati i redditi di un soggetto, utilizza i dati emersi emettendo, se ricorrono i presupposti,
un avviso di accertamento.
Di regola l'accertamento è unico e globale. Si ha deroga in caso di accertamento parziale e di accertamento
integrativo:
 accertamento parziale, fondato su segnalazioni dal Centro informativo delle imposte dirette,
dalla Guardia di finanza e da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici o dall'Anagrafe tributaria: in
base a tali segnalazioni, l'ufficio può rettificare la dichiarazione accertando un reddito non dichiarato, il
maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato o la non spettanza di deduzioni, esenzioni,
agevolazioni. È un accertamento analitico. È quindi possibile emanare un successivo avviso di
accertamento, anche in base ad elementi già acquisiti dall'ufficio al momento dell'emissione
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dell'accertamento parziale; non è richiesta la collaborazione del comune.
 accertamento integrativo, l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento con la
notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. È limitato il potere di
emettere accertamenti integrativi (che comportano un aumento dell'imponibile o dell'imposta
precedentemente accertati), ma non di accertamenti modificativi (comportanti una diversa qualificazione
del reddito). Il potere di autotutela non è limitato da questa disciplina.

9. L’accertamento con adesione


L'accertamento con adesione (o concordato) si forma al termine di un contraddittorio tra ufficio e
contribuente, ed è un provvedimento di accertamento dell'ufficio sottoscritto anche dal contribuente. Può
essere avviata sia dal contribuente che d’ufficio.
Il contribuente può
• al termine della verifica fiscale, chiedere all'ufficio di formulare una proposta;
• dopo che gli è stato notificato l'avviso di accertamento, presentare istanza di accertamento con
adesione, che sospende per 90 giorni il termine per presentare ricorso.
L’avvio del procedimento apre una fase di confronto tra contribuente ed ufficio; se dal contraddittorio
scaturisce un accordo, ad esse segue l’accertamento (conforme all’accordo), sottoscritto dal titolare
dell’ufficio e, per adesione, dal contribuente.
L'accertamento con adesione deve essere motivato e contenere la liquidazione delle imposte e degli altri
importi dovuti; non è notificato al contribuente in quanto da questo sottoscritto.
La procedura si perfeziona con il versamento delle somme dovute entro 20 giorni da lla
sottoscrizione; il versamento può esser rateizzato, nel qual caso sono dovuti gli interessi legali e il
contribuente è tenuto a prestare garanzia.

Il concordato può avere ad oggetto il reddito o il volume di affari soggetto ad Iva, può riguardare la base
imponibile di un'imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali.
L'accertamento con adesione impegna il contribuente, che non può proporre ricorso, e l'ufficio, che non
può modificarlo: è dunque definitivo.
In casi tassativamente previsti può esser integrato con successivo accertamento quando
 a) sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, dai quali si desume un reddito superiore al 50%
del reddito definito, e non inferiore a 77.468 Euro;
 b) la definizione riguarda accertamenti parziali;
 c) la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazione a società di persone, associazioni,
aziende coniugali non gestite in forma societaria;
 d) se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti della società o dell’associazione o dell’azienda
coniugale di cui alla lett. c), alle quali partecipa il contribuente bei cui riguardi è intervenuta la definizione.
Con il concordato
 le sanzioni amministrative sono ridotte a 1/4 del minimo,
 può derivare la riduzione alla metà delle pene previste per reati tri butari e la non
applicabilità di misure accessorie se il debito tributario derivante dal concordato è assolto prima
dell'apertura del dibattimento di primo grado.
L'accertamento con adesione non è ammesso quando è configurabile l'obbligo di denuncia
all'autorità giudiziaria per alcuni reati. Inoltre non è ammesso anche quando, per tali reati, è stato
presentato rapporto alla GdF o è stata attivata l’zione penale.

In dottrina vi sono due orientamenti sulla natura giuridica del concordato:

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 è un contratto secondo concetti privatistici (in particolare, una transazione)
 è un normale atto unilaterale di accertamento.
È comunque una forma di esercizio di potere impositivo, non può quindi essere un atto di diritto privato.

10. L’accertamento d’ufficio


L'avviso di rettifica presuppone la presentazione della dichiarazione ed è così denominato perché il suo
contenuto ha come termine di riferimento la dichiarazione.
Per le imposte sui redditi e per l'Iva l'accertamento d'ufficio è emesso quando non è stata presentata
o è nulla la dichiarazione. È un accertamento analitico anche in questo caso; può essere sintetico o
induttivo solo se l'ufficio non ha potuto raccogliere elementi idonei alla determinazione analitica
dell'imponibile.
L'ufficio può avvalersi di presunzioni non gravi, precise e concordanti, e può prescindere dalla
dichiarazione e dalle scritture contabili, anche se regolarmente tenute. Ovviamente l’uso di tali facoltà non
deve essere arbitrario e deve trovare giustificazione nel caso concreto.

11. L’accertamento catastale


I redditi dei terreni e dei fabbricati (redditi fondiari) sono determinati con l'accertamento catastale.
Il catasto dei terreni è un inventario che descrive la proprietà terriera, suddivisa in particelle, con
l'indicazione dell'appartenenza, della qualità, della classe e del relativo reddito medio ordinario.
Le categorie catastali sono
 abitazioni (A),
 edifici ad uso collettivo (B),
 immobili ad uso commerciale (C),
 immobili industriali (D),
 immobili speciali (E).
L'iniziativa dell'accatastamento presso l'Agenzia del territorio spetta al possessore dell'immobile, che
dichiara le nuove costruzioni (c.d. Docfa). L’accatastamento è una prerogativa dell’Agenzia del Territorio,
che può far propria la dichiarazione di rendita proposta dal possessore o modificarla.
Gli atti dell'Agenzia del Territorio che attribuiscono o modificano la rendita catastale di terreni o
fabbricati devono essere notificati agli intestatari delle particelle, e sono efficaci dal giorno della
notificazione.
Ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi, i catasti forniscono la misura del reddito fondiario
imponibile. I catasti sono strumenti di determinazione analitica dei redditi.
La rendita catastale è la base imponibile delle imposte sui redditi, ma è utilizzata anche per altre imposte.
L'Ici è applicata su un valore calcolato in base alla rendita catastale; la base imponibile dichiarata agli effetti
delle imposte sui trasferimenti degli immobili (imposta di registro, Iva) non può essere rettificata
dall’amministrazione finanziaria, se è superiore ad un dato multiplo della rendita..

12. L’avviso di liquidazione


Nell'accertamento dell'imposta di registro, la legge distingue tra determinazione del valore imponibile e
determinazione (o liquidazione) dell’imposta. Quando l'ufficio rettifica il valore imponibile deve anche
liquidare l'imposta: si ha quindi un atto unico contenente la rettifica dell’imponibile e la liquidazione
dell’imposta (oltre che degli interessi e delle sanzioni).
Si ha avviso di liquidazione, come atto autonomo, anche quando, essendo già determinato l'imponibile, si
tratta solo di liquidare l'imposta e chiederne il pagamento.
La liquidazione non è un operazione puramente matematica: essa implica la qualificazione giuridica dell'atto
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registrato e la scelta dell'aliquota. Quindi l'avviso di liquidazione, in quanto atto determinativo dell’imposta,
è un atto impositivo, con valore autoritativo e, se non impugnato, definitivo. È un atto della procedura di
riscossione, in quanto atto con cui viene richiesto il pagamento dell’imposta; se ad esso non segue il
pagamento del tributo, l'amministrazione può iscrivere a ruolo il debito.

13. L’ingiunzione fiscale


L'ingiunzione è l'atto di accertamento delle imposte indirette per le quali la legge non prevede l'avviso
di accertamento come atto tipico (tributi doganali e imposte di fabbricazione).
Tramite ingiunzione fiscale, si ha anche la riscossione coattiva dei tributi delle provincie e dei comuni
quando è svolta in proprio dall'ente o è affidata a soggetti terzi diversi dagli agenti di riscossione.

14. Facoltà difensive del contribuente


Il contribuente al quale è notificato avviso di accertamento può:
 presentare istanza di accertamento con adesione, con cui sospende il termine per impugnare per
90 giorni. La definizione mediante accertamento con adesione comporta un ridimensionamento del
tributo e la riduzione della sanzione di 1/4 del minimo edittale. Il contribuente può anche definire solo le
sanzioni (pagando ¼ di quanto irrogato) e impugnare l'avviso di accertamento relativamente al tributo e gli
interessi. Se l’avviso è tempestivamente impugnato, è ancora possibile una soluzione concordata della
vertenza, mediante conciliazione;
 Il contribuente può, entro 60 giorni dalla notifica, impugnare l'avviso di accertamento davanti alle
commissioni tributarie (o decidere di non impugnarlo);
 se non impugna l’avviso di accertamento o di liquidazione o non presenta istanza di accertamento
con adesione, le sanzioni sono ridotte a 1/4 , purché le somme siano pagate prima che scada il termine per
proporre ricorso. Le sanzioni irrogate sono ridotte, per mancata impugnazione dell’avviso, a 1/8 se al
contribuente non è stata data, prima della notificazione dell'avviso, la possibilità di definire il rapporto
d'imposta con adesione ai contenuti dell'invito a comparire o al processo verbale. Se l’avviso non è stato
preceduto né da un processo verbale cui è possibile aderire, né da invito a comparire, le sanzioni sono
ridotte- per mancata impugnazione- ad 1/8 di ¼ irrogato. Si ha riduzione solo a 1/4 quando il contribuente
avrebbe potuto aderire al processo verbale o a un invito ma non se ne sia avvalso.

Capitolo Undicesimo. L'ELUSIONE

1. Nozione di elusione
L’elisione fiscale occupa uno spazio intermedio tra risparmio legittimo (o lecito) d’imposta ed evasione.
L'evasione è diversa dall’evasione perché generalmente è realizzata occultando il presupposto dell'imposta
ed è punita con sanzioni amministrative o penali.
L'elusione non è violazione, ma aggiramento di un precetto fiscale; può essere definita come un
comportamento che realizza un "risparmio fiscale", conforme alla lettera ma non alla ratio delle norme
tributarie; è posta in essere con strumenti giuridici validi e leciti (quindi senza occultamenti della materia
imponibile, senza atti simulati). Invece, l’evasione appartiene all’area dell’illecito.
La nozione di elusione è collegata a quella di abuso: il contribuente che elude non applica il regime fiscale
"appropriato", ma applica, abusivamente, una normativa fiscale più favorevole.
L'art. 37-bis del D.p.r. 600/1973 fornisce una definizione legislativa: vi è elusione quando sono posti in
essere comportamenti "privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall'ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni d'imposte o rimborsi, altrimenti indebiti". Chi elude,

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pertanto, non viola alcuna specifica disposizione, ma ottiene un vantaggio fiscale indebito perché derivante
da comportamenti privi di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dal risparmio fiscale. Se
l'operazione posta in essere non realizza l'aggiramento di specifiche disposizioni fiscali ed è motivata
essenzialmente da ragioni non fiscali, non si ha elusioni, ma risparmio lecito d'imposta. Il risparmio fiscale
non è indebito se e perché è la conseguenza dell'applicazione di una norma di favore in modo conforme alla
sua ratio; di fronte a due schemi di comportamento, è ammesso che il contribuente adotti quello
fiscalmente meno oneroso.
La giurisprudenza comunitaria ha escluso che costituisca un abuso del diritto di stabilimento il creare una
società in uno Stato membro per fruire di una legislazione fiscale più vantaggiosa. Sono elusive, invece, le
costruzioni societarie artificiose, costituite essenzialmente per spostare materia imponibile verso Paesi a
bassa fiscalità.
I contratti stipulati per fini di elusione fiscale non possono essere considerati in "frode alla legge", ai sensi
dell'art. 1344 c.c. ("Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere
l'applicazione di una norma imperativa"). Questa disposizione non è applicabile ai contratti che eludono
norme fiscali, perché le norme imperative alle quali ci si riferisce sono le norme (civilistiche) proibitive, ossia
le norme che vietano di porre in essere determinati negozi. Poiché le norme tributarie sono imperative, ma
non proibitive, un contratto con fini di elusione fiscale non è nullo, ma valido ed efficace sul piano civilistico,
come stabilito dall'art. 10 dello "Statuto dei diritti del contribuente" ("Le violazioni di disposizioni con
rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto").

2. Interpretazione antielusiva e riqualificazione dei negozi


L'elusione può essere impedita attraverso l'interpretazione estensiva delle norme fiscali, ma, quando il
risultato dell'interpretazione è in grado di includere nella fattispecie della norma elusa il comportamento
elusivo, l'elusione non è più tale, ma una delle ipotesi alle quali si applica la norma impositiva. E' stato infatti
osservato che l'elusione comincia là dove finisce l'interpretazione. Infatti, in base all’interpretazione larga di
una fattispecie imponibile, il comportamento antielusivo viene tassato nei modi ordinari, e non come
comportamento elusivo.
L'interpretazione antielusiva va adottata quando il contribuente si avvale di atti e comportamenti che
appaiono estranei alla fattispecie di una norma impositiva, ma che, in realtà, vi possono rientrare, ove le
regole sull’interpretazione permettano di tenere conto del risultato economico avuto di mira dal legislatore.
La nozione di elusione rimanda ad una possibile duplice interpretazione della disposizione fiscale:
1. Metodo letterale (o formalistico) di interpretazione, in base al quale il comportamento elusivo non è
tassabile. Non consente interpretazioni antielusive, perché impedisce l'analogia e l'interpretazione
estensiva.
2. Metodi non formalistici, che, facendo prevalere la ratio sulla lettera della legge, favoriscono la
possibilità di interpretazioni antielusive.
Altra tecnica antielusiva consiste nella riqualificazione del negozio, ovvero il superamento della forma che i
contraenti hanno dato al contratto (principio chiamato "substance over form"), che avviene applicando i
criteri di interpretazione dei contratti in modo non formalistico, per pervenire ad una riqualificazione del
negozio fondata sulla sostanza giuridica della vicenda negoziale. Ha funzione antielusiva, ad es., l'art. 20 del
Testo unico del registro: "L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti
presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".

3. Le norme antielusive speciali


L'elusione può essere contrastata con:
1. Norme a contenuto espressamente antielusivo: all'amministrazione finanziaria è conferito il potere
di qualificare una operazione come elusiva e di imporre il pagamento del tributo eluso;
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2. Norme specifiche di diritto sostanziale: sono dettate per neutralizzare determinate pratiche elusive;
l'antielusività non è esplicita, ma risiede nella ratio delle norme, che sono dunque implicitamente
antielusive.
L'esistenza di norme tributarie che hanno lo "scopo di contrastare comportamenti antielusivi" è
espressamente riconosciuta dalla norma che permette all'amministrazione di autorizzarne la
disapplicazione delle norme antielusive, su richiesta del contribuente, nei casi concreti in cui non ricorrano
profili elusivi (art. 37-bis, comma 8, D.p.r. 600/1973).
Esempi di norme con funzione antielusiva:
• Art. 172, comma 7, T.u.i.r.: tale norma limita la deducibilità della perdite di società incorporate; il
legislatore ha di mira l'acquisto della partecipazione totalitaria in società inattive, ma aventi diritto a
dedurre perdite, seguita dall'incorporazione, fatta non per unire due organismi produttivi, ma per acquisire
il diritto a dedurre le perdite della società incorporata. Vengono posti dei limiti alla deducibilità delle perdite
dell'incorporata da parte della società incorporante.
• Art. 118, comma 2 e art. 115, comma 3 T.u.i.r.: inibiscono l'utilizzabilità delle perdite fiscali
realizzate prima dell'adozione del consolidato nazionale o della trasparenza; si ha di mira l'acquisto di
società portatrici di perdite fiscali al solo scopo di compensare le perdite con il reddito di altre società
partecipanti al consolidato o delle società-socie in regime di trasparenza.
• Art. 102, comma 7 T.u.i.r.: per impedire l'aggiramento della disciplina fiscale degli ammortamenti
mediante l'utilizzo di un leasing di durata molto breve, che consenta la deduzione del costo del bene in un
arco temporale inferiore a quello dell'ammortamento fiscale, la deduzione dei canoni di leasing dal reddito
d'impresa è ammessa solo se la durata del contratto non è inferiore ai due terzi del periodo di
ammortamento ordinario del bene oggetto di leasing.
• Art. 110, comma 7 T.u.i.r.: norma sul transfer price, in base alla quale, nei trasferimenti infragruppo,
è rilevante il valore normale e non il prezzo pattuito tra le due società dello stesso gruppo, che potrebbero
pattuire prezzi difformi al valore dei beni, al fine di eludere le imposte.
• Art. 167 e 168 T.u.i.r.: norma sulle "imprese estere controllate e collegate, che disciplina la
tassazione degli utili derivanti dalla partecipazione in società estere controllate collegate, aventi sede in
Stati a fiscalità privilegiata, tassazione che deve essere effettuata secondo il principio di trasparenza.

4. L'art 37-bis del D.p.r. 29 settembre 1973, n. 600


L'art. 37-bis del D.p.r. 600/1973 recita: "Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i
negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti
previsti dall'ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni d'imposta o rimborsi, altrimenti indebiti".
L'elusione, quindi, secondo tale disposizione, assume rilievo quando:
1. Sia stato conseguito un vantaggio fiscale (riduzione d’imposta o rimborso) "altrimenti indebito",
conseguito per effetto dell'aggiramento di un obbligo o divieto fiscale.
2. L'operazione sia priva di "valide ragioni economiche".
In via prioritaria , occorre esaminare se sia stato conseguito un vantaggio fiscale. La sussistenza di un
vantaggio fiscale non è tanto un requisito, quanto l’essenza stessa dell’elusione. Un vantaggio è indebito
qualora l'operazione risulti "diretta ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario".
Per accertare il vantaggio indebito, occorre confrontare lo schema realizzato ed un modello-standard, ed il
regime fiscale cui è soggetto il comportamento posto in essere ed il regime fiscale connesso al trattamento
evitato. Occorre confrontare 2 comportamenti: quello, meno oneroso, che è stato posto in essere, e quello
ortodosso, ma più oneroso, che è stato evitato. Se i due schemi sono fiscalmente equivalenti, non vi è
aggiramento. Vi è aggiramento se uno dei modelli si pone come standard, come operazione economica
fisiologica, in linea con la lettera e la ratio della legge, e se l'altro modello è anomalo ed ha comportato
l'aggiramento di un obbligo fiscale.
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Non è chiaro il concetto di "divieto", dato che il diritto tributario non prevede divieti in senso proprio. Il
diritto tributario non regola i comportamenti che appartengono alla sfera dell’autonomia privata; non li
autorizza né li vieta. In realtà, quindi, il termine divieto deve essere allora inteso in senso debole, ossia
come termine indicante norme fiscali che escludono un effetto vantaggioso per il contribuente (ad es.,
norme che escludono l'applicazione di norme fiscali agevolative, che limitano la deducibilità dei costi etc.).
L'aggiramento è da riferirsi ad una norma precisa, non all'ordinamento tributario nel suo complesso o ai
principi generali dell'ordinamento tributario.
Non si richiede abuso delle forme giuridiche civilistiche: l'abuso degli strumenti civilistici può essere un
sintomo di elusione fiscale, ma di per sé non è elemento costitutivo dell'elusione.
La giurisprudenza comunitaria intende il requisito delle "valide ragioni economiche" come necessità che
l'operazione economica sia motivata, essenzialmente, da ragioni extrafiscali, ossia che essa sarebbe stata
compiuta anche senza vantaggi fiscali.
Si possono distinguere due ipotesi:
1. L'operazione è del tutto priva di ragioni economiche e lo scopo di risparmio fiscale è l'unica ragione
di essa, dalla quale non deriva alcun risultato economico apprezzabile (è il caso, ad es., degli schemi elusivi
"circolari", nei quali viene posto in essere uno schema che si sviluppa mediante atti che realizzano una
soluzione finale che non differisce dalla soluzione di partenza: significativo è il caso delle cc. dd.
"esportazioni a U", nelle quali, al fine di usufruire della restituzione di dazi doganali per l'esportazione di
prodotti agricoli, le merci vengono consegnate al destinatario estero e immediatamente restituite, senza
alcuna utilizzazione, all'esportatore).
2. L'operazione non è priva di ragioni economiche, ma le ragioni economiche sono deboli, non
essenziali, ed il fine essenziale è quello fiscale. La Corte di Giustizia europea (Sentenza Halifax, causa C-
255/02)ha stabilito che il soggetto passivo Iva non ha il diritto di detrarre l'imposta assolta "a monte"
quando vengono poste in essere operazioni che hanno essenzialmente lo scopo di ottenere un vantaggio
fiscale.
• In sintesi, un’operazione è elusiva se comporta un vantaggio fiscale indebito, ottenuto aggirando una
specifica disposizione fiscale ed in assenza di valide ragioni economiche. L'amministrazione ha l'onere di
allegare quale sia il comportamento fisiologico che il contribuente avrebbe dovuto porre in essere, quale sia
la norma aggirata e in che cosa consista il risparmio fiscale indebito; il contribuente ha l'onere di dimostrare
le "valide ragioni economiche".
• Casi in cui si applicano le disposizioni citate:
a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da
voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili;
b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende;
c) cessioni di crediti;
d) cessioni di eccedenze d'imposta;
e) operazioni di cui al d.lgs. 544/1992 (fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni
realizzate tra società di Stati membri dell'UE), nonché il trasferimento della residenza fiscale all'estero da
parte di una società;
f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni e le classificazioni di bilancio, aventi ad
oggetto i beni ed i rapporti di cui all'art. 81, comma 1, lettere da c) a c-quinquies T.u.i.r.;
f-bis) cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate tra i soggetti ammessi al regime della tassazione di
gruppo di cui all'art.117 T.u.i.r.;
f-ter) pagamenti di interessi e canoni di cui all'art. 26-quater d.p.r. 600/1973, qualora detti pagamenti siano
effettuati a soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in uno
Stato dell'Unione Europea;
f-quater) pattuizioni intercorse tra società controllate e collegate ai sensi dell'art. 2359 c.c., una delle quali
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avente sede legale in uno Stato o territorio diverso da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi
dell'art. 168-bis T.u.i.r., aventi ad oggetto il pagamento di somme a titolo di clausola penale, multa, caparra
confirmatoria o penitenziale.

4.1. L'accertamento di imposte eluse


L'art. 37-bis, D.p.r. 600/1973 stabilisce che gli atti, i fatti e i negozi elusivi sono "inopponibili"
all'amministrazione finanziaria, la quale "disconosce i vantaggi tributari" conseguiti, "applicando le imposte
determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto dei comportamento
inopponibile all'amministrazione".
Pertanto, la sanzione dei comportamenti elusivi è l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria. Gli
accertamenti dei comportamenti elusivi non sono normali atti impositivi, che determinano l’imposta
direttamente collegata dalla legge alla fattispecie realizzata, ma sono avvisi di accertamento speciali, che
applicano l'imposta elusa. A causa dell'inopponibilità, il contribuente non può opporre, a tale avviso di
accertamento, di non dovere l'imposta accertata dall’amministrazione, perché il comportamento
effettivamente tenuto è diverso da quello sul quale si fonda la pretesa fiscale.
Questi atti di imposizione "speciali", ferme le imposte dovute sul comportamento effettivamente posto in
essere, impongono il pagamento di un tributo supplementare, pari alla differenza tra imposte dovute in
base alla norma elusa ed imposte dovute sul comportamento realizzato.
Il provvedimento impositivo antielusivo è emesso in seguito ad un procedimento speciale, con
contraddittorio obbligatorio:
1. Prima di emettere l'avviso, l'amministrazione deve chiedere chiarimenti al contribuente; la richiesta
dell'ufficio ha come oggetto, in particolare, le ragioni economiche per le quali è stata realizzata una
determinata operazione.
2. Il contribuente ha l'onere di rispondere entro sessanta giorni.
3. L'avviso di accertamento deve essere motivato, oltre che con i consueti contenuti, anche prendendo
in considerazione le giustificazioni fornite dal contribuente: spiegando, cioè, perché l’ufficio non ha reputate
valide le ragioni economiche addotte dal contribuente.
4. La riscossione provvisoria dell'imposta e degli interessi è consentita solo dopo la sentenza di primo
grado.

5. La giurisprudenza e la clausola generale antielusiva


La giurisprudenza comunitaria ha affermato il principio secondo cui i singoli non possono avvalersi
abusivamente delle norme comunitarie (sentenza Halifax).
La Cassazione ha esteso questo principio dal settore dell'Iva a quello delle imposte dirette, ritenendo non
deducibili dal reddito d'impresa le minusvalenze derivanti da operazioni compiute essenzialmente allo
scopo di ottenere un vantaggio fiscale (Cass., sent. n. 21221/2006).
Obiezioni a questo orientamento derivano dal fatto che l'applicazione di regole comunitarie antiabuso non
si presta al settore delle imposte dirette, materia regolata dalle norme antielusive interne e demandata
perciò alla competenza dei singoli Stati.
Con le sentenze delle sezioni unite 30055, 30056, 30057 del 2008, la Cassazione ha superato queste
obiezioni sostenendo l'esistenza di una clausola generale antielusiva non scritta dai principi costituzionali di
capacità contributiva e di progressività dell'imposizione. E' insito dunque nell'ordinamento "il principio
secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, pur se non
contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale,
in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera
aspettativa di quel risparmio fiscale".

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6. Esclusione delle sanzioni
Nel diritto comunitario, l'elusione comporta il recupero dell'imposta elusa, ma non le sanzioni. Nella
sentenza Halifax, infatti, è stato affermato che la constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo
non deve condurre ad una sanzione, per la quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e
univoco.
Parimenti, nel diritto interno, le sanzioni amministrative puniscono la "violazione" di norme tributarie; non
possono essere applicate nel caso di "aggiramento" di norme, né sono previste sanzioni specifiche per
l'elusione.

7. Interposizione fittizia ed interposizione reale


Un’apposita disposizione prevede che l’amministrazione finanziaria possa colpire chi si sottrae alla
tassazione utilizzando forme di interposizione fittizia.
Il concetto di interposizione fittizia è così esemplificabile: Tizio appare titolare di un reddito, ma in realtà è
un soggetto fittiziamente interposto, poiché, essendo il reddito di Caio, è quest'ultimo che deve essere
colpito dalla tassazione (titolare effettivo del reddito).
L'art. 37, comma 3 del D.p.r. 600/1973 prevede che: "in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono
imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla
base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona".
La regola, quindi, è che nelle situazioni in cui vi è divario tra "titolarità apparente" e "possesso effettivo" di
un reddito, l'imposta deve essere posta a carico del "possessore effettivo" e non della persona interposta.
L'interposizione fittizia è riconducibile al campo dell'evasione, mentre l'interposizione reale è fenomeno
riconducibile all'elusione.
Esempi di interposizione fittizia:
• Conti correnti bancari intestati ai soci o agli amministratori di una società (quali soggetti interposti),
ma in realtà riferibili alla società.
• Calciatori (soggetti interponenti) che percepivano somme cospicue corrisposte dalla loro società a
società estere (soggetti interposti), per lo sfruttamento pubblicitario dell'immagine.
Se il soggetto interposto dichiara il reddito e paga l'imposta e, in seguito, l'amministrazione accerta il
reddito imputandolo all'interponente, si ha doppia imposizione dello stesso reddito. Si è previsto, pertanto,
che, dopo che sia divenuto definitivo l'accertamento nei confronti del soggetto interponente, i soggetti
interposti possono richiedere il rimborso di quanto versato.

Capitolo Dodicesimo. LA RISCOSSIONE

1. Aspetti generali
La riscossione è una funzione dell'Agenzia delle entrate, che la esercita mediante la società Equitalia s.p.a., i
cui compiti sono:
1. incassare le somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo;
2. gestire il "conto fiscale";
3. provvedere alla esecuzione forzata;
4. eseguire i rimborsi.
L'estinzione dell'obbligazione tributaria avviene in forme tipiche, rigidamente disciplinate; l'ente impositore
non può riscuotere, ed il contribuente non può liberarsi, se non nelle forme stabilite dalla legge. Non hanno
riscontro nel diritto tributario i modi di estinzione delle obbligazioni, che sono espressione del potere di
disporre del rapporto.
Anche la prescrizione può incidere sui crediti tributari. Relativamente alla prescrizione:

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• In materia di imposte sui redditi e di Iva, preso atto del silenzio della legislazione tributaria, si
applica il termine decennale previsto dall'art. 2946 c.c. ("Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i
diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni").
• In materia di imposte indirette, sono (talora) espressamente previsti termini di prescrizione
dell'imposta "definitivamente accertata" (ad es., per l'imposta di registro, il termine è decennale).
Il testo normativo principale in tema di riscossione è il D.p.r. 602/1973, dettato per la riscossione delle
imposte sui redditi, ma richiamato per la riscossione dell'Iva e delle altre imposte indirette.

2. Le ritenute dirette.
L'art. 1 del D.p.r. 602/1973 stabilisce che le imposte sui redditi sono riscosse mediante:
a) ritenuta diretta;
b) versamenti diretti del contribuente all'agente della riscossione e alle sezioni di tesoreria provinciale
dello Stato;
c) iscrizione nei ruoli.
Le ritenute dirette sono ritenute simili a quelle dei sostituti d'imposta; sono dette "dirette" perché operate
dal creditore dell'imposta, ossia dalle amministrazione pubbliche, a titolo d'acconto o a titolo d'imposta.
Vi sono soggetti i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, alcune provvigioni, i
redditi di capitale, i contributi, i premi e le vincite (artt. 29 e 30, D.p.r. 602/1973).

2.1. I versamenti diretti


La forma di riscossione più importante, dal punto di vista del gettito, è il versamento diretto. Questo tipo di
versamento è detto "diretto" per distinguerlo da quello fatto a seguito di iscrizione a ruolo; si tratta del
pagamento di somme effettuato dai sostituti e dal contribuente in esecuzione di un obbligo stabilito dalla
legge ed in base ad autonoma liquidazione della somma da versare (c.d. "autoliquidazione" o
"autotassazione").
I versamenti diretti sono destinati all'agente della riscossione o alla Tesoreria provinciale dello Stato e sono
eseguiti in via telematica o mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata o alle Poste. Il
delegato deve rilasciare un’attestazione recante l’indicazione dei dati identificativi del soggetto che effettua
il versamento, la data, la causale e gli importi dell’ordine di pagamento, nonché l’impegno ad effettuare il
pagamento agli enti destinatari per conto del delegante.

I sostituti, dopo aver effettuato le ritenute (a titolo d'acconto o d'imposta), devono poi versare, mediante
versamento diretto, gli importi ritenuti: ogni mese, entro il giorno 16, i sostituti devono versare le somme
ritenute operate nel mese precedente.
Le ritenute d'acconto, per chi le subisce, sono un acconto dell'imposta dovuta per quel periodo d’imposta.
Chi subisce la ritenuta acquista un diritto di pari ammontare nei confronti del fisco, che, mediante
indicazione nella dichiarazione dei redditi e verrà compensato con il debito d'imposta per quell'anno.
Il fenomeno, dal punto di vista del sostituto, non è un acconto né un’anticipazione. Il sostituto, invece, con il
versamento, estingue l'obbligazione di cui è soggetto passivo e quindi il suo adempimento è definitivo.

Nella riscossione delle imposte periodiche (imposte sui redditi e IVA) incontriamo una pluralità di obblighi di
versamento, distinti dall’obbligazione tributaria.
In materia di imposte sui redditi, il contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d'imposta, due
versamenti d'acconto, calcolati in base all'imposta dovuta per il periodo precedente e che valgono come
acconti dell'imposta dovuta per il periodo in corso:
• La prima rata è pari al 40 per cento dell'acconto e dev'essere versata nel termine previsto per il
versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente.
53
• La seconda rata dev'essere versata nel mese di novembre (oppure l'ultimo giorno dell'undicesimo
mese del periodo d'imposta, per i soggetti passivi Ires il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno
solare).
Tale forma di riscossione è denominata riscossione anticipata: con essa si vuole ravvicinare conseguimento
del reddito e pagamento del tributo (pay as you earn); precede sia il presupposto, che si realizza, per le
persone fisiche, solo al 31 dicembre, ossia con il decorso dell'intero periodo d'imposta, sia la procedura di
accertamento. La riscossione avviene nel corso del periodo d’imposta, e, quindi, in anticipo rispetto al
compiuto verificarsi del presupposto.
La ratio di tale norma risiede nel fatto che si presume che il reddito si riproduca ogni anno nella medesima
misura. Se il contribuente prevede di produrre un reddito inferiore e di dover quindi pagare un'imposta
minore, egli può versare meno di quanto dovuto, ma rischia una sanzione amministrativa se la sua
previsione si rivela errata.
A consuntivo, quando verrà presentata la dichiarazione annuale, sarà versato il saldo (se non emergerà un
credito).

Nell'Iva, l'imposta deve essere versata entro il 16 di ogni mese, in base alle liquidazioni mensili (oppure
dopo il compimento di ciascun trimestre). Entro il 27 dicembre, deve essere versato un acconto calcolato in
base all'ultima liquidazione dell'anno.
Dopo che il periodo d’imposta si è concluso, con la presentazione della dichiarazione dei redditi e della
dichiarazione annuale Iva, deve essere versato il saldo che risulta dovuto in base alla stessa dichiarazione. In
particolare, con la dichiarazione annuale Iva, deve essere versata la differenza tra versamento infra-annuale
e imposta dovuta per il periodo (meno le detrazioni); se risulta un credito, il contribuente ha diritto di
computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo e, in certe ipotesi, può chiederne il
rimborso.

2.2. Versamenti "unitari" e compensazione


I contribuenti versano, cumulativamente, sia le imposte dirette e le ritenute, sia altre imposte (Iva, Irap), sia
i contributi previdenziali e assistenziali. Sono versati unitariamente anche taluni tributi dovuti agli enti locali
e le somme dovute ad altri enti (ad es., Camere di commercio).
Il versamento si effettua utilizzando il modello F24 e il versamento è effettuato presso l'agente della
riscossione o tramite banche o uffici postali. I titolari di partita Iva devono effettuare i versamenti unitari per
via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato.
I versamenti unitari hanno il pregio di consentire la compensazione tra "partite attive" e "passive" del
contribuente; la compensazione può essere verticale (stesso tributo) od orizzontale (tributi diversi,
ammessa entro importi annui prefissati).
Se la dichiarazione dei redditi reca un saldo attivo, "il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare
l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo d'imposta successivo o di chiederne il rimborso in
sede di dichiarazione dei redditi" (art. 11, T.u.i.r.); può, inoltre, compensare il suo credito d'imposta con
quanto dovuto per imposte sui redditi, oppure con quanto dovuto a titolo di acconto per il periodo
successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione.

3. La riscossione in base all'avviso di accertamento


Dal 1° luglio 2011 gli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi e dell'Iva e gli atti di irrogazione delle
sanzioni per tali imposte sono anche atti della riscossione e titoli esecutivi. Non lo sono per le altre imposte,
per le quali, quindi, la riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo di quanto dovuto in base agli avvisi di
accertamento e agli atti sanzionatori.
L'art. 29 del D.l. 78/2010 prevede che l'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate ai fini

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delle imposte sui redditi e dell'Iva ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni (e tutti i
provvedimenti successivi che rideterminano gli importi dovuti) devono contenere anche l'intimazione ad
adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all'obbligo di pagamento degli importi stabiliti.
Il contribuente, se propone ricorso, deve versare, a titolo provvisorio, metà dell'imposta accertata, con gli
interessi (art. 15, D.p.r. 602/1973).
L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al
contribuente (anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento), in tutti i casi in cui siano
rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA
ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.
Dopo le sentenze delle Commissioni tributarie sfavorevoli per il contribuente, l’Agenzia deve rideterminare
il dovuto e notificare un’intimazione ad adempiere.
Il versamento delle somme dovuto deve avvenire entro 60 gg dal ricevimento dell’intimazione.
Inoltre:
• L'avviso di accertamento (e l'intimazione ad adempiere in esso contenuta) divengono esecutivi
decorsi sessanta giorni dalla notifica.
• In esso deve esservi l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la
riscossione delle somme richieste è affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata.
• Se sussiste fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, decorsi sessanta giorni dalla
notifica dell'intimazione, può essere disposte la riscossione delle somme dovute nel loro ammontare
complessivo (imposta, interessi e sanzioni) anche prima dei termini normali.
• L’agente della riscossione, sulla base dei titoli esecutivi predetti, e senza notifica della cartella di
pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle
disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.
• Decorso un anno dalla notifica, prima di procedere ad espropriazione forzata, è notificato l'avviso di
intimazione ad adempiere entro cinque giorni (art. 50, D.p.r. 602/1973).
• L'espropriazione forzata deve essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.
A partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme richieste
sono maggiorate dagli interessi di mora, calcolati a partire dal giorno successivo alla notifica degli atti;
all'agente della riscossione spettano l'aggio e il rimborso delle spese per la procedura esecutiva.

4.La riscossione mediante ruolo


Il ruolo è un atto amministrativo collettivo, che racchiude un elenco di somme da riscuotere (per imposte,
interessi e sanzioni). È indicato il codice fiscale del contribuente, il tributo, il periodo d’imposta, l’imponibile,
l’imposta, l’importo dovuto. L'ufficio forma il ruolo iscrivendo le somme da riscuotere in base ad un titolo
che lo legittima a riscuotere (dichiarazione o avviso di accertamento).
I contribuenti sono iscritti in ruoli diversi, a seconda del comune di domicilio fiscale; il ruolo è sottoscritto,
anche mediante firma elettronica, dal titolare dell'ufficio (o da un suo delegato) e la sottoscrizione
attribuisce al ruolo effetti di titolo esecutivo; l'agente della riscossione comunica ai contribuenti le somme
iscritte che li riguardano e notifica loro la cartella di pagamento.

I ruoli sono regolati dal citato D.p.r. 602/1973 e si applicano sia alle imposte dirette, sia a quelle indirette
(eccetto le norme dedicate specificamente per le imposte dirette), sia ai tributi degli enti locali, che abbiano
affidato il servizio di riscossione ad Equitalia s.p.a. (altrimenti la riscossione si effettua mediante ingiunzione
fiscale, ai sensi del R.d. 639/1910).

Il ruolo, come ogni provvedimento amministrativo, deve essere motivato, come stabilito dall'art. 7, comma
55
3 dello Statuto dei diritti del contribuente: "sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale
precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria" .
Il titolo esecutivo, per i crediti tributari, è costituito dall’iscrizione a ruolo, che viene portato a conoscenza
del contribuente mediante la cartella di pagamento; le prescrizioni riguardanti la motivazione del titolo
esecutivo devono dunque essere contenute nella cartella di pagamento. È necessario che nel ruolo e nella
cartella di pagamento vi sia l’indicazione del titolo in base al quale è effettuata l’iscrizione a ruolo.
Possono aversi due situazioni:
5. Se il ruolo è meramente riproduttivo di un atto precedente, basta l'indicazione dell'atto precedente.
6. Se il ruolo è innovativo (ad es., se deriva dal controllo diplomatico o dal controllo formale della
dichiarazione), è necessaria una specifica motivazione.

4.1.Iscrizioni a ruolo in base alla dichiarazione. L'invito a pagamento


Le iscrizioni a ruolo presuppongono un titolo che le giustifichi: i titoli che le legittimano sono la
dichiarazione e l’avviso di accertamento.
L'iscrizione a ruolo è effettuata in base alla dichiarazione in tre ipotesi:
1. in caso di mancato versamento di somme che risultano dovute in base alla liquidazione fatta nella
stessa dichiarazione;
2. quando, dai controlli automatici e dal controllo formale della dichiarazione, risulta riscuotibile una
somma maggiore di quella liquidata e versata dal dichiarante;
3. quando vi siano da riscuotere imposte su redditi soggetti a tassazione separata.
Prima del ruolo formato per riscuotere somme che risultano dovute in base al controllo automatico ed al
controllo formale della dichiarazione dei redditi, l'ufficio deve invitare il contribuente a versare la somma
dovuta. Tale obbligo di comunicazione a carico dell'ufficio sussiste anche in materia di Iva.
Ai sensi dell'art. 6 dello Statuto dei diritti del contribuente, "Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo
derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti
rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio
postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un
termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta". E' espressamente
sancita la nullità degli atti emessi in violazione di tale disposizione.

4.2.Iscrizioni a ruolo in base agli avvisi di accertamento


Nei casi in cui l'avviso di accertamento non è atto della riscossione, sono riscosse mediante ruolo le somme
dovute in base agli avvisi di accertamento (imposte, interessi, sanzioni amministrative).

In base al grado di stabilità del titolo della riscossione, si distinguono iscrizioni a titolo provvisorio e iscrizioni
a titolo definitivo:
• Le iscrizioni provvisorie sono effettuate in base ad un accertamento non definitivo, perché
impugnato: il ricorso contro un avviso di accertamento, infatti, non ne sospende l'esecuzione. Ad es., in
materia di imposte sui redditi e Iva, in pendenza del primo grado di giudizio, il contribuente deve versare
metà delle imposte accertate più gli interessi; per l'imposta complementare di registro, si riscuote un terzo
dell'imposta in pendenza del ricorso di primo grado, mentre l'imposta suppletiva è riscuotibile dopo il
secondo grado (art. 56, comma 1, lett. a) del D.p.r. 131/1986).
Inoltre:
a) dopo la sentenza della Commissione tributaria che respinge il ricorso, il ricorrente deve versare i
due terzi del tributo (con gli interessi, e previa detrazione di quanto già pagato);
b) in caso di accoglimento parziale del ricorso, da parte della Commissione tributaria provinciale, il
ricorrente deve versare: l'intero ammontare dovuto in base a tale sentenza, se inferiore o pari ai due terzi
56
del tributo controverso; ovvero una somma pari ai due terzi dell'importo del tributo controverso (sono
detratte le somme già versate e aggiunti gli interessi);
c) la sentenza della Commissione tributaria regionale rende riscuotibile l'intero importo dovuto.
Queste norme si applicano anche alle sanzioni amministrative. Se pende processo penale, si applica l'art. 21
D.lgs. 74/2000, secondo cui “1. L’ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative
alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. 2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei
soggetti diversi da quelli indicati dall’art.19.2, salvo che il procedimento penale sia definito con
provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che
esclude la rilevanza penale del fatto. In quest’ultimo caso, i termini per la riscossione ricorrono dalla data in
cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all’ufficio competente; alla
comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi. 3. Nei casi di irrogazione di un’unica
sanzione amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione tra loro,, a norma dell’art.
12 del d.lgs. n.472/1997, alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del
presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in
relazione alle violazioni non penalmente rilevanti”.

La legge prevede dei "ruoli straordinari" in cui sono iscritte, anticipatamente rispetto ai tempi ordinari, le
somme per le quali vi è fondato pericolo di non riscuoterle. In tal modo possono essere riscosse per intero
somme che sarebbero da riscuotersi solo in parte, nelle more del processo di primo grado.

4.3. Iscrizioni a titolo provvisorio e iscrizioni a titolo definitivo


Mentre le iscrizioni a titolo provvisorio sono fatte in base ad un atto sub judice e quindi producono per il
fisco un'entrata non definitiva (che potrebbe dover essere rimborsata se il processo si conclude a favore del
contribuente), le iscrizioni a titolo definitivo appaiono destinate alla riscossione di somme definitivamente
dovute, ma ciò non è vero in senso assoluto:
a) la dichiarazione è un atto contestabile dallo stesso dichiarante, che può impugnare l'iscrizione a
titolo definitivo che su di essa si fondi;
b) gli accertamenti definitivi possono essere rimossi dalla stessa amministrazione in via di autotutela;
c) può essere esperita con successo un'azione di revocazione straordinaria contro una sentenza
tributaria passata in giudicato.
In definitiva, la differenza tra iscrizioni a titolo provvisorio e a titolo definitivo deriva dal titolo che legittima
l'iscrizione e dal termine entro cui devono essere effettuate.

4.4. La cartella di pagamento. L'aggio della riscossione


L’agente della riscossione deve rendere note ai contribuenti le iscrizioni a ruolo mediante notificazione della
cartella di pagamento. Contenuto della cartella:
1. Imposte iscritte a ruolo.
2. Relativi interessi e sanzioni.
3. Aggio, ossia l'importo da corrispondere a titolo di compenso per la riscossione. All'agente della
riscossione spetta il 9 % delle somme da riscuotere: se il contribuente paga entro 60 giorni dalla notifica
della cartella, il contribuente paga il 4,65 %, mentre la parte restante è a carico dell'ente creditore; se il
contribuente paga dopo 60 giorni, l'aggio è interamente a suo carico (art. 17, D.lgs. 112/1999).
4. Data in cui il ruolo è stato reso esecutivo.
5. Descrizione delle “partite” (con relative e succinte motivazioni).
6. Istruzioni sulle modalità di pagamento.
7. A pena di nullità, la cartella deve contenere l'indicazione del responsabile del procedimento di
iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della cartella stessa.
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8. Invito a pagare entro 60 giorni, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione
forzata (la cartella equivale al precetto dell'esecuzione forzata ordinaria). Infatti se il contribuente non paga,
l’agente della riscossione può intraprendere l’azione esecutiva, senza altri avvisi, 60 gg dopo la notifica della
cartella.

4.5. La notifica della cartella di pagamento


La notifica della cartella deve avvenire entro un termine previsto a pena di decadenza (art. 25, D.p.r.
602/1973). La Corte Costituzionale, infatti, ha stabilito che non è consentito, "dall'art. 24 Cost., lasciare il
contribuente assoggettato all'azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se
corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole" (Corte Cost., sent.
280/2005).
Dopo 60 giorni dalla notifica, può avere inizio l'esecuzione forzata; dalla notifica decorre anche il termine di
60 giorni, entro il quale può essere proposto ricorso contro il ruolo (e contro la cartella).

4.6. L'intimazione ad adempiere


L'intimazione ad adempiere (che ha sostituito l'avviso di mora) è atto necessario per iniziare l'esecuzione
forzata, decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento. Con essa viene nuovamente portato a
conoscenza del contribuente il contenuto del ruolo.

4.7. Scadenza del pagamento. Dilazioni e sospensioni


Il pagamento deve essere effettuato (presso l'agente della riscossione o mediante delega ad una banca o
ufficio postale) entro 60 giorni dalla notifica della cartella, ma l'ufficio può concedere una dilazione. Sono
previste due forme di dilazione:
1. Ripartizione del pagamento in più rate mensili (massimo 72).
2. Sospensione della riscossione per un anno e, successivamente, la ripartizione del pagamento fino
ad un massimo di 48 rate mensili.

4.8. Interessi
Il pagamento delle imposte deve avvenire, oltre che in via anticipata, al momento di presentazione della
dichiarazione. Se il pagamento avviene in seguito sono dovuti interessi (art. 20, 21 e 30, D.p.r. 602/1973).
La legge distingue Quattro ipotesi:
a) interessi per mancato versamento diretto: sugli importi non versati (o versati dopo la scadenza dei
termini stabiliti); interessi in misura predeterminata dalla legge;
b) interessi per ritardata iscrizione a ruolo: si applicano quando, dalla liquidazione o dal controllo
formale della dichiarazione, risulta un importo non versato; si rendono allora dovuti gli interessi al tasso
fissato dalla legge (a partire dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione e fino alla data
di consegna all'agente dei ruoli nei quali tali somme sono iscritte);
c) interessi per dilazione di pagamento: in caso di rateizzazione o sospensione dal pagamento, si
applicano gli interessi al tasso del 6 % annuo;
d) interessi di mora: stabiliti annualmente dal Ministro (sulla base della media dei tassi bancari attivi),
si applicano quando, 60 giorni dopo la notifica della cartella, non è avvenuto il pagamento della somma
iscritta a ruolo.
Sulle somme dovute all'erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano interessi moratori nella
misura semestrale prefissata dalla legge, da computarsi per ogni semestre compiuto.

5. Natura giuridica ed effetti del ruolo


Il ruolo è atto collettivo, riguardante una molteplicità di soggetti e di iscrizioni. Al singolo contribuente non
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interessa però il ruolo come atto collettivo, ma la singola iscrizione.
Effetti per il contribuente dell'iscrizione a ruolo:
1. Obbligo di pagamento.
2. Se l'obbligo non è adempiuto, legittimazione dell'esecuzione forzata.
Il primo di tali effetti prende il nome di "esigibilità": il ruolo rende esigibile l'obbligazione tributaria, che
preesiste al ruolo, ma può e deve essere adempiuta solo a seguito di iscrizione. Ciò è vero quando il ruolo si
fonda sull'avviso di accertamento, perché l'iscrizione a ruolo rende esigibile l'obbligazione che scaturisce
dall'avviso.
Ciò non è vero quando il ruolo è fondato sulla dichiarazione dei redditi, perché l'esigibilità preesiste al ruolo
(il contribuente doveva soddisfare il debito al momento della presentazione della dichiarazione). Il ruolo
semplicemente reitera l'obbligo di versamento nascente dalla dichiarazione: quindi, all'inadempimento
dell'obbligo da dichiarazione segue il ruolo, mentre all'inadempimento dell'obbligo da ruolo segue
l'esecuzione forzata.

5.1. Gli effetti del ruolo nei confronti dei terzi


In linea di principio, il ruolo esplica effetti solo nei confronti del soggetto a cui è rivolto (principio valido per i
titoli esecutivi, ex art.417 c.p.c.).
Persiste tuttavia la prassi abusiva di sottoporre ad esecuzione forzata, in base all'iscrizione a ruolo di un
soggetto, il patrimonio di altri soggetti (coobbligati in via paritaria o dipendente); prassi che si collega al
teorema della "solidarietà processuale", già censurato dalla Corte Costituzionale.
Nel caso di pluralità di soggetti obbligati in solido, il ruolo ha efficacia solo nei confronti dei soggetti iscritti;
e non può esservi iscrizione a ruolo di un soggetto, se non sulla base dell'avviso di accertamento emesso nei
confronti di quel soggetto, né efficacia dell’iscrizione a ruolo di un obbligato nei confronti di altri
coobbligati. Anche nel caso di solidarietà dipendente, gli effetti degli atti emessi nei confronti dell'obbligato
principale non si estendono al coobbligato dipendente.
Unica eccezione al principio dell'inefficacia contro i terzi, è costituita dai terzi proprietari di beni soggetti a
privilegio speciale; tali soggetti sono estranei al processo di esecuzione, ma il particolare diritto di garanzia
che insiste sui loro beni ne consente il pignoramento e la vendita in virtù del titolo esecutivo riguardante
l'obbligato principale.

6. La sospensione amministrativa del ruolo


Il ricorso contro il ruolo non sospende la riscossione, ma il contribuente può ottenere la sospensione del
ruolo in due modi:
• chiedendo la sospensione alla Commissione Tributaria alla quale ha presentato ricorso (il ricorso, da
solo, non sospende la riscossione); il potere ha natura cautelare ed ha lo scopo di tutelare il contribuente in
presenza dei tradizionali requisiti dell'azione cautelare (fumus boni iuris e periculum in mora).
• chiedendo la sospensione all'ufficio dell'Agenzia delle entrate; il potere non presuppone un pericolo
di danno per il contribuente, bensì un pericolo per la riscossione, pertanto è uno strumento di tutela del
credito del fisco; poiché si tratta di autotutela amministrativa, contro il rigetto della richiesta (o contro il
silenzio) non è dato alcun ricorso giurisdizionale.

7. La riscossione dell'imposta di registro


L'art. 42 Testo unico registro stabilisce che nell’imposta di registro:
• è principale l'imposta "applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se
diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della
richiesta di registrazione per via telematica";
• è suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni
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dell'ufficio;
• è complementare l'imposta applicata in ogni altro caso.
In dottrina si discute se tali "forme" d'imposta siano frazioni di un unico rapporto obbligatorio o diano vita
ad obbligazioni distinte. È certo che il parametro dovuto è unitario, ma la distinzione ha il preciso rilievo
pratico ai fini della riscossione, Esistono infatti discipline differenziate per queste imposte (ad es., il notaio è
coobbligato con le parti di un contratto per il pagamento dell'imposta principale, ma non per l'imposta
complementare o per la suppletiva).
L'imposta principale è quella liquidata e richiesta dall'ufficio sulla base dell'atto sottoposto a registrazione.
Vi è però la facoltà di utilizzare procedure telematiche per la registrazione di atti relativi a diritti sugli
immobili (e per la trascrizione, iscrizione e annotazione di tali diritti nei registri immobiliari, nonchè per la
voltura catastale). Le richieste sono presentate utilizzando un modello informatico che è trasmesso per via
telematica, con la documentazione necessaria, ed il tributo è liquidato dal contribuente stesso (mediante
notaio). Gli ufficio controllano la regolarità dell'autoliquidazione e del versamento; se risulta una maggiore
imposta, notificano, anche per via telematica, entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, un avviso
di liquidazione; la maggiore imposta deve essere pagata entro 15 giorni dalla notifica ( art. 3-bis, d.lgs.
463/1997).
L'imposta supplementare e quella complementare sono notificate al contribuente con "avviso di
liquidazione" (art. 54 e 55 del Testo unico registro).
Nell'imposta di registro, l'avviso di accertamento è denominato anche "avviso di accertamento valore"
perché determina solo la base imponibile e non è atto della riscossione; ad esso segue l'avviso di
liquidazione (e, se vi è inadempimento, l’iscrizione al ruolo).
L'avviso di liquidazione contiene la determinazione autoritativa del quantum dell'imposta (per rimuoverne
gli effetti è infatti necessario impugnarlo ed ottenere l’annullamento); è atto della riscossione e contiene
l'invito al pagamento dell'imposta, da effettuarsi entro 60 giorni; se il pagamento non avviene nei termini, si
rende dovuta una sanzione, e l’amministrazione iscrive a ruolo l’imposta da riscuotere.
In caso di ricorso contro l'avviso di accertamento che accerti un maggior valore:
• Le imposte suppletive sono riscosse dopo la sentenza di secondo grado.
• L'imposta complementare è riscossa, in pendenza del giudizio di primo grado, in misura di un terzo
(art. 56, Testo unico registro); dopo la decisione della Commissione provinciale e dopo la decisione di
appello, si applicano le norme dell'art. 68 del D.lgs. 546/1992 (“1. Anche in deroga da quanto previsto nelle
singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio
davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a)
per i 2/3, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per
l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i 2/3,
se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della
commissione tributaria regionale. Per la ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da
versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto. 2. Se il ricorso viene accolto, il tributo
corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito nella sentenza della commissione tributaria provinciale,
con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro 90 gg dalla
notificazione della sentenza. 3. Le imposte suppletive debbono essere corrisposte dopo l’ultima sentenza non
impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione”).

7.1. Riscossione di altre imposte indirette


Vari tipi di imposte indirette:
• Imposte indirette il cui pagamento è connesso alla presentazione della dichiarazione (ad es., sulle
assicurazioni, sulla pubblicità, sugli intrattenimenti etc.).
• Imposte indirette nella quali il pagamento avviene senza dichiarazione (cc.dd. "tributi senza
60
imposizione"): ad esempio, le tasse sulle concessioni governative sono assolte mediante versamento su di
un conto corrente postale intestato all'Ufficio concessioni governative di Roma (art. 6, D.lgs. 237/1997).
Tradizionalmente gli uffici procedevano alla riscossione coattiva delle imposte indirette mediante
ingiunzione fiscale, che è stata soppiantata dal ruolo. Pur non avendo più funzione di titolo esecutivo, è
usata ancora come avviso di accertamento per certe imposte (doganali, di fabbricazione etc.) in cui aveva
anche tale funzione. Essa conserva anche la funzione di atto con l’amministrazione invita a pagare il tributo;
se il pagamento non avviene, l'ingiunzione costituisce titolo in base a cui iscrivere a ruolo il dovuto.

8. Privilegi e fideiussioni
Il codice civile prevede una serie di privilegi, generali e speciali, sui mobili e sugli immobile, ad assistenza dei
crediti tributari:
a) privilegio generale sui mobili del debitore (art. 2752 c.c.): previsto per Irpef, Ires, Iva e per i tributi
comunali;
b) privilegio speciale sui mobili: i crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili ai
quali i tributi si riferiscono, e così anche i crediti di rivalsa Iva (art. 2758 c.c.); i crediti Irpef e Ires hanno
privilegio sopra i mobili che servono all'esercizio dell'impresa e sulle merci (art. 2759 c.c.);
c) privilegio generale immobiliare (art. 2771 c.c.): i crediti per Ires e Irpef, limitatamente alla quota
imputabile a redditi immobiliari o fondiari non determinabili catastalmente, hanno privilegio sugli immobili
del debitore situati nel comune in cui il tributo si riscuote;
d) privilegio speciale immobiliare (art. 2772 c.c.): assiste i crediti per tributi indiretti, in relazione agli
immobili cui il tributo si riferisce.

In determinati casi, per ottenere il rimborso del credito IVA annuale, o relativo a periodi inferiori all’anno, il
contribuente deve prestare delle garanzie per assicurare all'amministrazione il recupero del rimborso
eventualmente indebito.
La sospensione cautelare dell'atto impugnato (ossia la sospensione della riscossione) può essere
subordinata, con provvedimento discrezionale della commissione tributaria, alla prestazione di una garanzia
bancaria o assicurativa.
Se risulta che l'imposta non è dovuta, lo Statuto dei diritti del contribuente impone all'amministrazione di
rimborsare il costo delle fideiussioni.

8.1. Ipoteca, sequestro e fermo amministrativo


L'amministrazione finanziaria, in caso di fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito (cioè
quando teme che il contribuente possa spogliarsi dei propri beni e rendersi insolvente), può chiedere al
Presidente della Commissione tributaria provinciale l'iscrizione di ipoteca e l’autorizzazione a procedere al
sequestro conservativo nei confronti dei beni del contribuente, compresa l’azienda (art. 22, D.lgs.
472/1997).
A norma dell'art. 2808 c.c., l'ipoteca si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari e attribuisce al
creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni ipotecati e di essere
soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall'espropriazione.
A norma dell'art. 2906 c.c.,il sequestro conservativo rende inefficaci, in pregiudizio del creditore
sequestrante, le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle
regole stabilite per il pignoramento (inefficacia relativa).
Le misure possono essere richieste:
1. A garanzia del credito per il tributo.
2. A garanzia del credito per la sanzione.
Presuppongono la notifica di un atto di contestazione di sanzioni, o di un provvedimento di irrogazione di
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sanzioni, o di un processo verbale di constatazione o un avviso di accertamento.
Procedura:
1. Notifica dell'istanza alle parti interessate.
2. Le parti interessate possono, entro 20 giorni dalla notifica, depositare memorie e documenti
difensivi.
3. Il collegio, sentite le parti in camera di consiglio, provvede con sentenza, che può essere appellata.
Altra forma di tutela cautelare del credito erariale è il fermo amministrativo (previsto dall'art. 69, ultimo
comma, del R.d. 2440/1923, regolamento di contabilità pubblica): l'amministrazione pubblica può
sospendere il pagamento di un suo debito se è a sua volta creditrice verso lo stesso privato. Questo istituto
è stato usato dall’amministrazione finanziaria per sospendere i rimborsi nei confronti di contribuenti che sia
in posizione di debito.
E' previsto inoltre dall'art. 48-bis del D.p.r. 602/1973 che le amministrazioni pubbliche e le società a
prevalente partecipazione pubblica non devono effettuare pagamenti a favore di soggetti che siano
inadempienti all'obbligo di versamento risultante da una cartella di pagamento.
Diverso dal fermo amministrativo, che consiste nella sospensione dei pagamenti, è il "fermo dei veicoli".
Dopo 60 giorni dalla notifica della cartella, l'agente della riscossione ha il potere di disporre il "fermo" dei
beni mobili registrati (art. 86, D.p.r. 602/1973), che ha per effetto quello di vietare la circolazione del
veicolo sottoposto a fermo (la violazione del divieto comporta l'applicazione di una sanzione
amministrativa).

9. Responsabilità di liquidatori, amministratori e soci


I liquidatori di società o altri enti, soggetti all'Ires, rispondono in proprio del pagamento delle imposte
dovute dalla società o ente, quando, pur disponendo delle risorse per pagare le imposte, abbiano assegnato
beni ai soci oppure pagato crediti di ordine inferiore a quelli tributari, senza avere prima soddisfatto i crediti
tributari (art. 36, D.p.r. 602/1973).
Si tratta di responsabilità che non sorge quando sorge il debito d’imposta, ma a causa del porre in essere di
una fattispecie successiva, con il carattere di illecito, ed ha per oggetto le imposte dovute per il periodo
della liquidazione e per quelli anteriori. È commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero
trovato capienza in sede di graduazione dei debiti.
Tali norme valgono anche per gli amministratori in carica all'atto dello scioglimento della società o ente, se
non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori, e per gli amministratori che, nel corso degli ultimi due
periodi d'imposta precedenti alla messa in liquidazione, hanno compiuto operazioni di liquidazione ovvero
hanno occultato attività sociali anche mediante omissione nelle scritture contabili.
E' prevista anche la responsabilità per i soci (o associati) che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due
periodi d'imposta precedenti la messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli
amministratori, o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della
liquidazione, per il pagamento delle imposte dovute dai liquidatori, nei limiti del valore dei beni ricevuti,
salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.
La responsabilità di liquidatori, amministratori e soci è accertata con avviso di accertamento, da notificarsi
entro il termine di prescrizione di 10 anni.

10. La transazione fiscale


L'art. 163 della legge fallimentare disciplina il concordato preventivo tra l'imprenditore in stato di crisi o
insolvenza ed i suoi creditori.
Il piano di concordato può avere ad oggetto anche i debiti fiscali, come previsto dall'art. 182-ter. Il debitore
può proporre il pagamento parziale dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali, ad eccezione dei tributi
costituenti risorse proprie dell'UE (come l’IVA).

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Caratteristiche:
• La proposta di concordato può prevedere la dilazione del pagamento.
• Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le garanzie
non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o una
posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
• Se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a
quello degli altri creditori chirografari.

11. L'esecuzione forzata.


Il ruolo ha valore giuridico di titolo esecutivo. Se il contribuente non paga le somme iscritte a ruolo (titolo
esecutivo), l'agente della riscossione può sottoporre i suoi beni ad esecuzione forzata (artt. 25 e segg.,
D.p.r. 602/1973).
L'esecuzione forzata fiscale è disciplinata dalle norme di diritto comune (c.c., c.p.c. e codice della
navigazione), con alcune differenze: ad es., le attribuzioni degli ufficiali giudiziari sono svolte dagli ufficiali
della riscossione.
L'esecuzione può avere inizio 60 giorni dopo la notifica del titolo esecutivo; se non è iniziata entro un anno
dalla notifica della cartella, l'espropriazione deve essere preceduta dalla notifica di una "intimazione ad
adempiere" entro cinque giorni (l’intimazione ha sostituito l’avviso di mora).
Gli agenti della riscossione possono svolgere indagini per individuare i beni da pignorare, come previsto
dall'art. 18 del D.lgs. 112/1999:
a) accedendo agli uffici pubblici, anche in via telematica, per prendere visione ed estrarre copia degli
atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo e dei coobbligati;
b) accedendo all'Anagrafe tributaria e ad altri sistemi informativi.
L'azione esecutiva può essere subita anche da un terzo. I crediti dello Stato per tributi indiretti, infatti, sono
assistiti da privilegio speciale sugli immobili ai quali il tributo si riferisce ex art. 2772 c.c.: in forza del "diritto
di seguito", il fisco può sottoporre l'immobile ad esecuzione forzata, anche se di proprietà di un terzo.
L'amministrazione, però, deve attivarsi contro il terzo prima che maturi il termine di decadenza dal
privilegio: entro tale termine deve essergli notificato il titolo esecutivo (ossia l'iscrizione a ruolo) con cui
l’amministrazione fa valere il privilegio.
L'esecuzione forzata si articola in tre momenti:
1. Pignoramento: per i beni mobili, si usano le forme del diritto processuale comune, ad opera
dell'ufficiale della riscossione, che deve redigere un verbale da notificare e consegnare al destinatario; per i
beni immobili, si esegue mediante trascrizione di avviso di vendita recante una serie di indicazioni.
2. Messa all'incanto dei beni pignorati; l'incanto è tenuto e verbalizzato dall'ufficiale. Se dopo il primo
ed il secondo incanto il bene non è venduto, la Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate può
autorizzare un terzo incanto; se anche questo è negativo, l'immobile è devoluto allo Stato.
3. Deposito degli atti del procedimento di espropriazione, a cura dell'agente della riscossione, nella
cancelleria del giudice dell'esecuzione (più la somma ricavata).
4. Distribuzione del ricavato.

11.1. Liti esecutive


Contro il processo esecutivo ordinario, il c.p.c. prevede tre mezzi di tutela:
1. Opposizione all'esecuzione, con cui si contesta il diritto della parte istante di procedere ad
esecuzione forzata.
2. Opposizione agli atti esecutivi, con cui si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo o del
precetto o dei singoli atti esecutivi.
3. Opposizione di terzo, promossa dal terzo che afferma di essere proprietario (o di vantare altro
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diritto reale) dei beni pignorati.
Mezzi di tutela per il contribuente:
a) impugnazione del titolo esecutivo dinanzi alle Commissioni;
b) opposizione dinanzi al giudice ordinario per contestare la pignorabilità dei beni;
c) opposizione dinanzi al giudice ordinario contro i singoli atti esecutivi.
E' ammessa l'opposizione di terzo, dinanzi all’autorità giudiziaria, secondo le norme del c.p.c.
Chi si ritenga leso dall'esecuzione forzata può agire contro l'agente della riscossione, dopo il compimento
dell'esecuzione, per il risarcimento dei danni. L'agente della riscossione, nelle cause promosse contro di lui,
che non riguardano esclusivamente la regolarità o validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente
creditore interessato; in mancanza risponde delle conseguenze della lite (art. 39, D.lgs. 112/1999).
La procedura esecutiva può essere sospesa dal giudice dell'esecuzione quando "ricorrano gravi motivi e vi
sia fondato pericolo di grave e irrevocabile danno".

Capitolo Tredicesimo. IL RIMBORSO

1 e 2. I crediti per rimborso e Crediti “non da indebito”


Il contribuente può essere creditore del fisco per:
 crediti per rimborsi da indebito, ex art. 2033 c.c.: chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha
diritto alla restituzione. Può accadere che
– manchi dall'origine, o che venga meno, la norma di legge alla quale si collega l'imposta che è stata
pagata;
– che una norma sia dichiarata incostituzionale e i tributi pagati diventano ex post pagamenti non
dovuti (il rimborso però in caso di “rapporto esaurito”: non è dovuto se l'atto impositivo è divenuto
definitivo o se sono scaduti i termini per richiedere il rimborso);
– che l'imposta sia stata pagata in base ad una norma nazionale in contrasto con il diritto comunitario e il
giudice è quindi tenuto ad applicare la norma comunitaria e non la norma nazionale (l'imposta pagata è da
rimborsare se gli atti non siano divenuti definitivi o i termini non siano scaduti) o con una convenzione
contro le doppie imposizioni;
– viene presentata una dichiarazione erronea, o inesatta;
– l'imposta è stata pagata a titolo provvisorio in base ad un avviso di accertamento che è stato
annullato;
– ci sono stati errori nella riscossione;
 crediti per rimborsi non da indebito, cioè per il rimborso di acconti o altre somme debitamente
versate. I crediti emergenti dalla dichiarazione dei redditi che sorgono quando l'imposta dovuta risulti
inferiore alla somma dei versamenti d'acconto, delle ritenute d'acconto e dei crediti di imposta: il saldo
creditorio, dopo le compensazioni con il debito d'imposta, può
– esser riportato all'anno successivo,
– esser chiesto a rimborso,
– essere ceduto;
Nell'Iva l'imposta relativa agli acquisti (IVA a credito) può risultare superiore all'imposta sulle operazioni
imponibili (IVA a debito), quindi creando un credito del contribuente verso il fisco. Nella dichiarazione Iva
annuale si può avere eccedenza quando la somma dell'Iva detraibile e dei versamenti effettuati nel
corso dell'anno supera il debito d'imposta. L'eccedenza è un credito che può essere:
– compensato con debiti d'imposta diversi dall'Iva,
– riportato a nuovo e compensato con le situazioni debitorie degli anni successivi,
– chiesto a rimborso.
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Nell'imposta di registro e sulle successioni si ha credito del contribuente alla restituzione di imposte
regolarmente percepite quando le somme versate sono, al momento del versamento, dovute ma per ragioni
sopravvenute risultano da restituire.

3. Il rimborso delle ritenute dirette e dei versamenti diretti.


Per ottenere il rimborso, il creditore deve presentare istanza all'Agenzia delle entrate nei termini e con
modalità prefissate:
 per le ritenute dirette e i versamenti diretti, l’istanza deve essere presentata entro 48 mesi dal
versamento: il termine di 48 mesi inizia a decorrere:
– dal momento in cui è effettuato il versamento o operata la ritenuta, solo se la ritenuta o il versamento
sono indebiti dall'origine,
– dal versamento del saldo nel caso in cui il diritto derivi da un'eccedenza sugli importi anticipatamente
corrisposti rispetto all'ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto,
– da una successiva determinazione in via defi nitiva dell'an e del quantum dell'obbligazione
fiscale;
 per ritenute indebitamente operate e versate, l'istanza può esser presentata sia dal sostituto
che dal sostituito: il termine decorre
– per il sostituito da quando ha subito la ritenuta,
– per il sostituto da quando ha versato, se la ritenuta e il versamento sono indebiti dall'origine.
La tardività dell'istanza è rilevabile d'ufficio, ex art.2969 c.c..
Decorre il termine decennale di prescrizione per la presentazione di istanza di rimborso, ex art.2964 c.c..

3.1. Il rimborso delle somme riscosse mediante ruolo


Per le somme riscosse mediante ruolo, la legge non disciplina espressamente la domanda di rimborso.
Quando c'è iscrizione a ruolo di una somma non dovuta, il contribuente può tutelarsi e impugnare il ruolo,
chiedendo, cumulativamente,
 l'annullamento del ruolo,
 la condanna dell'amministrazione a rimborsare le somme indebitamente riscosse.
Secondo la giurisprudenza una somma riscossa con ruolo non può essere restituita se non è stato prima
impugnato e annullato il ruolo, in realtà la mancata impugnazione del ruolo non preclude la domanda di
rimborso delle somme indebitamente riscosse.
In ogni caso, anche se si dovesse ritenere, in linea generale, che la mancata impugnazione del ruolo
impedisca il rimborso, resta fermo che la preclusione non opera per qualsiasi tipo di iscrizione a ruolo, e per
qualsiasi titolo di indebito.
La preclusione non opera per le iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio, che dipendono dalla sorte del titolo
(avviso di accertamento) in base al quale, in presenza di ricorso contro l’avviso, si sono formate. Perciò, la
sorte di ciò che viene riscosso in base ad un’iscrizione provvisoria dipende dall’esito del processo
riguardante l’avviso di accertamento.
La preclusione non opera quando emergono errori materiali o duplicazioni dovuti all'ufficio delle imposte,
che deve provvedere a rimborsare a prescindere dall'iniziativa di parte: è effettuato d'ufficio.

3.2. Il rimborso di imposte indirette.


L'istanza di rimborso delle imposte indirette deve essere presentata all'ufficio stesso che gestisce il tributo
indebitamente pagato entro 3 anni decorrenti da quando è avvenuto il pagamento indebito, a pena di
decadenza.
Termine per l'istanza di rimborso delle accise, invece, è di 2 anni, decorrenti da quando è avvenuto il

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pagamento indebito.
Per l'Iva bisogna distinguere tra
 rimborso di imposte indebitamente versate,
 credito d'imposta (o diritto di detrazione) spettante in relazione agli acquisti di beni o servizi fatti
nell'esercizio di impresa, arte o professione,
 autorimborso derivante da una nota di variazione.
In materia di rimborso dell’indebito, valgono le norme generali.

3.3. Il termine residuale.


Il termine per il rimborso, in mancanza di disposizioni specifiche, è di 2 anni dal pagamento o, se
posteriore, dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione.
Se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto espresso sarà impugnabile davanti alla Commissione
tributaria provinciale; se l'amministrazione non agisce entro 90 giorni dalla presentazione della domanda di
rimborso, il silenzio si interpreta come rifiuto e l'interessato può proporre ricorso alla Commissione
tributaria provinciale.

4. Il rimborso d’ufficio
Di regola, il rimborso deve essere chiesto dall’interessato, ma vi sono dei casi in cui il rimborso deve essere
disposto d’ufficio. L’iter da seguire, per la tutela giurisdizionale, anche in caso di rimborso d’ufficio, è quello
consueto: istanza di rimborso e successivo ricorso alle commissioni. In tal caso, opera soltanto il termine di
prescrizione del diritto.
Si ha rimborso d'ufficio quando
 in sede di liquidazione o controllo formale della dichiarazione dei redditi risulta un credito del
contribuente,
 dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale, devono esser rimborsate d'ufficio le
somme riscosse in via provvisoria durante il giudizio di primo grado (l’obbligo del rimborso d’ufficio è
l’effetto della sentenza della Commissione provinciale, che annulla in tutto o in parte un provvedimento
impositivo, con la conseguenza che la somma versata in via provvisoria risulta in tutto o in parte non
dovuta),
 in caso di somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali o duplicazioni imputabili all'ufficio
dell'Agenzia delle entrate.

5. Interessi per ritardato rimborso


In caso di ritardo nel rimborso di imposte sui redditi, il contribuente ha diritto all'interesse, nella misura
prevista dalla legge, per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del
versamento e la data dell'ordinativo di rimborso. Quando il diritto al rimborso sorge con la dichiarazione
dei redditi, gli interessi decorrono dal semestre successivo alla data di presentazione della dichiarazione.

Capitolo Quattordicesimo. LE SANZIONI AMMINISTRATIVE

1. La distinzione tra illeciti amministrativi e illeciti penali


La violazione delle norme tributarie può avere come conseguenza una sanzione amministrativa o penale.
Un illecito è amministrativo o penale a seconda del nomen della sanzione che la legge prevede. Gli illeciti
penali si distinguono in delitti e contravvenzioni. Quando la legge prevede, come sanzione, una multa o la
reclusione, siamo in presenza di un delitto. Invece, quando la legge prevede, come sanzione, l’arresto o

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l’ammenda, si ha una contravvenzione.
Alle sanzioni penali si contrappongono le sanzioni amministrative, che puniscono gli illeciti amministrativi.
La disciplina generale delle sanzioni amministrative tributarie è nel D.lgs. 472/1997.
La sanzione amministrativa è inflitta dall'amministrazione finanziaria e non dall'autorità giudiziaria (come invece
le sanzioni penali).

2. Passaggio dal sistema risarcitorio al sistema personalistico


Tradizionalmente la sanzione amministrativa tributaria ha scopo risarcitorio (più che punitivo): di
conseguenza, la sanzione è commisurata al danno provocato, al tributo evaso; sono destinatari della
sanzione sia persone fisiche che enti collettivi; in caso di pluralità di trasgressori essi rispondono in solido; in
caso di morte l'obbligo della sanzione passa agli eredi.
Nel 1997 è introdotto un modello personalistico (o penalistico) che mira a punire il trasgressore,
evidenziando l'elemento soggettivo di dolo o colpa: perciò in caso di concorso non si ha responsabilità
solidale ma correale; gli enti collettivi non sono imputabili per l'illecito; la sanzione non si trasmette agli
eredi.
Con la l. 269/2003 è stata ridotta la portata di uno ei capisaldi della riforma del 1997: le sanzioni
amministrative relative al rapporto fiscale proprio di una società o enti con personalità giuridica sono
esclusivamente a carico della persona giuridica. Da ciò deriva che le norme che presuppongono
l’irrogazione della sanzione alle persone fisiche, non si applicano alle persone giuridiche.

3. Principio di legalità e favor rei


Art. 3 D.lgs. 472/1997 contiene una molteplicità di principi generali. L’articolo, al primo comma, dispone
che “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima
della commissione della violazione ed esclusivamente nei casi considerati dalla legge”. In questa norma
sono contenuti 3 principi:
 principio di legalità, solo la legge può comminare sanzioni,
 divieto di retroattività: la legge deve essere entrata in vigore prima della violazione,
 principio di tassatività della previsione sanzionatoria: la legge deve prevedere sia la sanzione che i
fatti illeciti, non sono ammesse estensioni analogiche delle norme sanzionatorie,
Il secondo e il terzo comma sono ispirati al principio del favor rei.
Il secondo comma dispone che: “Se la sanzione è stata già irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo
si estingue, ma non è ammessa ripetizione dell’indebito”. Anche qui viene riproposto un principio penalistico:
quello della retroattività della abolitio criminis.
Ispirato al principio dell’applicazione della legge più favorevole al trasgressore è anche il comma 3, che
dispone: “Se la legge in vigore nel momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori
stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di
irrogazione sia divenuto definitivo”. Mentre il comma 2 concerne il caso in cui la violazione cessi del tutto di
essere punita, il comma 3 ha riguardo al caso in cui la violazione continua ad essere illecito amministrativo,
e viene mutata l’entità della sanzione. La nuova legge che muta l'entità della sanzione è retroattiva se
dispone una sanzione più lieve; non lo è se la aggrava.

3.1. Responsabilità personale, imputabilità, colpevolezza


L'illecito richiede:
 un comportamento, commissivo o omissivo, che viola una norma,
 l'elemento soggettivo, costituito da un particolare atteggiamento psicologico; devono ricorrere
cioè

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– imputabilità, cioè capacità di intendere e volere,
– colpevolezza, cioè dolo o colpa, non basta la volontarietà del comportamento sanzionato ma serve
anche la colpevolezza del trasgressore, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se
non doloso, quanto meno negligente.

4. Le sanzioni
La sanzione amministrativa principale è l'obbligo di pagare una somma di denaro (cui si aggiungono sanzioni
accessorie, con contenuto interdittivo), che può variare
 la misura della sanzione può variare tra un minimo ed un massimo, può essere irrogata in una misura
determinata discrezionalmente, avendo riguardo
– alla gravità della violazione (desunta anche dalla condotta dall’agente),
– all'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze,
– alla sua personalità (desunta anche dai suoi precedenti fiscali),
– alle sue condizioni economiche e sociali;
 può esser pari ad una frazione o a un multiplo del tributo cui si riferisce la violazione,
 può esser fissa.
La sanzione pecuniaria non produce interessi e non è trasmissibile agli eredi.
Sono sanzioni accessorie
 interdizione dalla carica di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali,
 interdizione dalla partecipazione a gare pubbliche,
 interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni,
 sospensione dall'esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa per un massimo di 6 mesi.

4.1. Concorso di illeciti e continuazione, cumulo materiale e cumulo giuridico


In materia di sanzioni amministrative tributarie si ha
 cumulo materiale delle pene, la sommatoria di tante sanzioni quante sono le violazioni
commesse,
 cumulo giuridico, una sola sanzione maggiorata, in tre ipotesi:
– concorso formale: un soggetto, con una sola azione, viola più norme, anche relative a tributi diversi.
Il concorso formale è
– omogeneo quando si commettono diverse violazioni della stessa disposizione,
– eterogeneo quando con una sola azione od omissione si violano disposizioni diverse.
Si applica soltanto la sanzione più grave, aumentata da 1/4 al doppio (cumulo giuridico). Se le violazioni
rilevano ai fini dei tributi, si considera quale sanzione base, cui riferire l'aumento, quella più grave
aumentata del 20%.
– concorso materiale, la stessa disposizione è violata più volte. Si ha concorso materiale, in deroga al
cumulo materiale delle sanzioni, solo quando si tratta di violazioni di obblighi formali. Si applica la
sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata da 1/4 al doppio.
– Illecito continuato, si applica la sanzione più grave, aumentata da 1/4 al doppio quando:
– vi sono più violazioni commesse in tempi diversi,
– le violazioni sono progressive e con un unico fine, ovvero tendono ad alterare la determinazione
dell’imponibile o la liquidazione del tributo.
Se le violazioni rilevano ai fini di più tributi, si considera quale sanzione base, cui riferire l’aumento,
quella più grave aumentata di 1/5.

Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi si applica la sanzione
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base aumentata dalla metà al triplo, che quindi con il cumulo verrà poi aumentata da 1/4 al doppio.
La sanzione può essere aumentata fino a 1/2 in caso di recidiva, cioè nei confronti di chi, nei 3 anni
precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole. In particolari ed eccezionali circostanze,
che rendono manifestamente sproporzionata la sanzione, può essere ridotta fino alla metà del minimo.
L'ufficio che emette in tempi diversi gli accertamenti relativi a periodi di imposta diversi, deve
determinare la sanzione complessiva tenendo conto dei provvedimenti già emessi. In sede processuale il
giudice deve rideterminare la sanzione complessiva tenendo contro delle sentenze precedenti.
In caso di accertamento con adesione, le disposizioni sulla determinazione della sanzione unica in caso di
progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta. La sanzione
conseguente alla rinuncia, all’impugnazione dell’avviso di accertamento, alla conciliazione giudiziale e alla
definizione agevolata non può stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di
contestazione o di irrogazione delle sanzioni.
N.B.: Se la sanzione risultante dal cumulo giuridico è superiore a quella calcolata con il cumulo materiale, si
applica il cumulo materiale, si applica cioè il sistema più favorevole.

5. I responsabili solidali, a titolo di garanzia, del pagamento della sanzione.


Nel sistema coesistono due principi: il principio per cui sono punite solo le persone fisiche ed il principio
(introdotto nel 2003) per cui sono punite le società ed enti con personalità giuridica.
Quando è punita una persona fisica, l'obbligo di pagare la sanzione è posto a carico del contribuente che ne
ha beneficiato: risponde, infatti, a titolo di garanzia, anche la società o ente che abbia beneficiato
dell'illecito, con diritto di regresso verso la persona fisica che ha commesso la violazione. Il diritto di
regresso verso l’autore materiale permette di ritenere non contraddetto, almeno formalmente, il principio
della personalità della sanzione.
Si ha responsabilità solidale di soggetti diversi dall'autore quando
 la violazione incide sulla determinazione dell'obbligazione o sul pagamento del tributo
 è commessa dal rappresentante legale, dall'amministratore o da un dipendente nell'esercizio delle
proprie funzioni.
La stessa regola vale per il rappresentate negoziale di una persona fisica.
L'attore non risponde per più di 51.645 Euro quando:
 l'autore è diverso dal contribuente che ne ha beneficiato,
 la violazione non è stata commessa con colpa grave o dolo.
Perciò, quando l’autore della violazione ha agito come rappresentate di una persona fisica o per conto di un
ente o società senza personalità giuridica (come amministratore, legale rappresentate, dipendente), e non
ha agito con dolo o colpa grave, la sua responsabilità è limitata a 51.654 euro.
Gli illeciti commessi dai consulenti nella risoluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo
se commessi con dolo o con colpa grave (imperizia o negligenza indiscutibili da cui risulta evidente la
macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari).

5.1. La corresponsabilità del cessionario d’azienda


La cessione d’azienda è un fenomeno che il legislatore tributario prende in considerazione per il timore
che i debiti tributari del cedente, non assolti al momento della cessione, restino definitivamente
insoluti. Ecco perché il cessionario d'azienda è responsabile, in solido con il cedente, per il pagamento
di sanzioni derivanti da violazioni commesse dal cedente nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei 2
precedenti, nonché di quelle già irrogate e contestate nello stesso periodo (anche se riferite a violazioni
commesse in epoca anteriore).
La responsabilità del cessionario è limitata al valore dell'azienda acquistata: la sua responsabilità riguarda

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solo il debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti della Direzione regionale dell'Agenzia delle
entrate.
Gli uffici sono tenuti a rilasciare un certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e su quelle già definite e
non ancora estinte. Il certificato negativo esonera da responsabilità il cessionario (che è liberato anche nel
caso in cui il certificato non sia rilasciato entro 40 gg dalla richiesta).
La responsabilità del cessionario non è soggetta a limitazione quando la cessione sia fatta per frodare il
fisco, e c'è presunzione di frode per i trasferimenti entro 6 mesi dalla contestazione del reato.

5.2. Concorso di persone. Responsabilità del professionista e autore mediato


Se la violazione è commessa da più persone, ciascuna di esse (dato il principio di personalità) è
responsabile della sanzione ad essa singolarmente irrogata.
Vi è concorso di persone quando l’illecito è commesso da più persone, ma non è necessario che tutti i
soggetti realizzino compiutamente il fatto illecito; un soggetto è punibile quando contribuisca alla
commissione dell’illecito. Quindi il concorso può essere materiale o psicologico.
Può concorrere nella violazione il professionista che suggerisca al trasgressore la condotta punita.
L'autore materiale dell'illecito non è punito quando è stato determinato a compiere la violazione con violenza o
minaccia o perché indotto incolpevolmente in errore (autore mediato):
 l'autore è indotto, senza sua colpa, a commettere un illecito dal parere di un professionista,
 il socio non amministratore di una società di persone, non avendo potuto esaminare la
documentazione della società, riporta nella sua dichiarazione il reddito che gli è imputabile in base a
quanto risulta dalla dichiarazione della società: è considerato autore mediato il socio amministratore che
ha predisposto la dichiarazione della società.
Quando la violazione è l'omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata
una sola sanzione e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo diritto di
regresso. Vi è solidarietà tra i trasgressori solo quando la violazione consiste nell'inadempimento
di un'obbligazione solidale; in tal caso l’illecito è imputato a tutti, la sanzione è determinata in maniera
uguale per tutti e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di
regresso.

6. Le cause di non punibilità


Il D.Lgs. n.472/1997 prevede 5 cause di esclusione della punibilità:
 errore incolpevole sul fatto,
 errore di diritto derivante da ignoranza inevitabile della legge tributaria,
 incerta portata della legge tributaria,
 imputabilità ad un terzo del mancato pagamento del tributo, quando il pagamento del tributo non
è stato eseguito per fatto denunciato all'autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a
terzi,
 forza maggiore.
Lo Statuto dei diritti dei contribuenti prevede altri due casi per cui sia esclusa la punibilità per
 violazioni formali che non incidono sul debito d'imposta,
 chi si è conformato alle indicazioni dell'amministrazione finanziaria o non ha ricevuto risposta
entro 120 giorni dalla presentazione di interpello.

7.I procedimenti applicativi delle sanzioni amministrative


È competente per le sanzioni lo stesso ufficio che è competente per l'accertamento del tributo.
Quando le sanzioni da irrogare sono collegate all'ammontare del tributo, sono irrogate con l'avviso di
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accertamento.
Le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi sono irrogate con iscrizione a ruolo.
Il procedimento ordinario, invece, inizia con la notificazione dell'atto di contestazione, in cui è indicato, a
pena di nullità,:
 la sanzione,
 i fatti attribuiti al trasgressore,
 le prove,
 le norme sanzionatorie,
 i criteri seguiti nel determinare la sanzione.
Deve contenere anche
 l'invito al pagamento entro il termine previsto per la presentazione del ricorso,
 indicare la possibilità di definizione agevolata, presentazione di memorie, impugnazione davanti
alla commissione.
I trasgressori e gli obbligati in solido, entro il termine per proporre ricorso, possono:
 definire la controversia con il pagamento di 1/4 della sanzione indicata nell'atto di
contestazione, impedendo l'irrogazione di sanzioni accessorie,
 produrre deduzioni difensive, l'ufficio deve esaminare e può, entro 1 anno, irrogare sanzioni (con
provvedimento motivato a pena di nullità, anche in ordine alle deduzioni),
 impugnare l'atto davanti alla commissione tributaria.

8. Estinzione dell’illecito
Il contribuente può estinguere l'illecito se:
 rimedia alla violazione commessa, se questa non sia già stata constatata e non siano iniziati accessi,
ispezioni o verifiche di accertamento delle quali l’autore o i soggetti obbligati in solido abbiano avuto
formale conoscenza,
 paga una parte della sanzione, se il versamento è eseguito con ritardo non superiore a 30 giorni la
sanzione è 1/12 del minimo,
 per qualsiasi errore o omissione, se rimedia entro il termine per la presentazione della
dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (o, se non è prevista la
dichiarazione periodica, entro 1 anno dalla violazione), nel qual caso la sanzione è ridotta a 1/10 del
minimo,
 se è stata omessa la presentazione della dichiarazione, se questa è presentata con ritardo inferiore
a 90 giorni, la sanzione è ridotta a 1/12 del minimo.

8.1. Estinzione della sanzione amministrativa


La sanzione si estingue con:
 il pagamento dell'obbligazione.
Quando la sanzione riguarda un fatto che potrebbe avere rilevanza penale, la riscossione della sanzione
amministrativa è sospesa fino a quando non cessa il processo penale.
 Se l'amministrazione non agisce nel termine di decadenza, decorso questo l'illecito si estingue.
L'atto di contestazione o l’atto di irrogazione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro 5 anni
dalla commissione della violazione o nel termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Se la
notificazione è stata eseguita tempestivamente ad almeno un autore il termine è prorogato di 1 anno.
Il termine di prescrizione del credito, invece, relativo ad una sanzione già irrogata è 5 anni, ma
l'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione fino alla definizione del

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procedimento.
 La morte della persona fisica autrice della violazione estingue l'illecito e la sanzione già irrogata;
non cessa la responsabilità solidale dei soggetti tenuti a titolo di garanzia, anche quando non sia stata
ancora irrogata la sanzione amministrativa nei confronti della persona fisica che ha commesso la
violazione. Da ciò deriva che la sanzione può essere irrogata anche dopo la morte del trasgressore, allo
scopo di ottenere il pagamento della sanzione da parte dei coobbligati.
 Definizione Agevolata (o in via breve). Gli effetti dell'illecito cessano se, entro 60 giorni
dalla notificazione dell'atto di contestazione, il trasgressore o un obbligato in solido pagano 1/4
della sanzione indicata nell'atto di contestazione. La definizione agevolata estingue l’illecito e
impedisce sia l'irrogazione della sanzione principale che quelle accessorie. Per incentivare la
definizione in via breve, l’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme
dovute nel termine previsto per la proposizione del ricorso, con l’indicazione della possibilità di
definizione in via breve.
 Per effetto del condono, concesso con provvedimento ad hoc.

9. Cenni sulle singole violazioni e sulle singole sanzioni.


Obblighi dei contribuenti:
 documentazione e contabilizzazione, sono puniti con sanzioni che variano da un minimo ad un
massimo, a prescindere dall'entità dell'evasione,
 obblighi relativi alle dichiarazioni, sono rapportati all'entità dell'imposta non dichiarata,
 obblighi relativi alla riscossione, chi non esegue i versamenti diretti è soggetto ad una sanzione pari
al 30% del tributo non versato.

Capitolo Quindicesimo. LE SANZIONI PENALI

1. I reati in materia di imposte sui redditi e Iva


La vigente disciplina è contenuta nel D.lgs. 74/2000.
Si tratta di reati classificati come delitti, a causa della notevole offensività e del dolo specifico di evasione: si
tratta, perciò, di reati che hanno natura di delitti.
Non sono reato le violazioni tributarie commesse a monte della dichiarazione. Sono punite come reato le
violazioni dell'obbligo di dichiarazione annuale dei redditi e Iva (ossia dichiarazione fraudolenta, infedele ed
omessa).
Altre figure di reato previste:
• emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
• occultamento o distruzione di documenti contabili;
• omesso versamento di ritenute e dell'Iva;
• compimento di atti fraudolenti, sui propri beni o su beni di altri, intesi a rendere inefficace la
riscossione coattiva.
Hanno rilievo penale solo gli illeciti che superano determinate soglie. Non sono previste soglie di alcun tipo
per:
• dichiarazione fraudolenta basata sull'uso di fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti;
• emissione di fatture (o altri documenti) relative ad operazioni inesistenti;
• occultamento o distruzione di scritture contabili.
La sanzione è sempre la reclusione.

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2. Reati relativi alle dichiarazioni. La dichiarazione fraudolenta
Si hanno due forme di reato:
1. Indicazione, nella dichiarazione, di costi fittizi, correlati all'uso di fatture, o altri documenti, che si
riferiscono ad operazioni inesistenti. Il reato è commesso se vi è una fattura o altro