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1. La nozione di tributo
Il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; per questo aspetto esso si distingue da altri istituti, che
pur incidono sul patrimonio del privato, ma comportano limitazioni od ablazioni di altro tipo
(espropriazioni, imposizione di limiti o vincoli, etc). L’obbligazione tributaria è un’obbligazione con effetti
definitivi: in ciò il tributo si distingue dai prestiti forzosi.
Il tributo è un'entrata coattiva: è infatti imposto con atto della autorità (≠ dalle entrate di diritto privato).
Ciò comporta che l’ente pubblico impositore sia anche provvisto di poteri autoritativi, allo scopo di
costituire il rapporto tributario o anche soltanto di imporre il pagamento del tributo. Possono esservi
anche entrate pubbliche imposte coattivamente che non hanno carattere tributario (come le sanzioni), ma
il fondamento giuridico del tributo è un atto dell’autorità (legge o provvedimento).
Il fatto generatore del tributo è un fatto economico (≠ dalle sanzioni pecuniarie che nascono da illecito, che
sono, come i tributi, prestazioni pecuniarie imposte autoritativamente, ma collegate ad un fatto illecito).
Il tributo, dal punto di vista funzionale, realizza il concorso alla spesa pubblica (ex art. 53 Cost.: “1. Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. 2. Il sistema tributario è
informato a criteri di progressività”) ed il suo gettito è destinato a finanziare lo Stato e gli altri enti pubblici,
indipendentemente dallo scopo per cui il tributo è istituito. Solitamente, il gettito dei tributi è una risorsa
dell’ente pubblico senza destinazione specifica; vi possono però esservi dei tributi con destinazione specifica
(tributi di scopo o tributi parafiscali).
In sintesi: il tributo comporta il sorgere di un’obbligazione; è imposto coattivamente; è collegato ad un
presupposto economico ed il suo gettito è destinato al finanziamento delle spese pubbliche.
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traggono dall'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto;
– sono detti contributi anche le prestazioni dovute a determinati enti (associazioni, consorzi, etc)
obbligatoriamente per il loro funzionamento (es. contributi ai consorzi di bonifica);
monopoli fiscali
– sono considerati tributi solo con riguardo alla sua funzione di procurare entrate. Ciò che si paga per
l’acquisto di un genere di monopolio non è un tributo, ma il corrispettivo di un normale contratto di
compravendita. Se invece si ha riguardo alla funzione dei tributi (procacciare entrate all’ente pubblico),
anche il monopolio è un tributo, quando ha per scopo di procurare entrate.
1 La riserva di legge
Art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Con “legge”, l’art.23 indica:
la legge statale ordinaria
gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi);
le leggi regionali (e provinciali, per Trento e Bolzano);
le fonti dell'Unione europea.
La riserva di legge riguarda solo le norme di diritto sostanziale, quelle che definiscono i soggetti passivi, l'an
e il quantum del tributo. L’art.23, dunque, non riguarda le norme sull'accertamento e la riscossione. È una
riserva di legge relativa: disciplina infatti le linee fondamentali della materia rimettendone il
completamento a norme di rango non legislativo.
Le “prestazioni personali e patrimoniali imposte” dall’art.23 sono da intendersi:
sia in senso formale: imposte cioè con atto autoritativo, i cui effetti sono indipendenti dalla
volontà del soggetto passivo;
che in senso sostanziale: ossia l’art.23 si applica anche a prestazioni di natura non tributaria ma
aventi funzione di corrispettivo, quando un obbligazione, per nascendo da un contratto, costituisca il
corrispettivo per un servizio pubblico che soddisfi un bisogno essenziale e sia reso in regime di monopolio
(es. tariffe elettriche, assicurazione obbligatoria delle auto). In tali situazioni, infatti, il cittadino è libero di
stipulare o non stipulare il contratto, ma questa libertà è astratta, perché si riduce solo alla possibilità di
scegliere tra la rinuncia al soddisfacimento di un bisogno essenziale e condizioni unilateralmente e
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autoritativamente prefissati.
3.I regolamenti
Con i regolamenti, il Governo e le autorità amministrative hanno potestà normativa, subordinata però, nella
gerarchia delle fonti, alle leggi. I regolamenti, quindi, non possono essere in contrasto con le norme di
legge e, se sono contrari alla legge. Possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicati
dagli altri giudici.
L. 400/1988 disciplina la potestà regolamentare: i regolamenti governativi sono deliberati dal Consiglio dei
Ministri, sentito il Consiglio di Stato, ed emanati dal Presidente della Repubblica (Art.1). Tali regolamenti
disciplinano: l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi (regolamenti esecutivi), l’attuazione e
l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio (regolamenti attuativi e
integrativi), le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge (regolamenti
indipendenti), l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche (regolamenti
organizzatori) e l’organizzazione del lavoro e dei rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti. In questi casi, il
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Governo dispone di una potestà regolamentare generale, esercitabile anche senza specifica autorizzazione
legislativa. L’art.17.2 contempla i regolamenti delegati, che il governo può emanare nelle, materie non
coperte da riserva assoluta di legge.
In materia tributaria, essendoci riserva di legge, possono aversi solo:
regolamenti esecutivi: disciplinano l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi; che possono
essere emessi anche in assenza di apposita norma autorizzativa,
regolamenti delegati (o delegificanti): emessi in materie non coperte da riserva assoluta di legge,
determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti;
possono essere emessi solo in base ad una norma espressa.
I regolamenti attuativi ed integrativi delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio non
sono ammissibili nel diritto tributario sostanziale, perché le leggi non possono limitarsi ad enunciare
princìpi di massima per le materie coperte da riserva di legge; sono invece ammessi solo per la parte di
disciplina non coperta da riserva di legge.
Non sono ammessi i regolamenti indipendenti, disciplinanti le materie in cui manchi la disciplina da parte di
leggi o atti aventi forza di legge, per la materia coperta da riserva di legge.
I regolamenti ministeriali sono adottati in materie di competenza del singolo Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Se la competenza è di più Ministri si hanno i regolamenti
interministeriali, adottati con decreto Presidente del Consiglio dei Ministri (ad es, il decreto con cui il
ministro fissa la revisione del catasto e ne aggiorna le rendite catastali).
4. L’interpretazione adeguatrice
Nell’interpretare un testo normativo, si deve privilegiare l’interpretazione conforme al testo
gerarchicamente sovraordinato (c.d. interpretazione adeguatrice). Oltre che la conformità alle norme
costituzionali, è da privilegiare la conformità alle norme dell’Unione europea e alle convenzioni
internazionali (c.d. principio della doppia conformità).
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6.1. Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscali
Il rispetto del principio di uguaglianza concerne sia le norme impositive, sia le norme di favore. Dato un
tributo, che colpisce in generale una categoria di soggetti o fatti economici, quali sono le ragioni che
legittimano il legislatore a introdurre trattamenti di favore senza violare il principio di eguaglianza??
Il legislatore può però riconoscere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente riconosciuti, e
cioè se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale.
7. Il principio di progressività
L’art. 53.2, della Costituzione, recita che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Il principio di progressività (=rapporto diretto tra imposizioni e reddito individuale di ogni contribuente) non
riguarda i singoli tributi ma il sistema nel suo complesso; singoli tributi possono essere ispirati anche a
principi diversi.
1.L’obbligazione tributaria
Lo Stato (o altro ente impositore) è titolare di poteri autoritativi ed è titolare di un diritto di credito;
correlativamente c’è da distinguere tra i vari obblighi e poteri formali che danno vita alle attività o
procedure dirette e l’obbligazione tributaria, e gli effetti sostanziali connessi.
L’obbligazione tributaria non si differenzia dalle obbligazioni del diritto privato, disciplinate dal codice civile.
Dell’obbligazione tributaria, però, vi è una disciplina propria nel diritto tributario: solo quando la disciplina
tributaria presenta delle lacune, l’interprete può colmarla ricorrendo alle norme del codice civile, ma solo
se ricorrono i presupposti dell’analogia. L’analogia è possibile quando: a) la disciplina tributaria presenti
delle lacune in senso tecnico; b) le norme del codice sono suscettibili di essere estese oltre l’ambito del
diritto privato; c)la norme del codice sono compatibili con le peculiarità del diritto tributario.
L’obbligazione tributaria è poi un obbligazione legale. La disciplina dell’obbligazione è tutta stabilita dalla
legge; nulla di tale disciplina può essere determinato dalla volontà delle parti. La stessa amministrazione
finanziaria, pur dotata di poteri autoritativi, non dispone di discrezionalità: i suoi poteri sono vincolati.
Altro è invece se tale definizione viene intesa nel senso che l’obbligazione ha la sua origine esclusivamente
nella legge, e che, al meccanismo della sua nascita, sono estranei gli atti del contribuente o
dell’amministrazione finanziaria. Sotto questo profilo, la definizione dell’obbligazione tributaria come
obbligazione di fonte legale non è accolta dalla teoria costitutiva.
2. Il presupposto
La fattispecie che dà vita, in modo diretto o medito, all’imposta, è variamente denominata: presupposto,
fatto imponibile ecc. Preferire l’uno o l’altro termine è questione puramente lissicale.
Il presupposto è quell’evento che determina- direttamente o indirettamente- il sorgere dell’obbligazione
ributaria. Il presupposto è connotato dal legislatore (esplicitamente o implicitamente) sotto diversi profili:
oggettivo, soggettivo, spaziale e temporale.
Presupposto e oggetto dell’imposta sono nozioni usate talora come coincidenti (ad esempio, nell’imposta di
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registro). Le due espressioni sono però usate anche con significati distinti, in quanto il termine
“presupposto” è preferito nei discorsi giuridici, mentre “oggetto” è un termine usato con significato
economico.
5. Sovrimposte e addizionali
Vi è sovrapposizione di fattispecie quando la fattispecie imponibile di un tributo (imposta madre), viene
usata come fattispecie di un’altra imposta, detta imposta figlia. L’imposta figlia è denominata sovrimposta o
addizionale.
È denominata addizionale (o imposta addizionale) anche il tributo la cui misura è ragguagliata ad una
frazione o multiplo di quanto dovuto per l’imposta di base. Il legislatore disciplina di volta in volta
l’accertamento e la riscossione della sovrimposta e dell’addizionale, potendo prevedere un regime
autonomo o dipendente dall’applicazione dell’imposta-base.
2. La solidarietà tributaria
Le diverse situazioni passive, che scaturiscono dalle fattispecie tributarie, possono far capo ad una pluralità di
soggetti passivi.
Può trattarsi di obblighi formali o dell’obbligazione tributaria. Si ha obbligazione solidale quando più soggetti
sono tenuti in solido ad adempiere l'obbligazione tributaria, ciascuno può essere costretto all'adempimento
per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri (art.1292 c.c.).
Il soggetto passivo del tributo è obbligato sia all'adempimento della prestazione pecuniaria che
all'adempimento di obbligazioni formali, come la presentazione della dichiarazione. Anche per tali obblighi
l'adempimento di uno dei coobbligati libera tutti gli altri. Nelle leggi tributarie sono espressamente indicati
i casi in cui l'obbligazione è solidale.
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paritaria, quando il presupposto del tributo è riferibile ad una pluralità di soggetti; è tipica delle
imposte indirette, ad es.
– imposta di registro, stipulazione di un contratto da registrare, le parti contraenti sono obbligate in
solido,
– imposta sulle successioni, dovuta dagli eredi in solido
dipendente, quando vi è un obbligato principale, che ha posto in essere il presupposto del tributo,
ed un obbligato dipendente (responsabile d'imposta), che non ha partecipato alla realizzazione del
presupposto e tuttavia è obbligato in solido perché ha posto in essere un'altra fattispecie connessa.
Le previsioni di solidarietà, soprattutto in materia di imposte personali, hanno natura eccezionale.
3. La sostituzione tributaria
Si ha sostituzione tributaria quando l'obbligazione tributaria, o altri debiti tributari, sono posti a carico di
un soggetto diverso da chi realizza il presupposto del tributo.
Sono obbligati ad operare le ritenute (e quindi sostituti):
le società ed altri enti soggetti passivi Ires
società di persone, associazioni, imprenditori individuali
chi esercita arti o professioni, curatori fallimentari quando corrispondono:
- somme o valori che costituiscono reddito di lavoro dipendente o assimilato
- compensi di lavoro autonomo
- provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio
- interessi, dividendi e altri redditi di capitale
- compensi per avviamento commerciale
- premi e vincite
Sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o
situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Il sostituto, nel momento in cui corrisponde le
somme soggette a ritenuta, ha il diritto-dovere di trattenerne una quota (l'obbligazione del
sostituto verso il sostituito è adempiuta ed estinta con la corresponsione di una somma minore di quella
dovuta). Dal punto di vista del rapporto di rivalsa, non vi è differenza tra sostituzione a titolo d’imposta e
sostituzione a titolo di acconto, salvo l’obbligo, nel secondo caso, per il sostituto, di rilasciare al sostituito un
certificato. Operare la ritenuta è un obbligo la cui violazione è punita con sanzione amministrativa.
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3.2. La sostituzione a titolo d’acconto
Nella sostituzione a titolo d'acconto (o sostituzione impropria), il sostituto non è debitore in luogo del
soggetto che sarebbe obbligato secondo i criteri generali della soggettività passiva dell’obbligazione, ma è
soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento (previa effettuazione della ritenuta), al quale non
è riferibile alcuna idea di sostituzione. A carico del sostituto gravano obblighi di versamento di acconti non
previsti, in via ordinaria, a carico del reddituario. Il sostituto a titolo d'acconto non è soggetto passivo
dell'obbligazione tributaria in base al presupposto, ma è tenuto per obblighi di diversa natura, che hanno
come fattispecie l'erogazione di somme al sostituito, operando una ritenuta e versando al fisco una somma
pari alla ritenuta. Il sostituito resta obbligato per l'intero reddito, comprese le somme soggette a ritenute,
salvo il suo diritto di detrarre le ritenute subite dall'imposta complessivamente dovuta.
La misura delle ritenute e del versamento dipende solitamente da un'aliquota fissa; nei casi di redditi da
lavoro dipendente è invece variabile perché dipende dall'ammontare della retribuzione annua.
Le somme che il sostituito percepisce, al lordo della ritenuta, sono componenti del suo reddito complessivo
ma, subendo le ritenute, acquista il diritto di dedurre, dall'imposta globalmente dovuta, l'importo delle
ritenute subite. Se il sostituto non versa le somme ritenute, il fisco può agire soltanto nei confronti del
sostituto.
Il sostituito con le ritenute è assoggettato ad una tassazione anticipata, acquisendo il diritto di detrarre
dall'imposta dovuta per quel periodo d'imposta, l'ammontare delle rendite subite. Le somme ritenute valgono
come pagamenti in acconto della sua obbligazione d'imposta. Il sostituito acquista il credito verso il fisco
anche se il sostituto esegue la ritenuta ma non la versa. Il sostituto che non effettua le ritenute
d'acconto rimane obbligato nei confronti del fisco, conservando il diritto-dovere di rivalsa sul sostituito.
Il fisco può:
emettere, nei confronti del sostituto, avviso di accertamento per stabilire che ha omesso di
effettuare le ritenute e di versarle
accertare, nei confronti del sostituito, il reddito che gli è stato corrisposto dal sostituto e non è
stato dichiarato
7. Traslazione e rivalsa
Abbiamo visto come si ripartisce l’onere del tributo nei rapporti tra coobbligati in via paritaria e che
sostituto e responsabile d’imposta hanno diritto di rivalsa. Vediamo ora gli altri casi in cui il debitore
dell’imposta ha diritto di rivalersi verso gli altri.
Ogni contribuente cerca di trasferire ad altri l’onere del tributo. Si distingue tra contribuente di diritto e
contribuente di fatto; il primo è il debitore, che è tenuto a pagare il tributo, il secondo colui che sopporta
l’onere del tributo, senza poterlo riversare su altri.
Vi sono tributi posti a carico di un soggetto che però sono destinati a gravare economicamente su altri
soggetti (ad es. le imposte sui consumi, delle quali sono debitori gli operatori economici, sono destinate a
gravare sui consumatori).
Ma Vi sono casi nei quali al soggetto passivo del tributo è espressamente conferito il diritto di rivalsa (ad
es. i soggetti passivi Iva hanno diritto di rivalsa verso i cessionari).
Quando il soggetto passivo del tributo è diverso dal soggetto che pone in essere il fatto economico, il
debitore del tributo deve poter trasferire l'onere economico sul soggetto che realizza il fatto espressivo
di capacità contributiva; quando questo non si verifica, il tributo non si realizza secondo la sua ratio.
Il sostituto d'imposta e il responsabile d'imposta hanno diritto di rivalsa nei confronti di colui che ha posto in
essere il presupposto. In generale ogni terzo che sia tenuto a corrispondere il tributo ha diritto di rivalsa
verso colui che realizza il presupposto dell'imposta. La rivalsa può derivare da norme civilistiche o da
clausole contrattuali.
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La traslazione economica dell'imposta attuata in forza di un patto contrattuale ha natura di
integrazione del corrispettivo e non natura tributaria. Quando invece la rivalsa è prevista da norme
tributarie, il rapporto di rivalsa è parte del tributo inteso come istituto giuridico. Si ha surrogazione a
vantaggio di chi, essendo tenuto, con altri o per altri, al pagamento di un tributo, ha assolto il debito di
imposta: tale soggetto può surrogarsi, nei confronti del debitore di imposta che ha posto in essere il
presupposto, negli stessi diritti del fisco.
1. Le agenzie fiscali
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha la competenza circa la politica economica e finanziaria,
il bilancio e il fisco. La gestione pratica dei tributi spetta alle agenzie fiscali, enti pubblici economici. Le
agenzie fiscali sono 4:
Agenzia delle entrate, amministra tutti i tributi statali, esclusi quelli doganali e le accise. Al vertice
dell'Agenzia delle entrate c'è il Direttore generale, da cui dipendono le Direzioni regionali. La titolarità
dell'obbligazione tributaria è dello Stato, l'esercizio dei poteri in materia di imposizione fiscale è attribuito
all'Agenzia delle entrate. I compiti strettamente operativi sono svolti, in periferia, dalla agenzia delle
entrate.
Agenzia delle dogane, amministra tributi doganali ed accise,
Agenzia del territorio,
Agenzia del demanio.
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2. Lo schema standard di attuazione dei tributi.
Ai contribuenti sono imposti obblighi di
autoliquidazione,
versamento,
dichiarazione.
L'Agenzia delle entrate controlla l'adempimento degli obblighi di versamento ed eventualmente emana
l'avviso di accertamento, che di regola comporta anche l'applicazione di sanzioni.
Il potere di riscuotere il tributo si attua con la formazione del ruolo, titolo esecutivo con cui si realizza la
riscossione in forma coattiva sia delle somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti che delle
somme dovute in base agli atti di accertamento.
Vi sono casi (tributi senza imposizione) in cui la nascita dell'imposta ne comporta direttamente l'adempimento: al
verificarsi del presupposto, l'obbligato deve versare l'imposta (ad es. imposta di bollo, tassa sulle
concessioni governative). L'inadempimento comporta l'attivazione della procedura sanzionatoria.
5. Il legittimo affidamento
Principio generale dell'ordinamento è la tutela del legittimo affidamento, con cui si tutela il
contribuente che si comporta in buona fede, facendo affidamento sulle indicazioni fornite
dall'amministrazione, o che viola una norma per ragioni imputabili all'amministrazione.
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Da ciò deriva, ad esempio, che le circolari ministeriali generano un legittimo affidamento in ordine al
comportamento da tenere nei confronti dell’amministrazione, che non può discostarsi nei rapporti con i
contribuenti dalle indicazioni fornite con le circolari.
L'amministrazione può modificare l'interpretazione di una disposizione ma le circolari peggiorative non
possono essere retroattive. Sono quindi illegittimi gli atti di accertamento che hanno per oggetto fatti
accaduti prima del cambiamento peggiorativo.
6. Il contraddittorio
Ai procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di contraddittorio. L'ufficio non è
obbligato ad avvertire il contribuente dell'indagine avviata nei suoi confronti, né vi è un generale
riconoscimento legislativo del diritto del privato di partecipare al procedimento e di difendersi, prima che
sia emesso a suo carico un atto impositivo.
Vi sono norme che prevedono, caso per caso, la facoltà o l'obbligo dell'ufficio di ascoltare il
contribuente, tra cui
quando dai controlli emerga un risultato diverso da quello dichiarato, l'ufficio deve
comunicare al contribuente l'esito del controllo per consentirgli di fornire i chiarimenti necessari;
prima di emettere un accertamento che applica la clausola antielusiva, l'ufficio deve, a pena di
nullità, richiedere chiarimenti al contribuente;
prima di emettere avviso di accertamento sintetico del reddito, l'ufficio può interpellare il
contribuente perché dimostri che il maggior reddito non è tassabile o è già stato tassato;
prima di emettere un accertamento fondato su presunzioni desunte da conti correnti bancari, l'ufficio
può invitare il contribuente a fornire prova contraria;
al termine delle verifiche fiscali, il contribuente ha 60 giorni per far pervenire le sue osservazioni
e richieste all'ufficio, che non può emanare l'avviso di accertamento prima della scadenza di tale termine.
8. L’interpello ordinario
Art. 11 Statuto dei diritti del contribuente: ciascun contribuente può presentare alla Direzione regionale
dell'Agenzia delle entrate circostanziate e specifiche istanze di interpello (ordinario) con cui richieda un
parere circa l'interpretazione di una disposizione tributaria, con riguardo a casi concreti e personali (non
può esser presentata a scopo accademico). Può riguardare qualsiasi domanda sull'applicazione delle
leggi tributarie.
L'istanza può esser presentata solo se riguarda una disposizione la cui interpretazione sia
obiettivamente incerta.
L'amministrazione risponde per iscritto entro 120 giorni con risposta motivata. Il silenzio vale assenso,
indica che l'Agenzia concorda con l'interpretazione e con il comportamento prospettato dal richiedente. È
onere del contribuente indicare nell'istanza quale sia la sua interpretazione, altrimenti in caso di silenzio
dell'amministrazione non si può avere tacito assenso.
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L'istanza deve essere preventiva all'applicazione della disposizione.
L'amministrazione non è tenuta a rispondere se non sussistono i presupposti sostanziali dell'istanza o se
questa è formalmente invalida.
Se l'istanza è formulata da molti contribuenti circa la stessa questione, l'amministrazione può fornire una
risposta collettiva con circolare o risoluzione.
Il parere reso dall'Agenzia vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e
limitatamente al richiedente. Il parere vincola l'Agenzia, rendendo illegittimi gli atti dell'amministrazione
contrastanti con i pareri resi, in via espressa o tacita.
Se la risposta è negativa ed il contribuente non vuole adeguarsi può:
presentare la dichiarazione discostandosi dal parere ed impugnare poi l'eventuale avviso di
rettifica, insieme con il parere;
presentare una dichiarazione conforme al parere, versare l'imposta ed agire con istanza di
rimborso.
Se c'è il dubbio che un comportamento sia elusivo, si ha interpello speciale circa l'applicazione di specifiche
disposizioni con finalità antielusive. Riguarda:
operazioni di disapplicazione di norme tributarie che limitano deduzioni, detrazioni, etc per
contrastare comportamenti elusivi, quando non possono verificarsi effetti elusivi;
operazioni in tema di interposizione;
qualificazione di determinate spese come spese di rappresentanza, pubblicità e propaganda;
disapplicazione della norma in tema di indeducibilità dei costi connessi a rapporti con imprese
residenti nei paradisi fiscali.
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L'istanza è accolta o respinta con provvedimento definitivo dal Direttore.
L'art. 110 co 11 T.u.i.r. il contribuente, prima di effettuare operazioni con imprese residenti in paradisi
fiscali, può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere, in via preventiva, un parere sulla
deducibilità dei costi, con la procedura prevista dall'interpello in materia elusiva.
Art. 167 e 168 T.u.i.r. Il contribuente residente con partecipazioni di controllo in paradisi fiscali può chiedere un
provvedimento disapplicativo del regime di trasparenza delle imprese estere controllate secondo la
procedura dell'interpello ordinario. Deve fornire la prova che la società non residente svolga un'attività
industriale o commerciale come sua principale attività nel Paese in cui ha sede o che dalle partecipazioni
non consegue l'effetto di localizzare i redditi in un paese a bassa fiscalità.
9. L’autotutela
Con l'autotutela l'amministrazione può annullare l'atto che riconosce viziato. Non essendovi
discrezionalità nel diritto tributario, l'esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di
convenienza: la correzione è giustificata soltanto dal dovere di ogni pubblica amministrazioni di ripristinare
la legalità.
Con l'autotutela si ha
annullamento, da riferire agli atti che presentano vizi di legittimità, ossia vizi di forma o
procedimentali;
revoca, da riferire agli atti infondati o viziati nel contenuto.
L'autotutela può esser esercitata a seguito di richiesta del contribuente o d'ufficio, sia in pendenza di giudizio
che dopo che l'atto sia divenuto definitivo, e può riguardar e qualunque atto
dell'amministrazione, anche gli atti di riscossione. Può avere ad oggetto anche un atto divenuto definitivo
perché non impugnato o impugnato senza successo. Il giudicato non impedisce l'autotutela, purché il
ritiro dell'atto sia fatto per motivi che non contraddicano il contenuto della sentenza passata in giudicato.
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2. La dichiarazione d’imposta in generale
I contribuenti hanno l'obbligo di presentare una dichiarazione all'agenzia fiscale nella quale indicano il
presupposto e l'ammontare dell'imposta.
Dichiarazione dei redditi e dichiarazione Iva devono esser presentate ogni anno, riguardano tributi periodici,
la cui base di commisurazione varia di anno in anno.
Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la
dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni (ad es, per l’imposta comunale per gli
immobili o per la tassa raccolta rifiuti).
Altri tributi a carattere istantaneo (come l'imposta di registro e sulle successione), richiedono invece che la
dichiarazione sia presentata ogni volta che si verifica il presupposto.
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i trasferimenti da e verso l'estero,
la disponibilità di investimenti all'estero.
La dichiarazione dei redditi è una “dichiarazione di scienza”. Il contribuente non deve però solo esporre fatti
e dati, ma deve anche qualificarli giuridicamente.
In sede di dichiarazione si possono esercitare opzioni di scelta del regime di contabilità come
la rateizzazione delle plusvalenze realizzate,
le sopravvenienze attive costituite da contributi o liberalità,
la quantificazione degli ammortamenti,
le spese per studi, ricerche, pubblicità e propaganda.
In questo modo la base imponibile e l'imposta non dipendono solo dalla legge ma anche dalle scelte del
contribuente.
Se vi sono perdite d'impresa pregresse, il contribuente può, nella dichiarazione, utilizzarle a
compensazione del reddito di esercizio.
L’opzione (e la revoca) di regimi speciali di determinazione delle imposte dirette e dell’IVA o di regimi
contabili, se non sono esercitate nella dichiarazione, possono essere desunti anche da comportamenti
concludenti del contribuente o dalla modalità di tenuta delle scritture contabili.
I contribuenti con periodo di imposta coincidente con l'anno solare presentano la dichiarazione unificata
annuale, comprendente:
dichiarazione dei redditi,
dichiarazione Irap,
dichiarazione di sostituto d'imposta,
dichiarazione annuale Iva.
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da chi ha sottoscritto la relazione di revisione: in mancanza si avrà una sanzione amministrativa.
Art. 12 Statuto dei diritti del contribuente prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali nei locali
destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali
sono effettuati in base ad esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo;
si svolgono durante l'orario ordinario di esercizio delle attività, salvo casi eccezionali,
con modalità tali da arrecare meno disturbo possibile allo svolgimento delle attività e alle relazioni
commerciali e professionali del contribuente.
Iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato
delle ragioni che l'abbiano giustificata,
dell'oggetto della verifica,
della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa,
dei diritti e degli obblighi riconosciutigli in occasione delle verifiche.
Su richiesta del contribuente l'esame dei documenti amministrativi e contabili può esser effettuato presso il
professionista che lo assiste.
Delle osservazioni del contribuente e del professionista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni
di verifica.
Durante il controllo sostanziale vengono eseguite ispezioni documentali su libri, registri, documenti e altre
scritture che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta non è obbligatoria.
La verifica contabile esamina la completezza, esattezza e veridicità della contabilità, anche
confrontandola con documenti e scritture contabili di terzi (controllo incrociato).
Le verificazioni sono controlli sugli impianti, sul personale dipendente, sull'impiego di materie prime ed
altri acquisti, e su ogni elemento utile ai fini del controllo dell'esatto adempimento delle norme fiscali.
Gli operatori dell'amministrazione finanziaria non possono permanere presso la sede del
contribuente oltre i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 giorni nei casi di indagini
particolarmente complesse, con atto motivato del dirigente dell'ufficio.
Decorso tale periodo gli operatori possono tornare nella sede del contribuente per esaminare le
osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni
di verifica o per specifiche ragioni.
Di ogni accesso è redatto processo verbale da cui risultino
le ispezioni e rilevazioni eseguite,
le richieste fatte al contribuente,
le risposte ricevute.
Il verbale è sottoscritto dal contribuente, che ha diritto di averne una copia.
La descrizione dettagliata delle operazioni è effettuata nel processo verbale di verifica. Viene poi redatto un
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processo verbale di constatazione che sintetizzi i dati rilevati.
Entro 60 giorni dalla ricezione della copia del verbale, il contribuente può comunicare osservazioni o
richieste, valutate dagli uffici impositori.
L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza dei 60 giorni, salvo casi di particolare
e motivata urgenza.
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4.1. Il contraddittorio.
L'interpello del contribuente (sia invitandolo a comparire di persona sia inviandogli questionari) è una facoltà,
non un obbligo dell’Ufficio. Solo in alcuni casi la legge prevede che l'ufficio debba interpellare il
contribuente prima di procedere ad accertamenti (ad es., quando l'amministrazione considera elusiva
un'operazione ed intende applicare la norma elusa, deve prima chiedere chiarimenti al contribuente e poi
potrà emettere l'accertamento).
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dovute (o la prima rata) entro 15 giorni prima dalla data per la comparizione; le sanzioni sono ridotte
a 1/8 del minimo, rateizzabili;
potrà presentare istanza di accertamento con adesione, chiedendo all'ufficio di formulare una proposta,
per raggiungere un accertamento concordato; le sanzioni sono ridotte a 1/4 del minimo.
Se non c'è adesione all'invito o accertamento con adesione, l'ufficio può emettere un avviso di
accertamento (non prima della scadenza del termine concesso al contribuente per presentare memorie) e
può inoltre notificare un atto di contestazione delle sanzioni amministrative.
Art. 42 D.p.r. 600/1973 è previsto che nelle imposte sui redditi, l'avviso di accertamento deve indicare
l'imponibile o gli imponibili accertati,
le aliquote applicate,
le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute d'acconto e dei crediti di
imposta.
Di regola l'avviso statuisce l'imposta dovuta, ma vi anche sono avvisi senza imposta:
accertamento dei redditi delle società di persone, si ha la determinazione dell'imponibile della
società da imputare, poi, pro quota, a ciascun socio, agli affetti dell'imposta sui redditi dovuta dal socio;
accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite.
L'ufficio, con la rettifica della dichiarazione, determina autoritativamente il quantum delle varie operazioni.
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Nell'imposta di registro la rettifica deve stabilire il valore venale dei beni o diritti sui quali deve essere
applicato il tributo, indicando le aliquote e la maggiore imposta accertata.
Il comune di domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai fini delle notifiche: il legislatore presuppone che il
contribuente abbia sempre un domicilio fiscale, nel quale la notifica deve essere fatta.
Se nel comune di domicilio fiscale non c'è un luogo presso il quale la notifica possa esser fatta
validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l'atto è depositato presso la
casa del comune ed il messo affigge avviso di deposito presso l'albo del comune e ne dà notizia al
destinatario con raccomandata.
Anche quando la notifica deve essere fatta ad un non residente, il sistema è basato sul presupposto che il
non residente abbia o elegga in Italia un luogo presso cui fare la notifica. Il non residente può nominare un
rappresentante per i rapporti tributari ed ha in ogni caso un domicilio fiscale in Italia:
per le imposte dirette il domicilio è nel comune in cui è prodotto il reddito,
per le altre imposte nel comune in cui si verifica il presupposto.
Il contribuente può comunicare all'Agenzia delle entrate l'indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e
degli atti che lo riguardano.
Poiché l’atto di imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi della notificazione sono vizi
formali dell’atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso.
La giurisprudenza ritiene però che la proposizione del ricorso contro l'avviso di accertamento sani, con
effetto ex tunc, la nullità della notifica dell'avviso, per raggiungimento dello scopo della notifica.
L’atto di imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza. L'atto
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notificato in ritardo è illegittimo.
Per le imposte sui redditi e per l'Iva il termine è
31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione,
in caso di omessa presentazione della dichiarazione, il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto esser presentata.
Per l'imposta di registro il termine è
5 anni per gli atti non registrati,
3 anni per gli atti registrati.
3. Gli effetti.
L’avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo, con cui l’obbligazione tributaria è stabilita
autoritativamente. È però questione discussa se l’accertamento abbia efficacia costitutiva o dichiarativa
dell’obbligazione tributaria.
Secondo la teoria dichiarativa, l'obbligazione tributaria sorge non appena si verifica il presupposto di
fatto del tributo. Si ritiene che le norme che disciplinano le imposte sono norme materiali, di cui
scaturisce direttamente il debito tributario, e che l'atto impositivo ha per effetto il mero accertamento
dell'obbligazione tributaria, che, nascendo ex lege con il verificarsi del presupposto, viene accertata
con la dichiarazione del contribuente e con l'avviso di accertamento.
Per la teoria costitutiva l'obbligazione non deriva direttamente dalle norme tributarie materiali (norme sul
presupposto del tributo, sui soggetti passivi, sul quantum), ma, perché sorga l'obbligazione, è necessaria la
presentazione della dichiarazione o l'emanazione di un avviso di accertamento; quindi gli avvisi di
accertamento costituiscono (non accertano) l'obbligazione tributaria.
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se sono favorevoli, possono estendersi agli altri condebitori,
se sono sfavorevoli non si estendono,
se sono neutri si estendono solo se l'interessato ne vuole approfittare.
Assodato che l’avviso di accertamento dell’obbligazione solidale vale soltanto nei confronti dei soggetti ai
quali è notificato, va escluso che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a notificare l’avviso di
accertamento a tutti i coobbligati.
Nella solidarietà vi è una pluralità di debitori per un’unica prestazione, e l’adempimento di uno libera tutti;
da ciò deriva la facoltà del creditore di rivolgersi a sua scelta ad uno o più debitori. La facoltà di rivolgersi ad
uno o più debitori implica, in diritto tributario, di riflesso, l’esclusione dell’obbligo di notificare l’avviso a
tutti. L'amministrazione finanziaria pertanto può, a scelta, emettere avviso di accertamento nei
confronti di un solo obbligato o di tutti, ma l'avviso di accertamento notificato ad un condebitore è efficace
solo nei confronti di questo soggetto, non verso gli altri.
L'atto produce effetti verso soggetti diversi dai suoi destinatari solo quando
vi sia successione nel debito d'imposta,
l'amministrazione sia titolare di privilegio speciale, perché in tal caso l’atto emesso nei confronti
del soggetto passivo legittima l’esecuzione sul bene, anche se di proprietà di terzi.
Dato che l’avviso di accertamento esplica effetti solo nei confronti del condebitore al quale è notificato, è
solo il condebitore cui è stato notificato l'avviso di accertamento che può essere iscritto a ruolo.
Il fisco può iscrivere a ruolo un condebitore se l'iscrizione a ruolo sia legittimata da un avviso di
accertamento emesso nei suoi confronti. Nella prassi, invece, si iscrivono a ruolo tutti, anche senza
avviso. Occorre tuttavia che vi sia un titolo che legittimi l’iscrizione a ruolo (dichiarazione o avviso di
accertamento), del soggetto nei cui confronti si pretende di riscuotere.
Gli atti che riguardano un singolo condebitore non incidono sui rapporti interni tra condebitori. Il
condebitore che riceve l'avviso di accertamento e paga l'imposta non acquista per questo solo il diritto di
regresso nei confronti del coobbligato, in quanto l'obbligazione nei rapporti interni si divide secondo la
riferibilità del presupposto del tributo a ogni condebitore; il coobbligato non potrà ritenersi libero da ogni
vincolo solo per non aver ricevuto l'avviso di accertamento.
Se l'avviso non è notificato nei termini a tutti, la giurisprudenza ritiene che gli atti con i quali il creditore
interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto anche per gli altri debitori,
estendendo la regola anche alla decadenza. È però strano che estenda alla decadenza una regola della
prescrizione; questo orientamento suscita perplessità.
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Nella disciplina delle sanzioni, la notifica tempestiva di un atto sanzionatorio ad un autore della
violazione produce la proroga di un anno del temine per la notifica agli altri.
4. Nullità e annullabilità
La nullità, come forma di invalidità dei provvedimenti amministrativi, non è dunque la conseguenza della
violazione di una qualsiasi norma imperativa, ma solo delle norme che disciplinano
gli elementi essenziali del provvedimento;
l'attribuzione delle competenze;
il giudicato,
nei casi espressamente previsti dalla legge.
L'avviso di accertamento è nullo, ad esempio, quando
non è sottoscritto (negli atti informatizzati basta l'indicazione del responsabile dell'atto),
è intestato ad un soggetto inesistente (defunto o società estinta),
non è notificato,
è privo degli elementi essenziali della parte dispositiva.
Il provvedimento impositivo è nullo quando
è viziato da difetto assoluto di attribuzione,
è emesso in carenza di potere,
nei casi espressamente previsti dalla legge (ad es.: in materia di imposte dirette si ha nullità
degli accertamenti non sottoscritti, non motivati; è anche previso che l'accertamento di un'imposta
elusa deve esser preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiarimenti al contribuente; sono nulli
gli atti dell'ufficio non conformi alla risposta data in sede di interpello ordinario).
Vi sono norme da osservare a pena di annullabilità e norme la cui violazione determina una semplice
irregolarità del provvedimento impositivo.
Non sempre il legislatore rende esplicita al conseguenza di un vizio: ad es., gli avvisi di accertamento devono
essere notificati entro un termine di decadenza, ma non è espressamente indicato che l’atto notificato in
ritardo è annullabile.
Nullità è intesa come annullabilità.
L'art. 21-septies , c.1, l. 241/1990, regolante il procedimento amministrativo, prevede che fuori dai casi
in cui l'invalidità è espressamente prevista, non vi sono né criteri generali né indicazioni da cui desumere
se un vizio rende l'atto annullabile o soltanto irregolare. È l'interprete a stabilire la gravità del vizio,
tenendo conto che è invalidante la violazione di norme procedimentali a garanzia del contribuente e non
invalidante la violazione di norme che non tutelino alcun interesse del ricorrente.
La violazione di norme sui metodi di accertamento e sui presupposti di accertamento (sopravvenuta
conoscenza di nuovi elementi, per l’accertamento integrativo) rendono l'atto annullabile.
Gli accertamenti fondati su prove acquisite illecitamente sono viziati in quanto infondati, cioè privi di
fondamento di fatto (essendo inutilizzabili le prove acquisite in modo irrituale).
I vizi non invalidanti sono mere irregolarità.
Il co 2 art. 21-octies l. 241/1990 (legge regolatrice del procedimento amministrativo)stabilisce che
alcune violazioni non comportano l'annullamento del provvedimento quando, per la natura vincolata
del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto esser diverso da
quello adottato.
La norma si applica solo ai provvedimenti vincolati in modo assoluto, alla cui formazione è estranea qualsiasi
elaborazione intellettiva.
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5. L’accertamento analitico
Il metodo con cui viene determinato l'imponibile determina la diversa denominazione dell'avviso di
accertamento. Si distingue tra accertamento analitico e sintetico.
L'accertamento analitico:
del reddito delle persone fisiche è effettuato quando sono note le fonti dei redditi e si
perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti;
dei redditi di impresa è effettuato determinando o rettificando singole componenti del reddito,
e presuppone che la contabilità sia attendibile (è detto analitico-contabile);
dell'Iva investe singole componenti dell'imponibile, dell'imposta o delle detrazioni. Nelle
imposte indirette (come l’imposta di registro) non ha senso la distinzione tra più metodi di
accertamento, salvo casi particolari.
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accertamento analitico-induttivo, rettifica la dichiarazione sulla base
– di presunzioni, affermando l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività
dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti,
– esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente
desumibili dalle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica attività svolta.
Gli studi di settore determinano presuntivamente i ricavi o compensi attribuiti al contribuente in base
alla sua capacità potenziale di produrli, definita in base a fattori e indici di normalità economica.
Le imprese vengono divise in gruppi omogenei (cluster). Elaborando e valutando dati contabili e strutturali
di campioni significativi di contribuenti appartenenti allo stesso cluster, si individua la relazione matematica
tra le caratteristiche dell'attività e l'ammontare dei ricavi o compensi. Su tale relazione si calcola l'importo
presunto dei ricavi o dei compensi.
Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi i cui ricavi non superino i 5.164.000
Euro: ogni contribuente che appartenga a queste categorie deve presentare, oltre alla dichiarazione dei
redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi di settore.
I moduli si compilano e trasmettono attraverso un software che automaticamente applica lo studio di
settore ed indica:
il cluster di appartenenza,
congruità e coerenza, volume di ricavi o compensi previsti dallo studio.
Il reddito del contribuente congruo ma non coerente non può essere rettificato applicando gli studi di
settore, ma con gli ordinari metodi accertativi.
Il reddito del contribuente congruo e coerente non può esser rettificato, a meno che non si
disconosca la veridicità dei dati dichiarati.
Gli studi di settore sono atti amministrativi generali di organizzazione. Essi non possono essere applicati in
via automatica, ma è necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria, in contraddittorio con il
contribuente, per verificare se nel caso concreto vi sono ragioni che confermano i ricavi indicati negli studi
di settore o che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore.
Sono applicati anche ai soggetti in regime di contabilità ordinaria (imprese o lavoratori autonomi) solo
quando si riscontrano ( con verbale d’ispezione) inattendibilità della contabilità.
I responsabili dei Caaf imprese e i professionisti abilitati possono, su richiesta del contribuente, rilasciare
una speciale dichiarazione (“visto pesante” o asseverazione) con cui
asseriscono che gli elementi comunicati all'amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei
redditi rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, corrispondono alla contabilità e alla
documentazione dell'impresa.
• attestano che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili in base agli studi di settore.
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Le dichiarazioni accompagnate da visto pesante non possono essere rettificate con metodo
induttivo, ma solo in base a studi di settore entro la fine del 3° anno successivo alla presentazione della
dichiarazione. In caso di rettifica il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
Il concordato può avere ad oggetto il reddito o il volume di affari soggetto ad Iva, può riguardare la base
imponibile di un'imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali.
L'accertamento con adesione impegna il contribuente, che non può proporre ricorso, e l'ufficio, che non
può modificarlo: è dunque definitivo.
In casi tassativamente previsti può esser integrato con successivo accertamento quando
a) sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, dai quali si desume un reddito superiore al 50%
del reddito definito, e non inferiore a 77.468 Euro;
b) la definizione riguarda accertamenti parziali;
c) la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazione a società di persone, associazioni,
aziende coniugali non gestite in forma societaria;
d) se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti della società o dell’associazione o dell’azienda
coniugale di cui alla lett. c), alle quali partecipa il contribuente bei cui riguardi è intervenuta la definizione.
Con il concordato
le sanzioni amministrative sono ridotte a 1/4 del minimo,
può derivare la riduzione alla metà delle pene previste per reati tri butari e la non
applicabilità di misure accessorie se il debito tributario derivante dal concordato è assolto prima
dell'apertura del dibattimento di primo grado.
L'accertamento con adesione non è ammesso quando è configurabile l'obbligo di denuncia
all'autorità giudiziaria per alcuni reati. Inoltre non è ammesso anche quando, per tali reati, è stato
presentato rapporto alla GdF o è stata attivata l’zione penale.
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è un contratto secondo concetti privatistici (in particolare, una transazione)
è un normale atto unilaterale di accertamento.
È comunque una forma di esercizio di potere impositivo, non può quindi essere un atto di diritto privato.
1. Nozione di elusione
L’elisione fiscale occupa uno spazio intermedio tra risparmio legittimo (o lecito) d’imposta ed evasione.
L'evasione è diversa dall’evasione perché generalmente è realizzata occultando il presupposto dell'imposta
ed è punita con sanzioni amministrative o penali.
L'elusione non è violazione, ma aggiramento di un precetto fiscale; può essere definita come un
comportamento che realizza un "risparmio fiscale", conforme alla lettera ma non alla ratio delle norme
tributarie; è posta in essere con strumenti giuridici validi e leciti (quindi senza occultamenti della materia
imponibile, senza atti simulati). Invece, l’evasione appartiene all’area dell’illecito.
La nozione di elusione è collegata a quella di abuso: il contribuente che elude non applica il regime fiscale
"appropriato", ma applica, abusivamente, una normativa fiscale più favorevole.
L'art. 37-bis del D.p.r. 600/1973 fornisce una definizione legislativa: vi è elusione quando sono posti in
essere comportamenti "privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti
dall'ordinamento tributario, e a ottenere riduzioni d'imposte o rimborsi, altrimenti indebiti". Chi elude,
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pertanto, non viola alcuna specifica disposizione, ma ottiene un vantaggio fiscale indebito perché derivante
da comportamenti privi di ragioni economicamente apprezzabili, diverse dal risparmio fiscale. Se
l'operazione posta in essere non realizza l'aggiramento di specifiche disposizioni fiscali ed è motivata
essenzialmente da ragioni non fiscali, non si ha elusioni, ma risparmio lecito d'imposta. Il risparmio fiscale
non è indebito se e perché è la conseguenza dell'applicazione di una norma di favore in modo conforme alla
sua ratio; di fronte a due schemi di comportamento, è ammesso che il contribuente adotti quello
fiscalmente meno oneroso.
La giurisprudenza comunitaria ha escluso che costituisca un abuso del diritto di stabilimento il creare una
società in uno Stato membro per fruire di una legislazione fiscale più vantaggiosa. Sono elusive, invece, le
costruzioni societarie artificiose, costituite essenzialmente per spostare materia imponibile verso Paesi a
bassa fiscalità.
I contratti stipulati per fini di elusione fiscale non possono essere considerati in "frode alla legge", ai sensi
dell'art. 1344 c.c. ("Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere
l'applicazione di una norma imperativa"). Questa disposizione non è applicabile ai contratti che eludono
norme fiscali, perché le norme imperative alle quali ci si riferisce sono le norme (civilistiche) proibitive, ossia
le norme che vietano di porre in essere determinati negozi. Poiché le norme tributarie sono imperative, ma
non proibitive, un contratto con fini di elusione fiscale non è nullo, ma valido ed efficace sul piano civilistico,
come stabilito dall'art. 10 dello "Statuto dei diritti del contribuente" ("Le violazioni di disposizioni con
rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto").
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6. Esclusione delle sanzioni
Nel diritto comunitario, l'elusione comporta il recupero dell'imposta elusa, ma non le sanzioni. Nella
sentenza Halifax, infatti, è stato affermato che la constatazione dell’esistenza di un comportamento abusivo
non deve condurre ad una sanzione, per la quale sarebbe necessario un fondamento normativo chiaro e
univoco.
Parimenti, nel diritto interno, le sanzioni amministrative puniscono la "violazione" di norme tributarie; non
possono essere applicate nel caso di "aggiramento" di norme, né sono previste sanzioni specifiche per
l'elusione.
1. Aspetti generali
La riscossione è una funzione dell'Agenzia delle entrate, che la esercita mediante la società Equitalia s.p.a., i
cui compiti sono:
1. incassare le somme pagate mediante versamento diretto e quelle iscritte a ruolo;
2. gestire il "conto fiscale";
3. provvedere alla esecuzione forzata;
4. eseguire i rimborsi.
L'estinzione dell'obbligazione tributaria avviene in forme tipiche, rigidamente disciplinate; l'ente impositore
non può riscuotere, ed il contribuente non può liberarsi, se non nelle forme stabilite dalla legge. Non hanno
riscontro nel diritto tributario i modi di estinzione delle obbligazioni, che sono espressione del potere di
disporre del rapporto.
Anche la prescrizione può incidere sui crediti tributari. Relativamente alla prescrizione:
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• In materia di imposte sui redditi e di Iva, preso atto del silenzio della legislazione tributaria, si
applica il termine decennale previsto dall'art. 2946 c.c. ("Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i
diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni").
• In materia di imposte indirette, sono (talora) espressamente previsti termini di prescrizione
dell'imposta "definitivamente accertata" (ad es., per l'imposta di registro, il termine è decennale).
Il testo normativo principale in tema di riscossione è il D.p.r. 602/1973, dettato per la riscossione delle
imposte sui redditi, ma richiamato per la riscossione dell'Iva e delle altre imposte indirette.
2. Le ritenute dirette.
L'art. 1 del D.p.r. 602/1973 stabilisce che le imposte sui redditi sono riscosse mediante:
a) ritenuta diretta;
b) versamenti diretti del contribuente all'agente della riscossione e alle sezioni di tesoreria provinciale
dello Stato;
c) iscrizione nei ruoli.
Le ritenute dirette sono ritenute simili a quelle dei sostituti d'imposta; sono dette "dirette" perché operate
dal creditore dell'imposta, ossia dalle amministrazione pubbliche, a titolo d'acconto o a titolo d'imposta.
Vi sono soggetti i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, alcune provvigioni, i
redditi di capitale, i contributi, i premi e le vincite (artt. 29 e 30, D.p.r. 602/1973).
I sostituti, dopo aver effettuato le ritenute (a titolo d'acconto o d'imposta), devono poi versare, mediante
versamento diretto, gli importi ritenuti: ogni mese, entro il giorno 16, i sostituti devono versare le somme
ritenute operate nel mese precedente.
Le ritenute d'acconto, per chi le subisce, sono un acconto dell'imposta dovuta per quel periodo d’imposta.
Chi subisce la ritenuta acquista un diritto di pari ammontare nei confronti del fisco, che, mediante
indicazione nella dichiarazione dei redditi e verrà compensato con il debito d'imposta per quell'anno.
Il fenomeno, dal punto di vista del sostituto, non è un acconto né un’anticipazione. Il sostituto, invece, con il
versamento, estingue l'obbligazione di cui è soggetto passivo e quindi il suo adempimento è definitivo.
Nella riscossione delle imposte periodiche (imposte sui redditi e IVA) incontriamo una pluralità di obblighi di
versamento, distinti dall’obbligazione tributaria.
In materia di imposte sui redditi, il contribuente deve effettuare, nel corso del periodo d'imposta, due
versamenti d'acconto, calcolati in base all'imposta dovuta per il periodo precedente e che valgono come
acconti dell'imposta dovuta per il periodo in corso:
• La prima rata è pari al 40 per cento dell'acconto e dev'essere versata nel termine previsto per il
versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente.
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• La seconda rata dev'essere versata nel mese di novembre (oppure l'ultimo giorno dell'undicesimo
mese del periodo d'imposta, per i soggetti passivi Ires il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno
solare).
Tale forma di riscossione è denominata riscossione anticipata: con essa si vuole ravvicinare conseguimento
del reddito e pagamento del tributo (pay as you earn); precede sia il presupposto, che si realizza, per le
persone fisiche, solo al 31 dicembre, ossia con il decorso dell'intero periodo d'imposta, sia la procedura di
accertamento. La riscossione avviene nel corso del periodo d’imposta, e, quindi, in anticipo rispetto al
compiuto verificarsi del presupposto.
La ratio di tale norma risiede nel fatto che si presume che il reddito si riproduca ogni anno nella medesima
misura. Se il contribuente prevede di produrre un reddito inferiore e di dover quindi pagare un'imposta
minore, egli può versare meno di quanto dovuto, ma rischia una sanzione amministrativa se la sua
previsione si rivela errata.
A consuntivo, quando verrà presentata la dichiarazione annuale, sarà versato il saldo (se non emergerà un
credito).
Nell'Iva, l'imposta deve essere versata entro il 16 di ogni mese, in base alle liquidazioni mensili (oppure
dopo il compimento di ciascun trimestre). Entro il 27 dicembre, deve essere versato un acconto calcolato in
base all'ultima liquidazione dell'anno.
Dopo che il periodo d’imposta si è concluso, con la presentazione della dichiarazione dei redditi e della
dichiarazione annuale Iva, deve essere versato il saldo che risulta dovuto in base alla stessa dichiarazione. In
particolare, con la dichiarazione annuale Iva, deve essere versata la differenza tra versamento infra-annuale
e imposta dovuta per il periodo (meno le detrazioni); se risulta un credito, il contribuente ha diritto di
computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo e, in certe ipotesi, può chiederne il
rimborso.
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delle imposte sui redditi e dell'Iva ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni (e tutti i
provvedimenti successivi che rideterminano gli importi dovuti) devono contenere anche l'intimazione ad
adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all'obbligo di pagamento degli importi stabiliti.
Il contribuente, se propone ricorso, deve versare, a titolo provvisorio, metà dell'imposta accertata, con gli
interessi (art. 15, D.p.r. 602/1973).
L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al
contribuente (anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento), in tutti i casi in cui siano
rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA
ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.
Dopo le sentenze delle Commissioni tributarie sfavorevoli per il contribuente, l’Agenzia deve rideterminare
il dovuto e notificare un’intimazione ad adempiere.
Il versamento delle somme dovuto deve avvenire entro 60 gg dal ricevimento dell’intimazione.
Inoltre:
• L'avviso di accertamento (e l'intimazione ad adempiere in esso contenuta) divengono esecutivi
decorsi sessanta giorni dalla notifica.
• In esso deve esservi l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la
riscossione delle somme richieste è affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata.
• Se sussiste fondato pericolo per il positivo esito della riscossione, decorsi sessanta giorni dalla
notifica dell'intimazione, può essere disposte la riscossione delle somme dovute nel loro ammontare
complessivo (imposta, interessi e sanzioni) anche prima dei termini normali.
• L’agente della riscossione, sulla base dei titoli esecutivi predetti, e senza notifica della cartella di
pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle
disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.
• Decorso un anno dalla notifica, prima di procedere ad espropriazione forzata, è notificato l'avviso di
intimazione ad adempiere entro cinque giorni (art. 50, D.p.r. 602/1973).
• L'espropriazione forzata deve essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo
anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.
A partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per la presentazione del ricorso, le somme richieste
sono maggiorate dagli interessi di mora, calcolati a partire dal giorno successivo alla notifica degli atti;
all'agente della riscossione spettano l'aggio e il rimborso delle spese per la procedura esecutiva.
I ruoli sono regolati dal citato D.p.r. 602/1973 e si applicano sia alle imposte dirette, sia a quelle indirette
(eccetto le norme dedicate specificamente per le imposte dirette), sia ai tributi degli enti locali, che abbiano
affidato il servizio di riscossione ad Equitalia s.p.a. (altrimenti la riscossione si effettua mediante ingiunzione
fiscale, ai sensi del R.d. 639/1910).
Il ruolo, come ogni provvedimento amministrativo, deve essere motivato, come stabilito dall'art. 7, comma
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3 dello Statuto dei diritti del contribuente: "sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale
precedente atto di accertamento, ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria" .
Il titolo esecutivo, per i crediti tributari, è costituito dall’iscrizione a ruolo, che viene portato a conoscenza
del contribuente mediante la cartella di pagamento; le prescrizioni riguardanti la motivazione del titolo
esecutivo devono dunque essere contenute nella cartella di pagamento. È necessario che nel ruolo e nella
cartella di pagamento vi sia l’indicazione del titolo in base al quale è effettuata l’iscrizione a ruolo.
Possono aversi due situazioni:
5. Se il ruolo è meramente riproduttivo di un atto precedente, basta l'indicazione dell'atto precedente.
6. Se il ruolo è innovativo (ad es., se deriva dal controllo diplomatico o dal controllo formale della
dichiarazione), è necessaria una specifica motivazione.
In base al grado di stabilità del titolo della riscossione, si distinguono iscrizioni a titolo provvisorio e iscrizioni
a titolo definitivo:
• Le iscrizioni provvisorie sono effettuate in base ad un accertamento non definitivo, perché
impugnato: il ricorso contro un avviso di accertamento, infatti, non ne sospende l'esecuzione. Ad es., in
materia di imposte sui redditi e Iva, in pendenza del primo grado di giudizio, il contribuente deve versare
metà delle imposte accertate più gli interessi; per l'imposta complementare di registro, si riscuote un terzo
dell'imposta in pendenza del ricorso di primo grado, mentre l'imposta suppletiva è riscuotibile dopo il
secondo grado (art. 56, comma 1, lett. a) del D.p.r. 131/1986).
Inoltre:
a) dopo la sentenza della Commissione tributaria che respinge il ricorso, il ricorrente deve versare i
due terzi del tributo (con gli interessi, e previa detrazione di quanto già pagato);
b) in caso di accoglimento parziale del ricorso, da parte della Commissione tributaria provinciale, il
ricorrente deve versare: l'intero ammontare dovuto in base a tale sentenza, se inferiore o pari ai due terzi
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del tributo controverso; ovvero una somma pari ai due terzi dell'importo del tributo controverso (sono
detratte le somme già versate e aggiunti gli interessi);
c) la sentenza della Commissione tributaria regionale rende riscuotibile l'intero importo dovuto.
Queste norme si applicano anche alle sanzioni amministrative. Se pende processo penale, si applica l'art. 21
D.lgs. 74/2000, secondo cui “1. L’ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative
alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. 2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei
soggetti diversi da quelli indicati dall’art.19.2, salvo che il procedimento penale sia definito con
provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che
esclude la rilevanza penale del fatto. In quest’ultimo caso, i termini per la riscossione ricorrono dalla data in
cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all’ufficio competente; alla
comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi. 3. Nei casi di irrogazione di un’unica
sanzione amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione tra loro,, a norma dell’art.
12 del d.lgs. n.472/1997, alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del
presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in
relazione alle violazioni non penalmente rilevanti”.
La legge prevede dei "ruoli straordinari" in cui sono iscritte, anticipatamente rispetto ai tempi ordinari, le
somme per le quali vi è fondato pericolo di non riscuoterle. In tal modo possono essere riscosse per intero
somme che sarebbero da riscuotersi solo in parte, nelle more del processo di primo grado.
4.8. Interessi
Il pagamento delle imposte deve avvenire, oltre che in via anticipata, al momento di presentazione della
dichiarazione. Se il pagamento avviene in seguito sono dovuti interessi (art. 20, 21 e 30, D.p.r. 602/1973).
La legge distingue Quattro ipotesi:
a) interessi per mancato versamento diretto: sugli importi non versati (o versati dopo la scadenza dei
termini stabiliti); interessi in misura predeterminata dalla legge;
b) interessi per ritardata iscrizione a ruolo: si applicano quando, dalla liquidazione o dal controllo
formale della dichiarazione, risulta un importo non versato; si rendono allora dovuti gli interessi al tasso
fissato dalla legge (a partire dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione e fino alla data
di consegna all'agente dei ruoli nei quali tali somme sono iscritte);
c) interessi per dilazione di pagamento: in caso di rateizzazione o sospensione dal pagamento, si
applicano gli interessi al tasso del 6 % annuo;
d) interessi di mora: stabiliti annualmente dal Ministro (sulla base della media dei tassi bancari attivi),
si applicano quando, 60 giorni dopo la notifica della cartella, non è avvenuto il pagamento della somma
iscritta a ruolo.
Sulle somme dovute all'erario per tasse e imposte indirette sugli affari si applicano interessi moratori nella
misura semestrale prefissata dalla legge, da computarsi per ogni semestre compiuto.
8. Privilegi e fideiussioni
Il codice civile prevede una serie di privilegi, generali e speciali, sui mobili e sugli immobile, ad assistenza dei
crediti tributari:
a) privilegio generale sui mobili del debitore (art. 2752 c.c.): previsto per Irpef, Ires, Iva e per i tributi
comunali;
b) privilegio speciale sui mobili: i crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili ai
quali i tributi si riferiscono, e così anche i crediti di rivalsa Iva (art. 2758 c.c.); i crediti Irpef e Ires hanno
privilegio sopra i mobili che servono all'esercizio dell'impresa e sulle merci (art. 2759 c.c.);
c) privilegio generale immobiliare (art. 2771 c.c.): i crediti per Ires e Irpef, limitatamente alla quota
imputabile a redditi immobiliari o fondiari non determinabili catastalmente, hanno privilegio sugli immobili
del debitore situati nel comune in cui il tributo si riscuote;
d) privilegio speciale immobiliare (art. 2772 c.c.): assiste i crediti per tributi indiretti, in relazione agli
immobili cui il tributo si riferisce.
In determinati casi, per ottenere il rimborso del credito IVA annuale, o relativo a periodi inferiori all’anno, il
contribuente deve prestare delle garanzie per assicurare all'amministrazione il recupero del rimborso
eventualmente indebito.
La sospensione cautelare dell'atto impugnato (ossia la sospensione della riscossione) può essere
subordinata, con provvedimento discrezionale della commissione tributaria, alla prestazione di una garanzia
bancaria o assicurativa.
Se risulta che l'imposta non è dovuta, lo Statuto dei diritti del contribuente impone all'amministrazione di
rimborsare il costo delle fideiussioni.
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Caratteristiche:
• La proposta di concordato può prevedere la dilazione del pagamento.
• Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le garanzie
non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o una
posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
• Se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a
quello degli altri creditori chirografari.
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pagamento indebito.
Per l'Iva bisogna distinguere tra
rimborso di imposte indebitamente versate,
credito d'imposta (o diritto di detrazione) spettante in relazione agli acquisti di beni o servizi fatti
nell'esercizio di impresa, arte o professione,
autorimborso derivante da una nota di variazione.
In materia di rimborso dell’indebito, valgono le norme generali.
4. Il rimborso d’ufficio
Di regola, il rimborso deve essere chiesto dall’interessato, ma vi sono dei casi in cui il rimborso deve essere
disposto d’ufficio. L’iter da seguire, per la tutela giurisdizionale, anche in caso di rimborso d’ufficio, è quello
consueto: istanza di rimborso e successivo ricorso alle commissioni. In tal caso, opera soltanto il termine di
prescrizione del diritto.
Si ha rimborso d'ufficio quando
in sede di liquidazione o controllo formale della dichiarazione dei redditi risulta un credito del
contribuente,
dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale, devono esser rimborsate d'ufficio le
somme riscosse in via provvisoria durante il giudizio di primo grado (l’obbligo del rimborso d’ufficio è
l’effetto della sentenza della Commissione provinciale, che annulla in tutto o in parte un provvedimento
impositivo, con la conseguenza che la somma versata in via provvisoria risulta in tutto o in parte non
dovuta),
in caso di somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali o duplicazioni imputabili all'ufficio
dell'Agenzia delle entrate.
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l’ammenda, si ha una contravvenzione.
Alle sanzioni penali si contrappongono le sanzioni amministrative, che puniscono gli illeciti amministrativi.
La disciplina generale delle sanzioni amministrative tributarie è nel D.lgs. 472/1997.
La sanzione amministrativa è inflitta dall'amministrazione finanziaria e non dall'autorità giudiziaria (come invece
le sanzioni penali).
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– imputabilità, cioè capacità di intendere e volere,
– colpevolezza, cioè dolo o colpa, non basta la volontarietà del comportamento sanzionato ma serve
anche la colpevolezza del trasgressore, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se
non doloso, quanto meno negligente.
4. Le sanzioni
La sanzione amministrativa principale è l'obbligo di pagare una somma di denaro (cui si aggiungono sanzioni
accessorie, con contenuto interdittivo), che può variare
la misura della sanzione può variare tra un minimo ed un massimo, può essere irrogata in una misura
determinata discrezionalmente, avendo riguardo
– alla gravità della violazione (desunta anche dalla condotta dall’agente),
– all'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze,
– alla sua personalità (desunta anche dai suoi precedenti fiscali),
– alle sue condizioni economiche e sociali;
può esser pari ad una frazione o a un multiplo del tributo cui si riferisce la violazione,
può esser fissa.
La sanzione pecuniaria non produce interessi e non è trasmissibile agli eredi.
Sono sanzioni accessorie
interdizione dalla carica di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali,
interdizione dalla partecipazione a gare pubbliche,
interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni,
sospensione dall'esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa per un massimo di 6 mesi.
Quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi si applica la sanzione
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base aumentata dalla metà al triplo, che quindi con il cumulo verrà poi aumentata da 1/4 al doppio.
La sanzione può essere aumentata fino a 1/2 in caso di recidiva, cioè nei confronti di chi, nei 3 anni
precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole. In particolari ed eccezionali circostanze,
che rendono manifestamente sproporzionata la sanzione, può essere ridotta fino alla metà del minimo.
L'ufficio che emette in tempi diversi gli accertamenti relativi a periodi di imposta diversi, deve
determinare la sanzione complessiva tenendo conto dei provvedimenti già emessi. In sede processuale il
giudice deve rideterminare la sanzione complessiva tenendo contro delle sentenze precedenti.
In caso di accertamento con adesione, le disposizioni sulla determinazione della sanzione unica in caso di
progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta. La sanzione
conseguente alla rinuncia, all’impugnazione dell’avviso di accertamento, alla conciliazione giudiziale e alla
definizione agevolata non può stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di
contestazione o di irrogazione delle sanzioni.
N.B.: Se la sanzione risultante dal cumulo giuridico è superiore a quella calcolata con il cumulo materiale, si
applica il cumulo materiale, si applica cioè il sistema più favorevole.
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solo il debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti della Direzione regionale dell'Agenzia delle
entrate.
Gli uffici sono tenuti a rilasciare un certificato sull'esistenza di contestazioni in corso e su quelle già definite e
non ancora estinte. Il certificato negativo esonera da responsabilità il cessionario (che è liberato anche nel
caso in cui il certificato non sia rilasciato entro 40 gg dalla richiesta).
La responsabilità del cessionario non è soggetta a limitazione quando la cessione sia fatta per frodare il
fisco, e c'è presunzione di frode per i trasferimenti entro 6 mesi dalla contestazione del reato.
8. Estinzione dell’illecito
Il contribuente può estinguere l'illecito se:
rimedia alla violazione commessa, se questa non sia già stata constatata e non siano iniziati accessi,
ispezioni o verifiche di accertamento delle quali l’autore o i soggetti obbligati in solido abbiano avuto
formale conoscenza,
paga una parte della sanzione, se il versamento è eseguito con ritardo non superiore a 30 giorni la
sanzione è 1/12 del minimo,
per qualsiasi errore o omissione, se rimedia entro il termine per la presentazione della
dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione (o, se non è prevista la
dichiarazione periodica, entro 1 anno dalla violazione), nel qual caso la sanzione è ridotta a 1/10 del
minimo,
se è stata omessa la presentazione della dichiarazione, se questa è presentata con ritardo inferiore
a 90 giorni, la sanzione è ridotta a 1/12 del minimo.
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procedimento.
La morte della persona fisica autrice della violazione estingue l'illecito e la sanzione già irrogata;
non cessa la responsabilità solidale dei soggetti tenuti a titolo di garanzia, anche quando non sia stata
ancora irrogata la sanzione amministrativa nei confronti della persona fisica che ha commesso la
violazione. Da ciò deriva che la sanzione può essere irrogata anche dopo la morte del trasgressore, allo
scopo di ottenere il pagamento della sanzione da parte dei coobbligati.
Definizione Agevolata (o in via breve). Gli effetti dell'illecito cessano se, entro 60 giorni
dalla notificazione dell'atto di contestazione, il trasgressore o un obbligato in solido pagano 1/4
della sanzione indicata nell'atto di contestazione. La definizione agevolata estingue l’illecito e
impedisce sia l'irrogazione della sanzione principale che quelle accessorie. Per incentivare la
definizione in via breve, l’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme
dovute nel termine previsto per la proposizione del ricorso, con l’indicazione della possibilità di
definizione in via breve.
Per effetto del condono, concesso con provvedimento ad hoc.
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2. Reati relativi alle dichiarazioni. La dichiarazione fraudolenta
Si hanno due forme di reato:
1. Indicazione, nella dichiarazione, di costi fittizi, correlati all'uso di fatture, o altri documenti, che si
riferiscono ad operazioni inesistenti. Il reato è commesso se vi è una fattura o altro