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STORIA ROMANA

la dinastia Giulio-Claudia (14-68 d.C.)


IMPERATORE cronologia FATTI ESSENZIALI
In possesso di un'importante esperienza come generale e come politico, seguì una politica moderata, realizzando un accurato
controllo amministrativo e finanziario. Seguendo le indicazioni di Augusto, a parte la conquista della Cappadocia, adottò una
TIBERIO Giulio politica estera di conservazione degli equilibri esistenti.
14-37 d.C. A seguito delle lotte all'interno della corte imperiale, Tiberio si ritirò a Capri (27 d.C.). Approfittando della sua assenza, il
Cesare Augusto
prefetto del pretorio Lucio Elio Seiano acquista un grande potere, eliminando molti avversari politici, fino ad uccidere Druso,
figlio dell'imperatore: Tiberio a quel punto lo fece a sua volta uccidere, insieme ai suoi sostenitori.
Figlio di un nipote di Tiberio, chiamato Germanico, un principe molto amato dalle truppe, Caligola assunse una posizione di
Caio Giulio Cesare estremo autoritarismo, fino ad aspirare alla divinizzazione come dio Sole. Gli oppositori furono repressi duramente ed il Senato
Germanico, 37-41 d.C. umiliato.
detto CALIGOLA La sua gestione delle finanze comportò sprechi enormi. Considerato folle da molta parte della storiografia antica, fu assassinato
da una congiura di pretoriani, primo loro intervento nella successione imperiale.
Scelto casualmente dagli stessi pretoriani che avevano assassinato Caligola, Claudio era un intellettuale che molti giudicavano
incapace di governare. In realtà fu un imperatore equilibrato che ridiede importanza al Senato, riorganizzò l'amministrazione
Tiberio CLAUDIO dello stato romano, dando potere ai liberti, allargò la cittadinanza romana a molti uomini delle province, risanò le finanze
Cesare Augusto 41-54 d.C. pubbliche e realizzò molte opere (porto di Ostia, acquedotti, rete stradale).
Germanico Conquistò la Mauritania (Africa del nord), la Britannia fino al fiume Tamigi, la Tracia nei Balcani.
Fece uccidere la terza moglie, Messalina, e sposò la nipote Agrippina, madre del futuro imperatore Nerone, che adottò come
figlio e successore, dandogli in sposa la propria figlia Ottavia. Morì forse avvelenato dalla stessa Agrippina.
Salito giovanissimo al trono (17 anni), per cinque anni segue lla politica moderata del prefetto del pretorio Afranio Burro e del
filosofo Seneca. Liberatosi dell'influenza di Agrippina (da lui fatta uccidere), Nerone seguì una politica autocratica,
insanguinata dall'uccisione di familiari (il fratellastro Britannico, le mogli Ottavia e Poppea), collaboratori (Burro, Seneca),
Lucio Domizio oppositori (Petronio, i Pisoni).
Enobarbo Il 19 luglio del 64 d.C., si ebbe l'incendio di Roma, di cui Nerone fu accusato dalla storiografia contemporanea: l'imperatore ne
attribuì la colpa ai Cristiani che furono perseguitati per la prima volta (uccisione di S. Pietro e forse di S. Paolo).
NERONE Claudio 54-68 d.C. Tuttora dipinto come un tiranno sanguinario, in realtà Nerone concepì il principato come monarchia assoluta, realizzando
Cesare Augusto grandiose opere edilizie (Domus Aurea, ricostruzione di Roma), giochi per la plebe, il calmiere dei prezzi del pane,
Germanico un'importante riforma monetaria che favoriva i ceti meno ricchi. In politica estera ottenne dai Parti il riconoscimento della
sovranità romana sull'Armenia.
Appassionato di arte (musica e poesia), fu per questo criticato dai contemporanei. La sua politica dispotica portò alla ribellione
delle legioni della Gallia e poi della Spagna, guidate da Servio Sulpicio Galba, che deposero Nerone, che preferì il suicidio.
FONTI

1) Scelleratezze di Caligola
Fin qui l'imperatore; il resto del racconto dovrà trattare di una sorta di mostro. [...] Fondò anche un
tempio in onore della sua stessa divinità, con sacerdoti e vittime ricercatissime. Nel tempio c'era una
statua d'oro, a grandezza naturale, cui ogni giorno veniva messa indosso una veste uguale a quella
che metteva lui. [...] Non fu più rispettosa o più indulgente la sua condotta nei confronti dei
senatori. Alcuni di quelli che avevano ricoperto le cariche più alte li fece correre in toga a fianco del
suo carro; e mentre cenava li faceva stare ritti, col grembiale di lino attorno alla vita, ai piedi o alla
testa del suo letto. [...] Molte persone d'alto rango prima le sfigurò col marchio d'infamia, poi le
condannò a lavorare nelle miniere o a costruire strade oppure a essere sbranate; o ancora le fece
chiudere in gabbia a quattro zampe come le bestie, oppure le fece segare in due, e non sempre per
motivi gravi, ma perché avevano criticato uno spettacolo dato da lui, o perché non avevano mai
giurato per il suo genio [cioè per la sua divinità protettrice]. [...] Alla nonna Antonia che lo
rimproverava disse [...]: «Ricordati che io ho potere su tutto e su tutti».
Svetonio, Vita di Caligola, 22, 26, 27

2) Claudio convince il Senato ad ampliare la cittadinanza romana ai provinciali


[...] La rovina degli spartani e degli ateniesi, pur potenti nelle armi, da quale altro fatto provenne, se
non dall'aver tenuto lontani i vinti, quali stranieri? Mentre la superiore saggezza di Romolo, nostro
fondatore, fece sì che molti popoli egli trattasse prima da nemici, poi, nello spazio della medesima
giornata, da cittadini [...]. Se passiamo in rassegna tutte le guerre, nessuna è stata conclusa in più
breve tempo di quella contro i galli, e ne è venuta pace costante e sicura. Accomunati ormai a noi
nelle usanze, nelle attività, nelle parentele, ci portino pure l'oro e le ricchezze proprie, invece di
restare soli a possederle. O senatori, tutto ciò che ora si crede antichissimo una volta fu nuovo: così
le magistrature passate dalle mani dei patrizi in quelle dei plebei, da questi ai latini, dai latini a tutte
le altre genti italiche. Anche questa decisione diventerà antica, e quello che per mezzo di esempi noi
oggi sosteniamo sarà citato a sua volta come esempio.
Tacito, Annali

3) Il punto di vista dei Britanni sui Romani


Noi siamo la terra più lontana, l'ultimo dei popoli liberi, e proprio questa lontananza e la nostra
scarsa rinomanza ci hanno finora protetto; ma adesso il confine della Britannia è spalancato, e tutto
ciò che è sconosciuto appare sempre affascinante. Al di là di noi non ci sono altri popoli, non c'è
nulla se non mare e scogli e, peggiori di questi, i romani, alla cui prepotenza invano si cercherebbe
di sfuggire attraverso un atteggiamento umile e sottomesso.
Saccheggiatori del mondo, quando mancano loro altre terre da devastare perquisiscono il mare; se il
nemico è ricco, sono avidi, se è povero, arroganti; né l'Oriente né l'Occidente sono in grado di
saziare la loro fame. Sono gli unici esseri umani a desiderare con pari passione tanto la ricchezza
quanto la miseria. Strappare, ammazzare, rapire, loro, con falso nome, lo chiamano impero, e dove
fanno il deserto, lo chiamano pace.
Tacito, Vita di Agricola, 30

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