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Riassunto Libro II - Letteratura latina l'età imperiale

Letteratura Latina 1 (Università degli Studi di Pavia)

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Letteratura latina libro II.

Contesto: Da Tiberio ai Flavi.


- Successione ad Augusto: Nel 13 D.C Augusto concede a Tiberio, nato dalle prime nozze
della moglie Livia Drusilla con Tiberio Claudio Nerone, l’Impero proconsulare maius, che di
fatto lo lega al rango di correggente. Non potendo nominare ufficialmente un
possessore,Augusto deve di fatto assicurare al prescelto una posizione di forza che renda
naturale la sua ascesa al principato. Nel 14 D.C Augusto muore e Tiberio, dopo un’iniziale
rifiuto accetta di ricoprire il ruolo lasciato vacante.
- Successione travagliata: Tiberio apparteneva per nascita ad una delle famiglie più in vista di
Roma, la gens Claudia. Fu a lungo ignorato da Augusto che avrebbe preferito mantenere la
successione nell’ambito della sua famiglia, la Gens Iulia. Dopo la morte prematura del nipote
Marcello, figlio della sorella Ottavia, che aveva fatto sposare a sua figlia Giulia e così
adottato, Augusto costringe il generale Agrippa a sposare a sua volta la giovanissima Giulia,
e lo designa di fatto come successore. Agrippa però muore e Augusto comincia a pensare al
figlio di Livia: Tiberio è costretto a divorziare dalla moglie per sposare Giulia, ma l’imperatore
adotta anche i due figli di Giulia avuti da Agrippa, Lucio e Gaio. Nel 2 A.C lo scandalo
dell’adulterio di Giulia, travolge anche il matrimonio di Tiberio, che viene annullato da Augusto
( che esilia la figlia). Quando ormai sembra escluso da ogni gioco di potere, la morte di Lucio
e di Gaio ( forse per opera della madre di Tiberio, Livia), costringono Augusto nel 4 D.C ad
adottare il figlio di Livia. Tiberio è costretto a sua volta ad adottare Germanico, figlio del
fratello Druso.
- Dinastia Giulio Claudia:
1. Principato di Tiberio ( 14 D.C- 37 D.C): Tiberio impronta la sua azione di governo al rigido
rispetto della tradizione augustea. Ottimo amministratore, cerca di consolidare il nuovo
ordinamento attraverso la cooperazione con il Senato, pur riservando all’imperatore una
funzione di controllo. Anche la politica estera è orientata al contenimento delle frontiere.
Tiberio allontana Germanico dall’Italia con la scusa di un incarico in Oriente, dove muore per
avvelenamento nel 19 D.C. Intanto guadagna il favore dell’imperatore il nuovo prefetto del
pretorio Lucio Seiano, che entra in aperta rivalità con Druso, cui la morte di Germanico
aveva aperto la linea di successione. Ma poco dopo muore anche Druso, assassinato dalla
moglie e la lotta dinastica di inasprisce: Seiano perseguita i figli di Germanico e la loro madre
Agrippina. Tiberio per sottrarsi al clima di ostilità si ritira a Capri nel 27. Seiano, approfittando
dell’assenza dell’imperatore assume il potere. La scalata al potere di Seiano pare
inarrestabile: elimina i suoi oppositori politici e dopo la morte di Livia condanna all’esilio la
vedova (Agrippina Maggiore) e il figlio di Germanico, Nerone ( morto l’anno dopo).
Tiberio dall’esilio però lo fa arrestare accusandolo di tradimento: Seiano è condannato a
morte e alla damnatio memoriae. Nel 35 Tiberio adotta l’unico figlio vivente di Germanico,
Caligola, designandolo alla successione.
2. Svolta autocratica di Caligola ( 37-41 A.C): Caligola, figlio di Germanico ed Agrippina
Maggiore, è proclamato imperatore dal Senato subito dopo la morte di Tiberio. Con Caligola
assistiamo al primo tentativo di caratterizzare il principato in senso assolutistico: assume i
tratti di un folle sanguinario e attua una politica di spese massicce, dilapidando in breve il
tesoro dello Stato. Nel 41 cade in una congiura ordita da senatori e pretoriani.
3. Buon governo di Claudio (41-54) A Caligola succede lo zio Claudio, fratello di Germanico.
La tradizione lo rappresenta come un uomo di studi, ma privo di formazione politica. Tuttavia
dimostra inaspettate doti di buon governo, rispettoso della concezione augustea dell’impero.
Il politica estera abbandona il contenimento delle frontiere e realizza finalmente la spedizione
di Britannia annunciata da Caligola, procedendo alla conquista dell’isola. Nel 48 A.C, dopo la
condanna a morte della moglie Messalina, accusata di cospirazione, sposa la nipote
Agrippina Minore, figlia di Germanico ed Agrippina Maggiore. Agrippina comincia da subito

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a preparare la successione del figlio Nerone. Il futuro imperatore è adottato nel 50 da


Claudio, diventando coerede con Britannico, figlio che Claudio aveva avuto con Messalina.
Agrippina, temendo che la successione del figlio possa sfumare, avvelena il marito con un
piatto di funghi avvelenati: Nerone viene acclamato imperatore dai pretoriani. Poco dopo il
nuovo principe provvederà all’eliminazione di Britannico.
4. Fine della dinastia, Nerone (54-68): i primi 5 anni del principato di Nerone si distinguono
come un periodo di buon governo sotto l’influenza di Burro e Seneca. A partire dal 58 ha
inizio una scolta in senso autocratico.Dopo che Agrippina attenta alla sua vita, la fa uccidere
inscenando un incidente navale nella baia di Napoli. Nel 60 istituisce i Neronia e obbliga i
senatori a partecipare al certamen poetico insieme all’imperatore: si afferma così l’immagine
di un monarca divino di tradizione ellenistica, amante dell’arte e della bellezza. Alla morte di
Burro esce di scena anche Seneca e il nuovo prefetto del pretorio, Tigellino, assume il ruolo
di scellerato consigliere e braccio destro del principe. Nerone con il suo aiuto fa esiliare ed
uccidere la moglie Ottavia. Nel 64 A.C un incendio di probabile origine accidentale distrugge
quasi interamente Roma: si sospetta fosse opera di Nerone. Per mitigare il clima di sospetto
si individua un capro espiatorio: la comunità di cristiani è accusata di aver appiccato
l’incendio ed è severamente punita. Dopo l’incendio Nerone può dare libero sfogo ai suoi
progetti edilizi: la ricostruzione è grandiosa ed interessa soprattutto la Domus Aurea, palazzo
imperiale edificato in un’area che dal Palatinp si estende fino a valle.Nel 65 la repressione
della congiura ordita da un autorevole senatore,Pisone, alimenta un’ondata di condanne a
morte e suicidi forzati ( muoiono così Seneca, Petronio e Lucano). In seguito a difficoltà
interne ed esterne, Nerone parte per la Grecia, ma quando ritorna in patria la situazione è
ormai precipitata e l’imperatore si fa uccidere per mano di uno schiavo.
5. Anno dei 4 imperatori ( 69. D.C): Galba governa per alcuni mesi, con alla base l’ideologia
augustea, ma viene ucciso poco tempo dopo nel Foro Romano. Otone cerca l’accordo con il
Senato, ma non riesce a trattare con Vitellio. Scoppia di nuovo una guerra civile e lo scontro
decisivo tra Vitellio ed Otone si conclude con il suicidio dell’ultimo. Gli eserciti però non si
piegano alla vittoria di Vitellio e proclamano imperatore Vespasiano, il quale per la prima
volta nella storia di Roma, non appartiene all’aristocrazia romana: è di estrazione italica e
nobiltà recente, membro della nuova classe dirigente formatasi al servizio del principato.
- Dinastia Flavia:
1. Vespasiano ( 69-79 D.C): Tito Flavio Vespasiano è il fondatore della nuova gens Flavia: si
associa il figlio Tito con pieni poteri e nomina Cesare il secondo figlio, Domiziano. Due sono
i principali obiettivi del suo governo: stabilità e buona amministrazione. Fa restaurare il
tempio di Giove Capitolino e amplia la concessione di Cittadinanza. Attua alcuni interventi
militati volti a stabilizzare le aree di confine.
2. Tito ( 79-81):Tito si rivela un buon governatore, lodato per la sua clemenza e liberalità. Sotto
il suo governo non si impongono condanne a morte di senatori, mettendo al bando i processi
per tradimento. In seguito all’eruzione del Vesuvio che il 24 agosto del 79 D.C seppellisce
Pompei ed Ercolano, l’imperatore stanzia ingenti somme a favore delle vittime attingendo al
tesoro imperiale. Nell’80 giunge a termine la costruzione dell’anfiteatro Flavio. Muore in
seguito ad una malattia contratta durante un viaggio in territorio sabino.
3. Domiziano (81-96): morto Tito, gli succede il fratello Domiziano, che si presenta come un
sovrano autocratico. Resta al vertice del potere per 15 anni, per poi morti in seguito ad una
congiura di palazzo. Domiziano si rivela un amministratore attento ed oculato. Fa erigere
anche una cinquantina di edifici ed in politica estera rivela doti di equilibrio, limitandosi al
contenimento dei confini. Nell’85 richiama a Roma il governatore della Britannia Agricola,
nonostante i successi ottenuti: secondo Tacito si sarebbe trattato di un atto di gelosia. Prima
di essere ucciso riesce a conquistare la Dacia.

Società e cultura: la scomparsa di Mecenate provoca un distacco che non si sarebbe più
ricomposto: la crisi del mecenatismo è già manifestata con Tiberio, che non sembra nemmeno

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porsi il problema si organizzare un programma di egemonia culturale. La situazione non


sembra migliorare con Claudio, che pure aveva per sé un’ottima fama di erudito. Solo Nerone
tenta un recupero del consenso del senato e una ripresa del mecenatismo. Nerone stesso è
poeta e promuove in vario modo le attività artistiche, che gli servono soprattutto per legittimare
quello che di ellenistico e assoluto vi è nel suo regime. La moda degli agoni poetici persiste e
si rafforza sotto i Flavi, che però al contrario di Nerone, promuovono un programma di
restaurazione morale e civile. Sul piano letterario spiccano soprattutto due fenomeni: la ripresa
della poesia epica nel segno del primato per Virgilio e in prosa l’assurgere di Cicerone come
modello di una maniera stilistica ma anche di un’educazione fondata sulla retorica.
- Autori minori di età Giulio-Claudia: gusto per generi “minori” come l’epillio, la poesia
bucolica, l’epigramma. Tacito nelle HIstorie afferma che gli intellettuali di età giulio-claudia
seguono due possibili strade: la Libido absentandi ( adulatori), ovvero coloro che elogiano in
maniera smodata l’imperatore e l’odium adversum dominantes (oppositori). In realtà vi è una
terza strada, cui appartengono coloro che scelsero la neutralità per evitare di schierarsi con
uno dei due estremi.
1. Cultori della poesia Alessandrina: la passione per i generi minori si rintraccia già nei
contemporanei ad Ovidio, cui appare legato Emilio Macro, autore di poemetti in esametri su
uccelli, serpenti ed erbe, alla maniera della poesia didascalica alessandrina.
2. Poesia astronomica: Di Germanico (prognistica ed Aratea)e Manilio ( Astronomica,
poema didascalico),
3. Epica e Tragedia: tra le opere epiche perdute ritroviamo il Forte epos di Vario Rufo, editore
dell’Eneide. Importante storiografo fu anche Albinovano Pedone.
4. Ripresa del teatro tragico: della ripresa del teatro tragico la testimonianza più autorevole ci
viene fornita dalle tragedie di Seneca, unici testi tragici giunti fino a noi in forma non
frammentaria. I tragediografi di età Giulio-Claudia di cui abbiamo notizia sono tutti
personaggi di rilievo nella vita pubblica romana. Al tempo di Claudio ebbe grande fama
Pomponio Secondo e sotto Vespasiano Curazio Materno.
5. Appendix Virgiliana: raccolta di piccoli componimenti, che erano in passato attribuiti a
Virgilio. I componimenti non sono tutti databili nello stesso periodo e sono sicuramente di
mani diverse. Tra questi componimenti troviamo Catalepton ( poesie alla spicciolata),
raccolta di piccoli testi di soggetto e metro variabile. Il Culex è un esilio e racconta di un
episodio che ha come protagonista un pastore: questo stava per essere ucciso in sogno da
un serpente e pungendolo la zanzara (culex) lo aveva salvato. Il pastore però ignaro uccide il
benefico insetto, che dopo che il pastore si riaddormenta gli compare in sogno lamentandosi
del torto subito. Il pastore al risveglio dà sepoltura alla zanzara. Un altro epillio mitologico è.
la Ciris ( l’Airone), influenzato dalle Metamorfosi ovidiane.
6. Priapea: Alla seconda metà del I secolo risale con ogni probabilità il libro dei Priapea, una
raccolta giuntaci anonima di metro variabile. I componimenti sono saldamente legati fra di
loro dalla presenza del Dio Priapo, che protegge giardini ed orti con la sua smodata
sessualità. E’ un dio connesso alla fecondità, nel folclore romano associato a scherzi salaci e
motti osceni. Nella raccolta spicca una goliardica ma abbastanza divertente rilettura
dell’Odissea in chiave pornografica.
7. Fedro (oppositore) e la tradizione della favola in versi: Fedro pratica un genere letterario
minore, marginale rispetto alle grandi correnti letterarie della prima età imperiale. Fu attivo
sotto Tiberio, Caligola e Claudio. I codici ci tramandano poco più di 90 favole, divise in 5 libri
e tutte in senari giambici. Le sue favole devono molto alla tradizione esopica. Tipico di
questo genere è l’uso di animali come maschere e quasi costante è la presenza di una
morale: proprio in quesi accenni moraleggianti pare cogliere un’autentica adesione alla
mentalità delle classi umili e al senso comune popolare. Fedro sembrerebbe essere stato
perseguitato da Seiano poiché la sua opera rivendicava una certa componente satirica.
Fedro venne largamente utilizzato per l’insegnamento scolastico del latino.

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8. Calpurnio Siculo ( adulatore): continua anche sotto Nerone la fioritura dei generi minori, in
particolare la poesia bucolica e l’epigramma. Calpurnio Siculo ci ha lasciato 7 egloghe, alla
maniera di Viriglio.
9. Nerone poeta: la perdita più grave sono le poesie di Nerone stesso. L’imperatore incoraggiò
molti generi letterari e promosse regolari concorsi poetici. In quest’epoca si diffonde sempre
di più la pratica delle Recitationes ( letture pubbliche di un’opera).
10. Cesio Basso: Tra i poeti lirici di età neroniana ricordiamo Cesio Basso, lodato da Persio e
da Quintiliano. Scrive anche un importate trattato di metrica, dedicato a Nerone.
11. Sulpicia: tra i poeti lirici troviamo anche una donna, Sulpicia, lodata da Marziale che arriva a
paragonarla a Saffo. Era celebre per il crudo realismo erotico delle sue poesie dedicate al
marito.
12. Pantomima: Durante il regno di Nerone e per tutta l’età Flavia il teatro torna a godere di
immensa fortuna. Il genere di spettacolo favorito era la pantomima, una rappresentazione in
cui l’autore cantava, accompagnato dalla musica, il testo del libretto, mentre un secondo
autore con il volto mascherato mimava la vicenda con i movimenti del corpo. Celebre il
mimografo Catullo.
13.Seneca il Vecchio: nativo di Cordova in Spagna, attorno al 50 A.C, e di estrazione
equestre. Frequenta gli abitanti romani socialmente più elevati.
>> Decadenza della retorica: Venuto meno lo spazio dell’oratoria (genere letterario che entra in
crisi poiché essendoci un’imperatore, non esisteva politica differente dalla sua> l’oratoria in un
certo senso muore) politica e di quella giudiziaria viene meno anche la funzione civile della
retorica: ecco che questa si è immiserita in futili esercitazioni, le declamationes, usate solamente
a scopo scolastico. Seneca illustra i due tipi di esercizi più in voga: la controversia, che rientra
nel genere giudiziale e consiste nel dibattimento, da posizioni contrapposte di una causa fittizia;
e la suasoria, appartenente al genere deliberativo o politico e consiste del tentativo da parte
dell’oratore di orientare l’azione di un personaggio famoso della storia o del mito di fronte ad una
situazione incerta o difficile.
- Storiografia e discipline tecniche in età giulio-claudia:
>>Autori:
1. Cremuzio Cordo(oppositore): scrive un’opera storica dove manifesta la nostalgia nei
confronti del passato. L’opera viene sequestrata da Tiberio e lo storico scelse di lasciarsi
morire.
2. Velleio Patercolo (Adulatore): storico che scrive un’opera di adulazione nei confronti di
Nerone, descritto come salvatore del mondo.
3. Apicio (neutrale): scrive un trattato culinario ( de re coquinaria);
4. Manicio ( neutrale): scrive il “de astronomia”;
5. Remnio Palemone ( neutrale): scrive di grammatica;
6. Columella( neutrale): scrive il “re rustica”, trattato tecnico;
7. Pomponio Mela (neutrale): scrive un’opera di geografia (chorographia) che parla delle terre
conquistate dall’impero fino ad allora.

Seneca.
- Vita: Nasce in Spagna, a Cordova, da una ricca famiglia provinciale di stampo equestre,
forse nel 4 A.C. Suo padre era Seneca il Vecchio. Viene portato a Roma dalla zia: studia
storia, retorica e filosofia. Fu allievo dello stoico Attico e di Fabiano. Tornato a Roma nel 39
D.C viene esiliato in Corsica da Caligola poiché aveva tenuto una causa in tribunale in
maniera brillante. Nel 49 Agrippina riesce ad ottenere da Claudio il suo ritorno dall’esilio e
lo sceglie come tutore del figlio di primo letto, futuro imperatore (Nerone). In questo ruolo di
educatore ( affiancato da Afranio Burro), Seneca accompagna l’ascesa al trono del giovane
Nerone.Attorno al 62, dopo la morte di Burro, con Nerone ormai avviato alla famigerata fase
conclusiva del suo regno, Seneca si ritirò gradualmente a vita privata, prima di essere

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coinvolto nella congiura dei Pisoni. Condannato a morte da Nerone, si suicidò nello stesso
65 ( Celebre è il racconto della morte di Seneca, da Tacito, Annales 15 62-64).
- Opere filosofiche, i Dialogi: dodici libri, trattati su questione etiche e psicologiche, non
databili con certezza e che subiscono fortemente l’influsso della diatriba cinico-stoica, sono
organizzati in vari gruppi di opere:
1. Consolationes: dialoghi di consolazione, che consistono in una riflessione rivolta ad un
destinatario per consolarlo per la scomparsa o per l’assenza temporanea di una persona
cara. Il genere nasce in Grecia, e Seneca, da Stoico, si concentra maggiormente sul
controllo stoico del dolore e della passione. La consolatio accinge a temi canonici come
la fugacità del tempo e la precarietà della vita e del futuro. A questo gruppo
appartengono 3 consolationes:
>> Consolatio ad Marciam: dedicata a Marcia, figlia dello storico Cremutio Cordo, per
consolarla della morte del figlio.L’argomentazione addotta è quella tipicamente stoica
della morte considerata non come un male, ma come liberazione dai legami del corpo e
della vita terrena ( solo la morte rende davvero l’uomo libero). Cordo, il ricordo del quale
è previsto in tutta l’opera, era stato processato per avere esaltato Bruto e Cassio, e si era
di conseguenza tolto la vita. L’opera risale al principato di Caligola, quindi databile 37-38
D.C.
>> Consolatio ad Polybium: appartiene al periodo di esilio in Corsica ed è diretta a
Polibio, liberto di Claudio cui era morto il fratello. Il vero scopo dell’opera è quindi quello
di ottenere dall’imperatore, grazie a Polibio, il ritorno dall’esilio.
>> Consolatio ad helviam matrem: ha come intento quello di consolare la madre sulla
condizione del figlio esule, esaltando gli aspetti positivi dell’isolamento e dell’otium
contemplativo.
2. Dialoghi di tipo speculativo:
>> De Ira (in tre libri): dedicato al fratello Novato, pubblicato dopo la morte di Caligola
( 41 D.C). L’opera è una trattazione, ricca di esempi sulle caratteristiche e sulle funeste
conseguenze dell’ira, passione considerata come distruttrice della ragione, considerata
una vera e propria malattia dell’anima. Il dialogo è costruito come un trattato medico, con
la descrizione di eccessi di collera, l’individuazione delle cause, delle terapie e rimedi. Il
primo libro è un’analisi fisiologica dell’ira, passione deplorevole, incompatibile con il
raggiungimento della saggezza. Nel II e III libro vengono fornite indicazioni terapeutiche
ed esempi su personaggi storici.
>> De brevitate vitae: dedicato da Seneca al suocero Pompeo Paolino, prefetto
dell’annona. Paolino è destinatario del dialogo, ma assume il ruolo di colui che, svolto il
suo dovere per la patria, può ritirarsi dalla vita politica e finalmente impiegare il suo
tempo in altro modo. Il tema del dialogo è dunque la brevità del tempo concesso
all’uomo. Il tema del tempo è quasi un’ossessione per Senec, che ritorna più volte, come
nelle Epistolae Morales ad Lucilim. E’ databile intorno al 49, quando Seneca torna
dall’esilio. Il tempo deve essere impiegato in ogni modo nella ricerca dello studio e
dell’erudizione.
>> De vita beata: Sempre dedicato al fratello Novato. Affronta il tema della felicità e in
particolare tratta di come raggiungerla. La felicità non consiste nel possedere beni
materiali, ma nel vivere secondo virtù a natura. Seneca afferma di non essere un saggio,
ma solo un uomo che cerca di esserlo.
3. Trilogia dei dialoghi a Sereno: dedicati all’amico Anneo Sereno.
>> De constantia sapientis: mira a valorizzare la figura del saggio, la sua capacità di
tollerare le offese. Il saggio è imperturbabile e non è toccato dagli eventi esterni.
>> De tranquillitate animi: Sereno chiede aiuto a Seneca: Sereno presenta a Seneca,
come un medico dell’anima, il malessere di cui soffre, ovvero il tedium vitae ( la noia di
vivere). Seneca gli fornisce una serie di precetti per guarire, che si concretizzano in
indicazioni pratiche su come comportarsi nelle varie circostanze della vita. L’opera è
probabilmente ambientata subito dopo il quinquennium neronis.

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>>De otio: il dialogo giunto incompleto è databile intorno al 62 D.C, al momento di


definitivo distacco Seneca-Nerone. L’argomento della trattazione è l’Otium, tempo che a
Roma indicava il dedicarsi alla letteratura e a tutto ciò che non riguardava il negotium,
ovvero l’impegno politico. A partire dagli anni della repubblica l’otium non è più del tutto
volontario: per Seneca il suo vivere appartato è diventata questione di sopravvivenza.
4. Ultimo dialogo:
>> De providentia: indirizzato a Lucilio, dedicato al tema della razionalità nel cosmo. Si
tratta di un trattato in 6 capitoli dove Seneca sviluppa anche il problema del male. Dolore
e sventura sono considerati dal saggio mezzo e prova per il rafforzamento dell’animo,
nonché esercizio di virtù.
- Opere filosofico-morali:
1. De clementia: articolato in due libri, sotto forma di trattato politico, delinea il programma
di governo di un sovrano illuminato, qui identificato in Nerone. Il trattato, databile 55-56,
si rivolge appunto a Nerone, da poco imperatore, elogiando per aver finora saputo
esercitare con umanità e mitezza d’animo il suo potere illuminato. La virtù più grande di
cui un principe deve dare prova è la clemenza con la quale egli si distingue dal tiranno, si
procura la fedeltà dei cittadini e garantisce la stabilità dell’impero. La clemenza è resa da
Seneca una virtù stoica.
2. De beneficis: trattato in 7 libri dedicato all’amico Ebuzio Liberale. Tratta di uno dei
fondamentali del vivere civile, il beneficio, di come concederlo e riceverlo. Il valore del
beneficio consiste nel fatto stesso di donarlo. Ogni essere umano è in grado di fare del
bene agli altri. Bersagli del trattato sono Nerone, cui spesso Seneca allude e tiranni del
passato come per esempio Alessandro Magno.
3. Naturales Questiones: Dedicato a Lucilio, Seneca gli si rivolge direttamente nel corso
della trattazione. Composte probabilmente tra gli anni 62 e 64, costituiscono un’opera
dossografica ( raccolta di argomenti eruditi) in 8 libri, indipendenti tra di loro in quando
ciascuno è destinato alla descrizione di un fenomeno naturale secondo uno schema
costante. La discussione scientifica è sempre unita ad un intento morale e pedagogico
volto ad un miglioramento dell’uomo. Seneca sottolinea il carattere naturale degli eventi
naturali, sottraendoli alla dimensione della superstizione. Uno degli scopi dell’opera è
dunque quello della liberazione dell’uomo delle sue paure irragionevoli, dovute
all’ignoranza e in particolare il timore della morte.
- Epistulae morales ad Lucilium: opera costituita da 124 lettere divise in 20 libri. Gli
argomenti sono i più vari: il tempo, la schiavitù, la morte, la felicità etc..L’aggettivo morales
indica il modo di comportarsi e Seneca sostiene “ philosophia non est in caelo sed in
rebus”, che sta a significare la concretezza della filosofia. Sono state composte tra il 62 e il
65 D.C. Le lettere sono chiaramente scritte non solo per Lucilio, ma per il più vasto pubblico
dei posteri. Esse contengono l’espressione del pensiero filosofico di Seneca. Presentano
un tono colloquiale, intimo e discorsivo, dotate di grande immediatezza. La raccolta è
costituita da una grande varietà: ci sono lettere concise e altre raggiungono l’estensione di
brevi trattati. L’obiettivo delle lettere è il progresso morale.
- Stile drammatico delle opere filosofiche: Seneca rifiuta l’inconcinnitas ciceroniana,
votandosi ad una concinnitas fatta di frasi brevi e sentenziose (ricerca della brevitas);
accosta verbi che significano la stessa e utilizza ripetizioni per sottolineare il concetto.
Utilizza esemplificazione storica ( exempla).
- Tragedie di Seneca: le opere ritenute generalmente autentiche sono nove, tutte di
soggetto mitologico greco. La scarsità di notizie esterne sulle tragedie senecane non ci
permette di sapere nulla di certo sulle modalità della loro rappresentazione. Ciò che
sappiamo è che in età Imperiale le tragedie venivano sì rappresentate, ma vi erano anche
apposite sale destinate alla lettura delle tragedie stesse. Non si sa dunque se le tragedie
Senecane fossero state concepite per la rappresentazione scenica o per la lettura, anche
se prevale tra gli studiosi la seconda opinione. Il linguaggio poetico delle tragedie ha la sua
base costitutiva nella poesia augustea, dalla quale Seneca mutua anche le raffinate forme

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metriche, come i metri lirici oraziani. Presentano una tendenza al cumulo espressivo e un
pathos portato all’esasperazione. Sono introdotte numerose digressioni, esorbitanti rispetto
alla consuetudine epica e soprattutto tragica, che alterano i temi dello sviluppo scenico
inserendosi così nella tendenza, propria del teatro senecano, ad isolar singole scene come
quadri autonomi. Nel complesso le tragedie presentano uno stile a tinte fosche, con uno
spiccato gusto per il macabro.
1. Hercules furens: su modello dell’Eracle Euripideo, tratta il tema della follia di Ercole, che
provocata da Giunone, induce l’eroe ad uccidere moglie e figli. Una volta rinsavito, e
determinato a suicidarsi, Ercole si lascia distogliere dal suo proposito e si reca infine ad
Atene a purificarsi.
2. Troades: basate sulla contaminazione dei soggetti di due drammi Euripidei, le Troiane e
l’Ecuba, rappresentano la sorte delle donne troiane prigioniere ed impotenti di fronte al
sacrificio di Polissena, figlia di Priamo, e del piccolo Astianatte, figlio di Ettore e
Andromaca.
3. Le phoenissae: unica tragedia senecana incompleta, modellata sull’Edipo a Colono di
Sofocle, ruota intorno al tragico destino di Edipo e all’odio che divide i suoi figli Eteocle e
Polinice.
4. La Medea: basata naturalmente sulla Medea di Euripide, ma forse anche sull’omonima
tragedia perduta di Ovidio, rappresenta la cupa vicenda della principessa della Colchide
abbandonata da Giasone e perciò assassina, per vendetta dei figli avuti da lui.
5. Phaedra: tratta dell’incestuoso amore di Fedra per il figliastro Ippolito e del drammatico
destino che si abbatte sul giovane, restio alle seduzioni della matrigna, la quale si
vendica denunciandolo al marito Teseo, padre di Ippolito, e provocandone la morte.
6. Oedipus: narra il notissimo mito tetano di Edipo, inconsapevole uccisore del padre Laio
e quindi sposo della madre Giocasta. Alla scoperta della tremenda verità, l’eroe reagisce
accecandosi.
7. Agamemnon: rappresenta l’assassinio di Agamennone, al ritorno da Troia, per mano
della moglie Clitemntestra e dell’amante Egisto.
8. Thiestes: rappresenta il cupo mito dei Pelopidi, animato da odio mortale per il fratello
Tieste, che gli ha sedotto la sposa, Atreo si vendica con un finto banchetto di
riconciliazione in cui imbandisce al fratello ignaro le carni dei figli.
9. Hercules Oetaeus: modellato stelle Trachinie di Sofocle, narra il mito della gelosia di
Deianira, che per riconquistare l’amore di Ercole, innamoratosi di Iole, gli invia una tunica
intrisa di sangue del centauro Nesso, creduto un filtro d’amore, ma in realtà dotato di un
potere mortale. Fra atroci dolori Ercole si fa innalzare un rogo e vi si getta per darsi la
morte, cui farà seguito la sua assunzione fra gli dei.
- Praetexta Octavia: oltre alle nove tragedie di argomento mitologico greco, la tradizione ci
ha trasmetto anche una pretexta: vi si rappresenta la sorte di Ottavia, prima moglie di
Nerone, da lui ripudiata e fatta uccidere, dopo che l’imperatore si innamorò di Poppea. E’
generalmente ritenuta spuria: oltre al forte sospetto ingenerato dal fatto che lo stesso
Seneca vi compare come personaggio, la ragione principale è una: la descrizione della
morte di Nerone ( 68 DC, posteriore alla morte di Seneca), preannunciata da una profezia
di Agrippina.
- Apokolokynstosis: opera davvero singolare nel panorama della vasta produzione
senecana. Il titolo ci è tramandato dallo storico Cassio Dione. Questa parola implicherebbe
un riferimento al greco kolokynta ( zucca), forse come emblema di stupidità, ed andrebbe
intesa come deificazione della zucca, di uno zuccone, con riferimento alla fama non troppo
lusinghiera di cui Claudio godeva. L’operetta contiene infatti la parodia della divinizzazione
di Claudio, decretata dal senato subito dopo la sua morte. Seneca prende spunto da questo
evento per dare sarcastico sfogo al risentimento contro l’imperatore che lo aveva
condannato all’esilio. Il componimento narra della morte di Claudio e la sua ascesa all’
limpo nella vana pretesa di essere assunto tra gli dei, i quali lo condannano invece a
discendere, come tutti i mortali, agli Inferi, dove egli finisce schiavo del nipote Caligola e da

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ultimo viene assegnato al liberto Menandro. Allo scherno per l’imperatore defunto, Seneca
contrappone parole di elogio per il suo successore. L’opera rientra nel genere della Satira
Menippea1 e alterna perciò prosa e versi di vario tipo, in un singolare impasto linguistico.
- Epigrammi: sotto il nome di Seneca si riportano anche alcune decine di epigrammi in distici
elegiaci, anche se l’autenticità di molti di questi è dubbia.

Lucano.>> Pharsalia.
- Vita: nasce a Cordova nel 39 D.C. Figlio di Anneo Mela, fratello di Seneca, è dunque nipote
del filosofo. Nel 40 si trasferisce con la famiglia a Roma, dove avviene la sua formazione. Ha
come maestro lo stoico Anneo Cornuto, alla cui scuola conosce Persio, con il quale stringe
amicizia. Entra alla corte di Nerone e per un periodo di tempo fu intimo amico dell’imperatore.
Alle feste indette dall’imperatore, i Neronia, Lucano recita delle laudes del principe, composte
per l’occasione. Subentra poi una brusca rottura con l’imperatore per motivi incerti: le fonti
accennano ad una gelosia letteraria da parte di Nerone. Lucano aderisce alla congiura dei
Pisoni, ma una volta scoperto il complotto riceve l’ordine di darsi alla morte. Si toglie la vita il
30 aprile del 65, poco prima di compiere 26 anni.
- Opere perdute: una tragedia incompiuta (Medea) e poi epigrammi, libretti per pantomime e
declamationes.
- Pharsalia: poema in dieci libri, rimasto incompiuto per la morte dell’autore ; il libro 10 infatti si
interrompe bruscamente ( anche se è molto probabile che il progetto originario prevedesse la
pubblicazione di 12 libri, esattamente come l’Eneide Virgiliana). Il modo con cui Lucano
sceglie di trattare l’argomento si risolve in un’esaltazione dell’antica libertà repubblicana, in
una esplicita condanna del regime imperiale. Le fonti addotte dall’autore sono l’Ab urbe
condita di Livio, le lettere di Cicerone, i commentari di Ceare, ma anche le opere
storiografiche di Seneca padre.
>> Libro I: Dopo l’esplosione dell’argomento del poema, e un lungo elogio di Nerone, Lucano
passa ad illustrare le cause della guerra. Segue la narrazione del passaggio del Rubicone da
parte di Cesare. Una serie di presagi annuncia la catastrofe incombente.
>> Libro II: lamenti dei Romani, che ricordano il passato conflitto civile tra Mario e Silla. Dibattito
notturno fra Bruto e Catone. Sotto la pressione delle legioni di Cesare, Pompeo fugge dall’Italia.
>> Libro III: Appare in sogno a Pompeo l’ombra di Giulia, figlia di Cesare e sua prima moglie,
per minacciargli terribili sciagure. Cesare entra in Roma e si impadronisce del tesoro pubblico.
Battaglia navale tra i marsigliesi ed esercito di Cesare.
>> Libro IV: Azioni di Cesare in Spagna.
>> Libro V: Il Senato, esule da Roma, si riunisce in Epiro. Un pompeiano, Appio, si reca a
consultare l’oracolo di Delfi, ma il responso resta ambiguo. Pompeo mette al sicuro la moglie
nell’isola di Lesbo: dolore dei due sposi per la forzata separazione.
>> Libro VI: Pompeo viene rinchiuso e assediato a Durazzo con il suo esercito. Gli eserciti di
Pompeo e di Cesare raggiungono la Tessaglia, che sarà teatro dello scontro definitivo. Sesto,
uno dei figli di Pompeo, si reca a consultare la maga Erittone; episodio di negromanzia: grazie
alle sue arti magiche, Erittone richiama in vita un soldato caduto in battaglia, il quale rivela a
Pompeo la rovina che incombe su di lui, sulla sua famiglia e su tutto l’ordinamento politico di
Roma.

1 Satira Menippea: un tipo particolare di diatriba è rappresentato dai componimenti di Menippo


di Gadara, uno schiavo di origine fenicia vissuto nella prima metà del terzo secolo dei quali ci
restano solamente i titoli. Sappiamo però che la loro caratteristica principale era una grande
varietà di contenuti e forme.Dal punto di vista contenutistico i componimenti di Menippo sono
ricchissimi di situazioni fantasiose e paradossali. Sul piani formale Menippo inventò il genere del
prosumetrum. La fortuna di Menippo fu grande in Grecia e a Roma, dove la forma letteraria da
lui inventata fu chiamata Satura Menippea. Molti autori latini si cimentarono in questo genere
letterario tra cui Varrone, Seneca e Petronio.

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>> Libro VII: Pompeo rivede in sogno di tronfi del suo passato. Si tiene il consiglio di guerra si
attuano i preparativi della battaglia di Farsalo. Pompeo fugge e Cesare nega gli onori funebri ai
defunti. Durante la notte funeste visioni turbano il suo sonno.
>> Libro VIII: ripresa con sé Cornelia, Pompeo fa dunque rotta verso l’Egitto, dove spera di
trovare rifugio. Ma il re Tolomeo, dietro consiglio dei suoi cortigiani, lo fa uccidere al suo arrivo. Il
corpo decapitato di Pompeo è abbandonato sul litorale.
>> Libro IX: Dopo la morte di Pompeo, Cerare arriva in Egitto e gli viene offerta la testa del
rivale: finge sdegno per la proditoria uccisione del rivale.
>> Libro X: Ad Alessandria Cesare visita la tomba di Alessandro Magno, quasi un suo maestro
di tirannide. Fastoso banchetto alla presenza di Cleopatra e lunga discussione sulle sorgenti del
Nilo. Gli Alessandrini tentano un sollevamento contro Cesare. A questo punto di interrompe
bruscamente la narrazione dei fatti.
- L’epos di Lucano: c’è chi pensa che la scelta della materia Lucanea, implichi una posizione
polemica contro Nerone, identificabile con il tiranno Cesare descritto nel poema. Altri hanno
però opposto a questa ipotesi la presenza del I libro di un lungo inserto laudativo nei confronti
dell’imperatore. Questa adulazione nei confronti dell’imperatore viene poi sconfessata nel
corso del poema, dove alloggia un cupo pessimismo. Il Bellum civile sarebbe dunque
un’opera aperta dove il genio del suo autore ha saputo trasformare la lode per l’imperatore in
un’aspra critica nei suoi confronti.
- Pharsalia vs Eneide:

Eneide Pharsalia

Enea è eroe pius per eccellenza presenza di 3 eroi negativi, soprattutto Cesare
( identificabile con Nerone)

Presenza del mito ( mito di Enea e della Poema fondato su fonti storiche e quindi realmente
fondazione di Roma) accadute ( guerra civile)

Fato e Dei ampliamente presenti Dei assenti, il caso prende il posto del fato ( +
elementi irrazionali che sono segno dell’assenza
degli dei).

Grande ottimismo di fondo Mondo in presa al caos e grade pessimismo di


fondo

Stile classico, regolare e curato. stile barocco, sintassi irregolare, tanti particolari
legati al sangue e al dolore

Scopo encomiastico Scopo di critica anche se non come critica


esplicita.

Scarsa soggettività Completa assenza di oggettività, Lucano interviene


sempre nella narrazione.

- Personaggi: Giulio Cesare, il suo rivale Pompeo e Catone Uticense, rigoroso pompeiano di
formazione stoica che preferì il suicidio all’oppressione politica del nemico. Cesare è
indubbiamente presentato da Lucano in una prospettiva pesantemente negativa ( un tiranno)
che doveva evocare nel lettore proprio la figura di Nerone. Pompeo ha senza dubbio le
simpatie del poeta, in quanto le due idee politiche mirano alla difesa dei valori tipicamente
repubblicani ed aristocratici della libertas. A Catone Uticense, luogotenente di Pompeo,
avrebbero dovuto essere dedicati i libri mai scritti da Lucano. Di Catone l’autore riconosce il
profondo impegno etico e politico e l’annessione alla filosofia stoica. Catone viene visto come
un elemento di luce in un’epoca di buio.

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- Angoscia e irrazionalismo: la Pharsalia suscita nei lettori una profonda inquietudine e


un’assoluta mancanza di equilibrio, con annesse le certezze ideologiche del suo autore.
Totale mancanza di equilibrio è caratteristica di tutta l’età neroniana.
- Lingua e stile: dal punto di vista formale l’Eneide di Virgilio è solo in parte un modello da
rispettare. Lucano fa ampio uso di sentenze, espressioni antitetiche e ossimoriche. E’
evidente il gusto per l’orrido e per atmosfere lugubri ed oscure: ci sono molte descrizioni di
uccisioni e di massacri. Lucano, come già detto, interviene molto nell’opera (192 volte).
Pochissimi sono i neologismi e spiccano termini attinenti alla sfera corporale e agli aspetti
crudi della vita ( cruor, sanguis, viscera).

Petronio>> Satyricon.
- Vita e Satyricon: Nessun autore antico ci dice chi fosse il misterioso Petronius Arbiter autore,
secondo la tradizione manoscritta del Satyricon. Oggi, tuttavia, la maggior parte degli
interpreti concorda nell’identificarlo come un cortigiano di Nerone, mirabilmente ritratto da
Tacito negli Annales: un fascinoso personaggio di nome Petronio, suicida per volontà
dell’imperatore nel 66, considerato da Nerone il giudice per eccellenza dello chic e della
raffinatezza, il suo elegantiae Arbiter. Tacito non parla però del Satyricon e l’identificazione del
Petronio tacitiano con l’autore del Satyricon, a dire il vero, non poggia su alcuna
testimonianza che la renda esplicita. L’opera deve essere stata composta entro la fine del II
secolo D.C, non risulta invece che Petronio abbia scritto altre opere letterarie.
- Darazione del Satyricon: tutti gli elementi di narrazione interni, cioè desunti dal testo stesso
del Satyricon, concordano con una narrazione che non va oltre il principato di Nerone. Il
linguaggio parlato da alcune figure minori, vale a dire i liberti che partecipano al convito in
casa di Trimalchione, è profondamente diverso dal latino letterario che ci è famigliare.
Abbiamo qui una preziosa fonte di informazione sulla lingua di uso popolare. La lingua dei
liberti si distacca dalla lingua che Petrolio utilizza, attraverso Encolpio, nelle altre parti
narrative dell’opera. Il contrasto è voluto ed è dunque chiaro che i volgarismi non
costituiscano un indizio per una datazione tarda dell’opera.
- Titolo del Satyricon: il legame etimologico con il termine Satyri potrebbe portare a tradurre il
titolo con “Libri di storie di Satiri”; tuttavia i Satiri, creature tra l’umano e il bestiale, protagonisti
di avventure licenziose, sono del tutto assenti nell’opera. Si deve dunque presupporre che il
titolo abbia significato allusivo legato al contenuto erotico e licenzioso dell’opera. E’ possibile
collegare il Satyricon al genere letterario della Satura, cioè Satira, unico genere letterario
proprio latino. In epoca sillana si era affermato il genere della satira menippea, caratterizzati
dall’alternanza di prosa e di versi ( prosimetrum). La ricerca di argomenti e registri linguistici
quotidiani, la critica più o meno aspra dei vizi umani, sono le caratteristiche più rilevanti della
satira luciliana ed oraziana e non vi è dubbio che tali elementi compaiano nel Satyricon.
Inoltre dalla satira menippea riprende il prosimetrum.
- Romanzo antico: siamo soliti definire “Romanzo” due opere in lingua latina, ovvero il
Satyricon e le Metamorfosi di Apuleio e alcuni testi in lingua greca, anche se in lingua greca
non esisteva un termine specifico per indicare questo tipo di produzione in prosa, infatti tali
opere venivano indicate come appartenenti ad un genere minore destinato ad un pubblico di
cultura non elevata in cerca solo di evasione ed intrattenimento. Si dice che il romanzo derivi
dal poema epico, ma nessuno ha veramente ricostruito le origini di questo genere. Pur nella
diversità delle vicende raccontate, i romanzi pervenuti presentano solitamente una fabula
molto essenziale, ma un intreccio molto complesso. Nel caso del Satyricon il tema è il
labirinto, un viaggio allucinato cronologicamente indefinito.
- Struttura romanzesca, parodia epica: l’ampiezza della narrazione petroniana impedisce
però di considerare il Satyricon come un semplice derivato della satira. Se infatti non si
conosce l’originaria ampiezza dell’opera, la dimensione delle digressioni lasciano pensare ad
un’estensione notevole del racconto: estensione del tutto incongrua per la satira menippea. E’
dunque consueta la definizione del Satyricon come romanzo. Heinze formula la tesi secondo

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la quale l’opera Petroniana sarebbe una parodia del romanzo greco, nel quale si parlava
soprattutto di amori virtuosi e contrastati che si realizzavano solo attraverso numerose
peripezie. Nel Satyricon si riprende la struttura romanzesca ed avventurale, ma al centro di
essa vi sono legami omosessuali e “amorozzi” tutt’altro che casti dei protagonisti dell’opera.
Non mancano neanche elementi di parodia dell’Odissea omerica. Le due ipotesi sul genere di
appartenenza del Satyricon ( Romanzo e/o satira) non si escludono dunque a vicenda.
- 5 novelle: Nel Satyricon compaiono 5 novelle: il vetro infrangibile, il manichino di paglia, il
lupo mannaro, la matrona di Efeso, il fanciullo di Pergamo. La funzione di narratore di tali
novelle è svolta in prima persona da uno dei personaggi dell’opera.
>> Trama della Matrona di Efeso: la novella si rifà alle cosiddette “fabulae millesiae”, storielle
di argomento licenzioso raccolte dal greco Aristide di Mileto. Si racconta di una vedova di Efeso,
ritenuta molto virtuosa, che mentre veglia sul sepolcro del marito, cede ripetutamente alle voglie
di un militare di guardia a due banditi crocifissi lì vicino. Inoltre ella acconsente ad utilizzare il
corpo del marito per sostituire uno dei due banditi, che era riuscito a scappare in seguito alla
disattenzione della guardia. In questo modo la matrona salva il suo compagno di avventura da
una sicura punizione. Il testo presenta riferimenti Virgiliani, dove Didone cede al fascino di Enea.
- Trama del Satyricon: il personaggio principale del romanzo è un giovane studente
squattrinato di nome Encolpio che narra in prima persona le vicende e le avventure di un
compiuto in compagnia di Gitone, un bellissimo giovinetto suo amante e di Ascilto, suo rivale
in amore. Probabilmente la narrazione cominciava con la fuga da Marsiglia di Encolpio,
perseguitato dall’ira del Dio Priapo e con il suo arrivo in Italia insieme a Gitone. I due giovani
vivono un’avventura erotica con una cortigiana e con suo marito, un mercante di schiavi che
comanda una nave. Encolpio e Gitone incontrano dunque Ascilto e violano le cerimonie del
dio Priapo, compiute dalla sacerdotessa Quartilla.
>> 1-26: La parte pervenuta inizia con la Greca Urbs, dove Encolpio incontra il retore
Agamennone che discute sui motivi di decadenza dell’oratoria. Encolpio e Ascilto, a causa della
rivalità in amore, decidono di separarsi; prima però si recano al mercato per vendere un mantello
rubato che fortunosamente riescono a barattare con una tunica piena di monete d’oro persa in
precedenza. Tornati alla locanda dove alloggiavano vengono sorpresi da Quartilla, la
sacerdotessa di Priapo di cui i giovani avevano in passato profanato una cerimonia. La donna li
costringe a tre giorni di pratiche erotiche.
>>26-79: Una volta sfuggiti a Quartilla i tre giovani seguono il retore Agamennone, invitato a
cena a casa di Trimalchione, un ricchissimo ma rozzo liberto. Egli, con la moglie Fortunata è
assoluto protagonista della parte più nota del romanzo, la cosiddetta “ cena di Trimalcione”.
Viene descritto nei minimi dettagli il banchetto offerto da Trimalcione, che fa sfoggio in modo
grossolano della sua ricchezza, ricorda il suo passato da schiavo, litiga con la moglie Fortunata,
recita versi, e da ultimo obbliga gli invitati a fare le prove generali per il suo funerale. A causa del
frastuono provocato dalla marcia funebre, sopraggiungono i vigili del fuoco e così i giovani
riescono ad allontanarsi di nascosto e a ritornare alla locanda. Encolpio e Ascilto litigano di
nuovo per Gitone, che invitato a scegliere fra i due, indica Ascilto.
>>80-113: Encolpio dunque, affranto dal dolore, si reca in una pinacoteca dove incontra
Eumolpo, un anziano poeta di scarso successo che per consolarlo gli racconta la novella del
fanciullo di Pergamo. Eumolpo, dopo una discussione sulla decadenza dell’arte, recita un
poemetto dedicato alla distruzione di Troia; i presenti che non gradiscono la narrazione,
costringono Encolpio ed Eumolpo alla fuga, prendendoli a sassate. Una volta tornati alla locanda
incontrano di nuovo Gitone, con il quale vivono rocambolesche avventure. Ascilto non compare
più nel romanzo, sostituito da Eumolpo, che diventa nuovo rivale per Encolpio. I tre decidono di
abbandonare la città e si imbarcano su una nave che si rivela essere quella di Lica, in viaggio
con la moglie. Encolpio e Gitone, nonostante il travestimento, vengono scoperti e minacciati di
severe punizioni. Eumolpo riesce a placare gli animi, poi viene imbandito un banchetto nel quale
egli racconta la novella della matrona di Efeso.
>> 113-141: La nave naufraga a causa di una violenta tempesta; Lica muore, mentre Gitone,
Encolpio ed Eumolpo riescono a raggiungere una spiaggia. Un contadino li informa che si

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trovano vicino a Crotone. Encolpio si finge un vecchio possidente senza figli mentre Gitone ed
Eumolpo si fingono suoi schiavi. Mentre si recano a Crotone, Eumolpo tiene una lezione sul
poema epico recitando anche alcuni esametri sulla guerra tra Cesare e Pompeo. Giunti a
Crotone i tre riescono a vivere alle spalle dei cercatori di testamenti. Intanto una matrona di
nome Circe si innamora di Encolpio, che però è ancora perseguitato dall’ira di Priapo e ha
pertanto perso la sua virilità. Eumolpo invece, temendo di essere mascherato, impone la
condizione che i suoi eredi, dopo la morte, si cibino in pubblico del suo cadavere. L’ultima parte
rimastica del romanzo si chiude con il discorso di un abitante di Crotone disposto ad accettare le
condizioni poste da Eumolpo. Non ci è dato sapere come si concludesse l’episodio né quanto
ancora si estendesse la narrazione.
-Umanità bassa e degradata: E’ possibile definire realistici i personaggi che animano il
Satyricon per tre buone ragioni: questi sono espressione di un’umanità allora realmente
esistente, per lo più socialmente bassa e degradata, i cui “valori” sono il cibo, il sesso, il denaro,
temi normalmente assenti nei testi letterari. In secondo luogo poiché alcuni soggetti sociali o
alcune situazioni proposte sembrano alludere specificatamente a situazioni reali della società del
tempo. In terzo luogo perché l’autore, facendo parlare questi in prima persona, dà prova di un
intento mimetico-realistico.
- Cena Trimalcionis: Trimalcione era un liberto arricchitosi smodatamente. Viene presentato
come personaggio volgare e pacchiano in maniera iperbolica.Tra i modelli dell’episodio
troviamo il simposio di Platone ( allusioni all’amore omosessuale vi sono anche all’interno del
Simposio).Essi si mescolano per tanto agli altri convitati, molti dei quali sono, al pari del
padrone di casa, liberti arricchiti. Su tutti i personaggi emerge sicuramente Trimalcione, nel
quali molti hanno voluto vedere la caricatura di Nerone. E’ un personaggio con forti contorni
realistici e lo dimostra il confronto con alcune testimonianze storiche del tempo. Trimalcione è
riportato anche nella tradizione archeologica ed epigrafica, quindi potrebbe trattarsi di un
personaggio realmente esistito. Trimalcione ha una vera e propria ossessione per la morte e
cura il suo testamento nei minimi dettagli. Trimalcione, al pari della moglie Fortunata,
rappresenta uno splendido esempio parvenu, soggetto sociale diffuso in età imperiale
romana. Le informazioni fornite da Petrolio sugli usi e costumi del suo tempo sono per noi
preziosissime.
- Tema del labirinto: si ravvisa nella figura di Encolpio e nel labirinto di luoghi e situazioni in cui
è coinvolto, un simbolo delle profonde difficoltà dell’uomo nel raggiungere il possesso della
verità. Inoltre l’eros, uno dei temi chiave dell’opera, non compare in forma gioiosa, ma per lo
più nelle forme infelici e squallide dell’impotenza, della perversione e della prostituzione.
- Decadenza dell’oratoria: Tema particolarmente trattato da Petronio è la decadenza
dell’oratoria e delle scuole di retorica, tema ampiamente trattato anche da Quintiliano.
- Tema del banchetto: il banchetto o simposio nella tradizione greca ha una componente
fortemente religiosa. Per i Greci il bere vino in compagnia è un atto di natura sociale, ma
anche sacrale: il vino è infatti la bevanda sacra al dio Dioniso. Il tema simposiaco è assai caro
alla lirica greca e soprattutto ad Alceo ed Anacreonte, autori di numerosi carmi che hanno
come tema il vino e le delizie del simposio.
- Lingua e stile in Petronio: Plurilinguismo e pluristilismo. Vi è una grandissima varietà di
registri linguistici. In base alla classe sociale a cui appartengono, i personaggi si esprimono in
maniera differente: coloro che appartengono alla classe sociale rozza di esprimono con il
sermo plebeius. Petronio utilizza anche diversi neologismi come “Lupatria” e grecismi. I nomi
sono parlanti e caratterizzano la personalità di chi li detiene. Encolpio, nome di origine greca
significa “colui che sta in grembo”, per esempio. Non mancano anche momenti di
innalzamento dello stile. L’intero dell’autore è chiaramente parodico ed ironico, esempio ne è
l’esplicita critica a Seneca nei discorsi di Trimalcione.

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Satira>> Persio e Giovenale.


- Persio e Giovenale vs satira Oraziana: Anche se la rispettiva produzione poetica è separata
da circa mezzo secolo, Persio e Giovenale mostrano importanti tratti comuni. Tutti e due
dichiarano di ricollegarsi alla poesia satirica di Lucilio ed Orazio, nella cui tradizione dunque
si collocano. Tuttavia, i due poti imprimono a questo genere letterario un cambiamento
piuttosto marcato, soprattutto rispetto all’impostazione Oraziana. Le satire di Lucilio ed Orazio,
infatti, assumevano come verosimile rifermento la cerchia di amici, mentre quale di Persio e
Giovenale, sebbene formalmente indirizzare ad un singolo destinatario, sono invece rivolte ad
un pubblico generico di scrittori ascoltatori, di fronte ai quali il poeta di atteggia a censore del
vizio e dei costumi. La forma dell’invettiva prende il posto nel modo confidenziale e garbato e
della comprensione delle debolezze umane, tipico oraziano. Si notano nella poesia di Persio e
Giovenale i segni vistosi di uno nuovo gusto letterario e va tenuto anche presente che la
trasformazione dei caratteri formali della satira post-oraziana si deve anche al mutamento
della modalità della sua fruizione: prima che alla lettura individuale, la satira di Persio e
giovenale è infatti destinata all’esecuzione orale, alla recitazione in pubblico e punta
naturalmente a fare colpo sull’uditorio.
1. Persio. >> Satire.
- Vita: nasce nel 34 D.C a Volterra, da una ricca famiglia equestre. Orfano di padre fin dall’età
di sei anni, fu inviato a Roma intorno ai 12 o 13 anni per formarsi presso le migliori scuole di
grammatica e retorica. Anneo cornuto ( filosofo) esercitò molta influenza su di lui. Persio
entrò in rapporto con Lucano e Seneca. La “conversione alla filosofia” portò Persio a condurre
una vita molto appartata, concentrata sullo studio e sugli affetti famigliari. Persio visse una vita
molto breve, morì infatti a 28 anni, nel 62 D-C.
- Opere: Della sua copiosa produzione, non pubblicò mai nulla in vita: si prese cura
dell’edizione delle sue opere l’amico Cesio Basso, che pubblicò il libro delle Satire, che fu
accolto con immediato successo.
>> Struttura del libro: le Satire sono precedute da un componimento che ha funzione di
prologo, formato da 14 coliambi, in cui l’autore polemizza aspramente contro le mode letterarie
del tempo. Il libro è costituito da 6 componimenti satirici in esametri dattilici, il metro ormai
tradizionale di questo genere letterario.
>> Argomento delle Satire:
I. Illustra i vezzi deplorevoli della poesia contemporanea e la degenerazione morale che le si
accompagna, cui il poeta oppone lo sdegno e la protesta dei suoi versi,
programmaticamente rivolti agli uomini libri.
II. Attacca la religiosità formale e ipocrita di chi non conosce onestà di sentimenti e chiede agli
dei solo la soddisfazione della propria brama di denaro.
III. Indirizzata ad un giovi signore che conduce vita ignava e dissipata, per esortarlo ad
intraprendere il cammino della liberazione morale seguendo i precetti della filosofia stoica.
IV. Espone la necessità di praticare la norma del nasce te ipsum per chi abbia ambizioni di
carriera politica.
V. Rivolta al maestro Cornuto, svolge il tema della libertà secondo la dottrina stoica
VI. Indirizzata in forma epistolare a Cesio Basso, deplora il vizio dell’avarizia.
- Satira e stoicismo: L’adesione al genere satirico per il giovane poeta animato dalla forte
tensione morale alimentata dallo stoicismo era una scelta quasi obbligatoria. La sua poesia è
ispirata da un’esigenza etica, dalla necessità di smascherare e combattere la corruzione e il
vizio. Nella denuncia del vizio Persio si riallaccia alla tradizione della diatriba. Lo stoicismo di
Persio non assume apertamente i caratteri dell’impegno politico; inclina piuttosto verso un
raccoglimento interiore, che è la condizione per praticare il culto della virtù e che mostra
analogie con l’esistenza appartata, la tranquilla atarassia degli epicurei.
- Trasformazione della satira: Si è già detto che un elemento caratterizzante della satira
oraziana, cui Persio per tanti versi è debitore, fu il rapporto cordiale e paritetico fra il poeta e il
suo destinatario: Orazio non si atteggia a magister virtutis, ma insieme all’amico cui si rivolge,

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con un gesto sociativo ed un procedimento quasi maieutico fatto di comprensione ed


indulgenza, percorre un cammino verso l’obiettivo prefissosi. In Persio, invece, i ruoli restano
nettamente distinti: non vi è più una collaborazione tra poeta e destinatario per la conquista di
una verità, ma un ribadire, in modo dogmatico, un’etica prestabilita. In definitiva la pacata
bonomia del sermo oraziano cede il posto in Persio ad un atteggiamento intransigente,
intenzionalmente aspro ed aggressivo perché ritenuto inevitabile per il buon esito della terapia
morale.
- Lingua e stile: Anche lo stile di Persio si piega alle necessità di un atteggiamento
volutamente aspro ed aggressivo: ben nota è la sua obscuritas generata da un’intenzionale
manipolazione della lingua a più gradi e livelli: per l’uso di una sintassi intricata e ramificata, di
termini rari, di neologismi, o per gli insoliti processi di risemantizzazione lessicale o per il
sorprendente accostamento di nessi urtanti, di parole che producono un effetto aspro sia dal
punto di vista semantico che fonico: la cosiddetta iunctura acris di cui Persio stesso ci parla
(V, 14: verba togae sequeris iunctura callidus acri “ti conformi alle parole della gente in toga,
accorto nell’ accostamento urtante) è un’esplicita ed originale rielaborazione della callida
iunctura di Orazio (Ars poetica, vv. 47 s.: dixeris egregie, notum si callida verbum / reddiderit
iunctura novum “ti sarai espresso egregiamente se un’accorta associazione avrà reso nuovo il
termine usuale”) che con il suo precetto, non espressamente riferito al genere satirico,
invitava a risemantizzare o comunque a rivitalizzare i termini consunti dall’uso mediante una
collocazione sapientemente studiata. Persio fa sua la lezione oraziana ricalcandola nella
forma, ma riadattandola autonomamente, spingendola alle estreme conseguenze. La
iunctura, infatti, non si limita più ad essere callida, ma diventa acris “aspra, acuta”, ed il poeta
è callidus non solo nel ridare vigore ad un lessico ormai logoro, ma nel sorprendere e magari
nell’urtare l’attenzione del lettore con nessi inconsueti, dall’effetto straniante analogo a quello
ottenuto mediante l’ aprosdoketon che sorprende il lettore disattendendone le attese. Il
materiale linguistico, dunque, pur mutuato dalla lingua quotidiana, viene abilmente
manipolato, quasi ‘deformato’, per esprimere una verità non banale, per cogliere e
rappresentare aspetti nuovi della realtà ed instituire insolite connessioni tra le cose. Alla
stessa necessità di sbalordire attraverso stridenti ed efficaci accostamenti linguistici e
concettuali risponde poi l’uso originalissimo di metafore stravaganti, inedite, audaci e
straordinariamente dense (es. I. 80 haec sartago loquendi “questa frittura di parole”), il cui
senso ora è possibile intenderlo risalendo alla fonte (spesso rappresentata da Orazio), ora si
dispiega lentamente; ma altre volte i fili della metafora formano un intreccio così intricato e
fitto che non è possibile dipanarli agevolmente. Persio, dunque, partendo da elementi e spunti
desunti per lo più da Orazio, si crea un arsenale espressivo complesso ed originale. Questo
apparato si applica ad un lessico programmaticamente ordinario e tratto dalla lingua comune,
che corrisponde al livello del sermo oraziano, anche se di fatto Persio risulta più sensibile alle
forme colloquiali del linguaggio (uso di volgarismi, di barbarismi, di grecismi e di hapax). A
questo impasto linguistico si aggiunge e sovrappone un’importante componente letteraria: a
parte occasionali ma non trascurabili innalzamenti di registro, dovuti prevalentemente a
parodie dello stile elevato, assistiamo ad un’ampia ripresa del lessico della satira.
2. Giovenale>> ultimo grande rappresentante della tradizione satirica>> 16 satire in
esametri.
- Vita: poche ed incerte le notizie sulla vita di Giovenale. Sarebbe nato ad Aquinio tra il 50 e Il
60 A.C da famiglia benestante. L’attività poetica arrivò dopo la morte di Domiziano. Visse
all’ombra dei potenti nella disagiata condizione di cliente, privo di autonomia economica. Nulla
si sa della sua morte.
- Opere:
>> Struttura e cronologia: la produzione poetica di Giovenale è costituita da 16 satire in
esametri suddivise in 5 libri. I rari indizi cronologici oscillano tra il 100 e il 127 D.C, e in questo
periodo si deve collocare la pubblicazione delle satire.
>> Argomento delle satire:

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I. Nella prima satira, di carattere proemiale e programmatico, Giovenale polemizza contro la


fatuità delle declamazioni alla moda, dichiarando il suo disgusto per la corruzione morale
dilagante. Tuttavia, per cautelarsi contro odi e vendette, il poeta decide di attaccare non i
contemporanei ma le generazioni passate.
II. Bersaglio del poeta è soprattutto l’omosessualità.
III. Tema è la xenofobia: in una città in cui intellettuali da strapazzo provenienti dalla Grecia e
altri immigrati di origine orientale hanno introdotto adulazione ed ipocrisia, riescono a vivere
solamente speculatori, mentre per i poveri non ci sono speranze: solo rischi per la loro
incolumità.
IV. Si narra del consiglio riunito da Domiziano, per deliberare su una questione davvero “grave”:
come cucinare un gigantesco rombo offerto in dono all’imperatore.
V. Umiliazione della condizione dei clienti.
VI. La più lunga, costituisce la sola del libro II: contiene la celeberrima requisitoria contro
l’immoralità e i vizi delle matrone romane. Satira aspramente misogina.
VII. Deplora la generale decadenza degli studi, rimpiangendo il mecenatismo.
VIII.Oppone la falsa nobiltà dovuta alla nascita con quella derivante dall’impegno e dai
sentimenti.
IX. Contro l’omosessualità.
X. Insensatezza delle brame umane.
XI. Attacca il lusso ostentato dei banchetti.
XII. Attacca l’avarizia e con essa i cacciatori di eredità.
XIII.Attacca gli imbroglioni e i frodatori.
XIV.Si discute sull’educazione dei figli.
XV. Descrive un episodio di cannibalismo avvenuto in Egitto.
XVI.Elenca i privilegi offerti dalla vita militare ( giunta incompleta).
- Temi di Giovenale: dal punto di vista ideologico, Giovenale segna un netto distacco sia da
Lucilio che da Orazio, ma anche dall’impostazione di Persio, che era uno stoico. La filosofia
dunque ha un moderato ruolo per Giovenale e la sua visione appare piuttosto legata al ceto
medio italico, contadino, repubblicano e xenofobo. Decadenza della nobilitas>L’antica
nobiltà era stata sterminata dall’autocrazia degli imperatori di età Giulio-Claudia e da
Domiziano, ferocemente attaccato nella satira IV. Proprio in questa satira Giovenale tratteggia
ciò che rimane di quel ceto nobiliare, uomini ridotti ad una congrega di servili adulatori. Il tema
della decadenza della nobilitas viene affrontato anche nella satira VIII, nonché nella satira II
con focalizzazione sulle perversioni private. Al posto dei nobili ora imperversano i liberti
arricchiti, gli schiavi e gli stranieri, soprattutto i Greci, quei graeculi che conoscono ogni
mestiere ed ogni arte. Questa ostilità nei confronti dei Greci è probabilmente alla base
dell’astio nei confronti di un imperatore apertamente filellenico come Adriano.
- Pessimismo: Per Giovenale la società continua ad essere basata sul denaro e
sull’adulazione, sul lusso e sull’avarizia.
- Condizione di crisi del matrimonio: ne parla soprattutto nella satira VI, che è certamente
frutto della misoginia del poeta, che investe le donne in generale, ma il suo fine profondo è
quello di stigmatizzazione del declino dell’istituzione matrimoniale romana. Secondo il poeta la
donna è corrotta, specie la matrona di buona famiglia, incapace di resistere alla libidine, poi
alla debolezza dei caratteri dei mariti e infine alla decadenza della società. Il matrimonio
quindi è minacciato.
- Lingua e stile: Per quanto riguarda lo stile, le Satire si avvicinano a quella tradizione satirica
di cui già si erano fatti portavoce autori come Orazio, Persio e Marziale con i suoi epigrammi.
I testi di Giovenale però sono concepiti su uno sfondo moraleggiante, che giustifica l’uso e la
mescolanza di arcaismi e termini di registro elevato, di sermo vulgaris e di figure retoriche
(dall’iperbole all’antitesi, dalla climax all’anafora e all’uso di sententiae, ovvero frasi
epigrammatiche che riassumono la condanna dell’autore per il mondo circostante) che
innalzano il grado stilistico del dettato e lo avvicinano all’espressionismo letterario. Giovanale
modifica quindi la struttura del genere satirico e accosta le sue Satire più alla tragedia che

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alla commedia. Infatti sia per stile, sublime ed elevato, che per contenuto, grottesco e
disperato, la sua poesia risponde ai canoni della poesia elevata, cui si affianca l’enfasi
declamatoria, densa e giudicante, con cui egli attacca i suoi bersagli preferiti.

Epica di età Flavia: Stazio, Valerio Flacco e Silio Italico. ( scrivono sul modello di
epica per eccellenza, l’Eneide, con notevoli influenze ovidiane.
1. Stazio.
- Vita e opere: nasce a Napoli fra il 40 e il 50 D.C. da un erudito maestro di scuola, che in
seguito si trasferì a Roma. Si guadagna la protezione di Domiziano, e muore fatto ritorno a
Napoli.
- Opere: Stazio è autore di due poemi epici in esametri: la Tebaide, in 12 libri e l’Achilleide,
incompiuto. Perduto è invece un poema sulle gesta di Domiziano, il De bello germanico. La
produzione poetica di Stazio spazia anche Aldi fuori del genere epico, scrivendo versi su
commissione: Queste composizioni occasionali sono raccolte nelle Silvae, 5 libri di versi in
metro vario. Perduto infine è un libretto per Pantomimo, ovvero l’Agave.
>> Silvae: in tutto 32 componimenti, sono organizzati libro per libro in serie accuratamente
costruite con molteplici effetti di corrispondenza e variazione. La struttura dei singoli carmi è
governata da rigorosi schemi tradizionali, certamente nutriti di formazione retorica. I temi sono
piuttosto eterogenei ed in essi è frequente la rappresentazione dettagliata di ambienti e
personaggi della Roma contemporanea. Il poeta si trova perfettamente inserito in una società
gerarchica entro una rete di autorevoli protettori. Traspare in Stazio l’ideologia del “servizio
pubblico”( svolgere un servizio comunicativo improntato sul pensiero e sugli obiettivi dei
committenti). La tenera poesia sentimentale di Stazio, ben pensante e conciliativa, aspira a
presentare il ritratto fedele e autorizzato della buona società imperiale.Il potere Flavio infatti
voleva promuovere un’amplia politica di controllo dell’emotività pubblica. Le silvae contengono
alcuni dei momenti migliori di tutta la poesia di età imperiale.Per il loro carattere di poesia colta,
tradizionalmente riflessa, hanno spesso faticato a trovare estimatori.
>>Tebaide: Il tema di Stazio sono le battaglie fra fratelli. In contrasto con Lucano, sceglie un
tema mitologico ( la guerra che oppone a Tebe Eteocle e Polinice, figli di Edipo), dotato di un
complesso apparato divino.Trama:
I. I due figli di Edipo, Eteocle e Polinice, si preparano a spezzare il patto di governo, per cui a
turno, di anno in anno, uno regna e l’altro lascia Tebe.
II. L’oltretomba si apre e torna sulla terra Laio: la sua tomba ispira Eteocle a tradire il patto con
il fratello. Un’imboscata organizzata da Eteocle non ha successo.
III. Decisione della guerra di Argo contro Tebe e preparativi militari.
IV. Mentre a Tebe l’ombra di Lato predice lutti, sette grandi eroi marciano contro Tebe con le loro
schiere. Provati dalla sete durante il viaggio, trovano l’aiuto di Issipile che racconta la sua
triste storia.
V. Un mostruoso serpente uccide il bimbo affidato ad Issipile. I sette istituiscono in espiazione
del fatto i giochi Nemei.
VI. Celebrazione dei giochi. Presagi nascosti annunciano che solo uno dei sette tornerà a Tebe.
VII. Inizio delle ostilità alle mura di Tebe.
VIII.Crescendo della battaglia.
IX. Successi dei Tebani.
X. Spedizione notturna degli Argivi che fanno strage di Tebani.
XI. I due fratelli rivali si danno alla morte a vicenda in singolar tenzone. Suicidio di Giocasta e
cacciata di Edipo da Tebe. Il nuovo re di Tebe è Creonte.
XII. Creonte vieta la sepoltura dei cadaveri degli Argivi. Il re di Atene, Teseo, interviene e e
ristabilisce giustizia e pietà. Uniti sul rogo insieme, Eteocle e Polinice sono ancora in lotta:
due fiamme nemiche e divise.
Piano dell’opera: Stazio dichiara di avere un modello altissimo, ovvero l’Eneide. Il piano
dell’opera è in 12 libri divisi in due esadi. La seconda è tutta una storia di guerra ( come la metà

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iliaca dell’Eneide) ed insieme contiene tratti odissiaci, come la prima metà dell’Eneide. Stazio si
confronta con molti giganti dell’epica, tra cui Virgilio, Omero e Lucano, ma si rifà anche ad altri
modelli sia greci che latini tra cui Eschilo, Euripide, Apollonio Rodio, Callimaco, Seneca ed
Ovidio.
Divinità fato e personaggi: Stazio salva l’apparato divino nell’opera ( scelta chiaramente
Virgiliana), ma approfondisce intensamente la funzione del fato. La scelta di un tema così
profondamente negativo porta Stazio molto vicino alla posizione di Lucano. Il risultato è un
compromesso che avrà grande influsso nella storia dell’epica occidentale. Le divinità appaiono
svuotate ed appiattite. La Furia che muove gran parte dell’azione è un puro e semplice Genio
del Male. Anche i personaggi appaiono svuotati ed appiattiti, dal momento che Stazio concede
pochissimo spazio alla caratterizzazione psicologica dei personaggi stessi. Non vi è un vero e
proprio protagonista ( conseguenza della trama molto complessa). L’assenza di riferimenti
all’attualità romana non esclude un intento di polemica nei confronti di essa.
>> Achilleide: il poema ha avuto un destino stentato. Qualsiasi giudizio è difficile poiché il testo
che abbiamo tratta solamente delle vicende del giovane Achille a Sciro, dove l’eroe era stato
nascosto dalla madre Teti perché i Greci non lo conducessero a Troia.
1. Flacco>> Argonautica.
- Vita: del tutto ignota.
- Argonautica: Del poema epico Argonautica restano sette libri ed una parte dell’VIII. Si tratta
di una serie di vicende che corrispondono all’incirca a tre quarti del racconto sviluppato dal
poeta epico greco Apollonio Rodio. Valerio narra i motivi della spedizione di Giasone in cerca
del vello d’oro, del viaggio fino alla Colchide, dell’amore tra Giasone e Medea, e il principio del
travagliato ritorno.
>> Modelli: variazioni ed innovazioni si innestano spesso su di un contesto che risulta in varia
misura debitore nei conforti di Apollonio. Flacco ricerca la drammatizzazione e rifacendosi al
modello il gusto per la brevitas. Integra nella sua opera riferimenti ad Omero, Virgilio ed
ovviamente Apollonio. La sua Medea è archetipo della Medea di Apollonio, ma quel modello è
riletto attraverso la Didone virgiliana. Flacco trae anche suggerimenti da altri personaggi della
letteratura augustea, in particolare da Ovidio e da Seneca tragico e Lucano.
>> Stile e tecnica narrativa: il tema è mitologico e l’apparato divino sempre presente. Mentre
Apollonio aveva creato un anti-eroe con Giasone, Flacco lo riporta ad uno status di elevatezza
epica. La narrazione esaspera la propensione virgiliana allo stile soggettivo. Vi sono però difetti
strutturali a livello di chiarezza e linearità della narrazione. Ne risulta un testo narrativo assai
difficile, spesso oscuro, che si caratterizza come estremamente dotto anche per quanto riguarda
la sua destinazione ( il pubblico che viene proposto come lettore ideale). Spesso il lettore, per
capire l’andamento della vicenda deve avere chiaro il testo di Apollonio: dunque l’opera
presuppone un pubblico di ampia competenza letteraria. Sono scarsi, ma non mancano nelle
aggiunte al modello greco, riferimenti all’attualità romana.
3. Silio Italico>> I punica, più lungo poema storico della letteratura latina. Manifesta
un’ammirazione quasi ossessiva per Virgilio ( culto museografico di Virgilio, di cui aveva
addirittura comprato il sepolcro).
- Vita: Fu un importante uomo politico dei suoi tempi. Ritiratosi a vita privata dedicò gli ultimi
anni della sua vita alla composizione dei Punica. Nel 101, provato da un male incurabile, si
lasciò morire di fame.
- Punica: in diciassette libri, racconta la storia della seconda guerra punica dalla spedizione di
Annibale in Spagna al trionfo di Scipione dopo Zama. La sua opera è una fredda galleria di
busti storici e curiosità antiquarie, raccolti con sincera ma indiscriminata passione. La linea
annalistica testimonia la volontà del poeta di collegarsi (per eventi) alla terza decade di Livio.
Recupera infatti la struttura architettonica del modello. Il parallelo più evidente per i Punica,
sono gli Annales di Ennio. Poiché gli Annales sono in 18 libri, è possibile che l’impianto
dell’opera comprendesse un libro in più. Un altro precedente arcaico è il poema di Nevio sulla
prima guerra punica. Ma l’impulso fondamentale del poema venne dall’Eneide: la guerra di

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Annibale è presentata come una diretta continuazione di Virgilio, poiché originata dalla
maledizione di Didone contro Enea ed i suoi discendenti ( e altre chiare allusioni all’Eneide,
come l’ira di Giunone).
>> Espressionismo stilistico: la restaurazione dell’apparato mitologico è rivisto alla luce dei
toni foschi e macabri ( tipici di età neroniana). L’opera comprende una grande quantità di
excursus, che conciliano l’epica con il gusto tipicamente alessandrino per la varietas.

Plinio il Vecchio>> Naturalis Historia ( monumento del desiderio umano di conoscere e


classificare il reale).
- Vita: nasce a Como intorno al 23 D.C. Presterà servizio militare in Germania per due lunghi
periodi. Dopo la morte di Claudio, Plinio si ritira a vita privata, rinunciando a cariche pubbliche
e impegni politici per la violenta avversione nei confronti di Nerone. Con l’ascesa di
Vespasiano, Plinio inizia un’attiva carriera come procuratore imperiale. In questo periodo
Plinio svolge una funzione apparentemente tranquilla, quella di prefetto della flotta di istanza
in Campania. E’ in tale veste che trova la morte il 24 agosto del 79 D.C, travolto dall’eruzione
vesuviana. Il racconto della sua fine, che dobbiamo al nipote Plinio il Giovane, ha molto
contribuito alla fortuna di Plinio come personaggio esemplare, che sfida un cataclisma
naturale per appagare la sua curiosità scientifica.
- Opere:
1. De eiaculatione equestri: All’esperienza degli anni trascorsi in Germania, si può fare risalire
l’interesse Pliniano per questioni di carattere militare, testimoniato da un trattatello intitolato
de eiaculatione equestri, sulle tecniche di combattimento a cavallo.
2. Biografia di Pomponio Mela.
3. Bella Germaniae: opera storica sulle campagne germaniche, dalla quale Tacito attingerà
notevoli informazioni.
4. Studiosus: trattato in sei libri, avvicinabile per tematica all’Istitutio oratoria di Quintiliano, si
tratterebbe perciò di un materiale di retorica.
5. Dubius Sermo: trattato grammaticale sui problemi e le oscillazioni del gusto linguistico.
6. A fine aufidi Bassi: storia romana, che non si è conservata.
7. Naturalis historia: opera presentata al nuovo imperatore Tito. Si tratta di un testo a
carattere enciclopedico (incline alle tendenze culturali del tempo, ovvero quelle volte
all’acquisizione di un sapere sterminato), che costituisce una straordinaria summa delle
conoscenze antiche sui più svariati argomenti. Plinio leggeva di continuo, schedava e
prendeva appunti. Il risultato finale fu un’opera in 37 libri, destinata ad inventariare l’insieme
delle conoscenze acquisite dall’uomo.
>> Piano dell’opera:
I. Libro I: indice generale dell’opera e bibliografia libro per libro.
II. Libro II: cosmologia e geografia fisica.
III. Libri III-Vi: Geografia.
IV. Libri VII: Antropologia.
V. Libri VIII.IX: Zoologia.
VI. Libri XI-XIX: Botanica.
VII. Libri XX-XXXII: Medicina.
VIII.Libri XXXIII-XXXVII: Metallurgia e mineralogia ( con ampli excursus di storia dell’arte).
Il testo è preceduto da un’epistola dedicatoria rivolta al futuro imperatore Tito, in cui Plinio
chiarisce motivazioni e limiti del suo lavoro.
>> Plinio e lo stoicismo: l’autore appare vicino a certe posizioni degli stoici. Sicuramente la
concezione dell’universo come complessa solidarietà, retta da una provvidenza divina, era
un’idea atta a guidare un progetto di enciclopedia. Una certa adesione allo stoicismo è insita
nella cosmologia, che è la parte più impegnata della trattazione pliniana. Dallo stoicismo Plinio
deriva più che altro un generico senso della missione del saggio, privo di profonda ispirazione

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ideologica. Molto più evidenze è il suo “spirito di servizio” volto a tramandare quanto più sapere
possibile.
>> Eclettismo accomodante: la scelta dell’enciclopedismo per Plinio è un accomodante
eclettismo: una scelta filosofica troppo precisa avrebbe ridotto notevolmente la quantità di
materiali da poter introdurre della trattazione.
>> Trascuratezza stilistica: lo stile delle Naturalis Historiae appare estremamente trascurato.
La stessa folle ampiezza del lavoro non era compatibile con un processo di regolare
elaborazione stilistica. Inoltre la tradizione enciclopedica romana non comportava un particolare
sforzo di bello scrivere. Plinio tende ad una specie di decontrazione delle ampie bilanciature
architettoniche ciceroniane. Lo stile appare dunque frastagliato e frammentato in molte parti
della trattazione, ma in altre lo stile si eleva fino a raggiungere vere e proprie tirate retoriche.
>> Opera destinata alla consultazione: l’opera era troppo lunga per essere letta di seguito e
anche per essere usata nelle scuole. Tuttavia è uno dei testi antichi meglio concepiti e
consultabili.

Marziale>> epigrammi di satira mordace e presa in giro aggressiva di incredibile realismo.


- Vita: le notizie biografiche ci vengono dalle sue opere e da una lettera di Plinio il Giovane.
Nacque a Bilbilis, in Spagna tra il 38 e il 41 D.C. Si trasferì poi a Roma, trovandovi un
generoso appoggio dalla famiglia spagnola più ricca dell’epoca, quella di Seneca. Conobbe gli
ambienti di opposizione senatoria a Nerone. Condusse probabilmente una vita modesta,
come cliente. Nell’80, sotto commissione degli ambienti di corte, compose e pubblicò una
raccolta di epigrammi per celebrare l’inaugurazione all’anfiteatro Flavio. Tuttavia dalla
pubblicazione delle sue opere non ebbe mai benefici economici stabili. Deluso dalla sua vita,
decide di tornare in tarda età nella città natale dove morì verso il 104.
- Corpus degli epigrammi2: di Marziale ci resta una raccolta di Epigrammi distribuiti in 12 libri.
Questo corpus è preceduto da un altro libro di una trentina di epigrammi oggi noto come Liber
de Spectaculis ed è seguito da altri due libri, intitolati rispettivamente Xenia ( doni per gli
ospiti) e Apophoreta ( oggetti da portare via). Nell’ordinare gli epigrammi nei libri, Marziale ha
distribuito in modo equilibrato e vario i carmi, facendo attenzione al loro metro e
all’estensione. Gli epigrammi sono in totale più di 1500. I metri sono vari: accanto al distico
elegiaco, largamente prevalente, ci sono anche il falecio e altri metri. Varie sono anche le
dimensioni dei componenti.
>> Scelta del genere: in età Flavia si diffonde la produzione di epigrammi, accanto all’epica.
Marziale fa dell’epigramma il suo genere esclusivo, l’unica forma della sua poesia.Marziale
contrappone la varietà e la mobilità dell’epigramma all’epica e alla tragedia, con i loro toni seriosi
e abusati.
>> Epigramma come poesia realistica: Marziale rivendica il realismo, l’aderenza alla vita
concreta, come tratto qualificante della propria poesia. La sua è una poesia che piace al
pubblico, una poesia che coniuga fruibilità pratica e divertimento letterario, tratteggiando un
quadro variegato ed incisivo sulla realtà quotidiana con le sue contraddizioni e i suoi paradossi.
Marziale osserva lo spettacolo della realtà e dei vari personaggi che ne occupano la scena con
uno sguardo deformante che ne accentua i tratti grotteschi e li riconduce a tipologie ricorrenti:

2Epigramma: L’origine dell’epigramma risale all’età arcaica, dove la sua funzione era
essenzialmente commemorativa. Diversi epigrammi circolavano sotto il nome di Simonide, ma
anche di Saffo e Archiloco. In età ellenistica l’epigramma si emancipò dalla sua forma
originariamente epigrafica e della destinazione pratica e diventò un tipo di componimento adatto
alla poesia occasionale. Lo spettro tematico si ampliò e i poeti, svilupparono anche il genere
erotico, simposiaco, narrativo e satirico. Asclepiade, Posidippo, Callimaco, Leonida di Taranto e
Nosside di Locri. Gli epigrammi di questi autori confluiscono insieme nella cosiddetta “Antologia
Palatina”. A Roma non aveva una grande tradizione letteraria fatta eccezione per Catullo. Con
Marziale trova massima espressione artistica.

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parassiti, vanitosi, plagiari, spilorci, imbroglioni ecc…L’atteggiamento del poeta è quello di un


osservatore attento ma per lo più distaccato, che raramente si impegna nel giudizio morale e
nella condanna: una satira sociale priva di asprezza, che di fronte allo spettacolo assurdo del
mondo cui si trova ad assistere preferisce il sorriso all’indignazione risentita.
>> Satira e arguzia: I temi degli epigrammi di Marziale sono vari ed investono l’intera
esperienza umana: accanto a quelli più radicati nella tradizione ( come l’epigramma funerario),
altri riguardano da vicino le esperienze personali del poeta ( molti sono gli epigrammi sulla
decadenza letteraria e sul costume sociale del tempo). In generale rispetto alla tradizione
dell’epigramma, Marziale sviluppa maggiormente l’aspetto comico-satirico: in ciò prosegue un
processo avviato già da un precedente autore di epigrammi, il poeta greco di età neroniana
Lucillio, che aveva fatto largo spazio a personaggi caratterizzati da vistosi difetti fisici, a tipi e
caratteri sociali rappresenti comicamente. Da Lucillio Marziale mutua anche alcuni procedimenti
formali, come per esempio la tecnica della trovata finale ( fulmen in clausola) , della battuta che
chiude in maniera brillante il breve giro del pensiero. La tendenza a concentrare l’arguzia nella
chiusa si avvertiva già nell’epigramma ellenistico, ma Marziale perfezionerà questo espediente:
con lui l’epigramma acquista una forma tipica diventa meccanismo comico costruito in funzione
del fulmen in clausola. Le forme compositive sono svariate, ma generalmente si riconducono ad
una modalità ricorrente: ad una prima parte, dove si descrive la situazione, l’oggetto e il
personaggio e suscita nel lettore la tensione di attesa, segue la parte finale, che scarica quella
tensione in un paradosso, in una impennata illuminante con effetto bruscamente sorprendente
( απροσδοκετον).
- Lingua e stile: Linguaggio e stile conformi ed aperti alla vivacità dei modi colloquiali e alla
ricchezza del lessico quotidiano. Accanto a termini che designano la realtà umile ed ordinaria,
Marziale si compiace nell’introdurne altri marcatamente osceni. Il realismo osceno, infatti, è un
aspetto rilevante della sua poesia, che il poeta sente il bisogno di giustificare con il ricorso al
motivo della distinzione fra arte e vita. Ma un poeta duttile come Marziale sa alternare forme
espressive molto varie, passando anche a toni di eleganza e ricercatezza. Una ricchezza di
modalità espressive che corrisponde alla molteplicità di temi e produce la mobilità e viarietà
del mondo reale, di cui l’epigramma intende farsi interprete.

Quintiliano.>> Istitutio Oratoria, primo trattato di pedagogia della storia.


- Vita: nasce in Spagna intorno al 35 D.C. Suo padre era maestro di retorica. In gioventù si
trasferì a Roma, dove seguì l’insegnamento del grammatico Remmio Palemone. Incominciò
a Roma l’attività di maestro di retorica, senza mai interrompere l’avvocatura. La sua attività di
insegnamento riscosse grande successo, tanto che nel 78 Vespasiano gli affidò la prima
cattedra statale stipendiata. Domiziano lo incaricò dell’educazione dei suoi due nipoti. Si ritirò
in seguito dall’insegnamento e dall’attività forense, dedicandosi esclusivamente agli studi.
Morì dopo il 95.
- Opere: si è conservata l’opera principale di Quintiliano, l’istitutio oratoria. E’ andato perduto
un trattato De causis corruptae eloquentiae. Sotto il nome di Quintiliano i manoscritti ci
tramandano anche due raccolte di declamazioni ( declamationes minores e maiores),
considerati però spuri, o quanto meno di scuola quintilianea.
- Dibattito sulla corruzione dell’eloquenza: Nell’eoca di Quintiliano fu molto avvertita una
generale corruzione dell’eloquenza. Questa decadenza riguardava sia la morale sia il gusto
letterario. L’aspetto morale era particolarmente evidente nel diffuso malcostume della
delazione. Inoltre nelle scuole erano abbastanza diffuse figure di insegnanti corrotti e a loro
volta corruttori della moralità degli allievi. Gli antichi non seppero trovare in generale adeguate
alla decadenza dell’oratoria: la crisi era da loro interpretata come i segno di un infiacchimento
generale di cui soffrivano le nove generazioni, viste ormai solo come l’ombra di quel grande
modello umano che aveva contrassegnato la Roma repubblicana ( Tacito tuttavia individuò le
cause della decadenza nelle mutate condizioni politiche alla fine della libertà Repubblicana).
Con la corruzione degli avvocati e il generale abbassamento della retorica, l’unico luogo che

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ancora permettesse il libero svolgimento di un dibattito erano le scuole con i loro esercizi
declamatori. Questo carattere di esercizio scolastico fine a se stesso però, finiva per favorire il
gusto per il virtuosismo oratorio e dunque per uno stile ad effetto ( una forma esasperata di
asianesimo).
- Istitutio oratoria: Quintiliano, non diversamente dagli altri autori antichi, considera il problema
della decadenza dell’oratoria in termini moralistici e ne addita le cause nella degenerazione
dei costumi. Ma egli è profondamente convinto, in quanto maestro, dell’efficacia
dell’educazione: la corruzione dell’oratoria ha ai suoi occhi anche cause tecniche, che egli
ravvisa nel decadimento delle scuole e nella vacuità stravagante delle declamazioni retoriche.
La sua opera delinea quindi un programma complessivo di formazione culturale e morale, che
il futuro oratore deve seguire scrupolosamente dall’infanzia fino all’ingresso nella vita
pubblica.
>> Dedica e contenuto: è dedicata a Vittorio Marcello e preceduta da una lettera a Trifone,
l’editore che deve curarne la diffusione. Si compone, come abbiamo accennato, di dodici libri. I
primi due libri sono propriamente didattici e pedagogici: trattano dell’insegnamento elementare e
delle basi di quello retorico, discutendo fra l’altro dei doveri degli insegnanti. I libri III-IX si
addentrano in una trattazione più tecnica che esamina le diverse sezioni della retorica, a
cominciare dalle sue suddivisioni, passando per l’inventio, la dispositio, l’elocutio, fino alle figure
di parola e di pensiero. Il libro X i modi di acquisire la facilitas cioè la disinvoltura
nell’espressione: Quintiliano inserisce qui un famoso excursus storico-letterario sugli scrittori
greci e latini; l’autore è tutto teso a dimostrare che la letteratura latina regge il conforto con
quella greca. Il libro XI si occupa delle tecniche di memorizzazione ( memoria) e dell’arte del
porgere ( actio) Il libro XII affronta varie tematiche attinenti ai requisiti culturali e morali che si
richiedono all’oratore e accenna anche al problema dei rapporti fra oratore e principe.
>> Ritorno a Cicerone: Scopo dichiarato di Quintiliano è quello di riprendere l’eredità di
Cicerone.Questa eredità era sia stilistica con il suo ideale di concinnitas, sia politica, essendo
stato Cicerone estremo difensore della libertà repubblicana. Quintialino tuttavia apportò delle
modifiche all’eredità ciceroniana, differenze dovute al cambiamento dei tempi e del contesto
politico. Quintiliano fu estremo portavoce del cosiddetto stile del “nuovo classicismo”, in netta
contrapposizione con lo stile di Seneca e dei suoi sostenitori ( polemizza contro le sentenze alla
maniera senecana, diventate un artificio per rendere vivace il discorso, che viene reso ,in questo
modo, discontinuo ed imprevedibile).
>> Quintiliano vs Seneca: Quintiliano si scaglia contro Seneca polemizzando contro il suo
intento di movere il pubblico lettore o ascoltatore. Quintiliano voleva piuttosto docere, tramite
una prosa ben costruita e alla maniera ciceroniana.
>> Libro X, formazione culturale dell’oratore: il tipo di oratore ideale delineato da Quintiliano
si avvicina al modello ciceroniano per la vastità della formazione culturale richiesta: ma in questa
formazione generale la filosofia sembra aver perduto terreno rispetto alla retorica e alla cultura
letteraria. Perciò il programma di letture tracciato nel Libro X mette in primo piano la scelta degli
scrittori greci e latini. Il libro è per noi prezioso soprattutto perché la lunga rassegna degli scrittori
proposti alla lettura contiene giudizi critici, che ci informano sulla recensione dei testi.
>> Libro XI: Un problema particolare pone il dodicesimo e ultimo libro dell’Istitutio, dove
Quintiliano accenna alla questione dei rapporti fra oratore e principe. Grande rilievo è attributo al
fatto che l’autore sia divenuto il primo titolare di una cattedra di retorica ufficialmente stipendiata.
Più probabilmente Quintiliano si schierava fra quegli intellettuali, che come farà Tacito,
accettavano il principato come una necessità. Cercò di recuperare, per l’oratore, lo spazio di una
missione civile altrettanto aliena dal liberismo sterile quanto dal servilismo avvilente.
- Stile di Quintiliano: Quintiliano era avverso sia all’arcaismo, sia all’eccessivo modernismo
dell’asianesimo senecano. Ciò nonostante il suo stile non è armoniosamente ampio e
simmetrico come quello di Cicerone, e, pur non volendolo, sembra aver subito il
condizionamento esercitato dalla stessa prosa senecana. Tuttavia ricerca al massimo la
perspicuità ed evita gli eccessi dell’ostentazione espressiva. Presenta un complessivo gusto
per la misura e per l’antidogmatismo.

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Contesto: età degli imperatori per adozione>> secolo di instabilità politica che
va dal 96 D.C fino al 192 D.C ( morte di Commodo).
- Da Nerva a Traiano:
1. Nerva ( 96-98 D.C): Eliminato Domiziano con la congiura del 96, il Senato si accordò sulla
scelta di un senatore anziano e senza figli, Nerva, leale servitore dell’impero legato alla
dinastia Flavia. Abolì la pena di morte nei confronti dei senatori e questa e altre azioni lo
esposero a vari tentativi di congiura, che lo indussero ad adottare Marco Traiano, un
generale amato dall’esercito. Alla morte di Nerva ( avvenuta per cause naturali) gli successe
Traiano senza incidenti.
1. Traiano, primo imperatore di origine non italica( 98-117): originario dell’odierna
Andalusia, inaugurò la tendenza a preferire alla guida dell’impero uomini provenienti
dalle classi dirigenti romano-provinciali: dalla Spagna sarebbero giunti alla massima
carica anche il successore di Traiano, Adriano e la famiglia di Marco Aurelio.Dopo gli
eccessi di Domiziano, Traiano ripropose il modello del princeps che primus inter pares
lavorava al servizio dello Stato. Sotto di lui Roma riprese la politica di espansione militare
e giunse alla massima estensione del suo impero con una serie di conquiste ( campagna
contro la Dacia, che fu ridotta a provincia e romanizzata, poi la campagna contro i Parti).
Nel 117 Traiano muore in Cilicia, e il suo successore, Adriano ,preferì rinunciare alle
conquiste orientali.
- Adriano e gli Antonini: l’età di Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio rappresenta un
periodo felice per la vita dell’impero.
1. Adriano ( 117-138): monarca illuminato, amante della cultura e delle arti instaura un
governo “umanistico”. Con lui, cugino di Traiano, Roma abbandonò la politica
espansionista ritornando ad una strategia difensiva, realizzata anche attraverso la
costruzione del Vallo di Adriano in Gran Bretagna. Adriano trascorse gran parte della sua
vita in viaggio, per partecipare alla vita cultuale di tutto l’impero e per promuovere opere
pubbliche ( come la villa Adriana a Tivoli). Adriano affermò il primato della politica interna
su quella estera e segnò anche l’inizio di una politica moderata nei confronti della
questione giudaico-cristiana. L’imperatore però, negli ultimi anni del suo regno, dovette
fronteggiare una nuova rivolta che faceva centro su Gerusalemme: la repressione fu
durissima, con moltissimi morti e Gerusalemme vide cancellato il proprio nome, mutato in
Elia Capitolina.
2. Antonino Pio ( 138-161): Adottato da Adriano, Antonino Pio consolidò il sistema di
governo del suo predecessore.Fu un amministratore attento ed oculato. Adottò Marco
Aurelio, sposo della sua unica figlia.
3. Marco Aurelio (161-180): il governo moderato dell’imperatore filosofo ( votato allo
stoicismo moderato) fu attraversato da gravi difficoltà sia sul fronte esterno che
interno.Rinnega il principio degli imperatori per adozione, associandosi il figlio Commodo.
Che gli successe a 19 anni.
4. Commodo(180-192):sotto Commodo si ebbe un clima di forte incertezza e di tensione.Il
sostanziale disinteresse nella politica imperiale determinò la ribellione degli eserciti.
Commodo assunse a Roma il titolo di Ercole Romano, facendosi rappresentare in quella
veste divina non solo in numerose statue distribuite sul territorio imperiale, ma utilizzando
quell’effigie anche per la monetazione.Una congiura alla fine del 192 eliminò il tiranno.

Letteratura di maniera ed erudizione filologica.


- Amore per la cultura e riscoperta della letteratura greca: la cultura tende ora ad un’alta
sofisticazione. La classe colta sceglie la via dell’estetizzazione della vita, che si celebra nel
culto di opere d’arte raffinate. L’ampia disponibilità di testi e biblioteche creano una spiccata
propensione per la filologia e l’erudizione. Frutto più appariscente di questa fioritura della
cultura greca è il movimento della “seconda sofistica”, una tendenza di letterati brillanti che
scrivono a pagamento. Lo stesso Marco Aurelio scrive in greco, ma di filosofia: sono i celebri

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“ricordi” A se stesso, che commuoveranno Leopardi. Fra gli imperatori letterato è anche
Adriano, detto Graecolus per il grande amore per la cultura greca. Adriano fonda a Roma
un’accademia, l’Athenaeum, dove terranno lezione letterati di gran nome.
- Segni di una religiosità inquieta3: Il mondo romano si sarebbe trasformato presto in una
realtà sociale che si sarebbe fatta più marcatamente cosmopolita, determinandosi un clima di
sincretismo religioso in cui si mescolavano le divinità e le credenze delle più diverse forme di
fede. Da una parte le religioni pagane praticate nel corso del I e del II secolo subiscono una
sorta di livellamento generale, in quanto molte delle religioni e dei culti propri delle diverse
province dell’Impero vengono assimilati per analogia e così assorbiti dall’ufficialità dei culti di
Roma. Dall’altra parte anche tra le persone colte, riprendono vita convinzioni e pratiche legate
alla credenza di un mondo dell’aldilà: tornano in auge oracoli, presagi, interpretazioni dei
sogni, pratiche magiche e fede nelle virtù taumaturgiche degli imperatori ( divinizzati). Esaurito
il fascino esercitato da dottrine e sette filosofiche come quella stoica era inevitabile che si
affermassero nuove fedi religiose ( “il vivi secondo natura” degli stoici non poteva più
soddisfare gli spiriti: e lo stoicismo consumerà i suoi ultimi trionfi nella rigorosa etica laica
dell’imperatore Marco Aurelio).

Plinio il giovane>>Epistulae e Panegirico.


- Vita: nasce a Como nel 61 D.C, dove alla morte del padre venne adottato dallo zio Plinio ( il
vecchio). A Roma studiò retorica sotto la guida di Quintiliano. Fu successivamente questore e
tribuno della plebe e venne anche nominato ministro del tesoro. Plinio morì sotto Traiano, nel
113 D.C.
- Panegyricus4 : dedicato a Traiano. Si tratta di una versione ampliata del discorso di
ringraziamento a Traiano che Plinio tenne in Senato in occasione della sua nomina a console
(100 D.C). Il Panegirico ci è pervenuto come primo di una raccolta di più tardi panegirici di vari
imperatori, quasi come inaugurazione di un genere letterario. Plinio esalta ed enumera le virtù
di Traiano, che ha reintrodotto la libertà di parola e di pensiero. L’autore si sforza anche di
delineare un modello di comportamento per i principi futuri, un modello fondato sulla
continuazione della concordia fra imperatori e ceto aristocratico e sulla stretta intesa politica
fra aristocratici e ceto equestre. Nonostante il tono fondamentalmente ottimistico, l’opera
lascia affiorare la preoccupazione che principi “malvagi” possano nuovamente salire al potere
e che il Senato possa tornare ad soffrire come sotto Domiziano. Plinio sembra dunque
rivendicare una funzione pedagogica. Nei confronti del principe.
>> Rapporti fra Plinio e Traiano 5: Plinio si comporta come un funzionario scrupoloso e leale,
ma anche alquanto indeciso, che informa Traiano di ogni problema, attendendosi consigli e
direttive. Dalle risposte di Traiano trapela un lieve senso di fastidio per i continui quesiti che
Plinio gli sottopone, anche su questioni di secondaria importanza.

3 Culti di Iside e Mitra: il culto di Iside, congiunto a quello di Serapide, raggiunse tra il I e il II
secolo regioni estreme della Germania e della Britannia; ma presto cedette davanti ad un altro
culto orientale, quello del persiano Mitra, che dall’Asia Minore si diffuse sulla via dei mercanti e
soldati per tutto il mondo romanizzato. Mitra si trasformò in una delle divinità centrali del culto
misterico romano.Il mitraismo aveva molti tratti in comune con il culto della dea frigia Cibele:
proprio per effetto del sincretismo, che confondeva i tratti distintivi di ogni culto, soppiantò presto
il culto di Iside, rispetto al quale era più affascinante, in quanto non solo prometteva futura
immortalità, ma era capace anche di imporre un vivo e pratico codice morale (in molti tratti simile
al Cristianesimo). Ma il cristianesimo si rivela la forza emergente di questo secolo, e con esso si
sviluppa la nascita della letteratura cristiana.
4Panegirico: il termine indicava in origine i discorsi tenuti nelle solennità panelleniche e nel I
secolo D.C passò ad indicare l’encomio del monarca.

5 cristianesimo: famoso l’atteggiamento di tolleranza di Traiano verso i Cristiani.

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- Epistulae6: raccolta in 10 libri, dove il decimo conserva lettere private e ufficiali di Plinio a
Traiano, con le risposte dell’imperatore.I primi 9 libri furono pubblicati a cura dello stesso
Plinio, forse per gruppi. Plinio, nella lettera proemiale, afferma di non aver seguito alcun
criterio preciso nel raggruppare le sue lettere ed in particolare di non aver fatto caso alla
cronologia. E’ probabile che l’ordinamento segua soprattutto un criterio di alternanza di
argomenti e motivi, in modo da evitare al lettore la monotonia. Le lettere sono infatti dedicate
ciascuna ad un singolo tema, sempre trattato con cura attenta dell’eleganza letteraria.
L’autore dipinge i suoi paesaggi con toni di maniera, scrivendoli soprattutto come panorama
goduto attraverso le finestre delle proprie ville. Elogia personaggi diversi, soprattutto letterati e
poeti viventi o morti da poco, come Marziale. Plinio si rivela un frequentatore attivo delle sale
dove si tenevano recitationes e declamationes, manifestazioni culturali che egli stesso
contribuiva in larga parte ad organizzare. L’autore non è preoccupato, come il suo maestro
Quintiliano o il suo amico Tacito, della crisi della cultura. Avverte solamente una certa
decadenza nel gusto degli ascoltatori, meno assidui di un tempo nella frequentazione delle
manifestazioni culturali.
>> Osservatore privilegiato: l’estrema mondanità di Plinio, il suo essere contemporaneamente
un uomo ricchissimo, un importante personaggio pubblico e uno stimato letterato, facevano di
questo autore un osservatore privilegiato della sua epoca. Nell’epistolario pliniano compaiono le
massime figure del tempo ( da Traiano a Tacito a Svetonio). Inoltre Plinio registra gli avvenimenti
contemporanei, dai più importante e tragici, come l’eruzione del Vesuvio, fino ai minimi
pettegolezzi degli ambienti elevati e colti. L’epistolario costituisce l’unica preziosa fonte che ci
conserva un quadro complessivo della letteratura nell’età dei Flavi e di Traiano e il nome di un
gran numero di autori la cui produzione è naufragata.
>> Stile dell’epistolario: lo stile dell’epistolario Pliniano ricerca la grazia e l’eleganza, che
ottiene attraverso un severo autocontrollo: ama le antitesi, ma non ne fa un uso eccessivo. Il
modello prediletto è Cicerone, anche se i periodi sono più brevi. I toni sono sempre smorzati ed
accomodanti, a discapito della sua forte personalità.

Tacito.>> Germania, Historiae, Annales, Dialogus de Oratoribus, Agricola.


- Vita: Tacito nacque intorno al 55 D.C nella Gallia Narbonese, da una famiglia forse di
tradizione equestre. Studiò a Roma, e nel 78 sposò la figlia di Agricola, autorevole statista e
comandante militare; anche grazie all’aiuto di quest’ultimo, iniziò la carriera politica sotto
Vespasiano e proseguì sotto Tito e Domiziano. Dopo essere stato pretore, Tacito fu per
qualche anno lontano da Roma, probabilmente per un incarico in Gallia o in Germania. In
seguito, sotto il principato di Traiano, sostenne insieme a Plinio il Giovane, al quale lo legava
una salda amicizia, l’accusa di corruzione mossa dai provinciali d’Africa contro l’ex
governatore Mario Prisco ( il processo si concluse con l’esilio di Prisco). Dopo essere stato
proconsole in Asia, morì probabilmente verso il 117 D.C.
- Opere:
1. De vita Iulii Agricolae ( Agricola): pubblicato nel 98.Verso gli inizi del regno di Traiano,
Tacito approfittò del ripristino dell’atmosfera di libertà dopo la tirannide domizianea per
pubblicare il suo primo opuscolo storico, che tramanda ai posteri la memoria del suocero
Giulio Agricola. Per il tono apertamente encomiastico l’Agricola si richiama in parte allo stile
delle lautationes funebri. Dopo un rigido riepilogo della carriera del protagonista prima

6 Epistolografia nel mondo classico: tra le raccolte più importanti della tradizione classica, ci
sono certamente quelle di Platone e di Epicuro. A Roma la raccolta di Cicerone rappresenta
l’esempio più celebre di epistolografia privata. L’epistolario di Plinio il Giovane è il caso forse
più chiaro di una raccolta di lettere scritte per la pubblicazione. Le epistulae ad Lucilium
senecane, costituiscono invece una sorta di probabile compromesso fra le due destinazioni:
alcune lettere presuppongono una comunicazione privata, mentre altre, più ampie ed elaborate,
furono concepite fin dall’inizio per la pubblicazione.

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dell’incarico in Britannia, l’opera si concentra principalmente sul tema della conquista


dell’isola, lasciando un certo spazio a digressioni etnografiche e geo-etnografiche. Proprio a
causa di queste digressioni l’argomento dell’opera sembra eccedere i limiti di una semplice
biografia. Nell’elogiare il carattere del suocero, Tacito mette soprattutto in rilevo come egli
avesse saputo servire lo stato con fedeltà, onestà e competenza anche sotto un pessimo
principe come Domiziano. Alla fine anche Agricola, proprio a causa del suo non-servilismo di
fondo, era caduto in disgrazia presso Domiziano. Attraversando incorrotto la corruzione
altrui, Agricola sa morire silenziosamente e sulle reali cause della morte ( per cause naturali
o per volere di Domiziano?) Tacito stende un velo d’ombra. Agricola muore senza andare in
cerca di un martirio ostentato, l’ambitiosa mors che Tacito condanna in quanto di nessuna
utilità allo Stato.
>> Stile e genere letterario dell’opera: l’Agricola si situa tra diversi generi letterari: si tratta di
un panegirico sviluppato in biografia, ma anche di una laudatio funebris. L’opuscolo risente
dunque di modi stilistici diversi. Nell’esordio, nei discorsi, e soprattutto nell’eloquente
perorazione finale è notevolissima l’influenza di Cicerone, mentre nelle parti narrative ed
etnografiche si avverte la presenza dei due diversi modelli di stile storico: Livio e Sallustio.
2. Germania ( de origine et situ germanorum): pubblicato nel 98. Gli interessi etnografici,
presenti largamente anche nell’Agricola, sono al centro della Germania, opera dedicata
interamente alla descrizione del territorio della Germania e dei suoi abitanti, che
rappresentavano una costante minaccia per l’impero Romano. Quest’opera ci fornisce
l’unica testimonianza di una letteratura specificamente etnografica. Ma gli interessi
etnografici erano già stati forti nella cultura ellenistica e a Roma con il De Bello Gallico e con
le ampie digressioni etnografiche di Livio e Sallustio.
>> Fonti di Tacito, i bella Germaniae di Plinio: si è suggerito che egli possa aver tratto la
maggior parte delle informazioni e della documentazione dai Bella Germaniae di Plinio il
Vecchio. L’autore sembra aver seguito la sua fonte con fedeltà, accontentandosi di migliorarne e
impreziosirne lo stile e di aggiungere pochi dettagli per ammodernare l’opera.
>>Civiltà incorrotta dei Germani: gli intenti di Tacito nella Germania sono stati a lungo oggetto
di discussione fra gli studiosi. Risale molto addietro l’ipotesi che vede nell’opuscolo l’esaltazione
di una civiltà ingenua e primordiale, non ancora corrotta dai vizi raffinati di una civiltà decadente.
L’opera sembra percorsa sa una vena di implicita contrapposizione dei barbari, ricchi di energie
ancora sane e fresche, ai Romani.
>> Germani pericolosi per l’impero: ponendo l’accento sulla indomita forza e sul valore
guerriero dei Germani, più che tesserne un elogio, Tacito ha probabilmente inteso sottolineare la
loro pericolosità per l’impero.La debolezza e la frivolezza della società romana dovevano
allarmare lo storico senatore: i Germani, forti, liberi e numerosi, potevano rappresentare una
seria minaccia per un sistema politico basato sul servilismo e sulla corruzione. Non stupisce
tuttavia che Tacito si addentri anche in una luna enumerazione dei difetti di un popolo che gli
appare come essenzialmente barbarico: l’indolenza, la passione per il gioco, la tendenza
all’ubriachezza e alle risse e l’innata crudeltà. Nel seguito della sua opera storica, Tacito
continuerà comunque a guardare con particolare interesse alla frontiera con i Germani,
dimostrano per esempio ammirazione, negli Annales, per la politica aggressiva di Germanico.
3. Dialogus de oratoribus: pubblicato nel 100, probabilmente è la prima opera di Tacito. Il
dialogo è ambientato del 75. Riallacciandosi alla tradizione dei dialoghi ciceroniani su
argomenti filosofici e retorici, riferisce una discussione che si immagina avvenuta in casa di
Curiazio Materno, retore e tragediografo, fra lo stesso Curiazio, Marco Apro, Vipstano
Messalla e Giulio Secondo e alla quale Tacito dice di avere assistito in gioventù. In un
primo momento si contrappongono i discorsi di Apro e Materno, in difesa rispettivamente
dell’eloquenza e della poesia. L’andamento del dialogo subisce una svolta con l’arrivo di

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Messalla, spostandosi sul tema della decadenza dell’oratoria7. Messalla indica le cause di
questo fenomeno nel deterioramento dell’educazione, sia famigliare che scolastica, del
futuro oratore, non più accurata come nei tempi antichi. Il dialogo si conclude con il discorso
di Materno, evidentemente portavoce di Tacito, il quale sostiene che una grande oratoria
forse era possibile solo con la libertà che regnava al tempo della repubblica, nel fervore dei
tumulti civili. L’oratoria diventa dunque anacronistica in una società tranquilla come quella
conseguente all’instaurazione dell’impero. La pace che l’impero garantisce deve essere
accettata senza eccessivi rimpianti per un passato che pure favoriva un terreno fertile per la
nascita di grandi personalità. L’opinione attribuita a Materno rappresenta una costante del
pensiero di Tacito: alla base di tutta la sua opera sta infatti l’accettazione dell’indiscutibile
necessità dell’impero come unica forza in grado di salvare lo stato dal caos delle guerre
civili. Questo non significa che Tacito accetti gioiosamente l’impero, ma solamente che lo
consideri come un male necessario all’ordine ( tema base dell’Agricola).
>> Problema sull’autenticità: l’autenticità del dialogus è stata contestata fin dal XVI secolo,
soprattutto per ragioni di stile: il periodare all’opera ricorda lo stile Quintilianeo e neociceroniano,
ed è molto lontano dalla tipica inconcinnitas tacitiana. Tuttavia oggi si usa ritenerlo un’opera
tacitiana, legata al genere della retorica e quindi più vicino allo stile ciceroniano rispetto alle sue
altre opere.
4. Historiae: in 12 o 14 libri, composti fra il 100 e il 110. Delle Historiae ci sono pervenuti
solamente i libri I-IV, parte del libro V, il libro IV, parte del libro XI, i libri XII-XV e parte del
libro XVI. E’ molto discusso il problema del numero rispettivo dei libri che componevano le
Historiae, così come gli Annales. Il problema è aggravato dal fatto che le due opere, per
quanto pubblicate separatamente, cominciarono ben presto a circolare in un’edizione
congiunta di trenta libri, dove gli Annales precedevano le Historiae, a formare una narrazione
continua della storia romana dalla morte di Augusto alla morte di Domiziano. La parte che ci
è rimasta contiene la narrazione degli eventi degli anni 69-70, dal regno di Galba fino alla
rivolta giudaica, l’opera nel suo complesso doveva estendersi fino al 96,l’anno della morte di
Domiziano. Nel proemio Tacito afferma espressamente di riservare per la vecchiaia la
trattazione dei principati di Nerva e Traiano. Le Historiae affrontano perciò un periodo cupo,
sconvolto da varie guerre civili, e concluso da una grande tirannide.
>> Contenuto dell’opera:
I. Il libro I si apre con la narrazione del breve regno di Galba, seguono l’uccisione di
quest’ultimo e l’elezione all’impero di Otone.
II. I libri II e III narrano della lotta fra Otone e Vitellio e quella successiva fra Vitellio e
Vespasiano.

7 Approfondimento sulla decadenza dell’eloquenza: il dibattito sulla decadenza della retorica


e dell’eloquenza coinvolge gli intellettuali sia di Roma che di Grecia nei primi due secoli D.C.
Seneca discute il problema in Epistulae ad Lucilium, 114: la risposta di Seneca alla decadenza
dell’eloquenza è moralistica, ovvero che la condotta morale esercita un’influenza sul linguaggio
e quindi se questa è ottima, anche lo stile sarà ottimo. Tra i gli esempi di pubblica immoralità e
quindi di prosa rilassata e snervata, Seneca addita Mecenate e Sallustio. Seneca non si
accorge che il suo stile ha tutti gli effetti i difetti della prosa corrotta e da lui tanto biasimata, e
verrà dunque criticato da Quintiliano. Anche il padre Seneca il Vecchio mette in evidenza
come ormai gli ingegni di una gioventù pigra siano intorpiditi e non più degni di attività onesta.
Addirittura il dibattito sulla decadenza dell’eloquenza traspare anche nel Satyricon di Petronio (Il
personaggio Agamennone sostiene che non le scuole, ma i genitori sono responsabili della
corruzione dell’eloquenza, per l’educazione sbagliata che danno ai figli: smaniosi di immaturi
progressi li spingono nel foro quando ancora non si sono formati, non li lasciano seguire studi
regolari, assorbire gradatamente le letture ecc.. solo così facendo la grande oratoria
riacquisterebbe il suo peso e il suo splendore).

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III. Il libro IV tratta del sacco di Roma ad opera dei soldati flaviani e dei tumulti contro
Vespasiano scoppiati in Gallia e in Germania.
IV. Il libro V, che ci è pervenuto mutilo, racconta gli avvenimenti della Germania e i primi segni di
stanchezza mostrati dai ribelli.
>> 69, anno dei 4 imperatori e l’adozione di Traiano: l’anno con il quale si apre la narrazione
aveva visto succedersi quattro imperatori ( Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano). Galba viene
descritto da Tacito come un vecchio senza energie, rovinato da consiglieri sciagurati. Con il
discorso fatto pronunciare a Galla nel I libro, in occasione dell’adozione di Pisone, lo storico ha
inteso chiarire aspetti significativi della sua posizione ideologico-politica. L’adozione di Traiano,
placò i tumulti fra le legioni pose fine a ogni rivalità. Può darsi che Tacito, con il suo pessimistico
realismo che lo contraddistingueva, non condividesse in toto l’entusiastica soddisfazione
dimostrata da Plinio il Giovane nel Panegirico nei confronti di Traiano, tuttavia non criticò
l’imperatore, portatore di stabilità. Come già detto, Tacito è convinto che solo il principato sia in
grado di garantire la pace: naturalmente il principe non dovrà essere uno scellerato tiranno come
Domiziano, né un inetto come Galba. L’autore addita l’unica soluzione praticabile del principato
moderato degli imperatori per adozione.
>> Tecnica e stile della narrazione: Lo stile narrativo delle Historiae ha un ritmo vario e veloce
(i tre tentativi di abdicazione di Vitellio, noti attraverso Svetonio, sono contentati in un unico
episodio, drammatico e pittoresco). Tacito è maestro nella descrizione delle masse, spesso
incalzante e spaventosa: dalla descrizione della folla traspare il timore misto a disprezzo del
senatore per le turbolenze dei soldati e della feccia della capitale. L’opera racconta per la
maggior parte atti di violenza e di prevaricazione e di conseguenza la natura umana è dipinta in
toni costantemente cupi. Tacito si rivela anche maestro dei ritratti umani: celebre è il ritratto di
Otone, personaggio che si dà alla morte gloriosa per risparmiare allo Stato un nuovo
spargimento di sangue. La tecnica tacitiana del ritratto mostra numerose affinità con Sallustio.
Tacito ama le ellissi di verbi e congiunzioni; ricorre a costrutti irregolari e frequenti cambi di
soggetto per conferire alla narrazione movimento e varietà.
5. Annales ( ab excessu divi Augusti): in 16 o 18 libri, composti successivamente alle
Historiae e probabilmente rimasti incompleti. Terminate le Historiae, la sua indagine si rivolse
ancora più addietro ed intraprese negli Annales il racconto della più antica storia del
principato, dalla morte di Augusto a quella di Nerone. La data scelta da Tacito per l’inizio
dell’opera ha fatto supporre che intendesse la sua opera come una prosecuzione di quella
liviana. In effetti, il titolo presente nei manoscritti tacitiani (ab excessu divi Augusti) sembra
richiamare quello liviano Ab urbe condita. Degli Annales si sono conservati i Libri I-IV, un
frammento del V e parte del VI, comprendenti il racconto degli avvenimenti dalla morte di
Augusto a quella di Tiberio e i libri XI-XVI con il racconto dei regni di Claudio ( rappresentato
come un imbecille che dopo la morte della moglie Messalina, cade nelle mani della seconda
moglie Agrippina e si fa uccidere da vero cretino) e di Nerone ( prima si dimostra moderato
sotto la guida di Seneca e poi diventa scellerato con a fianco il “consigliere” Tigellino. Tacito
sembra dare credito alle voci che vogliono l’incendio di Roma come esclusiva volontà di
Nerone. Celebri sono i racconti tacitiani delle morti di Seneca, Lucano e Petronio).
>> Pessimismo di Tacito: Negli Annales Tacito mantiene la tesi della necessità del principato,
ma il suo orizzonte sembra essersi ulteriormente incupito. L’autore conferisce un colore uniforme
e tetro all’intero quadro della vita umana sotto i Cesari . Manifesta, come già detto, scarsa
simpatica per coloro che scelgono la via del martirio, sostanzialmente inutile allo Stato e
continuano a mettere in scena suicidi filosofici ( non a caso, descrivendo il suicidio di Petronio,
Tacito insiste sul capovolgimento ironico di questo modello filosofico da parte del personaggio).
>> Annales e la storiografia tragica: la storiografia Tragica gioca negli Annales un ruolo di
primo piano. Le tragedie di Tacito sono nutrite dalla riflessione pessimistica che ha radici
importanti della tradizione storiografica latina, soprattutto il Sallustio. Alla forte componente
tragica della sua storiografia Tacito assegna soprattutto la funzione di scavare nelle pieghe dei
personaggi per sondarli in profondità e portarne alla luce le ambiguità e i chiaroscuri. Le passioni
dominanti nei personaggi tacitiani sono quelle politiche: la brama di potere scatena le lotte più

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feroci. Tacito presta tutta la sua attenzione a gelosie e delitti di origine sessuale e rivela una vista
acuta duce questioni di denaro. Nell’opera si perfeziona ulteriormente l’arte del ritratto, già
sapientemente messa a frutto nelle Historiae. Il vertice è stato individuato da alcuni nel ritratto di
Tiberio, del tipo cosiddetto “Indiretto”: lo storico non dà il ritratto una volta per tutte, ma fa sì che
esso si delinei progressivamente attraverso la narrazione sottolineata qua e là da commenti e
osservazioni. Tacito ama in genere il ritratto morale più di quello fisico, ma in un passo dallo stile
molto ricercato indugia nella descrizione della ripugnante vecchiaia di Tiberio: alto, curvo ed
emaciato, con il volto segnato da cicatrici e ricoperto da pustole, completamente calvo. Come
già accennato, celebre è anche il ritratto di Petronio.
>> Stile degli Annales: lo stile è per certi aspetti mutato rispetto alle Historiae. Cresce la ricerca
dello “ straniamento” che si esprime nella predilezione per forme inusitate e per un lessico
arcaico e solenne, ricco di potenza. L’opera risulta meno scorrevole ed eloquente, più concisa
ed austera. Si accentua il gusto per l’inconcinnitas, ottenuta attraverso le variatio. Abbondano le
metafore violente e l’uso audace delle personificazioni. E’ frequente la coloritura poetica,
soprattutto virgiliana, ma notevoli sono le tracce di Lucano nella prosa di Tacito. All’interno degli
Annales si registra tuttavia una certa modificazione dello stile, un’involuzione. A partire dal libro
XIII Tacito sembra ripiegare su moduli più tradizionali e lo stile si fa più ricco ed elevato. La
differenza è stata attribuita al diverso argomento: il regno di Nerone, abbastanza vicino al tempo,
richiedeva di essere trattato con minore distanziamento solenne di quello ormai remoto di
Tiberio.Qualche trascuratezza ha fatto pensare che gli Annales non abbiano ricevuto l’ultima
revisione.

Svetonio>> De viris illustribus, de vita Caesarum.


- Vita:di Svetonio non si conosce esattamente l’anno di nascita né quello di morte. Possiamo
supporre che sia nato dopo il 70 D.C da una famiglia di rango equestre di modesta condizione
( nulla sul luogo di nascita). Entrò a corte in qualità di funzionario e fu poi preposto da Traiano
alla cura delle biblioteche pubbliche e poi sotto Adriano fu addetto all’archivio imperiale e alla
corrispondenza dello stesso principe ( incarico determinante per le sue ricerche). La sua
brillante carriera burocratica si interruppe bruscamente quando cadde in disgrazia e venne
allontanato dalla corte. Da questo momento si perdono le sue tracce e non si sa dove sia
morto.
- Opere perdute: di una copiosa produzione di opere sia in greco che in latino abbiamo
pochissimi frammenti. Prata, sarebbe un’opera di carattere enciclopedico, suddivisa in diverse
sezioni in base agli argomenti trattati.
- De viris illustribus: raccolta di biografie di letterati suddivisa per generi ( poeti, oratori, storici,
filosofi, grammatici e retori). A noi ne resta solamente una sezione, De grammaticis et
rhetoribus, mutila nella parte finale: ai grammatici sono dedicati i primi 24 capitoli ( da Cratete
di Mallo, che introdusse per la prima volta la grammatica a Roma a Valerio Probo). Delle
altre sezioni abbiamo solamente materiale sparso giuntoci per tradizione indiretta.
>> Modelli per l’opera: quello biografico era un genere letterario di tradizione greca che, a
Roma, era stato collaudato soprattutto da Varrone e Cornelio Nepote. Più o meno negli stessi
anni, infatti, Varrone nelle Imagines e Nepote nel De viris Illustribus avevano tracciato i profili di
personaggi famosi ( distinti per categorie sulla base dello stesso schema che ispirerà Svetonio.
>> Struttura dei ritratti: Brevi informazioni sulle origini e il luogo di nascita, sull’insegnamento
esercitato, sugli interessi principali e le opere composte ( spesso illustrati mediante aneddoti o
particolari curiosi della vita privata).Questo, grosso modo, è il modello su cui sono impostati i
succinti ritratti svetoniani.
- De vita Caesarum: raccolta di 12 biografie ( imperatori da Giulio Cesare a Domiziano) in
otto libri, ci resta invece completa, fatta eccezione per i capitoli introduttivi della prima
biografia.
>> Struttura: uno schema non dissimile dai ritratti del De viris illustribus sembra essere alla
base di quest’altra opera biografica di Svetonio. Le vite infatti iniziano con notizie relative a

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famiglia, luogo di nascita del principe per seguire poi in uno sviluppo cronologico che ne
accompagna l’adolescenza e il suo avvento al potere. Dopo di che l’ordinamento cronologico si
interrompe per fare spazio ad una descrizione sincronica dei vari aspetti della personalità
dell’imperatore suddivisi in singole rubriche, a loro volta attraversate da particolari ulteriori. Il
ritorno all’ordine cronologico, con il resoconto della morte e delle onoranze funebri tributate al
principe segna la conclusione delle singole vite. L’aspetto più rilevante nell’organizzazione del
materiale biografico è quindi la rinuncia ad una disposizione cronologica. L’autore preferisce
comporre per frammenti episodici, privilegia un’analisi incentrata sul personaggio e sulla sua vita
privata, con intento decisamente moralistico.
>> Biografia come alternativa alla storiografia: nell’adozione del genere biografico si vede la
prova della consapevolezza che tale è la forma storiografica più idonea a dar conto del nuovo
volto che il potere ha assunto e che la biografia dei singoli imperatori è la più adatta a fungere da
criterio di periodizzazione per la storia dell’impero. Nella rinuncia allo schema annalistico si vede
quindi la realistica presa di coscienza che quelle magistrature sono ormai una parvenza fittizia, e
che solo la durata del regno di ogni singolo principe può scandire il succedersi di un periodo
dietro l’altro.
>>gusto per il pettegolezzo: Svetonio insiste sulla vita privata degli imperatori descrivendone
eccessi ed intemperanze, sui particolari futili o scandalistici.
>> Successo verso il pubblico: Ne risulta un tipo di storiografia minore, che attinge alle fonti
più varie e che delinea i tratti del suo destinatario, da identificare nell’ordine equestre, al quale lo
stesso Svetonio appartiene. Un pubblico di funzionari e burocrati che avrà apprezzato il senso di
concretezza della pagina svetoniana, la registrazione del particolare curioso e la divulgazione
dell’argomento inedito.
>> Limiti di Svetonio: utilizza un linguaggio sobrio ed asciutto, alieno dalle ricercatezze
arcaizzanti e dai preziosismi moderni, aperto ai modi colloquiali, ma senza rinunciare al decoro:
una scrittura agile e spedita. Il limite più grande di quest’opera risulta tuttavia la superficialità
dell’analisi storico-psicologica dei personaggi presi in analisi. Le sue biografie costituiscono una
fonte unica di informazioni sul primo periodo imperiale.

Apuleio>> Le Metamorfosi.
- Vita: Di Apuleio ci è ignoto il praenomen, che alcuni codici tramandano come Lucius ( ma
verosimilmente ricavandolo dal nome del protagonista della sua opera più importante).
Africano di Madaura, nacque introno al 125 D.C. Fu di estrazione agiata, il che gli permise di
compiere gli studi a Cartagine e quindi ad Atene, dove poté assecondare i propri interessi
filosofici. Rimase anche per qualche tempo a Roma e viaggiò molto tenendo conferenze in
varie località. Sposò una ricca vedova, madre di un amico, di nome Pudentilla. A seguito di
questo matrimonio, Apuleio si trovò a dover affrontare, sotto l’accusa di magia, un processo
intentatogli dai parenti della moglie; ce ne resta testimonianza nell’Apologia, versione
successivamente rielaborata dell’orazione difensiva che Apuleio stesso scelse di pronunciare
e che dovette assicurargli l’assoluzione. Gli ultimi anni di vita li trascorse a Cartagine. Le
notizie su di lui non oltrepassano il 170.
- Opere: di Apuleio ci sono giunte diverse opere e di vario genere:
1. Apologia: lunga orazione giudiziaria, l’unica a noi pervenuta di età imperiale. Il processo in
cui fu coinvolto Apuleio sembra essere stato originato da ragioni di interesse economico da
parte del figlio della moglie, Pudente. Apuleio viene dunque accusato di essere un mago
( Pudente cercava un pretesto per sbarazzarsi di Apuleio, poiché temeva che si sarebbe
impossessato dell’eredità della madre alla sua morte). L’oratore in un primo luogo cerca di
smontare puntualmente gli argomenti che l’accusa aveva ricavato sulla sua vita privata e
successivamente ribatte l’accusa specifica di essere un mago con l’orgogliosa affermazione
della propria attività di filosofo. La terza e ultima sezione è quindi dedicata alla ricostruzione
degli avvenimenti e alla lettura del testamento di Pudentilla, che nominava erede principale
non Apuleio, ma il figlio Pudente. Molti indizi lasciano supporre che quest’opera abbia una

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natura ed una destinazione fortemente letterarie. A rendere sospettoso il lettore non c’è
soltanto la notevole estensione del testo, inconciliabile con la sua lettura in tribunale, ma
anche la frequenza di compiaciute digressioni sui più svariati argomenti, che lasciano
classificare l’apologia come una conferenza più che come un’orazione di difesa. Si è perfino
dubitato della sua storicità.L’abilità di avvocato che Apuleio rivela nell’apologia ha spesso
favorito l’accostamento a Cicerone; tuttavia il colore del discorso è molto distante dal gusto
repubblicano: mescolanza di volgarismi, neologismi, arcaismi, poetismi ecc..
>> Ombra della magia: egli pretende di operare una netta distinzione tra magia e scienza, o più
esattamente tra magia nera e magia bianca. Ma la capacità di dominio delle forze naturali che
egli spesso vanta conserva in sé un che di ambiguo nel corso dell’intera orazione. La fama di
Apuleio come Mago si conservò nei secoli, associata a quella di altri maghi famosi.
2. Florida: raccolta di 23 brani oratori su temi diversi e di diversa estensione. Assecondando i
gusti del tempo, egli antologizzò i pezzi di più insistita bravura a prescindere dai
contenuti.Dai Florida emerge l’immagine di un conferenziere pronto a trattare ogni questione.
Si tratta di eccezionali esempi di virtuosismo retorico, che testimoniano lo straordinario
successo dell’arte della parola.
3. Trattati filosofici:
I. De mundo: rispecchia gli interessi speculativi per le forza che regolano l’universo. Il
trattatello è basato su un’interpretazione, vicina alla dottrina deterministica dello stoicismo
che appare molto lontana dall’ortodossia platonica. Il contenuto deriva dal trattatello pseudo-
aristotelico preso a modello ( περι Κοσμοσ). Il contributo personale di Apuleio sta piuttosto
nell’aver introdotto in lingua latina il linguaggio tecnico specialistico delle scienze naturali.
II. De Platone ed ius dogmate: In due libri, è la sintesi della fisica e dell’etica di Platone. Si
tratta di un’utile testimonianza del lungo lavoro esegetico fiorito intorno alla dottrina del
maestro, poiché probabilmente l’opera apuleiana deriva per via diretta dall’ambiente dei
commentatori e dalle loro elaborazioni.
III. De deo Socratis: Il più importante di questi scritti filosofici. Si tratta della trattazione più
sistematica della dottrina dei dèmoni a noi giunta dall’antichità. L’impianto è tripartito: alla
prima sezione, che esamina i mondi separati degli dei e degli uomini, segue la parte
dedicata alla posizione dei dèmoni nella gerarchia degli esseri razionali. La conclusione è
tutto sul dèmone di Socrate, la voce interiore che costringeva il filosofo a perseguire la
ricerca del vero. L’opera possiede uno stile esuberante e d’effetto.
NB: Apuleio è detto Platonicus: quella di filosofo platonico doveva costituire la qualifica preferita
da Apuleio, che proprio sulla rivendicazione della dignità di filosofo barba fondato la difesa
dall’accusa di magia nel processo. E’ inoltre rappresentante della “seconda sofistica8 ” che vede
moltiplicarsi le esibizioni di retori famosi accanto ad una penetrazione massiccia dell’irrazionale

8 Seconda sofistica ( I-IV secolo): orientamento culturale che ha riguardato soprattutto la parte
orientale dell’impero romano. A differenza dei sofisti del periodo classico, i nuovi sofisti erano
insegnanti e retori che a pagamento si spostavano da una città all’altra per tenere brillanti
conferenze. Tra i nomi più rilevanti vi sono Luciano di Samosata ( romanzo Lucio e l’asino).
Lo gnosticismo: complessa tendenza religiosa che oggi si ritiene anteriore all’inizio dell’era
cristiana. Sviluppatasi soprattutto nel II secolo, lo gnosticismo è caratterizzato da un notevole
sincretismo che richiama elementi culturali molteplici di provenienza greca, cristiana, giudaica, e
spesso rivela interessi di natura misterica. E’ comune la tendenza a vedere nella conoscenza,
intesa come sapere intuitivo riservato a pochi, relativo all’uomo, al mondo e al dio, il mezzo
principale per attingere il divino e raggiungere la salvezza.
Culto di Iside: Iside è una divinità femminile di origine egizia, a cui, tra le altre funzioni, era
attribuita quella di guidare i defunti. Proprio il rafforzarsi del legame di Iside con l’oltretomba
diede nel tempo al culto di questa divinità tratti marcatamente misterici. Fu Caligola ad
autorizzare la costruzione di un tempo di Iside nel Campo Marzio.

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nelle scene religiose. Apuleio condivide vari aspetti di tale fenomeno: la curiosità per il mondo
della natura, l’inquietudine e la tensione verso l’occulto, l’iniziazione ai culti misterici etc..
- Metamorphoseon libri o Asinus Aureus: insieme al Satyricon, le Metamorfosi di Apuleio
rappresentano per noi l’unica testimonianza del romanzo antico in lingua latina, l’unica
pervenuta intera.
>> Titolo: il titolo conservato concordemente dai codici, quello di Metamorphoseon libri,
conobbe presto la concorrenza di quel con cui l’opera sarebbe stata indicata da Agostino:
Asinus Aureus, dove è incerto se l’aggettivo vada riferito ad un apprezzamento della qualità del
testo o piuttosto al colore fulvo dell’animale.
>>Trama: l’opera si compone di undici libri, dei quali i primi tre sono occupati dalle avventure
del protagonista, il giovane Lucio, prima e dopo il duo arrivo in Tessaglia ( tradizionalmente terra
dei maghi). Coinvolto durante il percorso nell’atmosfera carica di mistero che circonda il luogo, il
giovane manifesta subito il tratto distintivo del suo carattere, la curiositas, che lo conduce a
cadere vittima delle trame sempre più fitte dei sortilegi che amiamo la vita della città. Ospite di
Milone, un ricco del poso e della sua sposa Panfila, riesce a conquistarsi i favori della servetta
Fotide, e la convince a farlo assistere di nascosto ad una delle trasformazioni cui si sottopone la
padrona. Alla vista di Panfila, che, grazie ad un unguento, si muta in gufo, Lucio non sa più
resistere e prega con insistenza Fotide che lo aiuti a sperimentare su di sé tale metamorfosi.
Fotide accetta, ma sbaglia unguento, e Lucio diventa asino, pur mantenendo le facoltà
raziocinanti umane. Lucio apprende da Fotide che per riacquistare le sembianze umane dovrà
cibarsi di rose: via di scampo cercata da subito, ma rimandata fino alla fine dell’opera, attraverso
una lingua serie di peripezie che l’asino incontra.
Libri IV-VII e la favola di Amore e Psiche: una seconda sezione del romanzo comprende le
vicende di Lucio-asino catturato da un gruppo di briganti.Il racconto principale diviene cornice di
un altro racconto sotto forma di novella: è la bella e celebre favola di Amore e Psiche, che si
estende all’interno di 3 libri.
Libri VIII-X, peripezie: i libri successivi, ad esclusione dell’ultimo, ripercorrono le tragicomiche
peripezie dell’asino. Lucio, che passa sempre inosservato sotto le spoglie asinine, può essere
testimone di quelle tristi storie di adulterio e di morte che sostanziano gli ultimi libri. Ovunque
l’asino osserva e registra azioni con la sua mente di uomo spinto dalla curiosità verso il mondo
circostante e dal desiderio di trovar le rose che lo avrebbero fatto ritornare alla forma umana.
Lucio riesce a fuggire a Corinto, dall’arena in cui era stato destinato a congiungersi con una
condannata a morte, e nella fuga raggiunge una spiaggia deserta, dove si addormenta.
Libro XI, purificazione: Il brusco risveglio di Lucio nel cuore della notte apre l’ultimo libro. La
purificazione rituale che segue e la preghiera alla luna preparano il clima ormai decisamente
mistico che domina l’ultimo libro. La dea Iside, apparsa in sogno, predice a Lucio che il giorno
seguente potrà recuperare la forma umana mangiando rose di una corona portata da un
sacerdote di Iside in una processione in onore della dea, e così avviene. La parte conclusiva del
romanzo narra le varie fasi dell’iniziazione di Lucio, fino a quando egli diventa devoto di Osiride,
e per volere dello stesso dio, si mette ad esercitare a Roma la professione di avvocato.
>> Genere letterario: come già detto, il romanzo sembra mancare di una fisionomia definita e
appare piuttosto come il risultato di un’intersezione di diversi generi ( epica, biografia, satira
menippea, racconto mitologico ecc..). Nel caso delle Metamofosi il rapporto con le Fabulae
Milesiae è evidente in quanto a materia erotica e alla tecnica delle insertae fabulae ( le novelle
inserite all’interno del racconto principale). Si deve probabilmente ad Apuleio l’aggiunta
dell’elemento magico all’interno della tradizione delle Fabulae.
>> Rapporto con il modello greco: E’ noto che un romanzo dal titolo “Lucio o l’asino”, a noi
pervenuto nel corpus delle opere dell’autore Luciano di Samosata, ma sicuramente spurio,
svipulla lo stesso intreccio delle “Metamorfosi”, sebbene in lingua greca e in forma nettamente
più concisa. Sono controverse le discussioni su chi abbia preso spunto dall’altro. Vi sono tuttavia
differenze riguardo all’intento dell’opera: la lettura del Lucio rivela l’intenzione di una narrativa di
puro intrattenimento, rimanendo estraneo a qualunque intento moralistico. Diverso è il caso delle
Metamorfosi, dove traspare l’intento moralistico.

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>> Significato e complessità delle Metamorfosi: L’intera vicenda assume i caratteri di


racconto esemplare. Prova della serietà moralistica dell’opera è la funzione di elemento
strutturante svolta della curiositas di Lucio, che lo porterà ad un drastico cambiamento di vita.
Favola di Amore e Psiche: emblematico è il caso della favola di Amore e Psiche, che grazie al
rilevo derivante dalla posizione centrale e dalla lunga estensione assume valore fondamentale
nei confronti del destino di Lucio: dall’interpretazione di questo testo deriva l’interpretazione
dell’intero romanzo. La trama rispecchia tradizioni favolistiche note in tutti i tempi ( vedi trama).
Fin dall’antichità nella favola venne riconosciuto un intento allegorico, con un moltiplicarsi di
interpretazioni come quella in senso cristiano ( anche se è certamente da escludere che Apuleio
abbia scritto un racconto dall’intento cristiano). Maggiore fondamento storico può avere
l’interpretazione della favola come mito filosofico, di matrice platonica in guanto tratteggia una
qualche coerenza di pensiero tra Apuleio narratore e Apuleio filosofo. Contraddizioni di varia
natura sconsigliano un’interpretazione univoca della favola. Nel contesto dove è collocata la
favola appare isolata dal tessuto narrativo: la sua struttura di storia di salvazione a lieto fine sarà
poi riattivata e portata a compimento con il concludersi della narrazione (doppia salvazione,
quella di Psiche e quella di Lucio). Tutto il romanzo si struttura come un itinerario attraverso un
mondo fatto di segni e di simboli letterari. La continua compenetrazione tra elemento mistico-
religioso e il tessuto originario della favola milesia, costituisce la qualità originalissima dell’opera.
L’esito finale conduce il lettore verso un senso di lieto fine e di salvezza religiosa.
>> Lingua e stile: sono arcaizzati e artificiosi. Anche l’intento della semplicità risulta come una
raffinata elaborazione artistica, che si rifà al genere popolare e si ricollega alla tradizione della
commedia e della satira. Numerose sono le allusioni poetiche sfruttate a scopo parodistico.
Questo stile artificioso si vale di un lessico vario: arcaismi, parole rare, espressioni ricercate …
spiccano il colorito poetico e le figure retoriche come metafore similitudini ecc. Tipiche dello stile
di Apuleio sono le ripetizioni dello stesso concetto e la tendenza ai giochi di parole e allo stile
“musicale”.

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