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L’anno dei tumulti e la dinastia Flavia

Dopo la morte di Nerone (68 d.C.), il potere dei pretoriani e dai


comandanti delle legioni furono le cause di numerose sommosse
tumultuose e del succedersi (nell’arco di dodici mesi) di quattro
imperatori: Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano. le legioni
d’oriente proclamarono imperatore il loro generale, Flavio
Vespasiano (9 c.C. – 79 d.C.), noto per le capacità militari. Sarà
proprio Vespasiano a dare inizio alla dinastia Flavia.
Busto di Galba Busto di Otone
vantò sempre le sue origini. Combattè in Tracia e divenne
questore di Creta e Cirene. Sposò solo in seguito Domitilla Flavia
da cui ebbe i due futuri imperatori: Tito (39 d.C.-81 d.C.) e
Domiziano (51 d.C.-96 d.C.). Lui ed il primogenito Tito verranno
eletti consoli dal Senato nel 70 d.C.
Le legioni di Vespasiano, seguite dal luogotenente Licinio
Muciano, intervennero direttamente per fermare Antonio Primo
che saccheggiava le case della nobilitas romana.
Nel 70 d.C., poco dopo esser stato nominato console insieme al
figlio, venne a sapere che Vitellio (suo predecessore) era morto a
Gerusalemme. Vi erano dunque tre contendenti del potere su
Gerusalemme: Simeone figlio di Giora, che dominava la città alta;
Giovanni di Giscala, accampato presso la cinta esterna delle mura
e passi del monte Moriah, ed Eleazar (terzo figlio di Aronne) che
aveva occupato il Tempio. A questo punto, ordinò al figlio Tito di
marciare su Gerusalemme con
cinque legioni con numerose
schiere di soldati egiziani (dato
che, sia padre che figlio si
trovavano ad Alessandria). Tito,
uomo militare da innumerevoli
capacità e di una grande
intelligenza, fece tagliare ai soldati
tutti gli alberi che utilizzarono in
seguito come armi da guerra
(alcuni storici sostengano fossero
le prime forme di catapulte). Si
dice, infatti, che fece lanciare
(attraverso quest’arma) enormi
massi e quantità di legno
incendiato per assediare e
distruggere le fortificazioni e gli edifici della città. Distrutte le
mura, conquistò casa per casa la parte bassa della città e, solo
dopo aver sconfitto le truppe di Simeone e Giovanni (che si erano
uniti per fronteggiare lo scontro), attaccò la città alta e fece
catturare tutti i cittadini con età maggiore di 17 anni e li rese
schiavi. Vespasiano, già a conoscenza della gloriosa vittoria del
figlio, partì per la Giudea. Lì incontrò Erode Agrippa III e gli
concesse di governare sulle sue terre e di diventare governato del
territorio romano di Gerusalemme. Si concluse così la Prima
Guerra di Giudea, che diede inizio alla Diaspora e alla
perseguitazione degli ebrei, ricordando la famosa frase “Iudaea
capta est”. Vespasiano fece coniare delle monete di bronzo per
ricordare la gloriosa vittoria.
La distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70, da un dipinto di Francesco Hayez conservato a
Venezia.

Si occupò anche della politica emanando la lex de imperio


Vespasiani, che stabiliva la successione del potere da imperatore
e la loro nomina e lo rendeva absolutus ex legibus. Si occupò di
numerose riforme nel settore della finanza pubblica, istituendo
delle tasse sugli orinatoi pubblici, chiamati vespasiani.

Dal punto di vista artistico-architettonico, diede inizio alla


costruzione dell’anfiteatro Flavio, noto come Colosseo,
inaugurato dopo la sua morte dal figlio e successore Tito.

Morì nel 79 d.C. in Campania. Si narra che fu colto da una


malattia e si alzò in piedi per morire come un imperatore,
secondo le fonti.
Tito Flavio Vespasiano Cesare
Augusto nacque nel 30 d.C. a
Roma. Era il primogenito maschio
dell’imperatore Vespasiano,
nonché suo fidato consigliere e
condottiero. Salì al potere nel 79
d.C., dopo la morte del padre.
Fu mentore di Britannico e collega
di Plinio il Vecchio. Occupò
numerose cariche, durante il
governo del padre.
Secondo Svetonio, era il prediletto
del padre: motivo di scontro tra lui
e Domiziano (il quale cercava
spesso di mettergli le truppe
contro).

Il 24 ottobre del 79 d.C. si intravide


da Roma una grossa nube nera che
Statua in marmo di Tito
proveniva da sud: il Vesuvio aveva
eruttato. Il naturalista Plinio, suo caro amico, morirà asfissiato
dalle ceneri e dai lapilli.
Tito inviò dei consolari per aiutare la popolazione superstite
fornendogli cibo e denaro.

Nell’ 80 d.C., un incendio distrusse Roma (incluse le terme di Tito


donate al popolo, nei pressi della Domus Area). Dopo l’incendio,
la peste colpì la città e Tito cercò di aiutare la popolazione al
meglio donando denaro, case e cibo.
Morì nell’81 d.C. morì di malaria a Rieti, stessa città in cui si ritirò
il padre.
Mondo romano nell’80 d.C., durante il principato di Tito

Svetonio, in “Vite dei Cesari”, lo


definisce “Amor ac deliciae generis
humani”, “Amore e delizia del
genere umano”.

Tito
Flavio
Domiziano nacque nel 51 d.C. a
Roma. Fu il secondo figlio
dell’imperatore Vespasiano e fratello dell’imperatore Tito,
nonché ultimo membro della dinastia dei Flavi.
Sin da bambino fu appassionato alla letteratura. Emanò un
decreto che vietava l'aumento della coltivazione della vite in Italia
e imponeva la distruzione di metà delle coltivazioni nelle
province. La decisione, pare fu presa per convertire terreni alla
coltivazione di cereali, in modo tale da evitare rischi di carestia.

Non mirò all'espansione dell'Impero, ma a difendere i confini


costituendo gli Agri Decumates, territori colonizzati alle frontiere
del Reno e della Rezia, rafforzandone le difese. Si appoggiò sulla
popolazione urbana, sui piccoli coltivatori e sull’esercito,
comprendendo i difetti della diarchia, cioè di un governo diviso
tra l’autorità dell’imperatore e quella di un Senato aristocratico
geloso delle proprie prerogative, ma incapace di governare.
Prese la censura a vita e la carica di console ordinario che nel ‘84
si fece dare per la durata di dieci anni. A Domiziano veniva dato il
titolo di Dio e padrone e l’imperatore cominciava ad indossare il
manto di porpora, sempre più ossessionato e sospettoso.

Perseguitò ebrei e cristiani, facendo anche uccidere molti


senatori ed equites, inoltre osteggiava gli optimates, spesso
sequestrando i loro beni per colmare le casse dello stato, ormai
sofferenti per le enormi spese per le opere pubbliche e i vari
giochi circensi.
La guerra germanica di cui nell’84 Domiziano celebrò a Roma il
trionfo non fu nemmeno combattuta. I Chatti che occupavano la
frontiera, all’avvicinarsi delle
legioni romane furono pronti a
ritirarsi. I Daci, guidati dal re
Decebalo, invasero la Mesia dove
c’era solo una legione romana
che fu trucidata. I Daci, sperando
di attirare i Romani ripassarono il
fiume ma Domiziano, visto il
pericolo allontanarsi, fece ritorno
in Italia. Da queste vittorie, i
Romani avrebbero potuto trarre
non pochi vantaggi, ma
Domiziano non accettò la pace, la
guerra riprese con tali perdite che
dovette fare un pessimo accordo
Raffigurazione del re Decebalo
con Decebalo.

La sorte di Domiziano fu segnata quando gli uomini a lui più vicini


lo tradirono. Un complotto di senatori, che garantirono a Nerva la
successione all’impero. Il 18 settembre 96 d.C. Stefano,
fingendosi ferito a un braccio, nascondeva nelle bende un
pugnale. Mentre l’imperatore leggeva, Stefano lo colpì
all’inguine: malgrado la ferita, Domiziano reagì con grande
energia, gettandosi su Stefano, ma intervennero altri congiurati,
che lo finirono con altre sette pugnalate.
Fonti:
 Wikipedia
 “Nuovo viaggio nella Geostoria 2”
 Romanoimpero.com
 Treccani.it

Ricerca di Storia sulla Dinastia dei Flavi di:

Francesco Munafò

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