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ANTROPOLOGIA CULTURALE – SCHULTZ /LAVENDA

1. La prospettiva antropologica
Che cos’è l’antropologia?
Gli antropologi vogliono conoscere il maggior numero possibile di modi di vita diversi e, si tratti di
studiare membri della loro società, gente di un altro continente o tracce lasciate dai popoli vissuti
centinaia di migliaia di anni fa, si espongono talvolta a pratiche che li lasciano sbigottiti.
L’Antropologia è lo studio della natura, della società e del passato dell’uomo e mira a
descrivere nel senso più ampio possibile cosa significhi essere uomini.
Esistono varie prospettive elaborate dagli antropologi:
1.OLISTICA descrive il tentativo dell‟antropologia di integrare tutte le conoscenze sugli esseri
umani e le loro attività a livello più alto e comprensivo.
2. COMPARATIVA richiede la considerazione delle somiglianze e delle differenze esistenti tra il
maggior numero possibile di società umane prima di formulare generalizzazioni su natura, società e
passato dell‟uomo.
3. EVOLUZIONISMO impone agli antropologi di collocare le osservazioni su natura, società e
passato dell‟uomo.
Uno dei contributi più importanti dell‟antropologia allo studio dell‟evoluzione umana è stato quello
di sottolineare la differenza tra evoluzione biologica (riguardante attributi e comportamenti
trasmessi geneticamente) e evoluzione culturale (riguardante credenze e comportamenti non
trasmessi geneticamente , bensì mediante l‟insegnamento e l‟apprendimento.)

Il concetto di cultura
Una conseguenza dell‟evoluzione è la Cultura: ovvero l‟ insieme di idee e comportamenti appresi
che gli esseri umani acquisiscono in quanto membri di una società . Gli uomini si servono della
cultura per adattarsi al mondo nel quale vivono e trasformarlo.
La cultura ci rende unici fra le creature viventi. Per sopravvivere dipendiamo dall‟apprendimento
più di qualunque altra specie, perché non abbiamo istinti che ci proteggono automaticamente,
invece impariamo da altri membri della società quel che è necessario sapere per la sopravvivenza.
Gli antropologi sono in grado di dimostrare che i membri di un gruppo sociale si comportano in un
certo modo non perché programmati geneticamente per farlo ma perché così avevano visto
comportarsi gli altri.
Secondo gli Antropologi gli uomini sono organismi BIO-CULTURALI: la nostra costituzione
biologica governata dai geni e comprendente il cervello, sistema nervoso e anatomia, ci rende
capaci di creare e usare la cultura.
La biologia umana rende possibile la cultura, la cultura rende possibile la sopravvivenza biologica
dell‟uomo.
Gli antropologi distinguono talvolta fra Cultura (con la C maiuscola) e culture (al plurale con la c
minuscola).
Il termine Cultura viene usato per descrivere un attributo della specie umana nel suo insieme: la
capacità di creare e imitare comportamenti e idee che favoriscono la sopravvivenza della specie in
mancanza di programmazione, genetica altamente specifica. Per contro, con culture si designano le
tradizioni particolari di idee e comportamenti appresi propri di gruppi specifici.

Una disciplina interdisciplinare


L‟antropologia nord-americana si suddivide in quattro branche:
1. ANTROPOLOGIA BIOLOGICA: è una branca dell‟antropologia che considera gli esseri umani
organismi biologici, scoprendo differenze e somiglianze con gli altri organismi. Cerca di
classificare tutte le popolazioni del mondo in razze differenti. Questa pratica è stata utilizzata
per giustificare la pratica del razzismo.

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Essa si suddivide in :
Bioantropologiastudiano i modelli di variazione biologica all‟interno della specie umana
nel suo insieme;
Primatologiastudio dei primati non umani;
Paleoantropologiastudio dei fossili e delle ossa.

2. ANTROPOLOGIA CULTURALE: gli antropologi culturali ritengono che le differenze tra


popolazioni siano dovute alla cultura. Gli antropologi culturali raccolgono i dati vivendo per un
lungo periodo a stretto contatto con chi parla la lingua o pratica il modo di vita che a loro interessa
(ricerca sul campo)e hanno riconosciuto che le diversità sono dovute alla Cultura che è l‟insieme di
idee e compartimenti appresi che gli esseri umani acquisiscono in quanto membri della società.
3. ANTROPOLOGIA LINGUISTICA: branca dell‟antropologia che studia le lingue umane, ovvero
il linguaggio. L‟antropologia linguistica è così complessa da essere ormai considerata un ramo
distinto dall‟antropologia e richiede una formazione duplice, linguistica e antropologica.
4. ARCHEOLOGIA: antropologia culturale del passato, riguardante l‟analisi dei reperti materiali di
antiche società.
5. ANTROPOLOGIA APPLICATA: questa branca raccoglie informazioni dalle altre branche per
risolvere problemi di tipo interculturali pratici. es. identificazione di resti umani.

Gli usi dell’antropologia


Il lavoro degli antropologi comporta quindi sia rischi che gratificazioni. Ci insegna attraverso la
conoscenza di Mondi nuovi, che genere di “persone” siamo, come viviamo e fornisce gli strumenti
necessari x guardare ad una cultura diversa dalla nostra con minor timore ed in modo + tollerante.

PARTE I – Gli strumenti dell’antropologia culturale


2. Cultura e condizione umana
La cultura distingue la condizione umana da quella delle altre specie viventi. La cultura non
viene reinventata ma si impara dagli membri del gruppo di appartenenza. La cultura è
condivisa,appresa, simbolica e adattiva.
Alcuni comportamenti inoltre non si insegnano esplicitamente ma si assorbono nel contesto
quotidiano; tale apprendimento è chiamato HABITUS.

Il SIMBOLO è qualcosa che sta per qualcos‟altro (es. le lettere dell‟alfabeto simboleggiano i suoni
della lingua parlata ma fra essi e le lettere non c‟è alcun rapporto diretto).
POTTS afferma che esiste un ponte evolutivo fra i regni del comportamento animale e umano; la
cultura quindi è continuità; è una struttura i cui vari pezzi sono aggiunti nel tempo grazie
all‟esperienza. A fondamento della cultura ci sarebbero 5 elementi:
1- trasmissione: imitazione di comportamenti per osservazione e istruzione;
2- memoria: non c‟è tradizione se non c‟è ricordo;
3- innovazione: capacità di inventare nuovi comportamenti;
4- capacità di selezione: scegliere quali innovazioni mantenere e quali abbandonare;
5- reiterazione: capacità di riprodurre o seguire comportamenti e informazioni appresi;
Nonostante questo è da sottolineare che i una specie possono comunque comparire comportamenti
non presenti in specie precedenti. Questo è il caso dell‟uomo: codificazione simbolica complessa
capacità di comunicare di eventi presenti, passati e futuri e sull‟invisibile.

Spiegare la cultura e la condizione umana

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Spiegazioni dualistiche
La credenza che la natura umana, o la realtà nel suo insieme, si componga di due elementi o
sostanze radicalmente differenti si chiama dualismo.
Le spiegazioni dualistiche affermano che la natura umana consta di due parti: mente e materia o
anima e corpo. Il principio dualistico è profondamente radicato nel pensiero occidentale e da lungo
tempo si dibatte sull‟importanza di ciascuna metà sulla nostra vita. Forse il primo tentativo di
risolvere tale disputa risale a Platone che suddivideva la realtà in due parti:
1. mente: più elevata e sottile, appartiene alla sfera delle forme ideali;
2. materia: inferiore, grossolana e corruttibile, appartiene alla sfera terrena.
La natura umana è dualista perché ogni persona si compone di un corpo materiale terreno e di uno
spirito (forma ideale). Secondo Platone il dramma dell‟esistenza umana consiste nella lotta
interiore tra il corpo, trascinato per natura verso le forme terrene e la mente o anima ,tesa per natura
verso forme ideali.
La teologia Cristiana incorporava la concezione secondo cui gli uomini sono formati da un Anima
(che va alla ricerca di Dio) e un corpo fisico (tentato dal mondo materiale). Questa concezione è
chiamata Dualismo conflittuale. Queste teorie (Cristiana e Platone) sostengono che la vera natura
umana è spirituale ed il corpo è un impedimento allo sviluppo della mente. Tale concezione è detta
Idealismo. Se si accetta questa tesi, è però possibile proporre anche la tesi opposta e cioè che la
vera natura umana è terrena, materiale e lo spirito è soltanto un ostacolo allo sviluppo dell‟uomo.
Tale posizione è detta Materialismo. Gli idealisti e i materialisti sono Riduzionisti ovvero
scompongono fenomeni complessi in forze più semplici e casuali. Il riduzionismo è sinonimo di
Determinismo, quindi si dicono Teorie deterministiche. Il materialismo occidentale ha avuto
successo durante l‟illuminismo grazie anche alla rivoluzione industriale. Le concezioni
materialistiche hanno sostituito quelle idealistiche fra le persone colte. L‟800 è stato il secolo del
pensiero evoluzionistico, basta pensare a DARWIN e alla selezione naturale una concezione
materialistica: la selezione naturale è un processo materiale nel corso del quale organismi viventi
sono messi alla prova dall‟ambiente materiale nel quale vivono e se superano tale prova
sopravvivono e trasmettono quei caratteri necessari alle specie successive. Il processo non richiede
quindi né Dio né la mente; il mondo materiale, lasciato ai suoi meccanismi migliora
automaticamente. Prima di Darwin si era occupato della sopravvivenza del più adatto SPENCER.
Egli credeva che la competizione fosse la forza trainante dell‟evoluzione e se lasciata fare, avrebbe
inevitabilmente prodotto un mondo migliore. Queste concezioni hanno contribuito alla prospettiva
del DETERMINIUSMO BIOLOGICO il quale afferma che la complessa vita sociale dell‟uomo
non è che il sottoprodotto delle più semplici azioni di molti singoli esseri umani, i quali si limitano
a seguire il dettato di geni e ormoni. Un altro tipo di riduzionismo è il DETERMINISMO
AMBIENTALE che situano le forze materiali importanti che regolano la nostra vita al di fuori del
corpo e quindi nell‟ambiente circostante.

La reazione idealistica estrema contro queste due forme di materialismo è il DETERMINISMO


CULTURALRE, secondo cui “si è ciò che si apprende”. Le versioni ottimistiche del determinismo
culturale non pongono limite a ciò che l‟uomo può fare o essere, le versioni pessimistiche
sostengono che gli uomini siano creature passive, senza altra scelta e sostengono che “si è ciò che
si è condizionati ad essere” dalla cultura.

Spiegazioni olistiche
Esse postulano che la mente e il corpo si compenetrino e si definiscano a vicenda senza confini netti
e distinti. Secondo tale prospettiva l‟insieme (cioè un essere umano, una società, una tradizione
culturale) è superiore alla somma delle singole parti; gli esseri umani, ad esempio sono ciò che sono
perché il reciproco modellamento dei geni e della cultura ha prodotto qualcosa di nuovo che non si
può ridurre alle singole componenti che sono servite per produrlo.

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Gli esseri umani vivendo in gruppo diventano qualcosa di diverso ,sono così influenzati dalle
esperienze di gruppo da risultare differenti da come sarebbero stati se fossero vissuti isolati. Le
varie parti sono soggette rapporti dialettici: riguardano una rete di causa ed effetto entro la quale le
varie cause e effetti si influenzano a vicenda; quindi biologia e cultura sono complementari; le
proprietà delle parti si condeterminano. La concezione umana può essere vista da una concezione
solistica e dialettica: gli esseri umani sono sistemi aperti e anche il mondo esterno è modificabile da
parte degli oggetti che lo popolano; in sintesi gli esseri umani sono creature nel cui processo di
apprendimento entrano in eguale misura, condeterminandosi, corpo, cervello, azione e pensiero.
Aspetto primario del mondo, che plasmiamo e dal quale siamo plasmati, è la cultura.

Differenze culturali
Di frequente gli stessi oggetti o avvenimenti possiedono un significato differente in culture
differenti.
L‟esperienza umana è intrinsecamente ambigua. Per scogliere l‟ambiguità, l‟esperienza và
interpretata. Gli esseri umani si volgono alle proprie tradizioni culturali in cerca di un
interpretazione che abbia senso o coerenza.

L’Etnocentrismo
L‟Etnocentrismo è l‟opinione secondo la quale il proprio modo di vita è corretto e naturale, anzi il
solo modo di essere veramente uomini. E‟ una forma di riduzionismo in quanto riduce l‟altro modo
di vita a una versione deformata del proprio.
Ma se non disposti a cambiare la mancata conversione rischia di degenerare in dualismo aggressivo:
la civiltà contro l‟inciviltà culminando infine nel genocidio (tentativo deliberato di sterminare un
intero popolo per ragioni di razza, etnia, religione e tratti culturali).
E‟ possibile evitare il pregiudizio etnocentrico attraverso il rapporto interculturale.

Il rapporto interculturale
I rapporti interculturali sono possibili. Come tutti i rapporti umani influenzano ciascuna delle parti
in causa, che cambiano conoscendosi. L‟apprendimento interculturale è nel contempo enormemente
promettente e immensamente minaccioso.

Il relativismo culturale
Implica la comprensione di un'altra cultura alle sue condizioni in modo abbastanza simpatetico da
farla apparire come un progetto di vita coerente e significativo. L‟obiettivo principale è
comprendere. Un esempio è rappresentato dal tentativo di sterminare gli ebrei (Olocausto).
Bisogna comprendere la cultura della storia tedesca ma anche quella Americana, Europea.
L‟olocausto non è stato un aberrazione temporanea di folli che riuscirono ad impadronirsi del
potere; era piuttosto connesso a certi modelli culturali e a processi storici con radici profonde nella
società tedesca ed europea. Bisogna indagare ad esempio, sulle radici storiche dell‟antisemitismo e
del Nazionalismo in Germania. Inoltre il successo del programma nazista non si spiega solo grazie
alla cultura tedesca,. E‟ improbabile infatti che sarebbero morti tanti Ebrei senza l‟assistenza palese
e occulta prestata alla Germania dall‟Europa. La comprensione Relativistica rende l‟Olocausto
intelligibile e perfino coerente; anche se, naturalmente non giustifica tali orrori; anche perché, è
bene ricordarlo, il ruolo attivo è stato giocato dai membri nazisti. Accettare la tesi che tutta la colpa
è della cultura significa accettare il determinismo culturale che implica 3 assunti:
1. le culture sono sistemi chiusi;
2. le culture non sono contraddittorie e diversificate;
3. gli uomini sono sistemi chiusi e totalmente plasmabili dalla cultura.
Ovviamente tutti e tre gli assunti sono falsi!

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Il Relativismo culturale quindi rende più complesso il ragionamento morale, ma non ci impone di
abbandonare ogni valore appreso dalla società. Ciò che esso scoraggia la facile soluzione di
rifiutarsi di considerare le alternative.
Cultura storia e agente umano
La condizione umana è radicata nel tempo e plasmata dalla storia. Anche la cultura è storica,
essendo elaborata e trasmessa da una generazione alla successiva. La storia quindi è un aspetto
fondamentale della vicenda umana.
L‟approccio olistico afferma che la cultura è parte dell‟eredità biologica e l‟eredità biologica ha
prodotto una specie vivente che si serve della cultura per superare le limitazioni biologiche.; sono
nati organismi (uomini) capaci di studiare se stessi e la propria evoluzione bioculturale. L‟uomo, in
tale prospettiva è agency; ha un ruolo attivo; esso non può sfuggire al contesto storico e culturale
entro il quale agisce ma comunque esercita un qualche tipo di controllo sulla propria vita.

La promessa della prospettiva antropologica


La prospettiva antropologica ci costringe a mettere in discussione i nostri assunti di senso comune e
accresce le difficoltà quando ci troviamo di fronte a scelte morali e politiche; accostandoci
all‟antropologia ci ritroviamo trasformati. L‟antropologia complica la vita ma dà una chiave di
lettura più ampia della natura umana e del mondo, aiutando a fronteggiare le complicazioni in modo
più realistico e autentico.

3. La ricerca etnografica
Un incontro di tradizioni culturali
La ricerca etnografica si basa sull‟incontro di diverse tradizioni culturali;
Attraverso la RICERCA SUL CAMPO l‟antropologo passa un lungo periodo di tempo a contatto
con la gente alla cui lingua o modo di vita è interessato e mediante l’OSSERVAZIONE
PARTECIPANTE raccoglie informazioni, cercando di vivere il più possibile con i portatori della
cultura studiata e partecipando alla loro vita.

L’esperienza di campo
Per maggior parte degli antropologi culturali la ricerca sul campo etnografica è l‟esperienza che
caratterizza la disciplina. Le condizioni di vita sul campo dipendono dalla natura della società e dal
tipo di ricerca intrapresa. L‟osservazione partecipante impone di vivere a più stretto contatto
possibile con la gente del luogo. Le condizioni di vita sul campo comunque offrono di per sé
intuizioni importanti riguardo la cultura studiata. Il disorientamento fisico e mentale e lo stress
sono prevedibili ovunque (clima, insetti, animali diversi…) inoltre ci sono le diversità culturali.
All‟inizio, dati i motivi, non è difficile che ci si senta sopraffatti ma con il tempo gli antropologi
scoprono che ci si comincia ad abituare.

Ricerca sul campo scientifica?


Quando l‟antropologia cominciò ad assumere l‟identità di disciplina intellettuale nel XIX secolo,
aspirava ad essere “scientifica”. Tuttavia nel XX secolo sono diventati sempre più consci, che il
metodo scientifico tradizionale, seguito dalle scienze fisiche, è solo un modo di fare scienza.

L’approccio positivistico
Il metodo naturale delle scienze fisiche, viene spesso chiamato scienza positivistica.
Oggi il positivismo è un particolare modo di guardare al mondo e di studiarlo scientificamente.
I positivisti sono materialisti in quanto sostengono che il mondo si conosce attraverso i cinque
sensi. In secondo luogo separano i fatti dai valori: i fatti riguardano la realtà fisica e materiale (ciò
che è) e i valori sono ciò che dovrebbe essere. Lo scopo del programma positivistico è stata la
produzione di conoscenza oggettiva cioè conoscenza, vera e reale per tutti, sempre e ovunque.

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Applicazione dei metodi positivistici alla realtà
Per il positivista lo scenario tipico di ricerca è il fisico in laboratorio, prototipo che crea ostacoli a
chi studia la vita umana con l‟osservazione partecipante in ambito naturale.
Per cui gli antropologi cercano di riprodurre le condizioni di laboratorio con la verifica delle ipotesi
in ambiti culturali differenti; si considera il campo una sorta di “laboratorio vivente”.
Ogni ambito di ricerca doveva corrispondere a una situazione sperimentale, secondo il metodo detto
della comparazione controllata, che MEAD applicò ai suoi studi negli anni ‟30 su quattro diverse
società con l‟intento di scoprire gamma e cause dei ruoli di genere.
I positivisti ritengono il comportamento umano non diverso da quello di rocce e molecole che non
hanno né pensieri né sentimenti. Gli antropologi sono incolpabili di freddezza quando nelle loro
descrizioni trattano gli uomini come se fossero privi di pensieri; tale accusa crea inquietudine
perchè l‟oggetto di studio (uomini) appartiene alla stessa specie degli scienziati; quindi non possono
negare la coscienza e la vita interiore propria.
Per raccogliere dati su una cultura gli a sono obbligati a una grandissima intimità con le fonti: gli
informatori. Gli informatori sono persone di una particolare cultura che lavorano con gli antropologi
fornendo loro conoscenze nel proprio modo di vita (chiamati anche insegnanti o amici). Di
conseguenza i dati non sono oggettivi ma intersoggettivi ovvero sono il prodotto di lunghi dialoghi
tra ricercatore informatore.
La ricerca sul campo è un dialogo che si concentra sulla gamma di significati intersoggettivi che gli
informatori condividono (sistemi simbolici pubblici condivisi da una cultura) e che i ricercatori
arriveranno a capire partecipando ad attività e conversazioni.

Riflessività
RIFLESSIVITA’: aspetto della ricerca sul campo definita ESPERIENZA RIFLESSIVA. È il
riflettere sulla propria esperienza.
I significati intersoggettivi sui quali fanno affidamento gli informatori sono pubblici, non privati, e
benché per loro siano scontati, possono non esserlo per l‟estraneo.
Per renderli espliciti antropologo e informatore insieme, devono analizzarli con sguardo critico.
Devono pensare al modo nel quale i membri della cultura pensano normalmente alla loro vita.
Questo pensare al come si pensa va sotto il nome di riflessività; quindi la ricerca sul campo è un
esperienza riflessiva. I ricercatori oggi non si limitano più ad osservare e a partecipare, ma hanno
invece il dovere scientifico di rendere noto il metodo di raccolta dati.
Comunque è bene sottolineare che nessuna interpretazione dell‟esperienza umana è definitiva; è la
mutua riflessività al cuore della conoscenza antropologica.

La dialettica della ricerca sul campo: interpretazione e traduzione


La ricerca sul campo è un affare rischioso: non solo il ricercatore rischia di offendere gli informatori
travisandone il modo di vita, ma si trova anche di fronte allo shock dell‟inconsueto e alla propria
vulnerabilità. E deve accettare l‟uno e coltivare l‟altra se vuole conoscere a fondo quella cultura.

Interpretare azioni e idee


L‟interpretazione è:
Recitazione orale;
Spiegazione ragionevole;
Traduzione da un'altra lingua.

E‟ qualcosa di estraneo che viene reso familiare e comprensibile.

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L‟interpretazione è riuscire a comprendere il sé culturale passando attraverso l‟altro culturale (sé
culturalmente mediato e storicamente situato). La comprensione antropologica è quindi costruita
intersoggettivamente. La continua discussione e relazione fra l‟antropologo e l‟informatore
permette loro di individuare aree di intersezione far diversi modi di interpretare lo stesso
comportamento (dialettica della ricerca sul campo).

Il processo dialettico
Al principio ricercatore e l‟informatore non hanno in comune alcuna esperienza che permetta loro di
capirsi, ma se sono motivati ad intendersi e disposti a lavorare insieme, fanno qualche passo verso
la comprensione e quindi verso il riconoscimento.
L‟antropologo deve intraprendere il processo dialettico di interpretazione e traduzione:
l‟antropologo fa una domanda ad esempio sulla parentela, usando l‟equivalente più vicino alla
lingua degli informatori. Questi fanno del loro meglio per interpretare la domanda dell‟antropologo
in modo da darle senso e formulano la risposta. L‟informatore risponde in termini comprensibili
(per quanto possibile) all‟antropologo. E‟ poi compito dell‟antropologo interpretare la risposta e
decidere se comunica le informazioni richieste.

Traduzione
La ricerca antropologica sul campo è traduzione. Nella traduzione sia l‟informatore che
l‟antropologo sono soggetti attivi. Col passare del tempo ognuno impara a conoscere l‟altro:
l‟antropologo impara a far domande che hanno un senso e l‟informatore diventa abile nel
rispondere. La dialettica della ricerca sul campo: consiste nello scambio riflessivo tra antropologo e
informatore.
Il significato deve essere sempre negoziato, perché non esiste né una serie ultima di significati né
un‟interpretazione definitiva che non sia rinegoziabile in un momento futuro. Quindi il successo
della ricerca, dipende solo in parte dalla personalità del ricercatore.

La dialettica fra il sé e l’altro


Da questa attività comune scaturisce una conoscenza della cultura che ha senso sia per
l‟antropologo, che per l‟informatore. L‟olismo dialettico è proprio questo: l‟insieme (delle
conoscenze riguardanti cultura) è più che la somma delle singole parti (conoscenza dell‟antropologo
e conoscenza dell‟informatore). La conoscenza della cultura nasce dalla collaborazione fra
antropologo e informatore, che creano un universo, di solito fragile e delicato di giudizi ed
esperienze comuni.
E‟ possibile sostenere che tutte le scoperte su un altro essere umano riguardino il dialogo fra sé e
l‟altro. Se è vero che l‟antropologo e informatore partecipano in ugual misura è anche vero che
l‟antropologo inizia tale dialogo , terminata la ricerca, è libero di interrompere il dialogo con gli
informatori e continuare a discuterne con i colleghi. L‟unico legame fra questi due dialoghi sono gli
antropologi stessi. La ricerca sul campo implica differenze di potere e carica il ricercatore di un
enorme responsabilità. Gli antropologi sono persuasi dall‟idea che gli informatori andrebbero
protetti; questo bisogno di protezione è massimo per gli appartenenti a gruppi marginali esposti alle
rappresaglie di gruppi più forti; ma molti desiderano rivelare la propria identità e a tal proposito gli
antropologi hanno sperimentato nuove forme di scrittura etnografica nelle quali fanno soprattutto da
traduttori e curatori delle voci e opinioni di singoli informatori.

Comunicazione sul campo: costruire il significato


Nella cultura il significato non è mai chiaro di per sé, ma è costruito da coloro che comunicano,
negoziato tra di loro, spesso con grande difficoltà.

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NITA KUMAR; antropologa di New Delhi decise di fare una ricerca in una regione dell‟India ben
diverse da quella dove lei era cresciuta. Prima di riuscire a entrare in contatto con le persone del
luogo fallirono ben 4 tentativi.

JEAN BRIGGS; è un antropologo che ha lavorato in un gruppo di eschimesi dell‟Alaska. Svariati


furono i passi fatti dagli informatori per inquadrarla dopo che ebbe assunto il ruolo di “figlia” in
casa del nuovo “padre” e della nuova “madre”. Subito dopo l‟adozione, la nuova famiglia nutriva
nuove aspettative sia riguardo alla Briggs sia rispetto alla famiglia stessa; ciò ovviamente contribuì
a far nascere nuovi e aspri conflitti. Questo evidenzia la grande complessità del processo dialettico
di costruzione del significato.

Gli effetti della ricerca sul campo


L’effetto della ricerca sugli informatori
Molti ricercatori hanno a lungo considerato il termine “informatore” un termine di rispetto per chi
acconsente a spiegare il proprio modo di vita all‟antropologo. Ma di recente sta assumendo una
connotazione negativa in quanto viene usato dalle forze dell‟ordine per indicare chi tradisce i
complici di un reato. Si cerca quindi un altro termine, ma ad oggi ancora non è stato sostituito.
RABINOW afferma che le attuali connotazioni negative talvolta sono valide, ma lo steso vale per il
significato etimologico del termine “dar forma a”, “ ispirare”. L‟informatore da forma esteriore alle
proprie esperienze presentandole in modo che rispondano alle domande dell‟antropologo nella
misura in cui egli riesca ad interpretarle.
Si considera l‟informatore qualunque membro di una data cultura con il quale l‟antropologo
interagisca; ma la maggior parte di antropologi scopre, durante le ricerche, che molti di loro sono
più interessati di altri. Questi informatori chiave riescono a spiegare le cose più semplici in modi
doversi ; sono dotati dell‟immaginazione necessaria per oggettivare la propria cultura a beneficio
dello straniero.
La ricerca sul campo, trasforma sia l‟antropologo che l‟informatore.
Questo concetto è ben spiegato dall‟esempio di Rabinow in Marocco: Un informatore chiave
(Malik) aveva acconsentito ad aiutare Rabinow nel compilare la lista delle proprietà terriere ed altri
beni. Rabinow invitò Malik ad enumerare i suoi beni. Non risultava né ricco né povero & si
definiva “non benestante”. Malik si mise sulla difensiva quando scoprì una discrepanza fra il
sistema di classificazione e la sua immagine di sé: non era poi così povero. Malik, a questo punto si
trovò costretto a ridefinire la sua situazione: egli non era certamente povero; aveva infatti molti beni
materiali ma si sentiva tale perchè sfortunato nella vita: figlio malato, padre deceduto,
responsabilità della madre e fratelli. Concluse quindi che la ricchezza non è costituita solo di beni
materiali.

L’effetto della ricerca sull’investigatore


Gli studiosi di antropologia che non sono mai andati sul campo hanno un‟idea della ricerca e del
rapporto fra antropologo e informatore molto idealizzata: prima l‟antropologo è rifiutato, poi se ha
la personalità giusta viene accolto e si crea un rapporto amichevole. Comunque tutto dipende dalle
qualità personali del ricercatore. Ma il successo della ricerca dipende solo in parte dalla personalità
dell‟antropologo. L‟instaurazione di un rapporto amichevole con la gente studiata è opera comune
dell‟antropologo e degli informatori. L‟accettazione è difficile, anziché garantita, anche per i
ricercatori più dotati.

es.Rabinow: Ibrahim (informatore marocchino) dopo aver stretto una salda amicizia con
Rabinow acconsentì ad accompagnarlo a visitare un'altra città e si era offerto di fargli da guida
sistemandosi da alcuni parenti. Una volta arrivati Ibrahim pretese che Rabinow gli pagasse l‟albergo
in quanto tali parenti non esistevano, li aveva inventati e lui non aveva soldi. Al rifiuto di Rabinow
Ibrahim si pagò da solo l‟albergo. Rabinow rimase ferito dall‟esperienza. L‟esperienza mostra

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quello che Rabinow chiama lo “Shock dell’alterità”, che la ricerca sul campo istituzionalizza.
Dovendo prevedere lo shock culturale gli antropologi di solito non trovano piacevole il tono della
ricerca. L‟umore prevalente infatti sembra essere l‟angoscia di un essere isolato senza nulla di
familiare a cui poter fare affidamento.
Per considerare gli informatori pienamente esseri umani, gli antropologi devono stare attenti a non
offenderli; ciò diventa un impresa piuttosto ardua in quanto non sempre si conoscono i
comportamenti offensivi. Per i primi tempi la regola è “l‟informatore ha sempre ragione” anche se,
così facendo l‟antropologo disumanizza sé stesso e gli informatori.

es.Rabinow: Ali (informatore) aveva acconsentito ad accompagnarlo ad un matrimonio fuori


città. Dovevano andare con la macchina di Rabinow però egli si ammalò. Per non offenderlo andò
lo stesso chiedendo ad Ali di rimanere poco tempo. Una volta arrivato Ali spariva per lunghi periodi
per tornare solo per dire a Rabinow che sarebbero ripartiti presto e sparire subito dopo. Alla fine
riuscirono ad andare via ma Ali in macchina continuava a comportarsi come un ospite soddisfatto,
continuando domandargli se fosse contento. Quando Rabinow rifiutò di rispondergli Ali si sentì
offeso e scese dalla macchina per continuare a piedi, Rabinow dal canto suo lo face scendere. Così
facendo però, pensò di aver terminato la sua ricerca ma l‟indomani si accorse che la sua amicizia
non solo non si era deteriorata ma era stata rinsaldata. Ciò lo portò a comprendere che i marocchini
si saggiano in continuazione a vicenda pere vedere fino a che punto possono rivendicare una
posizione di predominio; quindi chiunque sia accomodante (come lo era stato Rabinow) non è
rispettato né ammirato.
Da questo esempio è emerso che interruzioni di comunicazioni fra informatori e antropologi
portano ad intuizioni più profonde e a maggiore comprensione reciproca.

L’effetto umanizzante della ricerca


La conoscenza antropologica è frutto della riflessività prodotta dai tentativi mutui dell‟antropologo
e dell‟informatore di comprendersi.
Nella migliore scrittura etnografica afferriamo l‟umanità delle persone che hanno concesso
all‟antropologo il privilegio di vivere con loro per un lungo periodo di tempo.
Tale posizione privilegiata, da l‟opportunità di esperire “gli altri” come esseri umani mentre se ne
studia la vita, non è esperienza né facile né automatica da ottenere. Deve essere coltivata e richiede
cooperazione e impegno da parte propria e degli informatori. Chi ha raggiunto un certo grado di
comprensione interculturale è meno incline a parlare di “noi” e “loro”. L‟espressione adeguata è
infatti “alcuni tra noi”. Forse una tra le lezioni più efficaci della ricerca sul campo è la scoperta,
intellettuale ed emotiva, “che il primitivo non esiste. Esistono altri che vivono altre vite”(Rabinow).

Arrivare ai fatti antropologici


I fatti dell‟antropologia non sono preconfezionati, sono creati e ricreati sul campo quando il
ricercatore, tornato a casa, riesamina le note e ripercorre l‟esperienza di ricerca e quando discute
dell‟esperienza con gli altri antropologi. I fatti assumono importanza solo se interpretati e posti in
un contesto di significato che li renda intelligibili.
I fatti antropologici sono interculturali: non esistono né nella cultura dell‟informatore né in quella
dell‟antropologo ma si costituiscono intersecando le due culture.

Antropologia una conoscenza interminabile


La conoscenza oggettiva pura non esiste e dobbiamo parlare in termini di riflessività anziché di
oggettività. Ciò consente di produrre visioni meno distorte della natura umana, ma rimaniamo
comunque esseri umani che interpretano la vita di altri esseri umani. Se davvero non esiste un
“primitivo”, né una sottocultura radicalmente diversa per natura, la ricerca etnografica va intesa

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come un commento rispetto alle varie possibilità umane. Lo sviluppo della conoscenza
antropologica dovrebbe arricchire la saggezza umana. La registrazione etnografica dovrebbe e deve
essere infinita: gli esseri umani sono sistemi aperti , la storia umana va avanti e i problemi e le
possibili soluzioni cambiano. Non esiste una sola versione della vita umana. L‟antropologo quindi,
è condannato prima o poi ad un fallimento. L‟atteggiamento scientifico occidentale non ammette
che ci siano cose incomprensibili; ma il pessimismo non sembra comunque giustificato perché forse
non conosceremo mai tutto ma provare ci insegnerà comunque qualcosa. Inoltre quando il contatto
con l‟altro si prolunga e lo sforzo di comunicare è ripagato dalla comprensione intersoggettiva si
impara sempre.

4. Storia, antropologia e spiegazione delle diversità culturali


Immaginazione umana e mondo materiale
L‟immaginazione suggerisce a quali aspetti del mondo materiale rivolgere l‟attenzione e tali
indicazioni entrano a far parte delle tradizioni culturali. Notiamo come la necessità di sostentamento
in ambienti naturali diversi hanno dato origine a diverse forme di organizzazione sociale, dobbiamo
prestare attenzione a quei fattori culturali e sociali che non si possono prevedere solo sulla base
dell‟ambiente naturale: alcun i dipendono dalle tradizioni del gruppo stesso, altri da incontri
imprevisti con altri gruppi umani.

Contatti interculturali fra occidente e resto del mondo


Quando si esamina il rapporto fra antropologi occidentali e popoli extraoccidentali bisogna tenere
conto dello sfondo sociale. L‟arrivo degli antropologi coincide con la fa se più recente del contatto
fra culture occidentali e non. Il contatto risale all‟epoca delle esplorazioni geografiche quando
esploratori come Colombo avventurandosi, incontrarono per la prima volta gli abitanti dell‟America
e Asia. Quasi ogni contato fra occidente e mondo esterno si trasformò in conquista portando
all‟istaurarsi di vasti imperi coloniali facenti capo all‟Europa. Quando gli antropologi apparvero
(XIX° sec.) il contatto era già stabilito da tempo. Gli antropologi erano in una situazione di
superiorità politica ed economica, andando ad osservare popolazioni che erano orami state
sottomesse.
Eric Wolf discute la tendenza degli osservatori occidentali a ritenere che i popoli extra-occidentali
siano senza storia. Molte popolazioni, secondo questi osservatori sono frutto degli incontri fra
popolazione ed Europei, prima non avevano alcuna identità.
Ora gli antropologi dedicano molta attenzione alle circostanze politiche, culturali ed economiche
che plasmano i rapporti con gli informatori ben sapendo che nessuna società è mai stata isolata nel
tempo e nello spazio e tagliata fuori dalla storia.

Gli effetti dell’espansione occidentale


Dal XV sec. Vari sovrani europei cercarono di accedere autonomamente a fonti di ricchezza al di
fuori dei propri territori. Le prime esplorazioni furono intraprese dal Portogallo,dai regni di
Castiglia e di Aragona. Fino alla fine del XV secolo i sovrani cristiani si erano in maggioranza
impegnati in lunghe guerre contro i Musulmani che dominavano la penisola Iberica da 800 anni.
I portoghesi scoprirono la costa atlantica dell‟Africa meridionale.
Nella seconda metà del XV secolo i regni di Castiglia e di Aragona cominciarono a finanziare
spedizioni esplorative tra le quali quella di Colombo che portò alla scoperta del Nuovo Mondo nel
1492 . Nel frattempo i portoghesi si accingevano a organizzare traffici commerciali con l‟India. La
competizione fra Portogallo e Spagna condusse alla firma del Trattato Di Tordesillas nel 1494 con
il quale il Papa spartiva tra i contendenti il mondo non cristiano. La linea di demarcazione
assegnava l‟Emisfero occidentale alla Spagna, L‟emisfero orientale al Portogallo.

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L’espansione in africa e nelle americhe
In Africa occidentale i portoghesi prima, e gli olandesi, gli inglesi e i francesi poi, rimasero relegati
in stazioni commerciali fondate sulle coste o sulle isole per più di 400anni procurandosi le merci
tramite le popolazioni indigene costiere. Le società dell‟Africa quindi erano molto flessibili da
adattarsi alla presenza europea e abbastanza fori da tenere a bada gli stranieri. La presenza europea
riplasmò quelle società costiere stimolando lo sviluppo di forme sociali gerarchiche dove prima non
c‟erano. Il rapporto fra Europa e Africa occidentale cambiò soltanto nella metà del XIX secolo. La
situazione in Africa meridionale era diversa. I coloni, alla seconda metà del XVII secolo erano già
penetrati all‟interno e il loro arrivo provocò l‟assoggettamento e la distruzione dei popoli indigeni,
sia per la guerra che per le malattie. In Africa occidentale accadeva il contrario: spesso gli Europei
morivano a causa di morbo tropicali come la malaria ai quali le popolazioni costiere erano più
resistenti. In America le civiltà complesse del Messico e del Perù erano già state vinte ad appena
30anni dalla comparsa di Colombo. Le popolazioni indigene subirono quindi un ulteriore
sconvolgimento dopo l‟instaurarsi dell‟amministrazione coloniale spagnola. Le popolazioni
indigene furono costrette a lavorare nelle piantagioni nelle miniere che contribuirono a spezzare le
forme tradizionali di organizzazione sociale.

Il commercio di pellicce in Nord America


Nel nord america ebbe molta rilevanza, per la società indigena, il commercio di pellicce. La
domanda dell‟industria conciaria in Europa orientale si tradusse in un grande impulso all‟offerta di
pelli da parte delle popolazioni indigene americane. La pelle più ricercata era quelle dì castoro. La
partecipazione al traffico di pellicce modificò in misura notevole le attività di sussistenza dei
gruppi indigeni nordamericani. Una volta estinti io castori, gli indigeni scoprirono che quel nuovo
adattamento tanto felice era ormai divenuto obsoleto. Scoprirono anche che il ritorno ai vecchi modi
di vita erano impossibili, o perché erano stati dimenticati o perché le nuove circostanze non li
consentivano più. Il risultato fu un grande sconvolgimento sociale.

Riaggregazione e rielaborazione delle tradizioni


Le società indigene affrontarono la sfida Europea in modi diversi. Reagirono, comunque
attivamente sforzandosi di rielaborare le concezioni e le pratiche tradizionali per ridurre al minimo
l‟impatto negativo delle pressioni europee.
Man mano che il commercio di pellicce si spingeva a ovest, l‟inasprimento della competizione fra
Francia e Inghilterra accese rivalità che spazzarono via alcuni gruppi di indigeni. Altri rielaborarono
la tradizione dando origine a nuovi gruppi e nuove forme rituali come il Midewiwin sorto in alcuni
nuovi gruppi, il quale sostituiva l‟ordine di status all‟interno dei gruppi di parentela locali con una
nuova associazione gerarchica che classificava i soggetti in base alla ricchezza ottenuta con la
guerra e il commercio e accettava l‟esistenza di commercianti e missionari europei con i quali i capi
avevano la facoltà dei trattare in rappresentanza dei membri.

La tratta degli schiavi e il traffico di merci


Al commercio di pellicce fecero seguito la tratta degli schiavi e il traffico di merci come zucchero e
cotone che accompagnarono il sorgere dell‟industria capitalistica. Nel XVII secolo la tratta degli
schiavi dominava ormai i traffici commerciali fra Europa e coste dell‟Africa. Per la natura stessa
della “merce” (persone) l‟effetto sulle società dell‟interno i cui membri venivano catturati per essere
venduti soddisfare la domanda europea,fu devastante. I sopravvissuti cercavano rifugio dove i
negrieri non li potessero raggiungere riaggregandosi in nuovi gruppi con nomi nuovi rielaborando le
tradizioni collettive. Il traffico degli schiavi riplasmò a fondo anche la vita dei gruppi indigeni locali
e dei coloni europei nel Nuovo Mondo. I destini di Africa, America ed Europa finirono per
intrecciarsi inestricabilmente.

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Verso una classificazione delle forme di società
Molte società del pianeta hanno subito radicali cambiamenti in seguito alla loro scoperta da parte
degli Europei. Sebbene la vita nel mondo extra occidentale sia oggi senza dubbio informata a
modelli culturali, quei modelli non rappresentano modi di vita eterni, immutabili. Inoltre elle
pratiche delle società sopravvissute si scorgono tracce di modelli culturali anteriori al contatto.
Molti gruppi si sono creati nuove identità e escogitato nuove forme sociali, in alcuni casi attingendo
a tradizioni antichissime rielaborate per soddisfare le necessità sorte dalle nuove esperienze. In altri
casi sono modi di vivere inventati molto tempo fa ma ancora validi. Bisogna tener presente che la
società umana serba una varietà di forme. Gli antropologi sono riusciti a documentarla grazie ai
resoconti degli anziani e mediante la ricerca sul campo. Capire le molteplici forme delle società
umane attraverso lo spazio e il tempo è il compito che gli antropologi affrontano da sempre. Un
modo consiste nell‟ideare una tipologia basata su certi criteri per identificare le società più diverse
l‟una dall‟altra e poi nel classificare le società conosciute in base al gradi di somiglianza con i tipi
esemplari.

Tipologie evoluzionistiche: il XIX secolo


Un sistema di classificazione riflette i caratteri ritenuti più significativi dall‟autore così che diversi
criteri di significatività porteranno a classificazioni diverse. Agli albori dell‟antropologia gli
occidentali equiparavano le differenze fra loro e gli altri a mancanze: dello stato, della religione, di
tecnologia avanzata. Questo approccio alle differenze culturali risultava convincente x gli uomini
del XIX secolo perché era consono all‟esperienza interculturale delle nazioni occidentali con i
popoli che avevano colonizzato o con i quali commerciavano. Alcuni osservatori si domandavano il
perché di tali mancanze nelle società extra europee. Sebbene di solito non uscissero mai dalle
biblioteche per le loro ricerche essi studiavano i resoconti dei viaggiatori e missionari della storia
scoprendo che molti modelli sociali e tecnologici, in apparenza ovvi, on erano esistiti sempre,
neanche in occidente. Se fossero risaliti abbastanza indietro nel tempo, forse avrebbero scoperto
che gli antenati più remoti erano vissuti alla stessa maniera di molti popoli americani e africani
contemporanei.

Evoluzionismo culturale unilineare


Per molti pensatori ottocenteschi l‟esperienza del cambiamento sociale era indicativa.
Probabilmente i modi di vita dei popoli extra occidentali erano simili, se non uguali, a quelli degli
Europei di generazioni precedenti. Forse l‟occidente aveva già attraversato periodi storici
caratterizzati dagli stessi modi di vita delle società extra occidentale contemporanee. Secondo tale
ipotesi lasciate a sé stesse, anche tali società avrebbero fatto le stesse scoperte e subito gli stessi
cambiamenti sociali degli europei. Tale concezione (Evoluzionismo culturale unilineare : ECU)
sosteneva che i vari tipi di società rappresentavano i diversi stadi di evoluzione sociale attraverso i
quali ogni società sarebbe passata se fosse sopravvissuta. La società capitalista Europea di fine „800
era considerato lo stadio avanzato dell‟evoluzione culturale.
Oggi gli antropologi giudicano tale approccio inadeguato anche se offre un ottimo sistema di
classificazione. In questo periodo emergeva la 1° importante tipologia antropologica delle forme
sociali. Essa era formata da 3 categorie fondamentali: selvaggi, barbari e civili. I raccoglitori e i
cacciatori (che non praticavano agricoltura né allevamento) erano i selvaggi; i Barbari erano coloro
che li praticavano ma non avevano ancora inventato né la scrittura né lo stato. E la civiltà era
propria di pochi stati nel mediterraneo e del vicino Oriente (Egitto) e i loro successori (Grecia e
Roma) e alcune società extra occidentali che vantavano risultati di pari livello (India e Cina).
L‟ECU era generico e attraente. Uno tra i primi americani L.H.Morgan apportò modifiche a tale
sistema.

I periodi etnici di Morgan

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Nel libro “ Ancient Society” (1877) l‟autore riassume l‟orientamento fondamentale dell‟ECU :
l‟umanità ha cominciato la sua “carriera” partendo dal grado più basso della scala e progredendo
poi dallo stato selvaggio fino alla civiltà attraverso lenti accumuli di conoscenza sperimentale.
Morgan descriveva la carriera evolutiva come una serie di periodi etici o condizioni connesse l‟una
con l‟altra in una sequenza di progresso tanto naturale quanto necessaria. Sentì inoltre il bisogno di
distinguere ancora fra lo stato selvaggio e le barbarie. I criteri utilizzati fanno riferimento alle varie
tecniche di sussistenza ossia i modi di procurarsi cibo. Dove non era possibile utilizzare questo
criterio l‟autore ne usava altri come l‟uso della ceramica, l‟invenzione della scrittura.
Pur non trovando alcun tratto culturale coerente atto ad indicare il progresso da uno stadio all‟altro
Morgan continuava a dire che la classificazione delle forme di società umane per stadi evolutivi
fosse un impresa valida. Dal suo punto di vista infatti lo schema unilineare chiariva così bene la
variazione culturale che eccezioni ed incongruenze erano dovute necessariamente all‟insufficienza
di dati.

Tipologie socio-strutturali: il contributo dell’antropologia britannica


Con il passar del tempo informazioni migliori su un maggior numero di società portarono negli
antropologi insoddisfazione per le generalizzazioni grandiose riguardanti diversità e cambiamento
culturale.

Origini nell‟ambito coloniale


Nell‟ultimo quarto del XIX secolo si inaugurava l‟ultima fase del colonialismo occidentale.
La maggioranza dell‟Africa e dell‟Asia fino ad allora indipendenti furono suddivise tra le potenze
Europee. Nel contempo gli Stati Uniti assumevano un ruolo altrettanto potente nei rapporti con i
nativi d‟America e le ex-colonie spagnole. L‟ECU non era adatto a soddisfare le necessità pratiche
dei governanti una volta al potere. Per l‟efficace amministrazione dei popoli assoggettati
occorrevano informazioni precise. Per esempio allo scopo di mantenere la pace fra
i vari gruppi governati l‟amministratore coloniale in Africa doveva conoscerne i modi
consuetudinari per comporre le dispute, per elaborare politiche di governo efficaci doveva
discernere somiglianze e differenze fra i sudditi. Il cambiamento dei rapporti fra Occidente e resto
del mondo favorì lo sviluppo di un genere nuovo dio ricerca antropologica. Nel clima di Pace
coloniale gli antropologi scoprirono di poter condurre ricerche sul campo di lunga durata che
l‟instabilità precedente aveva reso difficile. Fare ricerca sul campo sotto il regime coloniale non
significava appoggiare il colonialismo, spesso infatti gli antropologi erano schierati dalla parte dei
popoli colonizzati con i quali lavoravano. E‟ bene tener presente che, comunque, alla ricerca
antropologica traspariva il calcolo e lo sfruttamento insiti nel programma coloniale. I funzionari
non impiegarono molto a capire che il loro compito sarebbe stato facilitato se avessero affidato ai
capi tradizionali il mantenimento della pace tra i sudditi con mezzi tradizionali. Da qui ebbe origine
la politica britannica del Governo indiretto, con i funzionari al vertice della gerarchia e al di sotto i
governanti tradizionali (anziani, capi) nel ruolo di intermediari con il pubblico. Gli antropologi
(specie quelli britannici) elaborarono nuovi criteri per classificare le forme di società,
concentrandosi sulla struttura sociale. Tale processo si riflette sulla scelta degli studiosi britannici di
chiamarsi antropologi sociali. Le società vennero distinte in statuali e non statuali; tale distinzione
ricorda i periodi etnici di Morgan ma con l‟importante differenza che non si fa menzione del
“progresso”, di “forme superiori” o “forme inferiori” di società. Gli antropologi si dedicarono
quindi a comprendere le strutture tradizionali perduranti ritenendo che la conoscenza dettagliata
delle strutture sociali permettesse di identificare il tipo sociale di una particolare società. I tipi,
trattati come se fossero immutabili venivano confrontati per ricercare somiglianze e differenze e
dalla comparazione emergeva una nuova classificazione di società.

La classificazione delle strutture politiche

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La distinzione fondamentale è tra sistemi politici centralizzati e quelli non centralizzati ed è affine
a quella fra società statuali e non statuali.
- non centralizzati non hanno alcuna istituzione specifica deputata a prendere pubbliche
decisioni; infatti i gruppi all‟interno dei sistemi ugualitari godono di relativa autonomia e di
pari status ed inoltre non rispondono ad una autorità superiore. I sistemi politici egualitari si
dividono poi in :
a) Banda piccolo raggruppamento sociale in cui i membri non coltivano né le terra
né allevano bestiame, ma vivono di prodotti selvatici; (Ted Lewellen distingue 3 tipi
di banda tra i quali c‟è la banda familiare e identifica 5 tipi di tribù).
b) Tribù forma di organizzazione sociale + ampia della banda; i membri praticano
l‟agricoltura e/o l‟allevamento.
Le relazioni sociali sono egualitarie benché possa esserci un capo che parla a nome del
pubblico e ne organizza le attività.

- centralizzati hanno un autorità centrale istituzionalizzata e presuppongono una gerarchia;


si dividono in:
a) Chiefdom dove solo il capo e la sua famiglia si innalzano al disopra della società
che rimane ugualitaria;
b) Stato dove i diversi gruppi soffrono di una permanente disparità di accesso a
ricchezza, potere, prestigio indice di stratificazione sociale.
La tipologia di Lewellen si focalizza sul presente; cerca di identificare somiglianze e
differenze in un dato momento.

Teoria struttural-funzionalistica
Le teorie degli antropologi sociali britannici riguardano sempre più il funzionamento quotidiano di
particolari forme sociali per la riproduzione di forme tradizionali. L‟assunto centrale della teorie
struttural-funzionalista si deve a Radcliffe-Brown la cui attività teorica più intensa si riscontra
durante gli anni 30-40. Gli antropologi si cominciarono domandare il perché le cose rimanessero
uguali piuttosto di chiedersi perché cambiassero, inoltre cominciarono a pensare sul perché alcune
strutture sociali durassero nel tempo mentre altre scompaiono rapidamente. Questo nuovo modo di
operare ha prodotto una serie di classificazioni non evoluzionistiche delle forme sociali che però,
dato il numero esorbitante, alcuni antropologi hanno cominciato a mettere in dubbio l‟utilità
dell‟impresa.

Fare a meno delle tipologie: le aree culturali in America


L‟antropologia americana nella prima metà del XX secolo ignorava quasi del tutto la classificazione
della società. Seguendo F.Boas, gli antropologi americani rifiutarono l‟ECU. Boas e i suoi seguaci
lavorarono principalmente sulle popolazioni indigene dell‟america settentrionale, cominciando a
raccogliere dati più accurati soprattutto sulla storia dei singoli gruppi. Quelle società non erano
cambiate nel tempo progredendo tutte attraverso stadi uniformi. Egli sottolineò che le nuove forme
culturali sono spesso prese in prestito dalle società vicine invece che inventate. L‟autore si rese
conto che se nel cambiamento culturale il ruolo importante spetta al “prestito” e non all‟invenzione,
la sorte degli schemi unilineari era ormai segnata. Boas criticava sia la visione culturale-
evoluzionistica delle società come elementi isolati di stadi universali sia la concezione struttural-
funzionalista che teorizzava tipi sociali delimitati e temporali. Gli autori formarono un approccio
delle Aree culturali. Compilarono elenchi di tratti culturali (o caratteri) tipici di un gruppo
particolare del quale poi determinavano la diffusione delle zone limitrofe. L‟area culturale era
definita di limiti del prestito (o diffusione) di un tratto (o di un insieme di tratti). Questo stile di
ricerca ebbe riflessi sulle altre forme sociali.; giungendo alla conclusione che qualunque tipo di
classificazione è priva di senso.

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La realtà del dopo guerra
Quando le ex colonie divennero indipendenti i loro cittadini respinsero la visione occidentale, che i
aveva sottomessi e “bollati come selvaggi e barbari, per dimostrare che anch‟essi erano capaci di
una forma di governo e di formare una vita altrettanto civile. Ciò significò per l‟occidente un‟offerta
di nuove esperienze dell‟altro che facevano apparire la proposta dell‟ECU ancora meno plausibile e
più distorta.
Inoltre la decolonizzazione permetteva agli antropologi di volgere l‟attenzione direttamente al
colonialismo, in quanto forma di dominazione politica che privava i gruppi sociali indigeni della
autonomia e li ristrutturava con forza, collocandoli in una posizione subordinata all‟interno di una
società più vasta. Contemporaneamente antropologi di origine non occidentale iniziarono ad unire
le loro voci con quelli occidentali e a criticare questi stereotipi culturali istituzionalizzati dell‟ECU e
dello struttural-funzionalismo.

Lo studio delle forme di società al giorno d’oggi


La classificazione delle forme di società non è il fine ultimo della maggior parte degli antropologi
contemporanei. Alcuni in particolare quelli interessati ai problemi politici ed economici continuano
però a trovare utili tali classificazioni. Le classificazioni, differiscono a seconda dei problemi da
risolvere; così le società raggruppate in base ad analogie di organizzazione politica saranno distinte
se vengono considerate le strategie di sussistenza. La lunghezza dei confini fa si che esistano una
varietà considerevoli tassonomie che non riflettono la realtà oggettiva ma sono solo una
costruzione umana.

PARTE II – Le risorse della cultura


5. Il linguaggio
Si dice linguaggio il sistema di simboli vocali arbitrari usato dagli esseri umani per codificare e
comunicare l‟esperienza di sé al mondo. Il linguaggio fornisce gli strumenti fondamentali per la
creatività, rendendo possibile le conquiste culturali, permette di comunicare ma crea anche barriere
alla comunicazione (diversità linguistica).

Linguaggio e cultura
Il linguaggio umano è un fenomeno bioculturale. Il cervello e l‟anatomia della bocca e della gola lo
rendono biologicamente possibile; ma ogni linguaggio umano è certamente un prodotto culturale, è
condiviso da un gruppo di parlanti, trasmessa storicamente con l‟insegnamento e l‟apprendimento

L’interesse antropologico per il linguaggio


E‟ utile distinguere il Linguaggio dalle lingue. Il Linguaggio (L maiuscola) è la proprietà astratta
della specie umana nel suo insieme, ogni gruppo umano poi, parla la propria lingua (l minuscola).
Di solito quando si usa il termine lingua pensiamo alla lingua parlata ma in realtà la comunicazione
può avvenire anche per iscritto (alfabeto Morse o Linguaggio dei segni). La comunicazione umana
è il trasferimento di informazioni da una persona all‟altra non necessariamente per mezzo della
parola (comunicazione non verbale). Anche la comunicazione linguistica non dipende solo dalle
parole. I parlanti hanno in comune non solo un vocabolario la grammatica ma anche assunti sul
modo di parlare magari non condivisi da chi parla un'altra lingua. Studiando un'altra lingua si
scopre subito che la traduzione parola per parola non funziona; studiare un'altra lingua infatti
significa apprendere anche i contesti appropriati per l‟uso delle diverse forme linguistiche. Il
sistema linguistico va reintegrato quindi necessariamente nel contesto culturale dal quale era stato
astratto.

Parlare dell’esperienza

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La lingua, come la cultura, è il prodotto degli sforzi umani per venire a patto con l‟esperienza. Ogni
lingua naturale è adatta a soddisfare i bisogni dei parlanti che tendono a sviluppare un vocabolario
più ampio per gli aspetti considerati più importanti. Nonostante le diversità lessicali e grammaticali
tutte le lingue naturali studiate dai linguisti si dimostrano ugualmente complesse. Non esiste una
lingua primitiva. Tradizionalmente la lingua si associa con un gruppo concreto di persone
(Comunità linguistica); poiché ogni lingua contempla modi di parlare, i membri di una comunità
linguistica non hanno tutti la stessa conoscenza della lingua: individui diversi infatti usano
diversamente le risorse linguistiche. Esistono diversi modi di comunicare l‟esperienza e non c‟è
alcun criterio assoluto per preferire uno all‟altro; le differenze fra le lingue comunque non sono
assolute.

Caratteri formali del linguaggio


Hockett nel 1966 elencava 16 diversi caratteri formali che distinguono il linguaggio umano dalle
altre forme di comunicazione animale. 6 sono utili per definire le caratteristiche distintive:
1. Aperturadetta anche creatività del linguaggio da Chomsky: i parlanti sono in grado non
solo di capire ma anche di produrre messaggi mai sentiti prima; essa rappresenta la capacità
di comprendere la stessa cosa da punti di vista diversi. Questo è particolarmente importante
quando si confronta il linguaggio dell‟uomo con i sistemi di richiamo delle scimmie
antropomorfe: sono in numero limitato e vengono prodotti solo quando l‟animale si trova
in una certa situazione. (detti, per questo, sistemi chiusi).
2. Dislocazionecapacità umana di parlare di oggetti o eventi assenti, inesistenti, passati e/o
futuri.
3. Arbitrarietàassenza di legame fra un suono e un significato (es. la parola “cane” non
indica in nessun modo la rappresentazione grafica dell‟animale “cane”.)
4. Dualità di configurazionela linea è organizzata secondo 2 livelli:
a. suono: la serie ristretta di fonemi che caratterizza la lingua non è casuale, ma
organizzata secondo un modello;
b. significato: la grammatica combina i fonemi secondo regole del tutto diverse fino a
formare i morfemi (parole);

5. Semanticitàassociazione di segnali linguistici con aspetti del mondo sociale, culturale, di


una comunità linguistica. Il linguaggio serve per descrivere la realtà in una data comunità;
6. Prevaricazionecon il linguaggio è possibile mentire e alcuni enunciati che sembrano
corretti possono essere in realtà privi di senso, falsi e illogici.

Linguaggio e contesto
Oggi i linguisti studiano le interazioni verbali dei bambini nel contesto sociale e culturale, attirando
l‟attenzione su ciò che i bambini sanno fare benissimo e non come accadeva qualche anno fa
durante i quali gli studi si concentravano sugli errori commessi dai bambini nello sforzo di acquisire
la competenza comunicativa (Chomsky). Sembra che essi sin dalla più tenera età comunichino
molto fluentemente producendo frasi corrette e appropriate al contesto. La competenza
comunicativa (CC) è un espressione coniata dall‟antropologo e linguista DELL HYMES. Egli ha
contestato la visione di Chomsky secondo la quale la CC consta solo nella capacità di fornire
giudizi di grammaticità. Secondo Hymes, quando l‟adulto parla non si limita a seguire le regole
grammaticali ma è anche in grado di scegliere temi appropriati alla sua posizione sociale , quella
della persona alla quale si rivolge e al contesto sociale di riferimento. (esempio: uso dei pronomi
personali). Questo problema per gli anglofoni non esiste in quanto danno a tutti del “tu”, ma se
hanno cercato, ad esempio di imparare il francese hanno dovuto imparare le regole dell‟uso dei
diversi pronomi personali: singolari, plurali e contesti d‟uso.

L’ipotesi di Sapir-Whorf

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Sapir e Whorf hanno notato che lingue diverse spesso descrivono la stessa situazione in modi
grammaticali diversi, conclusero che la lingua ha il potere di plasmare la visione del mondo. Questa
affermazione va sotto il nome di IPOTESI di SAPIR-WHORF o come principio di relatività
linguistica.
La cosiddetta versione forte di quest‟ipotesi nota come determinismo linguistico ha ridotto i
modelli di pensiero e cultura ai modelli grammaticali della lingua: se la grammatica di una lingua
classifica i sostantivi in maschili e femminili i parlanti sono costretti a concepire maschi e femmine
come esseri radicalmente differenti. Altri ricercatori propongono una versione che smorza la forza
modellatrice della lingua al punto di renderla insignificante. Né Sapir né Whorf erano a favore del
determinismo linguistico (secondo cui pensiero e parola non sono imprigionati in un unico insieme
di forme grammaticali).

I componenti della lingua


La linguistica va alla ricerca di modelli applicati dai parlanti che mirano a descrivere riducendoli a
una serie di regole dette grammatica.
I componenti della lingua sono 5:
1. FONOLOGIA: studio dei suoni della lingua.
2. MORFOLOGIA: studia la struttura interna delle parole.
3. SINTASSI: studia della struttura della frase.
4. SEMANTICA: studio del significato.
5. PRAGMATICA: studio della lingua nel contesto d‟uso.

Fonologia: i suoni
Lo studio dei suoni linguistici si chiama fonologia; i suoni linguistici hanno la particolarità di essere
prodotti da una serie di organi (fonatori)che appartengono solo alla specie umana. I suoni
effettivamente emessi dalla bocca sono detti foni; li percepiamo all‟interno di un particolare ambito
di variazioni come allofoni funzionalmente equivalenti dello stesso fonema, il suono tipico della
lingua. Nessuna lingua usa tutti i suoni che gli organi fonatori sono in grado di produrre; sebbene
tutte le lingue si basino su pochi fonemi, non esistono 2 lingue che facciano uso dello stesso
insieme. Inoltre spesso ci sono differenze fonologiche anche tra parlanti della stessa lingua con
produzione di “accenti”; essi di solito non ostacolano la comprensione ma l‟articolazione distintiva
rivela origini etniche , regionali e socioeconomiche del parlante.

Morfologia: la struttura della parola


La morfologia studia le regole della formazione della parola . Le parole non sono tutte uguali:
alcune non sono suddivisibili in elementi più semplici (sangue) altre si (purosangue); inoltre
talvolta concetti che in una lingua si esprimono con una sola parola, in un'altra né richiedono di più
di una; inoltre bisogna considerare il fatto che in alcune lingue non è facile suddividere un
enunciato in parole. Per capire la struttura di lingue come questa, i linguisti hanno introdotto il
concetto di morfema: unità linguistica minima portatrice di significato. Definendo morfemi l‟unità
minime di significato e non le parole si possono confrontare diverse lingue.

Sintassi: la struttura della frase


I linguisti hanno cominciato a studiarla dopo aver scoperto che le regole della morfologia non erano
sufficienti per spiegare alcuni modelli ricorrenti di morfemi Esistono infatti frasi strutturalmente
complesse o ambigue. L‟esistenza di tali frasi si spiega ammettendo che il ruolo della parola
all‟interno della farse dipenda dalla struttura globale della frase e non dalla parola. Sicché la frase
si definirà come una catena ordinata di parole, a loro volta classificate come parti del discorso a
seconda della funzione che svolgono nella frase. Inoltre si deve considerare che l‟interpretazione di
frasi ambigue dipende dal raggruppamento delle parole. (raggruppamento strutturale); esso separa le
varie parti del discorso in categorie che rappresentano i veri mattoni della frase. Chomsky, afferma

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che oltre ad una struttura superficiale (visibile) della frase esiste anche una più profonda,che non si
vede; il parlante, in questo caso avverte che due frasi sono collegate perchè hanno la stessa struttura
profonda.

Semantica: il significato
I linguisti hanno a lungo evitato la semantica, per la grande complessità del termine significato.
Essa ha preso il via dalla tesi di Chomsky secondo la quale le grammatiche devono rappresentare la
totalità delle conoscenze linguistiche , e quindi anche il significato contenuto nella testa del
parlante. Ha concentrato l‟attenzione sui legami esistenti fra parole all‟interno della lingua
esplorando rapporti come la sinonimia(significatovecchio e anziano), omofonia (stesso suono,
diverso significatoParte, sostantivo e Parte: verbo), antonimia (significato oppostoalto e basso);
ha inoltre definito le parole in base alla denotazione (ciò che indicano nel mondo reale). Per alcune
parole la denotazione non è così semplice, sia perché non tutte le parole corrispondono ad un
oggetto nel mondo reale, sia perché anche se rappresentano un oggetto reale, esistono le metafore (
forma di linguaggio figurato o non letterale che viola le regole formali della denotazione collegando
espressioni tratte da campi semantici irrelati) che non semplificano il compito di capire il corretto
significato. Tutto ciò ci fa capire che gran parte del significato referenziale di una lingua non può
essere accuratamente compreso se tralasciamo il contesto dell‟uso linguistico

Pragmatica: la lingua nei contesti d’uso


Si definisce pragmatica lo studio della lingua nel contesto d‟uso. Ogni contesto presenta limiti e
possibilità riguardo i contenuti e modalità espressive. La pragmatica formale nata negli anni ‟70 –
‟80 dà una definizione molto ristretta sia dell‟uso sia del contesto linguistico, limitandosi a quelli
presumibilmente comuni a tutti i parlanti di tutte le lingue. Bisogna considerare due tipi di
contesto:
linguistico: riguarda le altre parole, frasi che circondano l‟espressione di cui si vuole
studiare il significato ;
non linguistico: oggetti e attività presenti nella situazione linguistica, mentre
parliamo.

La pragmatica dirige l‟attenzione al discorso, che si definisce formalmente come il processo


comunicativo superiore alla frase, unificato da un tema: una serie di frasi enunciate da un solo
individuo, o una serie di battute in una conversazione fra due o più persone.

Etnopragmatica
A. Duranti considera l‟Etnopragmatica lo studio dell‟uso linguistico che basandosi sull‟etnografia
illustra i modi nei quali la comunicazione e l‟interazione sociale si costituiscono a vicenda. Essa i
concentra sulla pratica, l‟attività umana nella quale si trovano riunite insieme di regole
grammaticali, valori culturali e azioni fisiche. Tale prospettiva individua l‟origine del significato
nell‟attività sociale quotidiana anziché nella grammatica per cui considera i fonemi e i morfemi
come risorse linguistiche e non come regole rigide. La comunicazione quindi è possibile anche
quando le persone che interagiscono parlano lingue diverse; ciò che serve è condividere il senso di
“ciò che sta succedendo”e la capacità di negoziare “chi farà cosa”. Tale mutuo coinvolgimento
modella le pratiche comunicative della lingua parlata ma anche valori e saperi che non si
esprimono a parole. Poiché la maggioranza delle persone si impegna in diverse attività pratiche con
sottogruppi, ognuno padroneggia varie pratiche comunicative e abiti linguistici comunicativi (generi
del discorso).
Bakhtin ha introdotto il concetto di eteroglossia, cioè la condizione normale della conoscenza
linguistica in qualsiasi società con divisioni interne e descrive la coesistenza di molte forme e
norme linguistiche . L‟approccio pratico all‟uso linguistico dimostra come la grammatica, azioni e
valori siano inestricabilmente collegati.

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Una delle circostanze dove l‟influsso del contesto appare più ovvio è quando i parlanti ritagliano le
parole su misura per l‟auditorioA. Duranti ha scoperto un “senso del pubblico” fra gli oratori di
professione che dibattono le cause davanti ai nobili, riuniti nel periodico consiglio di villaggio a
Samoa.

Le lingue Piding: negoziare il significato


Le lingue pidgin sono il risultato della negoziazione di significato fra due lingue diverse. La
negoziazione produce un nuovo insieme diverso da entrambe le lingue che lo hanno generato e
non riconducibile a nessuna delle due. La sua forma riflette il contesto d‟origine ; il vocabolario di
solito proviene dal gruppo dominante che lo impara con facilità , ma sintassi e fonologia tratte dai
dominati sono di più semplice apprendimento. Sono lingue ridotte, senza parlanti nativi e si
sviluppano nel corso di una sola generazione fra membri di comunità linguistiche. Quando il pidgin
diviene la prima forma trasmessa alle generazioni successive si parla di Creolo che implica
l‟integrazione di complessità fonologica, sintattica, fino a somigliare a una lingua convenzionale.
La concezione tradizionale ha fatto pensare che la formazione di un pidgin getti luce sulle basi
biologiche universali del linguaggio. Secondo l‟autore le numerose diversità rilevate, ad esempio
fra il pidgin inglese delle Hawaii e il creolo che ne discende sarebbero frutto di un “bioprogramma”
linguistico innato dei creatori e le stesse forme si ritroverebbero anche in altri creoli. Numerosi studi
hanno cercato di approfondire questa ipotesi. Si è trovato che la vecchia distinzione fra pidgin e
creoli non sembra trovare più alcuna giustificazione (si sono trovate pidgin divenute lingue native,
dialetti pidgin). La scoperta dell‟eteroglossia fra comunità linguistiche pidgin/creole ha portato a
definire il pidgin come lingua secondaria e il creolo come lingua principale di una comunità
linguistica, che abbia o meno parlanti nativi. Secondo tale teoria la creolizzazione è probabile
quando chi usa il pidgin si trovi in nuovi contesti sociali che richieda una nuova lingua tutte le
attività pratiche della vita quotidiana , senza un contesto del genere è difficile che emerga un creolo.
Volere vedere bel pidgin una forma di pratica comunicativa significa dover prestare attenzione al
ruolo degli inventori in quanto agenti attivi del processo. Nel negoziare il significato tutti gli esseri
umani sembra intuiscano quali parti del discorso veicolino più significati e quali si possono
tralasciare. Forse i parlanti fanno uso di qualunque risorsa linguistica per stabilire un significato
comune e convenzionale.

Ineguaglianza linguistica
I pidgin e i creoli sono molto più complessi di quanto si possa pensare, ma dove coesistono con la
lingua del gruppo dominante sono in genere, considerate incomplete, inferiori. Il giudizio deriva
dalla situazione che porta alla formazione della maggioranza dei pidgin: la dominazione coloniale
Europea. In ambito coloniale la lingua dei colonizzatori è ritenuta superiore al pidgin a al creolo,
bollati come varianti inferiori. La situazione si aggrava quando anche l‟istruzione avviene con la
lingua dei dominatori che quindi chi parla i pidgin non riuscirà facilmente a padroneggiare, restando
escluso. L’adozione di un'unica varietà linguistica come termine di paragone per tutte le altre
lingue si può definire etnocentrismo linguistico.

Gli abiti linguistici degli Afroamericani


Negli anni „60 certi psicologi affermavano che i bambini di origini afroamericane abitanti in aree
urbane del nord degli USA soffrivano di deprivazione linguistica, la loro lingua in pratica non era
all‟altezza delle sfide poste dalla comunicazione. Il sociolinguista Labov iniziò una ricerca che
dimostrò:
1. l‟inglese parlato nei ghetti non è una pseudolingua incompleta;
2. in un contesto diverso gli stessi bambini non mostravano tale difficoltà.

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Quando in classe (contesto euro-americano) li interrogavano su temi per loro di nessun interesse
parlavano poco, ma non a causa della deprivazione linguistica; per i bambini afroamericane la
classe era parte della più vasta cultura razzista al di là delle mura scolastiche; aspetto che gli
psicologi avevano trascurato. Labov e colleghi fecero una ricerca nelle case e nelle strade del
ghetto dimostrando che l‟inglese afroamericano è una variante dell‟inglese con regole in parte
diverse dalla lingua standard: la maggioranza dei parlanti appartenenti alla classe media non
applicherebbe determinate regole mentre le applicherebbe la maggior parte degli afroamericane. Ma
nessuna delle due lingue è per questo incompleta. Di fatto differenze simili distinguono gli abiti
linguistici di molti sottogruppi sociali in una società. In sintesi la ricerca di Labov mostra che non
solo i bambini afroamericane non erano deprivati linguisticamente ma che essi erano partecipi di
una ricca cultura linguistica.

Abiti linguistici maschili e femminili


La diversità negli abiti linguistici non è una prerogativa solo dei gruppi etnici, ma esistono anche fra
maschi e femmine. Un importante studio è quello di Goodwin sulle dispute del genere “lui-ha-detto-
lei-ha-detto” fra ragazzine afroamericane: le ragazzine facevano girare pettegolezzi su di loro e
dovevano scoprire chi le aveva messi in giro. La sociolinguista Tanner esamina gli stili del discorso
maschile e femminile affermando che gli uomini usano il linguaggio come arma competitiva in
ambiti pubblici, le donne per stabilire e mantenere rapporti privati. Essa descrive ciò che succede
quando ciascun sesso ritiene che le proprie regole siano le sole e non si accorge che l‟altro definisce
l‟uso linguistico da una diversa prospettiva. Esempio portato dalla Tanner: il marito torna a casa
stanco; vuole silenzio. La moglie ha voglia, dopo una giornata trascorsa in solitudine, di parlare. Lei
interpreta il silenzio come segno di freddezza e né soffrirà. Lui forse si irrita per i discorsi della
moglie non perché la rifiuti personalmente ma perchè crede di avere diritto al silenzio.

Lingua e verità
Thomas Kuhn (filosofo della scienza)sostiene che i cambiamenti nel modo di collegare termini
scientifici e natura non sono riconducibili a logica e grammatica. Essi avvengono grazie
all‟esperienza e al contesto. E non c‟è una lingua neutra nella quale tradurre e in seguito giudicare
risposte giuste o sbagliate le teorie opposte. Inoltre se la visione della realtà è frutto della dialettica
far l‟esperienza e la lingua l‟ambiguità non sarà mai eliminata dai sistemi simbolici inventati
dall‟uomo. La coscienza riflessiva rende gli uomini consci di ambiguità e alterative. Né tantomeno
si può pensare che l‟esperienza del dubbio sia solo occidentale. Per quanto si possa approfondire il
linguaggio non si riuscirà m,ai a definirne tutti i significati e a circoscriverne le regole. Il
linguaggio è un sistema aperto e finché dura la storia umana si creeranno forme nuove e si
inventeranno di continuo nuovi usi.

6. Processi cognitivi
I segnali che riceviamo dal mondo esterno, siano essi parole, composizioni di luci e ombre che
colpiscono la retina, odori, sapori o forme che avvertiamo al tatto, ammettono di solito più
interpretazioni.

La dialettica fra i processi cognitivi e la cultura


In ogni società umana l‟esperienza stessa tende conformarsi ad un modello. Crescendo diveniamo
più consci degli schemi che la nostra cultura riconosce ed impariamo ad usarli come prototipi per
interpretare nuove esperienze. Gli occidentali, ad esempio, non sfuggono allo schema del Natale
con tutti i propri riti: la neve, il freddo, la cucina di alcuni cibi, l‟albero, il presepe, l‟andare in
chiesa. Anche i non cristiani che vivono in occidente devono venire a patti con questo schema. Di
solito accettiamo senza discussioni uno schema riconosciuto dalla cultura; essi sono inseriti in
attività pratiche , hanno un etichetta specifica possono fungere da cardine nelle conversazioni.

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L’universo cognitivo come sistema aperto
L‟universo cognitivo è un sistema aperto. I processi cognitivi si svolgono nel contesto delle attività
culturali di routine e che richiamano l‟attenzione su certi aspetti del mondo e né ignorano altri. Ciò
che pensiamo dipende in gran parte da ciò che abbiamo imparato a prendere in considerazione in
passato, perciò è probabile che gruppi diversi all‟interno di una stessa società sviluppino punti di
vista differenti. Quando apprendiamo ricorriamo a categorie preesistentifenomeno di
dislocazione. Tutti i senso giocano degli scherzi e basta qualche trucco per farci percepire ciò che
non esisteprevaricazione. Entrambe sono caratteristiche del simbolismo.
Nei processi cognitivi si distinguono spesso 3 aspetti:
1. percettivo; 2.intellettuale; 3. emotivo.

Capacità cognitive e intelligenza


Secondo Vygotskij ognuno possiede alla nascita o sviluppa col tempo certe capacità cognitive e
elementari. Pertanto si è tradizionalmente misurata l‟intelligenza con uno strumento chiamato test
d‟intelligenza assegnando alle quantità di risposte giuste un punteggio detto Q.I. .
Vygotskij distingue i processi cognitivi elementari (PCE) cioè capacità di astrazione,
categorizzazione e ragionamento induttivo Diverse culture però organizzano i PCE in sistemi
cognitivi funzionali (serie di processi cognitivi culturalmente collegati che guidano percezione,
concezione, ragione ed emozione) differenti, destinandoli a compiti distinti a seconda del contesto.
Si pensi alle capacità linguistiche dei bambini afroamericani misurate dagli psicologia
euroamericani (cap. 5).

La Percezione
Si definisce l’insieme dei processi attraverso i quali le persone si organizzano ed esperiscono
informazioni di origine sensoriale. A volte alcune percezioni si rivelano erronee sia per ragioni
fisiche sia perché le osservazioni i non sono disinteressate.

Illusione
Lo studio delle illusioni ottiche rivela la natura della percezione visiva reale. La conoscenza del
contesto permette di distinguere l‟irreale dall‟illusorio. Una possibile spiegazione delle illusioni
ottiche è che siano il risultato di normali processi cognitivi erroneamente selezionati e applicati a
una certa serie di segnali visivi. Le illusioni ottiche sono frutto di procedimenti malposti: processi
cognitivi perfettamente normali che, per qualche ragione, sono stati scelti e applicati,
impropriamente a una particolare serie di segali visivi.
Gregory (1983) distingue 4 tipi di illusioni ottiche:

1) Distorsioneciò che si vede può apparire “più grande”, “più piccolo”, “più lungo”, “più
corto” es. “illusione di Ponzo”:

La linea superiore sembra più


lunga di quella inferiore. Gioca
sulla capacità di vedere lo spazio
tridimensionale in un disegno a 2 dimensioni.

2) Ambiguitàsi ha quando la serie di segnali visivi è costante ma il soggetto la percepisce


procedendo da una all‟altra. es. “cubo di Necker”: se lo si fissa si ha l‟impressione di
muoversi: la faccia che era davanti, all‟improvviso si percepisce all‟indietro e viceversa.
la mente non sa decidere su quale delle 2 immagini focalizzarsi,. sono possibili entrambe

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3) Paradossoimmagine che appare contraddittoria, es. Relativity di Escher.

4) Immaginazionevedere cose che non ci sono: es.“triangolo di Kanizsa”:

Si ha l‟impressione che i lati del triangolo bianco si incurvino


all‟interno .

Le percezioni sono plasmate dall‟esperienza abituale. Tutti nel mondo ogni tanto ci troviamo di
fronte a qualche illusione ottica. A differenza dei disegni impiegati nei test psicologici le fonti
spesso sono astratte. Teoricamente secondo Gregory formuliamo ipotesi su quanto i segnali
visivi assai probabilmente rappresentano nel mondo reale che conosciamo.

Stile cognitivo
L‟espressione stile cognitivo indica un modello ricorrente di attività percettive e intellettive. Gli
antropologi di orientamento psicologico hanno comparato gli stili cognitivi in un continuum che va
dal globale all‟articolato.
coloro che usano lo stile globale propendono per una visione solistica del mondo e
sono detti ambito-dipendenti;
coloro che usano uno stile articolato tendono a frantumare il modo in piccoli pezzi e
sono detti ambito-indipendenti.

Indagini dettagliate dimostrano che lo stile cognitivo varia spesso da compito a compito e da
contesto a contesto.
J.Lave si propose, attraverso una ricerca di verificare l‟ipotesi diffusa secondo cui lo stile cognitivo
non cambia con il variare del contesto; intendevano scoprire se la gente comune faccia uso delle
stesse abilità matematiche al supermercato a scuola e in cucina. I soggetti sono stati sottoposti ad
una prova di matematica per determinare in quale misura riuscissero a risolvere certi problemi in
un contesto scolastico. I soggetti sono stati osservati alle prese con la matematica mentre facevano
la spesa, alla fine i ricercatori, hanno presentato loro coppie di prodotti alimentari con la richiesta
di calcolare gli acquisti più convenienti. E‟ emerso che solo il 59% ha ottenuto le risposte esatte
nella prova di matematica; ma le risposte esatte sono diventate il 98% al supermercato e il 93%
nella valutazione dell‟acquisto più conveniente. Le strategie usate “al supermercato” erano diverse
da quelle usate nel contesto scolastico per la risoluzione di compiti matematici; erano infatti
strategie di tipo informale:
ispezione: constatazione di maggior quantità a minor prezzo;

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della differenza: consiste nel decidere se una differenza quantitativa marginale
potesse giustificare la differenza di prezzo.

Le persone che usano tali strategie sono più vicine all‟estremo globale: ambito-dipendente.

Lo studio delle illusioni ottiche dimostra che c‟è un abisso fra quanto vediamo e quanto sappiamo
fra percezione e cognizione. Poiché il nostro rapporto con il mondo è dialettico tra esse non c‟è un
confine netto anzi spesso le percezioni ci spingono modificare le nostre concezioni.
In sintesi si può quindi affermare che il processo cognitivo è un nesso di relazioni fra la mente
all‟opera e mondo in cui essa opera.

La concezione
Un modo per illustrare il legame fra percezione e concezione è quello del confronto fra criteri di
classificazione di fenomeni adottati da diverse società. Greenfield ha condotto una ricerca in
Senegal usando una serie di immagini su schede e chiedendo ai soggetti di scegliere le due figure
più simili di ciascuna serie e poi spiegarne il motivo. I test è stato somministrato a 3 gruppi diversi:
a) Di cultura tradizionale che non erano mai stati a scuola, di età fra i 6 anni e la maturità;
b) Abitanti del centro rurale del primo gruppo ma scolari;
c) Scolari della capitale senegalese.

La prestazione degli scolari (sia del centro rurale che di città) è uguale a quella dei bambini
americani, ossia quanto più lungo era stato il periodo di scolarizzazione tanto maggiore era la
propensione a classificare gli oggetti per forma e funzione anziché per colore. I bambini con più
anni di istruzione tendevano a spiegare le loro scelte in base a categorie concettuali . I bambini mai
andati a scuola indipendentemente dall‟età prediligevano il colore come elemento distintivo.
La differenza era imputabile all‟esperienza dell‟istruzione occidentale che inculcava in persone con
facoltà percettive normali gli abiti europei di analisi percettiva. Il probabile influsso dell‟istruzione
occidentale sui metodi di classificazione è emerso anche dalla ricerca di Sharp & Cole in Messico. I
ricercatori hanno sottoposto il test a 4 gruppi di bambini e giovano adulti di una zona rurale (scolari
di I, III e VI classe e adolescenti con al massimo 3 anni di scuola) . Essi hanno scoperto che non
tutti erano in grado di ordinare tutte le schede secondo una regola unica, tuttavia i più grandi
riuscivano meglio dei piccoli; gli adolescenti si collocavano ad un livello intermedio fra scolari di I
e III. Douglas Price-Williams nella sua ricerca con popolo della Nigeria ha deciso di usare figure di
animali e 10 tipi di piante noti ai bambini (sospettando che la precedente ricerca fosse viziata dalla
richiesta di figure troppo inconsuete per i bambini africani). I bambini più piccoli erano in grado di
classificare tutti gli oggetti in 3 o 4 modi diversi; mentre i più grandi in 5 o 6 modi;
indipendentemente dall‟istruzione . Gli autori osservarono che sebbene ei bambini raggruppassero
gli animali per prima cosa in base ad attributi concreti (dimensioni, habitat) raggruppavano le piante
in base all‟attributo astratto della loro commestibilità. Questi studi hanno evidenziato che membri
competenti di tutte le società utilizzano una varietà di stili cognitivi.

Ragione e ragionamento
Gli psicologi cognitivi ha adottato la famosa definizione del pensare data ad Bruner “andare oltre le
informazioni ricevute”. Ciò comporta una dialettica comune tra alcune informazioni già disponibili
e processi cognitivi della persona che si trova a manipolare quelle informazioni. Vi sono stati vari
tentativi di misurare i livelli di pensiero razionale presso le popolazioni extraoccidentali, con
risultati eterogenei. Un sistema usato di frequente è il test di conservazione di Piaget per misurare lo
sviluppo cognitivo del bambino. I bambini che possiedono il concetto di conservazione sono in
grado di riconoscere che la quantità di una data sostanza rimane costante anche se travasata in un
recipiente di forma diversa. Per Piaget il raggiungimento di tale capacità è un importante passo
avanti verso il pensiero razionale maturo.

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Test di conservazione sono stati svolti in varie società, sempre però con risultati ambigui.

Cultura e logica
Un‟altra serie di test cognitivi riguarda le capacità di ragionamento verbale. Si presentano 3
affermazioni sotto forma di sillogismi. Le due preposizioni sono dette premesse, la terza è la
conclusione. Perché un sillogismo sia corretto, la conclusione deve seguire le premesse. Il
ragionamento sillogistico è un importante requisito del pensiero razionale. I ricercatori hanno
proposto di utilizzare i sillogismi per studiare le facoltà razionali dei popoli extra occidentali.
Il problema logico era normalmente inserito un racconto. Ispirato alla tradizione al quale seguivano
una serie di domande a catena per capire se sapessero trarre la giusta conclusione dalle premesse
date. Dai risultati emerse che i soggetti non capivano che la lettura si svolgeva in una situazione di
prova nella quale considerazioni di contesto e significato non erano pertinenti. Sembra che essi
avevano difficoltà a separare il problema logico sia dai cenni introduttivi che dalle conoscenze
empiriche. La risposta del soggetto non era dovuta ad una irrazionalità quanto ad una mancata
accettazione del compito logico. In una ricerca successiva scoprirono che questi ragazzi delle
scuole superiori rispondevano correttamente a questi problemi in 90% dei casi. Ciò indica una forte
correlazione fra istruzione di tipo occidentale e disponibilità ad accettare compiti analitici avulsi dal
contesto in situazioni di prova.
In sintesi si può affermare che è molto difficile capire come i processi cognitivi elementari operino
entro schemi culturali condivisi, producendo differenti sistemi cognitivi funzionali noti come “stili
di ragionamento”. Sembrerebbe che la logica formale sia diversa tanto dagli stili occidentali di
ragionamento informale quanto da quelli extraoccidentali : la logica formale impone di trarre
conclusioni in assenza di contesto , senza l‟ausilio di schemi culturali, in quanto fonte di ambiguità.
Il pensiero occidentale informale e quello extraoccidentale affondano le proprie radici negli schemi
culturali e quindi dipendono contesto.

Le emozioni
Gli antropologi hanno scoperto che diverse culture usano linguaggi diversi per parlare di emozioni e
che non tutte possiedono un termine equivalente.
Nelle tradizioni dualiste occidentale la ragione e il pensiero sono associati alla mente; le emozioni
con il corpo. Le emozioni si possono intendere come prodotto della dialettica fra eccitazione fisica e
interpretazione cognitiva.
Mandler sostiene che la prima (eccitazione fisica) può scatenare un esperienza emotiva attirando la
nostra attenzione così da indurci a cercarne la fonte. All‟opposto una certa interpretazione
dell‟esperienza può scatenare l‟eccitazione fisica che si intensificherà o indebolirà a seconda di
come interpretiamo quanto accade intorno a noi. L‟autore considera le emozioni sistemi funzionali;
ciascuna emozione collega i processi elementari che coinvolgono i meccanismi dell‟eccitazione
fisica con altri processi elementari.
Forse l‟eccitazione fisica ci “mette in guardia” da qualcosa di nuovo e inatteso nell‟ambiente in
questo senso le emozioni deriverebbero da una storia evolutiva “intelligente”. Quando qualcosa
interrompe la normalità sperimentiamo uno stato di eccitazione fisica che può smorzarsi o sfociare
in un‟esperienza emotiva a seconda del significato attribuito. I significati scaturiscono dalle
interpretazioni culturali e da schemi esperenziali ricorrenti.

Le emozioni in una cultura dell’Africa orientale


Parkin ha studiato la costruzione delle emozioni presso i Girama, popolazione della costa del
Kenia. La teoria Girama della natura umana non ammette l‟antitesi classica occidentale far mente e
corpo. Certi comportamenti (follia, isteria) si spiegano come risultato di ciò che potremo chiamare
squilibri della natura umana. Per essi, cuore, fegato, reni e occhi sono sede della ragione e delle
emozioni; attribuiscono origine comune a intelletto e sentimento. Parkin sostiene che esistono

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importanti differenze derivanti dalla natura degli schemi riconosciuti convenzionalmente da tale
cultura.

Le emozioni in Oceania
Lutz fece ricerca fra gli Ifaluk delle isole Caroline nel Pacifico. Tale popolo non ha una distinzione
netta fra pensiero ed emozioni; intendono gli avvenimenti in chiave affettiva e cognitiva. Dire che
provano “song” (giusta ira) ad esempio non è solo la descrizione di uno stato fisico interiore ma
anche un commento sull‟inosservanza di altri al comportamento sociale appropriato. Gli I. si
aspettano che scoprendo di aver suscitato “song” in qualcuno, la persona provi naturalmente
“metagu” (Paura); cioè il comportamento sociale inappropriato interrompe le normali attese sociali,
producendo una reazione emotiva. Si ritiene che lo stato mentale di qualsiasi individuo maturo
abbia in sostanza radici sociali. Di conseguenza protestare la propria giusta ira è il primo passo nel
processo di negoziazione del significato inerente alle azioni altrui in rapporto a sé stessi. Se la
protesta arriva da persone potenti o di status + elevato di solito è pubblicamente accettata e ci
aspetta che la parte responsabile provi ”metagu” . Se invece essa proviene da persone di pari
importanza allora ci sarà una maggior negoziazione riguardo al diritto di usare il concetto di “song”
in quella particolare circostanza.

Il processo di socializzazione e di interculturazione


I termini per indicare il processo di sviluppo cognitivo culturale e sociale sono:
Socializzazione: mette a fuoco i problemi organizzativi che si pongono agli esseri
umani in quanto organismi materiali che devono vivere insieme e far fronte alle
regole di condotta sancite dalle rispettive società;
Interculturazione: mette a fuoco i problemi cognitivi incontrati da esseri umani che
vivono insieme e devono venire a patti con i modi di pensare ritenuti appropriati
dalle rispettive società.

Per divenire umani occorrono entrambi i processi. Il bambino in fondo , impara simultaneamente ad
agire, sentire e pensare partecipando alle attività caratteristiche del gruppo. Impiegheremo quindi un
processo chiamato socializzazione/interculturazione che produce un sé socialmente e culturalmente
costruito in grado di svolgere i compiti richiesti dalla società.

Per Mead e Vygotskij la vita umana è sociale fin dal principio e l‟identità individuale si acquista
solo nel contesto sociale. Vygotskij afferma che la dimensione sociale della coscienza è primaria sia
cronologicamente che oggettivamente, mentre la dimensione individuale è derivata e secondaria.
Come Vygotskij, anche Mead credeva che la socializzazione e l‟interculturazione completino ed
esaltino la natura umana. Il segreto dell‟umanizzazione sta nella padronanza di simboli, che inizia
quando il bambino padroneggia i simboli linguistici, cioè quando comincia a parlare. Con il
concetto simbolico il bambino acquisisce la capacità di distinguere gli oggetti e impara a vedersi
come oggetto/soggetto. Per Mead tale acquisizione si compie attraverso il gioco di ruolo.
Crescendo, il bambino passa allo stadio del gioco: è oramai così esperto nell‟assumere il ruolo altrui
da entrare in interazioni complesse con gli altri perché è in grado di tenere a mente sia il proprio che
il ruolo altrui, impara a distinguere l‟altro generalizzato (o società in generale). Diviene ora
importante la distinzione di V. fra processi cognitivi elementari e sistemi cognitivi funzionale. La
distinzione è utile per l‟antropologia perché consente di descrivere le somiglianze e le differenze
che si osservano comparando il modo di pensare e sentire di diverse culture. Interessante è anche la
nozione Vygotskiana di zona di sviluppo prossimale che è la distanza fra “l’effettivo,livello di
sviluppo determinato dalla soluzione autonoma di problemi” e il livello di “sviluppo potenziale”.
Questo concetto consente agli antropologi di collegare e confrontare lo sviluppo cognitivo con la
società, la cultura e la storia, infatti l‟estensione della zona prossimale dipende da fattori sociali,

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culturali e storici che variano da società a società con conseguenti e prevedibili riflessi sullo
sviluppo cognitivo.

Lo sviluppo cognitivo è lo stesso per tutti?


La prospettiva Vygotskiana ci permette di spiegare le differenze di sviluppo cognitivo fra le culture
ma anche fra i diversi sottogruppi all‟interno di una stessa società. es. un campione di 4299 bambini
è stato seguito fin dalla nascita nel 1973 fino alla fine degli anni 80 da ricercatori cubani che hanno
raccolto informazioni sui loro progressi cognitivi, sociali, economici, fisici e accademici. Essi
hanno identificato una serie di correlazioni fra livello di istruzione, impiego retribuito, standard di
vita e salute delle madri, livello di sviluppo e rendimento dei figli. In termini vygotskiani i dati
mostrano che la zona di sviluppo prossimale è per i figli di donne lavoratrici con più alti livelli di
istruzione. Gilligan ha condotto un indagine comparativa sulla maturazione morale degli uomini e
donne della società nordamericana. I maschi imparano che l‟indipendenza è un bene e la
dipendenza è una forma di debolezza; per contro le femmine maturando in un contesto socio
culturale nel quale non si rompe mai il legame con la madre imparano che i vincoli sono un bene.
La Gilligan situa quindi lo sviluppo morale nel contesto storico e socioculturale.

Processi cognitivi e contesto


I processi cognitivi umani sono fenomeni olistici; il problema è spiegare le diverse interpretazioni.
Risposte precise non esistono; bisogna però sottolineare l’enorme importanza del contesto. Non
solo quello immediato della situazione sperimentale, ma anche quello storico e culturale di fondo,
forse non visibile in laboratorio ma presente nelle menti delle persone. Bisogna inoltre considerare
il contesto storico. Somministrando un test delle illusioni ottiche ad una popolazione dell‟Egitto un
antropologo scoprì che molti nutrivano dubbi sul vero motivo di tale bizzarria. Anni di dominio
coloniale e di sfruttamento per opera di stranieri rendevano comprensibili le paure i quella
popolazione. Se la comprensione del mondo è olistica lo è anche il processo di comprensione
antropologica di un'altra cultura. Un esempio è l‟esperienza di Gilsenan. Egli trascorreva molte ore
con gli informatori nella moschea osservandoli mentre pregavano. Si accorse che alle pareti
c‟erano i versetti del Corano illuminati da luci al neon di colore verde. Inizialmente Gilsenan non
accettava la luce al neon come culto solenne, non potevano “andare insieme” il neon con la
religione. Con il passare del tempo però si abituò all‟idea fino a quando percepiva soltanto la luce
verde e non più il neon. L‟antropologo era comunque in grado di vedere il neon ma era cambiato il
significato attribuito ad esso tale da renderlo un dettaglio irrilevante. Queste metamorfosi della
percezione sembra accompagnino un‟intuizione; esse riplasmano il mondo mettendo a fuoco con
chiarezza nuovi aspetti e rintracciandone altri.; esse sono l‟aspetto fondamentale e misterioso dei
processi cognitivi umani.

7. Il gioco, l’arte, il mito e il rito


Il gioco
Tutti i mammiferi giocano; l‟uomo però è quello che gioca di più e per tutta la vita. Le opere
letterarie più interessanti interpretano il gioco nel mondo animale come prodotto della selezione
naturale: offre ai piccoli l‟esercizio per irrobustire i muscoli e insegna le attività indispensabili per
la sopravvivenza: caccia, fuga e combattimento. Nella fase di crescita del sistema nervoso, lo
sviluppo cerebrale associato con le capacità motorie tocca il massimo con i periodi di più intensa
attività ludica; il gioco è quindi importante per lo sviluppo delle abilità motorie e cognitive; inoltre
l‟esplorazione ludica dell‟ambiente favorisce l‟apprendimento e incoraggia la versatilità
comportamentale. Sembra probabile che la conseguenza del gioco sia quella si trasmettere ai
genitori, familiari, lo stato di salute, benessere complessivo e sana costituzione a breve e lungo
termine (Fagen). Il gioco richiede anche cooperazione, importante ai fini selettivi;un carattere
sempre presente nel gioco degli animali è il divertimento (o svago); il gioco stimola la produzione
di alcuni neuropeptidi come per esempio le endorfine secrete in circostanze legate all‟eccitazione

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del gioco. E‟ possibile che la necessità di giocare per rimediare a danni subiti durante lo sviluppo o
per esercitare capacità si presenti di rado ma quando le circostanze lo permettono gli animali
potrebbero abbandonarsi al gioco anche solo perché è piacevole.

Pensare al gioco
Don Handelman offre una teoria del carattere di apertura sostenendo che il gioco è una forma di
organizzazione delle attività nella quale fini e mezzi sono alterati. Cambiare il rapporto fra mezzi e
fini può sortire conseguenze impressionanti. Dato che nel gioco mezzi e fini vengono alterati i
giocatori godono di grande libertà. L‟attività ludica cancella per esempio i confini di ruolo; lo
scherzo offre un buon esempio di come il gioco funzioni nel contesto culturale. L‟antropologo
A.Miracle, discutendo del comportamento scherzoso in popolazioni della Bolivia osservò che di
solito essi non ridono in presenza di estranei; riso e scherzo sono ammessi solo in presenza di amici
e parenti. Gran parte degli scherzi osservato da M. si svolgeva sulle corriere e gli autocarri affollati
che giravano per le campagne. In circostanze quotidiane se qualcuno fissa un soggetto di tale
popolazione egli può dare in escandescenza , in quanto di solito essi evitano sguardi insistenti e
rispettano la riservatezza altrui anche attraverso il mantenimento ella distanza. Ma su corriere e
autocarri la situazione è diversa. La mutata condizione del contesto conferisce agli scherzi fra
sconosciuti un nuovo significato, trasformando per gioco, gli estranei in amici, così da trasformare
una situazione sgradevole in una più tollerante. Il passaggio dal serio allo scherzoso è anche
concepibile come il passaggio da una realtà ad un'altra. Secondo Bateson questo passaggio richiede
il livello di metacomunicazione (comunicazione sulla comunicazione). Nel gioco ci sono 2 tipi di
metacomunicazione:
Inquadramentodelimitazione cognitiva contrassegna certi comportamenti come gioco o
vita normale. I cani ad esempio segnalano con un espressione giocosa ad altri cani che sono
in vena di scherzi. Se sono d‟accordo mostrano i denti e attaccano ma invece di azzannarsi si
mordicchiano; hanno acconsentito ad entrare in un mondo immaginario; quindi per il gioco
non vale una regola basilare della logica occidentale; si tratta in pratica la stessa cosa in
modi diversi;
Riflessivitàmeditare sulle dimensioni sociali e culturali del mondo. Insinuando che
esistono modi diversi per intendere la vita normale viene da commentare sulla natura di
questa normalità.

Alcuni effetti del gioco


Alcuni studiosi vedono nel gioco una simulazione della realtà vera. Giocando “alla famiglia” i
bambini apprendono ruoli sessuali appropriati alle richieste fatte all‟adulto. Il gioco imita quindi le
attività proprie dell‟adulto divenendo così una forma di apprendimento culturale., Altri pensano che
il gioco accresca la fantasia e l‟originalità del bambino. Lo psicologo B. S. Smith ritiene tale
approccio limitante. Nella sua ricerca sostiene che le attività ludiche sono importanti non perché
forniscono forza socializzante ma perché danno spazio all‟innovazione. Si è dimostrato che le prese
in giro permettono ai bambini di criticare il mondo adulto; alcune forme di gioco adulto (carnevale,
Halloween) servono da commento alla realtà; la società allora si difende considerando il gioco
“finta” , “falso”.

Gioco e visioni alternative della realtà


Il gioco ci permette di riconoscere che nessuna prospettiva di riferimento è assoluta. Si dà gioco se
c‟è consapevolezza di possibilità alternative. Giochiamo soltanto se siamo consci di agire secondo
una serie di regole diverse da quelle della nostra realtà suprema ma soprattutto senza gioco non c‟è
consapevolezza delle alternative. Il gioco quindi dimostra l‟apertura insita nell‟esperienza umana.

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Lo sport
Lo sport è un tipo di gioco che comporta esercizio fisico ed è disciplinato da regole. Componente
della cultura si conforma a un modello rituale, agonistico e comprende in misura variabile, gioco,
lavoro e svago. Il gioco è solo una componente dello sport; offre anche una sorte di identificazione
sociale fra tifosi che accedono ad un mondo di fantasia dove possono identificarsi per gioco con i
loro eroi, inveire contro gli avversari, soffrire gioire. L‟elemento ludico, dunque, inquadra l‟attività
sportiva. Come per ogni forma di gioco nello sport il rapporto fra mezzi e fini è sbilanciato; la
contesa sportiva è fine a sé stessa: atleti e squadre esistono solo per competere! A differenza dei
rivali nel mondo reale che hanno scopi politici, economici e sociali contrastanti, i concorrenti
devono essere protetti, non persuasi ed eliminati.

L’effetto della cultura sullo sport


Lo sport è gioco, ma è un gioco inserito nell‟ordine sociale dominante. Gli sport infatti riflettono i
valori fondamentali dell‟ambiente culturale dove si praticano e cambiano quando vengono trasmessi
altrove. Un esempio proviene dalle isole Trobiand (America settentrionale) dive un missionario
inglese ai primi del 900 introdusse il cricket. Negli anni ‟70 era diventato un altro gioco. Le partite,
disputate fra due villaggi erano un sostituto della guerra e un modo per stabilire alleanze politiche.
A vincere era sempre la squadra di casa ma senza stravincere per non umiliare gli avversari. Nella
prospettiva di alcuni Trobriandesi, il loro cricket era un modo do appropriarsi del gioco preferito dei
colonizzatori inglesi al fine di respingere il colonialismo.

La funzione dello sport nello Stato nazionale


Nel suo studio sul calcio in Brasile, Lever sostiene che lo sport di massa rappresenta un
meccanismo per promuovere l’unità politica e il patriottismo. L‟unità si realizza dimostrando
che le diverse squadre sono in conflitto solo a livello sportivo; su quello nazionale sono davvero
uniti. Esiste una notevole eccezione alla cultura globale dello sport: di regola separa le donne dagli
uomini. Il calcio è incredibilmente importante per gli uomini brasiliani ma lo è assai meno per le
donne (come in tutto il resto del mondo). La segregazione sessuale dallo sport ha rilevanti
conseguenze per l‟educazione di maschi e femmine e influisce, in seguito, sui rapporti fra i sessi. Lo
sport quindi unisce da un lato e dall‟altro divide.

L’arte
Nelle società occidentali l‟arte abbraccia scultura, disegno, teatro, racconto orale. Quando gli
antropologi parlano di arte nelle società non occidentali si concentrano per prima cosa su attività e
prodotti che somigliano all‟arte in Occidente. Le attività differiscono dal gioco in quanto sono
circoscritte da regole che prescrivono di osservare con attenzione le forme degli oggetti prodotti
dagli artisti e forniscono criteri di valutazione.

Una definizione di arte


L‟antropologo Alland definisce l’arte “gioco con la forma che produce una trasformazione –
rappresentazione esteticamente felice.” per l‟autore “forma” si riferisce alle regole del gioco
artistico; la forma è concepibile anche in termini di stile e mezzo. Si dice stile uno schema che una
cultura reputa adatto a un dato mezzo. Gli stessi mezzi necessari alla creazione e all‟esecuzione
artistica sono culturalmente riconosciuti e caratteristici. Per estetico Alland intende attento e
sensibile alla forma in arte o in natura. Esteticamente felice significa che l‟artista esperisce una
reazione emotiva (positiva o negativa). Sarebbe forse più giusto affermare che l‟arte è olistica,
comprendente tutte le facoltà proprio in quanto plasmate dall‟esperienza. La reazione estetica
all‟opera dipende dalla valutazione culturale dell‟appropriatezza di forma e contenuto; la forma può
non essere gradevole di per sé ma deve essere una valutazione convincente del contenuto. I giudizi
di valore estetico guidano l‟artista alla scelta di forma e materiale ma governano anche le
valutazioni degli osservatori; in questo senso l‟arte può essere definita un processo creativo di

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comunicazione vivace comprende l‟opera, l‟artista e il pubblico. ; in sintesi essa (arte) comprende il
processo per mezzo del quale si realizza il prodotto.

Trasformazione-rappresentazione
Per capire la definizione di trasformazione – rappresentazione bisogna ricordare che i simboli
rappresentano qualcos‟altro. Essendo arbitrari si possono separare dall‟oggetto o possono servire
per esprimere un significato del tutto diverso. Poiché trasformazione e rappresentazione dipendono
l‟una dall‟altra l‟autore sostiene che vadano accoppiate. E‟ un modo diverso di parlare di metafore.

Riflessi e influssi culturali


La definizione di Alland mira a cogliere un carattere universale degli esseri umani e delle culture.
Il prototipo occidentale fa la distinzione fra arte e non-arte: alcune canzoni, dipinti, scultura sono
considerate arte, altre No. La motivazione implica il considerare la forte specializzazione delle
società occidentali che ha fatto emergere un sistema dell‟arte formato da critici, storici, insegnanti.
Come pure artisti di professione che si assumono il diritto di definire la “vera arte”. Arte comunque
non è solo quello che una casta di esperti definisce tale, ma anche significato, abilità e mezzo.
L‟antitesi arte/non-arte comunque non è universale. In molte culture non c‟è tale distinzione.
In conclusione si può affermare che l‟arte è così profondamente immersa nella cultura che la
rifletterà e ne sarà controllata a seconda del tipo d relazione esistente con altre aree della cultura
medesima.

L’arte è un linguaggio universale?


Un affermazione comune occidentale è che il linguaggio dell‟arte è universale. In realtà cioè non è
vero! Per comprendere l‟arte dobbiamo esaminare le opere d‟arte e le modalità di esecuzione ma
dobbiamo anche guardare agli artisti, alla loro cultura e posizione sociale. Dobbiamo prestare
attenzione ai fruitori: cosa intendono per arte, quale scopo le assegnano,in quale misura influiscono
sugli artisti. Dato che l‟arte è pervasa dalla cultura, il contesto è indispensabile per interpretarla.
L‟arte comunque deve conformarsi a regole culturalmente appropriate per questo è considerata una
forma di gioco ma soggetto a limitazioni.

La scultura fang e la struttura sociale


Studiandone l‟estetica, Fernandez ha scoperto che i Fang dell‟Africa centrale avevano idee precise
su cosa prediligevano in fatto di scultura. I fang si soffermavano sulla compiutezza o – di ciascun
pezzo, ne discutevano la simmetria, la proporzione di un pezzo rispetto ad un altro asserendo che la
figura dovrebbe essere equilibrata, altrimenti non sarebbe verosimile. I fang sanno bene che le
proporzioni di statue non sono le stesse delle figure reali; per loro la statua non rappresenta
fedelmente l‟aspetto fisico del corpo umano ma l‟equilibrio degli opposti. Essa accomuna statue e
uomini e pertanto le statue diventano ritratti fedeli.

Danza e genere sessuale nella Grecia settentrionale


Cowan ha indagato sul ruolo della danza nella costruzione sociale del genere sessuale nella Grecia
settentrionale prendendo in esame 3 diversi tipi di intrattenimento danzante: nozze, serata formale,
occasione privata. In ciascuno i soggetti si presentano in pubblico e gli altri invitati li giudicano. Ma
maschi e femmine non si presentano né sono giudicati allo stesso modo. Dal punto di vista delle
donne le danza è il luogo dove fuggire e dimenticare le restrizioni della vita quotidiana. Tutti le
incoraggiano a farlo per essere spensierate. Ma la danza pone dei problemi: sono consapevoli di
essere osservate, di agire ma anche di subire e sanno di doversi controllare sia emotivamente che
fisicamente. La danza è il luogo dove queste donne giocano con i confini della sessualità “buona” o
“cattiva”; dalle donne non ci si aspetta che esse reprimano la loro sessualità; d'altronde civetteria,
seduzione sono aspetti della condotta femminile ma sussiste sempre un problema sostanziale: una

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donna tacciata di scarso autocontrollo è passibile di riprovazione. L‟esperienza della danza per la
donna dipende dalla sua posizione nei rapporti di genere.

Un teleromanzo in Egitto
In molti paesi del mondo i teleromanzi sono considerati strumenti utili per istruire certi settori della
nazione nei moderni principi di cittadinanza. Ma ciò che il pubblico trae non è sempre il messaggio
inteso dagli autori. L‟antropologa Abu-Lughod ha studiato un teleromanzo egiziano trasmesso
durante il Ramadan per 5 anni di seguito e incentrato sulle sorti di un gruppo di personaggi di un
antico quartiere del Cairo. L‟azione principale ruotava intorno alla rivalità ai maneggi finanziari e
alle vicende sentimentali di due ricchi uomini con il tentativo di collegare le vicende dei due alla
situazione politica reale egiziana e di esaltare l‟unità nazionale.
La ricerca riguardava due gruppi:
Donne del Cairo lavoratrici e povere.
Abitanti del villaggio dell‟Alto Egitto.
Le prime alla domanda di cosa le attirasse del programma citarono due personaggi femminili in
quanto entrambe sfidavano il sistema morale che teneva a bada le donne.
La tv in Egitto ha avuto effetti sociali misurabili; ha accresciuto il numero di esperienze comuni alle
diverse generazioni e ai sessi dato che giovani e adulti, maschi e femmine la guardano insieme.
Comunque i messaggi del teleromanzo sono valutati secondo le esperienze di vita dei telespettatori
e sono spesso neutralizzati o contraddetti dalla dura realtà nella quale si trovano le donne egiziane.

Il mito
Il gioco si trova al centro della creatività umana ma la società tende a delimitarlo con regole
culturali. Le regole destinate a limitarne l‟espressione artistica sono frutto dello stesso processo. La
violazione delle regole suscita spesso la condanna del potere. Poiché se la gente fosse libera di
immaginare, di realizzare, alternative alla versione locale di realtà potrebbe essere la fine per la
regolarità e prevedibilità della vita sociale le società trovano il modo di persuadere i membri che
quella adottata è l‟unica realtà possibile. Lo strumento più vulnerabile per questo fine è il mito:
verità in apparenza ovvie, frutto di un raffinata arte verbale (si trasmettono verbalmente). Di solito i
narratori sono i detentori di autorità: anziani, leader politici, religiosi. Il contenuto riguarda il
passato e il futuro. Essi sono socialmente importanti perchè se presi alla lettera insegnano da dove si
viene, dove si va e come si dovrebbe vivere. Le società variano quanto al grado di speculazione
permesso ai miti chiave. I miti e le credenze affini ritenuti ovvi sono a volte codificati in maniera
esplicita. Quando la codificazione è rigida e la trasgressione è punita con rigidità si ha l‟ortodossia.
I miti possono influenzare la condotta: giustificano gli atti compiuti, spiegano quelli in corso. Per
essere persuasivi però devono offrire spiegazioni plausibili dell‟esperienza dell‟uomo, quindi il loro
potere deriva dalla capacità di conferire significato alla vita degli uomini.

Il mito come statuto dell’agire sociale


Malinowski propose un nuovo approccio allo studio del mito. Egli sosteneva che i miti fungono da
statuto o giustificazione di assetti sociali vigenti. L‟esempio è quello di Malinowski sui
Trobriandesi. I membri di ogni gruppo di parentela importante conoscono, ascoltano con attenzione
e raccontano la vicenda del luogo dove l‟antenata e suo fratello, emersero dalla profondità della
terra. Ogni coppia formata dalla capostipite e suo fratello ha portato con sé una serie di
caratteristiche e raggiunta la superficie ha preso possesso della terra. Da questa fonte derivano i
diritti dei discendenti su una certa porzione di territorio come su formule, abilità o arti. Poiché gli
esseri sacri erano una donna e il fratello il mito serve a sanzionare gli assetti sociali esistenti.
Fratello e sorella rappresentano i prototipi del clan; se qualcuno mette in dubbio la bontà di un
organizzazione del genere, basta citare il mito a riprova che è invece il modo giusto di vivere. Per
intendere il mito quindi occorre capire l‟organizzazione della società che lo racconta.

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Il mito come strumento concettuale
A partire dalla metà degli anni 50 l‟antropologo francese Levi-Strauss ha rivoluzionato il modo di
concepire il mito. Secondo l‟autore il mito possiede strutture significative degne di essere studiare
indipendentemente dalle sue funzioni. I miti sono strumenti per risolvere contraddizioni logiche
altrimenti insanabili. Essi sono formati da unità costitutive ordinate in modo da produrre coerenza
narrativa o strutturale. Questa duplice organizzazione rappresenta ed esprime aspetti della vita
sociale ritenuti in antitesi: maschi-femmina, vita e morte. Il mito opera per collegare le coppie
oppositive nel tentativo di risolvere le contraddizioni, ma l‟impresa è impossibile. Il mito quindi
trasforma qualcosa di insolubile in qualcosa di accessibile grazie alla narrazione. Quindi essi non
parlano solo del mondo che è ma di come potrebbe essere, anche se di solito le alternative sono
impossibili quindi il gioco è comunque tenuto sotto controllo. C‟è un acceso dibattito su questo
tema; ma tutti sono d‟accordo nel ritenere le strutture mitiche sono significative perchè manifestano
la capacità dell‟uomo di giocare con varie possibilità affrontando le contraddizioni fondamentali
dell‟esperienza umana.

Il Rito
Le società tendono a plasmare azione e pensiero x indirizzare tutele facoltà umane nella direzione
approvata; quindi arte mito, rito si trovano speso associati.

Una definizione di rito


la definizione consta di 4 elementi:
Il rito è una pratica sociale ripetitiva di attività simbolica in forma di danza, parola,
gesto;
È separato dalle routine quotidiane;
Corrisponde, in ogni cultura ad uno schema caratteristico e definito;
L‟azione rituale è in rapporto con un insieme di idee spesso codificate nel rito.
Il prototipo occidentale di rito include la nozione che esso sia religioso ma in antropologia esso è
più vasto. Per esempio il compleanno di un bambino. Alla festa si invitano per convenzione altri
bambini, ognuno arriva e porta con sé un regalo; di solito indossano cappellini colorati di carta.
Fanno dei giochi, dopo arriva la torta con tante candeline quanti sono gli anni che il festeggiato
compie. Il bambino apre ogni regalo, ringrazia e dopo un po‟ gli invitati salutano e vanno via. I
bambini attraverso questo rito partecipano ai modelli di condivisione, celebrazione del sé e
riconoscimento di vincoli di parentela e di amicizia importanti in altre aree della vita; inoltre
imparano a differire la gratificazione (i regali non si aprono subito),a seguire le regole dell‟amicizia.

Il rito come azione


il rito ha un testo; poiché è azione bisogna sottolineare l‟esecuzione. Esecuzione e testo sono
inseparabili in quanto si modellano a vicenda. Grazie all‟esecuzione le idee di un testo diventano
concrete; inoltre essa serve da commento al testo al punto di trasformarlo. I riti fanno risaltare il
fatto che la comprensione umana del mondo non è solo mentale o fisica ma l‟unione olistica di
mente e corpo, pensiero e sentimento.

I riti di passaggio
Al principio del XX sec. l‟antropologo belga Van Gennep nota che certi riti hanno strutture simili in
tutto il mondo: sono i riti di passaggio; cioè quelli associati al procedere(passare)di un a persona da
una posizione all‟altra della struttura sociale. Tutti questi riti seguono delle fasi:
- Separazionesi tratta di allontanarsi dalla vecchia condizione; in questo periodo il
soggetto si è lasciato alle spalle i simboli e le pratiche dello status precedente
- Transizioneil soggetto ha abbandonato la vecchia condizione ma non è ancora entrato
nella nuova; è un periodo dominato dall‟ambiguità, dalla mancanza di ruolo e senso di
pericolo;

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- Riaggregazioneè il momento in cui l‟individui viene reintrodotto nella società nella
nuova posizione.
L‟opera di Turner ha dato un importante contributo ai riti di passaggio. Egli si è concentrato sul
periodo di transizione; Van Gennep lo chiama liminale (dal latino: soglia) in quanto il soggetto è
su una soglia; non è ne dentro né fuori. La liminalità è di solito associata alla morte, allo stare in
utero, alle tenebre; le persone in liminale tendono a sviluppare un certo cameratismo chiamato
Communitas. Tutte le società hanno bisogno di un certo communitas ma esso deve essere breve in
quanto minaccia consolo la struttura ma anche la sopravvivenza della società stessa.

La complementarità di gioco e rito


Gioco e rito sono forme complementari di metacomunicazione. E‟ il rito ad affermare cosa
dovrebbe essere ciò che per il gioco può essere. L‟inquadramento rituale è più rigido di quello
ludico; il rito quindi è la sfera liminale più stabile, il gioco quella più flessibile: i giocatori entrano
ed escono nel gioco in tutta libertà, ma per il rito non è così. Quando quasi tutti gli atti quotidiani
sono ritualizzati si parla di ortoprassia. Il rito può sembrare onnipotente, a individui e gruppi
delle società possono manipolarli per conseguire fini non tradizionali., Ad esempio in un a
popolazione dell‟africa occidentale rito e gioco coincidono. Nella vita reale i ruoli sessuali sono
rigidi e strutturati ma i riti consentono il travestimento di maschi e femmine fornendo occasione
istituzionalizzate per attraversare i confini sessuali.

Quando Gioco, Arte, Mito e Rito si incontrano


Molti antropologi suggeriscono che gioco, arte, mito e rito sono spesso esperiti insieme. Kapferer
ha studiato la cerimonia di esorcismo dei demoni nello Sri Lanka. Queste cerimonie durano una
notte intera e mirano a curare la malattia attraverso rito, commedia, danza, musica. Inizialmente
paziente e spettatori si trovano in due posizioni diverse: il paziente nella realtà demoniaca della
malattia, gli spettatori nella realtà della vita quotidiana. Durante la Veglia Serale gli spettatori
partecipano sempre più alla realtà alternativa; in questa parte i demoni sono rappresentati come
orrendi. A mezzanotte il processo è completo: gli spettatori sono nella stessa realtà del paziente; i
demoni fanno la loro comparsa. La veglia serale ha inizio e dura fino alle 3 del mattino. L‟irruzione
della comicità in una cerimonia fino a quel momento seria trasforma i demoni in figure ridicole,
disgregando la realtà demoniaca. Nell‟ultima parte dell‟esorcismo(fino alle 6) il paziente e gli
spettatori rientrano nella realtà “sana”. Questo evidenzia come gioco, arte, mito e rito sono
sfaccettature della capacità olistica dell‟uomo di guardare al mondo da varie prospettive; l‟attitudine
al gioco dipende dalla cultura ma è sempre presente.

8. La visione del mondo


Dall’esperienza quotidiana alla visione del mondo
Benché nessun insieme di pratiche culturali sia perfettamente integrato e scevro di contraddizioni,
gli antropologi hanno solide prove che la cultura non è un insieme di elementi slegati.
La creatività culturale può esercitarsi in sfere assai diverse ma in una data società la cultura tende a
essere coerente e conforme a certi modelli. I membri della stessa società si servono di assunti
comuni sul funzionamento del mondo e interpretando le esperienze consuete alla luce di tali principi
danno senso alla vita e la loro vita assume senso per gli altri. I quadri onnicomprensivi della realtà
che ne derivano si chiamano visioni del mondo e nella medesima società possono essere molteplici.
Agli antropologi interessa scoprire come siano create e usate per conferire significato alle
esperienze nei contesti più lati, e a tal fine prestano attenzione al ruolo della metafora, della
metonimia e del simbolo.

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Metafora, Metonimia e Simbolo
La Metafora afferma l‟esistenza di un legame significativo fra due espressioni tratte da campi
semantici diversi. Optiamo per il linguaggio metaforico quando quello letterale è inadeguato a
esprimere il significato che intendiamo. La usiamo quando qualche cosa che vogliamo spiegare è
difficile da fissare con un linguaggio letterale, e perciò scegliamo un‟immagine figurata dai tratti
più familiari. Le visioni del mondo mirano alla comprensione più vasta del funzionamento del
mondo. Nel costruirle si tende a esaminare quel che si sa già, alla ricerca di indizi che aiutino a
rendere intelligibili gli aspetti sconcertanti. La prima parte, il soggetto metaforico, rappresenta la
sfera esperenziale che necessita di chiarimento, mentre la seconda, il predicato metaforico, indica
una sfera esperenziale nota aiutandoci ad afferrare la questione. Per comprendere la metafora
dobbiamo enumerare tutti gli attributi immaginabili. Questi attributi si dicono implicazioni
metaforiche in quanto indicano cosa consegue o è implicato(es. Il Signoresogg. metaforico-è il
mio pastorepredicato metaforico. Io sono una sua pecoraImplicazione metaforica). Le metafore
dirigono l‟attenzione a certi aspetti dell‟esperienza e ne sminuiscono o ignorano altri, stabilendo
dunque prospettive referenziali diverse. Così facendo formulano ipotesi distinte e hanno il potere di
creare immagini differenti della realtà. Per non essere sopraffatti dall‟ambiguità che la
proliferazione di immagini del reale genera, eleviamo il più delle volte una prospettiva referenziale
a realtà assoluta, assunta a rappresentare la verità letterale. I modelli di esperienza ricorrenti, o
schemi della realtà assoluta formano campi di esperienza significativa così stabilmente delimitati da
sembrarci naturali.
La Metonimia è la relazione che collega le parti di un campo semantico. Nella metafora “il Signore
è mio pastore”, il legame tra il predicato metaforico pastore e le implicazioni è un rapporto
metonimico. La parola pastore può stare per uno qualunque degli attributi connessi con il campo
semantico definito dalla pastorizio, al tempo stesso, qualsiasi attributo può implicare il termine
pastore. Come i campi semantici, anche gli elementi significativi in rapporto metonimico all‟interno
di un campo semantico sono definiti dalla cultura. In qualunque società si considerano associazioni
naturali o vere i campi semantici definiti da rapporti metonimici e, al contrario, ipotetici o falsi i
collegamenti semantici istituiti dalla metafora. In alcuni contesti una metafora efficace apparirà più
rivelatrice di qualsiasi descrizione naturale, e se illumina anche altre aree dell‟esperienza
concluderemo che amplia la comprensione e incorporeremo la nozione acquisita nella sfera della
verità, trasformando la metafora in metonimia. I rapporti metonimici scoperti entro un particolare
campo semantico ci aiuteranno a dar senso a esperienze che appaiono caotiche e assurde.
Quando grazie alla creazione di metafore efficaci si accresce o la comprensione di sé e del mondo, è
utile fissare parametri atti a facilitare l‟organizzazione di questa conoscenza. I Simboli servono a
rammentare le intuizioni importanti e i nessi che le collegano. Un simbolo è qualcosa che sta per
qualcos‟altro. I simboli segnalano la presenza e l‟importanza di date sfere di esperienza e sono casi
speciali di metonimia. Quelli che Sherry Ortner chiama simboli riassuntivi rappresentano un intero
campo semantico e ci sollecitano a considerare i vari elementi che contiene. I simboli elaboranti di
Ortner invece rappresentano un solo elemento di un campo e ci invitano a porlo nel più ampio
contesto semantico.
I simboli riassuntivi compendiano, esprimono, rappresentano per le persone con grande intensità
emotiva ciò che il sistema significa per loro. La bandiera a stelle e strisce incarna per molti lo stile
di vita americano. Come mette in rilievo Ortner, la bandiera attira l‟attenzione su tutte queste cose
insieme, non incoraggia a riflettere, poniamo, sull‟effetto che esercitano su chi Americano non è.
Ma il potere simbolico della bandiera è un‟arma a doppio taglio. I simboli elaboranti sono
essenzialmente analitici, permettono di classificare ed etichettare sentimenti e idee complessi e
indifferenziati traslandoli in linguaggi e azioni comprensibili e comunicabili, forniscono categorie
per pensare l‟ordine del mondo. Si prendano i Dinka pastori dell‟Africa orientale che secondo
Lienhardt, traggono dal bestiame la maggior parte delle categorie con le quali concepiscono e
affrontano l‟esperienza: per esempio la percezione dei colori, della luce e dell‟ombra rimandano ai
colori del bestiame. Arrivano persino ad assimilare la conformazione della società a quella del toro.

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Una visione del mondo in funzione
Credenze zande nella stregoneria
Gli zande credono che la stregoneria sia una sostanza che si trova nel corpo degli stregoni sotto lo
sterno. Si sviluppa di pari passo con l‟organismo del quale fa parte, pertanto più lo stregone è
vecchio più potente è la sua stregoneria. Questa si pensi sia ereditaria. La stregoneria agisce quando
la sua anima asporta l‟anima di un certo organo dal corpo della vittima, normalmente di notte,
causando una malattia che consuma lentamente: l‟insorgenza di una simile infermità è il segno che
si è stati stregati.
La stregoneria è il concetto che plasma la loro esperienza della sventura. La morte è sempre dovuta
a stregoneria e si deve vendicare con la magia. Le si attribuiscono di solito anche le altre disgrazie,
a meno che la vittima non abbia violato un tabù, trasgredito qualche principio morale o sia
comunque ritenuta responsabile dei propri problemi.

Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande


Come smascherare lo stregone? A questo scopo gli Azande impiegano gli oracoli, forze invisibili, ai
quali si rivolgono quesiti e i cui responsi vengono ritenuti veritieri. Il principale è l‟oracolo del
veleno, sostanza importata, affine alla stricnina, che parla attraverso gli effetti che produce sui polli.
Gli azande dunque effettuano due prove con l‟oracolo: non si lanciano accuse di stregoneria alla
leggera. Non si consulta l‟oracolo snocciolando una lunga lista di nomi; basta considerare i
probabili malevoli. In effetti, lo stregone è sempre un vicino, perché i vicini sono i soli che vi
conoscono così bene da voler male a voi e alla vostra famigli. Una volta che l‟oracolo abbia
identificato lo stregone, si stacca l‟ala del pollo e la si invia per mezzo di un messaggero
all‟abitazione dell‟accusato. Quasi sempre lo stregone risponde garbatamente di non essere
cosciente di arrecare del male, ne è molto dispiaciuto e che, se a tormentarlo è solo lui, allora
sicuramente l‟uomo guarirà. Chiede che gli sia recata una zucca piena d‟acqua, ne prende un sorso,
e la spruzza sull‟ala di pollo. Dichiara che se è uno stregone non è conscio di esserlo e che non sta
nocendo al malato intenzionalmente. Si rivolge alla stregoneria che ha nel ventre, implorandola di
diventare fredda, e conclude affermando di fare l‟appello con il cuore, non solo con le labbra.
Nessuno si crede uno stregone. L‟accusato è riconoscente alla famiglia del malato per essere stato
messo in guardia. La condotta dell‟accusato travalica i limiti del comportamento accettabile al
punto da segnalarlo come potenziale stregone. Si sottopongono all‟oracolo solo i nomi dei presenti
malevoli e all‟accusato si ordina di cambiare atteggiamento.

Modelli dell’accusa di stregoneria


L‟antropologa Mary Douglas, esaminando le accuse di stregoneria in varie parti del mondo, ha
scoperto che rientrano in due tipi fondamentali : in certi casi la strega è un elemento estraneo, in
altri un nemico interno, membro di una fazione rivale o un deviante pericoloso. Se la strega è un
estraneo, l‟accusa di stregoneria rafforza i legami di gruppo, se né un nemico interno, le accuse
indeboliscono i legami interni, provocando talvolta rimescolamento delle fazioni, scissione della
comunità e ridefinizione dell‟intera gerarchia sociale. Se la strega è un pericoloso deviante, l‟accusa
di stregoneria è un tentativo di controllare il deviante in difesa dei valori della comunità. La
Douglas conclude che i concetti di stregoneria si fondano sui rapporti vigenti nella società.

Metafore chiave per costruire visioni del mondo


Le visioni del mondo sono tentativi di rispondere alla domanda: come deve essere fatto il mondo
perché le mie esperienze siano come sono? In tutte le tradizioni culturali, si meditano e si
propongono risposte, e quelle cristallizzatesi in qualche tradizione si basano su metafore
particolarmente efficaci, che si sono dimostrate capaci di conferire senso all‟esperienza in
circostanze e periodi storici diversi. Ma il loro potere è limitato. Horton sostiene che agli ideatori
preme soprattutto mostrare ordine, regolarità e prevedibilità laddove la teoria primaria (senso

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comune) ha fallito. Alla ricerca di metafore chiave, perciò, essi privilegiano le aree dell‟esperienza
quotidiana. Le metafore chiave che hanno fatto da base alla visione del mondo nelle varie culture
comprendono metafore sociali, organiche e tecnologiche.

Metafore sociali
Nelle società dove le relazioni sociali sono fonte di grande ordine, regolarità e prevedibilità è spesso
l‟ordine sociale a fornire il modello del mondo. Tra gli azande, si incontra una siffatta metafora
sociale. Le visioni sociale che osservatori occidentali hanno chiamato religioni si basano su una
metafora sociale. Poiché le società sono tra loro diverse, ognuna dà origine a una religione
peculiare. Le metafore sociali non sono retaggio di popoli extraoccidentali. Il biologo Lewontin
sottolineano che la biologia cellulare ha impiegato una metafora sociale sin dai primordi,
paragonando le cellule a una fabbrica che assembla prodotti biochimici necessari per sostenere
l‟economia del corpo.

Metafore organiche
Applica l’immagine del corpo a strutture e istituzioni sociali. Il corpo di un organismo vivente
si compone di diversi apparati ciascuno adibito a un compito specializzato. Quando tutti
funzionano armoniosamente si dice che l’organismo è sano. Se paragoniamo la società a un
organismo vivente, cerchiamo i sottosistemi nei quali si può suddividere, identifichiamo i compiti
spettanti a ciascuno e definiamo la società sana quando tutti operano in armonia. Questa metafora è
all‟origine della teoria sociologica detta struttural-funzionalismo. In alternativa possiamo usarla per
analizzare il corso di una società o di una civiltà sotto forma di nascita, giovinezza, maturità,
vecchiaia e morte. La personificazione è un‟altra metafora organica. La Douglas si diffonde sull‟uso
di metafore organiche per costruire visioni del mondo e discutendo di quella ebraica antica mette in
rilievo che il corpo era inteso come metafora della società. Di conseguenza i pericoli che
minacciavano la società minacciavano il corpo e sul corpo si eseguivano i riti prescritti per
allontanarli. Forse, è un esempio di quella che Lakoff e Johnson chiamano metafora bidirezionale:
gli antichi Ebrei possono aver impiegato la conoscenza del corpo e dei suoi processi per illuminare
la società e i suoi processi, e viceversa.

Metafore tecnologiche
Utilizza gli oggetti fabbricati dall‟uomo come predicati metaforici. Le metafore della macchina
hanno proliferato. A partire dal Rinascimento le macchine hanno trasformato il mondo stimolando
l‟immaginazione. I corpi sono insiemi indissolubili che perdono le proprie caratteristiche essenziali
quando sono fatti a pezzi. Per capire una macchina, al contrario, la si può smontare e rimontare.
Ogni parte svolge una funzione distinta e analizzabile, e l‟insieme opera secondo principi regolari
illustrati dall‟interazione delle singole parti. Quando diciamo di essere solo ingranaggi di una
macchina e parliamo di status e ruoli come di parti intercambiabili,stiamo impiegando
metafore tecnologiche.
Nel mondo occidentale l‟orologio è divenuto il prototipo del meccanismo ingegnoso. Altri prodotti
si sono prestati alla metafora e la tecnologia sembra la fonte delle cosiddetta metafora della
conduttura. Lakoff e Johnson ne discutono l‟applicazione al linguaggio:
-le idee sono oggetti; -le espressioni linguistiche sono contenitori; -la comunicazione consiste
nell‟invio. Questi tre enunciati metaforici creano l‟immagine di una condotta o canale di
comunicazione, lungo il quale viaggiano, avanti e indietro, contenitori-messaggi pieni di oggetti-
significati. La metafora della conduttura sottintende che le parole siano contenitori di significati,
cosicché comprendere si riduce a una questione di scarico disimballaggio del significato. L‟errore
di comunicazione risulta dalla scelta della parola-contenitore sbagliata e dall‟erronea operazione di
svuotamento del contenitore arrivato a destinazione.
Gli psicologi hanno adottato la metafora del computer. A colpire lo psicologo Gregory è la
distinzione fra hardware e software, fra macchine e programmi. La sua metafora verte sui sofisticati

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computer multiuso dei quali è impossibile prevedere i compiti specifici conoscendo solo il progetto
dell‟hardware, dato che dipendono dai programmi che vi saranno installati. Potremmo paragonare il
cervello all‟hardware e la cultura al software. Alterazioni casuali risultanti in innovazioni
dell‟hardware e dei processori (mutazioni) permettono lo sviluppo di altre applicazioni. A un certo
punto, la capacità del processore di accedere alla memoria si esaurisce e per gestire la crescente
richiesta di memoria da parte dell‟utente occorre creare un file su una unità esterna, floppy o disco
rigido. L‟equivalente culturale sarebbe la tradizione orale e forme successive di notazione
simbolica, come la scrittura.

Metafora e visione del mondo come strumenti di potere


Come scrivono Lakoff e Johnson, chi è al potere impone le proprie metafore e ai deboli non sarà
facile scalzare le visioni ufficiali benché possano rifiutare e svilupparne altre che riflettano la loro
condizione di impotenza e forse che indichino la strategia adatta per trasformarla. Le metafore si
possono usare come strumento di controllo quando chi è al potere elimina o impone certe forme di
condotta utilizzando un simbolo che rimanda a verità ovvie. Oppure un simbolo può trovarsi sotto il
diretto controllo di chi desideri influenzare il comportamento altrui (sacerdoti). Keesing ci ricorda
che la conoscenza e il potere non è distribuito equamente.

La religione
Molte culture postulano che l‟universo sia retto dagli stessi principi della società e tendono a
personificare le forze cosmiche e ad affrontarle come si fa con i potenti sulla terra. Queste società
possiedono ciò che noi occidentali chiamiamo religione.
Per Wallace l‟attività religiosa implica uno o più dei caratteri seguenti:
1. Preghiera → un modo consuetudinario di rivolgersi alle forze cosmiche personificate, di
solito parlando a voce alta e in una postura convenzionale.
2. Musica → fa parte spesso della cerimonia religiosa sotto forma di canto,danza, cantilena,
suono e recitazione che dia efficacia all‟invocazione dei poteri cosmici.
3. Prove Fisiche → 1)droghe, 2)deprivazione sensoriale, 3)mortificazione della carne
attraverso il dolore, l‟insonnia e la fatica, 4)privazione di cibo, acqua e aria. Estasi, euforia,
dissociazione e allucinazioni sembrano lo scopo dello sforzo religioso.
4. Esortazioni → certuni intrattengono rapporti più stretti di altri con i poteri invisibili e li
usano nell‟interesse spirituale altrui: comandano, ammoniscono, consolano, interpretano.
5. Recitazione del codice → il codice comprende informazioni sulla natura delle forze
cosmiche e sull‟universo nel complesso, i miti religiosi e il codice morale del sistema
religioso.
6. Simulazione →il rito a volte contempla l‟imitazione di cose connesse con la sfera cosmica.
7. Mana → è un potere sovraumano impersonale che si crede a volte trasmissibile da un
oggetto che lo contiene ad un altro.
8. Tabù → oggetti e persone che non si possono toccare.
9. Banchetti → capita spesso che si mangi o si beva.
10. Sacrificio → il dono di qualcosa di prezioso alle forze invisibili o ai loro agenti è tratto
presente in molti sistemi religiosi.
11. Congregazione → il comportamento religioso è sempre in parte sociale. I seguaci si
riuniscono in processioni, raduni o concili.
12. Ispirazione → in genere le tradizioni religiose attribuiscono i fenomeni della trance o
esperienze drammatiche all‟intervento delle forze cosmiche nella vita umana. La credenza in
esseri soprannaturali offre una risposta pronta e universalmente impiegata.
13. Simbolismo → alcuni simboli possono rappresentare direttamente la divinità.

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Organizzazione religiosa
Le forze dell‟universo sono personali cosicché chi intende influenzarle deve trattarle come farebbe
con dei potenti mortali. La comunicazione è forse il cardine delle interazioni tra esseri umani.
Perché l‟appello sia efficace, i fedeli devono comunicare nella maniera più eloquente possibile, di
solito mediante riti religiosi. La comunicazione con gli dèi è esaltata dalla musica e da altri prodotti
e oggetti estetici che mettono in rilievo i simboli religiosi chiave. I fedeli che invochino
misericordia offriranno sacrifici a riprova della serietà delle intenzioni. Le prove fisiche li pongono
nello stato di coscienza adatto per accostare le potenze cosmiche. In virtù dello status o delle facoltà
di cui godono gli specialisti religiosi possono esortare i credenti,in nome degli esseri cosmici, e
recitare essi stessi il codice. Per propiziare una risposta favorevole, la congregazione assumerà una
postura che indichi sottomissione, toccherà certi oggetti e si asterrà dal toccarne altri mentre compie
gli atti graditi agli dèi. La risposta delle potenze cosmiche sarà magari salutata con banchetti
comunitari che celebrino l‟accoglimento delle preghiere. Oppure riconosciuta allorché fedeli o
specialisti esperiscano la possessione accertata mediante divinazione desunta da eventi successivi.
Gli antropologi hanno identificato due ampie categorie di specialisti religiosi:
Lo Sciamano che non è un operatore religioso di professione, si attribuisce la capacità di
entrare in contatto diretto con le potenze invisibili per conto di singoli o di gruppi e spesso
anche di recarsi nel mondo ove dimorano per comunicare con loro. Sovente intercede in
favore della propria gente presso quelle entità e ne riceve messaggi.
Il Sacerdote è invece esperto nella conduzione di riti religiosi, svolti in beneficio del
gruppo, ma non è necessariamente in contatto diretto con le forze cosmiche. È spesso in
primo luogo un intermediario.

Mente, corpo e religione nella prativa religiosa- gli Huichol


Myerhoff descrive la caccia al peyote come un pellegrinaggio spirituale e insieme esperienza
religiosa che coinvolge mente, corpo ed emozioni. Gli Huichol sono coltivatori di mais e vivono
sulla Sierra Madre occidentale nel Nord del Messico. Ogni anno percorrono quasi 600 km per
andare nel deserto e cacciare il peyote. Il viaggio è difficile e pericoloso e sacro in quanto
pellegrinaggio a Wirikuta, la patria ancestrale dove un tempo viveva il Popolo Primordiale, sia
divinità che antenati. Il cervo rappresenta il passato quando gli uomini cacciavano e questo li
collega agli antenati. Il mito vuole che il cervo sia stato a dar loro il peyote, che ricompare ogni
anno nel corso della caccia. Il sangue del cervo fa crescere il mais e lo rende nutriente. Il cervo
simboleggia l‟indipendenza, l‟avventura e la libertà. Il mais rappresenta il presente, la fatica, il bello
e la loro vita. Il peyote è sacro e si usa in privato per indurre visioni. Viene considerato animale e
pianta insieme. Nel loro pensiero religioso questi tre simboli sono un tutt‟uno: il mais non cresce
senza il sangue del cervo, che si sacrifica solo dopo la caccia al peyote, la cerimonia che propizia la
pioggia non si celebra senza peyote, che non si caccia prima della spannocchiatura e santificazione
del mais. L‟evento chiave è dunque la caccia al peyote.
Come sostiene Myerhoff, le fasi culminanti dei riti a Wirikuta, quei simboli permettono agli
Huichol di formulare i grandi quesiti affrontati dalla religione, le questioni del significato e del fine
ultimo. Gli Huichol si rifiutano di lasciar passare il passato. L‟eredità più preziosa della religione -
l‟inizio- è idealizzata e recuperata. Anche se solo per breve tempo, in virtù della caccia al peyote è
possibile riconquistare il Paradiso. Mediante il complesso cervo-mais-peyote, il cervo e il passato di
caccia sono ancora elementi della vita attuale anziché un ricordo. Essi verificano ogni volta la
giustezza del loro modo di vita.

Visione del mondo: stabilità e cambiamento


Gli antropologi riconoscono che il cambiamento culturale è fenomeno complesso, e ammettono di
non avere tutte le risposte. Esperienze costanti e ripetitive corroborano l‟accettabilità della visione
tradizionale, che è servita da spiegazione in passato. Quando le esperienze divengono imprevedibili,

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tuttavia, in ogni società chi è avvezzo a riflettere forse si accorgerà con dolore che il passato non è
più guida affidabile per il futuro e la visione del mondo tradizionale entrerà in crisi.

Fare i conti con il cambiamento


I cambiamenti drastici suscitano nuove interpretazioni che consentiranno di fronteggiare il nuovo.
All‟origine ci sono lotte locali o regionali. Ma il conflitto tra il vecchio e il nuovo non sfocia sempre
nella conversione; a volte il risultato una sintesi creativa di vecchie e nuove pratiche religiose,
processo che si chiama Sincretismo. Alcune di queste pratiche sincretiche sembrano forme di
resistenza alle nuove idee imposte dall‟alto, altre sono invece introdotte dai dominatori stranieri che
inseriscono deliberatamente le credenze locali nella propria visione del mondo. Quando i gruppi
difendono o riplasmano il modo di vita di fronte a intromissioni esterne, gli antropologi parlano di
Rivitalizzazione: tentativo conscio e organizzato di alcuni membri della società di creare una
cultura più soddisfacente. La rivitalizzazione si manifesta nei periodi di crisi, soprattutto fra i gruppi
oppressi ed esposti a trasformazioni radicali. A volte si abbraccia il sincretismo, altre lo si respinge
a favore del nativismo o del ritorno ai vecchi costumi. Questi movimenti possono rappresentare una
fuga, una forma di resistenza al mondo esterno, rigettando o evitando qualsiasi pratica culturale
associata con gli aspiranti dominatori.

PARTE III – L’organizzazione della vita materiale


9. L’organizzazione sociale e il potere
Secondo Morgan l‟organizzazione sociale è il modello dell‟interdipendenza umana, vigente in una
data società e frutto delle azioni e delle decisioni dei membri.

Tipi di organizzazione sociale


L‟organizzazione sociale è il modello dell‟indipendenza umana, vigente in una data società, frutto
delle azioni e delle decisioni dei membri.

La ricerca di leggi dell’organizzazione sociale


L’arbitrarietà dell’ organizzazione sociale
L‟arbitrarietà delle relazioni sociali, non significa postulare la libertà di scelta assoluta di una
società, ma piuttosto, di ammettere l‟impossibilità di ridurne la molteplice complessità a un‟unica
causa. Lewis mette in rilievo che sebbene vivano gli uni accanto agli altri in un ambiente di macchia
semiarida e allevino gli stessi animali, i Somali settentrionali e i Galla Boran hanno struttura sociale
alquanto diversa. I Boran sono meno aggressivi e inclini alla faida dei Somali. Le famiglie Boran si
dividono per accudire gli animali al contrario di quelle somale, e l‟organizzazione di lignaggio ha
minore importanza.

Il potere di agire
Gli uomini si adoperano per riplasmare l‟ambiente a modo loro, ma poiché ogni ambiente presenta
sempre più di un opzione per la sussistenza, devono scegliere su quali aspetti del mondo materiale
fare assegnamento. La scelta è altrettanto importante nell‟ambito dell‟organizzazione sociale.
Facoltà di scelta significa facoltà di trasformare una data situazione, ossia implica potere, che
i senso lato si può intendere come capacità di trasformazione. Quando la scelta tocca l’intero
gruppo sociale, parliamo di potere sociale.
Wolf ne descrive tre forme diverse:
1. il potere interpersonaleconcerne la facoltà individuale e di imporre il proprio volere a un
altro;
2. il potere organizzativomette in rilievo in qual modo gli individui o unità sociali limitino
le azioni altrui in ambiti particolari;

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3. il potere strutturaleorganizza gli ambiti sociali stessi e controlla la ripartizione del
lavoro sociale.

Lo studio del potere sociale è il campo dell‟antropologia politica. Lewellen ne enumera i


tradizionali oggetti di studio: 1. classificazione dei sistemi politici; 2. evoluzione dei sistemi
politici; 3. struttura e funzione dei sistemi politici nelle società preindustriali; 4. processi politici in
società preindustriali e in via di sviluppo; 5. azione, conseguenza dell‟approccio processuale con
accento sulle strategie manipolatorie individuali; 6. modernizzazione di società tribali e istituzioni
politiche moderne di stati industriali.

Il ruolo dello stato nel pensiero occidentale


L‟assenza dello Stato era segno di anarchia e disordine: ciò che il filosofo Hobbes chiamava “guerra
di tutti contro tutti”. Egli affermava che gli uomini sono egoisti per natura e si combatterebbero fino
alla morte se non fossero costretti a evitarlo. Monopolizzando l‟uso della forza, lo Stato è
necessario per proteggere i deboli e le ingiustizie e lo sfruttamento sono il prezzo da pagare per
l‟ordine sociale. Antropologi più recenti invece non sostengono questa tesi.

Il potere come coercizione


Nella tradizione occidentale il prototipo del potere nelle relazioni sociali si fonda sulla coercizione
fisica. Secondo questo prototipo gli uomini non tendono per natura alla cooperazione ma sono
mossi da istinti innati a perseguire il proprio interesse al di sopra di ogni altra cosa e a combattersi
per il predominio. È il potere dell‟azione spontanea. L‟attività politica è vista come competizione
tra singoli agenti per la supremazia politica.

Esiste coercizione senza lo Stato?


Riconoscendo che molte società prive di Stato non hanno governi in grado di punire i devianti, ma
sostengono che altre istituzioni svolgano analoga funzione: a incutere timore non sono i sovrani o la
polizia bensì la stregoneria, gli antenati, gli anziani del lignaggio. Il potere è ancora concepito come
coercizione fisica, mentre la cooperazione risulta in genere dalla paura di incorrere in castighi. Ma
questo non convince. Evans-Pritchard affermava che gli Azande non vivevano in una perenne
condizione di terrore, nonostante la mancanza di Stato. Della stregoneria parlavano apertamente e
reagivano con rabbia. Quell‟atteggiamento non era affatto irrazionale. I più non si credevano
bersaglio della stregoneria. In un contesto del genere il sistema di credenze e l‟istituzionalizzazione
del potere che comporta sembrano ovvi e razionali e perciò ricevono il sostegno delle persone
normali e ragionevoli.

Dominio ed egemonia
La visione del mondo che giustifica gli assetti sociali è detta ideologia. Gramsci sosteneva come il
dominio sia costoso e instabile sicché ai governatori conviene persuadere i dominanti ad accettare
il loro regime come legittimo, sia offrendo loro qualche autentico vantaggio materiale, sia
servendosi della scuola di altre istituzioni culturali per disseminare un‟ideologia che lo giustifichi.
L‟egemonia non è mai assoluta ed è sempre passibile di attacchi se i gruppi subalterni mantengono
o sviluppano pratiche culturali alternative o antiegemoniche, ma funziona quando la visione dei
gruppi dominanti e quella dei subalterni trovano un equilibrio. L‟egemonia storna gli eventuali
attacchi contro il potere. Serve a giustificare un‟azione sociale di norma esecrabile se a compierla
sono certi individui.
Il contrasto fra dominio ed egemonia dimostra che potere non equivale solo a forza fisica.

Il potere come entità indipendente

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Per alcune società prive di Stato dell‟America Settentrionale e Meridionale il potere è un‟entità che
esiste nell‟universo indipendentemente dagli uomini: in questo caso l‟uomo riuscirà ad attingere
potere a patto che non se ne scopra il modo; queste società vedono l‟universo come un equilibrio
delle forze distinte. All‟individuo è permesso manipolare le forze naturali a proprio beneficio
purché non sovverta l‟equilibrio universale. Per questo tali società escludono l‟uso di mezzi
coercitivi. Qui la violenza è vista come la rottura dell‟equilibrio. Gli uomini sono visti come entità
indipendenti che non si devono costringere ma supplicare. L‟uomo è libero perché può rifiutarsi di
conformarsi ai desideri di qualcun altro, ovvero esercita il potere di resistenza. Considerano
fondamentale l‟unanimità e utilizzano la persuasione, non la costrizione.

Il potere dell’immaginazione
Facoltà essenziale di tutti gli uomini è il potere di investire il mondo di significato attraverso
l’immaginazione. Alverson sostiene che la fede nel proprio potere di investire il mondo di
significato e nell‟adeguatezza della propria conoscenza per ragionare influire sull‟esperienza
personale sono tratti essenziali di ogni identità personale. Solo quando l‟identità personale è
irrimediabilmente annientata dalla deprivazione estrema, quella essenziale facoltà umana si spegne.
Il potere dell‟immaginazione è anche potere di resistere agli influssi esterni, materiali e retorici.
Questa capacità costituisce il nucleo dell‟identità personale dell‟uomo che Alverson definisce come
e convinzioni autentiche della persona riguardo a chi e che cosa è, capaci di resistere ai
cambiamenti delle forze esterne che ne dettano le varie azioni sociali.

Il potere dei deboli


Durkheim designa con il termine anomia il senso pervasivo di sradicamento e l‟assenza d norme
che sembrava dominare l‟esperienza della gente. Marx usava la parola alienazione per dominare la
profonda scissione che si manifestava nei lavoratori tra l‟intimo senso di identità e il lavoro che
erano costretti a fare per sostentarsi. È la tesi delle cicatrici della schiavitù secondo la quale il
controllo politico e lo sfruttamento saranno completi, più profondi saranno lo sfregio,
l‟abbrutimento e la disumanizzazione delle persone. Alverson volle analizzare se ciò accade in tutte
le popolazioni sfruttate, colonizzate ecc.: gli Tswana, cittadini del Botswana nonostante colonizzati
e sfruttati nelle miniere mostravano scarsi segni di alienazione e avevano una vita coerente e
significativa, non erano bruti, alienati e disumani. Gli Tswana utilizzavano risorse offerte dalla
cultura tradizionale per spiegare e trasformare quelle esperienze. Questi emigrati vennero definiti da
Averston come Trickster (imbroglione): un personaggio tipico del folklore tswana. Vive di
espedienti è fondamentalmente amorale ed è felice di imbrogliare chiunque tenti di approfittarsi di
lui.
Nash invece ha fatto ricerche sui minatori boliviani ed è giunto alla stessa conclusione, nonostante i
boliviani vivano in situazioni peggiori dei Tswana.
Le esperienze di questi vengo investite di significato. Le vicende in sé sono mento importanti di
come vengono interpretate.

Il potere di persuasione
Ogni sistema egemonico rischia che i dominanti creino nuovi e plausibili resoconti dell‟esperienza
di dominio che Scott definisce “trascrizioni occulte”. Quando la coercizione non funziona più, quel
che resta è la lotta tra resoconti alternativi dell‟esperienza. A determinare quale diverrà egemonico
sarà il potere di persuasione.

Contrattare la realtà
Nella vita politica occorre conquistare cuori e menti quanto assoggettare corpi. Rosen in una ricerca
a Sefrou (città marocchina) concluse che la vita politica e sociale era incomprensibile a meno di

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accettare che per gli informatori, negoziare era la regola o “contrattazione della realtà”. La realtà
oggetto di contrattazione non è un insieme di verità impersonali e immutabili sul mondo. Perché
siano persuasivi i resoconti debbono essere coerenti. Un esempio pratico è il rapporto di potere
degli uomini sulle donne. Gli uomini le considerano meno intelligenti e meno padrone di sé, più
egoiste e si aspettano obbedienza. Le donne non accolgono in ogni circostanza questo rapporto,
avendo elaborato una spiegazione alternativa. Le donne sono d‟accordo sulla posizione maschile in
termini generali, ne contestano tuttavia la pertinenza in una specifica situazione. Gli uomini
potranno anche ottenere l‟acquiescenza femminile ai loro desideri, ma i moventi delle donne non
avranno niente a che fare con le ragioni degli uomini.
Scott in una ricerca etnografica in un villaggio di coltivatori di riso “Sedaka” in Malaysia ha
riscontrato che: nonostante i contadini sono in fondo alla gerarchia sociale e sono soggetti a
repressioni abituali, questi non si sarebbero mai rivoltati agli oppressori, e non perché accettassero
lo stato di inferiorità, ma perché la difesa aperta sarebbe stata difficile dato il conflitto tra gli
obblighi di fedeltà. In oltre sapevano che la repressione sarebbe stata temeraria. La soluzione era
una forma quotidiana di resistenza contadina, comprendenti neghittosità, furtarelli, assenteismo,
finta ignoranza. Questi sono tentativi indiretti di far contare un resoconto alternativo della
situazione sociale. Ciascuna delle due parti costruisce una visione diversa del mondo: i poveri
respingevano la versione che i ricchi davano di sé e dei propri atti e inoltre fornendo un resoconto
alternativo, rendevano più arduo per chi era al potere ignorarli. La sola arma che avevano era
minare, con le parole e con i fatti , il prestigio e la reputazione dei ricchi. I ricchi invece accusavano
i poveri di cattiva fede, li consideravano inetti e pigri. Un‟accurata campagna di diffamazione
avrebbe potuto modificare la situazione. Ma i simboli chiave che ispirano i rapporti di classe a
Sedaka –generosità, avarizia, arroganza, umiltà, aiuto, assistenza, ricchezza e povertà– non
costituiscono un insieme di regole e principi dati che gli attori si limitano a seguire. Sono invece la
materia prima normativa creata, mantenuta, cambiata e soprattutto manipolata dall‟attività
quotidiana dell‟uomo. Rosen definisce l‟intelligenza, l‟autocontrollo e la generosità, valori
fondamentali in Marocco, concetti essenzialmente negoziabili.

La storia come prototipo dell’azione politica


Quando singoli attori all‟interno di un particolare contesto culturale e situazione tentano di imporre
la propria definizione agli altri partecipanti all‟interazione, attingono elementi di una comune
tradizione di valori e credenze che non è però scissa dall‟esperienza e dalla storia. In ogni cultura si
ridefinisce non solo il nesso di pertinenza fra tradizione canonica e singola circostanza, ma anche la
versione della tradizione da considerarsi canonica. Le combinazioni che ne risultano sono a volte
sorprendenti.
Si pensi allo sviluppo sugli altipiani del Perù di nuovi istituti giudiziari rurali detti ronde contadine.
Queste consistono in gruppi di contadini armati che pattugliano i sentieri intorno ai villaggi di notte,
vigilando contro gli animali predatori. Si sono diffuse per centinaia di km. Sono così divenute un
sistema giudiziario alternativo con assemblee pubbliche convocate per dirimere questioni che vanno
dalle percosse del marito alla moglie alle dispute sulla terra. Secondo Starn almeno cinque forze
hanno spronato i contadini ad istituire il sistema giudiziario alternativo. Primo, l‟impressionante
aumento dei furti di bestiame in coincidenza con l‟esplosione della crisi economica alla metà degli
anni settanta. Secondo, i contadini non ottenevano aiuto dal sistema giudiziario ufficiale. Terzo,
data la debole presenza dello Stato sulle montagne, i contadini avevano l‟opportunità di creare una
nuova forma di organizzazione comunitaria. Quarto, la popolazione delle campagne nel Perù
apprezzavano la fermezza e il coraggio dinanzi alla violenza e riusciva a incanalare l‟aggressività
mettendola al servizio dell‟ordine e della disciplina nelle ronde. Quinto, gli organizzatori locali
avevano appoggi esterni. Negli anni Ottanta le ronde si trasformarono da gruppi di sorveglianza in
organismi per la risoluzione delle dispute. Le ronde erano economiche, efficienti, efficaci e locali e
diminuirono anche i furti. Quando le ronde assunsero funzioni giudiziarie mutuarono anche
procedure della burocrazia statale, ma in quanto aperto, il sistema delle ronde si discosta molto dalla

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burocrazia statale. Le pattuglie sono composte solo da uomini e le ronde sono nate per portare pace
e ordine in un ambiente violento. Starn conclude che le rode hanno dato ai contadini la visione di
una modernità alternativa e rinnovato presso di loro un forte senso di identità indipendente.

Negoziare il significato della storia


Ogni simbolo evoca un‟ampia gamma di significai tra coloro che lo accettano. L‟attività politica
nella società umana non comporta solo la coercizione con il ricorso alla forza fisica o alla minaccia
della forza, ma anche il negoziare quando la coercizione è o non è legittima. In altre parole, quel
che si considera legittimo esercizio del potere deve essere manifestamente conforme a principi
politici consoni alla visione del mondo di una cultura. Ma questo può risultare ambiguo, perché
alcuni principi sono coerenti se presi da soli, ma contraddittori se considerati insieme. Gli
antropologi sono divisi riguardo all‟efficacia della resistenza come soluzione ai problemi di chi si
trova in fondo ala scala sociale. Gledhill osserva che sarebbe pericoloso peccare di eccessivo
ottimismo. I movimenti antiegemonici esistono ma la maggior parte della popolazione non vi
partecipa e ne risulta scettico.

10. Procurarsi da vivere


Cultura e sostentamento
Sebbene la nostra sopravvivenza fisica dipenda dall‟uso appropriato delle risorse che ci circondano,
è la cultura a dirci quali usare e come usarle. Procurarsi da vivere designa le azioni volte a ottenere
le cose materiali necessarie per l‟esistenza (cibo,indumenti, riparo) e quindi abbraccia ciò che
generalmente è considerato attività economica. Ma gli antropologi dissentono su quel che il termine
economia dovrebbe indicare. Economia significa massimizzazione del profitto. Si basa sul
postulato della scarsità. Sono in molti a credere che non ci saranno mai risorse sufficienti per
ottenere tutti i beni che si desiderano. Quindi l‟analisi economica dovrebbe concentrarsi sugli
individui che devono massimizzare il profitto in condizioni di scarsità. L‟individuo agendo
economicamente deve dare priorità. L‟antropologia economica perciò dovrebbe investigare le
differenti priorità che ogni società si pone e studiarne l‟effetto sulle decisioni di massimizzazione
degli individui.

Strategie di sussistenza
Sussistenza è il termine impiegato per indicare il soddisfacimento dei bisogni materiali più
elementari: cibo,indumenti e riparo. I metodi diversi escogitati nelle varie società per
appagare questi bisogni materiali si chiamano strategie di sussistenza: ci sono i raccoglitori di
cibo che eseguono strategie in base all’ambiente in cui vivono e i produttori di cibo che invece
abitano in ambienti con abbondanti fonti alimentari costruendo insediamenti permanenti.
Questi ultimi possono praticare la pastorizia e l‟agricoltura. Tra i coltivatori ci sono quelli che usano
la forza muscolare e quelli che usano qualche semplice attrezzo, questi usano un agricoltura
estensiva ossia sfruttano il terreno incolto dopo averlo bruciato, fino a quando è fertile, per poi
cambiarla con altre terre bruciate. Altri agricoltori usano aratri, animali e opere di irrigazione
praticando l‟agricoltura intensiva che consente di sfruttare più terra e produrre di più. In fine ci sono
coloro che usano l‟agricoltura industriale meccanizzata: stabilimenti agro-industriali e allevamenti
in batteria trasformano la produzione di cibo in una vera e propria industria su larga scala fondata
sulla tecnologia.

Fasi dell’attività economica


La produzione comporta la trasformazione delle materie prime in prodotti utili per l‟uomo, che li
acquisisce attraverso la distribuzione e ne usufruisce con il consumo.
Non tutti danno la stessa importanza a ciascuna fase.
La teoria della distribuzione e dello scambio

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Come disciplina l‟economia è nata agli albori dell‟industria capitalistica in Europa occidentale.
Adam Smith ha gettato le basi della teoria economica neoclassica. I costumi originati dai rapporti
economici capitalistici sembravano liberi proprio perché spezzavano via tutte le restrizioni
tradizionali ma il capitalismo spazzava via anche le tutele tradizionali. La distribuzione era il
risultato delle contrattazioni fra compratori e venditori sul mercato. Nel mercato ideale di Smith
tutti hanno qualcosa da vendere e tutti da acquistare. Poiché ci sono molti compratori e venditori e
non vigono restrizioni i prezzi fluttuano in base ai livelli della domanda dell‟offerta. La
distribuzione dipende dalle preferenze degli individui. Se c‟è forte domanda di un certo articolo i
prezzi salgono. La crescente concorrenza fra produttori fa scendere i prezzi. L’economia
neoclassica si basa sull’assunto che i meccanismi del mercato sono le forze principali che
determinano sia livelli di produzione che quelli di consumo nella società.
Formalisti:
Dopo la Seconda guerra mondiale taluni antropologi hanno adottato la teoria economica
neoclassica. I formalisti, come sono stati ribattezzati, ammettevano che nella maggior parte di
quelle società non esisteva nulla che ricordasse il libero mercato. Essi cercavano di scoprire
attività e istituzione che potessero rappresentare l’equivalente metaforico del mercato
capitalistico, per esempio il matrimonio. Per i formalisti è la legge della domanda e dell‟offerta a
determinare il numero dei capi di bestiame pagati dalla famiglia dello sposo, cosicché il prezzo
della sposa dovrebbe essere più alto per le spose più ambite. Se ci fosse poco bestiame in rapporto
alle donne da marito, se ne chiederebbe meno di quanto accadrebbe se scarseggiassero le giovani
donne e abbondasse il bestiame. Ai formalisti sfuggiva l‟etnocentrismo della loro impresa.
Consideravano la teoria economica formale come scientifica, e pertanto immune da
preconcetti culturali che ne compromettessero la validità universale.

Sostantivisti:
Mettevano in rilievo che il mercato capitalistico è invenzione culturale relativamente recente nella
storia umana, al pari della teoria economica neoclassica intesa a spiegare il mercato stesso e i suoi
effetti. Per questi le transazioni matrimoniali comprendenti il prezzo della sposa avessero una certa
rassomiglianza con altri tipi di scambio, ma bollavano come cattiva scienza, oltre che come
obbrobrio morale, la riduzione delle une agli altri. Gli scambi sono solo una varietà dello scambio.
Le società capitalistiche occidentali distribuiscono i beni materiali in modo coerente con i propri
valori, le istituzioni e gli assunti di base sulla condizione umana. Lo stesso fanno le società non
capitalistiche, che hanno escogitato altre forme di scambio. Dal punto di vista sostantivistico,
l‟analisi dovrebbe concentrarsi sui vari modelli di attività economica, plasmati dalla cultura. Avulsi
dal contesto culturale, i modelli di scambio risultano incomprensibili e inspiegabili e perciò è la tesi
dei sostantivasti, quantunque la teoria neoclassica sia forse in grado di spiegare il funzionamento
dell‟economia nelle società capitalistiche, non si attaglia all‟analisi delle altre economie.

L’ influsso di Karl Polanyi ♦ i sostantivarti come Marshall i sono rifatti alle sue opere per
individuare tre modalità di scambio:
1. la reciprocitàcaratteristiche delle società egualitarie. Sahlins ha identificato la
reciprocità generalizzata (le parti non si aspettano contropartita immediata e di valore
preciso essendo inteso che alla fine gli scambi si bilanceranno, scambi tra genitori e figli);
la reciprocità equilibrata (le parti si aspettano un contraccambio di eguale valore,come
quando due fratelli si fanno regali a Natale); la reciprocità negativa (una parte tenta di
ottenere qualcosa in cambio di niente senza incorrere in sanzioni).
2. la redistribuzionerichiede una forma di organizzazione sociale centralizzata. Chi occupa
la posizione centrale riceve beni e servizi da tutti i membri del gruppo e ha la responsabilità
di ridistribuirli sì da provvedere a ciascuno (es. fisco).

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3. il mercatoè la modalità più recente inventato nella società capitalistica, secondo Polanyi.
Il capitalismo implica scambi di beni calcolato secondo un intermediario generalizzato degli
scambi e una misura di valore e obbediente al meccanismo di domanda- offerta- prezzo.

L‟unicità del capitalismo consiste nel genere di rapporti stabilitisi fra questi tre istituti nelle società
europee al principio dell‟epoca moderna. Secondo Polanyi all‟interno di una società spesso
coesistono differenti modalità di scambio.

La teoria della produzione


La produzione è la forza motrice dell‟attività economica. Crea l‟offerta ai quali la domanda si deve
adattare e determina inoltre i livelli di consumo.

Lavoro
E‟ l‟attività che mette i gruppi sociali in rapporto con il mondo materiale; il lavoro dell‟uomo è
perciò sempre lavoro sociale. Gli uomini che devono cooperare con energie per trasformare le
sostanze naturali in oggetti fruibili. Marx metteva l‟accento sul lavoro fisico dell‟uomo nel mondo
materiale, ma riconosceva anche l‟importanza del lavoro mentale e cognitivo.

Modi di produzione
E‟ secondo Wolf, un insieme specifico e storicamente occorrente di rapporti sociali attraverso il
quale si dispiega il lavoro necessario per strappare energia alla natura mediante strumenti, capacità,
organizzazione e conoscenze. Questi sono mezzi di produzione di Marx, mentre i rapporti sociali si
chiamano rapporti di produzione. Tre sono stati i modi di produzione importanti nella storia
dell‟uomo: (1) il modo ordinato dalla parentela, ne quale il lavoro sociale si dispiega sulla base
dei rapporti di parentela; (2) il modo basato sul tributo, ne quale si concede al produttore,
coltivatore o pastore che sia, l‟accesso ai mezzi politici o militari il pagamento di un tributo; (3)il
modo capitalistico, che rappresenta i tre caratteri principali cioè la proprietà dei mezzi di
produzione è detenuta dai capitalisti e negata ai lavoratori, che sono costretti a vendere forza lavoro
per sopravvivere e il plusvalore creato dai lavoratori è fatto proprio o reinvestito dai capitalisti per
incrementare la produzione e generare ulteriore plusvalore.

Il ruolo del conflitto nella vita materiale


Gli antropologi hanno sottolineato l‟esistenza di nessi fra organizzazione sociale e mondo nel quale
la società soddisfa i bisogni di sussistenza, al fine di provare gli stadi dell‟evoluzione culturale o di
mostrare le interrelazioni funzionali tra le parti di una data società. Marx per esempio faceva notare
che il modo di produzione capitalistico include lavoratori e padroni in modi diversi e contraddittori.
Questi gruppi o classi hanno interessi differenti e quel che va bene per gli uni non piacerà agli altri.
E desideri dei lavoratori si scontrano con quelli dei padroni. Non vuol dire che esiste sempre guerra
tra le classi, ma che il conflitto è presente. Non sempre si arriverà alla ribellione aperta.

Applicazione della teoria della produzione alla vita sociale e culturale


Perché un modo di produzione perduri, debbono perpetuarsi anche i mezzi e i rapporti di
produzione. Gli uomini producono e riproducono anche le interpretazioni del processo produttivo e
del ruolo che vi svolgono. Marx designava con il termine ideologia i prodotti culturali della
riflessione cosciente, quali morale, religione e metafisica. L‟ideologia denota le credenze che
spiegano e giustificano i rapporti di produzione per coloro che ne partecipano. L‟ideologia non è
indipendente dal processo produttivo.
Il ricorso alla metafora della produzione nell‟analisi della vita sociale e culturale ha fruttato
importanti risultati. Essa mette in risalto processi e rapporti che la metafora dello scambio tende a
sminuire e trascurare; la metafora della produzione offre una prospettiva particolarmente dinamica

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su persistenza e cambiamento culturale. Al teoria della produzione riconduce la propensione
individuale al consumo di certi beni agli interessi e alle opportunità delle classi di appartenenza. in
quest‟ ottica i poveri acquistano merci a basso prezzo perché lo scarso reddito li condanna ad
accontentarsi dei beni che si possono permettere, per quanto scadenti. Infine la teoria della
produzione si concentra sulle persone quanto sui beni che producono, se non di più.
Considera gli esseri umani agenti sociali impegnati nella costruzione e ricostruzione della
società su tutti i livelli a ogni generazione. Se le tradizioni perdurano è solo perché gli uomini
si affannano a riprodurle giorno dopo giorno.

La teoria del consumo


Qui gli antropologi sono convinti che gli assetti economici di una società andrebbero esaminati in
rapporto ai consumi. Consumo denota in genere l‟utilizzo dei beni materiali necessari per
sopravvivere, che comprendono almeno cibo,bevande, indumenti e riparo e spesso altre cose.

La spiegazione interna: Malinowski e i bisogni fondamentali


Il funzionalismo in versione malinowskiana spiega le pratiche sociali riconducendole ai bisogni
primari che si presume siano in grado di soddisfare, comprendenti nutrimento, riproduzione,
benessere fisico, sicurezza, movimento, crescita, salute. Ogni cultura risponde a suo modo a tali
bisogni con qualche forma delle corrispondenti istituzioni: tecniche per procurarsi il cibo, parentela,
riparo, protezione, attività, addestramento e igiene.

La spiegazione esterna: ecologia culturale


L‟ecologia si occupa dei rapporti reciproci tra specie viventi e ambiente, suddiviso in quattro
distinte ecozone a seconda degli organismi vegetali e animali presenti. Una specie si adatta a
un‟ecozona trovando una nicchia ecologica: piante e animali dai quali dipende per la sopravvivenza.
I socioecologi studiano le caratteristiche delle ecozone al fine di spiegare perché una certa
popolazione animale si sia adattata a vivere in un certo ambiente.
L‟ecologia culturale è il tentativo di applicare la socioecologia agli esseri umani e alle società. I
modelli di consumo dipendono dai caratteri dell‟ecozona dove il gruppo vive. Per sopravvivere esso
deve imparare a utilizzare le risorse disponibili. I dati etnografici dimostrano che nessuna società
sfrutta ogni fonte di nutrimento a disposizione per il consumo, al contrario le necessità di consumo
sono selettive, in altre parola plasmate dalla cultura. Halperin sostiene che ogni sistema economico
si può analizzare secondo sue tipi di movimenti: movimenti di localizzazione, o cambiamenti di
luogo, e movimenti di appropriazione, o passaggi di mano. A suo giudizio, i rapporti ecologici
che influenzano l‟economia vanno intesi in senso stretto quali cambiamenti di luogo. I rapporti
economici, vanno considerati a rigore di passaggi di mano. Quindi i movimenti ecologici
comportano trasmissione di energia, mentre i movimenti economici trasmissione di diritti.
Più cibo c‟è, più si investe in dispositivi destinati all‟immagazzinamento e più rapidamente si
diviene sedentari. Le tecniche di immagazzinamento del cibo su larga scala comprendono una serie
di cambiamenti di luogo che mettono una popolazione al riparo dalle fluttuazioni ecologiche per
lunghi periodi di tempo, ma di per sé non dicono nulla sui passaggi di mano che le provviste
subiranno in seguito.
Trasferimenti ecologici e quelli economici non andrebbero confusi. Senza una conoscenza minima
dei fatti ecologici,nessuna società sopravvive. Scegliere un modo di vita anziché un altro comporta
serie conseguenze ecologiche per le generazioni future.

Il modellamento culturale del consumo


Il principale difetto delle spiegazioni sia interne che esterne consiste nell‟ignorare o negare la
possibilità della scelta. Malinowski e molti altri danno l‟impressione di ritenere che i modelli di
consumo siano dettati da una ferrea necessità ambientale che non consente alternative. Sahlins

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esorta gli antropologi a interessarsi da vicino al consumo perché sono esattamente le scelte in
materia dei consumi a rivelare cosa significhi essere uomini.
Sahlins ha coniato l‟espressione “l’originaria società opulenta” in riferimento agli Ju/ hoansi e ad
altri raccoglitori. In un articolo pubblicato nel 1972 attaccava l‟assunto radicato in Occidente che
vuole la vita dei raccoglitori sotto la perenne minaccia della penuria e della morte per fame.
Opulenza, sosteneva, è avere più del necessario per soddisfare i bisogni. Due sono i modi di creare
opulenza: uno, produrre molto, è la via intrapresa dalla società capitalistica occidentale, il secondo,
chiedere poco, l‟opzione fatta propria dai raccoglitori. Le loro esigenze sono poche, ma appagate
doviziosamente dalla natura. Inoltre, la naturale avidità non scompare, ma la società on la
istituzionalizza né premia l‟avido. Ne consegue che i raccoglitori non sono da considerarsi poveri,
quantunque il loro standard di vita materiale sia basso rispetto a quelli occidentali. La povertà non è
condizione assoluta né rapporto fra mezzi e fini: è rapporto fra persone.

La costruzione culturale dei bisogni


L‟originaria società opulenta degli Ju/hoansi rafforza l‟affermazione che il concetto di bisogni è
concetto vago. La cultura definisce i bisogni e provvede a soddisfarli secondo la propria logica che
non è riducibile né alla biologia né alla psicologia né alla pressione ecologica. Adottando questo
approccio culturale al consumo, le distinzioni tra bisogni, esigenze, necessità e lussi scompare.

I cibi “in abominio”del Levitino


Per gli Ebrei e i Mussulmani, il maiale non è commestibile. Secondo la Douglas certi animali erano
banditi perché violavano i prototipi della commestibilità riconosciuti nell‟antica cultura ebraica. Gli
animali terrestri prototipicamente puri sono i quadrupedi con lo zoccolo spaccato, l‟unghia divisa e
che ruminano; il maiale è in abominio perché pur essendo un quadrupede dallo zoccolo spaccato,
non è un ruminante. Gli animai puri dell‟aria sono i pennuti alati e perciò gli insetti alati che
camminano su quattro zampe sono impuri. Fra gli animali d‟acqua sono puri quelli con pinne e
scaglie. Di per sé il divieto di mangiare carne di maiale è privo di senso e irrazionale ma quando,
insieme con le altre proibizioni alimentari contenute nel Levitino, viene confrontato con gli animali
permessi emerge un modello. Gli Ebrei non si limitano a soddisfare la fame, fanno anche
un‟affermazione sociale di solidarietà. Il bisogno di nutrirsi è soddisfatto, ma selettivamente, e la
scelta reca un messaggio sociale.

Foglie di banano alle isole Trobriand


Weiner, recatasi alle Trobriand scopriva una venerabile tradizione locale riguardante
l‟accumulazione e lo scambio di foglie di banano, o ricchezza delle donne. Si potrebbe asserire che
le foglie di banano abbiano un valore d‟uso perché le donne se ne servono per fabbricare gonne
assai apprezzate. Non è un consumo irrazionale, anzi in quanto forza economica, politica e sociale,
la ricchezza delle donne sta a rappresentare le relazioni più fondamentali del sistema sociale. I
Trobriandesi sono patrilineari e gli uomini preparano gli orti di ignami per le sorelle e dopo il
raccolto ridistribuiscono gli ignami fra i mariti delle sorelle (scambio reciproco di ignami contro
ricchezza delle donne). Attraverso la donna passano ignami dai consanguinei al marito e ricchezza
delle donne dal marito ai consanguinei. Le transazioni concernenti la ricchezza delle donne hanno
luogo quando muore un parente della donna. I sopravvissuti devono ricomprare, metaforicamente
parlando, tutti gli ignami e gli altri beni della persona defunta nel corso della sua vita. Ogni
pagamento segna l‟esistenza di un legame sociale fra la persona defunta e il ricevente, p
commisurato all‟importanza della relazione e si fa in ricchezza delle donne. Alla ricchezza delle
donne provvedono le donne stesse scambiandosi prodotti, ma quando muore un membro del loro
matrilignaggio la raccolgono dai mariti. Se un uomo non si adopera per accumulare ricchezza per la
moglie, il fratello non si impegnerà nell‟orto di ignami. Per la Weiner al ricchezza delle donne
sorregge l‟impianto della parentela nella società trobriandese: bilancia le relazioni di scambio tra

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lignaggi legati da alleanze matrimoniali, rafforza il ruolo cardine delle donne e del matrilignaggio e
proclama a ogni funerale i rapporti sociali che compongono il tessuto della società. Il sistema
potrebbe crollare qualora agli ignami si sostituisse il denaro.

La costruzione culturale dell’utilità


Le teorie dello scambio sociale secondo le quali le persone scambiano beni materiali con stima e
potere: cibo in cambio di prestigio e sostegno politico futuro. Per la teoria dello scambio sociale, il
movente è il desiderio di massimizzare l‟utilità, ossia la soddisfazione e il piacere personale. Ma la
cultura non solo plasma i bisogni, ma offre modi standardizzati per appagarli. Non si verifica alcuno
scambio sociale se le parti non sono in grado di calcolare il valore degli articoli scambiati. Valori e
indici sono soggetti a contrattazione e in definitiva gli scambi riposano su principi culturali di
valore ed equità. Anche la Douglas e Isherwood respingono la mera quantità di averi materiali come
misura universale della ricchezza e del potere. Essere ricchi significa essere ben intergrati una
comunità ricca, essere poveri è essere isolati.

Condivisione istituzionalizzata
La società capitalistica ha emanato leggi e creato istituzioni sociali che premiano l‟accumulazione
di ricchezze. Le pratiche economiche di alcune società non capitalistiche perseguono l‟obiettivo
opposto, mirando a diffondere i beni esistenti in tutta la comunità. Questo modello si chiama
condivisione istituzionalizzata. Esempio in America del Nord fra i Cree che erano cacciatori di
bisonti, organizzati in bande, ciascuna con un leader che forniva ai seguaci le armi per la caccia,
ruolo conquistato grazie a doti di generosità. Oggi non sono più cacciatori di bisonti ma praticano
ancora la condivisione di beni di consumo come cibo, indumenti, birra e sigarette. Questo dovrebbe
impedire l‟accumulo e assicurare a tutta la banda la ripartizione e il godimento dei beni di consumo.

La costruzione culturale della dieta americana


La società americana è capitalistica fino al midollo. Qui non c‟è spazio per gusti e preferenze non
volti a massimizzare l‟efficienza e a minimizzare lo spreco. Shalins non è d‟accordo e afferma che
le abitudini alimentari in America hanno poco a che vedere con l‟efficienza e sono in effetti un
modello culturale arbitrario abbastanza forte da influenzare i mercati mondiali dei prodotti
alimentari. Gli Americani usano i costumi alimentari per segnalare somiglianze e differenze sociali.
Il rapporto produttivo della società americana con l‟ambiente suo propri e mondiale è organizzato
secondo determinazioni specifiche di commestibilità e non commestibilità, qualitative in se stesse e
non giustificabili in alcun modo con un vantaggio biologico, ecologico o economico. La divisione
fra commestibile e non, distingue la classe di rapporti sociali che gli Americani coltivano
tradizionalmente con gli animali. Cavalli e cani non sono commestibili e sono ammessi alla
compagnia dell‟uomo e trattati come membri onorari della famiglia, al contrario di quelli
commestibili. In oltre tra questi ci sono parti esterne di gran lunga commestibili a quelle esterne:
questo sistema di classificazione si rifà alla metafora continuata del cannibalismo. Cioè gli
Americani assimilano il corpo dell‟animale al corpo umano e identificando l‟io interiore con il vero
io, si astengono dal consumare le parti che corrispondono a quel centro prezioso, così come
qualunque animale che viva a stretto contatto con l‟uomo quasi fosse un loro simile.
Queste distinzione servono anche a classificare i gruppi che compongono la società americana. I
tagli migliori sono costosi, quelli inferiori economici. Mangiare frattaglie equivale ad una forma di
cannibalismo.
Fiddes sottolinea che i dati forniti da antropologia e primatologia confermano che l‟uomo,come i
suoi parenti stretti è onnivoro, adattato a nutrirsi di un‟ampia varietà di elementi vegetali e animali.
Lo status elevato della carne nell‟occidente è dovuto al fatto che la carne rappresenta il controllo
umano sulla natura. Per Fiddes, il calo del consumo di carne e l‟aumento del vegetarianismo
costituiscono un rifiuto ala carne e alla visione maschile del mondo che percepisce, valuta e

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legittima il dominio gerarchico sulla natura, le donne e gli altri uomini e come corollario, svaluta le
forme di interazione meno dispotiche fra l‟umanità e il resto della natura.

Dialettica tra il significativo e il materiale


I beni materiali sono portatori di significati cultural definiti, e ciò che è ritenuto significativo (per
convenzione culturale) produce conseguenze materiali. E‟ da questa dialettica tra il significativo e il
materiale che emergono le forme di sussistenza adottate dagli esseri umani.

PARTE IV – Sistemi di relazioni


11. La parentela
In molte società la parentela è un metodo così fondamentale per definire le persone e i loro rapporti
con gli altri da includere nel sistema gli estranei, antropologi compresi. Essa avviluppa le persone in
una rete, entro la quale ognuno è consapevole di avere diritti e responsabilità e ognuno ha una
posizione chiara rispetto a ogni altro: la convivenza diviene organizzata. Le forme di
organizzazione sono molteplici, ma tutte plasmate e permeate dalla politica, dall‟economia e dalla
visione del mondo.

Sistemi di parentela: modi di organizzare l’interdipendenza umana


La vita umana è vita di gruppo. Anche dopo l‟infanzia, la probabilità di sopravvivenza aumenta a
dismisura, quando gli uomini si organizzano in gruppi. Le forme di organizzazione cambiano e sono
il risultato di scelte creative, come abbiamo visto, ma alla nascita ognuno trova una società con
pratiche economiche, politiche e culturali già consolidate.

Appartenenza e rapporti di gruppo


Un venerabile principio di organizzazione della società umana consiste nella parentela, ossia nei
rapporti che derivano dalle esperienze universali dell‟accoppiamento, della nascita e
dell‟allevamento gli antropologi chiamano i rapporti basati sull‟accoppiamento matrimonio e quelli
basati sulla nascita discendenza, tutte le società riconoscono il rapporto basato solo sull‟allevamento
come adozione. La scelta di dar risalto ad alcuni tratti di tali esperienze sminuendone altri viene
compiuta da ogni singola società. Matrimonio, discendenza e adozione sono selettivi. La parentela è
un linguaggio, un‟interpretazione selettiva di esperienze universali come l‟accoppiamento, la
nascita e l‟allevamento. Ne risulta un insieme di principi coerenti che governano l‟appartenenza ai
gruppi e normalmente abbracciano diversi problemi. Presi insieme i principi di parentela
definiscono i gruppi sociali, collocano le persone al loro interno e determinano la posizione di
persone e gruppi in rapporto gli uni agli altri nello spazio e nel tempo.

Sesso, genere e parentela


La parentela si fonda sulla biologia, ma non è riducibile ad essa. Due esseri umani di tipo diverso
devono cooperare sessualmente per generare la prole. Gli antropologi usano il termine sesso per
designare le caratteristiche fisiche osservabili che distinguono i due tipi di esseri umani, maschi e
femmine, necessari per la riproduzione. Naturalmente le differenze sessuali non prevedono i ruoli
spettanti ai due sessi. In questo caso si parla di genere: la costruzione culturale di credenze e
comportamenti che si ritengono appropriati a ciascun sesso. Esistono in oltre dei sessi
soprannumerari, nel caso in cui i tratti fisici non ci aiutano a capire a quale categoria appartengano
i soggetti. In realtà, nemmeno i tratti fisici esteriori usati per distinguere i maschi dalle femmine,
sono sempre evidentiermafroditismo. Per molti in natura esistono solo ed esclusivamente due
sessi. Herdt conclude che per la società è difficile mantenere sessi e generi soprannumerari. Eppure
gli antropologi sostengono che le società hanno tali status quando la cultura definisce per ciascuno

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una nicchia simbolica e una via di sviluppo sociale alla vita adulta nettamente diversa dal progetto
di vita culturale esposto dal modello basato sulla dualità maschio/femmina.

Comprendere i diversi sistemi di parentela


I costumi della parentela, danno alle persone diritti e doveri reciproci, ogni società ne ha di propri
diversi dagli altri; quando per esempio i primi occidentali vennero a contatto con altri popoli che
distinguevano i parenti solo in base all‟età e al sesso erroneamente conclusero che questa gente
fosse incapace di distinguere tra padre e zii e non capirono che padre o zio non sono categorie di
parentela universalmente riconosciute. Presso quei popoli l‟uomo sposato con la madre aveva la
stessa importanza sociale dei suoi fratelli e dei fratelli della madre, quindi chiamarlo con lo stesso
termine di parentela è con quando noi chiamiamo zia la sorella del padre e quella della madre.

Modelli di discendenza
La discendenza definisce le categorie sociali dando riconoscimento ai rapporti di filiazione, essa
contempla trasmissione del diritto di appartenenza in virtù del rapporto di filiazione ed
incorporazione nel gruppo. Due sono i criteri per istituire modelli di discendenza:
la discendenza bilaterale comprende le persone imparentate per il tramite sia del
padre che della madre essa è formata da due gruppi uno è composto da persone che
sono imparentate tra loro con vincoli che per parte di padre o di madre risalgono ad
un antenato comune; l‟altro detto parentado bilaterale è formato dai parenti di una
persona o di un gruppo di fratelli.
la discendenza unilineare si trovano i tutto il mondo e si basano sul principio che
certi rapporti di filiazione siano più importanti di altri: si fa parte del gruppo perché
uno dei genitori ne fa parte. Nelle società patrilineari uomini e donne appartengono a
un patrilignaggio formato da legami padre figlio, in quelle matrilineari a un
matrilignaggio fondato su rapporti madre-figlio.

Il parentado bilaterale
Il parentado bilaterale è il più diffuso in Europa e in America del nord, esso si forma intorno ad un
certo individuo (Ego) e comprende tutte le persone che gli sono legate grazie ad un congiunto
dell‟uno e/o l‟altro sesso. Il parentado bilaterale si riunisce per i battesimi, le cresime, i matrimoni e
il funerale di Ego. Naturalmente ciascun componente del parentado bilaterale di Ego ha, a sua volta,
il proprio parentado.

Gruppi di discendenza unilineare


I gruppi di discendenza unilineare si basano sul principio che certi rapporti di filiazione siano più
importanti di altri. In quelli patrilineari l‟individuo appartiene al gruppo che si forma tramite il
lignaggio del padre in quelli matrilineari tramite quello della madre.

Lignaggi
I membri del lignaggio credono di poter indicare con precisione i rapporti di filiazione che li
uniscono.
L’appartenenza al lignaggio
Il tratto principale del lignaggio è l‟organizzazione di tipo corporato, ossia il lignaggio ha
personalità giuridica propria. Il lignaggio è corporato anche nel senso che è titolare di proprietà, di
solito terra ed è pertanto un‟istituzione presente solo in quelle società dove i diritti fondiari sono
cruciali e devono essere sottoposti a verifiche nel corso del tempo. I lignaggi sono anche le

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principali formazioni politiche della società. Il lignaggio si perpetua e ha esistenza indipendente. La
maggioranza ha una profondità temporale di circa 5generazioni: nonni, genitori, Ego, figli e nipoti.
Un clan si compone in genere di lignaggi che i membri della società ritengono connessi da vincoli
risalenti al tempo mitico. A volte il capostipite del clan è un animale vissuto all‟inizio dei tempi. Il
punto importante è che i membri del lignaggio sono in grado di indicare con precisione tutti i
legami da una generazione alla precedente fino all‟antenato comune, al contrario dei membri del
clan.

La logica dei rapporti di lignaggio


I lignaggi garantiscono l‟esercizio perpetuo di determinati diritti, doveri, cariche e compiti sociali
dei quali sono i legittimi detentori. Il sistema di lignaggio diviene il fondamento della vita sociale. I
lignaggi sono spesso più flessibili di quanto sembra. I ricordi relativi agli antenati si tramandano
sotto forma di miti e leggende e pertanto più che accurati resoconti storici, sono in senso
malinowskiano, statuti mitici, giustificazioni attinte al mondo invisibile degli assetti sociali visibili.

Patrilignaggi
Nucleo prototipico qui è la coppia padre figlio. Le donne lasciano il patrilignaggio quando si
sposano. Gli uomini si ritengono superiori alle donne e queste concordano. L‟ironia della sorte
vuole però che il lignaggio dipenda dalle donne esterne: le donne abbandonano il proprio lignaggio
per andare a riprodurre la generazione successiva di un altro.
Un esempio è quello dei Nuer del Sudan e dell‟Etiopia. Pritchard rilevava che i Nuer erano
suddivisi in almeno 20 clan e definiva clan il gruppo più vasto di persone che tracciano la
discendenza in linea paterna da un antenato comune, tra di loro il matrimonio è proibito e le
relazioni sessuali sono considerate incestuose. Lo stadio più elementare di segmentazione è
costituito dal lignaggio minimo che ha una profondità temporale compresa fra le tre e le cinque
generazioni.

Matrilignaggi
Nei matrilignaggi la discendenza si traccia attraverso le donne, il nucleo prototipico è fratello
sorella, quindi il matrilignaggio è un gruppo di fratelli e sorelle imparentati per via femminile.
L‟uomo più importante per i figli non è il padre ma il fratello della madre. Il matrilignaggio non
equivale a matriarcato quindi sono i fratelli ad avere un controllo effettivo. Un popolo matrilineare
è quello dei Navajo indiani d‟America, dove al centro c‟è un donna anziana con i figli e il marito
che normalmente è il capo della comunità. Anche la società patrilineare presenta un paradosso detto
enigma matrilineare che è la contraddizione far norma residenziale e norma ereditiera. Fra i Bemba
dello Zambia, ad esempio; l‟uomo è un estraneo in casa della moglie e la sua eredità non può
lasciarla al figlio, ma al figlio della sorella.

Terminologia di parentela
Per designare le persone che si riconoscono come parenti, gli antropologi identificano sei modelli.
Le terminologie di parentela indicano sia i confini esterni sia le partizioni interne dei gruppi, e
delineano la struttura di diritti e doveri spettanti ai diversi membri della società.

Criteri di distinzione
Generazionei termini di parentela distinguo i consanguinei secondo la generazione a cui
appartengono ( per noi cugino è qualcuno che appartiene alla stessa generazione di Ego);
Sessoi parenti sono differenziati a seconda del sesso (in spagnolo primo indica il cugino,
prima la cugina);

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Affinitàdistinzione fatta sulla base dei rapporti istituiti dal matrimonio (nelle società
matrilineari la sorella della madre è una parente in linea diretta, la sorella del padre è
un‟affine);
Col lateralitàdistinzione tra parenti in linea diretta e quelli di lato ( madre-zia)
Biforcazionesi usa quando si indicano con termini di parentela diversi il lato paterno e
quello materno della famiglia;
Età relativaparenti della stessa categoria si possono separare a seconda che siano
maggiori o minori;
Sesso del parente che fa da tramiteriguarda la collateralità e distingue i cugini in
paralleli e incrociati, sono paralleli di Ego i figli del fratello del padre e della sorella della
madre; sono incrociati i figli del fratello della madre e della sorella del padre, in questo caso
il sesso di Ego e dei cugini non conta, conta solo il sesso del parente in comune.

Modelli di terminologia della parentela


I sei principali modelli di terminologia della parentela si basano sul metodo di classificazione dei
cugini e hanno il nome delle società che li presentano in prototipici; i primi due sono associati a
sistemi di discendenza bilaterale, gli altri a quella unilaterale.

I modelli bilaterali
Il modello Hawaiano usa i primi due criteri: generazione e sesso. Il gruppo si divide
orizzontalmente per generazioni e ci sono solo due termini di parentela uno per i maschi e l‟altro
per le femmine.
Il modello eschimese riflette la simmetria dei parentadi bilaterali, in esso si distingue la famiglia
nucleare dai parenti collaterali, oltre alle zie e zii e loro figli e prozie e prozii, non si tiene conto
della generazione e tutti i parenti sono cugini.

Modello unilineare
Il modello Irochese è chiamato anche fusione biforcata perché fonde terminologicamente i fratelli
del padre con lui e le sorelle della madre con lei; il sesso è importante perché i fratelli dei genitori
sono raggruppati insieme ai genitori se sono dello stesso sesso, distinti se di sesso opposto.
Il modello Crow, che è un sistema patrilineare, dà rilevante importanza al sesso del parente che
funge da tramite; i fratelli del padre e le sorelle della madre sono raggruppati con il padre e la
madre, i loro figli, cugini di Ego, appartengono alla stessa categoria dei fratelli di Ego.
Il modello sudanese ha un termine per ciascun parente.

Parentela e alleanza attraverso il matrimonio


Per gestire le relazioni interne e garantire il loro perdurare, le società fondate sulla parentela la
connettono con il matrimonio in questo modo assicurano la riproduzione dei membri e stringono
alleanze con altri gruppi. Nelle società unilineari vi sono due tipi di matrimonio: quello con la figlia
della sorella del padre(cugina)e quello con la figlia del fratello della madre. Nelle società
patrilineari il matrimonio con la figlia della sorella del padre istituisce un modello di scambio
diretto, invece il matrimonio con la figlia del fratello della madre istituisce un modello di scambio
assimmetrico; il che assicura un‟alleanza permanente fra le stirpi , in quanto le donne si sposano
sempre nella stirpe dove sono andate spose le sorelle del padre e gli uomini prendono moglie
sempre nella stirpe della madre.

Adozione
Gli status ascritti sono le posizioni assegnate alla nascita, gli status acquisiti sono quelli che si
raggiungono nel corso della vita (status di studente); tutte le società ,però, incorporano nei gruppi di
parentela anche estranei mediante l‟adozione.

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L’adozione sugli altopiani dell’Ecuador
L‟antropologa Mary Weismantel nel 1995 con una ricerca a Zumbagua in Ecuador, ha scoperto che
in quella comunità i vincoli di parentela riconosciuti sono del tutto diversi da quelli euro-americani ,
a Zumagua la famiglia consiste di coloro che mangiano insieme, in armonia, con la credenza che a
furia di nutrirsi dello stesso cibo si finisce per avere “la stessa carne”, forgiando un vincolo di
parentela che esula dalla nascita.

La parentela estesa
La negoziazione dei legami di parentela fra gli Ju/’hoansi
Richard Lee ha svolto una ricerca sulla parentela fra gli Ju/‟hoansi, dove Ego con tutti quelli della
sua generazione, (tranne i fratelli di sesso opposto), e con quelli dei nonni e dei nipoti ha un
atteggiamento rilassato,mentre con quelli dei genitori, dei fratelli di sesso opposto e dei figli, è
riservato, e deferente. Questo popolo ha pochissimi nomi propri e quindi sopperisce con i
soprannomi, ma poiché tutti quelli che hanno lo stesso nome sono parenti e poiché si chiama moglie
qualsiasi donna che si chiama come la moglie , marito ogni uomo che si chiama come il marito ecc.
e ancora, poiché non si può sposare uno/a che si chiama come il padre/madre, fratello/sorella o
come un parente che si evita per risolvere il problema hanno inventato il principio del “wi” secondo
cui , quando il rapporto è suscettibile di più descrizioni, è il più anziano a scegliere quale termine
usare (un uomo ha lo stesso nome del marito morto della zia di sua moglie, sarà la zia a decidere
quindi se chiamarlo nipote o marito).

La parentela in America e in Europa e le nuove tecnologie riproduttive


La medicina occidentale con la fecondazione in vitro, le banche del seme, ha scosso la morale, il
diritto ma anche la concezione occidentale di parentela, infatti queste nuove tecnologie ribaltano la
concezione occidentale della parentela che era propria del processo di procreazione. Le ambiguità
che ormai circondano la concezione di parentela, hanno spinto i tribunali americani a pronunciarsi
su paternità e maternità biologiche, su gravidanze surrogate, ma, come riconosce l‟antropologa
Dolgin, in tutti i casi da lei esaminati, i tribunali hanno attribuito la custodia legale a quella parte
in causa che più si avvicinava per stile di vita alla famiglia borghese cara alla tradizione
nordamericana. I fatti biologici che potevano mettere a repentaglio tale modello sono stati
sistematicamente ignorati.

Il compadrazgo in America Latina


In America latina i padrini del battesimo devono interessarsi dei figliocci e aiutarli quando occorre,
ma molto importante è anche la relazione che si instaura fra i “compadres”(compari), essi spesso
vengono scelti dai genitori fra persone di posizione sociale superiore. Il sacramento del battesimo
trasforma questi estranei in parenti rituali con cui, quindi, i rapporti diventano più amichevoli e
aperti. L‟antropologa Allen osserva che i vincoli di compadrazgo sono un onere e insieme una
risorsa per entrambe le parti: i genitori danno appoggio(per esempio politico) e i padrini
contraccambiano con favori.

Ie nel Giappone contemporaneo


Dorinne Kondo 1990,ha studiato il IE che si può tradurre con “casata” ma che in effetti è molto di
più di una parentela basata su rapporti di sangue, essa infatti è un gruppo corporato fondato su
vincoli sociali ed economici, esso è titolare di proprietà, svolge importanti funzioni religiose ed è la
principale opera di assistenza sociale in Giappone, le persone che ne fanno parte non sempre sono
unite da legami biologici. A capo dello IE c‟è una coppia di coniugi che ha il compito di
amministrare la società, di accrescerla per poi passarla ad una nuova coppia che spesso non ha
nessun legame di parentela con la precedente. Poiché il nucleo dello Ie è una coppia permanente, è
palese l‟importanza del reclutamento della nuova coppia che avviene attraverso il matrimonio: tre

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sono le strategie seguite: il figlio della coppia sposa una donna esterna, la figlia della coppia sposa
un esterno(adozione dello sposo), sia l‟uomo che la donna sono esterni(adozione di una coppia) .

Parentela e Pratica
In un‟opera dedicata agli Iteso del Kenia, l‟antropologo Karp nota che in questo popolo i
consanguinei e gli affini hanno diritti e doveri reciproci assai diversi, infatti i primi si scontrano
spesso fra loro ma in caso di liti e conflitti devono aiutarsi l‟un l‟altro, i secondi invece tra di loro
sono gentili e premurosi ma in tempo di crisi sono inaffidabili.

La parentela : Una cornice per interpretare la vita


La parentela si fonda sull‟interpretazione dell‟accoppiamento, della nascita e dell‟allevamento, ma
il modo di intendere queste esperienze umane fondamentali viene plasmato esso stesso dai principi
del sistema di parentela.

12. Il matrimonio e la famiglia


Verso una definizione di matrimonio?
Il matrimonio è un‟istituzione che trasforma lo status di uomo e di donna, comporta accesso
sessuale, dà alla prole una posizione nella società e istituisce rapporti fra i parenti del marito e quelli
della moglie.

Una donna e uno spettro per marito fra i Nuer


Fra i Nuer, studiati da Evans-Pritchard negli anni „30,una donna poteva sposare un‟altra donna e
diventare il “padre” dei suoi figli, in genere il “marito” era una donna che non riusciva ad avere
figli, una volta sposata aveva tutti i ruoli sociali di un uomo,faceva ingravidare la donna e svolgeva
in casa tutti quei compiti che i Nuer consideravano esclusivamente maschili, i figli della moglie ne
prendevano il nome e la chiamavano padre. Sempre fra i Nuer c‟era poi il matrimonio con uno
spettro: poiché lo spettro di un uomo morto senza eredi maschi poteva perseguitare i parenti, per
placarlo un fratello o il figlio di un fratello sposava una donna in suo nome e i figli che nascevano
erano i figli dello spettro. In questo modo, però, anche questo uomo alla sua morte non lasciava
eredi maschi, diventando a sua volta uno spirito irato e così la storia si ripeteva.

Il matrimonio come processo sociale


Socialmente il matrimonio: trasforma lo status sociale dei partecipanti, modifica i rapporti fra
i parenti dei coniugi, perpetua i modelli sociali tramite i figli. Il matrimonio instaura nuove
relazioni fra i parenti del marito e i parenti della moglie dette affinità (ossia create per mezzo del
matrimonio) in contrapposizione con quelle di consanguineità. Ogni società ha i suoi modi per
assortire bene gli sposi, nel modello detto endogamia il matrimonio si deve svolgere entro un
preciso gruppo sociale; in quello detto esogamia al di fuori. Tutte le società proibiscono il
matrimonio e i rapporti sessuali con alcuni parenti stretti(tabù dell‟incesto).

Modelli residenziali dopo il matrimonio


I modelli residenziali più comuni dopo il matrimonio sono quattro:
Neolocale: la coppia mette su famiglia per conto suo in un posto a sua scelta (società
individualista come gli eschimesi).
Patrilocale: la coppia va a vivere insieme o vicino alla famiglia del padre del marito
(società pastorali, agrarie).

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Matrilocale : la coppia va a vivere insieme o vicino alla famiglia d‟origine della donna
(società che praticano l‟orticoltura).
Avuncolocale: la coppia va a vivere insieme o vicino al fratello della madre
dell‟uomo(società matrilineari).
Altri modelli meno consueti sono :
Amilocale: la coppia va a vivere prima con la famiglia di un coniuge poi con l‟altra.
Duolocale: la coppia ha un lignaggio così importante che marito e moglie continuano a
vivere ciascuno con la propria famiglia (come gli Astanti del Ghana).

Monogamia e poligamia
Il numero dei coniugi consentiti varia di cultura in cultura, abbiamo la monogamia quando si può
sposare solo una persona, poligamia quando si può sposare diverse persone e si divide in
poliginia(pluralità di mogli) e in poliandria(pluralità di mariti).

Monogamia
La monogamia è l‟unico modello matrimoniale nella maggior parte delle società industriali. Prima
del XX secolo, generalmente ci si sposava solo una volta, a meno che il coniuge non morisse; oggi
abbiamo una monogamia seriale nel senso che ci si può sposare con diverse persone, ma solo con
uno per volta.

Poliginia
Il numero di mogli ammesse in poliginia varia da società a società. L‟Islam permette fino a 4 mogli
ma solo se si è in grado di mantenerle tutte sia economicamente che affettivamente. Altre società
non pongono limiti ma in realtà i limiti ci sono ugualmente perché avere più mogli con relativi figli
ha un costo non indifferente e inoltre per uno che ha tante mogli ce n‟è un altro senza.

Poliandria
La poliandria è rara e dove esiste la donna sposa un gruppo di fratelli o di uomini imparentati che
poi vivranno tutti insieme.

Poliandria, sessualità e capacità riproduttiva della donna


Sul piano sessuale la monogamia e la poliginia si somigliano perché entrambe vogliono controllare
la sessualità della donna, lasciando briglia sciolta all‟uomo. La poliandria invece, merita un esame
più attento quindi prenderemo in esame le tre forme presenti:
POLIANDRIA FRATERNA : è presente nel Nepal e nel Tibet, un gruppo di fratelli sposa
una donna. Alla cerimonia delle nozze normalmente è il fratello maggiore che funge da
sposo, ma poi tutti(compresi quelli che nasceranno) sono uniti in matrimonio, la moglie e i
mariti vivono insieme e tutti i fratelli hanno pari accesso sessuale alla donna e tutti fanno da
padre ai figli. Spesso le società che praticano la poliandria fraterna, preferiscono il
matrimonio con donne sorelle fra loro(poliginia sororale).
POLIANDRIA ASSOCIATA: in questa forma il matrimonio non è limitato ai fratelli,
inoltre l‟inizio è monogamico poi subentra il secondo marito, il primo resta comunque, in
termini di autorità, il principale; entrambi, invece, si considerano padre dei figli della donna.
Queste due forme di poliandria riducono drasticamente la rete potenziale di vincoli forgiati
dal matrimonio, infatti se un gruppo di fratelli sposa la stessa donna vi sono rapporti con una
sola famiglia, se poi prendono in moglie la sorella della moglie allora rinunciano proprio ad
ampliarli. Questo fenomeno è denominato da Levine e Sangree :”intensificazione
dell‟alleanza”.
MATRIMONIO SECONDARIO: questa ultima forma di poliandria si trova in Nigeria e
Camerum settentrionale. La donna sposa più mariti secondari restando comunque sposata

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con i precedenti,ella vive con un marito per volta ma può ritornare da uno precedente e
averne dei figli legittimi. In questo sistema gli uomini sono poliginie e le donne sono
poliandriche.

Matrimonio e scambio economico


In molte società il matrimonio è accompagnato dal trasferimento di beni simbolicamente importanti
Esso prende il nome di ricchezza della sposa e dote. Nella ricchezza della sposa, che si pratica nelle
società patrilineari di agricoltori e pastori, i beni scambiati hanno un grande valore simbolico e
possono comprendere conchiglie, zanne d‟avorio , penne d‟uccello. Gli antropologi considerano la
ricchezza della sposa come una forma di risarcimento ai parenti della donna per la perdita di forza
lavoro e capacità riproduttive. Nella dote vi è invece un tipico trasferimento di beni famigliari, di
solito alla figlia che si sposa, da parte dei genitori. La dote è considerata come il contributo della
donna alla nuova famiglia.

Fratelli e sorelle nella prospettiva comparativa


Nella società occidentale le relazioni tra uomo e donna sono viste alla luce di quelle tra marito e
moglie; in altre le relazioni più importanti sono quelle tra fratelli di sesso opposto.

Fratelli e sorelle in una società matrilineare


Un esempio proviene dagli Ashanti del Ghana, dove il rapporto giuridico fondamentale è quello tra
fratello e sorella. Il fratello esercita l‟autorità sui figli della sorella, discute con lei di faccende
delicate e non con la moglie, è più importante che abbia un figlio la sorella non lui perché così
sopravvive il lignaggio.

Fratelli e sorelle in una società patrilineare


Anche in questa società è importante il rapporto tra fratello e sorella, laddove la donna non si
allontani troppo da casa con il matrimonio e non viene incorporata nel lignaggio del marito, un
gruppo di fratelli e sorelle avrà il controllo del lignaggio degli aspetti politici economici e sociali.

Struttura della famiglia


In molte società patrilineari la donna si sente parte del lignaggio del marito quando esso è diventato
quello dei figli e il legame trascende il marito.

La famiglia nucleare
Secondo l‟antropologia la famiglia nucleare è formata da due generazioni: genitori e figli non
sposati. Ogni membro ha un serie di rapporti con ogni altro membro: marito e moglie, genitori e
figli, fratelli.

La famiglia poliginica
Nella famiglia poliginica ogni moglie è in rapporto con le altre mogli in quanto individui e in
quanto gruppo e tutte interagiscono sia singolarmente che collettivamente con il marito.

Competizione nella famiglia poliginica


Nella comunità dei Mende in Serra Leone la competizione ruota attorno ai figli soprattutto per la
loro istruzione infatti per la donna Mende il grado d‟istruzione dei figli è molto importante e
giacché un uomo può mandare a scuola solo un figlio mentre gli altri sono destinati ad imparare un
mestiere, è lampante che la lotta fra le mogli è aspra.

Famiglie estese e famiglie congiunte


La famiglia estesa è formata da:
due generazioni che vivono insieme (modello occidentale);

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tre generazioni che vivono insieme (genitori, figli sposati e nipoti);
La famiglia congiunta è formata da fratelli e sorelle sposate.

Trasformazioni della famiglia nel tempo


Divorzio e nuovo matrimonio
La maggioranza delle società permette la separazione dei coniugi, in alcune il processo è lungo e
difficoltoso specie quando si deve restituire la dote della sposa, infatti a volte per restituirla occorre
rompere una catena di matrimoni (i fratelli della donna divorziata, devono divorziare a loro volta
per recuperare la ricchezza che serve alla sorella).

Il divorzio a Guider
Tra i Mussulmani di Guider il divorzio è prerogativa degli uomini che secondo la regola che è
stabilita dal Corano devono solo comparire davanti a due testimoni e pronunciare per tre volte “ io
divorzio da te”, dopo di ché è libero e la moglie deve andarsene di casa e dei figli può portarsi via
solo i neonati per riconsegnarli al padre quando compiranno sei o otto anni. La donna per sfuggire
ad un matrimonio sfortunato può esprimere il desiderio di divorziare ma se il marito rifiuta o se lei
non ha il coraggio di affrontarlo l‟unica arma che le rimane è quella di cominciare a trascurare le
faccende di casa, bruciare la cena e disertare il letto coniugale.

Motivi del divorzio


A seconda della società le cause del divorzio sono: la petulanza, la litigiosità, la spilorceria,
l‟adulterio ecc. Fra gli Ju/‟hoansi è la donna in genere a volere il divorzio che risulta cordiale perché
non c‟è nessuna ricchezza da restituire, nessun contratto legale da rinegoziare.

La separazione tra gli Inuit


Fra gli Inuit nord occidentali il matrimonio è permanente e benché esista la separazione il
matrimonio non sarà mai sciolto. I coniugi che smettono di vivere insieme e di avere rapporti
sessuali si considerano separati, se si risposano i due mariti diventano co-mariti e le due donne
diventano co-mogli, insomma per gli Inuit con il divorzio i vincoli aumentano.

Scissione di famiglie complesse


Nelle famiglie congiunte quando muore il padre si acuiscono le tensioni tra fratelli e sorelle e non si
accetta che il maggiore diventa capo famiglia così gli altri decidono di andarsene e mettere su
famiglia in proprio dando origine ad una nuova famiglia congiunta.

Famiglia e migrazioni internazionali


La migrazione alla ricerca del lavoro divide molte famiglie spesso il marito è all‟estero e la moglie
a casa. In uno studio della Georges 1990 su immigrati sud americani negli Stati Uniti, si osserva che
nonostante la lontananza il padre mantiene un ruolo attivo nella famiglia, è sempre quello che porta
a casa il pane e prende le decisioni principale con telefonate, lettere ecc.

Famiglie d’elezione
Molti di noi sono convinti che i vincoli famigliari dipendono dal sangue e che il sangue non è
acqua, ma uno studio della Weston 1991 mette in crisi tali convinzioni. Se infatti il sangue non è
acqua, il sapere che un figlio è gay non dovrebbe spezzare i vincoli famigliari, invece spesso i
genitori ripudiano il figlio. Negli anni ottanta un gruppo di gay e lesbiche statunitense sono giunti a
due conclusioni:
i legami di sangue non garantiscono una solidarietà diffusa e duratura;
i nuovi legami che si instaurano sono sinceri e duraturi e creano famiglie d‟elezione.

La flessibilità del matrimonio

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Le regole matrimoniali sono soggetti a negoziazioni infatti anche nelle società dove ci sono regole
ferree e le donne sono pedine di giochi di potere e di prestigio maschili, se esse si oppongono con
foga e tenacia, i genitori talvolta rinunciano. Talora il contrasto tra regole formali ed effettiva
esecuzione dei riti matrimoniali è rivelatore come dimostra quello che succede tra gli Iteso, dove
mentre gli uomini vivono la cerimonia matrimoniale in modo solenne e serio perché sanno che per
perpetuare il patrilignaggio sono costretti a sposare donne estranee, queste dal canto loro ridono e
si divertono perché sanno che gli uomini Iteso dipendono da loro per perpetuare il patrilignaggio.

Pratiche sessuali
L‟attività sessuale nel mondo è assai varia, tra i Tikopia in Oceania i giovani hanno molte
esperienze prima del matrimonio. Tra gli Ju/‟hoansi l‟attività sessuale inizia molto presto e le
restrizioni sociali e sessuali del matrimonio spesso sono un vero trauma. In molte società si esige la
verginità delle donne fino al matrimonio. I Dani della Nuova Guinea, si caratterizzano per lo scarso
interesse per il sesso, basti pensare che dopo la nascita di un figlio, i genitori si astengono dal fare
sesso per 5 anni.

Altre pratiche sessuali


Tutte le società sono per le pratiche eterosessuali perché si preoccupano di perpetuarsi e per
realizzare questo obiettivo sviluppano strutture ideologiche e rituali complesse; questo fatto indica,
tuttavia, che l‟espressione della sessualità umana deborderebbe se non fosse sottoposta ad un
rigido controllo; portando a quelle pratiche sessuali che l‟occidente chiama omosessualità .

Costumi sessuali femminili a Mombasa


Fra gli Swhili di Mombasa in Kenia, l‟omosessualità femminile è cosa normale, le donne fin da
piccole hanno pochi rapporti con il mondo maschile, i rapporti fra i sessi sono unidimensionali.
Alle donne è permesso scegliere altre donne come partner sessuale e la condizione di lesbica,
benché meno rispettabile di quella di seconda moglie non residente, è comunque più rispettabile
del nubilato. Secondo l‟antropologo Sherpherd a Mombasa si accetta l‟omosessualità femminile e
maschile, perché quello che conta è non violare il principio del rango, è più importante essere una
vera araba e una buona musulmana, una persona influente piuttosto che fare l‟amore con un uomo.

Costumi sessuali maschili in Nicaragua


L‟antropologo Lancaster negli anni „80 studiò in Nicaragua i cochones , che è sbagliato tradurre
con omosessuale perché fra i nicaraguesi di classe lavoratrice, c‟è una interpretazione dei rapporti
sessuali fra uomini,molto diversa da quella europea , che è stata ribattezzata machismo. Il macho ,
vero uomo, è energico, violento e prepotente, il pene è un arma da brandire per dominare il partner
rendendolo passivo e sottometterlo; l‟uomo virile nel Nicaragua è il partner sessuale attivo,
dominante nell‟accoppiamento sia con una donna che con un uomo, il cochon, appunto, il maschio
passivo. Per i machi, i cochon possono essere sbeffeggiati ma sono anche molto ammirati nelle
sfilate di carnevale, per i nicaraguesi sono inconcepibili i crimini dettati da odio per i gay. Il
governo sandinista ha cercato di scoraggiare il machismo, ma tutti gli uomini intervistati da
Lancaster hanno dato la stessa risposta:”Che vogliono , i sandinisti, che diventiamo tutti cochon?”

13. Oltre la parentela


Società e parentela: lo sparti acque
Nelle società extraoccidentali la parentela è il cardine dell‟organizzazione sociale. Nel mondo
occidentale,invece, è da tempo relegata nella sfera dei rapporti familiari e personali.

Dallo status a contratto

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Lo status o ruolo, era la posizione di ciascuno all‟interno del gruppo nelle società antiche e quelle
fondate sulla parentela erano proprio il prototipo di questo tipo di società retta dallo status, la
caratteristica fondamentale era l‟impossibilità di scegliersi lo status e di modificare i diritti e doveri
connessi. Oggi,invece, la società è organizzata in base al contratto che si differenzia dallo status per
4 motivi:
1. almeno in teoria i rapporti nascono dal libero accordo.
2. i diritti e doveri sono stipulati consensualmente dai contraenti.
3. la serie dei ruoli possibili è illimitata.
4. le parti sono libere di sciogliere la relazione.

Solidarietà meccanica contro la solidarietà organica


Secondo l‟antropologo Durkheim, nella solidarietà meccanica che era alla base delle società
“primitive” c’era la corrispondenza tra status di parentela e compito sociale, cioè ogni
parentela era in grado di provvedere ai propri bisogni ma non a quelli di altri gruppi. Nella
solidarietà organica, propria delle società moderne, ciascun gruppo sociale si specializza in
determinati campi che servono a tutti, c’è insomma la divisione del lavoro che riesce a tenere
unite società molto grandi perché questi gruppi sociali come i singoli organi di un essere
vivente devono adempiere ognuno i propri compiti affinché il tutto funzioni bene. Secondo
Schneider 1968, il collante sociale creato dalla parentela è il sentimento di solidarietà duratura e
diffusa che in molti casi gli uomini cercano di instaurare anche con persone non riconosciute
formalmente come parenti e tutte le società hanno elaborato modelli di rapporti sociali miranti a
forgiare questi legami che vanno oltre il significato di parentela.

Oltre la parentela
Amicizia
L‟amicizia è un affetto scevro di pregiudizio e interesse personale, in altre parole, un sentimento
affettuoso e disinteressato.

L’amicizia fra i Bangwa


I Bangwa del Camerum, studiati dall‟antropologo Brain, suggellano l‟amicizia con un rito simile al
matrimonio, naturalmente con meno obblighi corrispondenti perché l‟amicizia ha rischi minori
rispetto alle intime relazioni fra consanguinei, l‟amicizia è vista come affetto disinteressato, è tenuta
in maggior conto della parentela, dura fino alla morte ed è superiore a disuguaglianze di età, di
ricchezza e di status.

Amicizia e amichevolezza fra studenti americani


Secondo uno studio dell‟antropologo Moffati 1977/87, fra gli studenti americani gli amici sono i
soli compagni di pari status sociale scelti liberamente, perché tutto il resto: famiglia, religione,
razza, lavoro,sono frutto di imposizioni esterne. Un atteggiamento caratteristico degli americani è
l‟amichevolezza, mostrarsi cioè compiaciuti e felici di incontrare qualcuno, avere sempre il sorriso,
chiamare per nome la persona, toccarla di tanto in tanto. In altre parole essere sempre ben disposti
verso gli altri.

Parentela al di fuori della parentela


L‟antropologo Schneider 1968, afferma che il sentimento che è alla base della parentela è la
solidarietà diffusa e duratura ma la definizione calza a pennello anche per l‟amicizia . I modelli di
relazione che esulano dalla parentela non seguono le regole di reclutamento né impongono le
distinzioni di status e gli obblighi di ruolo tradizionali di quell‟istituzione. Forse la solidarietà
diffusa e duratura è qualcosa che gli esseri umani cercano di instaurare sempre nei rapporti con gli
altri, parenti e non.

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Sodalizi
I sodalizi sono raggruppamenti speciali che si organizzano sull‟età, sul sesso, sul ruolo economico
ecc.; essi hanno varie funzioni: militari, mediche, religiose e ricreative. Alcuni sodalizi operano in
segreto altre in pubblico; l‟affiliazione ad essi avviene per via ereditaria, acquisto, successo, merito
ecc. I sodalizi ,naturalmente, creano solidarietà diffusa e duratura.

Le società militari cheyenne


Fra i sodalizi ricordiamo le sette società militari cheyenne che si incentravano, da uno studio di
Hoebel, sulla glorificazione ed esaltazione dei guerrieri e sull‟adempimento di doveri e servizi per
la comunità. Le sette società erano di pari status e un ragazzo poteva aderire indifferentemente ad
una qualunque. Esse mantenevano l‟ordine durante le cerimonie pubbliche e la caccia, attuavano le
sentenze emanate dal consiglio dei capi, come la messa al bando degli omicidi. Le società militari
cheyenne erano associazioni volontarie che tagliavano trasversalmente i gruppi di parentela. Le
sette società non erano prettamente maschili, e comunque, non erano del tutto immuni
dall‟influenza delle donne infatti le giovinette erano una sorta di portafortuna e dalla loro castità
dipendeva il successo dei guerrieri .

Classi di età
Le classi di età sono composte da uomini nati in un certo arco di tempo(per esempio 5 anni), le
donne non sono ammesse. Hanno due assunti fondamentali: padri e figli si succedono con regolarità
e la successione deve seguire unità temporali fisse.

Il sistema delle classi di età in Africa orientale


Fra i Nyakynsa (Tanzania), le classi di età sono tre: anziani ritiratisi dalla vita pubblica, adulti con
responsabilità politiche e militari e ragazzi immaturi. Le classi di età prom muovono fra i membri il
sentimento di solidarietà diffusa e duratura, sentimento così sentito che fra loro sono proibite le
reciproche accuse di adulterio e richieste di risarcimento; inoltre ogni classe di età deve vivere nel
proprio villaggio per permettere “la buona compagnia” degli amici e dei pari. Le classi di età,
secondo la Wilson, controllano anche la condotta sessuale, perché la separazione fra padri e figli
impedisce di fatto l‟incesto fra giovani e mogli dei padri.

Società segrete in Africa occidentale


Alcuni popoli africani usano le società segrete per riunire i membri in associazioni. Fra i Sherbro il
Poro è una società segreta maschile, il Sande quella femminile; entrambe hanno il compito di
iniziare i giovani alla condizione sociale del proprio sesso, sorvegliano e regolano la condotta; c‟è
poi una terza società segreta ,la Thona, aperta sia agli uomini che alle donne, essa ha il compito di
trasformare creature protosociali in esseri umani adulti pienamente sociali e iniziati.

Vincoli che esulano dalla parentela nelle società stratificate


Nelle società egualitarie dove non c‟è un capo supremo alla guida del gruppo, sono diffusi i
sodalizi; invece, nelle società stratificate dove esistono gerarchie stabili, vi sono le caste che sono
gruppi chiusi , ordinati per rango, tra i quali la mobilità è impossibile.

Criteri di appartenenza ai livelli della società


Secondo Karl Marx, nella società capitalista l‟appartenenza di classe dipende dalle proprietà o meno
dei mezzi di produzione; quindi i capitalisti che sono i proprietari compongono la classe dominante,
i salariati che possiedono solo la forza lavoro sono il proletariato. La concezione statunitense è assai
diversa, essa, infatti, assimila la classe alla fascia di reddito; altre concezioni dividono i vari livelli
della società stratificata secondo la specializzazione professionale, la biologia, la cultura ecc. Nella
società stratificata la chiave della solidarietà sociale sta nella natura delle relazioni che uniscono i

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livelli; secondo Marx i legami fra capitalisti e proletari sono esclusivamente economici, le due
classi devono cooperare per produrre beni .

Società di caste
La parola casta deriva dal portoghese significa “pura” e fu applicata dagli esploratori al sistema
stratificato presente in India nel XV secolo, ogni gruppo della società doveva serbarsi casto e non
mescolarsi con altri gruppi.

La casta in India
Un esempio della divisione in caste in India la troviamo a Gapalpur dove gli abitanti sono divisi in
jati (casta) che si distinguono tanto per il regime alimentare quanto per i mestieri, secondo la
credenza indù ci sono cibi e mestieri puri e incontaminati e altri no, quindi le jeti sono ordinate
lungo una scala che va dalla più pura alla più iniqua, in cima ci sono i Brahamani vegetariani e
così puri da potersi accostare agli dei, al rango più inferiore ci sono i cestai , i lavoratori di cuoio
che mangiano carne impura e sono quindi essi stessi contaminati.

La casta in Africa occidentale


Gli antropologi usano la parola “casta” al di fuori dell‟India ogni qualvolta si incontrino:
1. raggruppamenti guardati con disprezzo dagli altri gruppi
2. quando c‟è un‟elite dominante.
Il primo criterio risulta frequente nelle società del Sahara e del Sudan occidentale e fra la Nigeria e
il Camerum, dove , in specifico l‟antropologo Vaughan ha trovato una casta di fabbri che hanno sì
uno status diverso infatti non si sposano ne condividono il cibo con gli altri, ma sono temuti e
riveriti in quanto il loro lavoro che è quello del ferro, del cuoio, barbieri, indovini e medici è
indispensabile per la vita di tutta la comunità.

Classe, razza ed etnia


Le classi sono i livelli di una società socialmente stratificata con confini meno rigidi del sistema
delle caste, l‟appartenenza ad una di esse dipende dall‟insieme di potere, ricchezza e prestigio.

Negoziare lo status sociale: Messico 1521 - 1812


L‟antroplogo Chance ha studiato classe, razza ed etnia nella città messicana di Oaxaca e più
precisamente ha preso in considerazione i cambiamenti nella stratificazione sociale tra il 1521 anno
della conquista spagnola e il 1812 anno della guerra d‟indipendenza messicana.
Quando gli spagnoli giunsero in Messico trovarono delle società indigene organizzate in “stati”,
come gli Aztechi che erano divisi in nobili, detentori del potere e la classe inferiore della gente
comune, ma naturalmente i conquistatori modificarono tutto ciò secondo i propri criteri di società
e così clero e nobiltà furono riservati agli spagnoli mentre i gruppi indigeni sottomessi formarono il
popolo. Negli “stati”non c‟era la razza mista, in questa nuova divisione, invece, ben presto i figli
meticci furono così numerosi che i governanti spagnoli elaborarono il “sistema de castas” che
comprendeva i mestizos(nati da genitori spagnoli e indigeni) e mulatos (con ascendenza africana),
poi nel XVII secolo se ne aggiunsero altri: i costizos( discendenti da spagnoli e mestizs), mulatos
libres, mulatos esclavos, negros libres e negros esclavos. Change pone in risalto che la mescolanza
razziale era soprattutto un fenomeno urbano e le caste erano percepite come parte della società
ispanica e non indigena.Paradossalmente coloro che avevano origini miste avevano la maggior
opportunità di elevarsi, infatti poiché era il prete che decideva la casta d‟appartenenza degli sposi, si
sceglieva un coniuge dalla pelle così chiara da far decretare l‟appartenenza ad una casta di rango
superiore,in poco tempo aumentarono i creoli (figli di spagnoli e indigeni legalmente sposati) ; ecco
quindi che la razza non era più uno status ascritto, bensì acquisito e la discendenza era ormai
diventata meno importante come criterio di appartenenza al gruppo.

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PARTE V – Dal locale al globale
14. Il sistema mondiale
Capitalismo, colonialismo e “modernità”
Nel capitalismo il sistema economico è dominato dal meccanismo prezzo-domanda-offerta
(mercato) e dallo stile di vita che si diffonde per effetto e al servizio di questo mercato; secondo il
capitalismo tutto è merce e ogni cosa ha il suo prezzo. Anche gli uomini ,ridotti a forza lavoro dal
mercato capitalistico, diventano oggetti e il loro lavoro diviene merce né più né meno dei fagioli o
del cotone.
Il colonialismo è un sistema sociale nel quale la conquista politica di una società da parte di
un‟altra, sfocia nel dominio culturale con un cambiamento sociale forzato (Baidelman); nella prima
fase il colonialismo della Spagna, Portogallo e Olanda era basato sul capitalismo mercantile; nella
seconda quella della Francia e Inghilterra, era basato sul capitalismo industriale.
Il periodo storico degli Stati nazionali europei e degli imperi coloniali si chiama “età moderna” e
,senza dubbio, la vita nelle città europee ha rappresentato il prototipo di questa modernità,ma nel
contesto coloniale ciò ha significato soltanto adottare le pratiche e la visione del mondo occidentale
cancellando quelle che erano proprie di questi popoli; infatti la penetrazione coloniale riplasmò i
territori conquistati in conformità con le esigenze dell‟impresa capitalistica, vennero distrutte intere
comunità indigene , creandone delle nuove secondo i criteri dei dominatori.

L’economia politica coloniale


Il nuovo ordine politico, che il colonialismo portò nelle terre occupate, è stato definito da molti
antropologi con il termine di economia politica, che sottolinea la centralità degli interessi materiali
e l‟impiego della forza per proteggerli e rafforzarli. Le potenze coloniali avevano bisogno di
manodopera a basso costo, ma alla fine del XIX secolo, le popolazioni africane erano in larga
misura ancora in grado di garantirsi la sussistenza e non erano inclini a lavorare nelle miniere,
occorreva quindi eliminarne l‟autosufficienza cosicché non rimanesse loro altra scelta per vivere,
che lavorare nelle miniere ;il governo capitalista raggiunse l‟obbiettivo imponendo alle
popolazioni forti tributi da pagare esclusivamente in moneta ( l‟unica fonte di denaro era il lavoro
salariato delle miniere) e impedendo deliberatamente lo sviluppo di un‟economia di mercato .

Tener conto del cambiamento sociale e culturale


L‟antropologia come disciplina è nata nel XIX secolo in pieno colonialismo quindi la sua funzione
si è sviluppata nel contesto dell‟impero colonialista quando gli antropologi erano ricercati per
ottenere informazioni precise sulle popolazioni indigene, essi erano apprezzati per le loro
conoscenze specialistiche ma erano anche guardati con sospetto perché quello stesso sapere, spesso
contraddiceva o minava gli scopi dell‟amministrazione. Alcuni antropologi erano fautori di un
programma di ricerca scientifica e imparziale fra questi ricordiamo Herskovits che difese
apertamente il diritto dei popoli africani di decidere il proprio destino. Dopo la seconda guerra
mondiale, le potenze coloniali furono costrette a scendere a patti con i sudditi coloniali che
rifiutavano il ruolo di scolari della civiltà, ma anche dopo la concessione dell‟indipendenza
politica, il groviglio di vincoli economici e sociali fra le due parti non riuscì a sciogliersi facilmente
dando così origine al neocolonialismo.

Le radici dell’ordine neocoloniale


L‟indipendenza politica ottenuta non ha permesso affatto ai latino-americani, africani e asiatici di
diventare arbitri del proprio destino perché come dice l‟antropologo Beidelman: “ Il colonialismo
in Africa non è morto perché l‟influenza economica-politica delle ex potenze coloniali è ancora
persistente e anche perché il potere è passato in mano ad una elite indigena privilegiata e
refrattaria a qualsiasi cambiamento.”

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Donne e colonizzazione
Gli amministratori coloniali erano convinti che l‟ opera dell‟impero avrebbe beneficiato i dominati;
gli oppositori del colonialismo negano che un popolo soggiogato e sfruttato possa trarne dei
benefici. Comunque, i dati etnografici dimostrano che la conquista coloniale non ebbe gli stessi
effetti su tutti i gruppi, fra i quali quello delle donne; infatti mentre le donne Trebiandesi non
subirono perdita di status sotto il regime colonialista, quelle della società Baule furono meno
fortunate. L‟equilibrio del potere fra donne e uomini era assai egualitario , gli uomini avevano la
responsabilità dell‟igname, le donne quella della stoffa e giacché sia la stoffa che l‟igname erano
indispensabili per la sussistenza di tutti , questo consolidava il matrimonio e i sessi cooperavano
nella loro produzione. Quando i francesi costruirono una fabbrica tessile incoraggiarono gli uomini
a coltivare atri tipi di cotone, così le donne non ebbero più a disposizione l‟igname da filare e
gradualmente videro affievolire la cooperazione con gli uomini fino a dovere dipendere da loro.

Vari modi di concepire l’economia politica


La teoria della modernizzazione
Secondo la teoria della modernizzazione, propugnata da Spencer, la colonizzazione era un processo
positivo perché forniva ai popoli arretrati gli insegnamenti per progredire, per avere cioè, quelle
attitudini capitalistiche che per funzionare bene richiedevano le istituzioni occidentali. Bostow,
divide economicamente le società in 5 categorie, che vanno dal primo infimo stadio con tecniche
produttive poco sviluppate, fino allo stadio di modernità denominato della “società dei consumi di
massa”, egli paragona la crescita economica alla crescita organica dalla gioventù alla maturità,
quindi i giovani stati in principio sono ignoranti e immaturi e solo con l‟accorta guida degli anziani
si ergeranno come membri autosufficienti; quindi uno stato straniero deve essere come un padre
saggio che dà consigli e finanziamenti: ecco il principio di modernità”l‟unico cammino valido è
quello insegnato dall‟Europa occidentale e dall‟America del nord”!

La teoria della dipendenza


Essa sostiene che le strutture economiche delle colonie e delle nazioni dipendenti vengono
riplasmate per soddisfare esigenze esogene e quindi lo sviluppo delle nazioni ricche implica il
sottosviluppo delle colonie e di partner meno forti; la prosperità delle nazioni occidentali non
dipende dalla sviluppo di risorse interne, ma dallo sfruttamento di materie prime a basso costo e
delle ricchezze sia umane che economiche dei paesi dominati. Il capitalismo crea deliberatamente
sottosviluppo nelle aree in precedenza prospere cadute sotto il suo dominio: è la famosa legge dello
sviluppo del sottosviluppo.

La teoria del sistema mondiale


Essa è propugnata dal sociologo Wallerstein, che respinge la tesi di uno scambio equilibrato nel
libero mercato da parte dei moderni stati nazionali, l‟economia è mondiale non perché abbraccia il
mondo intero ma perché è più grande di qualsiasi entità politica giuridicamente definita e perché il
vincolo basilare tra le parti del sistema è economico. Le banche, la finanza e la produzione
industriale altamente specializzata sono la peculiarità delle nazioni europee e rappresentano il
centro dell‟economia mondiale che sfrutta la periferia dove i lavoratori sono condannati a un tenore
di vita basso,Wallerstein individua anche una semiperiferia che è costituita da stati come il Brasile e
il Messico che prima erano periferici, ma essendo dotati di potenziale industriale e altre risorse,
possono ambire allo status di centro, in futuro.

La teoria neomarxiana
Essa si ispira al pensiero di Marx, ma è stata interpretata da due francesi Althusser e Balibar
Che riesaminato il concetto di modo di produzione concludono che nelle aree coloniali i modi di
produzione capitalistici e non, hanno stabilito una forma di coesistenza, poiché il modo di
produzione capitalistico introdotto dalla potenza coloniale si è intrecciato con i modi di produzione

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indigeni, modificandoli, ma non trasformandoli totalmente, da qui la nascita di modi di produzione
che si articolano in formazioni sociali. Dopo il crollo del consumismo molte società per evitare
tanto la soluzione capitalista quanto quella marxiana tradizionale hanno creato i nuovi movimenti
sociali che, secondo l‟antropologo Escobar, sono frutto della riflessione consapevole di persone che
emarginate dagli schemi di sviluppo imposti dall‟esterno, costruiscono forme alternative di vita
basate su propri fini e valori.

La teoria della globalizzazione


Con la fine della guerra fredda, la rivoluzione cibernetica ha apportato progressi nella tecnologia
industriale, nei trasporti e nelle comunicazioni, dando origine alla globalizzazione, dove potenti
forze globali riplasmano le condizioni locali con ricollocazione di produzioni industriali dal
centro alla periferia dove si appropriano di forme culturali locali, trasformandole in immagini e
merci da vendere in tutto il mondo. La globalizzazione ha esacerbato i conflitti sociali e generato
nuove forme di identità culturale.

I modi del cambiamento nel mondo moderno


L’arte della persuasione
Le pratiche egemoniche che tentano di persuadere le società extraoccidentali a cambiare
modo di vita si dividono in egemonia secolare che è esercitata dalle autorità coloniali e in
egemonia sacra che è esercitata dai missionari.

Egemonia secolare: modernizzare il Terzo Mondo


Per trasformare i colonizzati in sudditi dell‟impero coloniale, occorreva la persuasione, per ottenerla
il governo coloniale cercava di persuadere i sudditi della convenienza di raggiungere gli obiettivi
coloniali, chi si conformava aveva ricchezza e potere e si modellava secondo lo stampo occidentale.
Per i teorici della modernizzazione la fine della società tradizionale è segno di progresso .
L‟antropologo Gudeman dimostra ,invece, in una sua ricerca come dei contadini autosufficienti si
siano trasformati in braccianti relegati nel gradino più basso della società; proprio per il passaggio
da una produzione per la sussistenza a quella per lo scambio. D‟altro canto non bisogna
dimenticare che accanto a società agricole che sono state totalmente catturate dal modo di
produzione capitalista con la prospettiva di uno squallido futuro; ci sono strutture di parentela
ancora abbastanza forti da consentire ai contadini di difendere il proprio modo di produzione dagli
attacchi del capitalismo.

Fare le cose “nello stile del Kentucky”


Per difendersi da potenti forze economiche , nel Kentucky usano reti familiari estese sull‟intera
regione, non sempre composte di parenti biologici, queste reti permettono l‟approvvigionamento
attraverso flussi circolari di risorse, beni e servizi. I nodi della rete sono le fattorie che praticano
agricoltura di sussistenza su base familiare , di tanto in tanto i membri della famiglia vanno a
lavorare allo stabilimento locale , ma per lo più cambiano spesso lavoro e preferiscono lavori che
sfuggono alle statistiche ufficiali sull‟occupazione. Il risultato è un‟economia informale che
contrasta le pratiche capitaliste. Le reti famigliari dello stile del Kentucky, coordinano un‟ampia
gamma di sussistenza e fonti di reddito formali e informali fra i membri attuando così una forma di
resistenza contadina alla mentalità capitalista.

Egemonia sacra: i missionari in Africa

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Missionari di tutte le confessioni accompagnarono l‟espansione occidentale nelle Americhe, in
Africa e in Asia; quelli cattolici con una buona cultura e senza l‟impaccio della famiglia spesso
trascorrevano tutta la vita nella stessa aerea e quindi riuscivano a farsi accettare molto di più di
quelli protestanti che si muovevano con la famiglia e la preoccupazione di proteggerla a volte li
allontanava dagli indigeni. I missionari incoraggiavano lo studio della Bibbia ma ciò si rivelò
un‟arma a doppio taglio, infatti i convertiti videro nella storia di Dio che salva il suo popolo
dall‟oppressione, la loro storia e incominciarono ad identificarsi con gli oppressi e a vedere Dio
dalla loro parte e ,invece, i missionari come oppressori.

La minaccia del fucile


Secondo molti antropologi il capitalismo ha da tempo trionfato sulle società tradizionale o di certo
trionferà in futuro, ma tanti sono i casi in cui dei popoli si sono ribellati con quelle che Eric Wolf
1969, chiama “ Guerre contadine”, in quanto esse sono state combattute da bande armate di
contadini affiancate spesso da partiti paramilitari organizzati; La rivoluzione russa è apparsa come
la prima sconfitta del capitalismo seguita poi da quella cinese e vietnamita , ma i capi rivoluzionari
hanno presto scoperto che l‟esempio russo non si poteva imitare pedissequamente . Alla fine del XX
secolo la resistenza armata assume nuove forme, le elite al potere non hanno esitato a usare la
minaccia del fucile per assoggettare quella parte della popolazione che si oppone ai loro piani, basta
a tal proposito ricordare l‟esperienza dei Nuer del Sudan del sud che in più fasi furono minacciati
dal governo per il controllo dei giacimenti di petrolio presenti nei territori dei Nuer, arrivando fino
al punto di voler dividere il territorio in tre parti e di imporre la legge islamica , cosa che
naturalmente ha riacceso la guerra civile che ha prostrato ma non piegato la fiera popolazione, la
quale peraltro ha dovuto cambiare il proprio modo di vivere e naturalmente non in senso di
miglioramento. L‟esempio dei Nuer dimostra ancora una volta come modi di sussistenza che
beneficiano alcuni gruppi umani possono travolgere e distruggerne altri.

15. L’antropologia nella vita quotidiana


L’antropologia fuori dall’università
Negli anni „30/‟40 gli antropologi americani ebbero un ruolo importante nel riformare l‟U.S.
Bureau of India,durante la seconda guerra mondiale parteciparono allo sforzo bellico per sollevare il
morale in patria, alla fine della guerra aiutarono a stilare condizioni di resa meno traumatiche con il
Giappone, dopo di che le applicazioni pratiche dell‟antropologia ristagnarono fino agli anni „60
quando hanno preso piede quattro tendenze che hanno via via esaltato il suo ruolo di applicazione:
la maturazione della disciplina ha ampliato la sfera degli interessi, estendendosi ai problemi
connessi con i sistemi regionale, nazionali ed internazionali , il fatto che gli antropologi hanno
dovuto dimostrare l‟utilità pratica del proprio lavoro per la comunità, la ricerca si è sempre di più
sviluppata in patria non solo per la scarsità di finanziamenti per l‟estero ma anche per una maggiore
sollecitudine verso i problemi della propria società e ultimo ci si è resi conto che bisogna preparare i
giovani in modo da incrementare gli sbocchi professionali.

Sorgo e miglio in Honduras e Sudan


L‟antropologia applicata ha molto lavoro nel settore dei programmi agricoli, ad esempio gli
antropologi dell‟università del Kentucky studiarono la produzione, distribuzione e consumo di
sorgo e miglio in Sudan e Honduras per metterli a disposizione dell‟INTSORMIL(Internetional
Sorghum/Millet research Project) ì nella convinzione che condividere tali conoscenze avrebbe
giovato sia alla ricerca che allo sviluppo e in effetti grazie a questi studi, gli scienziati compresero
i meccanismi che muovevano le scelte dei produttori nei due paesi e si resero conto che non tutti i
piccoli agricoltori sono uguali.

Avvelenamento da piombo tra i bambini messicani negli Stati Uniti

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Nell‟estate del 1981 vi furono una serie di casi di avvelenamento da piombo tra bambini messicani
residenti negli States, uno studio antropologico commissionato dallo U.S.Public Health Service,
appurò che per curare indigestioni e stipsi venivano usati rimedi a base di piombo. L‟antropologo
interessati, Trotter, fu quindi incaricato di un progetto di educazione sanitaria, che sfociò in una
campagna sui pericoli dei medicinali incriminati, trasmessa dalla radio in lingua spagnola, e con
speciali televisivi e opuscoli informativi. In questo episodio uno dei risultati fu anche l‟accresciuta
consapevolezza dell‟utilità dell‟antropologia per risolvere problemi di assistenza sanitaria.

Fare affari in Giappone


L‟antropologo Reves-Ellington 1993, ha progettato e attuato un programma di formazione
interculturale per una compagnia nordamericana con interessi in Giappone, constatando l‟utilità di
molto metodi antropologici tradizionali(interpretazione culturale, dati etnografici e osservazione
partecipante) per la gestione dei rapporti di affari, e il programma è stato un successo, infatti
entrambe le parti hanno constatato più proficui rapporti di collaborazione, prima del corso per
portare a termine progetti congiunti occorrevano in media 15 mesi; dopo l‟applicazione delle nuove
metodologie la media è scesa a 8 mesi.

Pianificazione sociale e urbana in Canada


In Canada, l‟antropologo Ervin ha attuato una ricerca in collaborazione con enti di assistenza
sociale e sanitaria in ambito locale; ricerca che è consistita in uno studio multidimensionale sulla
condizione dei bambini in rapporto a povertà, fame. Istruzione, famiglia ecc. l‟obiettivo è stato
quello di fornire dati utili alle organizzazioni erogatrici di servizi per trovare un‟efficace soluzione
ai problemi dell‟infanzia. Secondo Ervin gli antropologi possono dare importanti contributi nel
contesto delle politiche locali, specie per quanto riguarda l‟accertamento dei bisogni.

Antropologia e politiche d’intervento


Gli antropologi analizzano i sistemi sociali e culturali, ma sono restii a dare consigli precisi agli
amministratori sugli interventi, perché sanno che l‟attuazione dipende da fattori esterni sui quali
loro non esercitano nessun controllo:come scarsità di fondi, timori per le reazioni politiche,tagli di
bilancio ecc.., essi, in sintesi, sono pienamente consapevoli dell‟ambiguità propria dell‟esperienza
umana.

Antropologia e diritti umani


Negli ultimi tempi gli antropologi si dedicano ad ampliare la conoscenza dei diritti umani,
partecipando a organizzazioni che combattono per la loro difesa, Una tra le più eminenti
organizzazioni di ispirazione antropologica per la salvaguardia dei diritti umani è “Cultural Survival
“ fondata nel 1972 dagli antropologi Pia e David Maybury-lewis che aiuta indigeni e minoranze
etniche a trattare in condizioni di parità con la società industriale. Ancora, l‟antropologo fisico
Snow ha dato un grande contributo alla difesa dei diritti umani nel mondo; ha collaborato con
organismi internazionali per appurare la sorte di migliaia di persone scomparse durante la “guerra
sporca” combattuta dal governo argentino contro presunti sovversivi , grazie alle sue conoscenze
specifiche per identificare resti umani ha permesso la identificazione di “desaparecidos” , nel 1988
le vittime identificate erano solo 25, ma quelle identificazioni hanno portato alla condanna di sette
membri della giunta militare e di alti ufficiali di polizia e dell‟esercito.

Consapevolezza e incertezza
Studiare antropologia culturale mette a contatto con altri mondi, fa comprendere l‟arbitrarietà della
propria visione del mondo grazie al confronto con soluzioni diverse e inoltre a noi occidentali,
responsabili del colonialismo e delle sue conseguenze, ci rende dolorosamente consapevoli dei
misfatti che nel mondo moderno si possono imputare alla tradizione occidentale. Conoscere le

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varietà culturali fa sorgere inevitabilmente il dubbio sulle “nostre” verità fondamentali, dubbio che,
sì, suscita angoscia ma è anche liberatorio.

Libertà e costrizione
Studiare antropologia serve perché la sopravvivenza della specie e l‟autosufficienza degli individui
dipendono dalla possibilità di scelta, dalla percezione e praticabilità di alternative nelle diverse
circostanze della vita. Se la vita è un campo minato, più numerosi sono i sentieri che siamo in grado
di vedere e immaginare per attraversarlo, più saranno le possibilità di farcela o almeno di provarci.
Gli antropologi non credono che gli altri mondi siano tutti buoni, nobili e belli, sanno benissimo che
ambiguità e ambivalenza sono caratteristiche proprie di tutta l‟umanità. Niente garantisce che le
culture siano compassionevoli e non crudeli o che ci sia accordo sull‟uno o l‟altro giudizio, niente
garantisce nemmeno la sopravvivenza dell‟umanità; ma essi credono che quei mondi siano umani e
abbiano dato ai loro abitanti la capacità di dare senso alle esperienze e significato all‟esistenza e
quindi abbiano diritto alla libertà di decidere per la loro vita. E‟ libertà pericolosa e temibile,
difficile da gestire, ma esiste e alla dialettica tra libertà e costrizione è affidato il nostro futuro. Sta a
noi crearlo.

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