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Riassunto Antropologia Culturale-Kottak

Antropologia culturale (Università degli Studi di Palermo)

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ANTROPOLOGIA CULTURALE (KOTTAK) – RIASSUNTO

CAPITOLO 1 – LE DIMENSIONI DELL'ANTROPOLOGIA

Il termine antropologia deriva dal greco anthropos + logos: “Discorso sull'uomo” o “Ragionamento
sull'uomo”.
L'anropologia è una scienza specificatamente comparativa e olistica. L'olismo si riferisce allo studio
della condizione umana nel suo insieme: passato, presente e futuro; biologia, società, l'antropologia
offre una prospettiva transculturale unica, mettendo costantemente a confronto le tradizioni di
diverse società.

Un tratto tipico del genere umano e la cultura: le culture sono l'insieme di tradizioni e costumi,
trasmessi attraverso forme di insegnamento, che creano omogeneità nei comportamenti degli
individui, nelle visioni del mondo, nelle credenze e nel modo di pensare all'interno di una
determinata società.
I bambini apprendono tali tradizioni crescendo in una specifica società, mediante un processo
chiamato INCULTURAZIONE.
Pur non essendo biologica in sé, la cultura si basa comunque su alcune caratteristiche proprie della
biologia umana come: la capacità di apprendere, di pensare simbolicamente, di utilizzare il
linguaggio e di impiegare strumenti e altri prodotti per l'organizzazione della vita e per
l'adattamento all'ambiente. Gli esseri umani, infatti, non smettono di adattarsi e di modificarsi sia
biologicamente sia culturalmente.

ADATTAMENTO
processi mediante i quali gli organismi riescono a superare con successo gli stress
e le forze avverse che agiscono nell'ambiente in cui si trovano. L'ambiente può essere biologico e
culturale. Biologico ad esempio: Genetico: vantaggi genetici (es. cassa toracica più ampia per
vivere in alta quota), A lungo termine: adattamento nel corso della crescita; A breve termine:
soluzione immediata (es. ad alta quota, respiro e battito più frequente)

Le popolazioni originarie di zone situate ad alta quota, ove vi sono difficoltà legate all'altitudine e
alla mancanza di ossigeno, (Ande peruviane, monti dell'Himalaya) hanno acquisito determinati
vantaggi genetici ed hanno acquisito nel tempo una maggiore efficienza a livello fisiologico rispetto
a persone geneticamente simili ma che risiedono a livello del mare.

Le forze culturali sono in grado di modellare la biologia umana, incluse le tipologie fisiche e i
canoni estetici. Il termine BIOCULTURALE si riferisce appunto all'influenza che la cultura può
esercitare sulla biologia. Le tradizioni culturali promuovono determinate attività e abilità,
scoraggiandone altre, e definiscono gli standard del benessere e dell'attrattiva fisica.
Le attività fisiche, tra cui gli sport, influenzate dalla cultura, concorrono allo sviluppo fisico.
ESEMPIO: le ragazze americane sono incoraggiate a fare sport e corrono e nuotano non solo per
vincere trofei sportivi ma anche per mantenersi in forma; le ragazze brasiliane non raggiungono gli
stessi livelli negli sport delle ragazze americane e canadesi poiché gli standard di bellezza brasiliani
ammettono maggiori rotondità, cioè devono essere formose e non con un fisico scolpito.

DISCIPLINE ANTROPOLOGICHE:
- Antropologia culturale: è lo studio delle società e delle culture umane; analizza e spiega le
differenze che tra loro intercorrono. Vi sono due approcci:

- etnografico: che si basa riscontri diretti e sul lavoro sul campo (fieldwork); l'etnografo raccoglie
informazioni circa i comportamenti, gli usi e costumi, le credenze, la vita sociale, le religioni locali,

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ecc, che poi organizza, analizza e interpreta.


- etnologico: si basa su confronti transculturali; l'etnologia esamina, interpreta, analizza e confronta
i risultati etnografici al fine di individuare somiglianze e differenze.
- Antropologia biologica o fisica: si basa sulla diversità biologica umana nel tempo e nello spazio e
raggruppa 5 soggetti di studio:
→ l'evoluzione umana derivante dai reperti fossili (paleoantropologia)
→ la genetica umana
→ la crescita e lo sviluppo delle popolazioni
→ la capacità del corpo umano di modificarsi per sopravvivere a stress ambientali (plasticità)
→ la biologia, l'evoluzione, il comportamento e la vita sociale di scimmie

- Antropologia linguistica: studia il linguaggio nel suo contesto sociale e culturale attraverso il
tempo e lo spazio. La sociolinguistica analizza le relazioni tra i cambiamenti sociali e linguistici;
nessuna lingua è un sistema omogeneo nel quale ognuno parla esattamente come ogni altro
individuo.

- Antropologia e sociologia: tradizionalmente i sociologi si occupavano delle società industrializzate


con metodi statistici (tecniche di campionamento), mentre l'antropologia si è maggiormente
dedicata a società pre-industriali con ricerche sul campo e relazioni descrittive. Questa distanza sta
diminuendo.

- Antropologia e psicologia: gli psicologi studiano la variazione transculturale a livello di tratti


psicologici;
ESEMPIO: Malinowskii ha smentito l'universalità del complesso di Edipo studiando gli abitanti
delle isole Trobriand, i quali si considerano legati alla madre e ai parenti di quest'ultima (rispetto
marcato per lo zio materno), ma non al padre. Egli ha spostato l'accento dalla gelosia all'autorità nel
rapporto padre-figlio.

CAPITOLO 2 – LA CULTURA

Secondo Taylor: “La cultura è quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze,
l'arte, la morale, il diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall'uomo come
membro di una società”.
Questa definizione si concentra sugli attributi che gli uomini acquisiscono non attraverso l'eredità
biologica bensì mediante la tradizione culturale.

L'apprendimento culturale dipende dalla capacità dell'uomo di utilizzare dei simboli che hanno un
collegamento spontaneo o necessario con ciò che rappresentano; gli individui interiorizzano un
insieme di simboli e li utilizzano per dirigere il proprio comportamento. (cultura appresa)

Modi in inculturazione:

- insegnamento diretto dagli adulti ai bambini


- osservazione degli altri membri della società e dei comportamenti considerati giusti e sbagliati
- modifica inconsapevole del proprio comportamento (es. mantenere una certa distanza
dall'interlocutore).
Le capacità cultuali sono presenti in qualsiasi etnia e non variano in base alle caratteristiche
biologiche. La cultura è un attributo che non appartiene ai singoli individui in sé ma agli individui
in quanto membri di gruppi. (cultura condivisa).
La cultura è costituita da strumenti, utensili, abbigliamento, armamenti, abitudini e tradizioni,
istituzioni, credenze, rituali, giochi, opere d'arte, linguaggio, ecc. secondo White, la cultura si è
originata quando i nostri antenati acquisirono la capacità di utilizzare i simboli, ossia di creare e di

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dare significato ad un oggetto o ad un evento. (cultura simbolica).


Le abitudini, le percezioni e le invenzioni cultuali modellano “la natura umana”. (cultura e
natura).
Le culture sono sistemi strutturati in base a schemi precisi; se una parte del sistema subisce una
modifica, anche le altre parti andranno incontro a un cambiamento. (cultura integrata).
La capacità di adattamento basata su mezzi sociali e culturali si è incrementata nel corso
dell'evoluzione umana. Ciò che è valido e giusto per il singolo non lo è necessariamente per il
gruppo (cultura adattivoa e non adattiva)

Le specie più strettamente imparentate con l'uomo è quella delle grandi scimmie africane: gli
scimpanzé e i gorilla.

CONDIVISIONI:

→ l'abilità di apprendere dall'esperienza e di modificare il proprio comportamento;


→ la realizzazione e l'utilizzo di oggetti per cibarsi: la forma più studiata di fabbricazione di oggetti
da parte di scimmie antropomorfe è il termiting per esplorare i termitai;
→ la capacità di prendere la mira e di scagliare oggetti;
→ la fabbricazione di oggetti per cacciare.

DIFFERENZE:

→ la cooperazione e la condivisione del cibo da parte degli umani;


→ l'accoppiamento: fra babbuini e gli scimpanzé avviene in concomitanza con l'ovulazione delle
femmine.
→ Il matrimonio: deve avvenire al di fuori dei soggetti legati da parentela o del gruppo locale
(esogamia). L'esogamia crea legami tra i diversi gruppi di origine degli sposi. Ciò non esiste invece
tra i primati non umani che si allontanano dal gruppo nell'età dell'adolescenza e non mantengono
legami con la propria famiglia.

La cultura viene contestata: diversi gruppi all'interno della società lottano contro l'altro per
affermare idee, valori, oobiettivi e modi di vivere in cui credono.
Anche quando concordano su ciò che si deve o non si deve fare, le persone non sempre agiscono
secondo le indicazioni fornite dalla loro cultura:

- Cultura ideale: ciò che le persone sostengono di dovere fare e affermano di fare;
- Cultura reale: si riferisce all'effettivo comportamento delle persone, oggetto di osservazione da
parte degli antopologi

Il concetto di agency si riferisce alle azioni perseguite degli individui, sia da soli sia nel gruppo, nel
creare e trasformare le identità culturali.
L'approccio alla cultura noto come TEORIA DELLA PRATICA riconosce che gli individui
all'interno di una società o una cultura sono animati da svariati motivi e intenzioni, oltre a possedere
diversi livelli di potere e influenza.

Esistono diversi livelli di cultura: nazionale (condivisa dai membri di una stessa nazione),
internazionale (estesa oltre i confini nazionali per via di diffusione e colonialismo), subcultura
(propria di un sottogruppo circoscritto all'interno di una nazione).

ETNOCENTRISMO: tendenza a considerare la propria cultura di appartenenza come superiore e


ad applicare i propri valori nel giudicare comportamenti e aspetti di altre culture (connotandoli
come immorali, innaturali ecc.).

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RELATIVISMO CULTURALE: convinzione che non si debba giudicare una cultura in base agli
standard di un'altra. Non esiste una moralità superiore, internazionale o universale e le regole morali
ed etiche di tutte le culture meritano uguale rispetto.

DIRITTI UMANI: si tratta di diritti inalienabili e pensati validi a livello internazionale, cioè sono
superiori ai singoli paesi, culture e religioni.
Parallelamente ai diritti umani si è sviluppato il concetto di diritti culturali, che non vengono
assegnati ai singoli individui ma ai gruppi come le minoranze etniche e religiose e le società
indigene. Tali diritti includono la capacità di un gruppo di preservare la propria cultura, allevare i
propri figli secondo tradizioni, di continuare a utilizzare il proprio linguaggio e di non essere privato
della propria base economica da parte della nazione in cui la società si trova.
E' stato anche introdotto il concetto di diritti di proprietà intellettuale (IPR) che consente ai
gruppi indigeni di controllare chi può conoscere le pratiche e il patrimonio di informazioni culturali
del gruppo.

Nello studio della diversità umana nel tempo e nello spazio, gli antropologi distinguono alcune
caratteristiche biologiche, psicologiche, sociali e culturali in:

- UNIVERSALI comune a tutti gli esseri umani e che li distingue da altre specie
→ biologici: lunga dipendenza infantile, sessualità attiva tutto l'anno, cervello complesso
→ psicologi: pensiero simbolico, elaborazione delle informazioni
→ sociali: vita in famiglia e condivisione del cibo
→ culturali: esogamia (matrimonio al di fuori del proprio gruppo) per paura dell'incesto
(proibizione di accoppiarsi o sposarsi con un consanguineo)

GENERALI: caratteristiche comuni a diverse epoche e diversi luoghi, ma non a tutte le culture.
Alla base delle generalità vi sono i concetti di diffusione, dominazione (dominio coloniale in cui
vengono imposte norme e pratiche a una società o nazione da un paese più potente).
Una delle generalità culturali presenti in motle società è la famiglia nuclare (genitori-figli) non
presente in alcune società tribali come i Nayar, residenti sulle cose indiane, dove marito e moglie
non vivono insieme.

SPECIFICI: caratteristica culturale non generalizzata o diffusa ma specifica ad un singolo luogo,


cultura, società. Le occasioni come il matrimonio e la morte sono caratteristiche universali ma gli
schemi dei rituali differiscono tra loro: gli italiani considerano i matrimoni sfarzosi più appropriati
rispetto ad una cerimonia funebre sontuosa; i Betsileo del Madagascar considerano invece la
cerimonia funebre di maggiore importanza e il matrimonio un evento minore al quale partecipano
solo gli sposi e pochi parenti.

Vi sono diversi meccanismi in base ai quali cambiano le culture:

1. DIFFUSIONE: - diretta, due culture commerciano, stringono matrimoni o scendono in guerra


con un'altra
- indiretta, gli elementi si spostano dal gruppo A ad un gruppo C attraverso il gruppo B
- forzata, una cultura ne sottomette un'altra imponendo le proprie tradizioni.
2. ACCULTURAZIONE: è lo scambio di tratti culturali tra società che hanno contatti diretti
continuativi. Per esempio, il pidgin – una forma semplificata di una determinata lingua mescolata
con la lingua nativa.
3. INVENZIONE INDIPENDENTE: processo mediante il quale gli esseri umani procedono
all'innovazione, individuando soluzioni creative ai problemi. Per esempio società diverse e lontane
hanno messo in atto le medesime strategie (es. agricoltura in Medio Oriente e in Messico).

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La globalizzazione descrive una serie di processi, tra cui diffusione e acculturazione, che
promuovono il cambiamento in un mondo in cui nazioni e popoli sono sempre più interconnessi e
reciprocamente dipendenti.

CAPITOLO 3 – TEORIE ANTROPOLOGICHE

Periodo Descrizione Teorie


Metà XIX Secolo Prospettiva evoluzionista Evoluzionismo unilineare di
Morgan e Taylor
Inizio XX secolo Reazione all'evoluzionismo USA: particolarismo storico
(scuola di Boas)
UK: funzionalismo
(Malinowskii e Radcliff-
Brown)
Il dopoguerra Rinnovato interesse per Evoluzionismo multilineare
l'evoluzionismo (White, Stweard, Harris,
Kroeber)
Metà XX secolo Modifiche radicali alla Francia: strutturalismo (Levy-
concezione dell'antropologia Strauss)
USA: antropologia
interpretativa (Geetrz)

- Morgan: Nel “La società antica” Morgan partì dal presupposto che la società umana si fosse
evoluta attraverso una serie di fasi (stato selvaggio, barbarie e civiltà). Suddivise poi lo stadio
selvaggio e quello delle barbarie in inferiore, medio e superiore.
I primi esseri umani vivevano in uno stato selvaggio inferiore, nutrendosi di frutta e bacche; nel
periodo intermedio gli uomini iniziarono a pescare e a controllare il fuoco; l'invenzione di arco e
frecce spinse l'uomo verso lo stato superiore. La creazione dei primi utensili in terracotta coincide
con il periodo delle barbarie inferiore; lo stato di barbarie medio si basò sull'allevamento di piante e
animali; la lavorazione del ferro caratterizzò le barbarie superiori.
La civiltà giunse con l'invenzione della scrittura.
Quello di Morgan è chiamato evoluzionismo unilineare secondo il quale esiste una sola linea o
percorso lungo il quale tutte le società si erano evolute. Inoltre, secondo Morgan, ogni stadio
avanzato includeva il precedente, cioè non era possibile saltare uno di tali stadi. La teoria di Morgan
venne smentita poiché esistevano dei popoli giunti alla civiltà pur avendo saltato delle fasi da
Morgan indicate come precedenti e avendo seguito percorsi diversi (Maya e società mesopotamica).

- Taylor: In “Primitive Culture” Taylor proponeva un percorso unilineare che si snodava


dall'animismo al politeismo, al monoteismo, fino a raggiungere la scienza. Secondo Taylor, le
religioni avrebbero progressivamente perso importanza via via che la scienza fosse stata in grado di
offrire spiegazioni sempre migliori.
- Boas: è il padre delle scienze antropologiche negli USA e della loro suddivisione in quattro rami.
Grazie agli studi biologici sugli immigrati europei negli Stati Uniti egli mostrò che la biologia
umana può essere modellata e modificata dall'ambiente, ovvero che i tratti culturali vengono
trasmessi culturalmente e non geneticamente.
Egli criticò Morgan principalmente per i criteri con i quali venivano definiti i vari stadi (per arrivare
al totemismo esistevano molteplici percorsi che conducevano ad esso e non uno solo).
Il suo approccio è definito particolarismo storico e si basa sul fatto che ogni elemento di una
cultura ha una propria storia distintiva e, per quanto possa sembrare analoga a quella di un'altra
storia, non è paragonabile ad essa; da qui il rifiuto del metodo comparativo.

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Il funzionalismo metteva in secondo piano la ricerca delle origini e si concentrava sul presente e
sulle pratiche culturali attuali.

- Malinowskii fu funzionalista in due sensi: riteneva, da un lato, che tutti gli usi, le tradizioni e le
istituzioni di una società fossero integrati e correlati, cosicché il cambiamento di uno di essi
comportava la modifica degli altri (ogni singolo elemento era funzionale agli altri); il secondo
approccio conduce al funzionalismo dei bisogni umani, cioè che gli esseri umani hanno un insieme
di bisogni biologici universali e che usi e tradizioni sono sviluppati appositamente per soddisfare
tali bisogni.
- Radcliffe-Brown: sosteneva che l'antropologia sociale fosse una scienza sincronica (studiare le
società nel presente) e non diacronica (studiare le società nel corso del tempo). A lui (e a Evans-
Pritchard) viene associata l'espressione funzionalismo strutturale secondo il quale la funzione di
ogni pratica sociale consiste in ciò che essa fa, cioè nel ruolo che svolge per preservare il sistema di
cui è parte.
Questa teoria fu criticata come posizione panglossiana ; il funzionalismo panglossiano indica la
tendenza a considerare il funzionalismo delle parti non solo in vista della conservazione del sistema
ma anche nell'ottica che ciò avvenga in modo ottimale, poiché ogni evento fuori dagli schemi è
considerato pericoloso per l'armonia.
- Scuola di Manchester: si soffermò sul tema del conflitto e su società in cambiamento nelle quali
l'equilibrio veniva meno ed era necessario far emergere strategie individuali.

Due allieve di Boas svilupparono un approccio alla cultura che è stato definito configurazionismo
secondo cui le culture possono essere considerate come sistemi integrati. Sviluppando gli studi di
Boas sulla diffusione di tratti si arrivò alla conclusione che per far si che un tratto si diffondesse in
una data cultura esso doveva combaciare con la cultura stessa.

- Benedict: sottolineò che i tratti ricavati da altre culture dovevano essere modellati univocamente
fino ad aderire completamente con la cultura di adozione.
- Mead: si interessò al modo in cui le culture variavano nei relativi modelli di inculturazione e
sottolineò come anche in società contigue l'inculturazione produceva modelli completamente
diversi. I risultati a cui giunse supportarono l'dea di Boas che fosse la cultura e non la biologia a
determinare le variazioni nei comportamenti e nelle personalità umane.

Con il neoevoluzionismo venne risostenuta l'importanza del concetto di evoluzione per


l'antropologia, coadiuvata anche da nuove scoperte archeologiche (evoluzione generale).
I massimi esponenti del neoevoluzionismo sono White e Stweard.
A differenza di mead e Benedict, White e Stweard si dedicarano alle cause: secondo White la
disponibilità di energia costituiva il principale metro di misura e il motore del progresso culturale,
ossia le culture progredivano in modo proporzionale alla disponibilità di energia pro-capite.
Stweard individuò, invece, nella tecnologia e nell'ambiente le principali cause di mutamento
culturale. Il neoevoluzionismo era di tipo multilineare, sosteneva cioè che si potesse identificare un
percorso evolutivo, ma che comunque culture diverse raggiungevano un medesimo stadio di
sviluppo attraversando fasi e percorsi totalmente differenti.

Secondo il materialismo culturale di Harris, la società si compone di una infrastruttura costituita


da tecnologia, economia, demografia, cioè i sistemi di produzione e riproduzione indispensabili per
le società; di una struttura (forme di parentela, modelli di consumo) e di sovrastruttura (religione,
ideologia e tutto ciò che è lontano dagli elementi basilari su cui poggia la società). Il concetto
chiave di Harris, condiviso da White e Steward, è che l'infrastruttura determina sia la struttura sia la
sovrastruttura (es. con un nuovo modello economico, si diffonde una religione adeguata).

White considerava l'antropologia culturale come una scienza che definì culturologia: egli era

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convinto che erano le forze culturali a determinare l'esplosione del genio o qualche scoperta e non
le singole competenze individuali.
Kroeber definì l'ambito culturale come superorganico (che non poteva prescindere dall'organico,
ma che era analiticamente diverso). Durkheim propose una nuova scienza sociale basata sulla
coscience collectif (coscienza collettiva) e sui fatti sociali, analiticamente diversi dagli individui dal
cui comportamento tali fatti venivano inferiti.

Il pioniere dell'antropologia simbolica fu Victor Turner (membro della scuola di Manchester): egli si
interessò di simboli e della loro funzione sociale. Questi studi conobbero ampia diffusione quando
Turner si trasferì negli Stati Uniti. Collegata all'antropologia simbolica c'è l'antropologia
interpretativa, il cui massimo esponente è Geertz.

Geertz: riteneva che la cultura fosse una serie di concetti basati sui simboli; durante il processo di
inculturazione gli individui interiorizzano un sistema di significati e di simboli precostituito e
utilizzano tale sistema per definire il proprio mondo, i propri sentimenti.

Il massimo esponente dello strutturalismo fu l'antropologo francese Levì-Strauss. Egli passò


dall'iniziale interesse per le strutture di parentela a studi approfonditi sulla struttura della mente
umana, giungendo alla conclusione che la mente presenta dei comportamenti universali in virtù di
una struttura analoga tra individui di culture diverse: esempio, il bisogno di classificzione
dell'essere umano porta gli individui ad ordinare gli elementi della realtà in opposizioni binarie
(bene male, alto basso, bianco nero, vecchio giovane). Levì-Strauss verificò tali presupposti sulla
classificazione e sull'opposizione binaria nell'analisi dei miti e in particolare dimostrò come due
miti appartentemente diversi possono essere variazioni di una struttura comune, ossia
trasformazioni l'uno dell'altra (favola di Cenerentola).

Nella metà del Novecento si iniziò a considerare la cultura non più come un'entità ma come un
processo in continuo cambiamento (agency).
L'approccio alla cultura noto come teoria della pratica (o teoria dell'azione) afferma che i singoli
individui, attraverso le loro azioni, influenzano e trasformano il mondo in cui vivono. Alla base di
tale teoria vi sono gli studi di Leach che studiò le forme di organizzazione socio-politica in
Birmania. In particolare si concentrò sul modo in cui gli individui operano per raggiungere il potere
e su come le loro azioni sono in grando di trasformare la società.

Durante il periodo fascista, gli studi antropologici furono indirizzati in senso politico al fine di
dimostrare la superiorità del popolo italico e per giustificare la politica coloniale in Africa.
Dopo la seconda guerra mondiale, un punto di svolta per gli studi antopologici fu rappresentato
dalla pubblicazione delle opere di Antonio Gramsci, dopodichè:
1. alcuni continueranno ad interessarsi di studi folklorici (demologia)
2. alcuni proseguiranno il filone di studi degli etnologi
3. altri daranno avvio allo studio delle società complesse

Gramsci ha fortemente influenzato gli studi antropologici italiani: egli sosteneva che il linguaggio,
il senso comune e la religione si affacciano sul flklore, dove per folklore si intende la cultura delle
classi subalterne. Per Gramsci infatti nelle società si distinguevano le classi dominanti e quelle
subalterne, legate da rapporti di egemonia e subordinazione.
Wolf: si occupò dello studio sulle popolazioni indigene e in particolare sul modo in cui tali popoli
venivano trasformati dalla diffusione del capitalismo.
Minz: ripercorre le fasi della coltivazione e della diffusione della canna da zucchero.

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CAPITOLO 4 – I METODI DELL'ANTROPOLOGIA CULTURALE

Quando un etnografo intende svolgere uno studio sul campo in un determinato paese deve, prima di
tutto, ottenere i permessi ufficiali dalle istituzioni del paese ospite; dopodichè deve iniziare a tessere
quella rete che dalle istituzioni più alte porta alle istituzioni locali sino alle popolazioni per fare in
modo che la sua presenza venga accettata dalla gente e per riuscire a lavorare bene in squadra con i
professionisti locali. Si deve ottenere il consenso informato, ossia le persone coinvolte devono
conoscere scopi, metodi ed eventuali costi dello studio etnografico. Gli scopi dell'etnologia sono
quelli di identificare, comparare e spiegare le differenze e le similitudini culturali, nonché di
costruire teorie sul funzionamento del sistema sociale e di quello culturale. Gli etnografi utilizzano
diverse tecniche per delineare un quadro di stili di vita osservati:

- Osservazione diretta e partecipante: l'etnografo osserva la società in cui si indesia e appunta le


proprie osservazioni nel suo diario e nelle sue note; durante i primi tempi, in cui non è assuefatto ai
costumi locali è molto importante che egli trascriva tutto ciò che nota, movenze, modi di parlare,
abitudini locali. Essendo un umano tra altri esseri umani, l'etnografo non si deve limitare a studiare
ma deve calarsi nella vita della comunità prendendo parte alla quotidianità e alle cerimonie.

- Conversazione e interviste: quando si ha maggiore familiarità con la lingua del luogo ci si può
intrattenere a parlare con gli abitanti o semplicemente ad ascoltare le loro conversazioni e
discussioni. Le tabelle delle interviste, che prevedono un maggior contatto umano rispetto ai
questionari, sono un ottimo metodo per raccogliere informazioni in modo sistematico sugli abitanti.

- Metodo genealogico: molte società tribali sono principalmente basate sui legami di sangue e
quindi è importante raccogliere il maggior numero di informazioni circa i legami di parentela tra gli
abitanti.

- Informazioni privilegiate: alcune persone si dimostrano particolarmente attendibili nel fornire


informazioni circa un aspetto particolare della vita della comunità.

- Storie di vita: alcune persone della comunità sono più inclini ad altre a collaborare con
l'antropologo e, magari, si rivelano particolarmente interessanti; si può registrare il loro resoconto
biografico ed inserirlo a pieno titolo nello studio.

- Credenze e percezioni locali e dell'etnografo: per comprendere l'influenza che le credenze e le


percezioni locali hanno nella vita della comunità, l'etnografo deve interrogarsi sull'influenza delle
proprie credenze. Si deve coniugare la prospettiva emica, rivolta alla comunità, alla prospettiva
etica, rivolta all'antropologo.

- Ricerche problem orented: l'etnietàografo arriva con un preciso aspetto da indagare e raccoglie
tutte le informazioni che incidono sul problema preso in considerazione. Non ci si limita alle
informazioni fornite dalla comunità, ma ci si informa anche su aspetti oggettivi.

- Ricerca longitudinale: è lo studio a lungo termine di una comunità, regione, società, cultura
solitamente basato su visite ripetute. onsiUn esempio è quello di Gwembe in Zambia che copre un
arco temporale di mezzo secolo (longitudinale) e prevede spostamenti in diverse aree (multisitued).

- Ricerca di gruppo: la ricerca longitudinale è spesso una ricerca di gruppo, coordinata cioè da un
insieme di etnografi.

- Indagine: comprende la campionatura, la raccolta di dati impersonali e l'analisi statistica su vaste


popolazioni; i ricercatori che usano l'indagine chiamano le persone che studiano respondents.

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CAPITOLO 5 – L'ANTROPOLOGIA APPLICATA

L'antropologia prevede una duplice dimensione: quella teorica e quella pratica; quest'ultima è di
competenza dell'antropologia applicata.
L'antropologia applicata consiste nell'applicazione di dati, prospettive, teorie e metodi delle scienze
antropologiche per identificare, valutare e risolvere problematiche sociali contemporanee.

L'antropologia dello sviluppo è il ramo dell'antropologia applicata che si interessa ai problemi


sociali indotti dallo sviluppo economico e dalla loro dimensione culturale; di solito i progetti
promuovono l'impiego di fondi e di nuove tecnologie a scapito delle economie di sussistenza. Uno
degli obiettivi delle politiche di sviluppo è la promozione dell'equità: maggiore equità implica
minore povertà e più equa distribuzione delle ricchezze. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, i
progetti devono avere il supporto di governi aperti al cambiamento. Per massimizzare i benefici
sociali ed economici, i progetti devono: (1) essere compatibili dal punto di vista culturale; (2)
rispondere ai bisogni dei locali; (3) coinvolgere uomini e donne nella pianificazione e nella messa
in atto dei cambiamenti; (4) sfruttare le organizzazioni tradizionali; (5) essere flessibili. I locali
difficilmente si dimostrano collaborativi nel caso di progetti che impongono grossi cambiamenti
nella loro vita quotidiana, soprattutto quelli che interferiscono con la sussistenza (errore di
eccessiva innovazione). L'errore della sottodifferenzazione è la tendenza a considerare i “paesi
meno sviluppati” più simili tra loro rispetto a quanto lo siano nella realtà; molti progetti, quindi, non
tenendo conto della diversità culturale, hanno cercato di imporre idee di proprietà e unità sociali
incompatibili. La migliore strategia di cambiamento è quella di fondare il modello sociale
dell'innovazione su forme sociali tradizionali in ciascuna zona destinataria del progetto.
L'antropologia medica è un settore di studi sviluppatosi nel secondo dopoguerra, in particolare
negli Stati Uniti, e studia l'ambito della salute, il benessere e la malattia nei diversi contesti socio-
culturali. Generalmente si riconoscono due grandi orientamenti: uno medico-ecologico, che pone
l'attenzione sul modo in cui un gruppo sociale si adatta a particolari condizioni ambientali, sociali o
ecologiche (questo approccio è stato utilizzato per spiegare la forte presenza di anemia falciforme in
Africa causata da una mutazione genetica); l'altro critico-interpretativo, che si pone come obiettivo
l'analisi del modo in cui il corpo, la salute e la malattia sono definiti e gestiti in ogni contesto socio-
culturale. L'antropologia urbana si basa sull'applicazione della metodologia di ricerca
antropologica allo studio degli ambienti urbani. I primi studi di antropologia urbana in Italia
concentrano il proprio interesse sui problemi legati all'accentuarsi della stratificazione sociale e
della marginalità urbana.

CAPITOLO 6 – LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE

Il linguaggio, che può essere parlato (lingua parlata) o scritto (lingua scritta), è il nostro mezzo di
comunicazione principale. La scrittura esiste da circa 6000 anni: anche se nessuno è in grado di
individuarne una data precisa. Come la cultura nel suo senso più generale, di cui il linguaggio è
parte, quest'ultimo viene trasmesso attraverso l'apprendimento in quanto parte del processo di
inculturazione. La complessità del linguaggio – assente nei sistemi di comunicazione di altri animali
– consente agli esseri umani di creare immagini elaborarte, di discutere del passato e del futuro, di
condividere le proprie esperienze con altre persone, traendo beneficio da quelli altrui. Gli
antropologi studiano il linguaggio nel suo contesto sociale e culturale. Una caratteristica chiave del
linguaggio è il suo essere in costante mutamento. Alcuni esperti di antropologia linguistica
ricostruiscono le lingue antiche confrontando gli idiomi contemporanei che da esse si sono originati,
altri studiano le differenze linguistiche per evidenziare i vari modelli di pensiero e le diverse culture
diffuse nel mondo.
Solo gli esseri umani possiedono la facoltà di parlare. I sistemi di comunicazione naturali di altri

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primati (scimmie, scimpanzè) vengono definiti sistemi di richiamo. Tali sistemi consistono in un
numero limitato di suoni, o richiami, che vengono prodotti solo in corrispondenza di determinati
stimoli ambientali. Questi richiami possono variare in termini di intensità e durata. Quando i primati
incontrano cibo e pericolo simultaneamente, possono emettere un solo richiamo. Ciò nonostante, in
un determinato momento dell'evoluzione umana, i nostri antenati iniziarono a combinare i vari
richiami e a comprendere queste combinazioni. La comunicazione si basò quindi progressivamente
e in modo presocché totale sul processo di apprendimento. Fino agli anni Sessanta del Novecento i
tentativi di insegnare la lingua parlata alle scimmie ha suggerito la mancanza di abilità linguistiche
in questi animali. Di fondamentale importanza nel linguaggio è la lingua dei segni ampiamente
utilizzata da persone sordomute. Il primo scimpanzé ad avere appreso la lingua gestuale americana
fu Washoe, un esemplare femmina deceduto nel 2007 all'età di 42 anni. Washoe rivoluzionò il
dibattito sulle capacità di apprendimento del linguaggio da parte delle scimmie. Lo scimpanzé
acquisì gradualmente un vocabolorario di oltre 100 segni che rappresentavano parole della lingua
inglese. Il secondo scimpanzè a imparare a usare la lingua dei segni americana fu Lucy, più piccola
di Washoe di un anno. Lucy utilizzava la lingua gestuale per conservare i suoi genitori adottivi. A
seguito dell'acquisizione del linguaggio Washoe e Lucy mostrarono numerosi tratti umani:
imprecavano, scherzavano, raccontavano bugie e cercavano di insegnare il linguaggio ad altri
animali. Quando era irritata per qualche motivo Washoe chiamava le altre scimmie dell'istituto
“brutte scimmie”, mentre Lucy insultava il suo “sporco gatto”. La trasmissione culturale di un
sistema di comunicazione attraverso l'apprendimento è un attributo fondamentale del linguaggio. In
virtù delle loro dimensioni e forza da adulti, i gorilla si dimostrano soggetti meno adatti degli
scimpanzè per simili esperimenti.
Il gene frutto di una mutazione e codificato come FOXP2 aiuta a comprendere perché gli uomini
parlino e gli scimpanzè no. Da uno studio comparato sul genoma umano e quello degli scimpanzè
risulta che il FOXP2 è presente nell'uomo da almeno 150.000 anni. Il linguaggio ha consentito un
immenso vantaggio adattivo all'Homo Sapiens. Esso permette alla società umana di accumulare una
quantità di informazioni di gran lunga superiore a quella immagazzinata da ogni altro gruppo non
umano. Il linguaggio è il nostro principale mezzo di comunicazione, ma non è l'unico che
utilizziamo: comunichiamo quando trasmettiamo informazioni su di noi agli altri e riceviamo simili
informazioni da loro. Le espressioni del nostro viso, la postura del corpo, i gesti e i movimenti,
anche se inconsapevoli, offrono informazioni su di noi e i nostri stati d'animo, e fanno parte dei
nostri stili di comunicazione.
La cinesica è lo studio della comunicazione attraverso movimenti corporei, posture, gesti ed
espressioni della mimica facciale. Relativo alla cinesica è l'esame delle differenze culturali nello
spazio privato e delle manifestazioni d'affetto. L'entusiasmo di chi parla viene espresso non solo
attraverso le parole ma anche con espressioni del viso, gesti e altri segni che comunicano una certa
animazione. Ad esempio gli italiani indicano qualcosa con un dito (solitamente l'indice), mentre gli
abitanti del Madagascar lo fanno sporgendo le labbra all'infuori. Inoltre, i movimenti corporei
comunicano alcune importanti differenze sociali;
Lo studio scientifico di una lingua parlata, coinvolge svariate aree di analisi intercorrelate:
fonologia, morfologia, lessico e sintassi. La fonologia, ossia lo studio dei suoni con cui articoliamo
la lingua parlata, considera quali suoni sono presenti e significativi in una determinata lingua. La
morfologia studia le forme in cui i suoni vengono combinati per creare i morfemi, ossia le parole e
le loro composizioni più significative. Il lessico di una lingua è un dizionario che ne contiene tutti i
morfemi e il loro relativo significato. Il termine sintassi si riferisce invece alla costruzione e
all'ordine occupato dalle parole all'interno di frasi ed enunciati.
Invece, il campo della sociolinguistica indaga le relazioni esistenti tra variazione sociale e
linguistica, ossia la lingua per come viene parlata in un determinato contesto sociale. Gli esperti di
sociolinguistica non negano che gli individui che parlano una determinata lingua condividono la
conoscenza delle regole di base in cui essa si articola: i sociolinguisti si concentrano su
caratteristiche che variano sistematicamente con la posizione e la situazione sociale.
Indipendentemente dal bilinguismo. Tutti noi variamo il nostro modo di parlare e di esprimerci in

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base al contesto in cui ci troviamo, ossia facciamo ricorso ai cambiamenti stilistici, tale fenomeno
noto come diglossia, si applica alle varianti “alta” e “bassa” della stessa lingua, per esempio il
tedesco e il fiammingo (parlato in Belgio). Confrontando individui maschili e femminili, si
evidenziano inoltre differenze a livello di fonologia, grammatica e lessico, come anche nelle posture
e nei gesti che accompagnano la lingua parlata. In genere gli uomini conoscono un maggior numero
di termini legati agli sport, sono in grado di operare distinzioni più sottili tra i vari vocaboli e
cercano di utilizzare parole precise rispetto alle donne. In modo analogo, più influenzate dal settore
delle moda, dell'abbigliamento e dei cosmetici rispetto agli uomini, i soggetti femminili utilizzano
un maggior numero di termini (e in modo più specifico) legati ai colori rispetto agli uomini, i
soggetti femminili utilizzano un maggior numero di termini (e in modo più specifico) legati ai
colori rispetto agli uomini.
Il linguaggio è anche strettamente legato allo status sociale, noi utilizziamo e valutiamo inoltre la
lingua parlata nel contesto di forze extralinguistiche, ossia sociali, politiche ed economiche.
L'antropologo francese Pierre Bourdieu considera le pratiche linguistiche come un capitale
simbolico che individui adeguatamente preparati possono convertire in capitale economico e
sociale. Il valore di un dialetto – la sua posizione all'interno di un “mercato linguistico” - dipende
dalla sua capacità di fornire accesso a posizioni desiderate nel mercato del lavoro. A sua volta ciò
riflette la leggittimazione di tale dialetto da parte delle istituzioni formali: scuole e università, stato,
chiesa e media di prestigio. Persino coloro che non utilizzano il gergo del prestigio ne accettano
l'autorità e la correttezza, in altre parole il suo “dominio simbolico”. In ultima analisi la linguistica
storica si occupa invece di esaminare il cambiamento linguistico a lungo termine: gli esperti di tale
disciplina sono in grado di ricostruire numerose caratteristiche delle lingue del passato studiando le
“lingue figlie” contemporanee, ovvero la lingua originale dalla quale tali lingue discendono viene
definita protolingua. Le lingue romanze come il francese e lo spagnolo, per esempio, sono “lingue
figlie” del latino, loro protolingua comune. La lingua si modifica nel tempo: evolve, varia, si
diffonde e si divide in sottogruppi linguistici.

CAPITOLO 7 – L'ETNICITA'

L'etnicità si basa su somiglianze e differenze culturali in seno ad una società o ad una nazione: le
analogie sono con i membri dello stesso gruppo etnico, le differenze si evidenziano tra il gruppo in
esame e altri gruppi. I membri di un gruppo etnico condividono determinate credenze, valori,
abitudini, tradizioni definendosi unici e diversi in relazione a tali caratteristiche culturali. Etnicità
significa identificazione con un determinato gruppo etnico, sentirsi parte di esso e, di conseguenza,
esclusione da altri gruppi. Lo status è il termine che viene utilizzato per indicare la posizione (il
ruolo), indipendentemente da quanto prestigiosa essa sia, che un individuo occupa all'interno della
società. Gli individui rivestono sempre più posizioni simultanee e alcuni status predominano in
determinati ambienti (esempio lo status di figlia prevarrà in famiglia, quello di studentessa in
università – negoziazione situazionale dell'identità sociale). Alcuni status vengono attribuiti (età,
genere, colore della pelle – si escludono a vicenda), altri status sono acquisiti o raggiunti in base a
scelte, azioni, talenti, risultati ottenuti (medico, genitore, criminale, studente universitario). Negli
USA i latini comprendono persone di diversa nazionalità che possono unirsi per lotte comuni, ma
possono anche agire come gruppi separati (esempio: solo messicani, solo cubani, ecc). In Francia e
in Gran Bretagna (che hanno una lunga storia di immigrazione) i gruppi etnici hanno anche dei di
rappresentanti istituzionali; in Italia i gruppi di immigrati non si sono ancora consolidati. Alcuni
gruppi, definiti gruppi di minoranza, sono subordinati, cioè detengono minore potere e minore
accesso protetto alle risorse rispetto ai gruppi maggioritari, che sono invece predominanti e
conservano ruoli di controllo; spesso i gruppi etnici sono minoranze.

Quando si presume che un gruppo etnico sia tale in virtù di una determinata base biologica si parla
di razza ma quest'ultima è una categoria culturale e non una realtà biologica. La discriminazione
contro gli individui che appartengono a gruppi etnici diversi viene definita razzismo. Nel corso dei

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secoli gli scienziati si sono avvicinati allo studio sulla diversità biologica umana in due modi: il
primo riguarda la classificazione razziale, cioè il tentativo di raggruppare gli esseri umani in
categorie distinte in base ai tratti fenotipici. Il fenotipo si riferisce a tratti evidenti nell'organismo
(colore della pelle, foggia dei capelli, colore degli occhi, caratteristiche del volto, ecc): ma quali
erano i tratti più importanti da considerare? I primi studiosi europeri diedero priorità al colore della
pelle. Dottrine che ruotana attorno al concetto di superiorità innata ha trovato riscontro anche in
alcuni scienziati: lo psicologo statunitense Jensen, che ha dato vita al jensenismo, sosteneva la
presunta superiorità intellettiva dei bianchi rispetto agli afroamericani attraverso la
somministrazione di test di intelligenza. Jensen attribuiva l'ottenimento di tali risultati alla genetica,
ma in realtà erano più convincenti le spiegazioni di tipo ambientale, poiché riguardavano il
background di chi si sottoponeva al test (tipo di istituzione ricevuta, cultura diversa da chi ha ideato
il testo, ecc). I risultati ai test migliorano quando chi si sottopone ai test e chi li somministra hanno
lo stesso background subculturale, linguistico e socioeconomico. Un tempo il termine nazione era
sinonimo di tribù o di gruppo etnico; oggi invece la nazione ha assunto il significato di stato, ossia
di un'unità politica indipendente con potere centralizzato (stato-nazione). A causa di fenomeni come
migrazione, conquiste e colonialismo, la maggior parte dei moderni stati-nazione non risulta
omogeneo dal punto di vista etnico. I gruppi etnici che cercano di affermare una propria autonomia
politica vengono definiti nazionalità. Secondo Anderson, le nazionalità sono “comunità
immaginate” poiché i loro membri non costituiscono una vera e propria comunità ma possono solo
“immaginare” di appartenere ad un medesimo gruppo. Guerre, rivolte politiche e flussi migratori
hanno portato alla divisione di numerose comunità nazionali immaginate; la diaspora è la
migrazione di un popolo da una patria comune in stati differenti. I diversi gruppi etnici possono
anche vivere in armonia, in una delle seguenti modalità:

- Assimilazione: è il processo di cambiamento che un gruppo etnico può sperimentare spostandosi


in un paese nel quale predomina un'altra cultura (melting pot); mediante l'assimilazione i gruppi
minori abbandonano le proprie norme e i propri modelli a favore della cultura dominante (esempio,
modello francese).

- Società pluralistica: i gruppi etnici possono essere a contatto per generazioni anche senza che si
verifichi alcun processo di assimilazione e risiedere in uno stato di coesistenza pacifica. La società
pluralistica è una società in cui i gruppi etnici conservano la propria identità e non entrano in
conflitto tra loro poiché provvedono al proprio sostentamento in modi diversi.

- Multiculturalismo: adotta una prospettiva opposta a quella del modello di assimilazione,


incoraggiando i gruppi etnici a conservare le proprie tradizioni e a rispettare le differenze; viene
sottolineato il contributo di ogni gruppo etnico al paese ospitante - “ognuno ha qualcosa da dare”.

L'etnicità può trovare espressione nel multiculturalismo pacifico oppure può sfociare in veri e propri
conflitti che si possono sviluppare per svariati motivi: .Pregiudizi e discriminazioni: il pregiudizio
è la svalutazione di un gruppo a causa dei suoi presunti comportamenti, valori, capacità o attributi; è
legato agli stereotipi che gravano su un gruppo e che quindi vengono estesi a tutti i suoi membri. La
discriminazione si riferisce a pratiche e politiche che danneggiano un gruppo e i suoi membri; essa
può essere de facto (praticata di fatto ma non sanzionata legalmente – come vengono trattate le
minoranze dalle forze di polizia e dal sistema giudiziario) oppure de jure (apartheid in Sudafrica).

- Conflitti interetnici: i conflitti possono generarsi tra immigrati di vecchia data e nuovi immigrati
per il modo in cui questi ultimi si insediano e rispondono al multiculturalismo.

- Oppressione: i conflitti etnici vengono alimentati da varie forme di discriminazione: o


Genocidio: estrema forma di discriminazione etnica consistente nella distruzione fisica di un
gruppo etnico o religioso attraverso guerre o esecuzioni di massa (es. ebrei, musulmani); o

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Etnocidio: distruzione delle culture di determinati gruppi etnici;


- Assimilazione forzata: obbligare i membri di un gruppo etnico ad adottare la cultura dominante
(campagna contro i baschi da parte di Francisco Franco)

- Espulsione Etnica: politica volta a rimuovere da una paese i gruppi etnici culturalmente diversi
dal gruppo dominante (Bosnia-Erzegovina, Uguanda che espulse gli asiatici, ecc). Una delle
conseguenze di tali politiche di espulsione sono i rifugiati, individui che sono stati costretti
(rifugiati involontari) o che hanno scelto (rifugiati volontari) di abbandonare un paese per sfuggire
a guerre e persecuzioni;

- Colonialismo: è la dominazione politica, sociale, economica e culturale di un territorio e del suo


popolo da parte di una potenza straniera nell'arco di un lungo periodo di tempo; l'espressione
colonialismo culturale si riferisce alla dominazione interna da parte di un gruppo e della sua cultura
e/o ideologia sugli altri gruppi.

CAPITOLO 8 – I SISTEMI DI SUSSISTENZA

L'antropologo Cohen studiò le strategie adattive dell'uomo, ossia i diversi sistemi di produzione
economica di un gruppo umano. Egli distinse cinque strategie adattive:

- Caccia-raccolta e pesca: è la più antica strategia adattiva; fino a 10.000 anni fa, gli uomini di
ogni luogo erano cacciatori-raccoglitori. I metodi di caccia e raccolta dipendevano sostanzialmente
dalle caratteristiche ambientali: spostandosi da zone fredde ad aree più calde e tropicali si rileva un
incremento così del numero delle specie vegetali e animali, ma avevano tutte una caratteristica
comune: l'uomo si limitava ad usufruire di ciò che era presente in natura senza controllare la
riproduzione di piante e animali (sistemi di produzione alimentare). Le aree africane in cui tale
attività di sussistenza continua ad essere praticata sono: il deserto del Kalahari, patria dei San o
boscimani, e la foresta equatoriale dell'Africa centrale e orientale, terra dei Mbuti, Efe e altri gruppi
di “pigmei”. Ma è diffusa anche tra gli aborigeni australiani, gli eschimesi o Inuit, gli abitanti della
Patagonia e delle pampas argentine e brasiliane. Correlazioni relative alle attività di caccia, pesca e
raccolta;

- Società organizzate in bande: cioè gruppi che contengono meno di un centinaio di individui,
legati tra loro da vincoli di parentela (reale o fittizia) e di matrimonio. Caratteristica delle bande è la
mobilità: gli individui possono entrare a fare parte di altre bande più volte nel corso della propria
vita; in alcune società le dimensioni delle bande rimangono invariate, in altre la banda si divide per
procacciare risorse. Nelle bande hanno molta importanza gli omonimi, legati da rapporti speciali e
di fratellanza, come avviene tra i San.

- Suddivisione del lavoro basata sul genere: le attività di caccia e pesca affidate agli uomini
mentre le donne si dedicano a quelle di raccolta ma ciò non implica che le prime siano più
importanti dell'ultima.

- Distinzioni sociali basate sull'età e non sul prestigio (società egualitarie): gli anziani vengono
trattati con maggiore rispetto.

- Orticoltura: coltivazione in cui nessun fattore di produzione (terreno, manodopera, attrezzature


agricole, capitale) è utilizzato in modo intensivo. Nel continuum colturale rappresenta la forma di
coltivazione con minima richiesta di manodopera. Vengono utilizzati strumenti semplici come
zappe e bastoni; i campi non vengono coltivati in modo permanente e rimangono a riposo per un
periodo di tempo variabile. Caratteristica dell'orticoltura è la tecnica di slash and burn (taglia e
brucia): il terreno da coltivare si ottiene attraverso l'abbattimento di piccole porzioni di foresta, il

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terreno viene in seguito bruciato, per eliminare le piante infestanti e utilizzare la cenere come
concime, e viene coltivato sino a quando non è più produttivo. Dopo alcuni cicli di colture la
fertilità del terreno decade ed esso viene abbandonato per dar luogo ad un nuovo disboscamento
(pratica dello shifting/cultivation/agricoltura itinerante). Lo spostamento da un appezzamento di
terra ad un alltro non significa che interi villaggi siano obbligati a trasferirsi; molti villaggi
preferiscono raggiungere a piedi le nuove zone coltivate piuttosto che ricostruire il villaggio in zone
più vicine.

- Agricoltura: si basa sull'utilizzo intensivo e continuativo della terra e perciò richiede più forza
lavoro, che si riflette nell'impiego di animali domestici, irrigazione e terrazzamenti. Nel continuum
colturale rappresenta la forma di coltivazione con massima richiesta di manodopera.

La domesticazione di animali è necessaria per utilizzare strumenti quali l'aratro e il frngizolle per
dissodare i campi prima della semina, ma anche per il trasporto, per calpestare i campi
precedentemente dissodati, e per il letame utilizzato come fertilizzante. Gli agricoltori, a differenza
degli orticoltori che aspettano la stagione delle pioggie, detengono il controllo delle riserve idriche
grazie a canali con cui deviano l'acqua di fiumi, sorgenti, stagni. Il terrazzamento è un'altra tecnica
agricola praticata in zone collinari in cui le sorgenti d'acqua situate al di sopra delle terrazze
alimentano il funzionamento del sistema di irrigazione; l'agricoltura è più impegnativa poiché ogni
anno le terrazze franano e devono essere ricostruite.

La differenza fondamentale tra orticoltura e agricoltura è che la prima ricorre sempre a un periodo
in cui i terreni vengono messi a riposo (maggese); lo sfruttamento permanente dei terreni pone
conseguenze importanti a livello demografico, sociale, politico e ambientale; l'agricoltura ha
spianato la strada all'origine dello stato.

- Pastoralismo: antica forma di allevamento che si basa sulla domesticazione di animali quali
ovini, caprini, bovini ed equini per ricavarne cibo (latte formaggio, carne, sangue). Gli animali
vengono uccisi durante cerimonie e rituali; la carne è sempre presente nell'alimentazione dei
pastori. Sebbene alcuni gruppi agropastorali dipendano dalle proprie mandrie in modo più marcato
di altri, è impossibile basare la sussistenza esclusivamente sugli animali: per tale motivo la maggior
parte dei pastori integra la propria alimentazione con attività di caccia, pesca, raccolta, coltivazione
o commercio. L'agropastoralismo è caratterizzato da due diverse tendenze di spostamento,
entrambe dovuti alla necessità di trovare pascoli disponibili a seconda delle stagioni: il nomadismo
e la transumanza. Nel nomadismo pastorale l'intero gruppo, costituito da uomini, donne e bambini,
si sposta insieme alle mandrie o alle greggi, ma la maggior parte degli individui rimane nel
villaggio natale. I nomadi hanno bisogno di commerciare per coltivazioni e altri prodotti, i secondi
no.

- Industrialismo: un'economia è uno specifico sistema di produzione, distribuzione e consumo di


risorse e di beni. Ogni forma di economia implica uno specifico modo di produzione, cioè un
determinato modo di organizzare la produzione - “un insieme di relazioni sociali attraverso le quali
la forza lavoro viene impiegata per estrapolare energia dal mondo della natura attraverso utensili e
strumenti, abilità e competenze, organizzazione, conoscenze e informazioni” (Wolf). Le società che
rappresentano ognuna delle strategie adattive illustrate tendono a possedere modi di produzione
simili. Nelle società industriali il denaro ha potere di acquisto sulla forza lavoro ed esiste una
distanza tra coloro che sono coinvolti nel processo di produzione (padroni e operai); nelle società
non industriali spesso i modi di produzione si basano sui rapporti di parentela. Ogni modo di
produzione implica un particolare uso dei mezzi o fattori di produzione, cioè tutti quei fattori
umani e non che contribuiscono al compimento di una produzione: Marx individua 4 principali
mezzi di produzione: terra, lavoro, tecnologia e capitale.

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1. TERRA: per i cacciatori-raccoglitori è difficile rispettare dei confini precisi, ma il territorio di


competenza varia da una banda all'altra;

2. FORZA LAVORO: si basa sul reciproco aiuto e si traduce in obblighi sociali; non può essere
comprata dal denaro;

3. TECNOLOGIA: (utensili): le conoscenze tecniche sono specifiche per genere ed età. Quando i
lavoratori producono per la vendita e per i profitti del proprio datore di lavoro piuttosto che per se
stessi, può verificarsi un fenomeno di alienazione nei confronti dei prodotti realizzati: i lavoratori
considerano i prodotti realizzati come appartenenti ad un altro e non ne vanno orgogliosi. Nelle
società non industriali, invece, gli individui hanno modo di assistere direttamente allo svolgersi del
proprio lavoro dall'inizio alla fine e sperimentano un senso di realizzazione nei confronti del
prodotto finale. I lavoratori delle società industriali hanno perciò rapporti impersonali con prodotti,
colleghi e datori di lavoro; nelle società non industriali i rapporti di produzione, distribuzione e
consumo corrispondono a relazioni sociali con aspetti economici.

L'economisra Karl Polanyi ha definito tre principi in base ai quali viene orientato lo scambio
transculturale: - il principio di mercato: governa e regola la distribuzione delle società
capitalistiche; prevede che le merci vengano vendute ed acquistate con denaro, ottimizzando il
profitto, ad un prezzo che è regolato dalla legge della domanda e dell'offerta.

- la redistribuzione: prevede che le merci viaggino dalla periferia verso un centro di raccolta dal
quale iniziano il percorso inverso, venendo ridistribuite tra la popolazione. Tale principio era in
voga nella tribù Cherokee: parte del raccolto veniva dato al capotribù il quale lo ridistribuiva a
viaggiatori, guerrieri e bisognosi secondo la sua generosità.

- la reciprocità: è diffusa nello scambio tra individui di pari condizione sociale, legati da rapporti di
parentela o matrimonio; esistono tre diversi livelli di reciprocità:

1. reciprocità generalizzata: è tipica di scambi tra individui uniti da uno stretto legame in quanto
non ci si aspetta nulla in cambio; è diffusa tra cacciatori-raccoglitori;

2. reciprocità bilanciata: la distanza sociale risulta maggiore; ci si aspetta qualcosa anche se non
nell'immediato, ma in assenza di reciprocità le relazioni risulterebbero danneggiate;

3. reciprocità negativa: si applica con gli estranei; la distanza sociale è massima e la reciprocità è
calcolata e non spontanea e disinteressata, volta all'ottenimento di qualcosa al minor “costo”. Un
modo per ridurre la tensione in situazioni di potenziale reciprocità negativa è il “commercio
silenzioso”:

Il potlatch è una cerimonia rituale che si svolge tra alcune tribù di Nativi Americani della costa
nordoccidentale del Pacifico degli Stati Uniti e del Canada. Essa viene organizzata da membri di
spicco della tribù per consolidare il proprio potere politico e aumentare la fama e comprende un
banchetto a base di carne di foca o di salmone, in cui vengono ostentate pratiche distruttive di beni
considerati “di prestigio”. Il potlatch è un esempio di economia del dono, in cui gli ospitanti
mostrano la loro ricchezza e la loro importanza attraverso la distribuzione dei loro possessi.

CAPITOLO 9 – I SISTEMI POLITICI

Con l'espressione organizzazione politica Fried intende quell'aspetto dell'organizzazione sociale


inerente a: - individui/gruppi che gestiscono affari di politica pubblica (governi e amministrazioni)
– individui/gruppi che cercano di influire sull'operato dei governi (partiti, stakeholders, ONG).

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Questa definizione è calzante per i sistemi politici statali, lo è molto di meno per i sistemi non
statali per i quali è più adeguato parlare di organizzazione socio-politica. Service elencò quattro tipi
di organizzazione politica: banda, tribù, dominio e stato. Oggi nessuna di queste forme di governo
possono essere studiate come forma a sé stante poiché tutte fanno parte di stati-nazione e sono
soggette al controllo dello stato. Queste tipologie sociopolitiche sono correlate alle strategie
adattive: i cacciatori-raccoglitori erano organizzati in bande, molti orticoltori e pastori vivevano in
società tribali, nei domini era importante l'agricoltura ma anche l'allevamento delle greggi, e gli stati
avevano una base agricola. BANDA: gruppo di piccole dimensioni basato su legami di parentela tra
gruppi di cacciatori-raccoglitori. Non avevano una legge formale ma disponevano di un metodo
efficace per la risoluzione dei conflitti. SAN – AFRICA MERIDIONALE: detti anche
“boscimani” o “uomini della boscaglia” sono stati influenzati dalle popolazioni di lingua Bantu e
dagli europei; molti di essi oggi si occupano del bestiame dei Bantu più ricchi piuttosto che
procurarsi il cibo da sé. I maggiori contrasti si verificavano tra nomadi e sedentari; insistevano
sull'uguaglianza sociale, politica e di genere. Le bande si formavano quando i componenti del
nucleo familiare si riunivano e il matrimonio rafforzava i legami tra membri di bande diverse, così
come il commercio, le visite, la parentela fittiziae e il sistema di omonimi univano i gruppi locali.
Tali bande tendevano ad essere egualitarie in termini di potere e autorità, nonostante alcuni
individui riuscivano ad ottenere un rispetto speciale: i capi delle bande erano tali solo nel nome in
quanto offrivano consigli e prendevano decisioni ma non avevano alcun mezzo per farle rispettare.
INUIT – CANADA E ALASKA: i gruppi sociali più significativi erano il nucleo familiare e la
banda: alcune bande avevano un capo, mentre in altre vi erano gli sciamani che ricoprivano
parzialmente il ruolo di autorità religiosa. Le principali attività di sussistenza degli Inuit erano la
caccia e la pesca praticata dagli uomini poiché nelle zone artiche l'attività di raccolta, praticata dalle
donne, era impraticabile.

L'alta mortalità maschile, dovuta a spostamenti periolosi, ha comportato gli infanticidi di neonate,
altrimenti le donne avrebbero superato numericamente gli uomini; nonostante tale mezzo di
regolazione della popolazione gli uomini continuavano ad essere inferiore numericamente e ciò
permise a questi ultimi di avere due o tre mogli (poligamia). Le donne erano perciò la maggiore
causa delle dispute tra gli uomini: se un uomo scopriva che la moglie aveva avuto una relazione
extraconiugale senza il suo permesso poteva provare ad uccidere chi gli aveva rubato la moglie,
dando luogo a numerosi uccisioni a catena (faida di sangue), oppure poteva sfidare il rivale in una
gara canora, intonando versi di insulti, in cui il pubblico decreteva il vincitore. Il furto non era
concepito poiché ogni Inuit aveva libero accesso alle risorse di cui aveva bisogno per il proprio
sostentamento e se un individuo desiderava qualcosa da qualcun altro bastava chiedere per essere
accontentati. TRIBU': adottano economie basate su una produzione di cibo non intensiva
(orticoltura e pastorizia); l'organizzazione si basa su vincoli di discendenza (clan e lignaggio);
hanno mezzi più efficaci per far rispettare le decisioni dei capi, ma non hanno vere e proprie leggi.
Tendono a essere egualitari, nonostante alcuni adottino una stratificazione basata sul genere.

YANOMAMI – VENEZUELA SUD: sono Nativi americani, orticoltori che si dedicano anche ad
attività di caccia e raccolta; le colture primarie includono banane e platani. Sono organizzati in
famiglie, villaggi e gruppi di discendenza di tipo patrilineare ed esogamo (matrimonio al di fuori del
proprio gruppo). Il leader è il capo villaggio (sempre uomo) la cui autorità è strettamente limitata:
egli è primo tra eguali, non può dare ordini ma solo persuadere o cercare di influenzare l'opinione
pubblica dando egli per primo il buon esempio. Funge da mediatore durante un conflitto, non ha
facoltà di imporre punizioni. Proprio perché deve essere più generoso delle altre persone del
villaggio coltiva una parte più grande di terra, i cui frutti vengono consumati quando il villaggio
organizza una festa religiosa in onore di un altro villaggio. Se il villaggio non è soddisfatto del

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proprio leader possono allontanarsi e fondare una nuova comunità. La società degli Yanomami è più
complessa di una società organizzata in bande: essi affrontano numerosi problemi di ordine
“normativo” (mantenere l'ordine in caso di incursioni tra villaggi); non si isolano dagli eventi
esterni (conflitti tra Brasile e Venezuela). Nelle isole della Melanesia e di Papua Nuova Guinea, le
culture native avevano un leader politico chiamato big man; mentre la leadership del capo villaggio
sussisteva solo all'interno di un villaggio, il big man (sempre uomo) vantava sostenitori in numerose
comunità. KAPAUKU – NUOVA GUINEA – INDONESIA: coltivatori, la cui coltura primaria era
la patata dolce, e allevatori di maiali; l'unica figura politica tra i kapauku era il big man noto con il
nome di tonowi. Un tonowi raggiungeva tale posizione con il duro lavoro, accumulando ricchezza
sotto forma di maiali e altre materie prime del luogo ma soprattutto con la generosità. Egli lavorava
duramente non per accumulare beni ma per essere in grado di distribuire i frutti del proprio lavoro,
convertendo la ricchezza in prestigio e gratitudine. Ciò che distingueva il big man dai suoi
compagni era ricchezza, generosità, prestanza fisica, coraggio, personalità e poteri soprannaturali.
Al contrario del capo villaggio degli Yanomami, la ricchezza del big man era superiore a quella dei
suoi compagni; egli attirava sostenitori organizzando feste in cui i maiali venivano uccisi e la carne
distribuita agli ospiti; i big man egoisti e avari venivano uccisi dai propri compagni. Oltre alla
parentela, l'unione dei gruppi locali poteva avvenire all'insegna di altri valori come un'unione di
lavoratori, un partito politico, un gruppo religioso, ecc, noti con il nome di associazioni o sodalizi. I
sodalizi pantribali si basano sulla condivisione della stessa età o dello stesso genere e si
svilippavano in zone in cui due o più culture diverse entravano in contatto regolarmente, in
particolare a causa di una guerra tra tribù. Tra gli indiani delle Pianure del Nord America le
associazioni di uomini organizzavano incursioni nei villaggi vicini per impossessarsi degli animali
altrui (cavalli) e battute di caccia ai bisonti; tali sodalizi erano classi di età di grado crescente, il più
alto dei quali era quello del guerriero. I membri di una classe erano legati tra loro da un forte senso
di lealtà e devozione; pur non avendo organizzazione in classi, anche le donne Masai passavano da
un grado di età all'altro: l'iniziata, la donna sposata e la donna anziana (dopo la menopausa). In
determinate zone dell'Africa occidentale e centrale i sodalizi pan tribali sono società segrete
composte o da uomini o da donne.

Tra le tribù dedite alla pastorizia, il grado di autorità e di organizzazione politica è basato sulla
dimensione e sulla densità della popolazione. Due tribù pastorali nomadi iraniane, i Basseri e i
Qashqai, ogni anno partivano dalla costa portando gli animali al pascolo a 5400 metri sopra il
livello del mare, condividendo tale itinerario con altri gruppi etnici. L'uso della stessa terra per il
pascolo in diversi periodi dell'anno veniva attentamente pianificato e coordinato; tale programma è
chiamato il-rah cioè il sentiero abituale di un gruppo nel tempo e nello spazio. Il capo dei Basseri
affrontava meno problemi nel coordinare gli spostamenti della propria popolazione in quanto
numericamente inferiore rispetto a quella dei Qashqai. Ogni tribù aveva il proprio leader, il-khan:
nei Basseri la sua autorità derivava dalle proprie caratteristiche personali e non dalla sua posizione
sociale ed egli contava sul supporto dei capi dei gruppi di discendenza; nei Qashqai la devozione
dei sostenitori era dovuta al ruolo e non alla persona e vi erano diversi livelli di autorità e khan più
potenti: comandava il khan aiutato da una persona deputata, sotto la quale vi erano i capi delle tribù
a loro volta seguiti dai capi dei gruppi di discendenza. DOMINI: forma di organizzazione
sociopolitica intermedia tra tribù e stato; le relazioni sociali si fondavano sulla parentela, sul
matrimonio, la discendenza, l'età, la generazione e il genere come avviene nelle bande e nelle tribù;
quest'ultima rappresenta una delle differenze fondamentali tra domini e stati. In opposizione a bande
e tribù, i domini erano caratterizzati da una regolamentazione politica permanente del territorio
affidata al capo e ai suoi assistenti che occupavano cariche politiche. I capi polinesiani regolavano
la produzione imponendo o proibendo (tramite tabù religiosi) la coltivazione di determinate terre e
colture e coordinandone la distribuzione e il consumo. La redistribuzione da parte del capo era una
pratica secondo la quale una parte del raccolto veniva offerta al capo da parte dei rappresentanti del
popolo e durante le feste i capi restituivano gran parte di ciò che avevano ricevuto. Tale pratica
offriva anche vantaggi economici poiché se le diverse zone erano specializzate in determinate

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colture la redistribuzione rendeva disponibili i prodotti all'intera società. La condizione sociale nei
domini era basata sull'anzianità della discendenza: i capi polinesiani facevano risalire la propria
discendenza fino a 50 generazioni precedenti. I domini sono caratterizzati da un accesso
differenziato alle risorse, cioè alcuni godevano chi fa un accesso privilegiato al potere, al prestigio
e alla ricchezza, controllando risorse strategiche come terra e acqua (solitamente i capi, i loro
parenti stretti e i loro collaboratori). Ben presto, però, i capi iniziarono a comportarsi come veri e
propri sovrani, tentando di demolire la base di consanguineità su cui si fondava il dominio. Vennero
dunque a crearsi strati sociali separati, ossia gruppi non imparentati che differivano in termini di
accesso alla ricchezza, prestigio e potere dando vita alla stratificazione, tipica degli stati. STATO:
la sua formazione ebbe inizio in Mesopotamia, Egitto, Pakistan, India e Cina settentrionale; si tratta
di una forma di organizzazione sociopolitica che si basa su una struttura di governo formale e sulla
stratificazione socioeconomica. I primi stati sono noti come stati arcaici o stati non industrializzati.
Gli stati uniscono individui non legati da vincoli di parentela, obbligandoli a mostrare devozione e
lealtà ad un governo. Anche gli stati sono caratterizzati dall'accesso differenziato alle risorse; a
differenza dei domini, negli stati arcaici vi era una netta linea di demarcazione tra gruppi elitari e
resto della popolazione, con la distinzione tra nobili e persone comuni. Per via dell'endogamia di
casta, gli individui comuni si sposavano tra di loro e chi faceva parte di un gruppo elitario si univa
in matrimonio solo con i suoi pari. Ben presto, però, i capi iniziarono a comportarsi come veri e
propri sovrani, tentando di demolire la base di consanguineità su cui si fondava il dominio. La
stratificazione e la sua comparsa ha contraddistinto la transizione dal sistema del dominio a quello
dello stato: Weber definì tre dimensioni della stratificazione sociale: (1) la ricchezza, o condizione
economica, include i beni materiali di una persona, compreso il reddito, la terra e altre proprietà; (2)
il potere, o status politico, cioè l'abilità di un individuo di esercitare il proprio volere sugli altri; (3)
il prestigio, o status sociale, si riferisce alla stima, al rispetto di azioni, fatti o qualità considerate
esemplari (“capitale culturale”). Rispetto a bande, tribù e domini, gli stati tendono ad essere vasti e
densamente popolati ed includono:

- Controllo della popolazione: definizione dei confini che li separano dalle altre società con unità
addette alla sorveglianza, rilevazione del censimento, creazione di categorie di cittadinanza;

- Sistema giudiziario: leggi, non necessariamente scritte ma preservate da anziani, specialisti e


giudici che hanno il compito di tramandare, procedimenti legali per gestire crimini e dispute
attraverso tribunali e giudici;

- Applicazione e rispetto della legge: forze politiche e militari permanenti;

- Sistema fiscale: tasse e imposte, necessarie per supportare gli individui al governo, i funzionari, i
giudici e altre figure specializzate. I cittadini devono devolvere allo stato una buona porzione di ciò
che producono: una parte verrà impiegata dallo stato per il bene comune, la restante finisce ai
gruppi elitari.

Antonio Gramsci sviluppò il concetto di egemonia per descrivere un ordine sociale stratificato in
cui i subalterni accondiscendono alla dominazione interiorizzandone i valori e accettandone la
“naturalezza”. Al posto della violenza fisica, le società industriali hanno escogitato altre forme di
controllo sociale tra cui tecniche di persuasione e manipolazione degli individui e tecniche di
monitoraggio e registrazione delle loro credenze, attività e contatti. Scott utilizza la definizione di
trascrizione pubblica per descrivere le interazioni pubbliche tra superiori e subalterni e la
definizione di trascrizione nascosta per descrivere invece la critica al potere che avviene dietro le
quinte, celata agli occhi di coloro che detengono il potere. Scott riporta l'esempio dei contadini della
Malaysia i quali ricorrevano ad una strategia indiretta per opporsi al pagamento della “decima”
imposto dalla religione islamica. I contadini si opponevano con disordini, dimostrazioni o proteste,
ma attraverso una strategia di “erosione” basata su piccole azioni di resistenza, evitando per

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esempio di dichiarare la propria terra o mentendo sulla quantità che avevano coltivato,
sottopagavano o consegnavano il riso misto ad acqua, sassi o fango per aumentarne il peso. Vicende
di trascrizione nascosta venivano raccontate in determinati momenti e luoghi (carnevale, mercati,
festival). Grazie all'anonimato offerto da costumi e travestimenti, il Carnevale era un'ottima arena
per esternare discorsi e accuse generalmente censurati contro l'egemonia.

CAPITOLO 10 – IL GENERE

Sesso e genere: gli antropologi, studiando la biologia, la società e la cultura, si trovano nella
posizione ideale per osservare l'influenza dell'ereditarietà (la predisposizione biologica) e quella
dell'ambiente (cultura) sul comportamento umano. Ciò che ci caratterizza come individui adulti è
determinato, nella fase di crescita e sviluppo, sia dai geni ereditati sia dall'ambiente. Discutendo del
ruolo del sesso/genere e di quello della sessualità, sorgono molte domande che riguardano la natura
e l'ambiente. La diversità cromosomatica si esprime attraverso differenze ormonali e fisiologiche.
Gli esseri umani presentano dimorfismo sessuale. Con dimorfismo sessuale ci si riferisce a
diversità biologiche tra maschio e femmina che riguardano non solo i caratteri sessuali primari
(genitali e organi riproduttivi) e secondari (seno, voce, distribuzione dei peli) ma anche il peso,
l'altezza, la forza e la longevità. Le donne tendono a vivere più a lungo degli uomini e hanno
un'eccellente capacità di resistenza; gli uomini tendono a essere più alti e a pesare più delle donne.
Sebbene nella maggior parte delle società gli uomini tendano a essere più aggressivi delle donne,
molte differenze comportamentali e attitudinali tra i sessi sono determinate dalla cultura piuttosto
che dalla biologia. Le differenze sessuali sono biologiche, ma il genere include tutti i tratti che una
cultura assegna e inculca in maschi e femmine. Genere in altre parole si riferisce alla costruzione
culturale delle caratteristiche maschili e femminili.
Alcuni studiosi antropologi, hanno anche evidenziato temi e modelli ricorrenti che implicano
differenze di genere e possono osservare i cambiamenti dei ruoli di genere dettati dall'ambiente,
dall'economia, dalle strategie adattive e dal tipo di sistema politico. Prima di esaminare i dati di
diverse culture è bene avere presenti alcune definizioni. I ruoli di genere sono i compiti e le attività
che una cultura assegna ai sessi. Collegati ruoli di genere ci sono gli stereotipi di genere, che sono
delle idee, semplicistiche ma resistenti, sulle caratteristiche di maschi e femmine. La stratificazione
di genere descrive una distribuzione iniqua di ricompense (risorse valutate socialmente, potere,
prestigio, diritti umani, libertà personale) tra uomini e donne, che riflette le differenti posizioni nella
gerarchia sociale. IL GENERE TRA I CACCIATORI-RACCOGLITORI: Nelle società di
cacciatori-raccoglitori la stratificazione sociale in base al genere era più marcata quando gli uomini
contribuivano molto più delle donne all'alimentazione. Tra i cacciatori-raccoglitori delle zone
tropicali o semitropicali, al contrario, la raccolta generalmente forniva più cibo della caccia e della
pesca. Raccogliere è generalmente un lavoro femminile. Solitamente sono gli uomini a cacciare e
pescare, ma anche le donne danno un contributo alla pesca e possono cacciare piccoli animali.
Quando la raccolta è prevalente, lo status di genere tende a essere più equo di quando la sussistenza
è basata principalmente su caccia e pesca. La forte differenziazione tra casa e mondo esterno è
denominata dicotomia domestico-pubblico o contrasto privato-pubblico. Il mondo esterno può
includere la politica, il commercio, la guerra o il lavoro. Spesso, quando la sfera domestica e quella
pubblica sono chiaramente separate, le attività pubbliche hanno un prestigio maggiore di quelle
domestiche. Questo può favorire la stratificazione di genere perché gli uomini sono più inclini a
essere attivi nella sfera pubblica di quanto lo siano le donne.
IL GENERE TRA GLI ORTICOLTORI: I ruoli di genere e la stratificazione tra i coltivatori
variano ampiamente in base alle specifiche caratteristiche dell'economia e della struttura sociale. Le
donne nella società di orticoltori erano i produttori principali: nel 50% di tali società portavano
avanti la maggior parte della coltivazione; nel 33% il contributo alla coltivazione di uomini e donne
era uguale; solo nel 17% dei casi erano gli uomini a svolgere la maggior parte del lavoro. Le donne
tendevano a coltivare un po' di più nelle società matrilineari cche in quelle patrilineari, e
dominavano l'orticoltura nel 64% delle società matrilineari contro il 50% di quelle patrilineari.

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IL GENERE TRA GLI AGRICOLTORI: Quando l'economia è basat sull'agricoltura le donne in


genere perdono il loro ruolo di coltivatori principali. Certe tecniche agricole, in particolare l'aratura,
sono state affidate agli uomini per via della loro corporatura e della loro forza. Eccetto quando
viene usata l'irrigazione, l'aratura elimina il bisogno di una costante sarchiatura, un'attività svolta in
genere dalle donne.
I dati sulle diverse culture illustrano questi contrasti nei ruoli produttivi. Le donne erano le
principali lavoratrici nel 50% delle società dell'orticoltura osservate, ma in solo il 15% dei gruppi
agricoli, mentre il lavoro di sussistenza maschile dominava l'81% delle società agricole ma solo il
17% di quelle dell'orticoltura. Con l'avvento dell'agricoltura per la prima volta nella storia umana le
donne rimasero escluse dalla produzione. Forse questo rifletteva il bisogno di rimanere più vicina a
casa per prendersi cura della numersoa prole, caratteristica delle società agricole, in confronto alle
economie meno impegnative.
PATRIARCATO E VIOLENZA: Il patriarcato descrive un sistema politico retto dagli uomini in
cui le ddonne hanno uno status sociale e politico inferiore, ivi compresi i diritti umani di base. Le
società che presentano un'affermata struttura patrilineare-patrilocale, con molte guerre e incursioni
tra villaggi, sono tipiche anche del patriarcato. Pratiche come l'omicidio per questioni di dote,
l'infanticidio femminile e la clitoridectomia sono esempi di patriarcato presente in società tribali
come quella degli yanomami e in società statuali cime l'India e il Pakistan.
Sebbene siano prevalenti in alcuni ambienti sociali piuttosto che in altri, la violenza familiare e
l'abuso domestico delle donne sono problemi comuni a tutto il mondo. La violenza domestica
avviene senz'altro in ambienti familiari neolocali-nucleari come i nostri. Le città, impersonalie che
isolano dalla rete familiare estesa, sono terreni di propagazione della violenza domestica.
GENERE E INDUSTRIALIZZAZIONE: La dicotomia domestico-pubblico, sviluppatasi
soprattutto tra i produttori e agricoltrori delle società patrilineari-patrilocali, ha influito anche sulla
stratificazione di genere delle società industriali. Tuttavia i ruoli di genere sono cambiati
rapidamente nel mondo occidentale. L'idea “tradizionale” che “il posto di una donna è in casa” si è
sviluppata tra la classe media e quella alta quando si è dffusa l'industrializzazione, dopo il il 1900.
Prima le donne erano considerate dei lavoratori pienamente produttivi nell'agricoltura e
nell'industria familiare. Con l'industrializzazione l'attitudine verso il lavoro legato al genere è
cominciata a cambiare per classe e per regione.
Il costante aumento del lavoro femminile retribuito, a partire dalla Seconda guerra mondiale, riflette
anche il baby boom e l'espansione industriale. In molti paesi occidentali si sono spesso
tradizionalmente definiti come lavori femminili il lavoro d'ufficio, l'insegnamento, l'assistenza
infermieristica. Con la rapida crescita della popolazione e l'espansione commerciale dopo la
Seconda guerra mondiale, la richiesta di donne per portare avanti tali lavori è cresciuta
costantemente. I datori di lavoro hanno anche visto che potevano aumentare i loro profitti pagando
alle donne un salario più basso di quello che avrebbero dovuto pagare agli uomini di ritorno dalla
guerra. Il ruolo delle donne in casa è stato valorizzato durante i periodi di forte disoccupazione, ma
quando i salari diminuiscono o c'è inflazione, il lavoro femminile viene di nuovo apprezzato.
ORIENTAMENTO SESSUALE: Con orientamento sessuale ci si riferisce all'abituale attrazione
sessuale e all'attività sessuale di una persona con un individuo del sesso opposto (eterosessualità),
dello stesso sesso (omosessualità) o di entrambi i sessi (bisessualità). Anche l'asessualità,
l'indifferenza o la mancanza di attrazione verso uno o l'altro dei sessi, è un orientamento sessuale.
Nella società contemporanea americana e nel mondo intero si trovano tutte queste forme. Ma ogni
tipo di desiderio e di esperienza ha significati diversi per gli individui e per i gruppi. Per esempio
una disposizione asessuale può essere accettata in alcuni posti ma può essere percepita come un
difetto in altri.
Alcuni ritengono che l'orientamento sessuale sia determinato da una base biologica ma finora non ci
sono abbastanza prove al riguardo. Quello che possiamo dire è che, almeno in parte, tutte le attività
e le preferenze umane, inclusa l'espressione erotica, sono apprese, malleabili e culturalmente
condizionate. Ma qualunque siano le ragioni di una variazione individuale, la cultura svolge sempre
un ruolo nel plasmare i bisogni sessuali individuali a favore di una norma collettiva, e tali norme

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variano da cultura a cultura.


Cosa sappiamo sulle variazioni delle norme sessuali da società a società e nel tempo? Un classico
studio transculturale (Ford e Beach 1951) ha trovarto importanti variazioni nelle attitudini verso la
masturbazione, la zooerastia (rapporti sessuali con animali) e l'omosessualità. Anche all'interno di
una stessa società, per esempio quella degli Stati Uniti, le attitudini verso il sesso differiscono nel
tempo e per condizione socioeconomica, regione e ambiente rurale verus ambiente urbano. Tuttavia,
persino negli anni Cinquanta, prima “dell'era del permissivismo sessuale” (il periodo pre HIV dalla
metà degli anni Sessanta fino a tutti gli anni Settanta), la ricerca ha mostrato che quasi tutti i maschi
statunitensi (92%) e più della metà delle donne statunitensi (54%) ammetteva di masturbarsi. Nel
famoso rapporto di Kinsey (1948) il 37% degli uomini intervistati ammetteva di aver avuto almeno
un'esperienza sessuale con orgasmo con un altro uomo. La flessibilità nell'espressione sessuale
sembra essere un aspetto della nostra eredità di primati. Sia la masturbazione sia l'attività sessuale
con persone dello stesso sesso esite tra gli scimpanzé e gli altri primati: i maschi bonobo (scimpanzé
nano) attivano regolarmente una forma di mutua masturbazione. Le femmine traggono piacere
sessuale dallo strofinare i loro genitali contro quelli di altre femmine (de Wall 1997). Il nostro
potenziale sessuale di primati è plasmato dalla cultura, dall'ambiente, dalla necessità riproduttiva.

CAPITOLO 11 – FAMIGLIE, PARENTELA E DISCENDENZA

FAMIGLIE: Le tipologie di società studiate tradizionalmente dagli antropologi hanno stimolato un


notevole interesse per le famiglie, insieme a sistemi più ampi di parentela, discendenza e
matrimonio. Analizzare i sistemi di parentela è diventato una parte essenziale dell'antropologia in
virtù dell'importanza che tali sistemi rivestono per i popoli studiati.
Per comprendere a fondo una determinata struttura sociale, gli etnografi devono esaminare da
vicino i legami di parentela e consanguineità: i gruppi locali più significativi possono per esempio
essere costituiti dai discendenti dello stesso nonno; costoro possono vivere in abitazioni vicine, in
fattorie nei pressi delle coltivazioni e aiutarsi reciprocamente nelle attività quotidiane. Altri tipi di
gruppi, basati su rapporti di parentela più distanti o semplicemente diversi, potrebbero invece
riunirsi con minore frequenza.
La famiglia nucleare rappresenta un tipo di gruppo di parentela ampiamente diffuso nelle società
umane ed è costituita da genitori e figli che generalmente vivono insieme all'interno dello stesso
nucleo familiare. Altri gruppi parentali includono quelle che vengono definite famiglie estese o
“allargate” e gruppi di discendenza, vale a dire clan e lignaggi. FAMIGLIA NUCLEARE E
FAMIGLIA ESTESA: Gli antropologi distinguono tra la famiglia di origine, in cui si nasce e si
viene allevati, e la famiglia di procreazione, ossia quella che si viene a creare quando un individuo
si sposa e ha dei figli. Dal punto di vista individuale, i rapporti più importanti risultano quelli con
genitori, fratelli e sorelle della famiglia di origine e con il congiunto e i propri figli in quella di
procreazione. L'organizzazione improntata alla famiglia nucleare è molto diffusa ma non universale,
e il suo significato in ambito sociale varia enormemente da un luogo all'altro del pianeta.
La famiglia nucleare non sempre costituisce la base di residenza o di organizzazione dell'autorità:
altre unità sociali, in particolare gruppi di discendenza e famiglie estese, possono assumere molte
delle funzioni diversamente associate alla famiglia nucleare. DISCENDENZA: Il gruppo
corrispondente tra le popolazioni non industriali che si dedicano alla produzione alimentare è il
gruppo di discendenza, ossia un'unità sociale permanente di cui i membri sostengono di possedere
una linea di discendenza comune. I membri di un gruppo di discendenza reputano di condividere
alcuni antenati o capostipiti comuni, ai quali fanno risalire le proprie origini.
Con la regola della discendenza matrilineare gli individui si uniscono al gruppo della madre in
modo automatico alla nascita e continuano ad appartenervi per tutta la vita. I gruppi di discendenza
matrilineari includono pertanto solo i figli delle donne del gruppo. Con la discendenza
patrilineare, invece, gli individui acquisiscono automaticamente l'appartenenza al gruppo del
padre. I figli di tutti gli uomini del gruppo possono farvi parte, mentre i figli dei membri femminili
ne sono esclusi. GRADI DI PARENTELA: I sistemi di parentela hanno per molto tempo rivestito

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negli studi antropologici. Uno dei temi su cui gli studiosi si sono concentrati è la natura della
parentela e i suoi legami con la consanguineità. Legata alla biologia per alcuni, la parentela è invece
nettamente divisa in biologica e sociale per altri. Malinowskii definì “algebra della parentela”
questo tipo di approccio, concentrando la sua attenzione sul concetto di procreazione.
L'antropologia culturale americana, influenzata dall'analisi linguistica, ha invece concentrato la sua
attenzione sui sistemi terminologici, che si fonderebbero su delle costanti culturali.
In aggiunta allo studio dei gruppi parentali, gli antropologi si interessano al computo dei gradi di
parentela, ossia il sistema mediante il quale gli individui all'interno di una società possono
determinare il grado delle proprie relazioni di parentela. Alcuni individui legati dal punto di vista
genealogico possono essere considerati “parenti” o imparentati, mentre per altri non è così.
In italiano, il termine padre viene utilizzato per indicare principalmente una tipologia di parentela,
ossia quella del padre genealogico o biologico. Tuttavia padre può anche essere impiegato per
indicare un padre adottivo o patrigno, e persino un sacerdote. Il termine cugino raggruppa svariate
tipologie relative alla parentela. TERMINOLOGIA DI PARENTELA: I quattro modi principali
per classificare la parentela relativamente alla generazione dei genitori: classificazione lineare,
biforcata mista, generazionale e biforcata collaterale. TERMINOLOGIA LINEARE: Il sistema di
classificazione di parentela europe e anglo-americano viene definito sistema lineare. La
terminologia di parentela lineare si ritrova in società come quella europea. TERMINOLOGIA
DI PARENTELA BIFORCATA MISTA: Come indica l'espressione stessa, la terminologia di
parentela biforcata mista, biforca, cioè divide, il ramo materno e quello paterno , pur mescolando
e unendo i fratelli e le sorelle dello stesso sesso di ciascun genitore. TERMINOLOGIA
GENERAZIONALE: Con la terminologia generazionale esistono solo due termini associati alla
generazione dei genitori: è possibile tradurli come “padre” e “madre”, ma una versione più accurata
sarebbe “membro maschile”” e “membro femminile” della generazione dei genitori. La
terminologia di parentela generazionale non distingue tra il ramo materno e quello paterno, quindi
non vi è biforcazione bensì unione e commistione. TERMINOLOGIA DI PARENTELA
BIFORCATA COLLATERALE: Dei quattro sistemi di classificazione dei termini di parentela, la
terminologia di parentela biforcata collaterale risulta la più specifica, poiché possiede termini
diversi per ognuna delle sei tipologie di parentela della generazione a cui appartengono i genitori.
La terminologia biforcata collaterale può inoltre essere impiegata quando i genitori di un figlio
appartengono a due background etnici diversi e il figlio utilizza quindi termini derivati da lingue
differenti per designare zie e zii.

CAPITOLO 12 – IL MATRIMONIO

La definizione “Il matrimonio è un'unione fra uomo e una donna tale che i figli di quest'ultima sono
considerati prole leggittima di entrambi i coniugi” non è universalmente valida. In molte società,
infatti, i matrimoni uniscono più di due coniugi, come nel caso in cui un uomo sposa due o più
donne (matrimoni plurimi) oppure nel caso in cui una donna sposa un gruppo di fratelli (poliandria
adelfica) tipica di alcune culture himalayane. Le varie forme di unione (di fatto, matrimoni civili,
unioni religiose) consentono a ciascuno di avere diversi coniugi senza neppur dover ricorrere al
divorzio. Alcune società riconoscono il matrimonio tra individui dello stesso sesso: in Sudan una
donna nuer può sposare una donna soltanto nel caso in cui suo padre ha solo figlie femmine e
nessun erede maschio. La “moglie” ha rapporti sessuali con uno o più uomini, che il marito
femminile deve approvare, fino a quando non rimane incinta; i figli nati dalla moglie sono
riconosciuti come la progenie di entrambi anche se il marito femminile non è il padre biologico;
nella società Nuer la paternità sociale conta più della paternità biologica. INCESTO ED
ESOGAMIA: l'esogamia, cioè la pratica di prendere in marito o moglie un membro esterno al
proprio gruppo, ha valore adattivo, in quanto lega gli individui in una più ampia rete sociali; con
incesto, invece, si intendono i rapporti sessuali con parenti stretti. In molte società, in particolare in
quelle che hanno solo due gruppi di discendenza detta metà o moiety, il termine di parentela cugino
viene distinto: i figli di due fratelli o di due sorelle sono cugini paralleli, mentre i figli di un fratello

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e di una sorella sono cugini incrociati. Alcune società hanno metà patrilineari, altre metà
matrilineari: poiché i cugini paralelli appartengono alla stessa generazione e allo stesso gruppo di
discendenza sono considerati fratelli o sorelle di ego e una loro eventuale unione sessuale
rientrerebbe nel tabù dell'incesto a differenza dei cugini incrociati. Presso gli Yanomamo del Brasile
e del Venezuela, così come in molte società con discendenza unilineare, i rapporti sessuali fra cugini
incrociati sono consentiti; quando la discendenza è ben radicata, come nei Lakher dell'Asia sud-
orientale, il genitore che non appartiene al proprio gruppo di discendenza non viene considerato un
parente. Presso gli Yanomamo l'incesto era ampiamente praticato; nell'antico Egitto il matrimonio
tra fratelli era consentito non solo all'interno della famiglia del sovrano ma anche presso la gente
comune. Secondo alcuni studi, il rischio di incesto padre-figlia si verificherebbe con maggiore
frequenza nel caso dei patrigni e membri di famiglie con maschio non biologico, ma anche con
padri biologici, in particolare quelli che durante l'infanzia delle figlie erano assenti.

Alcune spiegazioni che sono state date al tabù dell'incesto: 1. Il tabu dell'incesto è universale poiché
si prova un orrore istintivo nei confronti di esso; 2. Il tabù dell'incesto emerse quando l'uomo
primitivo notò che da unioni incestuose nasceva prole anormale; 3. Sigmund Freud sosteneva che i
figli provano desideri sessuali nei confronti dei propri genitori, desideri che crescendo reprimono o
risolvono. Il tabù quindi sarebbe nato per direzionare i desideri sessuali al di fuori delle strutture e
dei rapporti familiari esistenti, per evitare la distruzione della famiglia. I Kibbutzim israeliani,
individui non imparentati ma cresciuti nello stesso kibbutz, evitano di sposarsi tra di loro perché il
loro passato all'interno dello stesso insediamento e i ruoli fino ad allora svolti rendono poco
accattivanti i rapporti sessuali e il matrimonio.

4. Il tabù è nato per promuovere l'esogamia: fornisce un vantaggio adattivo, aumentando le reti di
amici e di alleati in grado di fornire sostentamento, aiuto e protezione in caso di bisogno.

ENDOGAMIA CASTALE: prevede l'accoppiamento o il matrimonio all'interno del proprio


gruppo di appartenenza. Il termine omogamia indica l'atto di sposare un consimile, come avviene
nel caso dei matrimoni fra membri della stessa classe sociale contribuendo a concentrare le
ricchezze e a rinforzare il sistema della stratificazione sociale. Un esempio esterno di endogamia è
rappresentato dal sistema indiano fondato sulle caste, il cui termine deriva dal porteghese col
significato di “pura”, per indicare le condizioni di purezza necessarie per l'appartenenza a questi
sottogruppi sociali. Le caste sono gruppi stratificati, l'appartenenza ai quali viene attribuita alla
nascita e rimane tale per tutta la vita. Le caste indiane sono raggruppate in cinque categorie o
varna; ciascun varna comprende delle sottocaste (jati), le quali a loro volta comprendono individui
di una regione che possono sposarsi tra di loro. Le varie caste si contraddistinguono per la
specializzazione lavorativa: nel varna degli intoccabili confluiscono delle sottocaste considerate
impure e i cui individui sono considerati contaminati (si tratta di coloro che maneggiano la carne
animale, pellame, sangue e lo sporco). Le unioni sessuali fra individui di caste diverse sono
considerate fonte di impurità: un uomo che ha rapporti sessuali con una donna di casta inferiore può
ripristinare la propria purezza con un'abluzione e una preghiera; la donna invece non ha tale
possibilità, la sua purezza non può essere ripristinata e ciò è un modo per incoraggiare l'ascendenza
pura per i figli. ENDOGAMIA REGALE: per comprendere il matrimonio regale tra fratelli e
sorelle bisogna distinguere tra funzioni manifeste e funzioni latenti di usanze e comportamenti: la
funzione manifesta di un'usanza indica le ragioni che gli individui di tali società le attribuiscono; la
seconda è un effetto che l'usanza ha sulla società ma di cui i membri sono ignari. Gli hawaiani e
altri abitanti della Polinesia credevano nel mana, un potere impersonale esistente negli oggetti o
nelle persone, tanto da renderle sacre, e che dipendeva dalla geneologia; il re aveva il mana
maggiore, così come sua sorella dato che avevano genitori comuni. Quando il re e sua sorella si
sposavano i loro figli avevano il massimo mana del paese; se il re avesse preso in moglie una donna
con meno mana di sua sorella, i figli della sorella potevano creare problemi per il diritto a
governare. Il matrimonio tra fratelli e sorelle limitava, perciò, i conflitti di successione, riducendo il

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numero di persone in grado di reclamare il diritto a governare. Lo stesso accadeva in Egitto e in


Perù. Il matrimonio sancisce i genitori legali dei figli e conferisce al coniuge dei diritti sulla
sessualità, sul lavoro e sulla proprietà dell'altro; inoltre stabilisce una “relazione di affinità” fra i
coniugi e i rispettivi parenti. Alcuni di questi diritti possono essere conferiti anche da unioni fra
omosessuali come, per esempio, le nozze simulate che conferiscono il diritto sulla sessualità
dell'altro. Negli USA dal 2010 il matrimonio omosessuale è consentito in 5 stati – Massachusetts,
Connecticut, lowa, Vermont e New Hampshire. In Europa è stata l'Olanda il primo paese ad aprire il
matrimonio gay dal 2001; a seguire il Belgio e la Spagna; in Inghilterra, Francia, Germania, paesi
scandinavi e Portogallo sono previste solo le unioni di fatto. In società con gruppi di discendenza gli
individui stipulano i matrimoni non da soli ma con l'aiuto del gruppo di discendenza: questi ultimi
infatti devono contribuire alla ricchezza della sposa (bridewealth), un dono che il marito e i suoi
parenti rendono alla sposa. La ricchezza della sposa prende il nome di prezzo della sposa; esso
rappresenta un risarcimento al gruppo della sposa per la perdita della sua compagnia e del suo
lavoro e rende i figli della donna membri del gruppo di discendenza del marito (prezzo della
progenie).

La dote è uno scambio matrimoniale in cui il gruppo della moglie elargisce cospicui doni alla
famiglia del marito. Questa pratica è molto diffusa in India e si collega al basso status delle donne
percepite come degli oneri di cui il marito si prende la responsabilità. Se la dote è considerata
insufficiente, la sposa può essere maltrattata, ingiuriata e addirittura messa a morte. Il sati era la
rarissima pratica secondo la quale le vedove erano bruciate vive, volontariamente o meno, sulla pira
funeraria del marito; il sati è stato vietato nel 1829. La ricchezza della sposa è molto più diffusa
rispetto alla dote ma la natura e la quantità dei beni ceduti variano da una società all'altra: il
bestiame era la base principale dei doni; quanto maggiore è il valore della ricchezza della sposa,
tanto più il matrimonio acquista stabilità, diminuendo la probabilità di divorzio. Nel caso in cui i
coniugi non riescono a far funzionare il proprio matrimonio, entrambi i gruppi di discendenza
possono optare di sostituire la sposa con la sorella più giovane di quest'ultima o con una nipote; la
sostituzione della sposa con una sua parente può verificarsi anche nel caso in cui questa non può
avere figli. La maggior parte delle società non industrializzate che producono cibo consente i
matrimoni plurimi, o poligamia, che si divide in due tipologie: poliginia, la più diffusa, in cui un
uomo ha più di una moglie e la poliandria, in cui la donna ha più di un marito. Sororato: pratica
secondo cui se muore la sposa, il gruppo del marito può chiedere a quello della moglie una sostituta,
spesso la sorella, consentendo all'alleanza di continuare. Levirato: se il marito muore, la vedova
può sposare il fratello del defunto; come il sororato, è una continuazione del matrimonio che
mantiene l'alleanza tra i gruppi di discendenza. I divorzi tendono ad essere pià comuni nelle società
a discendenza matrilineare. Divorziare è più difficile in una società patrilineare, in particolare
quando il fallimento del matrimonio implica il pagamento di un ulteriore compenso matrimoniale.
Una donna con residenza patrilocale, cioè nella casa e nella comunità del marito, potrebbe non
essere disposta a lasciarlo in quanto i figli di genitori divorziati dovrebbero rimanere con il padre (a
differenza degli Hopi, presso i quali i figli rimangono con la madre). La frequenza dei divorzi varia
anche in funzione di fattori politici, economici, sociali, culturali e religiosi. Dato che i cacciatori-
raccoglitori non hanno gruppi di discendenza, le funzioni di alleanza politica del matrimonio sono
meno importanti rispetto ai popoli che producono il cibo. I cacciatori-raccoglitori hanno
possedimenti materiali molto limitati, con scarse risorse, e la procedura di scioglimento di un fondo
in caso di divorzio è meno complicata; inoltre, qualora il matrimonio non dovesse funzionare, non
vi sono molte alternative coniugali grazie al fatto che la popolazione vive sparsa. Tra i popoli che
producono il cibo, invece, c'è sempre la possibilità di attingere al patrimonio del gruppo di
discendenza. Nel Giappone prima della Seconda Guerra Mondiale era diffuso il matrimonio
combinato (o-miai-kon) il quale prevedeva che fosse un intermediario a presenrare la donna alla
famiglia dello sposo, assumendosi la responsabilità della riuscita dell'unione. Secondo una ricerca
condotta negli USA è stato constatato che i divorzi tendono ad aumentare dopo le guerre e a
diminuire nei periodi sfavorevoli dal punto di vista economico; l'Italia ha conosciuto di recento un

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netto incremento del numero di divorzi, soprattutto dopo vent'anni di matrimonio; i figli sono
perlopiù affidati alle madri. Poliginia: è una pratica che consente ad un uomo di avere più mogli,
favorita dall'usanza secondo la quale gli uomini si sposano più tardi rispetto alle donne; presso i
Kanuri gli uomini si sposano tra i 18 e i 30 anni, le donne tra i 12 e i 14 anni; di conseguenza
c'erano più vedove che vedovi. Alcuni uomini sono poligenici in quanto ereditano una moglie da un
fratello (levirato); altri hanno diverse mogli perché cercano maggior prestigio o vogliono aumentare
la produttività della famiglia; altri ancora utilizzano il matrimonio come strumento politico o come
mezzo per migliorare la loro situazione economica. Poliandria: consente ad una donna di avere più
mariti; è più rara rispetto alla poliginia e viene praticata da popolazioni del Nepal, Tibet, India e Sri
Lanka. Questa pratica sembra essere un adattamento culturale derivante dal fatto che molti uomini
compiono spostamenti per motivi di lavoro, di commercio e militari. Anche la poliandria adelfica
risulta una strategia efficiente, poiché i fratelli mettono insieme le loro risorse, in termini di terre, in
famiglie allargate.

CAPITOLO 13 – LA RELIGIONE

La parola religione deriva dal latino religare, “legare, tenere unito”: la religione, un universale
culturale, consiste in una credenza e in un comportamento rivolti agli esseri, alle forze e ai poteri
soprannaturali. Secondo Taylor, la religione è nata quando gli individui hanno cercato di
comprendere condizioni ed eventi che non erano in grado di spiegarsi utilizzando le esperienze
quotidiane. Taylor sosteneva che l'animismo, credere negli spiriti e nelle anime, fosse la forma di
religione di base e la più primitiva. Egli riteneva, inoltre, che la religione sarebbe alla fine sparita
quando la scienza avrebbe fornito spiegazioni migliori a fenomeni che non si riuscivano a
comprendere. A fianco dell'animismo c'è anche un modo diverso di considerare il soprannaturale
nelle società non industriali; esso è visto come un potere o una forza cruda e impersonale che in
Polinesia e Melanesia è denominata mana. Il mana può risiedere nelle persone, negli animali, nelle
piante e negli oggetti. Il totemismo è stato importante nelle religioni dei nativi australiani; i totem
possono essere animali, piante o punti geografici o ambientali particolari. In ogni tribù gruppi di
persone hanno totem particolari e i membri di ogni gruppo totemico ritengono di essere discendenti
del loro totem. Nei riti totemici le persone raccolgono insieme i doni per il loro totem per mantenere
l'unità sociale che il totem rappresenta. Con magia si intendono le tecniche soprannaturali che si
propongono di raggiungere scopi specifici; queste tecniche includono sortilegi, le formule e gli
incantesimi usati con le divinità o con le forze impersonali. I maghi utilizzano la magia imitativa
per produrre l'effetto desiderato imitandolo: se infatti desiderano nuocere a qualcuno o ucciderlo,
possono imitare quell'effetto su un'immagine della vittima (piantare spilli nella bambole vudù). Per
magia contagiosa invece si intende che qualsiasi cosa venga fatta a un oggetto, essa ha effetto sulla
persona che un tempo possedeva tale oggetto (unghie, capelli). La magia infatti veniva usata quando
non si aveva il controllo sui risultati. La religione e la magia entrano anche nel campo dei
sentimenti umani: la fede e le pratiche soprannaturali possono aiutare a ridurre l'ansia, le tecniche
magiche possono dissolvere i dubbi che nascono in situazioni che non si possono controllare e la
religione sostiene gli uomini nell'affrontare la morte e le situazioni di crisi. In molti contesti
religiosi sono presenti racconti in parte reali e in parte fantastici riguardanti l'origine, la cosmologia
e in generale l'ordine del reale e dell'esistente: i miti. Spesso i miti sono connessi ai riti, poiché
questi ultimi fanno riferimento a racconti del passato e hanno lo scopo di rappresentare i fondamenti
della vita reale. Riti e rituali sono atti antichi, formali, invariati e stilizzati che vengono eseguiti
secondo regole codificate. Se da un lato la religione offre conforto e sicurezza psicologica in
momenti di crisi, i riti possono creare ansietà e un senso di insicurezza e di pericolo (esempio:
circoncisione collettiva degli adolescenti – rito di passaggio). Un rito di passaggio è un rituale che
segna il cambiamento di un individuo da uno status socio-culturale ad un altro, cambiamenti che
riguardano il ciclo della vita individuale; tra gli indiani delle pianure, nel passaggio dall'adolescenza
all'età adulta, il giovane viene temporaneamente separato dalla sua comunità e solo dopo un periodo
di isolamento in luoghi appartati, in condizioni di digiuno e di consumo di droga potrà ritornare

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nella sua comunità come adulto. I riti di passaggio hanno tre fasi: separazione, marginalità o
liminalità, riaggregazione; nella prima fase l'individuo viene separato dal contesto in cui si trova
(es. l'individuo viene mascherato e portato nella foresta), nella seconda attraversa un passaggio
simbolico che rappresenta il culmine della cerimonia (es. affronta una prova), nella terza viene
reintegrato alla sua esistenza con un nuovo status sociale. Nel corso della storia i leader politici
hanno utilizzato la religione per promuovere e giustificare i loro scopi e le loro politiche; la
religione infatti stabilisce e mantiene un controllo sociale attraverso una serie di credenze etiche e
morali, e di premi e punizioni reali e immaginari, interiorizzati dagli individui. La religione, inoltre,
raggiunge il controllo sociale mobilitando i suoi membri in azioni collettive. Ne è un esempio il
movimento talebano che ha imposto un controllo sociale in nome della religione: essi istituirono
varie misure repressive tra cui l'esclusione delle donne dal lavoro e delle ragazze dalla scuola, il
divieto imposto alle femmine di parlare con uomini che non fossero parenti, gli uomini dovevano
farsi crescere una folta barba e a loro era proibito giocare a carte, ascoltare musica, allevare piccioni
e far volare aquiloni. Per rafforzare i loro decreti, i talebani mandavno le forze armate in giro per il
paese. Il cristianesimo è la religione più diffusa al mondo, l'islam è la seconda seguita
dall'induismo, dalla religione tradizionale cinese e dal buddismo. Le religioni possono essere poi
classificate in base alle somiglianze religiose interne: i gruppi maggiormente coesi ed unificati
risultano Bahaismo, Zoroastrismo, Islam; al contrario, le religioni con maggior diversità interna
sono l'Induismo, il Buddismo e il Cristianesimo. La religione aiuta a mantenere l'ordine sociale ma
può anche promuovere il cambiamento: i movimenti di rivitalizzazione (o nativistici) mescolano
credenze nuove e vecchie e hanno aiutato le persone ad adattarsi alle condizioni di cambiamento. Il
cristianesimo è nato come movimento di rivitalizzazione. I sincretismi sono delle mescolanze
culturali costituite dall'incontro di forme religiose differenti; un esempio è dato dai culti del cargo
che uniscono la dottrina cristiana con le credenze aborigene prendendo il loro nome dalla
focalizzazione sui cargo, le merci europee che i nativi vedevano scaricare dai cargo di navi e aerei.
Antimodernismo: descrive il rifiuto del moderno in favore di uno stile di vita più antico, più puro e
migliore. Gli antimodernisti considerano l'utilizzo odierno della tecnologia fuorviato, o pensano che
la tecnologia dovrebbe avere una priorità più bassa della religione e dei valori culturali.
Fondamentalismo: i fondamentalisti sono antimodernisti che reclamano un'identità separata dai
gruppi religiosi più ampi da cui sono derivati. Essi sono convinti che i principi su cui si basa la
religione più ampia sono stati corrotti, trascurati, compromessi, dimenticati o sostituiti da altri
principi. I fondamentalisti cercano anche di salvare la religione dall'assimilazione nella moderna
cultura occidentale che ritengono abbia già corrotto la versione originaria della loro religione e delle
altre.

CAPITOLO 14 – ARTE, MEDIA E SPORT

Nel termine generico di arti rientrano la musica, le arti teatrali, le arti visive, l'arte dei cantastorie e
la letteratura, manifestazioni della creatività umana che prendono il nome di cultura espressiva. I
popoli si esprimono attraverso la danza, la musica, il canto, la pittura, la scultura, l'arte ceramica, i
versi, la prosa, ecc. Il popolo Bamana del Mali utilizza un termine simile ad arte per indicare
qualcosa che attira l'attenzione e che guida i pensieri; per gli Yoruba della Nigeria la parola che sta
per arte, ona, indica i disegni fatti sugli oggetti. L'arte è definita come “qualità, produzione,
espressione di ciò che è bello o portatore di un significato che va oltre l'ordinario; classe di oggetti
che rispondono a dei criteri estetici” dove per estetica s'intende lo stato d'animo, le emozioni
collegate alla sensazione di bellezza. Mentre la cultura occidentale tende a considerare l'arte
qualcosa di estraneo alla vita di tutti i giorni e alla cultura ordinaria, nelle società non occidentali la
produzione e l'apprezzamento dell'arte è parte della vita di tutti i giorni. Un'opera d'arte è qualcosa
che stimola la contemplazione, spingendo all'attenzione e alla riflessione. Molta arte è stata prodotta
contestualmente alla religione; numerosi capolavori sono stati ispirati dalla religione o sono stati
realizzati a scopi religiosi. I luoghi dei riti e delle cerimonie possono essere temporanei o
permanenti. Le società statali hanno strutture religiose permanenti (chiese, templi); le società non

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statali non hanno luoghi demarcati in modo permanente. I luoghi specifici in cui troviamo arte sono
i musei, le sale da concerto, i teatri; nelle società tribali vi sono invece delle aree particolari in cui
ha luogo l'espressione artistica. Tuttavia i confini tra ciò che è arte e ciò che non lo è non sono
chiaramente definiti; differenze nell'apprezzamento dell'arte sono particolarmente comuni nella
società contemporana, che vanta artisti professionisti e critici ma anche una grande diversità
culturale. Gli studiosi di arte non occidentale sono stati criticati per il fatto di ignorare l'individualità
degli artisti e di concentrarsi troppo sul concetto sociale dell'arte e sulla produzione artistica
collettiva. Secondo Hackett, però, di solito ad apprezzare, criticare e utilizzare le opere d'arte
africane sono proprio comunità o gruppi e non singoli individui. Presso i Tiv della Nigeria c'erano
pochi artisti specializzati perciò questi ultimi preferivano lavorare in società piuttosto che
individualmente; uno dei vantaggi era che quando un artista metteva da parte il suo lavoro, un altro
lo prendeva e ci lavorava su. Ciò sta a significare che le opere d'arte, presso i Tiv, erano considerate
entità autonome, indipendenti da coloro che le hanno create. Un ruolo importante è ricoperto dai
critici: sulla base dei loro suggerimenti, infatti, spesso l'artista modificava un'opera d'arte.

Per l'artista, l'arte è un lavoro. Nelle società statali alcuni riescono a sostenersi dedicandosi a tempo
pieno all'arte, nelle società non statali, invece, gli artisti di solito si dedicano all'arte part-time
poiché devono provvedere anche al proprio sostentamento e quindi cacciare, raccogliere cibo, far
pascolare le greggi, pescare, ecc. Le società tendono ad avere degli standard tramite i quali
giudicano se un'opera d'arte è pienamente compiuta o meno; questi standard possono essere
mantenuti in via informale all'interno della società o essere formalizzati da specialisti come i critici
d'arte. L'etnomusicologia è lo studio comparativo delle musiche del mondo e della musica come
aspetto della cultura e della società; l'aspetto musicale studia la musica stessa e gli strumenti
utilizzati per crearla; l'aspetto antropologico considera la musica come un modo per esplorare una
cultura e l'influenza che essa ha sulla società. La musica che attinge ad un'ampia gamma di
strumenti e stili culturali prende il nome di world fusion, world beat o world music. Il più antico
strumento musicale è il “piffero di Divje babe” rirovato in una grotta della Slovenia, risalente a
43.000 anni fa. Molti studiosi ritengono anche che la musica abbia avuto una funzione adattiva nel
corso dell'evoluzione umana perché le madri, cantando, avrebbero fatto meno fatica a calmare i
figli, i quali avrebbero avuto una maggiore possibilità di sopravvivenza. I termini arte, folk, musica
e folklore, fanno riferimento alla cultura espressiva della gente comune, di solito rurale, che
ricorrono a spettacoli per mettere in scena la loro cultura e le loro tradizioni, in contrapposizione
all'arte aulica o classica dell'élite europee. La transizione sociale da ragazza a vergine, cioè donna
che può essere sposata, era segnalata dalla partecipazione attiva ai canti e alle danze pubbliche; le
adolescenti erano spinte dalle donne e dalle vergini che cantavano a prendevi parte. Le donne
smettevano di cantare in pubblico dopo essersi sposate, per farlo soltanto a casa loro o fra altre
donne; dopo i 50 anni le donne sposate smettevano di cantare anche in privato. Il prelo (“riunione
per la filatura) offriva un contesto per divertirsi, rilassarsi, cantare e ballare; il successo si misurava
in base al numero di persone che vi prendevano parte e al numero di canti e balli che si facevano. Il
canto in pubblico era praticato anche in molti altri contesti, come facevano i musulmani della
Bosnia dopo una giornata passata a falciare il fieno. Nelle società l'arte funge anche da forma di
comunicazione fra l'artista e la comunità o il pubblico; talvolta, tra l'artista e il pubblico vi sono
degli intermediari quali attori, musicisti, coreografi. L'arte può trasmettere diversi tipi di messaggi:
può dare una lezione di morale o insegnare lezioni che per la società sono importanti. La tensione e
la risoluzione dell'opera drammatica possono indurre nel pubblico la catarsi, ossia un intenso
sollievo emotivo. L'arte può avere una funzione mnemonica. L'arte può essere pro sociale, può
essere utilizzata per esprimere o per contestare il modo di pensare e gli standard della comunità. Per
quanto ci siano dei principi universali dell'espressione artistica, le diverse culture li hanno messi in
pratica in diversi modi; si pensi ad un giapponese in un museo d'arte occidentale. I parigini, a
differenza dei londinesi e dei newyorkesi, non sono amanti dei musical; Les Misérables, nonostante
sia un musical francese, ha avuto successo a Londra e a New Yorl ed è stato un fiasco a Parigi. Le
arti, come altre professioni, spesso “scorrono” nelle famiglie: a Bali ci sono famiglie di scultori del

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legno, di musicisti, di danzatori. Spesso i miti, le leggende, le favole e l'arte dei cantastorie giocano
un ruolo molto importante nella trasmissione della cultura. E nel mantenimento della tradizione. Gli
individui possono scoprire di avere un talento particolare; i mecenati delle società statali offrono
vari tipi di supporto agli aspiranti artisti dotati di talento. Ma come si mantenevano gli artisti? Se il
sostegno proveniva dallo Stato o dalla religione, l'artista solitamente doveva dare qualcosa in
cambio: la “libera” espressione era limitata; inoltre il patronato e la sponsorizzazione potevano
comportare che alcune opere d'arte create erano sottratte alla pubblica fruizione. Sebbene la nostra
cultura prediliga il cambiamento, la sperimentazione, l'innovazione e la novità, la creatività può
anche basarsi sulla tradizione; non è per sempre necessario che gli artisti, nel creare le loro opere,
taglino con il passato: spesso gli recano omaggio, ricollegandosi alle opere dei loro predecessori.

Sebbene i primi giochi olimpici (1886) non includessero il calcio, la Federazione ginnastica
organizzò per prima gare di calcio in Italia. Il calcio assunse poi un percorso autonomo e fu
incentivato durante il fascismo poiché Mussolini ne comprese le funzioni di coesione sociale di
uniformazione di gente di provenienza diversa, nonché di diversivo per i giovani dall'attrattiva dei
partiti politici. La squadra del Napoli sorge in epoca fascista dalla fusione di due precedenti
squadre: Naples e Internazionale. Il problema della disoccupazione, la crisi economica e il profondo
ritardo di sviluppo che la distingue rispetto alle città del Nord si riflette nella tifoseria napoletana,
sfociando in invasioni di campo, incidenti gravi e guerriglie urbane. In questi anni il tifo napoletano
raggiunge un'estensione e una partecipazione che non ha eguali con record di presenze e incassi al
San Paolo. Diego Armando Maradona ha costituito un simbolo non solo nel calcio ma per la città
intera; con lui si rinforza l'idea che il fenomeno calcistico costituisca quasi l'esempio di nuova
religione in grado di suscitare fede, passione, di trasmettere valori. Il termine stesso ultrà sta ad
indicare una particolare categoria di tifosi che al di là del tifo fanno dell'appartenenza alla squadra
un impegno costante appassionato e un vero e proprio modo di vita. Quindi, in termini
antropologici, è la partecipazione a pieno titolo della città ad un circuito globale come quello del
calcio a ridefinire l'appartenenza a una località e a una città, e a trainare nuove forme
d'identificazione locale e di valorizzazione della cittadinanza.

CAPITOLO 15 – IL SISTEMA MONDIALE E IL COLONIALISMO

L'EMERGERE DEL SISTEMA MONDIALE: Da migliaia di anni i gruppi umani sono in


contatto l'uno con l'altro: le società locali hanno sempre preso parte a un sistema più ampio, che
attualmente ha assunto dimensioni globali e che chiamiamo sistema mondiale moderno, ossia un
mondo nel quale le nazioni sono economicamente e politicamente interdipendenti (fra i primi
sistemi che controllavano e unificavano territori vastissimi ricordiamo l'Impero Romano, l'Impero
Cinese e il commercio delle spezie). Il sistema mondiale e le relazioni fra i paesi che ne fanno parte
sono regolati dall'economia capitalistica mondiale. La teoria del sistema mondiale si deve allo
storico sociale francese Fernand Braudel il quale, nella sua opera in tre volumi Civiltà materiale,
economica e capitalismo, sostiene che le società sarebbero sottosistemi di sistemi più grandi e il
mondo sarebbe il più grande dei sistemi.
Quando gli europei cominciarono a solcare i mari sviluppando un'economia transoceanica orientata
verso il commercio, i popoli di tutto il mondo entrarono nella sfera di influenza europea. Nelle
epoche precedenti, in Europa come nel resto del mondo, le società rurali avevano prodotto
principalmente per soddisfare le loro necessità, coltivando il loro cibo e realizzando i loro capi di
vestiario e i loro utensili a partire dalle materie prime locali.
La canna da zucchero fu “domesticata” per la prima volta in Papua Nuova Guinea, e lo zucchero fu
lavorato per la prima volta in India. Dopo aver raggiunto l'Europa attraverso il Medio Oriente e il
Mediterraneo orientale, fu portato nel Nuovo Mondo da Cristoforo Colombo. Il crescente dominio
del commercio portò all'economia capitalistica mondiale, un unico sistema mondiale impegnato
nella produzione ai fini della commercializzazione o dello scambio, con lo scopo di massimizzare i
profitti piuttosto che rispondere ai bisogni interni. Il termine capitale indica le ricchezze o le risorse

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investite nel commercio, con l'intento di utilizzare i mezzi di produzione per ottenere un profitto.
Il fondamento della teoria del sistema mondiale è che un sistema sociale identificabile, basato sulla
differenza in termini di ricchezza e di potere, si estende oltre i confini dei singoli stati e delle
singole nazioni. L'INDUSTRIALIZZAZIONE: Con la rivoluzione industriale, ossia la
trasformazione storica (avvenuta in Europa dopo il 1750) di società “tradizionali” in società
“moderne” tramite l'industrializzazione dell'economia. Poiché l'industrializzazione necessitava di
capitale da investire, il sistema di scambio e commercio transoceanico allora in vigore era in grado
di fornire tale capitale grazie agli enormi profitti che generava. L'industrializzazione aumentò la
produzione sia dell'agricoltura sia della produzione industriale, nella misura in cui il capitale e
l'innovazione scientifica alimentarono l'invenzione.
LA STRATIFICAZIONE: Gli effetti socioeconomici dell'industrializzazione furono eterogenei. I
livelli di benessere aumentarono ma la prosperità non era quamente distribuita. All'inizio i
lavoratori delle industrie percepirono salari più elevati rispetto a quelli offerti dal sistema
domestico. Il numero degli individui affetti da disturbi sociali aumentò con la crescita dei villaggi
fabbrica e le città industriali, dove le condizioni di vita erano pressapoco quelle che Charles
Dickens ha descritto nel suo romanzo Tempi difficili. I rifiuti e il fumo inquinarono le città, le
abitazioni erano addossate l'una all'altra e poco igieniche, l'acqua non era sufficiente e
scarseggiavano gli impianti di trattamento delle acque luride, per cui gli indici di malattia e di
mortalità aumentarono. LA STRATIFICAZIONE INDUSTRIALE: I teorici del socialismo, Karl
Marx e Max Weber, concentrarono i loro studi sui sistemi di stratificazione associati
all'industrializzazione. L'industrializzazione spostò la produzione dalle fattorie e dalle case ai mulini
e alle industrie, dove era disponibile forza meccanica e dove era possibile raggruppare gli operai
necessari per far funzionare i macchinari pesanti. La borghesia era formata dai proprietari delle
industrie, delle miniere, delle grandi fattorie e di altri mezzi di produzione, mentre la classe
operaia, o proletariato, era composta da persone che dovevano vendere la loro manodopera per
sopravvivere.
Marx vide lo stato-nazione come uno strumento di oppressione e la religione come un metodo per
deviare e controllare le masse. La coscienza di classe (il riconoscimento di interessi collettivi e
l'identificazione personale con il proprio gruppo economico) costituiva una parte essenziale della
visione classista marxiana: egli considerò la borghesia e il proletariato come categorie
socioeconomiche con interessi radicalmente opposti. Agli occhi di Marx le classi erano potenti forze
collettive in grado di mobilitare le energie umane per influenzare il corso della storia.
IL COLONIALISMO: Durante il XIX secolo gli interessi commerciali europei diedero inizio a
una concentrata ricerca di mercati. Questo processo ha portato all'imperialismo europeo in Africa,
Asia e Oceania. Con imperialismo si intende la politica di estensione dei confini di un paese o di
un impero verso nazioni straniere e l'acquisizione o il mantenimento di colonie straniere.
L'imperialismo risale ai primi stati, tra cui anche l'Egitto nel vecchio mondo e gli Inca nel nuovo.
Alessandro Magno fondò un impero greco e Giulio Cesare e i suoi successori diffusero l'Impero
romano. Il colonialismo è la dominazione politica, sociale, economica e culturale di un territorio e
delle sue popolazioni da parte di un potere straniero per un lungo periodo di tempo. La prima fase
del colonialismo moderno iniziò con “l'era della scoperta” europea delle Americhe e di una via
marittima per il lontano est. Dopo il 1492, gli spagnoli, i conquistatori degli Aztechi e degli Inca,
esplorarono e colonizzarono in modo diffuso il nuovo mondo – i Caraibi, il Messico, le zone
meridionali di quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti, e il centro e il sud America.
IL COLONIALISMO BRITANNICO: La Gran Bretagna condivise l'esplorazione del nuovo
mondo con Spagna, Portogallo, Francia e Germania; in linea di massima lasciò il Messico e
l'America Centrale e Meridionale alle nazioni spagnole e portoghesi. La rivoluzione americana mise
fine alla prima fase del colonialismo britannico; IL COLONIALISMO FRANCESE: Anche il
colonialismo francese ebbe due fasi. La prima iniziò con le esplorazioni dei primi anni del 1600
Prima della rivoluzione francese del 1789. Le fondamneta del secondo impero francese vennero
costituite tra il 1830 e il 1870. La Francia acquisì l'Algeria e parte di quella che sarebbe diventata
l'Indocina, completamente francese dal 1893. A partire dal 1893 l'Indocina divenne completamente

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francese. La Tunisia e il Marocco divennero protettorati francesi rispettivamente nel 1883 e nel
1912. Sicuramente la Francia, come la gran Bretagna, aveva importanti interessi commerciali nelle
sue colonie, ma i possedimenti coloniali davano, al pari della Gran Bretagna, prestigio e gloria
internazionale. La Francia promulgò una missione civilizzatrice, l'equivalente della politica del
“fardello dell'uomo bianco” della Gran Bretagna.
Interi paesi, così come interi gruppi sociali e le divisioni interne, sono frutto di invenzioni coloniali.
Nell'Africa occidentale, per esempio, seguendo una logica geografica, molti paesi confinanti ne
potrebbero formare uno solo (Togo, Ghana, Costa d'Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Sierra Leone,
Liberia), invece sono divisi da contrasti linguistici, economici e politici nati sotto il colonialismo.
SVILUPPO: Abbiamo visto che la Gran Bretagna utilizzò la nozione del fardello dell'uomo bianco
per giustificare la sua espansione imperialista e che la Francia affermava di essere impegnata in una
missione civilizzatrice nelle sue colonie. Entrambe queste idee mostrano un intervento filosofico,
una giustificazione ideologica al tentativo dei non nativi di guidare le popolazioni nativi verso
specifiche direzioni , presente anche nei piani di sviluppo economico. La convinzione di base è che
industrializzazione, modernizzazione, occidentalizzazione e individualismo siano progressi
evolutivi auspicabili e che gli schemi dello sviluppo promossi tramite questi processi porteranno
benefici nel lungo periodo alle popolazioni locali.

CAPITOLO 16 – GLI ESITI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Il riscaldamento globale è causato, oltre dall'aumento della temperatura, dal ritiro dei ghiacciai e
dallo scioglimento del ghiacci polari. Le cause sono antropogeniche cioè imputabili agli uomini e
alle loro azioni, in particolare dall'utilizzo sempre maggiore di combustibili fossili. Uno di questi
gas serra è il biossido di carbonio (C02). L'effetto serra è un fenomeno naturale che mantiene
riscaldata la superficie della Terra. L'incremento dei gas serra ha avuto inizio dalla Rivoluzione
Industriale. Gli scienziati preferiscono usare l'espressione cambiamenti climatici piuttosto che
riscaldamento globale, espressione che comprende anche cambiamenti nel livello dei mari, nelle
precipitazioni, nelle tempeste, nelle ricadute sull'ecosistema. Le popolazioni costiere vivino in
anteprima gli effetti rovinosi di inondazioni, maree e tempeste; sono a rischio persone, animali, aree
verdi e coltivazioni, riserve d'acqua dolce e attività come il turismo e l'agricoltura. Molti fattori noti
come radiative forcings, ovvero “forzatura radiativa”, contribuiscono al riscaldamento e al
raffrddamento del nostro pianeta: i forcings positivi , tra i quali quelli generati dai gas serra, lo
riscaldano; i forcings negativi, come certi aerosoles prodotti da processi industriali o eruzioni
vulcaniche, tendono a raffreddarlo. Gli USA, la Cina e l'India, tre dei maggiori produttori mondiali
di gas serra, non hanno ancora aderito al Protocollo di Kyoto del 2007 il quale impone limiti
vincolanti alle emissioni di gas serra. Il fabbisogno energetico è l'unico vero grande ostacolo al
rallentamento del processo dei cambiamenti climatici; negli USA circa l'80% della quantità totale di
energia utilizzata proviene dai combustibili fossili. Un'alternativa a tali combustibili è rappresentata
dall'etanolo, del quale gli USA non sono tra i primi produttori al mondo: il governo non ne
promuove l'utilizzo e ha impostato restrizioni alle importazione da paesi produttori come il Brasile.
Altre alternative sono l'energia nucleare e le rinnovabili come l'energia solare, l'energia eolica e le
biomasse; se le centrali di produzione di energia elettrica fossero alimentate non a carbone ma a gas,
si ridurrebbe l'emissione di anidride carbonica. Negli USA queste energie alternative sono troppo
costose e l'energia nucleare solleva parecchie perplessità e preoccupazioni. Esistono diversi modi
delle popolazioni locali di percepire, distinguere, classificare il mondo della natura: si parla di
etnoscienza. Gli antropologi studiarono quale fosse la conoscenza dell'ambiente da parte delle
comunità locali tentando di scoprirne le leggi, i codici, le classificazioni; fu così che furono
compilati e organizzati molti elenchi di flora, fauna, costellazioni, minerali, ecc. A Giorgio
Raimondo Cardona dobbiamo l'unico manuale di etnoscienza esistente in Italia. L'approccio delle
etnoclassificazioni è stato tuttavia fortemente criticato poiché implica una discrepanza tra una
cultura scientifica universale e una varietà di culture popolari che sarebbero valide solo nel contesto
locale e sarebbero in-traducibili.

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Il termine acculturazione si riferisce ai cambiamenti dei modelli culturali di uno o di entrambi i


gruppi che si producono quando i gruppi sono in costante contatto diretto. Sebbene tale termine
possa essere applicato a qualsiasi contatto e cambiamento culturale, nella maggior parte dei casi è
stato utilizzato con riferimento all'occidentalizzazione, ossia all'influenza esercitata dall'espansione
occidentale sui popoli indigeni e sulle loro culture. Il contatto interetnico può comportare vari livelli
di distruzione, dominazione, resistenza, sopravvivenza, adattamento e modifica delle culture
indigene, con conseguente collasso culturale della tribù (etnocidio) o estinzione fisica (genocidio).
Le multinazionali hanno alimentato lo sviluppo economico e la devastazione ecologica; basti
pensare alla foresta pluviale amazzonica, diventata oggetto di attenzione da parte di ambientalisti
internazionali. Sia lo sviluppo sia la regolamentazione imposta dall'esterno rappresenta una
minaccia per gli indigeni, per loro culture o i loro ambienti. I gruppi di nativi potrebbero sentirsi
minacciati dai piani ambientali che cercano di salvare le loro terre natie, in quanto talvolta gli
esterni pretendono che essi abbandonino gran parte delle loro consuete attività economiche e
culturali senza fornire sostituti, alternative o incentivi. Si consideri il caso di un Tanosy del
Madagascar che per anni ha fatto affidamento sui campi di riso e sui pascoli all'interno della riserva
e che ora è cacciato da questa terra in nome della salvaguardia dell'ambiente. Né le agenzie per lo
sviluppo né le ONG (organizzazioni non governative) riusciranno nel loro intento se cercano di
imporre i loro obiettivi senza tener conto di pratiche, costumi, regole, leggi credenze e valori dei
popoli interessati. L'imperialismo culturale è la diffusione o l'avanzamento di una cultura a spese
di altre o la sua imposizione su altre culture, modificandole, rimpiazzandole o distruggendole in
virtù di una diversa influenza economica o politica. Alcuni temeno che la moderna tecnologia,
inclusi i mass media, stia distruggendo le culture tradizionali; altri, invece, ritengono che possa
essere un efficace strumento per consentire alle culture locali di esprimersi e di sopravvivere. In una
cittadini brasiliana, la copertura televisiva ha favorito la partecipazione a una rappresentazione
tradizionale chiamata Cheganca: si tratta di una danza di pescatori che mette in scena la scoperta
del Brasile da parte dei portoghesi. In molti villaggi lungo il Rio delle Amazzoni cerimonie popolari
che si tengono ogni anno vengono sempre più immortalate dalla televisione. La televisione
brasiliana ha anche aumentato la popolarità di feste come il Carnevale e il Natale. Il termine testo
viene qui utilizzato per descrivere qualcosa che può essere “letto” in modo creativo, interpretato, e
al quale può essere assegnato un significato da parte di chi ne fruisce. Gli individui possono opporsi
al potere egemonico di un testo, oppure possono coglierne gli aspetti antiegemonici. Quando le
forze dai centri mondiali entrano in nuove società, sono indigenizzate. Come la stampa, i mass
media elettronici possono contribuire a diffondere la cultura di una nazione entro i suoi confini. I
mass media, inoltre, contribuiscono a conservare le identità etniche e nazionali degli individui che
conducono una vita transnazionale. Il commercio, la tecnologia, i mass media hanno aumentato la
richiesta di mercie e immagini nel mondo intero, creando una cultura globale del consumo. Nel
mondo attuale quando gli individui si spostano portano con sé le loro tradizioni e gli antropologici
che di essi si occupano. Il termine postmodernità descrive il mondo di oggi in continuo mutamento
e le genti in movimento che hanno imparato a gestire diverse identità a seconda del luogo e del
contesto. Il termine postmoderno fa riferimento al processo di confusione e violazione di canoni,
categorie, distinzioni e confini stabiliti. La parola deriva da postmodernismo, uno stile e un
movimento architettonico che si sono affermati dopo il modernismo a partire degli anni Settanta del
Novecento. L'archietettura postmoderna rifiutava le regole, l'ordine geometrico e l'austerità del
modernismo. Il design postmoderno è più “confuso” e vivace e attinge ad una varietà di stili
provenienti da diversi luoghi e da diverse epoche, incluse le culture popolari, etniche e non
occidentali.

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