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DISPENSA : ANTROPOLOGIA.

CAPITOLO 1. I concetti di cultura, etnie, generi e generazione e l’antropologia


cognitiva.

1.1 il concetto di cultura : un equivoco durato secoli.


Il concetto di cultura al giorno d’oggi risulta un concetto abusato, si tende a voler
spiegare fenomeni politici, economici e sociali in termini di “dimensioni culturali”.
La cultura è un fenomeno sempre MUTEVOLE e MAI identica a se stessa, è
altamente sbagliato dare un significato definitivo e sistematico a questa parola.
A questo punto possiamo definire genericamente due modi per definire questo
termine:
1. PRIMA DELLA NASCITA DELL’ANTROPOLOGIA:
Il termine cultura deriva dal latino colere ossia “coltivare”, “curare”.
Questo termine non aveva una connotazione oggettiva bensì era visto in una maniera
individuale.
Il termine etimologico colere veniva spesso associato agli animi.
La cultura animi : indicava il percorso di un individuo, il suo perfezionamento
mediante la conoscenza delle facoltà intellettuali: scientifiche, artistiche, letterarie…
Queste doti definivano un essere umano “colto”.
Quest’accezione del termine è tutt’ora diffusa anche se si racchiude nella sua misura
soggettiva.
Ciò che rendeva un individuo colto erano le conoscenze ed erano queste a distinguere
un popolo acculturato rispetto ad un popolo primitivo.
La visione soggettiva e limitata di questo termine umanistico ha portato i primi
antropologi a interrogarsi su come considerare il termine cultura come FENOMENO
GLOBALE e TIPICAMENTE UMANO.

2. CON LA NASCITA DELL’ANTROPOLOGIA:

nel 1871 Edward Tylor intese cultura come:


Un complesso che racchiude:
- conoscenze ;

- credenze;

- arte;

- diritto;
- il costume;
o qualsiasi altra CAPACITA’ e ABITUDINE acquisita dall’uomo COME
MEMBRO DI UNA SOCIETA’.
Cultura in questo caso comprende tutti i modi di pensare ed agire che un uomo
possiede all’interno di una civiltà.
Cultura diviene cosi un fenomeno non più soggettivo ma oggettivo e sociale.

Nel 1911 Franz Boas intende il fenomeno culturale come globale e sociale :
- Globale: perché coinvolge tutti gli esseri umani in quanto parte di
una società;
- Sociale: poiché la cultura non è un patrimonio genetico, ma è
qualcosa che apprende attraverso il gruppo sociale in cui un
individuo nasce e si sviluppa.
Nel 1917 Alfred Louis Kroeber nel suo saggio
“ Superorganic” individua 164 definizioni differenti del concetto di cultura
evidenziando come essa nonostante sia un fenomeno naturale sia una condizione
senza la quale l’uomo diviene capace di vivere nell’ambiente in cui lo circonda.
Geerz invece evidenzia come la cultura sia un processo comunicativo con cui i
soggetti di una società agiscono attraverso simboli e significati.

Detto questo possiamo concludere affermando che sia difficile elaborare una
teoria definitiva di cultura poiché essa si adatta ai tempi storici che la
riguardano.

1.2 La natura della cultura e il comportamento umano.

Abbiam visto come il termine cultura ha due significati ben distinti:


 Significato legato all’individuo;
 Significato legato all’esistenza sociale.
Per gli antropologi la cultura è una caratteristica distintiva, ogni uomo la possiede,
poiché attraverso la cultura l’uomo può :
 SOPRAVVIVERE;
 ADATTARSI.
Questo avviene poiché l’essere umano nasce senza istinti, all’essere umano
mancano degli strumenti necessari che servono a svolgere le attività basilari :
procurarsi cibo, difendersi dai nemici, cercare riparo.. L’essere umano riesce ad
adattarsi all’ambiente solo grazie alle informazioni derivate dalla cultura.
i Modelli culturali ( prodotti della cultura che ne delineano il corretto
funzionamento : idee, comportamenti, simboli) si distinguono in 3 forme:
1. Modello cognitivo : processi di conoscenza che condizionano il modo di
percepire la realtà;
2. Modello valutativo : valutazione positiva o negativa su un determinato
processo da adottare;
3. Modello operativo : è l’organizzazione dell’azione che serve per
raggiungere i propri obiettivi.

1.3 La cultura come azione.

L’uomo attraverso i modelli culturali riesce ad adattarsi e a modificare l’ambiente,


rendendolo conforme alle proprie esigenze.
La cultura è vista come puro fondamento PRATICO e non teorico.
Infatti si parla di “carattere operativo della cultura “
Diciamo che tutte le azioni del modello operativo non sono identiche ovunque e per
tutti gli uomini.
La maggior parte delle azioni culturali vengono assorbite dall’uomo a livello
inconscio, infatti sono istintuali quasi, e l’uomo non si rende conto di quanto sia
culturalmente influenzato.

1.4 Selettività e dinamicità della cultura.

I modelli culturali appresi dall’individuo sono tramandati da generazione in


generazione e selezionati per 2 principii fondamentali:
1. utilità;
2.vantaggio.
Il processo di selezione ci permette di parlare di SELETTIVITA’ DELLA
CULTURA, la selettività è caratterizzata da:
 Le necessità che vigono all’interno di un gruppo per le quali c’è
bisogno assolutamente di adattarsi alle circostanze;
 Le necessità esterne, un esempio può essere il contatto con culture
differenti.
La cultura è un insieme di selezioni operate volta per volta in base alle necessità di un
determinato gruppo, per questo è un processo mutevole e storico. Questo stabilisce
quel concetto chiamato DINAMICITA’ DELLA CULTURA, essa determina
l’impossibilità di rimanere identica a sé stessa.
1.5 Cultura e creatività.
La cultura è un processo creativo, dal momento in cui un gruppo, una civiltà, si
esprime attraverso segni e significati.
CREATIVITA’ è un termine che deriva dal sanscrito “kar” = “ creare, produrre “, la
creatività è quel processo di generare attraverso l’attività intellettuale una risoluzione
a problematiche nuove.
Questa condizione fa generare la
CREAZIONE DI COSCIENZA che si distingue tra:
1. Esperienza di riconoscimento:
che si fonda sul sapere pre-esistente, è l’azione di poter risolvere
un problema mediante le esperienza che un individuo già
possiede, sapendo dove procurare ciò che gli interessa.
2. Esperienza di conoscenza :
basata sulla creazione necessaria di un sapere nuovo da
aggiungere a quello esistente per poter arricchire il proprio
patrimonio culturale.
Questo ci fa capire che la creatività nasce da un patrimonio culturale
(conoscenze) già esistenti e acquisite.
Creatività è un concetto che può esser riferito :
 Ambito artistico;
 Ambito scientifico.
Ciò che fa distinguere la specie umana da quella animale è la FACOLTA’ DI
CREARE.

1.6 Differenziazione e stratificazione della cultura.


Abbiam visto come la cultura sia un insieme di modelli segnati da agenti sia interni
che esterni nel tempo.
Tra gli agenti interni possiamo definire che :
La cultura non può esser presa singolarmente non è sempre identica ma è:
1. DIFFERENZIATA;
2. STRATIFICATA.
Possono coesistere in un determinato gruppo culturale sia diverse idee che
comportamenti determinati da condizioni personali dei singoli individui.
Da questo pensiero è emersa l’esistenza di:
Una cultura egemonica: cultura dei ceti dominanti che si impone sulla Cultura
subalterna dei ceti più deboli.
1.7 Unità e varietà del genere umano.
L’antropologia pone un certo interesse sui concetti di unità e varietà del genere
umano da due punti di vista:

 BIOLOGICO;

 CULTURALE;

Attraverso questi studi capiamo perché la teoria evoluzionistica di Darwin sia stata
interpretata male:
1. Si parte dal presupposto dell’Unità del genere umano questa tende ad
evidenziare le analogie tra le società umane a discapito delle differenze
CULTURALI: costumi, tradizioni, istituzioni, tutto questo in nome di un
progresso positivista di tipo LINEARE.
Ma lo stesso Darwin affermò che la specie evolvendosi non debba per forza
perfezionarsi ( visione è tipica del progresso lineare ) egli affermò
invece un continuo ADATTAMENTO ALLE MUTATE CONDIZIONI
AMBIENTALI, questo continuo adattamento favorisce quindi la
sopravvivenza della specie stessa, quindi la specie che sopravvive non è
necessariamente la migliore bensì è quella che riesce ad adattarsi
maggiormente ai cambiamenti ambientali.
2. Anche l’idea del darwinismo sociale ( la natura del più forte prevarica
quella del più debole ) è stata male interpretata dalla cultura europeista
occidentale, per affermare la propria superiorità a discapito di altre culture.
Darwin infatti ha anche sottolineato che non bisognava guardare la teoria
evoluzionistica fuori dal campo biologico e in contesti molto lontani dal
campo biologico.

Nel 1920 Malinoski elaborò un’altra teoria in contrapposizione, se


vogliamo, a quella evoluzionistica la teoria funzionalista, Malinoski partì
dal presupposto che nessun gruppo umano è uguale all’altro, ogni gruppo
umano ha una configurazione AUTONOMA e SPECIFICA.
Cosi facendo affermò che l’uomo in quanto tale è libero e razionale, quindi
non vi possono essere società pre-razionali o primitive, come affermavano
al contrario gli evoluzionisti.
Al giorno d’oggi con l’evoluzione della biogenetica e la paleoantropologia,
possiamo affermare che, :

La specie umana deriva dal genere Ominini che attualmente sopravvive


come specie Homo Sapiens;

La varietà del genere umano è determinata dalla diversità fisica,


linguistica e culturale.

1.8 Superamento della categoria scientifica di razza.


Uno dei concetti più discussi oggi giorno è quello di razza, e ci si chiede fin
quanto sia lecito parlare di razze in merito all’evoluzione del genere umano.
DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO non esiste una distinzione di gruppi
umani basata sul concetto di razza, poiché la razza risulta essere una sola LA
RAZZA UMANA, d’altro canto sarebbe più opportuno parlare di SPECIE
umane.
Quando si parla di ETNIA a proposito delle specie umane si intende dare
importanza più agli aspetti culturali di una data civiltà quindi: tradizione,
linguaggio, costumi, credenze, espressioni artistico-letterarie.
Ossia la partecipazione di un popolo a medesimi modelli culturali fa in modo
che si avverta l’esigenza di organizzarsi in forme di aggregazioni cittadine in un
determinato territorio geografico.

Le differenze somatiche del genere umano sono determinate dal bisogno di


adattarsi alle condizioni ambientali, pertanto è ben evidente come non sia
possibile catalogare attraverso le caratteristiche somatiche suddetti
generi(razze), i gruppi etnici, infatti, con il tempo, si sono mescolati tra loro
generando commistioni genetiche.

Grazie ai recenti studi volti nell’ambito della genetica, come quelli condotti
dall’italiano Luigi Luca Cavalli-Sforza 1922, possiamo in definitiva affermare
che non è possibile parlare di razze umane poiché tale concetto risulta non
avere fondamento biologico i motivi sono i seguenti:
1. Dal punto di vista geografico l’uomo sin da quando è comparso sulla
Terra non è stato isolato abbastanza da poter creare diversi tipi
genetici;
2. Le civiltà conosciute non sono dei sistemi chiusi MA APERTI E
DINAMICI questo permette il mescolamento e la fusione tra gruppi
eterogenei;
3. La similarità genetica del genere umano è determinata dalle unioni tra
gruppi diversi prodottesi in seguito alle migrazioni dei nostri antenati;
4. i caratteri dominanti di alcuni popoli dipendono da un esiguo numero di
geni e vengono selezionati naturalmente dai fattori ambientali;
5. L’odierna conoscenza della struttura del nostro DNA, attraverso essa
siamo riusciti a capire che gli uomini condividono una struttura
biochimica uguale al 99,5 % e che le differenze fondamentali consistono
soltanto nelle particolarità individuali (fenotipi).

1.9 Il concetto di razza e la sua utilizzazione sulla scena politica e nei contesti sociali.

Il concetto di razza ha avuto un forte impatto nei contesti sia storici che sociali.
Questo concetto origina sull’idea che:
Tutti gli esseri umani sono parte della stessa razza dal momento in cui
presentano caratteristiche somatiche uguali.
Questo concetto sopra enunciato pare esser nato nel mondo post-coloniale e utilizzato
principalmente per scopi politici:
PER GIUSTIFICARE ATTRAVERSO AFFERMAZIONI PSEUDO-
SCIENTIFICHE LA SUPERIORITA’ DELLA RAZZA OCCIDENTALE.
In origine si erano distinti quattro gruppi principali di razze :
1. Europidi;
2. Mongoloidi;
3. Negroidi;
4. Australoidi.
Successivamente nel corso del 19 secolo le scienze contribuirono allo sviluppo
di nuove discipline come L’antropologia fisica da cui si aprirono discussioni
teoriche riguardanti il concetto di razza, discussioni che furono discussioni
che furono il supporto di ideologie politiche pericolose come il
DARWINISMO SOCIALE, teoria pseudo-scientifica sulla superiorità della
razza bianca.
Queste teorie erano affiancate anche e principalmente dalla colonizzazione e
dal nazionalismo.
Gli esempi emergono già verso la metà dell’800, come nel 1882 con la politica
espansionista italiana volta a conquistare l’Africa Orientale, l’Eritrea,
operazione mirata a soddisfare esigenze politiche con l’obiettivo di
appropriarsi delle risorse naturali di quel dato territorio. Da questi eventi
si arrivò all’epoca del fascismo e del nazismo e qui abbiamo il fenomeno della
deportazione degli ebrei nei campi di concentramento e l’apartheid e anche la
creazione propagandistica di manifesti come : -il manifesto della razza ,
documento che innalza la purezza della razza italiana, in quanto conosciuta
come razza ariana.
Il documento presenta una chiara distorsione ideologica dei principi scientifici
e biologici.

1.10 Filogenesi e ontogenesi.


Grazie a Darwin è stato possibile sapere che ogni forma vivente conosciuta sulla
Terra è frutto di una lunga evoluzione durata milioni di anni.
Queste evoluzioni possono essere sia di portata biologica che psicologica, e
delineano che:
LO SVILUPPO DI OGNI SINGOLO INDIVIDUO RAPPRESENTA UNA
RAPIDA SINTESI DELL’INTERA STORIA EVOLUTIVA DELLA VITA.
Ad esempio il bambino è in grado in pochi mesi di sperimentare tutte le fasi che
l’uomo ha attraversato durante il processo evolutivo.
Per capire meglio questo punto dobbiamo definire due termini:
1. FILOGENESI – etimologia “filo”: classe -discendenza , “genesi”: creazione
nascita.
Dal punto di vista biologico è il processo evolutivo degli ORGANISMI
VEGETALI e ANIMALI.
Si può definire quindi come storia dell’evoluzione della vita delle piante e
degli animali.
2. ONTOGENESI : etimologia – “onto” : ente , “genesi” creazione, nascita.
Si sofferma sui primi anni di vita della forma vivente e
Sempre dal punto di vista biologico riguarda:
- Lo sviluppo evolutivo;

- La differenziazione di un singolo organismo vivente ;


dalla forma primordiale ossia quella dell’uovo ad embrione ad
individuo.
Lo sviluppo ontologico rimanda a quello filogenetico?
Fisicamente : si è osservato che immediatamente dopo la fecondazione le cellule
sono indifferenziate, questo significa che almeno nelle prime ore dopo la
fecondazione ovulare lo sviluppo embrionale può potenzialmente condurre
indifferentemente verso topi, gatti, uomini.
Ma solo attraverso un processo genetico si giunge alla specializzazione cellulare
che porterà l’embrione ad assumere forma umana.
Psicoanalisi : I rapporti tra filogenesi e ontogenesi furono anche materia di studio, in
psicoanalisi, in particolare per Carl Gustav Jung, attraverso l’analisi dei sogni dei
suoi pazienti Jung scoprì che determinati concetti, situazioni, immagini non si
riferiscono sempre a particolari esperienze riflesse nel mondo onirico ma paiono
essere un patrimonio innato condiviso dalla specie umana ed ereditato, questo Jung lo
chiamava inconscio collettivo.
Jung sosteneva che il nostro inconscio personale eredita degli archetipi, l’etimologia
di questa parola è greca e deriva da archè che significa origine e typos che significa
modello, esemplare quindi questa parola significa modello originario o forme a
priori le quali attraverso la forma simbolica si trascende l’individualità.
Lo psicologo Erich Neumann ha poi approfondito il concetto di archetipo
applicandolo alla visione evolutiva : filogenesi/ontogenesi, natura/cultura.
Egli affermò che accanto agli organi fisici esistono degli organi psichici, gli
archetipi in grado di instaurarsi nell’inconscio e determinare il funzionamento
della coscienza e della personalità individuale.
In conclusione diciamo che non è un errore dire che l’ontogenesi racchiude la
filogenesi in cui lo sviluppo genetico del singolo uomo racchiude
inevitabilmente le tappe della filogenesi umana.

1.11 Immagini dell’essere umano alla luce della teoria dell’evoluzione.


La teoria evoluzionista si sviluppò in parallelo ad altre innovazioni scientifiche
maturate tra il XIX e XX secolo.
L’antropologia in questo periodo storico era molto influenzata dalle scienze sociali, e
questo lo possiamo dedurre sin dal fatto che molti studiosi stessi applicavano la teoria
darwiniana in ambiti diversi da quello biologico, mirando a soddisfare più l’ideologia
politica.
La paternità della teoria evoluzionistica attribuita a Darwin crebbe con l’opera
L’origine della specie 1859.
Darwin osservò nelle isole Galapagos, che le varie specie si erano adattate in
maniera differente alle risorse delle numerose isole.

Esempio: vi era una specie di Fringuelli che differivano tra loro per:

- le dimensioni del corpo;

- Il piumaggio;

- La forma del becco.


Tutto questo a causa delle risorse alimentari della particolare isola dove abitavano.
Da questa osservazione derivò l’idea che le specie subiscono cambiamenti fisici per
ADATTARSI all’ambiente e, col passare del tempo, tali modifiche producono
specie via via diverse.
La teoria di Darwin si basa su alcuni punti inconfutabili:
1. LA VARIABILITA’ E SPONTANEITA’ DEGLI ESSERI UMANI;
2. LA TENDENZA DI TUTTI GLI ORGANISMI VIVENTI A
RIPRODURSI NELLA MASSIMA MISURA POSSIBILE.

Darwin osservò che la crescita delle popolazioni vegetali e animali, a differenza


della crescita umana, era ostacolata da fattori diversi come:

- Disponibilità di cibo;

- Il pericolo dei predatori;

- Le malattie;

- Le avversità ambientali;

Gli esseri animali e vegetali non sono in grado di limitare e controllare le nascite,
perciò da qui deriva l’esistenza di un numero maggiore di organismi la quale
provoca inevitabilmente una lotta per l’esistenza tra individui della stessa specie, lotta
che sarà vinta da coloro che mostreranno possedere qualità particolari in grado di farli
sopravvivere.
Tale concorrenza è chiamata selezione naturale : la scelta viene operata in maniera
indiretta dall’ambiente e dalle condizioni in cui gli organismi vivono.
La lettura di un libro di economia dell’autore Thomas Malthus, suggerì a Darwin
come la selezione naturale potesse agire su tutti gli organismi viventi: il libro trattava
del rapporto tra crescita della popolazione umana e risorse alimentari disponibili,
Malthus sosteneva anche l’idea che solo le epidemie, guerre e le carestie avrebbero
potuto limitare una tale crescita per ristabilire l’equilibrio naturale.
A questo punto Darwin sostenne che l’uomo si è sviluppato da forme inferiori ma
l’elemento fondamentale che distingue il processo evolutivo rispetto a quello
vegetale e animale è la presenza della MENTE.
L’essere umano si è sempre organizzato in piccole forme i aggregazione sociale
all’interno delle quali la competizione tra gli individui è una chiara lotta per
l’esistenza. Competizione che consente la vittoria di coloro che dimostrano essere i
migliori, nelle società moderne l’azione della selezione naturale viene ostacolata da
fattori diversi come: la costruzione di ospedali, manicomi … all’interno dei quali
individui più deboli possono continuare a sopravvivere, con questo però Darwin
non intendeva rinnegare l’aiuto a costoro poiché questo sarebbe andato a ledere
un comportamento insito nell’uomo L’ALTRUISMO, le azioni altruiste furono
chiamate dallo stesso darwin ISTINTI SOCIALI.

La lotta all’esistenza è necessaria al progresso che NON si verifica se NON esiste


una concorrenza naturale per la sopravvivenza e un riconoscimento degli
individui più capaci

Possiamo riassumere la teoria della selezione naturale in 5 punti:


1. Ogni essere vivente genera più figli di quanti ne possono sopravvivere in
relazione allo spazio e alle risorse alimentari;
2. Questo disquilibrio genera una lotta per la sopravvivenza tra individui
della stessa specie nel quale perde la vita i meno adatti all’ambiente;
3. Ogni specie è formata da tipi variabili le cui caratteristiche possono essere
dannose o vantaggiose;
4. Nella lotta alla sopravvivenza, sopravvivono gli organismi con caratteri
vantaggiosi;
5. Il ripetersi di questo meccanismo genera con il tempo LA
FORMAZIONE DI NUOVE SPECIE.
Bisogna dunque specificare che quando Darwin nomina l’individuo “più adatto”, non
significa necessariamente che sia il “più forte”, non è il più forte a vincere sul più
debole bensì chi dimostra di possedere le caratteristiche adatte all’ambiente in
cui vive.
Questo concetto è stato spesso interpretato in maniera erronea e ha dato origine a
delle ideologie che hanno sostenuto la supremazia della razza
Prima di Darwin molti hanno tentato di delineare una soddisfacente teoria
evoluzionista non necessariamente rispondendo a caratteri di tipo scientifico:
Aristotele parlava di esseri immutabili e non soggetti all’evoluzione
Il pensiero cristiano ignorava del tutto il problema dell’origine e dell’evoluzione,
credendo nella fissità della specie, in organismi viventi tutti uguali poiché creati da
Dio.
Convinzione che fu molto forte da rimanere in vigore fino al XVII secolo.
Fu solo nel 1700 attraverso lo studio dei fossili che venne dimostrata l’esistenza di
organismi molto diversi da quelli viventi nell’epoca.
La prima teoria dell’evoluzione fu formulata nel 1801 dal naturalista francese J.B. De
Lamarck secondo la sua teoria la natura aveva prodotto le specie a partire da
forme diverse che si erano via via evolute in ORGANISMI COMPLESSI alla
base di questa teoria vi sono due tipi:
1. L’utilizzo di organi (dispensa pag 30.)
2. L’ereditarietà dei caratteri acquisiti
Nell’epoca di Darwin i più importanti teorici dell’evoluzione furono Edward Brunett
Tylor e Lewis Henry Morgan.
Morgan studiò per anni la popolazione degli indiani d’America del nord. L’etnologo
tentò di ricostruire la storia dell’evoluzione umana suddividendola in 3 momenti
principali:
1. Condizione SELVAGGIA del momento antico;
2. La BARBARIE del momento medio;
3. La CIVILTA’ del momento recente.
Tylor invece divise l’umanità in due gruppi principali a seconda del grado di
sviluppo che gli aveva interessati :

- Tribù inferiori

- Nazioni civili superiori.

Concludiamo questo capitolo affermando che la teoria evoluzionistica concepisce


l’umanità come un ente unitario giacchè le diversità sono destinate all’estinzione .
Questa teoria procede attraverso un modello comparativo che si muove tra particolare
e generale, accidentale e regolare etc… per cercare una spiegazione logica delle
somiglianze rilevate tra società storicamente diverse e geograficamente distanti
attraverso un gran numero di dati ottenuti attraverso la ricerca sul campo.
1.12 Popolazioni genetiche e famiglie linguistiche.
1° CONFERENZA:
L’origine dell’uomo e la storia genetica dell’umanità
1871 – L’origine dell’uomo- libro di Darwin .
Cosa sappiamo oggi sull’origine dell’uomo?
Sergio Tofanelli è uno studioso che si occupa di genomica, abbiamo scoperto grazie a
degli studi recenti che attraverso l’ibridazione genomica possiamo sequenziare
genomi morti più di 40.000 mila anni fa . Con la sequenzia del genoma umano, nel
2000, possiamo ricostruire ciò che è successo nella storia evolutiva con tutte le
ramificazioni che hanno condotto l’uomo alla diversità della specie .
Attraverso questo processo di sequenzialità è stato possibile attuare uno studio su
diverse etnie umane: Africani, Francesi, Cinesi… ed è stato appurato che queste etnie
derivano dall’Homo Denisoviani.
2° CONFERENZA:
Le basi biologiche del linguaggio
Partiamo considerando l’affermazione che nel mondo animale esistono tante specie
che riescono a comunicare sia vertebrati che invertebrati.
In relazione all’evoluzione del linguaggio dobbiamo prendere in considerazione alla
linea dei primati non umani ovvero le scimmie.
Diciamo che sull’origine del linguaggio si sono aperte grandi discussioni da cui sono
emersi due punti:
1. O il linguaggio è una cosa del tutto nuova;
2. O il linguaggio ha subito un evoluzione.
Sul secondo punto, ovvero quello evolutivo abbiamo un’altra diramazione c’è chi
ritiene che il linguaggio si sia evoluto:

- Dal gesto;

- Dal verso.

Il VERSO: Quest’idea prese piede quando nel 1970 si è studiato i tipi di richiami
diversi ottenuti dalle scimmie, ogni richiamo indicava qualcosa di specifico.
Ma le vocalizzazioni tendono a :

- Essere rivolte ad un gruppo e non al singolo individuo come


generalmente è rivolto il linguaggio;
- Sono correlate al comportamento emotivo;
- Non mostrano versatilità e illimitabilità com’è possibile vedere
nel linguaggio;
- Partono dalla corteccia mesiale corteccia molto antica che si
trova nella corteccia prefrontale.

Il GESTO: possiamo qui delineare due tipologie di gesti:


1. Quelli fatti dagli arti superiori;
2. Quelli prodotti dalla faccia.
- Come ben possiamo intuire il gesto indica segnali con minore
emotività ma hanno maggior numero di produzione( ne sono
prodotti di più ) rispetto alle vocalizzazioni;
- I gesti sono controllati da una porzione laterale della corteccia
mesiale considerata la più evoluta perché in essa vi è anche il
controllo delle azioni.
Il neurone(neurone specchio) si attiva tutte le volte che l’animale (scimmia) si attiva
per uno scopo di un atto motorio. Questo ci dice che nella nostra corteccia noi
abbiamo immagazzinato una conoscenza motoria tale da raggiungere degli scopi
attraverso le azioni da questo ne consegue:
1. Possiamo interpretare gli oggetti, poiché nella nostra corteccia avviene
un’meccanismo che dall’interno si rapporta con l’esterno, se vediamo un
oggetto sappiamo automaticamente che possiamo prenderlo e quindi
INTERAGIRE CON ESSO.
2. Possiamo capire anche quello che fanno gli altri. L’attività del neurone si
attiva quando vi è un atto finalizzato.
I neuroni risultano essere congruenti sia nella risposta visiva con
l’OSSERVAZIONE che nella risposta motoria con l’AZIONE, ESECUZIONE.
Altri neuroni hanno una conseguenza: rispondono visivamente ad un afferramento
esempio: quando la scimmia fa un gesto per afferrare qualcosa lo scopo c’è perché
l’atto motorio è AFFERRARE =
AZIONE OSSERVATA + AZIONE ESEGUITA
Attraverso questo possiamo leggere le azioni che fanno gli altri.
Nel linguaggio esiste chi emana il messaggio e chi lo riceve nel mentre di questo
però c’è un meccanismo comune : IL CAPIRSI, L’INTENDERSI tra i due enti.
Questa particolarità è tipica dei neuroni a specchio essi possono essere:
1. Neuroni a specchio audiovisivi : questo meccanismo si attiva quando uno
sperimentare produce azione sonora . Esempio: strappare la carta, far
cadere un vetro per terra.
Questi neuroni rispondono sia quando l’azione è vista e udita
contemporaneamente e anche quando è solo udita.
Una delle caratteristiche del linguaggio risiede in questi neuroni in quanto
permettono una risposta uditiva.
2. Neuroni a specchio comunicativi : Questa invece riguarda per lo più gli
atti motori se prendiamo ad esempio un esperimento sulle scimmie il
neurone a specchio reagisce sia sul comportamento della scimmia ma anche
su quello dello sperimentatore.
I neuroni a specchio sono correlati sia all’ingestione di cibo sia alla
comunicazione ossia quando risponde e quando riceve un gesto
comunicativo
A questo punto deduciamo che qui scompare totalmente l’oggetto ed entra il
significato ossia LA COMUNICAZIONE.
Le scimmie in base alla presentazione di uno stimolo possono emettere un suono
(molto difficilmente però poiché l’animale produce solo una parte del gesto
comunicativo.
Sappiamo che nell’uomo predomina il linguaggio vocale ma anche il linguaggio
gestuale è presente poiché accompagna quello vocale.
La domanda che gli studiosi si sono posti è : E’ possibile correlare il sistema a
specchio al sistema linguistico dell’essere umano?
Si perché:
1. Nel mettere a confronto il cervello umano e quello della scimmia è emerso
che nella regione cerebrale dove risiedono i neuroni a specchio (zona di
produzione vocale nell’uomo chiamata area di Brocha) vi è un’omologa
anatomia sia a livello fisico che a livello di funzionamento .
2. Il riconoscimento delle azioni è legato all’area si Brocha . Il linguaggio con
il sistema motorio attiva la corteccia motoria all’ascolto di una frase o del
contenuto di un’azione.
Premesse:
- il linguaggio è il sistema che ci permette di mettere in rapporto il significato e il
suono, il linguaggio ha un sistema di regole, parole con elementi grammaticali,
ordine di parole queste due caratteristiche ci permettono di costruire una frase di
senso compiuto, ossia con dei significati.
Quali sono i meccanismi cerebrali che sottostanno al linguaggio?
Queste ricerche biologiche sono limitate poiché non esistono modelli animali che
possono produrre linguaggio accanto ad una capacità morfosintattica.
Nell’uomo possiamo individuare due metodi per provare a capire come il cervello
permette il linguaggio:

- Correlazione clinico anatomica:

- Approccio neuro immagining.

1.13 Lingue e culture.

La cultura possiede al suo interno diversi livelli di lettura. Antonio Gramsci la


distinse tra:

- Cultura egemonica;

- Cultura subalterna.

La cultura egemonica è l’elemento dominante e cerca sempre di prevaricare la cultura


subalterna. Il binomio egemonia-subalternità si applica non solo ai rapporti di classe
presenti in una determinata cultura bensì anche nel legame tra culture diverse.
Cosi che una cultura può non essere compresa e tanto meno condivisa. In questo
contesto il linguaggio rappresenta uno degli strumenti più importanti per la
comprensione delle culture differenti. Il linguaggio soddisfa prima di tutto il bisogno
innato dell’uomo in quanto essere COSCIENTE e PENSANTE ,
COMUNICARE .
Lingua e cultura sono dei fenomeni connessi in maniera viscerale, tanto da poter
ritenere che la visione del mondo, il modo di pensare di ciascuno e quindi la
creazione di una data cultura sia condizionata dal linguaggio.
Capiamo cosi che il linguaggio non sia solo una fonte di comunicazione ma riguarda
anche l’intero aspetto culturale.
Non a caso Fredrick Nadel, antropologo inglese, affermò che per comprendere a
pieno la cultura indigena bisogna avere grande padronanza del linguaggio. Da
quest’idea di Nadel si sviluppò l’esigenza della conoscenza della lingua delle
popolazioni indigene, dalla quale nascerà la branca dell’antropologia linguistica i
cui padri fondatori furono Malinoski e Boas.
A supporto della capacità naturale dell’uomo di comunicare attraverso il linguaggio
orale vi è la memoria naturale essa risiede nella mente e accompagna l’individuo
per tutta la sua esistenza.

1.14 Le aree culturale e la globalizzazione, comunicazione orale e comunicazione


scritta.
Il termine globalizzazione deriva dall’inglese “globalize” che significa globalizzare.
Il termine si riferisce al processo economico attuato in scala mondiale di connessione
dei mercati, nelle fasi interne di:

- Produzione;

- Distribuzione;

- Consumo.

Questo processo è un fenomeno che tende a : condizionare, influenzare e unificare


progressivamente i costumi, modi di vivere e il pensare delle popolazioni .
La globalizzazione, osservata dal punto di vista culturale si sviluppò tra il XIX e il
XX secolo rafforzandosi a partire dagli anni 1980, grazie alla massiccia azione dei
moderni mass media sulla collettività gli effetti che la globalizzazione ci propone
possono essere sia positivi che negativi, e contaminano tutte le aree culturali del
nostro pianeta.
La globalizzazione intesa come processo di omogeneizzazione sia di idee che di
pratiche, è diffusa nel territorio a livello mondiale e determina principalmente una
PERDITA DI IDENTITA’ CULTURALE questo in virtù del fatto che l’altro
appare all’improvviso TROPPO VICINO A NOI seppur la sua cultura non venga
concretamente compresa e accettata.
La globalizzazione mette le sue radici nella trasformazione sociale messa in atto dai
media tradizionali:

- Stampa
- Telegrafo

- Fotografia

- Telefono

- Radio

- Cinema

- Tv

Attraverso questi media si creano aspirazioni dei consumatori appartenenti a culture


differenti verso un’unica direzione, questo aspetto può determinare cosi un comune
denominatore dei bisogni mondiali.
Le basi politiche, economiche e culturali della società globalizzata sono state
divulgate ed estese attraverso i media digitali.
Questi media forti dell’impatto che assumono sulle società creano i cosi detti non-
luoghi del cyberspazio, uno spazio transnazionale non appartenente e definibile ad
alcuna area geopolitica è uno spazio artificiale e virtuale, in questo spazio il
cittadino si sente accolto in una comunità senza confini.
La rivoluzione digitale ha spinto l’essere umano verso la lettura comprensiva ed
uniforme del fenomeno mondo ossia un processo di tribalizzazione : rimozione
virtuale della DISTANZA tra gruppi e individui fisicamente lontani. Quindi
possiamo dedurre che lo spazio risulta ridimensionato attraverso spazi inesistenti e
virtuali come il cyberspazio ma anche attraverso le linee di navigazione che ci
permettono di raggiungere l’altra parte del pianeta in pochissimo tempo. Ma lo
spostamento non è solo inerente all’essere umano, persino l’informazione e le
immagini attraverso il cinema, la fotografia, il telegrafo… viaggiano nel presente.
Il cinema è parente della civiltà meccanica è diviene quasi un vero e proprio
ripetitore di illusioni. Al cinema subentrò ben presto anche la televisione ben più
adatta per funzionare come STRUMENTO DI PROPAGANDA alla portata di
tutti.
Effetti del mondo globalizzato:
1. Uno degli effetti della globalizzazione delle culture è il rapporto
dell’individuo con i media.
Attraverso i media è cambiata radicalmente l’idea di pubblico e di massa.
Se i media tradizionali creavano aspettative ad un pubblico di ascoltatori
indifferenziato predisposto a consumi standard
I media digitali creano un pubblico, delle masse e comunità virtuali.
Queste comunità sono create da INDIVIDUI ANONIMI .
2. Altro effetto della globalizzazione è legata allo sviluppo di una diversa
relazione tra gli Stati sia sul piano morfologico che sul piano concettuale.
Se da un lato i media hanno contribuito allo : sviluppo di megalopoli, mezzi
veloci, accelerare flussi di informazione e l’utilizzo di tre monete
fondamentali (dollaro, euro, yen) con la garanzia di modelli di consumo
uniformati.

La rottura dei confini statali è contribuita anche dal fattore della


DECENTRALIZZAZIONE DELLE FONTI D’INFORMAZIONE : il
consumatore globale avverte l’esigenza di non rimanere legato ad un
ristretto numero di emittenti ma ha bisogno di interagire con il panorama
culturale eterogeneo. Questo fenomeno ovviamente è derivato anche dal
funzionamento dei mercati nazionali e internazionali e il sistema del
nuovo concetto di consumo.
Nel momento in cui la globalizzazione diventa un dato fondamentale nel
rapporto tra gli Stati si assiste al fenomeno dell’insufficienza di un
singolo stato nel contenere il bisogno di interazione tra le culture,
questo ha comportato la creazione di spazi virtuali in grado di accorciare le
distanze geografiche in grado di rendere accessibili e comprensibili a tutti
culture molto lontane , infatti con l’avvento di questi gruppi è cambiato
radicalmente il concetto di consumo, se prima legato ai beni materiali
adesso è legato alla REPERIBILITA’ DI INFORMAZIONI.
Un ruolo fondamentale ha assunto anche la pubblicità volta a creare una
società interessata da un consumismo sfrenato e da condizioni sociali e
individuali squilibrate, se prima i media si focalizzavano sul prodotto
adesso la pubblicità pone l’accento più sull’informazione in modo da
mettere, per lo meno virtualmente, delle basi produttive energetiche
infatti il consumismo risulta essere:
- ANTIECONOMICO;

- TROPPO COSTOSO sia a livello umano che a livello


ambientale
L’informazione invece risulta essere ecologica e coinvolge il soggetto in termini di
interazione nella rete.
I media digitali tendono a migliorare, almeno teoricamente, la comunicazione: si è
passato da forme bidimensionali a bassa definizione fino ad arrivare alla terza
dimensione, simulazioni che pian piano si avvicineranno sempre più alla realtà.
Inoltre oggi assistiamo anche a dei veri e propri oggetti che fungono da ipermedia =
ossia enti multimediali che contengono in sé caratteristiche di più media, ad esempio
un televisore che funge da computer, telefono, piattaforma online etc…
Nonostante i cambiamenti della rivoluzione digitale hanno portato le società verso
una comunicazione mediata, comunque la comunicazione quotidiana è legata al
linguaggio verbale e immediato. Il linguaggio verbale funge da archetipo di tutti i
mezzi di comunicazione poiché da esso derivano tutti i media odierni.
Linguaggio verbale = archemedia (mezzo di comunicazione più antico).
Se pensiamo a come venivano tramandate le informazioni prima della scrittura, ossia
per via orale, possiamo capire l’importanza che i suoni, i versi differentemente
intonati riuscivano a farci comunicare, Con l’avvento del linguaggio composto di
parole che nominano le cose si raggiunge una certa precisione nell’espressione.
In epoca molto più tarda sono comparsi i simboli e segni che sono stati incisi prima
su pietra fino ad arrivare alla rivoluzione della stampa a caratteri mobili.
LA RIVOLUZIONE DIGITALE SI SERVE INEVITABILMENTE DEL
LINGUAGGIO, che, seppur prediligendo una lingua unica (inglese), con l’intento di
uniformare e semplificare la comunicazione globale , forma un impoverimento
della comunicazione orale
Se l’elaborazione della comunicazione ( che richiede l’utilizzo dei sensi per la
percezione e la mente per elaborare le informazioni ricevute ) non muti con l’avvento
dei nuovi media, si assisterà ad un raffreddamento dell’intero processo di
comunicazione.
Se la comunicazione orale richiede un utilizzo consapevole di tutti i sensi e si esercita
in modo quotidiano, nell’immediato, le nuove tecnologie della comunicazione
mediata sembrano prediligere una condizione di comunicazione ISOLATA e
VIRTUALE. E quindi anche le comunità generate in rete non si possono definire
vere e proprie comunità virtuali poiché nessun individuo esiste veramente (la sua
identità è spesso simulata da nomi fittizi) e ne il gruppo stesso si può identificare
poiché la relazione tra i componenti del gruppo può finire in qualsiasi momento.
Capiamo che siamo difronte a una comunicazione volatile e a differenza della
comunicazione orale tradizionale che prevedeva la TRASMISSIONE DI
CONOSCENZA questa comunicazione NON PREVEDE UNA CRESCITA
PERSONALE DEL FRUITORE GIACCHE CIO’ CHE VIENE TRASMESSO
ALL’ASCOLTATORE SONO INFORMAZIONI VUOTE.

L’individuo una volta entrato nel cyberspazio viene subordinato ad un puppet


virtuale, l’individuo ridisegna il mondo adattandolo a lui fornendogli un corpo
virtuale sacrificando la sua identità reale, il puppet esegue le istruzioni da lui imposte
e così l’individuo crede di esser libero e di prendere una scelta, ma in realtà è il
cyberspazio a decidere per l’utente, mentre lui si muove in quelle 64 caselle di una
scacchiera programmata. Il disorientamento dell’individuo mediatico perde
completamente il contatto con la natura di essere umano.
Già pensando alla pubblicità possiamo vedere come il bisogno di re-orientare i
bisogni reali dell’uomo.
Solo lo sviluppo di un giudizio autonomo e di un’attitudine critica possono portare
l’individuo a non esser totalmente condizionato dai media, questa qualità la si
sviluppa utilizzando principalmente una comunicazione di tipo orale distaccandosi
dagli strumenti digitali.
I media di fatto tendono a sacrificare tutto ciò che c’è di umano per far avvicinare
l’uomo al concetto di macchina : l’automobile serve per rinunciare a camminare, il
libro per fare a meno della voce, la televisione indebolisce l’attività sensoriale…. I
media richiedono una continua distrazione da parte dell’individuo reale, nel presente
stesso. La comunicazione orale serve proprio per sviluppare un contatto reciproco
con l’altro rispettando l’integrità psico fisica dell’essere. Per capire come funziona la
comunicazione orale distinguiamo 2 stati della parola che definiremo:

1. Verbale : apparente, sonoro. Questo sistema prevede il coinvolgimento di


almeno due individui posti l’uno vicino all’altro che agiscono nel presente,
la comunicazione orale richiede una concentrazione costante nell’ascoltare,
vedere, in maniera attuale .
Questa comunicazione non si può definire come mass media perché
l’emittente è a contatto diretto con un numero LIMITATO di riceventi,
IN UNA CONDIZIONE SPAZIALE IDENTIFICABILE. La
conoscenza tramandata per via orale si è definita sempre la più efficace
perché non è soggetta ad interpretazioni che favoriscono il sorgere di
opinioni soggettive essa si mantiene viva nella memoria organica sia
individuale che collettiva. Questo non avviene con le informazioni, che
contenute in una memoria artificiale sono soggette nel tempo a scomparire
nel tempo o a rimanere incomprese.
I media hanno provato ad avvicinarsi alla comunicazione orale, in questo
caso abbiamo internet. Ma la freddezza e la caoticità di contenuti non
consentono prender posto alla comunicazione orale.
Si distingue quindi tra:
 Memoria vivente – individuo che si interfaccia con la
comunicazione orale in maniera attiva
 Memoria devitalizzata su supporto o fisico o virtuale che
richiama la comunicazione mediata
2. Mentale : Qui entra in gioco la domanda : in che modo la parola verbale si è
evoluta sino a diventare parola scritta? La parola prima di esser pronunciata
ha sempre un suo stato che risiede nella mente, la parola non ha
un’esistenza autonoma cosi come non ce l’ha la parola sonora, poiché non
sorge in un luogo identificabile non esiste un luogo dove la parola
finisce o continua ad esistere perché la parola mentale DELINEA LA
DIMENSIONE DEL MOVIMENTO DELLA MENTE. La parola sonora
compare in un grado di fisicità maggiore rispetto a quella mentale
propagandosi nello spazio esterno, però ci sono parole mentali che non
diventano suoni ma gesti quindi attraverso l’estensione delle mani si può
affermare che il pensiero è stato scritto, la parola scritta che è fissata su un
supporto esterno e ha un carattere di tipo visivo.
L’errore commesso dall’uomo è stato quello di spostare il discorso interiore su uno
strumento esterno tramite la scrittura, facendo affidamento su una memoria di tipo
artificiale che si è evoluta nel tempo dal manoscritto al compact disc. Tali supporti,
soprattutto dal momento in cui è iniziata la stampa, hanno contribuito a formare la
memoria più che a richiamare alla mente concetti di cui si è già fatta esperienza,
cosi che si è soppiantata definitivamente la conoscenza per via orale .
1.15 Differenze, disuguaglianze e gerarchie.
Conferenze.
1.16 Femminile e maschile: le generazioni, il sesso, il genere e le relazioni sociali.
C’è una specifica branca denominata “antropologia dei sessi o del genere”, un campo
di studio costruitosi negli Stati Uniti e diffuso in Europa, grazie alle mosse del
movimento femminista degli anni 1970

CAPITOLO 2. Gli aspetti culturali riguardanti il razzismo, migrazioni,


integrazione e coesione sociale.

2.1 Definizioni di razzismo.


Razzismo = Concezione o ideologia basata sul presupposto che esistano razze umane
biologicamente superiori ad altre razze.
Il razzismo è un fenomeno che giustifica un comportamento discriminatorio o
intollerante nei confronti di individui in quanto membri di un gruppo nel quale si
riscontrano elementi culturali, morfologici, o atteggiamenti diversi dal gruppo di
appartenenza.
Il razzismo si presenta come un fenomeno puramente negativo che ha portato la
società all’esigenza di classificare e dividere il genere umano.
Sin da tempi antichi questo concetto era presente:

- 23-29 d.C Plinio il Vecchio descrisse le popolazioni lontane attraverso


l’utilizzo di immagini fantastiche che poi vennero adottate dalla cultura
medievale
- I Greci e i Romani davano l’appellativo barbaro a coloro che non parlavano
la loro lingua. Per loro l’appartenenza ad una razza era determinata:
 dalla cittadinanza, questa in particolare prevedeva un privilegio sia
politico, sociale e giuridico e veniva conferita a chi risultava di far
parte di un “popolo evoluto “
 dal grado di civiltà
 dal possesso della lingua
Proprio in merito a questi punti i cittadini greci e romani potevano avvalersi del
diritto di dimostrare disprezzo anche verso culture inferiori. Questo disprezzo però
non era legato a questioni biologiche ma ALL’ARRETRATEZZA
CULTURALE, TECNICA, SCIENTIFICA E MILITARE

- Aristotale giustificava la schiavitù come intrinseca a comportamenti umani,


esso pensava che “per natura” alcuni erano predisposti al comando e altri
all’obbedienza e queste attitudini dipendevano principalmente da particolari
inclinazioni del carattere.
- Col passare del tempo la situazione cambiò sino al ‘500 dopo, la scoperta
dell’America, in cui comparvero le prime idee razziste basate su:
-superiorità biologica e culturale della razza bianca, occidentale
Queste idee portarono alla creazione di grandi imperi coloniali come il portogallo o la
spagna, e nel 1500 diedero vita alla tratta degli schiavi
- Solo nel periodo dopo la Rivoluzione Francese 1799,
iniziò a farsi strada, seppur lontana, verso
l’emancipazione degli schiavi negri.
Il concetto di altro, come ci ha insegnato la storia non esiste in una classificazione
reale, bensì altro è semplicemente colui che non fa parte del gruppo ed è
considerato perseguibile da parte delle maggioranze di un gruppo, ritenute
“superiori”.
La superiorità biologica della razza infatti è nata in epoca moderna alla fine del 18
secolo, ove regnavano ideologie nazionaliste e imperialiste di tipo economico e
politico, mentre prima del 18 secolo le minoranze etniche venivano perseguitate per
motivazioni legate ai DIVERSI MODELLI CULTURALI CUI
APPARTENEVANO: credenze, religioni, riti, questi concetti risalgono all’epoca
medievale ove le guerre che venivano attuate erano all’interno degli stessi gruppi
cristiani ad esempio : ortodossi, cattolici e protestanti, e da li nacquero le violente
campagne d’odio contro gli ebrei, pagani, musulmani o eretici… Poiché erano coloro
che dimostravano di aderire ad una fede lontana da quella cristiana

- La vera e propria concezione di schiavitù fu abolita nel


XIX secolo, questo accadde nel 1808 in Inghilterra,
1848 in Francia, 1861 negli stati uniti con Abramo
Lincoln, e nel 1863 in Olanda. Ma nonostante ciò il
concetto di razze continuò a sopravvivere e fu rafforzato
dall’interpretazione sbagliata delle teorie evoluzioniste .
Se per tutto il mondo antico gli esseri umani erano ritenuti discendere da un unico
progenitore e si attribuiva l’incidenza elle varie condizioni ambientali la causa delle
differenze visibili negli esseri umani nel 18 secolo l’ipotesi di una discendenza
comune fu scartata e si accettò una tesi poligenetica : l’idea che l’origine delle
specie non andasse ricercata in un unico antenato . Quest’idea prese piede proprio
perché le differenze tra le razze dipendevano da caratteristiche imprescindibili dal
patrimonio genetico della stessa razza e si iniziarono a LEGITTIMARE
DINAMICHE SOCIALI come lo schiavismo, fondato sul principio della
superiorità razziale.
La propaganda di questa pseudo teoria scientifica fu mossa anche a causa di studiosi
che scrissero tesi a riguardo, ad esempio, “J.A Gobineau” o “ G. Vacher de
Lapouge”, cosi che il fenomeno del razzismo servì più a soddisfare ideologie
politiche che curiosità scientifiche, ideologie che giustificavano comportamenti
aberranti attraverso la diffusione di un pensiero discriminante.
Sebbene con il passare del tempo la scienza e l’antropologia hanno dimostrato
l’inconsistenza delle teorie razziali, questi comportamenti hanno continuato ad
esistere nella società moderna e contemporanea tra cui:

- 1930 : nell’Unione Sovietica di Stalin – iniziarono le purghe : ossia


l’allontanamento e l’eliminazione di soggetti considerati scomodi al regime:
monaci, ortodossi, oppositori politici, omosessuali
- 1935-45: Germania nazista – l’uccisione degli ebrei deportati nel campi di
concentramento, considerati elementi impuri;
- 1950: dopo l’invasione del Tibet da parte della Cina ci fu uno sterminio di
massa, e vi furono 5 milioni di morti tra monaci e civili.
- Fenomeni di emarginazione e oppressione sociale continuarono ad soprattutto
negli stati interessati da una violenta colonizzazione , ad esempio il regime
dell’apartheid in sud africa che ghettizzava la maggioranza nera all’interno dei
hantustan e che fu abolito solo nel 1990 grazie al contributo di Nelson
Mandela.

L’ONU condannò il razzismo con la Dichiarazione sulla razza dell’UNESCO


e con una Convenzione 1965.
Nonostante l’attività dell’ONU e di una serie di associazioni che operano a scopo
umanitario a livello internazionale per la difesa dei diritti umani comportamenti e
modi di pensare razzisti sopravvivono ancora oggi, poiché sono stati inculcati sulle
masse inducendole alla paura dello straniero, di fatto il razzismo rappresenta
un’autodifesa rozza e primitiva contro la perdita di identità e valori, contro
l’insicurezza sociale .

2.2 Come riconoscere il neorazzismo: dalla razza all’etnia.


L’immigrazione crescente in Europa, dal 1989, proveniente dai territori dell’Est
europa, ha trasformato l’assetto sociale di molti paesi, cosi che nazioni con lunghe
tradizioni di emigrazioni di massa si son trovate impreparate a
quest’avvenimento. Son sorti diversi conflitti tra nativi e migranti esplosi nel
quadro di una crisi economica incalzante che contribuisce ad aggravare un
disagio sociale.
Infatti in questo clima trovano terreno fertile imprenditori politici del razzismo
che individuano nei migranti la causa dell’odierna crisi sociale caratterizzata da
una disoccupazione crescente e da una preoccupante instabilità politica .
Questi movimenti incrementano scontri sociali ed economici, trasformando in
vere e proprie legittime rivendicazioni di diritti (lavoro, abitazione, assistenza
sanitaria) in conflitti etnici .
Se le normative sempre più restrittive impongono a migliaia di immigrati a vivere
in una condizione di illegalità, la collettività si chiude nella paura e nel rancore in
cui lavoratori più deboli tendono ad offrire alle imprese la loro manodopera
in cambio di una paga misera e senza alcuna tutela giuridica.
Cosi mentre l’Europa si chiude come una fortezza respingendo l’immigrazione, il
numero di morti in mare aumenta velocemente.
La paura dell’invasione da parte delle popolazioni straniere non è un elemento
nuovo essa ha caratterizzato più o meno tutte le società umane sin dai tempi
antichi, ma nel contemporaneo vi è un elemento nuovo che prende piede : con
l’avvento del nuovo razzismo assistiamo ad un processo di TABUIZZAZIONE
del tema razziale. In seguito a quanto è accaduto nella Seconda Guerra Mondiale e
alla crisi morale che ne è derivata si è smesso per anni di parlare del fenomeno
razziale.
Chi per primo si accorse di questo strano fenomeno fu il sociologo francese Pierrè
Andrè Taguieff che nel 1987 pubblicò un testo – La force du prèjugè- in cui
metteva a fuoco le strategie mimetiche del razzismo post bellico: con l’impiego
di metafore, registri lessicali e retorici profondamente diversi da quelli usuali al
fine di formulare teorie analoghe a quelle razziste con forme riconoscibili e
diverse.
L’atteggiamento razzista isola le differenze (fittizie) per naturalizzarle ossia
strutturarle nella massa, attribuendo loro valori negativi o positivi che determinano
la superiorità o l’inferiorità della presunta razza.
L’analisi di Taguieff ha mostrato come questo dinamismo ossia la capacità
dell’ideologia razzista di adattarsi sempre a nuove situazioni sociali, politiche,
culturali, e come questo dagli anni 60 ha determinato la trasformazione di un
nuovo lessico razzista non riconoscibile ed identificabile in maniera
immediata , però esso mantiene la stessa logica funzionale del razzismo. Questo
fenomeno è stato definito da Taguieff come svolta culturalista o differenzialista
del razzismo, che porta cosi alla nascita del NEORAZZISMO incline ad
individuare ed estremizzare le differenze culturali dei vari gruppi umani
(tradizioni, religione,lingua,stili di vita…) piuttosto che concentrarsi su quelle
fisiche come in passato.
Nel neorazzismo la parola razza viene sostituita con quella di etnia perlomeno in
apparenza.
Superato il piano linguistico, si scopre che le differenze che il neo razzismo
affronta con l’utilizzo del concetto di etnia vengono concepite da diversità naturali
facenti parte del patrimonio di gruppo umano, privo di storia e mobilità
strutturali, ossia IMMUTABILI. Questo significa che non potrà mai esistere
una comunicazione vantaggiosa tra due culture diverse poste a confronto poiché
esiste tra queste un’insuperabile incomunicabilità. Questa concezione distorta
del concetto di etnia instaura una serie di reazioni a catena per le quali è stato
possibile intravedere un discendente della parola razza.
Se inizialmente il concetto di etnia risultava essere abbastanza limitante ( Greci:
popoli accomunati da una discendenza comune) successivamente si è accettato il
principio dello scambio fra tipi umani diversi che ha garantito la sopravvivenza
del gruppo etnico condividente soltanto il patrimonio culturale e linguistico.
L’etnia può essere composta da individui morfologicamente dissimili a patto che
questi partecipino allo stesso modello culturale.
A metà XIX secolo l’idea di appartenenza è stata affiancata al termine neutralità
della comunità ossia, sono concepite le etnie come entità formate da un numero
ristretto di individui dotate di caratteristiche pure e immutabili. Ciò ha provocato
la nascita dell’idea di un gruppo etnico dalla quale poi si son generati una serie di
conflitti interni agli stessi gruppi, in virtù di una convinzione sbagliata mandata
avanti dalle scienze sociali e dall’antropologia.
Dagli anni 70 si è registrata un inversione di rotta concettuale del termine etnia
poiché si è giunti al riconoscimento del carattere mutabile delle etnie il cui
funzionamento interno è sempre soggetto a variazioni, le etnie sono mutevoli
e hanno un costrutto storico, soggetto a continui processi di CONTATTO,
SCAMBIO e MESCOLANZA tra gruppi umani.
Nel ’40 e ’60 del XX secolo si è soffermato dul carattere culturale delle etnie;
’70 sui processi di interazione storica, sociale e simbolica attraverso i quali gruppi
avvertono la propria identità;
’80 in poi processi socio economici globali hanno consentito alle etnie di
affermare la propria identità.
Nell’accezione contemporanea del termine con etnia si indicano gli “altri”
gruppi umani culturalmente diversi da noi.
2.3 Razzismo differenzialista
Razzismo differenzialista : è quella tendenza sviluppatasi nella società
contemporanea in cui considera paradossalmente l’uguaglianza di tutte le
“razze,specie” che non si distinguono più come avveniva in passato attraverso
fattori biologici, ma su fattori culturali.
Il razzismo differenzialista difende i mescolamenti di una specifica popolazione
perché rischiano di “snaturarla” e per farlo è necessario un duro isolamento ove
bisogna rifiutare il contatto con l’altro diverso da noi.
Se in passato il razzismo legittimava una serie di comportamenti sociali, come lo
sfruttamento di gruppi umani considerati inferiori, lo stesso modo lo fa il razzismo
differenzialista, giustificando altrettanti atteggiamenti basati sulla percezione e
sulla paura della diversità dell’altro, rifiutando il fenomeno di immigrazione
poiché considerata come invasione di una cultura.
In questo modo sopravvive l’antica idea di razzismo e viene mascherata con il rifiuto
e la negazione dell’individuo diverso, questa serve per preservare l’identità
culturale e garantirne la sopravvivenza nella contemporaneità ove vi è una crescita
esponenziale del fenomeno di globalizzazione che tende a massificare e omologare
le culture.
Il razzismo differenzialista è un paradosso continuo: se da un lato cerca di
preservare l’integrità di etnie eterogenee contro la cultura di massa dall’altro
relega una dimensione ristretta in cui è impossibile instaurare un processo di
integrazione e convivenza pacifica
Le culture oggi appaiono come astrazioni di una totalità coerente e sono fortemente
caratterizzate da valori tradizionali: esempio il cibo, abiti, riti… cosi accade spesso di
rimanere delusi nel momento in cui ci si rende conto che lo straniero non soddisfa
l’immagine che ci siamo creati di lui in quanto parte di una determinata cultura.
Il differenzialismo nella sua piccola accezione positiva è lontano dal fenomeno del
razzismo propriamente detto e sottolinea l’importanza di salvaguardare le differenze
etniche e culturali contro un fenomeno impetuoso omologazione.
2.4 Le etnie, le etnicità e il popolo
Come abbiamo già visto il significato di etnia, etimologicamente parlando
rimanda al significato di comunità, popolazione, popolo, stirpe, clan, tribù, per
etnia possiamo dire che è caratterizzata da raggruppamenti umani, di piccole o
medie dimensioni caratterizzati dall’appartenenza a medesime condizioni
religiose, politiche e culturali.
Però non vi sono ragioni specifiche che delineano l’appartenenza all’etnia , le
differenze di carattere biologico e culturale sono spesso limitate e non sempre
significative, subentra quindi la soggettività dell’individuo mediante il quale
scaturisce un fenomeno di identità e appartenenza, l’individuo prende coscienza
e si identifica in un determinato gruppo.
Non esiste l’origine etnica delle nazioni, cosi come fu teorizzata da alcuni studiosi
bensi è possibile in questo caso parlare di etnicità = l’insieme delle concezioni e
norme che regolano e disciplinano la vita di gruppi umani accumunati da una
serie di fattori : lingua, storia, territorio, la COMUNANZA DI TALI
ASPETTI DETERMINA IL RICONOSCERSI COME UN POPOLO,
IDENTITA’ ETNICA UNITARIA, CHE GIUSTIFICA LA VOLONTA’ DI
AUTONOMIA POLITICA.
In che modo l’etnia diventa in grado di conoscere se stessa come popolo?
Per popolo si intende un complesso di individui di uno stesso paese che avendo
stesse tradizioni, lingua, religioni, rituali e un sistema legislativo e culturale
medesimo COSTITUISCONO UNA COLLETTIVITA’ ETNICA E
NAZIONALE o formano comunque una nazione indipendente dal fatto che vi sia
indipendenza o unità politica.
Nella terminologia giuridica il popolo è L’INSIEME DI INDIVIDUI CUI
SONO RICONOSCIUTI DI DIRITTI DI CITTADINANZA PRESENTI IN
UNO STATO , qui possiamo far riferimento all’articolo 1 della Costituzione.
Nel corso della storia il termine popolo ha assunto diversi significati, i principali
sono:
1. Popolo come totalità di individui uniti da un vincolo:
- Giuridico-politico (italia a partire dal 1861);

- Storico-culturale (italia prima del 1861);

- Etnico-geografico(popolo normanno o siciliano);

- Religioso(popolo di fedeli).
2. Popolo inteso come l’insieme di unomini in una medesima società che
condividono una condizione di mancanza di potere e di ricchezza.
Sul piano politico abbiamo il popolo che si distingue dalle èlites
politiche e sociali ad esempio.
 Il termine popolo era inteso nella cultura greca con significati diversi
come:
insieme dei liberi coltivatori e allevatori
comunità di armi( Omero);
l’insieme dei governanti
Nella democrazia di Pericle : il popolo era l’insieme dei cittadini che
governavano tramite l’assemblea.
 A Roma il popolo era la totalità di coloro che non erano ottimati – LA
PLEBE (populus plebesque), mentre in età repubblicana era l’insieme dei cives
romani(civili).
Cicerone affermò che la res publica coincideva con la res popoli, però popolo
non era un insieme di uomini qualsiasi riuniti in un gruppo ma un insieme di
uomini che ha per fondamento l’osservanza della giustizia e la comunanza di
interessi.
Cosi derivò una definizione giuridico-politica del termine popolo che non
teneva in considerazione alcun elemento etnico, culturale e territoriale, per
indicare infatti questi termini si utilizzava il termine natio che significa,
appunto, nativo, nazione.
 Nel medioevo ci fu un’altra concezione dell’idea di popolo , Manegoldo
di Lautenbach abbozzò l’idea di un patto tra il popolo e il suo re, che aveva il
compito di proteggerlo, cosi facendo il popolo non si innalzava mai al di sopra
del re.
Nel basso medioevo si rafforzò l’idea attraverso Tommaso d’Aquino con l’idea
di un principato comune, il principato di tutti, dove tutti possono essere eletti
poiché eletti da tutti, o con l’idea di Tolomeo de Lucca che affermò che coloro
che avevano coraggio e intelligenza non potevano essere governati se non con
un regime politico arrivando poi a Marsilio da Padova per il quale la legge è
volontà del legislatore,
Poi il concetto di popolo venne ripreso da Macchiavelli ove il concetto di
popolo, è la chiave della sua opera “il Principe” in cui afferma anche che il
consenso popolare era decisivo ai fini della stabilità politica.
 Nel 1600 Hobbes trattò in maniera più dettagliata la nozione di popolo
contrapponendolo a quello che definisce moltitudine, egli rifiuta la teoria del
doppio patto presente nella precedente tradizione concettualistica secondo la
quale una moltitudine di individui si univa in un popolo attraverso un
pactum societatis, e il popolo tramite metteva in atto un ulerioree patto
con il sovrano il pactum subjectionis per dare vita alla Civiltas, Stato. Per
Hobbes prima della nascita dello stato non esisteva un popolo riconosciuto, ma
una MOLTITUDINE di individui non identificabili coinvolti in continui
conflitti. Solo dopo la stipula del patto il popolo poteva nascere come entità.
 Con Rousseau il popolo divenne una vera e propria realtà politica con il
concetto che essendo tutti gli uomini nati liberi ed uguali l’unica associazione
politica in grado di preservare tali condizioni era quella fondata su un patto in
cui ogni individuo cedeva i suoi diritti a tutta la comunità, da questo patto
emerge un corpo morale e collettivo chiamato popolo, formato da
sovrani(legislatori) e sudditi(chi si sottopone alla legge).
 Il filosofo Heder intese l’idea di popolo in termini esclusivamente
culturali, ogni popolo era visto come una grande individualità storico-culturale
e si esprime attraverso il linguaggio, la tradizione, la religione.
 Con Hegel abbiamo una concezione dialettica della storia, e della
successione di essa con gli spiriti dei popoli (Volksgeister) in ogni epoca esiste
un determinato popolo che incarna valori più alti raggiunti in quel momento
della storia universale. Ne scaturisce che questo popolo ha il diritto di esser
considerato dominante.
 Marx sostenne la necessità di distinguere in diverse fasce di individui
che formano un popolo : il popolo non è un entità omogenea ma differenziata e
la sola classe unitaria è quella operaia che con la scomparsa delle classi
intermedia costituirebbe la maggioranza del popolo in grado, attraverso l’atto
rivoluzionario, di rovesciare la vita politica.

2.5 Etnocentrismo e relativismo culturale

Una nozione allegata al termine razzismo potrebbe essere sostituita con il


termie Etnocentrismo = parte dell’atteggiamento del “noi” contrapposto
“all’altro”. L’etnocentrismo è quell’atteggiamento che consiste
nell’osservare una cultura diversa dalla propria e giudicarla in base al
proprio ordine di valori, considerati come metro di paragone e valutazione
in base ad altre forme culturali.
Ogni uomo inconsciamente è interessato a tale comportamento poiché qualsiasi
società tende a ritenersi culturalmente superiore ad altre.
L’atteggiamento etnocentrico diventa comprensibile nel momento in cui
considera l’essere umano come conoscente solo del proprio vissuto, e guarda in
maniera indiretta e superficiale quello degli altri, il pensiero etnocentrico nasce
esclusivamente su un bagaglio personale di esperienze. Basti pensare che
anche i fondamentalismi rappresentano un caso contemporaneo del fenomeno
dell’etnocentrismo, ad esempio il fondamentalismo islamico che reclama la
sua dottrina come autentica e infallibile rispetto alle altre.
In Europa questo fenomeno si manifestò durante il periodo colonialistico ed
imperialista, o durante il periodo nazista e fascista con l’affermazione della
mala interpretazione dell’ideologia evoluzionistica volta alla sopraffazione di
popolazioni diverse.

Relativismo culturale:
Precursore del moderno relativismo culturale è il filosofo francese Michel de
Montaigne, nel XVI secolo scrisse l’opera Essais, sostenendo il principio di
ingiustificabilità dei giudizi riguardanti popoli diversi qualora l’unico
termine di paragone fosse stata la conoscenza esclusiva dei propri
costumi .
La critica all’etnocentrismo continuò, l’antropologo Melville Jean Herskovits
si accorse come tale fenomeno fosse strettamente connesso al rafforzamento
dell’io, Herskovits a riguardo formo la teoria del RELATIVISMO
CULTURALE : i giudizi di valore assumono senso solo nel momento in cui
vengono considerati nell’ambito della propria educazione e formazione
culturale, di conseguenza NON esiste una definizione certa di giusto, sbagliato,
normale, anormale, poiché questi parametri vanno legittimati solamente
rapportandoli alla propria società.
Il relativismo culturale rappresenta una delle risposte alle teorie della
complessità delle differenze culturali, anche se tutt’oggi è oggetto di un
dibattito acceso tra sostenitori e oppositori.
Se estremizzato l’indirizzo relativista può enfatizzare in maniera eccessiva le
diversità culturali sino a renderle incomparabili questo rischio si evidenzia
nell’intendere la cultura come unicum irriducibile e si rinuncia alla reale
comprensione dell’altro negando anche ogni interazione sociale. Se osserviamo
il mondo contemporaneo ci accorgiamo come la molteplicità delle culture
non trova più un terreno comune per un confronto sicuro, ciascuno
sembra esser chiuso nei propri confini sociali, nel pensiero occidentale.

2.6 Religioni, nuovi media e politica


Il rapporto presente tra politica religione e mezzi di comunicazione recenti e meno
recenti sono da sempre intrecciati e molto attivi.
Che si tratti di stati :

- Dittatoriali : in questi stati il rapporto fra media, religione e politica varia a


seconda del temperamento del dittatore e al tipo di religione presente sul
territorio .
-Teocratici : gli stati teocratici sono l’emblema del rapporto tra religione politica e
nuovi media, come quelli musulmani, in cui le informazioni trasmesse per mezzo dei
media sono costantemente sotto il controllo delle autorità e vengono uniformate,
guidate, determinate, monitorate anche in virtù di un forte fondamentalismo
religioso di base.
Questo sistema giuridico applica un sistema di controllo dei contenuti molto
rigido punendo ferocemente le trasgressioni . Il rapporto che si instaura con la
religione è un rapporto univoco e non di dialogo, I MEDIA AGISCONO AL
COMPLETO SERVIZIO DELLA RELIGIONE, DELLA POLITICA E DEI
LORO RAPPRESENTANTI.
- Democratici : in questi stati si instaura un rapporto dialettico e interagisce con
una serie di fattori diversi. Possiamo prendere in esempio il caso dell’Italia nel
secondo dopo guerra e la relazione che si instaurò tra religione cattolica, politica e
mezzi di comunicazione. Se la Chiesa mirava alla conservazione
tradizionalistica dei propri precetti e strumenti mediatici per interagire con la
massa la cultura moderna attuava nuovi processi sociali, politici ed economici.
La chiesa si adattò ai cambiamenti dati dai media e utilizzò questi strumenti per
perseguire fini personali.
Le istituzioni ecclesiastiche si proponevano come supporto di moralità di fronte
ad una società sempre più corrotta e liberale. Come avvenne nel fascismo, in
cui al CentroCattolico Cinematografico era affidato l’importante compito di
monitorare la produzione cinematografica e controllarla per censire tutte le opere
ritenute inadeguate all’ideologia del regime.
Il censore veniva considerato il DIFENSORE DELLA FEDE . Un’attenta
analisi della politica adottata dal CCC che nel 1956 controllava ben 6mila sale ha
consentito di verificare la durata, anche nel dopoguerra, di paradigmi culturali
vigenti nei media del regime totalitario.
I media diventarono un potente veicolo di comunicazione in grado di
condizionare la percezione di ciò che poteva essere considerato “morale”,
“immorale”.
Le autorità ecclesiastiche non sembrarono cogliere a pieno la portata dei
mutamenti sociali derivanti dal nuovo modello consumistico della vita ,
La natura politica di azione dei media favoriva una capacità di pensiero più
autonoma, libera, dotata di spirito critico da parte del singolo individuo.
E per questo il cattolicesimo italiano non favorì tale percorso critico tanto che
si parlò di Fascismo cattolico, intendendo le organizzazioni ecclesiastiche come
una vera e propria malattia sociale basata sull’abdicazione del pensiero e della
protesta. Poiché la chiesa operava al fine che gli stessi cattolici potessero produrre
giornali, film.. capaci di competer con i media indipendenti in modo da portare
avanti la fede cattolitca attraverso il metodo della:
Buona stampa o del cinema Moraleggiante.
CIO’ CHE ACCADDE E’ CHE LA STAMPA CATTOLICA FINI’ PER
SODDISFARE GLI INTERESSI ISTITUZIONALE E POLITICI DEI
MOVIMENTI, (ad esempio il Partito Cattolico) mettendo in secondo piano i
doveri della fede.
A partire dagli anni ’60 il panorama complessivo dei media cattolici fu segnato da
un sostanziale immobilismo accompagnato da una minima apertura all’ambito
storico e politico, ovviamente le trasformazioni sociale indotte da una fase di
sviluppo e una crescente industrializzazione mettevano in crisi l’ideologia
cristiana, la Chiesa diventò sempre più intransigente nei messaggi lanciati dai
nuovi media, che, con la nascita della televisione riuscivano a raggiungere le
masse direttamente nelle loro case.
Solo con Concilio vaticano II un processo di rinnovamento della chiesa, in cui
veniva riconosciuta la libertà di espressione e garantiti la circolazione di idee e
scambi di esperienze tra vescovi e teologi di tutto il mondo apportò un cambio di
rotta che non fu ben visto sia dalla chiesa che continuava a sostenere una
posizione più tradizionale che dall’ambito politico e sociale, in questo clima di
inquietudine in cui la chiesa era divisa :
- Da un lato chi rivendicava il diritto di poter esprimere in
maniera libera le proprie opinioni
- Dall’altro quelli che contestavano tale libertà auspicando
a un maggiore controllo ecclesiale.
Paolo VI tentò di conciliare le parti opposte donando alla chiesa italiano una
fisionomia uniforme, tentando di abbandonare le posizioni intransigenti della chiesa
apportando un mediazione e dialogo culturale, difendendo cosi attraverso i media
anche la moralità intraprendendo battaglie contro l’aborto, il divorzio etc..
Dagli anni ’70 i movimenti laici tentarono di estromettere sempre più le istituzioni
cattoliche dal circolo della comunicazione, sia dal mondo della stampa che da quello
televisivo, ma la chiesa si dimostrò capace di utilizzare il potere mediatico senza farsi
sedurre dalla sua logica interna, e lo riusci a domare a beneficio della società,
Tuttavia la posizione cristiana all’interno del sistema mediatico rimaneva sempre
subordinata ai poteri laici e socialisti. All’interno della stessa Rai alcuni cattolici
decisero di schierarsi con la destra economica, determinando l’indebolimento
dell’unica istituzione mediale nella quale l’influenza del gruppo dirigente
cattolico mostrava esser forte.
Con l’avvento dell’era di Berlusconi in una società di forte crisi ideologicaa , con
l’esplosione dello scandalo della corruzione fu INTRODOTTO UN MODELLO
MEDIATICO BASATO SULLA PREVALENZA DELLE LOGICHE
COMMERCIALI , abbandonando in maniera evidente, la PREOCCUPAZIONE DI
TUTTA UNA SERIE DI VALORI CHE ERA SOPRAVVISSUTA SINO A
QUALCHE ANNO PRIMA. Cosi dagli anni 80 e poi 90 la posizione della chiesa nei
media si indeboli, il messaggio religioso veniva spesso trasmesso in maniera
distorta tanto da preferire l’accentuazione su elementi magico sacrali, emozioni
e consumo, vi era una necessità da parte delle istituzioni religiose di intervenire
attraverso una comunicazione efficace e autentica cosi che cinque anni dopo fu
approvato un progetto di rafforzamento dei media cristiani per renderli autonomi e
svincolati dal potere politico e laico tale strategia venne giustificata in virtu della
necessità di contrapporsi alla nuova riforma ideologica di tipo consumistico. La
chiesa in un caotico sistema di comunicazione tentava anche di conservare una sorta
di etica dei contenuti e delle modalità adottate per trasmetterli, la chiesa italiana oggi
ha accettato di entrare appieno nel gioco dei media.
2.7 Il fondamentalismo religioso
Per fondamentalismo si intende l’estrema radicalizzazione delle credenze religiose
che, solitamente, genera atteggiamenti di violenza e odio, solitamente il
fondamentalismo implica quelle religioni che si basano sui testi sacri, testi rivelati
come : ebraismo, cristianesimo e islamismo .
Il fondamentalismo si impose come movimento religioso vero e proprio tra il 1878 e
il 1918 nell’ambiente della Chiesa battista statunitense in opposizione al
protestantesimo modernista accusato di voler adattare la verità del cristianesimo
alla società contemporanea depravandone i significati.
Il termine fondamentalismo deriva dal titolo di alcuni volantini “i fondamentali”
comparsi negli Stati Uniti tra il 1910 e il 1915 dove si enunciano i punti basilari
della dottrina cristiana cosi com’era rivelata dai testi sacri ( dogma trinità,
resurrezione, giudizio universale etc.) dei quali si accettava la verità senza aver
bisogno di ricorrere a verifiche storiche, scientifiche e archeologiche.
Si credeva che la Bibbia fosse la parola di dio in quanto rivelata direttamente da
lui e non che la Bibbia contenesse la parola di dio pronunciata tramite Gesù all’uomo,
quindi la parola di dio è sempre autentica e infallibile. Diciamo che questo
movimento apparve come un vero e proprio biblicismo radicale in cui la veridicità
del messaggio è trasmessa attraverso l’interpretazione LETTERALE DEL TESTO
SACRO.
Il primo fondamentalismo americano era caratterizzato da una forte critica anti-
ecumenica e fu condotta dall’ICCC e fondata nel 1948.
Invece, il fondamentalismo protestante americano apparve alla fine del XX secolo e
si è espresso soprattutto attraverso figure di predicatori televisivi che
raccomandano l’osservanza dei precetti evangelici nella costanza alla preghiera,
strumento per ottenere la salvezza.
Nel 1970 il fondamentalismo era un concetto che si estese ad inglobare tutte quelle
tendenze che NEGAVANO qualsiasi ipotesi di evoluzione storica applicata ai
principi della fede, RIFIUTANDO una visione più ampia di questi principi
(come quello di poterli applicare alla vita politica e sociale. Si iniziò a parlare di
fondamentalismo anche diverso da quello evangelico statunitense, esso si mosse
all’interno del contesto : cattolico, giudaico e musulmano.
Le caratteristiche accomunano questi fondamentalismi sono:
1. IL PRINCIPIO DELL’INERRANZA DEL LIBRO SACRO: il
contenuto del libro dev’essere osservato nella sua interezza e comprende la
verità assoluta poiché parola di dio.
2. IL PRINCIPIO ASTORICO DELLA VERITA’ DEL LIBRO: Il libro è
astorico quindi è impossibile collocare il messaggio religioso in una
prospettiva storica e modificarlo in base ai cambiamenti della società
umana.
3. IL PRINCIPIO DI SUPERIORITA’ DELLA LEGGE DIVINA SU
QUELLA TERRENA: Il libro appare come modello sociale perfetto e
superiore a qualsiasi altra forma di società poiché la sovranità politica trova
legittimazione solo nella sovranità divina.
4. IL PRIMATO DEL MITO DI FONDAZIONE: è un mito originario per
l’identità di un gruppo o un popolo intero che mettere in risalto
l’assolutezza del sistema di credenza, fondando cosi il senso profondo che
unisce tutti i credenti.
Uno degli aspetti rilevanti nel fondamentalismo è la sindrome del nemico, i
movimenti fondamentalisti esprimono il disagio sociale nato dal terrore di perdere la
propria identità collettiva a causa di diversi fattori:

- Pluralismo democratico,

- Capitalismo

- Secolarismo
Etc
Questi fattori delineano qual è il nemico da combattere per difendere la memoria
passata di una superiore origine: il patto di alleanza con dio e la legge sacra.
I fondamentalismi si sono sviluppati e rafforzati diventando gruppi organizzati e
solidi, che influiscono nella vita politica la causa per cui questo è accaduto si trova
principalmente nei PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE SOCIALE,
ECONOMICA E CULTURALE che in un periodo avevano offerto all’uomo un
senso di identità e appartenenza ma essendo un processo in divenire non sarà mai
identico a se stesso. La religione approfitta di queste instabilità offrendo un’identità,
cosi che le organizzazioni religiose si pongono come obiettivo di soddisfare le
necessità sociali che gli stati non sono in grado di fornire : servizi medici, scuole, in
caso di difficoltà economiche, questo lo fanno spesso sottraendo soldi pubblici
direttamente verso vie agevolate molto spesso eludendo la legge o con indiretti
accordi con governi. La disgregazione dell’ordine sociale crea terreno fertile per la
propaganda religiosa.
Il fondamentalismo è un movimento antisecolare antiuniversalismo etnocentrico,
esso confuta il relativismo, l’indiviualismo e lo scientismo lottando per uno
sviluppo politico-economico teocratico

Movimenti fondamentalisti
E’ necessario rilevare differenze tra il fenomeno del fondamentalismo e alcuni
movimenti simili.
Abbiamo :
1. L’integrismo : una corrente di pensiero nata già nell’800 all’interno del
cattolicesimo, in seguito al fenomeno dell’Illuminismo e della Rivoluzione
francese. L’ennesimo passo avanti in quell’epoca suscitò nel mondo
cattolico il timore di perdere il potere e i privilegi poiché venne messa in
discussione la stessa religiosità. L’integrismo nacque per salvaguardare
la fede e la cristianità affermando il proprio ruolo. L’integrismo ha come
interesse prioritario la dottrina della chiesa, ove l’impegno politico da parte
dei cattolici è volto a instaurare una società cristiana e uno stato teocratico
ove: ogni sovranità proviene da Dio, l’unico vero Sovrano dell’Universo
intero. A differenza del fondamentalismo l’integrismo con il rapporto tra
testo sacro e autorità garante sottintende la possibilità da parte
dell’autorità di continuare ad apportare modifiche in CONFORMITA’
E UTILITA’ ai cambiamenti mentre il fondamentalismo preclude a
chiunque di MODIFICARE E RICONSIDERALE LA PAROLA DI
DIO.
2. Tradizionalismo: si intende una tendenza comune a molte religioni di non
apportare alcuna modifica alla confessione consolidata, intesa non solo
come lettura canonica del testo sacro ma questo vale anche nelle pratiche
liturgiche e rituali.
3. Conservatorismo : legato alla tradizione religiosa consolidata e si oppone a
qualsiasi suo mutamento pena la perdita di influenza sociale nella religione
e dell’equilibrio che essa garantirebbe.
Queste ultime due correnti si distinguono dal fondamentalismo dal momento che non
contemplano il principio dell’ INERRANZA DEL TESTO SACRO né “il mito di
una società delle origini che debba essere riprodotta nel tempo presente”.
Il fondamentalismo islamico

Il legame tra fondamentalismo e religione cristiana è sostanziale, anche se quando si


parla di fondamentalismo il primo pensiero va soprattutto al medio oriente in
particolare all’islam. Anche la fede islamica è una religione esotica, monoteista,
patriarcale caratterizzante per l’identità personale e collettiva di una popolazione ben
identificata.
Islam deriva dalla radice slm che significa “essere incolume” ‘essere sicuro’
‘affidare’ La definizione semantica della parola islam rimanda alla concreta ed
attiva sottomissione alla volontà del Dio Unico .
La paroal islam è etimologicamente legata “salam” che vuol dire “pace” espressione i
cui mussulmani di tutto il mondo si salutano come “as-salam ‘alaykum” “che la pace
sia con te”.
Un elemento chiave per capire la religione islamica è la condotta del musulmano
completamente devota alla volontà di Dio, egli fa di questa dimensione etica la
sua missione, non c’è aspetto della vita dell’uomo separabile da quello etico.
Secondo i musulmani la parola di dio è il Corano poiché essa è eterna, perfetta e
universale cosi anche il Corano ha queste caratteristiche. Nel Corano il credente
rintraccia le norme spirituali, etiche, giuridiche e sociali necessarie nella vita privata e
collettiva.
Shari’a ( retta via ) è l’insieme delle norme che regolano la vita del musulmano.
La perdita dell’identità causata dal modernismo ha scatenato l’esigenza sentita da
molti musulmani di una rinascita islamica che ha provocato l’esplosione del
fondamentalismo con toni più aggressivi.
La nascita del fondamentalismo islamico proviene dal nazionalismo panarabo e
panislamico sostenuto da Gamal ad-Din al-Afgani nel XIX sec. predicava la
necessità di una ripresa dei principi islamici a scapito del cristianesimo europeo,
assieme ai suoi discepoli : egiziano Muhammad ‘Abduh e il siriano Rashid Rida
impegnati a garantire la rinascita e l’unificazione della nazione musulmana in
contrapposizione alle ideologie occidentali.
Questi intellettuali erano in genere riformatori favorevoli a governi costituzionali, ma
solo nella prima metà del 900 si delinearono con chiarezza le posizioni
fondamentaliste in relazione ai movimenti di riforma islamica ai quali veniva
criticato il forte spirito occidentale e l’atteggiamento tollerante nei confronti dei
paesi europei.
L’ordine islamico dominato dalla shari’a avrebbe risolto i problemi interni dei
governi e della società araba causati dalla dominazione occidentale mentre i
fondamentalisti islamici rifiutavano qualsiasi compromesso ricorrendo ad azioni
di violenza contro coloro che non accettavano le loro opinioni, un eccezione a
questo avvenne negli anni ’20 del 900 in Arabia Saudita dove fu deciso di restaurare
posizioni più moderate in virtù di accordi economici stretti con i paesi occidentali per
le risorse petrolifere. Invece in egitto l’azione del fondamentalismo fu più forte e
determin la nascita dell’organizzazione ‘Fratelli Musulmani’ 1928 nata ad opera
dell’insegnante Hasan al-Banna e presto diffusa anche in altri stati del mondo arabo
post-coloniale, Hasan al-Banna promuoveva la formazione di uno stato fondato sugli
insegnamenti del corano e mirava a rinnovare l’islam mediante l’imposizione della
legge islamica a tutte le attività sociali e politiche, sostenendo che i musulmani di
tutto il mondo e di ogni razza facessero parte di un’unica Nazione islamica. Per
diffondere queste idee i Fratelli Musulmani si dedicarono ad un’intensa attività
politica e militante e divisero il loro movimento in tre categorie

- Assistente, affiliato e attivo

In più vi era una quarta categoria clandestina il combattente punto di forza per
l’organizzazione segreta. Benchè questo movimento aveva l’intensione di espandersi
nei restanti paesi musulmani, come la Siria, il movimento rimase influente solo in
Egitto, ove ebbe un notevole successo sin dagli anni 40, ma nel 1948 fu interdetto
come movimento poiché la sua pericolosità combattiva infranse una buona parte
delle ideologie del fondatore. Nonostante ciò i Fratelli musulmani continuarono a
sopravvivere ed ad agire in maniera illegale, uccidendo il primo ministro egiziano e
provocando una dura reazione del governo che fece assassinare il fondatore del
movimento Hasan al-Banna.
Dopo questi avvenimenti il movimento fu restaurato in chiave più radicale da Sayd
Qutb e da Abu al-Alala al Mawdudi tentando di aggiornare la struttura del
fondamentalismo islamico proponendolo come una soluzione alternativa al
fallimentos torico del nazismo e del comunismo e insistendo di imporre
indiscriminatamente la legge islamica parificata ad un codice civile e penale
universale.
Nel complesso però questi movimenti furono sottovalutati sia dall’opinione pubblica
che dagli intellettuali musulmani moderati fin tanto che
Le posizioni fondamentaliste trovarono terreno fertile per rafforzarsi nella delusione
vissuta dalle masse arabe di fronte alle difficoltà d’affermazione del nazionalismo
arabo laico.
Insistendo contro la cultura occidentale i fratelli musulmani proseguirono le loro
campagne e assassinarono il presidente egiziano Sadat nel 1981 oltre al perpetuare
una serie di azioni violente nei confronti dei turisti a scopo di mettere in crisi uno
dei settori più produttivi del paese.
Solo negli anni ’80 i movimenti fondamentalisti iniziarono a riscuotere un
successo politico determinato da un evento decisivo: LA RIVOLUZIONE
IRANIANA DEL 1979 l’arresto e l’esilio dell’influente ayatollah Khomeini 1963
fermò per dieci anni l’opposizione religiosa finche il popolo non ritrovò in lui, nel
1979 un rimpiazzo della monarchia persiana con un regime rigidamente islamico le
cui intenzioni erano quelle di diffondersi nel resto del mondo arabo e di
sovvertire tutti i governi non islamici, dichiarando guerra all’Occidente interno
e in particolare agli St uniti. Khomeini prese il potere e dichiarando che lo stato
islamico doveva fondarsi sulla dottrina del corano, aumentò il potere della classe
religiosa e instaurò scuole di formazione anti occidentali, con un rigido controllo
di condotta. Dopo la morte di Khomeini (1989) e 8 lunghi anni di guerra in iraq
(1980.1988) nel paese si attuarono delle riforme politiche, nonostante i
fondamentalismi continuarono a sopravvivere grazie al clima di povertà generale
della maggior parte della popolazione. Questi si estesero fino a diventare consistenti
nei pasi dell’asia meridionale : Pakistan, Kirghizistan, Afghanistan etc … e
divennero consistenti anche nel sud- Est asiatico.
Fenomeni analoghi si riscontrarono anche in africa settentrionale, in sudan, algeria.
Recentemente si è assistito alla nascita del movimento integralista ISIS che è
l’acronimo inglese di Islam State of Iraq and Sham, dove per Sham si intendono tutti
quei territori che comprendono la Siria, la Palestina, Libano, Giordania. Questo
movimento promuove l’applicazione estremizzata della shari’a in qualsiasi ambito
della società umana, si ritiene che la Legge Islamica prenda ispirazione non soltanto
dal Corano ma anche dalla Sunna ovvero , dai racconti del Profeta ritenuti entrambi
testi rivelati e quindi precetti guida da applicare in tutti gli aspetti della
quotidianità . L’estremizzazione di quest’ideologia comporta il ricorso alla Jihad,
ossia la guerra santa, che garantisce l’applicazione efficace della shari’a e
consentirebbe l’espansione della religione islamica nel mondo.
L’isis nacque in seguito alla particolare situazione dell’Iraq nel 2003-2004 nel
periodo della seconda guerra del golfo, combattuta tra St uniti e Gran Bretagna .Dopo
l’attentato dell’11 settembre 2001 agli USA il governo Bush intraprese dapprima una
guerra contro l’Afghanistan governata dai talebani per poi estendere il conflitto anche
in Iraq che nel 2010 verrà occupato.
L’occupazione prolungata e i conflitti interni tra sciiti e sunniti generarono un
contesto fortemente instabile nel quale con la caduta del regime di Saddam Hussein si
assistè alla nascita della proliferazione dell’attuale ISIS, di cui fondatore del
movimento du Abu Mussab Zarqawi, che fondò il movimento AQI un gruppo
affiliato con Al Qaeda e Bin Laden fuori dai territori dell’Afghanistan. Questo
movimento (AQI) si fece promotore di attentati violenti nei confronti dell’esercito
americano e dei civili sciiti e curdi , con l’intenzione di eliminare tutta la popolazione
che non si confaceva alla shari’a (curdi, ebrei, sciiti, sufi, cristiani etc) alla morte di
Zarqawi il gruppo terroristico espanse i suoi militanti e nacque lo Stato Islamico
dell’Iraq (ISI) che si trasformò in ISIS con la penetrazione di esso nel popolo siriano,
il 29 giugno 2014 l’ISIS proclamò ufficialmente la nascita del califfato islamico sui
territori occupati scatenando un’offensiva terroristica che colpì il mondo intero .
A differenza di altri gruppi terroristici l’isis è un’organizzazione economicamente
solida, e questo ha contribuito alla sopravvivenza, infatti nei paesi che fino al 2017
erano sotto loro controllo, l’isis aveva istituito una raccolta di tributi, in cui aveva
venduto petrolio, opere d’arte per contrabbando, commerciato schiavi etc.. Lo stato
islamico è caduto nel 2017 per opera di una coalizione russo siriana aiutata dai Curdi.
Il fondamentalismo cristiano protestante
Il fondamentalismo settario cristiano protestante è emerso negli Stati Uniti d’America
alla fine dell’800 e si è diffuso principalmente tra il 1925 e il 1975, diventando
sempre più visibile nella sfera pubblica attraverso una propria Jihad(guerra santa)
collettiva attuata con:
- apertura di scuole confessionali private ma che spesso usufruivano di
fondi pubblici;
- un marketing accurato attraverso reti radio e televisioni;
- organizzazione di campagne contro l’aborto, la nudità, le differenze di
genere combattendo le campagne politiche e culturali sviluppate a partire dal
1968
- precisi accordi politici volti a ricevere il sostegno dei leader.
L’obiettivo finale dei fondamentalisti protestanti era in particolare lottare
secondo il loro punto di vista in una concezione dello STATO NEUTRALE,
IN CAMPO ETICO, PERMISSIVO E TOLLERANTE NEI CONFRONTI
DI ATTEGGIAMENTI GIUDICATI IN CONTRASTO CON LA
RIVELAZIONE BIBLICA. Si parlerà sempre più in termini generali a
riguardo di Nuova Destra Cristiana .
Rispetto ai fondamentalismi delle origini, questi movimenti hanno saputo usare
a loro favore tutti i mezzi moderni di mobilitazione e aggregazione per ottenere
il consenso popolare superando i confini del fondamentalismo originario tra
azione religione e azione politica diretta e in riferimento alla svolta avvenuta
verso una politicizzazione dell’agire religioso si è anche parlato di neo-
fondamentalismo anche se ad oggi il termine non è opportuno per via. La destra
conservatrice americana ha comunque resistito ed è presente in maniera totale
nelle rappresentazioni politiche, e approfitta delle guerre presidenziali per
intensificare una propaganda anti islamica.
Il fondamentalismo ebraico
Il fondamentalismo ebraico unisce tutti gli elementi tipici del movimento come:

- Inerranza del testo;

- L’astoricità;

- La superiorità della legge divina su quella terrena

- Un messianismo salvifico legato a una precisa


collocazione territoriale. La credenza che arriverà un
messia a salvare l’intera popolazione
Questo movimento in questo caso indica l’affermazione di un’identità etnica e
l’aspirazione che essa possa essere riconosciuta in un determinato territorio.
La teologia della terra promessa è un’accezione simbolica che fornisce ai militanti
dei movimenti più radicali e ultra ortodossi ebraici di identificare il proprio essere
ebreo con la difesa e il possesso della terra di Israele, chiudendo in modo drastico
qualsiasi trattativa con il popolo palestinese.
Il fondamentalismo si consolidò : in divergenza con il sionismo e soprattutto con la
formazione dello Stato di Israele .
Cosi che l’ortodossia ebraica fu divisa in 2 correnti:
1. Ultraortodossa, gli Haredim: Gli ultra ortodossi sostengono:
- Obbligatorietà di conservare i comandamenti divini
mizwot; derivanti dalla Torah, la Legge.
- Hanno una visione olistica ;

- Tendono all’isolamento comunitario necessario per la


tutela della loro identità dall’influenza della modernità e
della secolarizzazione.
- Reputano il sionismo una pura idolatria.

Gli haredim si riunirono nel 1912 in un partito mondiale antisionista “Agudat


Israel” , il Consiglio di Israele, che, in seguito alla distruzione dell’ebraismo europeo
attuato dal nazismo cristiano e dall’impossibilità di vivere in Europa, una parte del
mondo ultraortodosso sopravvissuto allo sterminio si instaurò in Palestina e poi nello
Stato di Israele, fin tanto che iniziarono ad entrare nelle istituzioni sociali e politiche
dello stato organizzando partiti politici e strutture religiose.
Nel 1947 gli haredim attuarono un accordo con i dirigenti sionisti questo accordo è
detto 23status quo, patto che ancora oggi rappresenta uno degli elementi
fondamentali della costituzione di israele con:

- La formazione di materiali rabbinici competenti


esclusivamente in materia di divorzi e matrimoni,
disciplinati alla conformità della Torah,
In tal modo il diritto religioso venne incorporato nel diritto statale .
2. Ortodossa nazionale : in questa corrente il ruolo centrale assume la questione
della Terra di Israele , questo movimento fu fondato nel 1893 e organizzato
politicamente nel 1902 con la nascita del MIZRAHI, Centro Spirituale, il
primo partito sionista religioso.
E’ un partito radicale che invoca una maggiore aderenza allo Stato e ai principi
della Torah con una politica che mira alla piena sovranità sull’intera Eretz
Israel ( terra di israele ) contro le città occupate dai palestinesi come la
Giudea , la Samaria e altre città sante come una parte di Gerusalemme .
Questo partito contrariamente agli ultra ortodossi pensano che la
realizzazione di uno stato orientato sulla legge religiosa sarà possibile solo
quando gli ebrei saranno insediati nella totalità della Terra di Israele . E’
il concetto di stare nella Terra, è il suolo ad essere intriso di santità, e questo
rende possibile la teshuvah ( il ritorno a Dio/pentimento) di tutto il popolo
ebraico.
La supremazia della Terra di Israele segna il passaggio dal sionismo religioso
alla religione sionista, da questa spinta i messianici nazional-religiosi hanno
iniziato il loro confronto con le autorità per l’intero controllo della Terra di
Israele. Nel 1977 si verificò una vittoria fondamentale con la vittoria della
destra nazionalista che portò al potere uno schieramento favorebole
all’espansione di Israele nei Territori cosi che vi furono centinaia di
insediamenti religiosi in Giudea e Samaria ove vennero realizzati dei
modelli contro-società fondate su una stretta osservanza della Totah e su
relazioni inerenti all’ascetismo e all’etica del sacrificio funzionali per la
REDENZIONE DELLA TERRA.
Nel 1992 salì nuovamente il governo laburista al potere, con a capo il primo
ministro Rabin che costituì il “trattato di Oslo” questo sarà la base sulla quale
si fondarono gli attuali accordi tra Palestina e Israele , documento stipulato
a oslo nel 1993.
Gli accordi di oslo furono da base per obiettivi da raggiungere come;
- Il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza
e dalla Cisgiordania
- Il riconoscimento dei diritti palestinesi
all’autogoverno di questi territori.
Il 2 settembre 1995 venne emesso un nuovo trattato “Oslo 2” tra palestina e israele
ove fu permesso ai palestinesi di poter governare in piena autonomia nelle città di :
Betlemme, Jenin, Nablus,Ramallah etc.. senza ledere il diritto degli israeliani di
controllare gli insediamenti ebraici. Per questi avvenimenti i coloni israeliani
tentarono di formentare una sollevazione nei territori e nel mondo arabo. Il 4
novembre 1995 un giovane ebreo del movimento nazionalreligioso ha colpito a morte
Rabin al termine di una manifestazione politica a Tel Aviv… pag 73.
Il fondamentalismo cristiano cattolico
Il fondamentalismo religioso in apparenza viene solitamente attribuito :

- nominalmente nel cristianesimo protestante evangelico

- pubblicamente in quello islamico

- segretamente in quello ebraico.

Come prerogative possiamo dire invece che il fondamentalismo cristiano cattolico


possiede tutte 3 queste affermazioni, e per tale definizione si può intendere come un
movimento “universale”.
Il fondamentalismo presuppone un libro sacro considerato inerrante , La Bibbia
centro della tradizione cattolica, in questo movimento c’è anche un’istituzione che
custodisce la memoria della Bibbia – La Chiesa e il Papa.
Il paradosso insito nel cattolicesimo avviene nel rapporto tra il credente e la parola
contenuta nel libro sacro, qui si interpone l’autorità del clero e la verità contenuta nel
testo, ossia la parola di dio, che viene interpretata, tradotta e cambiata questa
libertà crea costantemente dissidi, separazioni e fratture interne alla struttura.
Le tendenze fondamentaliste si individuano nell’ECCESSIVA ESALTAZIONE
DELLA “FUNZIONE MEDIATRICE” OSSIA I PASTORI O IL PAPA CHE
DI FATTO SOSTITUIREBBE LA CENTRALITA’ DEL LIBRO SACRO.
Bisogna distinguere il fondamentalismo cristiano-cattolico dalle sue origini integriste
nate già nell’800 alla luce di quando la chiesa intraprese una lunga opposizione alla
società moderna, nemico della religione poiché considerata atea e anticlericale.
Con Concilio Vaticano il mondo cattolico stabilì due tendenze:
1. Che sostiene l’impossibilità di trovare una forma di conciliazione tra
Chiesa cattolica e mondo moderno : questa tendenza è definibile come
neotradizionalista o neointegrista
2. Che sostiene, al contrario, un rinnovamento e si avvale dei testi sacri per
motivare la critica ecclesiastica colpevole di aver indebolito la fede ed
esser sceso a compromessi con le istituzioni della società moderna: questa
mira a riscoprire i fondamenti della propria religione a partire dalla Bibbia.
In quest’ambito troviamo due tipici elementi dell’atteggiamento fondamentalista:

- Da un lato la necessità di convertirsi al cristianesimo delle origini scaturito


dall’inerzia di una chiesa burocratizzata e lassista nei confronti della realtà
mondana
- Dall’altro il primato delle Sacre Scritture e della Parola di Dio su quella dei
pastori.
Nella storia possiamo delineare come dalle origini delle Chiese cristiane si è
assistito ad una continua e incessante lotta tra fazioni che hanno portato alla
nascita di sette e Chiese tutte con il diritto di rivendicare L’AUTENTICITA’
DELL’INTERPRETAZIONE BIBLICA.
Tra le correnti conflittuali ricordiamo il movimento di Lefebvre sfavorevole alla
riforma di Concilio Vaticano II, egli diede vita ad una setta “Società di San Pio
X”, una setta neo-tradizionalista con tratti di fondamentalismo, in particolare
quando viene esaltata la tradizione come un deposito di fede sempre
INERRANTE E IRREFORMABILE .
Una svolta più avanzata tra gruppi che si son rifatti alle idee di Lefebvre, vi è il
movimento di opinione nato negli Stati Uniti nel 1965 “Catholic Traditionalist
Movement” fondato da padre De Pauw.

Le azioni delle correnti fondamentaliste si traducono in forme che non sono


aggressive nell’impatto sociale, e sono solo interne alla struttura ecclesiale.
Il movimento cristiano-cattolico, che ha dimostrato rivelarsi il peggiore
fondamentalismo, è stato quello di “Comune e Liberazione” fondato da don
Giussani negli anni 70 che aveva come obiettivo :
. il declino della presenza cattolica nella politica e la deriva secolarista che la
società italiana aveva intrapreso assecondata, peraltro, dal partito cattolico
per eccellenza, la Democrazia Cristiana.
Il movimento di Giussani non faceva riferimento al testo sacro ma ha assunto
come simbolo lo scudo crociato, il chiaro riferimento alla guerra santa e i
massacri perpetrati dai cattolici ai danni dei popoli conquistati .
Tra la fine degli anni 70 e inizi degli 80 il CL si trasformò in un gruppo di
pressione religiosa e politica simile ai movimenti fondamentalisti.
Nella democrazia italiana laica si innescarono dei paradossi, come
-l’instaurazione di una città-stato al di fuori di ogni controllo che si
comporta in maniera autonoma a livello economico-giurisdizionale pur
attingendo ingenti somme economiche da fonti pubbliche.. IL VATICANO
- Il vaticano detiene i patrimoni immobiliari sul territorio italiano e in tutto il
mondo, avendo una banca propria.
Una scelta strategica molto più efficace di qualsiasi atto terroristico poiché ha
portato ad ottenere potere politico-economico senza perdere consenso delle
vittime .
Un fondamentalismo più sottile invece è riscontrabile nella critica della cultura
popolare contemporanea esercitata a sfavore di alcuni romanzi per bambini:
Harry Potter, Pokemon, Digimon accusati di diffondere nei giovani un’ideologia
magica antitetica al cristianesimo.
Il fondamentalismo cattolico sceglie singolarmente le sue battaglie nella
gamma di una strategia generale e ben organizzata, sostenuta da una
certezza economica evidente.
Il fondamentalismo hinduista e sikh
E’ possibile affrontare un’analisi dell’atteggiamento fondamentalista in ambito
sia hinduista che sikh seguendo due elementi predominanti:
1. L’esistenza di un testo sacro;
2. La corrispondenza integrale tra piano religioso e l’agire politico, sociale.
Sin dall’800 il contatto della società induista con quella occidentale, nei modelli
politici, economici, e culturali determinò formazione di minoranze attive che
puntavano all’OCCIDENTALIZZAZIONE della cultura induista, ne
conseguì una perdita di identità collettiva che auspicava il ritorno alla
tradizione , per rifondare la società indiana vendicavano questi concetti:
1. Valorizzare il patrimonio spirituale dell’induismo
2. Difendersi dalle invasioni delle religioni monoteiste
3. Arginare il progresso e la conseguente secolarizzazione indotta dal
colonialismo inglese.
Nel 1875 Savmi Dayananda Sarasvati fondò l’associazione Arya Samaj che
proclamava l’infallibilità dei testi sacri , I VEDA . Questo movimento andò
incontro a un forte dissenso da parte degli ambienti politici secolarizzati e laici,
tanto che Saravati fu avvelenato misteriosamente qualche anno dopo.
Il movimento Arya Samaj man mano si consolidò nel tempo sino a diventare un
vero e proprio partito politico, chiamato Hindu Mahasabha che ben presto,
grazie ai primi successi elettorali si trasformerà in un gruppo più aggressivo
l’RSS , Associazione dei Volontari Nazionali , con uno spiccato senso
nazionalistico all’ideologia religiosa di dell’ Arya Samaj che oggi può contare su
un partito strutturato il Partito del popolo hindu con un’organizzazione a
vocazione ecumenica l’Assemblea universale hindu all’interno del quale vi è il
Parlamento del Dharma che ha promosso alla RICONQUISTA DEL SITO DI
AYODHYA cui secondo la tradizione, in passato sarebbe sorto il tempio
dedicato al dio Rama in seguito distrutto dai musulmani.
Nell’ottobre del 1990 hinduisti se musulmani hanno dato vita a un sanguinoso
conflitto per la conquista del sito .
LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL FONDAMENTALISMO
HINDUISTA SONO:
1. NECESSITA’ DI RIAFFERMARE L’IDENTITA’ HINDU
MINACCIATA DALLO STATO SECOLARE (DAL1947);
2. RIDEFINIZIONE DEI CONFINI SIMBOLICI DELLA NAZIONE
3. LA MOBILITAZIONE DI RISORSE SIMBOLICO-RELIGIOSE
ESTRAPOLATE DAI VEDA (testo sacro).
Anche nel fondamentalismo hinduista abbiamo tra le idee centrali il bisogno di
affermazione dell’identità nazionale minacciata da nemici interni, quindi il forte
contatto con LA TERRA e principale è anche l’inerranza dei testi sacri.
Questo fondamentalismo se vogliamo coincide anche con il nazionalismo, di cui
aspetti maggiormente evidenti li ritroviamo nello sikhismo contemporaneo esso
nella sua struttura rappresenta:

- Solido attaccamento all’ambito simbolico che origina un radicalismo


religioso soprattutto in virtù del rigido monoteismo e della centralità del libro
sacro: Il nobile libro originario che è Signore e Maestro Spirituale”.
Lo sikhismo nacque quando la religione islamica penetrò nel Punjab e si
mescolò ai riti e simboli di provenienza hinduista: nasce come una terza fede
alternativa.
Lo spirito sih è unito alla ripresa di una disciplina militare che è da base per
un insegnamento religioso di tipo fondamentlista
Il fondamentalismo buddhista
Il buddhismo si diffuse nello Sri Lanka circa 1000 anni fa ad opera di
Mahinda , figlio dell’imperatore dell’India Ashoka.
Dal 1505 lo Sri Lanka fu governato da potenze occidentali, come Portoghesi,
Olandesi e dagli Inglesi, fin tanto che dopo la seconda guerra mondiale riuscì
ad ottenere l’indipendenza ( 1948), così entrò per ben 8 anni in un ciclo di
guerra civile interna che vide l’opposizione della maggioranza e minoranza
tra :
- Cingalese- buddhista - maggioranza

- Tamil – di origine indù – minoranza.

Per comprendere questo conflitto interno si è sostenuto che esiste anche una forma di
fondamentalismo anche nell’ambito di una religione come quella buddhista, filosofia
di vita incentrata sulla ricerca della pace interiore tra tutti gli esseri viventi.
Dal punto di vista religioso, la popolazione dello Sri Lanka ha diverse culture: quella
buddhista in maggioranza, poi c’è quella hindu, musulmana e cristiana.
Il problema centrale è mosso dalla richiesta della minoranza tamil di raggiungere
un’autonomia politica in difesa della propria identità religiosa e culturale che la
classe dirigente buddhista non ha mai voluto accogliere. Di conseguenza dal 1958 i
tamil si sono organizzati in un movimento di resistenza politica mirato alla
fondazione dei uno Stato tamil e il governo cingalese si è alleato con i monaci
buddhisti.
E’ opportuno comprendere il ruolo svolto nel conflitto dalla leva dei monaci busshisti
emersa tra il 1950 e il 1970, questo gruppo ha attuato una tendenza di riforma
buddhista il termine riformismo concerne per le nuove idee promosse dai centri
monastici, che sono il risultato del contatto con la cultura occidentale importata
dalle potenze coloniali è in questo che gli studiosi rintracciano alcune forme di
fondamentalismo anche nel buddhismo.
I monaci si trasformarono in leaders locali attivi e promossero i valori buddhisti in
antitesi al degrado della cultura occidentale. Negli anni 1950 il movimento buddhista
neoriformista ha sostenuto l’operosità dei monaci con la guida di Sarvodaya, che fu il
primo ad aver introdotto nella linguaggio tra politica e religione cingalese :
invocando i principi di terra, etnia e religione come complementari, e se ne manca
uno si perde l’identità cingalese .
Fin da quando si istituì la presidenza dello Sri Lanka il governo si è legittimato come
custode della religione buddhista ritenuta fondamento dell’identità culturale e
nazionale, i mondaci buddhisti vollero proteggere la nazione, la religione e
l’identità del popolo cingalese.
Anche in quest’ambito il fondamentalismo religioso nasce in RELAZIONE AD
UNA SPECIFICA TRADIZIONE MITICA E SACRALIZZATA, costituita sulla
credenza secondo cui Buddha avrebbe visitato tre volte l’isola dello Sri Lanka
sostando in 16 luoghi considerati sacri perché custodi delle sue reliquie,
il mito di fondazione dell’identità cingalese,
le sante reliquie
la lingua sacra
Sono i simboli che nell’immaginario collettivo custodito dall’ordine monastico
buddhista, portano A CONSIDERARE LO SRI LANKA COME UNA SORTA DI
TERRA PROMESSA. La terra e l’unità territoriale è la metafora del Corpo santo
del Buddha.
Questo principio giustifica il ricorso alla violenza contro tutti coloro che
appaiono nemici, invasori o stranieri,per cui il governo cingalese ha attuato una
forte REPRESSIONE nei confronti del movimento tamil che rivendica
l’indipendenza del suo popolo, il tamil rappresenta una minaccia alla religione e alla
sacralità della terra.
L’evento più drammatico di questo conflitto è stato l’assassinio del Presidente dello
Sri Lanka Premadasa 1993. La guerra ventennale ha indebolito l’economia e fiaccato
il turismo, una delle principali risorse del paese.
Il fondamentalismo nel mondo globalizzato
Il fenomeno della globalizzazione implica in se dinamiche complesse che si muovono
nel confluire sia per quanto riguarda i processi economici, ma anche quelli politici,
sociali e culturali.
La ricerca di spazi globali è un’idea che si è verificata nella storia per rispondere a
esigenze conoscitive, esplorative e militari ma anche per trasmettere idee, valori e
fede. I processi della globalizzazione si muovono tra “locale” e “globale” o in
quell’ossimoro che definiremo “villaggio globale” : due termini che si contraddicono
a vicenda, poiché ‘villaggio’ esprime qualcosa di vicino, di piccolo, mentre ‘globale’
indica l’intero pianeta e qualcosa di grande.
La proliferazione delle multinazionali e delle catene fast-food, e di modelli politici ed
economici su scala mondiale, ha portato il sociologo George Ritzer ad identificare la
globalizzazione come “mcdonaldizzazione” ma non limitata alla ristorazione ,
estesa su scuola, lavoro, viaggi, alimentazione, politica… ogni settore della società.
Ritzer definisce mcdonaldizzazione come un processo di omologazione e
spersonalizzazione che con i suoi prodotti occupa il primo posto nella cultura di
massa. Il problema centrale delle interazioni globali odierne è la tensione tra:
1. Omogeneizzazione culturale;
2. Eterogeneizzazione culturale.
L’immenso potere economico delle multi nazionali e il controllo degli strumenti per
la comunicazione di massa, è divenuto fondamentale per il processo di formazione
dell’OPINIONE PUBBLICA, PER LA GESTIONE POLITICA, PER LE
STRATEGIE ECONOMICHE DI MERCATO , ma nello sviluppo della società in
questi termini comunque non si è cancellato il bisogno di formulare un insieme di
concetti, simboli, valori e credenze che aiutino l’uomo a dare un senso al mondo e
al posto che occupa. E’ legittimo considerare di fondamentale importanza le
tradizioni, la religione COME STRUMENTO UTILIZZATO DAGLI UOMINI
PER COSTRUIRE LA PROPRIA IDENTITA’ e ACQUISIRE UN SENSO DI
APPARTENENZA.
Benjamin Barber, ex consigliere di Bill Clinton, nel 1995 ha pubblicato l’opera
intitolata “Jihad vs McWorld” – “Guerra santa contro il Mc Mondo”, testo
concernente alla globalizzazione e ad un altro aspetto del mondo contemporaneo : il
fondamentalismo religioso. I due estremi del problema sono :

- Da un lato i profitti globali senza confini

- Dall’altro quello dei fanatismi, altrettanto globali e senza


confini
Questi due estremi segnalano, ciascuno a modo loro un difetto di democrazia di cui è
necessario occuparsi su scala mondiale.
Barber ritiene necessario aprire insieme alla lotta al terrorismo un secondo fronte di
difesa della democrazia contro le due forze integraliste: quello che nasconde sotto
un velo religioso la ferocia dell’odio tribale e quello del logos delle multinazionali
che promuovono l’omogeneità dei costumi e il progresso.
L’idea di una civiltà universale nei confronti delle altre culture è l’ideologia
dominante in Occidente, ma questa non trova consenso nelle altre civiltà. Ciò che gli
occidentali vedono come utile mezzo di integrazione globale, come ad esempio la
diffusione planetaria di mezzi di comunicazione, viene denunciata dai non occidentali
come imperialismo occidentale.
L’integrazione del mondo in un’unica entità è percepita dai non occidentali
come una minaccia. Ecco perché il fondamentalismo religioso è considerabile un
fenomeno CORRELATO ALLA GLOBALIZZAZIONE, diviene come un
tentativo di reazione alla cultura occidentale dominante attraverso la
riaffermazione dell’identità culturale di popoli che rivendicano l’autonomia e il
riconoscimento di un ruolo influente su scala mondiale. Il multiculturalismo e
l’integrazione di popolazioni diverse necessitano una profonda tolleranza reciproca
non contemplata in nessuna delle religioni analizzate qui su, pertanto la volenza
diventa un mezzo per difendere le tradizioni di un popolo e la vitalità dei
fondamentalismi religiosi è la più evidente contraddizione tra mondo moderno e
globalizzato.
Il fondamentalismo nelle scienze politiche e sociali
Le interpretazioni che riguardano il fenomeno del fondamentalismo religioso nelle
scienze sociali e politiche , ma anche nel campo storico e teologico, possono essere
ricondotte a questi paradigmi:
1. Modernità e fondamentalismo non possono coesistere;
2. Fondamentalismo esprime la crisi della modernità;
3. Il fondamentalismo come ripresa dello stato teocratico;
4. Il fondamentalismo come rivincita di Dio.
Primo punto e sencondo punto: La prima ipotesi vede il fondamentalismo come un
movimento reazionario nel confronti della società moderna, società che è mirata a
distruggere l’identità sociale di una data cultura e solo grazie alla violenza simbolica
o fisica rivendica i suoi valori, in tal caso il fondamentalismo rappresenta la necessità
delle caste religiose di riaffermare la loro egemonia, con il ritorno ad un passato
mitico nel quale la vita sociale e individuale è subordinata alla legge divina.
Questa guerra aperta alla modernità critiche le vaghe aspettative di benessere e di
progresso, critica il progresso scientifico, inoltre ciò che viene messo in discussione è
il pluralismo e il relativismo che salvaguardia la libertà individuale e la diffusione
di valori autentici alla fede religiosa.
Da questi concetti nasce l’esigenza di avere una verità assoluta e il bisogno regressivo
di tornare ad un passato mitico, risultante ‘migliore’ rispetto alla modernità, i
fondamentalismi combattono contro l’assenza di Dio nel mondo moderno nella
cultura, nella politica, nella vita sociale, nei mass media e reintroducono con la
violenza la questione di Dio nella società contemporanea.
In antitesi però a questa teoria si contrappongono invece coloro che vedono il
fondamentalismo come la manifestazione di una CRISI DELLA STESSA
MODERNITA’ ove il mondo globalizzato ha fallito nel tentativo di formare una
società fondata sul benessere, sulla razionalità e sul progresso tecnologico, questa
crisi è dovuta al mito capitalistico che più che crear benessere tende al perpetuarsi
delle disugualianze, della disoccupazione e della concentrazione delle ricchezze
in alcuni Stati e multinazionali, che rispetto a paesi in via di sviluppo per cui non
vi su possono competere .
Anche l’esplosione demografica ha accentuato questa situazione sociale, si pensi in
India, Cina, Medio Oriente, e Africa, questa ha inasprito i disagi sociali,
l’arretratezza e economica e il risentimento di alcuni giovani costretti ad emigrare
per non ritrovarsi in uno stato di povertà. La modernità non ha riprodotto il benessere
auspicato, almeno non per tutti, e da qui il fondamentalismo trova l’unico appiglio
nella fede e nel ritorno al passato.
Il fondamentalismo quindi è un fenomeno strettamente legato alla modernità e questa
tesi consente di introdurre un’interpretazione che fa emergere il tema dello Stato
etico, fulcro dell’ideologia e della prassi sociale dei fondamentalismi.
I presupposti sostanziali del fondamentalismo religioso sono:

- Ritorno ad un regime governativo teocratico;

- La fonte morale e sociale è il testo sacro;

- La legge di dio coincide con l’identità collettiva;

- Lo Stato è lo strumento per far tornare all’ordine


divino la società.
Il ritorno all’osservanza rigorosa dei precetti religiosi e il tentativo di ricollocare la
legge divina al centro della vita sociale, economica e politica, sono considerati una
rivincita per i fondamentalisti, sui falsi miti di secolarizzazione . Il fondamentalismo
islamico si può considerare la reale opposizione al modello di modernizzazione
occidentale nella quale si identificano interessi ed esigenze di tre distinti gruppi
sociali:

- Le nuove generazioni che vivono nelle città e sono


emarginate dalla società
- Le classi intermedie osservanti dal punto di vista
religioso
- Gli intellettuali radicali.

-
Il fondamentalismo come identità.
Il modo per capire cosa ci sia dietro l’esasperazione delle superstizioni religiose e il
suo degenerarsi è porsi queste due domande:
1. Il fondamentalismo cela in realtà motivazioni politiche ed economiche che la
religione, può apportare poiché è uno strumento per la conquista del potere?
2. La religione è il vero motivo dei conflitti poiché in essa l’uomo cerca risposte e
appaga il bisogno di credere in un’Entità trascendente che lo guidi e protegga?.
Date queste domande vi sono opinioni strettamente contrastanti. Prendiamo come
esempio quella di Enzo Pace, cui scrisse un articolo nel 2003, e sostenne che:
nel momento in cui nei militanti fondamentalisti si rafforza la convinzione che
esiste una responsabilità morale e politica poiché le potenze vogliono imporre un
modello societario svuotando di senso l’agire orientato ai valori religiosi, la fede
può diventare risorsa strategica nelle politiche di identità e assumere parti
diverse, in quante varie e diverse siano le situazioni in cui essa è coinvolta: dalla
guerra aperta(Balcani o Afghanistan) a rivoluzioni politiche(Iran e Sudan).
In questi casi la religione ha recuperato una presenza rilevante sia nella sfera
pubblica che accentuato la definizione di politiche di identità. Questo si spiega
nel guardare l’origine della religione stessa, nata come ruolo fondamentale nella
costruzione della memoria collettiva custodendo la storia di un popolo, i
simboli sacri della sua identità esse danno autenticità al linguaggio simbolico
di cui un popolo necessita per sentirsi unito, e quando il bisogno di
identificazione collettiva appare minacciato da un pericolo esterno, quando si
realizza il rinforzo tra religione e politica di identità il conflitto diventa lo
strumento necessario per rivendicare l’identità di gruppo .
Le politiche di identità sono animate da superstizioni religiose e creano
conflitti spesso insolubili, associati alla violenza sia fisica che simbolica.
Associate alle religioni queste politiche hanno finito per provocare,
paradossalmente, la crisi della religione stessa.
I fondamentalisti rivendicano il concetto che fuori dalla religione non c’è
salvezza di identità e per questo legittimano il conflitto nell’ottica di un
estraneo considerato impuro, poiché minaccioso per la comunità e quindi va
eliminato. Il conflitto è un elemento costitutivo delle politiche di identità di
matrice religiosa poiché esso si configura come impresa sociale, il conflitto si
combatte per affermare il valore dell’identità collettiva costruita attraverso il
ricorso alla religione.
Nel XX secolo una corrente di pensiero ha definito la fede come una maschera ad
altre motivazioni come quelle di carattere: economico, sociale, politico e
comunque ‘materiale’, come una sovrastruttura rispetto alla vera struttura
economicomateriale, un’altra corrente invece sostiene che i fenomeni religiosi, pur
essendo influenzati dal contesto sociale, devono essere valutati in quanto
prettamente religiosi e provocati dalla fede.
Fondamentalismo e scontro delle civiltà.
La cultura e l’identità culturale sono alla base dei processi di disintegrazione e
conflittualità che caratterizzano il mondo , come abbiam visto dopo la Guerra
fredda il mondo è passato da un conflitto bipolare Ovest-Est ad un conflitto
multipolare in cui le differenti culture lottano per la propria affermazione e
sopravvivenza, ma contro chi? Questo scontro di civiltà si combatte in ambiti
politici, economici, militari e religiosi. In virtù di questa teoria il fondamentalismo
religioso si rivela uno dei molteplici fenomeni provocati dalla rivalità tra le culture
e nell’esasperazione si può rintracciare in alcuni popoli la voglia di riaffermare la
propria identità.
Nell’emergente conflittualità etnica e scontri di civiltà, la fede occidentale, nella
sua visione universale (cattolica) della propria cultura risulta esser: falsa,
pericolosa e immorale. Poiché la modernizzazione non comporta
necessariamente l’occidentalizzazione che la globalizzazione risulta esserne
portatrice .
Nel mondo contemporaneo l’influenza dell’Occidente sta scemando mentre le
civiltà asiatiche accrescono la loro forza economica, militare, politica e
affermano il loro valore come culture. Emerge un ordine mondiale fondato sul
concetto di civiltà nel quale le società culturalmente affini tendono a cooperare tra
loro e si riuniscono contro l’Occidente che a causa delle sue imprese
universalistiche, sta entrando in conflitto con altre civiltà come l’Islam e la
Cina.
Sappiamo che i popoli si definiscono in termini di tradizioni : lingua, storia,
valori, costumi e si identificano con gruppi culturali come le tribù, comunità
etniche e religiose… Il sistema internazionale del XXI comprenderà almeno sei
grandi potenze : St uniti, Russia, Europa, Cina, Giappone e India, appartenenti a
ben 5 civiltà diverse tra loro rivali e antagoniste . Tutti i movimenti
fondamentalisti hanno assunto un ruolo critico nelle problematiche mondiali, con
un’importante influenza politica, e sono l’espressione di un’ondata religiosa che
dalla fine del XX secolo si dilaga ovunque riflettendosi sugli atteggiamenti e
sui programmi dei rispettivi governi dove il fondamentalismo si interessa di
questioni che vanno oltre la sfera religiosa e spirituale (israele e st uniti) .
A causa del fondamentalismo la fede diventa un mero pretesto, viene
strumentalizzata e mistificata dal momento che dovrebbe unire e non
dividere.

Considerazioni conclusive.
L’analisi condotta ci permette di individuare e discernere i molteplici aspetti del
fondamentalismo religioso:
Nel mondo cristiano, questo fenomeno assume caratteri: estremisti
nell’osservazione dei dogmi, connessi strettamente alla vita politica e sociale, ma
tuttavia la sua radicalizzazione non arriva mai a quella del fondamentalismo islamico.
Nel mondo Occidentale si rivendica una forte connotazione nazionalistica o una
politica repressiva attuata dal governo per mantenere l’unità culturale .
La pericolosità dell’agire cristiano sta nel potere economico, nella pressione
governativa, nell’appoggio di regimi dittatoriali favorevoli alla cristianizzazione.
Invece, se il fondamentalismo hinduista e sikh o buddhista è legato ad uno specifico
territorio e cultura, quello cristiano, ebraico ed islamico hanno una connotazione del
territorio che va a compromettersi con gli interessi di tipo strategico e politico,
Sappiamo che se Israele può contare sull’occidente, la Palestina è legata agli Stati
musulmani. A livello globale si è verificato un enorme conflitto di interessi tra
l’occidente principalmente rappresentato dagli St uniti d’america e il mondo
musulmano, che auspica all’autonomia politica ed economica, con il tentativo degli
stati uniti di controllare le aree strategiche per i giacimenti petroliferi.
Il conflitto arabo-israeliano e iraqueno sembra l’emblema della contrapposizione tra
2 civiltà diverse e nemiche che cercano di prevalere l’una sull’altra tramite la
violenza, le armi rivendicando un senso di appartenenza ad una propria fede
universale simbolo dell’identità del popolo, della sua cultura, della sua storia e
della sua lingua.
Il fondamentalismo religioso è un insieme di numerosi fattori non riconducibili ad
un’unica origine, anche se può essere considerata un sentore di disagio globale e
locale, individuale e collettivo con: da un lato l’esigenza che un dio protegga
l’umanità e ci dia un motivo per vivere, dall’altra con la crisi della democrazia, del
mercato, della cultura.
Globalizzazione e fondamentalismo sono due facce della stessa medaglia e sono due
tensioni contrapposte che caratterizzano la società moderna.
Quale può essere la causa di una situazione cosi critica in un mondo globale moderno
e tecnologicamente avanzato?

- Le immagini di ricchezza e bellezza proposte


quotidianamente che portano l’uomo allo spreco e al
consumismo.
- Il messaggio dei falsi miti creati dalla televisione dei
mass media per far propaganda
- Il consumo di innumerevoli risorse planetarie

- Sfruttamento del lavoro e denutrizione, estrema povertà


in alcune nazioni
- Fazioni di multi miliardari che hanno un reddito che
equivale al prodotto nazionale lordo di 49 paesi
Ecco l’effetto della globalizzazione economica, ed è ovvio che nei paesi dove c’è
fame e disperazione trovano posto le promesse propinate dalle superstizioni religiose.
Ma il fondamentalismo fallisce nel momento in cui adotta metodi violenti, questo è la
spia di un malessere dovuto alla bassa solidarietà sociale e al conseguente basso
indice di fiducia nei confronti del sistema politico, il fondamentalismo fallisce nel
momento che la legge, pur essendo di dio è di fatto gestita dai suoi uomini
autoproclamandosi unici depositari del sacro monopolio.
Per questo alcuni fondamentalisti ritengono un rimedio o nell’affermazione di uno
stato teocratico o altri puntano a conquistare il potere per sostituire le costituzioni
vigenti e frenare la secolarizzazione .
Il fondamentalismo si è manifestato dagli anni 70 ma solo verso la fine degli anni 80
si è scontrata contro la dura resistenza del potere costituito, urlando contro i principi
costituzionali delle democrazie mature, come quella statunitense, e per farlo il
movimento fondamentalista ha dovuto estremizzare e radicalizzare le loro scelte con
la lotta armata. L’obiettivo non è più la conquista del potere politico ma il
profondo cambiamento dell’individuo, e il fallimento del progetto
fondamentalista è quello di riaffermare il primato della legge divina
sull’autonomia della sfera politica creando uno stato etico fondato sulla verità
assoluta contenuta nel testo sacro.
Ma il vero punto debole del fondamentalismo è paradossalmente proprio il suo
punto di forza: LA POSSIBILITA’ DI TRADURRE UN PROGETTO
RELIGIOSO INTEGRALMENTE IN UN PROGETTO POLITICO. COSI LA
RELIGIONE FINISCE INEVITABILMENTE PER BANALIZZARSI E
DIVENTA STRUMENTO DELLA POLITICA, E A QUESTA LOGICA
INTERNA FINISCE PER ESSERE SUBORDINATA E RIDOTTA.
2.8 Usi politici dell’etnicità e delle appartenenze religiose
Il 900 è stato definito come il secolo delle grandi guerre e delle grandi scoperte
tecnologiche, che son capaci, specialmente se utilizzate per scopi bellici di radere al
suolo intere aree demografiche. Dopo gli orrori avvenuti con la Seconda Guerra
mondiale l’uomo ha istituito la tutela al diritto primordiale della vita, ma già nel
1974 questo diritto era diventato puramente scritto sulla carta, poiché si contarono
circa 20 milioni di persone che avevano perso la vita non più in conflitti di portata
mondiale ma a causa di lotte interne tra gruppi etnici. Si instaurò l’idea che tali
scontri siano stati generati dall’incapacità di gruppi umani di convivere
pacificamente in un territorio, per ragioni politiche che hanno generato guerre
tra civiltà. E’ però il concetto di identità etnica che sta conoscendo negli ultimi
decenni una crescita notevole, determinata dal timore dell’omogeneizzazione
planetaria delle culture che sembrano reagire a tale paura. Il risveglio delle
identità culturali pare essere legato a massacri e alle pulizie etniche che sono
avvenute in età contemporanea.
Con la fine del mondo diviso in due blocchi, che ha portato un crollo di incertezze e
l’impossibilità di trovare nuovi modelli culturali in cui identificarsi, il nuovo
razzismo si è dovuto trasformare sulle basi di un processo di enfatizzazione
radicale delle singole caratteristiche culturali, è diventato più semplice per i
sostenitori di queste idee aggirare le accuse del razzismo, promuovendosi come
paladini difensori delle specificità culturali che vanno a sostituire le vecchie
diversità biologiche su cui si son fondate le prime tesi delle teorie razziste . Il
processo crescente di mondializzazione delle culture ha contribuito ad instaurare un
clima di incertezza generale riferito al timore di perdere la propria identità culturale.
Se da una parte vi si è spinta dal basso la tutela della diversità etnica o culturale,
dall’altro agiscono delle manipolazioni politiche ed economiche ben più grandi che
riscontrano successo in virtù di campagne di informazione volte alla creazione fittizia
di identità autonome e presunta difesa di etnie e delle culture locali.
L’etnicità, diventa un vero e proprio strumento politico utilizzato per
rivendicare l’autonomia territoriale, politica, ed economica di gruppi diversi.

2.9 Le migrazioni e la globalizzazione

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