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A.A.

2010\2011

Antropologia Culturale
RIASSUNTO del Manuale

Elementi di antropologia culturale di Ugo Fabietti


(Milano, Mondadori 2010)

Genesi e Natura dellAntropologia Culturale


1. Origini e significato dellantropologia. La parola etimologicamente deriva dal greco anthropos e logos e significa studio del genere umano. 1.1. Lantropologia lo studio delle idee e dei comportamenti espressi dallessere umano in tempi e luoghi distanti tra loro; linsieme delle riflessioni condotte attorno a tali idee e comportamenti. Le origini dellantropologia: - Erodoto (VI secolo a.C.), osservazioni sulla diversit tra Greci e Barbari che hanno un gusto antropologico (anche se non si pu parlare di disciplina dellantropologia) - il Quattrocento e lUmanesimo europeo. La scoperta del Nuovo Mondo (1492), lespansione, lintensificarsi dei contatti con genti dai costumi cos diversi, fece s che gli europei cominciarono a interrogarsi circa la natura di queste popolazioni, definite ora selvagge ora barbare. - seconda met del XVIII secolo e lIlluminismo. Riflessione e ricerca sul genere umano in senso universale (rivolta allumanit). Societ des Observateurs de lHomme. - ultimi decenni dellOttocento e i primi insegnamenti. Grazie alle nuove conquiste territoriali, linteresse per i popoli esotici da parte europea and crescendo. In questi luoghi gli antropologi trovarono i luoghi privilegiati del loro lavoro. Di cosa si occupa lantropologia? Prevalentemente gli antropologi si sono occupati dello studio di popoli contemporanei ma geograficamente lontani (studio delle istituzioni sociali e politiche, dei culti, delle credenze religiose), considerati selvaggi o primitivi (tecnologia semplice, ignari della scrittura). Oggi gli antropologi studiano tanto le popolazioni urbane dei paesi extraeuropei quanto della stessa Europa e del Nord America. Concetto di ricerca sul campo, introdotto tra la fine dellOttocento e gli inizi del XX secolo: gli antropologi cominciarono a recarsi personalmente presso i luoghi di studio, aprendo cos una nuova fase nella storia dellantropologia e della metodologia di ricerca. Prima ci si avvaleva solo di testimonianze dei viaggiatori, esploratori, militari ecc. 1.2. visione dellantropologia comparativa e globale, perch il progetto di questo sapere quello di comprendere il senso dellesperienza e della vita di un singolo popolo nel confronto con lesperienza e la vita di molti altri. Antropologia come attivit di ricerca che andata trasformandosi nel tempo in relazione ai mutamenti della societ euro americana e delle relazioni tra questa e i popoli della Terra. 2. Oggetti e metodi dellantropologia culturale 2.1. definizione di cultura: complesso di idee, di simboli, di comportamenti e di disposizioni storicamente tramandati, acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero di individui, con cui questi ultimi si accostano al mondo, sia in senso pratico sia intellettuale. Oggetto privilegiato dellantropologia sono allora le differenze che intercorrono tra le idee e i comportamenti in vigore presso le varie popolazioni. 2.2. origini del concetto antropologico di cultura. 1871 Primitive Culture di E. Tylor. Definizione che la cultura sia intesa come realizzazione di particolari predisposizioni umane (dato comune allintero genere umano). Il clima evoluzionista creato negli ambienti scientifici dalla rivoluzionaria

opera di Darwin (1859 lOrigine della Specie) contribu tuttavia a dare un forte impulso alle teorie antropologiche relative alla storia della cultura e della societ umana viste come il risultato di una evoluzione dal semplice al complesso. 2.3. Concetto di incompletezza delluomo. Luomo nasce nudo, incompleto. Fabbricare certe cose piuttosto che altre, pregare certe entit invisibili piuttosto che altre frutto di una lunga storia di rapporto con lambiente; dipender da ci che ci stato insegnato dal gruppo in cui siamo cresciuti, per vivere in mezzo ai loro simili, gli esseri umani devono adottare codici di comportamento che siano riconoscibili dagli altri. Cultura come complesso dei codici comportamentali e ideazionali riconoscibili dal gruppo nel quale gli esseri umani vengono al mondo e nel quale sono educati. Cultura come complesso di modelli. Come modelli culturali diversi orientino comportamenti differenti (es. gli europei apprezzano le carni bovine e suine e non quella di cane, mentre i cinesi le apprezzano tutte e tre e i musulmani rifiutano la carne di maiale). Si tratta di modelli introiettati grazie alleducazione del gruppo nel quale sono cresciuti; modelli-guida per il comportamento e il pensiero in contesti culturali differenti. [ il ragazzo selvaggio dellAveyron ]. La cultura operativa. Grazie ai modelli culturali, luomo si accosta al mondo in senso pratico e intellettuale. La cultura operativa poich mette luomo nella condizione di agire in relazione ai propri obittivi, adattandosi sia allambiente naturale che a quello sociale e culturale che lo circonda. La cultura selettiva. La cultura un complesso di modelli tramandati, acquisiti, ma anche selezionati. Agisce sempre unoperazione di selezione al fine di accogliere nuovi modelli che si accordino con quelli in vigore e bloccare eventuali incompatibilit. La cultura in questo senso risulta pi o meno aperta alle alterit e alle novit. La cultura dinamica. I processi di selezione lasciano intendere che si tratta di culture non statiche, ma piuttosto caratterizzate da idee e comportamenti in continuo cambiamento. Le culture sono prodotti storici, cio il risultato di incontri, cessioni, prestiti e selezioni. La cultura stratificata. I modelli culturali di riferimento risultano spesso molto diversi a seconda del grado di istruzione, di opinione politica e di ricchezza. La cultura olistica (dal greco olos = intero). I modelli interagiscono sempre con altri modelli capaci di coniugarsi in un insieme pi complesso, dando vita alla cultura. (es. se agli europei repelle lidea di cibarsi della carne di cane perch questo connesso con lidea di intimit che abbiamo con il cane). La cultura dunque olistica, cio complessa e integrata, formata da elementi che stanno in un rapporto di reciproca interazione. Ci sono culture pi olistiche di altre, perch alcuni elementi costitutivi sarebbero pensati dagli stessi componenti in un rapporto di integrazione maggiore (per L. Dumont ad esempio la societ Ind pi olistica di quella occidentale, perch gli individui si considerano parte di un sistema complesso di elementi secondari, mentre gli occidentali sono individui pensati come distinti e autonomi). Le culture non hanno confini netti e precisi: sono aperte e chiuse, sono selettive e comunicative, dinamiche e differenziate al proprio interno, sono creative e prodotto di processi storici di incontri, scambi e prestiti. 2.4. la ricerca antropologica. Dal momento che la cultura olistica, per studiarla occorre adottare una prospettiva che ci predispone a stabilire collegamenti tra i vari aspetti della vita di coloro che vivono quella cultura [Malinowski Argonauti del Pacifico Occidentale]. Gli antropologi studiano di solito determinati aspetti di una cultura; non possono tuttavia concentrarsi solo sullaspetto da loro prescelto, bens considerare un fenomeno in relazione a tutti gli altri. Ricerca etnografica e la raccolta di dati. Principale compito dellantropologo raccogliere dati sul campo, attraverso losservazione e lascolto che egli riesce a esercitare nei confronti dei comportamenti e delle parole della gente in mezzo alla quale vive (mangiare lo stesso cibo,

dormendo negli stessi luoghi ecc. Si conoscono informazioni mai esplicitate prima). Inoltre un antropologo si avvale del metodo dellintervista, della compilazione di tabelle e questionari. Questo trascorrere del tempo con le persone sulle quali si compiono ricerche un carattere che distingue lantropologia dalle altre discipline e pratiche di ricerca. Concetto di ricerca etnografica: lavoro di scavo e di raccordo tra comportamenti e idee che va al di l delle pure ricorrenze statiche. Comporta che lantropologo viva a stretto contatto con i soggetti della sua ricerca, condivida il pi possibile il loro stile di vita, comunichi nella loro lingua o in un linguaggio conosciuto da entrambi e prenda parte alle loro attivit quotidiane. Osservazione partecipante permette di considerare con un certo distacco (osservazione) lesperienza condivisa dallantropologo con gli appartenenti a una cultura diversa dalla sua (partecipazione) 3. Le caratteristiche fondamentali del ragionamento antropologico 3.2. prospettiva olistica problematica del contesto. I dati individuati e selezionati nel corso delle diverse ricerche etnografiche devono essere posti in relazione al contesto di provenienza. I primi antropologi misero a confronto fenomeni provenienti da luoghi e popoli lontani nel tempo e nello spazio, senza chiedersi quale fosse il contesto dorigine. La ricostruzione del contesto consente di far emergere le varie sfaccettature e i differenti significati che un dato fenomeno pu assumere se osservato da punti di vista differenti. 3.3. antietnocentrismo e universalismo dellantropologia. [etnocentrismo = tendenza istintiva e irrazionale che consiste nel ritenere i propri comportamenti e i propri valori migliori di quelli degli altri]. Lantropologia nonostante spesso interpreta la vita degli altri popoli attraverso il filtro delle proprie categorie culturali, produce modelli di analisi e interpretazione che siano in grado di rendere conto tanto dellunit quanto della diversit dei fenomeni che essa studia. 3.4. lo stile comparativo. Per conoscere nel vivo una cultura, occorre attuare delle comparazioni con altri modelli culturali (vicini o lontani nel tempo e spazio). Mentre ai suoi esordi lantropologia si prefiggeva di giungere alla scoperta delle leggi che segnarono le trasformazioni di una cultura (dalle forme pi semplici o primitive, a quelle pi complesse o evolute), oggi lo stile comparativo, non pi approssimativo, delinea due metodi: - il primo si esercita sul culture storicamente interrelate o geograficamente vicine (precisione descrittiva, no grandi generalizzazioni); - il secondo prende in considerazione societ prive di legami e cerca, attraverso laccostamento di fenomeni simili, di pervenire allelaborazione di conclusioni pi ampie. 3.5. il compito della traduzione ricerca di un punto di riferimento comune tra le culture. Non riguarda solo il problema della diversit linguistica, ma soprattutto con il senso che le parole rivestono allinterno del proprio codice culturale. lavoro di traduzione anche di tipo concettuale. Ci tanto pi importante in quanto oggi, di fronte a processi planetari che stanno riducendo la variet dellesperienza culturale umana a vantaggio di modelli uniformi, anche le comunit pi deboli possono trovare, nella mediazione dellantropologia, un mezzo per far udire la loro voce. 3.6. linclinazione critica e lapproccio relativista. Lantropologia ha esercitato una potente funzione critica verso quegli atteggiamenti di sopraffazione e sottovalutazione delle culture pi deboli messi in atto dai gruppi di interesse pi disparati. Ma questa funzione critica non si esaurisce nella difesa di culture deboli, ma individua le trasformazioni delle culture nei contesti storici del colonialismo prima e della globalizzazione oggi. Tale funzione critica rimette in discussione latteggiamento etnocentrico e imperialista. Relativismo culturale = atteggiamento che consiste nel ritenere che comportamenti e valori, per poter essere compresi, debbano essere considerati allinterno del contesto entro cui prendono vita e forma. Lantropologia relativista perch ritiene che le esperienze culturali non possono venire interpretate attraverso lapplicazione scontata delle categorie della cultura dellosservatore. Comportamenti e valori, quindi, devono essere letti in una prospettiva olistica. Il relativismo un atteggiamento intellettuale che mira a comprendere (e non giustificare) e collocare il senso delle cose al posto giusto, nel loro contesto.

3.8. il versante applicativo dellantropologia, sapere con risvolti applicativi nella societ contemporanea e passata. 3.9. la condizione riflessiva. Antropologia come disciplina riflessiva, cio lincontro con soggetti appartenenti a culture diverse dalla propria consente di esplorare la propria soggettivit e la propria cultura. lincontro con alterit produce sempre, in chi lo sperimenta, un tentativo di comprensione che induce a riflettere anche su s stessi. [ brano di Danforth sui riti funebri nella Grecia rurale ].

Unicit e variet del genere umano


1. Razze, Geni, Lingue e Culture 1.1. apparentemente diversi ma del tutto simili. A fronte di una apparente grande variet nel genere umano, possiamo constatare elementi di forte unit. Nella seconda met dellOttocento gli antropologi culturali dimostrarono che gli esseri umani sono tali in quanto produttori di cultura. per lungo tempo laspetto degli essere umani ha costituito il principale fattore di riconoscimento della differenza: le differenze fisiche, in varie epoche storiche, sono state supporto di ideologie e pratiche di discriminazione; il razzismo ha preteso di giustificare, sulla base delle differenze somatiche, la dominazione di alcuni gruppi su altri. Questo avvenne principalmente in Europa nellOttocento, in epoca di colonialismo e di nazionalismo. Il concetto di razzismo uno stereotipo diffuso e persistente frutto di pregiudizi, xenofobia, interessi politici e problemi sociali, proprio perch non esiste alcun criterio scientifico per suddividere le tipologie di razza. Lunica analisi scientifica valida sulle differenze tra gruppi umani, si fonda sullesame del DNA e dei suoi componenti di base (geni classici) che ha catalogato alcune differenze umane. Distanza genetica tra le popolazioni che frutto di migrazioni, che a loro volta traggono origine da fattori ambientali e\o culturali. Le migrazioni sono dunque leffetto di spinte culturali e paradossalmente, sono allorigine della distanziazione genetica. 1.2. popolazioni genetiche e famiglie linguistiche. Le teorie dei genetisti sulla distribuzione dei geni umani, sembrano ricevere conferma dagli studi sulla classificazione delle famiglie linguistiche. Alcuni linguisti e glottologi hanno intravisto somiglianze e affinit tra gruppi di lingue: ad es. quelle semitico camitiche (arabo, ebraico ecc), quelle uraliche (finnico, ungherese ecc) ecc. Visione del mosaico linguistico planetario come riconducibile a famiglie e superfamiglie a loro volta derivate da un ceppo comune. Le ricostruzioni operate sulla distanza e sul processo di differenziazione delle lingue sembrano corrispondere largamente a quella di distanziazione delle popolazioni genetiche a cui appartengono i soggetti che parlano quegli idiomi. Esistono quattro processi che determinano la presenza di una lingua in una determinata parte del pianeta: o loccupazione iniziale di una regione disabitata (es. colonializzazione Polinesia da popolazioni del sud-est asiatico); o la divergenza (conseguenza di migrazioni, conflitti ecc); o la convergenza (frutto di intensi contatti culturali); o la sostituzione di una lingua (gruppo conquistatore che impone la propria lingua). 1.3. geni, lingue, culture. Non solo le migrazioni sono causa di spinte culturali: il corredo genetico degli individui varia anche a causa di altri fattori casuali (deriva genica) e adattativi (selezione naturale). La distanziazione genetica tra le popolazioni, e la sua corrispondenza con la distanza tra famiglie linguistiche, non trova un corrispettivo nelle differenze culturali che le popolazioni presentano. Geni e lingue cambiano anchessi ma ad una velocit infinitamente minore rispetto al mutamento dei comportamenti, delle usanze e dei modelli culturali. 1.4. le aree culturali. Lo sviluppo delle ricerche etnografiche nel corso del Novecento ha indotto gli antropologi a sistematizzare le conoscenze acquisite secondo il criterio delle aree culturali (= regioni geografiche che presentano una serie di elementi sociali, culturali, linguistici ecc relativamente simili). Il criterio indicativo delle maggiori differenze socio culturali riscontrate dallantropologia. Queste aree non devono essere considerate definite e comprensive di elementi omogenei, potrebbe comportare un irrigidimento della realt culturale.

2. forme storiche di adattamento le societ acquisitive 2.1. Homo sapiens sapiens, il colonizzatore. Luomo, nel corso degli anni, andato diversificandosi non solo dal punto di vista somatico, linguistico, culturale, ma anche dal punto di vista delladattamento allambiente (lento processo finalizzato allottenimento di risorse naturali vitali per la nostra specie). Luomo ha dovuto elaborare strategie di adattamento altamente diversificate, a seconda delle situazioni: i cacciatori delle terre circumpolari, i pastori nomadi dei deserti dArabia, gli orticoltori amazzonici, i pescatori delle coste del Madagascar, gli agricoltori dEuropa e dAsia. Ognuno ha dovuto adattarsi a un ambiente particolare, costruire utensili differenti per sfruttare lambiente circostante, inventare metodi diversi per proteggersi dal freddo o dal caldo ecc. Dalla caccia raccolta e dalla pesca con strumenti tecnologicamente semplici si passa alla rivoluzione agricola (che in molte aree del pianeta ha portato altre modifiche, fino ad arrivare alla rivoluzione industriale dEuropa, XVIII secolo, che ha provocato unaccelerazione nel campo della produzione e dellinnovazione tecnologica). 2.2. I cacciatori raccoglitori: passato e presente. Attualmente conosciamo le popolazioni ei pigmei Batwa e Bambuti della foresta equatoriale congolese e camerunese, i boscimani !Kung San della Namibia, gli Hazda della Tanzania, alcuni gruppi aborigeni australiani, Inuit o eschimesi (popoli dellarea circumpolare), popoli del sud-est asiatico e dellIndia. Nonostante vengono accomunati nella stessa categoria, questi popoli mostrano alcune differenze. [ es. i Kwakiutl, popolo della fascia costiera che corre dagli Stati Uniti al Nord del Canada, fondavano la loro sussistenza soprattutto sulla pesca del salmone, vivevano in villaggi stabili, erano un popolo bellicoso e conoscevano listituzione della schiavit. I !Kung San, invece, del deserto del Kalahari, sono noti per il comportamento pacifico, lesiguit numerica dei gruppi, luguaglianza che caratterizza la loro societ sul piano economico, politico, ecc] Scheda - !Kung San, cacciatori raccoglitori del Kalahari. I boscimani !Kung erano dispersi in vari accampamenti occupati da ottanta individui ciascuno. Erano privi di armi da fuoco, bestiame e agricoltura, ed erano totalmente dipendenti dalla caccia raccolta. Ogni accampamento costituiva unentit autosufficiente per la produzione di cibo: gli individui cacciavano e raccoglievano dallalba al tramonto. Gli individui cominciavano lattivit di produttori in et matrimoniale (sia per i maschi che per le femmine). I rapporti tra i sessi erano improntati a una parit di diritti e doveri (le donne erano libere dai vincoli domestici). Negli anni successivi per i coloni agricoltori, introducendosi nel territorio, hanno provocato un cambiamento alla societ, divenuta societ di pastori, di salariati, agricoltori e artigiani. 2.3. caratteristiche delle societ acquisitive. La caccia raccolta si basa su tecniche di sfruttamento delle risorse naturali finalizzate allacquisizione di risorse spontanee, di natura animale e vegetale. Il carattere spontaneo delle risorse (secondo lantropologia) avrebbe ripercussioni sullorganizzazione sociale dei popoli. La natura non produce le proprie risorse tanto velocemente da sostenere una popolazione numerosa; la mobilit favorirebbe la formazione di gruppi ridotti (comunemente chiamati bande o orde). La mancanza di riserve quindi obbligherebbe questi popoli a una continua ricerca di cibo. Fondamentale il concetto di egualitarismo (cooperazione tra i membri) e del rapporto di parit tra i sessi, che rende la divisione del lavoro quasi inesistente. Scheda I Vezo, pescatori del Madagascar. In villaggi di qualche centinaia di persone, a poche decine di metri dal mare, questa popolazione trae la maggior parte delle risorse alimentari praticando la pesca. La mancanza di diritti di propriet sulle risorse marine fa dei Vezo un popolo sganciato da forme stabili di identit e di gerarchia sociale riconducibili al possesso dei mezzi di sussistenza. I contatti con i mercati di Morondava e con le industrie ittiche che surgelano i prodotti marini per destinarli ai grossi centri abitati, favoriscono un maggior guadagno per questa popolazione. 2.4. le societ acquisitive oggi: residui del passato o moderni marginali? impossibile omologazione dei cacciatori raccoglitori odierni a quelli passati, perch i primi mantengono rapporti di vario genere con le societ agricole, pastorali e con le amministrazioni degli stati centralizzati. [i cacciatori Penan del Borneo forniscono rattan (un tipo di legno) al mercato internazionale; i pigmei della foresta congolese sono nel mercato dellavorio]

3. Forme storiche di adattamento coltivatori e pastori 3.1. dalle societ acquisitive allapertura di nuovi scenari alimentari, demografici e politici con il domesticamento di piante e animali. (evento verificatosi in epoche differenti, in pi punti della Terra). Attivit come lorticoltura e lagricoltura richiedono un investimento lavorativo, a differenza dello sfruttamento di risorse naturali spontanee delle societ acquisitive. Il rapporto tra il mondo contadino, fonte della produzione, e quello urbano, sede del potere, stato storicamente complesso, problematico e talvolta conflittuale. Molte zone, come le societ agricole dellAsia, dellAfrica e dellAmerica centro-meridionale, sono societ arretrate in quanto meno capaci di sostenere una popolazione crescente. Scheda Gli Yanomami, orticoltori amazzonici 3.2. popoli pastori. Pastorizia = forma di adattamento che, come lagricoltura, segna il passaggio da uneconomia di caccia-raccolta a uneconomia di produzione vera e propria. Nacque in Medio Oriente; ora, popoli di pastori, sono presenti in tutta lAsia, lAfrica e, in passato, in Europa. Oltre ai pastori esistono comunit che fanno del nomadismo il loro modello ideale di esistenza. Sono tutte quelle comunit senza fissa dimora, quali i Rom, i Sinti e altri. Queste, diffuse in Asia e in Europa, vivono di commerci e piccoli servizi, e sono dette comunit peripatetiche, cio in movimento, per distinguerle dai pastori nomadi che fanno del movimento un fattore funzionale alla riproduzione delle risorse animali in loro possesso. Scheda Gli Shammar, allevatori nomadi dellArabia Settentrionale

Comunicazione e Conoscenza
1. Oralit e scrittura. Quasi tutte le culture conoscono la scrittura, ma tuttavia la comunicazione principale avviene per via orale, via fortemente influenzata da quella scritta. Le culture prive della conoscenza della scrittura vengono definite a oralit ristretta, mentre le culture come la nostra dove la scrittura ampiamente diffusa, viene definita oralit ristretta. La scrittura apparve per la prima vola attorno al III millennio a.C in Mesopotamia; oggi non esistono pi societ a oralit primaria e la scrittura laddove scarsamente diffusa esercita comunque un suo potere dinfluenza attraverso, ad esempio, le leggi: tali culture vengono pertanto definite a oralit diffusa, in quanto la comunicazione scritta non ha ancora preso il sopravvento. Tuttavia per tali societ non possono esser definite analfabeti in quanto tal termine indica unemarginazione esclusione povert tipica di quei gruppi che per vari motivi non possono o non riescono accedere al sistema scolastico.
Griot

Si detto che la comunicazione orale viene fortemente influenzata dalla comunicazione scritta: le parole esercitano una Termine francese per indicare musici e sorta di potere in quanto le nostre menti non possono pensare ad cantastorie dellAfrica sud sahariana una parola se non in forma scritta. Taluni autori hanno anche occidentale che si dedicavano alla raccolta e avanzato lipotesi che gli individui scolarizzati non possano trasmissione di leggende. Possono essere cogliere il pieno significato di una parola se pronunciate o itineranti o vivere alla corte di qualche ascoltate da coloro che non sconoscono la scrittura. A tal personaggio importante. Le loro specialit proposito Walter Ong dice che commettiamo un grosso errore riguardano al genealogia di capi, re, eroi e rispettive imprese. nel definire letteratura orale poesie canzoni o canti di certi popoli trasmessi oralmente perch in tal modo verremmo a definire ci come una imperfezione della letteratura scritta (un po quello che successe ai testi di Omero). Recenti studi hanno fatto concludere che cantastorie/improvvisatori procedevano come i griot africani i quali preferiscono mantenere una trasmissione orale nonostante possano avvalersi di una tradizione scritta: ci

significa che per raccontare le loro storie i griot si avvalgono di un particolare esercizio mnemonico imparando i testi verso per verso e inserendo continue ripetizioni che aiutano il cantastorie. Ci fa si che la canzone muti molto lentamente nel tempo. Tale tecnica utilizzata dalle culture a tradizione fortemente orale anche per testi politici giuridici amministrativi conoscitivi: ci si basa dunque sul procedere per formule, cosa che non scampare nemmeno con il passaggio ad un alfabetizzazione. Nelle societ ricche post industriali si parla invece di regresso delloralit causato da media pubblicit immagini etc. che hanno provocato una carenza lessicale e conoscenze linguistiche di certe fasce sociali o di et.

In assenza di scrittura le parole non hanno una propria esistenza visiva; tuttavia ci non significa che le societ a oralit diffusa abbiano poca memoria, anzi, si avvalgono proprio di elementi che facilitano lesercizio mnemonico. In questo tipo di societ la parola assume un significato e efficacia nel momento in cui vengono pronunciate e per accentuarne lefficacia diventa determinante nel discorso assumere certe posizioni piuttosto che un determinato tono di voce o determinate gestualit. Michel Jousse definisce tali culture verbomotorie, quindi presentano un forte legame tra modelli ritmici, gestualit e respirazione. Malinowski dice invece che nelle culture orali le parole si carica in determinate circostanze di un potere causativo, come se dire diventasse un fare. Diventa pertanto evidente il potere dei nomi: ad esempio nella Genesi della Bibbia dove allinizio era il Verbo. Alcuni popoli hanno una vera e propria teoria della parole come i Dogon che vedono nella parola la proiezione sonora dello spazio della personalit delluomo. Come il corpo umano anche la parola formata dai 4 elementi: acqua che inumidisce, aria che permette la trasformazione in vibrazione sonora, terra che da il suo peso = significato e fuoco che da calore come riflesso dello stato d0animo interiore. tale concezione della parola cos complicata perch mette in gioco il kiniku, soffio della parola stessa che designa il tono su cui essa si manifesta ed esiste solo in relazione alla voce mi.

La differenza principale tra culture orali e culture scritte sta nel fatto che queste ultime hanno la scrittura che favorisce una conservazione scritta quindi fissa del sapere e quindi la trasmissione dello stesso. Nelle prime lunico modo di trasmissione del sapere sfruttare moduli mnemonici (temi proverbi scenari antitesi etc.). Ci comporta che ci si pu fidare solo della parola; ma tale effetto tende a produrre effetti omeostatici ovvero a eliminare tutto ci che non ha un interesse per il presente. Tuttavia questo un fenomeno comune a tutte le culture. Nelle culture orali dove si hanno metodi mnemonici si conservano anche ricordi inutili sia di eventi sia di conoscenze; nelle e culture prive di scrittura non si ha invece la conservazione di ricordi inutili. Per comprendere i fenomeni omeostatici si pu far riferimento alle genealogie di taluni popoli che talvolta non si identificano con la memoria del passato ma con la giustificazione delle relazioni esistenti fra i vari gruppi. Caso a parte lo costituiscono quelle societ come gli Antemoro del Madagascar che conservano tracce indecifrabili di un passato funzionali al presente: possiedono iscrizioni di formule divinatorie in un alfabeto di origine incerta, che essi leggono senza saper bene il significato delle parole. Qui la parola solo agganciata alla scrittura e produce effetti in senso di suoni. Ci non toglie che queste parole abbiano una qualche funzione nella vita di questa popolazione.

I Dogon sono una popolazione molto famosa della zona del Mali in Africa occidentale, studiata dai francesi fra gli anni 30 e 40 e, in particolar modo, da Marcel Griaule. Sono oggetto di turismo sfrenato perch tappa dei percorsi turistici dellAfrica occidentale in quanto considerata una popolazione autentica, o meglio hanno subito cambiamenti ma non drastici (viene considerata una sorta di popolazione immobile nel tempo). Quando Griaule li studi si occup delle danze; un giorno durante una sessione di danza, che ha un numero di maschere fisso, comparve unaltra maschera che entr ed inizi a fare domande: era la maschera dellantropologo. Il tipo di oralit che avevano i Dogon prima dellintroduzione , in quanto possedevano solo questa modalit comunicativa (ora si parla di oralit diffusa in quelle societ dove si ha ancora una forte prevalenza delloralit). La nostra societ definita a oralit ristretta poich la scrittura ha un posto determinante. I Dogon sono stai oggetto di studio in questo tema perch lantropologo, in generale,quando incontra una popolazione a oralit primaria o diffusa traduce il loro pensiero in forma scritta: cambia la qualit della tradizione orale perch diventa qualcosa di scritto e quindi fisso. Griaule scrisse nel 1948 il libro Dio dacqua: racconta di un cacciatore cieco che descrive la cosmogonia del suo popolo. Si tratta di un libro che cambia lopinione sui sistemi di pensiero in Africa poich diventa un punto di riferimento per dire che gli Africani non sono selvaggi ma pensatori raffinati (sorta di filosofi): si ha dunque una nobilitazione del pensiero africano. Questa cosmogonia una volta scritta viene fissata: non cambia, diventa in assoluta la cosmogonia Dogon. Loralit comporta la possibilit di cambiamenti, la scrittura fissa la storia. Jack Cudi mette in luce come loralit riesca a giustificare il presente attraverso una trasformazione di miti originari: es. in un villaggio abbiamo 5 gruppi (lignaggi) il mito originario racconta che allinizio cerano 5 figli di un unico dio che hanno dato origine ai 5 lignaggi odierni. Ma una volta ad es. i gruppi erano 3. Cosa racconta dunque il mito originario? La oralit permette di trasformare la mitologia che ha un funzione nel presente, per questo possibile cambiarlo perch deve rispondere alle esigenze del presente. Oggi i Dogon leggono il libro di Griaule e se ne servono per auto presentarsi ai turisti come una popolazione piena di simboli complessi. Inoltre si parla di una samsonaitizzazione dellarte: larte delle popolazione di attrazioni turistica si trasforma nel tempo per rispondere alle esigenze dei turisti (quindi la maggior parte delle opere darte ha la misura di oggetti rientrabile in un bagaglio a mano). Inoltre il turista va in Africa e compra quello che in realt ha gi visto (su cataloghi documentarti etc.) quindi larte di queste popolazioni risponde alle esigenze dei turisti e non ha nulla a che fare con la produzione locale ma quella che a noi sembra vera e autentica. Questo aspetto della fissazione vale anche particolarmente anche per le danze. Video sui Dogon Il Metropolitan museum of Art possiede una variet di oggetti sullarte Dogon, dalle maschere cerimoniali alle sculture riturali e costruzioni architettoniche: ci lo si deve soprattutto al contributo di Lester Waterman che collezion tale arte fin dal 1957, in modo tale che potesse condividere larricchimento che questi oggetti gli hanno portato. Sono tutti manufatti molto importanti per lorganizzazione religiosa dei Dogon, come tali appaiono carichi di misticismo e vitalit. Vivendo a stretto contatto con questa popolazione e dopo essersi fatto accettare ha studiato tradizione e riti nei quali la loro arte gioca un ruolo molto importante. Nel 15 e 16 sec migrarono dallimpero di Mali verso lafrica occidentale (nelle falesie) dove gli scafandri rocciosi favorirono linsediamento in quella zona desertica. Qui i Dogon svilupparono societ complessa radicata sui diversi miti sullorigine del mondo, sulla lotta fra ordine e disordine e sulla collocazione delluomo delluniverso: credenze che ispirano tutti gli aspetti dellarte Dogon, e danno vita a elaborate cerimonie rituali e danze, come la tam. Eseguita ogni 10 / 15 anni la tam ha lo scopo di elevare i morti al

ruolo di antenati, celebrare le nuove vite che riempiono il vuoto lasciato alla loro scomparsa; per i Dogon lanima non si spostata in un altro luogo, ma si elevata per esser spiritualmente pi vicina a Dio e agli altri spiriti ritenuti antenati. Durante questa danza di indossa la maschera kanag , che con la sua croce pu simbolizzare lequilibrio delluniverso, con la sbarra superiore che rappresenta il cielo e quella inferiore la terra. Le maschere rituali sono formate dellimpiego di materiali diversi che simbolizzano le varie forze delluniverso. I dipinti rupestri che vengono ridisegnati ogni hanno, generalmente rappresentano maschere Dogon, si trovano in luoghi protetti, dove vengono conservate le maschere e dove si svolgono i riti di iniziazione. Secondo la tradizione orale, quando arrivarono nella regione dove si trovano attualmente, le falesie erano abitaste da un popolo che i Dogon chiamarono Tellem = li abbiamo trovati. Anche i Dogon, come i Tellem prima di loro, seppelliscono i loro morti nelle caverne rocciose. Nelle caverne sovrastanti i villaggi Dogon sono stati ritrovati scheletri e manufatti appartenenti a Dogon e Tellem i quali seppellivano insieme ai loro morti oggetti per dar loro conforto, tra i quali dei poggiatesta; nelle caverne sottostanti a quelle sepolcrali, sono stati ritrovati manufatti inconsueti per i Dogon: delle ciotole in ceramico con dei piedi alla base, che si ritiene siano state utilizzate nelle cerimonie funebri dei Tellem. Alcune opere dei Dogon richiamano alcune sculture di terracotta sono state ritrovate a 160 km dal luogo in cui questi vivono; ci sono degli elementi in comune, come gli occhi sporgenti e cerchiati o il naso diritto. Le sculture in terracotta sono state datate fra il 16esimo e 18esimo secolo: ci significa che lo stile dei Dogon era popolare nel medesimo periodo. Nel medesimo luogo in cui sono state ritrovate le statuette di terracotta, vi sono delle strutture architettoniche che ricordano quelle dei Dogon. Ci sono quindi dei punti di contatto fra cultura Dogon e regione del delta interno del Niger che testimoniano influenze culturali. Lo scambio commerciale nei mercati offusca la tradizioni etniche ed artistiche. Molte statuette riflettono esclusivamente una scienza estetica e non vari livelli di abilit. I padri dellAfrica occidentali sono abilissimi artigiani e uno stato sociale unico: ben ricompensati per la loro abilit artigianale, sono gli unici fra i Dogon a non aver lobbligo di coltivare la terra. I Dogon hanno sempre allevato bestiame e coltivato grano e cotone. In questa regione cos arida il principale materiale da costruzione costituito da argilla mischiata a sabbia e fanghi. I villaggi Dogon richiamano la severa geometria della superficie rocciosa. Labitazione di una capo clan si distingue per le nicchie che costituiscono la sua facciata. I fabbri lavorano sia legno sia ferra e i sono responsabili per lintera produzione scultorea Dogon: per secoli hanno forgiato le statue per il mondo spirituale dei Dogon, il cui scopo quello di onorare il morto o ringraziare/pregare le divinit celesti. Durante i rituali sacri le sculture dei Dogon vengono consacrate con libagioni del loro alimento principale: la minestra di miglio, con oli vegetali, sangue animale e altre sostanze ritenute imbevute di sostanze vitali. Durante le cerimonie sugli oggetti si forma una patina che talvolta diventa una vera e propria incrostazione che ricopre lintera superficie delloggetto. Latteggiamento delle diverse sculture pu assumere significato diverso e scopi altrettanto diversi: Una scultura simmetrica che stando seduta si copre il viso potrebbe esser stata collocata su un altare di famiglia per significare il senso di dolore per la perdita di un congiunto Le figure con le braccia alzate hanno significati diversi e ambigui: potrebbe assumere il significato di supplica di pioggia nei confronti del cielo; possono esprimere dolore o gioia Le tavole di legno intagliate sembra che fossero appoggiate agli altari (un lato infatti pi annerito e incrostato di materiale sacrificale). Le sculture hanno un ruolo fondamentale nei riti sacri in quanto sono in grado di supplicare gli spiriti degli antenati, coloro che sono in grado di influenzare le massime autorit fra gli spiriti delluniverso. Per i Dogon tutti le cose viventi hanno unenergia tangibile: unenergia estraibile per esser utilizzata nella creazione delle sculture rituali. Tale energia fa si che aumenti lenergia di coloro che compiono i

rituali e degli antenati. Molte sculture, inoltre, vengono talmente ricoperte di materiale sacrificale che le forme vengono nascoste. Larte Dogon e africana in generale tendono a simboleggiare pi che a ritrarre: raro ritrovare una scultura che raffiguri emozioni e espressioni facciali (inoltre, forse la scultura serve per riconoscimento x il lavoro svolto. La gravidanza un elemento molto comune per larte Dogon: per un uomo Dogon normale prendere in sposa pi di una moglie per ampliare la famiglia; i gemelli hanno unimportanza mitologica legata al modello della creazione ed per questo che vengono considerati come dotati di unimportanza forza vitale che porta prosperit e fertilit a tutta la loro famiglia. Una coppia seduta rappresenta il cuore della famiglia costituito da moglie e marito, rappresentati sempre con grande simmetria di dettagli che uniscono le figure e mettono sullo stesso piano ruoli femme e maschili della societ: questo concetto di dualit radicato nella mitologia influenza notevolmente la vita familiare dei Dogon. I Dogon sono circa 250 mila e vivono in villaggi di 500 persone. Un tipico villaggio suddiviso in clan con dozzina di famiglie ciascuno, ognuna delle quali ha un capo di sesso maschile. Let avanza impone rispetto quindi ogni clan capeggiato dal maschio pi anziano che svolge unazione patriarcale sullintero gruppo. Gli uomini si riuniscono in assemblea per discutere i vari problemi de villaggio: si riuniscono in luoghi dai tetti bassi per evitare che si stia in piedi perch si ritiene che lo stare seduti produce maggiore armonia tra i vari capi clan. In generale, le opere darte sono sempre fonti che collegano questa societ al suo complesso sistema di credenze.

Osservando attentamente questo video si pu notare lintroduzione di questo concetto di mana come forza vitale che permea ogni essere viventi; si parla di culto degli antenati; si parla di simbolismo (maschere, croci etc.); si parla di congregazione nel svolgere collettivamente le varie attivit; statue come medium per lesortazione. Analizziamo la religione (1) e gli elementi culturali(2): 1- La preghiera: qui sono le statue stesse, rappresentate dalle donne in legno che fa una determinata azione 2- Societ stratificata ; anzianit come modello dellautorevolezza; divisione in clan; societ stratificata; poligenia; cultura olistica; dimensione operativa: capanne basse per i luoghi di incontro perch uomo seduto pi conciliante assumendo un atteggiamento corporeo che gli permette di ascoltare molto; dimensione dinamica: idea che questi prodotti artistici si scrivano in una atemporalit e sono il risultato di unoperazione collettiva e quindi non si pensa che non ci sia uno stile di un determinato artista; cultura creativa, soprattutto in questo caso per quanto riguarda larte); cultura selettiva: in una cultura a tradizione orale, la cultura selettiva perch quello che vediamo quello che stato selezionato in quanto non c nulla di conservato
Il carattere sacro della scrittura

Ci un fenomeno tipico delle societ a oralit diffusa come il Medioriente e le civilt precolombiane. Tuttavia riscontrabile anche nelle societ a oralit ristretta dove la scrittura assume ambiti autorevoli come documenti che contengono leggi scritte. Talvolta limportanza del decumento talmente elevata che basta semplicemente citarlo per renderlo incontestabile. Ad ese. In Tunisia nelloasi di El Ksar, studiata dallantropologo Kilani: il documento non ha alcuna funzione di prova scritta ma una dichiarazione di onore da parte di colui che lo ha citato; si fa dunque riferimento ad unautorit che Si parla per tuttavia anche di selettivit della cultura riguarda ad esempio documenti che attestano occidentale che sceglie taluni pezzi rispetto ad altri per la shorfa, sacralit e nobilt, di alcune famiglie.

metterli in un museo. Il problema : cos che riconosciamo come artistico? Larte africana in che modo stata

selezionata nei musei e su quali basi? Il criterio fondamentale linfluenza che queste opere hanno avuto sulle culture occidentali: ci interessano perch hanno influenzato la nostra cultura (vedi Picasso ad esempio). Questo solo un esempio perch nei vari paesi europei c una forte presenza di arte proveniente da paesi colonizzati. Inoltre, negli expo si vedono esibizioni etnologiche che servono per giustificare limpresa coloniale.

Il rapporto tra oralit diffusa e oralit ristretta: se il rapporto tra parole e esperienza viene meno, automaticamente la parola perde significato il quale viene o alterato o si perde perch lesperienza indispensabile per lindividuazione di un oggetto. Es. dello psicologo Luria che condusse un esperimento in Uzbekistan: fece vedere un cerchio a preletterari e a degli scolarizzati: i primi definirono cerchio come il sole, la luna o comunque qualcosa di circolare, i secondi ne diedero la definizione esatta. Ne consegue che una cultura preletteraria non riesce a ragionare in termini di categorie; di conseguenza le definizioni astratte diventano comprensibili solo se si fa esperienza di queste. Goody infatti definisce lesperienza come addomesticamento del pensiero che consente lacquisizione di un pensiero pi ampio rispetto alloralit. La diffusione massiccia della scrittura fa si che le cose cambino. Ad es. in Giordania i beduini hanno iniziato a sviluppare una forma di memoria genealogica scritta con lo scopo di modernizzare le trib: ci comporta che il modello identitario dello stato giordano viene ripreso dai beduini che tentano di mantenere visibilit e quindi peso politico.

2. Percezione e cognizione Il contatto con le popolazioni primitive fece sorgere stupore di fronte alla semplicit di calcolo e numerazione o la presenza di pochi termini lessicali. Ci costituisce un errore in quanto mancano una corretta conoscenza della lingua e informazioni necessarie su quelle determinate culture. Ad es. gli Inut eschimesi hanno una moltitudine di termini per indicare la neve. Il pensiero primitivo dunque legato alle capacit desercitate nei contesti dellesperienza.

Animali impuri, Animali simbolici In tutte le culture possibile ritrovare animali che hanno un forte valore simbolico (per noi il pipistrello un succhiasangue che si appiccica ai capelli e i lori escrementi possono trasmettere la tigna) che non ha nulla a che vedere con la realt. Nella Bibbia e pi specificatamente nel Levitico e nel Deuteronomio si distinguono gli animali in animali abominevoli impuri e animali commestibili come bue vacca pecora cervo etc. lantropologa Mary Douglas dice che tal distinzione dipende da una coerenza classificatoria: sono puri gli animali ruminanti e artiodattili mentre sono impuri tutti quelli che non rientrano in queste due categorie (tuttavia per la lepre anche se non lo viene considerata ruminante in quanto mastica in continuazione). Lantropologa

Gli antropologi distinguono -

Processi cognitivi elementari: le capacit universalmente presenti in soggetti normali quindi privi di patologie o disturbi e si distinguono in processi di astrazione, capacit di fissare su un aspetto una complessit di elementi, categorizzazione, la capacit di raggruppare elementi in classi o gruppi, induzione, la capacit di passare dallo specifico al generale, deduzione, capacit di passare dal generale allo specifico.

richiama poi lattenzione sul fatto che il pensiero biblico fa della coerenza concettuale la condizione di purezza.

Processi cognitivi funzionali: ovvero il prodotto del contesto entro cui lindividuo attua processi cognitivi elementari. Gli antropologi definiscono per stili cognitivi le modalit con cui individui appartenenti ad ambiti culturali diversi si rapportano al mondo sul piano cognitivo. Questo stile oscilla fra uno stile cognitivo globale (tipico delle societ euro- americane, ed la capacit di arrivare al particolare partendo dal generale) e uno stile cognitivo articolato (tipico delle societ tradizioni, ed la capacit di partire dal particolare per arrivare al totale). Tale opposizioni di stile non valida in quanto le societ si rapportano con entrambi i tipi di stili cognitivo a seconda delle situazioni in cui ci si trova. Con etnoscienziati definiamo quegli antropologi che studiano come le culture diverse organizzino le loro conoscenze dal mondo naturale. Quindi da questo punto di vista si parler di etnobotanica, etnozoologia, etc. Si sa che il mondo fisico procede per modelli o prototipi che sono il punto di riferimento attorno al quale vengono costruite categorie o classi di oggetti; cercando di dare una definizione di pianta ad esempio un uomo scolarizzato ha una visione meno dettagliata rispetto ad un uomo non scolarizzato di ci che pianta. Il carattere culturale delle organizzazioni pi evidente in relazione alle pratiche sociali. Ad es. prendiamo i Waiwai dellAmazzonia che possiedono molti tab per i sessi: solo agli uomini consentita la caccia e il consumo di carne; tuttavia per alle donne concesso il consumo del fegato di taluni animali. Ci non si sa se risponde allesigenza di far mangiare delle proteine alle donne o perch questi attribuiscono il fegato animale al mondo vegetale in quanto richiama limmagine di una foglia.

La possibilit di organizzare e individuare la realt ci data dagli schemi, termine ripreso dalla Critica della Ragion Pura di Kant: si tratta di regole concettuali attraverso le quali la nostra immaginazione fornisce ad ogni concetto la sua immagine. Ad esempio nel momento in cui pensiamo cane ci figureremo limmagine di un cane che rimarr per solo astratta e non concreta. Fillmore fa lesempio di scrivere in italiano e kaku in giapponese. Essi sono la stessa cosa dellaltro nel momento in cui si pensa allazione ma non ne implicano latto, ma non coincidono riguardo al significato perch litaliano intende per scrivere tutto ci che si possa leggere mentre il giapponese kaku qualsiasi cosa che si possa leggere e disegnare. Gli schemi pertanto organizzano la nostra esperienza che per esser rappresentata necessita degli modelli organizzati in schemi.

2.5. La terminologia del colore. Universalismo percettivo e determinazione socio-culturale.

Berli e Kay hanno studiato le terminologie dei colori di 26 lingue diverse concludendo che esistono da un minimo di 2 ad un massimo di 11 termini per indicare i colori base, quindi quei colori che non necessitano ulteriori specificazioni. I due ne hanno tratto 3 conclusioni: (1) Tutti gli esseri umani sono in grado di percepire 11 differenze del colore che o vengono indicate con 11 termini diversi o vengono ricondotte ad altre categorie cromatiche. La terminologia cromatica si sviluppa lungo una linea precisa: ci usa solo due termini ha chiaro scuro, chi tre bianco nero rosso, chi quattro bianco nero rosso verde giallo, chi cinque bianco nero rosso verde giallo blu, chi di pi aggiunge arancione porpora grigio rosa. Il numero di termini impiegato da una lingua in relazione alla complessit culturale e tecnologica della cultura in questione. I due antropologi non presero in considerazione i fattori culturali in quanto non corretto dire che tutti vediamo gli stessi colori dal momento che traducendo i colori in termini linguistici finiamo per creare un mondo fatto di modelli schemi parole e simboli. Come individui appartenenti a culture differenti possono trarre conclusioni differenti dalla medesima esperienza, ci avviene anche con i colori i quali possono assumere significati diversi a seconda del contesto: tale variazione di significato dipende sia da come i colori vengono percepiti sul piano fisico (cromatico) sia dalle connotazioni che a volte precedono la definizione cromatica (colori caldi o freddi, oppure secchi o umidi). Tuttavia sebbene gli uomini si esprimano diversamente con le variazioni cromatiche, altrettanto si esprimono in maniera diversa per quanto riguarda la denominazione di queste variazioni: ad es. alcune popolazioni della Nuova Guinea per indicare un determinato colore denominano una oggetto che ha quel determinato colore. I colori possono anche esser percepiti in maniera diversa a seconda dei significati culturali a questi attribuiti; inoltre la percezione che un individui ha del colore pu dipendere anche da gusti personali. 3. Spazio e Tempo Gli uomini percepiscono il tempo in riferimento alle trasformazioni delle cose e di s; percepiscono invece come spazio la collocazione in un luogo fisico di s e degli oggetti circostanti. Come disse Kant, si tratta di intuizioni pure a priori senza le quali non potremmo pensare: nonostante siano le dimensioni costitutive di qualunque modo di pensare, le loro rappresentazioni vengono percepite in maniera diversa dalle culture. Durkheim li definisce come istituzioni sociali ovvero lo stile di pensiero prevalente allinterno di una societ a determinare le valenze simboliche affettive e percettive che il tempo e lo spazio assumono in quel contesto culturale particolare. Il tempo Nilsson dice che il tempo nelle societ primitive viene percepito come puntiforme, legato quindi ad eventi naturali o sociali o stati fisiologici (due raccolti fa = due anni fa, due sonni fa = due giorni fa), come i Tiv della Nigeria che calcolano il tempo in base allorganizzazione dei mercati che comprendono un ciclo di 5 giorni. Infatti lidea che l tempo sia qualcosa di misurabile non universale. La nostra stessa concezione di tempo ad esempio strettamente legata allidea di produttivit nata con Marx (il tempo come denaro). Ci non toglie che anche nella nostra societ il tempo possa avere valenze diverse a seconda dello stato danimo del soggetto (infatti talvolta percepiamo delle dilatazioni e delle compressioni di tempo). In verit il senso di un tempo non quantizzato presente in tutte le societ che necessitano di rievocare periodicamente eventi considerati fondali: Capodanno, Natale etc. (Mircea Eliade dice che fanno parte dei miti delleterno ritorno).

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Alcune societ, o meglio le societ rurali che sono state inglobate in sistemi statuali a base urbana, hanno poi un doppio regime di misurazione del tempo: i Baluch del Pakistan pensao lanno in termini stagionali e il giorno in termini di fasi solari. Il tempo non quantificabile detto qualitativo, conosciuto benissimo da una societ come la nostra fondata sui termini temporali quantizzati (quando andavo allasilo.. allepoca in cui i miei nonni erano giovani..). Lo spazio Non sempre e ovunque quello geometrico in quanto assume valenze che gli fanno assumere caratteri diversi agli occhi delluomo. Basti pensare alla Terrasanta cara ai cristiani rappresentata in affreschi dipinti sculture per tutto il Medioevo fino alla cristallizzazione in immagini che non hanno nulla a che fare con i luoghi reali. (Maurice Halbwachs dimostr che i crociati diedero vita ad un lavoro di riconoscimento di quei luoghi e per poter soddisfare le aspettative cristiane dovettero esser ricostruiti in altri luoghi che non erano gli stessi del Vangelo). Lo spazio pu anche esser concepito come un elemento centrale per la memoria di un gruppo: ad e. gli Zafimaniry del Madagascar collocano a diverse altitudini le loro case permettendo di individuare una linea storia e genealogica ufficializzata mediante la trasformazione della casa originaria in un luogo sacro. Lo spazio anche una dimensione che per esser vissuta deve esser addomesticata, bisogna quindi entrare in un diretto rapporto con esso. Es. dellanziano salito in auto con De Martino che avverto uno stato di panico nel momento non in cui non scorge pi allorizzonte il campanile del suo paese. Si ha dunque la necessit di percepire un luogo dello spazio come un punto di riferimento.

A partire dalle considerazioni di Nillson, lantropologo britannico Hallpike nel 1979 svilupp una teoria di distinzione fra tempo operatorio e preoperatoria del processo temporale riconducendovi la distinzione stabilita da Piger tra (1) Pensiero operatorio, che mette in relazione spazio e tempo considerandoli due variabili dipendenti producendo una concezione quantitativa lineare misurabile sia del tempo sia dello spazio. Pensiero preoperatorio, tipico del pensiero infantile, non stabilisce coordinazioni tra fattori della durata simultaneit e successione (coordinazione della velocit relativa). Hallpike estese la presenza del pensiero preoperatorio a tutte le societ che non erano in possesso di una concezione linearte e misurabile del tempo e dello spazio, convenendo alle medesime conclusione di Luria. Tuttavia alcuni studiosi hanno sollevato dei dubbi: Forth rilev che i Rindi dellisola Sumba dellIndonesia hanno indicatori temporali qualitativi simili alle civilt che possiedono una concezione di tempo lineare e quantificabile riuscendo a coordinare perfettamente la velocit relativa. Praticano ad esempio una corsa di cavalli alle quali partecipano animali raggruppati in quattro gruppi distinti in base alla dimensioni dei cavalli: si deve dunque percorrere in senso antiorario una pista circolare che ha larrivo nel punto X, consapevoli del fatto che i cavalli pi grandi sono in grado di andare pi veloci di quelli di taglia inferiore.

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Sistemi di Pensiero

1. Sistemi chiusi e Sistemi aperti Nonostante il pensiero umano non sia affatto coerente tende sempre a cercare una coerenza, caratteristica tipica dei sistemi di pensiero. Questi comprendono ambiti di riflessione diversi come spazio e tempo, religione, etc. A met degli anni lantropologo Horton mise a confronto i sistemi di pensiero africani e pensiero scientifico europeo sostenendo che questi due modi di pensare assolutamente diversi avessero qualcosa in comune (una funzione esplicativa in percepibile da parte di un individuo occidentale pensante scientificamente): entrambi i sistemi sono alla ricerca di un sistema del mondo. I sistemi africani affrontano tal problema in termini di concetti religiosi e di divinit mentre quello scientifico in termini di forze fisiche. Delle spiegazioni date dagli africani gli occidentali ne rimangono sconcertati poich spiegano la realt mediante opposizioni e tensioni di uomini spiriti antenati ed eroi mitici; ci non accade con lantropologo che conosce le religioni africane. Lerrore che commettono gli occidentali quello di non considerare tale visione del mondo come un tentativo di prendere le distanze dal senso comune, ma li considerano dei ragionamenti sbagliati perch lontani dal punto di vista logico causale. Sono dunque cose che ci sembrano lontane dal nostro modo di ragionare e che non rientrano nel senso comune, ma altrettanto di questo non fanno parte elementi della scienza moderna che possono apparire assurde (come ad esempio lelettromagnetismo o il teorema di Bernoulli). Quando gli individui di certe popolazioni cercano le cause di una determinata malattia e ne attribuiscono la causa a una determinata divinit, cercano anche di capire il motivo che abbia spinto tal divinit a comportarsi in un certo modo. Noi non riusciamo a cogliere come per certi popoli sia possibili stabilire una relazione causale tra tensioni e disagi nelle relazioni interpersonali e sociali da un lato e certe malattie o sventure dallaltro. Il pensiero elabora sempre delle analogie esplicative: Il cervello occidentale si rivolge alla cose per costruire le proprie analogie esplicative. I sistemi come quello dellafrica sud sahariana fanno riferimento al mondo sociale allontanandosi dunque dai modelli empirici, ovvero le cose, i nostri parametri di riferimento. Per altre societ le analogie esplicative si traducono in termini di idiomi personali trasferiti al sistema delle reazioni causali (pertanto alcune spiegazioni di fenomeni possono esser attribuite allazione di un dio): le spiegazioni vengono date in termini di relazioni sociali e interpersonali. Ad esempio lAIDS viene si conosciuta come una malattia che si diffonde empiricamente quindi soprattutto attraverso rapporti sessuali, ma viene anche letta come un male che trae origine dal mal funzionamento dellordine sociale diventando lelemento esplicativo dominante. Secondo Horton ci avviene poich una volta che una societ adotta un modo di spiegazione, tende ad allontanare gli altri.

Secondo Lvy-Bruhl si parla di mentalit primitiva una mentalit fondata su principi diversi dalla logica tradizionale aristotelica della quale avrebbero difettato il principio di identit, non contraddizione e di causalit. Tali teorie vennero modificate dallo stesso poco prima di morire dicendo che ci era la base anche di alcuni sistemi di pensiero civilizzati e quindi non esclusivi delle mentalit primitive. Molti autori dopo Lvy-Bruhl hanno cercato di render conto delle differenza che caratterizzano il modo di pensare delle diverse civilt. Horton definisce sistemi chiusi le mentalit tradizionali che non prendono in considerazione possibilit alternative (gli indovini o stregoni africani non sono consapevoli che esistono alternative esplicative) e sistemi aperti quelle mentalit che tengono in considerazione possibilit esplicative alternative (come lo scienziato).

La stregoneria degli Azande Un esempio di sistema chiuso studiato da EvansPritchard. Per gli Azande qualsiasi tipo di disgrazia viene attribuita a atti di magia o stregoneria, chiunque soggetto a magia o stregoneria consulta un individuo per capirne le cause, esistono pratiche per proteggere lindividuo. Il tutto costituisce un complesso sistema di credenze che prendon senso solo se collocate allinterno di un sistema a struttura logica, un intreccio di nozioni e concetti in ognuno di questi dipende dagli altri. Di fronte al fallimento dellindividuo o delle pratiche magiche o della stregoneria gli Azande fanno ricorso a spiegazioni secondarie che per non permettono la fuoriuscita dal sistema: il pensiero Azande dunque prigioniero di s stesso.

Tale distinzione si per rivelata eccessivamente rigida in quanto da intendere in senso relativo e non assoluto: lapertura di cui parla Horton tipica della scienza e non del modo di ragionare delle persone, infatti solo i computer ragionano bonariamente sullopposizione vero/falso mentre il cervello umano ragiona su zone grigie quindi sfumature che meglio aderiscono al carattere altrettanto sfumato della realt. Tuttavia per necessario dire che la piena consapevolezza delle alternative sia qualcosa che emerge con la scrittura che consente facilmente di confrontare affermazioni concezioni e teorie diverse ede eventualmente elaborarne di nuove. 2. Pensiero metaforico e Pensiero magico Molti dei popoli studiati dagli antropologi presentano cosmologie e sistemi di pensiero diversi dai nostri, ma giusto ritenere tali cosmologie semplicemente dedotte dal pensiero? Ad esempio, se per noi il sole che va gi o su una metafora, perch dovremmo pensare che gli altri popoli sarebbero incapaci di farlo? Ci se lo domanda lantropologo Keesing in relazione al fatto che quanto gli altri popoli dicono o affermano viene da noi considerato una concezione ultima e definitiva della realt ritenuta vera.

Laffermazione noi Bororo siamo arara rossi (pappagalli) condusse Lvy Brohl a dire che la mentalit bororo era primitiva e gli stessi era incapaci di distinguere tra immagine e modello, tra uomo e animale e tra animale e antenato mitico: definendosi arara rossi si ritenevano dunque discendenti di un pappagallo mitico. Tuttavia per i Bororo quotidianamente non si comportavano come pappagalli ne trattavano il prossimo come uno di questi. Il divario tra laffermazione Bororo e il ragionamento ordinario si attenua se pensiamo che anche noi quotidianamente parliamo e ragioniamo con metafore. Analizzando quindi i contesti con cui gli arara e gli uomini vengono posti in relazione agli aroe (spiriti: i Bororo invitavano lo spirito a discendere su di loro, da ci deriva il travestimento in piume) gli antropologi son giunti alla conclusione che dimensione pratica e simbolica di quella societ finiscono per produrre unassimilazione metaforica degli uomini maschi agli arara rossi. Bisogna dunque prendere in considerazione tre fattori: Liridescenza delle piume degli arara una manifestazione dello spirito La societ bororo si identifica con un modello di discendenza matrilineare e di residenza uxorilocale: i villaggi sono divisi in due met (un uomo deve abitare nella met in cui vive la famiglia della moglie e provvedere a mantenere madre sorelle e figli di queste che vivono nellaltra met) I pappagalli sono considerati gli unici animali da compagnia, ma sono accuditi e posseduti solo dalle donne che li assimilano a dei bambini.

I pappagalli occupano dunque la posizione di animale simbolo dello spirito in quanto iridescenti, della simbiosi uomo animali perch custoditi amorevolmente dalle donne e della strana condizione in cui si trovano gli uomini importanti su piano politico e religioso ma dipendenti dalle loro mogli. noi siamo arara rossi diventa il modo in cui i Bororo esprimono la condizione maschile.

Per magia si intende una serie di atti gesti formule mediante cui si vuole influire sul corso degli eventi e della natura delle cose; latto magico compiuto da qualcuno per influenzare qualcosa o qualcuno positivamente o negativamente (magia bianca effetti benefici, magia nera colpisce qualcosa che stato in contatto o appartenuto con la persona che si vuol colpire). Gli antropologi la definirono come aberrazione intellettuale tipica delluomo primitivo comportando una mancanza di coerenza logica, e scienza imperfetta, quindi un tentativo di manipolare la natura di cui si intuivano regolarit e costanza. Frazer distingue due tipi di magia: Imitativa: si pu influenzare la natura imitandola (spargendo acqua sul terreno si imita la pioggia influenzandone larrivo) Contagiosa: due cose poste a contatto conservano anche se allontanate il potere di agire una sullaltra I primi antropologi tra cui Frazer credevano che vi fosse un legame stretto tra magia religione e scienza: gli uomini ricorrevano alla magia per manipolare il corso degli eventi, quando risult insufficiente si rivolsero agli spiriti superiori per ingraziarseli e ottenere ci che volevano, infine ricorsero alla scienza basandosi su osservazione e esperimento, fondati su logica razionale. Secondo Malinowsky invece i tre sono distinti: la religione non risponde allorigine dei fenomeni ma fornisce certezze di fronte alle grandi incertezze della vita, la magia (una cosa a s stante) ha finalit pratiche per rispondere a situazioni generatrici di ansia consistendo in una serie di atti sostitutivi volti a ritualizzare lottimismo nelluomo: di conseguenza non nata n prima n dopo religione e scienza e volge alla ricerca di rassicurazioni di fronte allincertezza e allimprevedibilit degli eventi.

Secondo De Martino la magia pu esser compresa solo in relazione allangoscia, alla perdita della presenza condizione che lessere umano non cessa di costruire per sottrarsi allidea angosciosa di non esserci: il pensiero magico il primo tentativo di affermazione del pensiero umano nel mondo che non si ottiene mai definitivamente in quanto la presenza pu esser messa sempre in discussione da crisi individuali o collettivi, rischio che luomo tenta sempre di allontanare con atteggiamenti o rituali (ad esempio il lamento funebre laffronto della crisi della presenza che minaccia la comunit di fronte alla morte). Questo atteggiamento di continuo tentativo di affermare la propria identit tipica del Mezzogiorno non avendo ancora preso coscienza della propria identit storica e di classe. In molte circostanze difficile distinguere atti magici da atti di altro tipo come gesti o formule che hanno lo scopo esplicito di influenzare le divinit o spiriti inducendoli a comportarsi nelle modalit dalluomo desiderate. Ad esempio tra i Beduini del Medio Oriente i bambini tengono legati al collo dei pezzetti di stozzo con scritti sopra versetti del Corano in funzione di protezione da malattie o malocchi. 3. Il Pensiero Mitico Per molti anni gli antropologi hanno usato per spiegare lorigine dei miti la loro coerenza e connessione con i riti i quali fanno spesso riferimento ai miti. Ma mentre un rito sempre identico il mito ad esso collegato pu variare: si dovrebbe dedurre che il rito viene prima del mito, visto come una giustificazione a posteriori.

Ci ovviamente ha causato vari dibattici; ci sono molti miti non collegati a riti e viceversa e pare che esistano popoli ricchi di riti ma privi di miti come i Kwaio delle isole Salomone. Alcuni studiosi hanno ritenuto che il mito sia una ricostruzione o giustificazione fantastica e primitiva di fatti o eventi realmente accaduti. In realt esistono forme narrative storiche riconosciute come indipendenti e autonome dal racconto mitico. Quali sono le caratteristiche del mito? Ignora spazio e tempo, in quanto i personaggi agiscono senza tener conto della successione temporale e vivono in luoghi immaginari o fantastici o addirittura impossibili da frequentare. Annulla la differenza tra regni specie generi tra mondo sensibile e sovrasensibile: viene disegnata una unit di esseri collocata in una situazione pacifica originaria, la cui fine ha portato al mondo attuale. Produce una antropomorfizzazione della natura: attribuisce al creato caratteristiche umane. Ma vero anche il contrario: talvolta sono gli uomini ad avere caratteristiche pertinenti il mondo naturale.
Mito e inversione rituale: i Koyemshi degli Zuni Si tratta di personaggi definiti buffoni rituali presenti in alcune societ. Si comportano esattamente allopposto rispetto alla norma, ad esempio camminando allindietro, e con il loro comportamento sembrano voler evocare il comportamento del trickster che ha plasmato il mondo violando le disposizioni degli dei. Linversione rituale degli koyemshi ha lo scopo di evocare un episodio della mitologia Zuni connesso con la concezione stessa dellordine sociale: comportandosi al contrario della norma, rivestono una funzione cognitiva e pedagogica ovvero mostrare ci che culturalmente impossibile e tener vivo il senso della loro impossibilit di messa in scena.

La creazione del mondo viene quindi sempre creata attraverso separazioni e allontanamenti tra i protagonisti degli elementi costituivi dellunit originaria: ad esempio nella Bibbia una serie di atti separano progressivamente la materia dando origine ai vari elementi del creato. La rottura dellequilibrio causata da un personaggio particolare ad esempio un eroe o un animale o un semidio, personaggio definito dalla letteratura antropologica come trickster, imbroglione/impiccione. Il pi celebre quello dei miti dellorigine degli indiani Winnebago del Nord America studiati da Radin: incorpora caratteri opposti e contraddittori, sottoforma animale e umana, agisce come uno spensierato irresponsabile. Con il suo comportamento presociale e premorale e quindi preculturale, plasma la realt cos come gli uomini la conoscono: gli uomini sono per consci che si tratta dio una realt piena di contraddizioni. Il trickster ambiguo nel comportamento come nella sua natura: dona conoscenza e tecniche ma anche malattia e morte. Il mito ha funzione speculativa pedagogica sociologica e classificatoria. Malinowsky sosteneva inoltre che il mito fosse qualcosa che fissasse un codice di comportamento e di pensiero. Non c dubbio che inoltre possa fungere da modello dordine atto a legittimare lo stato delle cose presenti. Lantropologo inglese Radcliff Brown studi e compar miti di nativi nord americani e miti aborigeni giungendo alla conclusione che il mondo animale viene rappresentato nei miti in termini di relazioni sociali simili a quelle umane e che le coppie dopposizione costituite dagli animali simbolo esprimono lapplicazione del principio strutturale che consiste nellapplicazione di idee di contrario (definisce contrarie due specie sulla base di talune caratteristiche) e opponente (mette in relazione la loro relazione complementare che appare tale se e solo se messa in relazione allorganizzazione sociale, quindi le due specie sono tra loro in un rapporto di opposizione complementare, opposizioni rivali ma strutturalmente unite in una relazione funzionale le due met di un gruppo per lo scambio matrimoniale). I miti australiani e nordamericani avrebbero quindi la funzione di rappresentare la realt sociale nei suoi aspetti complementari funzionali e contraddittori.

Levi-Straus da una interpretazione assai diversa del mito che viene trattato come una attivit speculativa senza badare ad eventuali collegamenti che il mito pu avere con la vita sociale e culturale di una popolazione. Secondo lantropologo il mito unentit scomponibile in parti minime (mitemi) che rivestono senso solo se poste accanto ad altre dello stesso tipo; un mitema prende sembianze diverse con culture diverse ma ricorre a racconti mitici differenti assumendo sempre un significato diverso a secondo della sua vicinanza con altri mitemi. Secondo lo stesso il mito sarebbe chiamato a conciliare quegli aspetti contraddittori dellesistenza umana e del mondo naturale che non possono esser mediati da alcuna forza di dialettica razionale, assumendosi il compito di risolvere le varie contraddizioni introducendo nella narrazione un mediatore simbolico di una contraddizione irrisolvibile per via razionale: queste mediazioni non sono mai dirette ma si presentano sottoforma di azioni personaggi contesti che apparentemente non hanno nulla a che vedere con il problema intellettuale che il mito cerca di risolvere. Ad esempio prendiamo il binomio vita morte: inserendo in un mito le figure di una preda e di un predatore come gazzella e leone, il primo non uccide a differenza del secondo, queste possono esser mediate da una terza figura, la iena, che non uccide ma si nutre di carogne, risolvendo dunque la mediazione tra vita e morte. Sempre secondo Levi-Straus il pensiero mitico si presenta come un pensiero libero che ha i propri limiti solo in s stesso: il mito sarebbe dunque il frutto di un pensiero che pensa se stesso.

Il s e laltro
1. Identit, corpi, persone. 1.1. I confini del s e la rappresentazione dellaltro: IDENTITA\ALTERITA. Linteresse umano si rivolto da sempre verso la stessa umanit, ossia al s e allaltro: il problema di sapere chi siamo noi e chi invece siano loro, poter leggere al di l della morfologia sessuale, quali siano i caratteri femminili e\o maschili ecc.. La definizione del s e dellaltro articolata in relazione al sesso, al genere e alla sfera emotiva da un lato, e allappartenenza a gruppi come le caste, le classi e le etnie dallaltro. Lappartenenza di un individuo a un gruppo resa possibile attraverso la condivisione di modelli culturali. Far parte di un s collettivo (trib, nazione, confessione religiosa, casta) si realizza attraverso comportamenti che tracciano confini nei confronti degli altri. Appartenenza da un lato e distinzione dallaltro sembrano due aspetti opposti ma sono complementari del vivere umano. Lidea di appartenere a un s collettivo e quella di essere ci che siamo rinviano a ci che viene chiamata Identit. Oggi le citt del mondo sono caratterizzate dalla presenza smepre maggiore di minoranze di ogni tipo (etniche, linguistiche, sessuali ecc); gli incontri con la differenza sono un tratto costitutivo della nostra vita e contribuiscono allacquisizione del senso del confine tra s e laltro. La nostra cultura ha unidea rigida della propria identit, ma non tutti i popoli sono cos. In Africa, ad esempio, esistono gruppi ben coscienti di come la loro identit sia il risultato di incontri altrui. 1.2. Corpi. Aspetto particolare della dimensione identitaria il rapporto degli individui con il corpo, proprio e altrui. Il corpo mediatore tra noi e il mondo, mezzo attraverso il quale entriamo in relazione con lambiente circostante: forma di conoscenza, definita incorporata. Habitus (da Bourdieu) = complesso degli atteggiamenti psico-fisici mediante cui gli esseri umani stanno al mondo; lhabitus varia tanto sulla base delle caratteristiche psico-fisiche dellindividuo, quanto a seconda dei modelli comportamentali in quanto facente parte di una determinata cultura. Sedersi, portare il cibo alla bbocca, assumere determinate posture, sono cose che non si attuano allo stesso modo in tutte le culture: il corpo culturalmente disciplinato (Michel Foucault); cio le tecniche che sono preposte allattuazione di tale disciplina dipendono dai modelli culturali in vigore. I corpi non sono disciplinati soltanto sulla base di quelli che la societ ritiene siano i comportamenti corretti; la societ cerca di imprimere nel corpo dei suoi componenti i segni della propria presenza. Tatuaggi, scarificazioni, perforazioni, pitture, deformazioni craniche, avulsioni, circoncisioni, infibulazioni, escissioni sono tutte pratiche finalizzate alla fabbricazione dellumano da parte della societ. Corpo come veicolo per manifestare la propria identit: pitture facciali degli ind amazzonici, il velo delle donne musulmane, il bikini delle occidentali, lorecchino portato da alcuni uomini europei ecc.

1.3. corpi sani e corpi malati. Il corpo lo strumento di resistenza e risposta, tanto consapevole quanto inconscia, nei confronti delle situazioni esterne. Gli antropologi si sono concentrati su come gli individui incorporano il disagio sociale dando luogo a patologie di vario tipo, sia organiche che psichiche. Anche laspetto della salute e della malattia preso in considerazione dallantropologia in prospettiva relativista: prendere atto che tutte le culture hanno una concezione complessa del disagio fisico e psichico e che tali concezioni rispondono a un tentativo pi o meno coerente di spiegare e curare questi disturbi. Uno studio antropologico considera che questi stati della mente si intrecciano con vari piani della vita sociale e rinviano costantemente alle concezioni locali del corpo e della persona. Ad esempio, il fenomeno del tarantismo nel Salento manifestazione del disagio psicologico di alcune donne salentine curato mediante sedute pubbliche di musicoterapia. 1.4. persone e soggetti. Lindividuo non pensato ovunque come un tutto integrato e armonico dal punto di vista motivazionale, emotivo e cognitivo sul modello della persona della tradizione occidentale. Bisogna distinguere il concetto di persona da quello di soggetto: il secondo rinvia al singolo in quanto unico esemplare diverso da tutti gli altri, mentre il primo rinvia al modo in cui lindividuo entra in relazione con il mondo sociale di cui fa parte. Il soggetto pensato ovunque come unentit largamente coerente, anche se tale coerenza non pu essere concepita sul modello della nostra. 2.Sesso, genere, emozioni 2.1. Il femminile e il maschile. Distinzione esistita da sempre nella storia delluomo; la differenza dei tratti sessuali e la diversa funzione riproduttiva del corpo femminile e maschile deve essere stata sin dalle origini fatta oggetto di speciali attenzioni. Luniversalit dellopposizione femminile\maschile non implica che in tutte le culture si abbiano rappresentazioni analoghe delle relazioni tra sessi; tale distinzione il risultato di una serie di manipolazioni simmetriche e concrete che riguardano gli individui, trattandosi di una costruzione sociale. [costruzione sociale della distinzione femminile\maschile] es. Inuit: presso questa popolazione lidentit sessuale di un individuo non legata al sesso anatomico, bens allidentit sessuale dellanima reincarnata, assegnata al momento della nascita tramite segni. 2.2. sesso e genere. Il caso degli Inuit un fatto socialmente costruito ed lesempio di come in alcune culture lidentit sessuale di un individuo pu non essere legata al sesso anatomico. Lantropologia usa il termine sesso per distinguere lidentit sessuale anatomica dallidentit sessuale socialmente costruita (genere). I tratti della mascolinit e della femminilit, ossia le distinzioni di genere, sembrano essere costruzioni culturali. 2.3. sesso, genere e relazioni sociali. Risulta impossibile, ad esempio, considerare la procreazione umana come un dato naturale, per una serie di elementi propri di ogni cultura che rendono tale concezione una manipolazione delluomo e della societ (allattamento artificiale, banche dello sperma, uteri in affitto, fecondazione in vitro ecc). il controllo delle capacit riproduttive delle donne costituisce un elemento cruciale di tutti i sistemi sociali e della nascita di certe forme di potere; spesso i rapporti tra i sessi sono fatti oggetto di vere e proprie norme giuridiche codificate. Molte culture hanno costruito veri e propri spazi di genere (i club esclusivamente maschili in Inghilterra, il gineceo nella Grecia antica, le case degli uomini in Nuova Guinea, lharem femminile nel mondo musulmano ecc). Molte societ insistono su aspetti della personalit femminile come la reputazione, la verginit, lonore ecc Tutti tratti connessi con lostentazione del corpo e il portamento in pubblico (ad esempio, nelle societ amazzoniche la donna pu mostrarsi nuda; in India non sconveniente per la donna mostrare lombelico, perch simbolo generatore della vita; altri popoli ritengono che il corpo femminile debba rimanere nascosto). Sono costruzioni di genere pi che differenze di natura sessuale. 2.4. emozioni. Studio che nasce come interesse per la costruzione del s in relazione al mondo esterno, alla alterit umana, sociale e naturale. Variabilit dellespressione emotiva: gli stati danimo non sono universali, non sono espressi ovunque nella stessa maniera. Essi sono piuttosto concepiti in

base ai modelli culturali introiettati durante linfanzia e riplasmati nel corso della vita. Ad esempio, i cinesi mascherano le proprie emozioni, come i Jaranesi di fronte alla morte dei propri cari; ma gli Yanomani amazzonici, in occasione delluccisione di un parente, sottolineano apertamente il proprio stato danimo. 3. Casta, Classe, Etnia. 3.1.Caste. Termine utilizzato oggi in riferimento a gruppi sociali ritenuti, per una qualche ragione, superiori o inferiori ad altri e che, per questa caratteristica, tendono a condurre una vita in qualche modo separata da questi ultimi. Casta = termine dal portoghese = casata, stirpe. Caste indiane. Nel XV secolo, i portoghesi giunsero in India e applicarono questo concetto per distinguere le popolazioni sotto lautorit dei principi: sistema dei Varna (le quattro categorie sociali pi importanti: sacerdoti, guerrieri, commercianti e contadini, oltre ai fuori casta o intoccabili) suddiviso in molteplici jat e sotto jat, ognuno corrispondente a uno specifico gruppo occupazionale (vasai, barbieri, fabbri ) I rapporti tra gli individui sono improntati a rigide regole di frequentazione o di evitazione fondate sulla distinzione castale nelle caste indiane, le unioni matrimoniali devono avvenire tra individui appartenenti alla stessa casta. Il sistema castale indiano disposto gerarchicamente; tale gerarchia si fonda su un criterio di maggiore o minore purezza rituale. Alcuni autori hanno visto una forma esasperata di stratificazione sociale in India fondata sulla disparit di accesso alle risorse. Il sistema gerarchico non informa solo lambito delle relazioni economiche e di potere, bens una gerarchia di purezza rituale che informa lintero pensiero ind. [confronto tra sistema delle caste ind e totemismo australiano, ossia tendenza ad associare agli individui e ai gruppi limmagine di un animale o di una pianta (totem): i gruppi totemici si auto percepiscono come gruppi culturali, essi si scambiano donne, atti magici e atti cerimoniali, mentre le caste ind, al contrario, si auto percepiscono come gruppi naturali e sono unit chiuse sul piano matrimoniale e separate le une dalle altre sulla base di precisi divieti] 3.2. Classi. Nozione di classe derivante dalla tradizione filosofica ed economica e politica europea, in particolare dallo scoppio della rivoluzione industriale. Karl Marx (filosofo tedesco) riteneva che la storia delle societ fosse il risultato di ci che egli chiam la lotta di classe, ossia lo scontro tra gruppi sociali con interessi economici e politici differenti. [la borghesia prevalse sullaristocrazia, dando luogo alla classe del proletariato, come riscatto ai propri diritti e doveri]. Non si trattava solo di disparit di carattere economico, bens anche della rappresentazione che ogni gruppo aveva di s stesso in relazione alle altre classi (dato anche culturale). ogni gruppo, in base alle proprie esperienze mondane, si differenzia dallaltro, creando distinzione di fatto, e non di diritto come nel caso delle caste ind. Le classi sociali si hanno in sistemi economici e politici in cui formalmente assicurata a tutti la possibilit di ascendere socialmente, e in cui i diritti e i doveri sono equamente distribuiti. La divisione in classi ha naturalmente a che vedere con la divisione del lavoro ma non coincide con questultima, come nel caso dei gruppi occupazionali. Allinterno di ogni classe vi la coscienza di classe, cio una forma di auto percezione che nasce dalla contrapposizione ad altri gruppi sociali. 3.3.Etnie ed etnicit. Per molti anni gli antropologi hanno parlato di etnia indicando un gruppo umano identificabile mediante la condivisione di una medesima cultura, di una medesima lingua, di uno stesso territorio ecc. Definizione rivista successivamente perch lequazione cultura = lingua = territorio sembra dichiarare che vi sia unorigine comune ad ogni etnia, e che questa assegni un fondamento naturale e un carattere assoluto, statico, eterno del gruppo. Il concetto di etnia non corrisponde a quello di stirpe, razza o comunit di sangue. - luso politico delletnicit. Nella contrapposizione etnica agisce la volont di enfatizzare uno o pi elementi differenziali dimenticando quelli comuni. Lo scopo dello scontro etnico non la sottomissione dello sconfitto (guerra classica) n linstaurazione di un regime politico a una parte della popolazione (guerra civile); leliminazione dellaltro, lo sterminio, il suo annullamento fisico.

Forme della parentela


1. La parentela come relazione e come rappresentazione. Relazioni di parentela = sono relazioni biologicamente, socialmente e culturalmente stabilite, le quali incidono con forza straordinaria sulla vita degli uomini. 1.1.Idee di parentela. La parentela pu essere definita come relazione che lega individui o sulla base della consanguineit o per via matrimoniale; queste relazioni sono alla base dei diritti e doveri primari che legano tra loro le persone. Le relazioni di parentela sono inoltre rappresentazioni riguardanti la concezione che ogni societ ha dei rapporti tra esseri umani. [alcune societ ritengono che un bambino non prenda forma nel ventre materno ma nel cervello del padre, il quale lo trasmetter con lo sperma alla madre; altre considerano un essere umano frutto di elementi incorruttibili (ossa) derivanti dal padre e elementi destinati a corrompersi (sangue, tessuti) dalla madre ]. Lo studio della parentela dunque non ci indica solo i parenti di un individuo, ma molto pi: esso ci illumina su molti aspetti della vita sociale e culturale, in quanto si collega alle concezioni della vita e della morte, della morale, della religione 1.2. diagrammi di parentela disegni costituiti da simboli convenzionali, linee, lettere, numeri per descrivere le relazioni di parentela tra individui o gruppi 1.3. consanguinei o alleati (o affini). I parenti consanguinei sono legati biologicamente a Ego; quelli alleati sono i parenti acquisiti attraverso il matrimonio dei consanguinei di Ego. Alcune relazioni spesso non risultano nei diagrammi perch le societ tendono a rimuovere le relazioni considerate illegittime sul piano giuridico o moralmente riprovevoli. - sigle, utilizzate per designare gli individui in rapporto a Ego; luso delle sigle permette di descrivere i parenti di Ego indipendentemente dal modo in cui, nella societ di questo ultimo, si soliti chiamare o rivolgersi ai parenti. 1.4. Discendenza e consanguineit. I paleoantropologi hanno dimostrato che levoluzione delluomo e i processi di adattamento allambiente sono da ricondursi alla vita sociale degli ominidi da cui derivano. Gli esseri umani vivono in gruppi e sembra che, a partire dal Paleolitico, il sistema per dar vita a gruppi sia stato quello della parentela. Questi gruppi distinti da altri, che prendono origine dalle relazioni di parenti definiti dallantropologia gruppi di discendenza = gruppi di individui i quali, per il fatto di discendere da un antenato comune, sono in grado di far coincidere le proprie risorse e diritti e trasmetterli ai loro discendenti, ossia a tutti quegli individui che nascendo saranno inclusi nel gruppo in base al criterio della comune discendenza. - tipi di discendenza. Tre modi diversi per determinare la discendenza e quindi lappartenenza sociale dei nuovi nati: - patrilineare, stabilita attraverso legami tra individui di sesso maschile (discendenza unilineare); - matrilineare, fondata sui legami tra individui di sesso femminile (discendenza unilineare); - cognatica, fondata sui legami stabiliti attraverso una linea di discendenza che comprende individui sia di sesso maschile sia femminile non segue alcuna linea di discendenza prestabilita. Nelle societ di derivazione europea e in quelle presenti sul continente europeo non vi sono gruppi di discendenza; pertanto si parla di societ bilaterali. gruppi corporato = gruppo fondato sul principio della discendenza, il quale condivide, su basi collettive, diritti, privilegi e forme di cooperazione economica, politica e rituale. Non tutti i gruppi di discendenza per sono gruppi corporato: un insieme di individui pu condividere la stessa ascendenza ma non per questo condividere determinate risorse o diritti.

Lignaggi e clan. Lignaggio costituito da coloro che possono tracciare una comune discendenza da un determinato individuo (si parla sempre di patri lignaggio e matrilignaggio). Clan sono quei gruppi che hanno solo un sentimento di appartenenza a una comune discendenza (spesso lantenato una figura mitica, concepita sottoforma di animale o vegetale). Parentado = si tratta di un gruppo egocentrato di un individuo, poich costituito da tutti gli individui patri e matrilineari in relazione di consanguineit con Ego. La nozione di Parentado designa quellinsieme di persone che sono rilevanti dal punto di vista della vita concreta del singolo individuo. Il parentado ha un peso sociale notevole, anche in quelle societ a discendenza unilineare; ci visibile in occasioni come la nascita, il matrimonio, le cerimonie, i riti che marcano i cambiamenti di condizione sociale. Scheda Il Khandan dei Baluch. Popolazione di agricoltori del Pakistan, i Baluch hanno come gruppo di riferimento il Khandan, un nucleo parentale ego centrato, assimilabile al parentado, formato da tutti i parenti consanguinei viventi di un individuo, sia da parte di padre che da parte di madre. 1.5. Residenza e Vicinato. Nel caso di gruppi di discendenza che risiedono nello stesso territorio, la prossimit diventa un fattore di ulteriore coesione e il loro carattere corporato ne esce rafforzato. Quando si disperdono, i gruppi possono perdere il senso della comune appartenenza e il carattere corporato pu ridursi. Tutte le societ hanno modelli di residenza postmatrimoniale: patrilocale, la coppia va a vivere dai parenti del marito; matrilocale, la coppia va a vivere dai parenti della moglie; ambilocale, la coppia sceglie se vivere dai parenti del marito o della moglie; neolocale, la coppia si stabilisce in un luogo diverso da quello dei parenti dei coniugi; natolocale, i due coniugi continuano a vivere ciascuno con i propri parenti; avuncolocale, la coppia va a stabilirsi vicino alla residenza del fratello della madre dello sposo (MB) \ questa forma di residenza presente solo nelle societ matrilineari. La dimensione del vicinato questione importante in quanto un insieme di famiglie nucleari o estese che si trovano nella necessit di cooperare per gestire spazi e risorse. Il vicinato stato definito forma sociale effettivamente esistente. 1.6. Matrimonio e alleanza. La dimensione dellalleanza o affinit coincide coi legami contratti da un individuo con altri attraverso listituzione da noi conosciuta come matrimonio. - matrimonio monogamico, tra due individui; - matrimonio poliginico, tra un uomo e pi donne, diffuso in molte aree del mondo musulmano; - matrimonio poliandrico, tra una donna e pi uomini, diffuso in alcune aree del Nepal, dellIndia e del Tibet. Quindi matrimonio = forma socialmente riconosciuta di unione attraverso la quale un individuo entra in relazione di alleanza con altri individui. Ma non c una definizione di matrimonio universalmente riconosciuta, per la presenza di realt di unione particolari. Ad esempio, listituzione dellepiclerato nellAntica Grecia, dove se un uomo sposato aveva figlie femmine e non maschi, questo poteva far unire la propria figlia ad un uomo e diventare a tutti gli effetti il padre del figlio della figlia. Inoltre ad esempio il matrimonio col fantasma diffuso presso i Nuer del Sudan: se un uomo muore senza prole, il fratello del defunto contrae matrimonio legalmente con una donna a nome dello scomparso sicch i figli che nascono da tale unione sono considerati a tutti gli effetti figli del defunto. Matrimonio, famiglia e gruppo domestico. Alle diverse forme di matrimonio corrispondono altrettante forme di costituzione, che noi chiamiano famiglia: famiglia monogamica, poliginica o poliandria. La famiglia composta dai coniugi e dalla prole detta famiglia nucleare che, spesso, esiste nel contesto della famiglia estesa. Questultima, costituita da individui appartenenti a tre generazioni,

con laggiunta di altri elementi, forma il gruppo domestico (elementi che non sono in rapporto n di consanguineit n di alleanza coi membri della famiglia, come servi, schiavi, pastori di lavoro ecc). Gruppo domestico = insieme di individui che vivono insieme contribuendo allo svolgimento delle attivit di sussistenza di comune interesse. 1.7. esogamia ed endogamia. esogamia indica lunione matrimoniale di un individuo allesterno del gruppo; endogamia indica lunione matrimoniale di un individuo allinterno del gruppo. - la proibizione dellincesto, espressione che indica il divieto universalmente diffuso nelle societ umane relativo allunione matrimoniale (e sessuale) tra determinati individui. Lunione con individui che per noi sarebbero del tutto leciti, sono per altri assolutamente proibiti. La proibizione dellincesto una regola culturale e non un dato di natura. cugini incrociati e cugini paralleli. I cugini incrociati sono i figli e le figlie di fratelli germani di sesso differente, mentre cugini paralleli sono i figli e le figlie di fratelli germani dello stesso sesso. Dal punto di vista matrimoniale, la distinzione tra cugini incrociati e paralleli ha senso solo se siamo in presenza di gruppi unilineari esogamici: in questo caso, infatti, solo i cugini incrociati saranno per ego individui leciti, in quanto appartenenti a un diverso gruppo di discendenza; societ endogamiche avranno sia cugini incrociati sia cugini paralleli come individui leciti. Il principio di reciprocit. Lesogamia, se considerata in relazione a gruppi di discendenza unilineare, pu essere letta come un meccanismo per instaurare relazioni di cooperazione e di alleanza tra gruppi diversi. (Claude Levi Strauss): i sistemi elementari non solo vietano, ma indicano alcune categoria determinate di individui come possibili partner matrimoniali. Questo permette, nel rispetto dellesogamia, che un gruppo stabilisca relazioni privilegiate con altri gruppi. Scambio allargato e scambio differito. Lo scambio delle donne (principio di reciprocit) uno scambio allargato quando coinvolge pi di due gruppi e differito quando il gruppo che cede una donna ne riceve una in cambio nella generazione successiva. Gruppi di discendenza endogamici. Il matrimonio tra cugini paralleli un modello di unione preferenziale, non obbligatorio ( particolarmente diffuso in Medio Oriente, nel Nord Africa e nel mondo musulmano). Il matrimonio di Ego maschile con la figlia del fratello del padre (FDB) di tipo endogamico in societ patrilineari.

2. Le terminologie di parentela: si intende il complesso dei termini di cui una societ dispone per designare gli individui in relazione di consanguineit e alleanza. 2.2. I tre assunti di Morgan. - le terminologie di parentela costituiscono dei sistemi: significa che a ogni termine con cui un individuo designa un suo parente ne corrisponde sempre un altro usato da questo ultimo per designare il primo. Si parla di sistemi terminologici di parentela o sistemi di parentela. - i sistemi di parentela rientrano in poche categorie fondamentali. - sistemi molto diversi possono trovarsi in regioni geograficamente vicine, mentre sistemi tra loro simili possono essere rintracciati in zone geografiche lontane luna dallaltra. Gli otto principi di Kroeber. Agli inizi del Novecento, lantropologo americano Kroeber evidenzi come nello studio delle terminologie si debba tenere conto di alcuni fattori, i quali corrispondono ai principi che regolano la costituzione dei sistemi di parentela. (non tutti fanno uso degli stessi principi) 1. la generazione. Tutti i sistemi distinguono tra Ego e suo\a padre\madre. 2. il sesso. Tutti i sistemi distinguono il sesso del parente (alcuni limitano per la distinzione solo ad alcuni individui). 3. distinzione tra consanguinei e affini. I sistemi separano termino logicamente i parenti di sangue da quelli acquisiti attraverso il legame matrimoniale.

4. distinzione terminologica tra consanguinei in linea diretta e in linea collaterale. Il nostro sistema distingue ad esempio F (consanguineo in linea diretta) da FB (consanguineo in linea collaterale), mentre per gli Irochesi, ad esempio, gli individui sono tutti F. 5. la biforcazione. Questa caratteristica comporta che i parenti del lato paterno e quelli del lato materno vengano indicati con termini diversi (il nostro sistema non applica questo principio, perch non distingue tra FZ e MZ (zia), n tra FBS e MZS (cugino) 6. let relativa. Prevede la distinzione terminologica tra individui maggiori o minori di et. 7. il sesso del parente attraverso il quale passa la relazione con lindividuo a cui il termine si riferisce (es. Cugino\a incrociato\a o cugino\a parallelo\a) 8. condizione (defunto o vivente) del parente a cui si fa riferimento. 2.3. i sei sistemi terminologici di parentela: hawaiano, eschimese, sudanese, omaha, crow e irochese (prendono il nome da popoli o regioni presso cui tali sistemi furono individuati per la prima volta). A loro volta, si raggruppano in tre categorie: sistemi non lineari o bilaterali, sistemi lineari e sistemi descrittivi. sistemi non lineari o bilaterali hawaiano ed eschimese. In questi sistemi Ego non fa distinzione tra parenti del lato paterno e parenti del lato materno (noi, ad esempio, usiamo lo stesso termine zio o zia per indicare nel primo caso sia FB che MB, nel secondo caso sia FZ che MZ). Il nostro, infatti, un sistema di tipo eschimese. I sistemi bilaterali, da un un punto di vista sociologico, danno la stessa importanza a entrambe le linee di discendenza di Ego (sia patri laterale sia ma trilaterale). Il sistema hawaiano fa uso esclusivamente dei principi della generazione e del sesso (principi 1 e 2 di Kroeber): Ego distingue solo i maschi dalle femmine e la loro generazione di appartenenza. Il sistema eschimese fa uso, inoltre, del principio 4 di Kroeber, ovvero distingue i parenti consanguinei in linea diretta da quelli consanguinei in linea collaterale, oltre a distinguere i membri della propria famiglia nucleare da tutti gli altri. Sistemi lineari Irochese, Crow, Omaha. Questi sistemi si hanno presso societ di discendenza unilineare; Ego distingue termino logicamente i parenti consanguinei da parte di padre dai parenti consanguinei da parte di madre (FB e MB). Questi sistemi adottano il principio della biforcazione (principio 5 di Kroeber). Il sistema Crow tipico di societ matrilineari, mentre il sistema Omaha, speculare a quello Crow, lo si riscontra in societ patrilineari. Sistemi descrittivi- hanno la caratteristica di usare un termine differente per ogni parente di Ego appartenente alla propria generazione, a quella dei genitori e a quella dei propri figli. Sistemi a massima distinzione terminologica, diffusi in gran parte del Medio Oriente arabo e nellAfrica settentrionale e orientale.

3. la parentela come pratica sociale I diversi modi di intendere la parentela non si riducono alla diversit dei sistemi terminologici usati in Europa, in Nord America, in Africa ecc ma consistono anche, e soprattutto, nelluso pratico che i vari popoli fanno di essa. Presso molte societ i parenti costituiscono una cerchia di individui con cui intraprendere iniziative economiche, con cui svolgere determinati riti, con cui formare delle fazioni politiche. 3.2. la parentela nelle societ unilineari. Il principio della discendenza unilineare consente la costituzione di gruppi corporati i quali possono gestire risorse e stabilire criteri daccesso a queste ultime che, in molti casi, sono possedute su basi collettive. Ci sono tuttavia differenze notevoli tra gruppi a discendenza patrilineare e gruppi a discendenza matrilineare. gruppi patrilineari. probabile che il tipo di discendenza debba essere connesso al tipo di residenza postmatrimoniale dei componenti di una societ, allo scopo di rafforzare la discendenza (la regola dellesogamia consente che le donne si sposino fuori) e permettere che si vengano a costituire gruppi corporati interessati allo sfruttamento collettivo delle risorse e alla trasmissione di queste ai discendenti. Pi i principi di patrilinearit e patrilocalit vengono a sovrapporsi, pi il gruppo di discendenza svolge un ruolo importante nella vita degli individui; economicamente, politicamente e ritualmente il gruppo patrilineare svolge, in condizione di patrilocalit, una funzione avvolgente che in altre condizione non pu aversi. Esistono comunque delle eccezioni, ad esempio in Brasile, la

societ Mundurucu patrilineare e matrilocale: luomo va a stabilirsi nel villaggio della moglie, ma non vive con lei, bens nelle case degli uomini che ospitano mariti provenienti da fuori. Il controllo della pro genitura. Per ogni gruppo a discendenza patrilineare importante la preoccupazione di avere figli maschi che ne assicurino la continuit verso generazioni successive. Molte culture enfatizzano lelemento maschile, lo esaltano. Questo carattere ideologico che esalta la superiorit delluomo sulla donna tipico specialmente delle societ a discenza patrilineare. Esistono pratiche culturali che consentono di ottenere una prole possibilmente maschile (es i matrimoni fantasma dei Nuer o il matrimonio tra donne degli Igbo). Nascita di vasti sistemi di scambio matrimoniale che prevedono il coinvolgimento di numerosi gruppi. La compensazione matrimoniale. Tra le istituzioni di scambio matrimoniale vi questa che consiste nel cedere da parte del gruppo del futuro sposo al gruppo della futura sposa una quantit di beni, in modo da acquisire diritti sulla prole di una donna (e non acquisire potere totale su lei). Gruppi matrilineari. Caratteristica la distribuzione asimmetrica del potere e dellautorit tra maschi e femmine: la discendenza viene trasmessa per via femminile mentre lautorit per via maschile. Lautorit si trasmette dal fratello di una donna al figlio maschio di questa sovente alal discendenza matrilineare la residenza avuncolocale. Lavuncolato. Malinowski accert che in societ matrilineari, lo zio materno di un giovane, oltre a provvedere al sostentamento della famiglia della propria sorella, esercitava sul figlio maschio di questultima lautorit, gli trasmetteva i beni e le eventuali cariche politiche e rituali. Residenza o discendenza? Il dilemma delle societ matrilineari. Queste societ devono affrontare il problema della tensione tra potere e discendenza che vede protagonisti il fratello e il marito di una donna che si contendono il controllo sulla prole della donna. Questa tensione si manifesta soprattutto in relazione alla scelta del modello di residenza: se dopo il matrimonio la coppia e i figli, per il principio della patrilocalit, andranno a vivere nel gruppo del padre, il fratello della donna non potr esercitare il controllo ereditario. Una soluzione poteva essere quella di adottare un modello di residenza che non comporti lallontanamento degli uomini dalle loro famiglie dorigine (ad esempio, gli uomini Bororo, rimanendo allinterno del villaggio, possono seguire la propria famiglia dorigine). La pi frequente soluzione la residenza avuncolocale, la pi frequente adottata dalle societ matrilineari. LAtomo di parentela. Introdotto da Levi Strauss, la configurazione costituita da quattro individui: una donna e il figlio maschio, il fratello della donna e il marito di questa. Tale configurazione costituisce lunit minima parentale, lelemento senza il quale non potrebbero essere pensabili n lo scambio matrimoniale, n lesogamia n quindi il concetto stesso di parentela come fatto culturale e sociale. Questa configurazione facilmente comprensibile a partire dallistituzione dellavuncolato nelle societ matrilineari. La condizione delle donne nelle societ matrilineari. Non si sa se le donne delle societ matrilineari siano pi libere delle donne di societ in cui vigono altri principi di discendenza. In ogni caso si pu valutare la posizione della donna in base allautorit maggiore o minore che su lei esercitano il marito da un lato e il fratello dallaltro. Matrilinearit, infatti, non significa matriarcato (potere femminile). 3.3. gruppi a discendenza doppia. Sono quelli dove Ego appartiene a due linee di discendenza: quella stabilita attraverso il patri lignaggio e quella stabilita attraverso il matrilignaggio. Parlare di discendenza doppia non significa parlare di situazioni sempre identiche: vi sono societ in cui il principio della patrilinearit e quello della matrilinearit non si bilanciano, ma danno luogo a configurazioni diverse, ad esempio, tra gli Yako in Nigeria e pressi gli Ashanti del Ghana. 3.4. gruppi di discendenza cognatica. Questi, a differenza delle nostre societ definite bilaterali, si fondano sul concetto di gruppo corporato. Sono rare le comunit in Europa che hanno posseduto

questa forma organizzativa. Un individuo pu far parte di linee differenti, le quali per non possono avere, per Ego, la stessa importanza. Un gruppo di discendenza pu funzionare con criterio di reclutamento di un gruppo in vista di un obiettivo, per lasciare il passo a un altro gruppo in unaltra circostanza.

Dimensione religiosa, Esperienza Rituale


1. Concetti e culti 1.1. Cos la religione? La religione possiede per noi un significato scontato: essa rinvia a un complesso di credenze che si fondano su dogmi (le verit della fede) e riti, cerimonie e liturgie che hanno lo scopo di avvicinare i fedeli alle entit soprannaturali; inoltre riteniamo che dogmi e riti siano coordinati da specialisti allinterno di luoghi particolari, come chiese, moschee, templi ecc. Invece esistono popoli che non hanno fede, altri che non hanno dei, altri ancora che non hanno luoghi n individui specializzati nelle attivit di culto; esistono bens esseri umani che immaginano una vita dopo la morte, che pensano il corpo come animato da un soffio vitale ecc. Non esiste un concetto universale di religione. Tuttavia, se si sposta lattenzione dagli aspetti formali a quelli motivazionali (che cosa spinge gli uomini a credere? A compiere certi riti?) avremo una visione pi unitaria del fenomeno. Una religione pu essere definita come un complesso di pratiche e di rappresentazione che riguardano i fini ultimi di una societ di cui si fa garante una forza superiore alluomo. Questa definizione tiene presente della dimensione del significato della religione (cio nei valori esprimenti i fini ultimi di una societ) e la dimensione del potere, che risale nellidea che vi sia qualcosa o qualcuno che ha lautorit di sanzionare tali valori. Questo qualcosa o qualcuno in genere identificato come un ente soprannaturale che si manifesta direttamente oppure, nelle societ stratificate, attraverso i suoi rappresentanti umani. In quanto la religione articola idee e concetti relativi ai valori ultimi di un gruppo, ha il compito di spiegare limportanza stessa di quei valori, affermarli e ribadirli. La religione svolge dunque una funzione integrativa e protettiva; questultima si riferisce a mettere al riparo gli individui dalle ansie e dalle insicurezze connesse con la vita personale e collettiva. La religione si esplica attraverso simboli che veicolano i concetti, miti o racconti che organizzano concetti in discorsi dotati di una propria coerenza e riti che sono le azioni che mostrano i concetti a coloro che eseguono o partecipano al rito. Le origini dello studio antropologico della religione. Si pu dire che lantropologia nasce come antropologia della religione, perch questo ultimo fu uno dei primi motivi di interesse di studio. Lantropologia si avvicin allo studio della religione in due prospettive: intellettualista, promossa da Tylor che nel Primitive Culture del 1871 defin la religione come credenza in esseri spirituali, introducendo il concetto di anima o fantasma. Sociologica, che propose un nuovo approccio allo studio del rito e del sacrificio. Smith sostenne che questi erano gli strumenti attraverso i quali gli individui affermavano la propria appartenenza alla comunit (senso di comunione tra i fedeli) 1.2. Tipi di culto. Nel 1996 Wallace propose quattro tipologie di culto, che diedero forma alle credenze religiose. culti individuali. Sono praticati dal singolo individuo (preghiere, invocazioni ecc) ma pur sempre allinterno di un codice religioso culturalmente condiviso. [il cristiano che si rivolge a un santo per avere aiuto in una situazione difficile o lindiano nordamericano che si rivolge al proprio spirito guardiano perch lo assista nella caccia al bisonte]. Culti sciamanici. Sono tipici di quelle societ in cui il contatto con le potenze invisibili assicurato, oltre che dal culto individuale, dallopera di una particolare figura definita sciamano. Si tratta di un personaggio che detiene un posto particolare nella vita religiosa e rituale della comunit perch dotato di particolare facolt di avere visioni del mondo soprannaturale.

Possessione. Il temine possessione indica lidea, diffusa in molte culture ma rispondente a manifestazioni diverse, che spiriti di defunti, di eroi, di divinit, di animali o di qualsiasi forza sovraumana possano impossessarsi di determinati individui per parlare e agire attraverso essi. Queste forme di possessione consistono in esibizioni di soggetti predisposti, spesso psichicamente instabili, che danno luogo a manifestazioni scoordinate e sussultorie del corpo, perdita del senso del tempo e dello spazio, nonch di sensibilit al dolore e alla fatica. Il corpo diviene ricettacolo dellessere che se ne impossessa [Casi di possessione particolarmente noti sono quelli legati ai culti Vodu di Haiti e quelli legati alla credenza del morso della tarante e diffusi nellarea salentina della Puglia] Culti comunitari. Sono tutte quelle pratiche religiose che vedono la partecipazione di gruppi di individui organizzati sulla base dellet, del sesso, della funzione, del rango, oppure su basi volontarie. Alcuni culti comunitari sono praticati con fini terapeutici e possono avvalersi della partecipazione di sciamani, gruppi di danza, suonatori ecc. (ad esempio, alcune confraternite mistiche musulmane). Vi sono poi culti comunitari la cui partecipazione basata sul genere (ad esempio, culti tributati da donne a determinate figure di santi come avviene nellEuropa mediterranea e in area musulmana). Il TOTEMISMO un tipo di culto comunitario speciale. Anticamente era ritenuto una forma di religione che si fondava sul culto degli antenati, mentre non che un modo di classificare gruppi e individui basato sul repertorio delle specie animali e vegetali. La relazione simbolica tra esseri umani e specie animali costituisce un elemento importante nelle cosmologie e nelle religioni di molte culture con importanti riflessi sul piano rituale. Culti ecclesiastici. Prevedono lesistenza di gruppi di individui specializzati nel culto. Con i culti ecclesiastici siamo quasi sempre di fronte a testi scritti che vengono tramandati in luoghi speciali come scuole, seminari ecc. TABU = parola di origine polinesiana che intende le proibizioni relative a esseri animati o cose speciali che, per questo motivo, sono essi stessi tabu. Tutte le religioni prevedono oggetti, esseri animati o persone tabu (lostia consacrata per i cristiani, i rotoli manoscritti della Bibbia per gli ebrei ecc)

2. simboli e riti. 2.1. I simboli sacri. Alla base di ogni rappresentazione religiosa vi sono dei simboli sacri, che servono a sintetizzare lethos di un popolo (il tono, il carattere e la qualit della vita, il sentimento morale ed estetico, la sua visione del mondo ecc). I simboli, insomma, significano concetti che rinviano ai valori fondamentali e ultimi di una societ. I simboli sacri agiscono su coloro che li percepiscono suscitando un particolare stato danimo (il pellegrino cristiano che accede al sepolcro di Cristo, lebreo che dopo un lungo viaggio si trova di fronte al muro del pianto ecc). I simboli sacri producono, in chi ne riconosce il significato, unidea di ordine; la certezza che nonostante il mondo risulti caotico e colmo di eventi imprevedibili e dolorosi, vi sempre una realt sicura, ultima alla quale costoro possono affidarsi. Questo riconduce alla funzione protettiva della religione. Il riconoscimento di un simbolo avviene attraverso una procedura di addestramento che si realizza attraverso i riti. 2.2. i riti della religione. Un rito un complesso di azioni, parole, gesti, la cui sequenza prestabilita da una formula fissa, come ad esempio la procedura del Venerd santo per un cristiano, il sacrificio di un montone nel giorno di Id al Kabir per un musulmano. Mediante queste azioni vengono evocati dei simboli, i quali svelano il carattere sacro ai loro partecipanti. Solitamente i riti sono officiati da personaggi speciali, dotati in qualche modo di unautorit: un sacerdote nel caso della processione, un capofamiglia nellesecuzione del sacrificio musulmano. Un rito rende evidenti le verit, i valori della religione e della societ. Vi sono per riti, detti profani che evocano solo in parte rappresentazioni sacre. Sono eventi pubblici ricorrenti che mettono pur sempre in gioco rappresentazioni dal carattere sacro, ma hanno un fine non religioso.

2.3. la verit dei riti. Non possibile definire tutti i tipi di riti poich i simboli sacri rimandano a svariati aspetti della realt sociale con molteplici significati. Vi sono per riti dalle caratteristiche particolari ai quali gli antropologi hanno dedicato numerosi studi. - riti di passaggio. Sono quei riti che sanzionano pubblicamente il passaggio di un individuo, o gruppo di individui, da una condizione sociale o spirituale ad unaltra: battesimi, circoncisioni rituali, matrimoni, funerali, insediamenti ecc. Ogni cambiamento allinterno di questi ambiti produce una perdita di equilibrio che deve essere compensato per esigenze di ordine simbolico; ogni evento dunque dal fidanzamento al matrimonio, dal raggiungimento della pubert al parto, dalla gravidanza alla morte ecc, deve essere accompagnato da riti di passaggio che scandiscono la transizione da una condizione allaltra. Van Gennep (antropologo che si dedic allo studio di questi riti) distinse tre fasi allinterno di ogni rito: separazione (che prevede riti preliminari), margine (che prevede riti liminari) e aggregazione (che prevede riti postliminari). Le teorie di Van Gennep si fondano e rispecchiano lidea secondo cui il mondo primitivo era profondamente segnato dallopposizione tra sacro e profano e che ogni variazione da una condizione ad unaltra provoca unalterazione delle forze che sono alla base dellordine del mondo. Un esempio che rispecchia le teorie di Van Gennep quello del momento del pellegrinaggio musulmano alla Mecca. [il pellegrinaggio musulmano un rito che, in quanto tale, prevede alcune fasi. La prima fase (Ihram o assunzione della condizione di pellegrino) segna il distacco dal mondo profano. LIhram pone il pellegrino in una condizione di sospensione (liminalit) tra il mondo profano e quello sacro, al quale si accoster solo dopo aver compiuto una serie di cerimonie. Lo stato di Ihram comporta il divieto (tabu) di consumare alcuni cibi, lastensione dei rapporti sessuali: la fase di margine, che culminer nel sacrificio di Id al Kabir. Dopo di che il pellegrino raggiunger il simbolo sacro per eccellenza, la Kaba, e raggiunger lo stato superiore.] rituali funebri. Di fronte alla morte le comunit fanno riferimento ai valori ultimi sui quali esse si fondano; per rendere questi ultimi espliciti e pubblici si ricorre alla rappresentazione attraverso luso rituale di simboli. I riti funebri, in quanto riti, contengono gesti, parole e azioni che richiamano, nella mente dei partecipanti, i valori e i significati su cui la comunit fonda lordine del mondo e di s medesima. In molte societ la morte connessa a ci che riguarda i processi della vita, primo tra tutti il concepimento della vita come continua ricreazione; presso le societ che invece considerano lordine del cosmo come retto dagli antenati, i temi della fertilit femminile e maschile e della sessualit vengono a caratterizzare i riti funebri. Questi concetti non trascurano il senso del lutto e del dolore, bens la formula di un rito funebre non prende in considerazione direttamente la sfera dellemotivit. Robert Hertz fu il primo studioso ad occuparsi della morte in una dimensione antropologica. Per lui lo studio della morte costituiva un aspetto di studio pi vasto, relativo ai meccanismi grazie ai quali una societ conserva la propria coesione e la propria identit anche di fronte agli eventi pi drammatici. Riti di iniziazione. Sanciscono il passaggio degli individui da una condizione sociale o spirituale ad una condizione diversa dalla precedente (es. la circoncisione praticata da ebrei e musulmani, il battesimo cristiano sono atti che sanciscono lingresso dellindividuo nella comunit dei credenti). I riti di iniziazione sono la dichiarazione pubblica, socializzata dellassunzione di un nuovo status da parte di un individuo e delle responsabilit che questo status comporta. Riti di iniziazione sono i riti della pubert (che sottolineano lentrata di giovani ragazzi e ragazze nellet fertile) o quelli che riguardano il passaggio dallo stato di adolescente a giovane guerriero e, da questo, a quello di adulto e padre di famiglia. Riti di iniziazione sono anche quelli che sanciscono laffiliazione degli individui a logge massoniche o societ segrete, come in molte societ dellAfrica occidentale o degli indiani del Nord America. Tra questi, sono noti quelli degli Hopi e dei Mende, i quali esprimono la suddivisione in fasi presentata da Gennep: praticano lisolamento degli inizianti, il cui allontanamento corrisponde alla fase di separazione; la permanenza nel novizio lontano dai propri simili corrisponde alla fase di margine, mentre il ritorno ha la funzione di riaggregare liniziato alla comunit. Inoltre, anzianit e autorit sono condizioni che possono essere raggiunte progressivamente e, in parecchi casi, attraverso riti di iniziazione, poich in molte culture lanzianit qualcosa che evoca lautorit suprema degli antenati e i riti sanciscono lacquisizione progressiva dellautorit in connessione con la dimensione religiosa delle comunit in questione.

3. Religioni e identit nel mondo globalizzato 3.1. secolarizzazione e nuove religioni. Il pullulare di movimenti religiosi e di nuovi culti in tutto il mondo contemporaneo sembrano derivare da eventi e dinamiche relativamente recenti. Ci che sta avvenendo non tanto la scomparsa del sacro, bens una sua privatizzazione da un lato ed essenzializzazione dallaltro. Per privatizzazione si intende una sempre pi diffusa religiosit personale, sintesi di credenze, riti, rappresentazioni provenienti da altre tradizioni. Per essenzializzazione si intende una riduzione della fede a un discorso di pura contrapposizione politica, etnica e culturale. Oggi sono gli squilibri tra le aree del pianeta a essere causa dellorigine di nuovi culti o del rafforzamento di quelli nati alla fine dellOttocento in epoca coloniale. - culti di revitalizzazione, in cui un gruppo dichiara di puntare ad un miglioramento della vita; - culti millenaristici, accentuano le rappresentazioni relative allavvento di unepoca di pace e felicit; - culti nativistici, mirano a riaffermare e far rinascere aspetti culturali come strumenti di rivendicazione della propria identit; - culti messianici, sono legati alla presenza di una forte personalit (messia) e attendono un rivolgimento socio politico radicale. 3.2. le religioni e la globalizzazione. Il pensiero religioso ha subito profonde trasformazioni a causa della sempre maggiore dimestichezza con la moderna tecnologia: fotografie dellaldil, del volto dei santi, di Cristo e di Maria affollano i siti web dedicati a questo tema. Internet diventato il potente veicolo di questa forma di visionarismo tecnologico. La rete permette inoltre di stabilire gruppi di preghiera, di celebrare riti comunitari e di visitare siti come se fossero luoghi di pellegrinaggio. Lentrata in scena di internet nella sfera della rappresentazione religiosa produce una radica deterritorializzazione della religione creando per esempio comunit virtuali di credenti. Alla frantumazione della dimensione religiosa si contrappone una rappresentazione della religione totalizzante e capace di definire intere identit culturali: questa immagine del mondo diviso in religioni corrisponde ad una visione semplicistica del carattere variegato della dimensione spirituale ed una pericolosa mossa ideologica suscettibile di produrre forme di contrapposizione. Nel nostro mondo, la religione frutto di manipolazione.

Creativit culturale ed espressione artistica


1. La creativit culturale 1.1. La creativit come aspetto costitutivo della cultura. ( interessante notare come le culture producano,
a partire dalle esperienze passate e presenti, nuovi significati mediante accostamenti tra rappresentazioni e pratiche precedentemente non correlate.)

La creativit culturale strettamente legata a una caratteristica fondamentale del linguaggio umano: la sua produttivit infinita. Essa consiste dunque nella possibilit che gli esseri umani hanno di produrre sempre nuovi significati a partire dai modelli culturali a loro disposizione, produrre dunque novit mediante la combinazione e la trasformazione delle pratiche culturali esistenti. In questo senso, la creativit non soltanto presente in tutte le societ, ma trova anche riscontro in campi molto diversi da quelli in cui noi dabitudine tendiamo a collocarla: la tecnologia, la scienza e larte. In tutte le regioni del pianeta, in Europa come in Nuova Guinea, la creativit, cos come la intendono gli antropologi, costantemente allopera. Scheda Le storyboards di Kambot, Papua-Nuova Guinea Un buon esempio di cosa gli antropologi intendano per creativit culturale costituito dalla produzione delle storyboards di Kamboti, una localit della Nuova Guinea la cui popolazione

diventata famosa per queste assi di legno scolpite e dipinte di cui vanno pazzi turisti e mercanti darte occidentali. Le popolazioni della Nuova Guinea furono sottoposte, a partire dalla fine del secolo XIX, fino a raggiungere il culmine alla vigilia della Seconda guerra mondiale, ad una forma di colonizzazione e soprattutto ad una situazione di subordinazione e schiavit. Questo comport ovviamente notevoli effetti di disgregazione e di decadenza culturale, che coinvolse anche le attivit artistiche, che erano condotte nelle case degli uomini e degli spiriti degli antenati, luoghi legati soprattutto ai rituali di iniziazione maschile. Nella seconda met del Novecento si assistito in tutta lisola allinsorgenza di espressioni identitarie nuove, per una serie di ragioni che vanno dallalfabetizzazione della popolazione per opera dei missionari, allarrivo delle merci europee, ai giornali, ai contatti ecc Si avuta anche una specie di rinascita culturale legata soprattutto al rifiorire dellarte locale, sia sacra che profana. Di questa ultima nuova produzione artistica fanno parte le storyboards, cos chiamate dai mercanti darte occidentali. Si tratta di tavole di legno leggero che recano incise e dipinte scene della vita quotidiana e composizioni che si riferiscono alla tradizione mitologica locale. Il linguaggio utilizzato facilmente comprensibile allocchio del turista, un linguaggio visivo estremamente referenziale. Per i turisti le storyboards rappresentano la vita dei Papua cos come loro possono immaginarsela; confermano lo stereotipo della Nuova Guinea, della sua cultura e delle sue popolazioni che sono state elaborate proprio dal turista: immagine di primitivit, autenticit ed esotismo. Per i Papua le storyboards hanno un significato diverso. Anzitutto certamente un significato economico: se per i turisti queste poche decina di dollari australiani o americani sono poca cosa, per i Papua sono moltissimo. Esse inoltre costituiscono per i Papua anche i veicoli dellimmagine della loro terra allestero, un mezzo con cui i locali esportano, potremmo dire, la propria identit.

1.2. La festa come dimensione creativa. Vi sono forme di attivit e circostanze in cui questi accostamenti di pratiche e significati inediti sono pi evidenti che in altre. Una di queste circostanze costituita, oltre che dalla produzione artistica e dallinnovazione tecnica, dalla festa. La festa un tratto universalmente diffuso nelle societ umane, al pari del gioco e del rito. Come la maggior parte dei giochi e dei riti anche le feste mettono in moto comportamenti improntati alla dimensione collettiva. Proprio in quanto costituiscono degli stacchi nel flusso della vita ordinaria, le feste, i giochi e i riti possono funzionare come dei marcatori temporali di una certa importanza: ad esempio si pensi ai giochi Olimpici nellantica Grecia, ai riti religiosi e a quelli di commemorazione tanto nellantichit quanto nellet moderna, ecc Come complesso di atti che si distaccano dalla routine del quotidiano e dalle sue regole, la festa si presta a essere un terreno culturalmente creativo. Anzitutto i partecipanti si sentono coinvolti in un processo collettivo dove le differenze tradizionali tra individui si annullano o si riducono notevolmente e, gli individui, provano una sorta di libert dazione e despressione. Ci sono vari autori che hanno preso in esame largomento delle feste: o alcuni hanno considerato le feste come eventi collettivi che mirano a rinsaldare periodicamente il senso dellappartenenza a una comunit<, o altri hanno visto nelle feste un modo per fronteggiare e neutralizzare la negativit dellesistenza; o altri ancora un modo per rappresentare la gerarchia e i valori sociali e riaffermarli solennemente. Molte feste sono infatti occasione per ribadire lordine e le gerarchie sociali,

come accade ad esempio presso alcune popolazione dellAfrica orientale in occasione dei riti di passaggio dallo stato di giovane a quello di adulto. In che senso si pu allora parlare di festa come momento creativo? La creativit della festa non coincide n con il suo carattere trasgressivo (ad esempio, come nel carnevale) n, allopposto, con il suo carattere normativo. Tale creativit consiste invece nella possibilit che, nella festa, si compiano accostamenti simbolici inediti o comunque insoliti mediante i quali sia possibile trasmettere concetti e stati danimo difficilmente esprimibili altrimenti. Scheda il naven degli Iatmul (Nuova Guinea): festa e rito di travestimento A proposito della festa come occasione creativa si potrebbe ricordare il naven degli Iatmul della Nuova Guinea, un singolare rito di travestimento praticato periodicamente dalla popolazione (matrilineare) del fiume Sepik, nella Papua Nuova Guinea. Il naven era celebrato in onore di un giovane che avesse compiuto per la prima volta qualcosa di socialmente lodevole e rispondente allideale del maschio Iatmul, come ad esempio il ferimento o uccisione di un nemico; oppure dopo che il giovane fosse stato sottoposto ad un rito di iniziazione. In tali circostanze, i parenti del ragazzo celebravano una vera e propria festa; si travestivano con abbigliamento e adottavano comportamenti che richiamavano quelli abitualmente caratteristici degli individui del sesso opposto. Il fratello della madre del giovane si travestiva da donna e parodiava, tra gli scherzi e le risate di adulti e bambini, la commozione delle donne per le imprese del giovane. Al contrario, i parenti di sesso femminile tenevano un comportamento di fierezza che le donne mostrano nelle rare occasioni in cui hanno un ruolo pubblico di fronte a spettatori uomini. Perch questo rovesciamento? Forse questa festa aveva lo scopo di consentire ai partecipanti di esprimere cose che altrimenti non avrebbero potuto essere espresse. Infatti, tra gli Iatmul, il tomo emotivo del sesso maschile consisteva in atteggiamenti fieri e aggressivi, esattamente il contrario dei comportamenti teneri e affettuosi ritenuti essere caratteristici dellethos femminile. 2. Lespressione estetica 2.1. Arte ed espressione estetica. C una sfera dellattivit umana a cui colleghiamo immediatamente lidea di creativit, ovvero larte. Se tuttavia, come ha detto Clifford Geertz, possiamo distinguere tra concetti vicini e concetti lontani dalla nostra esperienza, dove i primi sono quelli che chiunque pu utilizzare naturalmente per definire ci che vede, sente, pensa, immagina e che comprenderebbe prontamente quando utilizzato in modo simile da altri, non c dubbio che il concetto di arte rientra in questa categoria. Per il concetto di arte rinvia a molteplici rappresentazioni riguardanti lartista, il suo prodotto, la sua fruibilit nonch la sua finalit. Anche in questo caso il problema , come sempre per lantropologia, un problema di traduzione: traduzione dei significati che un oggetto, un disegno, un canto o una danza riveste laddove esso viene prodotto o eseguito. Forse un modo corretto per parlare di arte sarebbe quello di considerare la questione dal punto di vista dellespressione estetica, tratto universale dellumanit. In tutte le culture vi sono infatti modi di accostare colori, forme, parole, suoni e movimenti del corpo i quali producono, su chi li esegue, li osserva o li ascolta, uno stato percettivo (estetica deriva dal greco aisthesis che significa percezione). Il fatto stesso che possano esistere diverse valutazioni estetiche di un oggetto allinterno di una stessa cultura significa che il senso estetico in parte un fatto soggettivo e, in parte, collettivo.

2.2. La natura culturale dellespressione estetica. Che lespressione estetica sia un dato universale provato dal fatto che se non tutte le societ praticano quelle che per noi sono le arti, tutte producono comunque un qualche oggetto o eseguono una qualche performance capaci di generare nei destinatari delle reazioni di tipo estetico. Ne consegue quindi che la produzione estetica di una data cultura collegata in qualche modo ai valori, alla visione del mondo e al modo di sentire che sono tipici di una certa comunit. Ad esempio, possiamo ricordare che la grande arte figurativa del Medioevo europeo fu interamente dedicata a soggetti di natura sacra. Larte non infatti unattivit disgiunta dal contesto sociale, politico, culturale ed economico in cui viene prodotta. Inoltre, latteggiamento verso lespressione estetica pu cambiare con le epoche e con la temperie politica del momento. I nazisti disprezzavano ad esempio larte moderne e soprattutto quella astratta, qualificandola come degenerata, in quanto secondo loro la scultura e la pittura dovevano produrre essenzialmente rappresentazioni degli ideali razziali tedeschi. Un altro esempio potrebbe essere liconoclastia cristiana, che ebbe origine nel tentativo di contrastare certi atteggiamenti di venerazione nei confronti di esse considerati eccessivi da una parte del clero e dellimperatore dOriente. Scheda Arte preistorica: Francia meridionale e Spagna settentrionale (30-15000 a.C.) Un tipico esempio dei problemi posti dallinterpretazione dellespressione estetica nelle altre culture quello delle pitture parietali preistoriche rinvenute nei siti paleolitici di Lascaux e Vallon-Pont-dArc nella Francia meridionale e di Altamira nella Spagna settentrionale. Si tratta di un esempio estremo in quanto, a parte gli strumenti litici, qualche monile e qualche sepoltura, nulla conosciamo della cultura e dellorganizzazione sociale di queste popolazioni vissute tra i trenta e i quindicimila anni fa. Le pitture, tracciate con colori ricavati da pigmenti vegetali e da sostanze minerali, raffigurano animali e, pi raramente, esseri umani, che paiono inserirsi in scene di caccia o di danza. Perch gli uomini della preistoria tracciarono questi dipinti? Fu il desiderio di realizzare un impulso estetico che aveva una finalit personale, oppure quei pittori stavano lavorando per la comunit? Perch quegli artisti dipinsero in luoghi bui e soprattutto in luoghi in cui, anche se illuminati, non sarebbe stato possibile osservare il disegno nella sua totalit? Si presume ad esempio che molte di quelle pitture tracciate in caverne buie, strette e poco ventilate avessero uno scopo rituale. Che i soggetti preferiti dai pittori della preistoria avessero un legame stretto con lo stile di vita di queste popolazioni indubbio. Gli animali e i cacciatori ritratti da questa arte rupestre erano infatti i protagonisti di unepoca della storia umana fondata sulla caccia di grossi mammiferi e dalla lotta contro terribili predatori. Alla luce di tali considerazioni, possono le pitture di queste popolazioni essere considerate una forma di espressione estetica? Sicuramente s, perch il pittore paleolitico non pu aver tracciato linee e curve indipendentemente dalla sua personale interpretazione delloggetto raffigurato e senza unintenzione precisa, cio quella di produrre una percezione su coloro che li avrebbero osservati. Arti, pratiche sociali e significati culturali. Non tutte le culture sviluppano allo stesso modo quelle che noi chiamiamo arti. La loro espressione estetica pu infatti concentrarsi su una o alcune di esse e ignorare completamente, o quasi, tutte le altre. Un esempio significativo di questo tipo di selezione estetica costituito dalla cosiddetta arte africana, la quale si concentrata sulle arti visive e in particolare sulla scultura. NellAfrica sub sahariana la scultura in legno e in bronzo ha conosciuto per secoli una fioritura eccezionale, con opere considerate in Occidente espressione di una sensibilit estetica estremamente raffinata.

La grande variet di forme presenti nellespressione artistica africana dovuta a unaltrettanto grande variet di motivi culturali, sociali ed estetici, oltre che tecnici. I Kalabari della Nigeria vedono le loro sculture come dimore degli spiriti; anzi, come il nome dello spirito particolare che la statua rappresenta. Essi considerano le sculture come oggetti che, notati dagli spiriti, vengono a stabilirvisi. Per questo gli spiriti devono riconoscerle come proprie. Le immagini visive che la scultura veicola devono risultare adatte a raggiungere questo scopo. Quale criterio estetico a noi noto potrebbe essere fatto valere nei confronti delle sculture kalabari considerate dai Kalabari medesimi? Probabilmente nessuno. Quella kalabari non per una cultura priva di senso estetico, ma questultimo piuttosto che la scultura sembra investire la danza. Negli esseri umani universale la capacit di esprimersi esteticamente, ma la forma assunta da tale espressione, nelle diverse culture, dipende da unampia variet di fattori: la funzione del prodotto, i valori e le rappresentazioni a cui esso rinvia, luso che se ne fa, il destinatario e la motivazione e lispirazione dellartista. Scheda Lispirazione dellartista: il writing come forma di contestazione (Nordamerica ed Europa urbane, fine secolo XX inizi XXI) Un esempio attuale di cosa possa significare lespressione motivazione e ispirazione dellartista, ci offerto da una tipica arte di strada molto diffusa in ambiente urbano: il writing. Questa si svilupp nelle citt americane alla fine degli anni Settanta e, a differenza dei murales, il termine writing utilizzato per indicare quel particolare tipo di arte che consiste s di disegni murali colorati, ma che sono tuttavia sviluppi grafici di lettere o di parole. Se tra molti secoli alcuni archeologi rinvenissero i prodotti di questa arte grafica senza conoscere il clima sociale e culturale nel quale essa nata, potrebbero considerarli da un punto di vista parziale. Il writing infatti una forma di ribellione che, invece di diventare unaperta contestazione di tipo politico o sociale, sceglie la via del linguaggio visivo. I messaggi che esso veicola non sono infatti politici in senso tradizionale. In essi non si inneggia a qualcuno o a una qualche idea, n si critica apertamente nessuno. Il writing lancia semmai messaggi sulla condizione presente, sul disagio, il degrado, la sofferenza. 3. Larte tribale nel contesto occidentale 3.1. Musei e arti primitive. Nel corso del XIX secolo, i musei antropologici ed etnologici vennero moltiplicandosi in Europa come negli Stati Uniti. Lenorme quantit di oggetti provenienti dai mondi primitivi dei cinque continenti and accumulandosi per opera di viaggiatori studiosi di folklore, commercianti, esploratori e etnologi interessati alla cultura materiale dei popoli della Terra. In questi musei dEuropa e dAmerica gli oggetti venivano catalogati ed esposti, in accordo con i principi dellevoluzionismo ottocentesco, in categorie omogenee. Ad un certo punto, invece, si cominci a raggruppare oggetti per aree culturali, al fine di presentare le caratteristiche delle culture tipiche di determinate regioni del pianeta. A partire dagli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, i musei etnografici hanno sviluppato e affinato sempre pi i loro criteri espositivi. In alcune occasioni vengono ad esempio allestite mostre temporanee a tema; altre volte i pezzi posseduti da un museo possono venire integrati da oggetti provenienti da altri musei e che hanno unaffinit con i primi. In certi musei si tende a privilegiare il criterio documentaristico, in altri, a volte, quello estetico. Dove prevale questultimo, i pezzi esposti sono per lo pi decontestualizzati, ossia considerati da un punto di vista che ne mette in risalto il valore artistico indipendentemente dalla loro origine e funzione sociale. Dal momento che viene valorizzata la dimensione estetica dei pezzi esibiti, questi

tendono ad essere inglobati nella categoria occidentale di arte. A tale inglobamento hanno concorso principalmente due motivi: o tra la fine dellOttocento e i primi decenni del Novecento, i pittori e gli scultori europei appartenenti alle correnti davanguardia cominciarono a prestare una speciale attenzione agli oggetti provenienti dallAfrica, dallOceania e dalle Americhe. Lattenzione per questi manufatti, chiamati in Francia objets sauvages, ebbe motivazioni complesse. Anzitutto ci furono artisti che sentirono la necessit di opporre, alla frantumazione delluniverso sociale prodotta dalla modernit industriale, il recupero di modelli non competitivi, sottratti al flusso della modernit stessa. Questa corrente venne chiamata primitivista e il suo maggiore esponente fu Paul Gauguin. In seguito si formarono altre tendenze, raggruppate sotto il nome di modernismo, le quali ripresero le arti esotiche come motivo di ispirazione. I maggiori artisti furono Picasso, Derain, Braque, Modigliani e Giacometti. Questi pensavano fosse necessario dar vita, in un contesto di sommovimenti sociali, guerre e tensioni, a una produzione grafica e plastica capace di esprimere principi atti a superare la cultura, la politica, la storia. Questa convergenza tra arte moderne e arte primitiva port, nei decenni successivi, a parlare di primitivismo dellarte includendo in questa categoria tanto i prodotti dellarte tribale quanto quelli dei pittori e degli scultori dei primi decenni del Novecento. Essa riduce inoltre a un comune denominatore di tipo formale quelle che in realt sono delle differenze sostanziali qualora si considerino elementi come le motivazioni dellartista, la finalit e la funzione sociale delle opere in un caso e nellaltro. Laffinit che viene stabilita tra lopera tribale e quella moderna potrebbe essere infatti il risultato del fatto che tanto la prima quanto la seconda si discostano dal naturalismo che ha dominato la produzione artistica europea tra il Rinascimento e la fine dellOttocento. Insomma, larte tribale e quella moderna risulterebbero apparentemente affini proprio per la distanza che le separa entrambe da un universo che ci familiare. Il mercato dellarte. Larte tribale aveva cominciato ad avere un proprio mercato, il cui sviluppo rappresenta il secondo motivo che ha reso possibile lassimilazione degli oggetti provenienti da contesti extraeuropei a vere e proprie opere darte. Gli oggetti esotici cominciarono a fare il loro ingresso sul mercato perch erano richiesti inizialmente dai musei etnografici. Parallelamente si svilupp un mercato privato che and sempre pi affermandosi con mostre, collezionisti, galleristi. Ci che determina il valore economico di una maschera kwakiutl, di una scultura yoruba o di una tavola abelam il fatto che questi oggetti possano essere legittimamente giudicati arte. A loro volta per, questi pezzi vengono considerati artistici perch hanno un valore, perch possono cio entrare nel mercato dellarte. Dunque, valutazioni estetiche e valutazioni economiche interagiscono tra loro nel determinare la considerazione di un oggetto in quanto opera darte o meno. In molte di queste societ il fine per cui tali oggetti erano fabbricati non esiste pi: non esistono pi le religioni, i riti, quei poteri terreni o spirituali in relazioni ai quali maschere, sculture, dipinti erano stati eseguiti. Unosservazione importante da fare quella per cui gli oggetti acquisiti da musei e dai privati occidentali sono passati da una sfera di consumo a unaltra, con una conseguente trasformazione della natura del loro valore, da simbolico ad artistico ed economico.

Risorse e potere
1. Potere delle risorse e risorse del potere 1.1. Risorse e potere: uninscindibile relazione. La disponibilit e il controllo delle risorse risultano inseparabili dallesercizio del potere, e viceversa. Le societ umane hanno probabilmente conosciuto da sempre la relazione tra risorse e potere, relazione che andata tuttavia modificandosi a seconda delle epoche e delle situazioni.

Per risorsa si intende tanto un bene materiale, concreto come lacqua e il denaro, quanto un bene volatile come un sapere o una conoscenza tecnica. In sintesi, le risorse possono essere di natura tanto materiale quanto simbolica. Lacquisizione e la disponibilit di una risorsa non sono mai completamente disgiunti da una relazione di potere, ossia dal fatto che tale acquisizione o tale disponibilit influiscono sempre sulla possibilit che un individuo o un gruppo hanno di imporsi o di prevalere su altri individui e altri gruppi. Viceversa, tale possibilit sempre associata al controllo di una qualche risorsa, materiale o simbolica. Presso le societ industriali e postindustriali europee e americane, ad esempio, si riconosce esplicitamente da poco tempo che le risorse possono essere tanto di natura materiale quanto simbolica. Tuttavia, resta ben radicata lidea che tutto ci che riguarda la produzione, la gestione, lo scambio, la distribuzione e il controllo delle risorse materiali rientri nella sfera delleconomia, mentre tutto quanto riguarda le relazioni tra individui e gruppi sociali mossi da progetti e interessi diversi ricada nel dominio della politica. Nel mondo occidentale, economia e politica risultano distinte grazie allesistenza del sistema di mercato, da un lato, e delle istituzioni politiche dallaltro. Con gli sviluppi delletnografia divenne chiaro che anche gli altri popoli avevano vari modi di produrre risorse, di farle circolare e controllarne lutilizzazione da parte di certi individui e di determinati gruppi. La discussione sul modo in cui la distribuzione sociale delle risorse era organizzata in quelle definite societ primitive ebbe inizio negli anni a cavallo della Prima guerra mondiale. Furono soprattutto le ricerche sul campo di Bronislaw Malinowski nellarcipelago delle Trobriand a costituire la base per gli studi antropologici sulle economie arcaiche. Letnologo studi lo scambio rituale presso questa popolazione che aveva lo scopo di ribadire la relazione di collaborazione e amicizia tra partner economici abituali, rinsaldando tra gruppi e individui tra loro lontani ma legati da un vincolo sacro rappresentato dagli oggetti cerimoniali scambiati. Questi oggetti e quelli profani che venivano scambiati costituivano due diversi tipi di oggetti: beni di prestigio e beni di consumo rispettivamente. Entrambi erano risorse materiale, ma i primi erano anche risorse simboliche. In che senso possiamo dire che collane e braccialetti erano per questi uomini una risorsa? E in che senso tale risorsa era finalizzata allacquisto di sempre maggior prestigio e potere? La risposta va cercare nelle ricerche condotte successivamente da Malinowski. Esiste un termine, keda che rinvia alle relazioni che questi oggetti incorporano e alla ricchezza, al potere e alla reputazione di coloro che li possiedono. I percorsi di questi oggetti sono quindi elementi costitutivi del prestigio degli individui. Malinowski sosteneva che gli oggetti fossero scambiati solo a scopi di prestigio, mentre si scoperto che essi entrano in realt nelle compensazioni matrimoniali, nellacquisto di maiali o per pagare il diritto di coltivare terre. inoltre ampiamente provato che molti di questi oggetti sono stati acquistati, e in alcuni casi fabbricati, da mercanti europei che, con il periodo del colonialismo, entrarono nel circuito della popolazione Trobriand. Questo suggerisce non solo che siamo di fronte a una istituzione economico-cerimoniale influenzata da eventi storici, ma che tale istituzione stata oggetto di continue manipolazioni e nuove strategie messe in atto dai partecipanti allo scambio. Questo ci permette di sottolineare come forme di scambio cerimoniale di questo tipo siano oggi sempre pi influenzate dalla presenza del denaro e dalla pressione di fattori economico-politici di natura globale. 1.2. Le nature del potere. Sono state affermate, nel corso dei secoli, diverse teorie sul potere. La pi recente, e forse quella pi significativa, quella di Michel Foucault (1926-1984). Il potere, dice Foucault, ovunque: nelle parole che utilizziamo, nei discorsi che produciamo, negli atti che compiamo, nelle cose che sappiamo e nellapplicazione del nostro sapere. Il potere pu si essere identificato con

istituzioni particolarmente rappresentative di esso (lo Stato, il carcere, la scuola, lesercito ecc) ma la sua efficacia si realizza per lo pi nei pensieri e nei comportamenti. La concezione del potere di Foucault importante perch moltiplica le nostre possibilit di analizzare sotto questa luce le societ e le culture. Se il potere ovunque, chiaro che non solo i rapporti sociali ed economici, ma anche quelli tra sessi, generazioni e tra culture stesse possono essere analizzati in termini di azioni e discorsi nei quali il potere incorporato. Considerato in questo modo il potere perde la sua connotazione strettamente politica. Il potere invece, per il sociologo Max Weber limposizione intenzionale della propria volont ad altri. Nellisola di Bali, ad esempio, fino a non molti decenni fa i re organizzavano vere e proprie rappresentazioni teatrali in cui veniva riprodotto il fasto dello Stato balinese; in Marocco il sovrano organizza ancora grandi processioni in cui il suo potere si rende visibile. Che cosa mette in condizione individui e gruppi di agire politicamente allo scopo di ottenere potere e di imporlo? Una risposta potrebbe essere: individui e gruppi agiscono politicamente nella misura in cui possono gestire delle risorse che conferiranno ad essi il potere di controllare altre e pi importanti risorse, di natura simbolica e materiale. Lo studio antropologico del potere ha posto attenzione alle diverse modalit in cui, presso culture differenti, si crea ci che stato chiamato arena politica, ovvero uno spazio astratto occupato da tutti gli elementi che determinano il confronto politico: organizzazioni, individui, valori ecc, manovrati dagli attori politici. Considerare la politica come uno spazio in cui si disputa la partita per il potere, svincola la politica stessa dallimmagine statica che ha caratterizzato gran parte della riflessione passata dellantropologia sul tema del potere. Anzich pensare in termini di istituzioni, lantropologia preferisce concentrarsi sugli aspetti dinamici della contesa politica, prendendo in considerazione tutti quegli attori che si rivelano interessati al controllo delle risorse. in base a queste considerazioni che lantropologia ha adottato quella che stata chiamata prospettiva processuale, la quale ritiene che motivazioni e interessi trovino espressione nellattuazione di determinate strategie.

2.

Forme di vita economica 2.1. La dimensione sociale delleconomica: il principio di reciprocit. Il sottosettore specializzato dellantropologia economica nacque grazie alle precedenti descrizioni etnografiche fornite da alcuni etnologi sugli aspetti economici dei contesti esotici studiati: ricordiamo Malinowski, Franz Boas e Marcel Mauss. Malinowski aveva notato ad esempio come nelle societ da lui studiate gran parte della vita sociale si basasse su atti di natura reciproca, come presso la popolazione dei Trobriand. La disciplina nacque come unidea delleconomia come rapporto concreto degli esseri umani con la natura da un lato e con i propri simili dallaltro. Questa visione delleconomia metteva laccento sulla dimensione sociale di questultima, per cui le risorse e i beni prodotti erano considerati come aventi soprattutto una destinazione sociale. Leconomia sarebbe cos un processo istituzionalizzato, cio dipendente dalle strutture sociali nelle quali tale processo incastonato. Le forme di distribuzione e di scambio presenti nelle diverse societ sono fondamentalmente tre: quella retta dal principio della reciprocit; quella basata sulla ridistribuzione e, infine, quella fondata sullo scambio. La prima forma, quella della reciprocit, fa parte delle societ organizzate su gruppi di parentela, dove prevalgono scambi di tipo paritario e simmetrico tra gruppi di parenti; alla seconda categoria appartengono le economie in cui presente unautorit che concentra su di s i prodotti provenienti dalla periferia, beni che successivamente verranno ridistribuiti secondo precisi criteri; alla terza categoria, quella fondata sullo scambio, appartengono infine le economie nelle quali le merci circolano in base alla legge della domanda e dellofferta. I !Kung San del Kalahari, i Vezo del Madagascar e gli Yanomami dellAmazzonia hanno forme di scambio improntate al principio della reciprocit basata sulla fondamentale simmetria e

uguaglianza dei gruppi di parentela. Le trib beduine dArabia costituiscono un esempio del modello fondato sul principio di ridistribuzione. La monetarizzazione delleconomia ha alterato molti sistemi fondati sulla simmetria e la centralit. La circolazione dei beni un fenomeno sociale poich lo scambio, la distribuzione, lacquisto e la vendita di tali beni pongono in relazione tra loro individui e gruppi. Anche la produzione un fenomeno che incorpora delle relazioni sociali. Lidea risale a Karl Marx, il quale disse allinterno de Il Capitale, opera del 1867, che un modo di produzione determinato dalla combinazione di tre fattori: i mezzi di produzione, la manodopera e i rapporti di produzione. Questi ultimi sono la relazione sociale che articola la connessione tra mezzi di produzione e manodopera. NellAlto Medioevo si svilupp il modo di produzione feudale, dove la relazione sociale era quella signore-servo; nella societ capitalista, nata con la rivoluzione industriale, la relazione sociale si riflette nellesistenza del lavoro salariato. 2.2. Lanalisi antropologica delle forme di vita economica. Lantropologia ha potuto accostarsi alle forme di vita economica secondo nuove prospettive, seguendo queste linee guida. Molte societ dellAfrica e dellAsia sono state infatti studiate da un punto di vista che evidenzia alcuni aspetti centrali del processo produttivo inteso come fenomeno sociale: la natura dei mezzi di produzione, i loro possessori legittimi, la relazione che si instaura tra possessori dei mezzi di produzione e quanti lavorano ecc La comunit domestica. Esempi di questo approccio sono gli studi condotti negli anni Sessanta-Ottanta da antropologi europei e americani sulle popolazioni dellAfrica sub sahariana e del Sudamerica. Ad esempio, uno studio condotto dal francese Meillassoux sulla popolazione Gouro della Costa dAvorio (Africa occidentale), rivolto allo studio di quale tipo di rapporti sociali determinasse lorientamento economico allinterno delle comunit agricole. Concentr lo studio su ci che chiamo comunit domestiche, cio gruppi di individui che contribuiscono allo svolgimento delle attivit di sussistenza di interesse comune. Secondo lantropologo, la comunit domestica si fonda su un accesso paritario di tutti gli individui al mezzo di produzione per eccellenza, la terra. Tuttavia sono gli anziani a detenere il controllo delle risorse; ma non si intende il controllo della terra e degli attrezzi, bens laccesso alle donne regolato dagli anziani delle varie comunit domestiche. Secondo Meillassoux, il controllo delle donne il fattore-chiave da cui deriva il potere: le donne sono la risorsa fondamentale grazie alla quale gli individui possono diventare a loro volta indipendenti, sposandole e avendo da loro dei figli. Poich la circolazione delle donne stabilita dagli anziani, la relazione sociale che determina il modo di produzione il rapporto giovaneanziano. I giovani, dunque, una volta sposati debbono obbedire agli anziani e lavorare alle loro dipendenze. In et coloniale e postcoloniale, le comunit domestiche di molti paesi africani sono divenute le rifornitrici di manodopera sia per le piantagioni che per le industrie, tanto in Africa quanto in Europa. Ci significa che il modo di produzione dominante nelle societ tradizionali africane entrato, a un certo momento, in un rapporto di articolazione e dipendenza da quello capitalista. Larticolazione dei modi di produzione comporta il progressivo coinvolgimento dei sistemi locali in sistemi pi ampi e, molto spesso, una forma di dipendenza strutturale dei primi dai secondi. Molto spesso, queste trasformazioni possono risultare rapidi e rilevanti, in base a quanto il sistema locale sia in grado di difendersi dalla pressione esterna, magari imponendo divieti e tab su certe pratiche percepite come minacciose (per esempio lesclusione del denaro da alcuni circuiti di scambio). ovvio che se questa economia dellaffezione, cos comunemente chiamata, rivolta alla produzione per commercializzazione, allottenimento di profitti e al reinvestimento di una parte di questi ultimi, molti sistemi economici sono sottosviluppati. Leconomia dellaffezione corrisponde invece a un modello produttivo e di scambio che pu esistere accanto a quello

basato sulla logica del mercato o che pu rifiutare questo ultimo perch giudicato dagli interessati intrusivo. Larticolazione tra sistemi e modi di produzione locali con leconomia di mercato potrebbe essere definita come struttura della dipendenza. Razionalit e irrazionalit nelleconomia. Nella tradizione occidentale anche leconomia appare come un settore dellagire umano dominato dal calcolo e dal profitto. Questo il motivo per cui molti occidentali si stupiscono ancora del fatto che certi popoli scelgano soluzioni economiche che per gli occidentali tali davvero non sono. Si chiedono: che senso ha investire cos tante risorse in feste in onore di qualche divinit antenato o santo? In Madagascar, ad esempio, la maggior parte delle famiglia spense molti soldi per organizzare periodicamente le feste che accompagnano la cerimonia del cambio del lenzuolo funebre ai propri morti, mentre in Birmania grandi risorse vengono spese in favore dei monaci buddisti e per il compimento di sacrifici animali. Pianificatori e consulenti ritengono che questi siano due esempi dellirrazionalit con cui molte popolazioni del pianeta sembrerebbero comportarsi: invece di investire le risorse in attivit che potrebbero migliorare il loro livello di vita essi le sprecano devolvendole a scopi puramente simbolici. Gli antropologi ritengono che questi comportamenti non possono essere giudicati economicamente irrazionali, in quanto rispondono al soddisfacimento di un bisogno da loro considerato primario. anche vero per che non si pu considerare razionale qualsiasi azione per il solo fatto che viene rappresentata come tendente a un fine. La razionalit economica dei Pigmei dellIturi, Congo I Pigmei sono un classico esempio di societ acquisitiva e sono stati a lungo oggetto di studio da parte degli antropologi. Come nel caso di molte societ acquisitive, anche i Pigmei vivono a contatto con i vicini agricoltori Bantu, entrando in reti economiche assai estese. Prima che il commercio dellavorio fosse vietato negli anni 60 del Novecento, i Pigmei erano tra i primi procacciatori di questo materiale per il mercato europeo e orientale. Con questi agricoltori Bantu i Pigmei intrattengono relazioni di scambio (baratto) grazie alle quali ottengono beni fondamentali per la sopravvivenza: scambiano i prodotti delle foreste ricevendo in cambio prodotti agricoli, oggetti ecc. Da quando la regione prospiciente a quella abitata dai Pigmei stata colonizzata da altre popolazioni africane, arrivata a conoscenza di questi popoli la monetarizzazione degli scambi. La popolazione dei Pigmei, nel corso degli anni, raddoppiata e le attivit commerciali, di conseguenza, hanno conosciuto un notevole incremento. Ma i Pigmei mantennero sempre il sistema del baratto perch ritenevano fosse in grado di assicurare un tasso di scambio stabile. Per questa popolazione non tanto interessante ricavare dallo scambio un profitto, bens ottenere beni duso immediato. Questa scelta economica li ha messi al riparo dalle fluttuazioni monetarie di uneconomia fortemente instabile e impoverita come quella congolese. Inoltre la scelta causa di un pensiero di carattere ambientale: importante per i Pigmei mantenere un equilibrio socio-ambientale che leconomia capitalista non ha, perch sfrutta le risorse naturali al fine di ottenere il massimo profitto. 3. Forme di vita politica. 3.1. Attivit politica e organizzazione politica. Come gi detto, invece di rappresentare il potere in termini di istituzioni o di ruoli politici, lantropologia ha imboccato la via che consiste nello studio degli aspetti dinamici del confronto politico, cercando di considerare quegli attori che, partecipando alla contesa, si rivelano interessati al controllo delle risorse tanto materiali quanto simboliche. Lattivit politica cos laspetto intenzionale del comportamento individuale e collettivo mediante il quale i singoli o i gruppi manipolano le regole e le istituzioni vigenti nella loro societ.

Unorganizzazione politica potrebbe essere pertanto considerata come linsieme delle regole, delle istituzioni e delle pratiche che contribuiscono a definire il quadro entro il quale si svolge lattivit politica. Solitamente unorganizzazione politica vede figure sociali particolari che rivestono determinate cariche (presidente, re, sacerdote ecc); vi sono per societ in cui le cariche sono assenti. In molte comunit mancano ancora oggi apparati preposti a far rispettare le norme in maniera coercitiva. Ci non toglie che siano presenti norme capaci di assicurare la coesione di un gruppo e il rispetto delle regole. Malinowski aveva individuato nella reciprocit il meccanismo capace di assicurare il rispetto delle regole in quelle societ che alla sua epoca venivano chiamate primitive; la parentela e let hanno costituito fattori importanti per assicurare il rispetto delle regole sociali. Anche la religione pu svolgere unanaloga funzione coesiva: nellEuropa feudale i privilegi della Chiesa erano mantenuti anche dal rispetto che tanto i signori quanto i membri delle comunit rurali dovevano ai pastori di anime, cio ai sacerdoti. La classificazione tipologica. Distinzione tra sistemi politici non centralizzati e sistemi politici centralizzati. Allinterno dei primi si pu operare unulteriore distinzione tra bande e trib. Allinterno dei secondi si possono invece distinguere due forme principali: i potentati e gli Stati, questi distinguibili a loro volta in Stati dinastici e Stati nazionali. 3.2. Stati non centralizzati. LA BANDA. stata ritenuta dagli antropologi la forma pi elementare di organizzazione politica, probabilmente la pi antica e oggi la meno diffusa. La banda caratteristica infatti dei gruppi cacciatori-raccoglitori nomadi. Possiamo definire lorganizzazione politica della banda come una struttura ristretta, informale e priva di una gerarchia decisionale. LE SOCIETA TRIBALI. Gli antropologi riservano luso del termine trib a un preciso tipo di organizzazione socio-politica prevalentemente riscontrabile presso popolazioni agricole e\o pastorali. In questo caso, i gruppi di discendenza sono formati da individui i quali, ritenendosi discendenti di un comune antenato, hanno uguale accesso alle risorse vitali e strategiche. Questa una delle ragioni per cui tali gruppi sono detti gruppi corporati. Le societ tribali pongono grande enfasi sulluguaglianza dei gruppi che le compongono, nonch sulla parit degli stessi individui che di tali gruppi fanno parte. Nonostante le societ tribali coltivino gli ideali delluguaglianza e dellautonomia individuale, i capi tribali sono quasi sempre scelti allinterno di una qualche famiglia che per tradizione detiene il privilegio di assegnare tale carica a uno dei propri componenti.

Usi e ambiguit del termine tribale La qualificazione di tribale sempre stata, verso le societ studiate dallantropologia, quella di sottolineare che si trattava di societ fondate su principi organizzativi differenti da quelli della societ europea. Oggi alcune societ attuali dellAfrica e del Medio Oriente sono definite societ tribali. Il tribalismo, considerato come la ricomparsa di forme di sopravvivenza e di relazione di tipo arcaico nel contesto della modernit, non risponde ad un ritorno alla tradizione. Questo infatti un concetto puramente inventato dagli stessi popoli al fine di legittimare differenze, competizione e conflitti con altri gruppi. In realt i tribalismo sono il prodotto dellantagonismo tra gruppi che tentano o di accedere alle risorse introdotte dai post colonialisti o tra gruppi in lotta al fine di occupare posizioni politiche vantaggiose. Lignaggi segmentari. Sono i gruppi di discendenza unilineari costitutivi di una trib. Sono di fatto dei gruppi corporati, ma prendono il nome di segmentari perch possono frazionarsi. Societ tribali segmentarie sono diffuse tanto in Africa quanto in Medio Oriente. I componenti si riconoscono idealmente come discendenti da uno stesso antenato; viene posta grande enfasi sulla parentela consanguinea. Questo scaturisce unideologia egualitaria che tende a sottolineare il carattere paritario di tutti i lignaggi segmentari.

Stratificazione rituale. In molte societ tribali dellAfrica e del Medio Oriente esiste una distinzione tra lignaggi, la quale si riflette nella funzione politico-religiosa svolta da alcuni di essi. possibile ad esempio trovare alcuni individui che possono incarnare unautorit largamente rispettata. Tra i Nuer esisteva un personaggio chiamato capo dalla pelle di leopardo a cui si appellavano i contendenti o presso il quale si rifugiavano coloro che volevano sottrarsi alla vendetta di un gruppo offeso dalle proprie azioni. Questi capi dalla pelle di leopardo erano considerati ricettacoli di potere soprannaturale. Il Big Man. In societ prive di lignaggi segmentari, i grandi uomini in questione sono figure un po anomale. Questi individui possono non avere alle spalle un forte gruppo di discendenza o non appartenere a una famiglia di capi. 3.3. Sistemi centralizzati. Lo Stato nazionale una forma di organizzazione politica nata in Europa nel corso dellet moderna, e che ha avuto fortuna come poche altre nella storia. Attualmente, il modello dello Stato nazionale domina il panorama politico del mondo attuale. Prima degli stati: i potentati. Lantropologia, a differenza della storia, interessata allo studio delle trasformazioni sociali e culturali e, di conseguenza, alle trasformazioni dellorganizzazione politica; studia anche come le strutture politiche di una volta siano scomparse o abbiano potuto trasformarsi a contatto di quelle degli Stati nazionali. Tra le forme di organizzazione che possono essere considerate antecedenti allo Stato gli studiosi definiscono il cosiddetto potentato: costituirebbe una specie di condizione politica intermedia fra la trib e lo Stato. Nella letteratura etnografica i potentati vengono presentati come entit politiche comprendenti pi gruppi spazialmente localizzati. Societ politicamente organizzate sulla base di potentati cos costituiti erano fino alla prima met del XX secolo presenti un po ovunque: in Polinesia come nellAsia del Su-est, nellAfrica sub sahariana come in Medio Oriente. Dopo la colonizzazione, anche il potentato ha subito profonde modificazioni o scomparso del tutto. Gli Stati. Sono la forma di organizzazione politica oggi dominante e la sua presenza la caratteristica saliente della realt politico-organizzativa planetaria attuale. Lo Stato possiede alcune caratteristiche peculiari, le principali delle quali sono: unautorit altamente centralizzata; un apparato burocratico-amministrativo sviluppato; la prerogativa esclusiva di emanare leggi; il monopolio della forza come mezzo per far rispettare le leggi sul piano interno e come mezzo di confronto con entit ostili esterne. Le societ organizzate su base statuale presentano: - un accesso alle risorse pi differenziato che nelle forme di organizzazione politica considerate sin qui; - una stratificazione sociale accentuata; - la sostituzione dei legami di parentela come criterio regolatore delle relazioni sociali con rapporti di tipo impersonale. 3.4. Un racconto sulle risorse e sul potere. In un mondo sempre pi globale, nel quale le risorse del pianeta sono sfruttate allinfinito a vantaggio di una minoranza dei suoi abitanti, ripensare il rapporto tra la gestione delle risorse e gestione del potere significa, in un certo senso, riconsiderare il futuro stesso del genere umano. I miti hanno sempre la straordinaria capacit di fissare, in una storia, aspetti della condizione umana; essi infatti non sono qualcosa che ci proviene dagli abissi dellinconscio, ma sono modi in cui gli esseri umani cercano di attribuire un senso alla propria condizione. Sono, secondo letimologia greca, dei racconti. Il racconto riportato, opera di un capo degli Yanomami, riflette la lucida consapevolezza che questo popolo ha del rapporto tra luso delle risorse e il potere che le controlla. Anche se le figure del racconto sono fantastiche, esse corrispondono agli agenti

responsabili dellaccadere degli eventi che in esso sono descritti. Il racconto parla di come lo spirito-vapore Xawara, rilasciato dal sottosuolo durante la ricerca dei minerali, porti la distruzione per tutti, Yanomami e bianchi.

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