Lo strumento che viene utilizzato nella clinica è il colloquio e deve essere trattato con molta
attenzione. Il colloquio mette in relazione con l'altro ed è polifunzionale. È importante avere
esperienza e imparare sul campo. È necessario raccogliere dati sulla storia della persona, della
famiglia, dei problemi fisiologici e patologici (ANAMNESI); si fa l'esame delle funzioni psichiche,
delle funzioni della mente. Si può provare a capire le ragioni della patologia, del disturbo, ma
l'eziopatogenesi a volte è impossibile, ci sono cause psicologiche e biologiche. Il colloquio è
importante perché permette di impostare una terapia farmacologica che vada a colpire determinati
sintomi (i deliri, le allucinazioni ma non la schizofrenia). Serve per fare una prognosi. È esso stesso
terapia e permette di verificare l'effetto della terapia farmacologica. Serve disponibilità di tempo e
lo spazio deve essere confortevole perché permette di ridurre l'ansia e di sentirsi libero di
raccontarsi. Si deve cogliere lo stato d'animo, non solo le parole, si guarda come si muove, dove
guarda. La diagnosi non è utile alla salute del paziente, in realtà si può lavorare anche prima di aver
individuato la causa.
I DISTURBI D'ANSIA
Fino a 20 anni fa erano considerati nevrosi.
L'ansia fisiologica è sperimentata da tutti ed è uno stato di attesa che ci aiuta a capire come mai
siamo irrequieti, è un segnale di qualcosa.
L'ansia patologica è eccessiva, ci impedisce di fare la nostra vita, interferisce con il funzionamento
psichico ma le motivazioni non sono facili da capire. Può essere presente a tratti o sempre e può
essere accompagnato da sintomi somatici come dispnea (difficoltà respiratoria, bisogno d'aria),
arrossamenti, tensione muscolare, bisogno di urinare. C'è in tutte le patologie psichiatriche ed è
dominante nei disturbi d'ansia. Le cause possono essere anomalie del SNC, neurotrasmettitori,
madre che trasmette ansia, scompenso psicologico che si manifesta così legato a fattori contingenti
o vecchi.
1. L'attacco di panico si accompagna all'agorafobia (è comparso di recente nei manuali, prima
si parlava di crisi acute di ansia). È la sensazione di essere sul punto di morte, di perdere la
testa, di impazzire e per questo di va al pronto soccorso. Ha un'insorgenza improvvisa e
acuta e non si può prevedere, non si sa cosa lo causi e le ragioni vanno capite. Si ripetono
con costanza e frequenza e dura 20 o 30 minuti. A volte può essere confusa con una persona
con infarto o problema cardiovascolare. Esistono ansiolitici che consentono di contenere e
placare l'ansia e poi la persona riprende la sua vita, si prendono solo nel momento di acuzie.
Le motivazione possono essere psicologiche e si può aiutare a mettere insieme i vari
elementi. È un momento in cui crollano le difese che ci costruiamo per vivere al meglio. Si
lavora per costruire di nuovo l'identità.
2. Le fobie sono paure esagerate connesse a condotte di evitamento, non vogliono incontrare
l'esperienza emotiva che mi fa star male, può essere penalizzante.
Le fobie sociali: compare il contesti sociali non familiari in cui non siamo abituati come fare
un discorso in pubblico.
Fobie specifiche: verso oggetti specifici o animali.
Freud: la fobia è un compromesso, è un sintomo fobico, mostro qualcosa legato ai miei
problemi ma non vengono davvero fuori per come sono. Il lavoro terapeutico è importante (i
farmaci fanno da terapia di mantenimento).
3. Disturbo ossessivo-compulsivo: la mente è a periodi occupata da pensieri di cui non riesce a
liberarsi che portano a mettere in atto compulsioni cioè comportamenti coatti. Ha
caratteristiche magiche (si mettono la stessa camicia per far andare bene l'esame) e un
controllo onnipotente della realtà. Necessita di trattamento psicoterapico come il
comportamentale più che farmacologico. È importante quanto la patologia ci impedisce la
vita.
4. Disturbo post-traumatico da stress: evento molto traumatico come essere presenti a un
omicidio, stupro, che comportano ricordo, sogni legati a quello, timore che si possa ripetere,
dura nel tempo e condiziona la vita, è un malessere che non se ne va. Il disturbo acuto è
quello che compare subito e ha breve durata cioè si risolve con la terapia. Quello cronico
dura di più.
5. Il disturbo d'ansia generalizzato: persone che vivono in costante contatto con l'ansia; si
combina con altri disturbi come la fobia (fobico e ossessivo: disturbi d'ansia si combinano
tra loro).
Un tempo erano considerati disturbi che non comportavano un danno alle funzioni psichiche
in quanto le persone ne sono consapevoli ma gli schizo-paranoidi non sanno che devono
curarsi.
DISTURBI SOMATOFORMI
Hanno una forma somatica ma una natura psichica. Non sono malattie psicosomatiche. Presentano
problemi che non hanno causalità organica in quanto gli esami sono negativi. Le persone stanno
davvero male e si sentono malate organiche senza una causa accertata. Sono sintomi funzionali (?)
ad esempio la nausea è un sintomo che lo stomaco non funziona ma ci sono problematiche mentali
come depressione, ansie, eventi vecchi. Sono individui che non hanno confidenza con le loro
emozioni.
1. Disturbi da somatizzazione: trasformazione in somatico di qualcosa di emotivo. Sono
individui che accusano una sofferenza in determinati ambiti del loro corpo. Ci sono apparati
più sensibili di altri all'influenza della mente come l'apparato gastro enterico,
cardiovascolare e urinario. Una cosa che aiuta il medico a capire è se la malattia porta a
vantaggi primari (sono malato e trattatemi da tale) o secondari (serve a qualcos'altro,
condizione privilegiata). Sono persone convinte di avere una sofferenza organica. Bisogna
aiutarlo a capire che ciò che accade non è organico, ma il problema è gestire la relazione
medico-paziente. Il medico, se non lo riconosce, da una cura, la cura non funziona, lui sta
male e da la colpa a lui, lui si sente un fallito e il paziente cambia medico.
2. Disturbo di conversione: interessa l'apparato nervoso, il SNC. Ci stanno le vecchie isterie
che indagava Freud. Ci sono sintomi suggestivi ma il SNC è intatto, come epilessie,
formicoli, paresi.
3. Dolore psicogeno: sintomo che compare senza che ci sia un danno anatomico come dolore
osteo-articolare. Il dolore c'è ma non risponde agli analgesici ma piuttosto a una cura
antidepressiva.
4. Disturbo dismorfo-fobico: si comincia a vedere nel proprio fisico qualcosa di distorto che
non piace, magari non c'è o c'è in minima parte e viene considerata la responsabile dei loro
problemi di vita, per cui ricorrono alla chirurgia plastica.
5. Ipocondria: convinzione di malattia, negli altri c'era sintomi, qui si parla di idea di malattia
e da lì arrivano i sintomi che possono indicare un certo disturbo. Il soggetto delira. Può
anche essere un sintomo di altri disturbi come la depressione (delirio ipocondriaco).
Sono patologie che comportano costi per la società come ricoveri, esami, non possono lavorare;
bisogna identificarle per curarle ma la terapia non è facile in quanto per loro l'idea di problema
psicologico è lontana. Bisogna andargli dietro, gratificare il loro bisogno di essere malati e
trasmettere l'idea che certi problemi possono sorgere a causa della mente.
DISTURBI DELL'AFFETTIVITA'
Sono contenuti in essi delle patologie che hanno una grande incidenza nella popolazione generale.
Si calcola che colpiscano il 3% della popolazione. Parliamo sostanzialmente della depressione. Non
solo,ma comunque quel capitolo dove la parte del leone la fa la depressione. I disturbi affettivi
vanno classificati in un certo modo che differisce dalla classificazione precedente che era più
semplice ma meno precisa. I disturbi affettivi si suddividono in:
Primari: disturbi affettivi che riguardano essenzialmente la componente psichica, problemi di
ordine mentale. Noi ci occuperemo di questi.
Secondari: quei disturbi che accompagnano una determinata patologia organica: un diabetico, un
anemico possono sviluppare disturbi di affettività, o che compaiono come patologia che arricchisce
un altro quadro clinico, come ad esempio nelle persone che usano sostanze. Usare sostanze può
portare all'insorgenza di un disturbo dell'affettività.
Questi disturbi devono essere conosciuti per etichettare la persona e fare riferimento a terapie
farmacologiche. Poi da un punto di vista clinico si può fare un discorso che riguarda tutti questi
disturbi. I modi in cui si manifestano sono simili in tutte queste situazioni di patologia.
L'espressività clinica non è tanto diversa se non per criteri di gravità. I sintomi della distimia sono
meno gravi del disturbo depressivo, ma saranno comunque simili. Si può fare un discorso che
comprende la depressione dal punto di vista della sua espressione clinica.
DEPRESSIONE
Il primo sintomo è l'abbassamento del tono dell'umore che ha come corrispettivo fisiologico la
tristezza. Consegue una perdita di interesse per quelle che sono le esperienze della vita quotidiana.
Una perdita di interesse di quello che ha a che fare con la voglia di fare. Il linguaggio è spesso
rallentato con lunghi tempi di latenza tra una frase e l'altra. Spesso il tono della voce è monotono,
ripetitivo, non cambia. I contenuti sono orientati verso il pessimismo, la negatività. Ha un'idea di se
stesso come negativo, come persona che combina nulla o poco, che vale poco. La depressione si
esprime anche attraverso un rallentamento psicomotorio. È lento sia il flusso dei pensieri sia il
modo di muoversi, la lentezza comporta la scelta di trascorrere a letto gran parte della giornata fino
a condizioni di blocco psicomotorio. Non si muove nemmeno se le chiediamo di muoversi. Un
tempo si parlava di blocco melanconico. Il melanconico può arrivare ad una situazione di blocco
psicomotorio, non fa gesti, non risponde alle sollecitazioni ecc. il pensiero è sicuramente alterato da
un punto di vista formale ed anche per quello che riguarda i contenuti. Il depresso ha una visione
negativa del mondo, è pessimista, vede nero piuttosto che grigio. Questa ideazione negativa
pessimistica arriva nelle situazioni più gravi a presentare delle manifestazioni deliranti ovvero delle
idee di tipo negativo che non corrispondono alla realtà e che non sono accessibili a critica. I deliri
sono ad esempio il delirio di colpa = sono responsabile di qualcosa, mi accuso di qualcosa quando
non è così, le mie decisioni mandano in rovina la mia famiglia; può esserci un delirio
ipocondriaco = pensare di avere una malattia molto grave che non ci lascia scampo, fino a quando
c'è una negazione di tutto (la persona non riconosce più il mondo intorno a sé).
Anche la sfera del funzionamento biologico è compromesso, il sonno è compromesso: spesso c'è
insonnia. È un'insonnia dell'addormentamento (vado a letto e i miei pensieri non mi fanno prendere
sonno) ed insonnia del risveglio (mi sveglio dopo che mi sono addormentata). La prima di solito è
per situazioni depressive meno gravi, con ansia, mentre la seconda per situazioni depressive gravi.
Le prime ore del mattino sono quelle più possibili per pensieri suicidiari o di autolesionismo. C'è
poi un disturbo dell'appetito= non mangia, non ha voglia di mangiare, c'è un'assenza del sintomo
della fame. Ci sono situazioni più rare in cui ci si riempe di cibo. La vita sessuale è compromessa
infatti perde il desiderio dei rapporti sessuali, non desidera, anche la funzione sessuale viene
compromessa, le disfunzioni sessuali possono comparire come una situazione di tipo depressivo.
Questi sintomi compaiono diversamente accoppiati nei vari quadri clinici. Sta poi allo specialista
dire questo è un disturbo depressivo, questo è disturbo bipolare ecc.
MANIA
E' dunque il versante opposto. L'individuo sembra una persona diversa. C'è un'esaltazione del tono
dell'umore, non c'è euforia, c'è un'euforia esagerata: è una persona il cui tono dell'umore è
estremamente elevato. Con questo si accompagnano una serie di altri sintomi. È una persona che ha
una grande attività che fa tante cose, ma che non finisce mai. Ha l'idea di sé come qualcuno che
potrebbe fare moltissimo. Nei livelli estremi ha una condizione di onnipotenza e fare delle cose che
nessuno sa fare e che solo io sono in grado di fare si arriva ad una situazione senza limiti. Anche
l'abilità verbale è toccata: parla molto veloce, c'è una fuga delle idee, logorrea. Nel suo modo di
parlare c'è anche la tendenza a fare motti di spirito, a raccontare cose che ritiene divertenti. Il suo
parlare è talmente veloce che non è più decifrabile, non si decifra quello che ci sta dicendo. È una
persona che può mettere in atto anche in base all'onnipotenza delle azioni che possono
rappresentare dei pericoli, andare in macchina superando i limiti di velocità. Può essere una persona
che ha una grande dimestichezza con i soldi. Il cattivo uso del denaro caratterizza il paziente
maniacale: ha voglia di spendere e spende un mucchio di soldi. Ci sono situazioni maniacali che
non riusciamo a definire subito come tali. Mette insieme tanti progetti. Quando arriva il problema
dell'uso del denaro allora possiamo renderci conto che c'è qualcosa che non va, che non funziona.
Anche qui si arriva alle manifestazioni deliranti, ma avranno un contenuto opposto, è un delirio di
grandezza, si pensa di essere lo scopritore di una patologia, c'è un delirio mistico, mi sento Gesù, si
ha contatto con Dio, c'è delirio di invenzione, delirio genealogico (sono discendente diretto di
personaggi famosi), delirio erotomanico (sono oggetto di amore da una persona importante). Sono
convincimenti che hanno come sfondo questa idea di sé grandiosa. Anche questa ha una versione
più o meno lieve a seconda delle situazioni.
La complicanza più grave del disturbo dell'affettività è il tentato suicidio o il suicidio. È un aspetto
che va tenuto sempre in considerazione.
Suicidio = azione finalizzata, sostenuta da idea molto forte di non avere più voglia di vivere e
sostenuta dagli strumenti che uso per farlo (ad esempio mi butto giù dal 10° piano). I mezzi sono
quelli giusti. Quello che va gestito è il paziente che minaccia il suicidio. È il paziente che va gestito
perché comunica che in mente ha l'idea di togliersi la vita e non possiamo non farci caso, bisogna
farlo parlare. Bisogna valutare quanto quella persona ha il coraggio di togliersi la vita. Bisogna
valutare se ci sono degli elementi di base. L'operatore deve mettere insieme una serie di indizi che
pensano che effettivamente abbia idea di togliersi la vita. Si provvede se mai al ricovero. Possiamo
però anche renderci conto che questa intenzionalità non è così marcata= si ha a che fare con una
persona che potrebbe fare un tentativo di suicidio, ma non c'è una volontà chiara e ferma di togliere
la vita e con modalità distanti (tipo farmaci che però non hanno oggi una potenzialità autolesiva,
prima c'erano i barbiturici, farmaci che toglievano la vita). Dobbiamo tenere in conto questa
seconda alternativa = non ha una finalità chiara e con mezzi che la vita non la tolgono. È
una comunicazione data in modo distorto. Non riesco a comunicare a voce allora lo faccio così.
Possono essere anche modalità di comportamento aggressivo. L'importante è rendersi conto che la
voglia di morire non c'era, ma qualcosa d'altro che non va assolutamente trascurato. Quando si parla
di tentativi di suicidio si parla anche di suicidio mancato. È un suicidio vero e proprio che non è
riuscito, per condizioni e fatti diversi non si è effettuato il suicidio. Qui non c'è un gesto
dimostrativo, ma un gesto serio che non va in porto.
DISTURBI DI PERSONALITA'
Ognuno di noi ha una sua personalità data dalle modalità che ognuno di noi possiede di pensare,
recepire il modo esterno, relazionarsi con il modo esterno, fare ecc. la personalità di solito è fatta di
temperamento (la parte affettiva, tendenzialmente allegra o depressa) ed il carattere che invece
rappresenta i modi di funzionare mentalmente. Il discorso si complica perché per parlare di disturbi
dobbiamo dire quale è la personalità normale. Chi sono gli individui normali? Freud aveva dato una
definizione molto semplice: persone in grado di fare e di godere, di realizzare delle cose, di vivere
con piacere una parte di esperienza della propria vita. Qualcosa di vero c'è. Per altri le persone
normali dovrebbero avere determinati aspetti di funzionamento: è la persona che è in grado di
rimandare i conflitti. La persona normale dovrebbe essere quella che è in grado di sublimare
(meccanismo mentale per cui certi aspetti che sarebbero inaccettabili vengono trasformati in altro
che richiama sempre quell'aspetto ma non in modo disturbante, es sublimare l'aggressività, es il
chirurgo è una persona che taglia, che fa uscire il sangue, può darsi che abbia istanze aggressive che
sublima e le rende socialmente utili).
La valutazione della personalità non si può fare in assoluto ma va tenuto conto di vari aspetti come
ad esempio il contesto storico e culturale.
Il disturbo di personalità nella versione meno grave è molto comune, esempio delle persone con
brutto carattere, tratti di personalità che colpiscono, pensieri bizzarri, comportamenti particolari. Il
disturbo vero e proprio è di più di un semplice brutto carattere. Intanto una prima cosa da dire è che
di disturbo di personalità si può parlare quando quest'ultima è formata, quindi l'idea è quella che
circa al 18esimo anno una persona sia formata e da quel momento allora si può parlare di disturbo
di personalità. Non si può nemmeno parlare di disturbo di personalità in persone di 40 o 60 anni,
bisogna pensare ad altro, come l'avvicinarsi della vecchiaia, fasi che comportano un cambiamento
del carattere, quello è un sintomo dell'involuzione senile, quindi un aspetto e non un disturbo.
Spesso i cambiamenti di personalità in un età centrale sono legati ad esempio a disturbi di ordine
organico (esempio: patologie cerebrali non ancora appurate che si possono manifestare come primi
sintomi in cambiamenti di carattere prima che compaiono sintomi neurologici veri e propri) o ad
esempio anche l'uso di sostanze, droghe o alcol, a lungo andare fanno cambiare le persone ma
anche qui non è disturbo di personalità ma sintomo di patologia, come uso cronico dell'alcol.
Il disturbo di personalità compare con l'inizio della vita adulta. È un'alterazione delle nostre
modalità relazionali, di pensiero, di percezione che si manifesta più o meno intorno al 18esimo
anno di età e va avanti così nel corso della vita in maniera costante. Il carattere è difficile da
cambiare, non è facile in questo caso, in questo disturbo le persone si comportano in quel modo con
costanza e continuità. La persona ha una parziale consapevolezza, vissuti ego-sintonici, in quella
situazione diversamente da così lui non saprebbe fare. Queste situazioni cliniche diventano di
competenza medica quando il disturbo crea una situazione di malessere nella persona, ma può
portare anche malessere familiare, ambientale. Queste persone vivono normalmente, fanno famiglie
ecc ma hanno una modalità di funzionamento che le disturba. Quando la situazione è disturbante fa
si che le persone arrivino alla situazione di cura; si dice che il paziente con disturbo della
personalità è una persona che soffre e fa soffrire. La terapia non è facile perché si ha a che fare con
persona che comunque la loro vita se la fanno, anche se hanno situazioni particolari di rapporto,
quindi non sentono la necessità di curarsi, solo quando poi la loro vita viene condizionata da questi
tratti, esempio rischio divorzio. La terapia ideale è la psicoterapia, che affronta proprio queste
situazioni, persone che “funzionano male”, c'è un malessere dato dal loro comportamento. Le
terapie farmacologiche sono meno significative con questi individui perché poi non ci sono sintomi
veri e propri come fobie, deliri, allucinazioni, qui c'è una persona che agisce male, ma è un sintomo
che sfugge, non lo si riesce a etichettare. Ci sono anche delle classificazioni dei disturbi di
personalità:
•bizzarri, eccentrici
•tendente all'emotività, alla teatralità, amplificazione emozioni
•dominanza aspetti emotivi come ansia e depressione (più recente)
E' ovviamente un disturbo non facile da diagnosticare, proprio per l'assenza di sintomi bersaglio,
per il fatto che viene fuori nella relazione, quindi è una patologia che viene fuori nel tempo, è più
semplice una diagnosi di schizofrenia, bisogna mettere in conto un'osservazione prolungata con
questi individui, bisogna vederli più volte, incontrarli più volte. Un'altra cosa importante è che
questa diagnosi è possibile farla parlando con i familiari, discorso importantissimo nel lavoro
psichiatrico, la famiglia è importante sia come elemento patogenetico, sia come elemento legato alla
situazione clinica e alla terapia. Poter parlare con i parenti è fondamentale perché magari dalla
persona interessata non riusciamo ad avere tutte le informazioni.
LEZIONE OTTO
SCHIZOFRENIA
E' la patologia con la quale si identifica tutta la psichiatria. Ha un'eziologia sconosciuta come per
tutte le altre patologie psichiatriche ad eccezione dei disturbi psicoorganici. Presenta dei quadri
eterogenei, molto variabili, è difficile dare una definizione molto precisa e rigorosa. Si può
presentare in modi molto diverso in persone diverse. È una patologia che ha una tendenza alla
cronicizzazione e che ha una prognosi sfavorevole nella maggior parte dei casi = compromette le
possibilità di vita sociale = vita lavorativa, vita relazionale, i rapporti con le persone, la vita
affettiva. È una patologia che in una % di casi elevata ha un decorso tendente alla cronicizzazione e
con un percorso sfavorevole.
Ha cominciato a essere descritta verso la fine dell'800 da Krepelin il quale ha osservato in una
popolazione di pazienti giovani dei sintomi molto simili a quelli della demenza. Per questo motivo
aveva ipotizzato la possibilità di una demenza giovanile, ovvero quadri con sintomi come quelli
della demenza che comparivano in persone giovani. Inizialmente si chiamava demenza precox e
poi all'inizio del 1900 il termine SF è stato utilizzato da un certo Bleuler che aveva visto in questi
pazienti quello che è un sintomo fondamentale ovvero la dissociazione, una separazione tra le
diverse funzioni della mente che non camminano più in maniera armonica, ma va ognuna per il
proprio conto. Impedivano quindi alla persona di funzionare in maniera armonica nel mondo. La
sintomatologia esprime la presenza di anomalie nella maggior parte delle funzioni mentali. Si
possono raggruppare tre ordini di sintomi.
1. La distorsione della realtà (non conoscimento di quella che la reale realtà, visione di cose
che la realtà non esistono) e la disorganizzazione del pensiero (il pensiero non funziona +
con le sue regole di logica ecc. da qui i sintomi produttivi ovvero deliri ed allucinazioni
unitamente alla bizzarria nel comportamento). C'è anche un'affettività appiattita.
2.Nel secondo gruppo di sintomi mettiamo una serie di sintomi che riguardano affettività →
c'è un impoverimento affettivo. Ci sono dei sintomi negativi nel senso che l'affettività
sembra in qualche modo persa, modificata, è appiattita, comporta disinteresse, distacco dal
mondo, distacco per quello che riguarda le relazioni interpersonali, perdita del contatto
sociale, perdita di vivere sensazioni di piacere. Anche i comportamenti sono bizzarri.
3.C'è poi una compromissione di quelle che sono le funzioni neuropsicologiche. C'è una
carenza di memoria, di attenzione, di velocità nell'eseguire un'azione.
Questi sintomi possono comparire diversamente accoppiati gli uni agli altri. Almeno due o +
sintomi devono comparire insieme per poter fare diagnosi di SF accanto ad un grave
malfunzionamento sociale e lavorativo. Questo insieme di aspetti dovrebbe durare almeno sei mesi.
Un'altra classificazione è quella tra:
-Schizofrenia di tipo 1 (schizofrenia dove prevalgono i sintomi produttivi, deliri, allucinazioni,
bizzarrie, aspetti patologici ma espressione di una mente che produce).
-Schizofrenia di tipo 2 (prevalgono i sintomi negativi: distacco, anedonia, perdita di interesse...).
Eziopatogenesi
E' una malattia ad eziologia sconosciuta però ovviamente le ipotesi, sul perché della comparsa sono
tantissime. A partire dalle ipotesi organiche che sono state un po' le prime tirate in ballo. Alla fine
del 1800 la psicoanalisi non aveva ancora la capacità di dire la sua al riguardo e questo disturbo
veniva vista come un'altra malattia. Si pensava che ci fosse un danno organico. Anomalie che
riguardavano il cervello, una possibilità di trasmissione genetica, e poi successivamente anche le
ipotesi più recenti che riguardano il sistema dei neurotrasmettitori. C'è un grande complesso di hp di
ordine biologico che non è arrivato ad una conclusione definitiva. C'è poi un gruppo di teorie che
sono le teorie sociali della SF che vedono la SF come risposta ad una situazione di mal adattamento
sociale, di vita sociale compromessa. Si parla della società in genere ma anche del gruppo sociale
ristretto (la famiglia). In questa corrente rientrano teorie come quelle del capro espiatorio (il figlio
più debole diventa portatore della patologia della famiglia), madre schizofrenogenetica (non ha più
un rapporto con il figlio) quando c'è un doppio legame (comunica dei messaggi contrastanti); la
madre attaccata al figlio, ma segretamente ostile, ci sono doppi messaggi affettivi che sconcertano il
destinatario). Poi ci sono tutte le teorie che fanno riferimento alla teoria psicodinamica alla
psicoanalisi e quindi teorie che si rifanno alla relazione sempre con i genitori, ma alla relazione che
interessa i primi mesi della vita di un individuo e quindi situazioni di deficit, carenza di affetto di
attenzioni di cure, situazioni di contrasto a cui poi la risposta è quella della manifestazione
sintomatologia di un disturbo di questo genere. Grandi ipotesi, caratteristiche diverse che prevedono
poi diverse progettualità terapeutiche. Nel primo caso i farmaci sono in primo piano, nel terzo caso
c'è un intervento di tipo psicoterapico. L'esordio si può collocare in un'età giovane adulta.
Decorso: Di solito verso 25-35-40 anni. L'esordio può essere acuto o subdolo.
•Acuto → improvvisamente compaiono le bizzarrie
•Subdolo → compare nel tempo, piano piano
Le situazioni sociali svantaggiose influiscono sull'esordio.
Sono anni in cui si può assistere alla comparsa, ma si può assistere anche in età adolescenziale con
quadri clinici particolari. C'è un esordio acuto oppure un esordio silenzioso dove tendono a
comparire inizialmente i sintomi negativi (si distacca dalla realtà, dal mondo, si rinchiude nella
fantasia e nei pensieri). È difficile parlare di guarigione. C'è una possibilità di recupero di
miglioramento, di ripresa, in una % buona di pazienti, dipende comunque da tanti fattori. Il fatto che
l'individuo sia disponibile alle cure e si curi offre una grossa possibilità di benessere ed abbassa
molto il rischio di ricadute. Se non ci sono le cure la % del peggioramento raddoppia l'80% delle
persone sofferenti se non si curano tendono a cronicizzare la patologia. La cura riduce l'intensità dei
sintomi, ma non consente che i sintomi vengano eliminati o risolti. Presenta una sintomatologia di
tipo schizofrenico con un contenimento della sintomatologia. Il grosso problema che pone questo
tipo di paziente è la disponibilità o meno a curarsi. Nel lavoro psichiatrico, cosa che non esiste nel
restante ambito della medicina, c'è la possibilità di curare le persone contro la loro volontà. È
indispensabile perché a questi pazienti spesso manca la consapevolezza della malattia e l'unica
soluzione che esiste è quella di avere gli strumenti per curare la persona contro la sua volontà .
Dobbiamo appoggiarci ad un regolamento previsto dalla legge che consente di mettere in atto delle
cure (ed eventualmente il ricovero) contro la volontà della persona. Mettere in atto procedure
richieste per poter ricoverare una persona contro la sua volontà. I quadri clinici della SF sono
molto vari e diversi, ma sono state identificate alcune situazioni cliniche che sono quelle che con
maggiore frequenza tornano.
C'è una situazione che precede l'esordio acuto della patologia. C'è una stranezza dei comportamenti
rispetto al solito. Spesso la situazione acuta esordisce in coincidenza con un evento di tipo
psicotraumatico (non è caratteristica della SF, succede anche in tante altre patologie). C'è un evento
particolare, solitamente psicotraumatico che colpisce la persona. Fa si che qualcosa che era già
presente venga alla luce. Ci sono delle situazioni cliniche simili alla SF indotte dall'assunzione di
determinate sostanze. Sono stati identificati alcuni quadri clinici che dovrebbero ritornare con >
frequenza. Ci sono 5 quadri clinici descritti:
•quello più comune è la schizofrenia paranoide ovvero quella schizofrenia che è caratterizzata
essenzialmente dalla presenza di deliri con stampo persecutorio ed allucinazioni che vanno di pari
passo con i deliri. Per esempio la persona che sta sempre in casa. Questi deliri hanno anche qualche
loro aspetto di verità. Ci sono elementi che hanno un che di persecutorio. Il racconto di tutto questo
è un racconto che è fatto in maniera logica precisa: c'è una logica malata, ma una sorta di logica c'è
in quella che è la costruzione delirante di quelle persone.
•Poi altra forma che è la schizofrenia disorganizzata: è possibile osservarla in una popolazione più
giovane come gli adolescenti. In questo caso ha sempre manifestazioni deliranti ed allucinatorie ma
presentate in un modo disorganizzato.
•Schizofrenia catatonica: accanto a problemi di tipo delirante o allucinatorio esistono dei sintomi di
tipo motorio. C'è un rallentamento della motricità, dei gesti fino ad arrivare in una condizione in cui
si è fermi. Questo può poi progressivamente passare sull'altro versante con manifestazioni di
irrequietezza estrema che sono l'opposto della situazione di rallentamento e blocco psicomotorio. È
una situazione rara, non si vede molto.
•Schizofrenia indifferenziata: prima si chiamava schizofrenia simplex. È caratterizzata dalla
prevalente presenza di sintomi negativi. C'è ritiro, isolamento. Può esordire in età giovanile. La
facevano gli insegnanti la diagnosi perché di fronte alla classe si potevano osservare ragazzi che nel
corso dei mesi mostravano un progressivo ritiro dai movimenti che caratterizzano quella situazione.
•Schizofrenia residua: è una forma cronicizzata di schizofrenia che all'inizio era molto diversa ma
che per motivi diversi è andata incontro alla cronicizzazione ed è andata incontro a quello che la
cronicizzazione comporta. Avremo a che fare con individui bizzarri, strani che vivono in un modo
loro, particolare. Continuano la loro vita così, è il loro stile di vita. Non ci sono grandi prospettive di
miglioramento per queste persone.
RITARDO MENTALE: abbiamo a che fare con persone il cui SNC è danneggiato però la grande
differenza con il paziente demente è che in questi individui il cervello è stato danneggiato quando
non era ancora del tutto funzionante, incompleto dal punto di vista del funzionamento. Prima della
nascita, momento della nascita, dopo. Sono nascite prenatali e perinatali (problemi ereditarie,
trasmesse), nascite al momento del parto (forcipe, ventosa) e poi i postnatali (primissimi mesi di
vita). Possiamo avere la nascita di una condizione di ritardo mentale ovvero una persona che non ha
un cervello strutturato che funziona come un cervello dovrebbe funzionare. I problemi riguardano il
livello di compromissione, lieve, medio grave ecc. con il peggiorare del danno avremo anche oltre
che alla compromissione del funzionamento mentale, anche la compromissione del comportamento.
Ci possono essere sintomi simili a quelli della demenza, ma qui non ha mai funzionato come
dovrebbe funzionare. Nei casi in cui la gravità non è eccessiva anche l'intervento psicoterapico ed
educativo può avere un suo significato.
STATO CONFUSIONALE ACUTO: situazione d confusione mentale con tutti i sintomi di una
confusione mentale che ha una prognosi buona, che si risolve nella maggior parte dei casi, ma che
compare con una certa frequenza. Possono esserci disturbi della memoria, allucinazioni ecc. C'è un
innalzamento della temperatura. C'è una transitoria sofferenza cerebrale che poi permette alla
persone di funzionare normalmente. Anche con l'anestesia può succedere che avvengono queste
cose. Anche con una botta in testa. Ti tiro uno schiaffo e muori. Tra le tante cause potrebbe esserci
anche causa psicogena → anche un quadro SF può esaudire come stato confusionale acuto. Prima
però si cerca una causalità organico perché è qualcosa sul quale si può intervenire con una certa
urgenza. Le cause organiche devono essere esplorate prima rispetto a quelle psicogene.
Bulimia: esiste anche come patologia a sé stante (rara). Sono presenti episodi ricorrenti di abbuffate
con condotte compensatorie per eliminare ciò che è stato introdotto nel proprio corpo. Anche questo
disturbo solitamente compare in adolescenza. Anche in questo caso si presenta un problema con la
madre: c'è un bisogno di cibo, di nutrimento (madre) attenuato dalla negazione di questo. La
prognosi è meno grave dell'anoressia poiché è difficile arrivare ad una non recuperabilità.
Obesità: è una patologia che è molto aumentata nel periodo recente in bambini ed in adolescenti
anche perché c'è una grande offerta di cibo. C'è un'assunzione di grandi quantità di cibo in maniera
costante senza la sua eliminazione. Ci sono due tipi di obesità:
• obesità di sviluppo: in bambini ed adolescenti
• obesità reattiva: solitamente è post traumatica o compare in certi momenti della vita come la
menopausa.
Cause: c'è il bisogno di introdurre qualcosa di buono che non si trova dentro di sé.
Ci sono spesso anche delle abbuffate notturne.
I disturbi del comportamento alimentare possono comparire in molte patologie per esempio la
depressione con diminuzione dell'affetto come sintomo.
sono tre strade che possono procedere separatamente o con interventi combinati con la
cooperazione di operatori diversi.
1) È una categoria sempre più ampia. Ci sono opinioni contrastanti in quanto sono sostanze verso le
quali molti vanno cauti, atri le usano in modo eccessivo e scorretto. Di vero c'è che sono farmaci
che in certe situazioni funzionano e in altre no, a volte non risolvono il problema, non c'è sempre
garanzia di funzionamento, sono farmaci sintomatici che non servono per la depressione o la schizo
ma agiscono sul sintomo e non sulla situazione clinica. Hanno degli effetti collaterali (gli effetti
principali sono quelli che curano, l'ansiolitico risolve l'ansia). Si deve tenere conto dell'età, per i
giovani e gli anziani maggiore prudenza per le dosi e il tipo di farmaco in quanto sono più fragili. È
possibile combinarli insieme per colpire più sintomi. Alcuni creano dipendenza. Una volta fatta la
diagnosi possiamo usarli da subito ma sono terapie che si prolungano nel tempo, c'è una prima fase
di attacco e poi di mantenimento, richiede un controllo continuo in quanto quello stesso farmaco
dato in due periodi diversi può non funzionare (prescrivo farmaco per depressione, funziona, due
anni dopo lo prescrivo e non funziona, ci sono aspetti relazionali non trascurabili, la relazione cura
il paziente, non posso nemmeno prescriverlo per telefono.)
Ci sono diverse categorie di psicofarmaci:
• ansiolitici (tranquillanti minori): super diffusi, più dell'antibiotico. L'effetto principale è
combattere l'ansia e funzionano visibilmente. Servono anche per il sonno (solo da 25/30
anni a questa parte, prima si usavano i barbiturici, pesanti e rischiosi, ora usati solo per
l'epilessia). Hanno un effetto mio-rilassante, chimicamente come le benzodiazepine, si
assumono tranquillamente, sono maneggevoli ma inducono dipendenza più di tutti. Il
paziente va messo al corrente, è necessario variare le dosi e cambiare la sostanza alternando
periodi di interruzione. Li usano anche i medici di base (valium, travor), si combinano bene
con altri visto che l'ansia c'è in ogni disturbo (anche per via intramuscolare o venosa) ma
non devono essere combinati con alcool (di solito le benzodiazepine si usano spesso per
mettere in pericolo la vita).
• Antidepressivi: meno di tutti hanno garanzia di funzionamento, a volte può peggiorare a
causa della specificità biologica di ogni soggetto, a volte c'è l'idea che le persone non
rispondono alla cura con alcun farmaco (provandone tanti), ma di mezzo c'è sempre la
relazione e la volontà di curarsi. Sono comunque molto usati e prodotti (prozac è un
serotoninergico, c'è molta propaganda come se fossero sostanze mirabolanti). Ci sono due
famiglie:
◦ peptipsicofarmaci (triciclici, controindicazioni → glaucoma, ipertrofia prostatica).
◦ nuovi psicofarmaci (serotoninergici), minor effetti collaterali. Si possono combinare,
hanno bisogno di 10 giorni almeno per funzionare, li usano anche i medici di base.
• Neurolettici: antipsicotici (per gli schizo-maniacali). Sono usati dagli specialistici per gli
effetti collaterali importanti da conoscere in modo approfondito. Prima c'era la camicia di
forza, ora contenzione chimica. L'uso seda la persona, contiene l'istinto, sono anti-deliranti e
anti-allucinatori e a volte contro i sintomi negativi (anedonia, ritiro, perdita di contatto,
apatia). Effetti collaterali: se la sedazione è eccessiva c'è il rischio di non sopravvivere, la
sedazione deve essere misurata. Ci sono effetti extrapiramidali come rigidità o tremore,
sembrano parkinsoniani, a volte si risolvono interrompendolo, altre volte peggiorano la
situazione e il medico rischia denunce. Possono essere combinati con ansiolitici e
antidepressivi.
• Stabilizzatori dell'umore sono più recenti per l'uso ma in passato erano usati solo per
l'epilessia. Agiscono nella labilità dell'umore, nei bipolari, nell'episodio depressivo
ricorrente (sale di litio), possono danneggiare i globuli bianchi. Usati in ambito specialistico
ma molto usati.
Tutti gli psicofarmaci tranne gli ansiolitici sono a carico del servizio sanitario nazionale. Le
benzodiazepine danno dipendenza. Esistono psichiatri che pensano che il farmaco sia la strada
giusta, ma dipende dalla cultura, dai gusti; per il paziente è meglio perché meno impegnativo della
psicoterapia, meno costoso e più veloce.
2) Psicoterapia: fa a meno di strumenti fisici. Si basa sul colloquio tra paziente e psicoterapeuta,
rapporto a due, di famiglia, di gruppo. Si lavora sulla relazione. Esistono forme diverse e disparate.
La forma più comune è quella di sostegno (di supporto → mi occupo io delle tue ansie, ti aiuto, ti
rassicuro e ti spiego, si può fare per tutte le patologie, anche nel demente; il problema è che arriva a
non poter fare a meno del terapeuta, si protrae nel tempo, con lui sto meglio ma senza sto male, si
crea dipendenza. Anche il ricovero crea dipendenza). È nelle possibilità di ogni individuo, diffusa e
condotta in modo strutturato. La forma più complicata è la psicoanalisi (ci sono obiettivi elevati, si
vuole cambiare la persona per farla andare avanti tenendo conto che prima o poi la terapia si
interromperà e dovrà cavarsela da solo, serve molto impegno da parte di entrambi). Ci sono
modalità differenti. Freud lavora sull'inconscio che ci fa funzionare in un certo modo ma posso
arrivarci con metodi diversi, usa l'ipnosi ma poi l'abbandona, l'associazione libera e poi transfert
ossia la situazione emotiva che si crea in una situazione che riguarda in parte la situazione oggettiva
ma che contiene aspetti del nostro passato, relazione con i genitori, le emozioni e gli affetti, se lo
comprendo e lo interpreto, posso ricostruire e rivivere le situazioni in modo diverso, si crea un tipo
di personaggio che si sostituisce con l'altro, ciò che importa è la motivazione e gli strumenti del
terapeuta, la diagnosi viene dopo. Si parla di criterio di cimentabilità, le emozioni che quel paziente
suscita motivano il terapeuta. In ogni caso esistono anche le comportamentali, le cognitiviste che
hanno in comune il fatto che la relazione va condotta in un ambito spazio temporale definito, un
setting con durata, costo, intensità, numero di sedute stabiliti. Ha durata non preventivabile in
quanto va avanti nel tempo. I clienti possono essere tutti quelli psichiatrici, dipende dalla
formazione dello psicoterapeuta.