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Introduzione: il Sé moderno.
Problema distinzione tra Io/Sé/Identità
W.James analisi del Sé: si configura come elemento centrale di connessione tra il mondo
mentale e il mondo esterno. Ogni attività mentale (pensiero) presuppone una coscienza
personale che è data nel corso dell’esperienza soggettiva.
Io conoscente: Io in grado di conoscere. Io conosciuto: oggetto di conoscenza dell’Io
conoscente.
È il Me o Io empirico.
Costituiscono l’identità della personalità.
L’Io empirico si compone di 3 aspetti, connessi con 3 diversi ambiti di esperienza:
1. L’Io materiale, che deriva dalla conoscenza del proprio corpo e ambiente.
2. L’Io sociale, che deriva da una parte dalle immagini e percezioni,che ciascuno presume
gli altri abbiano di sé, e dall’altra da norme e valori sociali.
3. L’Io spirituale, che è dato dall’autoconsapevolezza che ciascuno ha di sé e della
propria esistenza.
Il mondo esterno sociale contribuisce a definire la soggettività.
L’IO è inteso come attore principale nei processi di conoscenza, elaborazione e integrazione (Io
conoscente) ma anche come oggetto di conoscenza che va a definirsi attraverso le proprie
esperienze (Io conosciuto).
Nonostante evidenzi la complessità dell’Io, al centro del pensiero di James rimane la coscienza
tradizione filosofica ottocentesca: razionalità al centro.
Io come insieme dei processi cognitivi, capaci di garantire il nostro adattamento attraverso
apprendimento, rappresentazione e coscienza di sé.
L’Io gnoseologico è coscienza, consapevolezze e il suo esame è limitato alla sfera della
consapevolezza ≠ i comportamentisti studiano le singole funzioni dell’Io, es.
l’apprendimento.
Solo quei comportamenti coerenti (e quindi prevedibili) rientrano nella sfera d’azione dell’Io, a
cui non si possono ricondurre le azioni motivate da fattori emotivi e che vanno contro le regole
sociali riconosciute.
L’Io malato è da guarire poiché ha perso le caratteristiche di razionalità, coerenza e regolarità.
Tradizione psichiatrico-clinica ottocentesca: malattia mentale: prevalenza degli aspetti
istintuali.
L’Io psichiatrico è il moderatore di una dimensione non razionale, un “controllore morale”.
Polarità Io gnoseologico – Io psichiatrico la personalità è multipla, vede coesistere diversi
Sé all’interno della stessa persona nell’800 questo accadeva però in una situazione
patologica (non razionalità).
Freud studia la mente e il suo funzionamento (normale e non) individuando un percorso
terapeutico per il trattamento dei disturbi. Supera la contrapposizione normalità – patologia:
sono gli estremi di un continuum nel quale solo in modo arbitrario possiamo individuare un
confine che delimita l’area della normalità rispetto a quello della patologia. Inoltre la
dimensione consapevole viene ridimensionata dalla dimensione inconscia. I processi psichici
richiedono nuovi metodi di ricerca.
Sé forma di organizzazione dell’esperienza del tutto soggettiva. Emerge anche un Sé
oggettivo. Polarità Sé soggettivo – Sé oggettivo Il Sé si muove dall’interno verso
l’esterno e viceversa, dalla cultura alla mente e dalla mente alla cultura. È il risultato di un
processo di costruzione, un prodotto della situazione e del contesto (cultura, relazioni personali
e sociali) Bruner.
Il termine Sé nella letteratura psicoanalitica va gradatamente specificandosi rispetto al termine
Io usato da Freud.
Il Sé è già dato all’inizio della vita psichica o emergerà nell’ambito delle relazioni
interpersonali?
Realismo del Sé Sé esistenziale
Le contrapposizioni che emergono nelle principali teorie sui processi costituivi del Sé sono:
a. mondo interno – realtà esterna
b. simbiosi – separazione dall’altro
c. dipendenza – indipendenza dall’altro.
Cap. 1. Io e Sé.
“vero sé” (Sé autentico)
Winnicot distingue tra
“falso sé” (o Sé compiacente).
Il primo è l’esito di uno sviluppo normale, in un ambiente in cui si esprime la propria autenticità
e creatività; l’altro di uno sviluppo patologico, laddove l’ambiente viene meno alla sua funzione
di sostegno e determina la costruzione di una maschera. Per Winnicot il Sé è la persona che è
in me. Ha parti che si vanno agglutinando da una direzione interno - esterno nel corso del
processo maturativi. Col termine Sé si riferisce ad un’esperienza soggettiva, non ad un’entità
oggettivamente esistente, ad una struttura psichica definita.
Ambiguità del termine Sé è utilizzato in ambito clinico e in ambito evolutivo.
Sé clinico: è il risultato della propria esperienza personale da parte del paziente così come è
stata vissuta e rappresentata.
Sé evolutivo: emerge dall’osservazione diretta dello sviluppo del bambino guidata dal modello
psicoanalitico, che risale al processo di nascita e costruzione del Sé.
Sé esistenziale: rinvia ad un livello clinico, mentre il Sé oggettivamente dato: rinvia
all’osservazione dei processi evolutivi del Sé. La distinzione tra questi due tipi di Sé è a livello
di analisi.
Sé clinico – Sé evolutivo: distinzione a livello metodologico.
• La psicologia dell’Io.
Hartman introduce il concetto di Sé in psicoanalisi. Critica la definizione Freudiana di
narcisismo come investimento libidico dell’Io. Freud mescolerebbe Io e Sé, che invece sono due
cose distinte. Dovrebbe parlare di investimento del Sé (della propria persona) che è l’opposto
dell’investimento dell’oggetto.
Io: substruttura psichica della personalità ≠ Sé: totalità della persona psicofisica.
Hartman definisce la rappresentazione del Sé come rappresentazioni inconsce, preconosce e
coscienti del Sé corporeo e mentale contenute nel sistema dell’Io. L’Io è responsabile,
autonomo, realista di un complesso di funzioni organizzate, è un organo del Sé.
Come per Hartman, per la Jacobson il Sé è l’intera persona di un individuo, il suo corpo e la sua
organizzazione psichica.
Identità: consapevolezza di Sé, costruisce la capacità di preservare l’intera organizzazione
psichica come un’entità individualizzata ma coerente.
Formula una teoria dell’evoluzione psichica, caratterizzata da uno sviluppo evolutivo del sé
e da un parallelo sviluppo evolutivo dei rapporti oggettuali.
• Fase di indifferenziazione sia a livello di strutture mentali (Es, Io, Super-Io) che a livello
energetico (libido e aggressività). Presenza di un Sé psicofisiologico indifferenziato. Primo
stadio dello sviluppo (precede sviluppo del Sé e delle immagini oggettuali): narcisismo
primario il bambino è inconsapevole di tutto, tranne che delle proprie esperienze di
tensione.
• Fase di differenziazione. I processi di scarica pulsionale si espandono verso l’esterno in
risposta a stimolazioni esterne. A livello energetico le risposte ambientali alla richieste
pulsionali del bambino avviano il processo di differenziazione tra libido e aggressività
determinante è la qualità delle relazioni.
• Fase della separazione-individuazione. Le tracce di esperienze piacevoli o spiacevoli
fanno emergere:
- l’immagine di un Sé corporeo e psichico
- l’immagine degli oggetti, buoni o cattivi.
In queste tracce hanno origine le prime immagini del Sé, inizialmente confuse con le
immagini degli oggetti.
L’immagine realistica del Sé è definita come quell’immagine che rispecchia lo stato, le
caratteristiche, le potenzialità e i limiti del nostro Sé corporeo e mentale.
Sé: entità differenziata ma organizzata, distinta dal proprio ambiente, che ha continuità e
direzione.
• Fase della costanza dell’oggetto. Questo stadio termina con la risoluzione del processo
edipico (5 Fase della latenza). Avviene una progressiva differenziazione a livello
strutturale tra Io, Super-Io e Ideale dell’Io e una progressiva integrazione delle
rappresentazioni del Sé e degli oggetti.
• La definizione d’oggetto.
Teoria psicoanalitica oggetto = elemento essenziale della pulsione, la quale si dirige verso
qualche oggetto. Freud lo intende soprattutto come oggetto sessuale, identificabile in una
persona esterna. Tale scelta oggettuale supera l’autoerotismo (in cui non si configura la
presenza di un oggetto esterno) o fase di narcisismo. La pulsione è un concetto limite tra lo
psichico e il somatico, connessione tra sfera psichica e corporea. La meta di una pulsione è il
soddisfacimento e può raggiungere la sua meta mediante o in relazione all’oggetto della
pulsione. Tra oggetto e pulsione non c’è connessione prestabilita, ma essa si crea nel momento
in cui l’oggetto rende possibile la soddisfazione della pulsione. Quindi:
Vi è una fase originaria della vita psichica caratterizzata dall’assenza di un oggetto esterno
qui la pulsione trae soddisfazione attraverso il corpo stesso (fare autoerotica). Solo più tardi
sarà soddisfatta attraverso un oggetto esterno. Per Freud l’oggetto è il veicolo attraverso il
quale la gratificazione viene ottenuta o negata, è sempre subordinato alle mete della
gratificazione pulsionale.
Klein invece pensa che le pulsioni sono intrinsecamente dirette verso gli oggetti, le relazioni
soggettuali sono al centro della vita emotiva. Pone la relazione oggettuale come premessa
iniziale dei processi mentali. Fin dall’inizio le pulsioni sono orientate verso l’oggetto. Fin dalla
nascita vi è la polarità tra pulsioni (vita – morte) che corrisponde ad una polarità degli oggetti:
buoni soddisfano; cattivi negano la soddisfazione.
L’io stabilisce un rapporto con due oggetti (buono e cattivo), risultanti dalla scissione
dell’oggetto primario. Questi sono destinati ad essere confrontati con gli avvenimenti esterni.
La fantasia dell’oggetto buono si fonde con le esperienze gratificanti (amore e nutrimento,
fornite dalla madre); la fantasia dell’oggetto cattivo si fonde con le esperienze di deprivazione
e dispiacere.
La relazione oggettuale si configura come relazione con l’oggetto parziale. L’oggetto buono e
quello cattivo sono i primi oggetti parziali, coinvolti nelle prime fantasie inconsce, che
rappresentano libido e aggressività.
• La posizione Schizo-paranoide.
È il periodo iniziale della vita del bambino, in quanto l’angoscia dominante è paranoide e lo
stato dell’Io caratterizzato dalla scissione. La posizione depressiva seguirà alla fine del 1° anno.
Entrambe le posizioni potranno ricostituirsi in periodi successivi della vita.
In questa fase domina la proiezione della pulsione di morte, che fa sorgere la paura degli
oggetti cattivi. La pulsione di vita viene in parte deviata all’esterno, allo scopo di creare un
oggetto ideale in grado di proteggere dai persecutori. Esso è introiettato a sua volta e
avviene una parziale identificazione con esso.
Si va costruendo uno spazio esterno costituito dalla madre-seno, su cui sono proiettati sia la
parte buona che quella cattiva del Sé infantile, ed uno spazio interno, in cui il bambino
introietta le esperienze buone e cattive. Il bambino elabora un meccanismo mentale difensivo,
la scissione, per tenere separate le parti cattive da quelle buone.
Identificazione proiettiva meccanismo di difesa: le parti del Sé e degli oggetti interni sono
scisse e proiettato sull’oggetto esterno, rendendo possibile un’identificazione con questo che
ne garantisce il controllo.
Questi meccanismi di difesa sono il mezzo con cui l’Io primordiale si difende dalle angosce
persecutorie e anche i gradini per lo sviluppo successivo:
- La scissione gli permette di mettere ordine alle sue esperienze (facoltà discriminativa) ed è
l’angoscia persecutoria la condizione preliminare della capacità di riconoscere e valutare le
situazioni nel mondo esterno.
- L’identificazione è la base della credenza della bontà degli oggetti e di sé stessi.
- Sull’identificazione proiettiva si basa la capacità di mettersi nei panni degli altri.
Invidia ha un intento distruttivo: desiderio di distruggere ciò che è irraggiungibile. Se
eccessiva può interferire con la conservazione dell’oggetto ideale. L’esperienza di
gratificazione, oltre a confermare la pulsione di vita, provoca ammirazione per l’oggetto ideale,
ma anche invidia, ma se l’esperienza gratificante prevale, questa renderà possibile la graduale
introiezione dell’oggetto ideale e l’invidia tenderà a diminuire, permettendo il normale sviluppo.
• La posizione depressiva.
Avviene quando l’angoscia depressiva diventa stabile. Il bambino riconosce un oggetto intero e
si mette in rapporto con esso: la madre è riconosciuta come una persona reale (buona e
cattiva, amata e odiata). Qui la principale angoscia del bambino è che i propri impulsi distruttivi
distruggono l’oggetto che ama.
Mentre prima l’aggressività e la distruzione venivano percepiti come minaccia persecutoria
proveniente dal di fuori di Sé, ora il bambino scopre che provengono dall’interno del Sé, la cui
parte cattiva mette in pericolo l’oggetto buono. L’origine della malvagità non è più l’oggetto
esterno, ma il Sé. Il bambino crea le difese maniacali contro il pericolo di distruggere
l’oggetto d’amore.
Il meccanismo tipico dell’Io di fronte all’angoscia di perdita è l’identificazione introiettiva,
ossia la capacità di conservare un oggetto buono stabile all’interno del Sé, con cui l’Io si
identifica, e di proteggerlo dalla propria distruttività.
A causa dell’angoscia depressiva avviene un cambiamento fondamentale nel rapporto del
bambino con la realtà e la posizione distruttiva rappresenta il passaggio dal principio del
piacere alla responsabilità della colpa. D’ora in poi ciò che lo spingerà ad agire non sarà solo
più la ricerca della soddisfazione istintuale, ma l’impulso a ricreare l’oggetto d’amore (capacità
riparativa). Origine della formazione del simbolo, da cui dipenderà il progressivo sviluppo della
capacità di pensare e conoscere. Il simbolo è differenziato dall’oggetto e viene sentito come
creato dal Sé. Se invece viene equiparato all’oggetto che rappresenta verrà sperimentato come
oggetto: produzione di equazioni simboliche con l’emergere della posizione depressiva, l’Io è
portato a proiettare e a riportare i desideri e gli affetti in oggetti e interessi nuovi: ciò rafforza il
processo che sviluppa le sublimazioni e le nuove relazioni oggettuali.
Il conseguimento finale nella posizione depressiva è lo stabilirsi degli oggetti buoni interni, ma
esso non è mai completamente elaborato (i buoni oggetti esterni nella vita adulta simbolizzano
sempre in parte gli oggetti buoni primari, di modo che le esperienze di perdita riattivano
esperienze depressive).
• Interpretazione dell’adolescenza.
Gli scritti di Winnicot in proposito risalgono agli anni ’60 e risentono quindi del clima di
contestazione di quel periodo. Attenzione di Winnicot per l’ambiente, definito in termini psico-
affettivi e anche sociali. Il “travaglio” dell’adolescenza è superabile attraverso il tempo che
passa, che porterà all’emergere della persona adulta. Winnicot la vede come una “malattia
normale”, propria dello sviluppo e che proprio con lo sviluppo guarirà. Le esperienze passate
infantili giocano un ruolo determinante nel favorire o ostacolare l’emergere della persona
adulta. Importante è la funzione svolta dall’ambiente. Winnicot rileva una connessione molto
profonda tra infanzia e pubertà: la capacità di affrontare nell’adolescenza le angosce legate al
cambiamento si basa sul modello organizzato a tale scopo durante l’infanzia. Bambino e
adolescente sono ambedue isolati. Il 2° deve ricostruire il Sé corporeo, trovare l’equilibrio tra le
nuove richieste avanzate dall’Es. La pubertà è uno stato di sospensione nel quale possono
convivere sfida, aggressività e provocazione accanto a manifestazioni di dipendenza quasi
puerile. Nella società odierna la guerra non funge più da contenitore di quelle violenze di cui gli
adolescenti sono capaci, e ora possono riversarsi sulla comunità.
Per Winnicot le esigenze degli adolescenti sono evitare false soluzioni, sopportare di essere
indifferenti a tutto e sfidare. L’ambiente intorno non deve essere passivo nei loro confronti, ma
avere un ruolo attivo, di contenimento.
• Il comportamento d’attaccamento.
Bowlby individua due categorie di comportamento che permettono l’instaurarsi del legame
d’attaccamento, cioè avvicinamento madre – bambino:
1. i comportamenti di segnalazione: producono l’avvicinamento della madre al bambino,
richiamano l’attenzione su di lui.
- Pianto: può assumere diverse forme (fame, dolore, ecc.), diversi toni e velocità e avere
effetti diversi.
- Sorriso e Lallazioni: non influenzano il comportamento della madre prima delle 4 settimane.
Si manifestano quando il bambino è sveglio, contento e non ha fame.
- Sollevare le braccia: desiderio di essere preso in braccio, che in genere viene esaudito.
2. i comportamenti di accostamento: producono l’avvicinamento del bambino alla madre.
Ricerca attiva del contatto fisico e ricorre a tutte le abilità locomotorie di cui dispone. Verso
l’anno, organizza i suoi movimenti in base alla posizione della madre. Questi comportamenti
sono:
- aggrapparsi alla madre: si presenta fin dalla nascita (per mantenere il contatto fisico).
- Suzione non alimentare: ha come risultato prevedibile la vicinanza alla madre.
Gradatamente l’avvicinamento non è più prodotto da schemi fissi d’azione, ma sarà il risultato
delle capacità di formulare piani d’azione in vista di scopi comuni tra mamma e bambino e
richiede una collaborazione reciproca. Questi comportamenti passano da semplici movimenti
riflessi a risposte selettive (1° anno) ed infine comportamenti corretti secondo uno
scopo (2° anno).
• I comportamenti esplorativi.
L’interazione madre – bambino è caratterizzata anche da questi, che sono l’antitesi del
comportamento d’attaccamento. Trasformano il nuovo innato (desiderio di trarre informazioni
dall’ambiente). Il comportamento speculare a questo (materno) è quello protettivo, proteggere
il bambino dal pericolo. Dopo il 3° anno, la sicurezza acquisita di muoversi anche in un
ambiente estraneo facilita questi comportamenti, fondamentale anche per l’assunzione
dell’identità a livello somatico (immagine corporea): coordinazione tra le varie unità del corpo.
Lo sviluppo sociale dell’individuo e la formazione della sua identità dipendono dall’oscillazione
tra il sistema d’attaccamento e il sistema d’esplorazione. Durante l’infanzia, a causa
dell’insicurezza del bambino, prevale la polarità assimilativa mentre nell’adolescenza quella
d’allontanamento.
• Pattern di attaccamento.
Affinché si strutturi normalmente il legame di attaccamento è necessario che il bambino
disponga di un rapporto stabile e continuativo con la figura materna. Il costituirsi di questo
legame presuppone una predisposizione innata da parte del bambino e la presenza di una
figura adulta che possa rappresentare una base sicura di riferimento. Ma non sempre si verifica
un attaccamento sicuro: precoci separazioni o separazione prolungata portano ad un
attaccamento insicuro.
- Attaccamento sicuro: il bambino esplora l’ambiente, si avvicina alla madre come base
sicura, lo turba il suo allontanamento.
- Attaccamento insicuro – evitante: il bambino evita il contatto con la madre, non lo turba
il suo allontanamento.
- Attaccamento insicuro – resistente: il bambino piange durante la separazione, cerca e
rifiuta il contatto della madre.
- Attaccamento disorganizzato: il bambino manifesta comportamenti ed espressioni
incoerenti.
Dunque il legame di attaccamento non si realizza in modo automatico, è la qualità
dell’interazione a determinarne le caratteristiche, investe sia il bambino che la madre. Tra
comportamento materno e attaccamento del bambino c’è una forte correlazione e i pattern di
attaccamento si rivelano poi stabili nel tempo, determinando le successive relazioni con altre
figure di attaccamento. Inoltre dal pattern di attaccamento dipendono anche la capacità di
affrontare le sfide della vita e le ansie e paure relative.
• Il senso di un sé nucleare.
Avviene tra 2 – 6 mesi. Si assiste al consolidarsi delle integrazioni composte nel periodo
precedente e l’esperienza del bambino si costituisce in modo più unitario. 4 elementi cardine
formazione di questo senso:
1. l’esperienza di un sé agente: il bambino percepisce sé stesso come l’autore delle
proprie azioni.
2. l’esperienza di un sé coeso: il bambino percepisce di essere, cioè un’entità fisica
intera, dotata di confini e sede di azioni integrate.
3. l’esperienza di un sé storico: il bambino percepisce di essere provvisto di senso della
durata, della memoria e della continuità.
4. l’esperienza di un sé affettivo: il bambino percepisce di essere capace di sperimentare
stati intimi e provare emozioni e affetti.
Questa teoria di formazione del Sé secondo Stern, lo porta ad affermare che non esiste uno
stato di indifferenziazione o di confusione tra il Sé e l’altro, nemmeno nei primi mesi di vita.
Non esiste la fase di simbiosi normale (fusione psicosomatica tra madre e bambino), che è
possibile solo in presenza del Sé e dell’altro.
Dall’integrazione tra i 4 tipi di esperienze di Sé emerge il Sé nucleare e si realizzano in una
situazione interattiva e vengono “estratte” dal bambino in base alle occasioni fornite dagli
eventi della vita quotidiana. Esperienze ripetute (es. cambio del pannolino) permettono al
bambino di individuare delle costanti interattive nel comportamento dell’altro e implicano
delle rappresentazioni di interazioni generalizzate, cioè rapporti di interazioni la cui
esperienza si ripete.
In questa fase l’altro è “l’Altro regolatore del Sé” = il bambino sperimenta i cambiamenti nel
senso di Sé durante la sperimentazione con questo Altro.
• Il senso di un sé soggettivo.
Emerge tra i 7 – 15 mesi. Il bambino riconosce di avere una sorta di contenuto mentale così
come le altre persone. Gli altri hanno una mente il bambino è in grado di condividere
l’esperienza soggettiva ed entra nel campo della relazione intersoggettiva.
Quest’intersoggettività si realizza in tre diverse aree d’esperienza:
a. Compartecipazione dell’attenzione: il bambino sente che può concentrare la propria
attenzione su un oggetto, segnalarlo alla madre (es. indicandolo) e che questa può avere in
mente lo stesso oggetto.
b. Compartecipazione delle intenzioni: emerge da quelle forme di comunicazione a livello
preverbale nelle quali il bambino usa un gesto per richiedere qualcosa all’altro. Anche in
questo caso il controllo visivo gli permette di verificare se la madre ha compreso la sua
richiesta.
c. Compartecipazione degli stati affettivi: permea la relazione intersoggettiva in ogni sua
manifestazione. Il controllo visivo gli permette di verificare lo stato emotivo della madre.
• Il senso di un sé verbale.
Con l’acquisizione del linguaggio il bambino comincia ad essere consapevole di sé in modo
autoriflessivo. Inizia ad usare pronomi per riferirsi a sé stesso, riconosce la sua immagine allo
specchio. Crea col linguaggio significati condivisi e comunica la propria visione delle cose. Usa
simboli verbali per designare la realtà trascendendo dall’esperienza immediata. Al sé
esperienziale (soggettivo) si sovrappone un sé concettuale (oggettivo). Il linguaggio
determina un nuovo tipo di esperienza interpersonale, quella verbalmente rappresentata. Le
esperienze di relazione nucleare e intersoggettiva possono essere tradotte attraverso la
verbalizzazione. Si crea uno scarto tra esperienza immediata ed esperienza
rappresentata. Il linguaggio permette al bambino di presentare una nuova immagine di Sé, la
narrazione comporta l’attribuzione di significato agli eventi, un’interpretazione che non è una
semplice descrizione di sé. È il senso del Sé narrativo, che comincia ad emergere verso i 3 – 4
anni. Il senso del verbale introduce una scissione con le precedenti esperienze ma non va
considerato un punto di arrivo dello sviluppo: tutti i sensi del Sé costituiscono la materia su cui
opera il senso del Sé narrativo e non cessano mai di essere operanti, rimangono per tutta la
vita parte di noi come campi separati ma interdipendenti dall’esperienza.
Cap. 8. Il Sé narrativo.
• Narrazione e psicoanalisi.
Questione dell’identità: ineludibilità del rapporto con l’alterità e dispiegarsi di identità
attraverso il racconto di vita. Se ne occupa Ricoeur (filosofo francese).
Il testo è il luogo dell’identità narrativa, la cui dinamica interna è mutevole, la sola che può
rendere conto di un sé multiplo e discontinuo e allo stesso tempo unito e coeso.
• Soggettività e alterità.
Buber filosofo. Due tipi di relazioni fondamentali che il soggetto può instaurare con l’altro:
- Io Esso: l’Io, inteso come individualità, fa esperienza di possesso e di proiezione di Sé
sull’altro, considerato come oggetto.
- Io Tu: l’Io, inteso come persona, è in relazione con l’altro, considerato come un
soggetto, in un incontro autentico.
Ciò che il riduzionismo biologico perde, considerando il malato psichico come caso clinico,
viene recuperato in una prospettiva ermeneutica che innalza l’individuo alla dignità della
persona, ponendolo al centro di una rete di rapporti intersoggettivi, dove vengono valorizzati i
suoi vissuti e dove tra medico e malato si stabilisce un circolo ermeneutico, un contesto in cui
all’incomprensibilità dei sintomi si sostituisce l’interpretazione dei segni.
Il racconto è il luogo dove si esprime il proprio bisogno di raccontarsi e la narrazione non può
che darsi all’interno di una relazione, intesa sia come relazione interpersonale con l’altro da Sé,
sia come relazione intrapersonale che richiama e mette in scena la molteplicità del Sé.