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ELEMENTI DI ANTROPOLOGIA CULTURALE

Parte prima: GENESI E NATURA DELL’ANTROPOLOGIA CULTURALE


1. Origine e significato dell’antropologia
Antropologia significa…
<Studio del genere umano> oltre la filosofia, la psicologia, la sociologia, la storia, la demografia, la genetica… studia il
genere umano dal punto di vista culturale ovvero delle idee e comportamenti espressi da esseri umani in luoghi o tempi
distanti fra loro

Le condizioni della comparsa dell’antropologia


 Erodoto nel VI a.C. fece le prime osservazioni sulle diversità greci/barbare e sulle differenze di costumi tra i popoli
incontrati nei suoi viaggi in asia ed in Egitto. Nel XIV secolo, l’erudito nordafricano Ibn Khaldun tracciò un affascinante
visione della storia umana ampiamente svincolata dalla teologia.
 L’umanesimo europeo del 1400 mise al centro lo sviluppo di una riflessione sul genere umano; Indicando l’uomo come
essere in grado di scegliere il proprio destino, nonche di esplorare la natura ed il mondo che lo circonda.
 La scoperta dell’America, l’intensificazione dei contatti con genti dai <costumi> differenti, portò ad interrogarsi circa la
natura di queste popolazioni definite ora barbare e selvagge, ora tratteggiate come straordinariamente belle e vigorose
 Con l’espansione coloniale e il commercio aumentarono anche le descrizioni di diversi costumi ed istituzioni sociali, ma
prima dell’illuminismo rimasero senza un progetto scientifico alla base. Alla fine del 700 scienziati e filosofi illuministi
elaborarono la teoria <unitaria> del genere umano concepito come unica specie (le unioni tra individui di sesso opposto
generavano sempre, indipendentemente dalle differenze fisiche, una prole fertile e con le stesse facoltà mentali)
 Nell’800 l’interesse per i popoli esotici crebbe rapidamente, e quando i nativi furono confinati nelle riserve, gli
antropologi trovarono in esse i luoghi privilegiati del loro lavoro. Nacque l’antropologia come disciplina universitaria.

Cosa fanno gli antropologi

 Lo studio delle istituzioni sociali e politiche, dei culti, delle credenze religiose, delle tecniche di fabbricazione dei
manufatti, dell’arte dei popoli lontani, diversi considerati <primitivi e selvaggi> fino a pochi decenni fa era il centro,
perché essi erano ritenuti rappresentanti delle fasi arcaiche del genere umano.

 Con il tempo, a queste popoli se ne sono aggiunti di altri popoli più vicini come comportamenti, istituzioni e distanze.
Oggi un antropologo studia tanto i popoli tribali, la cultura dei minatori delle Ande, quanto i gruppi di teenager dei paesi
economicamente sviluppati. I consumatori, le sette, le imprese, gli ospedali, i conflitti etnici, la tossicodipendenza, la
prostituzione, lo sfruttamento minorile, il nazionalismo, il commercio di organi, l’omogenitorialità e i culti del mondo
postindustriale.

 Inizialmente gli antropologi studiavano a distanza, finche non si affermò la pratica di stabilirsi nelle colonie ed
interagire con gli indigeni. Si afferma la pratica della ricerca sul campo, dove ogni conoscenza relativa ad una popolazio
deve derivare dall’osservazione diretta di un ricercatore professionale, che coniughi la conoscenza teorica della
disciplina con la sua esperienza di osservazione, riflessione, ricerca.

I “primitivi” del mondo moderno


 Le società indicate come primitive (che primitive in realtà non sono mai state) non esistono più, oppure molti dei loro
membri hanno cambiato stile di vita, non sempre in meglio. Gli aborigeni australiani hanno abbandonato i luoghi della
loro cultura per vivere in riserve o nei quartieri poveri della città. Gli indios amazzonici o del mato grosso vivono spesso
in baracche ai margini di qualche strada asfaltata aperta nella foresta dai cercatori di gomma. Solo pochi popoli come i
pigmei dell’africa equatoriale o i cacciatori della malesia riescono a conservare aspetti relativamente integri della loro
cultura.
 Spesso la tecnologia ha trovato una forma di utilità e integrazione presso certi popoli, come i pigmei della foresta
congolese che attraverso il GPS hanno segnalato l’ubicazione dei loro luoghi sacri in modo da preservarli dalla
deforestazione. I Beduini dell’arabia si dotarono di radio portatili per avere informazioni sul meteo e meglio organizzare
i movimenti dei pascoli. Oggi alcuni gruppi di nativi collaborano con antropologi per la preservazione museale della loro
cultura.
Un nuovo contesto per il mestiere dell’antropologo
 Nonostante la continua riaffermazione dei diritti universali, le nuove forme di schiavitù (sfruttamento degli immigrati,
prostituzione minorile) si accompagnano ad altri fenomeni come le violenze sulle popolazioni civili nei paesi in guerra, il
commercio di organi, l’impiego di bambini negli eserciti mercenari e nelle milizie private.
 In molti paesi non è ancora possibile sconfiggere malattie come il vaiolo o il colera, che in europa sono state debellate
più di un secolo fa. Le religioni da messaggio di pace diventano armi di confronto e scontro ideologico e politico.
 Oggi i luoghi di ricerca dell’antropologia sono inseriti in contesti caratterizzati da povertà, malattie endemiche, guerre e
conflitti di vario genere. L’immagine romantica di civiltà non contaminate dalle macchine è tramontata.

Quante sono le antropologie?


 L’antropologia non è prodotto esclusivo della tradizione occidentale; non esiste popolo che non si sia mai chiesto come
fosse fatto chi abita aldilà del fiume. Spesso è tra i popoli sprovvisti di istituzioni preposte allo studio del genere umano
che possiamo trovare affascinanti visioni della natura, del cosmo e dell’uomo.
 I popoli primitivi, con i loro miti si sono rivelati dei veri e propri filosofi, e la nostra non è che una delle tante
antropologie elaborate in tempi e luoghi diversi.
 L’antropologia ha il carattere di un sapere che riflette criticamente su se stesso, nonché sui risvolti etico-politici che
accompagnano la sua stessa pratica. La visione antropologica è difatti comparativa e globale perché ha il progetto di
comprendere il senso dell’esperienza e della vita di un singolo popolo nel confronto con l’esperienza e la vita di molti
altri.
 Essa indaga le differenze tra i modi di vita dei diversi popoli, come si sono adattati ai diversi ambienti, i loro culti, le
istituzioni famigliari e politiche, la loro sensibilità estetica e creatività tecnica, per poi trovare cosa li avvicini gli uni agli
altri.

Parte quarta: SISTEMI DI PENSIERO


1) Sistemi <CHIUSI> e sistemi <APERTI>
La ricerca della coerenza e lo studio della cosmologia
 Nel 1935 Marcel Griaule alla guida di un gruppo di etnologi francesi, intraprese lo studio dei Dogon una popolazione di
agricoltori dell’africa coloniale francese. Griaule ricostruì la complessa e affascinante visione dell’ordine del mondo dalla
sua creazione, di questa popolazione, e la chiamò “Cosmologia Dogon” . Essa era dotata di inaudita sistematicità e
coerenza, anche se poi sono stati avanzati dubbi che queste fossero il risultato di una forzatura da parte dello stesso
Griaule durante il lavoro di composizione di elementi frammentati e contradditori.
 Dal 1948 gli antropologi iniziano a parlare di sistemi di pensiero, studiando l’attività speculativa di popoli sino ad allora
ritenuti poco votati alla riflessione pura.
 Nessuna visione del mondo per quanto articolata e complessa è mai coerente, eppure il pensiero umano tende sempre
alla ricerca di una coerenza.
 Gli ambiti di riflessione condivisi da tutti i sistemi di pensiero sono: le rappresentazioni di spazio e tempo, le credenze
religiose, le pratiche magiche, teorie sulla natura, le concezioni di malattie e salute e l’idea di causalità.

Differenze e somiglianze
 Robin Horton riteneva che i sistemi di pensiero “tradizionali africani” e “il pensiero scientifico” sviluppato in europa
sono modi di pensare con una medesima funzione esplicativa. Entrambi sono alla ricerca di una spiegazione del mondo,
che oltrepassi il senso comune, l’apparenza fenomenica delle cose e spieghi la diversità complessa dei fenomeni, dando
un principio d’ordine regolatore del disordine apparente del mondo.
 I sistemi di pensiero africani, secondo Horton, spiegano la realtà che noi concepiamo in termini di forze fisiche, come
l’opposizione e la tensione che si stabilisce tra un numero ristretto di entità: uomini, spiriti, antenati, dei ed eroi mitici
divinizzati. Questo al fine di semplificare la spiegazione dell’ordine del mondo. L’affermazione “il Dio X è responsabile
del vaiolo” come altre affermazioni tipiche di alcuni sistemi di pensiero, articolano problemi simili a quelli trattati dal
pensiero metodico occidentale moderno. Le stesse teorie della scienza moderna possono sembrare empiricamente
assurde, come l’elettromagnetismo o la relatività.
L’uso di analogie esplicative: malattia e relazioni sociali
 Quando gli indovini attribuiscono certe malattie o morti improvvise ad una divinità adirata, cercano anche di capire
quali forze o comportamenti abbiano suscitato questa “reazione”. Anche la medicina moderna ha cominciato a parlare
di “stress” o di relazione “mente-corpo”. Lo stato d’animo, la bassa autostima, il malfunzionamento dei rapporti
interpersonali hanno un ruolo nella nostra salute fisica, anche se non tutte le malattie organiche hanno ovviamente
sempre origine da un disagio psico-fisico.
 Il pensiero elabora sempre delle analogie esplicitative . Gli europei paragonano l’atomo ad un minuscolo sistema solare,
il cervello ad un computer e la società ad un immenso organismo vivente, sempre rivolgendo il paragone alle <cose>.
 Nell’Africa sub sahariana i paragoni, le spiegazioni dei fenomeni possono essere “a persona” legittimate o fatte
coincidere con l’azione di un Dio o di un antenato particolari. Una volta adottato dalla società, tale sistema tende a
rafforzarsi escludendo tutti gli altri. Questo spiega in molti casi perché la causa di una malattia o sventura del singolo
venga ricondotta ad un comportamento suscettibile di minacciare l’ordine stesso.
 L’AIDS in Camerun è considerata una malattia la cui diffusione è causata dai rapporti sessuali. I vecchi notabili del regno
‘nso accusano i giovani di volersi sottrarre all’autorità tradizionale del sistema che consente di avere rapporti con donne
solo previa autorizzazione dei capi. D’altro canto i giovani considerano l’AIDS come forze maligne che i capi, divenuti
stregoni, indirizzano verso i giovani per trattenerli e impedirgli di vivere una vita indipendente lontano dal contesto
rurale.
 Di fatto i giovani, fuggiti dai piccoli regni, in città hanno frequenti contatti con prostitute, spesso ragazze che come i loro
coetani cercano lontano dai villaggi nuove opportunità di vita. L’AIDS ha origine nel malfunzionamento dell’ordine
sociale e ne è l’elemento esplicativo principale.

Chiusura e apertura dei sistemi di pensiero


 Levi-Bruhl nel 1970 sostenne che la mentalità primitiva faceva difetto del principio d’identità (A=A), del prinicipio di non
contraddizione (se A=A allora A diverso da B) e il principio di causalità, ovvero le basi della logica razionale Aristotelica.
Non sembravano in grado di distinguere tra sé, il proprio totem e tra quest’ultimo e gli altri animali della stessa specie.
 Horton superato e smentito Levi-Bruhl distinse tra sistemi di pensiero “chiusi” e sistemi “aperti”. L’indovino e il
sacerdote non sono consapevoli del fatto che esistono delle alternative esplicative, non che egli non sia in grado di
cambiare l’interpretazione di un fenomeno ma il suo modo di ragionare deve sempre trovare una conferma di se stesso.
Lo scienziato invece è pronto ad abbandonare ipotesi e teorie con maggiore facilità, perché per lui è il confronto È con
le cose.
 Nelle culture ad oralità diffusa le parole acquistano un potere causativo importante. Il dire equivale ad un fare fisso e
stabile, che non ammette altre interpretazioni e chiude il pensiero. Non che alcuni paradigmi scientifici non siano stati
abbandonati soltanto dopo secolo e molte resistenze (sistema tolemaico aristotelico per galileo). La distinzione quindi
non è assoluta ma relativa, tanto che l’apertura è tipica della scienza e non del modo in cui anche in occidente la
maggior parte delle persone ragiona e si comporta abitualmente.
 La piena consapevolezza delle alternative emerge con l’affermazione della scrittura, grazie alla quale è più facile
conoscere e confrontare alternative, elaborandone eventualmente delle nuove e sviluppando un pensiero critico. Ciò è
bloccato dove la riproduzione e trasmissione del sapere dipendono dall’oralità.

2) Pensiero METAFORICO e pensiero MAGICO


Le credenze <<apparentemente irrazionali>> ed il pensiero metaforico
 Ogni cultura ha una propria cosmogonia e sistemi di pensiero differenti dai nostri, ma in passato è stato fatto l’errore di
dedurle dal solo modo di parlare, interpretando alla lettera frasi come “gli alberi sono il luogo dove abitano gli spiriti”,
“ho incontrato le anime dei defunti in sogno”, ma sembreremmo ignoranti ed incoerenti anche noi se prendessimo alla
lettera le affermazioni “si è fatto il fegato amaro” o “il sole tramonta”.
 Noi usiamo metafore, e benchè sappiamo la terra gira intorno al sole, diciamo che esso “tramonta”, cosi Roger Keesing
nel 1985 confermò che non siamo gli unici a farlo.
 Nel 1984 venne pubblicato uno studio sui Bororo del Mato Grosso, i quali affermavano “noi uomini bororo siamo arara
rossi” ovvero dei pappagalli amazzonici. Levi-Bruhl lo considerò un esempio della mentalità prelogica dei primitivi;
incapaci di distinguere tra immagine e modello, tra uomo, animale ed il proprio antenato mitico.
 Essi nel rituale in cui richiamano lo spirito a discendere su di loro, si ricoprono di piume di pappagallo, considerato
animale inondato di spirito perché iridescente. Nella vita quotidiana però i bororo sono ben lontani dal comportarsi
come pappagalli.
 Dire “noi Bororo siamo arara rossi” è un espressione metaforica equiparabile ad un amico che ci da della “vecchia
volpe”, non perché simile ad una volpe ma perché possiede certe caratteristiche che la nostra cultura assimila alla
volpe; così la società Bororo produce un assimilazione tra gli individui maschi e i pappagalli. Per loro l’iridescenza delle
piume di pappagallo è manifestazione dello spirito “aroe”. Hanno un sistema di discendenza matrilineare e un modello
uxorilocale (i villaggi sono divisi in due metà, un uomo deve stabilirsi nella zona della moglie eppure badare al
sostentamento della madre e delle sorelle che risiedono nella metà in cui lui non abita) Egli in un certo senso non è mai
a casa sua, e dipende in certo modo dalla moglie. Le donne sono le uniche a cui è concesso accudire i pappagalli, come
devono prendersi cura anche del marito. Così il pappagallo diventa simbolo dell’ironica condizione maschile.

La magia e le sue interpretazioni


 Per magia si intende un insieme di atti e formule verbali mediante cui si vuole influire sul corso degli eventi o sulla
natura delle cose. Essa mira a produrre effetti benigni o malefici sul soggetto prescelto.
 I primi antropologi interpretarono la magia come una specie di aberrazione intellettuale tipica dell’uomo primitivo o
una “scienza imperfetta”
 James G. Frazer riteneva che esistessero due tipi fondamentali di magia: La magia imitativa la quale agiva imitando la
natura, la pioggia, o indossando la pelle di un animale; la magia contagiosa si fonda sull’idea che due cose, per essere
state a contatto (come una ciocca di capelli) conservino il potere di agire l’una sull’altra.
 Sempre Frazer, influenzato dall’idea di positivismo storico riteneva che magia religione e scienza fossero tra loro legate
dall’eterno tentativo dell’uomo di spiegare l’origine dei fenomeni. In un primo tentativo secondo lui, l’uomo si sarebbe
dedicato alla magia nel tentativo di manipolare gli eventi, poi avrebbe tentato di ingraziarsi fantomatici esseri spirituali
a lui superiori finchè non è subentrata la fase della scienza, del ragionamento fondato su logica, osservazione ed
esperimento.
 Bronislaw Malinowki negli anni trenta assume una posizione diversa, che vede distinta la magia da religione e scienza.
La religione difatti non è mirata a spiegare l’origine dei fenomeni ma a dare certezze ai grandi interrogativi
dell’esistenza, mentre la magia ha finalità pratiche. Ma essa non ha nemmeno a che fare con la scienza, che tra i
primitivi esiste, seppure in forma elementare, ma è una cosa a se stante . La magia in un mondo pieno di incertezze è un
mezzo per rispondere a situazioni generatrici di ansia.
 Come sferriamo un pugno all’aria per sfogarci o abbracciamo un cuscino, compiendo una serie di atti particolari
appropriati alla situazione da affrontare (una battaglia, un grande viaggio, un matrimonio) si può prefigurare l’esito
dell’impresa. La Magia mette quindi l’uomo in grado di compiere con fiducia i compiti importanti, di mantenere il giusto
equilibrio. La sua funzione è quella di ritualizzare l’ottimismo dell’uomo. È ricerca di rassicurazioni.

Magia e <<presenza>>
 A metà del 900 Ernesto di Martino pensò che l’universo magico può essere compreso solo in relazione all’angoscia,
tipicamente umana della perdita della presenza. “la presenza” è una condizione che l’uomo non cessa di immaginare e
di costruire per sottrarsi all’angoscia di non esserci. Si tenta di affermare la propria presenza ma la conquista della
presenza non si traduce mai in un acquisizione definitiva e può essere rimessa in discussione. L’uomo tenta di
allontanare questo rischio con gesti scaramantici, tipo il lamento funebre che è la reazione della comunità di fronte ad
una crisi della presenza come la morte.
 Questa esigenza di affermare la presenza è particolarmente viva in chi o in coloro che non ha ancora preso coscienza
della sua identità, come il mondo subalterno povero ed illetterato del mezzogiorno italiano. La dimensione magica è
una caratteristica degli esclusi e spesso è difficile da distinguere da atti di altro tipo come quelli religiosi, come adornarsi
di simboli o di fascette con scritti versi del corano a scopo di protezione.
 In molti luoghi nel corso di cure degli infermi condotte mediante l’uso di tecniche realmente efficaci, il curante
pronuncia formule magiche che non hanno nulla a che fare con l’efficacia terapeutica in quanto tale, ma molti malati
traggono conforto per il loro valore ottimistico e rassicurante, che si traduce poi in un favoreggiamento della
guarigione, perché è ormai comprovato come sia utile una dimensione dialogica tra medico e paziente ai fini della cura.
3) Il pensiero mitico
Il pensiero mitico
I miti sono “racconti” relativi all’origine del mondo fisico, della società, dei riti, delle tecniche, della distinzione tra i
sessi. I riti fanno spesso riferimento a fatti accaduti in tempo indeterminato e che è responsabile dello stato attuale
delle cose. Esiste tuttavia un gran numero di miti che non hanno riti collegati e viceversa riti che non trovano
giustificazione in nessun mito.

Caratteristiche e protagonisti del racconto mitico


 I miti possono essere cosmogonie (teorie sull’origine dell’universo), teogonie (storie di lotte tra divinità) oppure vicende
di un passato senza tempo. Anche se alcuni studiosi li hanno ritenuti un modo inesatto e primitivo di giustificazione
storica, è stato provato che esistono forme di narrazione storica indipendenti e parallele ai miti, dove a volte uno sfuma
nell’altra.
 Il mito ignora spazio e tempo, ignorando spesso la successione temporale dei fenomeni e abitando luoghi impossibili da
frequentare, come vulcani, fondali marini o la luna. Nel mito avviene un antropizzazione della natura e viceversa gli
uomini a volte hanno caratteristiche animali, possono volare e le rocce e gli alberi possono parlare o provare emozioni.
 Nel mito vengono annullate le differenze tra regni, generi e specie , tra mondo sensibile e invisibile, così tutti parlano la
stessa lingua. Questa comunanza di esseri umani, spiriti e animali viene descritta come una situazione originaria di
equilibrio cosmico e unità, la cui fine avrebbe dato origine al mondo che conosciamo.
 La creazione del mondo è sempre stata immaginata come un processo di separazione. Nella Bibbia dalla massa originale
sono stati separati cielo e terra, tenebre e luce, firmamento e acque….. Il mito greco dell’androgino che porta in se
entrambi i sessi e viene diviso dagli Dei spiega che maschio e femmina si cercano perché spinti dall’istinto di ricreare
l’unità iniziale. Nei Baruya della Nuova Guinea in principio la luna e il sole erano confusi con la terra, tutto era grigio,
uniforme, umani animali vegetali e spiriti parlavano lo stesso linguaggio; ma gli astri stanchi si sollevarono verso l’alto e
uomini e donne non riuscivano a copulare perché entrambi avevano il sesso chiuso. Così la luna discese danodo origine
al giorno/notte, caldo/freddo e il sole con uno stratagemma bucò i sessi, così gli uomini riuscirono a copulare; allora gli
animali fuggirono nella foresta, gli spiriti si nascosero nel sottosuolo e ognuno iniziò a parlare la propria lingua.
 In tutte le aree del pianeta questa rottura dell’equilibrio originario è raffigurata come l’azione di un personaggio in
particolare: il trickster (imbroglione, briccone) incorpora in sé caratteri opposti, è furbo, bugiardo, agisce come uno
spensierato irresponsabile, fa cose che non vanno fatte e di sovente viene punito per le proprie azioni. Il trikster plasma
e crea la realtà piena di contraddizioni, di cose positive e negative, come gli dei perfetti non potrebbero mai fare.

Le funzioni del mito


 Può avere funzione speculativa (spiegare l’origine del mondo), pedagogica o sociologica (insegnare ai bambini o
ricordare agli adulti la differenza bene/male giusto/ingiusto), classificatoria (che ordina il mondo circostante)
 Malinowski nella sua concezione pratico-operativa della cultura ritenne il mito l’<autorizzazione> a compiere
determinati riti, la giustificazione della morale e dell’ordine esistente, che talvolta è stata usata per spiegare in modo
incontestabile certe ineguaglianze o meccaniche di dominio/sottomissione all’interno di una medesima società.
 Radcliffe-Brown analizzò e comparò i miti di alcune tribù native nordamericane e i bororo del Mato Grosso (in
entrambe un individuo di una metà può sposarsi solo con un individuo dell’altra metà. Alcuni miti di entrambe hanno
per protagonisti animali sempre in coppia che litigano e si fanno i dispetti in una contesa mai risolta. Falco e cornacchia
per gli australiani, Aquila e Corvo per i nordamericani.
 Radcliffe-Brown giunse alla conclusione che il mondo della vita animale è rappresentato nei miti in relazioni sociali simili
a quelle umane. Il principio è quello della COMBINAZIONE TRA OPPONENTI, pur essendo tutti e 4 uccelli mangiatori di
carne, la coppia è composta da un cacciatore e da un ripuliture di carcasse. Le due specie sono rivali ma strutturalmente
uniti in una relazione funzionale vicendevole, come lo sono le due metà del gruppo.
 I miti australiani e Nordamericani considerati da Radcliffe-Brown avrebbero insomma la funzione di rappresentare la
realtà sociale nei suoi aspetti complementari, funzionali, contradditori.

Il pensiero che pensa se stesso


 Nella seconda metà del 900 Claude Levi-Strauss tratta il mito come un attività speculativa in cui i suoi legami con la vita
sociale e culturale di un popolo sono messi in secondo piano.
 Il mito va analizzato in termini di strutture e mitemi , poiché è un entità scomponibile in unità minime (sti mitemi
appunto), che come i mattoncini lego possono assumere significati di volta in volta, di cultura in cultura differenti, a
seconda degli altri mitemi a qui sono stati affiancati (il ragazzo che si innamora della stella, il lupo che mangia la
nonnina, il serpente che morde il piede)
 Nei racconti di fantascienza come nei miti sono rappresentati mondi immaginari mediante l’utilizzazione di elementi
realistici coerentemente coordinati. (si sale su un astronave però e in poche ore si giunge su un pianeta distante anni
luce)
 Il mito secondo Levi-Strauss è chiamato anche a conciliare lati della vita che non possono essere mediati da nessun
pensiero razionale, come l’ opposizione tra vita e morte. Se il leone per nutrirsi uccide, mentre la gazzella bruca l’erba,
essi rappresentano due visioni inconciliabili, però il mito aggiunge un terzo termine, che può essere la iena, la quale può
uccidere ma preferisce cibarsi di cadaveri. La iena rappresenta un mediatore simbolico.
 Queste mediazioni non sono mai dirette e compaiono sotto forma di personaggi, azioni e contesti che apparentemente
non hanno nulla a che vedere con il problema intellettuale che il pensiero cerca inconsciamente di risolvere. Il pensiero
mitico è pensiero svincolato e libero, che nel pensare se stesso genera il mito.

Parte quinta: IL SE’ E L’ALTRO


1. Identità, corpi, <persone>
Dai confini del Sé alla rappresentazione dell’altro: identità e alterità.
 Gli esseri umani percepiscono ed organizzano concettualmente l’umanità in categorie (ad esempio le razze) tentando di
basarsi su fattori oggettivi ma essi sono in realtà frutto di costruzioni culturali, stereotipi, pregiudizi, xenofobia, interessi
politici e problemi sociali. Ma la domanda <chi siamo noi?> <chi sono loro?>. è assolutamente valida.
 L’appartenenza di un individuo ad un gruppo è resa possibile dalla condivisione, almeno parziale, di determinati modelli
culturali. Il lato complementare dell’appartenenza è la distinzione, ovvero il tracciare confini, frontiere nei confronti
degli altri.
 L’ idea di far parte di una comunità, e l’idea che siamo ciò che sentiamo, pensiamo, desideriamo, speriamo… sono le
certezze più immediate a cui ci possiamo aggrappare e costituiscono la nostra identità. Anche se sappiamo quanto sono
fragili queste certezze, essere esclusi dal gruppo a cui si credeva di appartenere, subire un ingiustizia, attraversare una
crisi professionale, affettiva, salutare o uno sradicamento territoriale, sono fatti che possono far vacillare la nostra
identità fino a intaccare il nostro equilibrio psichico.
 Più viviamo in ambienti concorrenziali e conflittuali (che minacciano le nostre certezze), più si sviluppa la retorica
dell’identità e inasprisce i contatti con l’altro. È paradossale come in una società in cui i viaggi sono sempre più facili e
frequenti, i contatti si intensifichino e i confini tendano a moltiplicarsi producendo barriere, differenze ed esclusioni.
 La cultura occidentale ha esasperato la propria dimensione dell’identità con un atteggiamento aggressivo nei confronti
delle altre culture… dimenticando quanto l’influenza delle colonie abbia condizionato e sia entrata a far parte
dell’identità occidentale.
 La nostra cultura ha un idea rigida della sua identità, al contrario di altre molto consapevoli di come la loro identità sia
frutto di incontri e mescolanze con altri. Gli indios brasiliani Tupinamba praticano il cannibalismo rituale nei confronti
dei prigionieri di guerra. Essi non lo mangiano subito bensì lo inseriscono nella comunità, procurandogli moglie e una
casa, permettendogli di costruirsi una famiglia ed una vita che durerà parecchi anni, fino ad un bel giorno quando verrà
sottoposto ad una serie di riti culminanti con la sua stessa morte e con un pasto cannibalico a cui prendono parte tutti i
membri della comunità. La vittima instura un dialogo quindi vantando tutte le uccisioni ed atti di cannibalismo dei
propri antenati, commessi nei confronti dei rispettivi gruppi e affronta la morte sicuro di <rivivere> nel nemico, il quale
sarebbe stato un giorno mangiato dai membri del proprio gruppo in un circolo senza fine di atti di identità mescolata.

Corpi
 Gli esseri umani hanno esperienza del mondo attraverso il corpo, sentono, comunicano, percepiscono e
desiderano. Il nostro corpo impara ad anticipare la regolarità del mondo a cui siamo esposti. Questa <conoscenza
attraverso il corpo> si dimostra quando reagiamo istintivamente agli stimoli di natura fisica (proteggere gli occhi da
una forte luce) e di natura culturale (sedersi in un certo modo e tenere un preciso comportamento a seconda del
contesto in cui stiamo). Ciò è frutto dell’incorporazione di ciò che ci circonda, il corpo costruisce principi pratici
partendo da situazioni incontrate con una certa frequenza e li respinge poi in caso di fallimento ripetuto.
 Bordieu chiamò habitus il complesso di atteggiamenti psicofisici mediante cui gli esseri umani stanno nel mondo.
Anche emozioni e sentimenti sono incanalati dal corpo secondo modelli culturali precisi.
 <l’essere nel mondo> attraverso il corpo (postura, portare cibo alla bocca, distogliere o meno lo sguardo da un
interlocutore) è differente in tutte le culture, ma ognuna di esse <disciplina il corpo> insegnando ai bambini i propri
segni. La società <plasma> <fabbrica> i propri membri secondo un modello ideale di umanità (tatuaggi,
scarnificazioni, perforazioni, pitture,deformazioni, circoncisioni, infibulazioni, escissioni) in un processo chiamato
antro poiesi (fabbricazione dell’umano)
 Il corpo è anche veicolo per manifestare l’identità sociale e individuale; pitture facciali, il velo delle donne
musulmane, il bikini delle occidentali, l’orecchino, i capelli colorati o i piercing dei punk, sono tutte pratiche che
stanno a significare qualcosa. Può in determinate circostanze anche essere un mezzo per rivendicare una <diversa>
identità, come i movimenti femministi o omosessuali in occidente.
 Sul corpo si riflettono valori tradizionali differenti; la tradizione arabo-musulmana nasconde il corpo, popoli nativi
dell’africa sub sahariana lo espongono allo sguardo di chiunque e in occidente viene sfruttato e commercializzato in
modo diretto o indiretto dalla pubblicità, televisione, cinema e stampa.
 Gli Ngaing hanno costruito sul corpo un riscatto politico in papua Nuova-Guinea; dove la colonizzazione vedeva il
corpo degli indigeni come sporco, scuro, indisciplinato e da mettere al lavoro nelle piantagioni. Riprendendo dagli
occidentali la tecnica della circoncisione e riadattandola al simbolismo della propria tradizione rituale, hanno
convinto se stessi e i bianchi di avere un corpo perfettamente adeguato a standard e valori igienici occidentali.

Corpi sani e corpi malati


 Il Corpo può essere strumento di resistenza tanto consapevole quanto inconscia, a situazioni esterne. In Brasile durante
le repressioni militari degli anni ‘70/’80, le mogli e figlie degli uomini fatti sparire dalle autorità, hanno dato luogo a crisi
nervose. Secondo Scheper-Huges gueste manifestazioni patologiche erano un modo per esprimere resistenza in una
forma non perseguibile dalle autorità brasiliane.
 Strettamente connesse con le nozioni di corpo, vi sono quelle di <salute> e <malattia>; tutte le culture hanno concezioni
complesse del disagio fisico o psichico e ad esse è stato dato il nome di <sistemi medici>. Essi tentano di spiegare e
curare i disturbi.
 Molti popoli hanno scoperto virtù terapeutiche di sostanze a cui la medicina moderna ha iniziato a interessarsi solo da
pochissimo; è stato difficile scoprirle perché venivano spesso usate accanto ad altre sostanze usate per neutralizzare gli
influssi spirituali.
 Un assunto dell’etnomedicina e dell’etnopsichiatria è che gli stati del corpo e della mente si intrecciano in vari piani
della vita. Manifestazioni di disagio psicologico possono essere curate con sedute di musicoterapia, tra cui è
particolarmente conosciuta la taranta salentina. Così chiamata perché pensavano causata dal morso della tarantola, si
tratta in realtà di una forma di nevrosi scatenata da disadattamenti psico-sociali che si manifesta in convulsioni e spasmi
corporei. Viene curata da sessioni pubbliche di musicoterapia, ai quali i pazienti si sottoponevano volontariamente.
 Disturbi psichici di soggetti migranti vengono oggi affrontati tenendo conto del contesto culturale di provenienza, e
dalle relazioni di autorità, sociali e affettive con cui i soggetti sono cresciuti. Non vi è una medicina che possa
considerarsi svincolata dal contesto sociale e culturale entro la quale essa viene praticata.
 In occidente prevale il <paradigma biomedico>, che comprende: l’idea che lo stato di malattia fisica abbia solo cause di
tipo organico/biologico, l’idea che l’efficacia di una cura possa dipendere esclusivamente dall’assunzione di farmaci e la
terapia possa venir concentrata unicamente su una parte del corpo senza tener conto degli equilibri complessivi, l’idea
che il paziente vada medicalizzato separato dalla comunità familiare e lavorativa ed il suo corpo de socializzato diventi il
luogo della messa in scena di un sistema medico. Questa concezione è assai limitata, ed altre culture trovano
impensabile curare malattie fisiche e mentali senza chiamare in causa il contesto; da noi ha iniziato ora a prendere
piede l’idea di prevenzione, la quale tiene conto del contesto <ambientale> entro cui le patologie hanno più possibilità
di manifestarsi.
 In Australia sono stati istituiti centri di formazione per curatori aborigeni, in cui a loro volta essi condividono le loro
conoscenze terapeutiche con i medici occidentali, in un ottima forma di mediazione tra <sistemi medici> differenti.

La <persona> ed il <soggetto>
 Alcuni popoli africani ritengono che gli individui ereditino il potere di praticare la stregoneria solo per via materna, Nlle
isole Trobirand (Melanesia) si pensa che i neonati siano reincarnazioni di antenati materni, in nepal per alcuni un
individuo prende forma nella testa del padre che poi lo depone attraverso lo sperma nel ventre materno, per gli Jivaro
ex cacciatori di teste amazzonici le anime di un individuo sono parecchie e possono essere accumulate incorporando
quelle dei nemici uccisi; in europa e nordamerica si discute di quando un agglomerato di cellule umane è o no una
persona…. Questi quesiti fanno parte della bioetica ossia lo studio di atteggiamenti e idee implicite nel modo di trattare
il corpo umano in relazione alla sfera della <persona>, della sua dignità di individuo, della sua libertà, del suo diritto alla
vita.
 Culture diverse hanno bioetiche differenti, persino la tradizione musulmana, la cui idea di persona coincide in larga
parte con quella che abbiamo noi occidentali, prevede sulla bioetica atteggiamenti diversi. All’interno dell’occidente
stesso ci sono più opinioni riguardo a trasfusioni, aborto, eutanasia, trapianti, chirurgia estetica, accanimento
terapeutico…. Ogni cultura poi ha il suo modo di distinguere un essere umano in contrapposizione ad una roccia, un
animale, un temporale o un dio.
 Marcel Mauss (antropologo francese) non solo sottolineo come l’idea di un soggetto svincolato dal contesto fosse un
idea (astratta) occidentale, ma anche come presso altre culture la dipendenza dell’individuo dalla società fosse
esplicitamente riconosciuta. Inoltre è più marcata la differenza tra individuo inteso come esemplare unico e diverso da
tutti gli altri e persona, che va a sottolineare come esso condivide con altri molte caratteristiche riconosciute dalla
società come gli stessi diritti e doveri.
 In occidente parlare di <persona> vuol dire evocare il tema del rispetto e della dignità, in quanto nelle tradizioni
cristiana, ebraica e anche musulmana, la persona è un essere speciale in quanto in lui aleggia lo spirito di Dio.
 Il soggetto è pensato come un entità largamente coerente. A Bali, ad esempio, come afferma Clifford Geertz, per
parlare di qualcuno oppure presentarsi in pubblico, si utilizzano una serie di etichette <acquisite alla nascita> ed
<immodificabili>. Tra queste etichette vi sono i marcatori relativi all’ordine di nascita, utilizzati su base quattro, questo
vuol dire che il quinto figlio di una coppia si chiamerà ancora <primo nato>, il sesto <secondo nato> e così crescendo.
Questo ripetersi porterebbe costantemente l’attenzione su il modello ciclico della vita umana secondo la tradizione
indù che influenza Bali. Qui secondo Geertz prevarrebbe un tentativo sistematico di stilizzazione di tutti gli aspetti
dell’espressione personale, qualsiasi elemento caratteristico di un individuo viene mutato a vantaggio del suo posto
nella vita balinese. Essi sembrano avere una visione dell’essere umano come di un rappresentante di un modello
generale. Ne consegue che l’habitus (nozione di Bourdieu) balinese corrisponda ad una sorta di comportamento
standard modellato su termini ascritti alla nascita; termini che definiscono una <persona tipo> e lo sforzo di ogni
balinese sarà quello di comportarsi nella maniera più possibile aderente al <tipo> in cui rientra, pena, una specie di crisi
di identità.

2. Il sesso, il genere, le emozioni


Le emozioni
 Lo studio delle emozioni è un settore recente dell’antropologia. Indaga il rapporto tra il se e l’esterno. La rabbia del
guerriero che vuole vendetta, l’ansia dell’iniziando, la felicità della madre che vede nascere il proprio bambino, sono
elementi che costituiscono <l’essere al mondo> di qualcuno. Ma gli stati d’animo non sono universali, o meglio, non
sono espressi ovunque alla stessa maniera, e le reazioni emotive che ne conseguono non sono frutto di una natura
geneticamente determinata ma vengono espressi attraverso modelli culturali interiorizzati durante l’infanzia e
riplasmati durante la vita dell’individuo.
 I cinesi sono abituati a mascherare le loro emozioni, come i giavanesi davanti alla morte dei propri cari ed al contrario
degli Ilongot delle filippine, che in occasione dell’uccisione di un loro parente sottolineano apertamente il loro stato
d’animo rabbioso e la <pesantezza> del loro cuore. Nell’Europa mediterranea il lutto e l’onore devono essere esibiti
pubblicamente, chiamando in causa gesti disperati e il <pianto rituale> secondo un modello prestabilito al fine di
mostrare in pubblico e socializzare il dolore.
 I balinesi studiati da Clifford Geertz hanno il timore di trovarsi di fronte ad un cortocircuito della comunicazione
traducibile con <ansia da palcoscenico> che loro chiamano lek e può manifestarsi ad esempio quando l’individuo non
aderisce in modo completo al suo <tipo di persona> che ogni balinese possiede.
 Gli Ifaluk studiati da Catherine Lutz possiedono le nozioni di metagu e song, complementari tra loro che stanno per
<paura> e <collera motivata>. Song è la collera che un genitore o un capo verso la trasgressione della norma, e Metagu
è la reazione più appropriata di <timore reverenziale>. Il bravo bambino Ifaluk introietterà il prima possibile Metagu,
per poterla esprimere appropriatamente al momento opportuno, o meglio se riuscirà ad anticiparlo e porsi nelle
condizioni di non ricevere un Song dall’autorità.
 Gli Ilongot sono una popolazione di orticoltori e cacciatori di teste delle Filippine, che possiedono la nozione di liget che
si manifesta quando una persona cara muore inducendo un uomo a desiderare di uccidere un nemico e tagliargli la
testa, traducibile letteralmente con <avere il cuore pesante>. Essi lo considerano un <cattivo sentimento>, non
auspicabile per il loro cuore, contrapposto alla <ponderatezza> e alla <conoscenza> beya. Benché siano gli adulti a
praticare la caccia alle teste come risposta al sentimento di rabbia liget i giovani imparano presto questo modello
culturale. L’irrequietezza adolescenziale e giovanile, presente nel mondo, viene canalizzata da un modello appreso dalla
società degli adulti. I giovani volubili, invidiosi, ardenti, piangono cantano e hanno improvvisi scoppi d’ira a causa del loro desiderio
impellente di tagliare una testa e indossare gli agognati orecchini di bucero rosso, che adornano le orecchie degli uomini che per dirla
alla Ilongot sono già <arrivati>.
 Le emozioni trovano spesso espressione nella dimensione corporea, ma tali espressioni sono apprese dagli individui
tanto come frutto di un insegnamento quanto come effetto dell’imitazione.
3. Le caste, le classi, le etnie.
Se la distinzione Noi/altro nelle società di piccole dimensioni si risolve nella reciproca inclusione o esclusione completa, nelle
società più vaste e complesse ciò è pressoché impossibile e vi è invece un proliferare interno.

Le caste
 Casta è un termine utilizzato in maniera generica in riferimento a gruppi sociali, ritenuti per qualche ragione
superiori/inferiori/distinti da altri e che, per questa loro caratteristica tendono a condurre una vita separata, come i
nobili nell’europa medioevale, i funzionari dell’antica Cina, gli sceicchi, i finanzieri newyorkesi.
 In antropologia il termine (traducibile dallo spagnolo con <stirpe>) viene coniato dai marinai portoghesi per distinguere
le popolazioni sottoposte ai Raja (principi indu). Il sistema dei Varna (colori, ovvero le categorie principali di sacerdoti,
guerrieri, commercianti, artigiani e infine i contadini… preceduti dai fuori casta paria ) e dei jat (discendenza/ gruppo
occupazionale, di vasai o fabbri o barbieri o altro..)
 Tanto i varna quanto i jat sono entità sociali ripiegate su se stesse, che fanno parte di una società più ampia in cui sono
interdipendenti, ma organizzati gerarchicamente in modo che le unioni matrimoniali debbano avvenire solo tra
individui dello stesso gruppo.
 A Bali i rapporti tra indivisui sono regolati da rigide norme di frequentazione fondate sulla distinzione castale. Individui
di caste superiori non possono entrare in contatto con <inferiori>, e tale gerarchia si Bsa su criterio di <purezza rituale>.
 Alcuni hanno visto nel sistema castale un esasperazione di <stratificazione sociale> fondato sulla disparità di accesso
alle risorse ma anche se una volta le caste superiori coincidevano con i ceti ricchi, la modernizzazione ha sovvertito le
regole arricchendo anche individui di caste inferiori e impoverendo qualche nobile; ma per riuscire a capire cosa sono le
caste bisogna distaccarsi dalla prospettiva meramente economica.
 Louis Dumont critica chi vede nelle caste una forma mascherata di stratificazione sociale accusandolo di essere troppo
eurocentrico. Se in generale difatti il sistema castale ha in se un criterio di divisione occupazionale, si fonda su gerarchia
diversa dalla gerarchia di potere che gli occidentali hanno in mente. Il sacerdote pur appartenendo al varna superiore,
non è più potente dei principi raja, i quali appartengono alla classe dei guerrieri.
 Alcuni studiosi contemporanei suggeriscono che il sistema castale Indù, abbia subito un forte irrigidimento con la
colonizzazione, quando il governo britannico per semplicità amministrativa <congelò in una visone fissa quello che in realtà
era un sistema fluido assai meno coerente; chiamando caste anche gruppi sociali stratificati ma che erano privi di qualsiasi sistema di
evitazione.
 Lévi Strauss ritenne che le caste siano un esempio di tendenze classificatrici della mente umana, analoghe al totemismo (tendenza ad
associare a individui e gruppi, nomi di animali o piante); con relazioni sociali diverse, dato che i gruppi australiani obbligano i loro
membri a sposare individui di gruppi con altri totem diversi dal loro.
 1)Il totemismo associa il nome di una pianta o un animale al gruppo, operando una distinzione tra umani servendosi di
diversità esistenti tra le specie naturali e viceversa le differenze tra specie sono assimilate a quelle tra gruppi culturali.
 2) il sistema castale distingue gli esseri umani in base alla loro occupazione, ovvero fonda distinzioni culturali come i
differenti lavori, sulla nascita, come fossero differenze naturali.
 Il totemismo pensa la natura attraverso la cultura al contrario del sistema delle caste che concepisce la cultura
attraverso la natura.

Le classi
 La nozione di classe è strettamente legata alla tradizione filosofica, economica e politica europea. Il filosofo Karl Marx
riteneva la storia della società (europea) una lotta di classe: cioè lo scontro tra gruppi sociali con interessi conflittuali.
Secondo Marx la società moderna era nata dallo scontro tra borghesia (legata ai commerci e industria) e aristocrazia
(legata alla proprietà della terra), e dal trionfo della prima. La rivoluzione industriale che ha segnato la definitiva
espansione della borghesia, ha creato la nuova figura del proletario urbano industriale, che dovrà prendere coscienza
della sua classe, opporsi dalla borghesia in quanto da essa sfruttato ed un giorno scalzare questa dal potere per
instaurare una società di eguali.
 Marx compie ne “il capitale” un analisi dei meccanismi di funzionamento della società industriale, che ha al suo centro il
concetto di <modo di produzione>, utile per leggere tutti i processi di espansione dei mercati e del capitale a livello
globale, e per tutte quelle forme di diseguaglianza e di emarginazione che tali fenomeni comportano a livello
planetario.
 Tali distinzioni non si risolvono solo in differenze di tipo economico, ma ha un ruolo fondamentale la <coscienza di
classe> , poiché tali distinzioni si riflettono anche sul piano della <cultura> che ogni classe elabora. Le culture <egemoniche> si
distanziano da le <culture subalterne>, le quali si manifestano più spesso come una forma di <folklore di contestazione> più che
come la <coscienza di classe> auspicata da Marx
Gli studi culturali
Studi culturali sono le questioni (che fanno capo alla divisione in classi tipica delle culture occidentali) nata negli anni ’60 in Gran
Bretagna (Richard Hoggart fondò il Centre for Contemporary Culture Studies (CCCS)) quando si dovette ripensare il rapporto tra il
concetto di classe sociale e quello di cultura, con le nuove emergenze identitarie (etnicità, genere, sesso, burocrazia, minoranze
ecc..) e cercando di interpretare il flusso di immigrazione proveniente dalle ex Colonie.

Gli <studi culturali> nacquero negli ambienti di sinistra politica, in un momento in cui la classe operaia andava incontro ad una
forte crisi identitaria e politica.

In questo ambito, il concetto di cultura non viene messo in relazione al popolo X o Y, e nemmeno riferito ad una caratteristica
del genere umano; La cultura fu pensata come arena di incontro-scontro per affermare le proprie idee e i propri diritti. Non
cultura <delle donne>, dei <neri>, <degli omosessuali>… ma cultura come discorso che si costruisce intorno ai diversi gruppi e
come rappresentazione delle loro esperienze nel mondo.

La nozione di Agency utilizzata negli studi di Stuart Hall sintetizza la capacità degli individui di investire di significato eventi o
rappresentazioni, accogliendoli o rifiutandoli per adattarsi e/o resistere nel momento stesso in cui promuovono una propria
forma di identità. Indagando i temi della resistenza e della posizione del soggetto di fronte al dominio, l’emarginazione e allo
sfruttamento.

L’appartenenza alla classe non è ascrittiva (come per le caste), ovvero nulla vieta al proletario di divenire capitalista e viceversa,
le classi sono tipiche di quelle società dove è formalmente assicurata a tutti la possibilità di ascendere, come i diritti ed i doveri.
Le classi però non sono la stessa cosa dei gruppi occupazionali, operai saldatori non appartengono ad una categoria diversa dai
conciatori di pelli, mentre in india sono considerate caste diverse..

Dove non esiste coscienza di classe non sarebbe legittimo parlare di classe, tuttavia il capitalismo va oggi espandendosi
pressoche ovunque: gli agricoltori sudamericani perdono le loro terre e si ritrovano a lavorare per i planteros , i coltivatori
impoveriti dell’africa sub sahariana e brasiliani ora cercano oro per le multinazionali, i contadini indiani sovvertono le tradizionali
produzioni e assetti sociali per fornire materiale al mercato globale….tuttavia tale applicazione trova parecchi limiti nella
presenza di altri fattori… che sono determinanti nella formazione dei gruppi …. Come l’etnicità.

Etnie ed etnicità:
i significati del termine <etnia>

 il termine <etnia>, usato per indicare un gruppo umano identificabile mediante la condivisione di una medesima
cultura, lingua, tradizione e di uno stesso territorio; è molto utilizzato oggi nei linguaggi dei media e della politica…. Ma
è criticata dagli antropologi perché sembra dare per scontata l’idea che dietro a ogni etnia vi sia un origine comune, un
fondamento naturale come una stirpe o una <razza> che abbia carattere assoluto, immutabile ed eterno.
 I media corroborano l’idea di assolutezza, staticità ed eternità delle etnie; presentano alcuni conflitti definendoli
<etnici> come se anziché essere questi scontri il prodotto di circostanze contingenti e storiche che sfruttano differenze
culturali e linguistiche per produrre una situazione oppositiva, fossero il prodotto naturale di odi atavici derivate da
differenze culturali radicate in cultura, lingua e origini.
 L’etnicità, ossia il sentimento di appartenenza ad un gruppo definito in maniera rigida, non considera il fatto che tali
gruppi non esistono, infatti il loro gruppo, la loro cultura e la loro lingua sono il frutto di processi di interazione con altri.
 Se si considerano i maggiori conflitti etnici esplosi nella seconda metà del ‘900 in varie aree del pianeta, ci si accorge che
i gruppi protagonisti, non sono affatto radicalmente <diversi>, al contrario sono molto simili, sul piano culturale, spesso
parlano la stessa lingua, convivono sullo stesso territorio e hanno lunga tradizione di scambi reciproci.

Parte sesta: FORME DELLA PARENTELA


1. LA PARENTELA: RELAZIONE E RAPPRESENTAZIONE, LE NOZIONI FONDAMENTALI
Le relazioni di parentela hanno un ruolo socialmente, biologicamente e culturalmente fondamentale nella vita del singolo e della
comunità. È importante ricordare che a volte pesa di più la dimensione relazionale tra individui che i rigidi schemi di
consanguineità e di alleanza (matrimoni)

Idee di parentela
Parentela: <relazione che lega individui sulla base di consanguineità o alleanze>. Queste connessioni sono diffuse
universalmente, sono alla base dei rapporti diritti/doveri interpersonali e rappresentano la diversa concezione che ogni cultura
ha rispetto al concepimento e formazione dei nuovi nati.

Alcune società credono che il nascituro sia uno spirito reincarnato o che si materializza, altre credono che sia frutto solo materno
a cui il padre ha solo aperto la via, altre credono che esso prenda forma nel cervello del padre e solo successivamente egli lo
deponga sotto forma di seme nel ventre materno. In occidente è ancora troppo diffusa la tendenza a considerare un figlio come
appartenente al gruppo del padre, perché frutto di un principio maschile attivo e uno femminile passivo.

Lo studio della parentela ci dice anche come le culture assegnino i ruoli, i diritti ed i doveri all’interno di una società.

Unioni non ufficiali esistono ovunque nel mondo, ma nella maggior parte delle società le unioni sono riconosciute da istituzioni
simili o analoghe al matrimonio. Ma… <quando un individuo nasce, chi lo istruirà e educherà?> <da chi erediterà certe
prerogative piuttosto che altre?> <con chi dovrà schierarsi nel caso di una disputa tra il gruppo della madre e il gruppo del
padre?> A queste e altre domande le varie società hanno provveduto a porre regole riguardanti le relazioni tra individui e tra
gruppi.

Diagrammi di parentela
Per descrivere le relazioni di parentela vengono tracciati dei diagrammi. Essi vanno letti dal punto di vista di EGO (io), e spesso
riportano più quanto un gruppo pensa dei suoi membri, che la realtà effettiva, poiché questo è quello che viene raccontato agli
antropologi. Spesso vengono insabbiate le relazioni anomale o considerate riprovevoli.

Sigle: Si usano le iniziali inglesi per le parenteli (z=zistah=sister/ C=children) esso non è molto neutro per indicare i legami di
parentela, dato che in alcune etnie lo zio paterno (BF(brother of my father)) viene chiamato papà.

Discendenza e consanguineità
Gli esseri umani vivono a gruppi, ed il sistema più semplice che ovunque è stato applicato per collaborare e difendersi meglio è
stato fare riferimento alla parentela.

In un momento di forte concorrenza per l’accesso alle risorse ha spinto un individuo carismatico a raccogliere a se il suo
parentado, ed essere più competitivi in quanto gruppo, per evitare che alla morte di questo il gruppo si sciogliesse, si ha iniziato
a prendere come riferimento non lui, ma un individuo defunto, come il padre del padre (antenato comune del gruppo).

Non tutte le società usano il criterio della discendenza, molte comunità di cacciatori-raccoglitori per definire consanguinei e
alleati, ma lo usano per stabilire a quale gruppo apparterrà un figlio di una coppia.

Tipi di discendenza

 UNILINEARE PATRILINEARE stabilita esclusivamente attraverso individui di sesso maschile


 UNILINEARE MATRILINEARE stabilita esclusivamente attraverso individui di sesso femminile
 COGNATICA fondata su legami stabiliti in una discendenza che comprende individui di entrambi i sessi.
 BILINEARE la quale associa alcune prerogative per via patrilineare ed altre per via matrilineare.

Gruppo corporato gruppo fondato sulla discendenza che condivide su base collettiva diritti, privilegi e forme di cooperazione
economica, politica, rituale. Non un gruppo che ha <semplicemente> e solo un antenato comune.

Lignaggi e clan: i lignaggi sono quasi sempre gruppi corporati, composti da coloro che possono tracciare la discendenza da un
determinato individuo (se attraverso individui maschi è un patrilignaggio, se attraverso individui femmine matrilignaggio). Un
clan è un gruppo in cui gli individui riconnettono i rispettivi lignaggi ad un antenato comune ma più spesso sotto forma di
sentimento, spesso l’antenato è un personaggio mitico rappresentato sotto forma animale o vegetale (totem)

Parentado : il parentado è un gruppo <egocentrato> su un individuo, formato dagli individui con i quali EGO ha interazioni
concrete. Esso esiste solo in relazione ad un individuo singolo ed è differente e diversamente ampio per ciascuno. Sono le
persone su cui uno può effettivamente contare.

Residenza e vicinato:
la maggiore o minore prossimità spaziale tra individui determina spesso il loro grado di coesione. Esso può sopravanzare sui
legami di discendenza o sommarvicisi.

Tutte le società hanno modelli ideali di residenza non rigidi:

 Patrilocale una coppia va a vivere vicino ai parenti del marito


 matrilocale una coppia va a vivere vicino ai parenti della moglie
 Ambilocale una coppia può scegliere di andare a vivere vicino ai parenti del marito o della moglie.
 Neolocale una coppia va a vivere in un luogo diverso dai genitori di entrambe le parti
 Natolocale marito e moglie continuano a vivere ciascuno con i propri genitori e parenti.
 Avuncolocale una coppia va a vivere vicino alla residenza del fratello della madre dello sposo.

La formazione di nuclei abitativi soprattutto se stabili comporta la corresidenza di gruppi che possono essere non interrelati tra
loro, ma che possono avere un legame importante e alla lunga possono divenire anche relazioni di parentela.

Matrimonio e alleanza
Le forme di matrimonio ordinariamente riconosciute sono:

monogamico/poliginico/poliandrico

essi sono in ordine di rarità crescente. Il matrimonio però rimane una forma di alleanza con altri individui. Esso disciplina
culturalmente la riproduzione e l’appartenenza della prole al gruppo di uno, l’altro o di entrambi i genitori.

In antica grecia era in vigore l’epiclerato ovvero un uomo senza figli maschi poteva far unire una figlia femmina ad un uomo e
diventare a tutti gli effetti il padre del figlio di sua figlia.

Presso i Nuer del Sudan si pratica il matrimonio col fantasma data l’importanza per loro di avere dei figli maschi, si ritiene
opportuno procurarne anche a un uomo che sia morto prima di poter procreare. A tale scopo un uomo del gruppo di
discendenza del defunto <contrae matrimonio> legalmente con una donna, a nome dello scomparso, sicchè i figli nati da tale
unione sono considerati a tutti gli effetti i figli del defunto.

Con levirato e sororato si indicano costumi simili ma con scopi molto diversi. Levirato è il costume in base al quale la moglie di un
defunto va in sposa al fratello di quest’ultimo, che deve provvedere al mantenimento suo e della prole. Sororato indica il
costume di dare in sposa ad un uomo rimasto vedovo la sorella della donna defunta, allo scopo di rimpiazzare le facoltà
riproduttive promesse al marito attraverso l’accordo matrimoniale.

Gli Igbo della nigeria praticano il matrimonio tra donne, nel caso di sterilità del marito una donna può ricorrere a rapporti extra-
coniugali con il consenso del marito; nel caso di sterilità della donna essa può divorziare e in quanto <sterile> può essere
considerata <come un uomo>, contrarre matrimonio con un'altra donna, scegliere un uomo a sua discrezione e sfruttarlo per
avere un bambino, che sarà figlio legittimo di due donne.

I Simbiti in tanzania reinterpretano la dottrina cristiana e danno la possibilità ad una donna di sposare un'altra donna rimanendo
indipendente dal suo gruppo di discendenza.

MATRIMONIO: è una transazione che risolve in un accordo ufficializzato socialmente per cui una persona stabilisce un diritto
continuativo di accedere sessualmente ad una donna, nel quale la donna in questione è considerata suscettibile di avere figli.

Matrimonio, famiglia e gruppo domestico

La famiglia nucleare è l’istituzione base di orientamento primario dell’individuo. In crisi nelle società socialmente sviluppate per
l’emergere di altre modalità di trasmissione del sapere e della cultura (scuola ecc..).

Benchè la famiglia nucleare sia diffusa ovunque è raro che abbia carattere di isolamento totale , ma stà in un contesto di famiglia
estesa, solitamente costituita da tre generazioni di individui della stessa discendenza con l’aggiunta di altri elementi in un gruppo
domestico.

Esogamia ed endogamia l’unione con persone interne o esterne al proprio gruppo.


La proibizione dell’incesto è diffusa ovunque. Alcune unioni sono considerate <proibite> e sanzionate in vari modi.
Universalmente vietati soni i genitori, i fratelli e sorelle, i figli e figlie. Nella nostra cultura nemeno due fratelli di cui uno è stato
adottato possono. Questa è una regola culturale.
Questo tabù probabilmente è antichissimo, i matrimoni esterni ai gruppi portavano vantaggi, varietà e alleanze; inoltre aiuta a
sopperire ai problemi che derivano dalla mancanza di partner in età fertile.

Cugini incrociati e paralleli incrociati sono i figli e le figlie di fratelli germani di sesso differente, mentre i cugini paralleli sono i
figli di fratelli germani dello stesso sesso. Ciò ha senso solo se parliamo di gruppi unilaterali esogamici, in cui perciò solo i cugini
incrociati saranno leciti, al contrario diquelli paralleli., mentre in gruppo endogamico entrambi sono viabili.

Principio di reciprocità in gruppi piccoli, elementari, ci sono scambi fondati sul principio di reciprocità, in cui due o tre gruppi si
scambiano partner a circolo.

Gruppi di discendenza endogamici sono diffusi ad esempio in medio oriente, dove è frequente l’unione di un uomo con la figlia
del fratello del padre. In un sistema di eredità patrilineare ciò mantiene i possedimenti in mano al gruppo. Per i gruppi di beduini
parecchio isolati, può essere eredità culturale.

Parte settima: ESPERIENZA RELIGIOSA E PRATICA RITUALE


1) Concetti e Culti
Cos’è la religione?
 Usualmente per un occidentale sembra essere un complesso di credenze, coi suoi dogmi, riti, che ha lo scopo di
avvicinare i fedeli e le entità soprannaturali. Essa si immagina che debba essere coordinata da specialisti come i
sacerdoti e debba venir praticata in luoghi separati particolari.
 Contro a questa i dea troviamo popoli che non hanno dogmi della fede, che non hanno vere e proprie divinità, che
mancano sia di templi che di individui specializzati nelle attività di culto. Il bisogno degli europei di ritrovare qualcosa di
simile a ciò che essi già conoscevano per esperienza, li ha portati ha mal’interpretare la complessità delle religioni che si
trovavano di fronte.
 Punti in comune tra le religioni sono, un ipotetica vita dopo la morte, la concezione di corpo <animato> da un soffio
vitale, la percezione di forze invisibili che percorrono il mondo e debbono essere invocate, evitate, manipolate, accolte
o respinte. Ma molti studiosi ritengono che essa sia irriducibile a ciò, poiché la religione è legata al rapporto che si crea
tra chi è autorizzato a produrre discorsi su <ciò che è vero> e coloro che sono chiamati a rispettare tale autorità. Potere,
Autorità e Verità sono strutture relative al luogo, l’epoca e i soggetti.
 Se le forme di ogni religione non sono paragonabili alle altre (credenze, riti, dei..), le motivazioni che le spingono danno
di esse una visione più unitaria.
 RELIGIONE potrebbe essere definita come UN COMPLESSO più o meno COERENTE di PRATICHE (riti, gesti, precetti..) e di
RAPPRESENTAZIONI (credenze) che riguardano I FINI ULTIMI E LE PREOCCUPAZIONI ESTREME DI UNA SOCIETA’, di cui si
fa garante una FORZA SUPERIORE all’essere umano
 Essa comprende un SIGNIFICATO (esprime i fini ultimi e le preoccupazioni estreme) e una dimensione di POTERE (l’idea
che vi sia qualcuno o qualcosa che ha autorità incondizionata di sancire tali valori)
 Ha funzione NORMATIVA (afferma i valori, ne ribadisce l’importanza pretendendo di difentere Bontà e Verità), funzione
PROTETTIVA e INTEGRATIVA (dà certezze alla società, mette al riparo gli individui dalle ansie e dalle insicurezze
connesse alla vita personale e collettiva) allo stesso tempo mantiene sotto controllo chi non si adegua ai principi morali
etici ecc… che sono indicati dalla religione ma coincidono al modo di vedere il mondo di un popolo; così spesso essa
esprime la cultura di un popolo.
 La religione differisce dal senso comune perché spiega la realtà contraddittoria con realtà più ampie, senza la pretesa di
cambiarle ma mirando ad accettarle e ad avere fede. Differisce dalla prospettiva scientifica perché diffida dell’apparire
non per uno scetticismo istituzionalizzato ma nei termini di quella che ritiene una realtà forte e non ipotetica, che non
va analizzata o studiata. Differisce dall’arte in quanto la religione ambisce ad avvolgere la realtà con un aura di parvenza
ed illusione, dando un senso di <realmente reale> che le attività simboliche si impegnano a produrre, intensificare e
rendere, dove è possibile inviolabile alle rivelazioni discordanti dell’esperienza laica, impregnandolo di autorità
persuasiva.

Alcune nozioni antropologiche relative alla religione


I culti individuali

 Praticati dal singolo individuo ma sempre all’interno di un codice di rappresentazioni (credenze) culturalmente e
socialmente condiviso (in italia le preghierine serali a Maria vergine)
I culti sciamanici

 Sono detti cosi i culti tipici nelle società dove il contatto con le potenze invisibili è affidato ad un'unica figura, dotata di
visioni del mondo soprannaturale, spesso associata al potere di curare malattie di vario genere.
 Caratteristica che distingue lo sciamano da un sacerdote è che esso nella vita quotidiana è un individuo come tutti gli
altri, e occasionalmente veste i panni della sua funzione.
 Ciò che differisce lo sciamano da un guaritore è che il primo ha la possibilità di entrare in stati di incoscienza (trance)
durante i quali contatta poteri soprannaturali. Talvolta le pratiche sciamaniche sono accompagnate da musica e
assunzione di sostanze psicotrope.

Possessione

 Spiriti e forze sovrumane si impossessano di determinati individui per parlare ed agire attraverso di essi.
 Può consistere in una trance, nella manifestazione di un ordine soprannaturale o divino, in una messa in scena di tipo
teatrale o altro…
 Le possessioni consistono in <esibizioni> organizzate di soggetti predisposti, che danno luogo a manifestazioni
sussultorie, scoordinate, di perdita del senso di tempo, spazio, dolore. Il corpo in questi casi diviene ricettacolo
dell’essere che se ne impossessa e funge da ponte tra i mondi.
 Casi noti sono i culti Vudù di Haiti, il morso della tarantola nella penisola salentina.
 Esistono casi di possessione istituzionalizzata, manifestazioni organizzate e approvate dalla società, come nelle isole
Bijagò esiste una possessione ritualizzata in cui le donne sono <possedute> dagli spiriti degli uomini defunti prima di
aver compiuto l’iniziazione. Così viene placato l’Orebok (spirito) e la donna viene riproposta come agente di fertilità in
grado di ridare vita agli spiriti dei defunti (anche i nuovi nati sono il <ritorno> delle anime dei defunti del matriclan)
 La possessione ritualizzata esiste anche in Madagascar, tra i Sakalava i re defunti continuano a <parlare> per bocca di
individui appartenenti a fasce subalterne della popolazione. Lo spirito si impossessa della persona e detta per bocca del
posseduto i propri voleri e pareri che saranno guida agli aristocratici.

Mana

 Il mana, secondo l’uso comune che ne fanno oggi gli occidentali è un medium invisibile che gli uomini cercano di
procurarsi presso gli antenati morti o gli dei.
 Questo è dovuto al fatto che l’espressione <mana per me> detta da un polinesiano rivolgendosi ad un antenato è stata
tradotta con <dammi il mana> mentre nelle lingue dell’oceania il mana è un verbi <di stato> i cui significati sono
“efficace, completo, forte” ed era utilizzato come benedizione; oppure era utilizzato con significato transitivo
<manizzare> nel senso di formula magica (verso una lancia per renderla più efficace)

I culti comunitari

 Pratiche religiose che vedono organizzarsi gruppi di individui accomunati da qualcosa, legarsi temporaneamente
unicamente per celebrare qualcosa. Sovente questi hanno funzione terapeutica, oppure sono legati a società segrete,
oppure sette suddivise sulla base del rango (come i cavalieri nell’europa medioevale)

Totemismo

 I primi studiosi parlavano di totemismo intendendo tutto ciò che utilizzasse termini di animali e piante in relazione a
individui e gruppi, e ritenendolo una forma di religione primitiva. Totem in realtà un comlesso di cose, dall’animale che
ha lo stesso nome del gruppo, al parente, a dei pali con incise le figure degli antenati mitici (corvo, castoro, balena…)
all’antenato eponimo (portante lo stesso nome del gruppo.
 Nel 1962 Claude lévi-Strauss dimostrò che il totemismo non è una forma primitiva di religione bensì un sistema di
classificazione dei gruppi basato sul repertorio di specie animali o vegetali strutturata secondo una logica di
contrapposizione e complementarietà.

I culti ecclesiastici

 Prevedono la presenza di un gruppo di individui specializzati nel culto, con questi culti siamo di fronte quasi sempre a
religioni con testi quasi sempre scritti e tramandati in luoghi speciali come scuole, seminari, monasteri, istituti nei quali
la classe sacerdotale riproduce un modello di autorità e di conoscenza teologica. Forti sono in questi casi le connessioni
con i detentori del potere politico, essi si ssostengono a vicenda grazie ad una visione ufficializzata dell’ordine cosmico.
Tabu

 La parola Tapù di origine polinesiana indica tjutte le proibizioni rispetto a cose che sono esse stesse tabù. Il concetto
polinesiano è utilizzato anche per qualificare le prescrizioni che i capi e le famiglie aristocratiche dovevano osservare
nei riguardi della gente comune per preservare il loro mana (forza, potere) nei confronti della gente comune.
 Qualcosa che è tabù o Off-limits, ha sempre un AGENTE (umano o non umano, dio o capo villaggio) che la definisce
come tale, Una PROSPETTIVA (ciò che non è permesso ad una persona può esserlo per una categoria di persone o
viceversa) e ciò che è tabù lo è per qualcuno e mai di per sé, ed un CONTESTO in cui è proibito, mentre esistono
circostanze o rituali particolari in cui è permesso.

2) I simboli e i riti
L’efficacia dei simboli sacri:
 I simboli sono la base di ogni rappresentazione (credenza) religiosa, ha scritto Clifford Gertz, servono a sintetizzare
l’etica, la visione del mondo ecc… essi significano dei concetti che riinviano ai valori fondamentali e ultimi di una
società.
 I simboli sono sacri ovvero come definì Emile Durkheim <separati> dalle cose profane, e a differenza di queste non sono
accessibili a tutti ma interdette.
 I simboli sacri agiscono su chi li recepisce, predisponendoli a certe azioni e/o suscitando particolari stati d’animo,
possono dare a chi li conosce un idea rappacificante di ordine, instillare la certezza che nonostante il mondo sia un caotico sistema di eventi
imprevedibili e dolorosi, vi sia una realtà sicura, vera e immutabile alla quale affidarsi.
 Come fa un simbolo a divenire sacro per qualcuno? Un cristiano reagisce alla croce, non in modo soggettivo, ma come fanno gli altri
cristiani, ed in modo differente da un buddista, ma in maniera ancor più distante di qualcuno che non sapesse nulla dell’esistenza del cristianesimo.
 Il simbolo è oggetto privo di significato in se, la cui sacralità è stata imposta ad esseri umani addestrati a riconoscerlo
come tale.
 L’addestramento ai simboli avviene attraverso i riti

I riti nella religione


 RITO è un complesso di azioni, parole, gesti, movimenti, suoni, la cui sequenza è prestabilita da una forma fissa. Una
sequenza di azioni mediante i quali vengono invocati i simboli, che proprio perché evocati in un contesto fuori dalla vita
ordinaria (sacro/separato) svelano il loro carattere sacro, e fanno si che dal rito scaturisca una forma di autorità.
 Nel rituale l’autorità si impone alle menti dei presenti e rende <evidenti> le verità di una religione. I riti suscitano
emozioni che facilitano l’introiezione di rappresentazioni dell’ordine cosmico.
 I riti “profani” ribadiscono il carattere sacro di alcuni simboli non religiosi. Di solito il simbolo sacro per eccellenza è la
bandiera o qualche altro stemma, che viene salutato, benedetto, esposto, ammainato ma una bandiera può anche venir
bruciata, strappata, calpestata o rinnegata perché si riveste di significati sacri che sono i valori ultimi che rappresentano
l’unità del gruppo. Essa non ha nulla di religioso ma molto di <sacro>

La molteplicità dei riti


 i riti di passaggio furono per la prima volta definiti così da Arnold van Gennep in un libro del 1909, intendendo quelle
cerimonie che sanzionano pubblicamente il passaggio di un individuo da una condizione sociale o spirituale ad un'altra.
La sua idea partiva dal presupposto secondo il quale il mondo sociale è ordinato in attività (professioni e cariche
pubbliche) e posizioni sociali (in famiglia, in gerarchie religiose), ogni cambiamento genera uno squilibrio che deve
essere compensato per ristabilire l’ordine. Ogni evento, dalla gravidanza alla morte è accompagnato da riti di
transizione. Secondo Gennep si suddividono in tre fasi: separazione (riti preliminari), margine (riti liminali),
aggregazione (riti postliminari). Genep come molti al tempo, riteneva grossolanamente che il mondo di quelli che
riteneva <primitivi> fosse profondamente segnato dall’opposizione sacro e profano in cui ogni sgarro avrebbe
provocato un alterazione dell’equilibrio.
 Il pellegrinaggio musulmano a la Mecca è un rito: la prima fase chiamata hiram è <l’assunzione della veste del
pellegrino> e tra le altre cose comprende lo spogliarsi dei propri abiti comuni per indossare la veste bianca prima di
entrare nello haram il recinto che idealmente circonda la mecca. Lo stato di hiram implica il distacco, il divieto (tabù) di
mangiare certi cibi, il taglio dei capelli, l’astensione sessuale; è la fase di margine che culmina con il sacrificio ‘i d al kabir
dopo di che il pellegrino potrà accedere alla vista e alla possibilità di toccare il simbolo sacro per eccellenza, la Ka’ba
(casa di Dio) e potersi così riaggregare alla comunità.
 i rituali funerari: la morte è ovunque un evento drammatico di fronte ad essa le comunità si aggrappano ai valori
fondatori, richiamandoli con gesti e azioni per cercare in essi un ordine confortante. L’evento funebre si contrappone
ovunque alla vita, e vi è la necessità di <darvi un senso>. Presso molti popoli a tali riti vengono accostati elementi che
richiamano i temi della fertilità , anche se per noi occidentali il binomio Sesso+morte costituisce scandalo (perché non è
tra i nostri valori fondanti), in altre culture tra sesso+morte+rinascita sono in continua relazione. Bisogna poi ricordare
che i rituali funerari non contemplano tutte le complicate dinamiche psicologiche del lutto.

i riti di iniziazione
 sanciscono il passaggio degli individui da una condizione sociale/spirituale ad un'altra, con tutti i benefici e le
responsabilità che il nuovo status comporta.
 I riti della pubertà vengono ancora svolti, e hanno speciale importanza quelli al femminile. Soprattutto nelle piccole
comunità (soggette a accidenti demografici notevoli da carestia, pestilenze ecc..) è sempre stato vitale il controllo delle
capacità riproduttive. Presso alcuni gruppi si impongono periodi anche talvolta molto lunghi di isolamento, rigide
proibizioni sul piano alimentare, modo di abbigliarsi e comportamento.
 Altre iniziazioni possono riguardare lo stato di adolescente, giovane guerriero, adulto, padre di famiglia, ma anche
l’affiliazione di individui a gruppi malavitosi o società segrete.
 Tra le iniziazioni a società segrete (correlati alla dimensione religiosa della comunità) sono noti quelli degli Hopi
(agricoltori del sud-ovest degli stati uniti) e dei Mende (contadini africa occidentale, sierra leone).. non società che
tramano nell’ombra, ma gruppi conosciuti da tutti, che però non rivela a chiunque i propri riti e oggetti cerimoniali.
Entrambi i popoli praticano l’isolamento degli iniziandi, i primi in stanze sacre sotterranee, i secondi nella foresta, per
enfatizzare la separazione dalla vita ordinaria, dalla quale torneranno per riaggregarsi godendo di un nuovo status. Nei
riti Hopi e Mende, la fase marginale segna il contatto con gli spiriti, spesso di antenati o in generale di chi ha fatto
l’iniziazione… poiché autorità e anzianità sono condizioni che possono essere raggiunte solo progressivamente, e poiché
in molti casi l’anzianità è qualcosa che evoca l’autorità suprema degli antenati.
 Sotto la spinta globalizzatrice, le società segrete vengono ad acquistare significati inattesi, Tra i Mende della Sierra
Leone, è presente la società segreta femminile Sande (il corrispettivo maschile è la società Poro). I Mende sono ora in
larga misura islamizzati, ed i più rigoristi negli anni ’80 insistettero per abolire tutti i residui del paganesimo, tra qui la
società segreta Sande, per attirare l’attenzione di elité urbane disposte ad elargire risorse in vista di una maggior
diffusione della fede musulmana in arabia Saudita. In un primo momento scomparvero le maschere rituali, ma le
iniziate manifestarono il loro disappunto, ostentando gonne corte, orecchini, occhiali da sole e magliette attillate con
auricolari alla <occidentale>, per creare una linea comune di resistenza, che poi si riappropriò anche delle maschere
delle loro divinità protettrici della femminilità. Resistettero così contro i modernizzatori che volevano cancellare le
tradizioni e contro i tradizionalisti.
 Alcuni riti di iniziazione non sono pubblicamente riconosciuti e si presentano in maniera meno strutturata, come il
compiere certe azioni violente, pericolose (le cosiddette bravate) in cui gli individui danno <prova di coraggio> e si
fanno accettare da un gruppo (ubriacarsi, guidare a pazza velocità o compiere gesti violenti)

3) Concetti e Culti
La secolarizzazione e le nuove religioni
 Secolarizzazione: ritrazione progressiva del <sacro> da vita sociale e sensibilità individuale. Ad oggi non pare più un
moto inarrestabile, e vediamo il fiorire di nuovi momenti religiosi; dunque ciò che forse sta avvenendo è una
riformulazione del sacro in molteplici direzioni.
 In occidente sono sorte nuove manifestazioni di massa, anche favorite dai social media, che portano alla
concentrazione di molti individui in luogo <sacro>. I pellegrinaggi sono presenti da epoche lontanissime, ma la facilità di
spostamento odierna, causa talvolta imprevisti riversamenti di innumerevoli folle, che si radunano.
 Con privatizzazione. Si intende una diffusa religiosità <fai da te> che sintetizza rappresentazioni e riti provenienti da più
tradizioni e religioni. È una forma di disancoramento o ribellione da quelle che in passato erano ritenute valide e
indiscutibili fonti di autorità
 Un'altra trasformazione importante e inquietante è l’essenzializzazione , che consiste in una riduzione della fede a
discorso di pura contrapposizione etica, politica e culturale.

Se molte religioni sono nate in risposta al disorientamento causato dalla colonializzazione, oggi sono gli squilibri tra le aree del
pianeta a rafforzare i culti nati in epoca coloniale. Questi culti sorti in seguito a mutazioni sociali nel 900, vengono chiamati
movimenti.
 Movimenti di rivitalizzazione puntano ad un miglioramento delle proprie condizioni di vita, i loro riti e rappresentazioni
mirano a rivitalizzare il senso di identità del gruppo. Un esempio sono i movimenti nativo americani, centrati sulla danza
dello spirito che si diffuse nell’800 e fu brutalmente represso con il massacro di Wounded Knee
 Culti millenaristici accentuano le rappresentazioni relative all’avvento di un era di pace e felicità che può essere favorito
da particolari rituali o predisposizioni spirituali degli individui. Un esempio sono le predicazioni del cristiano Gioacchino
da Fiore che prevedeva un regno di Dio sulla Terra, che avrebbe dovuto avere la durata di un millennio.
 I movimenti nativistici sono quelli che fanno propria la protesta contro le posizioni di svantaggio subite da certe
popolazioni oppresse, che mirano a rivendicare la propria identità dal culto della cultura del gruppo al potere.
 I culti messianici sono quelli legati al carisma di una forte personalità, e che spesso nei paesi a dominazione coloniale
hanno costituito il supporto ad ideologie indipendentiste, nazionaliste emergenti.
 Ogni tipo di movimento tende a fondere in se anche i caratteri degli altri in diverse misure. Un esempio di convivenza di
culti nativistici, di rivitalizzazione e messianici è il culto del cargo dell’area melanesiana post WW2. Il culto e i suoi riti
ruotano attorno all’idea che il cargo (bastimento carico di beni proveniente da occidente) sia stato inviato dagli antenati
per risollevarli dalla decadenza derivata dalla coloializzazione, e per aiutarli nel riscatto dalle culture dominanti dei
bianchi. Questo culto si presenta legato all’universo rituale e mitico locale, accosta la volontà di acquisire beni e potere
dei bianchi e tenta di ridefinire la tradizione. Si sovrappone al tema del viaggio per mare dei morti, il viaggio di arrivo
degli occidentali, entrambi sono responsabili del disordine e di una possibile restaurazione dell’armonia, sociale e
cosmica.(spesso scambiati vicendevolmente). Questi culti tentano di rendere ragione della loro superiorità e
contemporaneamente tentano di appropriarsene. Cercano di manipolare i simboli dei bianchi, scatolame, utensili,
monete, bandiere ecc…

Le religioni e la globalizzazione:
Gli sconvolgimenti prodotti dal colonialismo hanno dato origine a culti che possiedono i caratteri di movimenti organizzati con
coloritura politica, altri hanno caratteri molto più specifici e si sviluppano all’interno di gruppi migratori e simili, altri possiedono
carattere transazionale o perfino virtuale come il culto mariano su internet.

Culti legati alle trasformazioni economiche: EL TIO

Il culto di El TIo si è diffuso tra i minatori delle comunità minerarie della bolivia, allo scopo di dare un senso alle trasformazioni
sopraggiunte in seguito al loro inserimento in un processo produttivo globale controllato dalle multinazionali.

I minatori di stagno hanno sviluppato un rapporto con il loro lavoro in chiave demoniaca. Ufficialmente sono cristiani ma
praticano il culto degli spiriti. El Tio (lo zio) controlla le risorse del sottosuolo, viene raffigurato in forma di diavolo con gli occhi
assetati del sangue dei minatori; ad esso loro sacrificano piccoli animali e rivolgono preghiere affinché consenta di trovare lo
stagno.

El TIo, per gli studiosi, sintetizza l’idea del delicato equilibrio tra i cicli naturali e il peso di una logica dello sfruttamento infinito
delle risorse naturali (capitalismo), i minatori sono dipendenti dalla natura, ma per poter sopravvivere contribuiscono alla sua
distruzione impotenti di cambiare le cose.

Culti legati alla perdita di identità sociale: MAMI WATA

Mami Wata, bella e seducente, dai capelli lunghi e la pelle chiara, è una divinità femminile dell’acqua, che fonde elementi della
rappresentazione indù e cristiana, che si è diffusa nell’africa occidentale. Mami Wata è ciò che rende pensabile il <disagio della
modernità> tra gli africani inurbati e quelli migrati in europa; ciò che giustifica il loro essere tra due mondi uno rurale e uno
metropolitano, come la loro dea mezza donna e mezza pesce.

Gli altari dedicati alla dea in Africa sono ricoperti di oggetti come Bibite, dolciumi, profumi, talco, occhiali da sole e altri <beni
superflui> che sono però usate da tutte le donne di città. I fedeli credono che la dea li ricompensi con fortune improvvise ma
anche li punisca con povertà e pazzia in caso provochino la sua collera. In lei è forte il legame con Denaro e Sesso, è fornita di un
irresistibile fascino ma risulta indipendente e sfuggente, volubile di umore e instabile come la vita in città.

Alcune donne seguite dall’etnopsichiatra, hanno dichiarato di essersi unite al culto in concomitanza con eventi traumatici della
vita che le hanno obbligate a distaccarsi dal sistema di relazioni famigliari e affrontare una vita spesso in contraddizione coi
valori della loro cultura di provenienza. Molte manifestavano disturbi sessuali e disagi nei confronti del proprio corpo.

Culti in rete: FIGURE SACRE SU INTERNET

Le nuove capacità comunicative fornite dalla rete hanno aperto un nuovo livello di comunicazione religiosa che comprende:
delle <fotografie> dall’aldilà, immagini del volto dei santi, di cristo e di Maria che sono apparsi, oppure intravisti nelle nuvole
ecc…
La comparsa di internet vanifica le distanze, produce una deterritorializzazione della religione, per esempio creando comunità
virtuali di credenti che si conoscono solo grazie alla frequentazione degli stessi siti web… siti in cui la figura di Dio sembra svanire
diventando quasi un soggetto secondario rispetto alla presenza sovrastante della rete media.

Religione, media e politica


 L’essenzializzazione, l’idea che la cultura sia sinonimo di religione è in parte sbagliata oltre che pericolosa. Oggi la fede
sembra tornare ad essere riferimento per migliaia di gruppi di persone che si uniscono nel cercare un senso per la loro
vita, ma viene percepita anche come una rappresentazione totalizzante, coerente e capace di definire intere identità
culturali; questa visione estremamente comoda e semplificatrice cerca qualcosa di immediato che esaurisca molteplici
espressioni culturali, popoli, tradizioni, costumi, strutture sociali e sensibilità molto diverse
 La teoria del politologo Samel Huntington prevede un futuro <ordine mondiale> fondato sulla contrapposizione di
culture identificabili con la religione, è ampiamente contestata in ambito scientifico, quanto condivisa da leader politici
e giornalisti in quanto semplice da recepire, immediata e scenica.
 Considerare Senegalesi, popoli dello Yemen, della Nigeria e del Pakistan “musulmani” è come considerare gli Ngaing
della Nuova Guinea, i minatori dello stagno boliviani, gli abitanti di grottamare, abitanti di qualche paesino delle alpi
trentine e i frequentatori dei siti mariani … soltanto “cristiani”.
 Il processo di essenzializzazione è favorito dai media, incuranti del fatto che potrebbe produrre forme di
contrapposizione irriducibile laddove potrebbe esserci spazio per del dialogo interreligioso…. Difatti le persone sono
genericamente consie della complessità di ciò che li circonda, ma con facilità possono cadere nell’errore di utilizzare la
religione per rappresentare gli altri.
 Un esempio dell’intreccio tra religione, media e politica è la rappresentazione televisiva del poema epico-religioso indù
Ramayana. Rama non è solo un re mitico ma anche l’avatar (personificazione) del Dio Vishnu. Ed il Ramayana è il testo
al quale non solo gli Indù fanno riferimento, come ad una specie di <paradigma> che utilizza come serie di <casi
esemplari> la storia di amicizie, amori, tradimenti, lotta contro il male di Rama. L’ elemento ideologico-religioso si
insinuò presto, in molti casi la visione del programma comportava l’assunzione di comportamenti, atteggiamenti e
posture rituali prima e durante la trasmissione. A promuovere la produzione della trasmissione fu un dirigente di
religione sikh, che avrebbe voluto trasmettere storie di tutte le principali religioni presenti in india e favorire la
comprensione reciproca; l’opposto fecero i nazionalisti che alla trasmissione diffusa pacificamente diedero la
benedizione, trasformandola in una macchina di demonizzazione del musulmano. Essi identificarono induismo con
<indianità> e fecero circolare l’idea di un india <pura> precedente a buddismo, islam e cristianesimo.
 Nel 1992 l’anno successivo alla trasmissione di Ramayana i nazionalisti organizzarono una marcia su Ayodhya, una città
dell’india settentrionale dove si trova la moschea di Babur, fatta costruire dal primo sovrano Moghul… dove gli invasati
sostenevano in precedenza si trovasse un tempio di Rama costruito sulla sua città natale. A seguito di scontri cruenti
con i musulmani e l’esercito indiano riuscirono a demolire una delle moschee più belle del continente indiano.

il fondamenta mentalismo religioso


 Il fondamentalismo è uno stile di pensiero o comportamento di chi prospetta un <ritorno> a quelli che si pensano
essere i fondamenti della sua religione. Tali fondamenti sono i testi sacri, che vengono interpretati in maniera letterale
e dogmatica.
 I fondamentalisti cristiani americani credono che il mondo sia stato creato in sette giorni e che il racconto del diluvio
universale sia storicamente accurato e la terra sia vecchia poco più di quattromila anni.
 I fondamentalisti musulmani ritengono che la vita delle persone debba adeguarsi alle linee guida del corano; un libro
composto milleduecento anni fa, che non ha scritto nulla al riguardo.
 I fondamentalisti ebrei interpretano letteralmente le scritture e vogliono ricostruire il tempio di Gerusalemme distrutto
dai romani nel 70 d.C. abbattendo tutte le moschee li da quasi 4 secoli.
 I fondamentalisti indù in india ritengono che solo chi creda nella loro fede sia un <vero indiano> e gli altri debbano
essere espulsi dal paese o convertiti con la forza.
 Il fondamentalismo si distingue per un idea rigida della tradizione, per un atteggiamento oppressivo e intollerante
verso chi non ha le stesse idee o fede. Ciò minaccia in molti casi la libertà di pensiero, di espressione e di scelta da parte
degli individui.
 Atti particolarmente violenti sono stati compiuti dalle milizie armate nel nome dell’islam. La religione non è però la
causa di queste azioni, le quali hanno motivazioni molto complesse (economiche, culturali, sociali e storiche), ma spesso
sono accompagnate da un interpretazione intollerante, radicale e rigida di una fede religiosa.

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