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EMOZIONI DELL’INTELLIGENZA. Un percorso nel sensorio digitale.

(Pietro Montani)
PREFAZIONE:
Dopo la diffusione del Web interattivo e di innovativi smartphone, è comparsa una nuova forma espressiva sincretica,
nominabile come “SCRITTURA ESTESA”, fondata sull’implementazione di processi di integrazione reciproca tra
elementi espressivi eterogenei -l’immagine, il linguaggio e il suono sono i principali-, composti nella creazione
solitamente, di forme “forme brevi”.

Questa nuova forma di comunicazione ipersemplifica, crea addiction/dipendenza, disabilitando le pratiche virtuose
della memoria e dell’attenzione, scatenando istinti primitivi e aggressivi.

Ma potrebbe portare un elevazione di qualità nei campi della semplicità e della rapidità comunicativa, potrebbe non
sollecitare solo le sensibilità primitive ed in elaborate degli haters e del cyber-bullismo, potrebbe non essere limitata ai
due poli del narcisismo indiscriminato del selfie e quello della dipendenza da videogiochi, potrebbe infine questo
sensorio, non conformarsi al modello di flusso comunicativo indeterminato ed acritico il quale rigetta l’introduzione di
scansioni e divisioni interne, come quelle adottate nelle pratiche scritturali.

L’integrazione tra diversi linguaggi non è nulla di nuovo, poiché la scrittura fonetica si avvalse a suo tempo dei
pittogrammi e che il parlato viene oggi costantemente integrato da gesti. (i quadri da didascalie)

Le forme brevi che si fanno veicolo di questo sensorio digitale, trovano il loro principale nutrimento nella cultura
audiovisiva moderna, soprattutto nel cinema. Esse lo fanno selezionando alcune delle sue linee di forza, come
l’espressione simile ad un fenomeno discorsivo (sequenziale, discorsivo, leggibile), piuttosto che ad un fenomeno
iconico (simultaneo, pregnante, impressivo)

Così Pietro Montani sostiene che: <<se è stato grazie al cinema che noi moderni abbiamo imparato a leggere i testi
composti nella scrittura sincretica nata nel contesto della producibilità tecnica dell’immagine, sarà ancora grazie al
cinema che sarà bene guardare al fine di implementare al meglio la nostra capacità di trasformare adeguatamente
quest’abilità passiva in un’attività espressiva generalizzata.

Capitolo primo
IMMAGINI DA AUTENTICARE: una forma dell’emozione estetica nell’epoca digitale.
Il 27 novembre 2019 Feroza Aziz, americana diciassettenne di origini afghane, ha postato un tinto, identificabile a
primo impatto come un tutorial per l’uso di un piegaciglia ma senza apparente soluzione di continuità si rivela come
discorso di denuncia delle persecuzioni cui eè sottoposta la minoranza Uigura in Cina.

Il post si sintonizza su un registro emotivo molto mediato, orientato alla spiazzante dissociazione del rapporto di due
componenti della comunicazione solitamente sincronizzati. Utilizza l’effetto sorpresa di una piattaforma nota per la
sua svagata leggerezza e richiede attenzione proprio come fosse un tutorial.

Il Web può essere descritto e vissuto come ambiente, ricco di materiale “semiotico” (immagini, suoni, parole) utili al
fine della creazione di artefatti della comunicazione digitale sempre più evoluti verso forme libere, creative, riferibili a
finalità elaborative e individuanti.

L’utilizzo di materiale proveniente dal Web da segno di volersi fare occasione di processi elaborativi simili a quando
affrontiamo un lutto o traumi senza anestetizzarli (oltre alle classiche modalità di un sentire ironico e parodistico), per
la produzione di artefatti espressivi specificatamente destinati alla condivisione.

Ironia e pathos sembrano cooperare, rivolgendosi ad un sensorio digitale caratterizzato da una spiccata componente
riflessiva, anziché ad una sensibilità caduta in balia dell’ im-mediato e dell’ in-elaborato appartenente al Cyber-
bullismo o alla xenofobia.
SENSORIO DIGITALE: “condizione tecno-estetica o modo di essere della sensibilità” intimamente incorporato in una
tecnologia ed alle specifiche esperienze emotive che ne discendono.

Due tratti distintivi della tecnologia in nostro possesso sono l’elemento dell’archivio (nei termini freudiani del
ricordare e ripetere) e delle procedure necessariamente sincretiche (intermedialità) che incrementano, riscritturano e
rielaborano quella immensa memoria esternalizzata.

Osservando il fenomeno del Selfie senza pregiudizi, non è che la prima superficiale emergenza espressiva
dell’invertibilità di campo di ripresa (retrocamera) concessa ora da tutti gli smartphone. Esso significa collocarsi in uno
spazio strutturalmente segnato da una caratteristica visione diametrale ed Inscritto.

Il selfie è un intuizione dello spazio dominata dalla figura tecno-estetica della REVERSIBILITA’ che ci fa guardare al
fenomeno successivo della “condivisione”.

CONDIVISIONE è un modo di corrispondere al gioco della reversibilità impegnandoci in un investimento propriocettivo


assimilato dalla tecnologia.

Montani sostiene l’idea che l’insorgere di una tecno-estetica relativa alla produzione e riuso di immagini audiovisive
digitali sia caratterizzata da marcate modalità riflessive e differite del phatos (simili al lavoro del lutto e rielaborazione
dei traumi), per tre caratteristiche soprattutto: il “carattere interattivo”, l’ “orientamento testimoniale”, “la cura del
sé”.

Il carattere interattivo riguarda infatti una modificazione significativa del nostro rapporto con la sinergia parola-
immagine, carico di notevolissime opportunità espressive. Un evento storico-epocale che ha modificato l’approccio
antropologico alle immagini tecniche.

Il materiale preso dal web viene riorganizzato principalmente secondo due direttrici, la prima riconducibile ad una
volgarizzazione della pratica del “Deturnement” già teorizzata da Guy Debord , come l’ironia, la satira, il web attivismo,
i meme; dove prevale l’aspetto de-costruttivo. La seconda direttrice è definita come Testimonianza per via di
autenticazione dei conflitti, di insurrezioni, movimenti di protesta, guerre, testimonianze legate ad eventi che
insomma hanno lasciato un segno profondo nel vissuto di intere comunità piccole o grandi… o iniziative politiche e
tutto ciò a cui bisogna prestare attenzione (come la deportazione degli Uiguri in Cina o le migrazioni-fuga dai conflitti
in Africa).

La terza evidenza consiste nel fatto che nell’approccio ai materiali del web è sempre più frequente l’invenzione di
forme espressive che afferiscono a strategie di individuazione e cura del sé, e cura delle immagini tecniche, sempre più
fortemente sentite come parti essenziali del sé e dei processi di individuazione (non solo auto individuazione). *

*non più giudicabili nella chiave dell’originalità estetica o del modello di complessità dell’esperienza artistica.

In tutti questi processi, esiste un riferimento a quella particolare qualità delle emozioni che la poetica antica chiamava
“catarsi”

1.1 La catarsi nelle forme brevi


I concetti “processo di catarsi” e “emozioni dell’intelligenza” sono stati sviluppati nei saggi sulla psicologia dell’arte
dello psicologo russo Lev S: Vygotskij (1972) in un saggio dedicato alle forme brevi.

Le EMOZIONI DELL’INTELLIGENZA comportano uno specifico processo di elaborazione (nella relazione freudiana
“ricordo, ripetizione, elaborazione”), l’intervento catartico avviene difatti solo ove qualcosa di imperfettamente
ricordato viene messo nelle condizioni di lasciarsi ri-prendere; Esso converte la ripetizione coatta – fonte di sofferenza
e di estraneazione – in rielaborazione – fonte di sollievo e autoconsapevolezza.

Il processo si disperderebbe se riferito a testi ampi e complessi, non può coincidere con la singola immagine.

Va detto che esse sono modi di sentire legati più alla forma che non ai contenuti, sono emozioni della forma.
A produrre le emozioni dell’intelligenza, Vytgotskij trova particolarmente adatti la favola, il racconto e il formato
standard del film (un paio d’ore), composizioni brevi in cui gli effetti di struttura risultano più semplici e icastici,
nonché più facilmente richiamabili alla memoria in una sinossi intuitiva unitaria.

Qui, l’effetto “catartico” nasce dall’attivazione simultanea di opposte correnti emotive, quali la fabula (legata al
contenuto narrativo) e l’intreccio (legato alla composizione strutturale ed al montaggio); esse procedono su due linee
parallele che nelle ultime battute vanno in cortocircuito.

La catarsi esercita un effetto retroattivo sull’intera esperienza di lettura e a partire dal cortocircuito accade al lettore di
ripetere in modo condensato l’esperienza testuale che ha visuto.

Nella fiaba del lupo e dell’agnello la battuta del lupo “la colpa tua sta già nel fatto che ho voglia di mangiarti”, è il
momento catastrofico in cui il lettore si rende conto che qualcosa gli faceva già oscuramente presagire quanto la
difesa dell’agnello (e più drammaticamente della ragione in quanto tale) fosse lontana dal potersi fondare davvero
solo su motivazioni giuridiche.

Esso se ne accorge solo in un tempo secondo, è un esperienza tragica e profonda quanto il pathos, con un sentimento
di divertito riconoscimento della propria ingenuità nell’essersi lasciato mansuetamente ingannare dall’autore, unito ad
un esperienza riflessiva ed elaborativa di “chiarificazione” delle parti opache del sé. È qualcosa che deve essere
ripetuto e diversamente ricordato per poter essere assunto in un elaborazione.

Per Freud il “ripetere” denotava un effetto patogeno del rimosso, un “disagio dell’immaginazione” che dalla coazione
a ripetere viene deprivata dello spazio di gioco necessario per convertirla in un ricordo. Escluso dalla memoria
esplicita per contro, l’elemento rimosso si fa presente nella ripetizione dolorosa di comportamenti coatti. La
risoluzione di questa modalità patogena viene messa in carico al processo di elaborazione guidato dall’analisi, che può
sostituire al ripetere, una ri-presa immaginativa. Ovvero una catarsi nel senso Vytgotskijano del termine.

Walter Benjamin utilizza il concetto di ripetizione come torsione, ripresa appropriativa e autenticazione nel concetto
di Bild “immagine dialettica”.

L’immagine dialettica è una figura che si ripete in un'altra immagine (del passato), o la si ripete, in modo
tale da chiarificarla o da venirne chiarificata, secondo un movimento dialettico attualizzante e rivelativo.
Un immagine per il nostro presente (Jetztzeit) che ci svela qualcosa di noi stessi e della chance che ci si offre ai fini
della redenzione memoriale del passato (cioè delle sue vittime) e dell’autenticazione del nostro tempo che in questo
modo può essere salvato.

Un immagine che ha bisogno di un montaggio e di un gioco di andirivieni con il tempo, operato dallo storico
materialista o dall’artista politico; persone che mirano a fare la storia –a scriverla o a riscriverla, cioè a ripeterla-
montando delle immagini dialettiche o cimentandosi nel material engagement con le finalità di interazione,
testimonianza per via di autenticazione, cura della memoria comune e cura di sé.

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