Sei sulla pagina 1di 25

LUDOVICA MALKNECHT

- IL RISCHIO DELL’IDENTITÀ -
ETICA E COMUNICAZIONE NELLA WEB SOCIETY

INDICE

I. Soggettività e new media

II. Etica e complessità sociale

III. Pratiche di distanziamento: arte e narrazione

1
I
SOGGETTIVITÀ E NEW MEDIA

Mentre l'estensione del campo d’esperienza e le interdipendenze globali


incrementano le esigenze comunicative proprie della società complesse, la
comunicazione si sottrae al dominio soggettivo e intersoggettivo per rendersi
autonoma nelle dinamiche sistemiche diventando sempre più astratta e
tecnologicamente supportata riducendo al suo interno il potenziale espressivo,
l'ambito del dicibile, dell'arabile e del rappresentabile nei termini di un'elaborazione
dell'esperienza intersoggettivamente condivisa e socialmente mediata. Da un lato
quindi le tecnologie della comunicazione restituiscono la dimensione primaria di
questa macro realtà ma dall'altro la comunicazione che viene meno al controllo e alla
disponibilità pratica ed espressiva del soggetto, assolve una funzione sostitutiva
dell'intermediazione sociale, mantenendo solo l'apparenza della mediazione quindi
facendo apparire il rispecchiamento individuale come esperienza relazionale e
l'esperienza mediata tout court come esperienza propriamente comunicativa. Le
suggestioni postmoderniste iscrivevano già la crisi del soggetto nell'economia di un
gioco di apparenze esonerate dal riferimento alla realtà ma l'apparenza di cui si nutre
il soggetto contemporaneo che vive nella dimensione del disincanto anche rispetto
alla condizione post-moderna, supplisce alla mancanza di fondamenti, traendone
l'esigenza.quasi attestando la radicale incompatibilità di una presunta società della
comunicazione con una società del rischio, il sistema globale si configura come un
dispositivo di accelerazione nella costituzione del sé sia a livello individuale sia a
livello collettivo, dando luogo a identità "di emergenza" ovvero costituite a
prescindere da un compiuto o almeno esteso processo relazionale e comunicativo. In
questo contesto, la vulnerabilità a cui è esposto l'individuo proprio nel processo di
soggettivizzazione procede in dalla condizione paradossale che John B. Thompson, fa
derivare dal "sovraccarico simbolico" che grava sull'individualità in un ambiente
mediato di dimensioni globali. Thompson concepisce questo paradosso come un
"doppio senso della dipendenza dai media", Non consentendo di congedare il
riconoscimento di una soggezione al potere mediatico da parte del soggetto odierno.
La costruzione di biografie individuali con materiali simbolici attinti dall'esperienza
mediale moltiplica le occasioni riflessive del sé in quanto, secondo Thompson,
estende il campo di esperienza individuale mediante il confronto con materiali
simbolici di provenienza diversa che permettono la riflessione critica. Tuttavia,
affinché tale estensione esperienziale, abbia effettivamente luogo, è necessario che
l'individuo proceda da un’autorappresentazione situata, in grado di fornirgli essa
stessa il metro di tale estensione.a differenza dei mezzi di comunicazione di massa
unidirezionali, la Rete pone l'individuo a una scelta amplificata dei contenuti,
selezionati in base alle esigenze dell'individuo stesso, sia che questi siano estensive
dell'esperienza che procedono in direzione contraria ovvero rivolte al consolidamento
identitario, individuale o comunitario. Rispondendo al disagio della post modernità
con una radicalizzazione la domanda identitaria, le pulsioni fondamentali della
2
soggettività contemporanea testimoniano il fallimento di quella stessa categoria
interpretativa. Lo attestano le forme di aggregazione tribale considerate da Michel
Maffesoli, le quali, più che una reazione al diktat progettuale dell’individualismo
governo, portano oggi alla luce le patologie emotive della soggettività post-moderna,
così come le diverse forme di raggruppamento attorno a identità primarie, individuate
da Manuel Castells, sono identificative di un rapporto soggetto-comunicazione che
esige il ripensamento delle tecnologie della comunicazione da un lato in quanto
infrastrutture della società globale e dall'altro nel loro potenziale creativo di
emancipazione individuale. I soggetti sono stimolati alla ricerca di riconoscimento, di
personalizzazione, di appartenenza rivolte ad affermare non solo la singolarità
minacciata della propria esistenza ma anche la sua contestualità di senso. Castells
definisce il rapporto tra la Rete e l’io come un "rapporto bipolare”. Espressione
strumento dello scenario globale, le tecnologie digitali e il web come dispositivi di
potenziamento individuale rendono quantomeno controversa la coincidenza di tale
potenziamento con un compiuto potenziamento della soggettività. Il passaggio dai
media unidirezionali a I media interattivi e la pluralità di dispositivi che favoriscono
la possibilità di creare percorsi personalizzati tanto nella ricezione e quando nella
creazione di contenuti vengono decisamente incontro alla domanda di
personalizzazione, inserendosi e, allo stesso tempo, dando luogo a una contingenza
tecno-epocale che assume tratti effettivamente caratterizzanti nell'interazione delle
sue opposte polarità e nelle sue implicazioni politiche e sociali, con ricadute sulla
soggettività che ne alterano i processi costitutivi. Animato dal bisogno di un'identità
strutturata e di un'esperienza coerente, l'individuo cerca nell'esperienza mediale
occasioni narrative del sé, come quelle offerte in modo paradigmatico dai social
network, con la trascrizione continua dell'esperienza, ovviamente selettiva, ma che,
secondo il vecchio schema dell'analisi massmediale, nel presentarsi come immediata
rafforza l'effetto della finzione occultando la selezione. Ciò che risulta peculiare è che
l'esperienza narrata sia essenzialmente esperienza di sé: biografie personali che
rifuggono la finzione esplicita per risultare invece dalla ricomposizione dei
frammenti del quotidiano, dalla scelta di ciò che dovrebbe individuare il singolo non
più nella massa ma nella Rete. Il fenomeno non rimane circoscritta i social network,
ma investe a tutto campo anche la sfera dell'informazione, richiedendo criteri di
selezione o di scelta che rendono l'informazione stessa occasione autoriflessiva di
personalizzazione. L'impegno nella "costruzione" dell'identità alimenta
l'autoreferenzialità di un soggetto che gestisce o produce informazione secondo criteri
che ruotano esistessi intorno all'affermazione individuale. Il progetto riflessivo del se
si traduce così nella distrazione del potenziale comunicativo nell'auto riflessione e
non nell’estroflessione degli atti comunicativi, conoscitivi o dell'azione come tale. Le
strategie e i dispositivi di personalizzazione o privatizzazione dell'esperienza
comunicativa tecnologicamente mediata esprimono ed instaurano quell'immediatezza
nel rapporto soggetto-comunicazione che Mario Morcellini riconduce direttamente
nei termini di una "trasformazione antropologica" con crisi delle istituzioni. In un
simile orizzonte esperienziale, ciò che viene richiesto alle tecnologie della
comunicazione è di configurare, come rivela Geert Lovink a proposito dei blog
"strumenti per la gestione del sé; per gestione intendo il bisogno di strutturare la
3
propria vita, risistemare il disordine, dominare l'immenso flusso di informazioni”. La
crisi delle mediazioni instaura il paradosso di un individuo che assume se stesso come
centro, criterio e fonte di senso per rimediare alla condizione di decentramento e alla
percezione di assenza di senso secondo una dinamica che restituisce, a livello
individuale, le stesse pratiche autofondative di socialità comunitaria-identitarie. Lo
scollamento della dimensione individuale da quella soggettiva, che collassa insieme
ai riferimenti valoriali e istituzionali, rende l'individualità una dimensione residua e
depauperata del soggetto umano e vanifica le utopie comunicatorio-collettive
associate all'avvento dei new media, dissolvendo l'illusione che il potenziamento
dell'individuo supportato dalle diverse forme di esperienza in rete, possa
effettivamente essere celebrato rispetto al suo stato di crisi profilandosi invece con
maggiore plausibilità quale indicatore di uno stadio di crisi più avanzato. L'inedita
convergenza delle diverse tecnologie che Michel Foucault affiancava alle "tecnologie
del sé" indicandole come interdipendenti ma separate e associate a diverse forme di
dominio, rende problematico mantenere una distinzione non solo tra le diverse
tecnologie ma anche tra le forme di dominio a essi associate dato che il fenomeno
della "convergenza" investe questi stessi aspetti creando una tensione di forze che
incombono sull'individuo come strumenti di accelerata dispersione o frammentazione
cognitiva, relazionale, culturale. L'identificazione di mediazione potere fornisce
inoltre l'alibi per celebrare nella crisi della mediazione l'adempimento di istanze
emancipatorie e libertarie.

E gli esordi della mediatizzazione di massa, le analisi sociali, hanno evidenziato il


nesso tra la crisi del soggetto moderno e i mezzi di comunicazione secondo livello di
comprensione che è stato elaborato nei termini di un mutamento antropologico e ha
ripensato lo statuto stesso dell’individualità. Dal riconoscimento di un rapporto
direttamente causale tra la diffusione dei media e le dinamiche di alienazione e di
reificazione del soggetto, funzionali alle istanze del dominio economico e politico,
emergeva un paradigma soggettivo caratterizzato da passività, atrofia delle facoltà,
conformismo, integrazione, evidentemente connessi alla dinamica unidirezionale "old
media”, ma l'avvento dei new media a messo in discussione il modello interpretativo
imperniato sull'impatto dei mezzi di comunicazione e sulla loro configurazione
sistemica un fenomeno che è stato prevalentemente associato a un ripensamento della
soggettività in termini di interazione, partecipazione, libertà, personalizzazione. Si
tratta di un modello interpretativo in base al quale si è creduto di intravedere
nell’interattività digitale la riabilitazione di un soggetto qualitativo sottratto, grazie
alla molteplicità globale delle sue connessioni e relazioni, tanto all'astrazione e
all'isolamento in un'autonomia di matrice individual-liberale, quanto alla sua
dispersione nelle dinamiche di massificazione sociale. Una simile riabilitazione del
soggetto e del suo protagonismo all'interno dei new media manifesta da un lato la
continuità culturale con l'euforia del soggetto post moderno dall'altro attribuisce al
nuovo assetto sociale e tecnologico la possibilità di adempiere le promesse
emancipatorie della modernità circa il potenziamento della ragione strumentale
(promesse legate a inedite forme di intelligenza collettiva e/o connettiva, in grado di
farsi carico come sostiene Pierre Lévy "Dei grandi ideali di emancipazione della
4
filosofia dei Lumi”). I nuovi soggetti vengono così collocati agli antipodi del soggetto
"mutilato" e rettificato nelle sue funzioni che la teoria critica indicava come prodotto
del circuito mediatico e produttivo del tardo capitalismo, mentre le varianti della
nuova soggettività evidenzierebbero la discontinuità storica, non solo nella relazione
tra realtà individuale e sociale in rapporto alle nuove tecnologie della comunicazione
ma anche nelle categorie concettuali necessarie alla loro comprensione. Tuttavia, fra
gli aspetti meno convincenti di questo tipo di analisi dell'identificazione tra il
potenziale individuale mobilizzato dalle nuove tecnologie della comunicazione è il
potenziamento della soggettività individuale o collettiva quindi l'aumento dell'apporto
individuale nella fruizione della Rete viene identificato con dinamiche di
individuazione e personalizzazione, in virtù di un presupposto incremento del
potenziale conoscitivo e pratico dei soggetti. Levy prospetta modalità di
emancipazione soggettiva all'interno dello spazio collettivo del sapere dischiusa si
con l'avvento delle nuove tecnologie. Questo "spazio antropologico" subentra a
quello definito dalla centralità della merce e del mercato e a quello configurato dalla
società dello spettacolo, da cui Levy mutua le categorie interpretative dell'epoca
massmediale, uno spazio in cui "la sfera dell'informazione già assunto un principio di
consistenza senza essersi ancora resa autonoma dalla merce".il progetto legato allo
spazio del sapere e al suo correlato tecnologico indurrebbe invece a "immaginare la
potenza delle tecnologie digitali e mediatiche al servizio dell'immaginazione
collettiva, della produzione continua di soggettività, dell'invenzione di nuove qualità
d’essere". Per Levy, le tecnologie del cyberspazio no no, già per le loro potenzialità,
atte a produrre soggettività ovvero una soggettività che sussiste non solo nello spazio
e nel tempo della relazione comunicativa in quanto attività collettiva di pensiero, di
elaborazione e di continua negoziazione di rapporti e significati. Soggetto proprio del
lo spazio del sapere viene individuato nella figura dell’intellectuel colectif, che,
attestando l’obsolescenza del cogito rispetto al cogitamus, è definita dalla sua
mobilità e dalle sue "apertura" relazionali. Il soggetto-oggetto nel nuovo Spazio del
sapere indica pertanto una dinamica collettiva di individuazione costantemente
eterodiretta dalle dinamiche relazionali supportate dalle tecnologie. Pur nelle
specificità e differenze individuale, la soggettività non sussisterebbe che in questa
dimensione collettiva dato che la coincidenza tra soggettività e individuo non
risponderebbe più all'assetto tecnico, culturale e antropologico della nuova epoca. In
realtà la discontinuità epocale celebrata da Levy evidenzia una modalità di auto
rappresentazione messa già in luce da Norbert Elias come una tendenza del tutto
fuorviante nelle analisi sociali: la tendenza di coloro che postulano entità sociali o
collettive super individuali attribuendo alle dinamiche dei rapporti umani "una
sostanza propria, che è al di là degli individui.sulla base di queste specifiche leggi
sociali, possono concepire la società soltanto come qualcosa che supera
l'individuo.come portatori di queste leggi, inventano o uno "spirito collettivo" o un
"organismo collettivo" per analogia con forze e sostanze naturali”, in questo caso, per
analogia con configurazioni e dispositivi tecnologici. Anche analisi come quelle
condotte da Manuel Castells profilano la nascita di un "soggetto interattivo" che, se
non realizza compiutamente le istanze utopistiche e libertarie che hanno
accompagnato l'avvento delle tecnologie informatiche, è quantomeno caratterizzato
5
dalla capacità-possibilità di scelta, in un ambiente di "differenziazione sociale e
culturale diffusa”. Le nuove tecnologie della comunicazione sanciscono il passaggio
al di là della "galassia McLuhan" Verso la "galassia Internet", Favorendo la
formazione di comunità virtuali che si sviluppano a partire dall'individuo e la
costituzione di reti sociali che "combinano la veloce disseminazione dei mass media
con la diffusione pervasiva della comunicazione personale". Per Castells questa
configurazione allo stesso tempo culturale e tecnologica si muove verso una
privatizzazione della socialità che ribadisce la centralità degli individui nelle
dinamiche di aggregazione sociale in rete. Quando Castells pone una domanda
fondamentale su chi siano o debbano essere "gli attori cui spetta la gestione della
nostra transizione all'età dell'informazione", la risposta dopo aver vagliato una serie
di ipotesi è “Noi”. Rimane problematico se un tale tipo di soggettività si costituisca
dalla ricezione delle migliori potenzialità del networking o tragga la propria capacità
di trasformazione (o di adattamento) da dinamiche "esterne" o pregresse rispetto al
networking stesso e ai suoi supposti infrastrutturali. Si fa appello a una soggettività
morale, consapevole, informata, libera e responsabile, aperta alla relazione
intersoggettiva che la sfida dell'istruzione e della formazione postula però come
obiettivo e non come acquisizione della network society.tuttavia, se questa è la
premessa per la costituzione di soggetti in grado di orientare e gestire le tecnologie
dell'informazione, si rendono necessari ulteriori mediazioni, affinché l'emancipazione
soggettiva non ricada in un trend autofondativo, in una sorta di networked
individualism, per cui l'interattività si risolve in un gioco di specchi destinato a
convalidare la diagnosi di narcisismo, come patologie vocale anche al di là della
"galassia McLuhan”.

Il superamento della condizione passiva del soggetto socialmente massificato emerge


dunque dalle analisi del nuovo contesto tecnologico come acquisizioni della nuova
realtà socio-tecnica. Se Levy riprende il discorso Dove lo aveva lasciato Debord,
osservando la trasformazione è il passaggio dalla società dello spettacolo al
cyberspazio, per Castells, si tratta di ridefinire il quadro teorico di riferimento
mettendo in discussione una delle nozioni importanti degli studi massmediologici, la
nozione di "cultura di massa”. Il pensiero critico, deviante soprattutto da Horkheimer
e Marcuse, ci starebbe, Secondo Castells, nella tendenza a non considerare
adeguatamente l’apporto interpretativo degli individui nella ricezione dei messaggi,
mentre sarebbe proprio l'insieme dell'azione dei mezzi di comunicazione nella
costruzione del tessuto simbolico sociale, la capacità ricettiva del pubblico è la
componente espressiva dei media a dimostrare come "il pubblico non sia un oggetto
passivo ma un soggetto interattivo" e come questo abbia "aperto la strada alla sua
differenziazione e alla successiva trasformazione dei media, dalla comunicazione di
massa alla segmentazione, alla personalizzazione e all'individualizzazione, a partire
dal momento in cui tecnologia, imprese e istituzioni l'hanno reso possibile”. La teoria
critica avrebbe rintracciato i fattori di cambiamento "al di fuori del sistema sociale”.
Ma cosa significa considerare i fattori di cambiamento "al di fuori del sistema
sociale"? Al contrario questo "fuori" si rivela allo stato attuale più che mai necessario
per l'adozione di un punto prospettico che consenta il distanziamento tra un piano di
6
realtà, come quello della comunicazione tecnologicamente mediata, che esibisce le
caratteristiche di un habitat e di un habitus e tende a presentarsi come una terza
natura.individuare il luogo di questo "fuori" rappresenta una valenza metodologica
propriamente critica. Ad esempio per Adorno, poco di questo "fuori" forse proprio
l'individuo in quanto "vittima" allo stesso tempo elemento di resistenza rispetto a un
sistema sociale improntato all’omologazione. La crisi dell'individuo dava luogo a una
nuova tipologia umana caratterizzata “dall'incapacità di compiere esperienze
personali, un uomo che si lascia imbandire le esperienze dall'apparato sociale, fattosi
strapotente e impenetrabile, e che proprio per questo non riesce a spingersi fino allo
stadio della formazione dell'io, fino alla persona”, ossia fino a una soggettività in
grado di elaborare l'esperienza mediante una forma emozionale, di attività cognitiva e
intellettuale sottratte ai modelli esperienziali imposti dei media ed all'industria
culturale. A partire da questa contestualizzazione, Adorno intravedeva
nell'individualità l'unico possibile elemento di resistenza nei confronti della totalità
sociale, l'Atene speranza in un'umanità capace di dar luogo a una prassi emancipativa.
Tali considerazioni non possono essere liquidate in nome dei mutamenti introdotti
dalle nuove tecnologie informatiche e interattive attribuendo a queste l'immediata
capacità di traduzione del potenziale tecnologico in quello sociale e individuale. Se
nel contesto della teoria critica i media assolvevano una funzione di effettiva
mediazione di poteri fortemente centralizzati, l'attuale pervasività mediale-
comunicativa tende a verificare la mediazione in quanto tale, in quanto fattore di
orientamento esterno alle stesse dinamiche comunicative. In altri termini, se nel
contesto adorniano il problema era l'identificazione di un "fuori", il problema è ora
quello di spezzare il Kries autoreferenziale e autoriflessiva della comunicazione,
individuando strategie di distanziamento in almeno due direzioni: rispetto
all'individuo e rispetto alla rete, ossia rispetto alle tendenze inglobanti della realtà
sociale, psicologica e tecnologica dominante, che trovano il luogo della loro sinergia
proprio sul piano della comunicazione e dei suoi media. E ovvio che la struttura a
rete, sia che la si consideri come metafora delle tecnologie di interattività digitale o
come figura della globalizzazione, richiede strumenti di distanziamento del tutto
specifici. Per rintracciare forme di mediazione e dispositivi teorico-pratici che
permettano di riabilitare la soggettività degli individui, si rende allora necessario
assumere il "fuori" della comunicazione come "luogo" di distanziamento del
soggetto, elaborando strategie adeguate al fine di restituire alle tecnologie,
all'informazione e alle modalità di comunicazione lo statuto di una oggettività
separata è disponibile, pertanto suscettibile di esperienza e controllo. La strategia, per
Edgar Morin, si sviluppa dall'esigenza di un pensiero orientato alla prassi di un
contesto complessità e incertezza, che attesta l'inadeguatezza del programma. Occorre
quindi assumere l'esigenza di strategie di distanziamento critico tramite
l'orientamento consapevole di un pensiero abilitato alla produzione di soggettività e
alla prassi dalla capacità di unificazione, dall'instaurazione di nessi e
dall'elaborazione di previsioni in un processo di continua revisione critica
dell'esperienza e delle conoscenze acquisite.

7
II
ETICA E COMPLESSITÀ SOCIALE

La capacità di alimentare dinamiche di autorizzazione e auto rappresentazione


individuale determina il successo dei media, la loro diffusione e, inevitabilmente,
stabilisce l'orientamento della fruizione in una direzione suppletiva rispetto
all'inefficacia dei fattori di mediazione (istituzioni, legami sociali tradizionali, centri
di produzione valoriale simbolica).i diversi servizi personalizzati vengono incontro ai
bisogni di personalizzazione e di soggettivazione individuale proprio assecondando
tali esigenze nell’immediato ed una situazione analoga verifica sul piano della
relazione e dell'interattività come suo correlato/surrogato mediale. Sto modo quindi
l'individuo esce sostanzialmente inalterato dall'esperienza mediale senza averne tratto
benefici sia livello conoscitivo che relazionale e la comunicazione come tale
dovrebbe instaurare la relazione facendo rientrare nel campo dell'esperienza dei
soggetti ed assumendo una funzione estensiva dell'esperienza stessa. Non si tratta
solo di acquisizione di "knowledge on demand" ma informazioni, conoscenze,
immagini, relazioni, identità e forme partecipative vengono attinte dei media come
"prodotto finito" adeguatamente occultato nella sua finitezza e falsamente
compensato dall'interattività tecnologica. Le stesse dinamiche identitarie che
producono questo meccanismo presentano gravi conseguenze per lo statuto
soggettivo e per la possibilità di elaborare l'esperienza perché da un lato il mero
rispecchiamento del soggetto nella prassi comunicativa non ne appaga il bisogno di
personalizzazione, riconoscimento, di relazione e comunicazione e dall'altro anche
l'oggetto di esperienza soggiace a questa logica di autoreferenzialità ricadendo Nello
"schema dell'impotente ripetizione del già noto" come risposta a un'esigenza
pregressa, non scaturita dalla relazione e dalla stessa esperienza dell'oggetto e che
quindi non estende e non in misura ridotta l'orizzonte conoscitivo ed esperienziale del
soggetto stesso. Se in una fase iniziale la mediazione di massa questo schema era
imposto da istanze di controllo da parte di poteri centralizzati oggi esso si impone nel
trasferimento dei poteri e delle mediazioni nelle logiche autonome di un sistema
decentrato quindi l'assenza di un controllo centralizzato e la disintermediazione
sociale fanno emergere un’inedita configurazione sistemica, connotata, da una
modalità di rispecchiamento al quadrato ovvero a un rispecchiamento "vuoto", in
trascendi bile, privo di una realtà differente, oggettiva, da riprodurre, che nella
riproduzione diventi comprensibile, interpretabile e disponibile, orientabile quale
terreno d'azione caratterizzato da consapevolezza e responsabilità. L'elaborazione
dell'esperienza viene inibita da una fruizione mediale che subisce la carenza di
mediazione almeno su due piani fondamentali: il primo è dato dalla rapidità della
ricezione ed alla trasmissione dei contenuti, dalla loro semplificazione connessa alle
potenzialità dei media e quindi al bisogno di rapidità di scelte e decisioni direttamente
proporzionali alla complessità sociale e alla portata globale e globalizzante
dell'esperienza tecnologicamente mediata; il secondo è dato da quella che abbiamo
definito pseudopersonalizzazione dell'esperienza mediale che rende la fruizione dei
8
media tanto più immediata quando più personalizzata e tarata sull'esigenza
individuale e che non estende i confini dell'esperienza individuale al di là
dell’individuo. Consideriamo la tendenza antropologica individuata da Giddens, per
cui, al fine di mantenere la sicurezza antologica "la pletora delle informazioni
disponibili viene ridotta attraverso atteggiamenti di routine che escludono, o
reinterpretano, la conoscenza potenzialmente perturba Thrice", bisogna quindi
constatare che il mantenimento della sicurezza antologica, per individui a rischio di
de-soggettivazione ed esposti ai macro flussi della comunicazione, diventa facilmente
la finalità primaria con cui approcciare i mezzi di comunicazione, in particolare la
Rete. Tale Finalità può risultare sottratta al lavoro della soggettività nel momento in
cui gli "atteggiamenti di routine", cui fa riferimento Giddens, vengono essi stessi
forniti dalla Rete, mediante la loro codificazione algoritmica come "prodotto finito”.
Considerando inoltre come il lavoro selettivo della soggettività non incontri qui
fattori di resistenza, la "solitudine" dell'individuo davanti all'illimitata possibilità di
scelta, alimentando l'insicurezza ontologica, rafforza l'esigenza di fattori di
arginamento che evidentemente non risultano validi e convincenti se l'individuo non
ne riscontra la validità al di fuori di se stessa, nel legame sociale, al di fuori delle
scelte e della selezione da lui stesso operate o al di fuori degli automatismi della Rete.
L'individuo quindi risulta così confinato nell'orizzonte individuale che ne inibisce le
funzioni soggettive e poiché è rimanere fuori, essere esclusi nella dinamica di auto
rispecchiamento sono tanto l'oggetto di esperienza quando il polo relazionale, che
diventano allo stesso tempo lo scarto e l'eccedenza del circuito comunicativo. Sì ma
nel senso si riafferma potentemente in questa configurazione in rapporto alle
motivazioni che orientano la prassi del soggetto secondo la dinamica che, come nella
teoria di Niklas Luhmann, coinvolge proprio i meccanismi di selezione i mezzi di
comunicazione in quanto codici di generalizzazione simbolica.letti in quest'ottica, i
fenomeni di disintermediazione sociale e la crisi delle mediazioni si presentano come
un'alterazione strutturale in quanto la struttura sociale implica meccanismi selettivi
che riducono la complessità fornendo una prima selezione del possibile, all'interno
della quale il soggetto opera la propria selezione in base a motivazioni e criteri di
senso che regola l'accettazione o rifiuto delle proposte selettive. In questo modo
l’astrazione I codici di generalizzazione simbolica non risponde più alla finalità
sociale di ridurre la complessità con la regolazione dei meccanismi selettivi fornendo
motivazioni e criteri di selezione. Luhmann osserva come l'aumento della complessità
richieda un maggiore intervento di meccanismi riflessivi come l'imparare
l'apprendimento, regolare la normazione, ecc., che permettono di considerare
un'ampia gamma di possibilità e dunque fenomeni sempre più complessi.integrando
la nozione di riflessività fornita da Arnold Gehlen, che vede l'intervento della
riflessione nell'interruzione di un "fluire indisturbato dell’esperienza", Luhmann
canta come il ruolo dei meccanismi riflessivi nella riduzione della complessità sociale
dei processi di civilizzazione e nazionalizzazione faccia leva sul distanziamento dalla
realtà sistemica che permette di comprendere tale realtà come oggetto, in secondo
luogo, di rapportarsi a essa in modo intenzionale. Ciò che si vuole ora mettere in
rilievo è il modo in cui la possibilità di distanziamento e l'oggettivazione di realtà
sistemiche siano vincolate a operazioni di tipo cognitivo/conoscitivo. Fatto cognitivo
9
di una prassi comunicativa caratterizzata dalla sovraesposizione mediatica, ricorre nei
diversi approcci al problema a partire dall'assunzione di tale realtà come in un
ambiente immersiva, all'interno del quale gli individui svolgono le loro funzioni. Le
funzioni soggettive risultano sempre più dipendenti da quelle specificatamente
cognitive in un modo che investe le condizioni di possibilità per il loro stesso
esercizio e che porta alla luce il rafforzamento del nesso tra il piano cognitivo e
conoscitivo e il piano etico in quanto "luogo" di dispiegamento della soggettività. Il
nesso tra questi due piani concerne sia i fattori problematici cui entrambi sono esposti
sia la loro rilevanza in vista di un riorientamento della prassi comunicativa è
l'indentificazione di strategie di distanziamento dall’ethos comunicativo vigente.
Dalla carenza di mediazione criteri di orientamento, si origina il problema etico che
sollecita risposte circa le modalità in cui sia possibile orientarsi e rintracciare fattori
di mediazione e criteri normativi all'interno e rispetto a questa condizione. Il rischio,
da cui non risultano immuni tanto una Diskursethik (discorso etico) come quella
teorizzata da Apel quanto la sua declinazione habermarsiana (da Habermas), è quello
di dar luogo a operazioni intellettuali che assumono l’inaggirabilità della
comunicazione senza riuscire a sottrarsi compiutamente come delineava Luhmann
con la "logica interna" dei codici. Lyotard cuore a questa logica, la logica
differenziante della pragmatica scientifica concepita come "antimodello di un sistema
stabile" e all'interno del quale le tecnologie telematiche diventa lo strumento
privilegiato del principio per formativo e della logica ti potenza che regola il legame
sociale. Lyotard vede però nella progressiva informatizzazione della società, anche la
possibilità altra della post modernità ovvero quella legata all'accesso all'informazione
e alla circolazione delle conoscenze, profilando all'orizzonte la possibilità di una
cybercultura ante litteram, ammantata di implicazioni morali che prendono corpo
sullo sfondo della revocabilità dei legami sociali e del contratto. La paralogia e la
funzione immaginativa riabilitata dalla scienza post-moderna sono richiamate da
Lyotard in funzione antisistemica, ma le argomentazioni prescindono dal soggetto
astraendolo dalle condizioni preliminari che permettono il dispiegamento delle sue
facoltà spostando quindi il baricentro dal soggetto al sistema o al suo antimodello. Se
l’ethos comunicativo, in quanto tratto distintivo della società contemporanea, rimanda
a un sistema che si configura come habitat, a causa di fattori sia di tipo quantitativo
sia di tipo qualitativo dove i dispositivi di comunicazione mediano la sua vasta
pluralità dell'agire, del conoscere e del sentire quindi un'etica commisurata alla
diffusione, alla pervasività e all'impatto dei media necessita di un atteggiamento
riflessivo sugli eventi e comportamenti, sui principi, le motivazioni e le scelte che li
orientano o li determinano è un’adesione non immediata alla prassi comunicativa. La
pregnanza etica della riflessione in un ambiente caratterizzato dalla mediazione
tecnologica rende necessaria la definizione di pratiche di distanziamento adeguate.
L'esperienza tecnologicamente mediata appare come esperienza non mediata che
riduce la possibilità e le occasioni di distanziamento e quindi la capacità di incidenza
soggettiva in tale tipo di esperienza. La problematica etica di questo fenomeno
assume maggiore rilievo a partire dal fatto che si tratta di una modalità esperienziale
diffusa incrementata da un trend estensivo rispetto al quale la sensazione di
impotenza si afferma quando la possibilità di orientamento di gestione. Appare a
10
questo punto evidente come l'esigenza di strategie di distanziamento critico si
definisca non solo rispetto alla comunicazione ai suoi media ma anche all'altro
elemento di inibizione dell'esperienza ovvero l'individuo de-soggettivato e de-
soggettivante cui corrisponde la tendenza della comunicazione tecnologicamente
mediata alla non-oggettività ovvero all'astrazione e alla indisponibilità.

Condizione come quella delineata rende difficile la comprensione di una realtà che
instaura un rapporto paradossalmente a-comunicativo tra soggetto e oggetto e tra
soggetto e soggetto innescando meccanismi paralleli di autoreferenzialità ovvero
quella realtà mediale-comunicativa e quella dell'individuo de-soggettivato. Offrendo
all'interpretazione del presente utili strumenti critici, la stretta compenetrazione
dell'interpretazione filosofica e delle analisi sociali sulla mediazione di massa hai
indicato, come la comunicazione tecnologicamente mediata richieda strategie di
distanziamento capace di restituire l'articolazione funzionale del rapporto tra soggetto
e oggetto e di riabilitare funzioni soggettive di tipo emotivo, cognitivo e pratico. In
questa prospettiva la compenetrazione dell’indagine sociologica e di quella
gnoseologico nella riflessione di Adorno, le implicazioni morali delle considerazioni
di Günther Anders, rispetto alle quali l'abusata categoria del "apocalittico", da Anders
evocata nella considerazione del proprio tempo, troppo allungo hai impedito di
cogliere gli aspetti più propositivi delle sue elaborazioni. Approccio di Adorno quanto
quello di Anders alla crisi dell'individuo sotto le condizioni di vita tardo capitalistiche
sono segnati dalla considerazione dell'impatto non solo sociale ma propriamente
antropologico dei mezzi di comunicazione e massificazione sociale da cui procede la
necessità di distanziamento dai meccanismi sistemici mediante il ricorso a fattori
cognitivi e conoscitivi capaci di produrre effetti sul piano dell’etica. Cominciano così
a essere tematizzata le peculiarità antropologiche di una fase della modernità in cui la
stimolazione mentale, cognitiva ed emotiva indotta dall'esposizione ai media
incrementa progressivamente la sua incidenza sulla configurazione sociale e sullo
statuto stesso della soggettività. Per Adorno, come per Anders, la configurazione
sistemica del dominio sociale, alimentato dallo stesso assetto sistemico dei mezzi di
produzione e dei mezzi di comunicazione di massa, sortisce i propri effetti a livello
antropologico proprio perché impatta le modalità di conoscenza secondo un processo
di annullamento della distanza e della differenziazione tra il soggetto e l'oggetto di
esperienza e questo annullamento è favorito dall’introiezione delle mediazioni
imposte dalle tecnologie della comunicazione. Tanto nelle analisi di Adorno quanto in
quelli di Anders, l'impoverimento cognitivo degli individui E la manipolazione della
sfera emozionale, costituisce il fattore primario che rende la crisi dell'individuo un
fenomeno antropologicamente rilevante, interessando la sfera dell'agire, le condizioni
di vita, i legami sociali e, inevitabilmente, la sfera morale in quanto luogo di esercizio
della soggettività. E contrastare l'inibizione della spontaneità produttiva di immagine
cui l'industria culturale sostituisce quelle pre-confezionate dalle centrali del potere o
di colmare le varie forme di "dislivello" tra le percezioni mediatiche del mondo e
l'esperienza del mondo stesso, tra l'azione che si esaurisce nei meccanismi produttivi
e le loro conseguenze rese inaccessibile al pensiero e al sentimento, per il soggetto si
rende necessaria l'attivazione delle stesse facoltà che la realtà tecno-mediale inibisce
11
o sopprime. Dalla critica radicale, come quella di Anderson di Adorno, mossa alle
dinamiche di fondo della società tecnocratica e ai singoli fenomeni in cui queste si
estrinsecano, emerge l'esigenza di riabilitare la soggettività morale e la sua autonomia
rispetto alle diverse forme di mediazione che formano e informano l'esperienza,
facendo leva su quelle facoltà la cui atrofia respinge pericolosamente lo spazio etico e
per l'esercizio della libertà e per l'assunzione di responsabilità. Anders sostiene "che
noi, che fabbrichiamo questi prodotti, siamo su punto di edificare un mondo con cui
non siamo capaci di mantenerci al passo e per "Afferrare" il quale, si pongono
esigenze assolutamente esorbitanti dalle capacità e dalla nostra fantasia, delle nostre
emozioni e della nostra responsabilità”. Anders rileva le implicazioni etiche di un
problema gnoseologico che nel dibattito sul sovraccarico cognitivo nell'età
dell'informazione trovano conferma a diversi livelli disciplinari: dalle analisi sociali
ai risultati delle scienze cognitive per cui l’information overload è individuato alle
origini delle disfunzioni che rendono il soggetto più esposto alla manipolazione o
incline a comportamenti e automatismi innescati dall'adattamento alle tecnologie. I
processi di produzione consumo quindi da un lato e dall'altro, la tendenza degli
apparecchi a "collegarsi gli UNI con gli altri e a unificarsi in rete" sosteneva Anders
già nel 1966 alimentano “l'accumularsi del loro potere e della loro indipendenza"
dando luogo a un sistema tecnico autonomo nei suoi meccanismi di sviluppo e di
mantenimento in cui l'omologazione dei singoli risulta tanto più riuscita quanto più
l'assorbimento di ogni individuo nei meccanismi autonomi della tecnica avviene
come qualcosa di "Naturale" quanto più la coercizione si presenta come la
realizzazione di desideri e frutto di azioni volontarie in modo tale “che la linea di
demarcazione tra passività e attività, dunque anche tra essere omologato e
omologarsi, non si lascia più tracciare”. La libertà individuale quindi coincide con la
necessità del meccanismo perché tra l'agire individuare i processi sistemici non si può
stabilire più alcuna differenza. La categoria della medialità è rivelati Iva della
posizione morale dei "soggetti", per cui l'omologazione risulta compiuta non la
sostituzione del telos dell'agire e della libertà degli individui con il telos e procedure
del sistema, bensì con la loro coincidenza. Allo stato attuale, sembra che tale processo
abbia cambiato direzione in un modo che rinuncia alla standardizzazione coatta in
favore delle diverse forme offerte dalla Rete, in cui la convergenza di fenomeni come
l’overload informativo è il bisogno crescente di individuazione e personalizzazione
decreta il successo dei meccanismi di pseudopersonalizzazione Messi in atto dal
calcolo algoritmico dei comportamenti degli utenti. Su larga scala, la
personalizzazione si configura quale fenomeno sostitutivo della standardizzazione e
come sua controparte globalizzata. Come rileva Frank Schirrmacher, un riscontro
immediato di queste tendenze a livello infrastrutturale viene dai motori. La
problematicità morale di tali processi emerge nel momento in cui la funzionalità
tecnologica viene incontro a bisogni propriamente soggettivi, ovvero ai bisogni di
soggettivazione da parte dell’individuo, che se ne avvale allo scopo di rendere più
disponibile una realtà che esige, la disponibilità dell’individuo, rovesciando e
confondendo da un lato il rapporto soggetto-oggetto e dall’altro il rapporto mezzo-
scopo. Nel contesto di Anders, il recupero di un orizzonte morale inibito dalla
medialità di massa interessa un quadro storico che vede le tecnologie della
12
comunicazione assolvere un ruolo paradigmatico nell’autonomizzazione sistemica
degli apparati tecnologici e nel loro impatto sullo statuto individuale e soggettivo.
Dell'esigenza di ripensare fino in fondo le condizioni di possibilità dell'esperienza
umana in generale e in particolare dell'esperienza morale, Anders osserva "che oggi
una critica dei limiti dell'uomo, dunque non soltanto della sua ragione, ma dei limiti
di tutte le sue facoltà (della sua fantasia, del suo sentire, della sua responsabilità, ecc.)
sia quel che si debba richiedere in primo luogo dalla filosofia”. Anders perviene alla
formulazione sia di un compito filosofico-critico sia un compito specificatamente
morale che non coincidono, ma condividono una prospettiva rivolta, sul piano
morale, alla riabilitazione delle facoltà umane fondamentali inibite dallo sviluppo
tecnologico e dalla diffusione dei mass media, sul piano filosofico-sociale, alla critica
delle condizioni oggettive che tali facoltà impediscono l'esercizio e lo sviluppo e
individua E nella fantasia dell'elemento essenziale alla definizione di uno spazio etico
in grado di sottrarsi alle logiche autonome del dominio tecno-mediatico. Fantasia è la
facoltà umana che subisce in misura maggiore il sabotaggio da parte degli apparati
mediali e che risulta la più efficace nel contrastare gli effetti permettendo di estendere
il pensiero agli "avvenimenti reali" celati dietro le immagini oltre lo hic et nunc
percettivo-ricettivo cui i mass media confinano l’esperienza. La funzione
fondamentale che Anders attribuisce alla fantasia è quella di colmare il "dislivello" tra
fruizione dei media e l'esperienza del mondo, tra il carattere obbligato dei
comportamenti e dell'agire all'interno del regime mediale, le sue conseguenze e la
conoscenza di queste conseguenze. Come rileva Joshua Meyrowitz, i media
"superano i limiti e le definizioni delle situazioni sostenute da ambienti fisici"
riducendo o rendendo più labili i confini che separano le situazioni e assolvono la
funzione di "assorbire lo shock Psico-sociale" derivante da una sovraesposizione
emotiva. La precarietà delle barriere situazionali in un ambiente caratterizzato
dall'esposizione mediatica traduce lo shock in assuefazione in primo luogo emotiva e
in secondo luogo morale. Assumere il sentire e l'immaginare come compiti e come
compiti "morali", orientati a colmare le diverse forme di dislivello riscontrate,
significa "aumentare l'estensione delle prestazioni comune della sua fantasia e del suo
sentimento” e "trascendere la proportio umana”. Compito morale individuato da
Anders assume ulteriore pregnanza se ripensato in un contesto che acuisce il divario
tra realtà globale e individuale, riducendo sostanzialmente il potere d'azione e di
comprensione da parte degli individui. Walter Lippmann nelle proprie considerazioni
osserva come a fronte di un aumento della complessità sociale, il ruolo del mentale,
in termini conoscitivi ed emotivi, assolva funzioni progressivamente sostitutive
dell'esperienza indiretta. Nel volume di Anders del 1980, la funzione della fantasia o
dell'immaginazione nel contrastare gli effetti "restrittivi" dei media sulla percezione
del nostro orizzonte morale e conoscitivo non solo conferma la sua priorità, ma si
rende ancora più urgente nel momento in cui l'esercizio di estensione deve essere
rivolto in modo prioritario agli effetti futuri dei comportamenti imposti dalla tecnica.
Se nel 1956 l'auspicio era quello di riattivare le facoltà umane in direzione della
comprensione della partecipazione alla realtà presente, in quello del 1980 l'attenzione
rivolta soprattutto alle conseguenze dell'incremento tecnologico che configura il
rinnovato compito morale come una interpretazione prognostica. Qui il
13
potenziamento della facoltà immaginativa risulta inevitabilmente vincolato alla
possibilità di concepire il nostro agire secondo un "principio-responsabilità" di cui
Anders fornisce un'ulteriore declinazione rispetto a quella proposta da Hans Jonas che
definiva la fantasia come la forma di "percezione del giorno d'oggi" in grado di
offrire la giusta comprensione non solo dello stato di cose in cui l'uomo è inserito ma
anche degli effetti a lungo termine che questo stesso stato di cose può produrre. Come
facoltà estensiva della coscienza temporale rivolta al futuro, la fantasia dispone il
soggetto ha un atteggiamento di rilevanza morale nella misura in cui opera in una
direzione contraria alla contrazione spazio-temporale indotta dai mezzi di
comunicazione è destinata all'incremento del loro potenziamento tecnologico. Da qui
il paradosso morale che procede dalla mediazione tecnica: l’avvicinamento e
l'allontanamento del mediato con cui, secondo la lezione di Jonas s'e di Anders, si
estende nel tempo nello spazio il potere causale della tecnica, rendendo necessaria
un'assunzione di responsabilità, la quale risulta però meno avvertita proprio in forza
delle distanze generate e di quelle ridotte. In questo senso l'immaginazione consente
un'esperienza mediata dal soggetto che lo pone al di là del limite imposto alla sua
percezione, rivelandosi una facoltà tanto più incisiva sul piano etico quanto più
efficace sul piano cognitivo.la percezione consente di "Fare immaginare a chi
apprende quali conseguenze potrebbe produrre nel tempo la manipolazione delle
variabili che regolano il comportamento di un fenomeno”. Il processo di
apprendimento risulta supportato da elementi vicarianti (sostitutivi) dell'esperienza
immediata, funzionanti sulla base di rapporti analogici, su cui l'attività immaginativa
lavora attivando diverse forme di distanziamento dall'orizzonte percettivo in vista
della comprensione. L'attivazione del dispositivo di percezione richiede di associare
l'esperienza pregressa elementi del presente individuando costanti e isomorfismo
mediante un procedimento analogico che riduce la complessità secondo un processo
di schematizzazione e categorizzazione. Quindi il ruolo dell'immaginazione si rivela
allora fondamentale nella possibilità di includere il futuro all'interno dell'orizzonte
conoscitivo e di renderlo così terreno di un agire mirato. Il nesso previsione-
immaginazione, non solo conferma la connotazione morale che Anders attribuisce a
esso, ma ne evidenzia il rapporto con la comprensione e la elaborazione
dell'esperienza da parte del soggetto con particolare rilevanza per l'esperienza
mediale. In relazione a questa specifica forma di esperienza, la capacità di fare
previsioni emerge quale "ingrediente fondamentale della competenza mediale, al di
qua dei tecnicismi linguistici o informatici con i quali spesso sia la tentazione di
identificarla". Da dispositivo cognitivo quindi la previsione diventa un effettivo
dispositivo critico che ribadisce la centralità dell'attore spostando il baricentro
dell'atto selettivo/conoscitivo dal meccanismo autonomo delle previsioni
algoritmiche, che regolano le tecnologie informatiche, al lavoro soggettivo di
selezione delle informazioni e previsione della loro funzionalità alle esigenze del
soggetto. È possibile allora quindi comprendere come la nozione di Anders di fantasia
in quanto "percezione del giorno d'oggi" e l'auspicio etico di un "interpretazione
prognostica" convergano nella definizione di uno spazio propriamente morale di
riabilitazione della soggettività in un ambiente a elevata mediazione tecnologica.

14
Le implicazioni sociali antropologiche di tali considerazioni acquisiscono maggiore
comprensibilità se confrontate con la funzione nodale della fantasia nel quadro più
ampio della gnosi ho lo Gia di Adorno e con il suo ruolo nel con tra stare il "pensiero
abbreviato" quella tarda modernità rischia di demandare la propria capacità di
rappresentazione e autorappresentazione. Le conseguenze antropologiche sociali che
Adorno attribuisce all'atrofizzazione della fantasia e la società tardo capitalistica
emergono significativamente dove l'inibizione di tale facoltà, imposta dal controllo
sociale, che mina la possibilità stessa di elaborare l'esperienza mediante la
conoscenza della realtà e la formazione del giudizio. Il compito più attuale della
filosofia è individuato nel lavoro interpretativo che fa risaltare il senso della
composizione degli elementi del reale in immagini o costellazioni quali modelli di
avvicinamento alla realtà. Pur sacrificando la pretesa di totalità a questo
avvicinamento, la filosofia mantiene la "pretesa di verità" che le è propria derivando
la sua legittimazione non da un procedimento formale autonomo ma dall'esercizio di
una fantasia precisa ed esatta. Finanziandosi profondamente da una concezione della
fantasia e dell'immaginazione come fuga dall'oggetto, la fantasia in quanto facoltà di
presiedere alla composizione degli elementi, assolve una funzione connettiva la cui
espulsione compromette necessariamente rapporto con la realtà e con gli oggetti.
Anche a questo livello è possibile osservare con me dinamiche sistemiche, in questo
caso di tipo tecnologico-infrastrutturale, si sostituiscono ad attività proprie del
soggetto e come funzionalità tecno-mediale si offrono come sgravio (falsa
compensazione) al lavoro mentale, la spontaneità primitiva del pensiero. In questa
prospettiva l'informazione diventa facilmente un surrogato della conoscenza dato che
non risulta dall'elaborazione soggettiva ma pronta per l'assimilazione, confinando il
pensiero alla ricezione e dando luogo a una inedita forma di unidirezionalità
all'interno dell'interattività digitale. Una simile modalità conoscitiva o
pseudoconoscitiva perde l’eccedenza È la realtà mentre la trasforma (riduce) in
informazione. La contrazione della fantasia, rivelata da Adorno sul piano della critica
sociale, ma tu le sue effetti sul piano gnoseologico e antropologico, proprio
ostacolando il soggetto nell'esperienza degli oggetti e nella comprensione della realtà
che questi configurano e dove la fantasia, come organo di interpretazione, permette di
far emergere e quindi di conoscere. L'interpretazione, la conoscenza e l'esperienza
stessa non sono svincolata Billy dal distanziamento operato dalla fantasia del
soggetto dagli oggetti che solo nel distanziamento possono essere colti nella loro
configurazione viva nella loro costellazione. In modo analogo, la critica di Adorno
del positivismo logico è rivolta a un pensiero che intende obbligare la parola
all’esattezza letterale, liquidandone il potenziale espressivo nelle concezione di fatti
che la parola non esaurisce. L'astrazione concettuale è una letterali ta che fallisce il
dato connotato pensiero "abbreviato" e verificato che sottratto alla mediazione
dialettica con il reale, condivide con la fantasia la stessa sorte di reificazione. Si tratta
di una riduzione della "distanza del pensiero dalla realtà, distanza che non è già più
tollerata dalla realtà stessa". Riemerge allo stesso tempo sia filosoficamente che
socialmente, conoscitivamente e cognitivamente, il ricorso alla fantasia di fronte
all'esigenza di un linguaggio e quindi di un pensiero capace di aderire al fatto, senza
invocarlo in sostegno di un pensiero verificato "fantasia significa meno inventare
15
liberamente che operare mentalmente senza il soccorso pronto e affrettato dei fatti”.
Nel corso degli anni Ottanta Sherry Turkle osservava come i risultati raggiunti dalle
tecnologie della comunicazione avessero realizzato a posteriori le utopie della
"comprensione trasparente". Si può considerare come entrambe le fasi individuate da
Turkle abbiamo raggiunto una sintesi estrema nella prevalente semplificazione
brevità dei contenuti immessi e trasmessi dalle tecnologie della comunicazione. Il
lavoro interpretativo che spetta a un pensiero propriamente critico, ora com'è il
contesto della teoria critica, non deve ricadere nel vizio metodologico di un'ontologia
semplificatoria che intenda comprendere la realtà nella sua totalità, ignorandone sia
lo stato di frammentazione sia la sua pluridimensionali ta, né in quello di una
rinnovata pretesa idealistica destinata ad assecondare il ripiegamento individualistico
del soggetto. In relazione a questo fenomeno, il ricorso alla fantasia consente di
attivare dispositivi di distanziamento portatori di un forte potenziale critico infatti le
analisi critiche della società di massa risultano tuttora efficaci nell'indicare i rischi di
modalità esperienziali in cui l'immediatezza subentra alla riflessione in modo
potenziato e commisurato alla capacità prestazionali dei new media. La fruizione
mediale inibisce l'elaborazione dell'esperienza quanto più l'indebolimento dei legami
sociali, con la crisi delle aziende si è disorganizzazione, non riesce a fornire strumenti
e criteri di mediazione e a filtrare gli effetti dei media che diventano allora "effetti
limitati" non in base al potere effettivamente circoscritto di determinare orientamenti
e comportamenti, ma in quanto li riproducono secondo un meccanismo di
riproduzione che impedisce il "lavoro interpretativo", la riflessione e la
trasformazione dell'idea prodotto ossia quando i media alimentano il sistema
dell'amplificazione della sua auto rappresentazione di conseguenza della sua
autonarrazione. Ecco allora che i dispositivi distanziamento si rivelano fondamentali
per il disinnesco di tale meccanismo è il pensiero che permette ti rapportarsi al non-
identico senza negarlo nella astrazione concettuale o nella riduzione all'identità, non è
svincolarvi dalla sua differenza, eccedenza e trascendenza. Senza nulla concedere a
posizioni di tipo irrazionalista, in Adorno, il mantenimento della differenza è legato a
dimensione "extrarazionali" eccedenti la mela letterali ta, così come l'interpretazione
eccede l’enunciazione. Adorno individua una dinamica che contrasta nel modo più
conseguente con i Diktate della comunicazione riproduttiva e auto riproduttiva, che
può anche ammantarsi di un auspicata eticità in una versione facilitata di adaequatio
rei et intellectus, rischiando però di appianarsi, nel migliore dei casi sugli statement
of fact ovvero sulle apparenze o sulle menzogne dell'informazione perdendo in ogni
caso la spinta propulsiva alla trasformazione della realtà. Le occasioni di
pseudopersonalizzazione. Elementi individuati si inseriscono in un approccio ai
media che trasforma conoscenze e relazioni in informazioni, che passano e vivono
nell'immediatezza, nei ritmi serrati e nelle necessità incolmabili di un contesto
storico-sociale elevato grado di complessità. Allora il lavoro della fantasia
individuato come momento di distanza critica dall'ordinamento vigente del reale,
configura una conoscenza che garantisce una maggiore prossimità agli oggetti è un
rapporto soggetto-oggetto in grado di dar luogo a una conoscenza e a un'esperienza
effettiva. La configurazione È la conoscenza che emerge come propria di un pensiero
morale implica l'atto conoscitivo di un "soggetto qualitativo" contrapposto tanto il
16
soggetto a qualitativo della concettualità classificatoria e quantificante, quanto a
quello alienato e verificato dal dominio tecno-capitalista dove un soggetto
aqualitativo capace di cogliere gli oggetti nella loro differenza qualitativa e di
sottrarre elementi di non identità alla riproduzione dell'identico. Da qui emerge un
soggetto riflessivo che non soggiace alle dinamiche identitarie né soccombe davanti
alla realtà fattuale. Corrispettivo di un soggetto non reificante è un soggetto non
reificato, negativamente dialettico, la cui "morale" coincide con la sua valenza critica.
Su questa base diventa possibile una modalità conoscitiva ed credenziale riflessiva e
immediata, una "conoscenza veramente allargante" delineata come fattore
specificatamente morale del pensiero. La dialettica presenta una valenza gnosi ho
logica ma anche una valenza pratica ovvero la riabilitazione dell'individuo nelle
funzioni soggettive che gli permettono di intervenire criticamente e attivamente sulla
propria condizione. La valenza metodologica che investe anche l'opzione,
esplicitamente vagliata da Adorno tra "dialetti e positivismo in sociologia" il cui esito
non manca di interessare gli sviluppi del pensiero filosofico. Questo contesto optare
per la dialettica significa legittimare questi saperi sul piano di una conoscenza
concepita quale "momento di esagerazione" pur orientato dalla visione di una
"fantasia esatta" identificata quale "elemento teatrale, ludico”, non separato
interamente dall'arte che coincide con il momento stesso dell’interpretazione. Tende il
pensiero oltre la letterali ta, oltre l'istantanei ta e la semplificazione delle percezioni
immediate, oltre la povertà concettuale lessicale generata dalla meccanicità di
processi cognitivi e conoscitivi etero diretti, significa dar luogo alla possibilità di
comprendere una realtà falsamente semplificata, pluridimensionale e sempre
eccedente i contenitori mediali o concettuali che la sottraggono alle mediazioni,
all'elaborazione, all’interpretazione. L’eccedenza del reale diventa ora il negativo non
solo dell'oggetto, ma anche del soggetto che nel rapporto attivo (dialettico) con il
reale valica i confini dell'individualità cui è relegato e con stante mente rimandato da
una non conoscenza del mondo, da una nonna esperienza della realtà stessa.
L’attualità Adorno rivela non tanto sul piano dell'analisi mediologica e speciale ma
per quella attenzione al "negativo" che congiunge le analisi sociali, la riflessione
teorico-filosofica e le sue implicazioni etiche ed estetiche. Il depotenziamento delle
funzioni soggettive e della sfera pratica del soggetto, contestualmente alla riduzione
del margine di azione, dell'orizzonte conoscitivo e delle occasioni di elaborazione
cosciente e critica dell'esperienza, si risolve nella sostanziale riduzione del suo spazio
morale ovvero l'espressione con cui si rimanda tanto alla capacità quando l'effettiva
possibilità di intervento consapevole e intenzionale sulla realtà. Il riferimento all'arte
può allora essere concepito come indicazione di metodo per il recupero della
differenza che si sottrae all'omologazione (da intendersi più come ripetizione
dell'identico che nella vecchia accezione che vincola questa nozione è quella di
massa). Si tratta di una differenza che assume il recupero del negativo, dell'eccedenza
e della ridondanza che l'affermazione del paradigma informazionali nei processi
comunicativi tende a espungere dall'esperienza comunicativa nella misura in cui si
afferma come paradigma secondo l'uso esteso che fa Morin della nozione elaborata
da Kuhn, per cui "gli individui conoscono, pensano agiscono secondo i paradigmi
scritti culturalmente dentro di loro. I sistemi di idee sono radicalmente organizzati in
17
virtù dei paradigmi. Questa definizione di paradigma è di carattere insieme
semantico, logico e ideo-logico”. Il paradigma informazionale non corrisponde allora
solo a un approccio disciplinare negli studi sulla comunicazione ma costituisce un
modello esperienziale che impatta l'attività conoscitiva e pratica dei soggetti,
orientandone le modalità relazionali oggettive e Inter soggettive nella misura in cui
nella comunicazione informativa confluiscono i diversi livelli di azione e interazione
individuale e collettiva. Si tratta dunque di spostare l'asse dal paradigma
informazionali nella comunicazione a un paradigma comunicativo che includa
l'informazione ma che, allo stesso tempo, la ecceda. Non si rende allora necessario
l'individuazione e la valorizzazione strategica di modelli alternativi volti a un'effettiva
riabilitazione della comunicazione come funzione della soggettività e come pratica
relazionale.

18
III
PRATICHE DI DISTANZIAMENTO: ARTE E
NARRAZIONE

È immersa una prima individuazione di facoltà e disposizioni appropriate al recupero


di un margine di libertà e responsabilità in grado di riabilitare lo statuto e la prassi del
soggetto, si procede ora a considerare le modalità e gli ambiti esperienziali idonei alla
loro attivazione. L'abilitazione di facoltà e le modalità esperienziali di tipo estensivo
assumono un valore specifico rispetto a paradigmi conoscitivi ed esperienziali
semplificanti e riduttivi che trovano legittimazione è occasione applicative nella
comunicazione e nelle sue mediazioni tecniche. In un simile contesto l'esperienza
artistica può essere assunta come una modalità esperienziale alternativa a quella
ordinaria mediata dalle tecnologie della comunicazione, in quanto capace di fornire
occasioni alternative di mediazione e di investire il rapporto soggetto-oggetto alla
luce delle difficoltà finora riscontrate in questa direzione: la de-soggettivazione
dell'individuo e la de-oggettivazione del reale con il trasferimento delle funzioni
soggettive nelle procedure e nei processi sistemici e con il venir meno degli elementi
di mediazione in quanto fatto per il distanziamento, riflessione e conoscenza in grado
di restituire al soggetto la differenza dall'oggetto e in secondo luogo la disponibilità
dell'oggetto stesso. Assumendo il riferimento all'arte contro gli aspetti regressivi della
comunicazione tecnologicamente mediata, si intende rispondere all'esigenza di
riabilitare una soggettività depotenziata nelle sue funzioni e nelle sue facoltà. Dove la
comunicazione non configura uno spazio creativo di produzione simbolica, valoriale
e relazionale e non assolve la sua funzione rappresentativo-riflessiva ma diventa
luogo di ripetizione rapida e semplificata di format relazionali, conoscitivi,
emozionali e identitari, l'esperienza artistica, in quanto fattore estensivo del campo di
esperienza del soggetto, si offre quale paradigma specificatamente alternativo a
quello informativo-comunicazionale con implicazioni rilevanti sul piano dell'etica,
nella dimensione di un agire consapevolmente orientato che procede da una
riapprovazione anche dall'ampliamento dello spazio prospettico per la loro
comprensione. La fantasia, l'immaginazione, attivate nell'esperienza artistica, sono
facoltà di spingere il proprio pensiero aldilà dei confini dell'esperienza individuale,
ponendolo in una disposizione morale particolarmente affine a quella "doppia estasi"
che Morin riconduce al rapporto tra l'esperienza artistico-letteraria, il riconoscimento
di sé e la "scoperta di una verità esterna annoi che si accoppia alla nostra, la incorpora
e diventa la nostra verità”. Il riferimento all'arte va allora compreso come funzionale
all'individuazione di un "fuori" da una pur policentrica e disarticolata totalità
sistemica ma anche all'individuazione di configurazioni criticamente alternative
rispetto a tale realtà. La dimensione comunicativa si presenta allora come luogo di
produzione e riproduzione di identità e di riproduzione dell'identico. L'identità come
riduzione all'identico, come tautologia, sembra ostruire il contrassegno più aggiornato
dello scenario comunicativo odierno. Ed è sulla base di questa esigenza che è
19
possibile intrecciare nel pensiero di Adorno del non-identico strumenti teorici e
metodologici adeguati alla realtà attuale. Non solo perché il pensiero di Adorno offre
un assetto concettuale rivolto alla comprensione e alla critica di una realtà sistemica,
ma proprio perché coglie il "problema" del sistema com'è il problema di identità. Si è
osservato come l'impostazione gnoseologico di Adorno individui nella fantasia
l'organo della conoscenza interpretativa in quanto permette il distanziamento
dall'oggetto andando quindi al di là di esso è al contempo di coglierlo nella
configurazione che lo rappresenta agli altri oggetti. La contrazione della fantasia
rilevata nelle forme di vita tardo capitalistica si risolve nella contrazione della
distanza tra il pensiero alla realtà, convergendo in questo senso con l'azione dei mezzi
di comunicazione e con il paradosso della comunicazione tecnologicamente mediata
che si è riscontrato a diversi livelli e focalizzato nella tendenza dei media
all'esautoramento della mediazione. La riflessione di Adorno presenta sviluppi che
interessano la relazione soggetto-oggetto con esplicito riferimento alla dimensione
comunicativa. Qui l'arte offre una configurazione in edita del reale che non ne nega
gli elementi, non li trasfigura, ma instaura una relazione tra i contenuti empirici che
Adorno definisce in termini di "comunicazione" ovvero una comunicazione allo
stesso tempo interna alle opere ed estroflessa che procede verso l'esterno rendendo
l'opera qualcosa di “parlante". Contro il "Pensiero abbreviato" degli escamotage
sistemici del dominio tardo capitalista e dei sui media, l'arte si presta a un'esperienza
estesa che non solo rifiuta la riduzione della distanza tra un'attività intellettiva statica
e reificata e una realtà depauperata della sua pluridimensionalità, ma dilata la distanza
del pensiero dalla falsa fatticità cui il soggetto riduce la realtà.in questa relazione è
differenza dall’empiria, l'arte si definisce nel rapporto con l'alterità che contrasta nel
modo più cogente con il processo pseudo comunicativo in quanto processo
identificante, per cui Adorno può affermare che "la comunicazione delle opere d'arte
con l'esterno, con il mondo, davanti a cui esse, finisce infelici, si chiudono, avviene
mediante la non comunicazione”. In questa direzione, il movimento dell'arte e inverso
a quello della pseudocomunicazione ovvero della comunicazione come riproduzione
e circolazione dell'identico e dell'identificato, del categorizzato e in termini ancora
più appropriati al contesto tecno-comunicativo attuale, dell'algoritmicamente
codificato, di ciò che assume enfasi e rilevanza nella riproduzione quantitativa e
quantificante dei contenuti mediali. Il momento specialmente conoscitivo dell'arte
coincide dunque con lo smascheramento degli elementi falsificanti della realtà
empirica come quelli che si è riscontrato essere in atto nelle forme di
pseudocomunicazione e pseudopersonalizzazione di un sistema mediante che gioca
sulla riduzione della distanza tra soggetto e oggetto la propria espansione e la propria
autonomia. Lo stesso carattere processuale dell'arte si pone come alternativa radicale
alla meccanicità autonoma dei processi comunicativi.se il processo conoscitivo
consiste nell'individuazione dei modelli di avvicinamento al reale mediante il
distanziamento dei suoi elementi con l'esercizio di una "fantasia esatta" e
l'interpretazione si presenta come illuminazione dell'enigma generato dalla realtà, la
legge di movimento dell'arte, per Adorno configura le opere quali "risposte alla
concreta forma interrogativa che viene ad esse dall’esterno”. Il momento
comunicativo dell’arte, il momento estetico-formale e quello conoscitivo convergono
20
nella relazione con la non-identità secondo un modello gnoseologico che ritorna
significativamente nell'immagine della costellazione. Si dispiega in questo senso il
potenziale critico e conoscitivo dell'esperienza artistica come esperienza dell'alterità
in quanto esperienza della non-identità che non viene identificata né trasfigurata nella
legge di movimento dell'opera ma sopravvive nella tensione, tra la forma artistica e la
realtà empirica. La differenza dell'arte ristabilisce il rapporto soggetto-oggetto
consentendo il loro distanziamento che rende possibile la comunicazione stessa. La
valenza critica dell'esperienza artistica si rivolge in queste due direzioni: sul piano
della conoscenza e sul piano della comunicazione. La teoria dell'arte elaborata da
Adorno, come la sua riflessione gnoseologico, si mostra allora rivelati Iva del vizio di
fondo riscontrato nella dimensione comunicativa tecnologicamente mediata: la
riduzione della distanza e la riproduzione tecnica e sociale dell'identico, dell'identità e
dei suoi format.come intende Adorno se "l'arte mobilita la tecnica nella sua tendenza
opposta a quella su cui la tecnica viene messa dal dominio", Restituendo all'alterità
dell'oggetto, l'arte restituisce anche il soggetto alla propria soggettività ponendo così
le premesse per un'esperienza non reificata è aperta alla relazione con l'oggetto e
questa riabilitazione della soggettività consente quella estensione e riabilitazione
dell'esperienza che si pone è se stessa quale premessa di un'esperienza intersoggettiva
ed etica. Da qui, le implicazioni dell'esperienza artistica sul piano dell'etica, proprio
in virtù dell'azione estensiva dell'orizzonte individuale. Il potenziale critico dell’arte
che si origina da una riconfigurazione del reale alternativa alla sua reificazione/
identificazione concettuale determinata e determinante, opera non è una direzione
contraria al concetto, ma opera come correttivo critico e perciò conoscitivo di una
conoscenza falsificata dal dominio sistemico, dalle sue mediazioni tecniche e dal
vizio identitario coorininario alla soggettività nel suo processo costitutivo. Riemerge
allora la concezione generale cui rimandano il modello della costellazione, la critica
del positivismo logico, la funzione conoscitiva ed etico-pratica della fantasia tanto sul
piano gnoseologico quando su quello della critica sociale: la capacità di agire
significativamente in un contesto in vista della sua trasformazione e il dispiegamento
della soggettività risultano saldamente vincolati alla reimpostazione dell'orizzonte
concettuale del soggetto. Questa consapevolezza diventa pregnante in un contesto
socio-culturale in cui la comunicazione e i suoi mezzi hanno consolidato la loro
funzione nella produzione riproduzione di concetti, idee, credenze ed emozioni,
ergendosi a matrici incontrastate del patrimonio immaginativo, concettuale
linguistico pure differenziato degli attori sociali. Tale nozione di riproduzione a fronte
della dissoluzione delle masse e del prevalere di pulsioni e raggruppamenti identitari,
si differenzia però sostanzialmente dalla riproducibilità tecnica dell'epoca dei mass
media risultando più differenziata male identificabile e paradossalmente è più
difficile da aggirare. La semplificazione e l’impoverimento linguistico, conoscitivo,
emozionale e relazionale riscontrato in un contesto mediale che rispecchia e tradisce
le necessità di una comunicazione commisurata allo stato di complessità sociale, se
richiedono un riorientamento della prassi comunicativa in vista di un'incidenza
sociale, necessitano di un agire intenzionale eticamente connotata in quanto
necessitano di una riabilitazione della soggettività capaci di agire nella complessità e
nell’estensione. Tale fine risulta vincolato a un esercizio critico nei confronti delle
21
restrizioni imposte dalle diverse forme di auto rispecchiamento e riproduzione
dell’identico. Acquisisce allora ulteriore chiarezza il nesso tra la riabilitazione di
funzioni specificatamente soggettive, la capacità di pensare l'alterità e la necessità di
comprendere l'esperienza secondo una concezione estensiva, in grado di assumerla
nella sua complessità e nella complessità del contesto in cui questa è situata.

Anche su basi diverse da quelle del contesto di Adorno per presupposti teorici e
culturali, è possibile pensare la portata estensiva dell'esperienza artistica sul piano
relazionale conoscitivo in rapporto alla vita morale e considerarne le implicazioni
all'interno dell'attuale prassi comunicativa. Riflessioni come quelli di Cora Diamond
operano in una direzione propriamente estensiva della razionalità e della conoscenza
umana: quando Diamond, sulla scia di Iris Murdoch e del dibattito
neowittgenteiniano, in una prospettiva esplicitamente critica nei confronti della
filosofia empirista del linguaggio, considera l'esperienza etica come qualcosa che
esula da una concettualità quale attività di raggruppamento e categorizzazione,
chiama in causa l'esperienza letteraria in funzione critica di una concezione etica che
risente di quell’impostazione. Per Diamond l'esperienza letteraria concerne "la
capacità di rispondere alle caratteristiche di un'opera che determina la propria
relazione rispetta una rete di concetti e valori, così come la consapevolezza critica di
queste caratteristiche”. È la relazione instaurata con questa alterità che consente il
riconoscimento e la comprensione di sé mediante la sollecitazione di una risposta da
parte del lettore. L'esito di una simile esperienza sul piano morale risulta
dall'assunzione di una concettualità cui si accede mediante la narrazione letteraria
come luogo di esperienza di "capacità che non sono intellettuali in senso stretto, ma
che non sono neppure una questione di mera sentimento" e che tuttavia proprio per
questo investono l'ambito della conoscenza, del sentire dell'agire con maggiore
capacità di incidenza rispetto alle classificazioni e alle categorie di un modo di
concepire il pensiero e la morale che esclude queste dimensioni. La concezione di
Diamond limpida analogia come funzione fondamentale per la comprensione della
vita morale mettendo in discussione una nozione di moralità imperniata sulla scelta
da parte di una soggettività da parte di Murdoch. Considerando i criteri di scelta e di
selezione assunti dal soggetto in un contesto comunicativo improntato al paradigma
informazionali e l'impatto di tale paradigma sullo statuto della soggettività e della
relazionalità, il riferimento al rapporto analogico di esperienze, sentimenti e
percezioni differenti da quelle proprie della contestualità originaria dell'individuo e il
riferimento alla sua "comprensione immaginativa" possono essere concepiti in una
prospettiva di superamento dei limiti imposti dal rispecchiamento individuale-
individualistico nelle diverse forme di pseudocomunicazione. Il ricorso a un'attività
immaginativa estensiva del patrimonio conoscitivo ed esperienziale del soggetto si
rivela funzionale alla disattivazione di un uso falsificato dell'immaginazione.come
facoltà idonea all'individuazione di un "fuori", l'immaginazione si sottrai alla sua
reificazione quale dispositivo identificatorio giocando un ruolo rilevante nella
caratterizzazione di una falsa dialettica individuo-società. Il riconoscimento del ruolo
del tutto peculiare dell'immaginazione nella produzione identitaria in rapporto alle
trasformazioni della modernità globale fa convergere le analisi di Giacomo Marramao
22
e di Arjun Appadurai portando alla luce una dinamica che può costituire una valida
chiave interpretativa del comportamento e della prassi degli individui nell'esperienza
mediale. La produzione di identità individuali o collettive si avvale di un'attività
immaginativa che non si svincolo dal rispecchiamento dell'individuo in se stesso,
della comunità in se stessa e di entrambi nella dimensione comunicativa, ma che può
incontrare un fattore di disattivazione in differenti modalità narrative e immaginative.
L'attivazione del narrato non è riducibile alla fatticità del dato identico a se stesso ma
lo trascende Hello eccede in una dimensione di senso in quanto dimensione di
relazione.perciò la narrazione costituisce uno stile comunicativo che si mostra
opportuno in un contesto sociale complesso e tecnologicamente mediato, in cui la
complessità viene mascherata da pseudomediazioni semplificanti in grado di
neutralizzare la riflessione e l'interpretazione con i loro sono pagati mediani, fra cui
un ruolo rilevante spetta proprio alle pseudonarrazione, il racconto in quanto a
produzione del legame sociale o nei suppliscono alla necessità. Al contrario, pratiche
narrative effettive possono intervenire in una prospettiva di ridefinizione di pratiche
sociali capace di dischiudere spazi di effettiva relazione e comunicazione all'interno
della sfera pubblica, anche a fronte delle difficoltà e delle limitazioni che investono i
soggetti nei contesti socio-culturali specifici. Un discorso che non sembra troppo
lontano da quello condotto da Marta Nussbaum circa la rilevanza sociale della
narrazione e della sua funzione etica ed educativa considerata nelle sue implicazioni
politiche, nelle ricostruzioni di un nesso tra formazione e cittadinanza che le
democrazie contemporanee hanno visto progressivamente dissolversi.
L'immaginazione narrativa in quanto "capacità di pensarsi nei panni di un'altra
persona, di essere un lettore intelligente della sua storia, di comprendere le emozioni,
le aspettative e i desideri" viene sviluppata nella familiarità con le arti, con la poesia e
la letteratura, potenziando capacità allo stesso tempo critiche e relazionali.occorre
allora considerare come rispetto alle esigenze di comprensione e azione in un
contesto socialmente complesso, l'esperienza artistica, proprio in virtù della
componente narrativa delle arti, possa venire incontro a necessità specifiche. In primo
luogo in quanto la narrazione è esposta ai importanti fattori di inibizione provenienti
dalle tendenze caratteristiche della comunicazione tecnologicamente mediata per
ragioni di natura sia sociale che tecnologica.la narrazione infatti costituisce una
modalità comunicativa non riducibile all'informazione in quanto il contenuto
informativo non è identificabile separatamente dalla configurazione narrativa mentre
ciò che è dell'oggetto esula dalla sua riduzione al contenuto informativo sopravvive
nelle relazioni instaurate dalla narrazione. In un processo, di cui Walter Benjamin
intravedeva l'avvio nell'avvento del romanzo moderno, il tramonto della narrazione è
segnato dall'informazione quale modalità comunicativa a essa antitetica che "ha il suo
compenso nell'attimo in cui è nuova, vive solo in quell'attimo, deve darsi interamente
a esso e spiegarglisi senza perdere tempo.diversamente la narrazione: che non si
consuma, ma conserva la sua forza concentrata e può svilupparsi ancora dopo molto
tempo”. Tale processo sembra seguire meticolosamente lo sviluppo dei mezzi di
comunicazione segnando con l'avvento dell'era digitale, la crisi della narrazione che
assume il profilo segnato dalla dissoluzione del suo nesso con la storia e con
l'esperienza. Raffaele Simone nota come le modalità espressive ed esperienziali
23
proprie delle E tecnologie si contrappongono puntualmente a quelle pre digitali
compromettendo la pratica e lo stesso interesse nei confronti della narrazione. In
questa attività, nel lavoro narrativo, il soggetto è sempre oltre gli oggetti della
narrazione ed è calato nella loro esperienza. C'è un altro livello che occorre
considerare che interviene in questo lavoro peculiarmente soggettivo e che pure
investe il soggetto in modo imprescindibile dal legame sociale: l'intrinseco nesso tra
la narrazione è la rappresentazione storica, tra la narrazione e la comprensione del
presente come storia, ossia in una direzione di senso e di relazione tra le parti che si
rende più urgente a fronte di un sistema paradossalmente frammentario strutturato
sulla comunicazione e allo stesso tempo non comunicante. Il tempo presente patisce
la sua presentificazione la sua "compressione spazio-temporale" Che a questo livello:
il confinamento all'istante percettivo-ricettivo in cui confluisce l'informazione non ha
solo l'effetto di inibire il distanziamento, la riflessione (ho la fantasia come
considerata da Anders o da Adorno); Messe relazioni che conferiscono alla
temporalità continua la forma e la struttura della narrazione storica ne risultano
inevitabilmente compromessi. Appare allora di particolare interesse la distinzione tra
la storia (history) e le storie (stories) e il modo in cui queste ultime popolano le
narrazioni mediatiche tra un orizzonte di senso socialmente fondato e Inter
soggettivamente condivisa e le produzioni di senso individual-mediali che
sopperiscono alla mancanza di senso secondo le dinamiche di apparenza, supplenza e
autoreferenzialità che abbiamo riscontrate. In una prospettiva che ne rafforza le
argomentazioni antipositivistiche, Adorno ascrive la reificazione della fantasia alla
sua separazione dall'ambito dei fatti. Le implicazioni di tale reificazione sul piano
della comprensione storica possono essere ben considerate alla luce della "dicotomia
tra fatto e fantasia" che, per Heyden White, è all'origine della difficoltà di rintracciare
la componente di significato implicata dalla stessa nozione di storicità. È la
narrazione letteraria che permette in questo contesto di evidenziare quei nessi che soli
consentono di comprendere dimensioni individuali e sociali in un’unità di significato
che corrisponde all'unità formale della narrazione e che apre alla comprensione della
complessità di queste dimensioni passando per la ricomposizione del nesso
estendendo dunque l'orizzonte della percezione dell'individuo al suo “fuori". La
fantasia risulta quindi la facoltà preposta a questo tipo di comprensione e allo stesso
tempo è unificatrice ed est estensiva e che giustifica già in sé la tematizzazioni
metastorica. Nell'articolazione narrativa, l'esercizio della fantasia e il lavoro
interpretativo risultano difficilmente svincolo abili l'uno dall’altro. Espressioni della
teoria storiologica come "La produzione di fantasia" evocata da Northrop Frye o
"l'immaginazione costruttiva" chiamata in causa da Robin Georg Callingwood, sono
richiamate da White nell'illustrare il procedimento del lavoro storico. La problematica
dell'esperienza mediale si inserisce in tali considerazioni intervenendo proprio in
questo lavoro soggettivo, sostituendosi a esso nel produrre nessi, analogie,
contestualizzazione e i modelli interpretativi, forniti come prodotto finito, fornitura
individuale, sottraendo questa attività è la prassi soggettiva alla contestualità
extratecnologica, intersoggettiva e sociale, da cui il soggetto attinge criteri di
selezione e riferimenti analogici utili sia all'interpretazione sia all’azione.
L'esperienza artistica narrativa si mostra all'interno di questo quadro particolarmente
24
idonea all'attivazione della soggettività in direzione di un "fuori" sia rispetto alla
riproduzione individualistica del sé sia rispetto alla comunicazione come sistema
mediale. La razionalità altra dell'arte e delle narrazioni diverse dalle auto narrazioni
operanti in questo scenario comunicativo rende l'esperienza artistica una vera e
propria esperienza di estensione morale nella misura in cui l'articolazione del nesso
tra l'ambito della conoscenza e quella della prassi interviene in senso estensivo sulla
capacità e sulla modalità di relazione. Il web da luogo a modalità esperienziali in cui
la selezione e la scelta richieste al fruitore rimandano a un margine di libertà conteso
tra la precondizione del soggetto (del suo patrimonio conoscitivo e della sua
competenza mediale) e l'autonomia della mediazione tecnica, le codificazioni
algoritmiche e le forme di pseudopersonalizzazione che falsificano la scelta
rendendola "apparente" o non estensiva dell'esperienza del soggetto confinandola
quindi nel rispecchiamento. La capacità di instaurare nessi analogie cogliendo
configurazioni e modelli di alterità, assume una valenza fortemente critica rivolta allo
smascheramento di una delle caratteristiche di fondo che sottendono l'esperienza
mediale. La capacità di cogliere i nessi e analogie nell'esperienza artistica viene
restituita al soggetto cui spetta lo sforzo cognitivo, conoscitivo e critico del
riconoscimento di sé e dell'alterità, mediante l'accesso a un modello di tipo
emozionale, relazionale e comunicativo che riabilita la soggettività nelle proprie
funzioni. Tali funzioni sono quelle in grado di far entrare nel campo esperienza del
soggetto oggetti e altri soggetti con cui instaurare modalità relazionali e propriamente
comunicative. La narrazione, le pratiche narrative mettono in gioco la riformulazione
immaginativa della nostra percezione del dentro e del fuori, dell'altro e dell’identico.
L'esperienza artistica e quella narrativa possono allora assolvere una funzione
specificatamente critica dell'esperienza mediale minando i processi
pseudopersonalizzanti e pseudoggettivanti di costruzione dell'identità e orientando le
modalità esperienziali in direzione contraria alla riduzione all’identico: a quella
semplificazione the p.a. operante della realtà che porta con sé un effetto di
mascheramento e di inevitabile reificazione della sua complessità e delle sue
intrinseche dinamiche di mutamento.

25

Potrebbero piacerti anche