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- IL RISCHIO DELL’IDENTITÀ -
ETICA E COMUNICAZIONE NELLA WEB SOCIETY
INDICE
1
I
SOGGETTIVITÀ E NEW MEDIA
7
II
ETICA E COMPLESSITÀ SOCIALE
Condizione come quella delineata rende difficile la comprensione di una realtà che
instaura un rapporto paradossalmente a-comunicativo tra soggetto e oggetto e tra
soggetto e soggetto innescando meccanismi paralleli di autoreferenzialità ovvero
quella realtà mediale-comunicativa e quella dell'individuo de-soggettivato. Offrendo
all'interpretazione del presente utili strumenti critici, la stretta compenetrazione
dell'interpretazione filosofica e delle analisi sociali sulla mediazione di massa hai
indicato, come la comunicazione tecnologicamente mediata richieda strategie di
distanziamento capace di restituire l'articolazione funzionale del rapporto tra soggetto
e oggetto e di riabilitare funzioni soggettive di tipo emotivo, cognitivo e pratico. In
questa prospettiva la compenetrazione dell’indagine sociologica e di quella
gnoseologico nella riflessione di Adorno, le implicazioni morali delle considerazioni
di Günther Anders, rispetto alle quali l'abusata categoria del "apocalittico", da Anders
evocata nella considerazione del proprio tempo, troppo allungo hai impedito di
cogliere gli aspetti più propositivi delle sue elaborazioni. Approccio di Adorno quanto
quello di Anders alla crisi dell'individuo sotto le condizioni di vita tardo capitalistiche
sono segnati dalla considerazione dell'impatto non solo sociale ma propriamente
antropologico dei mezzi di comunicazione e massificazione sociale da cui procede la
necessità di distanziamento dai meccanismi sistemici mediante il ricorso a fattori
cognitivi e conoscitivi capaci di produrre effetti sul piano dell’etica. Cominciano così
a essere tematizzata le peculiarità antropologiche di una fase della modernità in cui la
stimolazione mentale, cognitiva ed emotiva indotta dall'esposizione ai media
incrementa progressivamente la sua incidenza sulla configurazione sociale e sullo
statuto stesso della soggettività. Per Adorno, come per Anders, la configurazione
sistemica del dominio sociale, alimentato dallo stesso assetto sistemico dei mezzi di
produzione e dei mezzi di comunicazione di massa, sortisce i propri effetti a livello
antropologico proprio perché impatta le modalità di conoscenza secondo un processo
di annullamento della distanza e della differenziazione tra il soggetto e l'oggetto di
esperienza e questo annullamento è favorito dall’introiezione delle mediazioni
imposte dalle tecnologie della comunicazione. Tanto nelle analisi di Adorno quanto in
quelli di Anders, l'impoverimento cognitivo degli individui E la manipolazione della
sfera emozionale, costituisce il fattore primario che rende la crisi dell'individuo un
fenomeno antropologicamente rilevante, interessando la sfera dell'agire, le condizioni
di vita, i legami sociali e, inevitabilmente, la sfera morale in quanto luogo di esercizio
della soggettività. E contrastare l'inibizione della spontaneità produttiva di immagine
cui l'industria culturale sostituisce quelle pre-confezionate dalle centrali del potere o
di colmare le varie forme di "dislivello" tra le percezioni mediatiche del mondo e
l'esperienza del mondo stesso, tra l'azione che si esaurisce nei meccanismi produttivi
e le loro conseguenze rese inaccessibile al pensiero e al sentimento, per il soggetto si
rende necessaria l'attivazione delle stesse facoltà che la realtà tecno-mediale inibisce
11
o sopprime. Dalla critica radicale, come quella di Anderson di Adorno, mossa alle
dinamiche di fondo della società tecnocratica e ai singoli fenomeni in cui queste si
estrinsecano, emerge l'esigenza di riabilitare la soggettività morale e la sua autonomia
rispetto alle diverse forme di mediazione che formano e informano l'esperienza,
facendo leva su quelle facoltà la cui atrofia respinge pericolosamente lo spazio etico e
per l'esercizio della libertà e per l'assunzione di responsabilità. Anders sostiene "che
noi, che fabbrichiamo questi prodotti, siamo su punto di edificare un mondo con cui
non siamo capaci di mantenerci al passo e per "Afferrare" il quale, si pongono
esigenze assolutamente esorbitanti dalle capacità e dalla nostra fantasia, delle nostre
emozioni e della nostra responsabilità”. Anders rileva le implicazioni etiche di un
problema gnoseologico che nel dibattito sul sovraccarico cognitivo nell'età
dell'informazione trovano conferma a diversi livelli disciplinari: dalle analisi sociali
ai risultati delle scienze cognitive per cui l’information overload è individuato alle
origini delle disfunzioni che rendono il soggetto più esposto alla manipolazione o
incline a comportamenti e automatismi innescati dall'adattamento alle tecnologie. I
processi di produzione consumo quindi da un lato e dall'altro, la tendenza degli
apparecchi a "collegarsi gli UNI con gli altri e a unificarsi in rete" sosteneva Anders
già nel 1966 alimentano “l'accumularsi del loro potere e della loro indipendenza"
dando luogo a un sistema tecnico autonomo nei suoi meccanismi di sviluppo e di
mantenimento in cui l'omologazione dei singoli risulta tanto più riuscita quanto più
l'assorbimento di ogni individuo nei meccanismi autonomi della tecnica avviene
come qualcosa di "Naturale" quanto più la coercizione si presenta come la
realizzazione di desideri e frutto di azioni volontarie in modo tale “che la linea di
demarcazione tra passività e attività, dunque anche tra essere omologato e
omologarsi, non si lascia più tracciare”. La libertà individuale quindi coincide con la
necessità del meccanismo perché tra l'agire individuare i processi sistemici non si può
stabilire più alcuna differenza. La categoria della medialità è rivelati Iva della
posizione morale dei "soggetti", per cui l'omologazione risulta compiuta non la
sostituzione del telos dell'agire e della libertà degli individui con il telos e procedure
del sistema, bensì con la loro coincidenza. Allo stato attuale, sembra che tale processo
abbia cambiato direzione in un modo che rinuncia alla standardizzazione coatta in
favore delle diverse forme offerte dalla Rete, in cui la convergenza di fenomeni come
l’overload informativo è il bisogno crescente di individuazione e personalizzazione
decreta il successo dei meccanismi di pseudopersonalizzazione Messi in atto dal
calcolo algoritmico dei comportamenti degli utenti. Su larga scala, la
personalizzazione si configura quale fenomeno sostitutivo della standardizzazione e
come sua controparte globalizzata. Come rileva Frank Schirrmacher, un riscontro
immediato di queste tendenze a livello infrastrutturale viene dai motori. La
problematicità morale di tali processi emerge nel momento in cui la funzionalità
tecnologica viene incontro a bisogni propriamente soggettivi, ovvero ai bisogni di
soggettivazione da parte dell’individuo, che se ne avvale allo scopo di rendere più
disponibile una realtà che esige, la disponibilità dell’individuo, rovesciando e
confondendo da un lato il rapporto soggetto-oggetto e dall’altro il rapporto mezzo-
scopo. Nel contesto di Anders, il recupero di un orizzonte morale inibito dalla
medialità di massa interessa un quadro storico che vede le tecnologie della
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comunicazione assolvere un ruolo paradigmatico nell’autonomizzazione sistemica
degli apparati tecnologici e nel loro impatto sullo statuto individuale e soggettivo.
Dell'esigenza di ripensare fino in fondo le condizioni di possibilità dell'esperienza
umana in generale e in particolare dell'esperienza morale, Anders osserva "che oggi
una critica dei limiti dell'uomo, dunque non soltanto della sua ragione, ma dei limiti
di tutte le sue facoltà (della sua fantasia, del suo sentire, della sua responsabilità, ecc.)
sia quel che si debba richiedere in primo luogo dalla filosofia”. Anders perviene alla
formulazione sia di un compito filosofico-critico sia un compito specificatamente
morale che non coincidono, ma condividono una prospettiva rivolta, sul piano
morale, alla riabilitazione delle facoltà umane fondamentali inibite dallo sviluppo
tecnologico e dalla diffusione dei mass media, sul piano filosofico-sociale, alla critica
delle condizioni oggettive che tali facoltà impediscono l'esercizio e lo sviluppo e
individua E nella fantasia dell'elemento essenziale alla definizione di uno spazio etico
in grado di sottrarsi alle logiche autonome del dominio tecno-mediatico. Fantasia è la
facoltà umana che subisce in misura maggiore il sabotaggio da parte degli apparati
mediali e che risulta la più efficace nel contrastare gli effetti permettendo di estendere
il pensiero agli "avvenimenti reali" celati dietro le immagini oltre lo hic et nunc
percettivo-ricettivo cui i mass media confinano l’esperienza. La funzione
fondamentale che Anders attribuisce alla fantasia è quella di colmare il "dislivello" tra
fruizione dei media e l'esperienza del mondo, tra il carattere obbligato dei
comportamenti e dell'agire all'interno del regime mediale, le sue conseguenze e la
conoscenza di queste conseguenze. Come rileva Joshua Meyrowitz, i media
"superano i limiti e le definizioni delle situazioni sostenute da ambienti fisici"
riducendo o rendendo più labili i confini che separano le situazioni e assolvono la
funzione di "assorbire lo shock Psico-sociale" derivante da una sovraesposizione
emotiva. La precarietà delle barriere situazionali in un ambiente caratterizzato
dall'esposizione mediatica traduce lo shock in assuefazione in primo luogo emotiva e
in secondo luogo morale. Assumere il sentire e l'immaginare come compiti e come
compiti "morali", orientati a colmare le diverse forme di dislivello riscontrate,
significa "aumentare l'estensione delle prestazioni comune della sua fantasia e del suo
sentimento” e "trascendere la proportio umana”. Compito morale individuato da
Anders assume ulteriore pregnanza se ripensato in un contesto che acuisce il divario
tra realtà globale e individuale, riducendo sostanzialmente il potere d'azione e di
comprensione da parte degli individui. Walter Lippmann nelle proprie considerazioni
osserva come a fronte di un aumento della complessità sociale, il ruolo del mentale,
in termini conoscitivi ed emotivi, assolva funzioni progressivamente sostitutive
dell'esperienza indiretta. Nel volume di Anders del 1980, la funzione della fantasia o
dell'immaginazione nel contrastare gli effetti "restrittivi" dei media sulla percezione
del nostro orizzonte morale e conoscitivo non solo conferma la sua priorità, ma si
rende ancora più urgente nel momento in cui l'esercizio di estensione deve essere
rivolto in modo prioritario agli effetti futuri dei comportamenti imposti dalla tecnica.
Se nel 1956 l'auspicio era quello di riattivare le facoltà umane in direzione della
comprensione della partecipazione alla realtà presente, in quello del 1980 l'attenzione
rivolta soprattutto alle conseguenze dell'incremento tecnologico che configura il
rinnovato compito morale come una interpretazione prognostica. Qui il
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potenziamento della facoltà immaginativa risulta inevitabilmente vincolato alla
possibilità di concepire il nostro agire secondo un "principio-responsabilità" di cui
Anders fornisce un'ulteriore declinazione rispetto a quella proposta da Hans Jonas che
definiva la fantasia come la forma di "percezione del giorno d'oggi" in grado di
offrire la giusta comprensione non solo dello stato di cose in cui l'uomo è inserito ma
anche degli effetti a lungo termine che questo stesso stato di cose può produrre. Come
facoltà estensiva della coscienza temporale rivolta al futuro, la fantasia dispone il
soggetto ha un atteggiamento di rilevanza morale nella misura in cui opera in una
direzione contraria alla contrazione spazio-temporale indotta dai mezzi di
comunicazione è destinata all'incremento del loro potenziamento tecnologico. Da qui
il paradosso morale che procede dalla mediazione tecnica: l’avvicinamento e
l'allontanamento del mediato con cui, secondo la lezione di Jonas s'e di Anders, si
estende nel tempo nello spazio il potere causale della tecnica, rendendo necessaria
un'assunzione di responsabilità, la quale risulta però meno avvertita proprio in forza
delle distanze generate e di quelle ridotte. In questo senso l'immaginazione consente
un'esperienza mediata dal soggetto che lo pone al di là del limite imposto alla sua
percezione, rivelandosi una facoltà tanto più incisiva sul piano etico quanto più
efficace sul piano cognitivo.la percezione consente di "Fare immaginare a chi
apprende quali conseguenze potrebbe produrre nel tempo la manipolazione delle
variabili che regolano il comportamento di un fenomeno”. Il processo di
apprendimento risulta supportato da elementi vicarianti (sostitutivi) dell'esperienza
immediata, funzionanti sulla base di rapporti analogici, su cui l'attività immaginativa
lavora attivando diverse forme di distanziamento dall'orizzonte percettivo in vista
della comprensione. L'attivazione del dispositivo di percezione richiede di associare
l'esperienza pregressa elementi del presente individuando costanti e isomorfismo
mediante un procedimento analogico che riduce la complessità secondo un processo
di schematizzazione e categorizzazione. Quindi il ruolo dell'immaginazione si rivela
allora fondamentale nella possibilità di includere il futuro all'interno dell'orizzonte
conoscitivo e di renderlo così terreno di un agire mirato. Il nesso previsione-
immaginazione, non solo conferma la connotazione morale che Anders attribuisce a
esso, ma ne evidenzia il rapporto con la comprensione e la elaborazione
dell'esperienza da parte del soggetto con particolare rilevanza per l'esperienza
mediale. In relazione a questa specifica forma di esperienza, la capacità di fare
previsioni emerge quale "ingrediente fondamentale della competenza mediale, al di
qua dei tecnicismi linguistici o informatici con i quali spesso sia la tentazione di
identificarla". Da dispositivo cognitivo quindi la previsione diventa un effettivo
dispositivo critico che ribadisce la centralità dell'attore spostando il baricentro
dell'atto selettivo/conoscitivo dal meccanismo autonomo delle previsioni
algoritmiche, che regolano le tecnologie informatiche, al lavoro soggettivo di
selezione delle informazioni e previsione della loro funzionalità alle esigenze del
soggetto. È possibile allora quindi comprendere come la nozione di Anders di fantasia
in quanto "percezione del giorno d'oggi" e l'auspicio etico di un "interpretazione
prognostica" convergano nella definizione di uno spazio propriamente morale di
riabilitazione della soggettività in un ambiente a elevata mediazione tecnologica.
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Le implicazioni sociali antropologiche di tali considerazioni acquisiscono maggiore
comprensibilità se confrontate con la funzione nodale della fantasia nel quadro più
ampio della gnosi ho lo Gia di Adorno e con il suo ruolo nel con tra stare il "pensiero
abbreviato" quella tarda modernità rischia di demandare la propria capacità di
rappresentazione e autorappresentazione. Le conseguenze antropologiche sociali che
Adorno attribuisce all'atrofizzazione della fantasia e la società tardo capitalistica
emergono significativamente dove l'inibizione di tale facoltà, imposta dal controllo
sociale, che mina la possibilità stessa di elaborare l'esperienza mediante la
conoscenza della realtà e la formazione del giudizio. Il compito più attuale della
filosofia è individuato nel lavoro interpretativo che fa risaltare il senso della
composizione degli elementi del reale in immagini o costellazioni quali modelli di
avvicinamento alla realtà. Pur sacrificando la pretesa di totalità a questo
avvicinamento, la filosofia mantiene la "pretesa di verità" che le è propria derivando
la sua legittimazione non da un procedimento formale autonomo ma dall'esercizio di
una fantasia precisa ed esatta. Finanziandosi profondamente da una concezione della
fantasia e dell'immaginazione come fuga dall'oggetto, la fantasia in quanto facoltà di
presiedere alla composizione degli elementi, assolve una funzione connettiva la cui
espulsione compromette necessariamente rapporto con la realtà e con gli oggetti.
Anche a questo livello è possibile osservare con me dinamiche sistemiche, in questo
caso di tipo tecnologico-infrastrutturale, si sostituiscono ad attività proprie del
soggetto e come funzionalità tecno-mediale si offrono come sgravio (falsa
compensazione) al lavoro mentale, la spontaneità primitiva del pensiero. In questa
prospettiva l'informazione diventa facilmente un surrogato della conoscenza dato che
non risulta dall'elaborazione soggettiva ma pronta per l'assimilazione, confinando il
pensiero alla ricezione e dando luogo a una inedita forma di unidirezionalità
all'interno dell'interattività digitale. Una simile modalità conoscitiva o
pseudoconoscitiva perde l’eccedenza È la realtà mentre la trasforma (riduce) in
informazione. La contrazione della fantasia, rivelata da Adorno sul piano della critica
sociale, ma tu le sue effetti sul piano gnoseologico e antropologico, proprio
ostacolando il soggetto nell'esperienza degli oggetti e nella comprensione della realtà
che questi configurano e dove la fantasia, come organo di interpretazione, permette di
far emergere e quindi di conoscere. L'interpretazione, la conoscenza e l'esperienza
stessa non sono svincolata Billy dal distanziamento operato dalla fantasia del
soggetto dagli oggetti che solo nel distanziamento possono essere colti nella loro
configurazione viva nella loro costellazione. In modo analogo, la critica di Adorno
del positivismo logico è rivolta a un pensiero che intende obbligare la parola
all’esattezza letterale, liquidandone il potenziale espressivo nelle concezione di fatti
che la parola non esaurisce. L'astrazione concettuale è una letterali ta che fallisce il
dato connotato pensiero "abbreviato" e verificato che sottratto alla mediazione
dialettica con il reale, condivide con la fantasia la stessa sorte di reificazione. Si tratta
di una riduzione della "distanza del pensiero dalla realtà, distanza che non è già più
tollerata dalla realtà stessa". Riemerge allo stesso tempo sia filosoficamente che
socialmente, conoscitivamente e cognitivamente, il ricorso alla fantasia di fronte
all'esigenza di un linguaggio e quindi di un pensiero capace di aderire al fatto, senza
invocarlo in sostegno di un pensiero verificato "fantasia significa meno inventare
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liberamente che operare mentalmente senza il soccorso pronto e affrettato dei fatti”.
Nel corso degli anni Ottanta Sherry Turkle osservava come i risultati raggiunti dalle
tecnologie della comunicazione avessero realizzato a posteriori le utopie della
"comprensione trasparente". Si può considerare come entrambe le fasi individuate da
Turkle abbiamo raggiunto una sintesi estrema nella prevalente semplificazione
brevità dei contenuti immessi e trasmessi dalle tecnologie della comunicazione. Il
lavoro interpretativo che spetta a un pensiero propriamente critico, ora com'è il
contesto della teoria critica, non deve ricadere nel vizio metodologico di un'ontologia
semplificatoria che intenda comprendere la realtà nella sua totalità, ignorandone sia
lo stato di frammentazione sia la sua pluridimensionali ta, né in quello di una
rinnovata pretesa idealistica destinata ad assecondare il ripiegamento individualistico
del soggetto. In relazione a questo fenomeno, il ricorso alla fantasia consente di
attivare dispositivi di distanziamento portatori di un forte potenziale critico infatti le
analisi critiche della società di massa risultano tuttora efficaci nell'indicare i rischi di
modalità esperienziali in cui l'immediatezza subentra alla riflessione in modo
potenziato e commisurato alla capacità prestazionali dei new media. La fruizione
mediale inibisce l'elaborazione dell'esperienza quanto più l'indebolimento dei legami
sociali, con la crisi delle aziende si è disorganizzazione, non riesce a fornire strumenti
e criteri di mediazione e a filtrare gli effetti dei media che diventano allora "effetti
limitati" non in base al potere effettivamente circoscritto di determinare orientamenti
e comportamenti, ma in quanto li riproducono secondo un meccanismo di
riproduzione che impedisce il "lavoro interpretativo", la riflessione e la
trasformazione dell'idea prodotto ossia quando i media alimentano il sistema
dell'amplificazione della sua auto rappresentazione di conseguenza della sua
autonarrazione. Ecco allora che i dispositivi distanziamento si rivelano fondamentali
per il disinnesco di tale meccanismo è il pensiero che permette ti rapportarsi al non-
identico senza negarlo nella astrazione concettuale o nella riduzione all'identità, non è
svincolarvi dalla sua differenza, eccedenza e trascendenza. Senza nulla concedere a
posizioni di tipo irrazionalista, in Adorno, il mantenimento della differenza è legato a
dimensione "extrarazionali" eccedenti la mela letterali ta, così come l'interpretazione
eccede l’enunciazione. Adorno individua una dinamica che contrasta nel modo più
conseguente con i Diktate della comunicazione riproduttiva e auto riproduttiva, che
può anche ammantarsi di un auspicata eticità in una versione facilitata di adaequatio
rei et intellectus, rischiando però di appianarsi, nel migliore dei casi sugli statement
of fact ovvero sulle apparenze o sulle menzogne dell'informazione perdendo in ogni
caso la spinta propulsiva alla trasformazione della realtà. Le occasioni di
pseudopersonalizzazione. Elementi individuati si inseriscono in un approccio ai
media che trasforma conoscenze e relazioni in informazioni, che passano e vivono
nell'immediatezza, nei ritmi serrati e nelle necessità incolmabili di un contesto
storico-sociale elevato grado di complessità. Allora il lavoro della fantasia
individuato come momento di distanza critica dall'ordinamento vigente del reale,
configura una conoscenza che garantisce una maggiore prossimità agli oggetti è un
rapporto soggetto-oggetto in grado di dar luogo a una conoscenza e a un'esperienza
effettiva. La configurazione È la conoscenza che emerge come propria di un pensiero
morale implica l'atto conoscitivo di un "soggetto qualitativo" contrapposto tanto il
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soggetto a qualitativo della concettualità classificatoria e quantificante, quanto a
quello alienato e verificato dal dominio tecno-capitalista dove un soggetto
aqualitativo capace di cogliere gli oggetti nella loro differenza qualitativa e di
sottrarre elementi di non identità alla riproduzione dell'identico. Da qui emerge un
soggetto riflessivo che non soggiace alle dinamiche identitarie né soccombe davanti
alla realtà fattuale. Corrispettivo di un soggetto non reificante è un soggetto non
reificato, negativamente dialettico, la cui "morale" coincide con la sua valenza critica.
Su questa base diventa possibile una modalità conoscitiva ed credenziale riflessiva e
immediata, una "conoscenza veramente allargante" delineata come fattore
specificatamente morale del pensiero. La dialettica presenta una valenza gnosi ho
logica ma anche una valenza pratica ovvero la riabilitazione dell'individuo nelle
funzioni soggettive che gli permettono di intervenire criticamente e attivamente sulla
propria condizione. La valenza metodologica che investe anche l'opzione,
esplicitamente vagliata da Adorno tra "dialetti e positivismo in sociologia" il cui esito
non manca di interessare gli sviluppi del pensiero filosofico. Questo contesto optare
per la dialettica significa legittimare questi saperi sul piano di una conoscenza
concepita quale "momento di esagerazione" pur orientato dalla visione di una
"fantasia esatta" identificata quale "elemento teatrale, ludico”, non separato
interamente dall'arte che coincide con il momento stesso dell’interpretazione. Tende il
pensiero oltre la letterali ta, oltre l'istantanei ta e la semplificazione delle percezioni
immediate, oltre la povertà concettuale lessicale generata dalla meccanicità di
processi cognitivi e conoscitivi etero diretti, significa dar luogo alla possibilità di
comprendere una realtà falsamente semplificata, pluridimensionale e sempre
eccedente i contenitori mediali o concettuali che la sottraggono alle mediazioni,
all'elaborazione, all’interpretazione. L’eccedenza del reale diventa ora il negativo non
solo dell'oggetto, ma anche del soggetto che nel rapporto attivo (dialettico) con il
reale valica i confini dell'individualità cui è relegato e con stante mente rimandato da
una non conoscenza del mondo, da una nonna esperienza della realtà stessa.
L’attualità Adorno rivela non tanto sul piano dell'analisi mediologica e speciale ma
per quella attenzione al "negativo" che congiunge le analisi sociali, la riflessione
teorico-filosofica e le sue implicazioni etiche ed estetiche. Il depotenziamento delle
funzioni soggettive e della sfera pratica del soggetto, contestualmente alla riduzione
del margine di azione, dell'orizzonte conoscitivo e delle occasioni di elaborazione
cosciente e critica dell'esperienza, si risolve nella sostanziale riduzione del suo spazio
morale ovvero l'espressione con cui si rimanda tanto alla capacità quando l'effettiva
possibilità di intervento consapevole e intenzionale sulla realtà. Il riferimento all'arte
può allora essere concepito come indicazione di metodo per il recupero della
differenza che si sottrae all'omologazione (da intendersi più come ripetizione
dell'identico che nella vecchia accezione che vincola questa nozione è quella di
massa). Si tratta di una differenza che assume il recupero del negativo, dell'eccedenza
e della ridondanza che l'affermazione del paradigma informazionali nei processi
comunicativi tende a espungere dall'esperienza comunicativa nella misura in cui si
afferma come paradigma secondo l'uso esteso che fa Morin della nozione elaborata
da Kuhn, per cui "gli individui conoscono, pensano agiscono secondo i paradigmi
scritti culturalmente dentro di loro. I sistemi di idee sono radicalmente organizzati in
17
virtù dei paradigmi. Questa definizione di paradigma è di carattere insieme
semantico, logico e ideo-logico”. Il paradigma informazionale non corrisponde allora
solo a un approccio disciplinare negli studi sulla comunicazione ma costituisce un
modello esperienziale che impatta l'attività conoscitiva e pratica dei soggetti,
orientandone le modalità relazionali oggettive e Inter soggettive nella misura in cui
nella comunicazione informativa confluiscono i diversi livelli di azione e interazione
individuale e collettiva. Si tratta dunque di spostare l'asse dal paradigma
informazionali nella comunicazione a un paradigma comunicativo che includa
l'informazione ma che, allo stesso tempo, la ecceda. Non si rende allora necessario
l'individuazione e la valorizzazione strategica di modelli alternativi volti a un'effettiva
riabilitazione della comunicazione come funzione della soggettività e come pratica
relazionale.
18
III
PRATICHE DI DISTANZIAMENTO: ARTE E
NARRAZIONE
Anche su basi diverse da quelle del contesto di Adorno per presupposti teorici e
culturali, è possibile pensare la portata estensiva dell'esperienza artistica sul piano
relazionale conoscitivo in rapporto alla vita morale e considerarne le implicazioni
all'interno dell'attuale prassi comunicativa. Riflessioni come quelli di Cora Diamond
operano in una direzione propriamente estensiva della razionalità e della conoscenza
umana: quando Diamond, sulla scia di Iris Murdoch e del dibattito
neowittgenteiniano, in una prospettiva esplicitamente critica nei confronti della
filosofia empirista del linguaggio, considera l'esperienza etica come qualcosa che
esula da una concettualità quale attività di raggruppamento e categorizzazione,
chiama in causa l'esperienza letteraria in funzione critica di una concezione etica che
risente di quell’impostazione. Per Diamond l'esperienza letteraria concerne "la
capacità di rispondere alle caratteristiche di un'opera che determina la propria
relazione rispetta una rete di concetti e valori, così come la consapevolezza critica di
queste caratteristiche”. È la relazione instaurata con questa alterità che consente il
riconoscimento e la comprensione di sé mediante la sollecitazione di una risposta da
parte del lettore. L'esito di una simile esperienza sul piano morale risulta
dall'assunzione di una concettualità cui si accede mediante la narrazione letteraria
come luogo di esperienza di "capacità che non sono intellettuali in senso stretto, ma
che non sono neppure una questione di mera sentimento" e che tuttavia proprio per
questo investono l'ambito della conoscenza, del sentire dell'agire con maggiore
capacità di incidenza rispetto alle classificazioni e alle categorie di un modo di
concepire il pensiero e la morale che esclude queste dimensioni. La concezione di
Diamond limpida analogia come funzione fondamentale per la comprensione della
vita morale mettendo in discussione una nozione di moralità imperniata sulla scelta
da parte di una soggettività da parte di Murdoch. Considerando i criteri di scelta e di
selezione assunti dal soggetto in un contesto comunicativo improntato al paradigma
informazionali e l'impatto di tale paradigma sullo statuto della soggettività e della
relazionalità, il riferimento al rapporto analogico di esperienze, sentimenti e
percezioni differenti da quelle proprie della contestualità originaria dell'individuo e il
riferimento alla sua "comprensione immaginativa" possono essere concepiti in una
prospettiva di superamento dei limiti imposti dal rispecchiamento individuale-
individualistico nelle diverse forme di pseudocomunicazione. Il ricorso a un'attività
immaginativa estensiva del patrimonio conoscitivo ed esperienziale del soggetto si
rivela funzionale alla disattivazione di un uso falsificato dell'immaginazione.come
facoltà idonea all'individuazione di un "fuori", l'immaginazione si sottrai alla sua
reificazione quale dispositivo identificatorio giocando un ruolo rilevante nella
caratterizzazione di una falsa dialettica individuo-società. Il riconoscimento del ruolo
del tutto peculiare dell'immaginazione nella produzione identitaria in rapporto alle
trasformazioni della modernità globale fa convergere le analisi di Giacomo Marramao
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e di Arjun Appadurai portando alla luce una dinamica che può costituire una valida
chiave interpretativa del comportamento e della prassi degli individui nell'esperienza
mediale. La produzione di identità individuali o collettive si avvale di un'attività
immaginativa che non si svincolo dal rispecchiamento dell'individuo in se stesso,
della comunità in se stessa e di entrambi nella dimensione comunicativa, ma che può
incontrare un fattore di disattivazione in differenti modalità narrative e immaginative.
L'attivazione del narrato non è riducibile alla fatticità del dato identico a se stesso ma
lo trascende Hello eccede in una dimensione di senso in quanto dimensione di
relazione.perciò la narrazione costituisce uno stile comunicativo che si mostra
opportuno in un contesto sociale complesso e tecnologicamente mediato, in cui la
complessità viene mascherata da pseudomediazioni semplificanti in grado di
neutralizzare la riflessione e l'interpretazione con i loro sono pagati mediani, fra cui
un ruolo rilevante spetta proprio alle pseudonarrazione, il racconto in quanto a
produzione del legame sociale o nei suppliscono alla necessità. Al contrario, pratiche
narrative effettive possono intervenire in una prospettiva di ridefinizione di pratiche
sociali capace di dischiudere spazi di effettiva relazione e comunicazione all'interno
della sfera pubblica, anche a fronte delle difficoltà e delle limitazioni che investono i
soggetti nei contesti socio-culturali specifici. Un discorso che non sembra troppo
lontano da quello condotto da Marta Nussbaum circa la rilevanza sociale della
narrazione e della sua funzione etica ed educativa considerata nelle sue implicazioni
politiche, nelle ricostruzioni di un nesso tra formazione e cittadinanza che le
democrazie contemporanee hanno visto progressivamente dissolversi.
L'immaginazione narrativa in quanto "capacità di pensarsi nei panni di un'altra
persona, di essere un lettore intelligente della sua storia, di comprendere le emozioni,
le aspettative e i desideri" viene sviluppata nella familiarità con le arti, con la poesia e
la letteratura, potenziando capacità allo stesso tempo critiche e relazionali.occorre
allora considerare come rispetto alle esigenze di comprensione e azione in un
contesto socialmente complesso, l'esperienza artistica, proprio in virtù della
componente narrativa delle arti, possa venire incontro a necessità specifiche. In primo
luogo in quanto la narrazione è esposta ai importanti fattori di inibizione provenienti
dalle tendenze caratteristiche della comunicazione tecnologicamente mediata per
ragioni di natura sia sociale che tecnologica.la narrazione infatti costituisce una
modalità comunicativa non riducibile all'informazione in quanto il contenuto
informativo non è identificabile separatamente dalla configurazione narrativa mentre
ciò che è dell'oggetto esula dalla sua riduzione al contenuto informativo sopravvive
nelle relazioni instaurate dalla narrazione. In un processo, di cui Walter Benjamin
intravedeva l'avvio nell'avvento del romanzo moderno, il tramonto della narrazione è
segnato dall'informazione quale modalità comunicativa a essa antitetica che "ha il suo
compenso nell'attimo in cui è nuova, vive solo in quell'attimo, deve darsi interamente
a esso e spiegarglisi senza perdere tempo.diversamente la narrazione: che non si
consuma, ma conserva la sua forza concentrata e può svilupparsi ancora dopo molto
tempo”. Tale processo sembra seguire meticolosamente lo sviluppo dei mezzi di
comunicazione segnando con l'avvento dell'era digitale, la crisi della narrazione che
assume il profilo segnato dalla dissoluzione del suo nesso con la storia e con
l'esperienza. Raffaele Simone nota come le modalità espressive ed esperienziali
23
proprie delle E tecnologie si contrappongono puntualmente a quelle pre digitali
compromettendo la pratica e lo stesso interesse nei confronti della narrazione. In
questa attività, nel lavoro narrativo, il soggetto è sempre oltre gli oggetti della
narrazione ed è calato nella loro esperienza. C'è un altro livello che occorre
considerare che interviene in questo lavoro peculiarmente soggettivo e che pure
investe il soggetto in modo imprescindibile dal legame sociale: l'intrinseco nesso tra
la narrazione è la rappresentazione storica, tra la narrazione e la comprensione del
presente come storia, ossia in una direzione di senso e di relazione tra le parti che si
rende più urgente a fronte di un sistema paradossalmente frammentario strutturato
sulla comunicazione e allo stesso tempo non comunicante. Il tempo presente patisce
la sua presentificazione la sua "compressione spazio-temporale" Che a questo livello:
il confinamento all'istante percettivo-ricettivo in cui confluisce l'informazione non ha
solo l'effetto di inibire il distanziamento, la riflessione (ho la fantasia come
considerata da Anders o da Adorno); Messe relazioni che conferiscono alla
temporalità continua la forma e la struttura della narrazione storica ne risultano
inevitabilmente compromessi. Appare allora di particolare interesse la distinzione tra
la storia (history) e le storie (stories) e il modo in cui queste ultime popolano le
narrazioni mediatiche tra un orizzonte di senso socialmente fondato e Inter
soggettivamente condivisa e le produzioni di senso individual-mediali che
sopperiscono alla mancanza di senso secondo le dinamiche di apparenza, supplenza e
autoreferenzialità che abbiamo riscontrate. In una prospettiva che ne rafforza le
argomentazioni antipositivistiche, Adorno ascrive la reificazione della fantasia alla
sua separazione dall'ambito dei fatti. Le implicazioni di tale reificazione sul piano
della comprensione storica possono essere ben considerate alla luce della "dicotomia
tra fatto e fantasia" che, per Heyden White, è all'origine della difficoltà di rintracciare
la componente di significato implicata dalla stessa nozione di storicità. È la
narrazione letteraria che permette in questo contesto di evidenziare quei nessi che soli
consentono di comprendere dimensioni individuali e sociali in un’unità di significato
che corrisponde all'unità formale della narrazione e che apre alla comprensione della
complessità di queste dimensioni passando per la ricomposizione del nesso
estendendo dunque l'orizzonte della percezione dell'individuo al suo “fuori". La
fantasia risulta quindi la facoltà preposta a questo tipo di comprensione e allo stesso
tempo è unificatrice ed est estensiva e che giustifica già in sé la tematizzazioni
metastorica. Nell'articolazione narrativa, l'esercizio della fantasia e il lavoro
interpretativo risultano difficilmente svincolo abili l'uno dall’altro. Espressioni della
teoria storiologica come "La produzione di fantasia" evocata da Northrop Frye o
"l'immaginazione costruttiva" chiamata in causa da Robin Georg Callingwood, sono
richiamate da White nell'illustrare il procedimento del lavoro storico. La problematica
dell'esperienza mediale si inserisce in tali considerazioni intervenendo proprio in
questo lavoro soggettivo, sostituendosi a esso nel produrre nessi, analogie,
contestualizzazione e i modelli interpretativi, forniti come prodotto finito, fornitura
individuale, sottraendo questa attività è la prassi soggettiva alla contestualità
extratecnologica, intersoggettiva e sociale, da cui il soggetto attinge criteri di
selezione e riferimenti analogici utili sia all'interpretazione sia all’azione.
L'esperienza artistica narrativa si mostra all'interno di questo quadro particolarmente
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idonea all'attivazione della soggettività in direzione di un "fuori" sia rispetto alla
riproduzione individualistica del sé sia rispetto alla comunicazione come sistema
mediale. La razionalità altra dell'arte e delle narrazioni diverse dalle auto narrazioni
operanti in questo scenario comunicativo rende l'esperienza artistica una vera e
propria esperienza di estensione morale nella misura in cui l'articolazione del nesso
tra l'ambito della conoscenza e quella della prassi interviene in senso estensivo sulla
capacità e sulla modalità di relazione. Il web da luogo a modalità esperienziali in cui
la selezione e la scelta richieste al fruitore rimandano a un margine di libertà conteso
tra la precondizione del soggetto (del suo patrimonio conoscitivo e della sua
competenza mediale) e l'autonomia della mediazione tecnica, le codificazioni
algoritmiche e le forme di pseudopersonalizzazione che falsificano la scelta
rendendola "apparente" o non estensiva dell'esperienza del soggetto confinandola
quindi nel rispecchiamento. La capacità di instaurare nessi analogie cogliendo
configurazioni e modelli di alterità, assume una valenza fortemente critica rivolta allo
smascheramento di una delle caratteristiche di fondo che sottendono l'esperienza
mediale. La capacità di cogliere i nessi e analogie nell'esperienza artistica viene
restituita al soggetto cui spetta lo sforzo cognitivo, conoscitivo e critico del
riconoscimento di sé e dell'alterità, mediante l'accesso a un modello di tipo
emozionale, relazionale e comunicativo che riabilita la soggettività nelle proprie
funzioni. Tali funzioni sono quelle in grado di far entrare nel campo esperienza del
soggetto oggetti e altri soggetti con cui instaurare modalità relazionali e propriamente
comunicative. La narrazione, le pratiche narrative mettono in gioco la riformulazione
immaginativa della nostra percezione del dentro e del fuori, dell'altro e dell’identico.
L'esperienza artistica e quella narrativa possono allora assolvere una funzione
specificatamente critica dell'esperienza mediale minando i processi
pseudopersonalizzanti e pseudoggettivanti di costruzione dell'identità e orientando le
modalità esperienziali in direzione contraria alla riduzione all’identico: a quella
semplificazione the p.a. operante della realtà che porta con sé un effetto di
mascheramento e di inevitabile reificazione della sua complessità e delle sue
intrinseche dinamiche di mutamento.
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