Sei sulla pagina 1di 24

PER UN’ETICA DELLA COMUNICAZIONE – FRANCESCO BELLINO

INTRODUZIONE
Quello mediatico è diventato un vero e proprio mondo, oggi sempre più autonomo. Il pensiero
critico ormai parla di due verità: quella mediatica e quella reale. Dalla seconda metà degli anni 90 è
cominciata la formazione di un nuovo sistema di comunicazione elettronica sulla scia della fusione
dei mass media globalizzati e personalizzati con la comunicazione mediata da computer. Questo
nuovo sistema ha esteso il Regno della comunicazione elettronica a tutti gli ambiti della vita ed è
stato definito il multimedia. L'accesso a notizie, corsi e spettacoli audiovisivi attraverso lo stesso
mezzo, persino da fonti differenti, contribuisce a incrementare il fenomeno di confusione dei
contenuti già in atto nella televisione di massa. Unificando tutti i sottoinsiemi il computer ha
permesso la nascita di un tutto organizzato che modella, trasforma, controlla e tende poco a poco a
confondersi con esso. Jaques Ellul Nella sua opera maggiore, il sistema tecnico, aveva denunciato il
pericolo che la libertà potesse sparire a poco a poco. All'interno del sistema l'uomo è sicuramente
libero e sovrano ma questa libertà è artificiale e sotto controllo. I giovani sanno di non avere
nemmeno l'ombra di una scelta: vivere la vita sociale a livello elettronico non è più una scelta, ma
una necessità, un prendere o lasciare. La società della comunicazione elettronica è una società
confessionale che cancella la linea di demarcazione tra privato e pubblico e spinge a mostrare in
pubblico proprio io interiore. È la società della nudità fisica, psichica e sociale. Chi si sottrae alla
visibilità, e a quella mediatica in particolare, è come se non esistesse. In quanto consumatore
l'individuo è libero di scegliere tra vari prodotti proposti dal sistema tecnico, ma non è libero nei
confronti del sistema stesso. Le sue scelte si basano sempre su elementi secondari e mai sul
problema globale. Il sistema tecnico riduce tutte le scelte a una: la scelta di un ritmo di crescita più
o meno rapido. Allo stesso modo non è vero quello che la tecnica cerca di farci credere, cioè che
l'informazione e l'essere documentati siano la stessa cosa della cultura. Così oggi l'uomo
postmoderno, catturato e plasmato dal sistema tecnologico e multimediale, assume sempre più tale
sistema come quello vero. I principi dell'etica sociale come il rispetto della persona, la solidarietà, la
giustizia, la sussidiarietà, l'equità, l'affidabilità, il bene comune sono applicabili alla comunicazione
multimediale? La comunicazione sociale è o può essere veritiera?
Il Knowledge gap (Scarto di conoscenza), creato dai media, determina una discrepanza culturale tra
un pubblico colto, preparato e in grado di mettere in discussione processare le informazioni che
riceve, è un pubblico meno preparato e accorto che le subisce o non le recepisce affatto. Il
multimedia crea una crescente stratificazione sociale fra gli utenti determinando un netto divario tra
gli interagenti e gli interagiti, ovvero tra quelli che sono in grado di accedere e di selezionare i
propri circuiti multidirezionali di comunicazione e quelli cui non è data la possibilità dell'accesso o
al massimo viene offerto un numero ridotto di possibilità preconfezionate. Comunicare non è
informare:
 l'informazione è trasmissione di contenuti, di messaggi, è unidirezionale ovvero
dall'emittente al ricevente
 comunicare è rendere comune, fare altri partecipi di qualcosa
Questo avviene nella comunicazione interpersonale diretta: come hanno dimostrato Karl Otto Apel
e Jürgen Habermas, l'atto stesso del comunicare, per la sua implicita reciprocità e interattività, è un
atto compartecipato e quindi è un atto etico. Nella comunicazione mediatica, oltre all'emittente e al
ricevente, vi è una terza componente, che è il medium tecnico, e pertanto la reciprocità e
l'interattività non solo non sono garantite, ma spesso non sono tecnicamente possibili. Il dubbio che
progressivamente cresciuto è proprio quello sul presunto carattere strumentale, neutrale dei media.
Se fossero semplicemente dei mezzi tecnici, la risposta etica dipenderebbe esclusivamente dal come
li adoperiamo, dagli scopi che intendiamo raggiungere con loro impiego. Tali mezzi, in realtà, non
solo non sono moralmente neutrali, ma non sono neppure dei puri e semplici mezzi tecnici.
La Libertà di disporre liberamente della tecnica secondo i nostri scopi è una pura illusione. I media
hanno una loro struttura e funzione determinata. Ogni apparecchio tecnico reca con sé una modalità
d'uso: possiamo impiegare la televisione allo scopo di prendere parte a un servizio divino; ma, nel
fare questo, ciò che ci plasma o ci trasforma altrettanto profondamente del servizio divino è proprio
il fatto che non vi prendiamo parte, ma consumiamo soltanto la sua immagine.
CAPITOLO 1 – IL MONDO COME IMMAGINE

DIE ZEIT DES WELTBILDES


Siamo in piena e rapidissima rivoluzione multimediale. Il primato dell'immagine, per Giovanni
Sartori, si traduce nel prevalere del visibile sull’intelligibile e porta un vedere senza capire. Il
video sta trasformando l'homo sapiens prodotto dalla cultura scritta in un homo videns nel quale la
parola è spodestata dall'immagine. Riflettere sul mondo moderno significa, per Heidegger, cercare
la moderna immagine del mondo. Per mondo si intende l'ente nella sua totalità. Per immagine si
intende in primo luogo la riproduzione di qualcosa Immagine del mondo significa perciò non
un'immagine del mondo, ma il mondo concepito come immagine . L'ente (il mondo) nella sua
totalità, pertanto, si costituisce come ente soltanto quando è posto è rappresentato dall'uomo. Che
l'ente sia fatto consistere nel suo essere rappresentato è ciò che caratterizza l'epoca moderna. Il
tratto fondamentale del mondo moderno è la conquista del mondo come immagine. La categoria
immagine diventa la categoria principale per capire il nostro essere attuale: un tempo le immagini
esistevano nel mondo, oggi il mondo esiste nelle immagini e come immagine. Il mondo non è più lo
sfondo in cui si collocano le immagini ma è diventato figura che si colloca nello sfondo delle
immagini.  il rapporto mondo/immagine si è capovolto: un tempo le immagini esistevano nel
mondo, ora il mondo esiste nell’immagine e come immagine.

IL CYBERNAUTA NOVELLO DON CHISCIOTTE


L'uomo postmoderno nel suo rapporto con la realtà mi sembra simile a Don Chisciotte, ciò che
cambia è il medium. Don Chisciotte si dedicava alla lettura dei romanzi cavallereschi e a poco per
volta ci si appassionò tanto. Al nostro Don Chisciotte tutto quello che pensava, vedeva, e
immaginava, pareva che fosse fatto e accadesse come nei romanzi che aveva letto. Infatti, un'osteria
divenne un castello con le sue quattro torri e il ponte levatoio. Una simile situazione si sta
ripresentando all'uomo postmoderno con l'universo multimediale. Il cyberspazio e la telerealtà
sono diventati il mondo dell'uomo postmoderno. Il multimedia ha avviato la grande fusione di tutti i
media e pertanto cattura all'interno della propria sfera la maggior parte delle espressioni culturali.
Tutte le culture sono costituite da processi di comunicazione tutte le forme di comunicazione si
basano sulla produzione e sul consumo disegni, ovvero sui linguaggi. Partendo dall'ipotesi di Sapir-
Whorf le categorie linguistiche influiscono sul pensiero e sulla cultura dei popoli: il rapporto tra
pensiero e linguaggio, tra media e pensiero, è un rapporto attivo e dinamico. Ciascun medium
possiede delle peculiarità e ha un effetto sul tipo di informazioni percettive scelte o colte. Vi è
correlazione tra media e struttura della mente: e l'esperienza nei media culturali che dà alla mente le
sue proprietà peculiari.

IL MULTIMEDIA: L’ALEPH BORGESIANO


In un suo noto racconto Jorge Luis Borges chiama aleph uno dei punti dello spazio che contengono
tutti i punti, il luogo dove si trovano senza confondersi tutti i luoghi della terra visti da tutti gli
angoli. Il nuovo sistema di comunicazione, organizzato intorno all'interazione elettronica di tutti i
modi di comunicazione, è molto simile all’aleph borgesiano. Tutte le culture sono costituite da
processi di comunicazione che si basano sulla produzione e sul consumo di segni, non c'è quindi
separazione tra realtà e rappresentazione simbolica, come crede il realismo ingenuo. Nessuno vede
la realtà così com'è, senza la mediazione dei sensi, del linguaggio, della cultura, dei media, del
sistema simbolico. Ciò che è storicamente specifico del nuovo sistema multimediale non è
l'induzione alla realtà virtuale ma la costruzione della virtualità reale. La realtà è sempre stata
percepita attraverso simboli che esprimono la pratica con un certo significato: è proprio la capacità
di tutte le forme di linguaggio di codificare l'ambiguità e di aprire una varietà di interpretazioni e
rendere le espressioni culturali distinte dal ragionamento formale, logico e matematico. Il
multimedia genera virtualità reale? È un sistema in cui la stessa realtà è interamente catturata nel
mondo della finzione in cui le apparenze non sono solo sullo schermo attraverso cui l'esperienza
viene comunicata, ma divengono esperienza. Tutti i messaggi di qualsiasi tipo vengono racchiusi
dal mezzo in quanto esso è diventato talmente onnicomprensivo talmente diversificato e malleabile
da assorbire nello stesso testo multimediale l'intera esperienza umana passata presente e futura.
Infatti, ciò che caratterizza il multimedia e che esso include e contiene tutte le espressioni culturali.
Tutti i messaggi del nuovo tipo di società funzionano in modo binario: presenza o assenza
all'interno del sistema di comunicazione multimedialesoltanto la presenza in questo sistema
integrato consente la comunicabilità e la socializzazione del messaggio, tutti gli altri messaggi sono
ridotti all'immaginazione individuale. Il prezzo da pagare per essere introdotti nel sistema è quello
adattarsi alla sua logica e al suo linguaggio. Il multimedia trasforma in modo radicale lo spazio e il
tempo: i luoghi vengono svuotati dal proprio significato culturale, storico e geografico e reintegrati
in reti funzionali o in collage di immagini - il tempo viene cancellato nel momento in cui passato,
presente e futuro possono essere programmati per interagire reciprocamente nello stesso messaggio.
Il ritmo incalzante della cultura iperreale del nano riduce la temporalità individuale e collettiva
all'immediato MTV esprime le caratteristiche del nuovo ethos postmoderno in quanto pastiche
che non offre giudizi né critiche ma una continua processione priva di contesto di frammenti
culturali che realizzano l'estasi della comunicazione: l'intera cultura prodotta dall'uomo viene
saccheggiata alla ricerca di immagini che vengono poi mescolate per generare un insieme di stimoli
visuali coinvolgenti ed evocativi pensato per disorientare lo spettatore e catturarne lo sguardo.

DALLA REALTÀ DECRESCENTE ALLA CREAZIONE DELLA REALTÀ


Se il mondo si virtualizza, è apparenza ed immagine. L'immagine è il mondo. Non ci sono più fatti
da raccontare e non avendo più fatti da raccontare il multimediale li crea. Giorgio Bocca
(disinformazia) parla di disinformazione, cita il fattoide ovvero la falsa notizia verosimile: con
l'avvento della televisione commerciale l'informazione anziché essere considerata un bene comune è
diventata merce di successo per incrementare gli investimenti pubblicitari, creando l'infotainment
ovvero un misto dai confini labili e confusi di informazioni e di divertimento. Il lettore e il
telespettatore sono considerati più come clienti che come cittadini. L'altra ragione della distruzione
della realtà è che giornali, televisioni, le reti informatiche e tutti i media costituiscono un sistema
che agisce ormai per forza propria. Derick de Kerckhove parla di un vero e proprio attacco alla
realtà da parte della cultura contemporanea e anche dei media: adesso che le notizie sono il
divertimento sappiamo che il messaggio viene manipolato e adattato ai vincoli del medium
Kerckhove parla della legge della realtà decrescente secondo la quale la realtà svanisce nel
seguente ordine:
1. copertura indiretta
2. diretta differita
3. servizio confezionato
4. documentari obiettivi
5. documentario di parte
6. docu-drama

In linea di massima la manipolazione da parte dei media è legittimata dalle esigenze di concisione
e dal bisogno di dare nel più breve tempo possibile il maggior numero di avvenimenti. Ma al tempo
stesso spiana la strada per una serie di inedite frodi a scapito della realtà.

Naom Chomsky parla di 5 filtri attraverso i quali passano le notizie:


1. il primo filtro è quello della proprietàle persone influenti e le corporazioni posseggono e
controllano i media dominanti.
2. il secondo filtro e la pubblicitàcome fonte di finanziamento i media dipendono dalla
pubblicità.
3. il terzo è ciò che chiamiamo “sourcing”i media hanno bisogno di fonti di notizie
giornaliere affidabili, credibili e che non costino troppo, tali notizie vengono fornite dalle
istituzioni governative della comunità affaristica imprenditoriale o dalle autorità
amministrative locali.
4. il quarto filtro è quello che chiamiamo flak o reazione negativachiunque può fare una
telefonata o scrivere una lettera di lamentela un giornale ma ciò che ha realmente un effetto
concreto sui media sono le lamentele che li possono seriamente minacciare, come quelle del
governo o delle grosse aziende
5. il quinto filtro che riguarda gli Stati Uniti è l'anticomunismo come religione di Stato e
meccanismo di controllo

Per Baudrillard (concetto dell’iperreale) le tecnologie della comunicazione hanno trasformato il


mondo in palcoscenico e l'esperienza in simulazioni. Baudrillard parla di un delitto perfetto: quello
della televisione che ha ucciso la realtàegli afferma che la TV non è più surrogato della realtà, né
interpretazione drammatizzazione di essa, ma è la realtà stessa. Per Baudrillard il mondo sta
scomparendo, la simulazione è l'operazione definitiva che lo ha cancellato. Il fenomeno ovvero
l'apparenza, aveva oscurato la cosa in séLa filosofia aveva sostituito alla costa la sua
rappresentazione mentale o scritta: il reale è vanificato dai segni. La fine del reale e la sua
sparizione paradossalmente si esplicitano in un eccesso per reale, il più reale del reale, ossia il reale
riprodotto. Le cose scompaiono, sostituite dalle loro simulazioni. I media indipendentemente dal
loro contenuto, trasformano tutto in simulazione in spettacolo. Baudrillard ritiene che la televisione
si dissolva nel reale e il reale si dissolva a sua volta nella televisione. Col virtuale non solo siamo
entrati nell'era della liquidazione del reale e del referenziale, ma in quella dello sterminio
dell'altro e di tutte le forme di alterità. Baudrillard fa un elenco dello sterminio da alcune forme di
alterità:
1. quella della morte che si scongiura con l'accanimento terapeutico
2. quella del volto e del corpo che si persegue con la chirurgia estetica
3. quella del mondo che si cancella con la realtà virtuale
4. quella di ciascuno che si abolirà un giorno con la clonazione delle cellule individuali
5. quella dell'altro che si sta diluendo nella comunicazione perpetua
Se l'informazione è il luogo del delitto perfetto contro la realtà la comunicazione è il luogo del
delitto perfetto contro le alterità.
GLI EFFETTI DEL MONDO COME IMMAGINE
Se l'immagine è diventata la categoria principale della nostra vita, ci tocca vivere in un mondo per il
quale non hanno valore il mondo e l'esperienza del mondo, ma il fantasma del mondo e il consumo
di fantasmi. Così anche la libertà di usare certi apparecchi o merci ignora la costrizione al consumo:
la mancanza di uno solo di questi apparecchi chiamati musts (pc, telefono, tv), ovvero merci
d'obbligo, mette a repentaglio l'intera attrezzatura della vita, che determinata e retta dagli altri
apparecchi e prodotti.
Siamo passati dalla Bullet Theory di Wallet Lippmann e Harold Lasswell, secondo cui i media
avrebbero di per sé il potere di imprimere direttamente i loro messaggi nella mente dei fruitori in
modo analogo alla penetrazione di un Ago ipodermico o di un proiettile in un corpo, alla teoria
della coltivazione di Gerbner, che pone alla base del comportamento umano l'assorbimento
graduale e collettivo di atteggiamenti e valori. Alla luce di tale teoria la diffusione della violenza
nella società non è dovuta alla semplice proiezione di alcuni film violenti, ma la continua
riproposizione di contenuti di linguaggi violenti attraverso i media.
Elihu Katz, Paul Felix Lazarsfeld, Joseph Klapper che ridimensionano il potere mediatico e
sostengono che l'impatto dei media trova in realtà un filtro nelle capacità selettive dell'individuo in
un complesso meccanismo di interazioni sociali e ambientali. L'effetto mediatico si eserciterebbe
più nel rafforzamento di orientamenti preesistenti: tale prospettiva fa cadere il totalitarismo
ideologico dei powerful media. L'influenza dei mass media dipende soprattutto dal tempo di
esposizione e dalla qualità dei contenuti.
John Condry considera la televisione ladra di tempo e serva infedele: indipendentemente da ciò
che vedono i bambini che guardano molta televisione tendono a leggere di meno, a giocare di meno
e ad essere obesi. Sul piano valoriale la situazione è ancora più carente: Condry si riferisce in
particolare alla TV statunitense, il cui unico obiettivo è vendere merci e quindi la televisione è
fondamentalmente uno strumento commerciale e i suoi valori sono i valori del mercato. Così
anche la struttura dei valori morali della TV è strettamente intrecciata con il modo di raffigurare i
personaggi: la moralità di una specificazione dipende da chi la compie e molti comportamenti
immorali come il ricatto l'omicidio e la rapina sono accettabili se adottati da personaggi che godono
del favore del pubblico.

ATOMIZZAZIONE DELLE NOSTRE CONOSCENZE ED ESPERIENZE


Non sperimentando il mondo direttamente veniamo defraudati delle capacità di concepire ed
esperire la cosa stessa e di prendere una posizione adeguata nei suoi confronti.

PASSIVIZZAZIONE E LIQUEFAZIONE DELL'OGGETTO


il nostro rapporto col mondo è unilaterale: abituati a vedere le immagini ma non sempre a essere
visti, ad ascoltare ma non a essere ascoltati, ci abituiamo ad un'esistenza nella quale siamo
defraudati della metà del nostro essere uomini. Chi ascolta soltanto ma non parla e per principio non
può contraddire non è solo passivizzato ma reso succube e schiavo. Occorre aggiungere che i New
media sono più personalizzati e interattivi: poiché la merce deve essere consumata dal maggior
numero possibile di utenti, deve possedere un mass appealla massificazione consumistica ha
fatto cadere ogni tabù o divieto. L'iperconsumismo ha creato un nuovo modello antropologico:
l’homo consumericus , il turbo consumatore che ha bisogno continuamente di nuove stimolazioni
di nuovi beni di consumo per non annoiarsi.
Il mondo ci viene servito allo stato liquido ovvero ci viene fornito in modo talmente diretto da poter
essere immediatamente usato e consumato: essendo liquido il prodotto già finisce nell'atto di essere
consumato. I prodotti culturali, per la loro liquidità, ci attraversano vengono assorbiti senza essere
neppure percepiti e masticati, così la musica di sottofondo non pretende più di essere ascoltata.
Questo modo di distruggere, di liquidare l'oggetto non è una caratteristica solo dei mass media ma
della produzione odierna che si ispira al principio dell'obsolescenza guidata nel senso che si
producono oggetti in maniera tale che non durino come oggetti. È interesse della produzione far
seguire a ogni prodotto A, il più rapidamente possibile, un prodotto B, che sostituisca il precedente.

LIBERTÀ ILLUSORIA
Mauro Magatti parla di epoca del trickster, dell'ingannatore, di chi consuma velocemente la
propria illusione creando delle bolle provvisorie di significato che però hanno una durata precaria e
parziale per questo sono illusioni. L'individuo nella società multimediatica intende la libertà come
opportunità infinita e pertanto ama fantasticare circa la propria libertà, rifuggendo il conforto con la
realtà così come esiste. Ritenuto libero di dare alla sua vita il senso che vuole, egli dà, nella maggior
parte dei casi, solo il senso in corso, ovvero il non senso dell'aumento indefinito degli stimoli
sensoriali, della performance. La sua autonomia diventa eteronomia, la sua autenticità mero
adattamento.

SMATERIALIZZAZIONE
L’homo mediaticus si sente perfettamente separato e perfettamente interconnesso attraverso lo
schermo di un computer o mediante un codice tecnico con l'ambiente verso cui si interfaccia. Lo
scambio è sempre meno relazionale e sempre più informazionale/ funzionale. È in atto un processo
di smaterializzazione: la multimedialità ci permette di fare tutto: ricercare, analizzare, comunicare,
osservare, ma da lontano.

FRANTUMAZIONE DELL'UOMO E DESTRUTTURAZIONE MORALE


Dilatando le pareti di casa, i mass media destrutturano convinzioni, pregiudizi, mentalità, tradizioni,
credenze locali. Paradossalmente ci avvicinano al lontano e ci allontanano dal vicino. L'uomo viene
frantumato da ciò che ascolta la radio, vede in televisione, in Internet, che li giunge senza alcun
legame logico, pezzo per pezzo. Un uomo che vede e mescola ogni cosa non può che disarticolarsi:
perde quelle guide solide che gli aveva fornito la logica lineare del libro e dimentica le certezze
delle tradizioni antiche. Non solo il medium elettronico ed elettrico, ma anche il messaggio è
destrutturante: fa notizia nel giornalismo ciò che viola la norma o va al di là del normale quindi
diventiamo sempre più ghiotti di notizie sensazionali ed eccitanti.

AFFETTIVIZZAZIONE ED ESTERIORIZZAZIONE DELL'UOMO


Un altro effetto è la scomparsa dell'egemonia del razionale e il ritorno del sensoriale,
dell'effettivo, dell'immaginario, delle pulsioni istintive. La prima reazione dell'organismo di fronte
all'immagine televisiva e filmica è una reazione emotiva. I ritmi dei brani musicali amplificati dagli
altoparlanti al massimo producono uno sconvolgimento sensoriale e risvegliano pulsioni istintive. Il
sovraccarico sensoriale prodotto dal bombardamento sempre più intenso di stimoli sensoriali
costituisce un acuto problema di salute pubblica. Il peccato mortale della civiltà dei media e
l'alienazione del conformismo sociale: a forza di pubblicità e di immagini luccicanti e coinvolgenti
l'uomo non ascolta più la voce della sua coscienza e la velocità e il rumore rischiano di togliere
all'uomo il tempo di essere sé stesso.

VIOLENZA ED ADULTIZZAZIONE DEI MINORI


Il presunto legame tra violenza televisiva e violenza reale è oggetto di numerosi studi: Clark parla
dell'esistenza di un effetto causale con incrementi misurabili tra il 3% e il 15%. La fruizione di
spettacoli violenti in tv va associata negli autori di reati di violenza ad altri fattori, come un basso
quoziente di intelligenza, prepotenza, iperattività, scarso senso di solidarietà, mancanza di
disciplina, abbandono, carenze affettive. Sui giovani telespettatori si parla (Slaby) di tre potenziali
effetti:
1- effetto aggressoreaumento di probabilità di avere un comportamento violento
2- effetto vittimaaumento del timore di restare vittima della violenza
3- effetto spettatorel'aumento dell'indifferenza verso la violenza subita dagli altri
La massificazione della comunicazione mediatica produce un duplice effetto:
- l'infantilizzazione degli adulti
- l'adultizzazione dei minori
La membrana protettiva che serviva a preservare i bambini da precoci esperienze dai segreti del
mondo adulto si è indebolita a opera dei mass media che espongono i bambini ai segreti e alle
esperienze del mondo adulto. Si viene a configurare una nuova ecologia degli stadi della vita, che,
nell'era della televisione, sono ridotti a tre:
- quello della prima infanzia nel primo stadio
- quello del bambino adulto
- quello della senilità

IL NUOVO RACCONTO DIGITALE DEL MONDO


L'inflazione visiva ha determinato la caduta della fiducia nei dispositivi mediatici tradizionali come
strumenti di conoscenza della realtà. La realtà però esiste ancora e può essere raccontata da noi
stessi con i New media.
C'è un ritorno della realtà, addirittura alla realtà aumentata: Tom Caudell e David Minzell hanno
coniato nel 1992 l'espressione di realtà aumentata per indicare ogni strumento che arricchisce di
informazioni o immagini la realtà intorno a noi per esempio se avviciniamo un dispositivo
elettronico a un determinato luogo il dispositivo ci fornisce informazioni su quel luogo o immagini
dello stesso luogo in un'altra epoca storica - qualcosa di simile avviene con le riprese delle partite di
calcio in tv, quando vediamo a bordo campo pubblicità che nella realtà dello stadio non ci sono. La
realtà aumentata è l'opposto della realtà virtuale: mentre la realtà virtuale è l'inserimento dell'uomo
in una realtà simulata, la realtà aumentata si basa sul concetto contrario ovvero l'integrazione in
tempo reale di oggetti virtuali in una scena reale.
Il nuovo racconto del mondo può essere narrato da noi stessi: uno strumento che può aiutare a
scrivere il nuovo racconto del mondo può essere in Life casting ovvero la trasmissione continua in
tempo reale di ogni esperienza quotidiana tramite le tecnologie digitali si tratta di milioni di
webcam attive 24 ore su 24 per produrre un gigantesco racconto collettivo online. Per esempio,
Justin.tv, fondata nell'ottobre del 2006 è diventata la più importante piattaforma globale di Life
casting. I visitatori non sono semplici spettatori, ma protagonisti, che non mirano a vincere premi al
successo come nei reality show ma a favorire un sentimento di partecipazione alla vita dell'altro.
L'aspetto più innovativo di questo tipo di tecnologia sociale manifesta l'estensione e l'espansione
della sousveillance, termine con cui si descrivono i tentativi di promuovere una visione delle cose e
dei fatti dal basso. Andrew Keen parla del culto del dilettante e di narcisismo telematico: il
passaggio dal giornalismo tradizionale al giornalismo cittadino o di strada e il passaggio da un'élite
professionale a una nuova élite di dilettanti giornalisti, la cui affidabilità e trasparenza sono
garantite.

CAPITOLO 2 – I POSTULATI DELL’ETICA DELLA COMUNICAZIONE

I PARADIGMI DELL’ETICA DELLA COMUNICAZIONE


Uno sguardo complessivo alle teorie morali elaborate nella comunicazione ci permette di enucleare
almeno 5 modelli o paradigmi:
1. il primo modello stabilisce un collegamento privilegiato tra le etiche e la specifica natura
comunicativa dell'uomo
2. il secondo fonda l'etica della comunicazione sul principio dialogico
3. il terzo modello fa perno sull’audience e sul contesto in cui operano i vari interlocutori
4. il quarto modello fa proprio il principio dell'utilità, individuale o collettiva
5. il quinto modello è quello della comunità comunicativa: non è più l'etica a fondare la
comunicazione ma il contrario
Adriano Fabris riassume ciò che i vari modelli di etica della comunicazione richiedono per essere
attuati davvero e scopre che essi pretendono una fedeltà a sé, ovvero alla propria natura; la
disponibilità nel dialogo a rischiare se stessi per cercare l'intesa con l'altro; l'intenzione sempre più
decisa e unilaterale di adeguarsi a ciò che l'interlocutore si attende da noi; la sollecitazione a
conformarsi a quel principio dell'utile che è valido bensì nel caso singolo ma che insieme si
ripropone anche in una dimensione sociale.
Il problema che tali modelli di etica della comunicazione non riescono a risolvere il problema del
sensoqual è la motivazione che mi spinge a privilegiare il legame al conflitto o alla separazione?
Siamo di fronte a una scelta precisa: scegliere la condivisione comunicativa oppure la chiusura, il
fraintendimento è al limite l'incomprensione nei confronti degli interlocutori. Che cosa rende la
nostra decisione morale? le motivazioni devono essere condivisibili da tutti cioè universalizzabili.
Dialogare e comunicare bene non significa né comporta necessariamente comunicare e realizzare il
bene: una corretta comunicazione può veicolare contenuti anche non etici. La comunicazione per
dirsi etica presuppone dei postulati che cercheremo di evidenziare

I TRE POSTULATI
Per Kant, questi postulati erano quelli dell'immortalità dell'anima, della libertà positivamente
considerata e dell'esistenza di Dio. Nell'etica dell'informazione e della comunicazione la legge
morale richiede almeno tre postulati: la libertà, la verità e la reciprocità. La libertà deve essere
supposta come proprietà della volontà di tutti gli esseri ragionevoli e condizione ontologica
dell'agire etico, come pure la verità quale ideale regolativo della conoscenza. Occorre inoltre
presupporre una comunità linguistica e comunicativa che non può mettere in dubbio il rispetto
reciproco tra i suoi membri delle norme fondamentali della giustizia in quanto parità di diritti, della
solidarietà e della corresponsabilità. La pratica comunicativa richiede che ciascuno deve riconoscere
l'altro pare a se stesso, tollerare rispettare l'altro, trattare l'altro come persona. Il dovere morale della
reciprocità presuppone che i soggetti della comunità comunicativa si riconoscano come persone
morali prima che come attori linguistici.

VERITÀ E FALLIBILISMO
Nella cultura postmoderna è in atto una vera e propria verofobia: paradossalmente nelle società
occidentali coesistono due atteggiamenti nei confronti della verità delle nostre asserzioni e
narrazioniil sospetto di essere ingannati e lo scetticismo nei confronti di ogni presunta verità
oggettiva, l'esigenza di veridicità e il rifiuto della verità. Se il cyberspazio e la televisione sono
diventati luoghi abitati dall'uomo postmoderno il mondo vero e gli eventi che vi accadono sono
sempre più compresi attraverso ciò che appare nel medium televisivo e nel cyberspazio. Un evento
non è reale se non è apparso in un medium e quindi ciò che è vita, mondo, realtà è sempre più un
prodotto mediatico. Alfred Tarski definisce la verità come adeguazione della cosa e dell'intelletto:
La frase “piove” è vera se e solo se piove. Per una parte della filosofia e della cultura
contemporanea la nozione realistica della verità è obsoletail problema non è quello di rendere
veri i nostri enunciati ma di giustificarli, e pertanto non si può distinguere verità e giustificazione; e
la giustificazione in sé non è altro che l'accordo tra i membri di una comunità. La difficoltà di
definire la verità deriva dalla sua appartenenza a un insieme ramificato di nozioni, ma c'è comunque
un requisito accettato dalla maggior parte delle discussioni moderne della verità; “la neve è bianca”
è vero se e solo se la neve è bianca questo esprime la caratteristica nucleare del concetto di verità.
Il problema etico della verità e della menzogna è uno dei principali problemi dello sviluppo dei
media: il vero applicato all'informazione e alla comunicazione comporta una serie di conseguenze
pratiche e comportamentali, come rispetto della verità, il bilanciamento del peso delle emozioni
nella comunicazione, il rispetto delle persone e dei minori, il controllo della violenza e della
rappresentazione del male, l'uso sociale della pubblicità, il rispetto della privacy. La credibilità di
tutto il sistema mediatico poggia almeno su un principio etico che è quello di non dire il falso. L'era
postmoderna si caratterizza per la caduta non solo di tutte le ideologie ma anche di tutte le certezze
perché non conta la realtà oggettiva ma l'immagine, l'apparenza. Tutto è provvisorio, liquido, si
cerca il successo e il piacere immediato, dominano l'individualismo e l'edonismo.

PERSONA E REALTÀ RELAZIONALE


La reciprocità postula la nozione di persona: mentre la prima preoccupazione dell'individualismo
è quella di centrare l'individuo su sé stesso, la prima preoccupazione del personalismo e di
decentrarlo, per collocarlo nelle aperte prospettive della persona. Per suscitare una società di
persone e per una vera comunicazione, occorre una serie di atti originali che non hanno equivalente
nell'universo: uscire da sé, staccarsi da sé stessi, spostarsi e decentrarsi per divenire disponibile agli
altri; comprendere gli altri, cessando di porsi dal proprio punto di vista per mettersi empaticamente
invece dal punto di vista degli altri e assumendo su di sé il destino, la gioia e la sofferenza dell'altro.
La comunicazione va comunque incontro a molti scacchi: c'è sempre negli altri qualcosa che sfugge
anche ai più generosi sforzi di comunicazione che può alimentare malintesi incomprensioni; c'è una
specie di cattiva volontà congenita che dentro di noi resiste intimamente allo sforzo di reciprocità.
Effettivamente nel mondo in cui viviamo la persona si trova più spesso esposta alla desolazione che
è circondata dal mondo comunicativo delle persone, per questo la comunicazione è meno frequente
della felicità, più fragile della bellezza: basta un nulla a fermarla o a spezzarla tra due soggetti. La
struttura relazionale dell'essere comporta che l'uomo ha uno stretto rapporto non solo con gli altri
uomini, ma anche con la natura, col mondo culturale e tecnologico. Una trama invisibile ci Lega i
dispositivi tecnologici della comunicazione in una sorta di ibridazione uomo tecnica, diventando
così parte della tecnologia e la lasciamo penetrare nel nostro corpo. Nelle nostre tasche le vibrazioni
a fior di pelle vogliono dire che l'altro è in noi e bussa alla nostra porta dall'interno della nostra
persona. In tal modo gli apparati comunicativi entrano nel nostro corpo e ci proiettano in un flusso
esperienziale in cui, per mezzo dei dispositivi wireless, siamo connessi alle nostre reti sociali, ai
loro stimoli. La condivisione dell'effimero crea tra i membri del villaggio globale è un legame
affettivo, un'unione ad alto carico emozionale. I sistemi di connessione always on ci privano della
solitudine, perché l'altro è sempre virtualmente presente: Lo schermo diventa il luogo di lavoro,
l'angolo della distrazione, la piattaforma partecipativa a un social network, la finestra dei
videogiochi, la vetrina di youtube. Ognuna di queste dimensioni attrae una maschera, una modalità
della personalità e sollecita i soggetti sociali ad attualizzare tutte le loro identità. Siamo protagonisti
di un profondo mutamento antropologico e culturale che sta determinando il declino dell'individuo
borghese. Nel corso di questo adattamento affiorano stati di disagio, sintomi di spaesamento e
forme di dipendenza, così come di piacere e di estasi. Alcuni indizi significativi testimoniano tale
condizione, come il controllare in modo spasmodico ed eccessivo la posta elettronica. Ciò che conta
è essere presenti, disporre di tutto ciò che virtualmente ci circonda.

LA COMPLESSITÀ
La realtà è l'interno, che non è riducibile alle sue parti, ma è complesso. Nel paradigma della
complessità convergono tre principi fondamentali:
1- il principio dialogico per cui dati contrapposti si rivelano reciprocamente costituitivi
2- il principio di ricorsività per cui ciascun effetto è a un tempo causa e prodotto di ciò che lo
produce
3- il principio ologrammatico secondo cui vi è un nesso di reciproco rimando o di
coappartenenza tra tutto e parti.
Il paradigma della complessità contribuisce a superare il realismo ingenuo, che afferma l'esistenza
della realtà assoluta. Se l'uomo e la tecnica fossero due realtà assolute non ci potrebbe essere nessun
tipo di relazione , neppure etica, sarebbero due mondi irrelati e impenetrabili. Il realismo ingenuo
presuppone un dualismo tra osservatore e osservato, tra soggetto e oggetto, tra uomo e tecnica,
agisce come una forbice, che taglia l'interazione e le connessioni tra uomo e mondo. Questo
produce la mostruosa patologia atomistica dell'occidente che insiste efficienza degli individui
ignorando la rete relazionale che li costituisce e il sistema di interconnessione globale della realtà.
L'uomo non è una realtà assoluta, autonoma, è costituito dal tessuto delle relazioni che lo legano al
mondo, agli altri viventi e alla tecnologia. L'identità, concepita in modo astratto, nasconde le
relazioni costitutive che la pongono in essere. la realtà non è assoluta, ovvero sciolta da ogni
legame, ma è duale: l'uomo e il mondo non sono due entità separate, ma poco appartenenti allo
stesso processo evolutivo. Il rapporto uomo ambiente va pensato nell'ottica della relazione coesiva,
della co determinazione. Per non congelare la storia dell'uomo, occorre oggi immaginare un
intreccio dinamico e creativo fra la specie umana e il pianeta, in cui la tecnologia sia vincolo e
insieme possibilità per cambiare le regole di coevoluzione fra uomo e natura. Si tratta di
abbandonare la concezione, che finora ha prevalso, dell'evoluzione culturale della nostra specie
come perfezionamento ottimizzazione di quanto vagamente prefigurato dalle società del passato,
secondo una logica di progressione lineare dal più semplice al più complesso. Secondo tale visione,
l'umanità apparirebbe oggi in un'età di vecchiaia avanzata. Se invece consideriamo che ogni essere
umano è espressione della storia singolare e unica del suo sviluppo e di eventi contingenti e casuali,
l'umanità appare in un'età di gioventù o forse ancora d'infanzia. Si prospetta in tal modo un reale
accoppiamento con evolutivo fra il soggetto creatore e lo strumento tecnico, una vera e propria
ecologia uomo macchina che produce risultati del tutto indeducibili dalla somma delle parti.

CAPITOLO 3 – PER UN’ ETICA DELLA COMUNICAZIONE

NUOVO STILE DI VITA


La comunicazione sociale deve essere veritiera, essendo la verità essenziale per la libertà
individuale e per la comunicazione autentica tra le persone. La responsabilità morale non è solo di
chi controlla gli strumenti della comunicazione ma anche degli utenti e dei fruitori della
comunicazione, e quindi alle responsabilità degli operatori deve corrispondere la consapevolezza da
parte degli utenti delle proprie responsabilità morali.
Il primo dovere degli utenti consiste nel discernimento e nella selezione dei contenuti: da qui
nasce l'esigenza della media education ovvero dell'educazione ai media che dovrebbe contribuire
alla formazione della coscienza suscitando nelle persone il buon gusto e il veritiero giudizio morale.
La dimensione etica non riguarda solo la natura, la struttura e le funzioni dei media, ma anche il
valore e il contenuto della comunicazione ovvero il messaggio. Il medium è certamente il veicolo
tecnico del messaggio, lo condiziona e lo struttura, ma il messaggio non è riducibile al veicolo. Il
messaggio vero non è il contenuto, ma sono gli effetti secondari, i cambiamenti sociali prodotti dal
medium nella vita degli utenti: Il messaggio di un medium o di una tecnologia e nel mutamento di
schemi che introduce nei rapporti umanila ferrovia non ha introdotto nella società né il
movimento né il trasporto ne la ruota ne la strada ma accelerato e allargato le proporzioni di
funzioni umani già esistenti creando città di tipo totalmente nuovo e nuove forme di lavoro e di
svago. Per costruire e rendere effettivamente operante un'etica dell'informazione e della
comunicazione, occorre un profondo mutamento di rotta, non sembra dipendere solo dalla buona
volontà delle persone interessate. Il presupposto etico basico sul piano esistenziale è
avventurarci verso un nuovo stile di vita, ispirato alla sobrietà, che eviti lo spreco di tempo, agli
eccessi, ci sottragga al bombardamento delle parole e delle immagini e scopre il valore del silenzio,
della bellezza, del tempo, del talento, del gioco, della vita. Per affermare un nuovo stile di vita è
preferibile partire dalla situazione, non da una situazione quale potrebbe essere preliminarmente
modellizzata, ma dalla situazione in cui ci si trova e all'interno della quale si tenta di scoprire dove
risiede il potenziale e come sfruttarlo: I media non possono più essere considerati dei puri mezzi,
ma sono questi a determinare il nostro stile di vita; se invece noi li assumiamo come l'ambiente, il
contesto della nostra vita allora Manifestazioni apparentemente più banali o frivole libera nell'etere i
tanti fantasmi che compongono l'immaginario collettivo, e premono affinché esso forgi la realtà
fisica a sua immagine e somiglianza. In tal modo la tecnologia si cessa di essere un mero
armamentario di strumenti tramite cui risolvere problemi e assume invece le sembianze di una
tecnologia, una sorta di totem atto a congiungere soggetti e oggetti, natura e cultura attorno a
esuberanze emotive, a piacere info-estetici e a pulsioni ludiche.
L’HOMO AESTHETICUS E IL RISVEGLIO DEL GUSTO
Nella a cultura mediatica forte connotazione estetica occorre ritrovare nel nostro stile di vita e
rapporto tra il bello e il bene, tra l'arte e l'etica:
- I greci consideravano un tutt'uno l'ideale del bello e del buono
- per Platone il bello è manifestazione del bene
- per Plotino è il bene che fornisce la bellezza a tutte le cose
- anche nella cultura orientale abbiamo una concezione globale della vita che unisce l'estetica
e l'etica
Il vero legame tra estetica ed etica deve esprimersi nella vita quotidiana, nello stile di vita. Le
culture digitali tramite le loro ricreazioni estetiche rappresentano il complimento e il superamento
delle avanguardie artistiche del 900 dal dadaismo al situazionismo. Se le avanguardie restano
ancorate nel terreno dell'arte i cybernauti nelle esuberanza delle loro relazioni con forti connotati
estetici, fondano inconsciamente nuovi rapporti di potere e di sapere.

DAL CLICHÉ ALL'ARCHETIPO


Trasfigurando il valore della merce e dello spettacolo, come è avvenuto con Andy Warhol e le altre
esponenti della Pop Art, e stata avviata una gigantesca operazione di estetizzazione di noi stessi e
dei nostri stili di vita. È l'arte che ci permette di trasfigurare ogni cliché in archetipo, ogni
immagine abitudinaria e scontata in elemento originale e significante. La trasfigurazione del cliché
in archetipo esige il passaggio da una concezione contenutistica statica a una concezione
processuale dinamica del mondo, da una visione banale a una visione estetica. I cliché costituiscono
il mondo banale ordinario dell'esistenza quotidiana ma se per qualsiasi motivo si guarda allo stesso
mondo ordinario con un nuovo sguardo, come fa l'artista o lo scienziato, il cliché si illumina con un
raggio di energia.

ETICA ED ESTETICA
non essendo l'uomo né solo materia né solo spirito non può essere pura vita né può essere pura
forma, bensì forma viva, essa è l'oggetto comune di entrambi gli istinti, cioè dell'istinto del gioco.
L'interezza dell'uomo è data proprio dalla riunificazione e dall'armonia tra la mente e il cuore, tra la
ragione e la fantasia, tra la ragione e la sensibilità. Tra tutti gli Stati dell'uomo il gioco è unicamente
il gioco è ciò che lo completa e nello stesso tempo sviluppa la sua duplice natura: L'uomo gioca
unicamente quando è uomo, nel senso pieno della parola, ed è pienamente uomo ovviamente
quando gioca. L'impulso del gioco produce l'armonia tra impulso materiale e l'impulso formale. Per
Schiller coltivare questo impulso è lo scopo dell'educazione estetica. È attraverso il gusto che
avviene il passaggio dal piacere sensibile al sentimento della moralità. Nella coscienza estetica
troviamo caratteri che distinguono la coscienza colta: elevazione all'universalità, distacco dalla
particolarità delle preferenze immediate, riconoscimento di ciò che non corrisponde alle proprie
individuali attese o tendenze. La coscienza estetica trova il suo organo nel gusto: occorre
risvegliare affinare il gusto nella civiltà dello spettacolo, delle immagini e del consumismo. Il gusto
sensibile non è puro istinto ma contiene già un elemento di mediazione tra l'impulso sensibile e la
libertà spirituale. Il gusto introduce l'atteggiamento della scelta e del giudizio di fronte alle esigenze
più urgenti e immediate della vita, e come un senso che non può essere acquisito o sostituito.
Tuttavia, esso non è sempre una cosa puramente privata, giacché pretende sempre di essere buon
gusto: Colui il cui gusto è urtato da ciò che è moralmente ingiusto possiedo una sicurezza il bene e
respingere il m che è la più alta.
ESPANSIONE DELLA COSCIENZA E SPAZIO INTERIORE
Se manca il riferimento alla comunità umana universale o ad altro la metro universale, manca
ogni criterio per distinguere la comunità violenta dei naziskin che ascoltano Wagner o quella dei
rocchettari dalla comunità che pratica la cittadinanza attiva e la nonviolenza: per questo il risveglio
del gusto non può bastare all'homo aestheticus, ma si richiede un risveglio ancora più profondo
della propria umanità: il risveglio della coscienza e dell'interiorità. Non c'è una tecnica per
risvegliare il proprio io interiore, perché l'io interiore e spontaneo, svegliarsi all'interiorità significa
riscoprire la sorgente dell'essere, del bene e della libertà che, nel più profondo di noi stessi, fonda e
anima la nostra vita. Con risveglio dell'interiorità noi acquistiamo una specie di intuizione spirituale
che fa di noi stessi degli esseri rispettosi, dotati di un senso innato della dignità umana.

CAPITOLO 4 – DENTOLOGIA PROFESSIONALE DEI COMUNICATORI E NETIQUETTE

I TRE LIVELLI DELL’ETICA


L'etica della comunicazione ha un'architettura di almeno tre livelli essenziali:
1. il primo livello è quello matematico, riflessivo teso a legittimare la possibilità stessa
dell'etica della comunicazione.
2. Il secondo livello è quello deontologico, che riguarda il complesso delle regole di
comportamento relative alle persone appartenenti a una determinata categoria professionale
e o di utenza. La deontologia rappresenta la concretizzazione dei principi enunciati non solo
dell'etica, ma anche del diritto e della prassi, anche per evitare e dirimere conflitti esterni o
interni nella sfera professionale.
3. Il terzo livello è quello prudenziale e riguarda la facoltà di giudizio, più intuitiva che
discorsiva, applicata a singole situazioni. Questo livello ha una struttura ternaria: prima
principi e norme poi situazioni empiriche e infine coscienza personale. E la coscienza
personale che deve applicare i principi le norme ai contesti esistenziali con saggezza e
ragionevolezza.

STRUTTURE LIMITI DELLE DEONTOLOGIE PROFESSIONALI


Le deontologie professionali sono costituite da un corpus formalizzato di regole di autodisciplina
di un'organizzazione professionale. Costruendosi un'immagine Ideal tipica ogni professione tenta di
precisare il proprio ruolo e di renderlo socialmente accettabile. Il sistema autodisciplinare prima
che risolvere controversie crea fattispecie: dà cioè qualificazione giuridica a fatti che l'ordinamento
potrebbe considerare irrilevanti. È la giurisprudenza disciplinare, per Remo Danovi, la fonte
essenziale delle deontologie, perché tutti i principi hanno trovato e trovano sostanzialmente una
verifica di effettività nell'ambito di tale giurisprudenza. Per Alberto Febbraio le deontologie
professionali hanno la funzione di legittimazione oltre che di stabilizzazione del ceto professionale
e si occupano di alcuni temi ricorrenti come l'associazione professionale e i suoi membri, i
destinatari della prestazione professionale, la società, istituzioni diverse e gruppi concorrenti o
subordinati. Dalla combinazione dei tre tipi di comportamento, istituzionale, personale e sociale,
emerge in ogni deontologia professionale un comune nucleo centrale normativo, da cui si dirama
il variegato spettro di strumenti di controllo di cui volta a volta ci si intende servire. Un'area di
incontro di diverse esigenze è costituita proprio dall'Istituto del segreto professionale che, se da
un lato tiene conto della necessità politica di evitare nelle società la formazione di un vero e proprio
anticipo potere, riconosce dall'altro la extraterritorialità necessaria per lo svolgimento della funzione
professionale. La prestazione svolta con decoro smorza l'interesse penale appare altruistica e finisce
col vincolare il cliente ad attribuire al professionista un prestigio che limita un'aperta contrattazione
economica nei suoi confronti. Alle varie deontologie viene attribuita una funzione ideologica
comune, che mira a legittimare privilegi degli appartenenti alla professione: tale ideologia cita
poggia su alcune acritiche presupposizioni, come quella di una solidarietà sociale tra la parte e il
tutto, della integrabilità del tutto e della parte. In tale prospettiva le deontologie professionali
costituiscono nel loro complesso momenti stabilizzanti che raccolgono simbolicamente le diverse
esigenze strategiche di comportamento dell'associazionismo interno alle professioni, del mercato e
dello Stato. Il lavoro professionale, mentre produce effetti sempre più ampi e complessi sulla vita
istituzionale, personale e sociale, allo stesso tempo vede crescere anche la propria incapacità di
controllarli solo tecnicamente di fuori dell'esplicito intervento professionale. Se si considera che i
bisogni contingenti e secondari della clientela sono sempre più prevalenti sui bisogni fondamentali
e sono sempre più decisivi per il successo, e la professionalità si evolve continuamente sul piano
cognitivo e razionale, l'esercizio professionale esige comportamenti sempre meno codificati e
ripetitivi. Gran parte delle aziende in tutti i paesi hanno adottato un codice etico. Esistono centri di
etica applicata che forniscono servizi per la simulazione e la soluzione di casi etici. Questo fa
sperare che nel prossimo futuro non solo le deontologie possono essere applicate più ampiamente di
quanto oggi non avvenga, ma soprattutto che siano dotate di chiari, adeguati ed efficaci elementi
sanzionatori. Un codice deontologico di qualsiasi professione dovrebbe dare almeno le linee
orientative essenziali i criteri fondamentali per la soluzione di vecchi e nuovi problemi normativi e
quindi non dovrebbe limitarsi solo a esortare il singolo professionista verso l'assunzione del punto
di vista etico per il suo atteggiamento e del moralmente retto per il suo comportamento.

LA DEONTOLOGIA DEL GIORNALISTA


Possiamo notare che non esiste una definizione precisa di giornalismo e di informazione
giornalistica. Ci sono una serie di articoli in cui è condensato tutto della professione del giornalista.
La libertà e il diritto/dovere di informare e di criticare sono fondamentali ma non sono assoluti
perché sono tenuti al rispetto della persona della verità sostanziale dei fatti, delle fonti delle notizie
e a tutelare la moralità pubblica in vista soprattutto della protezione dei minori. Anche l'Unesco
impostando uno schema di codice internazionale dei giornalisti ha ribadito gli stessi principi
fondamentali che si sono concretizzati nei suoi seguenti precetti: veridicità dell'informazione,
onesta presentazione dei fatti, dedizione al bene della collettività, disponibilità rettificare gli
errori, garanzia del segreto professionale. L'ordine dei giornalisti ha promosso e sottoscritto
con i rappresentanti degli altri settori dell'informazione alcuni protocolli per concretizzare principi
comportamentali contenuti nella legge professionale. Tra queste carte citiamo:
- la carta dei diritti e doveri del giornalista sottoscritta con la Federazione nazionale
stampa italiana, che ribadisce tutti i principi fondamentali della legge 69/1963,
specificando alcuni doveri, come quello di rispettare il diritto alla riservatezza di ogni
cittadino, di non pubblicare i nomi delle vittime di violenza sessuale, a meno che sia
richiesto dalle stesse vittime per motivi di rilevante interesse generale. Viene ricordato che
ogni persona accusata di un reato innocente fino alla condanna definitiva e che i cittadini
hanno diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre distinta dal messaggio
pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli.
- La carta di Treviso, nata da un'intesa tra l'ordine dei giornalisti, la FNSIE e il telefono
azzurro individua i principi basilari del rapporto tra informazione e infanzia.
- La carta informazione e sondaggi, sottoscritta con l'associazione dell'istituto di ricerca
di mercato, sondaggi di opinione, ricerca sociale, ribadisce l'importanza di questo
particolare tipo di informazione che si diffonde sempre più media, e vengono individuate le
modalità e le tecniche di svolgimento dei sondaggi.
- Le regole delle tv commerciali contengono i principi e le norme di regolamentazione e alle
quali le televisioni private commerciali devono attenersi per assicurare il rispetto dei diritti e
delle esigenze dei telespettatori in età evolutiva.
- Il protocollo d'intesa sul rapporto tra infanzia e pubblicità sottoscritto nel 1988 da
giornalisti, agenzia di pubblicità e associazioni di pubbliche relazioni per garantire all'utente
la possibilità di individuare l'identità dell'emittente del messaggio.
Il 15 luglio del 1998 è stato approvato il codice deontologico previsto dall'articolo 25 della legge
675/96 sulla tutela dei dati personali, relativa al trattamento di dati personali nell'esercizio
dell'attività giornalistica. Il codice deontologico regolamenta la tutela della privacy, la raccolta, il
trattamento e l'utilizzo di informazioni e dati personali, non solo di tipo anagrafico, ma anche i
cosiddetti dati sensibili ossia informazioni relative alle convinzioni religiose politiche e filosofiche,
alla salute, alla vita sessuale, il cui trattamento richiede una preventiva e specifica autorizzazione
del garante. Certamente la deontologia professionale, i codici di autoregolamentazione, le leggi
forniscono dei parametri e dei criteri comportamentali, ma non bastano. In fondo c'è la coscienza
del singolo comunicatore con la sua responsabilità di discernere e decidere.

NETIQUETTE E NEW MEDIA


Mentre i media convenzionali lasciavano il lettore, l'ascoltatore o il telespettatore la posizione
passiva, le nuove tecnologie digitali, i New media incrementano l'interattività, consentendo
all'utente di intervenire per precisare le proprie scelte per ridefinire le scelte altrui, per esprimere le
proprie opinioni e valutazioni. Siamo entrati in una società che si definisce post mediatica.
Accanto ai mass media che continuano a trasmettere da un punto centrale verso una massa di
destinatari, si sta sviluppando la comunicazione da punto a punto la comunicazione è diventata
sempre più interattiva, veloce e meno costosa. Questa rivoluzione potrebbe segnare la fine dei
Monopoli, dei sistemi gerarchizzati di controllo. È sempre più l'utente che determina con le sue
scelte ciò che vuole leggere o guardare sullo schermo. La libertà e la facilità dei contenuti aprono
ampie possibilità di creare delle reti e di farci il corallo una ricchezza ed eterogeneità di contenuti.
Si esige però una disciplina, un rigore e una profonda responsabilità. Si tratta di una libertà che non
è soggetta ad alcun controllo e che presenta anzi un certo numero di rischi: Internet non appartiene,
come media convenzionali, a un imprenditore ma è una rete di utenti di computer essi hanno la
possibilità di produrre e proporre dei contenuti che fanno poi il giro del mondo e sono ovunque
disponibili. Proprio per questo la responsabilità per i contenuti lanciati via Internet rappresenta una
questione del tutto nuova. Il mondo digitale mette in circolazione troppe informazioni, non tutte
affidabili e veritiere queste informazioni spesso sono decontestualizzate e connesse in modo
casuale. I New media fanno emergere nuove responsabilità, che coinvolgono gli utenti direttamente
non solo per i contenuti veicolati via Internet ma anche per i comportamenti. Per evitare che la rete
diventi un grande contenitore di pubblicità e di contenuti spazzatura, abilitata da cittadini poco
educati e indisciplinati, Virginia Shea ha formulato alcune regole di morale della rete che ha
chiamato con neologismo netiquette, ovvero etichetta della rete. La norma basica di questi precetti
minimi della buona conversazione sul web e la riproduzione della regola d'oro dell'etica universale,
che è fondata sulla simmetria reciprocità dell'agire e che si traduce nella prima prescrizione “fai
agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te. Immagina come ti sentiresti se fossi nei panni
degli altri. Prenditi cura di te stesso ma evita di offendere la sensibilità degli altri. In altri termini nel
cyberspazio non dimenticare l'umanità. Sono da considerare violazioni del galateo della rete,
celare o camuffare la propria identità o inviare reiteratamente messaggi non richiesti. Il
documento di riferimento delle linee guida per il galateo di rete ovvero NETIQUETTE è disponibile
sulla rete. Questo documento è diviso in tre sezioni:
- comunicazione uno a uno che include posta elettronica e talk
- comunicazione uno a molti che include mailinglist e net news
- servizi informativi, che include FTP, www, gopher, mud e moos
qualche regola sul libro.
CAPITOLO 5 – LA NETICA E LA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE
Nell’invito di Shea a non dimenticare l'umanità, emerge la necessità di affrontare i problemi etici e
giuridici della rete che non possono ridursi a mere questioni di galateo ed etichetta. La più grande
ricerca umana e capire che cosa si deve fare per diventare esseri umani. L'uomo occidentale
sperimenta una crescente estraneità rispetto al sociale al mondo circostante. Che cosa succede se
l'umano si dissocia dal sociale, dalla tecnologia al punto da sparire completamente? Donati parla
della fine della società dell'uomo e per l'uomo. Nella prospettiva di Donati si assume il sociale come
relazione ovvero si vede con chiarezza che il sociale è normalmente composto di varie dimensioni
di cui non ultima è l'istanza etica e valoriale: sì è allora in grado di vedere in quali casi e come la
società possa perdere la distinzione fra umano e non umano nel sociale e anche nelle tecnologie. La
totale devozione ha una razionalità fondata sul calcolo ha prodotto l'idolatria del silicio che porta
una ridefinizione degli esseri umani in termini non umani, diminuendo quindi la loro essenza di
umanità. La pura razionalità strumentale e l'estensione del linguaggio nello spazio prima nel
linguaggio stesso della sua capacità di veicolare significati emotivi che provocano in questo modo
un indebolimento dei più importanti legami sociali. Lo strumento è inerente al rapporto sociale, ha
una struttura relazionale. Quando agisco in quanto uomo mi servo di strumenti. A seconda che lo
padroneggi o che viceversa ne sia dominato, lo strumento collega o mi lega al corpo sociale: Nella
misura in cui io padroneggio lo strumento, conferisco al mondo un mio significato, nella misura in
cui lo strumento mi domina, e la sua struttura che mi plasma è in forma la mia rappresentazione che
io ho di me stesso. Distinguiamo quindi:
1. Lo strumento conviviale quello che mi lascia il più ampio spazio e il maggior potere di
modificare il mondo secondo le mie intenzioni. Quello che ognuno può utilizzare senza
difficoltà quando e quanto desideri, per gli scopi determinati da lui stesso.
2. Lo strumento industriale mi nega questo potere. Attraverso di esso, è un altro diverso da
me che determina la mia domanda, restringe il mio margine di controllo e governa il mio
senso della vita.
Il telefono è un esempio di strumento conviviale: chiunque può chiamare chi desidera per
comunicargli ciò che crede. Tutti i New media potrebbero essere strumenti conviviali .

Un'altra riflessione riguarda la maturità tecnologica: tale maturità passa da una ristrutturazione
sociale dello spazio che faccia sentire continuamente ognuno che il centro del mondo è proprio là
dove è vista, cammina e vive.
LA NETICA HACKER
L'umanizzazione della comunicazione elettronica comporta l'adozione dell'imperativo di
considerare come soggetti a tutti gli effetti della comunicazione e di evitare di strumentalizzarli.
L'uomo va considerato come fine e non come mezzo: da tale imperativo nell'information ethics
scaturiscono alcuni problemi etici, come la tutela della libertà di parola e della privacy, la difesa
dalla violenza informatica, alla crescita esponenziale della posta elettronica spazzatura, che per
motivi commerciali rischia di sommergerci di messaggi non richiesti. Un contributo allo sviluppo
della netica, ovvero dell'etica del network della rete è stato dato dagli hacker, spesso confusi con
i pirati che rubano dati o inventano virus che rovinano i nostri computer. Il termine hacker significa
fare a pezzi ma in senso positivo cioè prendere un oggetto metterci le mani sopra, scinderlo nelle
sue parti fondamentali per studiarne il funzionamento. Il criminologo Mario Strano, ha distinto sei
diverse versioni dell'identità hacker:
1. L'hacker tradizionale, che agirebbe spinto dal gusto per la sfida per dimostrare a sé e agli
altri la perizia in campo informatico
2. l'hacker distruttivo vandalico mosso dall'aggressività accumulata contro il sistema
3. l’hacker distruttivo professionista che agisce distruttivamente spinto da una logica
lucrativa
4. l'hacker spia che opererebbe dei veri e propri furti di informazioni su commissione
5. l’hacker antagonista spinto da motivazioni di tipo ideologico
6. L’hacker terrorista che apparterrebbe a gruppi volti alla destabilizzazione sociale e
istituzionale
La riconduzione dell'hacking alla criminalità informatica è piuttosto frequente e diffusa ma è
importante definire il concetto di un computer crimele azioni che si compiono mediante il
computer, dirette alla realizzazione di truffe, frodi, ricettazioni, con l'obiettivo di ottenere proprietà,
denaro, vantaggi politici e commerciali. Se consideriamo che tutte le azioni che gli hacker
sottoscrive hanno sempre un intento espressivo e non strumentale, la gravità dei reati commessi
degli hacker puri è assimilabile a quella di alcuni deputati che, nell'ambito di una manifestazione
pubblica, fumino della marijuana per spingere l'opinione pubblica a riflettere sulla possibilità di
depenalizzare il consumo delle droghe leggere. Gli hacker hanno prodotto a forme di azione
collettiva di lotta realizzata in rete per la libertà e l'apertura del codice informatico, che
costituiscono una valida alternativa a una situazione di monopolio da parte di produttori di software
proprietario. Convinti del fatto che se Internet è di tutti, anche l'informazione deve essere di tutti e
per tutti. Gli hacker si battono in un'azione di grande valore etico e sociale, per la libertà della
cultura e dell'informazione nel mondo elettronico.

LA LIBERTÀ D’ INFORMAZIONE
Si entra veramente nel problema della moralità quando si pone la libertà alla seconda persona,
come il volere della libertà dell'altro, il volere che la tua libertà sia. Infatti, come non vi può essere
la problematica della seconda persona se io non so cosa vuol dire io, essendo l'altro un altro io, così,
se non comprendo che cosa vuol dire per me essere libero e dovere diventarlo, non potrei volerlo
per gli altri. Tutta l'etica nasce da questo compito raddoppiato di far emergere la libertà dell'altro
come somigliante alla mia. Si tratta di realizzare la mia libertà attraverso la tua e la tua libertà
attraverso la mia, facendo i conti con il limite. La libertà di informazione va declinata al plurale
più che al singolare, perché non esiste una sola libertà di informazione, ma tante libertà quante sono
le posizioni che un individuo può assumere rispetto a questo diritto fondamentale. Per questo
parliamo di tre modalità della libertà di informazione: attiva, passiva, riflessiva  libertà di
informare, la libertà di essere informati e libertà di informarsi costituiscono il trittico della
libertà di informazione c'è chi sostiene che con la legge sulla privacy sia stata introdotta una quarta
dimensione dell'unico generale diritto di informazione: il diritto dell'individuo a poter
controllare le informazioni sul proprio conto ed eventualmente a chiedere la cessazione del
trattamento la modifica e l'aggiornamento.
Analizziamo alcuni problemi etici dei diversi momenti della libertà di informazione:
1. La libertà attiva di informazione si può rappresentare come libertà di informare gli altri,
singoli o collettività. La libertà di cronaca è una manifestazione peculiare della libertà attiva
di informazioneuna costante giurisprudenza ritiene legittimo l'esercizio del diritto di
cronaca anche nel caso in cui violi i diritti individuali di terzi, a causa del contenuto
diffamatorio ingiurioso, a condizione che rispetti determinati canoni di correttezza. Questo
non significa che la cronaca goda di un trattamento preferenziale rispetto ad altre forme di
espressione del pensiero, né che i cronisti e gli operatori dell'informazione godano di
speciali esenzioni dunque nessuna preferenza viene fatta dalla nostra costituzione tra le varie
forme di manifestazione del pensiero, né tra i soggetti che esercitano questo diritto di libertà.
L'intimità delle persone deve restare inviolabile, meno che in tre casi:
- quando essa nasconde atti contrari all'umanitàquesto caso rientra nel principio di
ingerenza umanitaria, che nega alle barbarie ogni diritto di simulazione o di proiezione
- quando scegli di esibirsi senza riservequesto caso è illustrato dell'esibizionismo di
individui, come le star artistiche sportive politiche che scelgono di rivelare i loro gesti
quotidiani e milioni di telespettatori per rafforzare la propria immagine.
- quando divulga sotto forma di immagine o di testimonianze fatti tali da far prendere
coscienza delle condizioni intollerabili e imposte a un individuo o una collettivitàIl
terzo caso pone l'esigenza di una distinzione tra la denuncia delle intollerabile e la
contemplazione morbosa di una sofferenza, data in pasto alla compassione. Per capire
meglio il concetto possiamo fare la differenza tra la testimonianza fotografica delle atrocità
perpetrate nel Vietnam dall'esercito americano che ha contribuito a sollevare l'opinione
pubblica contro la politica degli Stati Uniti; le immagini diffuse ciclo continuo di un
bambino caduto accidentalmente in un pozzo che rientrano nello sfruttamento mercantile
della disgrazia e alimentano un diletto tanto più morboso quanto più l'infortunio assume un
carattere universale e ineluttabile.
2. Complementare alla libertà attiva di informazione è quella passiva di essere informati: se
non ci fosse la libertà di ricevere informazioni, verrebbe ridotta anche la libertà di diffondere
informazioni. Senza la democrazia cognitiva entra a rischio la democraticità del nostro
sistema politico, in quanto viene a mancare la partecipazione consapevole e motivata dei
cittadini ai processi decisionaliA tale proposito diventa condizione indispensabile per la
realizzazione della libertà di informazione il pluralismo per garantire l'apertura dei mezzi di
comunicazione alle diverse opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali. Il pluralismo delle
voci è rivolto a soddisfare il fondamentale diritto all'informazione del cittadino,
indispensabile per la formazione di una libera opinione pubblica. Si possono enucleare tre
distinti profili del pluralismo:
- Il pluralismo interno, che si realizza attraverso l'apertura del mezzo informativo alle
diverse tendenze politiche e culturali presenti nel paese, e richiede la conformazione dei
contenuti informativi veicolati attraverso i media alle esigenze provenienti all'intero corpo
sociale.
- Il pluralismo esterno che si sostanzia nella concorrenza tra il maggior numero possibile di
operatori dell'informazione, singoli e imprese, operanti nel mercato, in modo che tale varietà
di voci mette il cittadino in condizione di formarsi la propria opinione e valutare avendo
presenti punti di vista orientamenti differenti anche contrastanti.
- Il pluralismo sostanziale in base al quale bisogna assicurare uguali opportunità espressive
le diverse forze politiche in competizione durante una consultazione elettorale.
3. Infine, abbiamo la libertà riflessiva di informazione: essa consiste nella facoltà di attivarsi
per cercare e acquisire notizie e informazioni, ancorché non spontaneamente diffuse.

DALL’AUTHORITY ALL’OMBUDSMAN, ALLA CITTADINANZA ATTIVA


Vogliamo accennare ad alcune realizzazioni a favore del cittadino:
L’AUTHORITY per l’antitrust, per le comunicazioni e per la privacy, l’ombudsman nelle
testate giornalistiche e la cittadinanza attiva.
- L'authority è un organo pubblico, autonomo, a cui viene delegata la funzione di governo e
controllo delle regole di un determinato settore che impone il rispetto delle leggi attraverso
sanzioni. Quest'ultimo ha competenza per il settore radiotelevisivo, l'editoria, le
infrastrutture e le reti. Si occupa inoltre anche del settore della comunicazione, con
particolare riferimento alla progressiva tendenza alla concentrazione economico finanziaria.
Essa vigila sulle intese restrittive della concorrenza e sui casi di posizione dominante, cioè
sui casi in cui uno o più gente raggiungono una dimensione tale da condizionare il mercato,
limitando la libera concorrenza dei soggetti economici
- L’ombudsman è un altro organo di tutela del cittadino, difensore dei lettori, che si può
configurare come un istituto di natura pubblicistica per la composizione extragiudiziale di
controversie. Svolge funzioni di mediazione in modo amichevole ed ha il compito di vigilare
sull'accuratezza delle notizie e degli articoli, rimediare agli errori dei giornalisti, raccogliere
le osservazioni e le domande dei lettori di Radio telespettatori. Controllano le notizie, le
fotografie, i commenti; Promuovono anche incontri con il pubblico e forum per far
conoscere il lavoro giornalistico e sui rischi, nonché possibili errori frequenti in una giornata
dai tempi incalzanti. Spiegano lealmente e ammettono subito gli sbagli, rimediano il giorno
dopo; È dimostrato che la credibilità dei giornalisti e delle testate così facendo aumenta.
- Infine, la cittadinanza attiva: Stato, regioni, province, città metropolitane, comuni
favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di
attività di interesse generale la base del principio di sussidiarietà che responsabilizza il
cittadino e lo rende protagonista con gli altri cittadini della cosa pubblica, per il
miglioramento della vita di tutti.
CAPITOLO 6 – ALLE ORIGINI DELLA COMUNICAZIONE: IL SILENZIO, LA PAROLA E
L’ASCOLTO

IL DISPOTISMO COMUNICATIVO E LA CRISI DEL PENSIERO


La questione centrale sta nel fatto che mentre i mass media sono un sistema di comunicazione a
senso unico, il processo di comunicazione reale non lo è, ma dipende dall'interazione tra emittente e
ricevente nell'interpretazione del messaggio. Quindi anche se il pubblico riceve sempre più in
materia prima con cui costruire l'immagine dell'universo, il mondo mediatico rappresenta ancora un
mondo di comunicazione univoca, non di interazione. Si sta forse avverando la profezia di Huxley
dell’mondo nuovo? secondo la quale un eccesso di informazioni ci avrebbe ridotti alla passività
all'egoismo e saremmo stati distrutti dal nostro appetito insaziabile di distrazioni. Come ci ha
insegnato Aristotele, l'uomo non pensa senza le immagini, ma il pensiero comincia con i concetti,
che vengono estratti dalle immagini. La società dell'immagine ha sconfitto le idee, che sono
diventate un ingombro più che una risorsa, perché inchiodano una continuità, una decisione pensata,
un legame, un orientamento di vita, insomma a una coerenza. Da un'epoca fondata sull'azione è
succeduto a un'epoca centrata sugli avvenimenti, i quali non hanno il carattere dell'azione ma del
miracolo e del trauma. La storia oggi appare, secondo le parole di Macbeth di Shakespeare, uno
storia raccontata da un'idiota, piena e di rumore e di furore, che non significa niente punto il
negazionismo storico è una manifestazione aberrante dell'età della comunicazione, che scredita la
conoscenza e riducendola a mera opinione e finisce con la verità effettuale degli eventi avvalorando
il principio che un'opinione vale quanto un'altra, la comunicazione annulla la competenza. Mentre la
comunicazione impedisce ed esaspera l'eccezionalità dell'evento, pretendendo di attribuire un
significato epocale a cose a personaggi secondari irrilevanti, la memoria blocca il campo
dell'esperienza del passato precludendosi ogni orizzonte di attesa. Il dispotismo comunicativo col
suo riduzionismo minaccia la nostra culturain primo luogo, il regime storico del presentismo
induce surrettiziamente a far credere che il valore di ciò che esiste e debba essere misurato dalla sua
attualità. In secondo luogo, la tecnologia informatica consente di conservare una quantità pressoché
infinita di dati, la scelta dei quali richiede uno spirito critico e una capacità di orientamento che
qualcuno deve poter essere in grado di far conoscere e insegnare. In terzo luogo, le strutture logiche
su cui è basato il pensiero occidentale, per esempio quella secondo cui non si può nello stesso
tempo affermare e negare alcunché, sono state obliterate. Sta venendo a mancare l'esperienza
dell'attesa, chiarimento mondo immaginativo ricco di mediazioni e di metafore. La sospensione
prodotta dall’attesa consente l'elaborazione interiore dell'esperienze l'apertura di uno spazio
silenzioso per pensare. Come ha dimostrato la neuro scienziata Marian Wolf, il primato della
cultura digitale rischia di indebolire e corrodere la capacità di ragionare e verificare della mente
umana. Anche il cosiddetto multitasking non accresce, anzi peggiora la nostra capacità di attenzione
e di conoscenza.

LA DICOTOMIA PAROLA/SILENZIO
La stampa, isolando il senso della vista e rompendo l'intreccio tra tutti i sensi, aprì la strada alla
segmentazione e creo un mondo di antinomie e di dicotomie altrettanto insolubili quanto irrilevanti:
una di queste dicotomie è quella tra parola e silenzio. Tale dicotomia rischia di conferire alla parola
il compito di esorcizzare il silenzio, che appare rilevatore del nostro nulla e pertanto una minaccia
per l'uomo. Nella filosofia moderna è stato soprattutto Kant, con l'equazione conoscere=giudicare, a
tracciare il rapporto tra parole e silenzioidentificando conoscere e giudicare, le forme logico
conoscitive vengono a coincidere con le forme linguistiche del giudizio. In tal modo la conoscenza
scientifica non ha più il suo primum nei dati dei sensi, come sostenevano gli empiristi, o nelle idee,
secondo i razionalisti, ma nelle rappresentazioni, cioè nei dati sensoriali strutturati dalle forme a
priori. Ne deriva l'equivalenza tra i limiti della conoscenza e i limiti del linguaggio. Ciò che è
inesprimibile non solo sfugge al linguaggio, ma anche alla conoscenza e pertanto non è
dimostrabile, può solo mostrarsi: su ciò di cui non si può parlare si deve tacere. La dimensione
originaria della conoscenza e dunque non intenzionale, e in espressione, il silenzio. La dicotomia
moderna tra linguaggio e silenzio allargato la portata dell'ineffabile fino a capovolgerle il rapporto.
Ora è vero, come hanno notato Umberto Eco, solo ciò che non si può spiegare. In una sorta di neo-
gnosticismo, di irrazionalismo, sorto come reazione al crollo delle grandi filosofie razionalistiche
della storia e come sfiducia nei confronti della scienza e della tecnica che pensavano di trasformare
il mondo attraverso un progetto razionale.

METALINGUAGGIO, LINGUAGGIO E SILENZIO: TRE PARADOSSI


Il progetto di un'intelligenza totalmente artificiale può essere un experimentum metafisicum per
eccellenza per studiare il rapporto tra linguaggio e silenzio. Il linguaggio di un cervello elettronico è
un linguaggio costruito e pertanto dipende da chi l'ha costruito e si iscrive per la propria natura in
un altro linguaggio. Il primo dei tre paradossi è quello del metalinguaggio: consiste
nell'impossibilità o umana di costruire un linguaggio assoluto, cioè un linguaggio che contenga
nella sua totalità il senso di sé stesso. La differenza di fondo tra l’intelligenza naturale dell’uomo e
l’intelligenza artificiale progettata e costruita dall’uomo consiste proprio in questo: mentre questa
non può dare un senso al proprio non poter parlare, l'intelligenza naturale può invece rovesciare il
proprio parlare nel silenzio della sua incapacità di costruire il senso della propria origine. Perché il
linguaggio naturale umano è l'unico linguaggio che non è soltanto costruzione, ma costruzione e
silenzio, discorso e disponibilità all'ascolto. Le tecniche informatiche si arrestano davanti alla
domanda del senso originario dell'esperienza nella totalità del suo farsi.
Il secondo paradosso è quello del linguaggio: come ha insegnato Heidegger per l'essere, nel senso
che non si può dire nulla sull'essere senza essere già compromessi in qualche modo con l'essere,
così per il linguaggio non si può criticare il linguaggio se non parlando. Non si dà pensiero,
concetto se non in una forma linguistica.
L'ultimo paradosso è quello del silenzio che si può esprimere come segue: come possiamo parlare o
scrivere sul silenzio come su qualcosa di radicalmente diverso dalla parola nello stesso momento in
cui usiamo descrizioni particolarmente ricche di parole, allo scopo di analizzarlo? Addosso poi
interrogativi soprattutto a livello ontologico. E il silenzio radicato nella parola o è la parola radicata
nel silenzio? Se il silenzio fosse radicato nella parola, ogni descrizione sistematica del silenzio
diventerebbe essenzialmente impossibile; Se invece la parola essere radicata nel silenzio può
esistere un ermeneutica del silenzio.

IL VALORE TEORETICO DEL SILENZIO E LA NUOVA ORALITÀ


Per avere valore teoretico il silenzio deve essere trasparente, ovvero silenzio parlante ascoltante
in tal modo il silenzio si iscrive nel processo della comunicazione nella duplice modalità sia
dell'ascolto sia della comunicazione non verbale vigilatrice di significati. L'era attuale
dell'elettronica è caratterizzata da una nuova oralità, dall'importanza assunta dall'udito. la
multimedialità in atto con la sovrapposizione dei mezzi di comunicazione rende oggi il sensorio
tremendamente confuso e difficile a comprendersi. La vecchia oralità era essenzialmente
performance, presupponeva la comunità; Il pensiero era difficile concepirlo come un attributo
meramente personale, privato. Nella grande transizione dalla cultura scritta una nuova cultura orale,
il mondo sincronico in cui stiamo entrando non sarà più quello dell'individuo solitario.
L'intelligenza sarà una funzione razionale collettiva. Il mondo sincronico della società futura sarà il
mondo delle interdipendenze funzionali e dinamiche. La nuova oralità ha tutte le potenzialità per
creare una nuova cultura, non più divisa a compartimenti stagni fra un settore scientifico un settore
umanistico è portatrice delle condizioni valide per il recupero dei sensi umani nella loro
imprevedibile ricchezza espressiva. Il recupero del linguaggio come suono e come ascolto comporta
anche la valorizzazione del silenzio. Perché il silenzio abbia un valore teoretico, il suo contenuto
deve essere affermativo, deve alludere a qualcosa che è fortemente significativo. Essendo il silenzio
un fenomeno originario e non una semplice negazione del discorso, esso è qualcosa di positivo. La
ricerca del significato trascende la conoscenza umana, appartiene a una sfera specifica della vita
della mente, ha a che fare con oggetti o per meglio dire con eventi che non si danno alla percezione
sensibile e pertanto non sono verificabili empiricamente perché trascendono il sapere e il fare punto
pensare è sempre fuori dall'ordine perché interrompe tutte le attività ordinarie e ne interrotto. E
proprio il carattere lacunoso, sospensivo del silenzio che rende il pensiero un rischioso campo di
battaglia. L'esperienza silenzio, che nasce dal bisogno stringente di pensare piuttosto che da
desiderio di sapere, fa emergere i limiti del carattere manipolativo e generalizzante del concetto,
denuncia il dominio che la verità costruita concettualmente esercita sul particolare è sul reale. La
coscienza di tali limiti non produce lo scetticismo, il mutismo, ma l'esigenza di una razionalità non
dimezzata, ma completa.

IL SILENZIO È IL METAPROBLEMATICO
L'esperienza ci rivela che nella nostra esistenza non ci sono solo problemi da affrontare, ma vi è
anche il meta problematico o l'enigma. Nel problema l'incognita x si può trovare a partire dalla
conoscenza di un certo numero di dati punto nel mistero, invece, si pensi al mistero dell'essere al
significato della vita, tutti i dati diventano problematici punto se tutti i dati sono problematici dentro
nel gioco della discussione, non ci troviamo più di fronte a un problema, ma siamo immersi in un
meta problema. Mentre il problema noi lo comprendiamo, è il mistero che ci comprende. Il
problema è qualcosa che ci sta di fronte, è circoscrivibile scomponibile; Il mistero è un qualcosa in
cui io stesso sono impegnato e che quindi non è concepibile che, come una sfera in cui la
distinzione tra l’in me è il davanti a me, si svuota del suo significato iniziale.

L'ETHOS DEL PENSIERO


Come abbiamo cercato di dimostrare c'è uno stretto legame tra il silenzio, la parola e l'ascolto.
Questo legame rivela la struttura essenzialmente dialogica, del pensiero, che dialogo silenzioso. Il
pensiero è un dialogo senza voce tra me e me punto e proprio nel raccoglimento del silenzio
che l'uomo scopre di essere due in uno e non una nuda e solipsistica identità.

Potrebbero piacerti anche