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McLuhan - La galassia Gutenberg

In questo libro McLuhan sottolinea per la prima volta l'importanza dei mass
media nella storia umana; in particolare, discute dell'influenza della stampa a
caratteri mobili sulla storia della cultura occidentale.

Nel libro McLuhan illustra come con l'avvento della stampa a caratteri mobili (1455) si
compia definitivamente il passaggio dalla cultura orale alla cultura alfabetica. Se
nella cultura orale la parola è una forza viva, risonante, attiva e naturale, nella
cultura alfabetica la parola diventa un significato mentale, legato al passato. Con
l'invenzione di Gutenberg queste caratteristiche della cultura alfabetica si
accentuano e si amplificano: tutta l'esperienza si riduce a un solo senso, cioè la vista.

Alla base del pensiero di McLuhan troviamo un accentuato determinismo


tecnologico, cioè l'idea che in una società la struttura mentale delle persone e la
cultura siano influenzate dal tipo di tecnologia di cui tale società dispone.

Gli strumenti del comunicare

Questo è tra i lavori maggiormente noti di McLuhan, e costituisce una ricerca


innovativa nel campo dell'ecologia dei media. È qui che McLuhan afferma che è
importante studiare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano, ma in
base ai criteri strutturali con cui organizzano la comunicazione. Questo pensiero è
notoriamente sintetizzato con la frase "il medium è il messaggio".

McLuhan afferma che "nelle ere della meccanica, avevamo operato un'estensione
del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico
dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un
abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce
tanto il tempo quanto lo spazio".

Ad esempio, un primo medium analizzato da McLuhan è stato quello tipografico.


McLuhan osserva infatti che la stampa ha avuto un grande impatto nella storia
occidentale, veicolando la Riforma protestante, il razionalismo e l'illuminismo e
originando il nazionalismo, l'industrialismo, la produzione di massa, l'alfabetismo e
l'istruzione universale.

Si può dunque asserire che qualsiasi tecnologia costituisce un medium nel senso che
è un'estensione e un potenziamento delle facoltà umane, e in quanto tale genera un
messaggio che retroagisce con i messaggi dei media già esistenti in un dato
momento storico, rendendo complesso l'ambiente sociale, per cui è necessario
valutare l'impatto dei media in termini di "implicazioni sociologiche e psicologiche").

McLuhan afferma che il contenuto di una trasmissione ha in realtà un effetto minimo


sia in presenza di programmi per bambini o di spettacoli violenti. Si tratta certamente
di una forzatura, questa, che però tende a mettere l'accento sulla struttura dello
strumento che sovente viene dimenticata a favore del contenuto. Per esemplificare
lo stesso film (contenuto) visto alla televisione o al cinema (medium) ha un effetto
diverso sullo spettatore. Di conseguenza la struttura della televisione e la struttura del
cinema hanno un impatto particolare nella società e sugli individui che deve essere
colto e analizzato attentamente.
McLuhan osserva che ogni medium ha caratteristiche che coinvolgono gli spettatori
in modi diversi; ad esempio, un passo di un libro può essere riletto a piacimento,
mentre (prima dell'avvento delle videocassette) un film deve essere ritrasmesso
interamente per poterne studiare una parte. È in questo testo che McLuhan
introduce la classificazione dei media in caldi e freddi.

Fra le tesi più illuminanti, quella per cui ogni nuova tecnologia (comprese la ruota,
il parlato, la stampa), esercita su di noi una lusinga molto potente, tramite la quale ci
ipnotizza in uno stato di "narcisistico torpore". Se non abbiamo gli anticorpi intellettuali
adatti, questo capita appena ne veniamo in contatto, e ci porta ad accettare
come assiomi assoluti, le assunzioni non neutrali intrinseche in quella tecnologia. Se
invece riusciamo a evitare di esserne fagocitati, possiamo guardare quella
tecnologia dall'esterno, con distacco, e a quel punto riusciamo non solo a vedere
con chiarezza i principi sottostanti e le linee di forza che esercita, ma anche i
mutamenti sociali diventano per noi un libro aperto, siamo in grado di intuirli in
anticipo e (in parte) di controllarli.

Il medium è il messaggio

L'espressione "il medium è il messaggio" ci dice perciò che ogni medium va studiato
in base ai criteri strutturali in base ai quali organizza la comunicazione; è proprio la
particolare struttura comunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale, perché
essa suscita negli utenti-spettatori determinati comportamenti e modi di pensare e
porta alla formazione di una certa forma mentis. Ci sono, poi, alcuni media che
secondo McLuhan assolvono soprattutto la funzione di rassicurare e uno di questi
media è la televisione, che per lui era un mezzo di conferma: non un medium che
dia luogo a novità nell'ambito sociale o nell'ambito dei comportamenti personali.

La televisione non crea delle novità, non suscita delle novità, è quindi un mezzo che
conforta, consola, conferma e "inchioda" gli spettatori in una stasi fisica (stare per del
tempo seduti a guardarla) e mentale (poiché favorisce lo sviluppo di una forma
mentis non interattiva, al contrario di Internet e di altri ambienti comunicativi a due o
più sensi).

Media "caldi" e media "freddi”

Mc Luhan classifica come "freddi" i media che hanno una bassa definizione e che
quindi richiedono un’alta partecipazione dell'utente, in modo che egli possa
"riempire" e "completare" le informazioni non trasmesse; i media "caldi" sono invece
quelli caratterizzati da un'alta definizione e da una scarsa partecipazione.
Pierre Levy – L’intelligenza collettiva

« Che cos'è l'intelligenza collettiva?. In primo luogo bisogna riconoscere che


l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita
dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche,
soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose
complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in
comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo
assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva »

Pierre Levy - L’arte e l’architettura del cyberspazio.


Estetica dell’intelligenza collettiva

Il cantiere del cyberspazio


Cybesrspazio: parola impiegata da W. Gibson nel 1984 per designare l’universo delle
reti digitali come luogo di avventure, oggetto di conflitti mondiali, nuova frontiera
economica e culturale. Oggi il cyberspazio è un campo parzialmente indeterminato,
votato a interconnettere tutti i dispositivi di comunicazione. Esso pone la questione
della fine del logocentrismo. Forse il linguaggio umano è apparso in diverse forme –
orale, gestuale, musicale, iconica, plastica – ognuna delle quali attivava una zona
del continuum semiotico. I sistemi di dominio fondati sulla scrittura hanno isolato la
lingua, designandola signora d’un territorio semiotico frazionato. L’apparizione degli
ipermedia tratteggia una risalita al di qua del logocentrismo.

Dall’opera al dispositivo
Nel cyberspazio i messaggi gravitano attorno ai ricettori, ormai situati al centro
(inversione dell’immagine tratteggiata dai mass media). Le distinzioni tra autori e
lettori, produttori e spettatori, creatori e interpreti, si confondono a favore di un
continuum di lettura-scrittura (declino della firma). Le separazioni tra i messaggi e le
“opere” (micro-territori attribuiti ad autori) tendono a cancellarsi. Distribuzioni di
informazioni fluttuano su un immenso piano semiotico deterritorializzato. Lo sforzo
creativo si sposta. Invece di diffondere un messaggio, l’artista costituisce un
ambiente, un dispositivo di comunicazione e produzione, un evento collettivo che
coinvolge i destinatari, trasforma gli ermeneuti in attori, mette l’interpretazione in
circuito con l’azione collettiva. L’arte dell’implicazione non costituisce più nessuna
opera: fa emergere processi, inserisce gli interpreti in un ambiente vivente di cui sono
già coautori. È un arte senza firma. Radicalizzando la funzione classica dell’opera,
essa mette in tensione i gruppi umani e propone macchine segniche che
permetteranno loro di inventare i propri linguaggi. Questi li produciamo da sempre,
ma a nostra insaputa: abbiamo preferito l’illusione del fondamento, pagandola con
un senso di sconfitta di fronte alla trascendenza del logos.

Per un’architettura della deterritorializzazione


Nell’architettura del cyberspazio le scelte più “tecniche” hanno un’incidenza
politica, economica e culturale. I committenti, gli ideatori e gli ingegneri del
cyberspazio aiutano a creare gli ambienti di pensiero (sistemi di segni, tecnologie
intellettuali), di percezione (interfacce), di azione (telelavoro) e di comunicazione
(diritti di accesso, tariffe) che struttureranno le evoluzioni sociali. Per guidare la
costruzione del cyberspazio, vanno incoraggiati: 1) gli strumenti che favoriscono lo
sviluppo del legame sociale con l’apprendimento e lo scambio di sapere, 2) i
dispositivi di comunicazione atti ad ascoltare, piuttosto che quelli che riproducono la
diffusione mediatica, 3) i sistemi che mirano all’emergenza di esseri autonomi, 4) le
ingegnerie che permettono di valorizzare a beneficio della maggioranza i bacini di
dati, il capitale di competenze e la potenza simbolica accumulata dall’umanità.

Derrick De Kerckhove
Richiamando la teoria dell'Intelligenza Collettiva di Pierre Levy, de Kerckhove l'ha
aggiornata e adattata al contesto tecnologico delle reti, mirando alla connessione
delle intelligenze quale approccio ed incontro sinergico dei singoli soggetti per il
raggiungimento di un obiettivo. Tale connettività si affianca e contemporaneamente
si oppone all'idea di collettività proposta da Levy, aggiungendo a questa l'unità
frammentata delle potenzialità degli elementi della rete. Non soltanto, quindi, la
comunicabilità dei singoli elementi quale caratteristica fondamentale del nuovo
medium, ma la possibilità offerta per la azione/creazione di un oggetto multimediale,
un artefatto cognitivo.

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