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Università degli Studi di Siena

Dipartimento di filologia e critica delle letterature antiche e moderne


Laurea Magistrale in Filologia, lingue e letterature moderne

Le regole del gioco.


I giochi come modello di interazioni tra soggetti e sistemi
regolamentati.

Candidato: Vincenzo Idone Cassone

Relatore: Prof. Tarcisio Lancioni


Controrelatore: Prof. Stefano Iacoviello

Anno Accademico 2012/13


Alla mia compagna, alla mia famiglia.
Indice
INTRODUZIONE.........................................................................................................7
I) GIOCHI, STRUTTURE, SOCIETÀ....................................................................... 17
Le caratteristiche del gioco, play & game..............................................................17
Il gioco come struttura, forma e combinatoria....................................................... 22
Il gioco, la cultura, la semiotica............................................................................. 28
Il gioco semiotico, il contratto, il dizionario.......................................................... 34
Sviluppi.................................................................................................................. 37
II) LE REGOLE.......................................................................................................... 41
Elementi, combinazioni, schema............................................................................42
Il senso in gioco..................................................................................................... 49
Il contratto, l'ingresso e il giudizio......................................................................... 54
Il regolamento, la costruzione del gioco................................................................ 62
Apprendere il gioco................................................................................................70
Lo spazio interno alle regole, le norme.................................................................. 73
III) OBIETTIVI, EQUILIBRI, RISORSE.................................................................. 83
L'obiettivo del gioco...............................................................................................83
Variazioni nei Programmi Narrativi....................................................................... 89
Il gioco, le valenze, i valori.................................................................................... 95
Le risorse.............................................................................................................. 106
Equilibri, norme, gerarchie...................................................................................113
IV) STRATEGIE E INTERAZIONE........................................................................121
Le azioni e le scelte.............................................................................................. 121
L'intersoggettività: competizione e collaborazione..............................................131
Stile, tattica, strategia: tra mosse e contromosse..................................................141
Il sapere e le informazioni nel gioco.................................................................... 148
V) ANALISI DI MAGIC THE GATHERING......................................................... 153
Gli elementi del gioco e principi di analisi semiotica.......................................... 154
La costruzione del mazzo.....................................................................................159
La partita: costruzione del gioco e sviluppo.........................................................167
Sistema, regolamenti e regole.............................................................................. 172
Tipologie di mazzo: tattiche e strategie................................................................183
Le valenze in gioco: mana, vantaggio carte, tempo............................................. 193
Tipologie di giocatori e motivi di gioco............................................................... 196
Mutamenti di gioco: equilibri ed espansioni........................................................ 199
CONCLUSIONI....................................................................................................... 207
Bibliografia.......................................................................................................... 210
Sitografia.............................................................................................................. 213

5
6
INTRODUZIONE
«Il gioco è coesistente, inseparabile
dalla cultura, le cui manifestazioni più
significative e complesse appaiono
strettamente associate a delle strutture
di giochi, se non addirittura come
strutture di giochi prese sul serio,
erette a istituzione, a regola generale,
divenute strutture imperative,
coercitive, insostituibili, promosse, in
una parola, a regole del gioco sociale,
norme di un gioco che è più di un
gioco.»
R.Caillois, I Giochi e gli uomini.1
«a questo punto Huizinga aveva
un'opzione: [...] o diceva che la cultura
è gioco come è gioco la matrice
combinatoria degli scacchi, con le sue
regole, la sua tradizione normativa
interna, la successione storica dei
diversi stili di giocata che rendono
volta a volta attuale e corrente una
certa apertura, una certa difesa, una
certa strategia conclusiva; o diceva che
la cultura è gioco nel senso in cui lo è
il rituale di un campionato
internazionale di scacchi, coi tempi di
gioco fissati, l'orologio a disposizione,
la tensione combattiva, il desiderio di
vittoria, la foto sul giornale e la borsa
in denaro.
Ora è indubbio che Huizinga sceglie
la seconda opzione.»
U. Eco, Homo Ludens oggi.2

In occasione della seconda versione italiana di Homo Ludens, Umberto Eco scrisse
un'introduzione all'opera (Homo Ludens oggi) in cui rifletteva sulla portata del saggio di
Johan Huizinga a 34 anni dalla sua uscita; sostenendo che, al di là dell'enorme
importanza del testo per gli studi sul gioco, il suo autore avesse scelto di concentrarsi
unicamente sullo spirito ludico e sul suo aspetto rituale e ritualizzato, a suo avviso
principio alla base di tutte le attività umane. Al contrario, Huizinga non avrebbe
sviluppato a sufficienza il presupposto che, sotto un certo aspetto, il legame più stretto

1 R. Caillois, I giochi e gli uomini, Bompiani, Milano 2010, p.82-83


2 U. Eco, Homo ludens oggi, introduzione a J.Huizinga, Homo ludens, Einaudi, Torino 2012, p.xvii

7
tra gioco e società consista nella presenza, nei primi come nelle seconde, di sistemi di
regole a cui si sottopongono i suoi partecipanti, che determinano l'organizzazione e le
possibilità di azione degli individui e delle comunità.

Non sorprende così che la scelta dello storico abbia silenziosamente dominato la totalità
degli studi novecenteschi sul gioco, che nell'ultimo secolo ha conosciuto una incredibile
fortuna all'interno delle scienze umane, e non solo: studi che hanno principalmente
riguardato saggi di sociologia, psicologia e pedagogia (Caillois, Bettheleim, Winnicott),
il legame con l'arte e la letteratura (Schlegel, Bachtin, Blanchot) o con la dimensione
ermeneutica-legislativa (Wittgenstein, Habermas, Rovatti, Schauer) o di ampia teoria
culturale e simbolica (Huizinga, Fink e Benjamin), fino all'ascesa del gioco come
pilastro della postmodernità (Eco, Barthes, Lyotard); e, al di fuori del campo
umanistico, è fondamentale citare l'enorme sviluppo matematico-economico della teoria
dei giochi (Newman & Morgensten, Nash), il campo psicologico-comportamentale
(Bateson) o l'approccio etologico-evoluzionista (Bruner); mentre l'emergere sociale e
tecnologico dei videogames ha fatto nascere quel settore degli studi culturali che ha il
nome di Game Studies (da Avedon a Bittanti).

Come dicevo, salvo rare eccezioni, la stragrande maggioranza degli studi sul gioco ha
analizzato solo marginalmente le sue meccaniche; perfino lo Strutturalismo non ne ha
condotto analisi generali e sistematiche, nonostante vi riconoscesse dei sistemi di regole
assimilabili nel loro funzionamento ai linguaggi naturali, utilizzando il paragone per
comprendere determinati fenomeni della struttura linguistica; gioco che diviene
metafora costante della lingua (Saussure), esempio per l'articolazione degli elementi dei
linguaggi (Hjelmslev), o rappresentazione immediata della loro forma (Benveniste),
metafora del rapporto tra azioni individuali e regolamenti delle società (Levi-Strauss),
del contratto fondamentale di accettazione delle norme sociali (Greimas, Rastier);
nonostante tutto ciò il gioco non ha trovato nello Strutturalismo, e in particolar modo
nella Semiotica, analisi del funzionamento generale delle proprie regole e delle forme
dell'interazione, che potessero convalidare i paralleli e i paragoni che venivano forniti
dai suoi autori.

Al contrario, questo lavoro ha come obiettivo di studiare dal punto di vista semiotico
l'interazione dei soggetti all'interno di un sistema sociale regolamentato, costituito dalla

8
presenza di leggi, norme, abitudini che regolano l'attività dei singoli e delle collettività;
di definire il rapporto delle scelte e delle azioni degli individui con gli obblighi, le
aspettative e l'orientamento del sistema, di capire come questi ordinamenti vengano
rispettati, messi in discussione o elusi in tutto o in parte, descrivere il funzionamento
generale (interazioni tra diversi tipi di regole), come i soggetti possano inserirsi
all'interno di questo meccanismo e come quest'ultimo possa modificare o indirizzare le
interazioni tra i soggetti al suo interno.

Un obiettivo del genere, a causa della sua generalità, ha bisogno di una prospettiva
attraverso cui muovere i primi passi; per questo motivo, le pagine che seguono nascono
dal proseguimento delle ipotesi di Eco e di altri semiologi: ovvero che i giochi
tradizionali e contemporanei si presentino come un modello minimo di quei sistemi che
si definiscono a partire dalla struttura delle loro regole, e determinano in questo modo le
possibilità e le scelte degli individui che vi partecipano. Uno studio semiotico delle
regole del gioco può così costituire un primo momento di riflessione per l'analisi dei
sistemi regolamentati e l'interazione soggettiva. In questo senso, i giochi costituiscono
un esempio di sistema retto da regole esplicite ed evidenti (non si può giocare senza
conoscerle nelle loro basi), teatro di azioni e scelte in vista del raggiungimento di uno o
più obiettivi (la vittoria, il vantaggio, la soluzione o anche solo il piacere personale) di
verifica delle proprie capacità, di confronto con difficoltà e limiti prestabiliti, o con
l'azione di altri soggetti che mirano agli stessi scopi o mezzi.

Questo lavoro inizia così con alcune domande preliminari, a cui tenterò di rispondere
nel primo capitolo: innanzitutto, cosa intendeva lo strutturalismo sostenendo che vi sono
somiglianze tra gioco e società o cultura? In che senso è possibile parlare di strutture e
di regole comuni ai due? A che livello e da che punto di vista possono essere trattate
queste relazioni? Ripercorrendo i concetti di Gioco, Cultura, Società attraverso le
affermazioni dei teorici dello strutturalismo e della semiotica che hanno sostenuto
legami fondamentali tra queste dimensioni, sarà possibile mostrare come funzioni la
Struttura di un gioco e cosa ne permetta l'analisi semiotica delle regole.

Chiarito ciò, passerò allo studio di alcuni aspetti fondamentali che caratterizzano, a
diversi livelli, i sistemi dei giochi:3 le regole intese come regolamento, gli obiettivi
3 Di giochi si dovrebbe parlare sempre al plurale, come sostenuto in A.Angiolino e B.Siloti (a cura di),
Dizionario dei giochi, Zanichelli, Bologna 2010.

9
prestabiliti e i mezzi concessi ai giocatori, i comportamenti dei partecipanti e le
interazioni tra di loro; ognuno di questi punti sarà trattati all'interno di un capitolo
specifico, dal secondo al quarto, e meritano qualche riga di spiegazione.

Se un primo legame tra società e gioco può essere individuato nella presenza di un
ordine minimo fondamentale, di determinati principi di organizzazione, strutture e
regole esplicite, è necessario innanzitutto capirne il funzionamento ed il legame con gli
aspetti principali di queste pratiche; le regole del gioco non solo determinano le azioni
possibili, gli obblighi e le interdizioni, ma anche gli obiettivi e gli scopi, la durata e lo
spazio, i rapporti tra i giocatori, gli strumenti utilizzati e così via; ma cosa può essere
inteso come “organizzazione” e “regole” all'interno del gioco? Queste regole coincidono
completamente con il regolamento? Cosa significa, per un giocatore, seguire le regole o
meno, e in che modo egli ne è vincolato?

Secondo punto: tra le regole che permettono e determinano i giochi, sono di


fondamentale importanza quelle che stabiliscono il fine ultimo della partita: gli
obiettivi, la conclusione, la vittoria o il termine prestabilito, insieme ai modi, i mezzi e
gli strumenti per raggiungerli. Parlare di vittoria indica innanzitutto i giochi competitivi
(in inglese: games)4 ma in maniera differente i giochi di fantasia o lo svago dell'infanzia
(il cosiddetto play) presentano l'obiettivo di una performance “convincente” o
“soddisfacente”, che passa per un buon utilizzo degli strumenti di gioco (giocattoli,
carte, dadi, pallone, costruzioni, gesti e così via) oltre alle proprie abilità; ci si può
quindi chiedere: come finisce un gioco, e in che modo si vince? In che modo ogni gioco
determina i suoi scopi e i risultati? Come si utilizzano gli strumenti all'interno del gioco
per raggiungere l'obiettivo? È possibile studiare il rapporto tra il fine del gioco e i
mezzi? E come si legano queste azioni alle possibilità permesse o vietate all'interno dei
regolamenti del gioco?

Un terzo punto nell'analisi strutturale dei giochi riguarda il ruolo dei giocatori, il
rapporto complesso tra giocatori e sistema, che presenta non pochi punti di contatto con
l'opposizione tra individuo e società; la forma del gioco e le sue regole costituiscono
una matrice che crea un numero variabile (talvolta estremamente alto) di azioni, in cui il
comportamento dei giocatori può variare l'esito della partita, eppure rimane
4 Sempre in Homo ludens oggi e in I giochi e gli uomini viene effettuata la distinzione tra game e play,
su cui torneremo.

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costantemente un prodotto di queste variabili; qual è il ruolo delle scelte dei giocatori
all'interno di questi sistemi di regole? E come si comportano i giocatori quando
interagiscono tra di loro? In che modo il sistema modifica e indirizza le volontà e le
intenzioni dei soggetti? E i soggetti, in che modo utilizzano le regole per interagire con i
compagni, o i rivali?

L'analisi di questi tre elementi (regole e regolamento, obiettivi e mezzi, interazioni con
il sistema e gli altri giocatori) può essere condotta preliminarmente all'interno della
teoria semiotica, attraverso l'applicazione del Percorso Generativo5 ad una serie di
esempi tratti da differenti giochi tradizionali, per individuare un primo modello di
funzionamento, applicabile ai giochi trattati ma che non pretenda di esaurirne la
complessità, che potrebbe mostrarsi solo in caso di analisi su Testi/giochi6 particolari.

Questa ricognizione, se pur permette di avanzare ulteriori ipotesi sul funzionamento dei
giochi in generale, ma rischia di annullare la distanza tra gli elementi del corpus, e di
risultare una conferma di teorie create a tavolino, o costruite attraverso tagli e scorci
scelti precedentemente A ciò si aggiunge il rischio che, attraverso gli esempi, i giochi
considerati finiscano per sembrare dei meccanismi perfetti, piccoli modelli di chiarezza,
di equilibrio e di funzionalità che al contrario è spesso difficile trovare all'interno dei
sistemi sociali, dei rapporti tra uomini e del perseguimento dei valori e degli obiettivi
umani.

Per verificare l'applicabilità, i limiti e le mancanze dell'analisi attraverso corpora è


quindi preferibile confrontarla costantemente con l'analisi testuale e con una verifica
“sul campo”: per questo motivo l'ultimo capitolo costituisce la messa alla prova delle
riflessioni precedenti su un gioco particolare, il gioco di carte collezionabili Magic The
Gathering (in italiano Magic, l'adunanza).

Questo gioco è stato scelto per le caratteristiche che lo rendono famoso e apprezzato in
tutto il mondo, e che coincidono in buona parte con gli obiettivi che si pone questo

5 Per una descrizione del percorso generativo, vd la voce Generativo, percorso, in A.J.Greimas –
J.Courtes (a cura di), Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, La casa Usher,
Firenze 1986.
6 Per amor di chiarezza, l'uso che si fa del termine Testo in semiotica intende l'oggetto dell'analisi
costruito dall'osservatore, non il testo scritto; il Testo semiotico è il costrutto analitico circoscritto e
fondato dallo sguardo dello studioso. Per osservazioni, vd. la voce Testo, in Semiotica, dizionario
op.cit.

11
lavoro: è considerato particolarmente difficile da apprendere e giocare, a causa del suo
regolamento complesso (o meglio, dei suoi due regolamenti differenti), o per l'altissimo
numero di elementi di gioco (carte) da combinare per costruire il proprio mazzo,
repertorio che varia (a seconda del tipo di torneo) dalle 1.500 alle 13.000 circa; per la
presenza di un regolamento che viene sovrascritto dall'azione delle singole carte in
gioco e dalla loro interazione; per la necessità che il gioco ha avuto, con il tempo, di
creare un sistema di interpretazione delle controversie sulle regole, e un sistema di
arbitrato che interviene durante i tornei ufficiali, entrambi in grado di creare precedente
per i tornei successivi, e così via.

Come si vede, anche solo limitandosi alla “stretta questione” delle regole, senza citare il
loro rapporto con gli obiettivi di gioco e l'interazione tra giocatori, Magic the Gathering
(d'ora in poi, MtG o Magic) costituisce un banco di prova interessante e decisamente più
complesso e “vicino” alle regolamentazioni sociali di quanto molte persone si
aspetterebbero da un semplice gioco. E al tempo stesso, questo gioco ha posto e pone
dei problemi e delle questioni interessanti per la teoria semiotica e per l'analisi dei
giochi come base per lo studio dei sistemi sociali codificati e regolamentati, sottoposti
all'azione individuale e a rapporti intersoggettivi.

Nell'ultimo capitolo, in questo modo, verranno approfondite e verificate alcune


questioni che ad uno sguardo generale non potevano essere affrontate in maniera
adeguata; attraverso l'intreccio di capitoli di teoria generale e analisi testuale è possibile:

- mostrare come le azioni dei giocatori, così come le scelte degli individui in un dato
contesto, non solo operano all'interno di un insieme dato di regole, ma contribuiscono a
modellarlo dall'interno, lo modificano preferendo determinate soluzioni rispetto ad altre,
costruendo gerarchie e divieti, e soprattutto programmando le loro azioni secondo
principi differenti da quelli prestabiliti, sfruttando a loro favore le regole per ottenerne
benefici, modificandole attraverso l'uso e in generale operando cambiamenti del sistema
all'interno o al limitare del sistema stesso.

- analizzare i comportamenti dei giocatori, nel momento in cui questi ultimi non
costituiscono soltanto un modo per vincere la partita, ma fondano al tempo stesso
l'identità e la personalità del singolo all'interno di un sistema di decisioni sociali, in cui
ogni azione corrisponde alla scelta, più o meno libera, di un ruolo in un campo di

12
possibilità, a partire da condizioni date e al tempo stesso costruite, spostando sempre più
l'attenzione sul senso, sulla coerenza delle scelte e sulla loro capacità di contribuire
all'immagine dell'individuo, più che sulla loro efficacia nel gioco.

- evidenziare l'uso degli strumenti di gioco e in generale il modo in cui i mezzi a


disposizione di un giocatore vengono talvolta usati in maniere inizialmente inattese,
combinati tra di loro per ottenere vantaggi non previsti, oppure essere soggetti a
valutazioni incrociate per comprendere quale preferire in quali occasioni, stabilire un
valore relativo e dei principi di scambio, addirittura creare le basi per una economia di
gioco all'interno o all'esterno dell'utilizzo permesso dalle regole, creando talvolta
all'interno del gioco delle risorse “immateriali” da preferire rispetto alle altre, o anche
gestendo accordi interni di spartizione, veto e controllo sulle risorse.

Questo percorso, come forse ho mostrato, si inserisce all'interno di una riflessione a


statuto strutturale e semiotico, in particolare attraverso la lezione greimasiana: la
riflessione sui giochi, nata come metafora costante nelle pagine degli studiosi legati a
doppio filo alla semiotica (Lotman, Levi-Strauss) può a mio avviso essere sviluppata
attraverso l'analisi del funzionamento dei suoi oggetti (le meccaniche del gioco) nella
prospettiva di comprendere determinati fenomeni dell'azione sociale e delle sue
caratteristiche.

Ho in ogni modo cercato, per quanto possibile, di mettere a confronto le diverse visioni
e gli studi delle varie discipline che hanno come tema il gioco, facendoli dialogare
all'interno di un ragionamento di matrice semiotica, pur nei limiti di questo lavoro e
soprattutto partendo dal presupposto dell'eterogeneità delle posizioni sull'argomento,
nell'ambito delle scienze umane. Mi è stato talvolta possibile richiamare alcune teorie
sociologiche o antropologiche applicate al gioco, o determinate questioni su cui la
filosofia ha sempre interrogato il mondo ludico, così come termini e considerazioni
della Teoria dei Giochi. Al contrario, gli obiettivi di questa tesi sono invece
difficilmente conciliabili, ad esempio, con la psicologia dell'apprendimento infantile e
del comportamento ludico, così come non si troveranno in questa tesi convalide o
discussioni di quello che si può definire l'approccio ontologico al gioco,7 una riflessione

7 Per citare un'opera di Eugene Fink, L'oasi del gioco, Raffaello Cortina, Milano 2008, dal sottotitolo
Per un'ontologia del gioco.

13
difficilmente integrabile con un discorso che si vuole a statuto scientifico.8 Infine, non
credo sia possibile conciliare un ragionamento legato alla dimensione sociale dell'uomo
con gli studi sul gioco di matrice biologica e comportamentale, considerato come
funzione comune nel suo essere tra gli uomini e il regno animale.

Purtroppo, a causa della vastità e della complessità dell'argomento, non mi sarà


possibile trattare degli argomenti che al contrario sono direttamente attinenti a questa
ricerca; ad esempio mostrare come le società nel corso della storia abbiano proiettato
all'interno delle pratiche e della creazione di giochi alcuni valori che esse ritenevano
fondamentali, immagini stereotipate delle proprie regole, o abbiano visto nei giochi dei
modelli di conformazione della pratica sociale e così via; allo stesso modo, non sarà
possibile parlare di tutta la complessità che il piano figurativo dei giochi e dei giocattoli
porta con sé, e del legame tra questo piano e quello delle meccaniche ludiche (evidente
soprattutto nell'analisi del visual design dei videogames), così come la questione delle
interfacce di gioco, dell'interazione uomo-macchina (feedback) e della simulazione. 9

La mia speranza è che, nonostante le debolezze o le mancanze, mostri l'utilità di e la


necessità di uno studio rivolto alle dinamiche di gioco, alle sue caratteristiche e ai suoi
meccanismi che preceda e aiuti a chiarire la discussione sulla loro funzione sociale; e
che tutto questo possa fornire dei punti di interesse e di sviluppo per un'analisi semiotica
delle pratiche culturali.

Scrivendo Homo Ludens, Huizinga era certo che il mondo occidentale avesse perso la
capacità di giocare davvero, di prendere il gioco sul serio; mezzo secolo dopo, la
postmodernità afferma che l'uomo è sempre più rinchiuso in un atteggiamento ludico
perenne; oggi, gran parte degli autori di Game Studies sostengono che solo attraverso il
gioco che potremo capire le evoluzioni che ci stanno attorno e i cambiamenti recenti
della società contemporanea. Dall'invasione dei videogiochi su smartphone alla
scomparsa dei Lego tradizionali, dai nuovi simulatori di volo dell'esercito Usa alle
recenti polemiche contro Grand Theft Auto, fino ai centri per disintossicamento da

8 Nell'approccio semiotico ogni riflessione ontologica, in un dato momento storico, è considerabile


come l'immagine che una data collettività crea di se stessa, per descriversi, evidenziare o nascondere
determinati sistemi di valori e principi.
9 Questioni che, a differenza delle altre, hanno trovato spazio in numerosi saggi, tra cui cito solo A.
Meneghelli. Dentro lo schermo. Immersione e interattività nei god games, Unicopli, Milano 2007 e
M. Maietti, Semiotica dei videogiochi, Unicopli, Milano 2004.

14
MMOG o ai nuovi fenomeni di derealizzazione, non sta a me decidere della verità o
meno di queste affermazioni; ma credo che non sia inutile, per le scienze sociali, tentare
innanzitutto di spiegare e di capire (fuor di metafora e di retorica) cosa significa il
gioco, come funzionano le sue regole. È quello che ho tentato di fare in queste pagine.

15
16
I) GIOCHI, STRUTTURE, SOCIETÀ
Considera, ad esempio, i processi che
chiamiamo «giuochi».
Intendo giuochi da scacchiera, giuochi
di carte, giuochi di palla, gare sportive,
e via discorrendo. Che cosa è comune
a tutti questi giuochi? - Non dire:
«Deve esserci qualcosa di comune a
tutti, altrimenti non si chiamerebbero
“giuochi”» - ma guarda se ci sia
qualcosa di comune a tutti.
- Infatti, se li osservi, non vedrai
certamente qualche cosa che sia
comune a tutti, ma vedrai somiglianze,
parentele, e anzi ne vedrai tutta una
serie. [...]
E il risultato di questo esame suona:
vediamo una rete complicata di
somiglianze che si sovrappongono e si
incrociano a vicenda. Somiglianze in
grande e in piccolo.
L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche.10

Le caratteristiche del gioco, play & game.

Per portare avanti un'analisi semiotica delle regole del gioco è necessario, come
abbiamo visto nell'introduzione, innanzitutto circoscrivere il campo di indagine e
definire non solo il nostro oggetto di studio, ma al tempo stesso le problematiche che lo
sguardo semiotico vi proietta, e precisare i termini che sono stati utilizzati nelle pagine
precedenti; infine, stabilire da quali punti di interesse e questioni un'analisi del genere
può partire.

L'obiettivo di questa tesi non è certo dare una definizione univoca del concetto di gioco,
né scrivere l'analisi semiotica completa ed esaustiva del fenomeno ludico; piuttosto
introdurre una definizione iniziale di gioco, che ci servirà come base per l'analisi delle
sue caratteristiche e delle sue strutture, e che ci permetta di evidenziare alcuni paralleli
con il funzionamento semiotico delle società umane e della cultura. Proseguendo, la
definizione dei concetti e delle questioni che appartengono al nostro oggetto ne definirà
al tempo stesso i contorni.

10 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 2009, §66

17
Anche limitandoci all'ultimo secolo, sono state date del gioco numerosissime
definizioni, e uno dei problemi maggiori per il loro studio è sempre stato quello di
riuscire a fornirne dei caratteri che potessero applicarsi a tutto ciò che la gente ha
sempre percepito come gioco; ad aggravare la situazione, le stesse lingue europee
possono presentare una molteplicità di termini, e spesso associano ad essi significati
diversi tra le varie culture,11 generando modi di dire ed espressioni tra di loro
contraddittorie, come già notava Benveniste;12 talvolta usate per indicare la gratuità di
un evento (è tutto un gioco di...) oppure una situazione vincolante (bisogna stare al
gioco), un atteggiamento frivolo (basta giocare) ma anche qualcosa di enormemente
serio (la posta in gioco), che richiede impegno (mettersi in gioco) o sacrificio (il gioco
non vale la candela); talvolta si indica il movimento definito di un meccanismo
circoscritto (il gioco politico), o un comportamento ironico (prendersi gioco); il termine
indica anche l'utilizzo di alcune risorse personali (giocare d'ingegno) e in generale delle
proprie capacità (giocarsela ad armi pari); in francese joue è molto spesso utilizzato per
indicare il grado di libertà limitato di un meccanismo, come quello dei cardini di una
porta, o di un'ancora o degli ingranaggi di un motore; nell'introduzione in parte ho
accennato ai numerosi usi che le “regole del gioco” possono trovare nelle lingue
naturali; senza dimenticare alcune lingue usano il termine per indicare l'esecuzione
musicale (jouer le piano, to play the violin), o per l'atto di recitare (play as a fool) e
molto altro; né i singoli significati sono sovrapponibili nelle varie lingue naturali, che
talvolta dispongono di più di un lemma per indicare caratteri del gioco differenziati: è il
caso inglese di play e game, del greco paignon e athlos, o del latino ludus e jocus

Le connotazioni e i differenti campi semantici delle lingue naturalmente hanno acuito il


problema della definizione del gioco (ed in secondo luogo, una loro classificazione
univoca): è spesso difficile, ad esempio, indicare una linea di demarcazione con il
mondo degli sport (è normale parlare di gioco del calcio o del basket, meno di gioco del
ciclismo o dell'atletica, anche se si dice normalmente giochi olimpici), così come a
lungo si è stati portati a non considerare i giochi d'azzardo dei veri giochi; altre volte la
distinzione tra un'attività ludica e una professione riposa nella sua istituzionalizzazione
(la mimica, la farsa, il travestimento, l'imitazione e la recita sono considerati tali quando

11 Si veda J. Huizinga, Homo Ludens; cap.II, La nozione del gioco nella lingua.
12 Vd E. Benveniste, Il gioco come struttura, in Aut Aut 337. Indagini sul gioco.

18
sono eseguiti da non professionisti, o sul momento), e recentemente anche per i
videogames diventa più difficile chiarire lo statuto di alcune “esperienze multimediali”
particolarmente complesse, dal forte investimento estetico.13

Naturalmente, l'idea che il gioco sia necessariamente “divertente” o che abbia come
obiettivo quello di divertire non è sufficiente a dirimere le questioni; così come gli sport
agonistici sono delle vere e proprie professioni, in cui a divertirsi è il pubblico piuttosto
che gli atleti, così è sempre possibile, a seconda della serietà con cui si prende il gioco,
che quest'ultimo non risulti affatto divertente per i giocatori stessi; infine, l'opposizione
tra “serietà” e “gioco”, contestata già a partire da Huizinga, viene smentita da chiunque
trovi il proprio lavoro appassionante e divertente, e viceversa.

Di tutti questi problemi era ben conscio Roger Caillois, sociologo francese ed esperto in
materia, che nel suo libro I giochi e gli uomini individuò alcune caratteristiche ludiche
in maniera sistematica, incrociando le intuizioni di Huizinga con gli usi europei ed
extraeuropei del termine gioco e con i campi semantici sottesi, provando ad includere in
questa definizione la più grande varietà di giochi possibili, passati e presenti. Caillois
operò rinunciando ad individuare un unico paradigma, ma indicando alcune proprietà
che, a gradi e in modi differenti, permettono di circoscrivere il fenomeno ludico
stabilisce un punto di partenza per una sua analisi; egli ritiene il gioco come un'attività:

1. libera (non si può obbligare qualcuno a giocare senza distruggere il gioco)

2. separata (circoscritta in limiti di spazio e di tempo prestabiliti)

3. incerta (il risultato e lo svolgimento del gioco non può essere previsto
dall'inizio)

4. improduttiva (non crea o distruggere beni, al limite li sposta tra i giocatori)

5. regolata (sottoposta a convenzioni e leggi che sovrascrivono tutte le altre)

6. fittizia (vissuta con la consapevolezza della sua finzione e della sua irrealtà)

Delle caratteristiche appena indicate, la prima da affrontare per un'analisi strutturale del
gioco è anche quella da cui siamo partiti nella nostra introduzione; il gioco è un'attività
13 Si vedano le polemiche che riguardano i giochi di David Cage e il suo team Quantic Dream
(Fahrenheit, Heavy Rain) oppure le opere di Tale of Tales, o oggetti audiovisivi dallo statuto incerto
come Dear Esther.

19
regolata, il gioco è definito dalle stesse regole che lo permettono e termina nel momento
in cui esse vengono messe in discussione o infrante apertamente. In aggiunta, Caillois
dichiara da subito che la natura regolata del gioco si oppone direttamente alla sua natura
fittizia; se un gioco è dotato di regole, convenzioni esplicite, allora tanto meno sarà
fittizio e irreale, lascerà meno spazio all'improvvisazione e alla finzione; mentre i giochi
di impersonificazione, la recita e l'immaginazione infantile sembrano operare nella più
completa libertà, e per questo nascono da un puro atto di finzione; questi ultimi sono i
due poli tra cui oscillano per natura tutti i giochi. 14

Il sociologo francese, in realtà sta qui esplicitando quella distinzione che Umberto Eco,
sempre nell'introduzione ad Homo Ludens, individuava nella presenza in lingua inglese
di due termini complementari ad indicare l'universo del gioco, game e play;

«Nell'inglese Game viene evidenziato l'aspetto di competence, di insieme di regole


conosciute e riconosciute; per il Webster il game è specificamente “an amusement or
sport involving competition under rules”; è il numero di punti richiesto per vincere, ed
è infine anche “schema” o “piano”. Da cui, quando si vuole sottolineare l'intenzione
di studiare le regole e la combinatoria che esse consentono, la Game theory. Game
sono il tennis, il poker, il golf; sistemi di regole, schemi di azione, matrici combinatorie
di mosse possibili. Stare al gioco, ovvero osservare le regole, si traduce “to play the
game”».15

Per la lingua inglese il gioco è bipartito; da una parte la finzione, lo svago libero dei
bambini e le scelte del giocatore; dall'altra il gioco regolato e competitivo, l'ordine
riconosciuto delle regole; da una parte il gioco come attività, dall'altra il gioco come
meccanismo; da una parte lo spirito ludico, dall'altra il suo “corpo”.

Caillois aveva del resto individuato e definito questa opposizione non solo tra
“tipologie” differenti di giochi, ma anche all'interno del gioco stesso:

«il gioco consiste nella necessità di trovare, di inventare immediatamente una risposta
che è libera nei limiti delle regole. Questa libertà del giocatore, questo margine
accordato alla sua azione è essenziale al gioco e spiega in parte il piacere che essa

14 Da un punto di vista semiotico, l'affermazione non è propriamente corretta; i giochi di


immaginazione, di recitazione e di travestimento sono comunque soggetti a regole narrative di
coerenza semantica, nonostante queste generalmente non vengano esplicitate e abbiano uno statuto
meno definito delle regole dei giochi tradizionali (da tavolo, di carte e così via).
15 U. Eco, Homo Ludens oggi, p. xviii

20
suscita».16

Siamo qui perfettamente all'interno dell'espressione francese “jeu de...”, gioco come
meccanismo libero entro determinati confini. Ma il punto fondamentale è un altro:
seguendo la definizione del sociologo siamo di fronte a due livelli o concezioni di
libertà; la prima è quella legata al carattere fittizio dei giochi, libertà inventiva e
immaginativa avversa alle costrizioni, slegata dalle regole e opposta ad esse; la seconda,
quella di cui abbiamo appena parlato, è in realtà un risultato delle regole stesse, essendo
niente altro che il prodotto della combinatoria dello schema del gioco; la sua natura
incerta è quindi un diretto effetto della sua natura regolata – in effetti, siamo più abituati
a dubitare del risultato di una partita di calcio che non a domandarci cosa succederà alle
bambole con cui gioca un bambino.

In realtà la situazione è più complessa: alcuni giochi di mascheramento o finzione,


anche non possedendo delle regole esplicite, non per questo mancano di un principio
d'ordine o, per semplicità, non per questo è possibile eseguire qualsiasi azione in
qualsiasi modo. La stessa finzione è la regola che governa queste attività, una logica
(narrativa) magari chiara soltanto a chi gioca, ma non per questo assente: per un
bambino mimare un adulto o impersonare qualcuno significherà cercare di riprodurre i
gesti (per lui) più importanti, così come chi si traveste generalmente vuole che sia
evidente in cosa si è travestito, e dovrà rendere ben visibili gli elementi che (a suo
avviso) lo identificano; un attore di teatro sa quali sono le condizioni per una
performance “convincente”, e anche se queste cambiano da pubblico a pubblico, da
indicazioni di regia a regia, in base alle tipologie di recitazione o alle opere messe in
scena. Il fatto di non essere messe per iscritto in un regolamento non significa che tali
convenzioni non esistano; e che le regole siano quelle della fantasia, della coerenza
narrativa o della verosimiglianza non le rende meno vincolanti, ma determina sistemi di
vincoli specifici, una coerenza semantica rigorosa e una concatenazione serrata della
narrazione.

É necessario dire, in effetti, che la sovrapponibilità tra le concezioni di Caillois da una


parte, e di Eco dall'altra, è tutt'altro che totale: mentre il primo parla di regole pensando
a qualcosa di scritto, una convenzione, un regolamento, il secondo ne parla come di una

16 R. Caillois, I giochi egli uomini, p. 24

21
combinatoria o uno schema; Eco, parlando di game e di regole del gioco, si sta riferendo
naturalmente ad una concezione strutturale dei giochi e al gioco come dotato di una
struttura.

Il gioco come struttura, forma e combinatoria.

In un breve articolo del 1947 dal titolo eloquente (il gioco come struttura) il semiologo
e linguista Emile Benveniste indicava genericamente molte delle caratteristiche del
gioco che saranno poi esplicitate da Caillois; ma il fondamento del gioco si
concretizzava nel suo carattere formale e regolato:

«Emergono già i tratti principali che contraddistinguono il gioco: il fatto che sia
un’attività che si svolge nel mondo, ma che ignora le condizioni del “reale”, poiché ne
fa deliberatamente astrazione; il fatto che esso “non serva a niente” e si presenti come
un insieme di forme la cui intenzionalità non può essere orientata verso l’utile, ma che
trova il suo fine nella sua realizzazione; infine, il carattere formale e regolato del gioco,
il quale deve svolgersi secondo alcuni limiti e condizioni rigorose, e che costituisce una
totalità chiusa.

[…] La coerenza della sua struttura e la sua finalità interna implicano al contrario un
senso che è come inerente alla sua forma e che è sempre estraneo a qualsiasi finalità
pratica: esso è prodotto dall’arbitrario stesso delle condizioni che lo limitano e
attraverso le quali, passando dall’una all’altra, esso giunge a compimento; il suo essere
è tutto nella convenzione che lo regola.

[…] Nel gioco, le regole non sono nulla prese separatamente, mentre insieme sono
tutto, il che mostra molto bene la loro proprietà strutturante; servono a delimitare il
quadro spaziale e temporale, le “convenzioni”, e nello stesso tempo costituiscono di
per sé l’intero gioco.»17

Le regole del gioco determinano la struttura del gioco, e da questa struttura dipendono i
tratti fondamentali e le differenze tra di essi. Per questo motivo anche il carattere
separato dei giochi, il loro essere circoscritti nello spazio e nel tempo, è una
conseguenza delle regole stesse, della natura di meccanismo mobile, entro certi limiti
prestabiliti, e del suo costituire una totalità chiusa (ma seriale); e la stessa improduttività
del gioco è il risultato della chiusura e della convenzionalità dello schema a cui questo

17 E. Benveniste, Il gioco come struttura.

22
obbedisce, che fa tabula rasa delle regole “esterne” così come di tutto il resto (valori,
beni etc).18

Il gioco quindi è regolato in quanto possiede una struttura, la sua struttura è per certi
versi resa esplicita dalla presenza delle regole del gioco, nella forma dei regolamenti.
Non sorprende che in fondo, prima ancora di Benveniste, lo strutturalismo avesse a
lungo parlato del gioco, anche se mai indagandolo direttamente;19 le ricerche strutturali
in linguistica, fin da subito, cercarono, attraverso costanti paragoni e metafore, di
assimilare la regolarità evidente dei giochi alle regolarità che si andavano via via
individuando nel più complesso sistema delle lingue naturali; il gioco era allora un
mezzo semplificato per mostrare come, a diversi livelli, anche la lingua potesse
funzionare come un meccanismo nel quale erano unite un determinato grado di libertà
all'interno di un sistema di combinazioni (morfologia e sintassi) prestabilite.
Ripercorrere le riflessioni degli autori strutturalisti sul gioco può così fornire ulteriori
punti di partenza per un'analisi semiotica del testo ludico.

Louis Hjelmslev, l'erede della tradizione linguistica strutturale saussuriana, fissava già
con chiarezza un parallelo tra i due:

«possiamo dire che la lingua è costituita alla maniera di un gioco, per esempio, di un
gioco di scacchi o di carte. Gli elementi, sono i pezzi o le carte; allo stesso modo che i
vari giochi, le varie lingue hanno delle regole totalmente o parzialmente diverse.
Queste regole indicano il modo in cui si deve o non si deve servire di elementi, pezzi,
carte ottenute. Essi limitano in una certa misura le possibilità di combinazione, ma,
nella lingua, come nel gioco di scacchi, il numero di combinazioni possibili, di
formazioni dei segni possibili, rimane immenso. Possiamo chiamare struttura di un
gioco l'insieme delle regole che indicano il numero di pezzi esistenti nel gioco e il
modo in cui ogni pezzo può combinarsi con gli altri, e distinguiamo l'uso del gioco
nella stessa maniera in cui la struttura della lingua si distingue dall'uso della lingua.»20

18 Il discorso in realtà è più complesso, e meriterebbe un'analisi più approfondita; sinteticamente, è vero
che il gioco crea (attraverso le sue regole) una soglia con i processi dell'universo semiotico dei
giocatori, determinando una propria economia, una propria etica, una differente concezione dello
spazio e del tempo etc; ma è anche vero che processi semiotici particolari (regolatori della sociabilità
e della fiducia, relazioni interpersonali, talvolta anche denaro e valute “esterne”, senza parlare delle
lingue naturali, delle semiotiche gestuali etc) entrano generalmente nel gioco e interagiscono con
quest'ultimo; il gioco come “cerchio magico”, circoscritto ma in alcuni casi attraversabile.
19 Tutto ciò era stato notato da A.J. Greimas, A proposito del gioco, in Miti e Figure, Progetto Leonardo,
Bologna 1995
20 L. Hjelmslev, Il linguaggio, Einaudi, Torino 1970, pp.66-67

23
Secondo la teoria hjelmsleviana i giochi, in quanto linguaggi, presentano
necessariamente: 1) un piano dell'Espressione e un piano del Contenuto in correlazione
tra di loro; 2) relazioni complesse tra elementi appartenenti all'asse Paradigmatico e a
quello Sintagmatico.21 Qui il linguista mostra come anche il gioco possieda classi
minime di elementi differenti tra loro (paradigma) e combinazioni possibili tra questi
elementi (sintagma); semplificando, i giochi presentano una loro “morfologia” e una
loro “sintassi”. Ciò che indicavamo prima come libertà all'interno di un sistema di
costrizioni, e che Eco chiamava la matrice di gioco, è costituita dal rapporto tra la
funzione sintattica (che permette concatenazioni o successioni di elementi) e la funzione
grammaticale (che restringe tutte le combinazioni alle sole compatibilità possibili); la
struttura del gioco, unione degli elementi e delle regole di combinazione, è così
l'insieme combinatorio di tutte le possibilità previste dal sistema (Hjelmslev lo chiamerà
schema o struttura linguistica), mentre una singola partita, mettendo in gioco solo un
numero limitato delle combinazioni possibili, ne “chiude” le enormi possibilità in una
sola direzione, e può essere definita l'Uso linguistico. Allo stesso modo in cui nessun
individuo può esaurire tutte le possibilità della sua lingua, nessuna partita esaurisce tutte
le combinazioni possibili della combinatoria di un gioco.

In realtà, già a partire dal suo fondatore, F. De Saussure, il parallelo con i giochi (in
particolare con gli scacchi) costituiva un modo di afferrare molteplici aspetti della
lingua; sotto questo punto di vista de Saussure andava ben oltre Hjelmslev, e nel suo
Corso di Linguistica generale i punti nevralgici della teoria strutturalista vengono
spesso esemplificati e sviluppati attraverso l'analisi delle strutture di gioco.

Innanzitutto quando il linguista ginevrino delinea la differenza tra mutamenti esterni ed


interni di una lingua:

«Con la linguistica interna tutto va diversamente. Essa non ammette una disposizione
qualsiasi. La lingua è un sistema che conosce soltanto l'ordine che gli è proprio. Un
confronto col gioco degli scacchi farà capire meglio tutto ciò, poiché in tale caso è
relativamente facile distinguere ciò che è esterno da ciò che è interno: il fatto che il
gioco sia passato dalla Persia in Europa è d'ordine esterno, ed è interno, al contrario,
tutto ciò che concerne il sistema e le regole. Se sostituisco dei pezzi in legno con dei

21 Per una definizione dell'asse paradigmatico e sintagmatico, vd. A.J.Greimas – J.Courtes, Semiotica.
Dizionario.

24
pezzi in avorio il cambiamento è indifferente per il sistema: ma se diminuisce o
aumenta il numero dei pezzi, questo cambiamento investe profondamente la
«grammatica» del gioco. 22[p.33]

In seguito, quando deve spiegare come la classificazione degli elementi minimali, che
abbiamo già visto in Hjelmslev, sia necessaria per l'analisi di un linguaggio:

«Ma, proprio come nel gioco degli scacchi tutto sta nella combinazione dei differenti
pezzi, così la lingua è un sistema basato completamente sull'opposizione delle sue
unità concrete. Non si può evitare di conoscerle, né è possibile fare un passo senza
ricorrere ad esse; e tuttavia la loro delimitazione è un problema tanto delicato che ci si
domanda se esse sono realmente date.» [p.131]

Da questo punto di vista, De Saussure aveva gioco facile a mostrare gli elementi di un
gioco come gli scacchi, mentre la possibilità di ottenere un inventario minimo dei suoni
di una lingua è stata a lungo un problema centrale della linguistica.

Più importante ancora, l'autore del Cours ha utilizzato spesso gli scacchi quando ha
necessità di comprendere il rapporto tra sincronia e diacronia, spiegando come lo studio
scientifico della lingua sia possibile unendo i due paradigmi, permettendo di definirne i
mutamenti storici come mutamenti all'interno di un sistema di variabili e costanti:

«in una parola, la lingua non può essere studiata anche dal punto di vista pancronico?

Senza dubbio. E così poiché si producono e si produrranno sempre mutamenti


fonetici, si può considerare questo fenomeno in generale come uno degli aspetti
costanti del linguaggio: ecco dunque una delle sue leggi. In linguistica, come nel gioco
degli scacchi (v. p. 107 sg.). vi sono regole che sopravvivono a qualsiasi evento. Ma si
tratta di principi generali. esistenti indipendentemente dai fatti concreti; in quanto si
parla di fatti particolari e tangibili, non c'è punto di vista pancronico: Così ad esempio
ogni cambiamento fonetico, quale che sia d'altronde la sua estensione, é limitato a un
tempo e a un territorio determinato; nessuno si produce in tutti i tempi e in tutti i
luoghi; esso non esiste che diacronicamente.» [p.115]

Abbiamo già visto qualcosa di simile parlando del rapporto tra Schema e Uso, e prima
ancora considerando il gioco un insieme di regole per la produzione di un numero
elevato di partite differenti tra di loro. Da una parte costanti, dall'altra cambiamenti

22 La presente e le successive citazioni sono tratte da F. De Saussure, Corso di linguistica generale,


Laterza, Roma-Bari 2005

25
(variabili) all'interno del sistema.

In aggiunta, gli scacchi sono il mezzo migliore per spiegare il concetto di Valore
linguistico; De Saussure dimostra come non siano gli elementi in quanto tali ad essere
importanti in un sistema (un dato pezzo da gioco, una carta) ma la rete di relazioni che
ogni elemento intesse con la struttura nel suo complesso, con la totalità dello schema.
La nozione di valore negativo (ogni elemento significa per ciò che non è, all'interno
della struttura) è indicata attraverso la “posizione” sempre relativa dei pezzi degli
scacchi tra di loro:

«Infine, tutte le nozioni toccate in questo paragrafo non differiscono sostanzialmente


da ciò che altrove si è chiamato valori. Un nuovo paragone con il gioco degli scacchi ce
lo farà comprendere (vd p.107 ss.). Prendiamo il cavallo: da solo è forse un elemento
del gioco? Certo no, poiché nella sua materialità pura, fuori della sua casella e delle
altre condizioni del gioco, non rappresenta niente per il giocatore e diventa elemento
reale e concreto solo quando sia rivestito del suo valore e faccia corpo con esso.
Supponiamo che durante una partita questo pezzo sia per caso distrutto o smarrito: lo
si può sostituire con un altro equivalente? Certo: non soltanto un altro cavallo, ma
anche una figura priva di qualsiasi rassomiglianza con quello sarà dichiarata identica,
purché ad essa si attribuisca lo stesso valore. Si vede dunque che nei sistemi
semiologici, come la lingua, in cui gli elementi si tengono reciprocamente in equilibrio
secondo regole determinate, la nozione di identità si confonde con quelle di valore e
viceversa.» [p.134]

A garantire la struttura del gioco non sono i caratteri individuali degli elementi (la testa
del cavallo, la figura dipinta sulla carta) ma la loro posizione strutturale all'interno di
una rete di relazioni; De Saussure è categorico nell'affermare che l'analisi degli elementi
di gioco deve essere una analisi delle relazioni tra questi elementi, e che l'equilibrio del
gioco (la sua natura incerta) è il risultato di queste relazioni. Perdere una carta di un
mazzo prima dalla partita non cambia l'equilibrio di gioco, se quest'ultima viene
sostituita fisicamente (ad esempio da un jolly), mentre decidere di giocare una partita
senza alcuni pezzi degli scacchi (ad esempio i pedoni) ne cambia completamente gli
equilibri; e si può anche ipotizzare che non si tratti più dello “stesso” gioco. 23

23 Siamo qui di fronte ad un problema di “medesimezza”; nel gioco più che in altri sistemi semiotici,
determinati cambiamenti di regole, anche minimi, possono generare cambiamenti irriconoscibili nel
suo schema, tanto da avere l'impressione di essere di fronte ad un altro gioco; in realtà, non tutti i
cambiamenti alle regole hanno la stessa importanza, e molti giochi presentano delle “varianti” (regole

26
Queste due caratteristiche evidenziate da De Saussure (rapporto tra invarianti e varianti
del gioco; valore di un elemento come relazione con il sistema) diventano fondamentali
per capire come ogni cambiamento di stato (situazione) all'interno del sistema della
lingua (come ogni momento all'interno di una partita di scacchi) anche se modifica solo
dei singoli elementi, a causa della loro natura relazionale e strutturata, ha il risultato di
modificare l'intero sistema dei valori, in maniera più o meno accentuata. I valori quindi
sono contemporaneamente fondati a priori dallo schema linguistico (e del gioco) ma
messi in gioco durante l'uso, nel momento in cui una situazione può ridurre o aumentare
il valore di un elemento:

«Ma di tutti i paragoni che potrebbero immaginarsi, il più dimostrativo è quello che
potrebbe stabilirsi tra il gioco della lingua ed una partita a scacchi. Da una parte e
dall'altra, si è in presenza di un sistema di valori e sì assiste alle loro modificazioni. Una
partita a scacchi è come una realizzazione artificiale di ciò che la lingua ci presenta in
forma naturale.

Vediamo la cosa più da vicino.

Anzitutto uno stato del gioco corrisponde bene a uno stato della lingua. Il valore
rispettivo dei pezzi dipende dalla loro posizione sulla scacchiera, allo stesso modo che
nella lingua ogni termine ha il suo valore per l'opposizione con tutti gli altri termini. In
secondo luogo, il sistema non è che momentaneo; varia da una posizione all'altra. È
vero che i valori dipendono anche e soprattutto da una convenzione immutabile, la
regola del gioco, che esiste prima dell'inizio della partita e persiste dopo ogni mossa.
Questa regola ammessa una volta per tutte esiste anche in materia di lingua: sono i
principi costanti della semiologia.

Infine, per passare da un equilibrio all'altro, o, secondo la nostra terminologia, da una


sincronia all'altra, basta lo spostamento di un solo pezzo; non vi è rimaneggiamento
generale. Noi abbiamo in ciò il corrispondente del fatto diacronico con tutte le sue
particolarità. In effetti:

a) ciascuna mossa di scacchi non mette in movimento che un solo pezzo;


analogamente nella lingua i cambiamenti riguardano soltanto elementi isolati;

b) malgrado questo, la mossa ha incidenza su tutto il Sistema; per il giocatore è


impossibile prevedere esattamente i limiti di questo effetto. I cambiamenti di valori

aggiuntive) pur mantenendo in questo modo la loro identità e il loro equilibrio.

27
che ne risulteranno saranno, secondo l'occorrenza, o nulli o assai gravi oppure di
importanza media. Una certa mossa può rivoluzionare l'insieme della partita e avere
delle conseguenze persino su pezzi momentaneamente fuori causa. Abbiamo appena
visto che accade esattamente lo stesso nella lingua.

c) Lo spostamento di un pezzo è un fatto assolutamente distinto dall'equilibrio


precedente e dall'equilibrio seguente. Il cambiamento avvenuto non appartiene a
nessuno di questi due stati: ora, i soli stati sono importanti.» [pp. 107-108]

Abbiamo qui un altro elemento importante per chiarire il funzionamento del gioco: il
rapporto tra lo Schema e l'Uso non si limita alla chiusura del primo da parte del
secondo; al tempo stesso ogni momento della partita può rimettere in gioco il sistema
dei valori e degli equilibri della partita, fino al limite previsto dalle regole. Qualsiasi
giocatore di scacchi sa che un pedone diventa temibile se attraversa tutta la scacchiera;
così come un giocatore di Scopone scientifico sa che anche le carte più basse diventano
fondamentali se le compagne di valore maggiore non sono più in gioco.

Ecco un secondo elemento fondamentale per un'analisi dei giochi; in quanto sistemi
combinatori di regole, le combinazioni e gli stati risultanti generano equilibri e
variazioni tra le relazioni, i valori degli elementi e le loro trasformazioni. I valori di un
gioco sono appunto quelle relazioni costanti o variabili che gli elementi intrattengono
tra di loro all'interno delle possibilità di combinazione stabilite in precedenza dalle
regole.

Il gioco, la cultura, la semiotica.

I paragoni con la struttura dei giochi sono così serviti a diversi autori dello
strutturalismo per giungere alla spiegazione di fenomeni importanti della teoria e del
funzionamento dei linguaggi stessi.

In realtà, il parallelo con gli scacchi o le carte non è stato utilizzato solo dai linguisti che
hanno continuato il progetto saussuriano, ma dai fondatori della teoria della cultura di
matrice strutturale, dall'antropologia alla semiotica, che hanno fatto riferimento a
meccaniche di gioco o metafore ludiche per poter definire meglio alcuni caratteri delle
culture e delle società.

Claude Levi Strauss, maestro dell'antropologia novecentesca e uno dei maître à penser

28
della semiotica francese, ha utilizzato costantemente questioni e confronti con il gioco
per evidenziare la sua visione del funzionamento dell'esistenza sociale, già a partire
dall'introduzione a Le strutture elementari della parentela:

«Per la loro estensione, le risorse combinatorie dei sistemi crow-omaha richiamano


anche certi giuochi complicati, quali le carte, la dama e gli scacchi, nei quali il numero
delle combinazioni possibili, pur se teoricamente finito, è tuttavia tanto elevato che a
tutti i fini utili, e ponendoci alla scala umana, tutto avviene come se fosse illimitato. In
linea di principio questi giuochi sono indifferenti alla storia, giacché le stesse
configurazioni sincroniche (le distribuzioni) o diacroniche (lo svolgimento delle
partite), potrebbero riapparire, fosse pure dopo migliaia o milioni di millenni, posto
che degli immaginari giocatori vi si applicassero per un tempo sufficientemente lungo.
Tuttavia tali giuochi restano praticamente immersi nel divenire, come risulta dal fatto
che si scrivono libri sulla storia della strategia degli scacchi: anche se è virtualmente
presente ad ogni istante, l'insieme delle combinazioni possibili è tuttavia troppo grande
perché possa attualizzarsi altro che per frammenti e in un periodo di tempo assai
lungo. Analogamente i sistemi crow-omaha ci presentano un compromesso tra la
periodicità delle strutture elementari ed il loro proprio determinismo che rientra nel
campo delle probabilità. Le risorse combinatorie sono tanto vaste che la scelta
individuale conserva sempre, inerente alla struttura, un certo margine.»24 [p. 33]

Troviamo qui questioni che abbiamo già incontrato: il rapporto tra combinatoria e
combinazione, la differenza tra schema e uso, la relazione tra individuo e sistema, la
ricerca di un margine di gioco etc, questa volta applicati all'analisi delle relazioni
matrimoniali delle società, al loro divenire storico; le scelte di unione realizzate dagli
individui sono considerabili come combinazioni possibili di una combinatoria talmente
vasta da sembrare, per il singolo uomo, illimitata; l'individuo conserva sempre un grado
di libertà relativamente ampio all'interno di un sistema di scelte che, nonostante ciò, è
matematicamente finito.

Quando Caillois parlava della natura separata e improduttiva del gioco, queste
caratteristiche derivavano dal fatto che i limiti imposti al gioco sono, naturalmente,
decisamente inferiori, in scala, a quelli della vita umana; ma se ci inseriamo nell'ottica
dell'antropologo e pensiamo a giochi combinatori che superano la scala umana e
riguardano, invece, lo stato delle società, possiamo capire come Levi Strauss paragoni le

24 C. Levi-Strauss, Le strutture elementari della parentela, Feltrinelli, Milano 1984

29
due cose.25

Del resto, la visione levistraussiana della cultura e dalla società è proprio quella di un
fascio di elementi combinatori che, sottoposto a certe regole prestabilite, dà vita alle
varie strutture storiche e al divenire delle società, come dirà in Antropologia strutturale:

«La cultura non consiste esclusivamente in forme di comunicazione ad essa peculiari,


ma anche - e forse soprattutto- in regole applicabili a tutte le specie di «giochi di
comunicazione» sul piano della natura come su quello della cultura.»26 [p. 330]

«Se è permesso sperare che l'antropologia sociale, la scienza economica e la linguistica


si associno un giorno, per fondare una disciplina comune che sarà la scienza della
comunicazione, riconosciamo però che questa scienza consisterà soprattutto in regole.
Tali regole sono indipendenti dalla natura dei partner (individui o gruppi) di cui
presiedono al giuoco. Come dice Von Neumann (op. cit., p. 49): «il giuoco consiste
nell'insieme delle regole che lo descrivono.» Potremo così introdurre altri concetti:
partita, mossa, scelta e strategia.(nota 18)In questo senso, la natura dei giocatori è
indifferente, e conta solo sapere quando un giocatore può scegliere e quando non lo
può. [p.332]

D'altronde, in entrambi i casi, una volta fissate le regole, ogni individuo o gruppo
cerca di giocare il giuoco alla stessa maniera, vale a dire per accrescere i propri
vantaggi a scapito altrui. Sul piano del matrimonio, ciò avverrà ottenendo più donne, o
una sposa più invidiabile, in funzione di criteri estetici, sociali o economici [p.332]

Due sono i punti più interessanti di queste pensiero: innanzitutto le riflessioni di De


Saussure sullo stato e lo sviluppo della lingua sono importate nel campo dei sistemi
culturali delle società e della loro evoluzione. I giochi (quelli sufficientemente
complessi, quantomeno) diventa un piccolo modello delle possibilità di esistenza
sociali; il secondo punto è che questo rapporto tra schema ed uso, costanti e variabili,
proiettato sul piano sociale, si tramuta in rapporto tra le azioni degli individui (o gruppi)
e le possibilità del sistema, tra il “dato” e il “costruito”. E tutto questo si ricollega
all'esistenza di regole (deducibili) che permettono di rappresentare, a partire dall'Uso e
dalle scelte delle società (le combinazioni), una struttura combinatoria che le

25 E al tempo stesso possiamo ricordare certe immagini borghesiane, come La lotteria a Babilonia in
Finzioni, Adelphi, Roma 2003, in cui il gioco supera e sovrasta la durata della vita umana.
26 Questa e le successive citazioni sono tratte da Levi-Strauss, Antropologia strutturale, Il saggiatore,
Milano 2009.

30
sistematizzi e le metta in relazione. In maniera più esplicita:

«prima di tutto l'uomo è simile al giocatore che sedendosi al tavolo prende in mano
carte da gioco che non ha inventato, perché il gioco delle carte è un dato della storia e
della civiltà: inoltre ogni distribuzione delle carte è contingente rispetto ai giocatori ed
è fatta a loro insaputa. Vi sono certe mani di carte che sono subìte, ma che ogni
società/giocatore, interpreta in termini diversi, appartenenti a sistemi che possono
essere comuni o particolari: regole di un gioco oppure regole di una tattica. È evidente
che la stessa mano di carte, giocata da giocatori diversi, darà luogo a una partita
diversa, benché le regole del gioco non consentano di giocare con una qualsiasi mano
una partita qualsiasi.»27 [p.109]

Per Levi Strauss, i comportamenti individuali sono pensabili a partire da quel grande
scacchiere che sono le strutture fondamentali di una società in un dato periodo; di queste
regole e queste combinazioni, l'uomo usa ciò che gli è concesso (le risorse) per scegliere
e portare avanti le proprie azioni, interpretare le regole del sistema cercando tra le sue
maglie di ottenere i vantaggi o la posizione che desidera; crea strategie o si adegua a
quelle degli altri giocatori (individui o gruppi), e le scelte effettuate in un dato periodo
di quella società modificano i valori e lo stato sincronico del sistema; come ogni
giocatore di carte deve cercare di avere una buona mano, o sfruttare al meglio le carte
che possiede per garantirsi la vittoria.

L'analisi della cultura si gioca così nel rapporto tra le possibilità strutturali del sistema
ed il comportamento individuale e le sue scelte; pensare una società come soggetta a
sistemi di regole, anche minimali, a cui i suoi individui si sottomettono pur tuttavia
mantenendo possibilità di scelta e di azione all'interno delle sue maglie, significa
applicare un modello ludico per l'interpretazione del rapporto tra individui e sistemi
sociali, in tutti quei casi in cui siano espliciti i sistemi di regole a cui i primi
obbediscono.

Ora, il richiamo alle regole del gioco sociale, e al rapporto tra individuo e sistema,
costituisce un legame immediato con le teorie portati avanti, nella scuola di Tartu, da
Juri Lotman e Boris Uspenskij, che trovano un immediato riscontro in affermazioni
corrispondenti:

27 C. Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio, Il saggiatore, Milano 2010.

31
«La cultura è dunque un sistema di segni organizzato in un certo modo. Proprio il
momento dell'organizzazione, che si manifesta come una somma di regole, di
restrizioni imposte al sistema, è il connotato che definisce la cultura. Levi Strauss nel
formulare il concetto di Cultura sottolinea che questa inizia là dove vi sono Regole. A
essa, secondo Levi-Strauss, si oppone la Natura...

[...]

Un comportamento naturale non conosce un altro comportamento naturale che gli si


contrapponga come "errato", altrimenti si ha un "comportamento culturale", che
implica necessariamente almeno due possibilità, di cui una sola è “corretta”. Il
“comportamento culturale” non abbraccia mai la totalità dei comportamenti umani
nel settore che esula dai comportamenti naturali. La Cultura si contrappone non solo
alla Natura (nel senso definito sopra), ma anche alla non cultura, a quella sfera cioè che
funzionalmente appartiene alla Cultura, ma non ne adempie le regole.»28 (p.29-30)

Anche per Lotman, come per l'antropologo francese, la cultura esiste solo dove c'è un
principio d'ordine e di regolarità; anche per Lotman è fondamentale per l'esistenza della
cultura il rapporto tra soggetto e regole, e soprattutto, come possiamo vedere dalla
citazione, il rapporto tra le regole presenti in ogni cultura e il comportamento sociale
degli individui; il semiologo prosegue idealmente il ragionamento di Levi-Strauss sul
rapporto tra individuo e sistema:

«Non si deve dimenticare che di fatto per la società esistono non già tutti gli atti di un
individuo ma soltanto quelli ai quali, all’interno di un dato sistema culturale, si
attribuisce un significato sociale. In tal modo la società, chiarendo il senso del
comportamento del singolo, lo semplifica e lo tipicizza conformemente ai propri
codici. Da parte sua l’individuo integra, per così dire, la propria struttura, introiettando
questo punto di vista della società e diventa più “tipico” non solo per l’osservatore
esterno, ma anche per se stesso in quanto soggetto. [p.187]

È vero che Lotman raramente affronta il gioco come oggetto di studio, e anche i saggi
che ne parlano più ampiamente29 hanno in realtà altri obiettivi; a ciò si aggiunga che il
semiologo intende il gioco quasi esclusivamente nel suo aspetto di play, alla stregua di
Huizinga, di cui esalta però il valore fondamentalmente mimetico, di riproduzione delle
28 Questa e la successiva citazione sono tratte da J.M.Lotman, B.Uspenskij, Tipologia della cultura,
Bompiani 1975.
29 J.M. Lotman, Il mondo del riso, in Tesi per una semiotica della cultura, F.Sedda (a cura di), Meltemi,
Roma 2006; oppure idem, La struttura del testo poetico, Mursia, Milano 1990.

32
attività umane “serie”; sostiene che quest'ultimo costituisca un sistema capace di
trasformare la coscienza in azione (ma non, come l'arte e la scienza, un sistema capace
di organizzare la conoscenza stessa).30

Ma torniamo al punto precedente: i modelli di comportamento sociale e il loro studio,


nella prospettiva appena indicata, per il russo sono simili a dei piccoli modelli teatrali,
dove l'azione diventa comportamento riflesso e quindi segno, si carica di senso voluto e
interpretato e si semiotizza: l'analisi del comportamento dei decabristi, o della vita
quotidiana al tempo di Piero I, costituiscono perfetti esempi di eventi “giocati” come
drammi, seguendo una serie di regole ben definite ed estrapolabili dalla logica delle
azioni dei protagonisti; gli attori devono “stare al gioco”, scegliersi un ruolo, fosse
anche quello del regista:

«L’immagine della vita europea si duplicò nel gioco ritualizzato del vivere all’europea.
Il comportamento quotidiano divenne segno del comportamento quotidiano. Il grado
di semiotizzazione, di percezione cosciente, soggettiva, della vita quotidiana come
segno, aumentò nettamente. La vita quotidiana acquistò così le caratteristiche del
teatro.

Fra i tratti fondamentali della vita russa del XVIII secolo è caratteristico il fatto che il
mondo nobiliare guidi la vita-gioco sentendosi sempre sulla scena, mentre il popolo è
indotto a osservare i nobili come se fossero maschere, e a guardare la loro vita dalla
platea.» 31[p. 265]

«Si poteva scegliere fra un comportamento neutro, “naturale” e uno accentuatamente


nobiliare e nello stesso tempo coscientemente teatrale. Pietro I ad esempio preferiva
per se stesso il primo tipo e anche quando prendeva parte alle azioni rituali, si
attribuiva il ruolo di regista, della persona cioè che organizza il gioco, che richiede agli
altri di rispettarne le regole, ma non vi partecipa personalmente.» [p. 267]

«Il colorito stilistico era sottolineato dal fatto che la realizzazione dei vari
comportamenti era il risultato di una scelta. La possibilità di scegliere, di cambiare il
proprio comportamento, era alla base del modo di vivere nobiliare. Il sistema di vita
nel nobile russo era costruito come un albero. Nella seconda metà del XVIII secolo i
nobili, dopo aver ottenuto la libertà di essere in servizio o di rinunciarvi, di vivere in

30 Vedremo nei prossimi capitoli come questa tesi possa essere in parte rettificata.
31 Questa e le sucessive citazioni sono tratte da J.M. Lotman e B.Uspenskij, Tesi per una semiotica
della cultura.

33
Russia o all’estero, continuavano a lottare per aumentare “i rami” di questo albero.» [p.
269]

Che il gioco sia più simile agli scacchi o al teatro (che Caillois considerava più vicino al
carattere fittizio che a quello regolato dei giochi) non toglie che anche per Lotman sia
l'analisi del comportamento dei giocatori, delle loro scelte all'interno di un sistema di
regole predeterminato, che permette di ricostruire lo schema e le leggi della cultura e,
dall'altro lato, di dare senso alle azioni individuali. Anzi, Lotman dimostra
indirettamente come le stesse forme teatrali obbediscano a principi di “consonanza” che
sono, ne più né meno, principi di regolazione del comportamento e dell'azione, la quale
ha acquistato carattere di segno attraverso processi finzionali e narrativi.

Il gioco semiotico, il contratto, il dizionario.

In un brevissimo articolo destinato a Actes Semiotiques,32 dall'eloquente titolo À propos


du jeu, Algirdas Julien Greimas rimarcava già a suo tempo l'interesse di molti linguisti
del novecento per il gioco, e forniva alcuni elementi minimi per un approccio al suo
studio; molte di queste riflessioni le abbiamo già affrontate, anche se attraverso un
percorso meno diretto, e basterà soffermarsi sugli elementi che possono permetterci di
terminare questa ricognizione delle caratteristiche ludiche.

Il semiologo lituano ci ricorda che il gioco è un esercizio di costrizioni e libertà,


soffermandosi su un punto solo apparentemente secondario e precisandolo solo alla fine
dell'articolo:

«Il gioco appare allo stesso tempo come un sistema di costrizioni, formulabili in
regole, e come un esercizio di libertà, come una distrazione. A prima vista tuttavia
questa libertà consiste in un atto puntualmente limitato all'entrata volontaria delle
regole costrittive. L'entrata è libera, ma non I'uscita: il giocatore non può né
abbandonare il gioco, poiché si affloscerebbe, né smettere di obbedire alle regole,
poiché allora barerebbe.»33 [p. 215]

«Qualunque sistema normativo fatto di ingiunzioni, cioè di divieti e di prescrizioni,


comporta le posizioni "vuote" del non-vietato e del non-prescritto, le quali possono
essere sfruttate da soggetti del fare. E in questo senso che si può dire che una struttura

32 Oggi in Miti e figure.


33 A.J. Greimas, A proposito del gioco.

34
"ha del gioco". Fanno forse eccezione, tra I'altro, i sistemi politici che praticano il
binarismo stretto nel quale tutto ciò che non è prescritto è vietato, e inversamente:
l'assenza di gioco equivale allora all'assenza di libertà.» [p. 219]

Innanzitutto l'esistenza delle regole inizia nel momento stesso in cui, per entrarvi, i
partecipanti le accettano, trasformandosi in giocatori; le regole del gioco costituiscono
allora quel contratto minimo, implicito nella stessa scelta di partecipare al gioco, che
non consente (almeno nei games) di uscirne prima della fine, solitamente prestabilita.
Queste costrizioni e questi divieti lasciano sempre un margine di gioco all'azione
personale (come abbiamo già visto) non solo all'interno delle regole, ma anche fuori
dallo specifico esplicito delle prescrizioni. Le azioni dei giocatori non solo sono già
previste dalle esplicite normative (le regole che si fanno regolamento scritto), ma
vivono anche nel “non prescritto” e nel “non vietato”, come vedremo meglio nel
prossimo capitolo: semplificando, vivono tra gli obblighi delle regole e le scelte
disponibili nel gioco.

Del resto, i termini utilizzati da Greimas richiamano direttamente il fondamentale


saggio Interazione delle costrizioni semiotiche,34 il cui titolo originale è (non
casualmente) “Les jeux des contraintes sémiotiques”; è proprio il gioco della struttura
ad essere qui suscettibile di analisi semiotica. A questo punto, mi sembra si stia
chiudendo quel cerchio che, partendo dalla riflessione sulle strutture dei giochi, ha
attraversato la lingua ed è giunto all'analisi dell'universo sociale.

Al di là del richiamo testuale, due elementi collegano i saggi in questione; il primo


possiamo comprenderlo attraverso la voce Costrizioni nel Dizionario ragionato di teoria
del linguaggio:35

Costrizione (contrainte, constraint, coerciòn)

1. Genericamente, si intende per costrizione ogni ostacolo alla libertà subita da un


individuo per effetto della sua partecipazione alla vita sociale. In un senso più ristretto,
si può tentare di definire le costrizioni semiotiche come un insieme di obbligazioni,
volontarie o involontarie, coscienti o inconsce, contratte dall'individuo per effetto della
sua partecipazione a questa o quella pratica* semiotica. In una prospettiva
individualista e volontarista, la costrizione è metaforicamente assimilabile

34 A.J.Greimas, F.Rastier, Interazione delle costrizioni semiotiche, in Del Senso, Bompiani 1974.
35 A.J.Greimas, J.Courtes, Semiotica, dizionario ragionato.

35
all'accettazione delle «regole del gioco»: l'approccio sociologico al linguaggio, nella
tradizione europea che risale a Durkheim, lo definisce litoticamente come un «fatto
sociale».

[…]

3. Nella prospettiva semiotica, conviene forse distinguere due aspetti in questa


nozione di costrizione: l'impegno specifico che caratterizza la partecipazione del
soggetto a una semiotica, e ciò a cui egli si impegna esercitandola. L'impegno
costituisce, in effetti, il presupposto fondamentale della struttura della comunicazione*
inter-individuale: … noi lo consideriamo come contratto* implicito...

I due capoversi chiariscono (e distinguono) quanto presente in forma minima nel breve
articolo precedente; l'accettazione delle regole del gioco sociale, come delle gioco vero
e proprio, implica al tempo stesso i due elementi dell'impegno fiduciario del soggetto e
del contratto di accettazione delle regole tra i soggetti interagenti. Del resto, nella
formula minima “giochiamo a...” è incluso al tempo stesso la richiesta di giocare e
quella di obbedire alle regole che formano quel gioco. 36

Secondo punto: in Iterazione delle costrizioni semiotiche l'approccio all'analisi di


Greimas è in parte differente sia dai suoi lavori teoretici, che da quelli di analisi testuale:
dopo aver descritto la nuova forma del quadrato semiotico (che era già stato presentato
in Semantica strutturale) i due autori iniziano a darne un esempio di investimento di
contenuti, proiettandovi dei sistemi di regolazione delle relazioni sociali, a partire da
quelle sessuali, passando per quelle economiche e per quelle individuali; infine,
esplicitando tutte le possibili combinazioni dei vari campi tra di loro, man mano che
questi vengono inseriti nel modello:

«una combinatoria generalizzata dei termini dei tre sistemi produrrebbe sedici
situazioni possibili per le relazioni sessuali socialmente permesse; ma constateremo
anche che tutte le combinazioni non possono trovarsi ugualmente manifestate. Tale
combinatoria potrebbe, ad esempio, fornire un organon adeguato per la descrizione
delle relazioni interpersonali nel racconto.

[...]

Un produttore di oggetti semiotici qualsiasi, si muove all'interno d'una episteme che si


36 Nel caso ciò non avvenga, come per giochi che presentano molte varianti, è obbligatorio stabilire
prima dell'inizio del gioco a quale variante si giocherà (tipi di poker, di sette e mezzo etc)

36
configura come la risultante della sua propria individualità e della società in cui è
incluso. Egli potrà procedere a delle scelte limitate, le quali comportano, come primo
risultato, l'investimento di contenuti organizzati, vale a dire dotati di valenze
(possibilità di relazioni).»37 [p.156-161]

Ora, Greimas sta in effetti semiotizzando le affermazioni di Levi-Strauss che abbiamo


visto a proposito dei sistemi di comunicazione: verifica le compatibilità e
incompatibilità possibili a partire dallo schema dato, mostrando come già l'incrocio di
tre sistemi presenti un numero molto alto di combinazioni; soprattutto, sostenendo che
un modello del genere, dato dalla combinazione di elementi relazionali, può fornire una
base per la descrizione dei testi-oggetto che sono investiti da quelle relazioni stesse.

Il percorso di “ricostruzione” della struttura di una società non passa (come in altri testi
greimasiani) per l'analisi di un singolo testo e la trascrizione dei suoi sistemi semiotici
locali, ma dalla creazione di un modello che, sulla base di sistemi di relazioni
individuate, possa generare combinazioni virtuali che siano rinvenibili a livello locale
all'interno di una cultura data, e che costituiscano i confini delle operazioni dei soggetti
immersi in quell'universo culturale; un modello che ricorda nuovamente il modello che
definisce i giochi.

Questo modello, semplificando, opera in maniera simile al rapporto che intercorre tra le
regole del gioco e l'insieme delle partite che effettivamente vengono giocate: in questo
senso, il modello-organon è assimilabile alle “regole del gioco delle restrizioni sociali,”
e le partite saranno i vari romanzi (o situazioni) che realizzano una o più combinazione
di queste regole. A questo punto lo studio dei rapporti che intercorrono tra lo Schema
del gioco e il suo Uso diventa un ulteriore argomento da cui partire per un approccio
semiotico al gioco e alle sue regole.

Sviluppi.

Attraverso un rapido tour sul concetto di gioco, cultura e società, è stato possibile
identificare alcuni aspetti attraverso cui impostare l'analisi semiotica dei giochi a partire
dallo studio delle loro regole; al tempo stesso, è stato possibile precisare alcune
affermazioni presentate nell'introduzione in forma generica e non motivate a sufficienza.

37 A.J.Greimas, J.Courtes, Interazione delle costrizioni semiotiche.

37
Come si può vedere, la storia semiotica del gioco è piena di paralleli e analisi
interessanti che sono state solo in parte esplorati, e che ci permettono di fissare alcuni
punti fondamentali nella nostra analisi; da quanto visto finora, le somiglianze e le
differenze tra i giochi possono essere condensate in tre linee direttrici, che ho in parte
anticipato nell'introduzione e che quindi riassumo brevemente:

1. lo studio dei giochi come sistemi costituiti dalle regole che ne permettono
l'esistenza; per quanto minime e implicite, costituiscono un principio di ordine
fondamentale e l'adesione ad esse è il primo contratto che ne permette la
partecipazione. É possibile così studiare le varie accezioni di “regole” attraverso
l'interazione dei livelli del percorso generativo: regole come insieme delle
possibilità combinatorie degli elementi; regole come fasci di relazioni e di
valori; regole come prescrizioni, interdizioni ed il margine di gioco delle azioni
individuali; infine il rapporto tra uno schema prefissato e l'esecuzione di una
partita, e la differenza tra le regole secondo lo sguardo semiotico e le regole in
quanto oggetto-regolamento.

2. Lo studio degli elementi e degli obiettivi dei giochi, attraverso l'analisi dei valori
strutturali creati dalle relazioni e dalle combinazioni degli elementi tra di loro, e
delle loro variazioni durante la partita; lo studio delle risorse di gioco che non si
concretizzano in oggetti (pedine, dadi, giocatori) ma che determinano in maniera
differente l'equilibrio; il rapporto tra i valori apriori dello schema e la loro messa
in gioco durante la partita, l'uso che ne viene fatto; lo studio dell'obiettivo del
gioco, ovvero della sua conclusione (vittoria o sconfitta), dell'equilibrio che la
decide.

3. Lo studio dei rapporti tra le azioni individuali e la struttura del gioco, delle
strategie messe in campo dai giocatori, dei confronti tra i diversi comportamenti
dei soggetti e dell'utilizzo che essi fanno delle regole e degli elementi del gioco.
L'analisi del rapporto che intercorre tra mosse e le variazioni degli equilibri e
degli schemi del gioco, nel caso che i secondi inducano determinati tipi di
comportamenti o viceversa, delle operazioni che si insinuano tra le maglie del
regolamento; il parallelo con la relazione tra individuo e sistema in un
organizzazione sociale, la questione della partecipazione dell'individuo al gioco

38
e del ruolo del giocatore nella sua conclusione.

I prossimi capitoli indagheranno ognuno di questi percorsi, tentando di costruire, a


partire dall'analisi e dalle definizione dell'oggetto “regole del gioco”, il funzionamento
dei giochi come sistemi regolamentati, sottoposti alla scelta individuale e interazione
intersoggettiva, luogo di operazione, mutamento e crescita dei valori e delle regole
stesse che lo compongono.

39
40
II) LE REGOLE
Pensiamo in quali casi diciamo che un
giuoco viene giocato secondo una
determinata regola! La regola può
essere un ausilio nell’insegnamento
del giuoco. É comunicata allo scolaro,
che viene esercitato ad applicarla. -
Oppure è uno strumento del giuoco
stesso. Oppure ancora: Una regola
non trova impiego né
nell’addestramento né nel giuoco
stesso e non è neppure depositata in
un elenco di regole.
S’impara il giuoco osservando come
altri giuocano. Ma noi diciamo che si
giuoca seguendo questa o quest’altra
regola, perché un osservatore può
ricavare queste regole dalla pratica del
giuoco, - come una legge naturale a
cui si conformano le mosse del
giuoco.
L.Wittgenstein, Ricerche filosofiche.38

Nelle pagine precedenti abbiamo intravisto come il termine “regole del gioco” includa
in realtà fenomeni in parte differenti e che, alla luce di una analisi semiotica,
corrispondono a processi appartenenti a diversi elementi della teoria: semplificando,
finora abbiamo incontrato:

1) il paragone tra le regole che permettono la combinatoria di gioco e le regole della


struttura linguistica.

2) le regole dell'interazione tra giocatore e regolamento paragonate all'interazione tra


l'individuo e il sistema delle scelte sociali.

3) il contratto fiduciario che regola l'entrata in gioco e la partecipazione come processo


che permette di “stare al gioco”, partecipare alle regole.

4) la distinzione tra la struttura delle costrizioni semiotiche (le regole di un universo


semantico) e le regole che vengono applicate al suo interno (per distinguere il permesso
dal vietato, e così via) sotto forma di regolamento.

L'obiettivo di questo capitolo è descrivere semioticamente i fenomeni di


regolamentazioni a cui è sottoposto il gioco, e mostrare come il termine regole nasconda
in realtà una pluralità di processi semiotici a tutti i livelli del percorso generativo;
mostrando infine come questi processi richiedano uno studio più attento del sistema
valoriale dei giochi e dei loro livello semionarrativo.

38 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, §54

41
Elementi, combinazioni, schema.

Il primo punto che è stato affrontato è l'assimilazione delle regole alla struttura o
schema linguistico, come abbiamo visto nei paragoni di De Saussure e Hjelmslev; le
regole come definizione degli elementi, delle relazioni tra questi elementi e delle loro
possibilità di combinazione.

É importante chiarire fin da subito che l'analisi del linguaggio di uno o più giochi
corrisponde solo in parte alla sua percezione da parte dei giocatori, così come l'analisi
strutturale delle lingue naturali non coincide con la descrizione che ne danno i parlanti.
La citazione di Hjelmslev dello scorso capitolo potrebbe essere fuorviante in quanto fa
pensare che gli “elementi” di gioco siano solo i pezzi (o le carte, o i segnalini etc); in
realtà la struttura di un gioco si comprende attraverso l'analisi di tutti gli elementi che
compaiono all'interno di gerarchie e relazioni tra di loro, non solo degli elementi fisici
che li rappresentano; mi spiegherò attraverso alcune esemplificazioni, partendo da una
affermazione di Greimas:

«In quanto modello figurativo che ci aiuta a pensare il linguaggio, il gioco degli scacchi
può ricevere una lettura pluri-isotopica. Prima di tutto,evidentemente, si tratta di un
modello che permette di comprendere la natura di un "sistema di segni": ogni figura si
definisce non già per quello che essa è, ma per il suo comportamento che la distingue
da tutte le altre, il segno diventa in questo modo una pura posizione, il luogo di
intersezione dei percorsi. La de-sostanzializzazione dei segni permette allora di
pensare il sistema come una forma.

Poiché ogni figura, d'altra parte, dipende da tutte le altre, ciascuno di questi movimenti
mette in moto il sistema creando un nuovo stato strutturale, fondato su un nuovo
equilibrio provvisorio: il concetto di sistema formale ci porta allora a pensare la storia
come una discontinuità fatta di stati e di trasformazioni.39

Come nella lingua naturale, il gioco degli scacchi presenta, alla sua base, un numero
ridotto e definito di elementi. I pezzi possono essere paragonati alle lettere di un
alfabeto, o all'insieme dei suoni di una lingua; ma innanzitutto essi sono caratterizzati da
proprietà differenti: ad esempio, non tutti si muovono allo stesso modo, e queste
differenze ne esaltano l'appartenenza a classi diverse, così come i fonemi o i grafemi di
39 A.J. Greimas, a proposito del gioco, p. 216

42
un alfabeto possiedono proprietà di combinazione diverse e appartengono a classi
fonologiche differenziate. Ma tra i giochi e i linguaggi naturali vi sono al tempo stesso
numerose differenze; innanzitutto i fonemi di una lingua 1) sono gli unici elementi,
dell'insieme continuo dei suoni umani, a possedere in quel sistema carattere
differenziale, e 2) sono scomponibili in una serie di tratti distintivi, privi di valore
segnico. Hjelmslev sosteneva che i pezzi degli scacchi non possiedono nessuna di
queste due caratteristiche, poiché, in quanto elementi standardizzati di una tassonomia
astratta, apparterrebbero ad un sistema monoplanare, alla stregua dei simboli scientifici,
della rappresentazione delle note musicali e della simbologia delle icone/marchi/loghi.

Un discorso differente vale, ad esempio, per le carte da gioco; ogni carta è il risultato
della composizione di due elementi, vale a dire il seme e il numero, che non possono
esistere se non all'interno di essa (così come i tratti distintivi si aggregano per indicare
uno e un solo suono del sistema). Il sistema creato dall'interazione dei 4 semi con i
numeri e le figure di ogni seme rende conto della natura segnica40 del sistema,
avvicinandosi in questo alla lingua naturale.

Per altri giochi, il parallelo con la lingua funziona a gradi differenti, poiché la struttura
del gioco ed i suoi processi semiotici non sempre sono rappresentati dagli elementi con
cui interagisce direttamente il giocatore: nel Gioco dell'oca, le pedine dei giocatori
hanno un criterio esclusivamente rappresentativo, non distinguendosi per alcun
elemento né essendo possibile commutarli;41 al contrario, le caselle del gioco hanno un
ordine posizionale (dalla casella 1 alla casella 63) e determinate proprietà di
trasformazione legate ad alcune di esse (quelle con l'oca, il ponte, il labirinto e così via);
ad essere raggruppabili in classi e con funzione relazionale sono qui le caselle, per
quanto semplici possano essere i rapporti mentre i segnalini indicano solo quali delle
combinazioni casella+segnalino venga verificata in un dato momento. La somiglianza
strutturale tra giochi e linguaggi può essere più o meno efficace per l'analisi del gioco, a

40 La teoria glossematica distingue i segni dalle figure: solo i primi sono elementi dotati di significato,
mentre i secondi possono solo provocare variazioni di significato attraverso la commutazione. Ad
esempio, nelle lingue naturali, i fonemi o grafemi sono considerabili figure, le parole così composte
segni.
41 La prova di commutazione hjelmsleviana consiste nella variazione di un elemento del piano
dell'espressione, verificando la variazione correlata del piano del contenuto. Nel caso vi sia
variazione, il linguaggio è considerato detto commutabile. Nel caso dei linguaggi naturali, sostituire
la lettera di una parola permette di ottenere parole differenti. (porta > torta > corta etc)

43
seconda delle somiglianze strutturali utilizzate per il paragone, e delle differenze
strutturali del funzionamento dei linguaggi e dei giochi

Un ulteriore precisazione: in realtà la plancia di gioco, soprattutto nel gioco dell'oca, si


sviluppa come parte del progresso del giocatore (ovvero lo stato di avanzamento del suo
Programma Narrativo] e non ha certo in sé funzione segnica; le caselle, da un punto di
vista semiotico, rappresentano le tappe del percorso del segnalino, indicando il
progresso del giocatore verso il suo obiettivo; solo alcune di esse hanno una vera e
propria natura segnica, e possono essere pensabili come antagonisti/ostacoli al percorso
del giocatore; le caselle appartengono così a classi diverse all'interno della struttura di
gioco, alcune con un semplice valore posizionale, mentre altre corrispondenti a
determinate azioni obbligatorie, che avvantaggiano o danneggiano il soggetto nel suo
Programma narrativo (PN).

Uscendo dal settore dei giochi da tavolo, possiamo pensare a giochi d'infanzia come
Guardie e ladri; le classi composte dagli elementi sono qui applicate ai giocatori, sono
in numero limitatissimo (le guardie vs i ladri) e decidono fondamentalmente le azioni
fondamentali del gioco (fuggire/inseguire); mentre nei giochi-sport, possono esserci
divisioni e opposizioni di diversa tipologia tra le classi; le squadre innanzitutto, e i ruoli
dei giocatori.

In un gioco come il calcio, oltre ai calciatori ed i loro ruoli, esistono le divisioni del
campo di gioco, le porte, le linee di demarcazione e così via. Solo alcuni di questi
elementi assomigliano al campionario di elementi di una lingua, ed in questo caso
sarebbe inutile procedere al paragone tra i due. Se osserviamo lo spazio di gioco,
innanzitutto bisogna ricordare che, a differenza della linearità del significante42
saussureano, molti giochi presentano uno spazio topologico articolato, che può
determinare o meno le combinazioni possibili e le azioni dei giocatori. Il campo da
calcio è diviso in due metà campo, le aree di porta, gli angoli e così via, mentre la
scacchiera è divisa in 64 caselle formate dal reticolo di 8 righe e colonne. In entrambi i
casi, mentre la lingua è successione di posizioni, qui siamo in presenza di posizioni
senza successione.43 Nel gioco orientale del Go questo fenomeno è ancora più evidente,
42 Concetto elaborato da De Saussure, sostituito da Hjelmslev con l'idea di successione posizionale, che
rende conto anche di linguaggi diversi dalle lingue naturali.
43 A.J.Greimas, Semiotica figurativa e semiotica plastica, in P. Fabbri e G. Marrone (a cura di),

44
poiché a differenza degli scacchi e del calcio, non vi sono pezzi disposti sul tabellone ad
inizio partita, e l'unico criterio della topologia del gioco è appunto dato dalle relazioni
che possono essere investite in caso di contatto tra le pedine, dopo che sono state
posizionate.

La definizione ingenua di elementi di gioco non riguarda così solo i pezzi; all'interno
del sistema di gioco, ogni elemento al centro di una rete di relazioni e di combinazioni è
parte della struttura. Un'analisi estensiva e generale non può essere effettuata qui; i
pochi spunti che ho fornito servono soltanto per passare ad uno studio delle strutture da
un punto di vista semiotico. Un altro elemento che è importante considerare è il fatto
che non sempre i “pezzi” del gioco sono in numero prestabilito (al contrario delle
classi); oltre al go, anche il semplice tris presenta questo fenomeno (per quanto in
maniera ridotta).

Il numero delle classi (“la morfologia”) può anche essere estremamente ridotto, come
nel già citato guardia e ladri, o nei giochi come dama/tris/othello e così via: tutto in
questi giochi si basa piuttosto sulle proprietà di combinazione degli elementi; in questo
caso, come in alcune lingue artificiali, una morfologia particolarmente limitata (pedine
bianche e nere) viene in qualche modo compensata da una sintagmatica complessa e
strutturata di mosse possibili tra cui scegliere.

Nel gioco degli scacchi, ogni elemento è dotato di proprie regole di movimento, che
possono essere ristrette ulteriormente dalla presenza di altri pezzi in gioco (due pezzi
non possono condividere la stessa casella), o che possono trasformare il significato di
un'azione (raggiungere la casella di un pezzo avversario equivale a mangiarlo); ci si
muove su casella vuota, si mangia un avversario sulla stessa casella.

In un gioco di carte, le combinazioni possibili sono maggiormente limitate, e al tempo


stesso secondo principi differenti; mentre a scacchi tutti e soli i pezzi sono forniti a
ciascun giocatore, nelle carte ogni giocatore riceve soltanto alcuni degli elementi del
mazzo (sarà possibile ritornare su questo punto nel III capitolo); le possibilità di
combinazione sono limitate, durante il proprio turno, alle carte effettivamente in mano
del giocatore. Escludendo lo sviluppo del gioco e i suoi obiettivi, pensando al gioco

Semiotica in nuce, vol. II, Meltemi, Roma 2000, pp.196-210

45
come pura combinatoria, un giocatore può giocare solo le carte della sua mano (ma
alcuni giochi, come Tressette, bisogna giocare sempre lo stesso seme della prima carta
giocata in quel turno). Banale dirlo, nessuna di queste restrizioni sugli elementi riguarda
la lingua (al contrario dei giochi basati sul linguaggio).

Nei giochi linguistici (indovinelli, sciarade, parole crociate etc), le restrizioni della
lingua utilizzata sono ulteriormente ridotte da ulteriori combinazioni obbligatorie,
richiesta di assonanze o consonanze e così via, dovendo costantemente mantenersi
all'interno del vocabolario di quel linguaggio; o le restrizioni possono dipendere dalla
presenza di “parti” di parola già composta (come in Scarabeo o Paroliere), o da
“similarità semantica” di processi di definizione/trascrizione. 44

Nei giochi sportivi, come il basket, le combinazioni possibili dipendono da numerose


variabili: un giocatore può muoversi all'interno del campo da gioco, ma deve palleggiare
se possiede il pallone (non può effettuare più di un passo senza palleggiare), non può
bloccare la palla tra le mani e poi muoversi ancora; in altri sport le combinazioni
permesse restringono ulteriormente le “mosse” dei giocatori; a rugby i passaggi
diventano possibili solo verso dietro; il contatto con i giocatori (placcaggio) è permesso
solo a determinate condizioni; è così via. In altri giochi le combinazioni sono
apparentemente poche, come il golf, in cui teoricamente l'unica mossa possibile è quella
di colpire la pallina con una delle mazze disponibili (tutte le combinazioni si
riconducono a quella di un tipo di mazza + pallina, e del tipo di effetto impresso al
colpo). La posizione della pallina, al limite, può ridurre le possibilità di gioco
richiedendo tiri particolari; in realtà, come a Scala quaranta o Scopone scientifico,
alcuni giochi di abilità presuppongono delle limitazioni tanto maggiore non attraverso la
restrizione delle combinazioni, ma attraverso la capacità di fare un buon gioco, ovvero
di creare combinazioni efficaci nella successione di colpi, carte giocate etc.

Nel capitolo precedente si è osservato come la grammatica di un sistema regolamentato


si caratterizza non solo come l'insieme delle compatibilità tra i suoi elementi, ma anche
attraverso la definizione delle sue incompatibilità o interdizioni: un calciatore che non
sia il portiere, salvo eccezioni, non deve toccare il pallone con le mani; in molti giochi
di carte si è obbligati a giocare una carta durante il proprio turno, ma non se ne deve

44 Ad esempio la scrittura cruciverbista, analizzata in A.J. Greimas, Del senso, Bompiani, Milano 1974.

46
giocarne più di una, e così via.

A ciò si aggiunge che ogni sistema, oltre le combinazioni obbligatorie o interdette,


include combinazioni possibili nelle due forme del non-prescritto (Asse delle
Ingiunzioni) e del non-interdetto (asse delle non-ingiunzioni), che chiameremo Asse
delle Opzioni: seguendo le affermazioni di Greimas e Rastier, l'Asse delle Opzioni è
così legato al “gioco” (movimento libero entro confini) della struttura; è in questo
spazio che si situano le azioni dei giocatori all'interno delle regole, e il gioco esiste solo
nella compresenza di azioni obbligate e scelte; in effetti è difficile immaginare un gioco
costituito soltanto da combinazioni obbligatorie, nel cui caso sarebbe piuttosto
identificabile come un algoritmo, un programma eseguibile semplicemente da una
macchina.

Esistono numerosi esempi del rapporto tra Ingiunzioni e Opzioni, ad esempio a partire
da semplici giochi di carte: a Poker, durante il proprio turno, un giocatore è obbligato ad
avere 5 carte in mano, ma ad un certo punto può cambiarne un numero a sua scelta, per
ottenerne altrettante; l'obbligo di avere 5 carte resta, ma la scelta di quante carte
cambiare, e se cambiarle, spetta a lui; sempre a Poker, un giocatore può decidere di non
entrare mai in gioco, perché presenta mani pessime o perché non vuole rimettere soldi;
in questo caso non è vietato non entrare in gioco, per quanto possa essere reputato un
cattivo comportamento o addirittura un “errore” (vedremo in seguito cosa significa).

Un giocatore di Monopoli deve lanciare il dado ad ogni turno, e muovere la pedina di un


numero di caselle pari al risultato; ma se è in prigione, egli non può muovere, mentre è
autorizzato (ma non obbligato) a lanciare i dadi per vedere se può uscire; in maniera
simile, un giocatore di scacchi sa di essere obbligato a non eseguire nessuna mossa che
possa metterlo in situazione di scacco[non-dover-fare]; mossa non consentita, neanche

47
per errore, dal gioco (si parla a questo proposito di inchiodatura quando l'avversario
riesce a mettere il giocatore in questa situazione), ma nessuno gli vieta di mettere i suoi
pezzi in posizioni in cui verranno sicuramente mangiati [non-dover-non fare], per
quanto possa essere una scelta azzardata o stupida (e questo dipende dai casi), il
giocatore può benissimo farlo; mentre un giocatore di dama è obbligato a mangiare
ogniqualvolta si presenti l'occasione, ma in caso di due pedine contemporaneamente
sotto minaccia, egli può scegliere quale mangiare.

Ancora più importante, ogni gioco decide, attraverso il rapporto tra prescrizioni e
interdizioni (successioni obbligatorie e vietate) il suo sviluppo temporale,45 che si
manifesta in “durate” di mani, tempi, turni e così via: queste divisioni sono innanzitutto
una segmentazione dell'asse del processo, effettuata attraverso ulteriori restrizioni delle
combinazioni possibili; un turno di scacchi è composto da una e una sola mossa per
giocatore, una mano di Briscola da una carta giocata per ogni giocatore, e così via. Se
osservati dalla prospettiva soggettiva può non essere chiaro come queste restrizioni
“determinino” le divisioni sintagmatiche del gioco, dal punto di vista del sistema esse
creano delle combinazioni di “lunghezza” predeterminata, che si ripetono creando degli
intervalli regolari, che determinano la successione dei turni.

Discorso non dissimile per gli sport, come il calcio, in cui il tempo regolamentare (i
minuti) non vale tanto in quanto misura (cronica), ma in quanto limitazione prestabilita
alle possibilità di gioco (le azioni), nel caso in cui la vittoria sia stabilita da un accumulo
di elementi, o da un punteggio. In molti giochi da tavolo, ad esempio, sono possibili due
tipi di vittorie; quella a eliminazione/raggiungimento degli obiettivi e quella di
Vantaggio dopo un tempo determinato (Risiko, Monopoli). La divisione del tempo
interna e i confini temporali della partita obbediscono così a funzioni in parte differenti,
la prima spesso legata alla restrizione delle combinazioni del gioco (alla sua
grammatica), la seconda legata piuttosto alla chiusura del testo e al raggiungimento del
programma narrativo dei soggetti in gioco. Ma anche questo sarà analizzato più
approfonditamente nel prossimo capitolo.

Data la vastità dell'argomento, quelli che ho mostrato sono solo alcuni esempi del

45 É più corretto definire lo sviluppo come Sintagmatica o Processo, per evitare di confondere il tempo
cronico con la struttura dei linguaggi, che può avere uno sviluppo spaziale oltre che temporale.

48
funzionamento linguistico dei giochi in quanto sistemi di regole. Un'analisi estensiva
sarebbe, a questo livello, poco utile, anche perché finora ci siamo limitati ad analizzare
“la grammatica” di gioco, limitando al minimo le riflessioni sulla struttura semantica del
discorso-gioco. Ho insomma sviluppato, seguendo il parallelo tra struttura linguistica e
regole del gioco, riflessioni più propriamente “semiologiche” (sulla natura e sullo stato
sei segni del linguaggio) che “semiotiche” (sui sistemi e sui processi di significazione).
Per passare dallo studio dei segni allo studio del discorso, e mostrare come una struttura
combinatoria si manifesta in un discorso sensato, è necessario introdurre la seconda
accezione di regole che abbiamo individuato.

Il senso in gioco.

Per mostrare il rapporto tra struttura del linguaggio e regole del gioco, è ora possibile
mostrare come questa prima accezione di regole, intese come combinatoria linguistica,
abbia come corollario la produzione di effetti di senso all'interno dei sistemi-giochi,
attraverso un numero minimo di esempi adeguati ed esaurienti.

Prima però, è necessaria una precisazione: come ho accennato prima, Louis Hjelmslev,
nell'identificare una tipologia di sistemi significanti attraverso proprietà che li
definiscono, considerava una distinzione fondamentale tra i sistemi semiotici in senso
stretto (come la lingua), che presentavano commutabilità e non-conformità tra i due
piani dell'espressione e del contenuto; e i sistemi simbolici, che in quanto monoplanari,
presentano conformità tra i due piani e non-commutabilità:46 tra questi linguaggi vi
sarebbero le notazioni matematiche, le notazioni musicali e anche i giochi, a partire
dall'esempio degli scacchi.

Ora, l'idea che i giochi siano sistemi simbolici fa sì che essi non siano sistemi
interpretabili ma sistemi interpretati; in una parola, impedisce l'esistenza di fenomeni
complessi di significazione che non siano già a priori presenti nei segni: la combinatoria
dei segni, insomma, non può produrre combinazioni semantiche differenti dalla “somma
algebrica” prevista.

46 Un linguaggio è commutabile se la variazione di un elemento del piano dell'espressione provoca una


variazione del piano del contenuto; ed è conforme se tale variazione provoca un cambiamento dello
stesso livello nell'altro piano; i linguaggi naturali sono commutabili, ma non conformi, in quanto la
variazione di una figura provoca cambiamenti superiori a livello di contenuto ( colui che fa le torte >
colui che fa le porte).

49
Come per la citazione riguardante gli elementi del linguaggio e dei pezzi della
scacchiera, anche questa seconda affermazione può essere problematizzata: difatti
numerosi giochi nel loro funzionamento sono in tutto e per tutto dei sistemi biplanari, e
possono quindi essere oggetto di analisi semiotica. Innanzitutto, attraverso un testo di
Umberto Eco che affrontava la questione proprio partendo dalla presunta monoplanarità
di musica e scacchi:

«Quanto infine la definizione dei sistemi monoplanari sia aperta a una approfondita
revisione, viene dimostrato dal fatto che Hjelmslev ha classificato tra tali sistemi anche
giochi come gli scacchi. Ora negli scacchi appare evidente che la relazione tra due
pezzi sulla scacchiera non è affatto conforme alla relazione di contenuto che essi
veicolano. Infatti, date due posizioni reciproche, poniamo, tra Regina nera e Alfiere
bianco (nonché la loro correlabilità alla posizione di tutti gli altri pezzi del gioco), il
contenuto espresso da questa relazione è dato da tutte le possibili mosse che ne
possono conseguire, e cioè da una catena di soluzioni alternative e, in una parola,
dall'intero destino strategico del gioco da quel punto in avanti. Si potrebbe dunque dire
che, anche ammesso che un rapporto tra due pezzi DENOTI soltanto se stesso, esso
indubbiamente CONNOTA una intera serie di mosse prevedibili in luogo delle quali sta.
Il che rende il sistema BIPLANARE. Si aggiunga inoltre che un dato pezzo (nella sua
relazione con gli altri) connota possibilità diverse per ciascuno dei due giocatori, così che
abbiamo una vera e propria funzione segnica, o meglio un solo elemento
dell'espressione che intrattiene due funzioni segniche diverse.»47

Possiamo aggiungere un'ulteriore precisazione, seguendo direttamente il pensiero


Hjelmsleviano, senza chiamare in causa, come Eco, i concetti di Denotazione e
Connotazione;48 è vero che all'interno della classe degli scacchi nessun elemento
[figura] di un pezzo può essere sostituito ottenendo un altro pezzo (prerogativa dei
sistemi simbolici); ma già in un mazzo di carte la sostituzione di uno degli elementi-
figure (seme, numero) produce un cambiamento a livello segnico sul piano del
contenuto, differente a seconda del valore dei punti nei diversi giochi. In più, per la
corretta applicazione del ragionamento del linguista bisogna ricordare che come per la
lingua è attraverso il cambiamento di una figura all'interno dell'enunciato che si provoca
il cambiamento di rango superiore per il piano del contenuto, così anche l'esempio degli

47 U. Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p.129


48 Che il semiologo utilizza in maniera non conforme alla tesi del Danese.

50
scacchi dovrebbe essere estrapolato da una combinazione degli elementi su scacchiera;
possiamo così vedere che:

A B

Nella prima delle due situazioni (la mossa sta al nero) la sostituzione di un pezzo con un
altro provoca il cambiamento di senso della partita; in A i bianchi hanno dato matto, in
B i bianchi stanno per ricevere scacco, con un rovesciamento quasi speculare; tutto
dovuto alla commutazione di un singolo pezzo. Ora, seguendo la teoria del linguista, il
pezzo degli scacchi non è una figura, il che potrebbe invalidare l'affermazione; 49 ma
possiamo immaginare la stessa situazione durante una partita di carte qualsiasi.

La sostituzione del seme o del numero di una carta, in questo caso, può provocare la
vittoria o la sconfitta in una mano: se sostituiamo, ad esempio a Poker, il seme di una
delle carte che compongono il Colore di un giocatore, abbiamo modificato una figura da
un lato, ma la combinatoria del turno che ne consegue ha un senso completamente
diverso da quello precedente. Entrambe le ipotesi chiariscono l'affermazione del
semiologo, indipendentemente dall'uso di concetti che ci potrebbero sviare, come
connotazione e denotazione utilizzati per indicare le possibili combinazioni dei pezzi
sulla scacchiera. Tornerò su questi problemi parlando dell'equilibrio di gioco, nel
prossimo capitolo.

49 Per Hjelmslev, la commutazione deve applicarsi tra figure del piano dell'espressione, avendo come
risultato il cambiamento dei segni sul piano del contenuto, avendo come risultato la non conformità
del linguaggio.

51
Non è difficile, a questo punto, mostrare come l'analisi di combinazioni di gioco renda
esplicita l'esistenza di categorie semantiche semplici e complesse, a partire naturalmente
dalla categoria astratta del risultato, inizio e fine di ogni gioco. A livello semionarrativo,
come è evidente, ogni partita trasforma la combinatoria di gioco (il suo schema) in un
Programma Narrativo (PN) orientato, in cui i giocatori si impegnano ad ottenere la
vittoria e ad evitare la sconfitta: la trasformazione dei valori linguistici in valori
semiotici (congiunzione con l'Oggetto-di-Valore Vittoria) inizia così dallo schema che
rappresenta l'intensione del Soggetto:

Questo quadrato semiotico fondamentale mette in gioco non solo l'opposizione


vittoria/sconfitta, ma anche quella vantaggio/svantaggio, che si manifesta sia a livello
delle mosse e delle azioni dei giocatori (una mano vinta, un pezzo mangiato, due caselle
oltrepassate) che a livello di elementi di gioco (superiorità di pezzi mangiati, a dama)
oppure a livello di virtualità possibili durante il gioco (una situazione di controllo della
scacchiera, ad esempio); opposizione che in più “prelude”, anticipa e rappresenta
litoticamente durante il gioco la categoria del Risultato. In aggiunta a questo, il gioco
degli scacchi sviluppa isotopie dei rapporti tra i pezzi (minacciare vs essere
minacciato), del dominio sullo spazio (occupare vs abbandonare), dell'atteggiamento
durante la partita (offensivo vs difensivo, attacco vs difesa) e così via; tutte queste
categorie sono proiezioni di categorie del Vantaggio, del valore e dell'equilibrio di
gioco, in sintesi dei rapporti di forza tra gli elementi, discorso che riaffronteremo nel
secondo capitolo.

Allo stesso tempo il senso percorre e si appropria semanticamente dello spazio e del
campo da gioco, che inizialmente era delimitato solo dalla divisione in righe e e

52
colonne; dividendolo nell'opposizione centro vs periferia, dominante vs dominato,
scoperto vs controllato, il sistema sostituisce uno spazio esclusivamente liscio, la cui
tassonomia era solo posizionale, ad uno spazio striato,50 attraversato dai processi di
significazione proiettati dai giocatori e dal sistema; allo stesso modo il tempo di gioco,
cronico o meno, viene suddiviso in fasi di gioco che non corrispondono necessariamente
alla scansione dei turni, ma obbediscono a regole differenti: si pensi alla triade
scacchistica di apertura/sviluppo/conclusione; al modo in cui gli effetti passionali
deformano lo scorrere del tempo (ad esempio nel calcio), o al modo in cui l'esaurimento
delle risorse di gioco (ad esempio le fiches del poker) ne indica il trascorrere.

Altrettanto importanti sono una serie di categorie assiologiche che vengono messe in
campo per distinguere il comportamento corretto da quello sbagliato, per distinguere
l'errore dalla bravura, senza dimenticare l'esistenza delle categorie timiche e passionali
(euforia/disforia, speranza/illusione); senza di esse, non si potrebbe pensare nessun
giudizio sull'azione propria e dell'avversario (vedremo nel III capitolo la struttura del
comportamento strategico) né si avrebbe modo di distinguere, attraverso la sola
combinatoria, i principi che distinguono una mossa corretta da un errore madornale, o il
giudizio sul lavoro di gruppo nei giochi a squadre. Ma non solo: le categorie
assiologiche determinano la trasformazione e la sanzione delle azioni Interdette
(impossibilità della combinatoria che, per vari motivi, vengono eseguite dai giocatori) in
azioni “scorrette”, in “imbrogli” o “errori”, ed i giocatori in Bari, Incapaci, Ingenui e
così via.

Naturalmente, non è possibile un elenco esaustivo dei processi e delle categorie


semantiche che entrano in gioco in una partita di scacchi; l'obiettivo riguardava invece
la necessità di mostrare come i processi di significazione siano una proprietà di tutto il
sistema-gioco, e orientino la struttura della partita che, senza di essi, si ridurrebbe ad un
mero algoritmo combinatorio; ogni gioco è così costantemente, durante il suo sviluppo,
intessuto di isotopie51 legate a queste e ad altre categorie fondamentali, che attraversano

50 Stiamo utilizzando qui la terminologia di Deleuze; semioticamente, è necessario rimarcare che ogni
spazio, all'interno di una tassonomia, è comunque semiotizzato, anche solo attraverso un ordine
posizionale (relatività pura); questo spazio poi può essere investito di contenuti che attraversano
quelli della singola casella, ed anche una griglia (come quella degli scacchi) è un sistema di “lettura”
minima dello spazio. La distinzione è che questa griglia conferisce carattere individuale alle singole
caselle solo in quanto differenza posizionale.
51 L'isotopia è «un fascio di categorie semantiche ridondanti, soggiacenti al discorso considerato»

53
i processi di trasformazione e combinazione della struttura di gioco; già in Interazione
delle costrizioni semiotiche, il rapporto tra soggetto e sistema non era rappresentata nei
termini unici di una combinatoria possibile, quanto della partecipazione soggettiva
all'universo semiotico codificato, ovvero regolato, anche attraverso le sue trasgressioni.
Le categorie delle relazioni (economiche, sessuali, individuali) determinano posizioni
ammesse, interdette o possibili, ma sempre all'interno del sistema e della partecipazione
(prestabilita) dell'individuo a quest'ultimo; la struttura dell'universo semantico definisce
al tempo stesso non solo gli obblighi, ma anche le interdizioni e le scelte dei giocatori,
che possono essere “individuati” proprio perché, anche trasgredendo il contratto
fondamentale del gioco (non stando al gioco), finiscono per conferirgli valore; il che ci
riporta alla questione del contratto di partecipazione all'universo semiotico.

Il contratto, l'ingresso e il giudizio

Abbiamo visto nel capitolo precedente come la partecipazione alle “regole del gioco”
(le costrizioni semiotiche) sia costituita al tempo stesso dall'impegno del soggetto verso
l'accettazione delle restrizioni sociali, e dalla sottoscrizione (implicita) di un contratto
che dà corpo a queste restrizioni; abbiamo appena visto, inoltre, che queste costrizioni
incarnano l'orizzonte di senso al cui interno si muovono i partecipanti all'universo
semiotico di riferimento (il nostro gioco), e che il campo delle possibilità dell'individuo
nei confronti delle semiotiche costruite contiene al suo interno, oltre le ingiunzioni e le
interdizioni (categoria delle Prescrizioni) anche le varianti delle non-ingiunzioni e delle
non-interdizioni (categoria delle Non-prescrizioni, le Opzioni di gioco). Torniamo al
punto da cui eravamo partiti:

Costrizione

.... In un senso più ristretto, si può tentare di definire le costrizioni semiotiche come
un insieme di obbligazioni, volontarie o involontarie, coscienti o inconsce, contratte
dall'individuo per effetto della sua partecipazione a questa o quella pratica* semiotica.
In una prospettiva individualista e volontarista, la costrizione è metaforicamente
assimilabile all'accettazione delle «regole del gioco»: ...

2. Se la partecipazione contrattuale dell'individuo all'esercizio delle semiotiche

A.J.Greimas, Del senso, p.10 ss

54
costruite (come i linguaggi documentari o i giochi collettivi) non sembra -almeno in
apparenza- far problema, non è lo stesso quando si tratta di precisare le sue relazioni
con le semiotiche naturali*; senza porsi la questione del carattere innato o acquisito
delle strutture semiotiche di base... è giocoforza riconoscere che l'uomo «entra nella
lingua» e che vi si trova inscritto senza poterne uscire (tutte le contestazioni liberatorie
immaginabili si svolgono necessariamente nel quadro di queste costrizioni). Dal punto
di vista modale*, si può dire di conseguenza che le costrizioni semiotiche non rilevano
né del voler-fare, né del dover-fare del soggetto, ma piuttosto di un dover-voler-essere.

3. Nella prospettiva semiotica, conviene forse distinguere due aspetti in questa


nozione di costrizione: l'impegno specifico che caratterizza la partecipazione del
soggetto a una semiotica, e ciò a cui egli si impegna esercitandola. L'impegno
costituisce, in effetti, il presupposto fondamentale della struttura della comunicazione*
inter-individuale: … noi lo consideriamo come contratto* implicito, pensando che una
tipologia di relazioni intersoggettive -che va delle strutture* contrattuali “benevole”
alle strutture polemiche- dovrebbe introdurre progressivamente nella comprensione di
questo rapporto “da uomo a uomo”.52

Si fa qui riferimento alle modalità del livello Semionarrativo del percorso generativo, e
più specificatamente al Fare Cognitivo che lega il Destinante al Soggetto, e che,
applicato al gioco e integrato con quanto ricordato precedentemente, intreccia così due
percorsi:

1) da una parte l'impegno-costrizione, che si attua in un dover-voler-essere da parte del


soggetto nei confronti del Destinante dell'universo semiotico (il gioco). Questo impegno
al riconoscimento dell'esistenza semiotica del gioco è al tempo stesso un riconoscimento
della sua esistenza e della sua “sensatezza” da parte del soggetto. Per esplicitarlo,
l'immagine più efficace è quella di qualcuno che si rifiuti di giocare non per mancanza
di voglia o tempo, ma perché ritiene che il gioco non abbia senso. Al contrario, ogni
giocatore, anche alla sua prima partita, non solo apprezza o desidera giocare, ma
innanzitutto considera “sensato” il gioco stesso.

2) Il secondo percorso è quello che riguarda il Contratto-manipolazione, che modalizza


il Destinante innanzitutto attraverso il far-fare della manipolazione, e il soggetto nelle
varie modalità del Fare, a seconda del suo statuto. Questo percorso riguarda da una parte

52 A.J.Greimas, J.Courtes, Semiotica, dizionario ragionato.

55
la seduzione manipolativa (giocare è interessante, giocare è divertente, la partecipazione
al gioco è l'oggetto di valore del PN del soggetto), ma soprattutto la manipolazione
pragmatica del Far-fare, ovvero del far giocare; e per il giocatore, la partecipazione al
gioco (il suo Fare) è vincolata dall'adesione e dal rispetto delle regole.

La manipolazione del Destinante nel secondo percorso è così effettuata generalmente


sia attraverso la dimensione pragmatica (far-fare) che attraverso la dimensione cognitiva
(far-volere/sapere/dovere); ora, se quello che abbiamo detto a proposito della natura
libera del gioco è vero, è evidente che il contratto accettato dal soggetto-giocatore è
piuttosto modalizzato dal Volere che dal Dovere (il Sapere è piuttosto messo in gioco
nella forma della conoscenza delle regole stesse, o attraverso il suo apprendimento via
regolamento).

Avremo così, rappresentato, l'intreccio dei due percorsi:

D1. (Far-Dover-Voler-Essere) → S1 (Dover-Voler-Essere?)

&

D2. (Far Fare) → S2(Fare)

D2. (Far-Volere) → S2 (Voler-Fare)

Lo scarto tra i due percorsi rende conto delle differenze di atteggiamenti a priori
ipotizzabili nell'ingresso al gioco, e alle due “concezioni” di regole che abbiamo appena
visto: il percorso tradizionale della manipolazione fa sì che il giocatore (l'attore soggetto
all'incrocio dei due percorsi attanziali appena individuati) sia modellizzato secondo il
Voler-Fare e il Fare al rispetto delle regole come struttura di gioco (quindi come
combinatoria etc); l'impegno alla partecipazione alla semiotica costruita (il gioco) rende
conto di un dover-voler-essere relativo alle regole come costrizioni semiotiche, ovvero
come universo di gioco orientato dal senso delle azioni, e in quanto tale sensato e
“vivibile”. Si rispettano le regole perché esse hanno un senso (Percorso 2 > Percorso 1),
e queste ultime acquisiscono senso nell'essere rispettate (Percorso 1 > Percorso 2).

56
Questa distinzione può sembrare puntigliosa, ma in realtà rende conto di alcuni
fenomeni importanti nell'atteggiamento dei giocatori, e soprattutto di alcune differenze
del loro comportamento pensabili prima dell'ingresso nel gioco. Se infatti immaginiamo
le diverse “risposte” (il Fare Interpretativo) che il Soggetto mette in campo nei due
processi di Manipolazione non siano tra loro correlate, possiamo ipotizzare che esistano
soggetti che rispondono positivamente all'una ma non all'altra, e creare il seguente
combinazione:

1) S = Voler-fare + Fare & Dover-voler-essere → “giocatore modello”

2) S = Voler-non-fare + Fare & Dover-voler-essere → baro

3) S = Voler-fare + Fare & Dover-voler-non-essere → guastafeste

4) S = Voler-non-fare +non-Fare & Dover-voler-non-essere → disinteressato

Vediamo meglio: il primo soggetto è legato alla volontà di giocare (secondo le regole
intese come struttura) e di impegnarsi a credere nell'universo semantico-sociale del
gioco (secondo le prescrizioni sistemiche del gioco, il suo “senso”); è quindi il giocatore
ideale, che rispetta le regole sia “formalmente” (non imbroglia o bara) sia
“sostanzialmente” (compie solo le azioni permesse e in generale si attiene alle attese
implicite dell'universo di gioco).

Il secondo giocatore invece sente l'impegno verso il senso del gioco come sistema
sociale, con il suo orizzonte di senso, ma non quello verso le regole come matrice
combinatoria; egli è quindi interessato a parteciparvi, ma non secondo la struttura
prestabilita, comportandosi in effetti come un baro (rianalizzeremo la questione in
seguito); il baro persegue gli stessi obiettivi degli altri giocatori, e dal punto di vista
dell'universo semantico di gioco egli è tutt'altro che un ribelle; l'esistenza di questo
universo è per lui fondamentale, altrimenti non vi sarebbe gioco. Ma non è
assolutamente vincolato all'esistenza del gioco in quanto regolamento, e per questo può
sentirsi in dovere di violarlo: facendo questo, però, ha ben cura di non farsi scoprire,
perché sa che l'equilibrio delle regole di gioco è un elemento presupposto dal gioco
competitivo, in questo caso condiviso tra i giocatori (vedremo nel III capitolo).

57
Il terzo soggetto, al contrario del baro, vuole comportarsi secondo la struttura
combinatoria, ma non vede in essa nessuna necessità o “sensatezza”; può quindi seguire
“formalmente” il gioco senza però rispettarne il senso. Non gioca, o se gioca, lo fa senza
nessun senso o convinzione, come un calciatore che passi la palla indistintamente agli
avversari o ai compagni, come un giocatore di Poker che cambi le carte a caso; egli non
viola le regole-struttura, ma nega le strutture di senso e le convenzioni che quelle regole
portano avanti. Questo giocatore è in genere più odiato del baro (che rispetta
formalmente l'universo sociale di gioco, ma non il funzionamento) ed è probabilmente
colui che mette fine al gioco prima della sua fine, perché la mancanza di senso del
dovere nei confronti degli altri giocatori è il corollario della mancanza di attesa di senso
nel sistema.

Infine, il giocatore disinteressato, che in realtà è un non-giocatore, poiché non partecipa


al gioco in nessun modo, non è interessato al suo universo assiologico, né si sente
vincolato alle sue regole strutturali.

Non è ancora possibile passare ad una analisi approfondita del rapporto tra il giocatore e
il sistema, né aggiungere un terzo contratto che riguarda i rapporti di fiducia tra i
giocatori; interessa semplicemente notare come lo spazio di gioco include al suo interno
anche alcune impossibilità esplicite del sistema, ed include anche chi gioca secondo
queste impossibilità, ma su piani differenti. Violare le regole, o “non stare alle regole”,
ha dei significati differenti a seconda del piano su cui ci stiamo ponendo, e indica spesso
qualcosa di ben diverso dal semplice baro.

Tutto questo può essere esemplificato attraverso un corollario dell'adesione all'universo


di gioco, che è spesso implicito nella partecipazione dell'individuo a una struttura
sociale: il contratto, inteso come struttura della manipolazione, è al livello minimo un
fare comunicativo e, come tale, presenta determinate caratteristiche all'interno della
struttura della comunicazione standard.

Una volta accettato il contratto implicito, l'ingresso nel gioco passa necessariamente per
il rispetto di alcuni elementi che rappresentano, più che le regole di gioco, la funzione
fatica del linguaggio, una sua pragmatica: la circoscrizione nello spazio e nel tempo.

Queste circoscrizioni non sono da considerare alla stregua delle divisione in turni del

58
gioco, o della divisione delle aree di gioco (che abbiamo già visto essere parte della
struttura), ma sono contemporaneamente i mezzi di “ingresso” al gioco e i mezzi del
mantenimento del suo linguaggio; essi presentano talvolta uno statuto incerto fin
quando non vengono istituzionalizzati (ad esempio negli sport dotati di campionati) e
diventano allora parte del regolamento, anche se solo in poche occasioni influenzano la
sua struttura e i suoi equilibri.

Qualche esempio: in una partita di carte, sedersi tutti allo stesso tavolo, terminare la
partita solo quando il risultato è evidente, sono esplicite manifestazioni del
mantenimento dei rapporti e della struttura comunicativa-fiduciaria del gioco (tra i
giocatori, e di ogni giocatore con il sistema); la durata massima del gioco, oltre ad una
questione di equilibrio, deve mantenere la distinzione con un “di fuori” in cui le regole
del gioco (come contratto sociale) non valgono più; le violazioni a queste regole
possono essere dovute a situazioni particolari dei giocatori, a una fiducia maggiore o
minore, o ad una impossibilità di giocare se non in contesti “non adatti”, ma sono
comunque violazioni inferiori rispetto a quelle della struttura di gioco, che provocano
dei fenomeni di “rumore” nel processo comunicativo, ma non violazioni delle regole. A
meno che il gioco non riceva una “istituzionalizzazione” (creazione di tornei, società
sportive, gare ufficiali etc), che spesso provoca l'espansione della giurisdizione e del
regolamento anche a settori che prima non entravano direttamente nelle regole-struttura
o nelle regole-contratto.

Mentre nel gioco degli scacchi il numero di caselle della scacchiera influenza gli
equilibri del gioco (vedremo nel prossimo capitolo), ed è collegato al numero di pezzi e
all'ampiezza del loro movimento, la misura in metri del campo da calcio regolamentare
è “prestabilita”, ma solo grandi variazioni possono cambiare l'equilibrio del gioco (ad
esempio, nel caso che sia possibile tirare direttamente in porta da centrocampo); molto
più importanti sono invece le variazioni, anche minime, dei rapporti tra le aree del
campo, che invece sono fondamentali; mentre in altri giochi, in cui lo spazio ha solo
funzione segmentata, ed eventualmente unidirezionale (come il gioco dell'oca) la
grandezza della tavola da gioco, o di una casella rispetto alle altre, non lo è. Deve solo
mantenersi entro certi limiti per rendere “comoda” e “possibile” la comunicazione.

Allo stesso modo, stabilire una durata del gioco in minuti, non è tanto importante in

59
quanto durata effettiva (tempo cronico), ma in quanto possibilità di limitare lo sviluppo
di gioco, a seconda dell'effetto e della variazione del “ritmo” di gioco. Ancora una volta
vediamo che, per quanto una mossa di scacchi non richieda un tempo massimo, nei
tornei istituzionalizzati l'orologio degli scacchi fa sì che il tempo cronico entri in gioco
come variabile della partita, come elemento.

Considerando la loro funzione “fàtica”, invece, questi elementi devono mantenere la


tensione e il gioco costante, contribuendo alla sua chiusura nello spazio e nel tempo;
proprio per questo alcuni di questi elementi sono più soggetti a variabilità, all'interno
delle regole del gioco (ovvero del regolamento), oppure non sono affatto prescritti:
nessun gioco di carte precisa le dimensioni della tavola (per quanto possa essere
scomodo giocare in treno, o in spiaggia etc), né esiste una dimensione minima per la
scacchiera (oltre la ragionevole dimensione dei pezzi per essere mossi senza problemi).
Ma il mancato rispetto di queste convenzioni può produrre un giudizio negativo da parte
degli altri giocatori, che definiranno il soggetto poco interessato, poco attento, o
addirittura incapace di giocare: incapace di stare alle “regole del gioco” (qui
nell'accezione del contratto di gioco), e quindi prossimo ad essere considerato un
guastafeste.

Ho però qui introdotto un altro tema che finora non è stato considerato sufficientemente,
e che riveste tuttavia una ulteriore accezione di regole, almeno a livello del rapporto dei
giocatori con il sistema: le regole e la funzione del regolamento. Prima di affrontarlo è
però necessario concludere il percorso cognitivo aperto dalla manipolazione.

Alla Manipolazione, che consiste nel rapporto tra il soggetto e il destinante-sistema,


corrisponde naturalmente il momento della Competenza (il saper-fare) e della
Performance (far-essere), di cui ci occuperemo direttamente nei prossimi capitoli;
mentre il Destinante è nuovamente chiamato in causa nel processo della Sanzione.

Se abbiamo definito prima la Manipolazione come il contratto implicito secondo cui un


giocatore si presta a 1) seguire le regole del gioco per giocarlo, 2) partecipare al senso
sociale del gioco, la Sanzione sarà il momento del giudizio sulla correttezza delle sue
azioni, la mancanza di errori o di imbrogli (sanzione pragmatica), e sulla sua
partecipazione al sistema assiologico del gioco (sanzione cognitiva), quindi sul fatto che

60
egli abbia giocato “davvero”, e che abbia giocato correttamente. É necessario precisare
che, a questo livello, la Sanzione riguarda solo la presunta accettabilità delle azioni del
giocatore, non la sua vittoria o la sua sconfitta (che sarà affrontata in seguito).

La Sanzione di cui sto parlando, a differenza di quella al termine del gioco, è diffusa sia
a livello attoriale che temporale, poiché vive nei continui giudizi dati dagli attori
implicati sul comportamento dei giocatori; questi giudizi riguardano da una parte la
“grammaticalità” del gioco, che premia il giocatore-destinatario con la partecipazione
stessa al gioco (il baro e il guastafeste vengono buttati fuori); e dall'altra della sua
“correttezza”, che ha come contropartita il “riconoscimento” del valore del giocatore in
quanto tale.

Questa Sanzione è diffusa in quanto è continuamente presa in carico dalle diverse figure
attoriali del gioco, quali sono sia i giocatori (che continuamente sorvegliano e
commentano l'adesione propria e degli altri alle regole) sia figure che, in alcuni giochi,
sono specializzate per questa sola funzione (ovvero gli arbitri); si da anche il caso, nei
videogiochi ad esempio, che il gioco stesso (il programma) impedisca al giocatore di
compiere azioni che sono vietate dalle regole-struttura; in questo caso il programma è al
tempo stesso arbitro e detentore di un Poter-Fare sulle azioni del giocatore (restrizioni).
Si dà anche il caso opposto, ovvero di continue sanzioni intrecciate (come quelle dei
giocatori tra di loro, e dell'arbitro sui giocatori, e degli avversari con la squadra)
all'interno di un gioco di squadra, come il calcio: sanzioni non riconosciute (meglio: non
esplicitate) dal regolamento di gioco, a meno che non intervengano attraverso il giudizio
dell'arbitro.

In realtà il compito dell'arbitro è ancora più complesso; egli è al tempo stesso incaricato
della verifica sulla “grammaticalità” delle azioni, e della loro “correttezza”; non ci si
faccia ingannare dal fatto che l'arbitro è presente generalmente proprio nei contesti
istituzionalizzati, dove appunto esistono specifiche regole (nella forma del regolamento)
per quello che attiene alla modalità di partecipazione dei giocatori e, come abbiamo
visto, anche per la regolamentazione della funzione “fàtica” del gioco; ci torneremo tra
poco; il compito dell'arbitro, in questi casi, consiste nel mantenere e confermare la
distinzione assoluta tra le Prescrizioni del gioco e le Interdizioni, nel salvaguardare le
prime e scoraggiare le seconde; in misura minore, a mantenere il margine di gioco

61
(l'Asse delle Opzioni) all'interno di un percorso “normale”, in modo che non sconfinino
nell'evidente Interdizione, o non creino disequilibri in gioco. La presenza dell'arbitro è
la prova più evidente che tra le costrizioni semiotiche della struttura di gioco (che
contemplano anche le posizioni non consentite e apertamente interdette) e il gioco come
pratica “normale” e “normata” (che accetta solo le azioni delle prescrizioni e delle non-
ingiunzioni); ed anche la presenza dell'arbitro, ed i suoi eventuali poteri, è un elemento
che si ricollega all'esistenza esplicita di un regolamento.

Il regolamento, la costruzione del gioco

Trattando i giochi come sistemi regolamentati, è naturale pensare che le regole siano
strettamente legate a quel testo che generalmente viene allegato ai giochi o agli oggetti
di gioco, il loro regolamento: indipendentemente dalla sua natura (scritta o orale)
interessa qui la funzione semiotica dell'oggetto-regolamento; l'obiettivo è individuare
degli elementi del suo funzionamento, e capire quali legami vi siano come le precedenti
nozioni (regole come struttura, regole come interazione/costrizione, regole come
contratto), per chiarire ulteriormente la natura delle regole del gioco.

Parlando di regolamento in genere ci si riferisce ai giochi da tavolo, di società, o di


carte, ma il termine può essere utilizzato tranquillamente anche per gli sport, mentre si
applica con difficoltà ai “play”, e generalmente non è applicabile ai giocattoli; questi
ultimi in effetti, che siano supporto di giochi (come le bambole) oppure pezzi da
costruzione (i lego, i meccano) presentano caratteristiche particolari di cui non ci
occuperemo.

Se osserviamo il dizionario di Semiotica alla voce “regola”, possiamo iniziare a


precisare alcune caratteristiche del regolamento, considerato come sistema di regole:

Regole

1. La regola è l'espressione metalinguistica* di una struttura modale deontica* (in


quanto far-dover-fare) che presuppone un soggetto qualsiasi (o neutro) che dà
istruzioni a un altro soggetto (umano o macchina) perché questo esegua certe
operazioni cognitive consistenti in genere nel paesaggio da uno stato a un altro.

[...]

62
3. La formulazione della regola sottende implicitamente una struttura* attanziale della
manipolazione*, che comporta due soggetti (legati tra loro da un rapporto
allievo/maestro). Il problema epistemologico è sapere quali condizioni di scientificità*
devono essere soddisfatte perché i due soggetti di questa struttura modale possano
essere elevati a concetti, cioè installati come attanti* astratti e competenti insieme. Il
primo -il soggetto scientifico- si suppone rappresenti un saper-fare* certo, ed è lì che
ritroviamo la problematica riassunta da Hjelmslev nel suo “principio di empirismo”; il
secondo deve essere un soggetto qualsiasi capace di eseguire correttamente e di
ripetere all'infinito le istruzioni ricevute; è il caso dell'automa*.53

L'espressione di una struttura modale del dover-fare si collega naturalmente ai game che
stiamo studiando, piuttosto che al play; e si ricollega al percorso della Manipolazione
che abbiamo visto precedentemente; l'esistenza di un Destinante che formula le regole, e
agisce in modo che vengano rispettate. L'aspetto ulteriore è che, evidentemente, il
regolamento determina un Far-sapere che deve essere trasmesso al Soggetto, senza il
quale egli non sarebbe in grado di entrare nel gioco, poiché non ne conoscerebbe le
regole (non sarebbe in possesso del Saper-fare). Tutti i regolamenti devono così
spiegare il gioco (descriverne il funzionamento) per permettere di giocare.

Da questo punto di vista, l'azione del Destinante-regolamento è più complessa; se il


gioco è un sistema semiotico, il regolamento si pone come obiettivo la descrizione 54 (o
meglio, la Definizione) di questo sistema semiotico in vista di un Saper-fare che
consiste nella partecipazione del Soggetto a tale sistema; il regolamento allora è
costituito da un'operazione metalinguistica che analizza, in maniera non scientifica, il
gioco-linguaggio oggetto, e ne fornisce una definizione al tempo stesso tassonomica,
funzionale e per generazione.55

Precisazione: la distinzione che è stata accennata tra le regole come schema-struttura e


le regole come regolamento, finora, riposa su una serie di elementi definibili:
innanzitutto, ogni universo semantico organizzato in pratiche può essere descritto
secondo un metalinguaggio scientifico (è il caso della nostra analisi semiotica) oppure
secondo un metalinguaggio non scientifico, e questo è il caso del regolamento.

53 A.J.Greimas, J.Courtes, Semiotica, dizionario ragionato.


54 Vd. le voci Descrizione e Definizione, in A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario.
55 Il primo, il secondo, il terzo sono leggibili nella voce Descrizione di A.J. Greimas e J. Courtes,
Semiotica. Dizionario.

63
Secondariamente, il regolamento è al tempo stesso più e meno dell'analisi di una
struttura, poiché mette in azione una trasmissione del sapere al soggetto investito; la sua
descrizione (il far-sapere) è funzionale al saper-fare). Da questo punto di vista,
possiamo porci domande innanzitutto sulle differenze che possono comportare due
descrizioni (quella semiotica, e quella del regolamento) di uno stesso oggetto, e
comprendere quali sono le conseguenze di differenze del genere. Infine, i regolamenti
costituiscono il testo-maestro che indica quali regole seguire (e quali evitare) per creare
e sviluppare (giocare) la partita.

Sulla base di queste osservazioni, i regolamenti sono considerabili come un intreccio di:

1) un processo di costruzione dell'Oggetto di Valore (il gioco) e della sua Esecuzione


come PN all'interno del sistema di costrizioni-regole prestabilito e descritto.

2) un processo di trasmissione del Sapere nella forma della Descrizione del gioco (che
corrisponde, per il giocatore privo del Sapere, nella Creazione del gioco attraverso un
procedimento descrittivo).

3) un processo di Manipolazione del giocatore nei confronti dell'Oggetto di Valore


(Obiettivi, Vittoria etc) e della Seduzione finalizzata alla congiunzione del soggetto con
quest'ultimo.

Possiamo partire analizzando la prima funzione: il regolamento è innanzitutto un


programma esplicito per la costruzione di un Oggetto-di-Valore (il gioco); in questo
senso, ogni regolamento, come una ricetta da cucina, deve includere gli “elementi
fondamentali” e la maniera di metterli assieme per garantire l'esecuzione del gioco;
elementi costanti sono appunto i pezzi, gli obiettivi di gioco, il campo etc. Molti
regolamenti presentano l'elenco degli oggetti richiesti e la maniera di preparare la partita
(posizionare elementi sulla tavola, distribuirli ai giocatori e così via).

Concentriamoci ora sulla descrizione/definizione che il regolamento fornisce del gioco:


da un punto di vista tassonomico, il regolamento indica il numero di elementi presenti
nel gioco, dove gli elementi sono soprattutto gli “oggetti” evidenti del gioco (le carte, i
pezzi, il pallone, le costruzioni etc), e può definirne le caratteristiche interne, ma non è
obbligato a creare delle classi e a specificare tutte le relazioni tra gli elementi presenti

64
nel gioco, quanto piuttosto è obbligato ad indicarne tutte quelle relazioni che interessano
le interazioni tra il giocatore e questi elementi. La descrizione degli elementi è così
subordinata alle operazioni dei giocatori, e non all'analisi delle reti di relazioni
strutturali del gioco.

Un esempio valga per tutti: nel Cubo di Rubik, un regolamento può spiegare la
composizione del cubo (facce, colori) e i movimenti delle sue facce; ma non spiega (ed
è obbligatorio non farlo) la struttura che regge le possibili combinazioni, le categorie
topologiche messe in gioco, e il funzionamento “meccanico” che passa dalla
combinatoria alla combinazione; se così facesse, non ci sarebbe gioco, poiché il
soggetto non avrebbe bisogno di decodificare il sistema per comprenderne i rapporti
relativi che gli permettono di ricostruire il cubo. I regolamenti, in genere pongono
attenzione attenzione a non esplicitare gli equilibri e i valori del gioco, ma a far sì che
siano i giocatori ad intuirli.

Da un punto di vista funzionale, la descrizione tassonomica del gioco serve


prevalentemente ad indicare (attraverso gli Obiettivi) il Programma Narrativo dei
giocatori all'interno della partita, e la funzione che gli elementi sopra descritti hanno
come Valori d'Uso al suo interno; anche in questo caso, la descrizione si limita a
mostrare le possibilità combinatorie (le Ingiunzioni e le Opzioni) e il loro significato nel
gioco, e può chiarirne gli equilibri solo ad un livello basilare, generalmente quando
questi ultimi sono giù intuibili da parte del giocatore. Ancora più interessante, il
regolamento tende piuttosto, al complessificarsi delle proprietà combinatorie del gioco,
ad indicare solo litoticamente le possibilità di combinazione, preferendo mostrare le
proprietà di combinazione dei singoli elementi; in più, tende a definire le proprietà degli
elementi quasi esclusivamente attraverso lo schema del Consentito, mentre esplicita le
Interdizioni solo per quelle combinazioni che potrebbero essere considerate
“ragionevoli” da parte del giocatore che non coglie implicite combinazioni di
prescrizioni.

Un esempio perfetto è il Tris; il “regolamento” del tris mostra una griglia di 3x3 caselle,
con due giocatori che devono a turno posizionare un segno su una delle caselle, finché
non otterranno una combinazione di 3 segni in orizzontale, verticale o diagonale.
Nessun regolamento di tris esplicita che è vietato piazzare un segno fuori dalla casella

65
(aspetto ovvio), né che è vietato piegare il foglio per ottenere un Tris avvicinando le
caselle (aspetto banale); soprattutto, nessun regolamento di tris esplicita che l'unico
modo di vincere una partita avviene a causa di un errore dell'avversario, poiché uno
studio delle combinazioni mostra che qualsiasi partita tra giocatori che non commettono
errori finisce in pareggio; un'affermazione del genere, naturalmente, toglierebbe tutto il
piacere del gioco.

Dal punto di vista per generazione, la definizione corrisponde grossomodo a quello che
ho definito un progetto di costruzione dell'Oggetto-di-Valore;56 programma che indica
quanti elementi (descrizione tassonomica) e come combinarli (descrizione funzionale)
per ottenere lo spazio di gioco della partita, e indica al suo interno specificandolo quegli
elementi spazio-temporali che noi abbiamo visto non fare parte della struttura di gioco,
ma piuttosto di una sua funzione “fàtica” (mantenimento della comunicazione); a questi
elementi possono essere aggiunte ulteriori regole per la loro distribuzione e così via (che
rinviano, stavolta, al problema dell'equilibrio tra i giocatori). Il regolamento,
naturalmente, indica anche i limiti di tempo (cronico) e il numero dei giocatori.

Prendiamo come esempio la preparazione del Monopoli; la distribuzione iniziale del


denaro non è motivata nel regolamento (è necessaria a determinare la parità iniziale tra i
giocatori), così come la variazione tra il numero dei contratti e quello dei giocatori e
così via. La spiegazione del gioco procede turno per turno, ogni volta indicando le
possibili azioni che il personaggio ha a disposizione in determinati casi, etc. E
naturalmente, esplicitando i casi in cui inizia e finisce una partita.

Tornando alla distinzione tra struttura e regolamento, è necessario avanzare qualche


altra ipotesi: abbiamo visto che il regolamento naviga a metà tra la precomprensione, a
livello “di buon senso”, degli elementi, e l'analisi delle relazioni tra questi ultimi in vista
delle possibilità di gioco, tentando di mantenerne quanto più segreto il “margine di
gioco” stesso. Inoltre, il regolamento ha la tendenza a lavorare soltanto sugli elementi
“evidenti”, senza occuparsi della loro ulteriore distinzione, e senza nessuna possibilità
di analisi che vada oltre quella delle figure di gioco. Il regolamento opera quindi
costruendo la “fenomenologia” del gioco (gli oggetti riconoscibili, le azioni effettuabili,
i tempi e i luoghi del gioco, gli obiettivi), fortemente orientata all'azione dei giocatori, al

56 Vd La zuppa al pesto, in A.J. Greimas, Del senso 2. Bompiani, Milano 1985

66
tempo stesso escludendo le reti di relazioni strutturali causate da queste azioni e questi
elementi. A ciò si aggiunge che i regolamenti presentano una standardizzazione di
alcuni termini-concetti, standardizzati nei vari tipi di giochi esistenti, che facilitano la
comprensione del gioco da parte dei giocatori; termini come pedine, azioni, mosse,
sviluppo etc.

A questo punto ci si potrebbe chiedere se quanto detto non faccia apparire i regolamenti
una “falsificazione” delle regole del gioco, una versione limitata e scorretta delle loro
strutture. O. Calabrese leggeva in Wittgenstein una distinzione, non sviluppata, tra “le
regole del gioco” e “le regole nel gioco”, che può sovrapporsi alla nostra distinzione tra
Regolamento e Schema di gioco. 57

Partiti dall'ipotesi che il gioco sia un metalinguaggio che esplicita il funzionamento


delle regole, sembrerebbe di essere arrivati all'esatto opposto. Naturalmente il
regolamento non è nulla di questo, anzi la sua coincidenza con le regole-struttura è
pressoché totale, ed il gioco è davvero una pratica semiotica che si descrive attraverso il
suo funzionamento: ma è necessario precisare che quando diciamo che l'aderenza del
regolamento al gioco è totale, la stiamo considerando dal punto di vista delle aspettative
e degli obiettivi dei giocatori. Il regolamento, in poche parole, è contemporaneamente
tutto e solo ciò che serve ai giocatori per giocare, ed è più che sufficiente a garantire il
gioco a diverse tipologie di giocatori, dai più ai meno bravi, dai più o meno
appassionati, dai più o meno pignoli; e a farlo mantenendo contemporaneamente il
valore del gioco ed il suo equilibrio (che fa sì che la gente continui a giocare). Il
regolamento tende ad essere esauriente piuttosto che esaustivo, e il suo essere esauriente
è tale in vista degli obiettivi di gioco che egli stesso descrive.

Questa differenza tra l'approccio descrittivo strutturale e l'approccio descrittivo


regolamentato, che andrebbe estesa, approfondita e confermata, trova riscontro nella
Teoria della descrizione del linguaggio effettuata da Wittgenstein, la teoria dei giochi
linguistici, basata sull'idea che il fatto linguistico sia accessibile attraverso la
descrizione del suo uso e delle regole che si possono inferire da quest'ultimo. 58 E da un
punto di vista semiotico, si inserirebbe in una discussione presente nella teoria del
57 O.Calabrese, Può la semiotica far diventare dei campioni di Bridge? In Serio ludere. Sette serissimi
scherzi semiotici, Flaccovio Editore, Palermo 1993, pp.100-101 e p.110
58 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche.

67
diritto e nella logica, che oppone le Regole Costitutive alle Regole Regolative, che
possiamo omettere.59

Il regolamento separa così nettamente due “versanti” o lati della struttura di gioco; come
ogni descrizione semiotica, illumina alcuni settori-relazioni-elementi, per oscurarne
altri, considerandoli non influenti, o secondari, o illegibili/insensati; nei regolamenti,
questa distinzione è necessaria a permettere la descrizione del gioco mantenendo al
tempo stesso il suo margine, in modo da permettere di giocare partite diverse una
dall'altra, poiché viene mostrato il meccanismo esteriore di gioco, ma non la sua natura
semantico-valoriale.

Il regolamento separa così due versanti della struttura di ogni gioco: innanzitutto la
Struttura leggibile, che viene descritta e spiegata ad uso e consumo dei giocatori, e
include tutti i processi che ho indicato nelle pagine precedenti, la fenomenologia
evidente del gioco e le istruzioni necessarie e sufficienti alla partita.
Contemporaneamente, occultando la prima, ogni regolamento determina una struttura
nascosta, l'insieme dei valori semantico-sintattici alla base del gioco, che ne permettono
il margine, che rendono conto dei sistemi di valori (semiotici) sulla base dei quali
vengono effettuate le scelte dei giocatori, e che pertiene agli equilibri di gioco sia a
livello di Schema che di Uso.

Possiamo utilizzare come esempio il caso dei punteggi in alcuni regolamenti di scacchi,
i quali collegano ad ogni pezzo (pedoni, alfieri e cavalli, torri, regina, re) un valore
convenzionale (1, 3, 5, 9) componente della Struttura leggibile che al tempo stesso
rende evidente ai giocatori la disparità di utilità presupposta tra i pezzi attraverso un
calcolo predeterminato, ma nasconde le oscillazioni di questi valori e, soprattutto, non
tiene conto del valore fondamentale che rivestono la posizione sulla scacchiera, la
possibilità di mangiare elementi vicini e così via; di tutto questo, è il giocatore a doversi
accorgere, progredendo nella sua conoscenza del gioco attraverso operazioni deduttive
sulla sua Struttura nascosta.60 Come abbiamo visto nella prova di commutabilità

59 Per semplicità; questa teoria oppone le r.costitutive, che fondano una pratica definendola, come le
regole dei giochi (che creano i pezzi degli scacchi etc) alle r.regolative, che normalizzano una pratica
già esistente, come le pratiche sociali (lo scambio economico, la viabilità, il diritto etc). In realtà, la
questione applicata al gioco è più complessa, perché da un punto di vista dinamico, abitudini, norme
e usi al suo interno possono entrare a far parte del regolamento. Vd capitoli successivi.
60 Termini come struttura nascosta non hanno nessuna pretesa filosofica o fenomenologica, sono

68
applicata alla scacchiera, la situazione di gioco modifica i valori negando e
contraddicendo quelli convenzionali (come vedremo meglio nel prossimo capitolo).

Omar Calabrese, trattando la questione delle regole del gioco dal punto di vista
generativo, aveva proposto un ribaltamento dell'ottica tradizionale secondo cui la partita
viene generata dal sistema di regole del regolamento. Secondo il Percorso generativo,
sono al contrario i principi semionarrativi soggiacenti 61 che costituiscono la partita
stessa (appropriazione, spoliazione, ridistribuzione, percorsi narrativi dei soggetti) a
ricevere una manifestazione discorsiva sotto forma di regole. In questo senso, Calabrese
suppone che «i sistemi di regole non fanno che mettere in relazione certi elementi più
profondi con certi elementi di superficie», 62 considerandole quindi quali “regole di
conversione” greimasiane.

Ora, è assolutamente vero che il sistema locale (la partita) non è una semplice riduzione
di uno schema linguistico pensabile a priori, ma il suo sviluppo comporta variazioni dei
sistemi valoriali e combinazioni uniche nel suo genere (come abbiamo visto nei
paragrafi precedenti): ogni partita è una partita a sé, soprattutto ai livelli di gioco
competitivo. Ma è anche vero che proprio in base all'esistenza di regole esplicite di
azione, indicazioni per i giocatori che essi eseguono, che la partita manifesta quelle
strutture semionarrative e non altre; del resto, talvolta anche un minimo cambiamento
del regolamento (come nelle varianti del poker) può sconvolgere i processi
semionarrativi alla base del gioco. Del resto, sia la tesi di Calabrese (le strutture
semionarrative sono alla base delle regole del gioco) che l'ipotesi tradizionale (le regole
del gioco sono alla base dei processi della partita) non si escludono a vicenda: a patto di
sostenere che ogni Linguaggio si situa al tempo stesso sia a livello di Schema che a
livello di Uso, e che tra i due vi sono processi di interdipendenza specifica e necessaria.
I processi semionarrativi possiedono una Descrizione Testuale (il regolamento) che li
traduce in insieme di azioni ed elementi figurativo/discorsivi, ed al tempo stesso questa
Descrizione permette il mantenimento di quei processi ed equilibri che esistono a livello
virtuale e reale all'interno della partita e dello Schema di gioco.

semplicemente da intendere come insieme di relazioni semiotiche che sono occultate dal sistema che
si propone di spiegare il gioco stesso.
61 Che saranno analizzati nello specifico nel prossimo Capitolo.
62 O. Calabrese, può la semiotica far diventare dei campioni di bridge?

69
Infine, un ultimo punto: quando ho parlato di “giochi istituzionali”, sostenendo che essi
avessero specificità rispetto al funzionamento semiotico degli altri giochi, esse
consistevano proprio in questo: l'esistenza istituzionale del gioco necessita che il
regolamento risponda a richieste molto più sistematiche (se non scientifiche) di
descrizione, e che quanti più aspetti del gioco vengano regolati attraverso di esso e solo
attraverso di esso. Da qui la presenza di regole per definire, ad esempio nel calcio, la
dimensione del pallone, del campo (e del fuori campo), regole di condotta specifiche per
azioni non di gioco (fair play e scorrettezze), presenza di arbitri e definizione dei loro
compiti e così via, ovvero quegli aspetti pertinenti alla funzione fàtica del gioco.

Apprendere il gioco

La trasmissione del saper-fare necessario per costruire e partecipare al gioco,


nonostante sia comune ai sistemi regolamentati, presenta di testo in testo (e di gioco in
gioco) differenze notevoli, processi di comunicazione e criteri di descrizione particolari
e anche unici. In aggiunta, la caratteristica propria dei regolamenti dei giochi, non
esportabile ai sistemi regolamentati nella loro interezza, è la creazione di una Struttura
nascosta di motivazioni, valori, processi semiotici che deve essere indagata dal
giocatore per ottenere vantaggio di gioco, aumentare il suo saper fare; e al tempo stesso
deve rimanere implicita, per mantenere il margine di gioco del gioco stesso,
contribuendo a far apparire tutte le partite come risultati divergenti e inizialmente
imprevedibili.

In realtà, almeno un aspetto che caratterizza alcuni regolamenti, e soprattutto


l'apprendimento dei giochi attraverso la spiegazione di altri giocatori, può interessarci
per alcune conseguenze che possiamo trarne. Non interessa qui la psicologia
dell'apprendimento delle regole, ma alcuni tratti delle strategie di esplicitazione e
scoperta che vengono messe in campo durante l'apprendimento.

Juri Lotman, a proposito dell'apprendimento delle lingue naturali, sosteneva del resto:

«Bisogna ricordare che nell'assimilazione di questa o quella lingua naturale


l'insegnamento può seguire due metodi. Al primo ci si attiene nell'insegnamento della
lingua materna... nella coscienza del discente non vengono introdotte regole di sorta:
le si rimpiazza con i testi. Il bambino memorizza numerosi modi d'uso e sulla base di

70
questi impara a generare da sé i testi.

Il secondo metodo è messo in atto allorché nella coscienza del discente vengono
introdotte determinate regole sulla base delle quali egli può da solo generare i testi.
Inoltre, benché nel primo caso siano dei testi a venir introdotti nella coscienza del
discente, di fatto essi salgono immediatamente di rango, intervenendo come metatesti,
regole-esempi.»63

Retaggio ormai scomparso dalle scuole italiane, l'insegnamento della lingua naturale è a
lungo passato per l'apprendimento a memoria di lunghe catene di frasi, o testi interi;
ancora oggi, in realtà, gli insegnanti possono utilizzare poesie, canzoni o filastrocche
per far memorizzare agli studenti alcune categorie grammaticali, o paradigmi semantici
fondamentali. Per il gioco possiamo pensare qualcosa di simile, dal momento in cui,
piuttosto che trovarsi di fronte un testo 64 che consiste nell'esplicitazione di una serie di
regole, ci troviamo davanti ad un testo che ricrea davanti a noi una partita ideale, una
partita-esempio, fatta al solo scopo di “vedere cosa succede” direttamente.

Immaginiamo che un giocatore debba insegnare ad un altro a giocare a scacchi; egli ha


due possibilità, agire come un regolamento, creando attraverso un metalinguaggio non
scientifico la descrizione degli elementi di gioco, delle relazioni di questi elementi, e il
Programma Narrativo che il giocatore deve mettere in campo per vincere (in questo
caso, egli agisce “spiegando le regole”); oppure, può agire come esempio, mostrare una
serie di partite, giocate soltanto allo scopo di insegnare le regole poco alla volta,
incoraggiando l'altro a imitare i suoi movimenti, o a effettuarne altri e possibilmente
aggiungendo spiegazioni a queste azioni. La partita, naturalmente, non ha come scopo
quello di vincere o di perdere (può anche essere interrotta prima della fine), ma solo
quello di mostrare al giocatore un Testo base per l'apprendimento.

Queste osservazioni relative alla lingua naturale trovano diversi paralleli con le teorie
che Wittgenstein65 ha portato avanti nelle sue Ricerche Filosofiche, in cui si sosteneva
che una lingua fosse concepibile attraverso tutta una serie di giochi linguistici che al

63 J.M. Lotman e B, Uspenski, Tipologia della cultura, Bompiani, Milano 1975, pp.69-70
64 Testo, ricordiamo, è il costrutto analitico creato dal semiologo per la circoscrizione dell'oggetto di
analisi.
65 Piccolo inciso: il motivo per cui Wittgenstein non è stato citato nel capitolo introduttivo, è perché la
sua teoria non appartiene allo strutturalismo, nonostante le sue riflessioni post-Tractatus tratteggino
molti paralleli con quest'ultimo.

71
tempo stesso la mettevano in esercizio, e ne rinforzavano e costruivano l'uso “normale”;
i paragoni tra il gioco e la lingua possono dirci qualcosa di interessante sui giochi stessi:

Mostrando a qualcuno il pezzo che rappresenta il re nel giuoco degli scacchi e


dicendogli: «Questo è il re», non gli si spiega l’uso di questo pezzo - a meno che l’altro
non conosca già le regole degli scacchi tranne quest’ultima determinazione: la forma
del re. Si può immaginare che abbia imparato le regole del giuoco senza che gli venisse
mai mostrato un vero pezzo per giocare. In questo caso la forma del pezzo
corrisponde al suono o alla configurazione di una parola. [...]

Ma si può anche immaginare che qualcuno abbia imparato il giuoco senza mai
apprendere regole, o formularle. Per esempio, può darsi che dapprima abbia imparato,
osservandoli, giuochi da scacchiera estremamente semplici e sia poi progredito a
giuochi sempre più complicati. Anche a costui si potrebbe dare la definizione: «Questo
è il re» - per esempio mostrandogli alcuni pezzi da scacchi di forma a lui inconsueta.

Anche questa definizione gli insegna l’uso della figura solo in quanto, potremmo dire,
il posto in cui essa andava inserita era già preparato.

Oppure anche: Diremo che questa definizione gli insegna l’uso, soltanto nel caso in cui
il posto è già preparato. E in questo caso lo è, non perché quello a cui si dà la
definizione sappia già le regole del giuoco, ma perché, in un altro senso, è già padrone
di un giuoco.

Considera ancora questo caso: Spiego a qualcuno il giuoco degli scacchi e comincio
indicandogli una figura e dicendo: «Questo è il re; può muoversi così e così, ecc. ecc.».
- In questo caso diremo: le parole: «Questo è il re» (o: «Questo si chiama “re” »)
costituiscono una definizione della parola soltanto se già il nostro discepolo “sa che
cos’è il pezzo di un giuoco”. Per esempio, se ha già giocato altri giuochi o se ha già
osservato “con intelligenza” altri che giuocano - e simili. E anche solo allora, mentre
apprende il giuoco, potrà chiedere con pertinenza: «Come si chiama questo?” - vale a
dire questo pezzo del giuoco.66

La differenza tra i due tipi di apprendimento (testi-regole e testi-esempio), corrisponde a


grandi linee alla spiegazione del filosofo, ma bisogna ricordare che sia Wittgenstein che
Lotman con “regole” intendono testi-regolamento (e che per il semiologo, la presenza di
regole è uno dei primi atti dell'appercezione che una cultura ha di sé). Mentre dal nostro
66 L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, §31.

72
punto di vista, esistono differenti processi semiotici che normalmente ricevono questa
denominazione.

In realtà, sia l'apprendimento tramite esempi che tramite regolamento di un gioco67,


talvolta, fanno molto più che mostrare “semplicemente” le combinazioni e gli elementi
proibiti, e l'obiettivo del gioco: insegnando a giocare, mostrano le possibili scelte in un
determinato frangente e spesso tentano di spiegare il vantaggio o meno di una scelta
rispetto all'altra; oppure, retrospettivamente, spiegano come la mossa del giocatore
inesperto fosse dannosa o sbagliata, anche se corretta. Indagano, insegnano e descrivono
non solo lo Schema, ma anche l'Uso, e determinati tipi di Uso.

Ciò che il giocatore apprende sono appunto mosse suggerite, o azioni dalle conseguenze
svantaggiose da evitare, o consigli generici indipendenti dalla situazione: in una parola,
viene informato sugli equilibri e sui valori di gioco. Affronteremo la questione dal punto
di vista dei giocatori nel quarto capitolo, mentre possiamo tentare di capire come
funziona tutto ciò dal punto di vista del Sistema di gioco.

Lo spazio interno alle regole, le norme.

Nelle pagine precedenti ho avuto modo di riprendere molte volte il ruolo che, all'interno
del gioco, è costituito da quei margini di libertà o movimento che sono presenti a diversi
livelli: innanzitutto nella presenza di combinazioni permesse, relative all'Asse delle
Opzioni a livello della catena significante (regole-grammatica) e del suo corrispettivo
nell'Interazione delle costrizioni semiotiche del gioco; abbiamo osservato un margine di
gioco anche nella combinazione del fare Interpretativo del soggetto ai due processi di
Manipolazione che determinano l'ingresso nel gioco; e infine nel margine sottile che
separa il regolamento con la sua Struttura leggibile dalla Struttura semiotica dello
Schema; e infine dalla caratteristica di numerosi regolamenti di presentare solo in via
sineddotica le possibili combinazioni di cui la matrice di gioco può comporsi, nel caso
di una combinatoria estremamente ampia.

67 Generalmente più spesso il primo, attraverso un giocatore più esperto che fornisce consigli agli altri
per giocare “bene”; le partite di carte a mano scoperta hanno spesso questo obiettivo, quello di
mostrare non solo le mosse possibili (il giocatore sa che si gioca con le carte e non con altro) ma
anche di mostrare le mosse migliori in una data situazione; in alcuni giochi come in Axis & Allies, è
lo stesso regolamento che spiega: “mi conviene.... attaccare/difendere?”

73
Questi spazi di libertà, scelta, possibilità entro limiti stabiliti non sono caratteristiche
uniche dei giochi, ma in generale di numerosi sistemi complessi, caratterizzati da un'alta
capacità combinatoria, da un numero limitato di Interdizioni, o da classi differenziate di
elementi; in effetti, queste caratteristiche non riguardano neanche tutti i giochi: sistemi
come il Tris presentano pochissimo spazio alla scelta del giocatore, che si “limita” a
decidere dove posizionare il proprio segno.

Fino a questo punto non abbiamo però tratto le conclusioni dalla presenza di questo
fenomeno, ed il suo significato per un sistema di regole di gioco: del resto, le varie
accezioni di regole che abbiamo fornito non permettono ancora di spiegare
coerentemente alcune caratteristiche dei giochi. In particolare, abbiamo bisogno di
tornare sul rapporto tra Struttura di gioco e Uso, espandendo la citazione di Hjelmslev
già affrontata:

«Possiamo chiamare struttura di un gioco l'insieme delle regole che indicano il numero
di pezzi esistenti nel gioco e il modo in cui ogni pezzo può combinarsi con gli altri, e
distinguiamo l'uso del gioco nella stessa maniera in cui la struttura della lingua si
distingue dall'uso della lingua. Per descrivere l'uso del gioco servirà fornire delle
indicazioni [renseignements], non tanto sulla maniera in cui si può giocare (è la
struttura) ma sulla maniera in cui si ha l'abitudine di giocare o in cui, in fatti, si è
giocato fino ad allora (questo è l'uso [usage]), quindi sulle combinazioni stabilite
dall'abitudine nelle condizioni fornite; allo stesso modo per descrivere l'uso di una
lingua, si dovrebbe fornire delle informazioni sui segni abitualmente utilizzati, in un
momento e luogo determinato, nelle condizioni di base.»68

Seguendo esclusivamente la definizione di regole come Schema/Struttura, non è stato


possibile spiegare il funzionamento di una partita, finché non abbiamo dimostrato come
le strutture semantiche del gioco fossero a tutti gli effetti un sistema biplanare; e che
determinate combinazioni avevano un senso solo all'interno delle strutture semiotiche
del gioco, di combinazioni riconoscibili (azioni/mosse) e naturalmente dei
Percorsi/Obiettivi dei giocatori. Ed infine, che il regolamento, pur descrivendo le azioni
possibili per i giocatori, non indica cosa comportino le differenti scelte dentro una
partita. Il regolamento, si potrebbe dire, non spiega cosa fare, spiega solo il come.

68 L. Hjelmslev, Il linguaggio, p.66-67

74
Torniamo al paragone con la linguistica: in maniera simile al vocabolario di una lingua
naturale, determinate combinazioni di fonemi o grafemi possono risultare in numerose
parole virtuali, che sono formate correttamente eppure sono inesistenti in quella lingua,
e non hanno significato alcuno. Così solo l'incontro tra le strutture semantiche e
sintattiche del gioco fornisce determinate azioni-combinazioni di un senso e un
significato. Questo è evidente nei giochi sportivi o nei giochi di abilità, dove la totalità
dei movimenti possibili al corpo umano viene “letta” in una serie di azioni riconoscibili,
di gesti particolari, dotati di senso: passaggio, dribbling, rimessa, scatto, tackle, parata
etc;69 determinate combinazioni possibili e realizzabili diventano errori (passare la palla
a un avversario) o “prive di senso” (camminare all'indietro, strisciare per terra); ma
alcune di queste combinazioni sono effettivamente realizzate durante le partite, mentre
altre non lo sono né probabilmente lo saranno mai (come le combinazioni virtuali di una
lingua che non verranno mai utilizzate dai parlanti in quanto parole).

In una partita a scacchi, può benissimo capitare che un giocatore alle prime armi decida
che le sue prime 8 mosse consisteranno nel portare avanti tutti i pedoni di due caselle. Il
rispetto formale delle regole non gli impedisce di essere considerato un pessimo
giocatore, e la sua mossa poco sensata. In maniera simile, in una partita a carte può
capitare che uno dei giocatori decida di giocare le sue carte in ordine ascendente,
indipendentemente dal risultato che otterranno; anche lui sarà considerato un pessimo
giocatore, nonostante stia rispettando le regole nelle accezioni che finora sono state
definite. In questo caso, queste ultime possibilità sono assolutamente contemplate
dall'Uso, come l'abbiamo finora definito, e generalmente possono presentarsi nel caso di
giocatori alle prime armi, svogliati, molto giovani, o stupidi.

Queste mosse in effetti rappresentano un caso normale in rapporto all'Uso, eppure se


pensate attraverso i giudizi degli altri giocatori, sono considerate (Sanzionate) come
errori o come atti insensati. Naturalmente, ciò che separa queste mosse da quelle che si
possono considerare “normali” è innanzitutto una diversa valutazione degli Equilibri del
gioco, o uno scarso o nullo interesse per la vittoria (situazioni che affronteremo nel
prossimo capitolo dal punto di vista dei giocatori, mentre ne mostriamo ora la funzione
69 Il piano dell'espressione di questi giochi consiste nell'interazione di semiotiche gestuali complesse,
relative ai movimenti atletici del corpo umano. Il corpo viene quindi utilizzato e letto come
meccanismo capace di eseguire una serie di gesti riconoscibili, di programmi narrativi d'uso necessari
a portare avanti il gioco.

75
dal punto di vista delle regole.) Perché, bisogna ricordare, i giocatori non sono obbligati
a vincere, come non sono obbligati a possedere una conoscenza totale del sistema-
gioco; il che significa che nessuno di questi due elementi può giustificare il fatto che
queste mosse “corrette” vengano considerate mosse errate, e che vengano poste “a
margine” dell'Uso, se non totalmente assenti.

Del resto, anche l'affermazione del linguista danese sull'abitudine sembra includere
nell'Uso fenomeni quantomeno differenti; un giocatore di scacchi con un minimo di
esperienza muoverà preferibilmente in apertura i pedoni centrali, i cavalli o gli alfieri
(senza bisogno di conoscere la teoria delle aperture), come un giocatore di Monopoli
acquisterà preferenzialmente i terreni dei colori che già possiede e così via. Anche la
definizione semiotica di Uso non ci aiuta:

Uso

1. Tentando di precisare la dicotomia saussuriana lingua/parola, Hjelmslev ha


proposto di denominare schema linguistico la lingua e di designare con usi linguistici
certi aspetti essenziali del concetto di parola* (in cui gli eredi di Saussure hanno visto
ora l'asse sintagmatico del linguaggio, ora le manifestazioni stilistiche individuali).
L'uso linguistico, considerato come l'insieme delle abitudini linguistiche di una società
data, si trova allora definito come la sostanza* (insieme dell'espressione* e del
contenuto*) che manifesta lo schema linguistico (o la lingua).

2. Se un universo* semantico qualsiasi è articolabile con l'aiuto delle regole di una


combinatoria*, l'insieme delle espressioni* virtuali che essa è suscettibile di produrre
può essere considerato come lo schema di questo universo, mentre le espressioni
effettivamente realizzate e manifestate corrisponderanno al suo uso; lo schema sarà
allora detto aperto, in opposizione all'uso che ne costituisce la chiusura.70

Anche attraverso questa lettura non è ancora possibile comprendere la differenza che
intercorre tra determinate azioni che sono valorizzate da soggetti-giocatori all'interno
del gioco, e altre che, pur essendo del tutto conformi alle regole di gioco, vengono
reputate poco sensate o addirittura “sbagliate”, per quanto non si tratti di veri errori-
infrazioni. Bisogna ammettere che in questo caso non siamo soltanto in presenza di
giudizi di efficacia (Sanzioni) su sistemi di regole che abbiamo già analizzato, quanto

70 A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario.

76
piuttosto in presenza di ulteriori sistemi di restrizioni regolamentate, attuati all'interno
del gioco dai giocatori stessi, che costruiscono i loro propri sistemi di giudizi, che il
regolamento non considera obbligatori ma che i giocatori possono invece considerare
tali. Queste situazioni rientrano perfettamente nella teoria lotmaniana sul funzionamento
delle Soglie culturali, regole per leggere il suo esterno (e parte del suo interno) come
comportamenti “errati”, rafforzando al tempo stesso la propria “normalità” e
“normatività”, contribuendo alla costruzione dell'identità propria attraverso la
definizione dei confini di questa identità.

Tutto questo trova una definizione in un concetto che, preso in prestito dalla linguistica,
è tuttavia applicabile a situazioni di “regole all'interno delle regole”; la norma:

Norma

1. In sociolinguistica* si intende per norma un modello costruito a partire


dall'osservazione, più o meno rigorosa, di usi sociali o individuali di una lingua*
naturale. La scelta di questo o quel tipo d'uso in vista della costituzione della norma
riposa su criteri extralinguistici: lingua sacra, lingua del potere politico, prestigio
letterario etc. Questo insieme di usi è codificato sotto forma di regole* -prescrizioni e
divieti- alle quali si deve conformare la comunità linguistica, e prende il nome di
grammatica* (detta grammatica normativa dai linguisti del XIX secolo in opposizione
alla grammatica descrittiva* che cerca unicamente di render conto del funzionamento
di una lingua, escludendo qualsiasi preoccupazione deontica. […]

2. Il bisogno di uniformare gli usi, proprio delle società moderne (insegnamento,


amministrazione etc) impone spesso la scelta deliberata di una norma per la
costituzione (o l'affermazione) delle lingue nazionali: così è apparsa la nozione di
lingua standard, che si tenta di fondare su criteri statistici o probabilistici. La
grammatica normativa riappare nuovamente:...

3. La confusione fra la norma sociolinguistica (la cui origine e il cui mantenimento


dipendono dall'esercizio del potere politico e/o culturale) e le costrizioni* semiotiche
(condizioni della partecipazione alle pratiche* semiotiche di carattere sociale) porta a
considerare le lingue naturali -sulla scorta di certe ideologie- come “macchine di
castrazione” [...] simili eccessi metaforici non vanno presi sul serio.71

71 A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario.

77
La norma sociolinguistica (che non corrisponde alla norma hjelmsleviana) trova invece
determinati punti di contatto con il nostro discorso; innanzitutto nell'esistenza della
norma come insieme di abitudini e usi che vengono codificati, sotto forma di regole;
queste ultime possono entrare all'interno del gioco come determinate strutture di
ingiunzioni, a cui i giocatori possono o devono conformarsi; in secondo luogo vediamo
che questa norma nasce dal bisogno di uniformare gli usi, che potremmo definire come
la necessità, per i giocatori, di individuare nella serie di combinazioni possibili, quelle
“migliori” sotto determinati punti di vista (ne riparleremo); infine, il rischio che la
norma possa essere confusa con le costrizioni semiotiche, mentre la prima dipende dal
suo continuo mantenimento, la seconda è data dalla partecipazione del soggetto al
vivere sociale; sembra quasi che la nozione di uso di Hjelmslev presenti
involontariamente alcuni caratteri della norma linguistica.

Eugenio Coseriu aveva del resto individuato alcune oscillazioni nella nozione di
Langue/Parole per de Saussure, tanto da costruire a partire da questa un modello triplice
(Sistema/Norma/Parole) che corrisponde, in linguistica, a quanto stiamo osservando:

«… Col concepire la langue come sistema di forme linguistiche, si indica il posto che
essa occupa fra i fatti del linguaggio, e particolarmente per rispetto alla parole, ma non
se ne precisano sufficientemente la indole e l'estensione. A questo riguardo, si trovano,
infatti, nel Cours, tre concetti diversi: 1) la lingua come realtà psichica, come
sprachbesitz, cioè come patrimonio di forme linguistiche accumulato nella coscienza
degli individui parlanti; 2) la lingua come istituzione sociale, cioè come sistema comune a
cui si può ricondurre il parlare, infinitamente vario, degli individui appartenenti a una
comunità; 3) la lingua come sistema funzionale, cioè come sistema di differenze e
opposizioni significative. Ora, di questi tre concetti possiamo tralasciare qui il primo...

Non possono, invece, essere coestensivi i concetti di lingua come istituzione sociale e
come sistema funzionale, poiché in ogni lingua vi sono aspetti sistematici e
interindividuali, normali nella comunità considerata, ossia «istituzionali» e che,
ciononostante, non sono funzionali, non appartengono, cioè, al sistema ideale di
differenze e opposizioni significative della lingua stessa.»

«Si può quindi dimostrare che, se si riduce il sistema della lingua a sistema astratto di
invarianti funzionali, fra questo e il linguaggio concreto (parola) si frappone un

78
sistema, anch'esso astratto, di realizzazioni normali.»72

Tutto ciò si era in parte visto citando Lotman, a proposito dell'apprendimento dei
linguaggi, e di quegli Usi particolari (testo mitico, testo poetico) che diventano
Metatesti, ovvero Testi con un valore “normativo”, con un valore culturale collegato ad
un piano assiologico e da esso legittimato. Il metatesto è un “precedente” che arriva ad
essere considerato come modello per le azioni successive, modello appunto “normale”,
sistema di azioni, confronti e gerarchie di Valori a cui adeguarsi; il riconoscimento del
suo valore (e della sua efficacia) lo trasforma in precedente, dato inserito nella memoria
della comunità.

Dal solo punto di vista del sistema, l'apertura del gioco, “il suo margine di gioco”
appunto, la possibilità di combinazioni non-vietate e non-prescritte, consente quindi la
nascita di “norme” di gioco, di regole ulteriori che sono proiettate sullo Schema dai
giocatori, restringendone la combinatoria sulla base di determinati programmi narrativi
e sistemi di valorializzazione;73 queste caratteristiche sono spesso così evidenti per un
giocatore che esse vengono considerate a tutti gli effetti all'interno delle regole del
gioco, ma da un punto di vista semiotico (e linguistico) appartengono ad un piano
diverso: quello di costruzioni di Schemi dentro lo Schema, che non hanno funzione
grammaticale ma sono reputate normali per un determinato gruppo di giocatori.

Situazioni del genere possono riguardare i giochi a diversi livelli, e sarà possibile
chiarirne le applicazioni ed alcuni esempi strutturati solo più avanti; per il momento
possiamo citare alcune situazioni in cui ci siamo imbattuti, come ad esempio ciò che
viene chiamato Fair play nei giochi; una regolamentazione etica che restringe e codifica
ulteriormente le azioni dei giocatori all'interno del sistema (in via ipotetica, attraverso
l'aumento del numero delle Interdizioni, la trasformazione di Opzioni in Interdizioni, e
la creazione di Ingiunzioni). Ad esso si aggiunge, ed in parte si sovrappone, tutto ciò
che è dovuto all'istituzionalizzazione del gioco, che fa salire al rango di “regole”
determinati fenomeni che facevano parte della funzione fàtica di gioco, trasformando in
errore un comportamento (o determinate situazioni) prima tollerate o addirittura
permesse.

72 E. Coseriu, Langue, norma, “parole”, in Teoria del linguaggio e linguistica generale. Sette studi,
Laterza, Roma-Bari 1971
73 Attribuzione di un Valore semiotico ad un Oggetto da parte di un Soggetto.

79
A livello di norma, è possibile riferirsi al discorso che Eric Landowski impostava come
base per l'analisi semiotica del diritto, e che presenta numerosi punti in comune con la
nostra riflessione:

Questa considerazione porta ad una distinzione elementare che, per non presenta
alcunché di nuovo, nondimeno costituisce per noi un passo obbligato. Abbiamo
appena stabilito (o ritrovato) la distinzione fra due livelli di esistenza e di apprensione
di quel che potrebbe chiamarsi, usando a proposito un termine relativamente neutro,
la norma: un livello profondo, dove l'esistenza della norma come regola relazionale
pura, o (che è lo stesso) come pura regola di sintassi, determina la sua universalità; e
un livello più superficiale, dove si vede la norma investirsi nelle strutture del linguaggio
giuridico stricto sensu; in tal modo una società potrebbe tematizzare “giuridicamente”
quel che un'altra società collocherà su un altro piano in funzione della diversità dei
sistemi di categorizzazione semantica propri alle differenti culture.74

Studiando la natura delle regolamentazioni di una società, il semiologo separa due


livelli di norma (termine che non corrisponde per il momento alla nostra definizione);
un livello profondo, che corrisponde alla Struttura stessa del sistema in esame (regole
come Schema), ed un livello in cui le regole sono proiettate e definite dalla società
attraverso i suoi linguaggi, le sue sistematizzazioni e le sue gerarchie di valori (regole
come Norme): questo secondo fenomeno corrisponde a ciò che abbiamo considerato
Norma, e presenta non pochi legami con quei sistemi di regole presentati da Lotman
come proiezioni che la società opera per definirsi ( per darsi un ordine); individuando e
restringendo ulteriormente gli Usi, si definisce la propria individualità semiotica, ed al
tempo stesso la si considera portatrice dell'uso “corretto”, proiettando nell'alterità
concetti come la deviazione, l'errore, la scorrettezza etc.

Da un ulteriore punto di vista, ogni universo semiotico regolamentato presenta una


Norma del massimo livello, che è costituita dal regolamento stesso del sistema; nel caso
dei giochi, la Struttura leggibile del regolamento costituisce così la prima (e massima)
forma di Norma dello Schema di gioco; in questo senso, la sua attinenza alle regole del
gioco è, dal punto di vista dei giocatori e della struttura, praticamente totale e
necessaria;75 difficile trovare nei giochi tradizionali delle differenze sostanziali tra ciò
74 E. Landowski, Un approccio semiotico e narrativo al diritto, in La società riflessa, Meltemi, Roma
2003
75 A non attenervisi sono solo determinate tipologie di giocatori: i bari, i principianti, i guastafeste.

80
che Levi-Strauss, in Antropologia Strutturale, chiamava strutture vissute e concepite,76
poiché nel gioco le prime sono necessariamente interpretate (e codificate) a partire dalla
normalizzazione delle seconde.

Siamo così in presenza, seguendo Landowski, di almeno due livelli di regolamentazioni;


la prima grammaticale, che regge la struttura di gioco e che ne costituisce il senso
profondo (lo Schema); la seconda invece operata a livello di insiemi stratificati (talvolta
in competizione, talvolta in collaborazione) di Norme, “regole del gioco” che
presentano nuove restrizioni, valorizzano le precedenti o proiettano regimi di
visibilità/importanti su altri; è da questo punto di vista, il gioco presenta a livello
semplificato alcune caratteristiche che vengono attribuite alle “regole del gioco sociale”:
non a caso Caillois, parlando dell'esistenza delle regole porta avanti un parallelo in parte
erroneo ma fecondo:

Tuttavia, i modelli offerti dai giochi costituiscono altrettante anticipazioni di


quell'universo regolato che è opportuno sostituire all'anarchia naturale. […]

Il diritto rientra incontestabilmente in questa categoria: il codice enuncia la regola del


gioco sociale, la giurisprudenza la estende ai casi controversi, la procedura definisce la
successione e la regolarità delle mosse […]

Anche in politica, tranne quando si ricorre alla forza (e allora non si sta più al gioco),
esiste una regola dell'alternanza che porta successivamente al potere, e nelle stesse
condizioni, partiti opposti […]

Le leggi dell'armonia... della prosodia... la metrica... costituiscono parimenti altrettante


legislazioni, più o meno esplicite o dettagliate, che guidano e al tempo stesso limitano
il creatore. Sono le regole del suo gioco. D'altra parte, esse danno luogo a uno stile
comune e riconoscibile in cui si riconciliano e si compensano la disparità del gusto, la
prova della difficoltà tecnica e i capricci del genio.[…]

Neppure la guerra è il campo della violenza pura, ma tende a essere quello della
violenza regolata. Le convenzioni limitano le ostilità nel tempo e nello spazio.77

Il sociologo mostra così degli esempi dei tentativi di normare, ovvero codificare
attraverso legislazioni interne, storiche e soggette a mutamento, pratiche umane (l'arte,
76 C. Levi-Strauss, Antropologia strutturale, p.348ss
77 Caillois, I giochi e gli uomini, pp. 9-11

81
il diritto, la conquista) che, senza regolamentazioni, presentano un numero tale di
possibilità (combinazioni) da essere, di per sé, fonte di caos per l'azione non organizzata
degli individui. I quali, attraverso queste norme, contribuiscono a creare processi storici
e culturali complessi, tramite l'organizzazione, la definizione e la sovrapposizione delle
“regole del gioco sociale” alle regole prestabilite del gioco.

Nel prossimo capitolo vedremo, attraverso il campo più ristretto delle pratiche ludiche,
quali sono i sistemi di valori e le assiologie implicate in questi sistemi di regole, e nel
quarto rivisiteremo tutto ciò che abbiamo analizzato dal punto di vista dell'interazione
dei giocatori con il sistema.

82
III) OBIETTIVI, EQUILIBRI, RISORSE
Si dice spesso che giocare è un fare e
un agire "privo di scopo", "libero da
ogni scopo". Ciò non è vero. Preso
nella sua interezza è un'azione
determinata da uno scopo, e anche i
singoli momenti nel corso del gioco
hanno i loro scopi particolari, che si
armonizzano gli uni con gli altri. Ma
lo scopo immanente del gioco non è
rimandato progettualmente al
supremo scopo finale, come invece gli
scopi delle altre azioni umane.
L'azione del gioco ha solo degli scopi
interni a sé, che non rimandano ad
altro.
E. Fink, l'oasi del gioco.78

L'obiettivo del gioco

Fino a questo momento, durante l'analisi delle regole dei giochi e della loro struttura, è
stato possibile mettere da parte un elemento costitutivo dei giochi; la presenza di
obiettivi, condizioni di vittoria, o di uno scopo finale, che trasformano la combinatoria
aperta in un sistema finalizzato, con uno svolgimento orientato, in cui i giocatori sono
soggetti semiotici in congiunzione con l'OdV (obiettivi). Tutto ciò vale sia per i giochi
intesi come game (in cui gli obiettivi di gioco sono prestabiliti ed esplicitati dai
regolamenti) sia per quelli considerati play (in cui gli obiettivi sono impliciti e
dipendono da numerose variabili individuali): anche giocare alle bambole ha come
minimo “scopo” il divertimento che provoca nel giocatore, così come una performance
teatrale ha come obiettivo di essere giudicata convincente dal pubblico (o da una parte
del pubblico); i game, da questo punto di vista, presentano la differenza di stabilire in
maniera netta le condizioni di vittoria, o i criteri di valutazione della performance dei
giocatori, e di esplicitarlo nel regolamento.

Nel capitolo precedente, introducendo il Programma Narrativo (PN) del soggetto a


partire dalla Manipolazione del Destinante, ne ho considerato come effetto unicamente
la volontà, per il soggetto, di partecipare al gioco e seguirne le regole, tralasciando il

78 E.Fink, l'oasi del gioco, p.18

83
fatto che i giochi, indipendentemente dalla loro natura, possedessero un obiettivo;
semplicemente, possiamo ora aggiungere che un soggetto che accetti di seguire le regole
accetterà anche la presenza di un Obiettivo di gioco al loro interno, che diventerà quindi
l'Oggetto-di-Valore del suo Programma Narrativo; e nel caso in cui questo obiettivo sia
implicito, tenterà di Valorizzare il gioco a partire da propri sistemi assiologici che riterrà
compatibili con il gioco in questione (come ogni bambino “cerca” qualcosa, anche solo
uno svago indefinito).

Possiamo così affrontare lo studio degli Obiettivi all'interno dei giochi studiati: ho scelto
questo termine perché più neutro rispetto a Vittoria (che mantiene una sfumatura di
competizione, che caratterizza solo determinate categorie di giochi)79 e più generico
rispetto a Scopo (che richiama tutta una tradizione filosofica sul gioco, e
un'impostazione teleologica che non è utile richiamare): per i giocatori che partecipano,
il raggiungimento dell'obiettivo corrisponde al Programma Narrativo generale del gioco,
che può essere considerato l'oggetto-di-valore (OdV) base all'interno della partita,
differente a secondo delle condizioni che ogni gioco richiede per ottenerlo. Da questo
punto di vista, è chiaro come la questione del “senso” o “scopo” della vittoria stessa non
è qui argomento da dibattere; che la volontà dei soggetti venga interpretata come un atto
di supremazia, di audacia, come la ricerca di visibilità o anche solo di divertimento,
tutto questo riguarda al contrario le valorizzazioni individuali e sociali che vengono
proiettate nella pratica ludica, e che si trovano a monde del contratto di gioco.

Al contrario, tutta una tradizione filosofica ha portato avanti una serie di riflessioni sul
“senso” del gioco e sull'arbitrarietà dei suoi obiettivi, considerati gratuiti e mancanti di
qualsivoglia motivazione; questa retorica, collegata ad un riflessione sulla serietà e sulla
giocosità della vita, ha spesso costituito un vero e proprio disincentivo per l'analisi degli
obiettivi di gioco:

Si dice spesso che giocare è un fare e un agire "privo di scopo", "libero da ogni
scopo". Ciò non è vero. Preso nella sua interezza è un'azione determinata da uno
scopo, e anche i singoli momenti nel corso del gioco hanno i loro scopi particolari, che
si armonizzano gli uni con gli altri. Ma lo scopo immanente del gioco non è rimandato
progettualmente al supremo scopo finale, come invece gli scopi delle altre azioni

79 Nella quadripartizione di R.Caillois, la competizione caratterizza i giochi caratterizzati dal principio


dell' Agon; ma la vittoria è presente anche nei giochi di tipo Alea.

84
umane. L'azione del gioco ha solo degli scopi interni a sé, che non rimandano ad altro.
(E.Fink).80

«Spingendo più lontano questa definizione, al fine di verificarla, è possibile ipotizzare


che essa fornisca le condizioni necessarie e sufficienti per la produzione di ogni gioco,
per trasformare in gioco qualsiasi attività regolata. Di fatto, affinché una tale attività si
ribalti in un gioco, è necessario e sufficiente che la si consideri nella sua struttura
organizzata, facendo astrazione del fine “reale” che essa si propone: è un gioco la
giustizia con il suo cerimoniale e i suoi riti immutabili, se si trascura la causa giudicata;
è un gioco la politica che si svolge tra tante forme e regole, se ci si disinteressa del
governo degli uomini; è un gioco la poesia, concatenamento di forme arbitrarie
regolate rigidamente, se si disdegna il sentimento espresso; è un gioco il culto, la cosa
più regolata di tutte, se lo si separa dai miti che esso attualizza; è un gioco la guerra...
ecc. Ogni manifestazione coerente e regolata della vita collettiva e individuale è
trasformabile in gioco quando le si sottrae la motivazione di ragione o di fatto che le
conferisce l’efficacia.» (E.Benveniste).81

«Ogni gioco significa qualche cosa. Se chiamiamo spirituale questo principio attivo che
dà al gioco la sua essenza, allora diciamo troppo; se lo chiamiamo istinto non diciamo
abbastanza. Comunque lo si consideri, certamente si manifesta, con tale «intenzione»
del gioco, un elemento immateriale della sua essenza stessa.» (J.Huizinga).82

È così necessario distinguere lo “scopo”, che può e deve essere spiegato nel mondo
esterno al gioco e nel rapporto che il gioco quale atto ha con le azioni dell'individuo, e
l'Obiettivo che è invece completamente interno al gioco e suscettibile di essere
analizzato indipendentemente dagli individui che vi partecipano. Ipotizzando che il
soggetto partecipante sia modellizzato da un Voler-fare, è chiaro che da un punto di
vista sociosemiotico è sempre possibile determinare il sistema assiologico che ha
portato il Soggetto a scegliere la partecipazione al gioco, che lo ha “motivato”; in questo
senso l'obiettivo del gioco viene assiologizzato attraverso la proiezione, su di esso, di
una sistematica dei valori sociali esterna al Sistema, e indipendente dalla varietà di
obiettivi richiesti;83 questa sistematica, che ipotizzo solamente, avrebbe come modello
lo schema delle valorizzazioni pubblicitarie elaborato da Jean-Marie Floch, e sarebbe

80 E.Fink, l'oasi del gioco, p.18


81 E. Benveniste, il gioco come struttura.
82 J.Huizinga, Homo Ludens, pp. 3-4
83 Ma ipoteticamente in relazione con le Competenze richieste dal gioco.

85
sempre possibile verificare le somiglianze e le differenze con quel sistema.

Più interessante per questo lavoro è valutare il peso di alcune affermazioni che possono
essere integrate nell'analisi, come quelle di Benveniste, che sembrerebbero sostenere
un'arbitrarietà degli obiettivi di gioco che stiamo analizzando. La questione merita più
di una semplice menzione, e richiama il dibattito sull'arbitrarietà del segno linguistico
sostenuta da F.de Saussure.

Così come l'arbitrarietà della relazione tra significante e significato, dopo Benveniste, è
stata piuttosto considerata come convenzionalità necessaria della funzione segnica,
eliminando ogni riferimento a termini come “motivazione”, “infondatezza” e a nozioni
di referenzialità della lingua, un discorso simile riguarda la supposta arbitrarietà o
immotivatezza dell'obiettivo di gioco. Quest'ultimo può essere considerato arbitrario se,
dal punto di vista del sistema, ipotizziamo l'esistenza di altre condizioni virtuali che
avrebbero potuto sostituire quelle stabilite da un gioco; ma a posteriori, è evidente che,
facendo parte delle regole, l'obiettivo conferisce al gioco un suo particolare “equilibrio”,
e ciò attraverso la rete delle relazioni strutturali che lo costituisce. Del resto, sempre
Benveniste riportava, a proposito del gioco:

«Qualificarlo come “forma” vuol dire opporlo a un “contenuto”, che non sarebbe
altro che la realtà. Ma da ciò non consegue che il gioco è una forma vuota, una
produzione di atti privi di senso. La coerenza della sua struttura e la sua finalità interna
implicano al contrario un senso che è come inerente alla sua forma e che è sempre
estraneo a qualsiasi finalità pratica: esso è prodotto dall’arbitrario stesso delle
condizioni che lo limitano e attraverso le quali, passando dall’una all’altra, esso giunge
a compimento; il suo essere è tutto nella convenzione che lo regola.»84

In cui ben si vede la relazione tra gli “atti privi di senso” che, pur se “arbitrari”,
mantengono una coerenza della struttura, una convenzionalità e una finalità interna
(obiettivo). Se, a puro titolo di esempio, mettiamo a paragone l'arbitrarietà dell'obiettivo
dei giochi con il sistema semiotico che regge i racconti tradizionali, possiamo vedere
alcuni elementi di somiglianza interessanti. Il paragone immediato è con una tipologia
testuale molto semplice, come la fiaba, in cui l'Oggetto-di-Valore è sempre al centro del
sistema assiologico dell'universo semantico di riferimento, ed è, anteriormente alla sua

84 E. Benveniste, il gioco come struttura.

86
intensione da parte del soggetto, solo uno dei tanti possibili all'interno dell'universo
ipotetico dei racconti; ma nel momento in cui realizza nel discorso, diventa l'unico e il
solo OdV per il soggetto e per l'universo del racconto.

La differenza riposa piuttosto sul fatto che, mentre le figure destinanziali possono
“interpretare” e motivare la presenza di un Oggetto-di-Valore nel percorso del Soggetto,
nel gioco è unicamente attraverso il riconoscimento di un sistema di equilibri, che
mantengono stabile il sistema stesso, che possiamo riconoscere una motivazione
“interna” ed esplicita del sistema. Questo perché i giochi moderni hanno molto spesso
mantenuto, nella loro manifestazione figurativa e tematica, solo residui simbolici delle
strutture rituali e assiologiche di comportamenti ed eventi antichi, da cui spesso il gioco
nasce proprio sottraendo e facendo astrazione della funzione rituale, o della
valorializzazione figurativa che era sottesa allo svolgimento delle azioni. 85

Al contrario, riflettere sul “senso” degli obiettivi permette qualche affermazione


ulteriore: l'obiettivo di gioco, una volta selezionato, modifica naturalmente gli equilibri
e i sistemi di valori del gioco, e anche dando per scontato che possa essere soggetto a
variazione, queste variazioni devono comunque mantenere il “margine di gioco” del
gioco stesso;86 basta qualche esempio:

in molti giochi che si basano su successioni di fasi/turni identici e accumulo di


punteggio, ognuna di queste fasi costituisce un Programma narrativo d'uso (PNu) del
soggetto; se l'obiettivo fosse raggiungibile in una sola di queste fasi, al limite con una
sola mossa, sarebbe possibile dubitare dell'equilibrio e della riuscita del gioco stesso.
Basti immaginare una mano di Poker in cui chi possiede un Asso vince la partita per
rendersi conto che si è finiti in tutt'altra tipologia di giochi (i giochi d'azzardo “puri”).

Ma anche i giochi d'azzardo puri (roulette, lotteria) presentano, in forma incredibilmente


variabile ma netta, uno stacco tra le possibilità di vittoria e il numero delle partite che,
se non esistesse, svilirebbe la natura del gioco stesso. Come una Lotto in cui tutti i

85 Si veda, a proposito, i riferimenti alla distinzione tra Gioco e Rito in Levi-Strauss, oppure le
affermazioni sulla permanenza dei giocattoli nella cultura di Caillois, o del fenomeno ludico in
Huizinga.
86 Questo perché, in quanto pratica semiotica orientata dai PN dei giocatori, il valore (linguistico) si
trasforma in valore semiotico (attribuzione di differenze/inerenze da parte dei Soggetti in base ai loro
sistemi assiologici.

87
numeri non-sorteggiati vincono.

Altro esempio: nei rompicapo, se la soluzione fosse ottenibile attraverso un


“ragionamento a forza bruta” in un tempo limitato (l'uso da parte di un soggetto/automa
di tutte le combinazioni possibili fino a trovare quella giusta) l'azione di gioco
scomparirebbe. Basta immaginare un “sudoku semplificato con una sola casella” 87, o un
cubo di Rubik con 1 solo colore.88

Infine, se negli scacchi l'obiettivo di gioco fosse catturare un pedone, è facilmente


dimostrabile che il bianco (a cui spetta la prima mossa) vincerebbe con [e3, Qf3/Qg4]
indipendentemente dalle mosse del nero. 89

Del resto, osservando il gioco dal punto di vista dei suoi giocatori, o anche degli
spettatori e degli appassionati, l'affermazione dell'arbitrarietà dei contenuti del suo
obiettivo scompare del tutto. Lo scopo è chiaro, ancorché convenzionale, come ogni
oggetto culturale anteriore all'investimento da parte di Soggetti all'interno di sistemi
assiologici. Si direbbe invece che la “mancanza assoluta di scopo”, di quel “supremo
scopo finale” che è stato cercato da alcune correnti filosofiche sia piuttosto il risultato di
una Retorica che oppone (valorizzandolo o meno) al gioco: a) la “sensatezza” della vita
umana b) la “motivazione” del lavoro umano. Dire di più potrebbe farci perdere il
nostro oggetto iniziale.

Al contrario, è intuibile dagli esempi che a partire dalla natura convenzionale di un


obiettivo, tutto il sistema si orienta (nei suoi valori) per mantenere le possibilità di
manovra del sistema; così come giocando a Scopa, il seme di denari è scelto
arbitrariamente, tra tutti, come elemento che accumulato fa guadagnare un punto, il
gioco si basa sull'opposizione con le altre carte/combinazioni che permettono di ottenere
punteggio (la scopa, primiera, carte). In maniera speculare, il seme di briscola cambia
ad ogni partita, ma definisce stabilmente dei rapporti di potere tra le carte
modificandone le combinazioni; se così non fosse (se ad esempio, fossero solo le carte

87 Come quello ideato da Leo Ortolani per il suo fumetto Rat-Man; il protagonista, naturalmente, riesce
a sbagliarlo.
88 Al contrario, esistono cubi “semplificati” di 2x2x2, o cubi-varianti con forme e colori più numerosi;
da notare che anche il cubo semplificato (che può essere risolto in pochi minuti) presenta comunque
più di XXX posizioni [http://en.wikipedia.org/wiki/Pocket_Cube]
89 Questa caratteristica, che è molto simile all'equilibrio del Tris, lo rende infatti un gioco per l'infanzia
di cui ci si stufa appena si comprende le meccaniche.

88
d'oro a costituire la briscola) avremmo o un equilibrio del tutto diverso (con l'asso e il
tre in cima alla priorità delle carte) oppure potremmo non avere del tutto “gioco” (come
nel caso di una partita di Tris in cui sarebbe sufficiente barrare due caselle per vincere).

A titolo provvisorio, si può affermare che i rapporti creati tra gli elementi del gioco e i
suoi obiettivi determinano relazioni strutturali e necessarie, in certi gradi, per mantenere
il sistema in equilibrio tra le sue prescrizioni e interdizioni, e il margine di azione
accordato ai giocatori. Tutto questo vale anche per giochi diversi dai giochi da carte e da
tavolo, come gli sport o i giochi di abilità, anche se in alcuni casi può essere più
difficile, quando non sono presenti degli obiettivi prestabiliti, comprendere il rapporto
tra le azioni dei giocatori e i limiti del sistema. 90

riassumendo, il gioco poggia sicuramente sul piacere di vincere l'ostacolo, ma un


ostacolo arbitrario, quasi fittizio, istituito alla misura del giocatore e da lui accettato. La
realtà non ha di queste delicatezze.91

Variazioni nei Programmi Narrativi

Tornando all'analisi dei PN dei soggetti, l'enorme varietà dei giochi e dei loro
regolamenti non permette di definire tassonomie precise di gioco; al tempo stesso,
alcune distinzioni spesso utilizzate possono non essere pertinenti da un punto di vista
semiotico, ma possono costituire la base per formulare categorie che le fondano o le
attraversano.

Innanzitutto, la distinzione tra giochi solitari/singolari (single player) e i giochi “sociali”


o multigiocatore (multiplayer),92 anche se spesso chiamata in causa, non sempre è
rilevante, poiché a livello semionarrativo non è il numero di attori ad essere preso in
considerazione, ma il numero e i percorsi degli attanti che li sottendono; difatti, ad un
certo livello di astrazione, tra giochi MP di tipo esclusivamente collaborativo e giochi
SP non c'è differenza, integrando entrambi un unico Soggetto a livello attanziale, che
può scomporsi in numerosi Attori, i quali possono eseguire PNu differenziati senza per
questo dover esplicitare la presenza di più soggetti a livello semionarrativo; a conferma
90 In particolar modo, è questo il caso dei giochi infantili e di quelli imitativi. La loro fine è determinata
da un principio di soddisfazione del giocatore stesso; in questo, assomigliano ad alcuni videogiochi
detti “Theme Park”, o ai giochi di Will Wright (Sim City, The Sims, Spore etc)
91 R. Caillois, I giochi e gli uomini, p.15
92 Termini che per comodità ho tratto dal mondo dei videogames, ed in particolare dagli RTS

89
di ciò spesso i giocatori vengono considerati sineddoticamente: il gruppo, la squadra etc.

Più interessante è la distinzione tra fattore competitivo e collaborativo, presenti


simultaneamente o esclusivamente nei singoli giochi: le partite di scacchi o carte
appartengono al primo tipo, molti giochi di ruolo sono un esempio del secondo e gli
sport di squadra integrano i due. In questo caso la differenza consiste nella presenza, nel
gioco competitivo, di un'opposizione tra Soggetto e Antisoggetto, entrambi intensionati
allo stesso OdV e in lotta per la vittoria (per il gioco competitivo), mentre nei giochi
collaborativi l'opposizione è tra la competenza del Soggetto e le resistenze del Sistema.

Un'altra differenza rilevante semioticamente, ma generalmente trascurata, riguarda due


tipi differenti di giochi competitivi, a seconda dell'interazione possibile tra gli avversari;
in alcuni giochi ogni soggetto sviluppa il proprio PN indipendentemente dagli
Opponenti, senza possibilità di interagire o di essere ostacolato da questi ultimi: è la
struttura di molte gare olimpiche, dal nuoto al tiro al bersaglio, al salto con l'asta e così
via.

In queste gare, ogni giocatore compie la propria Performance al meglio delle sue
possibilità, e il confronto finale con gli altri giocatori è determinato sulla base del
miglior risultato, attraverso una Sanzione basata su un punteggio prestabilito oppure da
una giuria, sulla base di un sistema assiologico complesso. In questo senso, gli altri
giocatori costituiscono solo un'ombra di avversario, nel momento in cui ogni giocatore
esegue il suo turno, sono presenti solo attraverso la negazione del loro status di Soggetti
(sono perciò dei Negattanti-soggetto), e non possono in nessun modo costituire
un'opposizione alla performance del Soggetto.

Al contrario, nei giochi competitivi a cui siamo più abituati (sport a squadre, giochi di
carte etc) i PN dei giocatori interagiscono tra di loro, generalmente tentando di
danneggiarsi a vicenda, di aumentare il vantaggio a scapito degli altri, e così via; in
questo caso ogni PN deve essere considerato attraverso la paradigmatica dei PN dei
diversi soggetti, che costituiscono gli uni per gli altri la funzione di antisoggetti veri e
propri. Per comodità, chiamo questi giocatori avversari, mentre i giocatori precedenti
possono essere considerati rivali. La proiezione sullo schema può aiutare:

90
Questa differenziazione tra i PN si trasmette a diverse caratteristiche della struttura di
gioco, in generale alla divisione/condivisione dello spazio e del tempo: è evidente che
nelle gare tra rivali il campo di gioco è identico, ma viene occupato solo da un
giocatore/squadra alla volta (come nel rally, nel lancio del disco, o nel golf) oppure
viene ulteriormente segmentato in modo che i giocatori non abbiano contatti tra di loro
(come nell'atletica leggera o nel nuoto); mentre nelle gare tra avversari la compresenza
nel campo è una costante, e talvolta il campo viene ulteriormente segmentato
(pallavolo) ponendo dalla parte avversaria l'obiettivo di ogni squadra/giocatore (basket
o calcio). Per quanto riguarda i PN, i secondi sono naturalmente più complessi ed
articolati.

Ma la differenza fondamentale, che determina la separazione netta tra i PN dei Soggetti,


è legata alla struttura del PN finale e alle caratteristiche proprie della circolazione degli
OdV. Nei giochi come il nuoto o il rally ogni giocatore che termina il percorso senza
errori/infrazioni/infortuni ha rispettato il suo PNu, e verrà valutato attraverso un
confronto/sanzione tra gli OdV (le performance) di tutti i partecipanti, che ha come
obiettivo la misurazione della Valenza semiotica (il valore dei valori, una tassonomia
gerarchizzata degli OdV intensionati dal soggetto). In alcuni casi è il Cronometro a fare
da destinante, in altri è una giuria, ma ciò che è importante è che l'universo degli
Oggetti-di-Valore è prestabilito (determinato dalle regole del gioco e non ampliabile)
condiviso (il valore appartiene virtualmente a tutti i partecipanti) e diffuso (il valore può
essere condiviso senza causarne la perdita). La sanzione finale opera sulle Valenze di
OdV specifici e innegabili.

Al contrario, nei giochi come Poker, Scacchi o gli sport, alla base della riuscita dei PNu
dei soggetti sta fondamentalmente una struttura polemica, in cui uno o più OdV sono

91
messi in gioco e contesi a diversi livelli; come il possesso del pallone è fondamentale
per poter segnare, così il possesso del campo o la possibilità di mangiare pezzi o
guadagnare le carte avversarie è condizione prioritaria di un sistema di vantaggio;
sistema che si basa allora su operazioni narrative assimilabili alla categoria della Prova
(Appropriazione vs Spoliazione), su un “repertorio” di OdV limitato o comunque
definito. In questo caso la circolazione dei valori è sempre prestabilita, ma esclusiva (il
valore viene conteso solo attraverso la lotta per gli Oggetti-di-Valore) e limitata
(soggetta a restrizioni in un numero predeterminato di Odv).93

Un ulteriore dicotomia riguarda i PN dei giocatori: esistono alcuni giochi, soprattutto


recenti, in cui gli obiettivi non sono univoci per i partecipanti; possono essere, ad
esempio, semplicemente simmetrici, nel caso che i giocatori debbano ottenere differenti
OdV ma con modalità identiche (un esempio è il famoso gioco Risiko, molti Wargames
e in misura minore Guardia e Ladri, Nascondino etc) oppure possono essere
asimmetrici, nel caso in cui i giocatori debbano rispettare delle regole definite e agire
differentemente dagli altri giocatori (è il caso di moderni giochi di carte come Bang94, o
della totalità dei giochi di ruolo che includono un Regista o Dungeon Master 95). In
alcuni casi questi giochi sono analizzabili in maniera simile ai giochi tra rivali, ma in
genere nel caso di interazioni complesse è impossibile precisarne lo statuto senza una
analisi Testuale approfondita.

Infine, un ultimo punto di interesse può essere analizzato a partire da confronti tra le
tipologie di PN dei giocatori, e in questo caso da un esempio di gioco. Nel gioco per
bambini che si chiama Rubabandiera, si formano due squadre in competizione
(avversarie) che lottano per guadagnare più punti possibile in un lasso di tempo/turni
determinato; ogni turno, l'arbitro al centro del campo chiamerà un numero, che
corrisponde ad un giocatore per ogni squadra, che dovranno correre per prendere il

93 In maniera simile all'universo di valore “chiuso” di Maupassant e Pinocchio, analizzati da P.Fabbri e


Greimas in Del senso.
94 Nel gioco di Carte Bang, ogni partecipante ottiene un ruolo all'inizio della partita (Sceriffo, Vice,
Fuorilegge, Rinnegato): lo sceriffo deve “eliminare” i fuorilegge, il vice deve far sì che lo sceriffo
rimanga in vita, i fuorilegge devono uccidere lo sceriffo e il rinnegato deve rimanere l'ultimo
giocatore in vita.
95 In Dungeons and Dragons, ad esempio, il DM crea la storia e impersona gli avversari dei giocatori
(PG), ma il suo scopo è quello di far vincere i giocatori e fargli apprezzare la partita; il suo ruolo
occupa alternativamente le posizioni dell'Avversario, del Alleato e del Neutrale, subordinate al suo
ruolo di Alleato/Regista.

92
fazzoletto tenuto in mano al centro del campo e riportarlo alla base per ottenere un
punto; se un giocatore prende il fazzoletto, ma viene raggiunto dall'altro e toccato, il
punto va alla squadra avversaria.

In questo gioco, come in molti giochi di abilità per l'infanzia, abbiamo una struttura
rigida dei turni, iterativa, e una meccanica di gioco semplice, basata su un numero
minimo di regole; ma ciò che è importante è che, per quanto riguarda i PN dei soggetti
avversari, non esiste nessun margine di scelta (non-ingiunzioni) ma solo un sistema
prescrittivo; ogni bambino deve prendere il fazzoletto e, nel caso non ci riesca, deve
toccare l'avversario. Tutto si basa, in effetti, sulla Competenza (correre) dei soggetti:
l'unico “margine di gioco del sistema”, come abbiamo chiamato nel capitolo precedente,
consiste:

a) nel fatto che la competenza non conta in sé, ma in relazione a quella dell'avversario.
Questo crea un sistema di combinazioni possibili che può far pendere l'equilibrio del
gioco su una squadra o l'altra.

b) nel fatto che la competenza dei giocatori non è “leggibile” o prestabilita, ma è in


qualche modo nascosta e non comune ai giocatori. 96

Numerosi giochi e sport presentano in maniera simile, un sistema minimale che


raggruppa dei PN d'uso (guadagnare un punto) attraverso un semplice Performance che
ha come risultato la messa in gioco del Saper-Fare dei giocatori; le Scelte del giocatore,
il margine di gioco formato dal rapporto tra le prescrizioni e le opzioni, è ridotto al
minimo. Il sistema di gioco collega dei PNu molto semplici ad una loro iterazione, e
produce una combinatoria in base ad un alto numero di opposizioni minimali.97 Per
semplicità, definiamo questi giochi a tendenza “iterativa” (o iterativi).

In altri tipi di giochi, al contrario, i PNu con i loro sotto-programmi non presentano
immediatamente dei vantaggi esplicitati dalla struttura leggibile del gioco (come il
punteggio), ma presentano combinatorie di azioni ad un alto numero di variabili, che

96 In realtà spesso le maestre cercano, in questo gioco, di accoppiare i ragazzi in modo da creare due
squadre equilibrate, conoscendo l'abilità di parte o tutti loro.
97 il gioco del fazzoletto, in effetti, presenta questa possibilità almeno a livello virtuale, già quando
l'avversario può toccare il giocatore prima che questi raggiunga la base: possiamo ipotizzare che a
livello intuitivo esista la scelta di correre “verso l'avversario” piuttosto che “verso la bandiera”.

93
devono essere affrontate dal giocatore comparando un numero talvolta molto alto di
Scelte (Opzioni del sistema di gioco, il cui risultato dipende dalle azioni dei giocatori)
che si escludono a vicenda, secondo dei sistemi assiologici interni al gioco, ma senza
una gerarchia predefinita. Una singola mossa, a Scacchi, può permettere di mangiare un
pezzo avversario, o di occupare una casella importante del gioco, ma non si ha la
certezza che nell'economia generale del gioco quella possibilità sia migliore di un'altra;
abbiamo visto nel capitolo precedente che lo scambio di un alfiere con una torre (pezzo
molto più “efficace”) non solo impedisce al Bianco di giocare Matto, ma lo fa subire.

In maniera simile, anche in giochi come il Cubo di Rubik, o Poker, e in certi frangenti le
mani o le combinazioni di un giocatore possono essere “rimesse in gioco” e hanno
un'importanza solo virtuale all'interno di una partita; nel caso del cubo, poiché il
giocatore può (in alcuni casi deve) essere costretto a disfare quanto ha fatto, nel caso del
poker perché il vantaggio ottenuto (in fiches o denaro) può essere annullato ad ogni
mano successiva a seconda della puntata.

A differenza del primo tipo di giochi che ho indicato, in questi sistemi l'asse delle
combinazioni tende ad essere molto alto, poiché ad ogni Prescrizione (la mossa del
turno, la puntata da coprire) corrispondono numerose Opzioni; ma non esiste una
sanzione esplicita sui PNu definita attraverso una tassonomia definita e accettata dal
sistema delle regole (come il punteggio). I giochi che presentano questa tendenza si
caratterizzano così per l'intelligenza sintagmatica richiesta al giocatore (che deve
valutare il valore delle sue scelte anche in funzione delle azioni successive) e per quella
che si può definire intelligenza paradigmatica, la capacità di costruire Sanzioni su
Valenze complesse, che confrontano diversi sistemi di valori messi in campo dal gioco e
le loro variazioni in un dato momento. Definiamo questi giochi a tendenza decisionale
(o decisionali).

A livello di PN dei giocatori, la differenza fondamentale tra le due tendenze di gioco è


evidente: i giochi iterativi sono sistemi in cui l'asse del Vantaggio si misura in base ad
una dimensione unica, ed un unico PN: i metri percorsi, il tempo impiegato e così via, il
PN è uguale per tutti i giocatori, e non esistono sistemi di azione/reazione
interindividuale; mentre nei giochi decisionali, ogni PNu (frutto di una Scelta) si può
contrapporre ad un PNu contrario e opposto (una risposta) da parte dell'avversario; le

94
dimensioni su cui si può situare l'asse del Vantaggio sono molteplici, e la gerarchia dei
valori non è mai perfettamente definita; addirittura, si può supporre che i due PNu
(appropriazione vs perdita degli Odv) funzionali alla vittoria debbano essere
contemporaneamente perseguiti da ogni giocatore; così come a scacchi, o a calcio non si
può solo mangiare o segnare, ma si deve anche impedire agli avversari di mangiare e
segnare, e soprattutto trovare un equilibrio tra l'attacco e la difesa.

Queste osservazioni iniziali non costituiscono una tassonomia esaustiva delle regole dei
giochi, esemplificano solo alcune differenze generali dei PN mettano sempre in campo
diversi concetti semiotici, presentati negli scorsi capitoli: innanzitutto il concetto di
Valore semiotico, a cui si collegano sia la risoluzione degli Obiettivi di gioco, al
Vantaggio o alla Scelta; e infine alcune caratteristiche degli “elementi” di gioco, che
finora avevamo considerato semplicemente come “pezzi”. Passiamo quindi subito alla
questione dello statuto dell'universo valoriale dei giochi e del suo funzionamento.

Il gioco, le valenze, i valori

Possiamo iniziare distinguendo in maniera più netta quanto abbiamo detto


precedentemente per i Valori dal punto di vista linguistico, e dal punto di vista
semiotico: la definizione del Dizionario ci permette una serie di osservazioni:

Valore

2. è F. De Saussure che ha il merito di aver introdotto il concetto di valore


linguistico: constatando che il senso risiede nelle differenze colte fra le parole, egli
pone il problema della significazione* in termini di valori relativi che si determinano
gli uni in rapporto agli altri. Ciò ha permesso l'elaborazione del concetto della forma*
del contenuto* (Hjelmslev) e la sua interpretazione come insieme di articolazioni*
semiche. In linguistica il valore può essere quindi identificato col sema* preso
all'interno di una categoria* semantica (e rappresentabile con l'aiuto del quadrato
semiotico).

[…]

3. Una categoria semantica, rappresentata tramite il quadrato semiotico, corrisponde


allo stato neutro, descrittivo, dei valori investiti; visto il loro modo di esistenza*, si dirà
che si tratta, a questo livello, di valori virtuali*. La loro assiologizzazione* appare solo

95
con l'investimento complementare della categoria timica che connota come euforica la
deissi* positiva, e come disforica la deissi negativa. Questa categoria è di ordine
propriocettivo*, quindi l'investimento timico è concepibile solo nella misura in cui tale
valore -articolato nel quadrato- è messo in relazione col soggetto*. Ciò conferma che i
valori non sono assiologizzati – e, da virtuali divengono valori attualizzati* - se non
quando sono versati nei quadri previsti per loro all'interno delle strutture narrative di
superficie, e, più precisamente, quando sono investiti negli attanti*-oggetti degli
enunciati di stato*. In questa istanza i valori restano attuali finché sono disgiunti dai
soggetti che sono allora solo soggetti secondo il volere*: la congiunzione* con
l'oggetto di valore, effettuata a profitto del soggetto, trasforma il valore attuale in
valore realizzato*.

[…]

5. Il riconoscimento di programmi narrativi complessi ha condotto la semiotica


narrativa a distinguere i valori d'uso dai valori di base; la banana che la scimmia
cerca di raggiungere è un valore di base, mentre il bastone che la scimmia andrà a
cercare per eseguire il programma sarà un valore d'uso.

6. Il discorso narrativo si presenta spesso sotto la forma di una circolazione di oggetti


di valore; la sua organizzazione può allora essere descritta come una successione di
traslazioni* di valori. Un modo particolare e complesso di traslazione è quella dello
scambio* di valori; tale operazione implica, nel caso che i valori scambiati non siano
identici, la loro valutazione preventiva; un contratto fiduciario* si stabilisce così fra i
soggetti che partecipano allo scambio, contratto che fissa il valore di scambio dei
valori in gioco.98

Abbiamo così alcuni punti che si collegano a quanto abbiamo visto finora:

1) i valori dell'universo semantico di riferimento (il nostro gioco) esistono solo come
valori virtuali, finché non sono surmodalizzati dalla categoria timica (euforia/disforia) e
messi in relazione con un Soggetto; in questo modo le categorie semantiche che
avevamo individuato nel capitolo precedente diventano valori Attualizzati (disgiunti dal
Soggetto) o Realizzati (congiunti con il Soggetto); l'investimento del quadrato delle
interazioni semiotiche mostrato da Greimas è così suscettibile di mostrare le interazioni
tra i sistemi di Valori (una volta assiologizzati) in rapporto reciproco, nei confronti del

98 A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario

96
sistema delle regole (prescrizioni/interdizioni etc) e nei confronti delle scelte del
Soggetto.

2) La circolazione dei Valori, che abbiamo introdotto analizzando i due modelli della
competizione, può avvenire all'interno di Scambi, Appropriazioni o Comunicazioni di
valori; il risultato cambia a seconda delle caratteristiche che reggono questi processi nei
giochi, delle tipologie di OdV presenti e delle regole che condizionano i loro
movimenti.

3) Lo scambio e la circolazione dei Valori implicano la riflessione sulla Valenza, allo


stesso modo in cui le scelte operate dai giocatori sono costantemente basate su paragoni
tra i Valori d'uso delle mosse, e sulla possibilità di ottenere Vantaggio di gioco da
queste scelte. La scelta si collega all'intelligenza sintagmatica e paradigmatica dei
giocatori, ma permette di capire anche, in un determinato gioco, quali sono le gerarchie
di valore giocate a partire dalle possibilità della struttura.

É possibile approfondire il funzionamento dei sistemi di valori all'interno di alcuni


giochi. Nel capitolo precedente sono stati mostrati alcuni esempi delle categorie
semantiche presenti in un gioco come scacchi; una loro rappresentazione esaustiva
richiederebbe un studio complesso, dalla ricerca degli elementi minimali all'attribuzione
di significato alle mosse più comuni, ai valori messi in gioco durante le combinazioni di
mosse, all'analisi di partite “storiche” e così via.

Per questo motivo è ora più semplice partire da uno dei sistemi a “tasso di scelta
minimo”, come venivano chiamati prima, che grazie alla loro struttura iterata, alla
presenza di un PN minimo che viene ripetuto al livello generale, sono più semplici da
analizzare in prima battuta. A partire da uno sport come, ad esempio, una gara di nuoto,
categoria 100mt (qualsiasi stile non libero).99 In una gara del genere, sono implicate
numerose categorie:

a) un sistema di restrizione delle azioni (lo stile di nuoto), a cui corrisponde


un'assiologia per distinguere una buona tecnica da una cattiva; naturalmente, lo stile
corretto è la manifestazione di un saper-fare che avvicina il soggetto alla vittoria.

99 Vedremo in seguito cosa comporta lo stile libero, inteso come possibilità di scelta della tecnica da
utilizzare.

97
b) delle capacità individuali di ordine fisico, come la potenza muscolare, il peso ridotto,
la conformazione, la stamina e così via;

c) il risultato delle capacità sia fisiche che tecniche, che si possono sintetizzare con
“velocità” (a nuotare), una categoria complessa e soprattutto collegata ad altre capacità
e categorie.

d) uno stato di forma (potremmo dire “salute”) sia fisico che mentale, che permette il
massimo rendimento e che non si sovrappone a nessuna delle categorie precedenti, ma
tende a sviluppare e massimizzare i risultati di tutte.

e) al di là delle capacità individuali sanzionate, alcune categorie che rendano conto del
senso dello spazio, orientato secondo il percorso lineare dei nuotatori, su cui si
proiettano i termini del vantaggio e dello svantaggio, della ripresa e del distacco.

f) un codice dell'attitudine verso le regole, del comportamento, che distingua l'errore di


esecuzione dall'inganno volontario, la condotta regolare da quella irregolare.

Non essendo uno studio esaustivo è sempre possibile individuare altri valori, verificare
le interazioni necessarie tra i sistemi indicati, o scomporre le categorie individuate in
semi minimali o magari collegabili ad altri sport; come si è visto ognuna delle categorie
precedenti è già il risultato di una sommatoria di tratti non perfettamente sovrapponibili
(sarebbe sempre possibile scomporre, ad esempio, la forma in fisica e psicologica, o la
potenza muscolare dalla resistenza, e così via); in più ho volutamente evitato il discorso
dello stile di nuovo (e delle norme che condizionano questo stile), e infine ho
considerato il PN come unico, quando sarebbe sempre possibile riconoscere nei gesti
dell'atleta alcune fasi fondamentali della gara (Partenza, Vasca, Virata) con i loro propri
sotto-programmi, e riconoscere determinati sistemi di valore come appartenenti solo ad
una o all'altra fase, o distinguere sottosistemi di valore all'interno dei vari sPN.

Nel caso di sport come questi, in cui il piano dell'Espressione è il risultato dell'incrocio
di semiotiche gestuali e corporee con rapporti spaziali orientati, è possibile dire che
esiste una tendenza alla sovrapposizione tra Competenza e Performance; anziché
costruire il PN su uno o più interazioni tra le categorie, questa categorie si manifestano
invece al momento della sanzione, come “motivazione” del successo di un atleta

98
rispetto ad un altro; al risultato “evidente” si sovrappone così un complesso sistema di
Valenze per giustificare la vittoria sulla base del massimo livello possibile di uno o più
valori chiamati in causa dal sistema. Ecco una veloce rappresentazione:

La sanzione presuppone così che la supremazia guadagnata sul campo, il Vantaggio


proiettato sullo spazio, debba rispecchiare la supremazia della Competenza, in una o in
tutte le sue parti; questa caratteristica, difatti, rispecchia ciò che Caillois sosteneva a
proposito del principio dell'Agon: la massima uguaglianza possibile delle regole deve
far risaltare la disparità delle doti individuali.

L'esempio appena mostrato potrebbe essere reso più complesso e ampliato, come
dicevo, ma sarà ripreso soltanto a proposito dello stile. L'obiettivo era solo mostrare il
funzionamento ad un livello generale di un sistema di valori di un gioco e della sanzione
della Performance individuale.

Passiamo ora al secondo punto da affrontare, ovvero la circolazione dei valori

99
nell'universo di gioco; abbiamo detto che, a seconda delle tipologie di gioco, possiamo
essere in presenza di sistemi in cui i valori circolano liberamente secondo un modello
comunicativo (il valore viene trasmesso dal Destinante ai Soggetti senza limitazioni)
come quello che abbiamo appena visto, oppure in presenza di un universo chiuso, dove i
valori sono fondamentalmente contesi tra i soggetti nella forma degli OdV;
naturalmente, sotto un certo punto di vista la presenza di una Sanzione sulla Valenza
può far pensare che il valore appartenga solo al vincitore; in realtà, un solo giocatore (o
una squadra) ottengono la vittoria, ma ciò non nega il valore messo in campo degli altri
giocatori, che permane, nonostante venga considerato di un grado inferiore, non
sufficiente; così come il Valore degli oggetti di uno scambio non viene annullato del
tutto dalla presenza di un valore maggiore relativo ad uno dei due oggetti.

Al contrario, in un sistema in cui la circolazione dei valori avviene attraverso processi di


Appropriazione e Spoliazione degli OdV, nascono nuove questioni sulla natura di questi
ultimi e sulla loro circolazione. Se questi oggetti sono ritenuti finiti e non comunicabili,
nasce nei giochi un confronto non solo tra i valori d'uso stessi ed il loro possesso, ma
anche sulla Valenza dei diversi valori di cui un giocatore si appropria in un dato
momento; nasce subito la domanda su quali oggetti siano più importanti di altri e in
quali interazioni di PN possano essere utilizzati al meglio; mentre i giochi a tendenza
iterativa presentano la Valenza come riflessione del sistema assiologico della
Competenza, qui ad essere messo in discussione è il confronto tra valori e la verifica
della loro efficacia per le Scelte del soggetto.

Un confronto con i giochi a tendenza Decisionale può essere esemplificato attraverso un


gioco come il Tris; ho prima indicato questo gioco come un sistema in cui il numero
delle combinazioni è relativamente basso, uno dei primi sistemi in cui è possibile
risalire alla combinazione “migliore” per assicurarsi la vittoria, permettendoci di
comprendere in maniera efficace cosa succede quando la circolazione dei valori (d'uso)
è limitata alle scelte dei giocatori su oggetti disponibili.

Nel Tris, l'universo dei valori è fornito dalla relazione tra i PNu dei giocatori (occupare
una casella a scelta con il proprio segno) e l'obiettivo di gioco (creare una linea di tre
segni contigui); seguendo ciò, i segni in sé hanno solo carattere distintivo /
rappresentativo dei giocatori, mentre l'appropriazione dello spazio (delimitato nelle

100
nove caselle) gioca un ruolo determinante. Un giocatore è obbligato a occupare una
casella a turno, ma il “senso” della casella è collegato alla possibilità di combinare un
Tris (proiezione del Vantaggio sulla sintagmatica di gioco); ecco quindi che
l'occupazione degli spazi “migliori” sarà l'obiettivo che guiderà la scelta dei giocatori, e
a livello di sistema sarà possibile definire una topologia dello spazio assiologizzata su
cui vengono proiettati i valori attribuiti dai giocatori alle caselle. Dal punto di vista
sintagmatico, i rapporti di posizione in un dato momento tra le caselle indicheranno
percorsi abortiti o possibili, contribuendo ad aumentare o diminuire il valore sistemico
dello spazio, sempre e solo in relazione della combinazione del Tris che in quel
momento è realizzabile.

Rimanendo al livello del sistema di valori, senza concentrarci sui motivi delle scelte dei
giocatori (che riguarderanno il prossimo capitolo), possiamo indicare una serie di
categorie semantiche provvisorie;

a) distinzione minima tra il proprio (oggetto/segno) e l'altrui [categoria


dell'individualità]

b) possesso dello spazio di gioco (le caselle) da parte dei giocatori [occupazione]

c) una topologia dello spazio di gioco e dei tipi di caselle [articolazione spaziale]

c) lo stato relativo di ogni segno rispetto allo spazio che lo circonda [relazione
semantica]

d) la “situazione di gioco” e lo sviluppo dello spazio [relazione sintagmatica]

e) operazioni di “guadagno” e perdita di possibili percorsi del Tris [relazioni di


giunzione]

Per semplicità considereremo l'avversario come un automa che, incapace di eseguire


ragionamenti sul senso del gioco, occupa una casella qualsiasi ogni turno. In questo
modo, non sarà niente altro che un ostacolo nel percorso del Soggetto, che riduce le
possibilità di combinazione.

Indipendentemente dalle azioni dell'avversario, il valore di una mossa per un giocatore

101
dipenderà così da un solo fattore: la possibilità che quel segno, piazzato in quella
casella, porti avanti la strategia del Tris o meno. Questo vuol dire che, dal punto di vista
del soggetto, lo spazio di gioco e la posizione delle caselle si converte in un sistema di
aspettative virtuali possibili riguardanti il suo PN, e contemporaneamente il programma
si compone di scelte che confrontano il valore di ogni mossa possibile in un dato
momento (valenza); possiamo così tentare di definire l'interazione delle strutture
semiotiche assiologiche del gioco, partendo dall'equilibrio del Sistema e in seguito
mostrando le modificazioni che avvengono durante il processo. Prima però, una
rappresentazione almeno generale dei sistemi:

A cui aggiungiamo la griglia topologica utilizzata per “leggere” il piano


dell'espressione, il quale essendo simmetrico e speculare (può essere rotato senza
ottenere nuovi elementi) presenterà solo 3 elementi: Centro, Angolo, Lato (C, A, L):100

A L A
L C L
A L A

abbiamo detto che il valore investito in una casella, se “occupata” da un giocatore, sarà
direttamente proporzionale alla loro possibilità di garantire il “buon gioco” al
Programma Narrativo: se analizzando il nuoto il “buon gioco” (Leggibile attraverso il

100 Da notare che la presenza di un sistema di caselle non orientate (come al contrario avviene nel gioco
dell'oca) è uno dei caratteri più semplici per creare un sistema di scelta, anche minimale, basate su
posizionamenti o movimenti.

102
vantaggio spaziale in un dato momento) veniva sanzionato in base ad un sistema di
valori fisici, psicologici etc, qui il sistema dei valori che possiamo immaginare è
unicamente legato alla possibilità di ottenere un tris (valore posizionale).

Il sistema di valori quindi, si basa sull'interazione tra il sistema delle posizioni sulla
casella, l'appartenenza dei segni agli schieramenti e le linee virtuali (collegato-
collegabile) dei percorsi narrativi ipotetici del soggetto.

A partire da questo sistema di interazioni virtuali, a differenza del Nuoto, possiamo già
individuare alcuni confronti tra questi sistemi di valori e le combinazioni più “efficaci”
(a priori); in effetti, è chiaro che l'assiologizzazione di questi valori porta innanzitutto a
stabilire che alcune combinazioni di categorie sono da preferire rispetto ad altre, per il
PN della vittoria.

Ad esempio, è chiaro che, anteriormente ad ogni presupposto, un Soggetto considererà


l'interazione Collegato + Proprio (due proprie pedine vicine) preferibile rispetto a
Separato (due pedine non combinabili neanche a distanza), e l'interazione
Proprio+Occupato preferibile rispetto ad Altrui+Occupato; così come la combinazione
Proprio+Occupato+Collegato sarà preferibile a Proprio+Occupato+Separato. Sempre
mantenendoci a livello di Valenze (valori dei valori) apriori del sistema, possiamo
rappresentare tutto questo sul piano topologico, e trarne alcune conseguenze, a seconda
del numero ipotizzabile di tris “virtuali” che ogni casella permette. Ecco:

Centro Angolo Lato


A L A A L A A L A
L C L L C L L C L
A L A A L A A L A

Tutto questo crea 1) dei PNu virtuali, a livello di simulacri attualizzabili e realizzabili,
delle azioni dei soggetti 2) un'assiologizzazione minima sulla base di questi PN, che
corrisponde ad una delle intuizioni frequenti nei giocatori di Tris: Occupato + Proprio +
Centrale è un'interazione di categorie semiche preferibile a Occupato + Proprio +
Laterale; al contrario, Minacciata + Altrui + Centrale è peggiore di Minacciata + Altrui
+ Laterale, a meno che, ad esempio, non si aggiunga + Interrotta (con il quale, la
combinazione diventa inoffensiva). Si potrebbero fare molti altri esempi, fino ad

103
esaurire le possibili combinazioni; ma basterà ora mostrare come, durante la partita, le
categorie possono modificare la loro valenza a seconda della situazione di gioco. Basti
un esempio (inizia Croce):
2 3 X O
O X O X O
1 5 6
X X X X O X X O

O
4
O X7 O

a) b) c) d)

Croce inizia rispettando la gerarchia dei valori delle posizioni, mentre Cerchio risponde
utilizzando la peggiore “risposta” possibile, Lato; anche la seconda mossa del primo
giocatore utilizza la casella dal valore più alto possibile (Angolo), e Cerchio è costretto
a rispondere Angolo perché minacciato; ma la terza mossa del primo giocatore è Lato,
che gli garantisce la vittoria allo stesso modo dell'Angolo contiguo, e a differenza
dell'altro Angolo libero; anche Cerchio, in caso di doppia minaccia, avendo perso, può
considerare identiche nel valore le sue due risposte (Lato e Angolo). Le possibilità di
“gioco” del tris non sono molte, ma sono sufficienti a mettere in gioco variazioni
sintagmatiche dei valori, durante la loro “messa in gioco” nella partita, dovute alle
azioni dei giocatori e alle loro scelte.

È ora chiaro in cosa consista la natura chiusa dell'universo degli OdV nel Tris; lo spazio
di gioco è limitato non in quanto spazio in sé, ma in quanto terreno di sottrazione e
guadagno di quei valori che sono le combinazioni virtuali tra le pedine; ogni giocatore,
quando l'avversario posiziona un segno, viene privato non dello spazio in sé, ma dei
suoi progetti di dominio dello spazio, che vengono ridotti più o meno a seconda di dove
è stato posizionato il segno dell'avversario.

Ma dato che a turno ogni giocatore occupa ugualmente una casella, non è importante la
semplice casella, ma la casella che ha ancora delle “vicine” libere, in modo da
permettere un tris. A questo punto, da una parte l'obbligo di piazzare il proprio segno fa
“guadagnare” una casella, ma fa “perdere” ad entrambi i giocatori caselle virtuali per i
percorsi (e le fa perdere due volte quando gioca l'avversario); quindi possiamo dire che
ogni azione dei giocatori, da un lato trasforma il neutro in proprio, dall'altro riduce il
collegabile, trasformandolo o in Collegato o in Interrotto; così, i soggetti, giocando,

104
acquistano e perdono possibilità di compiere il Tris, ed ogni azione di un giocatore
corrisponde ad un'Appropriazione (della casella) e contemporaneamente, per l'altro, ad
una Spoliazione (dei percorsi virtuali “riempibili” dai segni); percorsi virtuali che sono,
alla base, in numero limitato.

Poiché le combinazioni sono limitate, ed ogni mossa restringe la possibilità di


realizzane alcune, ogni pezzo avversario può interrompere o bloccare lo sviluppo di un
proprio pezzo; e data la natura particolarmente ristretta del campo, è facilmente
dimostrabile che nel Tris sono presenti solo due “tipologie” di vittoria; per errore
dell'avversario (che non vede 2 simboli avversari collegati e un terzo libero) oppure per
Combinazione perfetta,101 che consiste nel minacciare due tris contemporaneamente
(come nel nostro esempio C). Tutte le altre partite, con giocatori che conoscono
perfettamente il gioco, finiranno in patta.

Passiamo infine all'ultimo punto, la riflessione sulla Valenza, la gerarchia dei valori;
quest'ultima si presenta, come abbiamo visto, in alcuni momenti principali: nello
“scambio” di Oggetti-di-Valore, secondo il contratto fiduciario e prestabilito che
accompagna la Sanzione, da cui dipende l'uguaglianza dei valori messi in gioco; in
secondo luogo, quando il soggetto deve effettuare una Scelta all'interno di una serie di
PNu in esclusione reciproca, tentando di valutare il Vantaggio che otterrà da ognuno di
essi; prima ancora, quando nei giochi iterativi è la Sanzione sulle performance dei
soggetti a decretare il vincitore; e infine, in casi come nel Tris, in cui lo Schema di un
gioco, prima di ogni sviluppo o processo, stabilisce dei rapporti di potere tra elementi e
azioni virtuali, alcune più convenienti rispetto agli obiettivi dei giocatori, piuttosto che
altre.

In tutti e tre i casi, si tratta dello stesso fenomeno, inerente a diversi elementi della teoria
semiotica; nel primo caso, ad essere comparati sono i valori relativi agli oggetti di
valore; nel secondo caso il valore dei PNu, nel terzo le Performance dei soggetti, infine
le interazioni semiotiche generali tra le categorie del sistema.

Se immaginiamo che il sistema delle interazioni semiotiche contempla, attraverso la sua


combinatoria, tutte le possibili combinazioni di valori del gioco, le loro esclusioni

101 Vedi Gioco del Tris, su [http://it.wikipedia.org]

105
reciproche e le gerarchie costituite, possiamo allora chiederci se vi siano alcuni giochi
che, sotto le restrizioni della struttura e sotto l'orientamento fornito dall'obiettivo,
presentino solamente dei sistemi di valori strettamente gerarchici e prestabiliti fin
dall'inizio: dei giochi senza margine di gioco, una volta scoperto il loro “segreto”.

La risposta dipende, naturalmente, solo dai risultati ottenuti tramite l'analisi dei testi; in
generale è possibile sostenere che, ad un livello provvisorio, entrambe le possibilità
(gerarchia prestabilita, gerarchia incompleta) devono ad un certo livello coesistere, e
che alcuni giochi possono avvicinarsi più ad un polo che all'altro, in base alla loro
struttura. Del resto l'esistenza di giochi che hanno un sistema di valenze prestabilito 1)
innanzitutto non significa che queste valenze debbano essere immediatamente
percepibili e leggibili da parte dei giocatori 2) non nega loro la possibilità di rimetterle
in gioco, in un certo momento, anche se in funzione limitata (nel tris, abbiamo visto,
determinate scelte possono avere lo stesso valore durante il gioco, anche se non hanno
uguale valore nel sistema di gioco); mentre è sempre possibile che una struttura, che
non sia chiusa da un sistema gerarchico assoluto, mantenga quei margini di gioco
sufficienti a presentare però dei sistemi gerarchici incompleti ma complessi, come il
gioco degli scacchi; inoltre, molti giochi di questo tipo tendono ad avere una chiusura
“secondaria”, attraverso i sistemi di norme che abbiamo osservato nel capitolo
precedente, che sostituiscono ad una “anarchia presupposta” dei limiti volontari alle
combinazioni di gioco. Avremo modo di tornare alla fine di queste pagine.

Le risorse

Nel corso di queste pagine ho utilizzato talvolta il termine “risorse”; termine che nasce
dal linguaggio degli RTS (videogiochi di strategia in tempo reale), per indicare
determinati materiali che vengono raccolti e trasformati o scambiati con unità prodotte
(o miglioramenti tecnologici). Il termine, in un'accezione più generica, indica materie
prime o elementi che vengono utilizzati all'interno di sistemi di produzione o scambio, o
trasformazione; quando abbiamo osservato il funzionamento dell'universo chiuso dei
valori di alcuni giochi, la sua esistenza ristretta a competizione per gli OdV presenti,
abbiamo iniziato a delineare alcune caratteristiche di questi Oggetti-di-Valore, che
entrano esclusivamente all'interno di PNu e che sono presenti in “quantità limitata”

106
durante una partita.

Definendo meglio il termine, le risorse sono considerabili:

a) una serie di elementi del gioco, presenti in numero finito, e distribuiti o disponibili ai
giocatori all'interno di una partita.

b) elementi che si inseriscono all'interno di programmi d'uso e non sono valorizzati in


sé, ma per il loro “valore di scambio” all'interno del gioco.

c) valore che nasce dall'intreccio dei sistemi assiologici delle categorie, alla luce degli
obiettivi di gioco, e

d) dalla possibilità di essere scambiati e fatti circolare in maniera limitata nella partita.

e) la loro circolazione e la presenza limitata comporta da parte dei giocatori una


riflessione sulla Valenza delle risorse, e di ottenerne il maggior Vantaggio possibile.

Alcuni esempi possono chiarire queste affermazioni: nel gioco degli scacchi, non
soltanto i pezzi (in numero prestabilito ed equamente diviso tra i giocatori, soggetti a
“perdite” e “sacrifici”) ma anche lo spazio di gioco (la scacchiera) viene valorizzato a
secondo delle possibilità dei pezzi di creare percorsi di attacco o difesa. La posizione
dei pezzi sulla scacchiera può limitare o interrompere determinati percorsi virtuali,
garantire posizioni di dominio o di trinceramento; sia la posizione che la natura di un
pezzo possono essere scambiate con un vantaggio dello stesso tipo o di tipo diverso,
come una forma di baratto obbligato, che ha lo scopo di guadagnare attraverso questi
scambi un Vantaggio all'interno del sistema di equilibri del gioco, rimettendo al tempo
stesso in gioco i valori stabiliti dal sistema e sfruttandoli a proprio vantaggio.

Oltre ai giochi di carte (dove ogni figura o elemento assume un valore più o meno
importante in base alla situazione di gioco) anche i giochi di società sono analizzabili
attraverso le risorse; banalmente, il denaro di Monopoli, ma anche i terreni posseduti, le
case acquistate e così via; in Monopoli è evidente che la struttura delle risorse, mediata
da un'economia interna, garantisce degli scambi al tempo stesso stabili (valore definito
dal gioco) e soggetti a variazione (aste, sconti, scambi di terreni) o rimessi in
discussione dal gioco; possiamo allora dire che le risorse si avvicinano spesso al

107
concetto di una proto-economia di gioco, che permette ai giocatori di guadagnare il più
possibile con meno “perdite” possibile.

Anche alcuni semplici giochi come Lego o Meccano, nel momento in cui la quantità dei
pezzi è molto limitata, e si possiedono determinati esemplari unici, fa sì che non ogni
costruzione sia possibile e che il soggetto debba effettuare delle scelte, sulla base di
quell'intelligenza paradigmatica che abbiamo visto prima; la valenza entra così in gioco
a tutti i suoi livelli (di scambio, di performance, di sanzione); e durante le
“rappresentazioni” con bambole e pupazzi (o action-figures) molti bambini continuano
ad inventare gli espedienti più disparati per permettere di recitare con due soli
personaggi un dramma che ne contempla molti di più.

Nei videogiochi, il termine non è esclusivo dei giochi di strategia, ma appartiene a


qualsiasi gioco di simulazione (che condivide con i Lego il principio della costruzione
equilibrata), ed in generale a tutti i sistemi in cui esiste una qualche forma di economia
di gioco; anche imprevedibile, come le avventure grafiche di casa Lucasarts, in cui
vigeva la regola che ogni progresso del giocatore fosse ottenuto dalla combinazione
assurda di uno o più oggetti presenti nell'inventario 102. Allo stesso modo, nei GDR i
personaggi devono spesso utilizzare le loro capacità migliori senza esaurire le loro
riserve di energie (la salute, la stamina o il Mana) che vengono consumate per
permettere di superare ostacoli più impegnativi e in maniera direttamente proporzionale
alla “potenza” delle azioni eseguite.

Da questo punto di vista, anche in alcuni sport, non solo la condizione fisica dei
giocatori e il loro impegno sono considerati come degli elementi soggetti ad alterazioni,
ma possono essere “scambiati” per ottenere risultati o prestazioni migliori
(indipendentemente dall'efficacia reale di queste affermazioni); nei giochi di squadra
come il calcio, la possibilità di eseguire delle sostituzioni in numero limitato, fa sì che i
giocatori, dal punto di vista dell'allenatore, siano considerati come risorse differenziali
da salvaguardare e da utilizzare al meglio delle proprie possibilità.

In molti giochi contemporanei, come i giochi di strategia e i Wargames, l'equilibrio della


gestione delle risorse diventa l'elemento centrale nella risoluzione della partita; basti

102 Come il famoso “pollo di gomma con una carrucola in mezzo”.

108
pensare alla possibilità, per il giocatore di Risiko, di “ottenere” un territorio solo a
prezzo di perdita delle proprie truppe, ma di poter guadagnare in questo modo una
posizione migliore, magari meno soggetta ad attacchi, o di conquistare un continente
avendo così accesso a risorse supplementari, che compensino col passare del tempo
quelle perse nell'attacco.

Inteso come stato dello sviluppo di gioco, il tempo stesso può essere considerato una
risorsa, in rapporto alle azioni intraprese dai giocatori e solo come valore relativo, mai
assoluto; scegliere il momento giusto corrisponde all'uso sapiente del tempo di gioco, e i
due fenomeni sono naturalmente collegati e indissolubili tra di loro. I giocatori
potranno, anche nel caso di tempi “standard” o prestabiliti, cercare di guadagnare
tempo, di arrestare lo sviluppo e il ritmo di gioco per mantenere una posizione di
superiorità. Guadagnare tempo significa limitare l'avversario, impedirgli di rimontare e
altro ancora.

Per approfondire la questione è possibile analizzare alcune caratteristiche dei giochi di


carte, attraverso l'esempio della Briscola. A partire dalla distribuzione casuale di Tre
carte ad ogni giocatore, più la carta che decide il seme di briscola, ogni Soggetto deve
cercare di accumulare il numero maggiore di punti possibili, giocando la carta dal valore
più alto durante la propria mano, in un turno; il vincitore è il primo a pescare una carta
dal mazzo, e il gioco segue l'ordine di pescata, in modo che i giocatori possiedano
sempre tre carte (salvo negli ultimi due turni di gioco). Abbiamo così ad un primo
sguardo un meccanismo di distribuzione, acquisizione e utilizzo delle carte che
possiamo osservare più attentamente.

L'obiettivo della briscola, nel corso di tre (o meno partite) è quello di arrivare a 120
grazie alla somma dei punti ottenuti dalle mani vinte; per il momento possiamo
semplificare l'analisi attraverso una sola partita (lo schema è ricorrente). Come in altri
giochi di carte, determinate carte possiedono un valore prestabilito (convenzionale),
compreso tra il 2 (l'otto) e l'11 (l'asso); tutte le altre carte (2, 4, 5, 6, 7) hanno un
punteggio pari a zero. Ma la maniera di ottenere questo punteggio è ciò che ci interessa.

1) La gerarchia dei valori prestabiliti delle carte è definita dal regolamento; una mano
funziona così come un sistema la cui valenza è già stabilita. Innanzitutto, la carta del

109
seme del giocatore che ha aperto la mano è dominante, il che vuol dire che tutti gli altri
semi (eccetto la briscola) sono considerati di valore inferiore; a parità di seme, è la carta
con il punteggio più alto che viene considerata vincitrice; ma il seme di briscola è
comunque il più forte di tutti, indipendentemente dal punteggio. A parità di Briscola, è il
punteggio a valere.

Ecco la gerarchia di scambio, che fa parte delle regole del gioco:

Briscola > Seme dominante > Altri semi

Asso > Tre > Re > Fante > Donna

Come vediamo, abbiamo qui delle gerarchie prestabilite, ma associabili ad un sistema di


variabili; ad inizio gara si decide quale seme è la briscola, ed a ogni mano il seme
dominante può essere uno dei quattro semi (briscola inclusa).

Le azioni dei giocatori durante il turno sono così paragonabili, nel corso di una mano, a
delle “puntate”; il giocatore può puntare solo i suoi valori posseduti (sempre prestabiliti,
le carte che ha in mano al momento) e chi punta di più vince tutto. Ma proprio come una
puntata, se osservato dal punto di vista delle risorse, ci rendiamo conto che ciò che si
utilizza per puntare (le carte) corrisponde a ciò che si guadagna solo dal punto di vista
dell'oggetto, ma non da quello del valore; in maniera simile a molti giochi d'azzardo, si
punta una somma per vincerne una superiore; ma in questo caso, il sistema di valori in
punti coincide solo in parte con quello che determinava la mano.

Abbiamo così un guadagno/perdita in doppio senso: assoluto, ogni giocatore perde una
carta con un valore predeterminato (anche insignificante); e relativo, poiché la somma
del punteggio ottenuto può essere molto superiore, poco superiore o pari al punteggio
giocato. Da questo punto di vista, ogni giocatore sa che una carta può sempre essere
“utilizzata” per guadagnare un punteggio maggiore, o peggiore, a secondo dello
sviluppo del gioco.

L'esempio è chiaro: se G1 gioca Asso di briscola, G2 (avversario) gioca Due di bastoni,


G3 (compagno) non ha punti e gioca Cinque di spade, G4 se possibile giocherà Sette di
bastoni. La carta più alta del mazzo non ha permesso di guadagnare neanche un punto

110
(oltre ai propri).

A ciò si aggiunge un altro fenomeno; dato che il numero di carte è prestabilito, e i


rapporti di punteggio tra di loro lo sono ugualmente, andando avanti nella partita si
modifica il sistema degli equilibri tra le carte, perché con l'uscita delle carte più alte, o
delle briscole, il valore delle risorse rimaste cambia; non in senso assoluto (valore
prestabilito), ma nel contesto relativo di vantaggi/svantaggi di gioco (valore di gioco), e
della possibilità di accumulare con una puntata mediocre.

Se sono state giocate l'asso, il tre e il re di briscola, il possessore di un cavallo sa di


avere in mano la carta più alta del gioco; se in quel momento anche molte carte basse ( i
cosiddetti “lisci”) sono uscite dal gioco, egli potrà giocarla anche di prima mano,
essendo sicuro di guadagnare un discreto punteggio.

In questo modo, la perdita è piuttosto un relativo virtuale, o meglio, messo a sistema, un


non-guadagno, giudicabile come efficace o meno a seconda dei due rapporti di valore
che si creano: quello tra il mazzo intero e le sole carte rimaste in gioco, e quello tra il
valore delle carte della mano e quello standard.

A questo c'è da aggiungere un fenomeno fondamentale, che naturalmente contribuisce al


funzionamento di tutto il sistema; l'ordine dei turni, della pescata e il valore della
dominante.

Il giocatore che è “di mano”, naturalmente, è nella situazione di svantaggio di non


sapere cosa giocheranno i suoi avversari; d'altro lato, questa situazione è compensata in
maniera “asimmetrica” dal fatto che la carta che giocherà sarà la dominante del turno.
Al contrario gli avversari saranno in grado di reagire scegliendo la strategia migliore a
seconda delle risorse disponibili. Il funzionamento del turno, e in generale del sistema
delle informazioni di gioco, contribuisce così a creare disequilibri che vengono sfruttati
dai giocatori in maniera più o meno efficace. Il gioco si costituisce così come un
continuo tentativo di approfittare della congiuntura migliore per aumentare il valore
delle proprie risorse; come in altri giochi di carte, tuttavia, solo la sicurezza di aver
guadagnato più di metà del punteggio massimo può assicurare la vittoria.

Il sistema dei valori di gioco, considerate le risorse, può essere così schematizzato:

111
1) esiste un Valore prestabilito di ogni carta in base al numero, e dei rapporti definiti tra
le tipologie di carte in base alla selezione (variabile) dei semi.

2) ad inizio partita il seme di briscola determina il seme che otterrà il grado massimo di
“presa” nella mano.

3) ad inizio di ogni mano, la prima carta decide il seme che otterrà il secondo grado di
presa durante quella mano.

4) essendo il punteggio totale determinato (120 a partita), ogni giocatore deve tentare di
guadagnare più punti possibili attraverso le singole mani. A livello di PN virtuali, le
carte con il punteggio maggiore permettono di vincere più mani e ottenere vantaggio di
gioco.

5) essendo le carte finite e legate da gerarchie stabili, ogni giocatore deve tentare di
sfruttare il valore relativo delle carte per assicurarsi le mani; può inoltre utilizzare al
meglio soltanto le carte che ha in mano, sulla base di una distribuzione casuale.

6) ma il valore relativo delle carte durante la mano non corrisponde al valore delle carte
come punteggio, perciò un giocatore può tentare di massimizzare il punteggio attraverso
la minimizzazione del valore effettivo delle carte. Ogni giocatore “scambia” il valore
relativo della carta utilizzata con quello convenzionale delle carte guadagnate.

7) ma la struttura del turno determina che un giocatore non può sempre sapere
interamente quali sono le valenze in gioco; ogni giocatore dopo il primo può
minimizzare la sua perdita o massimizzare il suo vantaggio (tramite differenziali di
valori) sulla base dello sviluppo della singola mano.

8) le carte giocate e accumulate fanno sì che il valore relativo delle carte ancora in gioco
venga modificato su un ulteriore livello, non solo di semi dominanti e briscola ma anche
di numeri e punteggio.

9) poiché alla fine di ogni mano ogni giocatore ottiene una carta aggiuntiva, i giocatori
possono tentare di conservare determinate carte più importanti per cercare di ottenere il
massimo rendimento da queste ultime; esiste così un rapporto tra conservazione e
utilizzo delle risorse in vista del loro rendimento.

112
Alla luce di queste considerazioni, è possibili individuare così almeno tre tipologie di
valori all'interno di uno Schema di gioco, variamente messi in campo dal regolamento e
dalle Scelte dei giocatori: innanzitutto i Valori prestabiliti, convenzione determinata
dalla Struttura leggibile del regolamento, e spesso utilizzata per determinare il vantaggio
in maniera univoca e le condizioni di vittoria. In secondo luogo i Valori a priori, ovvero
le relazioni ed i rapporti semiotici che appartengono allo Schema di gioco nella sua
virtualità, anteriore ad ogni situazione di gioco e sviluppo della partita; la pertinenza dei
valori a priori con i valori prestabiliti può variare da gioco a gioco, ma naturalmente i
primi sono spesso una convenzione frutto di operazioni tassonomiche, aritmetiche e
geometriche, i secondi includono tutte le reti di possibilità del sistema, e non si limitano
ai soli elementi della Struttura leggibile del regolamento (si pensi, nel caso del Tris, ai
valori apriori dello spazio di gioco). Infine, i Valori circostanziali, le variazioni che ogni
sistema semiotico attua durante il suo Uso, del sistema dei valori a priori, in base alla
situazione della partita, all'interazione tra le categorie valoriali realizzate, e alle scelte
attuate e attuabili dai giocatori. Il caso degli scacchi, in cui un pedone (o una casella
marginale e ignorata) diviene all'improvviso fondamentale per uno scacco matto, ci
riporta alla questione dei giochi come sistemi pienamente biplanari (ricordando lo
schema di p.51) e ci ricorda di leggere le combinazioni dello Schema di gioco come
operazioni, variazioni e trasformazioni di gerarchie valoriali complesse.

É possibile vedere così come il valore delle risorse, anche in un sistema “semplice”
come un gioco di carte tradizionale, comporti numerose variazioni dei valori, operazioni
di equilibri e disequilibri, in base alle azioni e strategie dei giocatori. E come ogni
azione produca appropriazioni, scambi, comunicazioni di valori e di differenziali dei
valori stessi, contribuendo al tempo stesso a modificare le relazioni. E tutto questo senza
considerare, come nel prossimo capitolo, il comportamento dei giocatori, il sistema di
informazioni del gioco e le strategie messe in campo.

Equilibri, norme, gerarchie

Nelle pagine precedenti ho utilizzato più volte il termine equilibrio, senza per questo
cercare di approfondire una problematica che, applicata al gioco, risulta di difficile
comprensione; meglio precisare subito che definire un gioco più o meno equilibrato non

113
corrisponde ad un giudizio di valore dal punto di vista ludico, né dal punto di vista
strutturale-semiotico. Proprio per evitare questo errore è necessario provare a
circoscrivere il fenomeno dell'equilibrio e darne almeno una lettura generale. Finora
l'uso tecnico del termine ha riguardato l'asse/categoria dell'equilibrio, nei due semi
opposti Vantaggio/Svantaggio. Questa categoria può essere concepita sia a livello di
processo (lo stato del gioco durante una partita) che a livello di sistema (l'esistenza di
vantaggi/svantaggi prestabiliti nelle azioni previste), ma per quanto definita, non
esaurisce il significato che viene generalmente attribuito al termine.

Cosa rende un gioco equilibrato, e cosa si intende per equilibrio di un gioco? In alcuni
casi si parla della parità assoluta prevista dalle regole nei confronti dei giocatori (o delle
squadre), parità che negli sport diventa centrale (la partita è equilibrata perché mette alla
pari i giocatori prima di ogni capacità individuale). In altri casi, si indica con equilibrio
la possibilità per un gioco di ammettere diversi “stili” o comportamenti al suo interno,
senza favorire eccessivamente l'uno o l'altro (il gioco è equilibrato perché non favorisce
determinati tipi di azioni o di giocatori). Infine, talvolta ci si riferisce all'equilibrio dei
giochi parlando della loro tendenza a conservarsi identici col passare del tempo (qui
equilibrio significa equilibrio strutturale, tendenza all'omeostasi).

Le analisi dei giochi che abbiamo osservato, per quanto superficiali, mostrano però un
quadro più complesso e diverse repliche; innanzitutto, parlando dell'arbitrarietà delle
regole del gioco, e della natura dei suoi obiettivi, abbiamo sostenuto che modificare gli
obiettivi può produrre variazioni nell'equilibrio del gioco, inteso qui come rapporti
gerarchici e di potere tra le azioni, i giocatori, i comportamenti; potrebbe quindi
modificare i Valori a priori, proiettando Vantaggi e Svantaggi su nuove e diverse
combinazioni di gioco.

Un esempio abbastanza noto è la differenza principale tra il gioco Risk e la sua versione
italiana, Risiko;103 nell'originale il rapporto tra attacco/difesa affida all'attacco un
numero massimo di dadi superiore (3 contro 2) ed a parità di risultato, la vittoria va alla
difesa; è dimostrabile facilmente che con 3 o più carri armati, il vantaggio in
proporzione va regolarmente all'attacco. Al contrario, nella versione italiana, a causa

103 Vd la voce Risiko, e il paragrafo; differenze tra Risk e Risiko, su wikipedia;


[http://it.wikipedia.org/wiki/RisiKo!#Differenze_tra_Risk_e_RisiKo.21]

114
dell'eccessiva diligenza dei produttori (che avevano inserito tre dadi per attacco e tre per
difesa, per comodità) si iniziò a giocare con un rapporto attacco/difesa evidentemente
sbilanciato verso la seconda. Chi osserva oggi i tornei di Risk e quelli di Risiko, noterà
che i comportamenti dei giocatori sono assolutamente differenti, tanto che sembra di
osservare due giochi agli antipodi: aggressivo e tattico il primo, di posizione e strategico
il secondo.

Un altro problema di equilibrio riguarda i giochi agonistici, e la loro presunta parità


assoluta; come sostiene Caillois, in realtà l'equilibrio assoluto delle regole (difficile da
raggiungere a da dimostrare) in questo tipo di giochi ha spesso uno scopo opposto;
quello di far risaltare ancora di più la disparità di competenza e di doti dei soggetti, di
farli scontrare in un laboratorio in cui il risultato diventa solo e soltanto conseguenza
delle loro azioni, separate da ogni influenza esterna. Situazione che è difficilmente
controllabile e che spesso, permette a disparità surrettizie di essere scambiate per
capacità maggiori (miglior attrezzatura, sostanze illegali, gare truccate etc).

In maniera opposta e contraria, molti giochi basati sulla fortuna o sulle probabilità
combinatorie, pur presentando un equilibrio risultante da una media statistica, sono
giocati proprio in virtù della disparità evidente tra un risultato e l'altro, e non in attesa
della conferma della normalità di una serie (che, tendendo all'infinito, è fuori dalla
portata umana e soprattutto del giocatore).

Infine, e più complesso ancora, è il discorso, che in parte abbiamo toccato parlando di
Valenze, delle “soluzioni migliori” di un gioco, e della possibilità che anche i giochi più
complicati presentino, ancora non scoperte, degli algoritmi che permetterebbero una
partita perfetta; o dell'ipotesi contraria, se non sia caratteristica dei giochi un tipo di
mobilità della struttura tra combinatorie non riassumibili, tra obblighi e possibilità, tra
vantaggi e svantaggi

La risposta non è facile, e si può solo portare avanti qualche riflessione generale; se in
alcuni giochi come il tris è possibile scoprire e definire il rapporto costante di valori che
permette la migliore risoluzione del PN, ciò non significa che questo porterà alla
vittoria; tutto dipende dall'equilibrio di gioco (nel Tris, appunto porta al pareggio
costante). L'incognita se ogni gioco possieda una risoluzione preferenziale, un

115
programma narrativo a priori migliore degli altri, è una delle questioni più interessanti
della teoria dei giochi, ed in generale della possibilità matematica di fornire una
descrizione completa dei processi di un dato gioco (come il Tris, il Nim o Sudoku).104
Seguendo l'ipotesi, possiamo soltanto sostenere che, allo stato attuale, giochi come
Scacchi o Go, nonostante le numerose analisi e il progresso dell'informatica, non sono
ancora stati risolti; al momento il gioco più “complesso” come ordine combinatorio
risolto è Dama, e anche quest'ultima soluzione forza un pareggio tra i giocatori. La
soluzione completa di alcuni giochi porta insomma ad affermare che, senza disparità (di
capacità tra i giocatori, ad esempio, ma anche di scelte e di combinazioni) non può
esistere quel disequilibrio simmetrico che, paradossalmente rende il sistema equilibrato
(ovvero giocabile).

Del resto, riprendendo la definizione di equilibrio come categoria semica risultante di


Vantaggio e Svantaggio, è chiaro che il gioco debba al tempo stesso permettere
disequilibri controllati nel suo Uso/sviluppo, ma non definitivi a livello di Schema; in
quanto matrice per la generazione delle partite, ogni gerarchia di valori a priori che non
presenta margini di variazione nei valori circostanziali, contribuisce alla
destabilizzazione del sistema e alla “chiusura dell'Uso” da parte dei giocatori stessi,
assottigliandone il margine di gioco.

Secondariamente, è chiaro che la speculazione sulla chiusura o meno dell'equilibrio del


gioco, anche del più semplice, non è relativa ad una presunta calcolabilità o meno delle
sue combinazioni, ma al rapporto tra il dato statistico e la comprensione che ne ha la
società degli individui; come per l'affermazione di Levi-Strauss sui sistemi crow-omaha,
il numero delle combinazioni è tanto elevato che, ai nostri fini, esso può essere
considerato (e difatti viene considerato) come infinito; allo stesso modo, è più corretto
chiedersi se, per un gioco come scacchi, non sia fondamentale interpretare il senso della
differenza storica delle aperture, delle preferenze accordate alle mosse da un giocatore
all'altro, delle metateorie che incoraggiano uno stile di posizione piuttosto che di
minaccia, di sacrificio piuttosto che di trinceramento, e così via. Naturalmente il senso
del gioco, quali che siano i suoi confini “numerici”, continua ad essere oggetto più
interessante della semplice misura; e gli equilibri parziali, o i disequilibri, che i giocatori

104 Vd la voce “Solved Games” su Wikipedia. En [http://en.wikipedia.org/wiki/Solved_game]

116
possono trovarvi più significativi dell'unica vittoria possibile e codificabile.

Infine, c'è un motivo ulteriore che fa sì che la semiotica sia più interessata al “gioco del
gioco” che alla sua chiusura; il valore degli elementi in gioco, valore al tempo stesso
strutturale e soggettivo, prestabilito o ipotizzato, trova un corrispondente nei
ragionamenti e nelle riflessioni dei soggetti sull'universo di gioco stesso; speculazioni o
certezze che, indipendentemente dalla loro validità o meno, danno forma a quella
chiusura della struttura interpretata dall'uomo, che è definibile in termini greimasiani
come Episteme.105

Difatti, proprio Greimas ha definito questa chiusura dell'Uso in rapporto all'interazione


delle costrizioni semiotiche, in tutti i casi in cui la Valenza sia strutturata come gerarchia
definita tra i sistemi interagenti:

«Dobbiamo precisare ora il funzionamento dell'uso. Nella nostra presentazione delle


relazioni sessuali, i differenti sistemi in presenza hanno fra loro una relazione
gerarchica: in rapporto alla manifestazione, ogni contenuto del sistema sociale dei
valori appare mediato da due relais, o substrutture: il sistema economico e il sistema
individuale. Resta da stabilire ciò che determina la gerarchia dei sistemi.

Il problema è interessante: la gerarchia dei sistemi permette di stabilire se, nel caso di
combinazioni conflittuali - (5); (6); (7) e (8) -, si dia o no manifestazione. A esempio:
un matrimonio conforme alle prescrizioni sociali ma che sia, ad un tempo, fobico (o
non desiderato) e vantaggioso, ha qualche possibilità di venir concluso? In Balzac,
abbiamo parecchi esempi di "matrimoni d'interesse"; questo significa che, nella società
che egli inventa o descrive, il sistema dei valori economici ha il sopravvento sul sistema
dei valori individuali. Ha il sopravvento persino sul sistema dei valori sociali sessuali
(prostituzione etc).

Proponiamo di chiamare episteme (nel nostro caso, episteme borghese o balzachiana,


come si preferisce) la struttura che stabilisce la gerarchia dei sistemi semiotici in causa.
Essa regola le combinazioni che possono essere giunte alla manifestazione, quindi non
solo la chiusura della manifestazione (definizione negativa dell'uso attraverso le non
105 Greimas, in questo saggio, individua una possibile lettura semiotica dell'episteme di Foucault, unita
agli sviluppi della teoria della cultura di Lotman; in questo caso, le costrizioni semiotiche
fondamentali di una società sarebbero leggibili come possibili scelte implicite all'interno di cui si
muovono i suoi individui; e le uniche manifestazioni sarebbero la prova dell'esistenza di una
gerarchia (sistema di valenze) sulle categorie, che renderebbe conto dei “presupposti immanenti”
della società di quel periodo.

117
manifestazioni), ma la natura delle manifestazioni realizzate (definizione positiva
dell'uso).

L'episteme dà conto della storicità delle manifestazioni; la sua componente sociale si


configura come un senso comune, esplicito o meno, un sistema assiologico e dialettico
immanente a tutte le strutture semiotiche della società presa in considerazione.

Quando nel capitolo precedente abbiamo parlato di Norme, abbiamo visto come fossero
dei “comportamenti regolati” all'interno delle regole stesse del gioco; possiamo
supporre, dopo aver spiegato l'interazione dei valori di gioco, che molte Norme
corrispondano a processi di valorizzazione sistematica di uno o più categorie
semantiche, e la creazione di gerarchie tra queste categorie, schemi di Scelta
considerabili come “normali” agli occhi dei giocatori. Del resto basta proiettare il
quadrato delle ingiunzioni sui sistemi valoriali per ottenere, sempre secondo
combinatorie legate ai vari giochi, possibili sistemi di norme virtuali, esistenti o meno,
in base agli equilibri del sistema e al comportamento individuale e collettivo dei
giocatori.

Se nel capitolo precedente esempio di Norma erano le regole del fair play, possiamo ora
pensare ad esse come ai modi di giocare più tipici, diffusi e normali, tra giocatori
abituali; l'apertura di cavalli o pedoni centrali a scacchi, l'acquisizione di terreni continui
a Monopoli, la scelta di tenere in mano l'Asso, il Tre e il Re del seme di briscola e così
via, sono tutti risultati di una riflessione sui valori di gioco, trasformata in uso codificato
e usanza, al di là della sua validità reale, che è comunque situazionale e soggetta a
variazioni.

Divenute azioni e scelte costanti dell'uso, si determina all'interno dello Schema di gioco
un'Episteme locale, per cui i giocatori iniziano a ritenere determinate gerarchie di valori
come stabili e costanti, e sanzionano negativamente chi agisce in maniera diversa; il
margine di gioco e la variabilità dell'Uso si riducono attraverso queste costruzioni
normative e valoriali, erette a princìpi superiori e definitivi, nonostante la storia dei
giochi mostri come anche questi ultimi siano storici e soggetti a mutamento (proprio il
caso degli scacchi). Con la differenza che, mentre l'episteme viene considerato come
risultato unico e unitario dell'interazione delle costrizioni semiotiche, le norme dei
giochi sono per natura molteplici, altrettanto numerose che le combinazioni possibili

118
delle categorie semantiche implicate. E nei giochi complessi, ogni norma può sempre
presentare, come PNu opposto e contrario, una o più contro-norme costruite per
difendersi e invalidarne il potere (e la pretesa di superiorità). Nel prossimo capitolo
vedremo tutto ciò nell'interazione tra i giocatori, le loro azioni e queste codificazioni
seconde a partire dalle regole del gioco.

119
120
IV) STRATEGIE E INTERAZIONE
Non bisogna inoltre dimenticare che
ogni uomo nel suo comportamento
non attua un solo programma
d’azione, ma fa costantemente una
scelta, attualizzando una sola strategia
per un vasto insieme di possibilità.
J.M. Lotman, Tesi per una semiotica della
cultura.106
Non si tratta, nel gioco,
dell'applicazione più o meno
soddisfacente di un regolamento, ma
di un faccia a faccia di due soggetti
cognitivi dotati della conoscenza
Implicita di quelle regole ché essi
utilizzano per elaborare, Sotto forma
di programmi virtuali complessi,le
strategie che dovranno portarli alla
vittoria.
A.J. Greimas, A proposito del gioco.107

Le azioni e le scelte.

Analizzando il gioco attraverso le sue regole, i suoi obiettivi e i valori inscritti nello
Schema e negli Usi di gioco, sono state trascurate le azioni e le scelte dei giocatori,
considerate solo in minima parte; questi ultimi sono considerati come Attanti Soggetto
all'interno di PN degli obiettivi, e tra le maglie delle interazioni di sistemi semiotici. Ma
il ruolo del giocatore non si limita al Fare Pragmatico del Soggetto, poiché all'interno
del gioco egli è al tempo stesso un Attore del piano discorsivo (quindi un'interazione tra
attanti con i loro PN differenziati) e il Soggetto dell'enunciazione, ovvero la struttura di
mediazione che si occupa della messa in Discorso dello schema semiotico;108 l'istanza
che realizza il sistema (portandolo dalla virtualità della combinatoria, alla realizzazione
di combinazioni sintattiche e semantiche) se ne appropria (orientandolo a partire dalla
propria posizione, mettendolo in prospettiva) e rimette in gioco le regole e i valori che
lo costituiscono.

In quanto Attore del piano discorsivo, il giocatore si costituisce come somma di attanti;

106 J.M. Lotman e B. Uspenski, Tesi per una semiotica cultura, p.187
107 A.J. Greimas, A proposito del gioco, p. 216
108 Vd la voce Enunciazione in A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario.

121
innanzitutto, nel momento del suo ingresso nel gioco, è il Soggetto del fare
Interpretativo [il Partecipante] che può accettare in parte o in tutto il programma di
Manipolazione del Destinate [sistema di gioco]; in quanto giocatore, è Soggetto
pragmatico, intensionato verso il raggiungimento degli obiettivi, ma anche Soggetto
Cognitivo, che riflette sul proprio agire e si orienta, in presenza di Scelte e Opzioni,
sulle valenze di gioco, sia a priori che circostanziali; in quanto Soggetto di enunciazione
le sue azioni orientano la struttura di gioco, sono intraprese a partire dalla sua
personalità e dalle gerarchie di valori individuali, ed è la scelta di una piuttosto che
un'altra mossa a decidere gli equilibri e lo sviluppo di ogni partita. In questo capitolo
tenterò di analizzare i giocatori come figure complesse, di comprendere le loro scelte e
le relazioni che si stabiliscono tra giocatore e sistema di regole (Interfaccia), e tra i vari
giocatori e partecipanti (Interazione).

Nelle pagine precedenti abbiamo osservato come gli Attanti-soggetto, nel


raggiungimento dell'Obiettivo (OdV) disponessero di capacità e abilità pregresse o
acquisite (Competenza); abbiamo visto anche l'importante differenza tra alcuni giochi
iterativi (sport olimpici, ad esempio), in cui la Performance è organizzata in maniera
rigorosa e identica per tutti i giocatori, e giochi decisionali, in cui ogni PNu del soggetto
deve essere selezionato all'interno di numerosi programmi virtuali, preferito in base ad
un ragionamento sulla Valenza e sulle modifiche agli equilibri in gioco: il sistema di
valori infatti, si inserisce all'interno dei ragionamenti dei giocatori non solo nella sua
forma a priori, ma anche e soprattutto nelle variazioni durante il gioco, come valori
circostanziali, di cui i giocatori tentano di prevedere e produrre variazioni attraverso le
loro mosse.

Dal punto di vista del Giocatore, ciò significa che in quanto attore discorsivo
quest'ultimo si compone non solo delle azioni del Soggetto (Fare Pragmatico) ma anche
di un Fare Cognitivo che rinvia alla figura del Destinante; la riflessione sul valore dei
valori corrisponde, in maniera ingenua, alla domanda che ogni partecipante si è posto
almeno una volta ad inizio partita: cosa fare? Come agire?

Nel suo saggio Il pensiero selvaggio, Levi-Strauss sosteneva l'esistenza di Mediatori


concettuali all'interno dei termini di categorie concettuali totalizzanti (vita/morte,
natura/cultura) così radicali da essere considerate, per il pensiero umano, inattingibili e

122
non manipolabili cognitivamente; attraverso processi di mediazione (creazione di
tassonomie e gerarchie, miti e cosmogonie, sistemi di scambi regolamentati) vengono
sviluppate serie cognitive intermedie, manipolabili a livello pragmatico e cognitivo, che
si situano litoticamente al posto delle serie maggiori, e sono così alla base delle
trasformazioni e delle comprensioni che ogni società opera. Queste mediazioni
manipolabili, che si manifestano in Sistemi di pensiero tecnici, sociali, mitici,
comportamentali, religiosi ed altro ancora, permettono così di rispondere alla “richiesta
del senso” dell'uomo e di dare forma/ordine all'universo semantico della comunità.109

Non è troppo azzardato ipotizzare che, su scala minore, la riflessione dell'antropologo


sia applicabile a quei modelli che presentano sistemi regolamentati e a tendenza
decisionale, in cui può esserci una grande discrepanza tra la conoscenza degli Obiettivi
e l'incertezza sui mezzi e sui modi per ottenerli; così, un giocatore che si avvicina ad un
gioco per la prima volta, di cui ha solo letto il regolamento, sa cosa è necessario fare per
vincere (conosce l'obiettivo attraverso la Struttura leggibile del regolamento), ma non
cosa è meglio fare per vincere (non viene informato sulle interazioni valoriali della
Struttura nascosta); considererà la distanza tra vittoria e sconfitta come un vuoto da
colmare attraverso la riflessione sulle proprie azioni. Non a caso in molti giochi la
sconfitta rappresentano è rappresentata da una una morte simbolica, mentre la
possibilità di giocare ancora è simboleggiata in un numero prestabilito di vite concesse
all'inizio; parallelo presente non solo nei videogame, ma anche in alcuni giochi di carte
e nei giochi-rituali di diverse popolazioni. Vittoria e sconfitta sono l'inizio e la fine
dell'esperienza del giocatore in quanto tale.

Il Programma Narrativo (Cognitivo) del giocatore è un tentativo, tramite ragionamento


astratto, sperimentazioni o intuizioni, di scoprire quali Valori siano in gioco e quali
categorie semantiche gli permettano di “dar senso” alle sue azioni nel gioco in
questione: l'esistenza delle categorie che abbiamo visto nei passati capitoli, come
vantaggio/svantaggio, attacco/difesa, azione/reazione, proprio/altrui,
dominante/dominato e così via, dal punto di vista del giocatore sono il risultato di una
speculazione sul funzionamento del gioco, e pongono le basi per una sua “teoria
dell'azione”; a queste categorie possiamo aggiungere, ad esempio, quelle che entrano in

109 Su questa riflessione è fondata l'opera di C. Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio. Vd in particolare il


capitolo La scienza del concreto.

123
campo per differenziare le abilità e le competenze richieste all'interno del gioco
(caso/abilità, fisico/intellettuale etc) e quelle che differenziano le tipologie di giochi e il
loro funzionamento (iterativo/concatenativo, dato/costruito, perdere/ottenere e così via).

La struttura delle categorie semantiche del gioco viene così rielaborata, proiettata nel
fare cognitivo del soggetto che cerca, giocando, di comprenderla appropriandosene e
utilizzandola per elaborare nel modo migliore il proprio PN, sia nei confronti del
sistema di gioco che nei confronti degli altri giocatori. Questo fenomeno non è altro che
un momento del fare Manipolativo del Destinante, gerarchicamente sottomesso alla
Manipolazione del sistema di gioco (che aveva come compito far desiderare ai giocatori
la Vittoria), rivolto al Soggetto pragmatico in modo da fornirlo della Competenza
necessaria per la sua Performance (a livello discorsivo, nell'attore giocatore convivono
così i due attanti); il Soggetto dell'enunciazione, al tempo stesso, produce un enunciato
(il suo gioco durante la partita) previa interrogazione sul suo senso, e sulle modalità
della sua appropriazione. Soffermiamoci un attimo su questo punto.

Nelle pagine precedenti, ho introdotto il concetto operativo di Risorse, per indicare


quegli oggetti all'interno di PNu, scambiabili e limitati all'interno del sistema, utilizzati
per permettere ai giocatori di costruire e progredire nel loro gioco; ma non ho parlato a
sufficienza del rapporto che lega il giocatore ad eventi casuali o aleatori, e di come
questi ultimi entrino all'interno della descrizione semiotica dei giochi. Qualsiasi evento
aleatorio viene considerato come il fare manipolatore di un nuovo destinante
(consistente in un far-essere, fenomeno definito operazione),110 responsabile, ad
esempio, del risultato di un dado.111 Ma secondo la rappresentazione che se ne fa il
giocatore, la manifestazione discorsiva di questo attante (attore) avrà un nome (fortuna,
caso, destino, divinità) e potrà naturalmente essere rappresentata [figurativizzata] sia
come un destinante superiore che manipola le azioni del soggetto-giocatore, sia come un
Antisoggetto vero e proprio, un avversario che cerca costantemente di minimizzare il
vantaggio del giocatore. La rielaborazione che il giocatore attua della struttura di gioco
orienta così la proiezione di simulacri attoriali che “animano” la partita.

110 Distinzione Far-essere e Far-fare può essere letta alla voce Operazione, in A.J. Greimas e J. Courtes,
Semiotica. Dizionario.
111 È molto interessante come la teoria dei giochi consideri alcune caratteristiche aleatorie come “scelta”
del giocatore Natura, introducendolo nei casi di giochi ibridi tra scelta razionale e risultato casuale.

124
Allo stesso modo, le rappresentazioni che certi giocatori si fanno del ruolo delle risorse
di gioco, e di determinati strumenti, può ignorare la differenza tra giocatori e sistema (o
soggetti e oggetti, distinti semioticamente attraverso i termini contrari animato vs
inanimato) e conferire volontà e competenza a “oggetti”:

«La superstizione delle cifre, come la si incontra presso gli appassionati dei giochi
d'azzardo, è l'esempio che potrà meglio illustrare questo punto di vista: affinché il
giocatore al lotto sia “sicuro di vincere” giocando, per esempio, la sua data di nascita,
occorre che in un certo senso, tra tutti i numeri possibili, la “combinazione vincente”
(o che lui ritiene debba esserlo) sia per lui (S2) costruita in equivalente di un autentico
soggetto competente (S1), ovvero considerato come più adatto di ogni altro a soddisfare
l'aspettativa che, in quanto scommettitore-enunciatore, il giocatore spera di vedere
realizzata.»112

Le diverse rappresentazioni che i giocatori (In quanto Destinanti, operanti un Far-


Credere) si fanno del gioco stesso (convincendosene in quanto Soggetti), determinano le
azioni di questi ultimi (per quanto possa sembrare strano) allo stesso modo che i
tentativi di comprensione o intuizione (il fare Interpretativo) degli equilibri di gioco; più
importante di ciò, entrambe queste azioni sono effettuate in vista della categoria
fondamentale che abbiamo incontrato, quella del raggiungimento dell'obiettivo
(congiungimento con l'Odv), sintetizzabile in una forma provvisoria ma
sufficientemente generale:

Lo schema del Risultato/Vantaggio è, in generale, uno schema di base per molte


tipologie di gioco, non solo competitive; nel caso di giochi singleplayer, basta infatti

112 E. Landowski, La società riflessa, p. 205

125
sostituire i termini Vantaggio/Svantaggio con Progresso/Regresso, per indicare lo stato
di avanzamento di un giocatore che percepisce un sistema in maniera differente da un
avversario. Questa categoria semantica è fondamentale in quanto rappresenta e
costituisce sia lo stadio di avanzamento del PN del soggetto, che il termine del suo
Percorso Narrativo. In linea generale, possiamo affermare che ogni rappresentazione
che il giocatore si fa del sistema semantico del gioco passa così per una riflessione sugli
equilibri di gioco (perciò sulla valenza dei valori pertinenti, in un dato momento) e, al
momento della sanzione finale, sullo stato del gioco (risultato). Si presuppone che la
deissi positiva sia legata all'euforia mentre la deissi negativa sia legata dalla disforia.

Torniamo alle mosse e alle azioni (la Performance dei soggetti), ma osservate dal punto
di vista dei giocatori e non più a partire dalle regole o dai valori messi in gioco; come è
possibile leggere da una affermazione di Greimas a proposito degli scacchi:

«La problematica cambia completamente se, invece di considerare soltanto la


scacchiera, si leva lo sguardo per accorgersi della presenza dei giocatori e per tentare di
capire ciò che avviene (a mo' di preliminari – o di presupposizioni logiche che
condizionano i gesti ludici) nelle loro “teste”. Ci si rende conto allora che gli
spostamenti spaziali delle figure sulla scacchiera non sono altro che manifestazioni
litotiche di quei programmi di gioco complessi che sussumono concatenazioni di
azioni già compiute e progetti di azioni future: in altre parole, che le unità ludiche da
considerare non sono più particolari atti di gioco, ma azioni discorsive
programmatiche: che non si tratta, nel gioco, dell'applicazione più o meno
soddisfacente di un regolamento, ma di un faccia a faccia di due soggetti cognitivi
dotati della conoscenza implicita di quelle regole che essi utilizzano per elaborare,
sotto forma di programmi virtuali complessi, le strategie che dovranno portarli alla
vittoria.113

Questa affermazione mette in luce statuto complesso dell'enunciazione che abbiamo


prima accennato, e mostra come i rapporti intersoggettivi operino una conversione del
livello semionarrativo (a cui ci eravamo attenuti) in rapporti tra enunciatari ed
enuncianti. Tralasciamo per un attimo il rapporto con gli altri giocatori, che verrà
affrontato nel prossimo paragrafo: per il momento siamo in presenza di un solo
Soggetto di enunciazione, e del suo punto di vista individuale in rapporto al sistema di

113 A.J. Greimas, A proposito del gioco, p.216

126
gioco e alle sue possibilità; è necessario rileggere alcuni elementi che abbiamo
analizzato nei capitoli precedenti nell'ottica delle strutture discorsive.

Siamo così in presenza, all'interno dell'attore-giocatore, di un doppio percorso


attanziale: quello del Soggetto intensionato verso la vittoria, origine del fare pragmatico,
già modalizzato dal dover-fare (seguire le regole) e dal voler-essere (un giocatore); e
quello del Destinante, che modalizza il soggetto con un fare cognitivo (manipolazione)
che gli permetta di giudicare, all'interno del sistema di valori del gioco, la valenza delle
scelte possibili in quel momento.

Naturalmente, come un attore sussume in sé diversi attanti, è sempre possibile il


contrario, ovvero l'esistenza di molteplici attori per uno stesso attante. In molti casi, la
funzione del Destinante può assumere diversi simulacri attoriali contemporaneamente, e
ciò è particolarmente evidente nel caso della Sanzione delle azioni: arbitro, giocatore,
sistema, spettatore sono tutte figure distinte che, a livello narrativo, sanzionano l'azione
del giocatore-soggetto (commentandola, punendola, impedendola e così via); questi
ruoli possono distinguersi a seconda dei giochi, e possono dividere l'attante in
antiattante o nonattante, a seconda delle differenze (ad esempio, di squadra o di
schieramento) presenti nel gioco.

Un esempio: limitandosi alla manipolazione, il Destinante viene rappresentato dalle


Regole del gioco, ma al tempo stesso il giocatore può comportarsi da Baro (che
abbiamo visto nei capitoli precedenti), costituendo un vero e proprio Antidestinante: la
trasmissione del Saper-Fare e del Poter-Fare si divide tra questi due ruoli attanziali, e
può determinare per il soggetto la prima scelta del “campo” a cui appartenere;
completata la Performance, la Sanzione può nuovamente presentarsi nella lotta tra i due
Destinanti (il Baro riterrà preferibile vincere barando che perdere lealmente, ad
esempio), e può dicotomizzarsi anche nelle due forme della sanzione pragmatica (la
“ricompensa” del giocatore) e di quella cognitiva (il giudizio sul suo fare).

Ad esempio, nel caso che il giocatore stia giocando a Solitario, se ha accettato di seguire
le Regole, porterà avanti la partita fino ad un momento in cui, magari per un errore
pregresso sarà impossibilitato a continuare. La sanzione pragmatica del sistema è
appunto questa impossibilità a continuare, che a livello cognitivo indica il fallimento

127
della performance, e il non-possesso della competenza; se il giocatore avesse deciso di
“barare” al gioco (per quanto immotivata possa essere quest'azione in un gioco SP), la
sanzione pragmatica del sistema (il “blocco” del gioco) viene superata come un
Ostacolo qualsiasi, (il giocatore prende dal mazzo la carta necessaria a superare
l'impasse) e il baro terminerà la partita; la sanzione cognitiva è comunque definibile
“Vittoria”, poiché è esercitata e rappresentata dalla coscienza del Destinante-Baro.

A ciò si aggiunge anche un'altra caratteristica, che dipende strettamente dal giocatore in
quanto soggettività enunciativa; se l'enunciazione consiste nell'appropriazione del
sistema da parte dell'individuo, e se il giocatore è il risultato dell'unione di percorsi del
Destinante e del Soggetto, allora possiamo ipotizzare che, ad un certo livello, il
giocatore possa agire attraverso accettazioni o interazioni “miste” con la struttura di
gioco, e sviluppare ulteriormente delle strutture interne al gioco (attualizzazione e
orientamento del sistema); avevamo già visto qualcosa in Caillois, che qui parla di
norme individuali:

Le leggi dell'armonia... prosodia... metrica... costituiscono parimenti altrettante


legislazioni, più o meno esplicite o dettagliate, che guidano e al tempo stesso limitano
il creatore. Sono le regole del suo gioco. D'altra parte, esse danno luogo a uno stile
[sottolineato mio] comune e riconoscibile in cui si riconciliano e si compensano la
disparità del gusto, la prova della difficoltà tecnica e i capricci del genio.114

Lo stile, che qui è considerato come stile delle Norme (che abbiamo già visto nel primo
capitolo), è un concetto che non si applica solo a queste ultime, quanto all'individualità
che, preso coscienza di un certo modo d'essere della struttura, decide di orientarsi
consapevolmente attraverso l'azione nel gioco. Come afferma De Certeau, parlando del
movimento dei soggetti nello spazio urbano:

I percorsi dei passanti seguono traiettorie o deviazioni assimilabili a «figure» o «stili»


particolari. Vi è una retorica del camminare. L'arte di elaborare frasi ha come
equivalente un'arte di inventare percorsi. Al pari del linguaggio comune, questa implica
e combina stili e usi. Lo stile specifica «una struttura linguistica che manifesta sul piano
simbolico [...] il modo di essere fondamentale di un uomo» [Greimas]; connota la sua
singolarità. L'uso definisce invece il fenomeno sociale attraverso il quale si manifesta di

114 R. Caillois, I giochi e gli uomini, p.10

128
fatto un sistema di comunicazione; rinvia a una norma. Entrambi riguardano un
«modo di fare», ma l'uno come trattamento singolare del simbolico, l'altro come
elemento di un codice. E s'intersecano per formare uno stile dell'uso, modo d'essere e
fare al tempo stesso.115

Il giocatore, una volta che raggiunge una conoscenza adeguata nella struttura di gioco,
non solo attua l'intelligenza sintagmatica nel proseguimento dei suoi PN, ma una
intelligenza paradigmatica sistematica, che gli permette di sfruttare parte del
regolamento a suo favore, e di crearne norme e regole individuali, interazioni di sistemi
sottomessi alla categoria dell'individualità (l'abbiamo visto nelle costrizioni semiotiche
greimasiane) e governati da quest'ultima. Lo stile di gioco è così ciò che stabilisce
l'identità del giocatore come giocatore, il suo possesso della struttura di gioco, la sua
competenza che diventa Norma simbolica e Firma al tempo stesso.

Allo stesso modo, sappiamo che le regole della norma sottintendono sempre determinate
operazioni e modifiche dei sistemi di valori del gioco (capitolo precedente); in quanto
Stile, questo stato dei valori assume un carattere unico e identitario; sembra proprio che
le affermazioni di Benveniste possano allora essere integrate o corrette:

Dunque arbitraria sarà anche, e necessariamente, la condizione propria dei


partecipanti, i quali si spogliano del loro ruolo [personnalité] quotidiano per assumere
solamente quello che l’esigenza del gioco gli assegna; la loro sola funzione sarà di
permettere al gioco di realizzarsi. E deve realizzarsi come azione, essendo la
trascrizione di uno schema anticipatamente dato e che esiste di per sé fino alla sua
conclusione. È dunque il gioco che determina i giocatori, non l’inverso. Esso crea i
suoi attori, conferisce loro un posto, un rango, una figura; regola il loro mantenimento,
il loro aspetto fisico, li crea addirittura, a seconda del caso, morti o vivi. Tutto è
condizionato dallo svolgimento del gioco, all’interno delle condizioni nelle quali esso
consiste.116

É vero che le scelte disponibili per il giocatore sono determinate e limitate dal sistema
di gioco, ma è anche vero che, nel momento in cui un gioco presenta una complessità
sufficiente a determinare un ampio numero di scelte, quando queste ultime non sono
immediatamente sanzionate dal sistema attraverso l'attribuzione di un valore

115 M. De Certeau, L'invenzione del quotidiano, ed. Lavoro, Roma 2001 p.96
116 E. Benveniste, Il gioco come struttura.

129
prestabilito, lo spazio per l'azione individuale aumenta, e il giocatore può definire una
propria personalità dentro il gioco, costruendo una combinatoria di azioni o una
gerarchia di valori come traccia individuale, firma, proiettando nella partita queste
azioni come simulacro della sua personalità. Lo stile poi, è una delle prime
caratteristiche che rivelano il giocatore come soggetto d'enunciazione di un linguaggio
complesso, contestando l'idea che i soggetti di un sistema regolamentando siano
assimilabili ad automi che eseguono semplicemente la matrice degli ordini ricevuti.

Tutto questo è evidente non solo negli sport individuali e di squadra, dove la tecnica (il
possesso del poter-fare) condivisa si trasforma in uno stile individuale e riconoscibile
dei giocatori (come nella scherma o nel tennis, a calcio), ma anche nei giochi come
scacchi, o poker, o Risiko, e anche nei sistemi apparentemente più semplici come
Mercante in fiera. Lo Stile è così la prima emersione di un simulacro di personalità del
giocatore all'interno di un sistema normato e regolato, ma che possiede un “margine di
gioco” sufficiente a permettere l'azione individuale come affermazione sull'essere oltre
che sul fare dell'universo semiotico.

Le possibilità di costruire uno Stile all'interno del gioco dipendono direttamente dalla
struttura del sistema, e soprattutto dal rapporto tra Ingiunzioni e Opzioni, e del tasso di
scelte all'interno di queste ultime. Come è evidente, difficilmente esisterà uno "stile del
Tris", poiché l'unica scelta concessa al giocatore è la casella da occupare, e le classi di
caselle sono soltanto tre, e il sistema dei valori presenta poco margine di gioco.

In maniera simile alla calligrafia, dove le lettere si fanno firma e segno individuale, in
opposizione alla riconoscibilità sempre più standardizzata delle lettere digitali, il
rapporto dello stile di gioco con le regole del gioco è quello tra creazione della
personalità e mantenimento dei criteri minimi di accettabilità del processo. Nessuno
stile di gioco può volutamente violare le regole, e deve sempre mantenersi all'interno di
una volontà di vincere, anche se minima: nessuno gioca uno stile volutamente perdente
(in teoria dei giochi, si definisce una strategia Strettamente dominata, ovvero
costantemente in svantaggio rispetto a tutte le altre), ma uno stile può considerarsi più o
meno efficace a seconda dei momenti, o del confronto con altri stili, fermo restando che
lo stile non opera come una strategia (massimizzando l'efficacia) ma come un processo
di costruzione di individualità dentro un sistema.

130
Fermo restando che uno stile può sempre mostrare un'efficacia superiore alle tecniche o
strategie impiegate, e trasformarsi in una di esse: il caso del salto in alto, con la tecnica
detta Fosbury, ne è un caso lampante, essendo stata utilizzata dapprima dall'omonimo
atleta ed essendosi col tempo dimostrata più efficace del salto (un tempo normale) a
pancia in giù; così come la tecnica di Crawl a nuoto, che viene confusa e chiamata
spesso stile libero, proprio perché risulta oggi essere la tecnica più efficace in questo
tipo di competizioni, dopo aver soppiantato nel 19° secolo lo stile Farfalla.

L'intersoggettività: competizione e collaborazione.

É possibile ora tornare alle affermazioni di Greimas sulla conversione che si compie,
durante un gioco a più giocatori, tra l'analisi di questi ultimi come Attanti all'interno di
un unico Percorso Narrativo, e il loro statuto quali Soggetti dell'enunciazione, in
reciproco rapporto (enunciatore/enunciatario).

L'enunciazione in questo caso crea uno spazio intersoggettivo, che in teoria può
limitarsi ad essere uno spazio meramente “illusorio”, nel caso in cui il soggetto crei un
simulacro di senso, umanizzandolo e posizionandolo come Enunciatore (polemico o
contrattuale) con cui instaurare un fare interpretativo (come nel caso del lotto e del
lancio dei dadi):

Intuitivamente , si comprende per esempio che di per se stessa la semplice coesistenza


di due forze ipotizzate come antagoniste non può mai dare vita a una “strategia”, se,
da un lato o dall'altro, non vi è un soggetto cognitivo che riconosca la forza avversaria
assegnandole un significato determinato: minaccia da evitare, forza da rendersi amica
per la realizzazione del proprio programma, etc. Inversamente ogni soggetto
semioticamente competente può perfettamente elaborare le condotte strategiche più
sottili sulla base di una pura “illusione polemica”: cosa che Don Chisciotte sa fare
meglio di chiunque altro. 117

Certo, il riconoscimento dell'avversario (o del compagno dotato di propria autonomia) è


in parte diverso dal credere nell'intenzionalità del senso, nella fortuna che muove le
azioni del giocatore, nel destino etc; perché non si tratta soltanto di attribuire
intenzionalità alle azioni meccaniche di un oggetto, ma si tratta di stabilire dei processi

117 E. Landowski, La società riflessa, p. 230

131
di interpretazione e manipolazione di questi stessi avversari o alleati (il che per il
giocatore del Lotto significa agire in modo da modificare o intercettare le azioni della
fortuna stessa).

Al contrario, non basta la presenza di due forze antagoniste perché si crei un rapporto
intersoggettivo (che si sviluppa nella forma di “turni conversazionali” di
enunciante/enunciatore in cui ognuno porterà avanti un fare manipolativo e
interpretativo):

La strategia di cui parliamo non riguarda soltanto quella che si può chiamare
un'intelligenza sintagmatica, la facoltà di costruire delle concatenazioni di atti-enunciati
efficaci. Essa implica, prima di tutto, una competenza interpretativa delle performance
dell'interlocutore, competenza che permette al soggetto di risalire dagli atti alle
intenzioni dell'avversario e di costituirsi così una rappresentazione globale del suo
sapere, del suo volere, e del suo poter fare. È, d'altra parte, una competenza
manipolativa: i programmi costruiti dal soggetto non sono tutti destinati a portare
direttamente il gioco a buon fine, bensì consistono spesso nel far-credere che si punti
a tale o a talaltro obiettivo e nel far-fare, far agire.118

Ecco i due elementi precisati da Greimas; innanzitutto la competenza Manipolativa del


soggetto, che fa sviluppare contemporaneamente il proprio gioco ingannando
l'eventuale avversario o convincendo alleato; e contemporaneamente il Fare
Interpretativo messo in atto per comprendere le concatenazioni/azioni con cui dedurre le
mosse degli altri giocatori. Iniziamo a precisarle.

Dovendo chiarire la natura dei rapporti intersoggettivi tra giocatori, si possono chiamare
in causa alcune categorie generali proiettabili in tutti i giochi multiplayer: relazioni
Polemiche o Contrattuali, dove le prime si inseriscono nel quadro della lotta contro gli
opponenti (avversari), mentre le seconde si inseriscono nel quadro della collaborazione
con alleati (compagni). In entrambi i casi, abbiamo a che fare con un doppio percorso di
Manipolazione e Interpretazione, ma di segno e di natura rovesciata (in base alla
proiezione dei termini euforico/disforico); mentre la Manipolazione avversaria sarà
portata per creare Svantaggio, la manipolazione (nella forma della Seduzione)
dell'alleato sarà fatta per creare mutuo Vantaggio; lo stesso dicasi per l'Interpretazione,

118 A.J. Greimas, A proposito del gioco, p.217

132
che nel caso dell'aiutante dipende dalla volontà di comprendere meglio il suo gioco, per
poterlo assistere con un PN parallelo, mentre nel caso dell'avversario è rivolta ad
anticipare le sue mosse per poterle contrastare (e condurlo in situazione di svantaggio).

Naturalmente, le tipologie di interazione non si distinguono solo in base all'opposizione


alleato/avversario, ma anche in base al rapporto gerarchico che intercorre tra i due
soggetti, sulla base del possesso del /potere/; in questo modo, sempre a livello generale,
è possibile che la Manipolazione (come nel rapporto tra Soggetto e Destinante)
prosegua da un entità gerarchicamente superiore verso una inferiore; nel caso delle
strutture polemiche, queste avranno la forma della Costrizione (provocazione o ricatto),
mentre nel caso delle strutture benevole, queste avranno come accordo l'Obbedienza
(mentre la parità tra giocatori è sintetizzabile come un mutuo accordo).

Possiamo così passare ad un'analisi più stretta dei fenomeni di Manipolazione e di


Interpretazione nel loro funzionamento intersoggettivo, partendo dalla prima. Rispetto a
quanto abbiamo visto nel II capitolo sul funzionamento della Manipolazione,
quest'ultima si muove su due percorsi complementari, quello del Far-fare (man.
pragmatica) e quello, fondamentale nell'interazione intersoggettiva, del Far-credere
(man. Cognitiva). Naturalmente le due sono collegate intimamente: si intraprende una
performance perché si è intensionati a determinati oggetti-di-valore (secondo la
modalità del credere-vero), oppure si crede-vero uno stato del sistema (si possiede la
certezza su quella situazione) in seguito ad un'azione compiuta e riuscita. Ma vediamo
più direttamente:

133
Partiamo dal rapporto tra avversari: nel primo caso (Far-credere → Far-Fare) il
comportamento del giocatore G1 rendono certo G2 di qualcosa, in modo che egli decida
di agire nel modo previsto dal primo (ad esempio, sicuro che sarà attaccato dall'alfiere
avversario, G2 lo sposta nella casella accanto, come G1 si aspettava); nel secondo caso
(Far-Fare → Far-Credere) una qualche forma di “obbligo” del gioco, ad esempio delle
prescrizioni del regolamento, fanno compiere un'azione che ha come risultato di
modificare i giudizi dell'avversario (G1 mette sotto scacco il re di G2, obbligandolo a
spostare il pezzo, per fargli credere che è arrivato il momento di contrattaccare).

Nel caso degli alleati, invece, il Far-credere → Far-fare è un'azione di un giocatore per
convincere un alleato a elaborare un PN che lo supporti nelle sue azioni (G1 gioca, a
briscola, un Carico, facendo capire a G2 che desidera che lui giochi la propria Briscola
per prenderlo); mentre Far-fare → Far-Credere è un caso in cui un giocatore obblighi il
suo alleato ad effettuare una mossa convincendolo, ad esempio, che sia “la migliore
mossa per entrambi” (G1 fa giocare a G2 il suo Carico, perché possiede una briscola
con cui spera di vincere la mano).

In aggiunta, in entrambi i casi è pensabile che il Fare manipolativo crei delle


concatenazioni continue delle due modalità, in catene praticamente indefinite e chiuse
soltanto dal termine del gioco ( Far-credere → Far-fare → Far-credere …); in più, nei
giochi competitivi di squadra le manipolazioni possono essere rivolte esclusivamente
agli alleati o agli avversari, oppure creare intrecci complessi di interazioni tra di loro
(esempio: G1 fa giocare al suo alleato G2 una Briscola, perché vuole gettare un Carico;
ma l'avversario G3 risponde con una Briscola particolarmente alta, il che aiuta il piano
di riserva di G1, che può buttare un Liscio tranquillamente, sapendo che G4 ha solo
briscole basse).

Passiamo ora a considerare il Fare Interpretativo dei soggetti, a partire dal confronto con
le manipolazioni degli avversari; quest'ultimo non consiste nella semplice risposta alla
persuasione (Far-Credere e Far-Fare) messa in campo, ma metterà in azione un processo
epistemico di “riconoscimento della verità”: un confronto tra lo stato del credere
precedente e quello ipotizzato dalle azioni dell'avversario; percorso che subordina il
credere al sapere, si tratterà di un adeguamento di ciò che è mostrato dall'avversario (o
dal compagno) a quanto è già conosciuto e creduto:

134
«Il fare interpretativo, dal momento che ha a che fare con procedure assai differenziate
di persuasione (quali, ad esempio, l'argomentazione o la dimostrazione) ricopre un
campo di applicazione estremamente vasto. E tuttavia può essere ridotto in ultima
analisi, ad una operazione di riconoscimento (della verità). Ora il riconoscimento,
contrariamente alla conoscenza, è un'operazione di comparazione tra ciò che ci viene
“proposto (la proposizione logica, nel senso di “proposta in quanto cioè suggestione e
offerta”) e ciò che già si sa o si crede. Il riconoscimento, in quanto confronto,
comporta necessariamente una identificazione, nell'enunciato offerto, della totalità o
delle briciole di “verità” di cui già eravamo in possesso.

È chiaro che il riconoscimento è anzitutto il controllo dell'adeguamento del nuovo e


dello sconosciuto al vecchio e al conosciuto, e che la verità e falsità della proposizione
sottoposta al giudizio non ne è che un effetto secondario. I risultati di questo controllo
possono essere sia positivi che negativi, in quanto l'adeguamento può essere
riconosciuto o rifiutato.»119

Per poter arrivare a chiarire il funzionamento dell'interpretazione nel gioco dobbiamo


incrociare almeno due “percorsi” del Credere, secondo Landowski; la prima riguarda il
credere la verità dell'affermazione (il gioco-discorso degli altri giocatori), e la seconda
riguarda la credibilità degli altri giocatori in quanto soggetti di enunciazione; ora, per
quanto possa essere minimo la fiducia/sfiducia conferita agli altri giocatori in quanto
soggetti, non per questo essa è da sottovalutare; in questo secondo caso stiamo così
fornendo due nozioni di Credere, di cui la prima rappresenta la certezza sulla “sincerità”
dell'azione, la seconda la fiducia intersoggettiva; possiamo così rappresentare:

119 A.J. Greimas, Del senso 2, p.115

135
Come abbiamo visto attraverso le affermazioni di Greimas, nei giochi competitivi a
tendenza decisionale ogni mossa deve essere “letta” contemporaneamente nello spazio
delle mosse di gioco (secondo le azioni di comparazione tra valori, combinazioni
preferenziali etc) e al tempo stesso come un'enunciazione da valutare, da parte degli
altri giocatori, all'interno del sistema della credenza e della fiducia; le combinazioni date
dall'interazione di queste strutture (e dei livelli del percorso Narrativo ed Enunciativo)
sono numerose e cambiano in funzione del gioco, per questo è più conveniente
osservarle attraverso un esempio tratto dal gioco del Poker, variante Texas hold'em.

È così possibile mostrare i comportamenti di un Soggetto nel momento in cui questi si


affaccia ad un gioco differente da quelli analizzati in precedenza; senza mirare ad
un'analisi esaustiva del gioco, è necessario prima mostrare alcune caratteristiche della
sua Struttura per comprendere meglio l'esempio proposto.

Nell'analisi del funzionamento del sistema delle risorse (capitolo precedente, gioco della
Briscola) eravamo in presenza di un insieme (il mazzo) ad esaurimento progressivo
attraverso i vari turni. In una partita di Texas hold'em il mazzo viene mischiato ad ogni
mano; dato che ogni turno fa storia a sé, e non è disponibile (come nel poker
tradizionale) un sistema di scambio delle carte, cambia la struttura dei valori prestabiliti
e il gioco delle risorse.

Oltre alle carte compare un'altra risorsa di gioco; le fiches, chips o denaro che viene
puntato. A differenza di quello che si potrebbe pensare, nel gioco il denaro delle puntate
e le carte sono entrambe risorse, anche se con meccaniche differenti, ed eliminare la
prima delle due ci porta in un altro tipo di gioco/poker (che raramente viene giocato);
l'aspetto più difficile nel calcolo della Valenza e nelle scelte del giocatore è proprio
effettuare questo “scambio” di risorse attraverso le puntate.

Un ulteriore differenza del sistema delle risorse è che la struttura del gioco contempla
un misto di risorse comuni (le 5 carte che verranno scoperte), risorse personali e
nascoste agli altri giocatori (le due carte iniziali) e risorse personali e visibili dai
giocatori (il denaro); tutte e tre contribuiscono a caratterizzare la Competenza del
giocatore, mentre sono le carte ad assicurare la Performance. Ogni giocatore deve
giocare una combinazione durante un turno a cui partecipa, ed il valore prestabilito delle

136
carte è dato da un sistema che mette al primo grado il tipo di combinazioni (in ordine
ascendente coppia, doppia coppia, tris, scala, colore, full, scala reale) al secondo grado
la carta più alta presente. Il valore delle carte è allora proporzionale alla possibilità di
ottenere i punteggi in un dato momento, alle carte della combinazione posseduta e al
valore prestabilito dei punteggi, deciso dal gioco.

Ad uno sguardo più attento, il sistema contempla due meccanismi differenti per i due
tipi di risorse, ovvero le carte e le fiches; le prime decidono il vincitore della mano, e
fanno guadagnare fiches, le seconde determinano l'accesso al gioco, impediscono
l'accesso al gioco degli altri (sono una rappresentazione del poter-fare e della
competenza minima necessaria), sono uno strumento di manipolazione (vedi sotto) e
sono l'Oggetto-di-Valore che si ottiene vincendo la mano; ma in tutti e tre i casi devono
costantemente essere scommesse e scambiate per ottenere queste funzioni. Le carte
inoltre vengono rimescolate ad ogni turno (il sistema non possiede memoria) mentre le
chips si mantengono da un turno all'altro, se esaurite determinano la sconfitta del
giocatore e vengono costantemente trasferite tra i giocatori di turno in turno.

Lo sviluppo della mano di gioco si basa su un non-sapere relativo dei giocatori


(riguardo le 5 carte coperte); questi ultimi, all'interno di un turno, devono partecipare a
differenti Performance, che si possono sintetizzare come segue:

1) INGRESSO (prima prova): obbligatoria per i primi 2 giocatori, facoltativa per gli
altri; in questo caso un giocatore G(n) deve decidere se ritenere la sua mano iniziale,
prima di ogni possibile combinazione, competente o meno (viene considerata a tutti gli
effetti di un attante soggetto delegato, un aiutante); e utilizzare le fiches per “scambiare”
questa competenza in a) un minimo fiduciario che permette la partecipazione b) un
valore maggiore che impedisca agli altri la partecipazione, o permetta di massimizzare il
guadagno.

2) FLOP, TURN: si continua a puntare, secondo il principio esposto prima; ma questa


volta, già dal Turn, ogni giocatore è in possesso di una mano completa (combinazione
possibile) e non più di un insieme di valori virtuali (le due carte) da confrontare sul
sistema dei valori virtuali; in questo caso, la puntata continua il meccanismo di
esclusione e di propagazione del “poter-fare” dei giocatori; una puntata eccessiva

137
costringe gli avversari a ritirarsi, superandoli in competenza prima ancora dell'effettivo
riconoscimento della Performance; ad un secondo livello, le carte del Turn e del River
proseguono la virtualità possibili realizzandole; si punta quindi anche in vista di
possibili Programmi Narrativi ancora solo attualizzati (4/5 di colore al flop, ad esempio)

3) RIVER; puntata finale, prima di mostrare le carte; qui ogni giocatore è in possesso
del /Sapere/ totale riguardante le sue combinazioni, e deve confrontare la sua
Competenza (determinata dal valore della combinazione in suo possesso) con quella
ipotizzata dell'avversario (in parte compresa/intuita attraverso la lettura delle carte in
comune) e i loro rispettivi valori circostanziali nel momento del gioco; a quel punto il
giocatore “scambierà” delle fiches, che rappresentano l'ulteriore livello di Competenza
(poiché se non si dispone del numero necessario, non si può accettare la posta in gioco),
ed infine, con tutti i giocatori partecipanti, verrà valutato il valore delle carte,
sanzionato, stabilito il vincitore, che otterrà il denaro messo in palio in quel turno.

Ma finora abbiamo evitato ancora le implicazioni a livello enunciativo di tutto questo;


semplificando, concentriamoci sulla funzione delle fiches durante il gioco; esse non
sono soltanto una risorsa che aumenta la competenza, e impedisce il gioco avversario; la
puntata è un elemento complesso che unisce al funzionamento a livello semionarrativo
alcune importanti implicazioni discorsive.

Un giocatore, infatti, a seconda della Certezza nel suo soggetto aiutante delegato (le
carte possedute), punta un valore in chips che scambia (poiché le perde
temporaneamente, le scommette) come attestazione della fiducia nel valore delle sue
carte (supponiamo per il momento che non stia barando); la puntata rappresenta così
un'anticipazione e un'affermazione della Competenza, attraverso una Sanzione di
equivalenza prestabilita e soggettiva, attraverso il sistema della fiducia/certezza; e
contemporaneamente questo sistema mette in campo un fare Manipolatore nei confronti
degli avversari, che devono agire per interpretare il “quanto” fiduciario messo in gioco
attraverso quella risorsa, che è distribuita equamente solo al primo turno, e già dal
secondo è presente in maniera asimmetrica; ciò significa che, già dal secondo turno,
esistono valori soggettivi/relativi della puntata, che modificano i valori prestabiliti ad
inizio del gioco.

138
I giocatori metteranno così in atto un fare Interpretativo: possono credere la sincerità del
giocatore, in quel caso le loro mosse danno per vero un certo valore virtuale delle carte
dell'avversario, agendo di conseguenza; o possono decidere di essere certi della falsità
delle sue azioni, e giocare in maniera opposta alla manipolazione che stanno
ricostruendo; possono essere in dubbio, e decidere di scambiare questo dubbio
“aspettando” un turno, mettendo in gioco delle fiches come pegno della loro incertezza
o del credito.

Nei turni successivi, man mano che aumenta il /Sapere/ di gioco, il /Credere/ si sposta
dall'asse dell'incertezza a quello della certezza, a meno che qualche giocatore non abbia
eseguito correttamente un Fare manipolativo che ha come obiettivo il perseguimento del
dubbio;120 i giocatori possono sempre ricostruire il sistema apriori dei valori, e il valore
attuale delle risorse in gioco, e tenteranno nel loro Fare interpretativo di stabilire delle
connessioni possibili tra le carte in gioco, le possibili mani dei giocatori, la fiducia
espressa attraverso le puntate, e il sapere delle carte in proprio possesso. Le variabili del
sistema diventano così numerose che è più facile chiarirle attraverso un esempio di
gioco:

Durante una mano di Texas Hold'em, 5 giocatori partecipano al gioco; dopo la


distribuzione, G1 (che ha pagato il Buio) osserva le sue due carte (Doppio Asso di
fiori e cuori); G2 ha pagato il Grande Buio, ma è certo di non poter giocare una mano
del genere (tre di quadri, 6 di cuori) [Destinante-giocatore decide sulla non-
competenza del soggetto aiutante], mentre G3 punta il minimo, perché è in dubbio se
le sue carte siano in grado di fargli vincere la partita (Jack fiori e quattro fiori) [il
Destinante-giocatore dubita della competenza virtuale del soggetto aiutante,
confrontandola con i valori impliciti in gioco, al momento solo apriori]; G4 non gioca
perché, anche se possiede una mano decente, non vuole rischiare di perdere le poche
fiches rimaste [le risorse, in quanto elemento della competenza, vengono ritenute
insufficienti a garantirgli la partecipazione, ovvero la prima Performance contenuta in
un turno del poker]; G5 ha in mano 2 di fiori e 5 di picche, decide di giocare e passa
parola a G1, che chiama All-in (tutte le sue fiches in quella mano). Ad accettare è
soltanto G5; G2 rifiuta [aveva già stabilito la non-competenza del soggetto aiutante,

120 Una tattica del genere è comune nei giochi come Briscola o Scopone Scientifico, in cui far capire
all'avversario quali sono le proprie carte mette il giocatore in una situazione di deciso svantaggio. Per
questo motivo, è importante che ogni carta giocata si componga di “due strategie”: quella della
massimizzazione del punteggio e quella della massimizzazione del dubbio dell'avversario.

139
ma era impossibilitato a non giocare fino al primo rilancio]; G3 rifiuta, operando un
raffronto tra i valori in gioco; la sua competenza, prima dubbia, viene trasformata in
non-competenza dalla puntata eccessiva di G1, e dall'accettazione di G5; in questo
caso, G3 è certo della sincerità di uno dei due giocatori (G1 o G5) ed ammette che
almeno uno dei due abbia un punteggio (virtuale) superiore al suo.

G1 è convinto della sua scelta, perché sa che doppio asso è la combinazione più alta
possibile tra tutte le mani pre-flop (permette di avere punteggi maggiori delle altre
combinazioni senza contare le altre carte che compariranno); la sua scelta di giocare
All-Inn è data dalla convinzione che la massima mano possibile richieda la massima
puntata possibile (naturalmente relativa alle capacità del giocatore stesso in monete).
G5 ipotizza che G1 stia mentendo, ed è altresì convinto di avere una buona
combinazione, considerando nullo il sistema dei valori pre-flop (in quanto invalidato
dalle carte scoperte, che attualizzeranno o realizzeranno combinazioni differenti). G5
è indicato quindi dalla Sfiducia nei confronti di G1, e dall'esclusione nel sistema di
valori prestabiliti.

Si girano le carte in mano (norma comune nelle partite di poker tra amici); tutti i
giocatori ritengono G5 un pazzo (sanzione negativa) indipendentemente dalle carte di
G1 [la sua mano non soddisferebbe il valore minimo “giudicabile” per entrare in una
partita in cui si punta tanto; abbiamo visto l'interazione dei giudizi nel paragrafo
precedente]; G5 è convinto della sua scelta e la ribadisce; si girano Flop, Turn e River;
escono 3 di quadri, 4 di quadri, jack di picche e 6 di fiori. G5 ha vinto con una scala,
contro Coppia semplice di G1.

I giocatori che sono usciti attribuiscono la vittoria ad una fortuna sfacciata (Destinante
che ha manipolato le carte uscite, il Far-Essere del gioco), continuando a negare in
questo modo la Competenza del soggetto G5, e la competenza del soggetto installato
(mano di G5); negano così che la vittoria del giocatore dimostri retrospettivamente il
suo valore; altrettanto fa G1, che considera ancora la sua scelta (giocare all-in pre-flop)
la migliore scelta possibile tra tutte; e aggiunge che G5 ha vinto per incompetenza,
poiché nessun giocatore che conosce gli equilibri del gioco sarebbe entrato con una
mano simile; la vittoria di G5 è quindi risultato di un Non-saper-fare, e di aver
Creduto nel Valore di un soggetto non-competente; mentre l'errore di G1 è stato
quello di pensare di giocare contro un vero giocatore. G5 risponde che lui sa giocare in
maniera diversa dagli altri [affermazione del proprio stile individuale], e che questa
volta il suo modo di giocare si è rivelato migliore di quello di G1.

140
Ho riassunto con questo esempio la totalità delle situazioni presentate nel caso di
giocatore singolo (escludendo gli altri) e nel caso dei giocatori tra di loro; è presente un
sistema dei giudizi incrociati di ogni giocatore nei confronti dei suoi alleati-delegati, e
quello dei giocatori nei confronti delle performance degli altri giocatori; in più si
chiarisce l'interazione tra il sistema della competenza e quello della Credibilità nelle sue
possibilità principali, a partire dalla risorsa delle fiches; e infine abbiamo visto come
tutto questo si colleghi all'oggetto di valore (guadagno di una mano, soppressione degli
avversari) e alla messa in gioco di valori a posteriori e combinatori, nel confronto con
quelli a priori del sistema, attraverso la presenza di puntate “soggettive” legate al
credere e allo stato della distribuzione delle ricchezze in un dato momento.

Stile, tattica, strategia: tra mosse e contromosse.

Nelle citazioni delle scorse pagine compare più volte il termine strategia: è ora il
momento di definirla in un'accezione semiotica, per confrontarla agli altri elementi che
riguardano il comportamento dei giocatori. La strategia, attraverso la definizione di
Landowski, è innanzitutto un Fare attuato e pensato in rapporto all'interazione
intersoggettiva dei giocatori, di base caratteristica del gioco competitivo (tra avversari) e
di giochi che presentano un alto tasso di scelta; difatti, senza possibilità di influenzare le
azioni degli altri, la strategia si riduce all'intelligenza sintagmatica e paradigmatica,
legata alla scelta delle migliori mosse possibili (principio di massimizzazione del
vantaggio); possiamo vederne una prima definizione nel dizionario:

Strategia

1. Mutuato in parte dalla teoria dei giochi, il termine strategia si introduce a poco a
poco in semiotica in cui ricopre un campo problematico dai contorni ancora molto
vaghi. Bisognerebbe innanzitutto distinguere la strategia discorsiva, quella del soggetto
dell'enunciazione* che procede alla messa in discorso (o discorsivizzazione*) delle
strutture narrative, dalla strategia narrativa che mira a elaborare schemi narrativi* a
partire dai quali esaminare la generazione dei discorsi.

2. La strategia narrativa sembra comprendere, da una parte, la programmazione in


senso largo (cioè la costruzione di programmi* narrativi complessi, che verte sulla

141
costruzione, la circolazione e la distruzione degli oggetti* di valore, nonché
l'instaurazione dei soggetti delegati, incaricati dell'esecuzione dei programmi narrativi
annessi) e dall'altra, la manipolazione* propriamente detta (cioè l'esercizio del far-fare
che conduce gli anti-soggetti a costruire i programmi narrativi voluti in realtà dai
soggetti). In queste due direzioni, la strategia sconfina nelle istanze della sintassi*
narrativa, che trattano della messa in opera e del funzionamento dei percorsi*
narrativi. Converrebbe forse riservare questo termine all'istanza superiore ed ultima
dell'organizzazione narrativa, situandovi l'esame dei modi di articolazione che hanno
fra loro quelle unità sintattiche di grande dimensione che sono i percorsi narrativi*.121

La descrizione del Dizionario riecheggia le affermazioni di Greimas, anche se


quest'ultimo considera l'opposizione tra livello discorsivo e semionarrativo come non
esclusiva:

La strategia di cui parliamo non riguarda soltanto quella che si può chiamare
un'intelligenza sintagmatica, la facoltà di costruire delle concatenazioni di atti-enunciati
efficaci. Essa implica, prima di tutto, una competenza interpretativa delle performance
dell'interlocutore, competenza che permette al soggetto di risalire dagli atti alle
intenzioni dell'avversario e di costituirsi così una rappresentazione globale del suo
sapere, del suo volere, e del suo poter fare. È, d'altra parte, una competenza
manipolativa: i programmi costruiti dal soggetto non sono tutti destinati a portare
direttamente il gioco a buon fine, bensì consistono spesso nel far-credere che si punti
a tale o a talaltro obiettivo e nel far-fare, far agire.122 [p.217]

La distinzione tra “portare direttamente” il gioco a buon fine, e convincere l'avversario


ottenendone un vantaggio, è dovuta alla sovrapposizione di due diversi livelli del
percorso generativo, ma nulla vieta che nel gioco una stessa mossa appartenga al tempo
stesso all'uno e l'altro livello: tornando al nostro esempio di Poker, è sempre possibile
accompagnare un'alta puntata con la sicurezza di avere punteggio alto in mano, ma
giocando in modo da convincere l'avversario a dubitare di questa certezza (partecipando
quindi con punteggi inferiori); ma ciò che ci interessa è che, per Greimas, i due concetti
di Strategia sono legati e implicati dai due livelli del percorso generativo e della loro
interazione; così la strategia a livello semionarrativo sarà identificabile attraverso una
tendenza sistematica alla massimizzazione del valore, come esplicitato da Landowski:

121 A.J. Greimas e J. Courtes, Semiotica. Dizionario


122 A.J. Greimas, A proposito del gioco.

142
Vi è infatti chiaramente una differenza di principio tra qualcosa che può essere
eventualmente riconosciuto come percorso strategico e qualcosa che, al contrario, non può
essere chiamato che una semplice “passeggiata”. Se chi inizia una passeggiata è
qualcuno che ama vagabondare a caso lasciandosi condurre e guidare dai fattori casuali
che incontra sul terreno man mano che lo scopre, al contrario il soggetto dotato di
“competenza strategica” punta fin dalla partenza un obiettivo e organizza il suo
avvicinamento in funzione della conoscenza, anche solo ipotetica, di cui dispone in
anticipo relativamente alla natura del terreno da percorrere.123 [p. 228]

Il livello strategico di base punta così innanzitutto ad una massimizzazione del


Vantaggio ottenuto dallo stato dei valori a priori del gioco; lo abbiamo visto nell'azione
di G1 a Texas hold'em, che analizza le proprie possibilità a partire dalle virtualità del
sistema di valori previsto; mentre il livello discorsivo, che può agire in concomitanza o
nella negazione del primo livello (quindi mascherandolo o esplicitandolo, indicando
azioni possibili piuttosto che azioni realizzabili e così via) è caratterizzato dal continuo
confronto dei giocatori, dalla produzione sistematica di far-credere e di simulacri
attanziali, destinati a modificare le azioni dell'avversario (far-fare) pensate per
sconfiggere il suo fare interpretativo; gli esempi sono riassunti in questa affermazione di
Landowski che riguarda, in maniera non troppo dissimile dal nostro esempio, il caso
degli scacchi:

Si consideri ad esempio il caso della partita a scacchi. Vi si trova dapprima


l'equivalente di un fare tecnologico che mira al “corpo” o perlomeno alle “forze”
dell'avversario, nel caso specifico rappresentate sulla scacchiera da un certo numero di
pezzi che, dal momento in cui i loro spostamenti si trovano diretti dalle “regole del
gioco”, diventano direttamente manovrabili dall'avversario. Da un punto di vista
formale, non vi è grande differenza tra questo modo di intervenire sull'avversario con
lo sfruttamento di un sistema di regole convenzionali... Nei due casi l'anti-attante si
presenta come un materiale malleabile sulla base di determinate regolarità di
comportamento la cui conoscenza definisce la competenza operazionale dello stratega
nella misura stesse in cui esse modellano adeguatamente la competenza pragmatica della
partita da manovrare. [p.233]

Possiamo ora dire qualcosa di più riguardo alla strategia, e al suo funzionamento dato
dall'interazione di entrambi i livelli, uniti nella figura del Giocatore. La Strategia opera
123 Questa e le prossime citazioni sono tratte da E. Landowski, La società riflessa.

143
partire da una previsione dei valori del gioco, ma anche e soprattutto a partire dalla
comprensione delle regole che permettono questi valori; lo stratega, a livello
semionarrativo, sfrutta le possibilità della struttura di gioco all'interno dell'atto di
manipolazione (come abbiamo visto nel quadrato del Far-fare) per rivoltarle contro i
giocatori e utilizzarle a proprio vantaggio: ma in questo senso, come già Landowski
notava, l'idea stessa di una possibile massimizzazione del vantaggio dato dalle regole
(che abbiamo visto nel precedente capitolo) comporta almeno due posizioni opposte e
differenti, a seconda del “ruolo” dell'avversario:

In un primo caso, l'anti-attante S2 è il semplice esecutore di un programma virtuale,


parziale o globale, predeterminato sotto forma di regole o di leggi. In questo caso non
si esce dal tipo di configurazioni esaminate in precedenza, e per scatenare, o al
contrario ritardare, o addirittura escludere il “passaggio all'azione” di S2, sarà
sufficiente a S1 organizzare o al contrario evitare le condizioni di attualizzazione del
programma considerato. Ne consegue questa definizione semiotica, che proporremo
per la tattica; una scienza delle manovre attualizzanti. Si noterà che non esiste
propriamente parlando alcuna relazione intersoggettiva disposta sotto questo regime,
poiché l'effetto interazionale deriva dal solo controllo, da parte di S1, delle circostanze
“oggettive” del fare di S2. [pp.234-35]

[...]

In un secondo caso s2 è un vero e proprio anti-soggetto, non necessariamente


padrone di tutte le sue (re)azioni (poiché nessun soggetto sfugge completamente, sul
piano operazionale, alla rigidità dei meccanismi regolatori del suo fare pragmatico) ma
perlomeno relativamente padrone, sul piano cognitivo, delle sue proprie decisioni
programmatiche, e quindi anche nello stesso tempo relativamente “influenzabile” da
ogni intervento che giochi su questo piano. Sta a s1 trovare la forma adeguata, tenuto
conto questa volta delle disposizioni cognitive e/o passionali proprie a S2. Da ciò
consegue questa possibile definizione: mentre la tattica era attualizzante, la strategia (in
senso stretto) opera al livello di virtualizzazione dei programmi narrativi manipolando la
competenza decisionale, ovvero cognitiva, dell'anti-soggetto.

Ancora una volta nella partita a scacchi i due tipi di dispositivi coesistono: da esperti di
tattica, gli avversari si scambiano dei “colpi” bloccando o avviando degli automatismi
conformi alle tecnologia del gioco, ma nello stesso tempo, dato che i giocatori sono in
questo caso, come in molti altri incontri, dei soggetti che si osservano e si “sentono”,

144
tutti i colpi scambiati avranno per di più immediato valore di discorso, poiché gli effetti
di senso sul piano strategico si sovrappongono agli effetti di choc ottenuti tatticamente sul
terreno. [p.236]

Questa distinzione tra tattica e strategia elaborata da Landowski riecheggia le riflessioni


di numerosi autori di teorie belliche, e presenta alcune continuità con la teoria di Michel
De Certeau, sviluppata per mostrare le reazioni e le resistenze culturali dell'uomo
quotidiano a quei sistemi di potere istituzionali e generali che pretendono, al contrario,
di formulare regole di comportamento uniformi e spersonalizzate:124

Ciò che distingue le une dalle altre [tattiche e strategie] sono i tipi di operazioni entro
gli spazi che le strategie sono in grado di creare, suddividere e imporre, mentre le
tattiche possono soltanto utilizzarli, manipolarli e aggirarli.

Dobbiamo dunque specificare questi schemi di operazioni. Come in letteratura si


distinguono "stili" o modi di scrivere, così si possono distinguere "modi di fare"... si
manifestano in una sfera che di regola ha un primo livello, ma introducono in esso una
possibilità di trarne vantaggio che obbedisce ad altre regole e costituisce una sorta di
secondo livello connesso al primo (come lavori di straforo). Assimilabili a delle
modalità d'uso, questi modi di fare creano un gioco attraverso una stratificazione di
funzionamenti diversi e interferenti. Così i modi di abitare (una casa, una lingua)
propri della Cabilia vengono insinuati da un magrebino a Parigi nel sistema che gli è
imposto dalla struttura di una casa popolare o dalla lingua francese. In altri termini,
egli li sovraimpone e, attraverso questa combinazione, si crea un margine di gioco per
volgere a suo profitto il sistema costrittivo del luogo o della lingua. [p.64]

Una distinzione tra strategie e tattiche sembra offrire uno schema iniziale più adeguato.
Chiamo strategia il calcolo (o la manipolazione) dei rapporti di forza che divengono
possibili dal momento in cui un soggetto dotato di una propria volontà e di un
proprio potere (un'impresa, un esercito, una città, un'istituzione scientifica) è isolabile.
Essa postula un luogo suscettibile d'essere circoscritto come spazio proprio e di essere la
base da cui gestire i rapporti con obiettivi o minacce esteriori (i clienti o i concorrenti, i
nemici, la campagna intorno alla città, gli obiettivi e gli oggetti della ricerca). Come nel
management, qualsiasi razionalizzazione strategica cerca innanzitutto di distinguere da
un ambiente un luogo proprio, ovvero la sfera del potere e del volere propri. […]

124 Questa e le seguenti citazioni sono tratte da M. De Certeau, L'invenzione del quotidiano.

145
In rapporto alle strategie (le cui figure successive variano questo schema troppo
formale e il cui nesso con una configurazione storica particolare della razionalità
andrebbe anch'esso precisato) definisco tattica l'azione calcolata che determina
l'assenza di un luogo proprio. Nessuna delimitazione di esteriorità le conferisce
un'autonomia. La tattica ha come luogo solo quello dell'altro. Deve pertanto giocare
sul terreno che le è imposto così come lo organizza la legge di una forza estranea. […]
[p.75]

Questa terminologia, in parte coincidente con quella di Landowski,125 può essere


semiotizzata trasformandola così in un sistema di opposizioni relative all'interazione dei
giocatori nel gioco: lo schema, a questo punto, sarà:

Tattica Attuale Processo Valori circostanziali Opzioni

Strategia Virtuale Sistema Valori apriori Ingiunzioni

Ancora poche parole a proposito dell'intersoggettività, e della proiezione di simulacri


polemici; come abbiamo visto in alcuni casi, non è necessario che esista un avversario
al livello di giocatore, se il sistema di gioco viene letto dal giocatore come un vero e
proprio avversario, dotato di una sua volontà e delle sue proprie scelte; ciò non vale solo
per Don Chisciotte, né solamente per chi gioca al Lotto, ma in generale riguarda una
categoria abbastanza ampia di giochi, e un atteggiamento epistemico di alcuni giocatori;
se prendiamo l'esempio dei rompicapo, essi si situano all'incrocio di un sistema di
Sfida126 in cui il giocatore viene manipolato per dimostrare il suo saper-fare all'interno
del gioco stesso; a differenza, mettiamo caso, di un Solitario, il sistema ritiene che il
giocatore sia incapace di risolvere il gioco, e mette in atto la proiezione di un'istanza
simulacrale di “congegno da sconfiggere”; sconfiggere il congegno non è altro, da
questo punto di vista, che capirne il funzionamento interno, e ciò può essere fatto
attraverso l'uso di una tattica e di una strategia che mirano appunto al Far-fare (non
certo al Far-credere) e alla previsione delle “reazioni” del sistema al proprio Far-fare.

125 Così come Foucault, la prospettiva di De Certeau è che a Strategie di dominazione imposte dai Poteri
sociali, dagli apparati statali, dai dispositivi giuridici che violano gli individui e li massificano, si
oppongano forme di resistenza e guerriglia costantemente in situazione di debolezza di mezzi e
risorse. Questa concezione è inapplicabile al gioco stesso, in cui tattiche o strategie non sono
considerabili come “giuste” o “sbagliate” da un punto di vista etico; ma si applica la questione dei
rapporti di forza e dello stato del terreno (di gioco).
126 Vedi La sfida, in A.J. Greimas, Del senso 2, p.205

146
Il cubo di Rubik offre un esempio perfetto di un sistema che viene “sconfitto” attraverso
la decodifica delle sue “reazioni” e viene forzato attraverso un algoritmo che sfrutta le
regole del suo gioco. Non a caso, si è sviluppata una trattatistica sui “modi di risolvere il
cubo” che corrispondono ad una vera e propria esplicitazione delle strategie vincenti, e
delle reazioni meccaniche del sistema.

Passiamo così ad alcune considerazioni rispetto a quanto detto prima a proposito dello
Stile, ed in particolare alla differenza opposizione tra Stile e Strategia; se lo Stile è
considerabile come la trasformazione della Scelta in Norma (individuale), attraverso un
Fare che determina il valore simbolico delle proprie azioni, da questo punto di vista, lo
Stile si comporta “come se” non fosse un'interazione intersoggettiva quella del gioco, e
quindi non considerando l'avversario che alla stregua di un sistema di gioco o di un
terreno su cui provare le proprie capacità, creare la propria identità; mentre la strategia
nasce soltanto dalla considerazione a priori dell'esistenza dell'avversario, e “come se”
esso fosse sempre presente, si sviluppa immaginando e ipotizzando i sistemi delle
contro-mosse, delle manipolazioni e delle valenze da sfruttare durante lo scontro per
massimizzare il vantaggio; da un certo punto di vista, entrambi modificano o
normalizzano il gioco (creano quei sistemi di regole accessorie che abbiamo visto,
regole che diventano per i giocatori dei meta-testi127 di azione ludica), ma mentre il
primo è propriocentrico (orientato verso se stesso ed il proprio programma narrativo) il
secondo è eterocentrico (orientato verso l'altro ed il suo Programma Narrativo).

Infine, nel confronto con le norme, queste ultime, in quanto regole di 2° grado, vengono
rispettate indipendentemente dal ragionamento strategico che a monte può averle
promosse o giustificate (ragionamento che può comunque essere interpretato dal
giocatore, nel qual caso la norma è a tutti gli effetti una strategia), e del ragionamento
strategico esse non mantengono la volontà di controllo del campo, ma solo
l'affermazione che quelle combinazioni di azioni siano collegabili alla “normatività” e a
complessi codici di Giustizia di gioco; al contrario, le strategie tengono spesso conto
delle norme di gioco, e possono essere costruite attorno ad esse, o contro di esse,
tentando di massimizzarne i punti deboli a proprio vantaggio.

127 I Testi-esempi che Lotman considera una delle caratteristiche delle culture rivolte alla formulazione
di Exempla piuttosto che di Regolamenti. Nel gioco si presentano ogniqualvolta si seguono le
indicazioni o le strategie di giocatori famosi, ad esempio.

147
Il sapere e le informazioni nel gioco

Infine, un ultimo punto che non è stato trattato finora, ovvero la modalità del /Sapere/ e
le informazioni del gioco, la sua circolazione ed il rapporto con i giocatori; trattare il
Sapere all'interno dei vari sistemi di gioco richiede di effettuare una distinzione tra le tre
forme in cui si manifesta:

1) come Saper-fare dei soggetti delegati (capacità di creare e organizzare programmi


narrativi).

2) come scambio e ottenimento di informazioni (/sapere/) parziali o totali sul gioco.

3) come memoria dello sviluppo e del progresso del gioco del gioco.

Il primo punto è stato già trattato nei capitoli precedenti; al contrario, è possibile dire
qualcosa sul secondo: tutti i giocatori, oltre ad essere in possesso della competenza
minima delle regole del gioco, sono anche capaci in qualsiasi momento di trasmettere ed
ottenere informazioni, sotto forma di Fare Informativo parziale o totale, gerarchizzati o
meno, all'interno del gioco; le informazioni che essi ottengono dipende strettamente
dalla loro conoscenza delle Regole del gioco, ed a gradi superiori nel sapere ciò che esse
comportano, diremmo nella loro comprensione. A differenza dell'universo dei racconti
popolari, i giocatori condividono un sapere (le regole del gioco) che è sempre anche un
saper-fare minimo; è la loro conoscenza degli equilibri del gioco, la loro esperienza e le
loro riflessioni sulla struttura del gioco che li mettono in possesso di un Sapere
superiore, che possono comunicare (nel caso degli alleati) o tenere segreto (nel caso
degli avversari).

In più, ogni gioco, innanzitutto, determina al livello più semplice un Fare Emissivo, che
si contrappone al Fare Ricettivo dei giocatori che consiste nella “lettura” della
situazione di gioco, nella riconoscibilità dei suoi elementi; dai sistemi più semplici
come i giochi di carte, ai complessi HUD dei videogiochi, tutto passa per questo livello
minimale del sapere, ma non si ferma naturalmente qui. Ogni gioco rende /leggibile/ i
rapporti ed i suoi stati di sviluppo e i suoi equilibri attraverso posizioni, punteggi,
segnali etc: ogni giocatore in possesso della capacità di giocare deve saper leggere ad un
livello minimo lo stato del gioco: mentre già più difficile è, a partire da questo, intuire

148
determinate caratteristiche e situazioni dei giocatori: se per quanto riguarda le intenzioni
degli altri giocatori, questo percorso riguarda più il Credere, nel caso del sistema di
gioco conosciuto, è il Sapere ad entrare in campo.

Un giocatore di carte che ha in mano Asso, Tre e Re di Briscola durante una partita, sa
che le carte che possiede sono le più alte in gioco, ma basta che abbia giocato qualche
partita per sapere che, arrivato agli ultimi tre turni con quelle carte, ha automaticamente
vinto tutti e tre le mani (affermazione scontata); se al posto del Tre avesse il Cavallo
dello stesso seme, gli basterebbe sapere se il Tre è già uscito (ecco il Sapere come
memoria dello stato di gioco) per poter esser sicuro allo stesso modo della sua vittoria;
così come gli basterebbe contare (tenere a mente) il punteggio ottenuto finora per
giocare, in altri casi, tutto il possibile nella sola mano che gli serve alla vittoria, creando
simulacri di mani virtuali ristrette alle sole carte in gioco, e quindi ottenere Certezza
sulle possibili risposte avversarie.

In questo modo la Manipolazione (comprensione) e la Sanzione (riconoscimento) degli


statuti veridittivi, trasmettono e modificano il Sapere in circolazione nel gioco; da
questo punto di vista, molti giochi tradizionali mantengono la distinzione a suo tempo
indicata da Greimas nel suo quadrato dei sistemi veridittivi, e tendono a distinguere
nettamente queste categorie, distribuendo carte ai singoli giocatori, impedendo di
guardare il mazzo e così via; mentre altri giochi (come quelli da tavolo) tengono
nascosti gli elementi casuali, o gli obiettivi di gioco (nel caso questi siano differenziati)
e così via; in genere è possibile affermare che la limitazione dell'informazione accresce
il fare interpretativo dei giocatori nei confronti degli altri giocatori e nei confronti del
sistema.

Quando si tratta di rapporti intersoggettivi, se in genere l'informazione da carpire è


legata ad un “credere” soggetto alle intenzioni dell'avversario e opposto al suo fare
manipolatore, in teoria è sempre possibile inferire informazioni sicure (possesso del
sapere) attraverso mosse e relazioni prestabilite nel gioco, oppure attraverso un far-fare
che obbliga l'avversario ad una mossa predeterminata, nel caso rispetti determinate
condizioni: nel primo caso, è la conoscenza del sistema di gioco che permette di estrarre
informazioni di livello più alto rispetto alla “semplice” leggibilità del gioco; si pensi
all'azione di contare le carte in molti giochi, se eseguita correttamente conferisce un

149
Sapere di massimo grado all'interno della mano; in altri casi sono solo le regole del
gioco che permettono di Interpretare il Segreto in Verità all'interno del sistema; molti
giochi di carte collezionabili presentano appunto azioni di questo tipo (“guarda la mano
del tuo avversario”), fornendo un vantaggio tattico non indifferente.

Applicando il quadrato dei valori epistemici al quadrato dei valori veridittivi ipotizzato
da Greimas possiamo così sviluppare una semplice combinatoria di tutto ciò che, nel
gioco costituisce le finte, le manipolazioni, le rivelazioni, gli atti espressivi del gioco:

Alla base dell'Essere del gioco sta la sua esistenza come sistema semiotico, accettato e
agito dai giocatori, mentre il suo Apparire è la percezione fenomenica che, in un dato
momento, si presenta al loro Fare Ricettivo; l'unione delle due costituisce il livello
minimo di un fare Informativo di gioco, mentre tutto ciò che vi si oppone (e che
disturba questa leggibilità) è l'”oltre gioco”, il rumore semiotico che si inserisce
all'interno e negli interstizi della struttura comunicativa (il suo non-essere e non-
apparire è dal punto di vista delle Regole di gioco, non altro); infine, gli stati di gioco
che non sono leggibili costituiscono le zone segrete (la mano nascosta dei giocatori di
carte, la forma fisica degli sportivi, le intenzioni degli scacchisti e così via), al contrario
ciò che si mostra in gioco ma non corrisponde ad uno stato relativo sono tutte le finte,
gli inganni, le manovre attuate dai giocatori o dal sistema 128 per convincere (portare
verso la Certezza o l'Esclusione) gli altri giocatori.

Come vediamo, il Sapere stesso, nel gioco, è il risultato di processi di comprensione e di


analisi effettuati a partire dalle Regole del gioco, intese nello stesso tempo come schema
di gioco, come regolamento con i suoi obiettivi, come gerarchie e classi di valori

128 Nei videogames, ad esempio, l'Hud di gioco, e determinate scelte di telecamera/regia, possono
permettere facilmente di Far-Credere al giocatore situazioni non reali all'interno del gioco stesso;
allucinazioni, percezioni alterate, informazioni errate e così via. Il caso (recente) più interessante
ruota attorno al titolo Spec Ops: the line.

150
predeterminati e come processi di trasformazione (di messa in gioco) dei valori stessi;
questa comprensione mette in azione i ragionamenti dei giocatori, il loro desiderio di
vittoria alla luce della riflessione sullo stato stesso del sistema, e su tutto ciò che viene
mostrato e nascosto dagli altri giocatori. Le scelte, le certezze e le azioni del giocatore
sono così l'ultimo tassello risultante del complesso rapporto tra individuo e sistema, tra
soggetto e regole che fondano il suo universo d'azione, e in questo caso, di gioco. La
percezione dei giocatori sul gioco deforma, abita e trasforma l'universo delle regole, che
da combinatoria aperta diviene teatro di azioni simboliche, minacce irreali, tentativi di
inganno; e contemporaneamente, spazio della fiducia silenziosa, delle attese
spasmodiche, del dubbio sul regolamento stesso e di esercizi di memoria e calcolo non
indifferenti; luogo di speculazione sul senso delle regole, sulla forma che assume un
sistema semiotico regolamentato, sottoposto alle decisioni umane e all'interazione
soggettiva.

151
152
V) ANALISI DI MAGIC THE GATHERING
Pensiamo ancora a uno dei grandi miti
gotici del nostro tempo, i giochi di carte
per bambini... Ecco, la cosa
straordinaria di questi giochi è che non
presentano un unico universo di regole.
Quasi ogni singola carta ha le proprie.
Per me sono un mistero: su una carta
può esserci scritto che se ne hai un'altra
succede un'altra cosa ancora, e così via.
È un sistema di regole completamente
opaco, sterminato; solo dei bambini
piccoli, con la loro memoria eccellente,
possono ricordarle tutte. Questo
assomiglia moltissimo al modo in cui
funziona il potere oggi. Gli antichi e
nobili sistemi di potere sono fondati su
testi sacri: costituzioni, regole di base.
Oggi ci stiamo muovendo da un grande
insieme di regole fondamentali e stabili
a queste improvvisazioni: si tendono a
creare stati temporanei di emergenza
con regolamenti transeunti, variabili.
Già Foucault e Deleuze identificarono
questo passaggio dalle leggi ai regolamenti:
regole inventate per, o applicate a,
situazioni specifiche.
S.Zizek, L'effetto Berlusconi.129

Magic the Gathering nasce nel 1993, inventato da Richard Garfield, per conto della (al
tempo) modesta casa produttrice Wizard of the Coast; probabilmente il primo gioco di
carte collezionabili a riscuotere un successo planetario, con i suoi 12 milioni di giocatori
in tutto il mondo, i due circuiti torneistici internazionali e una versione online (MTGO)
che conta al suo attivo più di 300.000 iscritti, il gioco si è fatto conoscere in poco tempo
ed ha aperto la strada a numerosi altri giochi di carte collezionabili (da qui in poi, GCC).

In questo tipo di giochi ogni partecipante possiede un mazzo proprio, composto da un


repertorio di carte differenti (da comprare singolarmente o in bustine) e utilizzato per
combattere contro i mazzi avversari. A differenza dei giochi tradizionali di carte, in cui
la composizione del mazzo è costante e quest'ultimo viene condiviso tra tutti i giocatori,
in Magic ogni giocatore costruisce la sua partita giocando le proprie carte contro quelle
dell'avversario. Sarà possibile vedere in che modo, attraverso un paragrafo che spiega i
fondamenti di gioco, descrivendone le caratteristiche semiotiche principali.

129 Intervista comparsa su Alfabeta2, n°4.

153
Gli elementi del gioco e principi di analisi semiotica

É possibile proseguire con l'analisi semiotica e la descrizione del funzionamento e dei


caratteri principali del gioco, richiamando le riflessioni dei capitoli precedenti e
permettendo a chi non conosce il gioco di non trovarsi spiazzato nelle pagine che
approfondiranno alcuni elementi e meccanismi di gioco.

In Magic, ogni giocatore impersona un Viandante Planare, capace di lanciare potenti


incantesimi, convocare creature e oggetti provenienti da mondi fantastici. Lo scopo del
gioco, in una partita a due o più giocatori, è quella di sconfiggere l'avversario,
generalmente riducendo a 0 i suoi 20 punti vita (PV) iniziali.130 L'obiettivo di gioco
diventa così il PN fondamentale per il giocatore, che in questo caso si compone di due
PN implicati; ridurre a 0 i PV avversari, e impedire che l'avversario riduca a 0 i propri.
Ogni giocatore, tramite il suo mazzo personale, può così giocare magie in modo da
ridurre direttamente o indirettamente i punti vita dell'avversario. I tipi di carte che
compongono il gioco sono sette: Terre, Creature, Stregonerie, Istantanei, Incantesimi,
Artefatti e Planeswalker:

130 Esistono altri modi di vincere, come indicato nel Regolamento avanzato; un giocatore vince la partita
se tutti gli altri giocatori perdono la partita; un avversario perde inoltre la partita se, durante la
sottofase di pescaggio, non sono più presenti carte nel suo mazzo; o se accumula 10 segnalini veleno;
o se è soggetto di un effetto “perdi la partita”.

154
Tutti i tipi di carta ad eccezione delle Terre richiedono un costo in Mana per essere
giocate, Mana fornito dalle terre stesse e diviso in 5 colori (Rosso, Verde, Bianco, Nero,
Blu), ognuno corrispondente ad una carta Terra specifica (Montagna, Foresta, Pianura,
Palude, Isola). A partire dal primo turno, un giocatore, dopo aver mescolato il mazzo e
pescato 7 carte, può giocare massimo una terra dalla sua mano e, nel caso possieda
abbastanza terre da pagare il costo in Mana di una delle altre carte che possiede, può
giocare quella carta (lanciare una Magia) “utilizzando” le Terre per quel turno (azione
detta Tap, che consiste nel girare a destra le proprie terre, rendendole inutilizzabili e
ottenendo in cambio altrettanto Mana). Ad esempio, se un giocatore ha in gioco 2
Foreste e 1 Montagna, potrà pagare una carta dal costo 1VV (in cui 1 indica mana di
qualsiasi colore, e V indica mana verde)131 oppure 2V, oppure 3 (generalmente una carta
incolore è un artefatto o una terra, a seconda che sia dotata o meno di un costo in mana;
mentre tutte le altre carte sono del colore del mana richiesto per giocarle). O giocare
infine tre magia dal costo V + V + R, o qualsiasi combinazione il cui totale non sia
superiore a RVV.

Mentre terre, incantesimi, artefatti, planeswalker e creature rimangono in gioco (=nel


campo di battaglia) dopo essere giocate (sono perciò detti permanenti) istantanei e
stregonerie si esauriscono con il loro uso. Tutte le carte che vengono distrutte o si
esauriscono finiscono nella pila degli scarti, meglio nota come Cimitero.

Creature: In genere, il modo più semplice per ridurre i punti vita dell'avversario è
attaccarlo con le creature, ognuna dotata di un punteggio di Forza (= numero di danni
inflitti all'avversario o ad altre creature) e Costituzione (=numero di danni necessario a
distruggerle); dopo aver giocato una terra e/o delle creature, è possibile attaccare con le
proprie creature TAPpandole. Se l'avversario decide di difendersi, sceglierà una o più
creature per ogni creatura attaccante (o meno se vuole) mentre le restanti lo
danneggeranno direttamente; due creature che combattono tra di loro infliggono il
danno contemporaneamente (salvo eccezioni).

Istantanei/Stregonerie/Incantesimi: nel gioco esistono carte che rappresentano magie


dall'effetto immediato, che solitamente danneggiano sia le creature avversarie che gli
131 I costi di mana nel gioco vengono indicati con dei simboli particolari, che è possibile vedere nel
Regolamento base; qui sono sostituiti dalla prima lettera del colore corrispondente: B(ianco) V(erde)
R(osso) N(ero) e (b)L(u).

155
avversari, come Lightning Bolt; così come esistono carte che aumentano la forza o la
costituzione delle proprie creature per un tempo limitato; la differenza fondamentale tra
stregonerie e istantanei è che i primi si giocano solo nelle fasi principali del proprio
turno, mentre i secondi durante il combattimento e anche nel turno dell'avversario
(vedremo dopo). Al contrario dei primi due, gli incantesimi garantiscono effetti simili,
ma rimangono in gioco, finché non vengono distrutti o messi nel cimitero per qualsiasi
altro motivo. Alcuni incantesimi (Aure) vengono lanciati su una creatura, garantendogli
maggiori poteri finché essa non viene distrutta.

Gli Artefatti sono oggetti meravigliosi dai diversi poteri, in parte sovrapponibili a quelli
delle altre carte, creature incluse (le creature artefatto), in parte simili alle Aure (gli
equipaggiamenti), in parte dotati di abilità uniche, assimilabili agli incantesimi.

I Planeswalker sono alleati del mago/giocatore, sono permanenti capaci di generare


diversi effetti simili a istantanei e incantesimi, in base al loro punteggio di Fedeltà;
possono essere attaccati e uccisi al posto del giocatore, perdendo la stessa Fedeltà che
usano per i loro incantesimi.

Altri effetti comuni delle carte in generale, indicati nel loro testo, sono di aggiungere o
infliggere punti vita ad un giocatore, di far pescare o scartare carte dal mazzo o dalla
mano), di potenziare o debilitare delle creature, di impedire alle creature di attaccare o
di difendere, di cercare determinate carte nel mazzo, di annullare l'effetto delle magie
giocate dall'avversario, di distruggere determinate carte o di rimetterle in gioco dal
cimitero, e tanti altri ancora.

Il campo da gioco è composto, così, da diverse zone: il mazzo o grimorio, il campo di


battaglia (diviso in frazioni appartenenti ad ogni giocatore), la pila degli scarti o
cimitero, la pila delle carte “fuori dal gioco” (esiliate). Comportamento abituale per i
giocatori è posizionare le terre più prossime a se, in colonne differenziate per colore di
Mana, e le creature al confine con il campo dell'avversario.

Ad inizio partita, ogni giocatore pesca una mano di 7 carte, che può decidere di tenere,
altrimenti le rimescola nel mazzo pescando una mano di 6 carte, e così via (azione detta
mulligan); si stabilisce chi comincia; il primo giocatore non ha diritto a pescare una
carta al suo primo turno, a differenza di tutti i turni successivi per tutti i giocatori.

156
Ogni turno si divide in sottofasi: Mantenimento, durante il quale si Stappano tutti i
permanenti Tappati (terre e creature, ad esempio) in proprio possesso; Acquisizione,
durante il quale si pesca una carta; Prima Fase principale, durante il quale si giocano
terre e magie; le varie sottofasi del Combattimento, che non spiego subito per motivi di
semplicità; la Seconda Fase principale, in tutto simile alla prima; infine la Sottofase
Finale, in cui terminano gli effetti di abilità e magie temporanee giocate in quel turno.

Ogni giocatore durante le fasi principali può giocare tutte le carte di cui può pagare il
mana, ma può giocare massimo una terra per turno, attaccare solo durante la fase di
combattimento; può lanciare istantanei e attivare le abilità delle creature e delle altre
carte come se fossero istantanei, salvo diversamente scritto.

Il funzionamento degli istantanei e la loro interazione è più complessa da spiegare, e


richiede l'introduzione del concetto di Pila: in sintesi, ogniqualvolta si gioca una magia,
si attiva un'abilità di una carta o si innesca una condizione prestabilita, quell'effetto
viene considerato entrare nella Pila di gioco; a questo punto, entrambi i giocatori
possono lanciare un istantaneo o attivare un'abilità in risposta a quell'effetto,
posizionandola sopra di essa all'interno della pila: nel momento in cui l'abilità/carta
viene attivata o lanciata, si effettuano determinate scelte se richieste (come stabilire un
bersaglio per l'effetto, o scegliere tra più di un effetto possibile); quando nessuno dei
giocatori può o vuole lanciare o attivare in risposta, allora tutti gli effetti presenti nella
pila si risolvono a partire da quello più in alto, l'ultimo cronologicamente. In questo
modo l'ultimo effetto si risolve prima di quello per cui è stato giocato in risposta; un
esempio può chiarire la questione:

n° <<<<<<<<<<<<< Ordine risoluzione pila <<<<<<<<<<<<<<< 1°

1° >>>>>>>>>>> Ordine in cui le carte vengono giocate >>>>>>>>>> n°

157
G1 gioca Grizzly Bears; G2 gioca Lightning Bolt appena l'orso scende in campo,
scegliendolo come bersaglio; G1 in risposta gioca Giant Grow, rendendo l'orso un 5/5
ed evitando la sua morte.

Terminate le azioni, ogni giocatore passa il turno (la priorità) all'avversario, e così via,
finché nessuno dei due ha più carte da giocare. Questo è in maniera semplicissima il
funzionamento del gioco; è ora possibile passare velocemente alla costruzione del
mazzo e proseguire con l'analisi semiotica.

Il mazzo si compone di minimo 60 carte (in alcune partite, minimo 40), e nessun tipo di
carta tranne le terre può essere presente in più di 4 copie (quindi massimo 4 Orso nero, 4
fulmine etc); nei tornei è possibile portare una riserva di 15 carte (sidedeck) da
scambiare con le carte del proprio mazzo dalla seconda partita in avanti. Tutte le carte
devono essere scelte tra le carte appartenenti ad uno o più Set (serie di circa 100 carte
che escono a cadenza trimestrale) e ad uno dei formati di gioco esistenti. Di tutte le oltre
13.000 carte stampate, esistono 4-5 formati di gioco che restringono le carte giocabili
fino a 1.500 (il gioco da Torneo, formato detto T2). Non esistono, sotto questo punto di
vista, altre regole alla composizione del mazzo. Eppure le norme generali di creazione
dei mazzi (e gli stessi mazzi acquistabili nei negozi) presentano almeno 20 terre da uno
a tre colori generalmente, un numero di creature compreso tra 6 e 30 e le restanti carte
divise tra istantanei, stregonerie, artefatti, incantesimi e Planeswalker.

Come abbiamo visto, gli elementi sono divisi in categorie più complesse e differenziate
di quelle finora viste nei giochi tradizionali, che presentavano un mazzo di carte non
modificabile e condiviso tra i giocatori, diviso in un numero minimo di elementi (seme
e numero); oppure diversi “pezzi” presenti in numero limitato (pedoni, alfieri, torri...) e
differenziabili solo da poche variabili (il movimento, la quantità); qui invece siamo in
presenza di un gioco che:

1) presenta elementi di gioco (carte del mazzo) non condivisi e differenziati in qualità e
quantità per ogni giocatore, costruiti secondo un sistema di limitazioni ma ad ampia
discrezione del soggetto, non conoscibili prima della partita dai suoi avversari.

2) unisce un sistema di categorie numerose (i sette tipi di carte) a determinate variabili


presenti in ogni carta (nome, costo in mana, tipo, sottotipo, valore di forza/costituzione,

158
valore di fiducia, rarità, testo con abilità aggiuntive).

3) presenta una struttura complessa del turno (diviso in sottofasi, ognuna con azioni da
compiere solo in quel momento) e una natura asimmetrica del campo da gioco (in cui le
pile del mazzo, degli scarti e del campo da gioco si influenzano reciprocamente e
stabiliscono rapporti di consequenzialità e opposizione).

4) si caratterizza per un sistema di intervento complesso, per cui l'ordine delle azioni dei
giocatori varia in base alle “risposte” che i giocatori stessi effettuano durante il turno
avversario. In più, un sistema interno di “scambio” e di pagamento interno (il Mana)
che permette di “giocare” le carte attraverso l'uso di altre carte, e solo in quel caso.

5) a differenza di molti giochi tradizionali, in cui è obbligatorio giocare almeno una


carta o compiere un'azione, ed ogni carta rimane in gioco solo per il tempo prestabilito,
qui ogni azione (salvo giocare le terre) è legata alla presenza della risorsa di Mana del
tipo e nella quantità desiderata, ha una durata e una validità da verificare a seconda dello
stato del gioco ed è soggetta ad interazioni impreviste con altre carte per modificare
questo statuto.

6) implica (come i giochi competitivi, a tendenza decisionale) un doppio PN all'interno


degli obiettivi di gioco, poiché vittoria e sconfitta sono eventi disgiuntivi, e i Punti Vita
sono un valore separato e differenziato tra i giocatori (al contrario, i punti di un mazzo
di carte tradizionali sono prestabiliti e devono essere conquistati). Accanto all'assicurarsi
la vittoria (ottenere vantaggio), ogni giocatore deve evitare che l'avversario o gli
avversari ottengano vantaggio di gioco più velocemente di lui.

La costruzione del mazzo

A ciò si aggiunge la costruzione del mazzo, che separa nettamente le risorse messe in
gioco da ogni giocatore con quelle messe in gioco dagli altri: mentre nei giochi di carte
tradizionali è la conoscenza della natura del mazzo a determinare scelte, equilibri e
riflessioni sul valore prestabilito, a priori o circostanziale del gioco, qui il gioco
comincia nell'atto di costruzione del proprio mazzo, considerabile come un Attante
soggetto delegato e al tempo stesso come l'Oggetto di Valore risultato di un programma
di creazione/congiunzione; è da questo che possiamo iniziare per mostrare determinati

159
elementi della nostra analisi semiotica.

La creazione di un mazzo di Magic funziona proprio come la creazione di un


meccanismo ad ingranaggi o di un motore: bisogna unire diverse parti differenti,
determinando la quantità e i tipi da inserire, in modo che esso possa portare a termine il
proprio lavoro, come si dice nello slang di gioco, “girare”. Da questo punto di vista,
l'obiettivo del mazzo come Soggetto delegato è duplice: da una parte deve poter
funzionare, ovvero deve permettere al giocatore di iniziare a giocare una carta alla volta
passando dalle terre alle carte da pagare con le terre, e così via, senza bloccarsi e
permettendogli di sviluppare la partita; dall'altra deve sconfiggere l'avversario, deve
funzionare in modo da eliminare le resistenze messe in campo da un avversario che
tenterà al tempo stesso di costruire il suo gioco, e di impedire il funzionamento del
mazzo del giocatore, in modo da non esserne sconfitto.

Ora, per far girare il mazzo è necessario far funzionare bene tra loro le carte inserite al
suo interno: ad un livello basilare, è chiaro che un mazzo senza terre non può
funzionare,132 o che un mazzo con terre che forniscono Mana diverso da quello richiesto
dalle altre carte non funzionerà per nulla. Ad un livello meno banale, dato che la mano
iniziale e le carte vengono pescate casualmente, è importante calcolare l'equilibrio
quantitativo tra il numero di terre da giocare e il costo delle carte che si vogliono pagare
con quelle terre; oppure, calcolare quanto tempo (in turni di gioco) ci si impiegherà a
giocare una carta dal costo X, ammesso di avere in mano una terra da giocare ogni
turno, e bilanciare i costi in modo da poter giocare carte durante tutta la partita.

Parlando di altre carte, è chiaro che un giocatore può semplicemente inserire tutte le
carte di un colore che possiede; certo in questo modo non potrà sperare di ottenere un
mazzo che funzioni (giri) bene, perché non solo probabilmente le terre e le altre carte
saranno squilibrate tra di loro, ma la possibilità di avere una carta utile da poter giocare
ogni turno diminuisce all'aumentare del numero di carte singole presenti nel mazzo,
ovvero la loro dispersione. A ciò si aggiunge che una norma di gioco (non una regola)
vuole che il mazzo sia composto da 60 carte esatte, sulla base di calcoli aritmetici

132 Meglio specificare: un mazzo senza fonti di Mana non può funzionare: esistono infatti artefatti,
incantesimi e creature che forniscono fonti di Mana tramite abilità (le cosiddette abilità di Mana);
naturalmente, anche questi ultimi hanno un costo in Mana; ma esistono anche nel gioco carte dal
costo 0.

160
effettuati dai giocatori e dal team di sviluppo. 133

Ipotizziamo per semplicità che il giocatore componga un mazzo da 60; sceglierà allora
uno o più colori (ogni colore di mana deve essere calibrato sul numero e sul costo delle
carte dello stesso) e sceglierà per ogni colore le carte più forti che possiede. Ma come si
decide quale carta è migliore delle altre? Ecco qualche esempio:

Come è possibile vedere, le tre creature hanno esattamente lo stesso costo di mana
convertito, il che facilita il confronto, ma la prima e la seconda sono in vantaggio o in
attacco o in difesa; mentre la terza ha punteggi inferiori ad entrambe, ma compensa con
abilità che le altre non possiedono (volare: può essere bloccata solo da creature con
volare, e vigilanza: quando attacca non Tappa). É chiaro che, come nei giochi a
tendenza decisionale, ed in misura decisamente superiore a quelli che abbiamo
analizzato, è qui impossibile stabilire una gerarchia unica e definitiva della “forza” di
tutte le carte del gioco, poiché le variabili da tenere in conto sono numerosissime; e se
già a parità di costo non è spesso possibile paragonare due carte simili, come sarà
possibile farlo in presenza di costi differenti?

133 Giocare con 60 carte significa che le carte in singola, duplice, triplice o quadruplice copia stanno in
rapporto rispetto al mazzo di 1/60, 1/30, 1/20 e 1/15; se si aggiunge che 60 permette una divisione
ideale di 1/3 tra Terre, Permanenti (creature, artefatti, incantesimi, pw) e Altro (stregonerie e
istantanei) si può comprendere la stratificazione di equilibri aritmetici che la vede preferire ad altri
numeri per il mazzo.

161
Il primo istantaneo è molto forte in rapporto al suo costo ridotto, ma la stregoneria ha il
potere di spazzar via il campo avversario, a dispetto di un costo decisamente superiore
(ma variabile); e cosa dire del secondo istantaneo, il cui danno inflitto dipende da un
valore dipendente all'interno della partita stessa?

É chiaro che, salvo confronti evidenti (una carta con costo superiore, potenza inferiore e
meno abilità di un'altra, quindi Strettamente dominata) tra le carte in possesso del
giocatore134 ciò che fa la differenza non è un confronto definitivo tra tutte le carte, ma un
confronto in base alla domanda “come vincere? Come raggiungere l'obiettivo?”
Domanda fondamentale in un sistema regolamentato come quelli di gioco, nel momento
in cui la combinatoria del sistema è molto più ampia della capacità immediata dei
soggetti di effettuare combinazioni per verificarne i vincoli e i vantaggi di ogni
combinazione. Per questo motivo, sarà possibile vedere in seguito come si siano
sviluppate, a partire dalla riflessione sui valori presenti nel gioco, determinate tipologie
di mazzi riconoscibili (detti Archetipi) che fungono da base standardizzata per la
creazione e per l'ideazione di obiettivi e di maniere di perseguirli. Per il momento
invece proseguiamo con alcune riflessioni.

Non solo il giocatore deve così effettuare confronti tra carte “rivali”, ma deve anche
capire come queste carte dialogano con le “compagne” del mazzo che sta costruendo:
non solo in base alla decisione fondamentale del colore, ma anche e soprattutto tenendo
conto dello sviluppo di gioco e dell'andamento della partita, di come le carte, giocate
una dopo l'altra, possano costruire il percorso del giocatore verso la vittoria (il suo PN

134 Essendo un gioco di carte collezionabili, non tutti i giocatori dispongono di tutte le carte stampate
nella storia del gioco; per semplicità, i nostri confronti sono già limitati solo a poche carte utilizzate
come esempio tra tutte, e quindi non terranno conto di quest'ultima restrizione.

162
fondamentale in quanto Soggetto): mettere insieme un mazzo in cui si giocano solo
creature dal costo convertito135 Uno oppure Sei farà sì che dal 2° al 5° turno si
giocheranno creature via via più deboli in relazione a quelle che si sarebbero potute
inserire programmando una successione del costo delle carte (la cosiddetta Curva di
mana) che segua un andamento continuo. Il vantaggio, sempre astratto, è quello di poter
giocare ipoteticamente più di una creatura a Turno (2 al secondo, 3 al terzo e così via,
ammesso di possedere abbastanza carte in mano).

In più, c'è da decidere il numero di copie da inserire in ogni carta: copie multiple
permetteranno di vedere più spesso una carta durante una partita, ma anche di vederla
troppo presto (prima di poterne pagare il costo, ad esempio) o in situazioni in cui risulta
meno utile (come quando esistono già carte che ne adempiono il ruolo, o quando essa
risulta troppo debole rispetto allo sviluppo del gioco), e da misurare sulla base della
correlazione tra le categorie della frequenza di comparsa e dell'utilità presupposta. Se
avere molte copie di carte dal costo basso è utile per essere sicuri di giocarle ai primi
turni, è chiaro che ritrovarsele a partita avanzata (quando saranno in gioco carte più
potenti) costituisce uno svantaggio da valutare in rapporto alla situazione opposta,
ovvero di una carta dal costo pesante che si vuole vedere solo e soltanto alla fine, e che
rallenterebbe lo sviluppo del gioco se comparisse prima (andando a sostituire un'altra
“pescata” virtuale). Esistono infine carte dall'utilità molto situazionale, che si vorrebbe
vedere sempre ma che diventano forti solo insieme ad altre carte già messe in campo, il
che ci porta all'ultimo concetto, quello di sinergia.

Pensare un mazzo vuol dire immaginare un PN virtuale di vittoria, in cui le carte


collaborano tra loro in una catena (terre → carte → danni o sviluppo del gioco, in
maniera estremamente semplificata) in cui l'uso delle abilità e la possibilità di inserire
carte che hanno dei ruoli simili ne aumenta il valore. Un mazzo di creaturine dal basso
costo e dalla costituzione ridotta beneficerà del loro effetto “sciame”, o della possibilità
di rafforzarsi a vicenda (caratteristica delle creature del sottotipo Sliver o Ally), o di
cercarsi a vicenda (come le carte Ribelle) o altri effetti previsti dal gioco e inseriti nelle
carte:

135 Il costo di mana convertito (CMC) è il costo di mana considerato ignorando il colore, e serve per
confronti tra carte e come valuta sul costo “assoluto” da utilizzare in determinate abilità.

163
Queste serie sono le concatenazioni più evidenti, previste e addirittura incoraggiate, ma
altre possono essere più sottili, più complesse e spesso inattese (ovvero, scoperte solo
dopo un'attenta lettura incrociata del repertorio di carte, la creazione di simulacri di
mazzi dotati di obiettivi particolari, il test sul campo etc) ma più efficaci:

Queste combinazioni, che osserviamo a livello paradigmatico (sistema), possono crearsi


anche a livello sintagmatico e sono utili per creare dei simulacri di Concatenazioni di
PNu (turni), in cui la sequenza aumenta il valore delle carte appena giocate:

164
Ma ogni mazzo possiede al tempo stesso un ulteriore obiettivo: non solo deve poter
funzionare bene, ma anche battere il mazzo avversario ed evitare di essere sconfitto da
quest'ultimo. Questo processo può riflettersi in due modi diversi, a seconda che i mazzi
siano intuitivamente “simili” (vedremo dopo cosa significa) e che tendano a comportarsi
come Rivali (vd capitoli precedenti) oppure dal fatto che i mazzi siano di tipi differenti
e possano così comportarsi come veri e propri Avversari. Dal punto di vista
semionarrativo, nel primo caso i mazzi concorrono entrambi alle stesse strategie, è
sempre possibile tentare di essere più veloci ed efficaci dell'avversario (nello sviluppo
del gioco), e al limite impedirne il gioco; in caso contrario, se i due mazzi hanno
strategie differenti, devono necessariamente impedire all'avversario di sviluppare il suo
gioco, o volgere quest'ultimo a proprio vantaggio.

É fondamentale notare che il passaggio dal primo al secondo tipo di confronto avviene
nell'istante in cui si pensa che il mazzo debba non solo portare avanti un proprio PN, ma
anche impedire a quello dell'avversario di realizzarsi. È per questo che moltissime carte
sono usate per rallentare, distruggere o impedire il gioco avversario e sono incluse nel
mazzo a sostegno delle carte (generalmente creature o stregonerie che infliggono danno,
cosiddetti “spari”) che hanno il compito di ridurre i Punti vita dell'avversario. Ecco
come una suddivisione del lavoro di squadra all'interno dell'attore collettivo (Mazzo) si
trasforma in una differenziazione di PNu virtuali durante la sua costruzione stessa; in
maniera simile alla distinzione di ruoli degli sport di squadra, tra portiere e difensori da
un lato, mediano e attaccanti dall'altro, un mazzo può contenere diverse “formazioni”
più offensive o difensive, mirate ad eliminare gli avversari o soltanto a potenziare le

165
proprie carte, e così via. Si sta insistendo naturalmente sulla presenza, nella costruzione
del mazzo, di Strategie virtuali, che vedremo meglio nei prossimi paragrafi.

Innanzitutto è possibile trarre alcune conseguenze di ordine semiotico: nei giochi in cui
è presente un sistema di Attanti soggetto delegato (pezzi, carte) all'interno di un sistema
di scelte (quindi in maniera diversa dai segnalini di una plancia), i processi di creazione
e gestione di questo Soggetto delegato possono essere ipotizzati e percorsi al di fuori
della partita, avvicinandosi al Fare Strategico che abbiamo considerato (proiettando
un'ombra di avversario che è solo il terreno su cui allenarsi), mettendo all'opera
l'intelligenza sintagmatica e paradigmatica su un sistema di valori virtuali, anteriori ad
ogni investimento.

Questa possibilità, fornita dall'esistenza delle struttura di gioco come presupposto per
l'azione (il regolamento) permette di collegare ogni partita (livello dell'Uso, insieme di
valori Attualizzati e Realizzati) allo schema di Valori virtuali del sistema, e a verificare
quali sono le condizioni (nella singola partita) che permettono il passaggio dall'uno
all'altro, e viceversa. Il modello di gioco esemplifica il passaggio dal Testo alla
ricostruzione di un Meta-Testo Lotmaniano, ovvero un modello che permette di
produrre, a partire dalla sua combinatoria, una serie di combinazioni in cui il senso
viene messo in gioco e, nel nostro caso, modificato in maniera non predeterminata.
Tutto questo sembra corrispondere per certi versi al tentativo di Levi-Strauss di creare
modelli sperimentali per l'analisi delle culture (attraverso ipotesi deduttive e
generalizzazione) nel continuo passaggio dal Terreno al Laboratorio, e di rimettere in
gioco il modello sul Terreno successivo. L'analisi semiotica applicata alla pubblicità,

166
allo studio dello spazio o alla letteratura, a causa della minore evidenza che le “serie” e
le “matrici” di Testi presentano all'interno del testo stesso, ha spesso sfruttato solo in
minima parte questa possibilità, che è invece evidente e presupposta dall'esistenza stessa
del Regolamento come combinatoria, come meccanismo semiotico di produzione di una
varietà incredibile di Testi singoli dotati di propria autonomia e (a gradi differenti) di
innovazione rispetto allo schema dato.

La partita: costruzione del gioco e sviluppo.

L'impossibilità di stabilire una gerarchia unica di valori a priori durante la costruzione


del mazzo, a differenza di giochi come scacchi o di determinati tipi di giochi di carte, si
riflette in una duplice oscillazione delle valenze durante il gioco. L'intelligenza
paradigmatica e sintagmatica, messa all'opera su un sistema di valori Virtuali (non
collegati ad altre reti e categorie semantiche ma considerati nella pura combinazione
oppositiva o correlativa) deve ora essere messa in gioco durante una partita.

Le osservazioni che seguono sono estremamente circostanziate e mostreranno alcune


caratteristiche di Mtg che accentuano la fluttuazione tra sistemi di valori a priori e valori
circostanziali; è necessario innanzitutto richiamare le osservazioni riportate a proposito
del gioco degli scacchi e (a livello basico) del tris e del poker, mostrando in maniera
semplificata lo sviluppo di una partita.

Iniziamo con un esempio di gioco: G1 ha costruito un mazzo di Controllo bianco e blu


(generalmente chiamato Azorius control) mentre G2 un mazzo Aggressivo rosso, verde,
bianco (conosciuto come Naya Blitz o Naya Aggro)136; le mani iniziali dei due giocatori
sono le seguenti:

136 I nomi dei mazzi sono generalmente stabiliti a partire dal nome della combinazione dei colori o dalla
sigla (Azorius = bianco e blu, Naya = bianco rosso e verde) seguito dall'archetipo del mazzo (vd
sotto), o dal nome di una delle carte o interazioni (come Aristocrats o Affinity) che lo rendono
differente dagli altri.

167
G1

G2

168
Il primo turno sta a G2; quest'ultimo, come nei giochi di carte analizzati
precedentemente, ha una scelta possibile tra le varie azioni disponibili; ma, a differenza
dei giochi già analizzati, le meccaniche interagiscono in maniera complessa e unica:

1) le carte giocate rimangono in campo se Permanenti, oppure vengono utilizzate e


consumate se Istantanei o stregonerie 2) il giocatore non ha obbligo di giocare un
numero predeterminato di carte, e mantiene la sua mano di turno in turno. Da questi due
punti deriva che il giocatore non solo ha costruito il mazzo come attante soggetto
delegato, ma costruisce il gioco come insieme di permanenze che modificano il campo e
come insieme di effetti che agiscono su di esso. Oltre al programma di costruzione del
mazzo, si presenta ai giocatori un programma di costruzione del gioco (che prima ho
chiamato sviluppo di gioco), attraverso l'introduzione di elementi (permanenti) e
trasformazioni (stregonerie e istantanei, ma anche abilità ed effetti). G2 ha in questo
momento differenti percorsi realizzabili:

- può giocare Stomping Ground, terra Rosso-verde, pagare 2 punti vita e in seguito
giocare subito Experiment One (creatura). Può anche giocarla senza pagare, terminando
il turno.

- può giocare Sunpetal Grove, terra Bianco-verde, e terminare il turno poiché


quest'ultima entra in gioco Tappata.

- può giocare Temple Garden, terra Bianco-Verde, pagare 2 punti vita e giocare
Experiment One oppure Champion of the Parish. Può anche giocarla senza pagare,
terminando il turno.

Come è evidente, le scelte di G2 dipendono non solo dal vantaggio immediato nel
gioco, praticamente nullo (poiché le Creature possono Tappare e attaccare solo dal turno
successivo alla loro entrata in campo, fenomeno detto debolezza di evocazione) ma dal
percorso che egli sta ipotizzando già nei prossimi turni di gioco, e dal confronto
silenzioso con l'avversario. Il primo di questi criteri di valore lo porterà a giocare, ad
esempio, Stomping ground piuttosto che Temple Garden, per poter giocare al prossimo
turno sia Champion of the Parish (dopo aver giocato la seconda terra) che Mayor of

169
Avabruck o un secondo Experiment One; mentre il secondo di questi criteri lo porterà a
giocare fin da subito Experiment One, piuttosto che aspettare il prossimo turno
giocando una terra tappata. Per questo motivo G2 gioca Stomping Ground, paga 2pv e
gioca Experiment One.

Come si vede, qui G2 ha preferito uno sviluppo del gioco relativo al Controllo del
campo ad uno relativo al mantenimento dei suoi Pv; in maniera simile al funzionamento
degli scacchi, sul campo di gioco viene proiettata una rete data dalle possibili “mosse”
dei pezzi in gioco; ma al contrario di questi ultimi, qui i pezzi non sono già tutti
presenti, al contrario compaiono turno dopo turno e possono essere distrutti prima
ancora di agire una sola volta. La decisione dipende dal fatto, intuitivamente, che una
grande quantità di punti vita all'inizio viene considerata come una risorsa trascurabile,
che è possibile “scambiare” con uno sviluppo di gioco più veloce e aggressivo (vedremo
nel prossimo capitolo).

G1 invece inizia pescando (Azorius Charm), e può decidere se giocare una semplice
Pianura, un'Isola oppure giocare Hallowed Fountain, e pagare o meno il costo in Pv;
sapendo di non avere carte da poter giocare in questo turno, né in risposta all'avversario,
decide di giocare la terza delle terre, ma di non pagare i Pv, che verranno ridotti
presumibilmente dall'attacco dell'avversario nel prossimo turno; come vediamo G1 fa
una scelta opposta a G2, poiché non avrebbe tratto vantaggio di gioco nel perdere Pv in
cambio di Mana accessibile fin da subito. (preferendo in questo modo il PN che implica
di evitare la sconfitta).

Il secondo turno di G2, dopo aver pescato, si svolge scegliendo se giocare le due
creature bianche (Champion of the parish) oppure quella verde (Mayor of Avabruck);
come vediamo, nessuna delle scelte “potenzia” con il loro ingresso Experiment One, ma
la prima delle due permette di ottenere altre 2 creature, la seconda delle quali potenzia la
prima; tentando di capitalizzare il vantaggio sul campo da gioco, G2 gioca una terra
(Temple garden, che stavolta entra Stappata) e usa i 2 mana disponibili per giocare i
Campioni; nella fase di combattimento, attacca con Experiment One e infligge un solo
danno. Fine turno.

Il secondo turno di G1, dopo aver ottenuto un peschino (Think twice) dal mazzo, si apre

170
con una scelta su tre possibilità; dopo aver giocato Pianura, G1 può giocare la creatura
che possiede, oppure un Istantaneo che fa pescare carte (Think twice) oppure un
Istantaneo che ha tre effetti (rimandare una creatura attaccante in cima al mazzo, far
pescare una carta o donare Legame vitale alle sue creature); G1 può benissimo giocare
Augure per limitare il vantaggio sul campo dell'avversario, calcolando mentalmente che
in caso di scontro con le sue creature, potrebbe ucciderne una senza far morire la propria
(che ha costituzione 3); oppure potrebbe giocare uno dei due istantanei in qualsiasi
momento durante il suo turno o quello avversario. G1 sa che, dal punto di vista tattico, è
sempre conveniente non giocare gli istantanei fino all'ultimo momento, in modo da non
far sapere a G2 come risponderà al prossimo attacco; in questo senso, la catena Sapere-
Credere che abbiamo indicato nel capitolo precedente funzionerebbe secondo il
modello:

G2 Sapere = L'avversario G1 ha ancora mana disponibile

G2 Credere = G1 potrebbe avere una carta istantaneo per difendersi

G2 Sapere = G1 ha giocato terre blu-bianche, potrebbe giocare carte come …

G2 Sapere = Le mie creature non possono essere tutte distrutte da G1

E così via, il che porterà alla scelta di G2, che G1 non può conoscere ma può ipotizzare
sulla base di alcune informazioni condivise (cosa c'è sul campo, che carte sta giocando
G2 etc); per questo motivo, G1 può decidere che la minaccia dell'attacco di G2 è molto
più importante alla possibilità di pescare carte ulteriori, e quindi decide di rispondere
giocando l'unica creatura che possiede, ipotizzando di poter parare metà dei danni del
prossimo attacco avversario, e che nei prossimi turni giocherà (nel caso possieda le terre
necessarie) carte come il planeswalker Jace (per limitare i danni delle creature
avversarie) in modo da ridurre il vantaggio di G2; infine, G1 ha in mano Supreme
Verdict, capace di distruggere tutte le creature dell'avversario (tranne quelle dotate di
rigenerazione); decide così di aspettare di giocarlo nel momento in cui G2 avrà messo in
campo le sue creature più forti, anche a costo di essere attaccato ancora, per annullare la
costruzione del gioco aggressivo dell'avversario; ma deve stare attento ad impedire a

171
Experiment one di possedere abbastanza segnalini +1/+1 da potersi rigenerare. Dal
canto suo, G2 può scegliere di affrettare il più possibile il suo attacco, per non essere
soggetto a Stregonerie del genere, o di lasciare in mano qualche creatura nel caso che le
prime vengano distrutte, per attaccare G1 quando questo avrà esaurito le sue difese.

In questo modo, anche se solo attraverso due turni, ho mostrato il funzionamento delle
Categorie di valori messi in gioco, un principio di azione Tattica effettuata per limitare e
impedire il programma degli avversari, e un principio di azione Strategica a monte
(massimizzazione dei valori del proprio mazzo) e nel gioco (ricostruzione delle scelte
possibili degli avversari sulla base di tutte le situazioni conosciute). Sarebbe utile
mostrare ulteriormente come l'ingresso delle creature nel campo da gioco modifichi gli
equilibri e la forza relativa di tutto ciò che è in campo, ma l'esempio richiederebbe
troppo spazio. É possibile invece ora tornare alla questione dei due regolamenti, e
mostrare come alcune abilità che sono state citate funzionano in rapporto alle regole del
gioco.

Sistema, regolamenti e regole.

Una delle caratteristiche più interessanti del gioco di Magic è quella di possedere
“almeno” due regolamenti; un regolamento di base, attraverso cui si impara a giocare,
ed un regolamento avanzato/da torneo, che serve sostanzialmente a dirimere i problemi
e le incongruenze che nascono dalla complessità del sistema base del gioco.

La differenza di scopo e di portata dei due regolamenti è evidente fin dall'approccio: il


primo, sulla scia dei regolamenti dei giochi di società o da tavolo, è costituito in modo
da introdurre gradualmente i termini di gioco (elementi, terminologia, obiettivi) e di
guidare nello sviluppo di una partita (dal sistema al processo), spesso partendo da
introduzioni che hanno lo scopo di sedurre il giocatore e di introdurlo nell'ambiente
fittizio creato per l'occasione. Il secondo, comportandosi più come un sistema di
consultazione, atto a dirimere attraverso un linguaggio tecnico i concetti e le interazioni
tra gli elementi del sistema, presenta una struttura simile a quella dei codici legislativi (è
diviso in articoli, commi ordinati numericamente e per importanza) e presenta una
struttura logica del controllo del metalinguaggio interno simile, per certi versi,
all'operazione del Tractatus Logicus philosophicus di Wittgenstein. Il paragone tra i due

172
incipit rende evidente il tutto:

[INCIPIT 1, RB] Il tuo viaggio è appena cominciato! Sei un Planeswalker, e davanti a te


attendono infinite battaglie attraverso mondi incantevoli e pericolosi oltre ogni
immaginazione. Per aspirare ad essere il migliore, hai bisogno di qualcosa che ti
permetta di acquisire l'esperienza necessaria.

[INCIPIT 2, RA] Questo documento è ideato per persone che si muovono oltre le basi di
Magic l'adunanza; se sei un giocatore inesperto, probabilmente troverai queste regole
scoraggianti. Esse sono scritte per essere l'autorità massima sul gioco, e non avrai
bisogno di utilizzarle ad eccezione di casi specifici o durante il gioco competitivo

…............

173
Anche la struttura dell'indice e il percorso ideato dai due regolamenti segue indirizzi e
intenzionalità diverse; il regolamento base (RB) parte dalla descrizione (anche
simbolica) dei 5 colori di mana, degli elementi che caratterizzano le carte, dei tipi di
carte per poi passare alle zone di gioco, classificando questi punti come “Le basi di
gioco” e passando poi a mostrare “La struttura di gioco”, che include il funzionamento
del turno, il meccanismo di produzione del mana, di lancio delle magie (le carte) e delle
abilità, al funzionamento del combattimento, e infine a suggerimenti spicci per la
costruzione del mazzo. Il regolamento avanzato parte dalla definizione degli
Elementi/termini principali che compongono una Partita di Magic (esplicitando il
concetto di giocatore, partita, mazzo e le restrizioni perché questi ultimi siano “legali”
nei vari formati di gioco), passando direttamente alle Regole d'Oro di MTg (di cui il RB
cita solo la prima, e solo a pagina 14): possiamo leggere:

174
101. The Magic Golden Rules

101.1. Whenever a card’s text directly contradicts these rules, the card takes precedence. The
card overrides only the rule that applies to that specific situation. The only exception is that a
player can concede the game at any time (see rule 104.3a).

101.2. When a rule or effect allows or directs something to happen, and another effect states that
it can’t happen, the “can’t” effect takes precedence.

Example: If one effect reads “You may play an additional land this turn” and another reads
“You can’t play land cards this turn,” the effect that precludes you from playing lands wins.

101.2a Adding abilities to objects and removing abilities from objects don’t fall under this rule.
(See rule 112.10.)

101.3. Any part of an instruction that’s impossible to perform is ignored. (In many cases the card
will specify consequences for this; if it doesn’t, there’s no effect.)

101.4. If multiple players would make choices and/or take actions at the same time, the active
player (the player whose turn it is) makes any choices required, then the next player in turn
order (usually the player seated to the active player’s left) makes any choices required, followed
by the remaining nonactive players in turn order. Then the actions happen simultaneously. This
rule is often referred to as the “Active Player, Nonactive Player (APNAP) order” rule.

Example: A card reads “Each player sacrifices a creature.” First, the active player chooses a
creature he or she controls. Then each of the nonactive players, in turn order, chooses a creature
he or she controls. Then all creatures chosen this way are sacrificed simultaneously.

101.4a If an effect has each player choose a card in a hidden zone, such as his or her hand or
library, those cards may remain face down as they’re chosen. However, each player must clearly
indicate which face-down card he or she is choosing.

101.4b A player knows the choices made by the previous players when he or she makes his or
her choice, except as specified in 101.4a.

101.4c If a player would make more than one choice at the same time, the player makes the
choices in the order written, or in the order he or she chooses if the choices aren’t ordered.

101.4d If a choice made by a nonactive player causes the active player, or a different nonactive
player earlier in the turn order, to have to make a choice, APNAP order is restarted for all
outstanding choices.

In seguito, il regolamento passa a spiegare i concetti di Giocatori, Colore, Mana,

175
simboli di gioco, Carte, Oggetti, Permanenti, Magie etc, aggiungendo in ogni caso
sottoregole al funzionamento degli oggetti descritti nel RB.

Ma ciò che interessa ora è la prima delle regole fondamentali di Magic, in cui si
specifica che in caso di disaccordo tra il regolamento e l'effetto di una carta, l'effetto
della seconda sovrascrive quanto sostenuto dal primo. In questo senso, è contemplato
nelle regole del gioco che le regole possano essere modificate dallo sviluppo della
partita (particolare che è comune a pochissimi giochi conosciuti, e generalmente non ai
livelli del nostro gioco). La conseguenza di questa regola è quella di creare un sistema
complesso di leggi all'interno di ogni partita, che dipendono direttamente
dall'interazione delle singole carte con il regolamento e dagli effetti delle carte tra di
loro; ecco un esempio:

L'avversario non è più in grado di lanciare Magie, poiché per effetto di Possibility
Storm la prima magia giocata nel turno viene esiliata (scompare dal gioco) e sostituita
con una magia dello stesso tipo presente nel mazzo, che purtroppo , nel momento in cui
dovrebbe essere lanciata sarà la seconda magia del turno, e quindi a causa di Curse of
exhaustion non può essere giocata. L'avversario non può più giocare magie in nessun
modo.

Una precisazione: il funzionamento del regolamento avanzato (RA) si basa, in maniera


simile al principi del Tractatus e a determinati processi semiotici dei codici legali,
attraverso la definizione di una serie di concetti minimi (gli elementi di gioco), e la loro
complessificazione attraverso la definizione delle interazioni possibili tra gli elementi
(combinazioni), delle azioni riconoscibili ed effettuabili dai giocatori, dei rapporti tra le

176
azioni e dei limiti che queste combinazioni possono avere all'interno dello Schema di
gioco. In questo senso, il rapporto tra le regole delle carte e quelle del sistema può
consistere in alcuni fenomeni semplici, a seconda degli elementi di gioco messi in
campo e dai tipi di interazioni; senza pretendere di creare una casistica perfetta, è
possibile pensare la creazione di regole individuali (ovvero nuove carte) attraverso dei
processi di:

Ibridazione: una carta fornisce un effetto “generalmente” assegnato ad un altro tipo di


carta.

Variazione: una carta incrementa o riduce il numero di azioni effettuabili normalmente


da un giocatore, o la loro estensione (l'applicazione a bersagli) o il loro risultato
quantitativo.

Operazione: una carta collega un'azione riconoscibile (pescare, tappare, distruggere etc)
con un oggetto di gioco o del campo di gioco (la mano, un permanente, una magia etc),
in un modo che non sia già presente nel gioco come azione obbligatoria o come risultato
previsto dalle regole.

Combinazione: una carta collega due o più azioni o effetti già definiti dal gioco,
instaurando relazioni di causa ed effetto ulteriori e/o modificando le reazioni di
causa/effetto prestabilite dal gioco.

Interdizione: una carta vieta una o più regole di base o determinate possibilità di azione,
o scelta ad uno o più giocatori.

Queste operazioni semiotiche di interazione tra la carta singola e il regolamento sono


via via meno semplici da prevedere nei loro effetti, sia a livello di equilibri di gioco, che

177
di effetti sulle regole: se aumentare la quantità di Mana prodotto non mette in crisi
l'equilibrio del sistema, ma (al limite fornisce un vantaggio eccessivo ad un giocatore,
minando l'equilibrio), o assegnare ad una carta il poter-fare di un'altra carta può creare
scompensi evidenti (come un artefatto che infligge danni, produce creature, fornisce
Mana contemporaneamente) nessuna di queste azioni arriva a mettere in crisi le regole
del gioco grazie alla regola aurea, che prevede queste forme di variazioni entro certi
limiti.137

Al contrario, le combinazioni e le interdizioni sono più “rischiose” nel momento in cui


più carte finiscono con l'interagire tra di loro e contemporaneamente con le regole che
modificano, o con i corollari che fanno parte del meccanismo di gioco; in questi casi,
tranne nei commi previsti dalla seconda regola d'oro, possono crearsi situazioni in cui
l'evidenza dell'applicazione del regolamento viene a mancare, ad esempio:

vs

Gran parte delle sottoregole del Regolamento Avanzato sono appunto designate per
“prevedere” e normalizzare, ovvero riportare agli equilibri e ad un regime di
funzionamento medio e previsto nel suo scorrere e anche nelle sue oscillazioni (entro
margini che vengono così ristrette); si pensi all'esistenza di regole che hanno la funzione
di evitare che conseguenze potenzialmente perturbanti per la funzione fatica del gioco
(ma previste teoricamente dalla sua Struttura semiotica) come la seguente:

714. Taking Shortcuts

714.1. When playing a game, players typically make use of mutually understood shortcuts rather

137 Come nei processi di creazione dell'alterità, è sempre con materiale semiotico riconoscibile
(nominabile, figurabile e conoscibile) della cultura che si moltiplica, si ritaglia o si rovescia il
Proprio, in modo da costruire l'Altro; vd T.Lancioni, sezione Figure dell'alterità in Immagini narrate,
Mondadori, Milano 2009.

178
than explicitly identifying each game choice (either taking an action or passing priority) a player
makes.

714.1a The rules for taking shortcuts are largely unformalized. As long as each player in the
game understands the intent of each other player, any shortcut system they use is acceptable.

714.1b Occasionally the game gets into a state in which a set of actions could be repeated
indefinitely (thus creating a “loop”). In that case, the shortcut rules can be used to determine
how many times those actions are repeated without having to actually perform them, and how
the loop is broken.

714.2. Taking a shortcut follows the following procedure.

714.2a At any point in the game, the player with priority may suggest a shortcut by describing a
sequence of game choices, for all players, that may be legally taken based on the current
gamestate and the predictable results of the sequence of choices. This sequence may be a non-
repetitive series of choices, a loop that repeats a specified number of times, multiple loops, or
nested loops, and may even cross multiple turns. It can’t include conditional actions, where the
outcome of a game event determines the next action a player takes. The ending point of this
sequence must be a place where a player has priority, though it need not be the player proposing
the shortcut.

Example: A player controls a creature enchanted by Presence of Gond, which grants the
creature the ability “{T}: Put a 1/1 green Elf Warrior creature token onto the battlefield,” and
another player controls Intruder Alarm, which reads, in part, “Whenever a creature enters the
battlefield, untap all creatures.” When the player has priority, he may suggest “I’ll create a
million tokens,” indicating the sequence of activating the creature’s ability, all players passing
priority, letting the creature’s ability resolve and put a token onto the battlefield (which causes
Intruder Alarm’s ability to trigger), Intruder Alarm’s controller putting that triggered ability on
the stack, all players passing priority, Intruder Alarm’s triggered ability resolving, all players
passing priority until the player proposing the shortcut has priority, and repeating that sequence
999,999 more times, ending just after the last token-creating ability resolves.

714.2b Each other player, in turn order starting after the player who suggested the shortcut, may
either accept the proposed sequence, or shorten it by naming a place where he or she will make a
game choice that’s different than what’s been proposed. (The player doesn’t need to specify at
this time what the new choice will be.) This place becomes the new ending point of the proposed
sequence.

Example: The active player draws a card during her draw step, then says, “Go.” The nonactive
player is holding Into the Fray (an instant that says “Target creature attacks this turn if able”)
and says, “I’d like to cast a spell during your beginning of combat step.” The current proposed
shortcut is that all players pass priority at all opportunities during the turn until the nonactive

179
player has priority during the beginning of combat step.

714.2c Once the last player has either accepted or shortened the shortcut proposal, the shortcut is
taken. The game advances to the last proposed ending point, with all game choices contained in
the shortcut proposal having been taken. If the shortcut was shortened from the original
proposal, the player who now has priority must make a different game choice than what was
originally proposed for that player.

Naturalmente, la presenza del regolamento avanzato non chiarisce immediatamente tutti


quei casi in cui più regole si applicano contemporaneamente, e bisogna rilevarne le
priorità e l'interazione tra di esse; in altri casi, anche se la sua interpretazione chiarisce
l'interazione tra le regole che ne fanno parte, può essere difficoltoso per ogni giocatore,
data la struttura logica e non narrativa del regolamento, risalire immediatamente
all'interpretazione corretta di ogni interazione tra carte apparentemente contraddittoria,
o non banale. Per questo motivo il gioco regolamentato e il sistema dei tornei aggiunge
altri due elementi alla presenza del regolamento funziona avanzata.

1) un sistema di “Sentenze” (in originale, Ruling) che accompagna il testo della carte
nel database digitale online (Gatherer) stilato attraverso il sistema di interpretazione dei
Giudici e dei creatori del gioco, chiamato Oracle. Come si può vedere nell'immagine
successiva, ogni carta presente attraverso Oracle include le sentenze in modo da
dirimere questioni e domande più frequenti a proposito dell'uso della carta; nel caso
della carta Sigarda, come si vede, sono presenti i riferimenti elle regole che
interagiscono nel funzionamento, e le sue interazioni con ulteriori carte quando
necessario; in questo caso, con Killing Wave.

180
2) un sistema di Giudici (Judges) di gioco, che sorvegliano le partite nei tornei e si
comportano in parte come un arbitro (riconoscendo le scorrettezze e sanzionando
eventuali errori e inganni) e fornendo interpretazioni delle regole valide per la partita
fino a quando quest'ultima, come un caso giuridico, non venga esaminata da un giudice
di livello superiore.

Tutto questo, naturalmente non risolve il problema nel momento in cui il Sapere sul
gioco (la conoscenza del regolamento avanzato) non è in possesso simmetrico tra i due

181
giocatori; nel caso di partite non torneistiche, o anche nel caso di tornei, i giocatori che
utilizzano particolari combinazioni di Carte, nonostante queste non mettano in crisi il
sistema, possono costituire uno shock ed essere rinnegati ed impediti dagli altri
giocatori, che non sempre saranno sufficientemente ragionevoli da attendere verificando
il regolamento avanzato per controllare la correttezza o meno delle azioni dei giocatori;
alcuni esempi, che si sono spesso presentati alla comunità di Magic, riguardavano ad
esempio il mazzo Eggs (a cui accennerò più tardi), oppure l'uso della carta Gifts
ungiven, in congiunzione con due carte che possiedano Flashback (la possibilità di
essere lanciate dal cimitero, ad un costo minore):

Come da regola 101.3138 del R.A, se un'istruzione


specifica di ripetere un'azione più volte, essa viene
effettuata solo il numero di volte legali, ignorando il
resto. Ma da regola 701.14b,139 un giocatore può sempre
fallire una ricerca specifica nel suo mazzo, e l'avversario
non può contestare o chiedere la rettifica; ora, se per
ipotesi si giocasse Doni mai dati in un mazzo composto
da normali incantesimi, magie, creature, più 4 Doni (di
cui 1 in mano) e 2 Carte differenti con flashback nel
mazzo, il giocatore può sempre scegliere solo le 2 carte,
e l'avversario sarebbe obbligato a metterle entrambe nel
Grimorio.

Dato che l'avversario non può sapere come è fatto il mazzo del giocatore (trattandosi di
una zona nascosta), è sempre possibile utilizzare Gifts ungiven in questo modo, per
giocare due carte nel cimitero con Flashback evitando che l'avversario possa impedirlo.
Quest'uso della carta è diventato l'unico uso competitivo, non era previsto dal gioco
eppure è perfettamente legale, ed è divenuto strategia portante di alcuni mazzi: come
vedremo nel prossimo capitolo, l'uso “normale” e normato dalle regole viene
sovrascritto da Usi, tattiche e Strategie inizialmente non previste, che fanno uso di

138 Regola 101.3. Any part of an instruction that’s impossible to perform is ignored. (In many cases the card
will specify consequences for this; if it doesn’t, there’s no effect.)
139 Regola 701.14b. If a player is searching a hidden zone for cards with a stated quality, such as a card with
a certain card type or color, that player isn’t required to find some or all of those cards even if they’re
present in that zone.

182
combinazioni e variazioni del regolamento per generare effetti inattesi e non sempre
prevedibili del Sistema di gioco.

Tipologie di mazzo: tattiche e strategie

Nel momento in cui le combinazioni possibili per la creazione di un mazzo raggiungono


un numero particolarmente elevato, è normale ipotizzare, applicando le riflessioni di
Levi Strauss sui sistemi di pensiero, che un giocatore cerchi di stabilire reti di
corrispondenze e trame di ordine, anche fittizio, all'interno delle sue scelte e delle sue
azioni, creando sistemi di classificazioni e gerarchie (tassonomie) che può comprendere
e manipolare. Non sorprenderà sapere che quasi ogni giocatore di Magic, appena si sia
mosso oltre le basi del gioco, inizia a conoscere quelli che vengono definiti gli Archetipi
del mazzo: aggro, control, combo, midrange (e loro combinazioni o derivazioni) sono
termini conosciuti alla stragrande maggioranza dei giocatori, e alla base non sono altro
che termini derivati da particolari interazioni e gerarchie dei valori fondamentali che
abbiamo visto nei paragrafi precedenti, favorendo ora l'una (come lo sviluppo di gioco,
o la difesa) ora l'altra (come l'aggressività e la distruzione dell'avversario).

Queste tipologie di mazzi creano una rete strutturale di corrispondenze e opposizioni, e


non vengono solo utilizzate come know-how fondamentale dei giocatori nei tornei, ma
hanno modificato in tutto o in parte lo sviluppo e il modo di pensare e costruire i mazzi
da gioco, anche da parte della casa produttrice stessa, la Wizard, attraverso la creazione
di mazzi preconfezionati140 (nonostante i termini non facciano parte dello slang del
gioco, un metalinguaggio elaborato dai giocatori attraverso una terminologia tecnica e
volta a comprendere e definire equilibri, fenomeni e meccanismi del gioco). È possibile
mostrare il funzionamento di questi archetipi, introducendo il discorso attraverso poche
considerazioni di ordine semiotico:

Aggro: mazzo che privilegia lo sviluppo di gioco nei primi turni, in modo da sopraffare
l'avversario infliggendo più danni nel minor tempo possibile, e sconfiggendolo prima
che quest'ultimo possa costruire le sue difese e sviluppare il suo gioco, quasi sempre
attraverso creature piccole e veloci, che superano le opponenti in numero impedendogli
di difendersi da tutte contemporaneamente. É generalmente composto da poco più di

140 Mazzi che vengono venduti “già pronti” ai giocatori che vogliono imparare a giocare.

183
venti terre, una trentina di creature e le restanti carte di supporto (stregonerie, istantanei,
equipaggiamenti).

Le caratteristiche di questo tipo di mazzi, nonostante le sue variazioni, sono abbastanza


stabili e dagli evidenti risvolti semiotici: una curva del mana bassa o bassissima, tarata
privilegiando carte a costo minimo e una o due (carte) finisher141 a costo 4 o 5
(privilegio per la quantità di risorse messe in campo, a parità di Tempo di gioco, che per
la qualità, ovvero il valore individuale delle carte); una sorta di economia di mana, la
ricerca delle carte più performanti all'interno dello stesso costo, per ottenere un
vantaggio virtuale (ottenere il massimo dal minor mana disponibile, e ripetere
l'operazione per tutti i CMC, in modo da ottenere la progressione di risorse più
efficiente possibile); un ritmo serrato di gioco, basato sul giocare più carte possibili a
turno, massimizzando l'utilità delle carte in mano (giocare più creature possibili nel
minor tempo possibile, e considerare la mano solo come fornitura di carte destinate al
campo da gioco); valorizzazione delle sinergie tra le carte, spesso per sopperire alla loro
rapida perdita di forza relativa con lo sviluppo di gioco (sfruttare i potenziamenti e
vantaggi reciproci tra carte, favorendo la consistenza e la solidità del mazzo, in modo da
sovrapporre alla costruzione lineare dello sviluppo di gioco, un potenziamento
geometrico delle risorse in gioco, aggressività e tendenza a massimizzare il danno
inflitto (privilegiare la forza sulla costituzione, le abilità che aumentano le
caratteristiche o permettono di avvantaggarsi negli scontri, generale spendibilità delle
risorse messe in gioco (le creature servono unicamente a infliggere più danno possibile,
e sono quindi sacrificabili per ottenere vantaggio immediato).

141 Nello slang di magic, finisher è la carta che assesta il colpo finale o ribalta la situazione di gioco;
solitamente più costosa e potente, è presente in poche copie per non essere pescata prima del dovuto,
ma nei mazzi aggro è comunque presente in 4x data la differenza quantitativa con le carte meno
costose.

184
L'archetipo Aggro, a differenza di quanto alcuni giocatori pensano, presenta comunque
al suo interno una varietà che dipende dall'equilibrio tra alcuni valori fondamentali del
gioco e dalla specializzazione nell'uno o nell'altro campo: esistono così mazzi come
Gruul Aggro, basati fondamentalmente sul gioco più veloce e aggressivo possibile,
oppure mazzi che si basano soprattutto sull'interazione delle creature tra di loro, come
Naya blitz (che abbiamo visto sopra) e Aristocrats (sempre sopra), quest'ultimo
incredibilmente tecnico e difficile da padroneggiare proprio a causa delle numerose
interazioni possibili e dei risultati non sempre determinabili del gioco.

Esistono anche sottogeneri di Aggro spesso giocati e ancora considerati come archetipi
fondamentali del gioco, come White Weenies (mazzo basato su creature bianche molto
solidali unite a carte di protezione alle creature) oppure come Slight (mazzo che
combina Aggro con le carte chiamate spari in Slang di gioco, ovvero carte che
infliggono danno diretto all'avversario o alle sue creature, pulendo il campo da gioco o
assestando il colpo finale).

A livello di tattiche, per il giocatore Aggro è fondamentale, in questo modo, calcolare


perfettamente le possibilità di gioco durante la fase più importante del suo turno, quella
di combattimento; l'assegnazione efficace degli attaccanti (non sempre conviene
attaccare con qualsiasi creatura, se facendolo non si infligge danno né si superano le
difese avversarie) passa non solo per la scelta della migliore successione di carte da
giocare (il mana, dopotutto, è limitatissimo nei primi turni di gioco, e la scelta tra le
creature nella mano può segnare quei punti necessari a vincere la partita), ma anche per

185
l'utilizzo delle carte di supporto: i mazzi aggro generalmente fanno uso del fattore
sorpresa degli istantanei per potenziare le proprie creature o scombinare i calcoli
difensivi dell'avversario (magari sparando su una creatura prima che possa difendere, o
rosicchiando ulteriormente i PV in modo da finirlo con un attacco); l'utilizzo di abilità
che permettono di velocizzare lo sviluppo di gioco, come haste, trample e first strike, e
l'uso all'ultimo momento delle abilità delle creature, in modo da non far prevedere
all'avversario quale sarà il bersaglio, sono tutte tattiche comuni ad un giocatore aggro;
in questo senso, il sistema informativo e delle credenze di gioco, da parte dei due
giocatori (anche l'attaccante deve temere le risposte dell'avversario) si basa
contemporaneamente sulla “lettura” del mana libero, delle combinazioni possibili di
carte, e del numero di carte in possesso all'altro giocatore: attaccare senza carte in mano
(fosse anche una terra non utilizzata) fornisce uno svantaggio producendo la Certezza
nella risposta dell'avversario, e viceversa.

Control: se Aggro incarna la massima aggressività e velocità di gioco, Control indica al


contrario il mazzo difensivo per eccellenza, che tenta di neutralizzare la strategia
avversaria e vincere dopo averlo spossato (il secondo dei due PN di base che abbiamo
visto); tenta di stabilire il controllo del campo, di limitare o di bloccare del tutto il gioco
dell'avversario, specie le creature (generalmente a causa della facilità con cui vengono
distrutte o sconfitte) e predilige la difesa e la versatilità delle risposte, fino al momento
in cui è in grado di giocare magie potenti ma costose, generalmente in grado di
sconfiggere l'avversario da sole. Un mazzo di controllo è composto da 25 o più terre,
una dozzina di creature al massimo, e le restanti in incantesimi, stregonerie istantanei o
artefatti; è il mazzo che tende ad usare spesso planeswalker, per la loro capacità di
controllare il campo.

Caratteristico dei mazzi control è privilegiare una curva del mana molto lunga (con
chiusure dai costi elevati e un CMC medio del mazzo spesso superiore a 3), una scarsa
presenza e utilizzo di creature, tranne nel caso in cui possiedano abilità di rilievo,
nessuna necessità di infliggere continuamente danno all'avversario, a cui si preferisce un
gioco impostato sul controllo delle minacce, la minimizzazione del danno ricevuto, la
neutralizzazione delle strategie avversarie, operate attraverso il riconoscimento delle
carte più importanti al suo sviluppo e la loro rimozione; o anche la scelta di guadagnare

186
Tempo di gioco, in modo da ridurre lo svantaggio causato da un processo di costruzione
lento del proprio gioco; la preferenza per carte con capacità protettiva avanzata (in
modo da non essere soggetti a risposte da parte per l'avversario, l'uso di motori di
pescaggio (peschini, carte che permettono di pescare altre carte) in modo da avere un
numero di risposte in mano adeguato alle minacce avversarie, secondo il concetto di
ottenere vantaggio carte: utilizzare una carta per neutralizzare più di una minaccia
avversaria. Talvolta il pescaggio è combinato all'impiego di carte che permettono di
guadagnare PV, considerati come sacrificabili allo scopo di rallentare l'impeto
avversario nei primi turni; la predilezione per interazioni tra carte che impediscono
all'avversario di agire al meglio, o lo costringono a razionare le sue risorse; e infine l'uso
di finisher, creature, incantesimi o planeswalker capaci di vincere la partita da soli,
anche lentamente, ma a patto di non essere contrastabili dall'avversario.

La varietà interna dei mazzi control, specie negli ultimi anni, non è altissima, mentre la
varietà di carte all'interno è al contrario enormemente soggetta a modifiche; a seconda
dell'equilibrio tra i tipi di risposte da prevedere a seconda delle minacce avversarie, e
del tipo di limitazione al gioco avversario che si vuole portare avanti; esistono infatti
mazzi che hanno come obiettivo di bloccare completamente il gioco dell'avversario
(mazzi Stax o Pillowfort), oppure soltanto di attendere il momento per distruggere il suo
vantaggio al momento migliore, o di impedirgli addirittura di entrare in campo. In
generale a seconda del colore i Control “tradizionali” (la cui forma è cambiata solo in
parte dal loro capostipite The Deck, di Brian Wessmann) possono optare per rimozioni,
contromagie, rimbalizini e si basano tutti sul concetto di “vantaggio carte”, anche se le
recenti incarnazioni di control hanno quasi completamente abbandonato le contromagie

187
e hanno iniziato ad affidarsi a creature capaci di guadagnare immediatamente vantaggio
di campo (come i recenti UWR control o Esper Control), mentre è molto difficile nei
tornei recenti pensare ancora un mazzo come Stasis o come Small Pox (a causa della
mancanza di nuove permission o di scartini di simile potenza).

A livello di tattiche, il giocatore di mazzo control deve operare fondamentalmente


un'attenta analisi della strategia dell'avversario, in modo da riconoscere con precisione
le priorità e le carte più pericolose a breve e a lungo termine, utilizzando la quantità di
risorse sufficiente a continuare a difendersi fino al momento del contrattacco; queste
tattiche implicano un'attenta pianificazione delle creature paranti, la scelta dei bersagli
per gli incantesimi e l'attesa del momento giusto, ma soprattutto la scelta del momento
migliore per giocare gli istantanei, in modo da creare uno stato di incertezza nel gioco
dell'avversario che si attenderà risposte che si potrebbe non avere in mano, e dovrà agire
di conseguenza contro un nemico sconosciuto (motivo per cui molti mazzi control
adottano una tattica detta Draw-go: giocano una terra nel proprio turno e passano,
compiendo quasi tutte le azioni durante il turno avversario, tramite istantanei et simila).

Combo: tipologia di mazzo che un tempo completava la Triade sasso-carta-forbici di


Magic, i mazzi combo si basano completamente sui potenti effetti di una combinazione
di due o più carte; questi effetti generalmente, una volta attivati portano
immediatamente (nel gioco) alla vittoria, e si rivelano come risultato di interazioni
talvolta complesse e macchinose ma decisamente potenti. I mazzi del genere hanno
come unico scopo sopravvivere fino al momento di attivare la combo, e di evitare che
qualche risposta avversaria gli impedisca di farlo; per questo motivo, possono anche
combinarsi con mazzi di tipo control (che presentano la difesa necessaria e i peschini
per ottenere la combo) oppure con mazzi aggro (che possono in questo modo “chiudere”
nel momento in cui l'avversario riguadagna terreno.

La strategia dei mazzi combo è apparentemente semplice: essi hanno come unico
obiettivo quello di ottenere la combo, vivendo a sufficienza per farlo: anche se i
moderni mazzi combo presentano sempre alcune alternative win conditions, pensate
come piano di riserva nel caso il proprio piano principale venga neutralizzato, le
caratteristiche del mazzo sono sostanzialmente le stesse: priorità del mazzo è quella di
ottenere il prima possibile le carte e il mana necessario, più altre condizioni per

188
attivarla; la costruzione del proprio gioco risponde quindi ad un di progetto di Ricerca
all'interno del mazzo, operato attraverso carte che permettono di pescare altre carte
(peschini) o più spesso attraverso carte che permettono di cercare nel mazzo le carte
desiderate (tutori); d'altro canto, l'obiettivo è rendere questa ricerca il più veloce e meno
dipendente dal caso possibile, e contemporaneamente limitare e rallentare l'avversario:
possono così contenere, come i mazzi control, distruzioni o rimozioni, oppure
ingaggiare l'avversario in una lotta di attrito fino a quando la combo non permetterà di
guadagnare risorse in maniera “innaturale”; in questo senso perdono interesse sia i PV
del giocatore, che vengono usati come “scudo” per guadagnare tempo, che il danno che
viene arrecato all'avversario; l'ultimo PN all'interno della strategia del mazzo è quello
della protezione della combo, generalmente a causa delle fragilità di queste ultime, per
cui spesso basta una rimozione mirata ad uno degli elementi per dissolverla (motivo per
cui generalmente le creature vengono usate con più cautela in questi mazzi, a causa
della loro fragilità).

I mazzi combo non presentano sottotipologie, ma solo differenze a seconda del tipo di
combinazione utilizzata e della possibilità di questa combinazione di far vincere la
partita o meno: sono pensabili combinazioni che sfruttano tutti gli elementi di gioco per
ottenere un vantaggio enorme, ad esempio in PV, oppure per generare infinite creature,
per ottenere mana infinito oppure per lanciare magie senza spendere mana. L'altra
tipologia di mazzi combo è quella che, indipendentemente da come la combo venga
attivata e come funzioni, permette di vincere la partita, riducendo a 0 i Pv avversari, o
mettendo nel grimorio tutto il mazzo dell'avversari, oppure ottenendo un'abilità che ha
come effetto la vittoria.

189
A causa della sua natura “preimpostata”, programmata per ottenere sempre lo stesso
risultato nella maniera più semplice possibile, lo spessore Tattico di alcuni mazzi
Combo si limita alla migliore applicazione possibile del PN strategico, date le risorse
disponibili: ma determinati mazzi, come il più famoso e complesso Second Sunrise
(anche noto come EGGS) sono talmente difficili da dover essere spiegati ai giocatori,
che generalmente pur leggendo la lista non comprendono il funzionamento; alcuni di
essi sono programmato per chiudere sempre entro un determinato turno; nel caso di
quest'ultimo presentano come sfida aggiuntiva il fatto di richiedere complesse
interazioni di azioni per poter avere effetto in gioco, che devono essere ripetute anche
una decina di volte; basta sbagliarne una sola, e la combo sfuma; 142 per questo motivo
l'allenamento costante e la necessità di valutare all'istante il momento perfetto per
effettuare la combo (scombare), e le minime variazioni che il gioco avversario può
eseguire in ogni momento, sono i componenti principali del Fare tattico di questo tipo di
mazzi.

Midrange: i mazzi midrange occupano un posto non perfettamente precisato all'interno


degli archetipi di Mtg, essendo l'archetipo più recente (definito nel 2007 a partire
dall'articolo di Ken Nagle), 143 e aggiungendosi ai tre archetipi “storici” che formavano la
triade di Magic, ovvero Aggro-Control-Combo; i mazzi di tipo midrange, divenuti uno
dei pilastri di Mtg anche grazie ai numerosi successi ottenuti dal suo esponente di
spicco, Jund, consistono nel tenere alla larga le minacce avversarie e guadagnare mana
nei primissimi turni, per giocare durante il mid-game le creature più forti e resistenti del
formato, in modo da ribaltare l'equilibrio del campo grazie alla “qualità” delle proprie
carte. Talvolta confusi con gli aggro-control (con cui condividono solo alcune
caratteristiche) sono diventati uno degli archetipi più giocati, che nella versione più
controllosa toglie spesso molto spazio ai control “puri”.

La strategia dei mazzi midrange può sintetizzarsi come segue: preferenza per una curva
di mana alta e in crescita, per poche creature dal costo alto rispetto a molte creature dal
costo basso; preferenza per grandi creature dotate di abilità offensive e difensive fuori
dal comune (i cosiddetti “ciccioni”), dal costo medio-alto ma compensato dalla capacità
142 Si veda la pagina su Eggs su Metagame.it, ottima guida al funzionamento del mazzo
[http://www.metagame.it/articoli-modern/1010-deck-analisi-second-sunrise-combo-alias-eggs.html]
143 The Midrange Archetype [https://www.wizards.com/Magic/magazine/Article.aspx?
x=mtgcom/feature/396]

190
di tener testa a più creature avversarie contemporaneamente; tendenza alla difesa nei
primissimi turni (attraverso istantanei o stregonerie volte a distruggere e rallentare le
minacce avversarie) unito al tentativo di ottenere vantaggio mana, in modo da poter
giocare le creature costose “prima” del loro solito ingresso in campo. Per questo motivo,
i primi turni vengono dedicati al ramp (utilizzare permanenti e/o magie che permettono
di ottenere più di 1 mana per turno) per raggiungere il prima possibile una posizione di
vantaggio nel campo di gioco; inoltre, preferenza per le creature dotate di abilità in
grado di influenzare immediatamente il campo, rispetto a creature dotate di forza e/o
costituzione maggiore; tendenza a utilizzare spari e/o distruzioni per “pulire” il campo
prima dell'ingresso delle proprie creature; possiede capacità di ribaltare gli equilibri sul
campo da gioco attraverso la differenza di potenziale tra le proprie carte e il gioco
dell'avversario; infine, determinati tipi di midrange possono trarre vantaggio dall'uso,
selezionato e circoscritto, di planeswalker, magari dal costo ridotto (generalmente 3 o 4)
e che può aiutare a disturbare la strategia avversaria.

I mazzi midrange, data la loro natura a doppia fase, hanno spesso la tendenza a
diventare mazzi più aggressivi, mettendo in campo creaturoni giocati attraverso il ramp
(come la versione classica del mazzo The Rock) e presentandosi così come un Aggro
dal costo maggiore, oppure possono portare avanti una strategia più simile al Control
(come il Dega Midrange o l'UWR flash), con l'uso di distruzioni e permissions per
limitare il gioco avversario e garantire board control sufficiente a mandare avanti i
propri ciccioni. Il mazzo che è riuscito ad ottenere entrambe queste strategie, e che negli
anni passati ha dominato incontrastato numerosi tornei Standard e Modern è appunto

191
Jund (mazzo rosso, verde, nero), che presentava le creature tra le più forti del formato e
univa il ramp del verde alla distruzione del rosso e il potere debilitativo del nero; ai
mazzi midrange tradizionali si avvicinano i mazzi comunemente noti come Reanimator,
che consistono nell'attuare nei primi turni una strategia per gettare il proprio mazzo nel
cimitero, e infine giocare da lì delle creature potenti diversi turni prima del previsto.

La tattica dei mazzi midrange consiste nelle prime fasi nell'arginare solo le minacce più
impellenti dell'avversario (non essendoci abbastanza removal per tutte), e scegliere se
portare avanti al momento una costruzione del gioco più orientata verso il ramp o verso
la distruzione del gioco avversario; a ciò si aggiunge la scelta fondamentale della
creatura da giocare, a seconda della situazione del campo da gioco e degli sviluppi e
delle risposte dell'avversario; dato che il parco creature dei mazzi midrange non è
sterminato, la scelta di alcune abilità piuttosto che altre fanno la differenza tra la vittoria
e la sconfitta.

É possibile creare uno schema di base dei rapporti tra gli archetipi, nella loro versione
originale:

Relazioni “classiche” tra archetipi


(esempi:)

Aggro-Combo:
Affinity, Fires, Dredge

Control-combo:
Stax, UW Stasis, Oath of druids

Aggro-Control (tempo):
UG madness, UR Delver

Questa divisione tra archetipi (e il quadrato relativo) basata intrecciando e


semplificando le riflessioni di decenni di analisi da parte di giocatori competitivi e
membri del gruppo R&D di Wizard,144 fornisce solo le basi del modo in cui le regole e i
valori di gioco vengono trasformati dai giocatori in relazioni, confronti ed indagini del
sistema di equilibri, di scelte permesse e vietate dal gioco stesso; naturalmente questa
144 Si legga l'interessante articolo di Ken Hill [http://www.wizards.com/Magic/Magazine/Article.aspx?
x=mtg/daily/ld/207] o la più semplice pagina wikipedia sugli archetipi di gioco
[http://en.wikipedia.org/wiki/Magic:_The_Gathering_deck_types]

192
semplice esposizione è assolutamente insufficiente a coprire la realtà dei tornei
competitivi, in cui è fondamentale, per la strategia di gioco, conoscere perfettamente
non solo gli archetipi contro cui si giocherà in quel torneo, ma i mazzi individuali che
vengono giocati (il termine è “studiare il meta”) e preparare per ognuno di essi una
strategia e delle risposte adeguate, generalmente grazie al sideboard di 15 carte che ogni
giocatore può aggiungere dopo la prima partita.

Al tempo stesso, questi archetipi non sono necessariamente rispettati nel gioco non
competitivo, ed esistono dei mazzi cosiddetti “for fun” che possono sfuggire in parte a
questa classificazione, o quantomeno non rispettare la ricerca di una strategia assoluta
nella costruzione del mazzo e nel suo funzionamento; così come solo in parte si
applicano al funzionamento di alcuni formati di gioco (il cosiddetto limited), che
favoriscono un mazzo più “neutro”, basato su una curva del mana regolare e una media
ragionata tra creature, magie e terre.

Ma per il momento, indaghiamo meglio le riflessioni sui valori che trasformano la


lettura del regolamento di gioco in esecuzione di scelte e comportamenti secondo
valutazioni di importanza da parte dei giocatori.

Le valenze in gioco: mana, vantaggio carte, tempo

Abbiamo appena visto come i giocatori, nell'ideare le proprie strategie, costruiscano la


loro riflessione partendo dagli equilibri del gioco, dal valore delle carte e degli elementi
e soprattutto sulle combinazioni e dagli sviluppi possibili della partita; la distanza che
separa un sistema di regole (per semplicità, un regolamento) dalla sua esecuzione da
parte dei giocatori, la sua messa in gioco, dipende proprio da questi processi di
riflessione, di valutazione dei valori più adatti per un determinato obiettivo, dalla scelta
dei mezzi con cui perseguire questi obiettivi e anche, in parte o in tutto, dall'ideazione di
nuove categorie semantiche, in base alle quali “leggere” il gioco e interpretare le
proiezioni dell'asse del vantaggio, a partire dalla rete di equilibri del gioco stesso.

Questo passaggio, in Magic, avviene con la trasformazione di una combinatoria aperta e


dall'altissimo numero di combinazioni (il repertorio delle carte utilizzabili per il formato
da torneo sono 1500ca, da moltiplicare per le combinazioni previste in un mazzo di 60

193
carte) in uno schema relazionale di strategie possibili, ovvero dei modi migliori per
perseguire l'obiettivo della vittoria; è anche vero (si vedrà nel prossimo capitolo) che
anche soltanto l'atteggiamento nei confronti del gioco, ovvero l'insieme di valori sociali
che ci si aspetta dall'atto della partita, può variare incredibilmente e non limitarsi alla
ricerca della vittoria a tutti i costi (ma, in quanto PN previsto dalle regole, quest'ultimo è
comunque la base dell'azione prevista e impostata dai soggetti).

Non per questo è meno interessante notare come la riflessione e la comparazione delle
categorie semantiche della struttura di gioco si accompagni anche alla definizione di
complessi sistemi di scambio tra Risorse, talvolta impreviste e utilizzate in maniere
inattese rispetto alla forma più regolare, “denotativa” del gioco (evitando di considerare
qualsiasi riferimento alle intenzioni del creatore delle regole), e addirittura attraverso la
creazione di nuove categorie semantiche all'interno del gioco stesso.

Abbiamo visto un primo fenomeno di questo tipo nella selezione delle carte per la
costruzione del mazzo, dove i valori prestabiliti di ognuna di esse venivano confrontati
all'interno delle scelte effettuate nella strategia del mazzo; e allo stesso modo, gli
archetipi del mazzo (aggro, control, combo, midrange) nascono come sistematizzazioni,
valutazioni a livello virtuale di efficacia di determinati valori di gioco (velocità, qualità,
difesa, squilibrio) che vengono perseguiti e verificati al tempo stesso attraverso la
creazione di mazzi che seguono questa tipologia.

Una menzione particolare all'interno di questi processi di comprensione, orientamento e


appropriazione cognitiva del sistema riguarda lo slang di gioco; questo linguaggio
specifico, creato dai giocatori attraverso il tempo e da non confondere con la
terminologia prestabilita e interna al gioco (che definisce i termini come “giocatore”,
incantesimo”, magia etc) è al tempo stesso una forma di appropriazione del sistema,
poiché si sovrappone alla terminologia da regolamento (il linguaggio con cui il gioco si
presenta), attraverso cui si evidenzia la percezione che ne hanno i giocatori, e mostra i
segni al tempo stesso di operazioni cognitive di comprensione e classificazione
(tassonomie e gerarchie) operate sui valori del gioco, di cui è possibile vedere qualche
esempio:

- termini come peschini, ciccioni, tutori, scartini, rimbalzini, spari, accellerini, vanilla

194
etc creano delle categorie riconoscibili di carte, dotate di particolari qualità (capacità di
pescare, forza e costituzione superiori, capacità di cercare carte nel mazzo o di farle
scartare etc) che nel gioco non presentano dei sottitipi codificati, ma che per l'azione dei
giocatori sono assimilabili e generalmente vengono utilizzate per fini specifici del
mazzo o per scopi particolari al suo interno.

- termini come chumpblocking, topdecking, 2for1, splashare, hoser consistono in azioni


specifiche riguardanti “fenomeni” che i giocatori ritengono rilevanti per il gioco
(pescare la carta giusta al momento giusto, andare in vantaggio carte in risposta ad
un'azione, aggiungere un colore di minoranza al mazzo etc)

- termini come consistenza, sinergia, board control, vantaggio carte, tempo, sono
categorie cognitive utilizzate per spiegare fenomeni e concetti di gioco, attraverso
processi di comprensione che partono dalla lettura e interpretazione dalle regole e dagli
elementi espliciti del gioco, per muoversi alla riflessione sui valori semiotici, sugli
equilibri e su conseguenze generali del funzionamento del meccanismo del
regolamento.

Questi ultimi termini, come abbiamo visto, sono collegati alle strategie degli archetipi di
gioco, talvolta sono alla base della loro nascita e in generale sono princìpi guida che
determinano la scelta delle carte del mazzo, la motivazione con cui si eseguono
determinate azioni piuttosto che altre, sono assimilabili in generale a dei “princìpi di
efficacia”, proiezioni privilegiate della categoria del Vantaggio/Svantaggio che abbiamo
visto nel secondo capitolo. Questi princìpi costituiscono riflessioni che permettono e
garantiscano sia a livello strategico (virtuale) che a livello tattico (attuale) di
massimizzare il vantaggio e l'efficacia attesa delle proprie performance durante una
partita, organizzando l'esperienza di gioco e razionalizzando l'esito delle partite.

Questa definizione di princìpi di efficacia non esplicitati dal regolamento, ma intuiti e


sistematizzati dai giocatori, presenta molti punti di contatto con quel processo cognitivo
che veniva ipotizzati da Levi Strauss a proposito del pensiero selvaggio, e dei sistemi
d'ordine basati su principi di causa/effetto strutturali:145 creazione e sovrapposizione di
strutture concettuali che hanno il compito di rendere ordinato, comprensibile e agibile
145 Sarebbero applicabili al gioco i concetti di deduzione empirica e deduzione trascendentale, presenti
nel saggio La deduzione della gru, in M. Del Ninno (a cura di), Etnosemiotica, Meltemi, Roma 2007.

195
l'universo delle pratiche di gioco, di ottenere un riscontro nella loro manipolazione del
mondo, nella creazione di “serie intermedie” in cui trova spazio l'azione individuale.

Questa caratteristica, presente in molti giochi contemporanei (si pensi alle teorie delle
aperture degli scacchi, ai concetti di strategia applicati al poker, alle formule
matematiche per la risoluzione dei giochi di logica, o ai complessi principi di
aerodinamica impiegati nel mondo della Formula 1) corrisponde così ad uno dei
momenti più complessi nell'analisi degli equilibri di gioco e della loro valutazione; il
momento in cui i giocatori “agiscono” concettualmente sul sistema dei valori che guida
le loro azioni e non lo ricavano semplicemente dalla precomprensione delle regole
esplicite del gioco. La prova principale che i sistemi di regole sottoposti ad azione
individuale sono tutt'altro che semplice esecuzione di ordini secondo principi di velocità
ed efficienza prestabiliti.

Tipologie di giocatori e motivi di gioco

In uno dei suoi articoli come Head Designer del settore di R&D di Magic, Mark
Rosewater coniò l'espressione “psychographic profile”,146 più comunemente conosciuti
come “Player type”: il suo team cercava al tempo di rispondere alla domanda: per quale
ragione un giocatore gioca a Magic? E di individuare delle categorie che riassumessero i
profili di interesse e le motivazioni più comuni che portavano al successo del gioco, in
modo da poter tarare le espansioni e le meccaniche successive in base alle preferenze
dei giocatori (come è successo più tardi per il depotenziamento delle contromagie, o
l'indebolimento del Control).

In realtà, già i giocatori avevano coniato dei termini per qualificarsi e distinguersi in
“classi” attraverso lo slang di gioco (esistono termini come cheater, uber e tanti altri),
ma le tipologie ideate dal team di R&D riguardavano direttamente il modo in cui i
giocatori si rapportano al sistema, e forniscono un punto di collegamento tra il
raggiungimento degli obiettivi del gioco (la vittoria) e l'esistenza di una serie di
motivazioni sociali e di valori sociosemiotici attraverso cui i giocatori leggono la loro
vittoria, e in virtù della quale la desiderano; i profili psicografici sono insomma un

146 Timmy, Johnny, Spike e Timmy, Johnny, Spike: revisited


[http://www.wizards.com/Magic/Magazine/Article.aspx?x=mtgcom/daily/mr11b]
[http://www.wizards.com/magic/magazine/article.aspx?x=mtgcom/daily/mr220b]

196
ponte che collega l'arbitrarietà supposta degli obiettivi di gioco e delle sue regole al
sistema sociale delle passioni e delle motivazioni che vengono messe in campo e che
definiscono i giocatori (e, in maniera simile allo Stile di gioco, ne definiscono la
personalità) in quanto partecipanti. In queste poche righe mostrerò come l'arbitrarietà
delle condizioni di vittoria (o dell'obiettivo di gioco) non impedisce comunque al
processo di gioco stesso di essere valorizzato, come tutte le azioni e attività della sfera
sociale umana, all'interno di processi di soddisfacimento e di congiunzione con
quell'universo di valori in parte preesistente e in parte dipendente dalla forma attraverso
cui il valore si incorpora. E che infine, questi processi di valorizzazione sono comunque
legati alle strutture di gioco e alle sue regole.

I principali profili psicografici possono essere sintetizzati in questo modo:

- I giocatori di tipo Johnny vogliono vincere in maniera creativa: per loro Mtg è una
forma di espressione, ed hanno la tendenza a creare mazzi complessi e dotati di
numerosi interazioni. Dal punto di vista semiotico, Johnny è il giocatore che utilizza il
meccanismo di gioco alla ricerca di un proprio Stile: partecipa al gioco per contribuire a
formare un simulacro della sua identità: generalmente attraverso il deckbuilding e
soprattutto attraverso la creazione di mazzi Combo, o di mazzi dotati di numerose
sinergie; questi mazzi possono avere una competitività maggiore o minore (molti di
questi ricadono invece nel terreno for fun e non vengono usati nei tornei) su cui Johnny
può avere un maggiore o minore interesse; i mazzi più curiosi e interessanti degli ultimi
anni di Magic (Fantafuga, Eggs, Omnidoor etc) sono creati appunto da questi tipi di
giocatori, indipendentemente dai risultati competitivi che ottengono (molti in realtà
vengono regolarmente giocati durante il Friday night's magic). 147

- I giocatori di tipo Timmy vogliono giocare e vincere in grande, utilizzare le creature e


gli incantesimi più strabilianti e potenti del gioco; per loro Magic è un modo di “provare
emozioni”, di vincere attraverso grandi sconvolgimenti o rovesciamenti del gioco. Dal
punto di vista semiotico, Timmy ricerca negli equilibri delle regole e negli squilibri
durante le partite la massimizzazione dell'effetto passionale, desideri comuni a molti

147 Giorno prestabilito per ospitare tornei e partite semicompetitive all'interno dei negozi di giochi
convenzionati; spesso viene utilizzato per provare mazzi che, pur non potendo aspirare ad essere
utilizzati nei tornei, sono comunque abbastanza forti a livello competitivo e necessitano di essere
tarati e perfezionati.

197
giocatori come la rivalità, l'entusiasmo, la gioia, la rabbia; tutto questo attraverso
l'esplicitazione e l'uso/abuso degli squilibri (o meglio dei differenziali) di potere tra le
carte in gioco, e le carte in generale: la ricerca della “grandezza” nel gioco è più una
ricerca di straordinarietà, di incommensurabilità, che viene condivisa dal mazzo al
giocatore: Timmy è un giocatore da Eldrazi148 o da mazzi che sfruttano le carte uniche e
strabilianti del formato per garantire una supremazia che è innanzitutto un
riconoscimento di questa straordinarietà dentro il gioco e le sue possibilità.

- I giocatori di tipo Spike vogliono vincere ad ogni costo: per loro Magic è il terreno su
cui provare la competitività assoluta, dimostrarsi migliori di tutti gli altri ottenendo la
vittoria, incarnando all'estremo (fino alle sue degenerazioni) il principio di Agon
descritto da Caillois. Dal punto di vista semiotico, i giocatori Spike sono coloro che
vedono nella vittoria, o meglio nella Sanzione pragmatica della vittoria tutta
l'importanza del gioco, tendono ad eliminare qualsiasi scelta o regolamentazione
ulteriore (come i codici di fair play o d'onore) che possa allontanarli da quest'ultima;
diventa secondaria se non nulla la sanzione cognitiva (il giudizio fornito dagli altri
giocatori sulle loro abilità), e diventa ininfluente il giudizio sull'equilibrio del sistema:
Spike utilizza gli squilibri del gioco e se ne avvantaggia, alcuni di loro possono anche
arrivare a barare, e in ogni caso tentano incessantemente di creare una gerarchia dei
mazzi migliori del formato competitivo (il cosiddetto Tier System: 149 un sistema a 2-3
livelli, in cui vengono posizionati i mazzi che ottengono maggiori risultati e che godono
di un Metagame favorevole in via generale) e, a differenza di molti altri giocatori, non si
fanno problemi ad usare carte evidentemente “squilibrate” (overpowered).

Col tempo sono stati aggiunti altri profili psicografici parziali, come Vorthos e Melvin,
che non riguardano i nostri scopi perché l'entusiasmo riguardo al gioco non è dettato da
legami con la struttura e le sue regole, e solo in parte si tratta di giocatori (piuttosto di
collezionisti o fan). Mentre è interessante osservare come, a partire da un sistema
regolamentato, non solo esistono margini per l'azione individuale e scelte che ne
condizionano gli equilibri, gli usi e le norme del sistema stesso, ma anche che a partire
dal confronto con le regole si sviluppano valorializzazioni di tutto o di parte del sistema,
148 Creature leggendarie, dai costi molto alti (da 11 a 16) e dalle abilità incredibili (distruzione di
creature, turni extra, indistruttibili e altro ancora).
149 È possibile leggere considerazioni ed elenchi di Tier su www.mtgsalvation.com oppure l'italiano
www.Metagame.it, o nelle pagine di Starcity games, gli aggregatori di risultati torneistici.

198
che creano una rete di “motivazioni” del gioco (dell'atto del giocare); da sistema “privo
di scopo”, completamente staccato dal “mondo reale” e dagli scopi supposti o
prestabiliti delle azioni sociali, il gioco mostra invece come sia sempre possibile, a
partire da un sistema regolamentato (ovvero codificato in maniera da darsi dei confini,
stabilire usi consentiti, organizzare la successione delle azioni e così via) che i suoi
soggetti trovino e creino al suo interno dei sistemi di motivazione che rafforzano e
confermano la loro partecipazione (gestita dal contratto iniziale) al gioco, e che
contribuisca a definirne gli usi e le norme presenti nel sistema stesso.

Mutamenti di gioco: equilibri ed espansioni

Ha differenza di molti giochi tradizionali e moderni, dalla sua nascita Magic the
Gathering ha subito molti cambiamenti alle sue meccaniche, soprattutto ha intrapreso
un'evoluzione che renderebbe difficile per un giocatore degli esordi non essere spaesato
di fronte ad una partita del gioco attuale; in questo paragrafo mostrerò alcune
caratteristiche che segnano i cambiamenti e l'evoluzione del gioco, attraverso i concetti
che sono stati introdotti nei capitoli precedenti, e fondamentalmente quello di equilibrio,
di norma e di uso, per mostrare la dinamica a cui è sottoposto un sistema regolamentato.

È importante segnalare che, all'interno del sistema di Magic, si distinguono due grandi
campi o registri di gioco; quello del for fun, in cui il repertorio delle carte utilizzabili
viene deciso dai giocatori e in generale include tutte le carte da loro possedute, insieme
a regole opzionali per bandire una o più carte troppo squlibrate etc; e all'opposto, il
gioco competitivo, le restrizioni di gioco dei tornei e degli eventi ufficiali, che
definiscono dei Formati di gioco in cui ognuno stabilisce una restrizione all'insieme di
tutte le carte mai stampate (più di 13.000).150 Questi formati di gioco, insieme a tipi di
partite con regole opzionali, presentano ognuno equilibri diversi, strategie in parte
differenti, norme di gioco dissimili e degli usi molto più vari di quanto ci si potrebbe
aspettare. Non è possibile mostrare le differenze estensive tra questi formati, ma
piuttosto indicare come agiscono, ad un livello elementare, le interazioni tra
cambiamenti e in generale dinamica del sistema di gioco, tenuto conto dei differenti
modi di gioco possibili.151
150 I formati attuali di gioco, escluse varianti, sono: T2, Modern, Extended, Legacy, Vintage.
151 Per conoscere di più a proposito dei formati di gioco, bisogna leggere le Magic floor rules, il
regolamento specificamente designato per i tornei; oppure l'ottima guida di Metagame:

199
Partiamo delimitando alcuni modi in cui i giocatori considerano i cambiamenti
all'interno del gioco, e i loro fattori di produzione: se consideriamo Magic come sistema
di regole, applicabile ad un repertorio di carte predefinito, all'interno di situazioni di
gioco (partite) ed eventi (tornei) in cui le regole variano in parte e si sovrappongono al
regolamento base, possiamo individuare i principali fattori di cambiamento:

- la produzione di nuove carte: l'aggiunta al repertorio di nuove carte modifica gli


equilibri di gioco in vari modi, innanzitutto ridefinendo i rapporti di forza, le gerarchie
ed i sistemi strategici dei giocatori (che possono trovare una carta più forte della
precedente da inserire nel mazzo, o trovare nuove meccaniche/abilità sulla cui base
crearne); influenzando ancora più incisivamente i tornei nei formati a rotazione (ovvero
quelli in cui solo le carte stampate nell'ultimo anno possono essere utilizzate, come lo
Standard o l'Extended)152 in cui il repertorio ridotto di carte rende più sintomatici i
cambiamenti dovuti all'introduzione o alla rimozione di parte di esse, valorizza in
maniera maggiore le combinazioni possibili etc etc.

- l'intervento di nuovi valori attraverso cui leggere ed interpretare il gioco: sia da parte
dei giocatori che del team di R&D, le riflessioni sullo stato e sull'equilibrio del gioco
producono un fare pragmatico che ne influenza lo sviluppo; mentre le preferenze dei
giocatori agiscono a livello di Uso (quali carte sono giocati e quali no) e in seguito di
Norma (quali regole implicite si aggiungono alle decisioni effettuate nell'Uso), quelle
del team di R&D, decidendo della produzione delle nuove carte, studiano lo stato degli
equilibri per creare e determinare equilibri ulteriori, per correggere squilibri non
desiderati o per venire incontro alle attese dei giocatori e alle loro preferenze
(intervenendo così a livello di Norma e Struttura).

- le modifiche alle regole e ai regolamenti: durante i venti anni di sviluppo del gioco,
numerose espansioni hanno accompagnato modifiche importanti e fondamentali al
regolamento di gioco, modifiche spesso avversate o richieste dalla comunità dei
giocatori o da parti di quest'ultima: alcune modifiche, come l'introduzione del fenomeno
della pila e delle priorità delle carte (vd pagine precedenti), o la scomparsa del tipo carta
[http://www.metagame.it/regole-di-magic/478-regolamento-sui-formati-sanzionati-constructed-
limited-two-headed-giant.html]
152 Lo standard è costituito dall'ultimo Set Base (a stampa annuale, in estate) più gli ultimi due set di
espansioni (a stampa annuale, da dicembre ad Aprile); l'Extended dagli ultimi 4 set base e relative
espansioni. Il passaggio da un set all'altro, in Ottobre, è detto “Rotazione dello Standard”.

200
Interrupt nella VI edizione hanno avuto delle conseguenze enormi durante il gioco; 153
ma anche cambiamenti minori, più frequenti ma meno evidenti, come quelli effettuati ad
ogni nuova espansione al regolamento avanzato, e quelli effettuati al testo delle carte di
Oracle. Tutti questi cambiamenti naturalmente influiscono in maniera più o meno
accentuata sulla struttura del gioco, e da lì modificano norme e usi, tattiche e strategie
(in misura minore anche gli stili).

Per ognuno di questi processi, è possibile accennare alcune variazioni che il gioco ha
avuto, più o meno evidenti ai giocatori, più o meno importanti, e mostrare come talvolta
anche piccole modifiche possano avere un impatto rilevante sulle Norme e gli Usi di un
sistema-gioco.

Nel primo caso, dei numerosi esempi possibili, il più semplice riguarda i cambiamenti
che sono avvenuti nel rapporto tra la Forza/Costituzione delle creature e il loro costo in
Mana. Se nelle primissime edizioni era praticamente impossibile trovare una creatura il
cui valore in Forza o Costituzione fosse superiore al proprio costo di mana convertito,
con la sola eccezione dei Muri (che, in ogni caso possedevano un valore di Forza pari a
0) e poche creature verdi (il colore che garantisce le creature più robuste e aggressive), a
partire dal blocco Mirrodin iniziarono a comparire alcune creature che presentavano
punteggi di forza o costituzione superiori al loro CMC, spesso uniti a svantaggi
particolari che rendevano meno conveniente giocarli. Col passare del tempo e delle
espansioni invece, dato il sempre maggior potere che nei tornei veniva conferito alle
abilità delle creature, è andato contemporaneamente allentandosi questa tendenza, a
partire naturalmente dalle carte verdi, che per prime hanno iniziato a presentare (magari
al prezzo di un costo di mana più restrittivo) valori superiori al CMC: 154 questa
caratteristica è ora evidente in carte come le seguenti

153 Un'interessante e utile risorsa per le modifiche sono le pagine di Wikipedia riguardo le varie edizioni
di Mtg; oppure, per i cambiamenti del regolamento avanzato, il sito
http://www.yawgatog.com/resources/
154 Come dimostrato in [http://www.wizards.com/magic/magazine/Article.aspx?x=mtgcom/daily/bb88]

201
che non solo non presentano più gli svantaggi a cui erano soggette le carte delle
precedenti edizioni, ma possono addirittura presentare dei vantaggi ulteriori, o punteggi
superiori sia in Forza che in Costituzione; caratteristica questa che li ha portati ad essere
preferiti tra carte simili in determinati mazzi (come gli Aggro), occupando una nicchia
specifica ma non rendendoli eccessivamente vantaggiosi (poiché, con il tempo, i
giocatori hanno iniziato a preferire creature dotate di abilità uniche in grado di
modificare l'equilibrio del campo, rispetto alla pura ricerca di forza/costituzione).

Proprio l'intervento di nuovi valori attraverso cui leggere e sanzionare le carte può
essere esemplificato attraverso il confronto tra l'evoluzione delle carte dette Peschini,
ovvero capaci di far pescare al giocatore un quantitativo di carte dal mazzo, e il loro
impiego nei mazzi di controllo. Con la prossima rotazione del formato T2, prevista per
Ottobre, scompariranno dal gioco competitivo gli unici 2 peschini che trovano spazio in
tutti i mazzi Midrange e Control basati sul blu, ovvero Think Twice e, in maniera più
selettiva, Forbidden Alchemy; al contrario di carte come Divination e Uncovered clues,
queste carte erano le uniche che, secondo l'analisi dei giocatori, riuscivano ad unire tutte
le caratteristiche ritenute necessarie per determinare un buon peschino: 1) concedere
vantaggio-carte (ovvero giocare X carte per pescarne almeno X+1, altrimenti tanto
varrebbe inserire direttamente una copia in più della carta desiderata), 2) essere
istantanei (conferendo il vantaggio di poter essere utilizzate alla fine del turno
avversario, per mantenere la sorpresa e l'incertezza, e poter giocare altre carte in caso di
minaccia) 3) permettere di “scremare” in qualche modo le carte inutili (ovvero
selezionare molto nella pescata, in modo da poter scartare le carte al momento inutili) 4)
avere un costo compatibile con la strategia di gioco (in modo da non occupare slot
importanti, come il costo 3, che generalmente rappresentano il primo turno “forte” di un
giocatore control.

202
Tutto questo da ancora più da pensare, come spesso indicano alcuni giocatori, che
ricordano come peschini oggi considerati ottimi, come Brainstorm, al tempo non
venissero affatto giocati, perché si riteneva che facessero pescare “solo” una carta e che
il vantaggio non fosse consistente abbastanza; mentre più tardi, il più debole Ponder (e
anche Preordain) divenne il peschino più giocato del formato, preferito sempre e
comunque rispetto a Think twice e ritenuto così forte da essere bannato (reso non
giocabile)155 nel formato Modern.

Ultimo punto, i cambiamenti alle regole e al regolamento, che introdurrò attraverso un


caso abbastanza semplice da comprendere anche per lettori non esperti, ma dai risvolti
fondamentali per l'equilibrio di gioco; con il set base Magic 2010 la Wizard decise che
era ora di modificare alcune regole del gioco, che non subivano cambiamenti
nell'economia di base del gioco fin dall'introduzione della Pila nella Sesta edizione;
155 Bannare significa vietare l'utilizzo di una carta in uno o più formati di gioco sanzionati; è una misura
estrema presa dai produttori del gioco, in caso di squilibri evidenti tra le carte e di conseguente
distruzione di quel “margine di gioco” che permette di effettuare scelte all'interno di principi di
efficacia differenziati. Man mano che il numero delle carte aumenta, diventa più difficile prevedere le
interazioni delle carte nuove con il repertorio precedente, o addirittura intuire combinazioni
pericolose prima dell'entrata in commercio, motivo per cui la Wizard agisce a posteriori, nel momento
in cui uno o più mazzi che utilizzano una determinata carta finiscono per vincere troppo spesso tornei
ufficiali.

203
molti di questi cambiamenti vennero giustificati con la necessità di rendere il gioco più
intuitivo per i nuovi giocatori, e di semplificare alcune incoerenze nella terminologia e
nel lessico di gioco che continuavano a creare problemi ai giocatori non competitivi.

Dei tanti cambiamenti adottati, tra cui un rinnovamento della terminologia delle zone di
gioco e la scomparsa del mana burn,156 probabilmente il più denso di effetti è stato il
rinnovo del sistema di assegnazione danno durante il combattimento; mentre secondo le
regole precedenti, il danno da combattimento (CD) era un'abilità come le altre, motivo
per cui attaccare (assegnare CD) e difendere (rispondere assegnando CD) erano azioni
che entravano nella pila, ed erano quindi soggette al meccanismo dell'iniziativa e della
priorità (che ho descritto brevemente a pag.129 di questo capitolo), con le nuove regole
il danno viene inflitto automaticamente nella sottofase di assegnazione danno, fuori
dalla pila, e nel caso di più difensori assegnati alla stessa creatura attaccante, tocca a
quest'ultimo scegliere l'ordine con cui attaccare i bloccanti e il danno da assegnare ad
ognuno di loro.

Mentre nella precedente versione un giocatore poteva attaccare con una creatura e in
risposta sacrificare la creature (a) oppure giocare un rimbalzino (b) oppure potenziare la
creatura, ora tutte queste azioni sono eseguibili soltanto prima dell'assegnazione
dell'attacco, e quindi o inutili (perché impediscono alla creatura di attaccare), oppure
soggetti a maggiore rischio, poiché l'avversario può comunque, prima dell'assegnazione,
rispondere efficacemente all'attacco, magari distruggendo la creatura potenziata e
ottenendo un 2for1.

156 Danno inflitto al giocatore che, alla fine del turno, avesse ancora Mana disponibile non speso.

204
Determinate azioni e tattiche utilizzate regolarmente, come l'attacco in massa
accompagnato da Fantafuga, (in cui tutte le creature, scomparendo dal gioco,
infliggevano danno all'avversario o alle sue creature senza subirne nessuno), o l'uso di
Morphing durante l'attacco (trasformando la creatura in un'altra creatura prima della
morte per danno ricevuto), rese inutilizzabili, hanno smesso di essere usate nel gioco
competitivo, così come le carte appena mostrate hanno visto ridotto il loro impiego;
cambiamenti del genere e anche più importanti sono avvenuti nella storia di Magic, ed
hanno contribuito a modificare l'intero sistema degli equilibri, le Norme, le interazioni
di valori su cui si basavano le strategie e le tattiche di gioco.

Dall'interazione di questi tre processi emerge il complesso sistema dinamico di Magic


the Gathering, sistema che, al contrario di quanto si può pensare dei giochi tradizionali,
con la loro relativa staticità e resistenza al cambiamento, incorpora al suo interno non
solo cambiamenti espliciti e prestabiliti delle regole, operate dai suoi creatori, ma anche
e soprattutto una storia del pensiero di gioco, della ricerca di vantaggio, delle strategie
messe in atto dai giocatori, delle loro risposte ai cambiamenti del sistema e delle
maniere in cui ogni modifica viene giudicata, accettata o rifiutata, sfruttata oppure
ostacolata dalla comunità dei partecipanti al gioco.

Si è spesso sostenuta l'impossibilità per l'analisi semiotica di comprendere e


modellizzare le trasformazioni dinamiche, a causa di una eteronomia della teoria
strutturale nei confronti di concezioni della storia come percorso immanente, o
condizione fondamentale dell'essere umana, o prima comprensione del mondo come
proiezione del tempo stesso; tutt'al contrario, l'analisi strutturale, nel nostro caso proprio
a partire da sistemi semiotici regolamentati, permette di mostrare come non sia il
cambiamento a precedere (logicamente) le azioni e i processi che donano senso al
sistema, ma sia il sistema stesso, agìto e concepito dai suoi partecipanti, che subisce il
cambiamento come risultato dei processi semiotici che, in quanto struttura, lo
costituiscono; e che il margine di gioco, che nei nostri esempi è la caratteristica
fondamentale che permette margini di azione e scelta per i soggetti, è ciò che si oppone
all'idea di un'evoluzione (o una traiettoria) della storia unica, o inesistente; la storia dei
nostri giochi è il risultato dell'intreccio tra strutture vissute e concepite, tra norme subite
e costruite, tra categorie concepite e percepite, tra l'esperienza e la varietà dell'uso e le

205
restrizioni delle norme, e tra la complessità dello schema e le riduzioni che ogni
partecipante fa nella sua comprensione.

I giochi, pur nella loro natura di schemi per la costruzione di un numero indefinito di
partite, così come sistemi semiotici regolamentati, possono presentare tassi di
cambiamento e variazione tali da modificare i loro equilibri, non essere prevedibili fino
in fondo, soprattutto da parte di coloro che questi cambiamenti li producono: si pensi al
semplice Gioco della vita, un algoritmo considerabile come il più semplice automa
cellulare concepito, in cui il presupposto del suo creatore è che fenomeni simili alla vita
stessa (e dotati di complessità) possano essere formulati a partire da insiemi strutturati
di regole combinatorie;157 e in cui la sola mossa disponibile, la selezione delle cellule di
partenza, permette di costruire complessi processi comunicativi e computazionali (come
macchine di turing, o calcolatrici digitali); o ancora, si pensi ai giochi per computer
dotati di complesse intelligenze artificiali,158 o l'esplosione dei giochi Online (MMOG) e
a quanto le comunità sociali al suo interno esperiscano il cambiamento e le dinamiche
che vi avvengono siano al tempo stesso innumerevoli e difficili da comprendere nella
loro traiettoria.159

Per questo motivo, sembra proprio che i giochi contemporanei, con le loro complesse
dinamiche, siano il terreno privilegiato su cui osservare e formulare la descrizione di
quei sistemi semiotici che Juri Lotman, formulando il concetto di Semiosfera,
esplicitava nel loro funzionamento generale, sperando che costituissero la base per
l'applicazione dello studio della dinamica dei sistemi semiotici complessi e, in generale,
della cultura umana.

157 [http://it.wikipedia.org/wiki/Gioco_della_vita]
158 Si pensi a Civilization e ad alcuni curiosi esperimenti compiuti dai giocatori, come chi ha continuato
per 10 anni la stessa partita per scoprire quale sarebbe stato il destino della sua civiltà;
[http://www.reddit.com/r/gaming/comments/uxpil/ive_been_playing_the_same_game_of_civilization
_ii/]
159 Giocatori dell'età d'oro di Ultima Online erano soliti formare compagnie teatrali, assassinare i PnG
più facoltosi, stipulare e raccogliere taglie, creare sistemi di commercio e bancari completamente
indipendenti dal gioco, possedere castelli o giurare fedeltà e lealtà ad altri giocatori, e molto altro
ancora.

206
CONCLUSIONI
Alla fine di queste pagine, spero di aver mostrato l'utilità che uno studio sulle regole dei
giochi, per quanto introduttivo e generico come questo, possa avere nei diversi ambiti
delle scienze umane e sociali: per la teoria semiotica generale, per la semiotica e la
dinamica della cultura in particolare, e in ultimo per gli studi culturali o, nello specifico,
per i game studies.

Lo studio dei sistemi di regole che una collettività formula e che accetta di seguire, a
partire dal parallelo con le regole spontaneamente accettate e praticate dai giocatori, non
è certo elemento nuovo nell'analisi testuale; ma il rapporto che i giochi presentano tra
regolamenti e conseguenze per le pratiche dei partecipanti, per la loro attività
pragmatica e al tempo stesso cognitiva, rappresentano un punto di vista privilegiato per
la loro formulazione. Abbiamo visto come un sistema di regole non sia semplicemente
un principio per l'esecuzione di una serie predeterminata di compiti, alla stregua
dell'algoritmo di un elaboratore; ma che la sua struttura combinatoria è indissolubile
all'interazione delle categorie semantiche che la animano, e che un margine di gioco,
anche minimo, costituisce al tempo stesso il presupposto basilare per l'azione
individuale e la costituzione di un universo semiotico complesso, soggetto all'azione e
alla scelta degli individui, alla loro interazione polemica o pacifica, al mutamento e alla
variazione dei suoi sistemi di valori, alla ridefinizione delle regole stesse, o
all'introduzione di norme ulteriori, alla lotta per il raggiungimento di obiettivi, per la
loro messa in discussione e per il loro cambiamento.

A tutti questi fenomeni la teoria semiotica greimasiana e la semiotica della cultura


rispondono individuando nel gioco non solo un parallelo figurativo per la comprensione
del linguaggio, della società, della cultura, ma il luogo stesso in cui è possibile
applicare, in analisi testuali più specifiche e approfondite di quanto ho potuto fare, le
complesse teorie semiotiche in un campo che presenta, nonostante la relativa semplicità
di applicazione, un'inesauribile fonte di dati e un terreno sufficientemente ricco per la
creazione di modelli semiotici sempre più precisi e approfonditi. Rispetto alla
problematicità degli approcci applicabili (e dei confini storici, geografici, metodologici

207
e altro ancora) delle società, si apre la possibilità di applicare le teorie lotmaniane o gli
studi levistraussiani, nonché approcci sociosemiotici ed etnosemiotici, al campo del
gioco e alle comunità dei giocatori.

Ma l'analisi dei giochi come preludio all'analisi dei sistemi sociali regolamentati, ben al
di là di quanto scritto finora, è un lavoro tutto da compiere; tutto ciò che è stato
possibile, in queste pagine, è stato dimostrare come i giochi possano costituire un
modello minimo per l'approccio a determinati fenomeni della società e della cultura in
cui viviamo.

A partire dalle poche considerazioni portate avanti in queste pagine, oltre alle
precisazioni, alle continuazioni e alle possibili correzioni, spero di aver mostrato l'utilità
e l'interesse che alcuni percorsi interni all'argomento, nonostante siano appena stati
indicati, possono avere in chiave di ricerca per la semiotica e non solo:

- lo studio delle dinamiche e delle trasformazioni storiche dei sistemi sociali, a partire
dallo sviluppo della teoria foucaultiana sull'esistenza di epistemi modellizzabili
(attraverso la descrizione di gerarchie e interazioni di costrizioni semiotiche)
contemplando i processi semiotici di variazione, cambiamento ed esplosione teorizzati
da Lotman attraverso la semiosfera, le categorie cognitive applicate storicamente per
l'interpretazione dei fenomeni a cui i partecipanti assistono, e le reti di senso che
motivano e incoraggiano il perseguimento degli obiettivi individuali e collettivi.

- lo studio sulla funzione che gli Stili soggettivi, nel rapporto con le norme e con
l'interazione collettiva, rivestono per la costruzione dell'Individualità all'interno di una
Comunità, come insieme di scelte che al tempo stesso costituiscono una sistematica dei
comportamenti e complesse funzioni di distinzione della personalità individuale.

- lo studio etnosemiotico sulle interpretazioni e le letture che le comunità di gioco danno


del sistema stesso, dei margini di manovra che possiedono, delle reazioni a complessi
processi semiotici di variazione, di equilibrio, in opposizione a Sanzioni di superiorità
individuale, processi di Agon e Alea su cui si determinano e si misurano le capacità
individuali e i valori delle personalità sociali; e al tempo stesso, la creazione di regole
etiche, con il compito di avvicinare e cementare la comunità stessa.

208
Delle numerose problematiche sociali che riguardano l'universo dei giochi ed i suoi
giocatori, affrontabili e affrontate direttamente e singolarmente dalle diverse discipline
delle scienze umane, non credo sia stato inutile compiere un passo indietro, impostare
l'analisi e comprendere come e quali sviluppi lo studio dei giochi può avere per l'analisi
semiotica delle società. Nella speranza che queste pagine risultino utili, e di poter
proseguire il cammino.

209
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MTG law and rules resources


http://www.yawgatog.com/resources/

I've been playing the same game of Civ II for almost 10 years.
http://www.reddit.com/r/gaming/comments/uxpil/ive_been_playing_the_same_game_of
_civilization_ii/

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Ringrazio tutti coloro che mi sono stati accanto in questi mesi: la mia
compagna Mara, i miei genitori Filippo e Patrizia, mio fratello Raffaele; i
miei amici e compagni di gioco, Mario, Daniele, Enzo, Luca, Dario,
Fortunato, Ciccio, Filippo; i miei relatori Tarcisio e Stefano, e chiunque
avrà il tempo di leggere queste pagine.

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