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a.

=antropologia
ANTROPOLOGIA DI GENERE
(GIOVANNA CAMPANI)
CAPITOLO 1: La nascita delle scienze dell’uomo
Il termine antropologia viene introdotto nelle lingue europee nel 1700 (secolo dei lumi) ed è =scienza che
studia l’uomo in maniera olistica, sia la dimensione fisica che quella sociale e culturale, utilizzando approcci
mutuati da altre scienze (naturali e umane). La prima definizione viene data da un medico francese (Pierre
Dionis-1694): è una scienza divisa in due parte Psicologia (studia l’anima) e Anatomia (studia il corpo). Gli
altri che danno definizioni sono: James Drake e Hermann FR. Teichmeyer (tutti medici). L’interesse per
l’anatomia nasce tra 1600-1700 in Francia per la produzione di una histoire naturelle dell’Uomo, fondata su
basi scientifiche (NO Bibbia) e studia l’uomo in tutte le sue componenti e in tutti tempi e luoghi (=uomo
universale). L’interesse per la storia naturale diventa una moda che sfocia nelle collezioni (=”gabinetti di
curiosità”). Sintomo di un’aspirazione di conoscenza dell’universalità che si traduce nell’ Encyclopedie di
Diderot e D’Alambert (anche se Diderot definirà l’antropologia= la nuova scienza naturale dell’uomo, intesa
come studio del corpo)

George-Louis Leclerc, conte di Buffon= autore dell’Histoire naturelle, generale et particuliere. Egli è uno
dei padri dell’antropologia, attento lettore di racconti di viaggio in continenti lontani. Per lui scienze naturali
e umane sono intrecciate: l’uomo è un essere naturale, quindi va studiato con metodo scientifico. I principi
che definiscono l’uomo: differenza “metafisica” rispetto agli altri animali e esistenza di un’unica specie
umana= monogenismo. Egli si oppose al poligenismo, nato per dare una spiegazione all’enigma della
diversità umana, in ambienti libertini e ostili alla dottrina cristiana (Non reazionari, anche se il p. sarà alla
base delle teorie razziste successive). Secondo Buffon le “diverse variazioni” della specie umana sono prove
dell’unità del genere umano e derivano dalla mescolanza tra individui della stessa specie. Le cause delle
variazioni sono naturali (climi, malattie epidemiche) e storiche (cibi, costumi, meticciato e schiavitù). Egli va
descrivendo aspetti fisici e culturali delle diverse popolazioni (eschimesi, lapponi, cinesi…), MA prende
come metri di paragone la “civiltà” europea e collega le variazioni a processi degenerativi risultati
dall’allontanamento da climi temperati (o spostamenti forzati). Quindi definisce una sorta di cultura naturale
e relega nella stranezza ciò che se ne distanzia. Questo tipo di analisi non prevedeva il fissare una gerarchia,
ma è come se si fosse ottenuta.
Poligenisti: Benoit de Maillet (se ci sono diverse specie di scimmie, capre… lo stesso vale per l’uomo);
difeso e ritenuto plausibile dallo stesso Voltaire.

Jean-Baptiste Robinet quando parla di antropologia intende una dimensione: umana e una biologica,
entrambe indispensabili alla comprensione della vera natura dell’uomo. Egli afferma che l’antropologia
permette di conoscere l’uomo sotto le sue diverse relazioni fisiche e morali. Ma secondo Robinet questa
scienza è ancora da fare, i materiali sono sparsi per le varie discipline, e si sofferma sull’importanza della
ricerca empirica in questo campo.

Nel frattempo, la filosofia cerca di rispondere alle domande poste alla base dell’antropologia, che, non
essendo ancora organizzata, procedeva a tentoni. Jean-Jacques Rousseau nel 1755 scrive il Discorso
sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini, ripercorre l’avventura dell’umanità e il
passaggio da stato di natura a quello di civiltà. Ma egli sottolinea che la sua prospettiva è filosofica e NON si
basa su dati empirici (anche se descrive la preistoria empiricamente). Questo testo colpì profondamente
Claude Lévi-Strauss: egli considera, con questo testo, Rousseau il fondatore dell’antropologia. Quindi:
l’antropologia nasce da diverse discipline e prospettive:
 Storia naturale: dove scienza naturali e umane sono ancora unite
 Raccolta embrionale di dati empirici (studio anatomico dei racconti di viaggio)
 Filosofia

I resoconti di viaggio (capitano James Cook) creano due visioni: o quella del “Buon selvaggio” o quella del
“crudele e degradato antropofago”. Queste non erano solo prospettive e visioni, ma diventavano
giustificazioni per un determinato atteggiamento politico nei confronti dei paesi colonizzati, in cui si
applicava la tratta degli schiavi. Vi furono tantissimi rivoluzionari francesi che si opposero alla tratta degli
schiavi, come Danton (ghigliottinato sotto il regime del Terrore), o l’intellettuale Olympe de Gouges
(ghigliottinata pochi mesi prima di Danton). Ella fu contraria alla tratta di schiavi (dichiarando l’uguaglianza
tra gli uomini e quindi impossibile che un uomo praticasse il commercio di un altro uomo), ma fu anche
autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina dove proponeva di includere la donna nei
diritti universali del 1789. Rousseau dichiara l’uguaglianza potenziale tra uomini e donne, ma riteneva che la
sfera domestica fosse una garanzia dell’ordine; quindi: la disuguaglianza tra uomini e donne è un prodotto
della cultura non delle natura, ma questa diventa una “cultura naturale”

L’antropologia nasce nel 1700 come storia naturale dell’uomo, si fa domande su: rapporto natura-cultura,
passaggio da stato di natura a civiltà, differenze tra i popoli, culture e sessi.
Il tentativo di spiegare le differenze sula base scientifica porta al razzismo scientifico. Fin dall’antichità
esistevano teorie che stabilivano una correlazione tra forma del viso e carattere (Aristotele misurava
l’intelligenza così). Queste teorie riemergono nel 1700 grazie a Camper che inizia a misurare l’angolo
facciale e a studiare/comparare i crani. I suoi studi vengono ripresi da Cuvier che stabilisce una divisione tra
i gruppi umani in base alla bellezza (determinata dall’angolo facciale). Per definire i gruppi umani usa la
classificazione di Blumenbach (=razza etiope, caucasica, mongola). In questo modo Cuvier introduce un
nesso tra BIOLGIA e CULTURA=base delle teorie razziste. [Cuvier analizzò Sartjie Baartman (ottentotti),
donna sudafricana esposta come un animale, pezzi tenuti e mostrati in musei]. Blumenbach individua delle
gradazioni tra esseri umani in relazioni a 4 regioni geografiche, ma il criterio geografico viene presto
sostituito al criterio della differenza fisica. Egli attribuisce le differenze tra i gruppi dovute al clima, il
colore=indicatore che distingue i gruppi. Stabilisce che la forma del cranio dei caucasici è la più bella. Gall
stabilisce una correlazione tra: forma del cervello e carattere individuale, fondando la “frenologia”=tentativo
di individuare le capacità intellettuali e la personalità di un individuo dalla forma del cranio. Nasce ben
presto la superiorità di alcuni popoli (europeo) sugli altri; quindi, si definisce una gerarchia che mise in cima
gli europei, in fondo la razza etiope. Il passaggio da classificazione a gerarchia avviene in un momento in cui
l’Europa si stava preparando ad una nuova colonizzazione e si considerava il centro del mondo per la tecnica
e la cultura.

All’inizio del 1700 l’antropologia è divisa in 2 dimensioni: umana (studia la dimensione anatomica
dell’uomo) e culturale (studia differenze tra gruppi e culture). Pian piano i due rami si suddividono anche
perché operanti in ambiti e con metodi diversi. La distinzione tra i due rami viene formulata da Chavannes
che chiama l’a. culturale=etnologia. Partendo dalla teologia vede nella caduta della torre di Babele la causa
della dispersione dell’uomo su tutta la superficie terrestre. Questo evento ha portato alla formazione di
popoli o nazioni. L’etnologia= scienza dell’uomo che rende conto delle varietà esistenti della specie. [prima:
Kollar aveva definito e.= scienza delle nazioni/popoli studiandone lingua, origini e istituzioni]. I materiali
dell’etnologia erano ricavati dalle spedizioni di viaggio (La Società degli osservanti dell’uomo francese che
organizza una spedizione in Australia oppure il capitano Cook). De Gerando elabora una metodo
dell’osservazione antropologica, indirizzato agli studiosi che partivano per studiare altri popoli. Fra questi
vanno ricordati i fratelli Humboldt: il 1° Alexander partì per l’America Latina fino agli USA. Wilhelm fu
un linguista che capì che la diversità di lingue è riconducibile a una diversa visione del mondo.

All’inizio del 1800 abbiamo due volani dell’a.: scienza della classificazione delle razze e la scienza che
studia le varie culture e costumi (visioni europea tendente al cosmopolitismo). Ma uno dei principali
fenomeni è la cesura tra studio delle culture “primitive” e quelle popolari europee. Questo fatto è dovuto al
movimento romantico che sviluppa una nuova idea di “popolo/nazione” basata sull’unità linguistica e
culturale; questo porta alla sviluppo di studi folkloristici. Il Romanticismo ha il pregio di aver valorizzato le
culture popolari, MA ha anche fornito le basi per un pensiero nazionalista o contribuirono alle ideologie di
cui sono portatori i movimenti nazionalistici. Inoltre questi studi hanno portato alla nascita di musei
etnografici (Vienna, Berlino…). In Germania la suddivisione degli studi tra popoli europei e quelli
“primitivi” ebbe effetti collaterali. L’a. si divise in: Volksunde(del popolo) e Volkerunde(dei popoli). La 1° fu
figlia del movimento nazionalista tedesco che riprende l’ideologia alla base della dottrina nazional
socialistica. La reticenza a mettere sullo stesso piano le culture europee e quelle extraeuropee si manifestò in
tutta Europa. La divisione dell’a. ha prodotto anche la divisione tra antropologia e sociologia. Inizialmente la
sociologia non considerava i popoli “primitivi”, perché non erano esponenti di società complesse.

CAPITOLO 2: L’affermazione dell’antropologia culturale


La storia dell’antropologia è segnata dalla rivoluzione epistemologica di Darwin nella seconda metà del
1800. La teoria dell’evoluzione dava spiegazioni sulle origini dell’uomo (in alcuni contesti era utilizzata la
spiegazione biblica). Questa teoria ha un impatto ambiguo sulla ricerca delle cause delle differenze tra i
gruppi umani: da una parte mette in discussione un poligenismo statico all’origine dele differenze razziali,
dall’altro l’introduzione del concetto di selezione naturale (in cui prevale il più forte) viene ripreso da una
vulgata evoluzionista sostenitrice della superiorità degli europei all’interno di questo meccanismo. Questa
teoria venne utilizzata da due antropologi in particolare: Morgan (Systems of Consanguinity and Affinity of
the Man) e Tylor (Primitive Culture) [anche se la teoria formulata da Darwin era inerente alla biologia, non
all’antropologia].
Essi elaborano una teoria dell’evoluzione delle culture che evolvono in maniera progressiva e uniforme (la
teoria dell’ev. delle culture è accolta da vari pensatori, tra cui Marx ed Engels)
Cultura= insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume o
qualunque altra capacità/abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società.
Nel 1700 mancava una spiegazione generale delle cause delle differenze tra le culture; invece, questi
intellettuali applicando la teoria di Darwin pensano che: così come le specie evolvono verso una crescente
complessità, allo stesso modo le culture progrediscono verso forme più complesse. Esse passano attraverso
medesimi stadi (selvaggio-barbarie-civiltà) fino ad arrivare ad uno stadio comune. Secondo Tylor tutti i
popoli sono in grado di svilupparsi e rigetta la teoria delle degenerazione culturale di Buffon. Studiando le
popolazioni “primitive” si poteva avere qualche informazione sullo stadio “primitivo” vissuto dalla
popolazione occidentale, si vanno approfondendo gli studi sui Nativi americani per la conoscenza della storia
dell’umanità. La teoria ev. delle culture difende l’unità del genere umano e le sue possibilità di
miglioramento. Secondo Tylor tutti i popoli hanno uno schema mentale molto simile, infatti: molti hanno
trovato le stesse soluzioni ai medesimi problemi.
Morgan e Tylor NON fecero mai uso del concetto di selezione naturale e il movimento dei darwinisti sociali
si è sviluppato al di fuori dell’antropologia, poiché fortemente criticati.

Tylor=privilegia dimensione culturale dell’evoluzione delle società


Morgan= privilegia l’evoluzione delle forme di organizzazione delle società
Ma entrambi si impegnano a definire le caratteristiche dei 3 stadi. Morgan li suddivide in sottostadi:
Selvaggio Inferiore: raccolte e caccia, promiscuità Superiore: tabù matrimonio fratello-sorella, arco
sessuale e nomade e frecce, filiazione matrilineare e proprietà
comune
Barbaro Inferiore: uso terracotta e agricoltura, Superiore: metallurgia, patrilinearità, relazioni
tabù incesto a tutti i discendenti della poligamiche, proprietà privata.
famiglia
Civiltà Scoperta della scrittura, famiglia monogamica, governo civile

Tylor riprende questi elementi ma insiste anche sull’aspetto simbolico, in particolare sulla religiosità:
Selvaggio/animismo; barbarie/politeismo; civiltà/monoteismo.
Essi introducono argomenti che diventano specifici dell’antropologia: attenzione alla dimensione familiare
(ruolo donne, controllo sessualità, organizzazione processi riproduttivi). L’interesse per la famiglia nasce
grazie al nuovo metodo di indagine “osservazione partecipata” utilizzata la prima volta da Morgan in
quanto attivista politico; infatti, fu avvocato e deputato di un partito progressista impegnato nella difesa dei
neri e indiani. Egli riuscì a difendere i Seneca (tribù della Conf. Degli Irochesi) e a conquistare la loro
fiducia, visse con loro e li conobbe “da dentro” grazie al suo informatore Ely Parker. Egli pubblicò il suo
resoconto nel 1851 in cui analizzò: aspetti religiosi, politici, cerimoniale, della parentela rappresentando uno
dei primi lavori etnografici corrispondente a determinati criteri di osservazione. Morgan scoprì che gli
irochesi avevano una società matrilineare, quindi ha ipotizzato una fase universale della società primitiva in
cui il potere era in mano alla donna. Morgan capisce che la parentela è l’epicentro delle società dette
“primitive” (mentre è meno centrale nelle società moderne basate sul contratto sociale/rapporto con lo
stato/economia). Egli capì che esistevano sistemi di parentela matrilineari presso altre tribù americane o
asiatiche differenti, quindi si focalizzò sulla comparazione, cercando di definire criteri da utilizzare perché
la comparazione fosse scientifica. Questo metodo di ricerca si basava sull’attenzione alla terminologia e
divisione della parentela in “blocchi” costitutivi (es. discendenza, matrimonio, eredità…). Anche Tylor
attribuisce importanza ai sistemi di parentela e propone un metodo per analizzarli scientificamente basandosi
sulla statistica. Quindi ne risulta un metodo basato su: osservazione partecipante, comparazione, uso della
statistica.

Alcuni studiosi applicarono la teoria dell’evoluzionismo allo studio delle culture basandosi su dati di seconda
mano, le teorie che emersero vennero inserite nell’ etnologia filosofica. Fra questi autori abbiamo:
Bachofen, Engels e Frazer.

Bachofen
Il 1° fu un giurista che elabora una teoria dell’evoluzione della parentela basandosi su fonti poetiche, storiche
e giuridiche. Bachofen sostiene che nelle prime società le donne esercitavano un’enorme potere, ma al potere
delle donne si oppose la “lotta dei sessi” [secondo B. di questa lotta si trova traccia in fonti antiche come
associazioni del femminile/maschile es. sole e luna e anche nella tragedia di Eschilo l’Orestiade]. Egli
credeva che il matriarcato fosse uno stadio culturale (che quindi ha caratterizzato tutta l’umanità). Egli
suggerisce che l’umanità abbia attraversato 3 stadi culturali: “eterismo”/promiscuità primitiva, matriarcato e
patriarcato. Le donne si opposero agli uomini per difendere il loro bene principale (la maternità) riuscirono a
vincere e iniziò la “ginecocrazia”, stadio della storia retto dal matriarcato durante il quale le donne imposero
agli uomini il matrimonio, la famiglia e l’ordine religioso dominato da divinità femminili. Il matrimonio e la
famiglia sono due istituzioni create dalle donne per incanalare gli istinti sessuali degli uomini. Pratica della
“COVATA”= i mariti imitano gli atti della donna mentre partorisce, anche lui riceve le attenzioni necessarie
per la donna. Ma la lotta dei sessi portò il genere maschile a vincere e la paternità si impose
progressivamente. Questo passaggio dalla “verità naturale”(maternità) a “verità culturale”(paternità) fu
positiva per B. poiché corrisponde alla vittoria della cultura sulla natura (da stadio selvaggio a civiltà).
Quindi: riteneva che l’affermazione del patriarcato avesse rappresentato un livello di civiltà superiore. Anche
Morgan riconosce l’esistenza di un matriarcato originario e condivide la teoria di B. del passaggio da
matriarcato a patriarcato. MA riconosce che il patriarcato contribuisce ad abbassare la posizione e i diritti
della donna, ritardando il suo progresso nella scala sociale. Per questo crede che il passaggio completo alla
civiltà avvenga con la famiglia monogamica, che deve essere fondata sul principio di uguaglianza tra moglie
e marito. Maine ricusa le teorie di Bachofen sostenendo che il nucleo di parentela arcaico fosse patrilineare e
autocratico, la cui espressioni giuridica era la patria potestas. Secondo Engels (e Marx) la fine del
matriarcato coincide con l’inizio di processi di oppressione nei confronti delle donne; essi vedono nella
famiglia monogamica un germe della schiavitù, la donna sottoposta incondizionatamente al potere
dell’uomo.

Frazer e Il ramo d’oro


Altro esempio di “etnografia filosofica” è Il ramo d’oro=ampio studio su magia e religione. Egli sostiene
che la magia è stata la prima forma d’interpretazione del mondo; infatti, l’uomo primitivo non sapeva nulla
della scienza e viveva in base a due idee errate: legge della somiglianza (=il simile produce il simile, gli
sciamani controllavano la natura imitandola) e la legge del contatto (=le connessioni rimangono anche dopo
una separazione, danneggiando questi oggetti, si danneggia il possessore). Col progresso della mente gli
uomini si rendono conto che queste leggi non funzionavano e inventano la religione (convinti che forze più
alte dominassero l’universo): gli sciamani si trasformano in sacerdoti e hanno il compito di persuadere gli
spiriti soprannaturali. Gradualmente i sacerdoti divengono sacerdoti-re (come i faraoni) e vengono venerati
anche dopo la morte. Lo sviluppo più alto del pensiero umano è la scienza, legata alla magia perché l’uomo è
tornato a manipolare la natura, ma in questo caso con leggi adeguate. Purtroppo, Frazer venne criticato
perché ignorò la ricerca sul campo ed è un esempio perfetto di “antropologia da tavolino” e di
evoluzionismo. Anche se il suo impatto sul mondo della cultura sarà notevole.

CAPITOLO 3: Le pioniere. Donne antropologhe nell’ovest americano


Nella metà del 1800 in Gran Bretagna e negli USA i movimenti femministi vinsero importanti battaglie
(apertura delle università alle donne e accesso alla professione medica) e acquisirono una notevole visibilità.
La generale problematica dell’emancipazione incluse anche la popolazione nera schiavizzata e i nativi
americani oppressi. MA nei restanti paesi europei le lotte per i diritti delle donne entrarono a far parte di lotte
condotte in nome dell’ideologia socialista o anarchica, alla fine del secolo divennero indipendenti.
Seneca Falls= convenzione nei pressi di New York a cui parteciparono 300 donne tra il 19 e il 20 luglio
1848. Fu organizzata da Lucretia Mott e Elizabeth Cady Stanton. Il 19 luglio fu letta la Declaration of
Sentiments redatta sul modella della Dichiarazione d’indipendenza (1776), essa affermava con forza
l’uguaglianza tra i sessi. Alla dichiarazione furono annesse 12 risoluzioni che rivendicavano specifici diritti
(fra i quali diritto di voto). Nel decennio successivo furono tenute altre convenzioni e conferenze (1851-
Ohio). Nel 1860, inizio guerra di secessione, il movimento femminista si concentrò sull’abolizione della
schiavitù dei neri. Nel 1866 venne fondata la American Equal Right Association (AERA) che rivendicava al
tempo stesso l’emancipazione delle donne e degli afroamericani. Diritto di voto alle donne: Utah e Wyoming
(inizio del 1900 quasi tutto l’ovest concesse questo diritto)
Il movimento femminista americano ha funzionato da incubatore per lo sviluppo di un’antropologia di
genere, fra le antropologhe troviamo: Matilda Coxe Stevenson, Alice Cunningham Fletcher, Elsie Clews
Parsons e Margaret Mead.

L’8 giugno 1885 venne fondata la WASA (Women’s Antropological Society of America) da 10 donne
incontratesi a Washington. Il ruolo di presidentessa venne affidato a Matilda Coxe Stevenson che da anni era
impegnata in un lavoro sul campo presso popolazioni native dell’ovest, in New Mexico; ella però non
disponeva di nessun diploma universitario ma era moglie di James Stevenson uno studioso che lavorava per
la BAE (=luogo dove trasferire archivi, relazioni riguardati i Nativi del Nord America e aveva l’obiettivo di
organizzare la ricerca antropologica in America). Le studiose erano coscienti del ruolo essenziale ricoperto
dalle donne per la raccolta di informazioni presso la componente femminile delle popolazioni “primitive”.
Ella studiò a fondo la vita degli Zuni, una società matrilineare, il resoconto dei suoi studi venne pubblicato
in un’opera (Religious life of the Zuni’s Child) che segna l’inizio dell’antropologia di genere. Tylor
sosteneva l’importanza delle studiose nelle ricerche sul campo, MA il loro sostegno era visto come
subalterno poiché dovevano affiancare studiosi maschi, quindi come segretarie o assistenti. Questo perché vi
era la convinzione che il maschio avesse un approccio oggettivo e razionale; invece, la componente emotiva
della donna era utile per raccogliere informazioni, ma la donna non avrebbe potuto produrre studi di alto
livello. Alla morte del marito Matilda Coxe Stevenson fu la 1° donna ad essere assunta dalla BAE. Nel 1889
iniziò una serie di studi su un’altra tribù Pueblo, gli Zia Pueblo.

Alice Cunningham Fletcher (Cuba 1838-1923) si impegnò nella difesa delle popolazioni nordamericane,
cercando di favorirne l’integrazione nella società con una serie di politiche; infatti, ella accettò di gestire un
programma governativo di assegnazione delle terre alla popolazione degli Omaha e ai Nasi Forati. Il suo
interesse per l’archeologia la spinse a interessarsi alle popolazioni native (anche grazie all’incontro casuale
con Suzette la Fleche, figlia di un capo tribù Omaha). Iniziò il suo lavoro sul campo nel 1881 presso gli
Omaha del Nebraska, specializzandosi in etnomusicologia (descrisse rituali e danze), il resoconto venne
pubblicato nel libro The Omaha Tribe. Ebbe contatti anche con i Nasi Forati. L’importanza del suo lavoro
risiede nell’applicazione del rigore scientifico usato in archeologia all’ambito etnologico; andò oltre la mera
descrizione tentando di categorizzare aspetti specifici delle culture native. Ella condivideva l’idea
evoluzionistica e che tutte le culture vivessero uno sviluppo che andava dallo stato selvaggio alla civiltà, di
conseguenza, i nativi sarebbero diventati più civili imitando l’uomo bianco, per questo si batté per la
proprietà privata dei nativi, dividendo la terra in piccole fattorie. I sostenitori di questa assegnazione di terre
credevano che con le terre comuni i singoli individui non fossero incentivati a lavorarla o mantenerla fertile e
che i “bianchi” non rispettassero i confini di queste. Le idee dei riformatori si scontrarono con l’ostilità dei
nativi che videro questa proposta come un’ulteriore imposizione e un altro modo per derubarli; così
manifestarono la loro opposizione. Ma nel 1887 venne approvato il Dewes Act che si rivelò un disastro:
l’assegnazione privò i Nativi di molti territori, categorizzati come “terre in eccesso” e vendute, tanto che la
loro proprietà si ridusse da 150 milioni di ettari a 104 milioni. Le idee della Fletcher, che aveva creduto
benefiche, finirono per peggiorare ulteriormente la situazione dei Nativi.

CAPITOLO 4: la critica all’evoluzionismo: boasiani negli Stati Uniti e funzionalisti in Gran Bretagna
Tra fine 1800 e inizio 1900 l’evoluzionismo venne messo in discussione: negli Usa da Franz Boas, in Gran
Bretagna da Radcliffe-Brown e da Malinowski, rappresentanti del funzionalismo. Franz Boas è la figura
più significativa dell’antropologia americana nel XX secolo. Tedesco di origine ebrea che si formò nel
campo della matematica e fisica, per poi passare alla geografia. Durante una spedizione nell’Artico canadese
(terra di Baffin) rimase stupito dal fatto che gli eschimesi avevano una diversa scala di colori e decise di
dedicarsi all’etnografia. Venne detto che fu una leggenda, ma comunque Boas fu affascinato dalla vita degli
Eschimesi. Nel 1886 iniziò una ricerca di campo presso i Kwakiutl (Nativi della Columbia Britannica). A lui
dobbiamo:
1. l’antropologia divisa in 4 sottocampi: linguistica, a. biologica, a. archeologica, a. culturale
2. principio metodologico del relativismo culturale: le culture sono troppo complesse per essere
valutate in base a comuni leggi evolutive, esse vanno comprese attraverso le loro storie particolari.
da qui nasce il particolarismo storico=ogni cultura ha una sua particolare storia che non è
governata da leggi universali. I tratti culturali sono spiegati in termini di contesti culturali specifici
Al particolarismo storico è affiancato il concetto di “diffusionismo”=la somiglianza tra le culture può essere
la conseguenza della diffusione di un’idea da una cultura a un’altra. Concetto di “creazione indipendente”=
la cultura produce una nuova idea, senza aver conosciuto alcuna influenza da un’altra cultura. [dobbiamo
comunque avere prove empiriche del contatto tra due culture]. E, infine, il concetto di relativismo
culturale= le attività/credenze di un gruppo devono essere intese nei termini e valori della propria cultura,
non di quelli di qualcun altro. Esso è un metodo di indagine antropologica che prevede un doppio approccio:
emic (analizzare la cultura da dentro) e etic (punto di vista scientifico). Gli studi si basano su dati empirici
oggettivi, gli studenti devono vivere con la popolazione almeno 1 anno. Le ricerche di Boas avevano come
oggetto: parentela, arte e mito.
[Relativismo etico= idea che non esistono norme morali/etiche oggettive e assolute]
Boas fu un attivista per la democrazia e i diritti umani, nel 1911 pubblicò The mind of primitive serie di
conferenze in cui sfatava le idee allora correnti che suggerivano la superiorità della civiltà occidentale sulle
società meno sviluppate in base a criteri razziali. Nel 1930 la sua opera venne bruciata dai nazisti. Nel 1940
pubblicò Race, language and culture. Ancora a 80 anni dava il suo contributo nella lotta contro la minaccia
rappresentata dalle idee naziste della “razza padrona”. Alla sua scuola si formarono alcuni antropologi
afroamericani (Zora Neale) e molte donne fra cui: Ruth Bendict, Margaret Mead.

Elsie Worthington Clews Parsons fu allieva di Boas, attivista femminile. La sua formazione è divisa in 2
periodi: il 1° come sociologa, il 2° come antropologa. Nel 1906 pubblicò l’opera The Family in cui si
cimenta nel campo dei ruoli familiari e sessuali: le donne, costrette a vivere in modo patriarcale, sono le
principali vittime delle aspettative rispetto ai ruoli di genere nella società, esse possono diventare solo madri,
donne o insegnanti; ma ne soffrono anche gli uomini. Le proposte del suo libro sono troppo radicali:
matrimonio “di prova”, divorzio consensuale, accesso alla concentrazione affidabile; per queste venne
attaccata dalla stampa conservatrice e dal clero. Iniziò una corrispondenza nel 1907 con Boas, nel 1915
sondò il terreno come antropologa nel Sudovest americano, rimase sorpresa dal fatto che le culture Pueblo
richiedevano ai membri un livello di conformità più elevato rispetto all’individualista cultura americana.
Boas la raggiunse presso i Laguna. Inoltre ella si occupò successivamente dell’influenza della cultura
spagnola sulle culture dei nativi Americani e dei racconti popolari afroamericani e caraibici. Fra le sue
allieve ebbe Ruth Benedict. È stata un’antropologa femminista: ha utilizzato la comparazione tre la culture
per documentare le diverse forme di costrizioni che i ruoli di genere impongono. Ma la Parsons non fu in
grado di fare il passo successivo: non riuscì a teorizzare il carattere culturalmente costruito dei ruoli maschili
e femminili, decostruendo la naturalità biologica.

Il funzionalismo. La teoria “evoluzionistica” venne criticata dal funzionalismo (dalla Gran Bretagna) i cui
principali esponenti erano: Radcliffe-Brown e Malinowski. “funzione”= nozione riferita a ogni pratica
sociale considerata nel suo rapporto con il mantenimento della “struttura”, il f. pone al centro della ricerca la
struttura sociale, ma questa deve essere studiata nel presente, quindi: l’antropologia sociale deve rinunciare
ad ogni pretesa “diacronica” poiché le ricostruzioni storiche sono frutto di congetture, quindi dobbiamo
considerare solo i fenomeni sociali attuali. Prende il nome di antropologia sociale poiché il funzionalismo
venne influenzato dalla sociologia di Durkheim che introdusse il concetto di funzione per studiare la struttura
sociale, assieme al nipote Mauss (=fondatore a. culturale francese). Inoltre, i funzionalisti rifiutano dal
diffusionismo e particolarismo storico di Boas. I funzionalisti ricercano i principi strutturali alla base della
società mediante ricerca, comparazione e verifica empirica. I funzionalisti riprendono gli elementi strutturali
della parentela evidenziati da Morgan: discendenza, residenza e matrimonio.
 Discendenza si divide in 2 sistemi: unilineari (patrilinearità, matrilinearità) e bilaterali (madre e
padre stesso ruolo)
 Residenza può essere: uxorilocale/matrilocale; virilocale/patrilocale o neolocale
 Matrimonio: poligamico o monogamico
I funzionalisti studiarono un gran numero di culture “primitive” e hanno evidenziato che il concetto di
famiglia occidentale non è universalmente condiviso.

Nel 1913 Freud pubblicò l’opera Totem e tabù. Somiglianze tra vita mentale dei selvaggi e dei nevrotici.
Freud ipotizzava l’esistenza di un’orda primitiva dove il più anziano era leader aveva i diritti sessuali sule
donne del gruppo. I figli uccisero il padre e lo mangiarono, ma sopraffatti dal senso di colpa decisero di
creare un totem a forma di animale che rappresentasse simbolicamente il padre e decisero di astenersi dai
rapporti sessuali con le madri e le sorelle. Da qui nasce la proibizione dell’INCESTO. Freud affermò che
tutte le società avevano questo atto fondativo in origine. Boas lo critica sostenendo che la sua teoria era
troppo unilaterale, non era utile per avanzare la comprensione di queste popolazioni; l’idea di evoluzione di
Freud era inaccettabile per il particolarismo storico ed era inaccettabile l’assimilazione dei “selvaggi” ai
“nevrotici”. Ma l’interesse dei boasiani per la psicologia si espresse nella focalizzazione del ruolo della
cultura nella formazione della personalità. Margaret Mead spiega l’importanza della psicologia nello studio
nell’isola di Samoa. Ma anni dopo la stessa Mead affermò che la sua ricerca le aveva fatto capire che la
natura umana non è rigida e inflessibile. I funzionalisti, in particolare Malinowski, criticò il complesso di
Edipo di Freud, dimostrando come tra i Trobriandesi il padre non sia una figura autoritaria, essa è sostituita
dal fratello della madre e che i figli avessero prolungati rapporti intimi con la madre. Quindi: l’odio è rivolto
verso lo zio materno, l’amore verso le sorelle. M. non rifiuta totalmente la teoria di Freud ma sottolinea la
necessità di adattarlo ai contesti familiari diversi. L’antropologa Eggan studiò gli Hopi e constatò che in loro
non si riscontrava il complesso di Edipo.
CAPITOLO 5: Ruth Benedict e Margaret Mead: culture, personalità, sesso e temperamento
Tra le due guerre nell’antropologia americana si afferma il movimento Cultura e personalità che studia
l’interazione tra le cultura e la psicologia degli individui. Ma essa non può essere considerata una vera e
propria scuola, poiché troppo divisa. Il movimento è identificato con: Ruth Benedict e Margaret Mead (poi:
Ralph Linton e Abram Kardiner). L’dea di base= il comportamento degli adulti è “culturalmente” modellato,
le esperienze della socializzazione infantile influenzano la personalità dell’individuo adulto, le personalità
degli adulti influenzano le istituzioni culturali delle varie società. Diverse pratiche di socializzazione ed
educazione costruiscono diversi tipi di personalità; la dinamica della crescita (nurture) era vista come il
fattore dominante nel modellare il comportamento umano. Interesse per la psicologia dello sviluppo. Testi
più significativi: Coming of age in Samoa, Sex and temperament in the three primitive societies, Patterns of
culture in cui R. Benedict mostrò come la cultura modelli la personalità degli individui, è la cultura che
produce gli individui, anche se poi con le loro personalità agiscono a loro volta sulle istituzioni.

Ruth Benedict
Il suo interesse per l’a. nacque con il corso di filosofia dell’educazione. Matrimonio insoddisfacente,
scoperta di non poter avere figli. Dalla New School for Social Research passò alla Columbia dove studiò con
Boas: prima fu sua assistente, poi divenne docente. Una delle principali esponenti dell’a. americana
riprendendo le teorie di Boas ed elaborando nuovi approcci teorici (Cultura e personalità). Difese
strenuamente la teoria del “relativismo culturale”= ogni cultura ha senso nel suo contesto, l’antropologo
deve indagare il contesto per capire il motivo delle azioni degli individui. Studiò i Serrano della California
del Sud e gli Zuni, i Cochiti, Apache, Prima e i Piedi Neri. Svolse un lavoro di catalogazione delle diverse
culture studiate, passando poi alle questioni teoriche con particolare interesse per le problematiche
psicologiche: mise in luce le grandi differenze, le vere e proprie polarizzazioni nei valori e nell’approccio
alla vita, che influenzavano i temperamenti degli individui. Cercò di definire dei temperamenti culturali
propri a ciascun gruppo. La ricerca di Ruth Benedict si concentra su: dinamiche tra individui e società, come
la cultura plasma gli individui, come noi siamo e come la cultura ci dovrebbe imporre di essere e le scelte
che ne conseguono. Da queste ricerche definisce il concetto di “modello di cultura”. Nella sua ricerca ella
usa il “relativismo culturale”: non dà nessun giudizio sulle culture/comportamenti.
Modello di cultura/pattern= a ogni cultura (e individuo) corrisponde un modello di pensiero e azione, gli
individui sono legati alla forma culturale generale di cui sono partecipi. Per analizzare i significati dei vari
comportamenti è guardando ai motivi, ai valori istituzionalizzati in quella cultura. Secondo Ruth Benedict la
storia di vita di ogni individuo è un processo di adattamento a modelli e regole in vigore nella sua comunità.
La Benedict delinea i “temperamenti culturali” utilizzando le categorie di “apollineo” e “dionisiaco” (per
evitare l’associazione a comportamenti psicopatologici).
Il problema= ci saranno sempre alcuni individui che a seconda dei loro riflessi “naturali” non riusciranno ad
adattarsi ai comportamenti che le culture chiedono. Questi esseri vengono definiti “disorientati” le cui
propensioni non sono previste dalle istituzioni della sua cultura. R. B. capisce che il concetto di “normalità”
viene definito culturalmente e varia nelle diverse culture. Esempi che propone riguardano l’India dove la
trance e la catalessi sono considerate normali, anzi segno di santità, invece rigettate in altre culture. Nella
cultura cristiana l’omosessualità veniva rigettata, mentre ad Atene era fattore di stabilità; presso i Nativi
Americani ci sono uomini che hanno comportamenti femminei che svolgono ruoli assegnati solitamente alle
donne: i berdache. Questo interesse per l’omosessualità nacque anche alla relazione che ebbe con Margaret
Mead, in quanto era bisessuale.
Ruth Benedict si interessò anche dello studio dei “modelli di cultura” nelle società complesse: tedesca e
americana. Venne incaricata di svolgere questi studi dallo stato americano per capire come interagire con
questi paesi dopo la guerra e trasformarli in stati democratici. Gli studi sul Giappone furono pubblicati nel
1946: The crysanthemum and the Sword. MA il suo approccio fu criticato: rappresentazioni stereotipate, non
insiste sulle differenze di classe, non conosce il Giappone e la sua lingua… comunque l’applicazione del
metodo comparativo alle società complesse fu un’attività pionieristica nell’antropologia che aprì nuovi
campi di studio. Grazie a questi studi nacque l’idea che il comportamento è determinato dalla cultura, non
dalla biologa, di conseguenza studiare a fondo e comprendere la cultura di determinati popoli può aiutare alla
lotta contro il razzismo e antisemitismo (tesi di Kluckohn, che è ancora di grande attualità).

Margaret Mead
Nacque nel 1901 a Philadelphia. Ottenne il master in psicologia, frequentò corsi di antropologia con Boas e
la Benedict. Si concentrò sui problemi dell’educazione, della personalità e della cultura. Nel 1925 partì per le
Samoe americane (Polinesia, Sud Pacifico), nell’isola di Tau, utilizzando il metodo dell’osservazione
partecipata. A fianco dell’impegno accademico ci fu quello sociale, determinato anche dalla sua famiglia di
liberi pensatori e intellettuali: la madre era sociologa e la nonna psicologa dell’infanzia (per lei la Mead
pensò il suo libro Coming of Age in Samoa).
Durante la sua permanenza alle isole Samoa poté comparare la vita delle adolescenti samoane con quella
delle americane. Constatò che il passaggio all’adolescenza, in Samoa, non fosse segnato da turbamenti
emozionali e psicologici (non c’era ansietà e confusione), ma la preparazione all’età adulta era un processo
continuo. Questo metteva in discussione l’universalità della crisi adolescenziale. Mead allargò la tematica
educativa alla questione della sessualità, constatando che le donne samoane hanno frequenti rapporti sessuali
prima del matrimonio e questo contrasta l’accumulo di stress e non ha nessuna conseguenza sulla loro
reputazione e sul matrimonio. Durante gli anni ‘20/’30 svolse ricerche sul campo assieme ad un
collaboratore: 1° marito, poi 2° marito= Bateson con il quale si recò a Bali. Qui studiò i Manus (isole
dell’Ammiraglio), gli Arapesh, i Mundugumor, Tchambuli, Iatmul (Nuova Guinea). Studiando quelle civiltà
constatò che i ruoli sessuali differiscono nelle diverse società, e sono culturalmente determinati (alcuni
comportamenti maschili in alcuni contesti sono considerati femminili): tra i Tchambuli le donna erano
dominanti, tra gli Arapesh donne e uomini collaboravano in tutti i compiti, tra i Mundugumor donne e
uomini erano bellicosi. Quindi: le culture plasmano i comportamento maschile e femminile. Sebbene non le
piaceva essere definita una femminista, le sue opere contribuirono ad abbattere molti tabù, contribuendo alla
trasformazione delle norme normali legate alla sessualità.

CAPITOLO 6: l’antropologia in Francia tre le due guerre mondiali: Mauss e Germaine Tillon
In Francia nei primi anni dopo la Seconda guerra mondiale vennero pubblicate due impornati opere: Le
strutture elementari di Levì-Strauss e Il secondo sesso di Simone de Beauvoir. Ancora però l’antropologia
francese non distingueva tra storia naturale e sociale; infatti, il fondatore della Societé d’antrophologie de
Paris fu un medico: Paul Broca. Egli fu un sostenitore del concetto scientifico di “razza” ponendo alla base
della gerarchia gli ottentotti o gli indigeni australiani, arrivando a paragonare i negri alle scimmie. Però a
Broca va riconosciuto il rifiuto dell’esistenza di una “razza ariana”. Il termine usato in Francia per designare
l’a. culturale e sociale fini alla metà del 1900 fu “etnologia”; l’uso del termine “antropologia” si diffuse
soltanto negli anni ’50.
L’etnologia acquisì uno statuto accademico solo a partire dal 1925 con la fondazione dell’Insitute
d’Ethnologie de l’Universitè de Paris, da qui si ebbe un notevole sviluppo grazie a: Mauss, Levy-Bruhl e
Rivet. L’Istituto venne fondato dal Ministero delle colonie quindi è evidente la matrice coloniale negli studi
portati aventi dall’istituto che si concentrarono nelle colonie del territorio francese. I 3 fondatori si
prefissarono di sviluppare gli studi etnologici su base scientifica, rivolti sia a culture europee che “altre”.
Durante la 2° guerra mondiale i giovani antropologi francesi furono fra i primi a organizzare la Resistenza
contro le idee di razza naziste, pagando anche con la vita (ma questa scelta non fu presa da tutti gli
antropologi, che si adattarono alle idee filonaziste di Petain).

Marcel Mauss
Considerato il padre dell’etnologia/antropologia culturale francese, influenzato dallo zio Durkheim, si
specializzò in sociologia delle religioni. Egli fu un antropologo da tavolino, non si impegnò nel lavoro sul
campo, utilizzò materiale di seconda mano e talvolta tradotto; anche se incitò i suoi allievi a fare ricerca sul
campo. Sviluppò il concetto di fatto sociale totale= tipo di fenomeno che è al tempo stesso espressione e
sintesi dell’insieme della vita sociale di una data società; il fatto sociale totale coinvolge gran parte delle
dinamiche della comunità. Le sue idee sono espresse Saggio sul dono. Mauss fa riferimento agli studi
etnografici di Malinowski, Boas e Seligman. Egli analizza il fenomeno della kula delle isole di Trobriand=
sistema di scambio cerimoniale di doni e controdoni che attenua l’ostilità reciproca. Poi considera il
potlatch= capi e nobili rivaleggiano nella prodigalità in un consumo sfrenato che porta alla distruzione delle
ricchezze: la natura del dono implica un obbligo, non ricambiare significa perdere faccia e prestigio. Questi
sistemi sono dei “fatto sociali totali” poiché mettono in moto tutta la società.
Mauss si dedicò anche alla politica, aderendo da giovane al partito socialista e militò tra i dreyfusardi.
Nel 1940 iniziò l’occupazione nazista della Francia e molti antropologi parteciparono alla Resistenza, per poi
essere deportati. Fra questi c’è Germaine Tillon (=allieva di Mauss). Si interessò all’etnologia compiendo in
totale 4 missioni nel Sud dell’Algeria. Quando la Francia è occupata ella partecipa alla Resistenza, ma viene
arrestata e deportata a Ravensbruck assieme alla madre, la quale muore in questa città. Ella viene evacuata
dalla croce rossa svedese e viene inviata a Göteborg per un periodo di convalescenza, durante il quale
comincia ad effettuare ricerche sui sopravvissuti dalle deportazioni. Alla fine del luglio 1945 ritorna in
Francia dove affronta per anni i temi della deportazione, del mondo del campo di concentramento. Il frutto di
questi studi appare nel 1947 nell’opera Ravensbruck. Nel secondo dopoguerra Tillon è attiva nel mondo della
giustizia, ella cercò una giusta soluzione per la guerra d’Algeria (per esempio denunciò l’utilizzo della
tortura). Alla sua morte venne definita dalla rivista “L’Humanitè”= impegno per il genere umano. Un’altra
battaglia condotta da Tillon è: per la condizione femminile nel bacino del Mediterraneo (questo interesse
nacque dal suo lavoro di campo avvenuto in Algeria). Opera=Le harem et les cousins. Ella sottolinea che
l’Islam non può essere considerato il motivo dell’inferiorità della donna, perché esisteva anche prima della
nascita dell’Islam, ma la causa è da individuare nella nascita della civiltà (agricoltura, allevamento, nascita
città). Da qui vi furono due possibili forme di organizzazione: esogamia (“repubblica dei cognati”=stabilire
relazioni con clan vicini, no incesto) e endogamia (“repubblica dei cugini”= si preferisce vivere tra i propri,
quindi è ammesso l’incesto). All’inizio del Neolitico, in Medio Oriente, prevalse la “repubblica dei cugini”
(matrimonio endogamico). Il prevalere di questa organizzazione portò ad un degrado della condizione
femminile sul piano giuridico e sociale; pian piano le donne sono state escluse dalla vita pubblica, talvolta è
stato negato loro anche il diritto all’eredità.

Durante la 2° guerra mondiale alcuni antropologi scelsero l’esilio, fra questo Claude Levi-Strauss negli
Stati Uniti (Anche Paul Rivet scelse l’esilio in Colombia dove fondò l’Istituto Nazionale Etnologico della
Colombia). Subito dopo il conflitto mondiale il paese andava ricostruito sia materialmente che mentalmente,
bisognava fare i conti con un pensiero razzista che aveva trovato successo in una parte dell’antropologia
(determinismo biologico). Gran parte del mondo politico era consapevole di dover condannare il razzismo
biologico e la nozione di “razza”. La condanna del razzismo è strettamente legata alla fondazione delle
Nazioni Unite, nate grazie all’incontro di Roosevelt e Churchill che sottoscrissero la Carta Atlantica in cui si
incentivava una collaborazione internazionale per il mantenimento della pace. I principi della Carta sono alla
base della nascita dell’ONU (1945) nel cui statuto si afferma (per la 1° volta) l’uguaglianza dei diritti tra
uomo e donna. Truman nominò Eleonor Roosvelt delegata presso l’ONU che ricoprì un ruolo fondamentale
nella formulazione della Dichiarazione universale dei diritti umani, in cui si rigetta ogni forma di
discriminazione in base alla razza. Uno dei primi principi è= promuovere la presa di coscienza dei pericolo
dell’intolleranza e del razzismo. Nel 1949 l’UNESCO lanciò un programma per combattere il razzismo a cui
vi prese parte Claude Levì-Strauss. Nel 1952 l’Unesco pubblicò una serie di testi relativi a questo problema,
Levi-Strauss pubblicò Race et Histoire, opera definita “manifesto antirazzista attuale”. Montagu pubblicò
The Natural Superiority of Women, si attaccva il determinismo biologico relativo alla natura femminile.

Le strutture elementari della parentela opera pubblicata nel 1948, in cui Levì-Strauss riprende le idee sul
“dono” di Mauss ed è anche influenzato dall’antropologia americana. Egli estrae il concetto di parentela dal
campo della biologia e lo iscrive nel campo della cultura. Egli crede che il tabù dell’incesto sia un fenomeno
universale e costituisce il passaggio fondamentale da natura a cultura. Egli ricusa l’idea che l’incesto sia
proibito per le conseguenze negative a livello genetico, ma crede che la proibizione dell’incesto nasce dalla
dinamica del dono (riprende l’idea di Mauss). Esso nasce come intervento da parte delle autorità che
regolamentano lo scambio. Lo scambio (nelle società primitive è un dono) non è solo economico ma
definisce la reciprocità. Le donne possono essere oggetto di scambio e in questo si ha una contropartita
positiva perché si creno relazioni esterne di stabilità. Lo scambio e la reciprocità sono gli elementi che Levì-
Srauss considera come l’istituzione fondamentale di ogni società, il cui significato è all’origine stessa del
legame sociale.
Il metodo che utilizza Levì-Strauss è definito strutturalista, egli non vuole analizzare la struttura dal punto
di vista utilitaristico, ma vuole scoprire la struttura dei processi mentali umani (=invarianze transculturali del
funzionamento del pensiero umano); lo s. crede che le strutture psichiche del pensiero umano operino
all’interno di contesti culturali, ma non determinano la cultura. Levì-Strass si impegna nell’inserire
l’antropologia in una teoria generale della comunicazione= semiologia generale. Il concetto di struttura fa
riferimento alla struttura della lingua: è la relazione tra i suoni che ne provvede il significato. Egli utilizza
molti strumenti della linguistica, come il metodo fonologico nello studio dell’organizzazione della parentela
e delle regole matrimoniali (i sistemi di parentela sono elaborati dall’intelletto come i sistemi fonologici).
L’applicazione dei principi della fonologia alle regole della parentela induce L-S. a suggerire che le relazioni
tra i sessi possono essere concepite come una modalità di funzione di comunicazione. Egli sostiene che le
donne sono scambiate perché costituiscono il bene per eccellenza, in quanto sono “uno stimolante naturale”
dell’istinto sessuale maschile. Questa affermazione comportò numerose critiche da parte dell’antropologia
femminista.

Le teorie di Levì-Strauss si incontrano con quelle di Simone de Beauvoir la quale pubblicò una recensione
elogiativa dell’opera di Levì-Strauss nella rivista esistenzialista. La lettura del manoscritto permise alla de
Beauvoir di formulare le sue idee antropologiche esposte nell’opera La deuxieme sexe la cui tesi centrale è
che la donna è stata tenuta in una lunghissima relazione di oppressione rispetto all’uomo. riprende l’idea di
Strauss: l’attività mentale dell’uomo tende a organizzarsi intorno a una struttura binaria e pensa le relazioni
biologiche sotto forma di sistemi di opposizione. La De Beauvoir riprende la categoria dell’alterità (di
matrice hegeliana, ripresa da Sarte)= la costituzione del sé come sé di fronte all’altro; quindi, la donna è
l’altro rispetto all’uomo l’uomo è il soggetto (l’assoluto), la donna l’altro. L’opera è divisa in 2 volumi:
1. Analizza fatti e miti sulle donne da diverse prospettive: biologica, psicologica, storica, letteraria…
dal punto di vista biologico afferma che le differenze fisiologiche tra donna e uomo non sono la
causa della subordinazione femminile. Parla della contraddizione che l’uomo vive (nascere e dover
morire) che viene trasferita sulla madre, per cui si prova amore e odio.
2. Questa parte inizia con la frase: “donne non si nasce, ma si diventa”= ella vuole provare che esse si
costruiscono come donne attraverso la socializzazione. Illustra come devono rinunciare alla loro
soggettività per accettare un ruolo passivo che le costringe ad esistenze monotone (figli, casa,
matrimonio…). Ma la De Beauvoir evidenza come alcune donne siano complici di questa
subalternità in un contesto patriarcale, accettando gli apparenti benefici che include. Analizza 3 tipi
di personalità di donna: la mistica, l’innamorata e la narcisista, le quali negano la spinta alla loro
libertà, concedendosi all’oggetto: il primo è dio, il secondo l’amato e il terzo se stessa. Poi propone
azioni concrete per l’emancipazione femminile e considera il lavoro una grande risorsa per la donna,
mentre il matrimonio e la famiglia sono visti come un danno.
Claude Levì-Strauss e Simone de Beauvoir condividono l’idea dicotomica del maschile/femminile che rinvia
a quella tra natura/cultura: la donna è l’oggetto privilegiato attraverso cui l’uomo (=cultura) sottomette la
natura (donna). Questa posizione venne appoggiata, ma al contempo criticata, in particolare da Phyllis Mary
Kaberry= antropologa australiana che si posiziona al di fuori di un’idea dicotomica del maschile/femminile.
Svolse un lavoro di campo per 2 anni presso gli aborigeni di Kimberley, presso cui studiò la religione e la
cultura dal punto di vista femminile (accedendo anche alle cerimonie riservate alle iniziate e proibite agli
uomini). I suoi studi mostrano la centralità dei ruoli femminili nella sfera produttiva + sfera spirituale.
Kamberry contesta un’idea dicotomica del maschile e del femminile ed è una delle prime antropologhe a
contribuire a “engender” (=sottrarre alla visione dicotomica) l’antropologia.

CAPITOLO 8: l’emergere del concetto di GENERE, la seconda ondata del femminismo e l’antropologia
negli anni ’70 e ’80.
John Money== psicologo e sessuologo che per la 1° volta utilizzò il termine “genere” nel 1955, nell’ambito
dei suoi studi su ermafroditismo e transessualismo. Arrivò a distinguere due generi: gender identity
(esperienza interna della sessualità) e gender role (aspettativa sociale sul comportamento
maschile/femminile). Fu un pioniere negli studi di sessuologia. Tragico caso di David Bruce Reimer (caso
John/Joan)= ragazzino a cui era stato distrutto il pene per una circoncisione mal riuscita e dopo aver
consultato Money decisero di crescerlo come una bambina secondo l’applicazione della teoria della
“riassegnazione del genere”. Egli subì un’operazione per la costruzione di una vagina (+trattamento
ormonale) e fu cresciuto come una bambina, ma venne emarginato e soffriva tantissimo. I genitori gli dissero
la verità e Brenda (=David) decise di tornare al suo sesso originale, ma il ritorno all’identità sessuale
maschile non risolse la sua sofferenze e tentò di suicidarsi 2 volte. La sua storia venne pubblicata e per
questo Money venne attaccato duramente. David nel 2004 si uccise.

Betty Friedan. Il concetto di genere si afferma nell’antropologia attorno agli anni ’70 con la seconda ondata
del femminismo, che parte dagli Stati Uniti per diffondersi in tutto il mondo. le rivendicazioni femministe=
reazione al clima conservatore del dopoguerra che aveva rappresentato un “regresso” per le donne
americane. L’immagine idilliaca delle donne che vivevano in villette nei suburbs delle città che facevano le
casalinghe e consacravano la loro vita al marito e ai figli. Ma questa immagine andò in frantumi quando
Betty Friedan pubblicò il libro The Feminine Mystique. La quale dopo la sua laurea si dedica alla vita da
casalinga, come la maggior parte di americane dell’epoca. Ella distribuisce un questionario alle sue ex
compagne di classe perché doveva scrivere un articolo sull’incompatibilità tra livello educativo e ruolo di
moglie. Alla base del libro c’è questo questionario che farà emergere l’immagine di donne stanche del ruolo
a cui sono destinate, che in diversi casi fanno uso di antidepressivi e tranquillanti, fino ad avere istinti suicidi.
Anche se molte sono laureate, si concentrano solo sulle questioni domestiche. Secondo Friedan le donne
sono vittime di un sistema pervasivo di falsi valori. Questa inchiesta contribuì alla nascita, nel 1966 della
National Organization for Women.
il problema del ruolo delle casalinghe in Europa venne affrontato dalla sociologa: Ann Oakey. Pubblicò due
opere: Sex, gender and society e the sociology of Houseworker and Housewife. Ella trasferì il concetto di
genere dalla psicologia alla sociologia, definendo il sesso (= differenza biologica tra maschio e femmina) e il
genere (=classificazione sociale tra maschile e femminile). Alla costanza del sesso corrisponde la variabilità
del genere. La sua 2° opera offre un quadro devastante della condizione delle donne casalinghe, confinate in
quel ruolo a causa del modello produttivo nell’immediato dopoguerra, le 3 parole chiave sono:
insoddisfazione, monotonia e solitudine, la maggior parte delle donne aveva sperimentato queste condizioni.
La sua indagine sull’housework doveva rimediare alla visione “androcentrica” della sociologia. In un
secondo momento si dedicò alla studio della maternità.
Quindi: il problema dell’antropologia era di rappresentazione= le donne erano state studiate dall’a. ma era
sbagliato il modo in cui erano state considerate in quanto oggetto di studio. Uno dei campi di ricerca
principali durante questo periodo è quello della subordinazione femminile, concentrandosi sul rapporto tra
sesso e genere. L’elaborazione del concetto di genere, nel suo rapporto con il sesso, è influenzata da diverse
visioni, di fronte alle quali le antropologhe si dividono: una visione politica influenzata dal marxismo, che
vedeva il rapporto maschio/femmina come il rapporto tra borghesia e proletariato e una visione
antropologica che si basa sulla dicotomia maschile/femminile dello strutturalismo. Nel 1972 Michelle
Rosaldo e Louise Lamphere organizzarono un seminario che analizzava queste questioni, gli interventi
vennero raccolti nell’opera Women, culture and Society.
Sherry Ortner= pubblicò un saggio in cui intendeva spiegare il problema “della svalorizzazione universale
della donna”, ella intendeva spiegare l’universalità della subordinazione femminile attraverso l’idea di
dicotomia tra cultura e natura. La donna era identificata e simbolicamente associata alla natura, in
opposizione agli uomini alla cultura; questo perché: la riproduzione, l’accudire i figli colloca la donna in una
posizione più vicina alla natura. Ortner spiega la subordinazione a partire dal corpo delle donne, ma questo
NON significa che le donne devono essere relegate sul piano della natura. Ma, visto che attivano processi di
estrema importanza tra natura e cultura, allora gli viene imposta una subordinazione che diventa strumento di
controllo. I presupposti di questa teoria verranno messi in discussione dalla stessa Ortner negli anni
successivi.

Le teorie di Sherry Ortner furono ampiamente criticate da Carol MacCormack e Marylin Strathern nel
saggio Nature, Culture and Gender. La categoria di genere era vista come strumento di analisi
decostruzionista. Infatti; i vari saggi mettevano in discussione la dicotomia tra natura/cultura come categoria
di analisi universale, + l’associazione della donna con la natura. La MacComarck critica la teoria
strutturalista secondo la quale esiste una struttura binaria basica che presiede il comportamento umano e il
funzionamento mentale; ella riprende il particolarismo di Boas e dimostra come questa dicotomia
natura/cultura e associazione a femminile/maschile sia radicata nella tradizione occidentale giudaico-
cristiana e che non sia propria di altre culture, per questo non può essere considerata universale. La Strathern
elabora il concetto di genere (Oakley ne aveva dato solo la definizione) considerando la costruzione del
genere come un meccanismo simbolico, utilizzato per esprimere il rapporto tra maschio e femmina e come
una specie di linguaggio. Analizza come le relazioni tra maschile e femminile diano vita a potenti simboli
che esprimono le opposizioni e i contrasti ma anche le compatibilità e le unioni. Applicò la sua teoria alla
popolazione della Nuova Guinea del popolo Hagen; nei suoi studi evidenzia come la nozione di maschile e
femminile non è stabile, ma dipende dal contesto e dalle relazioni: gli individui sono definiti maschi o
femmina in funzione di modi d’azione (sia gli uomini che le donne diventano più o meno maschi o femmine
a seconda delle circostanze). La parola chiave per leggere le realtà melanesiana è «relazione», perché le
attività collettive consistono nel disfare le relazioni, rivelandone i significati nascosti con procedure
simboliche.
Eleonor Leacock fu un’antropologa marxista che considerava non tutte le società dominate da uomini, anzi
l’egualitarismo prevale in quelle dove è assente la proprietà privata. Il dominio maschile è quindi una
funzione della storia. Infatti: la popolazione dei Montagnai-Naskapi (popolazione della penisola del
Labrador) sono patriarcali, ma dalle cronache dei gesuiti del XVII secolo si deduce che l’eguaglianza
originaria venne modificata dal contatto con i colonizzatori.

Gayle Rubin “The traffic in women: Notes on the political economy of sex”. Ella introduce la categoria di
sex/gender system: il sesso è il sesso, ma quello che conta come sesso è culturalmente determinato= le
differenze biologiche sono fisse, ma le differenze di genere sono il risultato di interventi sociali che
determinano come le donne e gli uomini dovrebbero comportarsi, producendo oppressione. Decostruendo Le
strutture elementari di Levì-Strauss arriva ad affermare che il tabù dell’incesto è esto anche
all’omosessualità. Il tabù dell’omosessualità esclude le donne dal potere fallico e le obbliga all’alleanza
eterosessuale= traffic of women. Quindi: l’obbligo all’eterosessualità conduce all’asimmetria dei generi,
rinforzando le differenze dicotomiche. Donne e omosessuali sono vittime dello stesso sistema di oppressione.

CAPITOLO 9: Antropologia femminista, antropologia di genere e antropologia queer. Il dibattito


contemporaneo e le controversie sociopolitiche.
 Seconda metà dell’Ottocento: la nascente a. culturale ha colto l’importanza delle donne nel ruolo di
informatrici sulle società “primitive” studiate. Influenza: movimenti femministi delle suffragette.
 Prima metà del Novecento: scoperta della varietà di ruoli e temperamenti femminili presenti nelle
diverse società mise in discussione l’idea che i comportamenti sociali sono prodotti dal sesso; questo
condusse alla divisione tra genere e sesso.
 Seconda metà del Novecento: nuova ondata di femminismo che ha risvolti anche a livello di studio
aprendo nuove prospettive nella ricerca sociologica, antropologica e storica.
Dagli anni ’80 l’antropologia femminista è riconosciuta come un ambito della ricerca antropologica. Nel
1988 viene fondata la AFA (= Associazione per l’antropologia femminista) che ha come obiettivo mettere il
contatto studiosi/e interessati alla ricerca in tema di genere. In Italia abbiamo l’opera di Rosaria Micela
(Oppressione della donna e ricerca antropologica. Immaginario e realtà nella subordinazione femminile). In
questi anni il genere è passato ad essere, da categoria analitica critica, ad approccio operativo che orienta
politiche concrete. Le Nazioni Unite hanno incorporato il concetto di genere nella definizione delle loro
politiche di sviluppo e l’uguaglianza tra uomo e donna è diventato cardine della Dichiarazione dei diritti
umani.

Antropologia di genere= la nozione di genere è diventata una categoria analitica utilizzata nelle scienze
sociali e utilizzata per orientare le politiche. Nel volume Mirro of Humanty Kottak pone il genere tra le
categorie analitiche dell’antropologia. Uno degli ambiti dell’antropologia odierna è la ricerca delle ricche e
variate costruzioni di genere nell’ambito della diversità culturale, la raccolta sistematica di dati sul genere nei
vari contesti. L’a. di genere si interessa anche al patriarcato come sistema patrilineare, dove il potere politico
è retto da uomini e le donne sono confinate in uno statuto inferiore; inoltre, si interroga sull’esistenza di un
vero e proprio matriarcato dove le donne ricoprano ruoli politici e più importanti di quelli degli uomini
(poiché la matrilinearità non è sufficiente a definire un matriarcato). Quindi: l’antropologia di genere è il
ramo dell’a. che presta particolare attenzione ai temi delle relazioni di genere.
La maggioranza degli studiosi sostiene che non esiste un matriarcato autentico, per Ida Magli sarebbe una
costruzione mitica. L’antropologa femminista Peggy Reeves Sanday studiò la popolazione Minangkabau
dell’isola di Sumatra e capì che il vero problema risiede nella rappresentazione del matriarcato che gli
occidentali hanno costruito. Presso i Minagkabau uomini e donne lavorano insieme per il bene comune, su
una base di uguaglianza. Il prestigio sociale è attribuito a chi promuove buone relazioni seguendo i principi
della tradizione e religione, ovvero l’adat= visione del mondo naturale come modello di comportamento:
bisogna “coltivare” perché uomini, animali e piante crescano, solo questo costruisce la società. Questa enfasi
sulla crescita valorizza la dimensione materna che è ordine e fondamento della vita sociale. L’adat ibu=
legge tradizionale femminile, che pone le donne anziane al centro sociale, emotivo, politico ed economico
della vita quotidiana accanto ai loro fratelli. Essi glorificano una mitica regina madre, optando per la
matrilinearità nella legge divina e la cooperazione. MA questo NON significa dominazione femminile: tutti i
processi decisionali devono essere consensuali, cooperazione tra i sessi. Anche gli Irochesi attribuiscono un
particolare ruolo alle donne anziane. Lo stesso vale per la popolazione Moso (studiata da Francesca Rosati
Freeman) che vivono nella Cina Orientale, al confine con il Tibet. Quindi: il matriarcato= sistema sociale di
equilibrio dove i due sessi giocano un ruolo chiave sulla base di principi sociali di tipo materno, le donne
sono le esecutrici di pratiche religiose e coltivano l’ordine sociale.

Durante gli anni’80 il movimento femminista si è profondamente diviso: black feminism, femminismo
postcoloniale, pensiero LGBT. Questa frammentazione è dovuta ad una profonda mutazione antropologica
delle strutture familiari: diminuzione dei matrimoni, svalorizzazione dell’istituzione matrimoniale, aumento
separazione e divorzi, matrimonio omosessuali con pretese di adozione. Le critiche hanno innanzitutto messo
in questione la reificazione della donna come categoria universale. Viene riconosciuto che non tutte le donne
hanno gli stessi bisogni e vivono le stesse esperienze universali; Anna Tsing sostiene che non può esservi
una definizione universale per “uomo” e “donna”. Alcune posizioni radicali credono che sia fuorviante la
separazione di sesso e genere, poiché anche il sesso è una categoria sociale, dato che esistono aspettative
sociali fondate sul corpo fisico, quindi, è il genere a precedere il sesso.

L’antropologia queer
Il termine “queer” va indicando qualcosa che si oppone al concetto di “normalità”, per David Halperin è tutto
ciò che è in contrasto con normale, legittimo e dominante, ma non si riferisce a niente di particolare. La
teoria Queer critica le categorie binarie del genere (maschio/femmina; uomo/donna) e della sessualità
(eterosessuale/omosessuale) in quanto sostiene che le identità non siano fisse, mentre privilegia concetti
come “ambiguità”, “fluidità”. L’identità è vista come fluttuante, non collegata ad un’essenza, ma ad una
“performance”: la nostra identità, di genere e non, è l’effetto delle nostre performance. Queste teorie furono
influenzate dal pensatore francese Michel Foucault e dalla filosofa statunitense Judith Butler. Quest’ultima si
trova in disaccordo con le teorie femministe perché avevano chiuso le possibilità alla costruzione della
propria identità individuale, obbligando ad una scelta dicotomica e ridotto le opzioni a 2: maschio o
femmina. La Butler intende il genere come una relazione tra soggetti socialmente costituiti in contesti
specifici, il genere dovrebbe essere considerato come una variabile fluida che si sposta e cambia in contesti
diversi e in tempi diversi. In altre parole, il genere è una performance.

Il genere è una costruzione simbolica e sociale, è l’effetto combinato di innumerevoli rappresentazioni visive
e discorsive che provengono da diversi apparati istituzionali dello stato: la famiglia, la scuola, la legge, la
medicina… (De Laurentis).

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