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ANTROPOLOGIA CULTURALE di C. Ember e M. Ember 1. AMBITI E OBIETTIVI DELLANTROPOLOGIA.

Lantropologia una disciplina il cui ambito di studio lessere umano nella sua globalit (anthropos = uomo, umano e logos = studio). Gli antropologi tentano di scoprire quando, dove e perch lumanit comparsa sulla terra e si evoluta, e come si siano prodotte le variet fisiche presenti nelle popolazioni moderne; lantropologia si interessa inoltre alla variabilit delle idee e delle usanze tradizionali nelle societ passate e presenti. Definire lantropologia come studio delluomo non tuttavia sufficiente, poich significherebbe allora includervi una vasta gamma di discipline (la sociologia, la psicologia, la storia, ..). Qualcosa di unico, dunque, distingue lantropologia. Mentre in passato gli antropologi si occupavano delle culture non occidentali, lasciando ad altre discipline lo studio della civilt occidentale e di analoghe societ complesse, dotate di una storia scritta, negli ultimi anni questa spartizione delle competenze venuta via via meno, e ora essi svolgono le proprie ricerche sia nelle citt industriali sia in remoti villaggi del mondo non occidentale. La scelta di un campo di studi cos ampio in parte fondata sul principio che ogni ipotesi generale sulluomo, ogni spiegazione dei fenomeni umani, culturali o biologici, debba essere applicabile ai vari contesti, diversi dal punto di vista storico e geografico, in cui luomo venuto a trovarsi. Se una generalizzazione o una spiegazione mostrano di non avere una vasta applicabilit esse destano un legittimo, se non necessario, scetticismo. In assenza di prove evidenti proprio latteggiamento scettico che previene lantropologo dallaccettare teorie errate. I. Lapproccio olistico. Al criterio storico e alle proporzioni mondiali dellambito di interesse degli studi antropologici, si aggiunge un altro tratto specifico: lapproccio olistico, o multiprospettico, allo studio dei fenomeni umani. Lantropologia, infatti, non solo studia tutti i tipi di popolazioni, ma anche molti aspetti dellesperienza umana. In passato ciascun antropologo era guidato da un approccio olistico e mirava ad esaurire tutti gli aspetti del suo oggetto di studio; attualmente, il bagaglio delle conoscenze si talmente accresciuto che gli antropologi tendono a specializzarsi in un settore particolare. Come distinguere lantropologia dalle altre scienze umane?? necessario isolare le problematiche che lantropologia solleva per individuarne la specificit scientifica. Lantropologia affronta una variet di problemi che vanno dallindagine delle modalit e delle motivazioni dei primi insediamenti umani nelle citt, alle ragioni della diversit del colore della pelle tra le popolazioni, alla presenza, in una lingua rispetto ad unaltra, di un maggior numero di termini che designano i colori, o alla pratica della poliginia in determinate societ. Nella diversit degli ambiti che questi orientamenti di ricerca esplorano, essi mantengono un elemento in comune: lanalisi delle caratteristiche tipiche di una popolazione. Ci che contraddistingue lantropologia proprio questa indagine degli elementi (i tratti, i costumi) specifici di un gruppo umano. Lantropologia nasce da una curiosit su ci che rende caratteristiche le popolazioni umane, e su come questi tratti caratterizzanti evolvano insieme al gruppo nel corso dei secoli. II. Le branche dellantropologia. Allinterno della disciplina distinguiamo, a seconda dellarea di studio, 2 grandi filoni: (1) lantropologia fisica (o biologica) settore molto ampio della ricerca antropologica (2) lantropologia culturale si divide in 3 gruppi principali: archeologia, linguistica e etnologia (a questultima, che studia le culture pi recenti, ci si riferisce spesso con lespressione pi generale di antropologia culturale) II.I. Lantropologia fisica. 2 sono i percorsi di ricerca dellantropologia fisica: uno riguarda lorigine e levoluzione del genere umano (paleontologia umana o paleoantropologia) (*) laltro indaga le variazioni biologiche delle popolazioni contemporanee, focalizzando il proprio interesse sulla variabilit degli esseri umani () (*) Per ricostruire il percorso dellevoluzione umana i paleontologi studiano i resti fossili di essere umani, ominidi e animali. Per spiegare la relazione tra i vari stadi di un processo evolutivo i paleontologi fanno uso anche delle informazioni che la geologia offre sulla successione dei climi e sulle variazioni dellambiente naturale, della flora e della fauna. La ricostruzione della storia umana include inoltre lo studio del comportamento e dellevoluzione dei mammiferi imparentati pi da vicino con gli esseri umani, le proscimmie e le scimmie antropomorfe che, come luomo, appartengono allordine dei primati. Gli antropologi, psicologi e

biologi specializzati in questo settore sono detti primatologi. Losservazione scientifica pu svolgersi nel contesto naturale o in laboratorio. Attraverso lo studio dei primati lantropologia fisica distingue le caratteristiche tipiche delluomo dai tratti che questi ha ereditato dai suoi antenati non umani. Partendo da queste conoscenze possibile ricostruire laspetto dei nostri antenati preistorici. Le eventuali ipotesi in tal merito vengono poi verificate attraverso il confronto con i reperti fossili. () Lintero genere umano vivente appartiene ad una stessa specie, Homo Sapiens: gli uomini possono infatti incrociarsi tra loro e generare prole fertile. Ci non impedisce che vi siano enormi differenze tra i vari gruppi, e proprio le diversit di altezza, di modalit di adattamento fisico allambiente, di capacit di resistere maggiormente al freddo o di grado di protezione solare di certi pigmenti dermici rappresentano i quesiti della ricerca antropologica. Lantropologia fisica si avvale di principi, concetti e tecniche propri di altre discipline; tuttavia, vi si distingue per la focalizzazione sul concetto di popolazione, presa come unit di confronto quando si analizzano le variazioni biologiche. II.II. Lantropologia culturale. Dal punto di vista antropologico, il termine "cultura" si riferisce alle abitudini mentali e comportamentali tipiche di una popolazione o di una societ. La cultura di un gruppo sociale costituita dunque dalla lingua, dal bagaglio culturale, dalle credenze religiose, dalle abitudini alimentari, dalla musica e dalle attivit lavorative, dai tab, .. Per questo motivo larcheologia (*) (= studio delle culture antiche attraverso i loro resti materiali), lantropologia linguistica () (= analisi linguistica in prospettiva antropologica) e letnografia (#) (= indagine su popolazioni viventi e recenti) rientrano nella vasta classificazione dellantropologia culturale. (*) Larcheologo non solo ricostruisce i costumi e le abitudini dei popoli del passato, ma ne individua levoluzione culturale, ricercandone le cause. Simile lapproccio dello storico, con la differenza che larcheologo si spinge molto pi indietro nel tempo. La ricerca storica riguarda unicamente le societ che hanno lasciato tracce scritte e il suo raggio di interesse limitato agli ultimi 5.000 anni. Le societ umane, tuttavia, esistono da pi di 1 milione di anni e solo una piccola percentuale di esse ha sviluppato una forma scritta negli ultimi 5.000 anni. In questi casi, larcheologia assolve la funzione della storia: in mancanza di reperti scritti, gli archeologi devono ricostruire la storia dalle vestigia della cultura materiale (templi, vasellame, utensili di pietra, cumuli di rifiuti, ..). Larcheologia studia la preistoria, vale a dire lepoca che precede la cultura scritta; tuttavia esiste una specializzazione, detta archeologia storica, che esamina le vestigia di popoli recenti che possiedono la scrittura. Per comprendere le ragioni dellevoluzione culturale delluomo e le sue variazioni geografiche larcheologia raccoglie testimonianze materiali nei siti degli insediamenti umani, che di solito oggi si trovano sotto terra. Sulla base dei reperti rinvenuti e catalogati essa tenta di rispondere ad una serie di quesiti fondamentali che riguardano, per esempio, linsorgere delle prime forme di fabbricazione di utensili (elemento che contraddistingue la civilt umana), le cause che diedero origine allo sviluppo dellagricoltura, il luogo e il periodo in cui essa sorse la prima volta, oppure ancora quando, perch e dove sono state fondate le citt. Per rispondere a queste domande larcheologia raccoglie i propri dati mutuando tecniche e scoperte da altre discipline, e al contempo si avvale delle ricerche dallantropologia riguardanti le culture recenti e contemporanee. Successivamente, larcheologia verifica la validit delle ipotesi, facendo riferimento a dati del presente o del passato recente per studiare i processi della storia antica. () La linguistica studia il linguaggio umano e ha una tradizione scientifica pi antica rispetto allantropologia. A differenza degli altri indirizzi linguistici, quello antropologico si occupa della storia e della struttura di lingue che possiedono esclusivamente una forma orale (la scrittura risale a soli 5.000 anni fa, e tuttora molte lingue non possiedono una forma scritta). Poich una lingua priva di scrittura pu essere studiata solo attraverso lascolto, la scomparsa dei parlanti significa leliminazione di ogni sua traccia. La ricostruzione della storia di una lingua solo orale deve dunque basarsi sul confronto con lingue moderne. Sulla base di questa operazione si deducono i mutamenti che possono essersi verificati nel passato, e che rendono ragione di differenze o di somiglianze linguistiche riscontrate nel presente. I quesiti tipici dellanalisi di tipo linguisticostorico riguardano la derivazione di 2 o pi lingue moderne da ununica forma antica e, se tali lingue sono imparentate, lindividuazione del periodo storico in cui il processo della loro differenziazione ebbe origine. La linguistica strutturale, invece, indaga i principi secondo cui suoni e parole sono organizzati nel discorso. La descrizione strutturale di una lingua, per esempio, pu mettere in evidenza lintercambiabilit dei suoni t e k in una stessa parola: ci possibile in quanto essi non producono cambiamenti di significato. La sociolinguistica si occupa degli aspetti sociali della lingua, cio degli argomenti e delle modalit interattive della conversazione, dellatteggiamento nei confronti di parlanti stranieri e delle variazioni stilistiche a seconda del contesto sociale. Letnologia cerca di comprendere le ragioni delle differenze di costumi e di mentalit tra popoli contemporanei e recenti. Essa ha quindi a che fare con i modelli mentali e di comportamenti propri di una cultura (usanze matrimoniali, organizzazione parentale, sistemi politici ed economici, religione, arte popolare,

musica, ..) che essa mette a confronto nelle diverse societ moderne. Letnologia studia inoltre le dinamiche culturali (= modalit con cui varie culture si evolvono e cambiano nel tempo) e analizza le relazioni tra credenze e pratiche culturali. I suoi scopi sono dunque gli stessi dellarcheologia, con la differenza che la prima raccoglie dati attraverso losservazione e la somministrazione di interviste a soggetti viventi, mentre la seconda analizza resti antichi e frammentari, sulla base dei quali si possono solo formulare ipotesi. (#) Un tipo particolare di etnologo letnografo, che trascorre un periodo di tempo condividendo, interagendo e osservando la popolazione che oggetto del suo studio. Lindagine sul campo fornisce i dati per compilare una descrizione dettagliata (etnografia) che illustra numerosi aspetti del comportamento e della mentalit del gruppo studiato. Lindagine etnografica, tuttavia, non soltanto descrittiva, ma propone soluzioni a quesiti relativi alle relazioni tra gli aspetti economici e politici del gruppo, o riguardo alladattamento dello stile di vita alle condizioni ambientali, oppure ancora in merito ai possibili legami tra la fede del soprannaturale e le credenze e le pratiche riguardanti la natura (letnografo, quindi, illustra lo stile di vita di un particolare gruppo umano e propone spiegazioni dei fenomeni osservati). Poich molte culture moderne sono il risultato di un enorme cambiamento culturale verificatosi nel passato recente, una particolare branca delletnologia, detta etnostoria, si specializzata nello studio dei mutamenti culturali che sopravvengono nel tempo. A differenza degli etnografi, che fondano la propria ricerca principalmente sui dati registrati attraverso losservazione diretta, gli studiosi di etnostoria si basano su referti redatti da terzi. Nella maggior parte di tratta di riordinate informazioni sparse e frammentarie, se non contraddittorie. Poich letnologia indaga numerosi aspetti del comportamento e del pensiero sociali, essa condivide la propria area dinteresse con altre scienze umane; ci che distingue lantropologia culturale, tuttavia, il suo interesse per la diversit dei fenomeni da societ a societ, attraverso tutti i periodi storici e nella totalit dellestensione terrestre. Man mano che una disciplina si sviluppa si formano al suo interno varie specializzazioni. Si tratta di una tendenza inevitabile dovuta allaccumulazione di conoscenze e al progresso delle metodologie di ricerca, che creano un limite quantitativo alle competenze del singolo studioso. Esistono, quindi allinterno delle branche dellantropologia che abbiamo illustrato, ulteriori specializzazioni. La suddivisione in capitoli di questo testo fa riferimento in molti casi alle ampie aree di specializzazione dellantropologia, riproducendo le distinzioni proposte dagli studiosi stessi, i quali si autodefiniscono antropologi delleconomia, della politica o della psicologia. Altri ricercatori si identificano con orientamenti di ordine teorico, come nel caso degli ecologi culturali, che si occupano del rapporto tra la cultura e lambiente naturale e sociale. Si noti, tuttavia, che questi indirizzi di specializzazione non si escludono a vicenda; non necessariamente la specializzazione allontana un antropologo da altri ambiti di ricerca. Di fatto alcuni studi prendono a prestito informazioni da svariati campi, anche estranei allantropologia. III. Lutilit dellantropologia. Lantropologia una disciplina relativamente giovane: gli antropologi cominciarono i loro soggiorni fra i popoli lontani solo verso la fine dell800. Paragonate alle nostre conoscenze delle leggi della natura, le conoscenze relative alluomo e alle sue abitudini sono minime. Se si prende in considerazione il gran numero di problemi sociali che ci circondano risulta chiara limportanza dellantropologia culturale e delle scienze sociali. Poich i problemi sociali sono prodotti del comportamento umano, necessario scoprire quali condizioni producono tali fenomeni. La comprensione di queste dinamiche rende possibile un cambiamento delle condizioni che le hanno create, e permette di conseguenza di ridurre o di risolvere questi problemi. Il fatto che lantropologia ed altre scienze umane abbiano una storia piuttosto breve non una ragione sufficiente per giustificare la relativa scarsezza delle nostre conoscenze. Ci si pu domandare, dunque, la ragione per cui luomo, nella generale sete di sapere che lo caratterizza, abbia aspettato tanto a studiare se stesso. Latteggiamento dello studioso della natura umana deve partire dal presupposto inverso rispetto alla convinzione che sia impossibile analizzare la natura umana scientificamente, sia perch le nostre azioni e i nostri pensieri sono troppo soggettivi e complessi, sia perch gli esseri umani si possono comprendere solo in termini metafisici. Lantropologia dunque utile nella misura in cui contribuisce alla conoscenza del genere umano. Essa permette di evitare fraintendimenti tra popolazioni diverse: se si parte dalla conoscenza delle ragioni delle differenze tra gruppi decadono i giudizi di valore su comportamenti che paiono strani. Anche le differenze di ordine fisico vanno considerate come un adattamento alle condizioni ambientali. Nella nostra societ, per esempio, si apprezzano le persone alte e magre. probabile, tuttavia, che se individui con questa costituzione fossero costretti a vivere nel Circolo polare artico preferirebbero avere una corporatura pi tozza, pi adatta a trattenere calore. Il ricorso allantropologia potrebbe inoltre essere utile per ovviare ad alcuni fraintendimenti che insorgono tra gruppi diversi. Ogni cultura, per esempio, attribuisce un valore diverso ai gesti e ha una concezione particolare di quale sia la distanza interpersonale pi appropriata a seconda delle circostanze. Lintolleranza nei confronti della diversit dovuta, in parte, allignoranza in merito alle ragione della differenza tra le persone; vi si pu dunque ovviare

facendo appello al sapere antropologico. La conoscenza del nostro passato genera in noi al contempo sentimenti di umilt e di soddisfazione. Ci significa che per studiare lessere umano da un lato necessario prendere coscienza della vulnerabilit della nostra specie, e non pensare che i suoi problemi si risolvano spontaneamente dallaltro opportuno tener presenti le conquiste delluomo, in quanto testimoniano la sua capacit di fronteggiare le avversit Molti problemi delluomo sono causati dal suo senso di onnipotenza e di invulnerabilit, dalla sua mancanza di umilt. Conoscere la storia della nostra evoluzione potrebbe aiutarci a comprendere e ad accettare il nostro ruolo nel mondo (non esiste la certezza che una popolazione umana, o perfino lintera specie, si perpetui in eterno). La consapevole vulnerabilit del genere umano non deve per trasformarsi in un sentimento di impotenza: molte sono le ragioni per cui confidare nel futuro (si prenda in considerazione il progresso delluomo). In breve, gli esseri umani e le loro culture sono mutati enormemente nel corso dei secoli, dato che le popolazioni si sono adattate a contesti mutevoli. Non ci resta che sperare che il genere umano continui ad adattarsi ai cambiamenti del presente e del futuro. 2. IL CONCETTO DI CULTURA. Molte sono le convinzioni e le abitudini condivise dalle persone che fanno parte di una stessa societ. Noi abbiamo solo una vaga idea di quanti schemi mentali e abitudini abbiamo in comune: il loro insieme ci che gli antropologi definiscono "cultura". Luomo tende a non riflettere sulla propria cultura perch essa talmente parte di s che egli la d per scontata. Solo confrontandosi con sensibilit, credenza e abitudini diverse ci si accorge di condividere certe idee e usanze con un determinato gruppo e ci si rende conto delle differenze o delle somiglianze culturali. La professione dellantropologo nacque proprio allorch gli europei si spinsero in terre lontane e, esplorandole, vennero inevitabilmente a contatto con differenze addirittura impressionanti. I. Gli atteggiamenti che ostacolano lo studio delle culture. Nella maggior parte dei casi limpatto degli europei con le culture che scoprirono nei loro viaggi provoc shock o rigetto, e ci non desta meraviglia, poich luomo tende a considerare corretti i propri costumi e le proprie abitudini mentali, e a giudicare immorali o inferiori i modelli diversi. I nostri stessi schemi comportamentali, tuttavia, potrebbero sembrare barbari o strani ad un osservatore che faccia parte di unaltra societ. La prospettiva antropologica parte dal presupposto che i costumi e la mentalit di un gruppo debbano essere descritti oggettivamente, e calati nel contesto dei problemi e delle opportunit della societ studiata: questo tipo di approccio detto relativismo culturale. Esso richiede un atteggiamento di empatia e di comprensione, e inoltre impone limparzialit dellosservazione e la verifica delle possibili spiegazioni dei fenomeni; per questa seconda caratteristica va considerato un metodo scientifico. Generalmente il relativismo culturale ostacolato da 2 comportamenti differenti quanto diffusi: il 1 una tendenza alla valutazione negativa risultante delletnocentrismo (*) il 2 la propensione ad un giudizio positivo che spesso prende la forma di unammirazione spontanea verso la vita semplice del "buon selvaggio" () (*) Chi giudica le altre culture esclusivamente nei termini della propria cultura detto etnocentrico. Letnocentrismo impedisce la comprensione delle usanze di altri gruppi e, allo stesso tempo, delle proprie. Se pensiamo che tutto quello che facciamo la cosa migliore in assoluto, non siamo disposti a domandarci le ragioni n dei nostri comportamenti n di quelli degli altri. () Non dobbiamo evitare i confronti con le altre culture; dobbiamo per essere attenti a non considerarle con spirito troppo romantico. Ogni sistema di vita appropriato al contesto, allambiente naturale e alle condizioni sociali. Il relativismo culturale si realizza nellosservazione di tutti i costumi propri di una societ effettuata da un punto di vista oggettivo e non etnocentrico o sentimentale. Ci si chiede dunque se il relativismo culturale implichi la sospensione di ogni giudizio sulle pratiche delle altre societ cos come della nostra, e se il principio di oggettivit vieti allantropologo valutazioni di ordine morale sui fenomeni culturali che osserva e che cerca di spiegare. In realt, gli antropologi esprimono giudizi e tentano in alcuni casi di cambiare quei comportamenti che ritengono pericolosi. Tuttavia, esprimere un giudizio non pu e non deve precludere loggettivit. Lo scopo della ricerca antropologica fornire una descrizione e una spiegazione accurate che prescindano da qualsiasi valutazione di merito (vedi capitolo 3).

II. Le caratteristiche che definiscono una cultura. Ralph Linton sottolinea che: "Il termine cultura si riferisce allo stile di vita di una societ considerato interamente, e non solo a quei tratti che essa stessa considera di pi alto livello o pi desiderabili. Per gli scienziati sociali il fenomeno cultura include azioni ordinarie quali lavare i piatti e guidare lautomobile, azioni che sono collocate esattamente sullo stesso piano delle "cose pi elevate dellesistenza". Ne consegue che per lo scienziato sociale non esistono individui o societ (per quanto semplici) senza cultura". Il concetto di cultura riguarda, quindi, innumerevoli aspetti dellesistenza umana. Alcuni antropologi considerano la cultura come linsieme di regole o di principi che determina i comportamenti umani. La maggior parte di essi vi include le credenze, gli atteggiamenti, i valori e gli ideali che caratterizzano una particolare popolazione o societ. II.I. La cultura come condivisione. Perch unidea o unazione siano culturali esse devono essere condivise da un gruppo. Anche se un comportamento non si verifica di frequente, esso ha valore culturale se viene considerato appropriato da molti. La convinzione che il matrimonio debba unire un solo uomo e una sola donna un tratto culturale della nostra societ. Il ruolo di presidente o di primo ministro, invece, non diffuso (ne viene eletto solo uno alla volta), tuttavia esso ha un valore culturale, dato che la maggior parte degli abitanti di un paese approva la sua esistenza e si aspetta dalla persona in carica una determinata condotta. molto comune condividere valori, convinzioni e comportamenti con la famiglia e con gli amici (sebbene lantropologia non si occupi molto di questo tipo di gruppi culturali) o con segmenti della popolazione che hanno origini etniche o geografiche, un orientamento religioso e un tipo di attivit uguali o simili ai nostri. Parlare delle usanze diffuse tra gli individui che appartengono ad una societ significa occuparsi di una cultura, il che costituisce il principale argomento di interesse dellantropologia culturale. Se queste usanze sono circoscritte ad un gruppo allinterno della societ si parla di subculture, che costituiscono il fulcro dellinteresse sociologico. Non esiste invece un termine unico che designi fenomeni che accomunano societ differenti, ma solo una serie di perifrasi che includono la parola "cultura" (es: cultura occidentale, cultura della povert, ..). necessario tener presente che quando gli antropologi definiscono "culturale" un fenomeno, essi lasciano un margine alla variabilit individuale, il che significa che un tratto culturale non obbligatoriamente condiviso dalla totalit della popolazione. II.II. La cultura si apprende. Non tutti i fenomeni che accomunano i membri di una popolazione sono di ordine culturale. Il colore dei capelli, per esempio, non lo , n lo la necessit di mangiare. Affich un comportamento possa essere considerato culturale, esso devessere appreso e condiviso. La diffusione di un colore di capelli non culturale, perch determinata dal codice genetico. Analogamente, cibarsi una necessit umana, mentre le modalit di questo atto vengono apprese e variano da cultura a cultura (es: i nordamericani giudicano non commestibile la carne di cane e rifiutano anche solo lidea di mangiarla; mentre in Cina e in altre societ essa considerata un piatto prelibato). La gran parte del comportamento umano sembra, al contrario, essere forgiata culturalmente. Agli uomini un grande aiuto allapprendimento proviene dalla lingua naturale e dal linguaggio simbolico. Tutte le popolazioni di cui lantropologia a conoscenza possiedono, a prescindere dal tipo di societ, un sistema complesso di comunicazione simbolica a parlata, detto linguaggio. Esso simbolico poich una parola o una frase rimandano ad un oggetto o adentit indipendentemente dal fatto che essi siano presenti o meno. Le propriet simboliche del linguaggio hanno implicazioni fondamentali per la trasmissione della cultura. Senza il linguaggio probabilmente luomo non sarebbe in grado di trasmettere o di ricevere informazioni in modo cos efficace e rapido, e non sarebbe dunque lerede di una cultura cos ricca e varia. Riassumendo, si definiscono culturali tutti i comportamenti, le credenze, gli atteggiamenti e i valori condivisi dai membri di uno stesso gruppo. La tradizione antropologica annovera soprattutto studi concernenti le caratteristiche culturali di una societ, ossia di un gruppo di persone che occupa un preciso territorio e parla la medesima lingua, generalmente non compresa dalle popolazioni vicine. Per definizione le societ non coincidono con le nazioni: molti stati, infatti, e specialmente quelli di formazione pi recente, riuniscono entro i propri confini popoli di lingua differente. Appurato questo, quando un antropologo parla di una cultura si riferisce allinsieme di abiti mentali e di modelli di comportamento appresi e condivisi che contraddistinguono un determinato gruppo.

III.I.

III. La descrizione di una cultura. La variabilit individuale. Descrivere una cultura pu sembrare, a prima vista, relativamente semplice: si osservano le azioni degli individui e se ne registrano i comportamenti. Prendiamo invece in considerazione le possibili difficolt: di fatto, molto improbabile riscontrare delle enormi divergenze di comportamento; ciononostante vi la tendenza a variazioni individuali notevoli, anche quando le persone si conformano alle aspettative culturali. Teoricamente le reazioni individuali ad un dato stimolo sono infinite, ma di fatto esse tendono a ridursi entro limiti prevedibili. Le variazioni di comportamento sono circoscritte entro limiti accettabili socialmente, ed compito dellantropologo individuarli. Attraverso le proprie osservazioni, lantropologo tenta di scoprire le usanze e i principi per cui un comportamento viene giudicato appropriato in una determinata societ. Focalizzando lattenzione sullinsieme dei modelli di comportamento che emergono attraverso le interviste e le osservazioni sulla variazione individuale, lantropologo in grado di descrivere le caratteristiche culturali di un gruppo. In un societ, non si pu prescindere completamente dai modelli di comportamento che la pratica comune impone. III.II. Le imposizioni della cultura. Il principale limite alla variabilit di comportamento individuale rappresentato dalla cultura stessa. mile Durkheim ha messo in evidenza come la cultura sia unentit esterna che esercita su di noi un forte potere di coercizione. Non sempre ci rendiamo conto delle imposizioni che da essa derivano poich spesso ci conformiamo ai tipi di condotta e di pensiero che essa impone. Gli standard o le regole che stabiliscono un comportamento accettabile sono chiamati dagli scienziati sociali norme. Limportanza di una norma dipende dalla risposta dei membri di una societ in caso di una sua trasgressione. Esistono 2 tipi fondamentali di imposizione culturale: quella DIRETTA la pi ovvia; es: indossare un paio di calzoncini ad un matrimonio significherebbe essere coperti di ridicolo e venire in qualche modo isolati, mentre presentarsi nudi implicherebbe lesposizione ad un tipo di costrizione molto pi forte e diretta, quale larresto per atti osceni quella INDIRETTA meno ovvia, ma non per questo meno efficace; es: se decido di parlare una lingua straniera, nessuno mi fermerebbe, ma non verrei nemmeno capito, e se anche volessi usare una moneta straniera, non mi arresterebbero di certo, ma non riuscirei nemmeno a convincere i negozianti a vendermi del cibo Lesistenza di imposizioni culturali o sociali non , tuttavia, necessariamente incompatibile con lindividualit. Nella maggior parte dei casi, queste costrizioni si impongono con maggior forza entro limiti che coincidono comunque con il comportamento accettabile, lasciando dunque spazio a comportamenti che possono esprimere lunicit dellindividuo, il quale, inoltre, non sempre si rimette alla volont della maggioranza. III.III. Modelli culturali ideali VS modelli culturali reali. Ogni societ possiede una serie di idee (di valori e di norme) che stabiliscono come un individuo debba comportarsi o reagire emotivamente in una determinata situazione: lantropologia li definisce modelli culturali ideali. Sappiamo, tuttavia, che non sempre le persone si comportano rispettando gli standard che professano. Se cos fosse non sarebbero necessarie costrizioni dirette o indirette. Alcuni dei nostri modelli ideali non trovano riscontro nei comportamenti effettivi poich sono superati; in altri casi i modelli ideali non si traducono mai in applicazioni concrete e rappresentano semplicemente unaspirazione. Per comprendere la differenza tra cultura ideale e cultura reale consideriamo la convinzione idealistica che tutti siano uguali di fronte alla legge. Sappiamo per certo che ci non sempre corrisponde a verit. Ciononostante, questo ideale fa sempre parte della nostra cultura e molti di noi continuano a credere che la legge dovrebbe essere applicata a tutti nello stesso modo. III.IV. Come individuare i modelli culturali. Esistono per lantropologo 2 modi principali attraverso cui individuare i modelli culturali: se si occupa di usanze esplicite o chiaramente visibili allinterno di una societ (es: quella di mandare a scuola i bambini), il ricercatore appura lesistenza di queste pratiche e le studia con lausilio di una persona bene informata nel caso in cui loggetto in esame sia una sfera del comportamento che comprende numerose variazioni individuali, o quando gli individui studiati

non siano consapevoli dei propri modelli di comportamento, lantropologo deve raccogliere informazioni da un campione di persone allo scopo di individuare il modello culturale Un esempio di modello culturale di cui la maggior parte dei componenti di una societ non si rende conto la distanza interprersonale nella conversazione. Vi ragione di credere che tale comportamento segua regole culturali incoscie, che diventano palesi quando si interagisce con persone che hanno regole diverse. Volendo risalire alla regola culturale della distanza conversazionale tra conoscenti occasionali, si potrebbe studiare un campione di individui appartenenti ad una societ e individuare la risposta modale o moda (= termine statistico che indica le risposte che si verificano con maggior frequenza rispetto ad una serie di risposte possibili). Tenendo il conto del numero di volte in cui si raggiunge una determinata distanza si ottiene una distribuzione della frequenza. La distanza che ricorre con maggior frequenza il modello della moda. La distribuzione della frequenza pu essere calcolata sulla base dei comportamenti o delle reazioni di tutti i membri di una data popolazione; ciononostante, studiare la totalit dei casi non quasi mai necessario. Piuttosto, molti scienziati si basano su un sottoinsieme, o campione, considerato rappresentativo. Il miglior modo per assicurare la validit del campione di scegliere a caso (campione casuale), il che significa che tutti gli individui possono venir scelti in ugual misura. Essendo relativamente facile fare osservazioni generali sugli aspetti pubblici di una cultura o su norme di comportamento largamente diffuse, spesso i campioni casuali non sono affatto necessari. Dovendo esaminare, invece, aspetti pi privati di una cultura, difficili da esprimere a parole oppure inconsci, il ricercatore deve osservare o intervistare un campione casuale di persone che gli permetta di dedurre principi generali corretti in merito allesistenza di modelli culturali. Se un fenomeno non apertamente osservabile in pubblico, o difficile da esprimere, ci non significa che esso sia poco diffuso. Esso , tuttavia, pi difficile da scoprire. Appurato, attraverso le interviste e losservazione, che un comportamento, unidea o un sentimento sono largamente diffusi in una societ, come si fa a stabilire se essi siano stati appresi, cos da poter essere definiti fenomeni culturali?? Stabilire se un fatto sia appreso o meno pu essere difficile: i comportamenti derivati dalleredit genetica non sono distinti chiaramente da quelli appresi culturalmente. Possiamo ritenere che particolari comportamenti e idee siano appresi se questi variano da societ a societ, e li possiamo imputare al puro determinismo genetico se essi sono presenti in tutte le societ (es: i bambini di tutto il mondo imparano la lingua circa alla medesima et, tuttavia, le lingue specifiche parlate dagli adulti delle varie societ mostrano differenze notevoli, e per questo debbono essere apprese). IV. La cultura come risultato di un adattamento. Vi sono comportamenti culturali che, se portati allestremo, possono ridurre le possibilit di sopravvivenza di una data societ. Per questo, le usanze che riducono le possibilit di sopravvivenza di una societ tendono a scomparire. O le persone che vi rimangono fedeli si estinguono, portando con s le usanze stesse, o queste vengono sostituite, permettendo alla popolazione di sopravvivere. In entrambi i casi le usanze non adattive (quelle che riducono le speranze di sopravvivenza e di riproduzione) sono destinate a scomparire. I costumi di una societ che invece favoriscono la sopravvivenza e il successo riproduttivo sono detti adattivi, ed pi probabile che persistano. Si suppone dunque che se una societ sopravvissuta ed descritta negli annali dellantropologia (registrazioni etnografiche), gran parte del suo repertorio culturale, se non tutto, sia adattivo, o lo sia stato un tempo. Quando si dice, tuttavia, che unusanza adattiva si fa riferimento ad uno specifico contesto naturale e sociale (essa pu infatti essere adattiva in un determinato ambiente e non in un altro). Quando si indagano, dunque, le ragioni per cui una societ possiede determinate usanze, in realt si sta studiando ladattivit di queste alle particolari condizioni ambientali di quella societ. Molti comportamenti culturali che possono apparire incomprensibili ai nostri occhi si spiegano altres come risposta di una societ a determinate condizioni ambientali. La cultura rappresenta un adattamento allambiente naturale e ad esigenze biologiche, e pu rappresentare anche un adattamento allambiente sociale, vale a dire alle popolazioni vicine (es: situarsi in particolari zone per difesa). Una data usanza rappresenta uno specifico adattamento allambiente, ma non esaurisce tutti quelli possibili. Societ differenti, infatti, scelgono strategie diverse di adattamento alla stessa situazione. opportuno trovare una spiegazione alle ragioni che conducono una societ a scegliere, tra le altre possibili, una determinata risposta ad un particolare problema. Possiamo supporre che le societ vissute abbastanza a lungo da poter essere descritte abbiano manifestato un numero molto pi elevato di tratti culturali adattivi rispetto a quelli non adattivi. Ci non significa, tuttavia, che tutte le caratteristiche culturali siano adattive; alcune di esse, se non molte, possono essere neutre in termini di adattivit, nella misura in cui non hanno relazioni dirette con il successo riproduttivo (es: regole relative allabbigliamento per matrimoni e funerali, allapparecchiamento della tavola, ..). Bisogna tener presente che una societ non obbligata ad adattare la propria cultura ai cambiamenti delle condizioni ambientali. Innanzitutto, anche di fronte a circostanze mutate, le persone possono decidere di non cambiare le proprie usanze (nonostante esse possano andare incontro allestinzione della loro

societ). anche possibile, ovviamente, che da un tentativo di cambiare certi comportamenti si sviluppino fenomeni non adattivi. V. La cultura: in gran parte integrata e in continuo mutamento. Quando veniamo a contatto con un modello culturale estraneo, la nostra reazione pi ovvia di cercare di immaginare come quel modello potrebbe funzionare nella nostra societ. Un simile atteggiamento solo una stravaganza, poich le usanze di una cultura non possono semplicemente venir applicate ad unaltra. Questo perch ogni singola cultura fortemente integrata, e cio gli elementi o i tratti che la costituiscono non rappresentano un semplice assortimento casuale di usanze, ma, piuttosto, si adattano e sono coerenti gli uni rispetto agli altri. Gli antropologi sono convinti che una delle ragioni per cui la cultura tende ad essere integrata la sua generale adattivit. Se certe usanze sono maggiormente adattive in un contesto, allora quel genere di tratti si ritrover insieme in condizioni analoghe. Una cultura tende ad essere integrata anche per ragioni psicologiche, dato che, dopo tutto, i tratti di una cultura (gli atteggiamenti, i valori, gli ideali e le regole di comportamento) sono immagazzinati nella mente di ciascun individuo. Se una tendenza verso la coerenza cognitiva riscontrabile negli esseri umani, si pu supporre che almeno alcuni aspetti di una cultura tendano ad essere integrati secondo lo stesso criterio. La tendenza di una cultura ad essere integrata pu avere, dunque, origini cognitive, emotive o di adattivit. Nel prendere in considerazione la storia di una societ necessario tener presente che la sua cultura mutata nel tempo: alcuni comportamenti, credenze e valori che sono stati un tempo diffusi e comuni si sono modificati o sono stati accantonati. La spinta al cambiamento pu venire dallinterno o dallesterno di una societ: nel primo caso la domanda conscia o inconscia di coerenza produce cambiamenti culturali nella misura in cui una quantit sufficiente di persone adatta vecchi comportamenti e vecchie idee a nuove idee. Si possono verificare cambiamenti, inoltre, quando vengono inventati sistemi migliori per fare le cose molti cambiamenti culturali possono essere stimolati da mutamenti dellambiente esterno. Nel mondo moderno i mutamenti del contesto sociale probabilmente rappresentano, rispetto a quelli dellambiente naturale, i maggiori stimoli ai cambiamenti culturali. Societ diverse si sono sempre influenzate a vicenda Se partiamo dal presupposto che le culture siano qualcosa di pi di raggruppamenti casuali di comportamenti, credenze e valori, e che esse tendono ad essere adattive, integrate e mutevoli, allora pi facile comprendere le loro somiglianze o le loro differenze. Si pu ipotizzare dunque che circostanze simili allinterno o allesterno di una cultura possano produrre o favorire risposte culturali analoghe. 3. LE SPIEGAZIONI E LA LORO VERIFICA. Quando un antropologo culturale studia i membri di una determinata popolazione cerca di descriverne lo stile di vita. Ma per quanto la precisione descrittiva sia un aspetto fondamentale, essa non per il fine ultimo dellindagine antropologica: gli antropologi desiderano anche comprendere perch alcune usanze esistono. Linterrogativo sulle cause ci conduce nel campo delle spiegazioni: in ambito scientifico "capire" significa "spiegare", e il fine fondamentale della scienza giungere a spiegazioni attendibili. Una spiegazione una risposta ad un interrogativo sulle cause. Vi sono per molti tipi di spiegazione, e alcuni sono pi soddisfacenti di altri: ad esempio, spiegare unusanza ricorrendo alla tradizione come dire che gli uomini fanno una determinata cosa perch la fanno, e questo non ci d alcuna informazione in pi. In ambito scientifico vi sono 2 tipi di spiegazione che i ricercatori tentano di elaborare: le associazioni e le teorie. I. Le associazioni. Una delle possibilit che abbiamo per spiegare una cosa (unosservazione, unazione, unabitudine, unusanza) chiarire in che modo essa sia conforme ad una relazione stabilita o ad un principio generale. Nel campo delle scienze naturali, le diverse relazioni, quando vengono accettate da quasi tutti gli specialisti, vengono dette leggi. Riteniamo tali spiegazioni soddisfacenti perch ci permettono sia di prevedere ci che accadr in futuro, sia di comprendere ci che si verificato con regolarit nel passato. Nel settore delle scienze sociali le associazioni vengono enunciate di solito in senso probabilistico: si dice infatti che 2 o pi variabili tendono ad essere correlate in modo prevedibile, il che significa che di norma vi sono alcune eccezioni. Definiamo quindi la relazione fra le variabili unassociazione statistica, dicendo in tal modo che improbabile che la relazione osservata sia frutto del caso. Nonostante le leggi e le associazioni statistiche siano in grado di fornire spiegazioni stabilendo una correlazione tra cose differenti, noi desideriamo sapere

qualcosa in pi, cio la ragione per cui quelle leggi e quelle associazioni esistono. Cos, gli scienziati tentano di formulare teorie che possano spiegare le relazioni osservate.

II. Le teorie. Le teorie (spiegazioni di leggi e di associazioni statistiche) sono pi complesse delle relazioni osservate che intendono spiegare. difficile definire con esattezza che cosa sia una teoria. Vi sono notevoli differenze tra una teoria ed unassociazione: una teoria pi complessa e contiene non una, bens una serie di informazioni, mentre unassociazione di solito enuncia in modo piuttosto semplice lesistenza di una relazione tra 2 o pi variabili misurate sebbene una teoria possa menzionare cose che sono osservabili, pu essere comunque difficile o impossibile osservare direttamente alcuni aspetti dei fenomeni in esame; al contrario, le leggi o le associazioni statistiche sono basate interamente sulle osservazioni II.I. Come vengono prodotte le teorie?? Quasi tutti gli orientamenti teorici che hanno fatto la storia dellantropologia culturale si limitano a suggerire in quale direzione cercare per tentare di risolvere i problemi incontrati, e non propongono spiegazioni specifiche per fenomeni specifici. Occorre, quindi, domandarsi come, a partire da un determinato fenomeno, un antropologo sia in grado di sviluppare una spiegazione o una teoria. Non possibile indicare una procedura che sia in grado di garantire lelaborazione di una teoria, perch sviluppare una teoria richiede immaginazione creativa. inoltre possibile che un attaccamento eccessivo ad un particolare orientamento teorico sia controproducente, perch pu indurre il ricercatore a non vedere tutte le possibilit esistenti. Possiamo comunque esplicitare alcune procedure che hanno aiutato gli antropologi ad elaborare spiegazioni dei fenomeni culturali. Sembra che tali procedure siano di 2 tipi: gli antropologi possono essere aiutati dallo studio di una particolare societ (analisi del singolo caso)* possono cercare di elaborare una teoria avvalendosi di uno studio comparativo che riguarda pi societ * Quando analizza un caso singolo, lantropologo pu voler spiegare unusanza particolare. Nel corso del suo soggiorno presso la popolazione in questione il ricercatore pu chiedere agli informatori perch essi praticano (o pensano di praticare) quellusanza. Talvolta attraverso tali domande possibile ricavare una spiegazione plausibile, ma pi spesso lantropologo dovr andare alla ricerca di altri elementi presenti nella societ o nellambiente che possano essere considerati associati allusanza. Qualora ne esista la possibilit, lantropologo potr analizzare la situazione dal punto di vista storico, cercando di capire se la comparsa di quellusanza recente. E, se lo , dovr domandarsi quali condizioni (che potrebbero allora rappresentarne una spiegazione) si verificarono appena prima della sua comparsa. Un antropologo pu anche riuscire ad elaborare una spiegazione comparando societ diverse che condividono la stessa caratteristica, al fine di stabilire quali altre caratteristiche si presentano, con regolarit, associate a quella che si sta indagando. Occorrer poi considerare le societ in cui tale caratteristica assente, perch vi si potrebbe rilevare lassenza di un elemento che potrebbe essere la causa dellinsorgenza del fenomeno. Se gli antropologi scoprono che, in differenti culture, una determinata caratteristica si presenta regolarmente associata con certe altre, allora potremmo essere ragionevolmente sicuri del fatto che stata ristretta la gamma delle possibili cause della pratica in esame. Occorre tenere presente tuttavia che non necessario scandagliare tutte le caratteristiche che possono essere condivise da culture differenti; lantropologo si sofferma di solito solo su quei tratti che sembrano collegati tra loro. questo il momento in cui entra in gioco lorientamento teorico, in quanto esso sottolinea la probabilit che un determinato insieme di certi fattori sia importante di un altro. III. La verifica delle spiegazioni. In tutti gli ambiti di ricerca le teorie sono generalmente lelemento pi utile, a quanto pare a causa della tendenza insita nelluomo a cercare di dare un senso al mondo. necessario, quindi, avere a disposizione delle procedure che ci mettano in grado di scegliere, tra le tante teorie possibili, quelle che con maggiore probabilit sono vere. In campo scientifico tutte le strategie di verifica consistono nel dire in anticipo che cosa si trover nel caso linterpretazione proposta sia corretta, e quindi nel condurre unindagine per

vedere se la previsione viene confermata. Se non cos, il ricercatore costretto ad ammettere che forse linterpretazione sbagliata; viceversa, se la previsione dovesse risultare vera, lo scienziato sar autorizzato ad affermare che esistono prove a sostegno della sua teoria. III.I. Le definizioni operative e le misurazioni. Quando verifichiamo previsioni desunte da una teoria per stabilire se la teoria pu essere considerata corretta, e per vedere se essa coerente con le condizioni e i fenomeni osservabili nel mondo reale. Al fine si trasformare previsioni teoriche in affermazioni che possano essere verificate, un ricercatore fornisce, di ciascuno dei concetti e delle variabili che vengono menzionati nella previsione, una definizione operativa, che la descrizione della procedura seguita nel misurare le variabili. estremamente importante specificare la definizione operativa di ciascuna variabile, perch in tal modo si permette ad altri ricercatori di controllare i risultati raggiunti. La scienza dipende dalla replicabilit, vale a dire dalla possibilit di riprodurre i risultati. Soltanto quando pi ricercatori osservano una particolare associazione, noi possiamo definire legge tale associazione o relazione. Fornire definizioni operative importante anche perch ci permette ad altri di valutare se le misurazioni fatte sono corrette. Misurare qualcosa significa confrontarlo con altre cose su una scala di variabilit. Spesso si pensa che uno strumento di misurazione sia necessariamente un oggetto fisico, ma in realt anche la classificazione un metodo di misura (quando classifichiamo gli individui li dividiamo in insiemi e decidere a quale insieme essi appartengono significa misurarli, perch per farlo dobbiamo operare dei confronti). Qualunque sistema utilizziamo per misurare le nostre variabili, il fatto che noi possiamo effettuare tali misurazioni implica che possiamo verificare le nostre ipotesti, per vedere se le relazioni previste esistono realmente. III.II. Il campionamento. Dopo aver stabilito il modo in cui misurare le variabili delle relazioni previste, un ricercatore deve decidere che criterio adottare nella scelta dei casi da analizzare per verificare la sua ipotesi. Occorre poi stabilire non solo quali casi scegliere, ma anche quanti sceglierne. Una scelta comunque va fatta, perch nessun ricercatore pu esaminare tutti i casi possibili. Alcune scelte sono migliori di altre. Si parla di campione casuale quando tutti i casi selezionati hanno la stessa probabilit di essere inclusi nel campione. Quasi tutti i test statistici che valutano i risultati delle ricerche richiedono campionamenti casuali, perch soltanto i risultati basati su campioni casuali possono essere ritenuti probabilisticamente veri per insiemi o universi pi ampi di casi. Prima di poter effettuare un campionamento casuale il ricercatore deve specificare luniverso del campione, cio la lista dei casi da cui il campione tratto. Supponiamo che un antropologo stia svolgendo una ricerca sul campo: se la societ che sta studiando non molto piccola, di solito poco pratico utilizzare come universo del campione lintera societ; poich la maggioranza dei ricercatori sul campo effettua permanenze nella comunit studiata, lintera comunit diventa di solito luniverso del campione se il ricercatore sta effettuando studi comparativi transculturali, dovrebbe usare un campione costituito dalle societ di tutto il mondo; dato per che non esistono descrizioni di tutte le societ, passate e presenti, i campioni di solito vengono tratti da elenchi editi di societ descritte che sono state classificate basandosi su variabili culturali standard, o vengono estrapolati da Human Relations Area Files (Hraf), una raccolta, aggiornata annualmente e dotata di un indice, che assembla libri e articoli di soggetto etnografico relativi a pi di 350 societ passate e presenti di tutto il mondo In ambito antropologico il campionamento casuale viene utilizzato solo raramente; daltronde un campione non casuale pu essere considerato adeguatamente rappresentativo solo se il ricercatore non ha scelto personalmente i casi da sottoporre ad esame. Dovremmo essere molto sospettosi nei confronti di quei campioni che possono riflettere i preconcetti o gli interessi del ricercatore. Una procedura di campionamento dovrebbe riuscire a dare una rappresentazione corretta, e non una selezione fuorviata da preconcetti, delluniverso da cui viene attinto il campione. Lunico modo per aumentare le probabilit di ottenere un campione rappresentativo consiste nellutilizzare una procedura di campionamento casuale: a questo scopo si attribuiscono convenzionalmente dei numeri ai casi presenti nelluniverso statistico, e si utilizza poi una tabella di numeri casuali per sorteggiare i casi del campione. III.III. La valutazione statistica. Dopo aver misurato le variabili ritenute pertinenti in tutti i casi del campione, il ricercatore in grado di stabilire se le relazioni previste risultano effettivamente dai dati a disposizione. Non dimentichiamo che i risultati possono addirittura rovesciare le previsioni della teoria. Qualche volta il ricercatore, per verificare se

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le variabili sono associate nel modo previsto, costruisce una tabella della contingenza (vedi pag. 51). Ogni caso viene assegnato ad una casella, o cella, della tabella, in base ai risultati ottenuti nella misurazione delle variabili esaminate. A questo punto dobbiamo domandarci se il modo in cui i casi sono distribuiti nella tabella conferma le previsioni. Ad un primo sguardo non sappiamo bene cosa rispondere. Le eccezioni invalidano la previsione?? Quante devono essere le eccezioni perch ci si ritenga costretti a rifiutare lipotesi?? in casi come questo che si ricorre ai test di significativit. Gli scienziati hanno inventato vari test che ci dicono quanto "perfetto" debba essere un risultato perch si possa considerare probabile unassociazione tra le variabili in esame, cio il fatto che una implichi generalmente laltra. Quante sono le probabilit che questo risultato sia puramente accidentale, e che quindi non vi sia in realt alcuna associazione tra le variabili prese in esame?? Sebbene alcuni dei metodi matematici per rispondere a questa domanda siano piuttosto complessi, la risposta include sempre una stima probabilistica, la probabilit che il risultato osservato o uno ancora pi aderente alle previsioni possano comunque essere comparsi per caso. La maggioranza degli scienziati sociali daccordo nel ritenere statisticamente significativo (probabilmente vero) qualsiasi risultato che dia un valore inferiore o uguale a 0,05 (fino a 5 probabilit su 100). Perch per esistono le eccezioni?? Se una teoria corretta, non dovrebbe valere per tutti i casi?? Vi sono molte ragioni per cui impossibile attendersi sempre un risultato perfetto: innanzitutto, anche se una teoria corretta, vi possono essere altri aspetti che non sono stati esaminati le eccezioni alla relazione prevista possono essere causate anche da un ritardo culturale (questo si verifica quando il cambiamento in un aspetto della cultura separato dalla situazione culturale che lo ha causato da un certo periodo di tempo) unulteriore causa della presenza di eccezioni la scarsa cura con cui vengono effettuate le misurazioni Le associazioni statistiche significative che si possono derivare da una teoria offrono ad essa un supporto sperimentale; ma per poter pensare che una teoria sia corretta necessaria la replicabilit, cosicch altri ricercatori, utilizzando altri campioni, possano confermarla. Occorre poi derivare dalla teoria altre previsioni, per vedere se anchesse vengono confermate. Bisogna paragonare la teoria ad altre possibili spiegazioni del fenomeno studiato, per vedere se qualcuna di queste funziona meglio. Se anche queste spiegazioni prevedono la relazione proposta nella teoria, forse si render necessario combinarle con essa. La ricerca scientifica richiede, dunque, tempo e pazienza e, cosa forse ancora pi importante, un atteggiamento umile da parte dei ricercatori. Per quanto una teoria possa sembrare eccezionale, occorre sempre tenere presente che pu essere sbagliata. IV. I tipi di ricerca utilizzati in antropologia culturale. Letnografia. Gli antropologi culturali si avvalgono di diversi metodi di ricerca; ciascuno di questi ha i propri vantaggi e svantaggi quando si tratta di elaborare o di mettere alla prova delle spiegazioni. Per classificare i tipi di ricerca impiegati dagli antropologi si possono seguire 2 criteri: il 1 riguarda lambito spaziale dello studio (analisi di una singola societ, o di diverse societ nella stessa regione, o di un campione che ha per universo il mondo intero) il 2 pertiene allambito temporale dello studio (storico VS non storico) unit di analisi singola societ regione campione di societ di tutto il mondo tipo di ricerca non storica storica etnografia etnostoria comparazione allinterno di una comparazione allinterno di una stessa cultura stessa cultura comparazione controllata comparazione controllata ricerca transculturale ricerca transculturale

Allinizio del XIX secolo gli antropologi compresero che, per descrivere le culture in modo pi accurato e per produrre qualcosa che avesse valore scientifico, avrebbero dovuto cominciare a vivere tra le popolazioni che costituivano il loro oggetto di studio, prendendovi parte attivamente. Questo metodo noto come osservazione partecipante. Losservazione partecipante prevede sempre il lavoro sul campo, che consiste in unesperienza diretta con la popolazione studiata, ma che pu includere anche altri modelli, come la conduzione di un censimento o di uninchiesta. Il lavoro sul campo, che la pietra miliare dellantropologia moderna, il mezzo attraverso il quale viene raccolta la maggior parte del materiale documentario. Indipendentemente da altri metodi che gli antropologi possono usare, losservazione partecipante, condotta

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in genere per un anno o pi, considerata la base del lavoro antropologico. Le descrizioni degli antropologi devono registrare, descrivere, analizzare e infine formulare un quadro della cultura, o almeno di una parte di essa. Dopo aver effettuato un lavoro sul campo, un antropologo pu preparare unetnografia, la descrizione e lanalisi di una singola societ. Non semplice realizzare una lunga osservazione partecipante in unaltra cultura, e soprattutto non facile farla bene; lesperienza esige indubbiamente molto sul piano dellimpegno fisico e psicologico. Sebbene sia di enorme aiuto imparare la lingua prima di recarsi sul posto, spesso questo non possibile, e cos molti antropologi si trovano a fare grandi sforzi sia per comunicare, sia per comprendere le regole per comportarsi adeguatamente nella societ in cui sono giunti. Dato il carattere altamente soggettivo dellosservazione partecipante, gli antropologi hanno iniziato a pensare che riflettere sulle loro esperienze e sullinterazione con la popolazione con cui vivono sia un elemento importante per comprendere il loro lavoro. Una parte essenziale del processo di osservazione partecipante consiste nel reperimento di alcune persone bene informate che abbiano voglia di lavorare a fianco dellosservatore (informatori), che lo aiutino ad interpretare ci che vede e che gli raccontino alcuni aspetti della cultura studiata che potrebbe non avere lopportunit di osservare, o per osservare i quali potrebbe non avere nessun titolo. ovviamente importante trovare persone che parlino con facilit e che comprendano di che genere di informazioni il ricercatore ha bisogno. Si dovranno cos mettere alla prova persone diverse e confrontare ci che dicono riguardo ad un fenomeno. Sono poi stati sviluppati dei metodi formali che aiutano a selezionare gli informatori pi competenti. Un metodo, chiamato "modello del consenso culturale", si fonda sul principio che le cose su cui la maggior parte degli informatori concorda sono probabilmente "culturali". Dopo aver stabilito quali cose sembrano essere dati culturali, facendo ad un campione di informatori le stesse domande su un particolare dominio culturale, sar facile scoprire quali informatori molto probabilmente forniranno risposte che si avvicinano al consenso culturale. Molti antropologi hanno segnalato che gli informatori principali sono quelli che probabilmente si sentono in qualche modo ai margini della loro cultura; questo forse spiega il desiderio di trascorrere cos tanto tempo con un antropologo che sinforma su tale cultura. Losservazione partecipante utile per comprendere alcuni aspetti della cultura, soprattutto le cose che sono pubbliche, quelle di cui si parla, quelle su cui tutti sono daccordo. Vi sono per anche altri metodi, pi sistematici, che sono importanti: la mappatura il censimento porta a porta losservazione del comportamento (es: determinare come gli individui occupano il tempo) le interviste con un campione di informatori Le monografie e gli articoli etnografici su soggetti specifici forniscono la maggior parte dei dati che servono allantropologia culturale (utili per poter effettuare una comparazione tra diverse societ). Cos, se lo scopo lelaborazione di una teoria, letnografia pu stimolare delle interpretazioni sul modo in cui differenti aspetti della cultura sono collegati ad altri aspetti e ad elementi dellambiente. Letnografo somiglia in fondo ad un medico che cerca di scoprire perch un paziente ha determinati sintomi. Nonostante letnografia sia molto utile quando si vogliono produrre spiegazioni, un singolo studio sul campo non pu, di solito, fornire dati sufficienti per sostenere unipotesi. IV.I. Le comparazioni allinterno di una stessa cultura. Un etnografo pu mettere alla prova una teoria in una sola societ confrontando individui, famiglie, casate, comunit o quartieri. La naturale variet che esiste tra questi pu essere utilizzata per operare confronti. Il fatto che si possano o meno effettuare test allinterno di una stessa cultura per saggiare unipotesi dipende dal grado di variabilit delle variabili (la variabilit devessere tale da permetterli). Ci spesso si verifica, e ci permette cos di usare la diversit con cui si presenta il fenomeno per verificare lipotesi. IV.II. Le comparazioni su base regionale. Quando effettua una comparazione su base regionale, un antropologo mette a confronto informazioni etnografiche ricavate da societ che vivono in una determinata regione (societ che, presumibilmente, hanno storie simili e occupano ambienti simili). Lantropologo che lavora comparativamente nellambito di una regione di solito a conoscenza del complesso degli elementi culturali caratteristici di quella regione. Tali elementi possono permettere di conoscere il contesto nel quale il fenomeno ha luogo. La conoscenza che un antropologo pu avere di una regione, tuttavia, inferiore a quella che pu avere di una singola societ. Daltro canto la conoscenza dei dettagli locali sicuramente maggiore nel caso di una comparazione regionale piuttosto che in quello di una comparazione su scala mondiale. Questultima talmente estesa che decisamente improbabile che il ricercatore possa avere conoscenze approfondite sulle societ che mette a confronto. Le comparazioni su base regionale sono utili sia quando si tratta di elaborare delle spiegazioni, sia

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quando occorre verificarle. Poich vi saranno societ che possiedono le caratteristiche che si intende spiegare e altre che non le avranno, lantropologo sar in grado di stabilire se le condizioni ipoteticamente correlate lo sono effettivamente, perlomeno in quella regione. Non dimentichiamo, tuttavia, che non detto che una spiegazione valida per una regione sia poi estendibile ad altre. IV.III. Le ricerche transculturali. Servendosi di comparazioni su scala mondiale, possibile elaborare delle interpretazioni individuando quali differenze vi siano tra le societ che posseggono una determinata caratteristica e quelle che non la posseggono. Ma le comparazioni transculturali vengono utilizzate soprattutto per verificare la bont delle teorie. Il ricercatore identifica innanzitutto le condizioni che dovrebbero ritrovarsi associate qualora la teoria fosse corretta, ed esamina poi un campione di societ, attinto dalluniverso di tutte le societ della terra, per vedere se la correlazione risulta effettivamente. Il vantaggio di questo tipo di ricerche che la loro conclusione, con ogni probabilit, valida per la maggior parte delle societ, ovviamente se e solo se il campione impiegato per la verifica stato selezionato in modo casuale. Limiti: se un test transculturale non avvalora una determinata spiegazione, il ricercatore pu non conoscere il campione a sufficienza per modificare la spiegazione o proporne unaltra (si dovr quindi riesaminare i dettagli di una o pi societ) le spiegazioni che possono essere verificate sono soltanto quelle per le quali esistono dati disponibili (per poter spiegare qualcosa che in genere non viene descritto, si dovr ricorrere ad altre strategie di ricerca) IV.IV. Le ricerche storiche. Letnostoria lo studio dei materiali descrittivi riguardanti una singola societ, relativi a vari periodi della sua storia. Fornisce i dati indispensabili agli studi storici di qualsiasi tipo, proprio come letnografia fornisce i dati alle ricerche che prescindono dalla storia. I dati delletnostoria possono provenire da fonti che esulano dalle etnografie approntate dagli antropologi (racconti di esploratori, missionari, viaggiatori, ufficiali governativi). importante separare ci che pu essere considerato un fatto da ci che invece una sua interpretazione. Per quanto riguarda lelaborazione e la verifica delle ipotesti, gli studi su singole societ nel corso del tempo hanno gli stessi limiti degli studi su una singola societ relativamente ad un solo periodo. Analogamente a quanto accade alla loro controparte non storica, le ricerche che si concentrano su una singola societ che viene studiata attraverso il tempo tendono a produrre svariate ipotesi, ma di solito non forniscono la possibilit di stabilire, con ragionevole certezza, quale di quelle ipotesi sia quella corretta. Gli studi storici transculturali (di cui abbiamo, finora, soltanto pochi esempi) presentano il problema opposto: hanno ampi mezzi per sondare le ipotesi, ma, poich lavorano con dati di seconda mano, hanno grossi limiti nel produrre ipotesi sulla base dei dati disponibili. Vi tuttavia un vantaggio nel ricorrere a studi di tipo storico: in ambito antropologico lo scopo delle teorie quello di spiegare la variabilit dei modelli culturali, vale a dire di specificare quali condizioni culturali favoriranno un modello piuttosto che un altro. Le teorie e le spiegazioni, quindi, implicano una sequenza di cambiamenti nel tempo, che rappresentano la materia prima della storia. Il maggiore ostacolo alle ricerche storiche consiste nel fatto che raccogliere ed esaminare i dati storici un lavoro noioso ed esasperante. Pu essere pi conveniente verificare le spiegazioni dapprima su dati non storici, in modo da eliminare alcune interpretazioni, e in seguito, se uninterpretazione supera questo esame, possiamo cercare dei dati storici per verificare la sequenza (causa /fenomeno) presunta. Nei capitoli che seguono parleremo non solo di ci che riteniamo essere, con una certa sicurezza, i fattori determinanti per la variabilit culturale, ma diremo anche ci che non sappiamo, o di cui non abbiamo certezze, in modo da dare unidea di cosa potr acquisire lantropologia culturale in futuro. 4. LA COMUNICAZIONE E IL LINGUAGGIO. Il momento in cui le parole hanno acquisito un significato una pietra miliare per noi, perch segna non solo lacquisizione della lingua, ma anche la familiarit con tutti i complessi ed elaborati comportamenti che costituiscono la nostra cultura. Senza la lingua, infatti, sarebbe praticamente impossibile tramandare le tradizioni e ogni individuo rimarrebbe rinchiuso nel proprio mondo personale di sensazioni. I. La comunicazione. La parola "comunicare" deriva dal latino communicare, ossia "condividere, spartire ci che comune". Noi comunichiamo accordandoci, consapevolmente o meno, sul fatto di chiamare un certo oggetto o un concetto astratto con un determinato nome. Tutti i sistemi linguistici sono costituiti da simboli pubblicamente accettati attraverso i quali si cerca di condividere esperienze personali.

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I.I.

La comunicazione umana non verbale. Ovviamente, la nostra comunicazione non limitata al linguaggio. Comunichiamo in modo diretto attraverso le espressioni del volto, la postura del corpo, i gesti e il tono della voce, e in modo indiretto attraverso sistemi di segni e simboli come la scrittura, le equazioni algebriche, le note musicali, la danza, la pittura, il linguaggio delle bandiere e i segnali stradali. Come dice Anthony Wilden, "ogni fatto, ogni pausa, ogni movimento che avvenga dentro sistemi vivi e sociali anche un messaggio; il silenzio comunicazione; in poche parole, ad un organismo o ad una persona impossibile non comunicare". Un antropologo pu imparare moltissimo da ci di cui i membri di una societ non parlano (es: in India costume che non si parli di sesso; linfezione da Hiv si sta diffondendo molto rapidamente, e quindi la riluttanza della gente a parlare di sesso rende molto difficile agli antropologi medici e ai medici fare qualcosa per ridurre il tasso di diffusione del virus). Una parte di comunicazione non verbale sembra essere universale tra gli uomini: in tutto il mondo, per esempio, pare che gli uomini comprendano le espressioni del volto nello stesso modo (volto felice, triste, sorpreso, ..); inoltre, il modo in cui il volto rappresentato nellarte sembra evocare sentimenti simili in molte culture diverse. La comunicazione non verbale, tuttavia, anche culturalmente variabile es: la distanza tra persone che si trovano in piedi una vicino allaltra nel campo delle espressioni del volto, le regole riguardanti le emozioni la cui espressione socialmente accettabile molti gesti Tuttavia, nonostante la variet dei sistemi di comunicazione disponibili, bisogna riconoscere che la lingua parlata ha unimportanza di gran lunga maggiore. Essa forse il principale veicolo di trasmissione della cultura, poich permette di condividere e tramandare la nostra complessa articolazione di atteggiamenti e modelli di comportamento. I.II. La comunicazione non umana. I sistemi di comunicazione non sono unesclusiva degli esseri umani: anche altre specie animali hanno vari modi per comunicare (es: il suono, lodore, il movimento del corpo). Uno dei maggiori dibattiti accademici riguarda il grado in cui gli animali, in modo particolare i primati, siano diversi dagli uomini relativamente alle loro capacit linguistiche: in passato si riteneva che solo la comunicazione umana fosse simbolica; ricerche recenti, tuttavia, suggeriscono che anche alcuni richiami delle scimmie e dei gorilla siano simbolici. 2 sono i significati che attribuiamo alla parola "simbolico" quando ci riferiamo alla comunicazione: la comunicazione produce un significato anche in assenza del referente (qualunque sia loggetto a cui ci si riferisce) il significato arbitrario: chi riceve il messaggio non potrebbe coglierne il significato basandosi esclusivamente sui suoni, e comunque non conosce quel significato per via istintiva i simboli devono essere appresi (non esiste una necessit per cui la parola dog in inglese debba riferirsi ad un cane) Tutte le vocalizzazioni non umane permettono ad alcuni animali di produrre dei messaggi. Il mittente pronuncia un segnale che viene ricevuto e decodificato da un ricevente, il quale di solito reagisce con unazione specifica o con una risposta. In cosa differisce, dunque, la vocalizzazione umana?? non appropriato individuare nel simbolismo il tratto distintivo del linguaggio umano; tuttavia, la vocalizzazione umana si distingue da quelle non umane in quanto possiede una gamma molto pi ampia di simboli i sistemi vocali non umani sono chiusi (= i differenti richiami non sono combinati per produrre nuove espressioni dotate di significato); le lingue umane, al contrario, sono sistemi aperti (retti da regole complesse in merito a come i suoni e i sistemi di suoni possono essere combinati per produrre una variet infinita di significati) Anche se nessuno studioso di primati mette in discussione la complessit e linfinita variet con le quali le lingue umane possono combinare i suoni, alcuni recenti studi hanno per messo in crisi i seguenti assunti: la dicotomia tra chiuso e aperto labilit di comunicare riguardo ad eventi passati o futuri come tratto peculiare del genere umano lenorme divario fra la comunicazione umana e quella degli altri animali

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la convinzione che i primati non umani non posseggano labilit di "simbolizzare", di riferirsi a qualcosa (o ad una classe di cose) con unetichetta "arbitraria" (i gesti o una sequenza di suoni) Ogni linguaggio umano ha certi modi per combinare i suoni e certi altri per non combinarli; i gorilla non possiedono queste regole linguistiche. Inoltre, gli uomini possiedono molti tipi di discorso (liste, discorsi, storie, argomentazioni, poesie, ..); i gorilla non fanno niente di tutto ci. Ma hanno comunque alcune capacit linguistiche: comprenderle, quindi, pu aiutarci a capire meglio levoluzione del linguaggio umano. II. Le origini del linguaggio. Philip Lieberman e Jeffrey Laitman hanno affermato che il linguaggio cos come noi lo conosciamo nacque solo con luomo moderno (circa 100.000 anni fa), la cui anatomia della bocca e della gola la stessa delluomo contemporaneo. Secondo questi studiosi gli uomini premoderni (compreso luomo di Neanderthal) non possedevano lanatomia vocale necessaria al linguaggio. Poich queste teorie si fondano su controverse ricostruzioni della bocca e della gola di uomini arcaici, le conclusioni che ne derivano non sono uniformemente accettate. La maggior parte degli studi sulle origini del linguaggio si pone una fondamentale domanda circa il modo in cui la selezione naturale pu aver favorito il carattere aperto del linguaggio. Il sistema di comunicazione a richiami stato certamente sostituito ad un certo punto da un altro sistema, basato su piccole unit sonore da collegare secondo molte e differenti combinazioni in modo da formare enunciati significanti. Alcuni autori sostengono che nel cervello esiste un dispositivo di acquisizione della lingua che nelluomo innato, cos come negli animali sono innati i sistemi di richiamo. Tale dispositivo sarebbe diventato parte della nostra eredit biologica con levoluzione della parte frontale del cervello. Riguardo alla sua effettiva esistenza non si ancora certi; sappiamo, invece, che lo sviluppo effettivo del linguaggio individuale non condizionato interamente da fattori biologici (se fosse cos tutti gli esseri umani parlerebbero una stessa lingua generata dal cervello). Al contrario sono state individuate dalle 4.000 alle 5.000 lingue differenti e reciprocamente incomprensibili pi di 2.000 di queste si parlavano fino a poco tempo fa, e nella maggioranza da parte di persone che non possedevano una tradizione scritta le prime forme di scrittura sono comparse solo 5.000 anni fa possibile comprendere meglio le origini del linguaggio umano studiando le lingue delle societ prive di scrittura e tecnologicamente pi semplici?? NO, poich la lingua di queste popolazione non pi semplice o meno evoluta della nostra. Il sistema di suoni, il vocabolario e la grammatica della lingua di popolazioni meno tecnologizzate non sono in alcun modo inferiori a quelli di societ dotate di una tecnologia pi complessa. evidente che gli aborigeni australiani non sono in grado di dare un nome alle nostre sofisticate macchine; la loro lingua, tuttavia, ha le potenzialit per farlo. Ogni lingua possiede unestensione di vocabolario necessaria alla popolazione che la parla, e si evolve inoltre in risposta ai cambiamenti culturali (una lingua che manca di vocaboli per i ritrovati della nostra societ pu essere ricca di termini che si riferiscono ad eventi o a fenomeni naturali di particolare importanza per la popolazione che la parla). Per chi si chiede allora, dato che non esistono lingue primitive e che le prime forme di linguaggio non hanno lasciato traccia di s cos da poterle ricostruire, se sia possibile indagare lorigine del linguaggio: alcuni linguisti pensano che lo studio dellapprendimento della lingua da parte dei bambini * sia utile a questo scopo altri hanno di recente proposto lanalisi dello sviluppo delle lingue creole Le lingue creole. Alcune lingue si sono sviluppate di recente in varie parti del mondo nei luoghi in cui gli imperi coloniali europei stabilirono imprese commerciali che facevano affidamento sulla forza lavoro importata, ossia, generalmente, sugli schiavi. Questi lavoratori provenivano il pi delle volte da diverse societ e, allinizio, comunicavano col padrone e con tutti gli altri attraverso una sorta di versione pidgin (semplificata) della lingua del padrone. Le lingue pidgin mancano di quei tasselli coesivi, come le preposizioni e i verbi ausiliari, che si trovano negli idiomi di societ integre. Molte lingue pidgin si sono sviluppate dando origine alla cosiddette lingue creole, che incorporano gran parte del vocabolario della lingua dei dominatori, ma che hanno una grammatica differente sia da questa che da quelle delle lingue dorigine dei lavoratori. Derek Bickerton sostiene che esistono notevoli somiglianze grammaticali fra le lingue creole di tutto il mondo. Tale somiglianza, egli afferma, coerente con lidea dellesistenza di una grammatica universale comune a tutti

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gli uomini ed ereditaria. Gli idiomi creoli potrebbero dunque somigliare alle prime lingue umane. Tutte le lingue creole: usano lintonazione interrogativa invece del cambiamento dellordine delle parole, apponendo uninflessione crescente alla fine della frase esprimono il futuro e il passato con la stessa forma grammaticale, aggiungendo alcune particelle tra soggetto e verbo impiegano la doppia negazione Lapprendimento linguistico nei bambini. * Lacquisizione della struttura e del significato della lingua stata definita la pi ardua conquista intellettuale nella vita di un uomo. Se ci corrisponde al vero, fa piacere notare che i bambini raggiungono questa meta con relativa facilit e con gran divertimento. Questa "ardua conquista intellettuale" pu essere, in realt, una reazione naturale ad uno dei tratti genetici propri delluomo: la facolt linguistica. I bambini di tutto il mondo incominciano ad imparare la lingua alla stessa et: verso i 12-13 mesi cominciano a nominare alcuni oggetti e azioni verso i 18-20 mesi sono in grado di utilizzare una parola chiave per significare unintera frase I bambini imparano le parole come unit, apprendendo le sequenze di suoni su cui cade laccento o che vengono pronunciati in finale di parola. Anche i bambini sordi che imparano i segni del linguaggio per sordomuti Asl tendono ad apprendere e utilizzare i segni in modo simile. verso i 18-24 mesi tutti i bambini del mondo tendono a passare a frasi di 2 parole Queste frasi costituiscono una modalit espressiva di tipo telegrafico, che utilizza solo i sostantivi, i verbi e altre parole funzionali, tralasciandone altre apparentemente di minore valore. I bambini di questa et non pronunciano le 2 parole in ordine casuale; al contrario, sceglier un ordine che rispetti le convenzioni della lingua delladulto. Dato che i genitori non pronunciano frasi semplificate, evidente che i bambini la sanno lunga su come collegare le parole con un aiuto minimo o nullo da parte dei genitori. Se esiste una grammatica di base impressa nella mente umana, non ci sorprende il fatto che le prime e le successive formulazioni del discorso nei bambini seguano schemi simili in lingue diverse. Ci si potrebbe inoltre aspettare che il discorso infantile pi progredito presenti una struttura simile a quella delle lingue creole. E cos avviene, come afferma Derek Bickerton: gli "errori" linguistici commessi dai bambini trovano riscontro nella grammatica della lingua creola. Alcuni linguisti sostengono tuttavia che le prove a favore dellesistenza di una grammatica innata sono deboli perch i bambini in parti diverse del mondo non sviluppano alla stessa et gli stessi tratti grammaticali. Lordine della parole, per esempio, un fattore pi importante nella determinazione del significato nella lingua inglese piuttosto che in turco; la fine delle parole pi importante nella lingua turca. In inglese, la parola posta allinizio della frase probabilmente il soggetto; la parola che finisce in un certo modo in turco probabilmente il soggetto. Coerentemente con questa differenza, i bambini di lingua inglese imparano lordine delle parole prima dei bambini che parlano turco. possibile che future ricerche sullapprendimento della lingua nei bambini e sulla struttura delle lingue creole apportino un valido contributo alla conoscenza delle origini del linguaggio umano. Tuttavia, pur ammettendo lesistenza di una grammatica universale, restano da spiegare le ragioni della differenza tra le migliaia di lingue attestate nel mondo. Tale interrogativo ci spinge a prendere in considerazione gli strumenti concettuali elaborati dai linguisti per lo studio delle lingue. III. La linguistica strutturale. I bambini di tutte le societ imparano la struttura essenziale della propria lingua molto presto e senza un insegnamento diretto. Una delle caratteristiche pi sorprendenti della lingua umana che i suoni significanti e le sequenze sonore vengono combinati secondo regole che il parlante conosce per via inconscia. Tali regole non vanno identificate con le "regole della grammatica" che si imparano a scuola (e che insegnano a parlare correttamente). I linguisti, piuttosto, parlano di regole in riferimento agli schemi linguistici riscontrabili nel parlato. Inutile dire che in molti casi le regole effettive del parlato e quelle insegnate a scuola coincidono. Esistono, tuttavia, regole che i bambini non imparano a scuola perch gli insegnanti, non essendo linguisti, non ne sono a conoscenza. Il termine grammatica, dunque, usato dai linguisti non si riferisce alle regole prescrittive che si devono seguire per parlare la lingua, ma indica, piuttosto, i principi effettivi e spesso inconsci che determinano il modo di parlare di una maggioranza di persone. Scoprire le regole, in gran parte inconsce, che stanno alla base di una lingua un compito difficile. I linguisti hanno formulato una serie di concetti e metodi speciali di trascrizione (scrittura) in grado di descrivere:

II.II.

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1. le regole o i principi che determinano larticolazione dei suoni e il modo in cui essi vengono usati (spesso suoni lievemente diversi sono intercambiabili nelle parole senza produrre variazioni di significato) 2. il modo in cui le sequenze sonore (e in alcuni casi anche singoli suoni) producono significato, e come le serie significanti di suoni si leghino insieme formando le parole 3. come le parole si colleghino in una catena che forma frasi e periodi La linguistica strutturale (o descrittiva) indaga, quindi, le regole della fonologia (la combinazione dei suoni), della morfologia (la combinazione delle sequenze di suoni e di parole) e della sintassi (i modelli di formazione delle frasi e dei periodi), che determinano il modo in cui si parla una lingua. La conoscenza della lingua di un altro popolo essenziale alla comprensione della sua cultura. III.I. La fonologia. Sebbene lapparato vocale umano sia teoricamente in grado di articolare unenorme quantit di suoni differenti, ciascuna lingua ne utilizza solamente alcuni. Non che noi non siamo in grado di emettere suoni che non ci siano familiari; semplicemente non abbiamo acquisito labitudine ad articolarli e, finch essi non diventano consueti per noi, continueremo a far fatica a pronunciarli. La difficolt nellarticolazione di alcuni suoni solo uno dei motivi che rendono faticoso lapprendimento di una lingua straniera. Un altro problema la combinazione di certi suoni o la loro articolazione in una posizione particolare della parola. Per giungere ad una rappresentazione schematica dei suoni utilizzati dalle varie lingue, i linguisti che si occupano di fonologia devono trascrivere il discorso parlato nella forma di una sequenza di suoni. Una simile operazione sarebbe pressoch impossibile se i linguisti si limitassero ad utilizzare il proprio alfabeto (sia perch lingue diverse usano suoni che sarebbero difficili da rappresentare utilizzando lalfabeto di unaltra lingua, sia perch in alcuni casi lalfabeto di una determinata lingua rappresenta lo stesso suono in modi diversi). I linguisti hanno ovviato al problema elaborando un metodo di trascrizione in cui ogni lettera, o simbolo fonetico, rappresenta un suono particolare. Una volta individuati i suoni, o foni, di una lingua, il linguista stabilisce come questi vengano inconsciamente classificati (dai parlanti) in fonemi. Il fonema rappresentato da un insieme di foni che, pur essendo diversi, non producono cambiamenti di significato (cio: se un fono appartenente ad una classe di fonemi viene sostituito da un altro della stessa classe, i 2 enunciati vengono riconosciuti identici dai parlanti). Il raggruppamento dei foni in fonemi varia da lingua a lingua: in inglese, ad esempio, il suono l considerato del tutto diverso da quello r (i 2 suoni individuano 2 fonemi differenti poich producono significati diversi per i parlanti); in samoano, invece, l e r si possono utilizzare indifferentemente allinterno della parola senza mutarne il significato (essi costituiscono cio uno stesso fonema). Tuttavia, le piccole differenze esistenti tra i suoni di uno stesso fonema non hanno valore nel contesto quotidiano. Stabiliti i raggruppamenti dei suoni che formano i fonemi (vale a dire quali foni possono essere scambiati reciprocamente senza produrre variazioni di significato), i linguisti procedono allindividuazione delle sequenze sonore che sono ammesse in una lingua e delle regole, generalmente inconsce, che le governano. La descrizione che i linguisti fanno delle combinazioni dei suoni nelle diverse lingue (ossia la fonologia) permette loro di indagare le ragioni delle differenze nelle regole fonetiche tra i vari idiomi. Ricerche recenti hanno dimostrato che i bambini sono neurologicamente "preparati" ad ignorare, nella propria lingua dorigine, le variazioni sonore che non producono cambiamenti di significato (ossia che individuano uno stesso fonema); contrariamente, essi le percepiscono quando si tratta di una lingua diversa. I ricercatori non sono in grado di stabilire il modo in cui i bambini imparano a fare queste distinzioni, ma di fatto evidente che essi acquisiscono molto presto gran parte della fonologia della propria lingua. III.II. La morfologia. La morfologia studia una quantit di aspetti delle parole, e in particolare cose esse sono e come si formano. Una parola una sequenza arbitraria di suoni che produce un significato, e non possibile "percepirla" come unit distinta se non si comprende la lingua a cui essa appartiene. Dato che gli antropologi che si occupano di linguistica hanno sempre studiato lingue prive di scrittura, qualche volte senza laiuto di interpreti, essi si sono trovati nella necessit di distinguere le sequenze sonore che producono ununit di significato. In molte lingue, inoltre, le parole possono essere suddivise in unit minori, ed per questo che i linguisti hanno elaborato una terminologia speciale per definire queste entit. La pi piccola unit di linguaggio portatrice di significato detta morfo; uno o pi morfi con lo stesso significato formano un morfema (es: in inglese, i prefissi in- e un- come in indefinite e unclear sono morfi che appartengono al morfema con significato non). Non si deve confondere morfi, o morfema, con parola. Sebbene alcune parole siano singoli morfi, o morfemi (es: in inglese, for e giraffe), molti vocaboli sono costruiti sulla combinazione di pi morfi, generalmente prefissi, radici e suffissi. probabile che lintuizione con cui i bambini colgono la struttura della lingua si estenda anche alla comprensione della morfologia e dellorganizzazione in parole delle sequenze sonore. Sia dagli errori sia dai successi dei bambini

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nellapprendimento della lingua si pu desumere che essi comprendono come si usano in modo regolare i morfemi. Allet di 7 anni i bambini si sono appropriati anche di molte forme irregolari, vale a dire che sono in grado di utilizzare il morfo giusto di un morfema nel modo corretto. Ci che il bambino coglie intuitivamente come dipendenza di alcuni morfemi da altri corrisponde alla distinzione che i linguisti fanno tra morfema libero ha un significato finito, ossia una parola indipendente morfema legato produce significato solo se attaccato ad un altro morfema Il morfo del morfema che indica il tempo passato che si pronuncia /-t/ si aggiunge alla radice walk per formare walked; /t/ da solo, invece, non pu sussistere, perch non ha alcun significato. In inglese il significato di una frase (composta di soggetto, verbo, complemento oggetto, ..) dipende molte volte dallordine delle parole In molte altre lingue, invece, il significato di una frase, determinato grammaticalmente, in larga misura, o persino totalmente, indipendente dallordine delle parole. Un cambiamento del senso pu derivare, piuttosto, dallordine dei morfi di una parola. Nella lingua dei luo dellAfrica orientale, per esempio, lo stesso morfema legato pu indicare il soggetto o loggetto dellazione, a seconda che sia collocato rispettivamente come prefisso del verbo o come suffisso Un altro modo in cui si produce significato attraverso i meccanismi grammaticali rappresentato dallalterazione o dallaggiunta, in una parola, di un morfema legato che indica la funzione di quella parola allinterno del discorso (es: in russo) Alcune lingue possiedono una quantit di morfemi legati tale per cui sono in grado di esprimere il senso di unintera frase con ununica, complessa parola (es: in lingua wishram) III.III. La sintassi. Poich la lingua un sistema aperto, possibile formulare espressioni che non sono mai state pronunciate prima. Cos come accade nel caso della morfologia, i parlanti di una lingua sembrano avere una padronanza intuitiva della sintassi, ossia delle regole che determinano la formazione delle frasi e dei periodi. Sebbene queste regola sia apprendano in parte a scuola, i bambini le conoscono quasi tutte prima dellistruzione scolastica. Basandosi sullordine delle parole, un lettore in grado di supporre a quale parte del discorso corrisponde ciascuna di esse e di attribuirvi una funzione allinterno della frase (soggetto, verbo, ..); e anche la conoscenza della morfologia di aiuto. Oltre a comprendere e a produrre una quantit infinita di frasi diverse, chi parla una lingua in grado di riconoscere una frase "scorretta" senza consultare i libri di grammatica. Ci dimostra lesistenza di una serie di regole che stabiliscono come si costruiscono locuzioni e frasi in una lingua. I parlanti conoscono queste regole sintattiche, ma di solito non ne sono consapevoli. La descrizione che i linguisti fanno della sintassi di un idioma mira proprio a rendere esplicite queste regole. IV. La linguistica storica. La linguistica storica studia i cambiamenti delle lingue nel corso del tempo. I dati principali su cui si basa questo tipo di ricerca sono rappresentati dalla parola scritta. Poich le lingue del passato non hanno lasciato traccia di s a meno che non possedessero una forma scritta, e poich la maggior parte delle lingue note agli antropologi ha una tradizione esclusivamente orale, si potrebbe supporre che la linguistica storica sia in grado di ricostruire esclusivamente i cambiamenti occorsi in quegli idiomi che possiedono una forma scritta. In realt, i linguisti ricostruiscono le variazioni linguistiche avvenute nel tempo confrontando idiomi contemporanei e simili, poich le somiglianze fonologiche, morfologiche e sintattiche che essi mostrano sono dovute alla loro derivazione da una comune lingua madre (1). Vi possono essere, tuttavia, altre ragioni che determinano la somiglianza tra le lingue. Una di queste il contatto tra diverse comunit di parlanti (2). Vi sono, inoltre, somiglianze linguistiche che riflettono tratti universali comuni a tutte le culture e/o alla mente umana in generale (3). Quindi, anche lingue lontane e che non hanno relazioni tra loro possono avere elementi comuni. Ci pu essere dovuto ad un fenomeno di convergenza (= tendenza comune), che si verifica quando le somiglianze derivano da un processo di cambiamento linguistico che pu avere solo un raggio limitato di soluzioni possibili. IV.I. Le famiglie linguistiche e la storia della cultura.

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Sappiamo, dai dati documentari (scritti), che il latino la madre delle lingue romanze. Nel caso in cui la lingua originaria, invece, non sia documentata attraverso la scrittura, i linguisti sono comunque in grado di ricostruirne molti tratti attraverso la comparazione delle lingue da essa derivate, ossia di formulare lipotesi di una protolingua. Linsieme delle lingue che derivano da una protolingua costituisce una famiglia linguistica. La maggioranza delle lingue contemporanee raggruppabile in un numero di famiglie che raggiunge appena la trentina. La famiglia linguistica a cui appartengono linglese e litaliano quella indoeuropea, che comprende gran parte degli idiomi europei e alcune lingue indiane. Circa il 50% della popolazione mondiale, ossia circa 4 miliardi di persone, parla lingue indoeuropee. Unaltra grande famiglia quella sino-tibetana. La ricerca linguistica di tipo storico ebbe inizio nel 1786 con sir William Jones. Nel 1822 Jakob Grimm formul alcune regole che descrivevano i cambiamenti di suoni verificatisi con la proliferazione delle diverse lingue indoeuropee. Gli studiosi sono generalmente daccordo sul fatto che le attuali lingue indoeuropee derivino da un idioma che veniva parlato tra i 5.000 e i 6.000 anni fa. Questa lingua madre indoeuropea, di cui sono stati ricostruiti molti tratti, stata denominata proto-indoeuropeo (Pie). (vedi figura a pag. 76) Alcuni linguisti pensano che sia possibile determinare approssimativamente il luogo in cui veniva originariamente parlata una protolingua analizzando le parole che si riferiscono a piante e animali riscontrabili nelle lingue derivate. Tra tutti i diversi dendronimi (= nomi di piante) riscontrabili nelle lingue indoeuropee, Paul Friedrich ne ha identificati 18 che mostrano una parentela. Questi termini, egli sostiene, corrispondono alla flora che nel 3.000 a.C. era presente in Ucraina orientale, proposta quindi come patria del Pie. A conferma di questa ipotesi gran parte delle denominazioni arboree del ceppo linguistico balto-slavo, appartenente alla famiglia indoeuropea, simile a quelle ricostruite nella protolingua. Marija Gimbutas sostiene che sia possibile risalire al protoindoeuropeo tramite larcheologia. Questa studiosa infatti convinta che i popoli di lingua Pie siano identificabili con quelli a cui viene attribuita la cultura dei Kurgan (5.000-2.000 a.C.) che si diffuse a partire dallUcraina intorno al 3.000 a.C. Colin Renfrew respinge lidea che lUcraina sia stata il luogo dorigine del Pie. Egli sostiene che questa lingua risale a 2.000 o 3.000 anni prima della cultura dei Kurgan e che i suoi parlanti vivevano in una zona differente, ossia in Anatolia orientale (Turchia) intorno al 6.000-7.000 a.C. Come avvenuto per i popoli di lingua indoeuropea, di cui linguisti e archeologi hanno indagato il luogo dorigine e le modalit di espansione, cos altre famiglie linguistiche sono state oggetto di indagine. Si suppone che il luogo dorigine di un idioma sia quello in cui si riscontra la maggior variet di lingue e di dialetti (varianti di un idioma) differenti, in quanto le differenze linguistiche avrebbero avuto pi tempo di svilupparsi rispetto alle zone in cui lespansione si sia verificata pi di recente. V. I processi di differenziazione linguistica. La linguistica comparativa, o storica, non si limita a registrare e a datare le differenze linguistiche, ma indaga le cause possibili di queste variazioni. Alcune differenze si sono certamente prodotte gradualmente. Quando gruppi di persone che parlano la stessa lingua perdono i contatti reciproci perch separati fisicamente o socialmente, ciascuno degli idiomi comincia ad accumulare una serie di lievi cambiamenti nei tratti fonologici, morfologici e sintattici (cosa che si verifica continuamente in tutte le lingue). In ultimo, se la separazione persiste, quelli che originariamente erano dialetti dello stesso idioma diventano lingue distinte, ossia risultano reciprocamente incomprensibili, come nel caso dellinglese e del tedesco moderni. Tra le cause che determinano le differenziazioni linguistiche non vi sono solo le barriere geografiche come grandi estensioni dacqua, deserti e montagne, che possono separare i parlanti di uno stesso idioma, ma anche il fattore della distanza. possibile, inoltre, anche laddove le distanze geografiche non siano considerevoli, che esistano dialetti molto differenti a causa della distanza sociale. Ci significa che la diffusione di una tratto linguistico potrebbe venire ostacolata da una differenza di etnia, di religione o di classe sociale che inibisce la comunicazione (in assenza di una comunicazione abituale e amichevole la differenziazione tra i dialetti si pu acuire rapidamente). Mentre lisolamento produce la graduale divergenza tra comunit linguistiche, dal contatto scaturisce una sempre maggiore somiglianza. Il fenomeno particolarmente evidente in quei casi in cui lincontro di 2 lingue reciprocamente incomprensibili d luogo a prestiti di parole, che di solito si riferiscono a oggetti nuovi, mutuati dalla societ estranea. La presenza di gruppi bilingui allinterno di una societ pu rappresentare unaltra causa dellintroduzione di termini stranieri in una lingua, specialmente quando lidioma dominante non ha equivalenti per un determinato oggetto. Le conquiste e le colonizzazioni sono spesso causa di ingenti e rapide acquisizioni

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lessicali, se non addirittura di processi per cui una lingua soppianta unaltra. Il principio generale che i prestiti lessicali, che consistono nella maggior parte dei casi in morfemi liberi (= termini), sono molto pi comuni di quelli grammaticali (= struttura grammaticale della lingua). Se tutte le lingue si differenziano gradualmente logico aspettarsi che esista un gran numero di famiglie linguistiche, e che in aree di territorio relativamente ristrette vi siano numerosi idiomi. questo, infatti, ci che accade relativamente alle lingue aborigene dellAustralia del Nord. In altre zone del mondo, tuttavia, esistono famiglie linguistiche il cui raggio di espansione molto esteso. Ci si chiede, dunque, come mai alcune lingue ebbero una diffusione cos ampia. possibile che la loro espansione sia avvenuta con mezzi militari. Le conseguenze linguistiche di uninvasione e di una conquista di tipo militare sono molto pi profonde del semplice prestito lessicale, poich il popolo dominatore potrebbe addirittura soppiantare quello invaso estinguendone la lingua. La conquista militare pu, inoltre, essere accompagnata da pesanti pressioni sul popolo vinto affinch esso impari ad utilizzare la lingua dei vincitori. Nel momento in cui i bambini smettono di imparare la lingua dorigine lidioma dei vinti destinato a scomparire. VI. Le relazioni tra lingua e cultura. Per determinare le cause delle differenze tra le lingue si focalizzata lattenzione sulle possibili relazioni tra la lingua e gli altri aspetti della cultura. Da un lato possibile dimostrare come una cultura condizioni la struttura e il contenuto della lingua, e affermare cos che la diversit tra le lingue dovuta, almeno in parte, a differenze di cultura Daltra parte pu accadere il contrario: determinate caratteristiche e strutture linguistiche possono condizionare altri aspetti culturali Il modo in cui la lingua di una determinata societ riflette la cultura a cui appartiene esemplificato, in primo luogo, dal suo repertorio lessicale, ossia dal vocabolario. Esso pu essere visto, infatti, come la risultante delle caratteristiche culturali, del complesso delle esperienze, degli eventi e degli oggetti che compongono linsieme delle parole. VI.I. I termini fondamentali che si riferiscono ai colori, alle piante e agli animali. Allinizio del nostro secolo molti linguisti studiarono larea lessicale (o vocabolario) delle parole indicanti i colori per dimostrare la veridicit dellaffermazione secondo cui le lingue varierebbero arbitrariamente, ossia senza alcuna ragione apparente. Non solo si riscontr che le diverse lingue avevano un numero differente di termini per identificare i colori fondamentali o primari, ma fu dichiarato che non vi era coerenza nel modo in cui si classificavano e si suddividevano i colori dello spettro. Queste teorie tradizionali sulle variazioni del numero e dei significati dei termini che identificano i colori primari sono state smentite dagli studi comparativi (translinguistici). Sulla base delle loro ricerche, Brent Berlin e Paul Kay giunsero alla conclusione che le lingue non codificano i colori in maniera completamente arbitraria. Sebbene i termini fondamentali per identificare i colori siano differenti nelle varie lingue, molto probabile che la maggior parte delle persone che parlano una qualunque lingua individui lo stesso tratto cromatico come pi rappresentativo di un particolare colore (persone di diverse parti del mondo indicano pi o meno lo stesso colore se interrogate su quale sia il miglior "rosso"). Esiste, inoltre, una sequenza pi o meno universale secondo la quale i termini che si riferiscono ai colori primari vengono ad aggiungersi in un lingua. Se un idioma possiede 2 sole parole che designano i colori fondamentali, queste si riferiranno al "nero" (o scuro) e al "bianco" (o chiaro). Se invece esse sono 3, la terza parola sar quasi sempre "rosso". Successivamente comparir indifferentemente "giallo" o una parola che indica contemporaneamente "verde e blu"; seguiranno quindi parole distinte per il verde e il blu, e cos via. In realt, non possiamo essere certi del processo mediante il quale le parole relative ai colori-base vengono ad aggiungersi in una lingua. Possiamo per dedurne la sequenza usuale poich se solitamente una lingua possiede la parola "giallo", essa ha anche quella indicante il "rosso". Viceversa, lesistenza del termine "rosso" non implica che vi sia quello che designa il "giallo". Che cosa si intende con "termine linguisticamente primario"?? Tutte le lingue (anche quelle con 2 sole parole che si riferiscono ai colori fondamentali) hanno un modo per esprimere la variazione dei colori: le parole che indicano i colori fondamentali si caratterizzano per il fatto che constano di un unico morfo, ossia non comprendono pi di una unit di significato (vanno inclusi, per esempio, blue-green o sky-blue) unaltra caratteristica di questi termini che il colore che designano non compreso nella gamma di significato di un termine che si riferisce a colori secondari una terza caratteristica che se chiediamo a qualunque persona le parole che designano i colori, essa risponder subito usando questi termini

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infine, perch si possa affermare che un termine designa un colore primario, occorre che molti individui che parlano la medesima lingua considerino allo stesso modo il significato (in termini di spettro di colori) che si attribuisce ad esso Perch nelle diverse societ il numero delle parole che designano i colori fondamentali differente?? Berlin e Kay ipotizzano che il numero di questi vocaboli aumenti in relazione al grado di sviluppo tecnologico, laddove il colore venga utilizzato a fini decorativi e per distinguere gli oggetti. La variabilit del numero di questi termini tra le lingue non indica che alcuni idiomi distinguano un maggior numero di colori rispetto ad altri. Ogni lingua potrebbe infatti fare le medesime distinzioni, combinando diverse parole (dicendo, per esempio, "foglia fresca" per indicare il verde); e per far ci non sarebbe necessaria una parola particolare che identifichi quel colore. La presenza in una lingua di un numero relativamente elevato di parole che si riferiscono ai colori fondamentali pu dipendere anche da un fattore biologico. Le persone che hanno occhi di colore pi scuro sembrano infatti incontrare difficolt maggiori nel distinguere i colori pi scuri dello spettro (blu-verde) di quanto non accada alle persone con occhi pi chiari. logico supporre, allora, che gli abitanti delle zone equatoriali (il cui colore degli occhi generalmente pi scuro, a protezione dai raggi ultravioletti) abbiano tendenzialmente un minor numero di parole indicanti i colori fondamentali. Sembra, inoltre, che per spiegare i motivi delle diversit nel numero dei termini indicanti i colori fondamentali, siano necessari contemporaneamente sia il fattore biologico sia gli aspetti culturali. Le societ nelle quali appaiono 6 o pi di queste parole (con termini distinti per il blu e il verde) sono quelle che si trovano relativamente distanti dallequatore e nelle quali vi un maggior livello di sviluppo tecnologico. Sulla scia delle scoperte di Berlin e Kay in merito allesistenza di un ordine pi o meno universale dellacquisizione, in una lingua, dei termini per i colori primari, altri ricercatori hanno sviluppato analoghe sequenze di sviluppo riguardanti ulteriori ambiti lessicali. 2 di questi ambiti sono relativi alle forme di vita, ossia comprendono i termini che si riferiscono alle piante e agli animali. Le parole indicanti le forme di vita rappresentano classificazioni di ordine superiore. Tutte le lingue possiedono termini di livello inferiore che indicano specifici animali e piante. Perch in determinate lingue si usa un numero di termini generali pi ampio per indicare un albero, un uccello, o un pesce?? Anche per queste parole generiche sembra esistere una sequenza di sviluppo universale. I diversi termini sembrano aggiungersi secondo un principio dordine coerente. Dopo "pianta", appare la parola "albero"; quindi un termine che indica un genere di pianta piccola, verde, non legnosa con foglie; viene poi "cespuglio", "arbusto"; segue "erba"; infine "rampicante". I termini che indicano le forme di vita animali sembrano anchessi rientrare in una sequenza: ad "animale" segue il termine "pesce", quindi "uccello", poi "serpente"; poi "insetti"; infine "mammifero". Le societ pi complesse tendono ad avere, rispetto a quelle pi semplici, un numero maggiore di termini generali, che si riferiscono alle forme di vita sia animali sia vegetali e ai colori. Ci si chiede perch ci avvenga e se, allaumentare del grado di complessit di una societ, aumenti, proporzionalmente, anche la dimensione delle aree lessicali. Se consideriamo la totalit del vocabolario di una lingua, quanto pi una societ complessa e tanto pi ampio il suo vocabolario. Non dobbiamo dimenticare per che in societ complesse sono presenti anche molti generi di specializzazioni professionali, i cui termini sono inclusi nel dizionario. Se ci soffermiamo, invece, sul vocabolario essenziale di ogni idioma, ci accorgiamo che esso ha approssimativamente la stessa dimensione in tutte le lingue. Indubbiamente nelle societ pi complesse alcune aree lessicali crescono di volume, mentre altre restano invariate e altre ancora si riducono (es: il vocabolario specifico per denominare la flora). I dati finora a nostra disposizione appoggiano la teoria secondo la quale il vocabolario di una lingua riflette le distinzioni che si operano nella quotidianit e che risultano importanti. Gli aspetti dellambiente o della cultura che hanno una particolare rilevanza ricevono, quindi, maggior attenzione a livello linguistico. VI.II. La grammatica. Esiste una gran quantit di esempi che mostrano linfluenza della cultura sul vocabolario che si riferisce allambiente naturale di appartenenza. Per quanto riguarda invece il condizionamento operato sulla grammatica da parte della cultura, non possediamo prove valide altrettanto universali. Harry Hoijer ha preso in esame le categorie verbali della lingua dei navaho, una popolazione di tradizione nomade. Ognuna di queste categorie rappresenta un modo diverso di riportare gli eventi. Hoijer fa notare che nel racconto di azioni ed eventi, e nella formulazione di concetti concreti, i navaho mettono in risalto il movimento, specificandone la natura, la direzione e lo stato molto dettagliatamente. I navaho distinguono, per esempio, una categoria per narrare eventi in cui sia presente un movimento, da una per gli eventi in cui il movimento cessato. Hoijer conclude che lenfasi posta su quegli eventi che si stanno svolgendo determinata dalla secolare esperienza nomade dei navaho, la quale si riflette, inoltre, nei miti e nel folklore. Non detto, tuttavia, che lenfatizzazione linguistica degli eventi sia legata necessariamente alle culture nomadi. La questione non stata ancora analizzata attraverso la comparazione transculturale, ma vi sono elementi che ci inducono a considerare la ricerca comparativa sistematica quale mezzo per

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mettere in risalto altri tratti grammaticali che dipendono dalla cultura. Molte lingue, per esempio, non hanno il verbo "avere" (queste lingue formulano il possesso con frasi del tipo "esso a me"). Secondo la tesi proposta da uno studio transculturale, le lingue introducono il verbo "avere" solo dopo che nella societ si sviluppata una forma di propriet privata o di possesso personale delle risorse. VI.III. Le influenze della lingua sulla cultura. Lidea che la cultura influenzi la lingua generalmente accettata. Vi minor accordo, invece, riguardo alla possibilit del processo inverso, ossia che la lingua condizioni altri aspetti della cultura. Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf espressero la convinzione che la lingua fosse dotata di una forza propria che determina il modo in cui gli individui di una societ percepiscono e concepiscono la realt ("ipotesi Sapir-Whorf"). Dal confronto tra la lingua inglese e quella hopi, Whorf dedusse lesistenza, nella prima, di alcune categorie discrete per il tempo e lo spazio che nella seconda non esistevano. In inglese il passato, il presente e il futuro rappresentano unit discrete, e i fatti si verificano in un tempo definito. La lingua hopi ha una variet di espressioni in grado di rendere lidea di un processo in corso, senza che questo implichi la ripartizione del tempo in segmenti fissi. Secondo Richard Wardhaugh, Whorf era convinto che queste differenze linguistiche inducessero i rispettivi parlanti, inglesi e hopi, a concepire il mondo in modo differente. Sebbene alcuni studiosi ipotizzino che certi tratti linguistici particolari possano facilitare determinati modelli di pensiero, la linguistica moderna rifiuta la tesi secondo cui la lingua forgerebbe le idee. Un problema serio che i ricercatori devono risolvere per verificare lipotesi Sapir-Whorf come separare gli effetti prodotti dalla lingua sulla cultura da quelli che, invece, la cultura esercita sulla lingua. Un metodo per scoprire lorientamento di questo condizionamento (cio quale ne sia lagente) studiare il modo in cui i bambini provenienti da culture diverse (dotate di lingue differenti) sviluppano alcuni concetti nel corso della crescita. Se questi si formano nella mente grazie alla lingua, logico aspettarsi che tali concetti vengano appresi prima dai bambini che parlano un idioma in cui essi siano messi in maggior evidenza. Alcune lingue, per esempio, hanno pi distinzioni per i generi rispetto ad altre. In questi casi i bambini sviluppano pi rapidamente il concetto di identit maschile e femminile?? (molti bambini e bambine mostrano di credere di poter cambiare sesso semplicemente indossando i vestiti attribuiti al sesso opposto, dimostrando di non aver ancora sviluppato una coscienza stabile della propria imprescindibile condizione di individui di sesso maschile o femminile) Alexander Guiora ha studiato come crescono i bambini in ambienti di lingua ebraica (in Israele), inglese (negli Stati Uniti) e finlandese (in Finlandia). Tra queste lingue lebraico quello che pone maggior accento sulla distinzione dei generi (i sostativi si dividono in maschili e femminili, e anche il pronome di seconda persona e quelli plurali hanno generi diversi). Linglese ha un numero minore di distinzioni (solo nella terza persona singolare). Il finlandese distingue i generi ancor meno (sebbene esistano parole che portano in s il concetto di genere, come "uomo" o "donna", questa differenziazione in larga misura assente nella lingua). A dimostrazione del fatto che la lingua pu influenzare il pensiero, i bambini ebrei acquisiscono il concetto di identit sessuale stabile per prima rispetto alla media, mentre i finlandesi per ultimi. Recentemente alcuni ricercatori hanno scoperto che i bambini della scuola materna in Cina hanno maggiore facilit a comprendere la matematica rispetto a quelli negli Stati Uniti, perch le parole cinesi che indicano i numeri sono pi brevi e pi facili da ricordare, cosicch i bambini cinesi fanno meno affidamento sul conteggio con le dita rispetto ai loro corrispettivi americani. Tuttavia, come accade nel caso del concetto di genere maschile e femminile, difficile stabilire se le differenze osservate siano determinate dalla lingua o da altri fattori culturali. VII. Letnografia del linguaggio. Negli ultimi anni molti linguisti hanno cominciato a prendere in esame la variabilit del modo in cui le persone parlano allinterno di una societ. Questo tipo di studio, detto sociolinguistica, si occupa delletnografia del discorso, vale a dire dei modelli culturali e subculturali che regolano la variazione del discorso a seconda del contesto sociale. La sociolinguistica si chiede, per esempio, quale sia loggetto di una conversazione occasionale con un interlocutore straniero. VII.I. La lingua e lo status sociale. Il fatto che uno straniero possa non essere a conoscenza dei convenevoli di una lingua solo uno tra i casi possibili che esemplificano il principio sociologico secondo cui ci che viene detto dai parlanti di una lingua e il modo in cui esso viene formulato non sono interamente determinati dalle regole di quellidioma. Loggetto del nostro discorso e le modalit in cui larticoliamo possono essere influenzati in larga misura anche dalla nostra astrazione sociale e da quella dellinterlocutore. In alcune societ la diversit dello status sociale pu determinare differenziazioni lessicali marcate. Nel suo studio su Giava, Clifford Geertz mise in evidenza come il vocabolario dei 3 gruppi in cui questa societ rigidamente divisa (contadini, abitanti della citt e aristocratici) rifletteva le varie, separate posizioni sociali. Lo status sociale

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nelle relazioni interpersonali un altro elemento che influisce sul modo di interloquire. Gli appellativi ne sono un ottimo esempio. In inglese essi sono relativamente semplici: per rivolgersi ad una persona si pu utilizzare il nome di battesimo oppure un titolo (Doctor, Professor, Ms e Mister) seguito dal cognome. Uno studio condotto da Roger Brown e Margherite Ford ha dimostrato che i modi in cui ci si rivolge allinterlocutore variano, in inglese, a seconda del tipo di relazione che intercorre tra i parlanti: luso del nome di battesimo da parte di entrambi segno di un rapporto informale o intimo; se si usa un titolo aggiunto al cognome siamo in presenza di uno scambio pi formale o di tipo lavorativo tra persone pi o meno dello stesso status sociale; se non vi reciprocit nelluso di nomi e appellativi, allora gli interlocutori riconoscono tra di loro una differenza di status degna di nota. In alcune societ i termini per rivolgersi allinterlocutore non sono indice di eguaglianza o ineguaglianza, quanto, piuttosto, di un altro ordine di relazioni sociali. Per i nuer del Sudan queste forme dipendono dalle relazioni parentali e di et (in aggiunta alle formalit del caso). Appena dopo la nascita i bambini nuer ricevono un nome personale che viene usato dai parenti in linea paterna e dagli amici pi stretti del villaggio del padre, mentre i nonni materni danno al bambino un altro nome personale che viene usato dalla famiglia e dagli amici della madre. I bambini ereditano, inoltre, il nome del clan, che viene tuttavia menzionato solo nelle cerimonie formali. Quando i bambini crescono, vengono loro conferiti gli stessi nomi che hanno i buoi. Una ragazza pu trarre il suo nome da quello del vitello di una mucca che lei stessa munge. Tale nome verr usato dalle amiche della sua classe di et. Al ragazzo viene dato un bue durante la cerimonia di iniziazione e da esso gli trae il proprio nome, che pu essere usato dagli amici della sua classe di et al posto del nome personale. VII.II. Le differenze tra i sessi nel discorso. In molte societ il modo di parlare delle donne diverso da quello degli uomini. Questa differenza pu essere lieve, come nella societ nordamericana, o pi accentuata, come presso gli indiani caraibici delle Antille inferiori delle Indie occidentali, dove il vocabolario, pur riferendosi allo stesso oggetto, pu cambiare a seconda che il parlante sia maschio o femmina. In giapponese i maschi e le femmine utilizzano parole diverse per indicare numerosi concetti. Negli Stati Uniti e nelle altre societ occidentali le differenze nel discorso esistono ma non sono cos accentuate. Le differenze linguistiche tra i sessi si esprimono anche nellintonazione e nella strutturazione delle frasi. Robin Lakoff ha scoperto che le donne di lingua inglese tendono a rispondere alle domande con frasi che terminano con uninflessione ascendente, piuttosto che con unintonazione discendente propria di una ferma risposta. Esse, inoltre, tendono ad aggiungere una domanda alla fine di unaffermazione ("hanno preso il ladro, la settimana scorsa, vero?"). Una spiegazione di queste differenze linguistiche tra sesso maschile e sesso femminile, in particolare nellambito della pronuncia, pu derivare dal fatto che in molte societ le donne sono pi attente ad esprimersi "correttamente" (non in senso linguistico). Nelle societ divise in classi ci che viene considerato pi corretto dalla media delle persone pu venire associato con la classe pi elevata. In altri sistemi, invece, ritenuto pi corretto ci che pi antico. Spesso le differenze linguistiche legate al sesso riflettono le diversit di comportamento sociale tra maschi e femmine: pi probabile, infatti, che sia una ragazza, piuttosto che un ragazzo, a comportarsi in modo accettabile agli occhi degli adulti. Al momento non esiste una quantit di studi da permetterci di stabilire quanto sia diffuso il fenomeno per cui sono le donne ad esprimersi linguisticamente in modo "pi corretto". Siamo, tuttavia, a conoscenza di casi in cui ci non avviene. Alcuni ricercatori si sono chiesti se in questi casi di differenziazione la posta in gioco sia la correttezza linguistica; in realt ci troviamo di fronte ad una questione di ineguaglianza di prestigio e di potere. probabile che le donne cerchino di elevare il proprio status conformandosi a modelli linguistici pi standardizzati. Si pu ipotizzare che quando una donna pone una domanda con uninflessione ascendente essa esprima incertezza e ci implichi una mancanza di potere, oppure che le donne vogliano essere pi chiare nella conversazione. Parlare in modo pi standardizzato coerente con il desiderio di farsi capire meglio dagli altri. Rispondere ad una domanda con unaltra domanda prolunga la conversazione.

VII.III. Il multilinguismo e i passaggi di codice. Molte persone in tutto il mondo considerano un fatto naturale parlare pi di una lingua: una lingua viene parlata a casa, laltra al di fuori della famiglia. In altri casi idiomi diversi vengono parlati allinterno di una stessa famiglia, laddove i vari membri appartengano a cultura differenti e, in aggiunta, fuori casa le lingua siano altre ancora. Alcune nazioni promuovono esplicitamente il multilinguismo. A Singapore, per esempio, le lingue ufficiali sono 4: linglese, il mandarino (uno tra i vari idiomi cinesi), il tamil e il malese; gran parte della popolazione, inoltre, parla hokkien, unaltra lingua cinese. Come avviene la comunicazione tra persone che conoscono 2 o 3 lingue?? Di frequente esse passano da un codice allaltro, ossia usano pi di una lingua contemporaneamente. Il passaggio di codice pu anche dipendere dal variare

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dellargomento della conversazione. Come mai queste persone che parlano varie lingue decidono a volte di passare dalluna allaltra?? Le ragioni sono molte, ma evidente che questi passaggi sono tuttaltro che improvvisate mescolanze dettate da pigrizia o da ignoranza. Al contrario, essi presuppongono una conoscenza approfondita delle lingue e la consapevolezza di ci che la comunit considera appropriato o meno. Sebbene ogni comunit possieda "regole" proprie per passare da un codice allaltro, necessario comprendere la variazione delluso in termini di un pi ampio contesto politico e storico: la lingua del gruppo politicamente pi forte diventa la "lingua dominante". VII.IV. La comunicazione interetnica. Anche tra persone che parlano la stessa lingua, se queste provengono da gruppi etnici diversi e possiedono regole inconsce differenti sulle modalit della conversazione, possono sorgere dei fraintendimenti. La sociolinguistica una specializzazione della linguistica di tradizione relativamente recente. Attualmente essa si concentra principalmente sulla descrizione della variazione delluso di una lingua, ma in futuro potrebbe anche permettere di capire le ragioni di questa variabilit. Conoscere i motivi delle variazioni linguistiche nei vari contesti sociali potrebbe anche permettere di spiegare come mai la struttura della lingua cambia nel tempo, poich, di pari passo con i mutamenti che si verificano allinterno dei contesti sociali, anche la struttura della lingua tende a cambiare. 5. SISTEMI ALIMENTARI E SISTEMI ECONOMICI. Nelle societ umane le attivit che vengono messe in opera per procurarsi il cibo hanno la precedenza su tutte le altre attivit relative alla sopravvivenza. Diversamente da ci che accade presso di noi, nelle altre societ di solito non esistono specialisti che procurano o producono il cibo, e anzi, tutti gli adulti abili sono coinvolti in questi processi. Da quando hanno popolato la terra (2 o 5 milioni di anni fa) per il 99% del tempo gli uomini si sono procacciati il cibo raccogliendo piante spontanee, cacciando animali selvatici e pescando. Lagricoltura un fenomeno recente, e risale infatti solo a 10.000 anni fa. Lagricoltura industriale, o meccanicizzata, non ha pi di 100 anni. Occorre domandarsi la ragione per cui le societ abbiano strategie diverse per lapprovvigionamento del cibo, e vedremo come lambiente fisico abbia solo uninfluenza limitata su queste strategie. Occorre inoltre, per spiegare meglio le variazioni riscontrate, chiedersi perch nel corso dellevoluzione umana si sia passati dalla raccolta allagricoltura e allallevamento. I. La raccolta del cibo. Con il termine "raccolta" intendiamo qui in generale tutte quelle forme di tecnologia di sussistenza in cui luomo dipende da fonti di cibo che si trovano in natura (piante e animali selvatici). Sebbene sia questo il modo di vita che ha caratterizzato luomo per la maggior parte della sua storia, oggi i pochi raccoglitori rimasti (vale a dire le popolazioni che vivono di caccia, raccolta e/o pesca) abitano in aree del mondo (i deserti, la zona dellArtico, le fitte foreste tropicali) che sono state definite "marginali", in quanto non si presentano ad un facile sfruttamento da parte delle moderne tecnologie agricole. Agli antropologi interessano le poche societ di questo tipo ancora osservabili, perch possono aiutarci a comprendere alcuni aspetti della vita delluomo nel passato, quando tutta lumanit condivideva questo sistema di vita. Vi sono per 3 ragioni che ci inducono ad essere cauti nel trarre deduzioni sul passato sulla base dellosservazioni dei raccoglitori contemporanei: 1. non si pu confrontare la vita di questi ultimi, che abitano spesso nei deserti, nellArtico o nelle foreste tropicali, con quella dei raccoglitori del passato, che abitavano in tutti i tipi di ambienti, compresi quelli ricchi di risorse 2. i raccoglitori odierni non sono delle reliquie del passato: cos come tutte le societ contemporanee, anchessi si sono sviluppati e si stanno sviluppando il tipo di adattamento che hanno elaborato pu essere differente da quello esibito dai raccoglitori antichi (pochissimi o forse nessuno dei contemporanei utilizza, per esempio, punte di freccia in pietra) 3. i contemporanei sono entrati in contatto con tipi di societ che non esistevano fino a 10.000 anni fa (societ agricole, pastorali, e potenti e invasive societ statuali) 2 sono gli esempi di aree del mondo, con ambienti profondamente diversi, in cui vivono raccoglitori recenti: lAustralia (ngatatjara) e lArtico dellAmerica settentrionale (inupiaq inuit (eschimesi). I.I. Le caratteristiche generali dei raccoglitori. Gli aborigeni australiani, gli inuit e molti altri raccoglitori recenti (nonostante la differenza di climi, di territori e di tecnologie) condividono alcuni modelli culturali:

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Vivono di solito in piccole comunit in territori scarsamente popolati, seguendo uno stile di vita nomadico, senza realizzare insediamenti stabili, e di regola non riconoscono al singolo alcun diritto sulla terra Non vi sono di norma differenze di status sociale allinterno del gruppo, n specialisti della politica (Le comunit che dipendono soprattutto dalla pesca, per, rispetto a quelle che vivono di caccia e raccolta di vegetali, tendono ad essere pi grandi, ad avere insediamenti pi stabili e talvolta a mostrare una maggior disuguaglianza sociale) La divisione del lavoro basata in larga misura sullet e sul genere: gli uomini si occupano in modo esclusivo della caccia agli animali di grossa taglia, marini o terrestri, e generalmente della maggior parte del lavoro della pesca, mentre alle donne compete la raccolta (Per anni molti antropologi hanno ipotizzato che tra i raccoglitori lapporto maggiore di cibo provenisse pi dalla raccolta di vegetali che dalla caccia, e che di conseguenza fossero le donne a fornire il contributo maggiore alla sopravvivenza del gruppo) Sebbene la raccolta di vegetali sia lattivit economica pi importante per alcuni gruppi, per la maggior parte dei gruppi di raccoglitori recenti essa non quella preponderante; di conseguenza, poich sono gli uomini che si dedicano in genere sia alla caccia sia alla pesca, il contributo maggiore al procacciamento del cibo fornito da loro piuttosto che dalle donne Sebbene non vi sia un numero sufficiente di studi quantitativi, alcune indagini dimostrano che questi raccoglitori non necessitano di molto tempo per procurarsi il cibo (in media ~ 17 ore alla settimana), e anche se aggiungiamo il tempo speso nella fabbricazione di strumenti e quello impiegato nelle faccende domestiche, notiamo come resti loro molto pi tempo da destinare al riposo di quanto non ne abbiano gli agricoltori

II. La produzione del cibo. A partire da circa 10.000 anni fa alcune popolazioni, in aree tra loro lontane della terra, operarono in modo indipendente il passaggio alla produzione del cibo. Queste popolazioni cominciarono a coltivare le piante e ad addomesticare gli animali, e acquisirono in tal modo il controllo su alcuni processi naturali, quali la riproduzione degli animali e la semina. Attualmente la maggior parte del genere umano dipende per lalimentazione da alcune combinazioni di piante e animali addomesticati. Gli antropologi generalmente distinguono 3 tipi fondamentali di sistemi per la produzione del cibo: lorticoltura*, lagricoltura intensiva e la pastorizia#. Lorticoltura*. Con il termine "orticoltura" gli antropologi indicano la coltivazione di piante di tutti i tipi attraverso luso di strumenti e metodi relativamente semplici, e senza che vi siano appezzamenti destinati stabilmente alle coltivazioni. Gli strumenti, quali il bastone da scavo e la zappa, sono generalmente manuali, e non esistono aratri o altre attrezzature mossi da forza animale o meccanica. I metodi usati, inoltre, non prevedono n fertilizzazione n irrigazione, e neppure altri procedimenti per restituire al suolo, dopo i raccolti, la fertilit perduta. Lorticoltura di 2 tipi: Il tipo pi diffuso quello che prevede coltivazioni estensive o a rotazione: si lavora la terra per periodi brevi, e poi la si lascia a riposo per alcuni anni, e allorch i campi vengono ripuliti con la tecnica del "taglia e brucia", al suolo vengono restituiti gli elementi nutritivi Nellaltro tipo di orticoltura, invece, gli uomini dipendono dai frutti di alberi che hanno una crescita molto lenta Una stessa societ pu anche praticare entrambi i tipi di orticoltura, ma non si avranno comunque coltivazioni perenni. La maggioranza degli orticoltori non fa assegnamento solo sui prodotti del raccolto: molti praticano anche la caccia o la pesca, e alcuni si spostano per una certa parte dellanno. 2 sono gli esempi di societ di orticoltori: gli yanomam (Amazzonia del Brasile e del Venezuela) e i samoani (Pacifico meridionale). Per poter effettuare le coltivazioni occorre innanzi tutto ripulire la foresta da alberi e cespugli. La maggioranza dei coltivatori che praticano il metodo della rotazione, si avvalgono contemporaneamente di varie tecniche: tagliano il sottobosco, abbattono gli alberi e bruciano una determinata zona da adibire a orto (questo il motivo per cui si parla di orticoltura "taglia e brucia"). A causa della quantit di lavoro necessaria a preparare il terreno, si scelgono zone di foresta con pochi cespugli spinosi e con pochi alberi di grosse dimensioni. Dopo aver ripulito il terreno, si piantano i vegetali. Gli uomini svolgono il pesante lavoro di preparare il terreno, e insieme alle donne piantano i vegetali. Le donne in genere si recano

II.I.

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quotidianamente negli orti per estirpare le erbacce e per la raccolta. Dopo 2 o 3 anni le zone coltivate si restringono e le piante cominciano a ricrescere, rendendo le coltivazioni sempre meno produttive e sempre pi difficoltose; si decide allora di abbandonare gli orti e di predisporne altri. Se gli orti sono lontani dal villaggio, gli orticoltori spostano questultimo in una nuova area. I villaggi vengono spostati circa ogni 5 anni, sia a causa della necessit di coltivare terreni nuovi, sia per le guerre: vi sono infatti molte razzie tra un villaggio e laltro. Le coltivazioni estensive richiedono una grande disponibilit di terreni, perch i nuovi orti non possono essere coltivati fino a quando la foresta non ricresciuta. Ci che spesso viene frainteso il perch sia cos importante utilizzare i campi a rotazione: quando un terreno viene bruciato non vi solo il vantaggio di poter piantare ci che si desidera con maggiore facilit, ma anche quello che tutto il materiale che viene bruciato fornisce gli elementi nutritivi necessari ad una coltivazione efficace. Se gli orticoltori riutilizzassero troppo presto i campi abbandonati (quando fossero ricresciute solo piccole piante) gli orti non produrrebbero in modo soddisfacente. Caratteristiche generali degli orticoltori: Nella maggior parte delle societ di orticoltori le tecniche agricole, anche se semplici, hanno reso possibile lottenimento, in unarea data, di una quantit di risorse maggiori rispetto a quelle generalmente disponibili per i raccoglitori Lorticoltura, quindi, in grado di sostentare comunit pi grandi e pi densamente popolate Lo stile di vita degli orticoltori pi sedentario di quello dei raccoglitori, nonostante le comunit possano spostarsi, dopo alcuni anni di permanenza in unarea, per coltivare nuovi appezzamenti Lagricoltura intensiva. Le popolazioni che si dedicano allagricoltura intensiva utilizzano tecniche che rendono possibile la coltivazione degli stessi campi a tempo indeterminato. Gli elementi nutritivi fondamentali vengono forniti attraverso luso di fertilizzanti, che possono essere costituiti da materiale organico (di solito escrementi) o da sostanze chimiche. In generale la tecnologia degli agricoltori intensivi pi complessa di quella degli orticoltori. Al posto dei bastoni da scavo vengono utilizzati gli aratri. Tra gli agricoltori intensivi la quantit di lavoro affidata alle macchine e quella affidata alluomo variano comunque enormemente. 2 sono gli esempi di gruppi che praticano lagricoltura intensiva: uno nella Grecia rurale e uno nel delta del Mekong, in Vietnam. Caratteristiche generali delle societ ad agricoltura intensiva: Rispetto alle societ degli orticoltori, pi probabile che quelle ad agricoltura intensiva abbiano un alto grado di specializzazione artigianale, una complessa organizzazione politica (con citt e paesi) e notevoli disparit interne dal punto di vista economico La quantit di ore dedicate al lavoro superiore rispetto agli agricoltori pi semplici (gli uomini lavorano in media 9 ore al giorno, per 7 giorni alla settimana, le donne quasi 11 ore al giorno) la maggior parte del lavoro femminile riguarda la preparazione del cibo e le occupazioni dentro e intorno alla casa, ma anche parte del lavoro dei campi pi probabile che siano le societ ad agricoltura intensiva a dover affrontare carenze di cibo, sebbene siano generalmente pi produttive di quelle orticole com possibile ci?? Non vi una risposta certa; ma una delle ragioni pu essere che, poich questi agricoltori fanno spesso affidamento su un solo tipo di coltivazione, questa possa andare interamente perduta a causa del maltempo, di malattie delle piante o di invasioni di insetti; inoltre, gli agricoltori intensivi possono entrare in crisi qualora, come spesso accade, producano per il mercato: se i prezzi di acquisto dei loro prodotti vengono abbassati, i guadagni possono non essere sufficienti per acquistare il cibo necessario Alcuni agricoltori intensivi producono molto poco per il mercato, e la maggior parte del loro prodotto destinata al consumo interno vi per una tendenza universalmente diffusa a produrre sempre di pi per il mercato ("commercializzazione"). La crescente commercializzazione dellagricoltura associata a molti fenomeni. Innanzi tutto il lavoro agricolo sta diventando sempre pi meccanicizzato, a causa della scarsit di manodopera (a sua volta dovuta alla migrazione in paese e in citt per impieghi nellindustria e nei servizi) o al suo costo troppo elevato. Si manifesta poi una tendenza allemergere e al diffondersi dellagribusiness, fenomeno che vede il raggruppamento dei contadini proprietari in grandi corporazioni, che possono essere gestite da compagnie multinazionali e basarsi sul lavoro salariato, invece che su quello familiare. Un terzo fenomeno associato alla

II.II.

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commercializzazione dellagricoltura (e dellallevamento) la riduzione della popolazione dedita alla produzione di cibo Nelle societ industriali i prodotti alimentari provengono in larga parte da coltivazioni e allevamenti intensivi a cui lavora solo una piccola parte della popolazione. Gli specialisti dellalimentazione si guadagnano da vivere vendono ci che producono ai marcati allingrosso, ai distributori e alle industrie alimentari. In realt la maggioranza della gente sa molto poco riguardo al modo in cui vengono coltivate le piante e allevati gli animali. La pastorizia#. La maggior parte degli agricoltori alleva alcuni animali, ma certe societ dipendono direttamente o indirettamente, per la loro sopravvivenza, dallallevamento di mandrie di animali al pascolo. Queste societ vengono definite "pastoriali". Potremmo supporre che i pastori allevino gli animali per mangiarne la carne, ma di solito non cos. Nella maggioranza dei casi i pastori traggono le proteine animali dal latte; alcuni le ricavano dal sangue (ricco di proteine), ottenuto da animali vivi, che viene poi mescolato ad altri cibi. Le mandrie e le greggi forniscono cibo anche indirettamente, poich i pastori scambiano i prodotti animali con quelli vegetali e con altri prodotti. 2 sono gli esempi di societ pastorali: i basseri dellIran meridionale e i lapponi della Scandinavia. Le migrazioni annuali sono cos importanti per leconomia della societ pastorali che esse hanno sviluppato il concetto di "via della trib" (il-rah). Una delle trib pi importanti ha un percorso tradizionale e un programma degli spostamenti. Litinerario, che comprende le varie localit nellordine osservato per visitarle, segue passaggi e linee di comunicazione gi tracciati. Il programma degli spostamenti, che regola la durata delle soste nelle varie localit, basato sulla maturazione delle distese erbose dei differenti pascoli e sugli spostamenti delle altre trib. La "via della trib" considerata, effettivamente, propriet della trib. Le popolazioni e le autorit locali riconoscono alla trib il diritto di transito lungo i sentieri e i campi coltivati, e il diritto di accesso allacqua e ai pascoli presso i pozzi e i terreni comuni. Le caratteristiche generali della pastorizia: In tempi recenti, la pastorizia praticata soprattutto in zone ricche di erba e in territori semiaridi, inidonei alle coltivazioni se non dopo un trattamento con adeguate tecnologie, come per esempio lirrigazione I pastori sono in gran parte nomadi, in quanto devono spostarsi abbastanza frequentemente alla ricerca di acqua e di nuovi pascoli per gli animali alcuni pastori hanno per talvolta vite pi sedentarie (si spostano da un insediamento ad un altro in stagioni differenti, oppure soltanto alcuni si allontanano dagli insediamenti per seguire gli animali nelle loro migrazioni stagionali) Di solito le comunit di pastori sono piccole, poich sono costituite da un gruppo di famiglie imparentate fra loro Gli animali possono essere di propriet dei singoli o della famiglie, ma le decisioni sulle modalit di spostamento della mandrie e delle greggi vengono prese collettivamente III. I limiti ambientali al reperimento del cibo. Gli antropologi sostengono che lambiente fisico ha leffetto di limitare, piuttosto che quello di determinare, le modalit di sussistenza di una popolazione. Sappiamo che la raccolta stata praticata, in un periodo o nellaltro, in quasi tutte le aree del mondo. Non sembra che lambiente influenzi la misura in cui una popolazione dipende dalle piante, dagli animali o dalla pesca. Man mano che ci si allontana dallequatore, comunque, i raccoglitori dipendono per lalimentazione sempre meno dalle piante e sempre pi dagli animali o dalla pesca. Lewis Binford ritiene che la pesca assuma maggiore importanza nei luoghi freddi poich, dato che si rendono necessarie dimore permanenti per difendersi dalle rigidit del clima, non pi possibile fare assegnamento su animali di grossa taglia che, per nutrirsi, in inverno devono percorrere lunghe distanze. Il pesce pi localizzato della selvaggina, e i pescatori, in inverno, possono rimanere nello loro abitazioni (i pochi cacciatori presenti nelle regioni fredde posseggono degli animali che trasportano le loro dimore mobili). Vi per un habitat che pu effettivamente aver impedito, fino a tempi recenti, uno stile di vita basato sulla raccolta. Se non fosse stato per la vicinanza di produttori di cibo (in particolare agricoltori), i raccoglitori recenti come i pigmei mbuti (Africa centrale) non sarebbero potuti sopravvivere nella foresta tropicale dove vivono attualmente (una foresta dalla ricca vegetazione, ma poco commestibile per luomo, e con molti animali, ma che non forniscono una quantit sufficiente di carboidrati o grassi). Cos, come i pigmei, molti altri raccoglitori tropicali praticano il commercio per ottenere prodotti agricoli, mentre altri coltivano qualche pianta per integrare la raccolta. Se confrontiamo lorticoltura e lagricoltura intensiva

II.III.

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sembra che lambiente fisico possa fornire qualche spiegazione circa la scelta delluna o dellaltra. Circa l80% di tutte le societ che praticano lorticoltura o lagricoltura pi semplici vive ai tropici, mentre il 75% di tutte le societ che praticano lagricoltura intensiva non vive in ambienti tropicali. Le foreste tropicali vengono bagnate da abbondanti piogge, ma, a dispetto della vegetazione lussureggiante, il terreno non offre condizioni favorevoli per unagricoltura intensiva. Forse le piogge torrenziali asportano dal suolo determinati minerali, e inoltre la difficolt di controllare le invasioni di insetti e di erbe infestanti pu rendere lagricoltura intensiva meno produttiva. Difficile non significa per impossibile. Attualmente vi sono alcune aree di foresta tropicale che sono state disboscate e destinate stabilmente alla coltivazione intensiva del riso. Inoltre, nonostante sia di norma impossibile nelle terre aride (a causa dellinsufficienza di precipitazioni), lagricoltura pu per essere praticata ove vi siano delle oasi o fiumi le cui acque possano venir incanalate. Le greggi e le mandrie si cibano essenzialmente di erba, per cui non desta molta meraviglia il fatto che la pastorizia sia in genere praticata nelle zone erbose. Lhabitat erboso abbonda di selvaggina di grossa taglia, e quindi favorisce sia la caccia sia la pastorizia, fatta eccezione per le zone in cui luso delle macchine rende possibile lagricoltura intensiva. Nel corso del tempo strategie molto diverse sono state praticate negli stessi ambienti. Risulta quindi evidente che lambiente fisico da solo non sufficiente a spiegare il sistema scelto in una data area per procurarsi il cibo. (Anche in un ambiente polare si potrebbe praticare lagricoltura allinterno di serre riscaldate, ma sarebbe eccessivamente costoso) Ci che rende possibile quello che sembra impossibile sono i progressi della tecnologia e gli enormi investimenti nella forza lavoro e nelle attrezzature. Occorre per sottolineare che tutto ci resta precario, in quanto esso dipende da risorse ed energie che si trovano altrove. A determinare quindi il tipo di approvvigionamento praticato in una data area sono molto pi i fattori tecnologici, sociali e politici che non quelli ambientali. IV. Le origini della produzione del cibo. Nel periodo che va dai 40.000 ai 15.000 anni fa (che, dal punto di vista archeologico, conosciamo meglio per quanto riguarda lEuropa) sembra che per gli uomini la dieta si basasse soprattutto sulla carne della grossa selvaggina migratoria (bue selvatico, antilope, bisonte, mammut). I raccoglitori di questepoca erano probabilmente molto mobili, cos da poter seguire le migrazioni degli animali. A partire da circa 14.000 anni fa le popolazioni di alcune regioni cominciarono a dipendere sempre meno dalla selvaggina di grossa taglia e sempre di pi da fonti alimentari relativamente stabili, come pesci, molluschi, piccola selvaggina e piante selvatiche. Dopo il ritiro dei ghiacciai crebbero le opportunit alimentari offerte dalle acque dolci e da quelle salate. In alcune aree, soprattutto in Europa e nel Vicino Oriente, lo sfruttamento delle risorse locali relativamente permanenti pu spiegare lo sviluppo di uno stile di vita sempre pi sedentario. La prima testimonianza di un passaggio alla produzione del cibo (vale a dire alla coltivazione delle piante e alladdomesticamento degli animali) proviene dal Vicino Oriente, ed datata intorno all8000 a.C. Questo cambiamento sopravvenne probabilmente in modo indipendente anche in altre aree del mondo. Le regioni montuose del Messico (7.000 a.C. ~) e le Ande centrali in Per (6.000 a.C. ~) furono probabilmente le aree pi importanti per quanto riguarda la coltivazione di piante commestibili che si utilizzano ancora oggi. Attualmente la maggioranza degli uomini dedita alla produzione del cibo piuttosto che alla sua raccolta. Circa 10.000 anni fa in diverse aree del mondo sopravvengono trasformazioni economiche in concomitanza con linizio della domesticazione di piante e animali selvatici. Sono numerose le teorie che tentano di spiegare le cause dello sviluppo della produzione alimentare, e la maggior parte di queste teorie cerca di spiegarne linsorgere nel Vicino Oriente. Lewis Binford e Kent Flannery hanno avanzato lipotesi che alcuni cambiamenti dovuti a circostanze esterne, ma non necessariamente ambientali, abbiano indotto o favorito il passaggio alla produzione. Come not Flannery, non vi sono prove che vi sia un grosso incentivo economico, per i raccoglitori, nel passare alla produzione del cibo. Come abbiamo visto, infatti, alcuni raccoglitori contemporanei possono in realt soddisfare i loro bisogni alimentari pur lavorando molto meno di altri agricoltori. Secondo Binford e Flannery lincentivo alladdomesticamento di piante e animali pu essere stato originato dal desiderio di riprodurre le condizioni di abbondanza di animali e piante caratteristiche delle migliori zone di raccolta. Poich nelle aree migliori la popolazione aumenta, sarebbe nata la necessit di spostarsi per circondare le aree con le poche risorse rimaste disponibili. Sarebbe stato in queste aree marginali che gli uomini sono passati alla produzione del cibo al fine di riprodurre ci che erano abituati ad avere. Il modello di Binford e Flannery sembra essere sostenuto dalle testimonianze archeologiche di alcune zone, dove effettivamente un incremento della popolazione precede le prime tracce di addomesticamento. Ma in alcune regioni, nelle aree con le condizioni pi favorevoli per la raccolta non si riscontra un aumento della popolazione prima della comparsa delladdomesticamento. Il modello di Flannery e Binford considera la pressione demografica in una piccola area quale incentivo per il passaggio alla produzione. Mark Cohen ipotizz, per spiegare linsorgere dellagricoltura in aree diverse nel volgere di poche migliaia di anni, una pressione demografica su larga scala. I raccoglitori sarebbero

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gradualmente cresciuti di numero fino a riempire tutto il pianeta, allincirca intorno a 10.000 anni fa. Non sarebbe stato possibile, allora, alleviare la pressione demografica spostandosi in zone disabilitate. Per sostentare la popolazione in aumento i raccoglitori avrebbero dovuto nutrirsi anche di piante e animali selvatici poco graditi, avrebbero cio dovuto ampliare i confini delle specie raccolte e cacciate oppure avrebbero dovuto accrescere il raccolto delle piante preferite proteggendole dalle invasioni di insetti e dalle erbe infestanti, e anche, forse, piantando deliberatamente quelle pi produttive Cohen ipotizza che tutte queste strategie siano state tentate, ma che alla fine si sia optato per le coltivazioni perch avrebbero rappresentato il sistema pi efficiente. Recentemente alcuni archeologi hanno riproposto la teoria secondo la quale nellemergere dellagricoltura gioc un ruolo fondamentale il cambiamento del clima. Sulla base delle prove oggi in nostro possesso possiamo affermare che, intorno a 12.000-13.000 anni fa, vi fu nel Vicino Oriente un cambiamento di clima: le estati divennero pi calde e pi secche, mentre gli inverni si fecero sempre pi freddi. Questi cambiamenti possono aver favorito lapparizione di specie di cereali annuali, che dalle testimonianze archeologiche risultano infatti proliferare. Alcuni raccoglitori sfruttarono in modo intensivo i cereali stagionali, sviluppando unelaborata tecnologia per immagazzinarli e trattarli, e abbandonando cos il loro precedente stile di vita basato sul nomadismo. La transizione allagricoltura pu essere sopravvenuto nel momento in cui la raccolta si rivel ormai insufficiente a sfamare la popolazione. Tale cambiamento potrebbe essere stato la conseguenza della sedentarizzazione e quindi di un incremento della popolazione e di un depauperamento delle risorse, oppure di un esaurimento delle piante e degli animali selvatici a seguito dello stabilirsi della popolazione in villaggi permanenti. Il cambiamento di clima potrebbe inoltre aver causato indirettamente alcune carenze di sostanze nutritive. Nella stagione secca, infatti, alcune di queste sarebbero divenute irreperibili, poich gli animali erbivori, dimagrendo a causa dei pascoli non abbondanti, avrebbero fornito solo carne magra. Sebbene possa sembrare incredibile, alcuni raccoglitori recenti sono morti di fame quando hanno dovuto nutrirsi solo di carne magra. Se essi avessero potuto in qualche modo aumentare lapporto di carboidrati o di grassi, avrebbero avuto pi possibilit di superare i periodi caratterizzati dalla presenza di selvaggina magra. possibile quindi che alcuni raccoglitori del passato abbiano deciso di coltivare delle piante per riuscire a superare la stagione secca, periodo in cui la caccia, la pesca e la raccolta di vegetali non fornivano carboidrati e grassi a sufficienza per scongiurare il pericolo delle fame. Quali che siano le ragioni del passaggio alla produzione, resta ancora da spiegare perch essa abbia soppiantato le precedenti fonti primarie di sussistenza. Non possiamo presupporre che i raccoglitori siano passati alla produzione perch la consideravano un sistema superiore. Dopotutto, come abbiamo gi osservato, la domesticazione pu comportare pi lavoro e dare meno sicurezza dello stile di vita basato sulla raccolta. La diffusione dellagricoltura pu essere legata al bisogno di espansione territoriale. Nel momento in cui una popolazione sedentaria di produttori aumentava di numero, poteva essere costretta ad occupare nuovi territori. Alcuni di questi territori avrebbero potuto essere liberi, ma altri avrebbero potuto essere gi abitati da gruppi di raccoglitori. Sebbene non sia necessariamente pi facile, la produzione del cibo generalmente rende di pi della raccolta per unit di superficie. Maggiore la produttivit, maggiore il numero di persone a cui una data area pu dare sostentamento. Nella competizione per lacquisizione della terra, avvenuta tra i produttori che si espandevano velocemente e i raccoglitori, i primi possono aver avuto un vantaggio significativo: essi avevano un numero di persone pi elevato sullo stesso territorio. pi probabile, quindi, che, nella lotta per la conquista della terra, siano stati i raccoglitori a perdere. Alcuni gruppi possono essere passati a loro volta alla produzione, abbandonando il loro stile di vita per poter sopravvivere. Altri gruppi, rimasti raccoglitori, possono essere stati costretti a ritirarsi in zone che ai coltivatori non interessavano. Attualmente, come abbiamo visto, i pochi raccoglitori rimasti abitano in aree non particolarmente adatte allagricoltura. Cos come una precedente crescita di popolazione pu spiegare lorigine della domesticazione di piante e animali, altrettanto, per i periodi successivi, unulteriore crescita della popolazione e la conseguente pressione sulle risorse possono rendere ragione, almeno in parte, della trasformazione di sistemi basati sullorticoltura in altri fondati sullagricoltura intensiva. Ester Boserup ha suggerito che improbabile che unagricoltura intensiva (e il conseguente incremento produttivo per acro) si sviluppi in modo naturale dallorticoltura, in quanto lagricoltura richiede molto lavoro in pi, e le popolazioni desidererebbero intensificare il loro lavoro solo in caso di necessit. Laddove lemigrazione impossibile, la spinta allincremento del lavoro agricolo pu precedere la crescita della popolazione. Anche la necessit di pagare tasse o tributi ad unautorit politica pu stimolare un incremento produttivo. V. I sistemi economici.

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In tutte le societ, indipendentemente dal fatto che il denaro vi sia implicato o meno, esistono usanze che specificano in che modo si possa avere accesso alle risorse naturali, e modalit prefissate per trasformare o convertire queste risorse, attraverso il lavoro, in cose necessarie e in altri beni e altri servizi. Molte variazioni transculturali dei sistemi economici sono prevedibili sulla base del modo in cui le societ si procurano il cibo. Vi sono anche altri aspetti della cultura che incidono sui sistemi economici, tra cui la presenza o lassenza di disuguaglianza sociale (di classe e di genere), la famiglia e i gruppi di parentela e il sistema politico. V.I. Le risorse naturali: la terra. Tutte le societ hanno accesso a risorse naturali (terra, acqua, piante, animali, minerali) e tutte le societ posseggono regole culturali che hanno lo scopo di determinare chi abbia accesso a particolari risorse e in che modo possa servirsene. Nelle societ come la nostra, in cui la terra e molte altre cose possono essere vendute e acquistate, la terra divisa in unit misurate con precisione, i cui confini sono a volte invisibili. Gli appezzamenti di terreno relativamente piccoli e le risorse che contengono appartengono di solito a singoli individui. La propriet di grandi appezzamenti invece, abitualmente, collettiva. Il proprietario pu essere un ente governativo; oppure una corporazione (= un gruppo privato di azionisti). Il possesso di una propriet d il diritto ad utilizzare la terra e le sue risorse (= usufrutto) nel modo che si preferisce; il proprietario pu anche impedirne ad altri lutilizzo. In molte altre societ il proprietario ha anche il diritto di "alienare" la propriet, pu cio venderla, donarla, lasciarla in eredit, o distruggere le risorse in essa contenute. 2 sono le ragioni per cui la maggioranza dei raccoglitori e degli orticoltori non ha sviluppato il nostro sistema di distribuzione della terra: nelle loro societ la terra non posseduta n dal singolo individuo, n da un gruppo di persone non imparentate tra loro; laddove riscontriamo la propriet collettiva, essa appartiene a gruppi parentali o a gruppi territoriali (bande o villaggi) anche dove vi sia una propriet collettiva, essa diversa dalla nostra perch la terra non pu essere acquistata o venduta quindi la societ, e non lindividuo, che specifica cosa sia da considerare una propriet, e quali siano i diritti e i doveri associati alla propriet. Tali norme sono di natura sociale, perch possono mutare nel tempo. Ci si chiede spesso se labuso dei diritti di propriet non sia uno dei fattori che hanno determinato laumento dellinquinamento dellaria e dellacqua. I governi stanno divenendo sempre pi attivi nel regolare con precisione ci che le persone (e anche gli enti pubblici) possono fare con la terra che possiedono. La propriet quindi non del tutto privata. Esaminiamo ora i diversi modi in cui i raccoglitori, gli orticoltori, i pastori e gli agricoltori intensivi strutturano i diritti della terra. Esamineremo i modelli tradizionali, perch, come avremo occasione di vedere in seguito, lespansione delle societ statuali che hanno colonizzato le societ native, ha profondamente intaccato la concezione tradizionale dei diritti sella terra. I RACCOGLITORI: come abbiamo gi osservato, i membri delle societ di raccolta in genere non possiedono la terra individualmente. Probabilmente la ragione di ci risiede del fatto che la terra in s non ha, in queste societ, alcun valore intrinseco: ci che ha valore la presenza, su un territorio, di animali e di piante commestibili. Se la selvaggina si sposta, o se le risorse cominciano a scarseggiare, la terra perde valore. Nella misura in cui, perci, aumenta la possibilit di fluttuazione delle fonti di cibo, diminuir il vantaggio di assegnare al singolo un piccolo pezzo di terra, e sar invece pi conveniente una propriet collettiva. Sebbene i raccoglitori pratichino raramente qualcosa che assomigli alla propriet privata della terra o di altre risorse, varia per considerevolmente lestensione della "propriet comune". In alcune societ, i gruppi non rivendicano n difendono particolari territori. Ma di solito nelle societ di raccolta sono gruppi di individui (in genere parenti) che "possiedono" la terra. A ben vedere tale propriet di solito non esclusiva: la bande vicine infatti possono generalmente accedervi. Allaltro estremo vi sono gruppi di alcune societ di raccolta che tentano di conservare diritti esclusivi su determinati territori. Perch alcuni raccoglitori risultano pi legati al territorio di altri?? Si pu avanzare lipotesi che, laddove le piante e gli animali sono in un luogo preciso e sono abbondanti, pi probabile che i gruppi siano sedentari e cerchino di mantenere un controllo esclusivo sul territorio. Al contrario, quando non possibile fare previsioni sulla localizzazione e sulla quantit delle risorse animali e vegetali, la territorialit tender ad essere minima. Sembra che i raccoglitori abbiano sia risorse localizzate e prevedibili, sia insediamenti stabili, ed quindi difficile riuscire a determinare quale sia lelemento che gioca maggiormente nella difesa del territorio.

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GLI ORTICOLTORI: tra gli orticoltori, come tra i raccoglitori, non esiste nella maggioranza dei casi la propriet individuale o familiare della terra, probabilmente perch il rapido esaurimento del suolo costringe a lasciare incolta la terra per alcuni anni, o ad abbandonare unarea dopo poco tempo per trasferirsi in nuovi territori. Non avrebbe senso, per i singoli o le famiglie, rivendicare un accesso permanente ad una terra che, data la scarsa tecnologia impiegata, non utilizzabile in modo permanente. il villaggio che controlla il diritto alluso della terra. Il singolo pu cacciare e pescare dove preferisce, e ha il diritto di approntare un orto ovunque desideri, se la terra che appartiene alla comunit non , in quella zona, impiegata altrimenti. Gli orti vengono coltivati per 2 anni, dopodich il suolo di esaurisce: la terra ritorna allora alla comunit. Viene operata una distinzione tra la terra e i suoi prodotti, cosicch chi coltiva la terra possiede effettivamente ci che produce (cos come il cacciatore o il pescatore possiede le proprie prede), ma, poich tutto il cibo viene spartito con gli altri, non si pu neppure dire, in realt, che esista un proprietario del raccolto. I diritti sulla terra divennero via via pi individuali quando essi iniziarono a dedicarsi al commercio. I diritti su una determinata parte di terra non potevano essere acquistati o venduti, per potevano essere ereditati da un figlio o da un genero. I PASTORI: il territorio dei pastori nomadi supera di gran lunga quello della maggior parte degli orticoltori. Poich la loro ricchezza dipende sostanzialmente da 2 elementi (le mandrie e le greggi, che si spostano, e i pascoli e lacqua, che sono fissi), i pastori devono combinare il potenziale adattivo dei raccoglitori e degli orticoltori. Analogamente ai raccoglitori, i pastori devono essere a conoscenza delle potenzialit del loro territorio in modo da assicurarsi una fornitura costante di erba e di acqua. Analogamente agli orticoltori, dopo che i loro animali hanno esaurito i pascoli, essi devono spostarsi e lasciare la terra incolta sino a che i pascoli non si siano rigenerati. E sempre come gli orticoltori, i pastori dipendono, per la loro sussistenza, dalla manipolazione di una risorsa naturale (gli animali), laddove i primi dipendono dalla manipolazione della terra. Dato che la terra buona solo se vi sono pascoli e acqua a sufficienza, ci sarebbero dei rischi considerevoli se gli individui o le famiglie fossero i proprietari della terra. Come moltissimi raccoglitori e orticoltori, quindi, i membri della comunit hanno generalmente un accesso libero ai pascoli. Bench questi tendano ad essere una propriet comune, consuetudine che gli animali siano una propriet individuale. Fredrik Barth ha sostenuto che se per gli animali non vigesse un simile regime di propriet, lintero gruppo potrebbe trovarsi nei guai perch i membri potrebbero essere tentati di mangiare il loro capitale produttivo (gli animali) nei periodi di difficolt. Quando gli animali sono una propriet individuale, una famiglia il cui gregge scende sotto il numero minimo di capi necessari alla sopravvivenza pu abbandonare, almeno provvisoriamente, la vita nomade per svolgere lavori salariati nelle comunit agricole sedentarie. Daltro canto, se le famiglie fortunate dovessero condividere i loro capi con quelle meno fortunate, tutti si troverebbero sullorlo della bancarotta. Quindi, ha sostenuto Barth, la propriet individuale un fenomeno adattivo per uno stile di vita pastorale. John Dowling ha messo in dubbio questa interpretazione, sottolineando come i pastori nomadi non siano gli unici a dover salvaguardare parte dei loro "raccolti" per la produzione futura: anche gli orticoltori devono mettere da parte porzioni di raccolto (sotto forma di tuberi o di semi). Ciononostante gli orticoltori non hanno la propriet privata delle risorse produttive, e quindi la necessit di accantonare risorse per la produzione futura non sufficiente a spiegare la propriet privata degli animali nelle societ pastorali. Dowling ha ipotizzato che la propriet privata si sia sviluppata solo nelle societ pastorali che dipendono dalla vendita dei loro prodotti alle popolazioni che non praticano la pastorizia. quindi lesistenza dellopportunit di vendere i propri prodotti, ma anche il proprio lavoro, che spiegherebbe, presso i pastori, sia la possibilit di abbandonare la vita nomade sia la propriet privata degli animali. LAGRICOLTURA INTENSIVA: la propriet individuale delle risorse della terra, che include il diritto a utilizzare le risorse e il diritto di venderle o di disporne altrimenti, molto comune presso gli agricoltori intensivi. Lo sviluppo di questo tipo di propriet , in parte, da attribuire alla possibilit di utilizzare la terra stagione dopo stagione: ci conferisce alla terra un valore pi o meno permanente. Il concetto di propriet individuale, per, ha anche un valore sociale e politico. Le terre di frontiera che furono occupate e coltivate negli Stati Uniti, per esempio, vennero trasformate dalla legge in propriet individuali. Con lo Homestead Act del 1862, ad una persona che ripuliva e coltivava per 5 anni un appezzamento di 160 acri veniva riconosciuta dal governo federale la propriet

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dellappezzamento. Questa pratica simile alla tradizione, vigente in alcune societ, per cui un gruppo di parentela, un capo o una comunit sono costretti ad assegnare un pezzo di terra a chiunque desideri coltivarlo. La differenza risiede nel fatto che, una volta che lassegnatario americano era divenuto il proprietario della terra, la legge del paese in cui si trovava gli dava il diritto di disporne come meglio credeva. Dal momento in cui viene stabilita la propriet individuale della terra, i proprietari possono far valere il loro potere economico, e quindi politico, per fare approvare leggi che li favoriscono. Nel primo periodo della storia degli Stati Uniti solo i detentori di propriet avevano il diritto di voto. La propriet privata individuale associata generalmente allagricoltura intensiva, ci per non accade sempre. Come abbiamo visto, lagricoltura intensiva solitamente associata a sistemi politici pi complessi, e alla presenza di differenze riguardo alla ricchezza e al potere. Abbiamo quindi bisogno di comprendere il contesto politico e sociale per riuscire a capire gli specifici sistemi di distribuzione della terra. Nellambito del sistema feudale presente nella gran parte dellEuropa medievale, per esempio, i grandi aristocratici garantivano ad aristocratici di livello inferiore (i vassalli) terra e protezione in cambio di prestazioni militari e di altri obblighi. Nel caso il vassallo morisse senza eredi, la terra ritornava a chi laveva concessa. La maggior parte del lavoro agricolo veniva svolta da gente comune (coltivatori non proprietari e servi della gleba). I primi ricevevano la terra dal signore di un feudo in cambio di lavoro, di una parte del raccolto, e delle prestazioni militari che si rendevano necessarie. La propriet data in affitto poteva essere lasciata ai figli, e gli affittuari, almeno in teoria, erano liberi di andarsene, anche se questo non era facile. I servi della gleba, che avevano nei confronti del loro signore doveri simili, erano legati alla terra e non potevano andarsene, ma non potevano neppure essere allontanati. In tempi recenti in alcune nazioni comuniste e socialiste ad agricoltura intensiva vennero create delle comuni agricole. Dopo la seconda guerra mondiale, per esempio, in un villaggio della Bulgaria, le piccole fattorie private furono incorporate nella cooperativa del villaggio. Molti abitanti lavoravano come operai nella nuova cooperativa, ma a ciascuna fattoria veniva assegnato un piccolo appezzamento. Questi appezzamenti erano molto produttivi e gli occidentali attribuirono tale risultato alliniziativa privata. In realt la cooperativa forniva molto del lavoro necessario alla coltivazione degli appezzamenti, e quindi difficilmente questi potevano essere considerati propriet private. Con il crollo del regime comunista, la cooperativa fu sciolta, e la terra venne divisa e venduta a proprietari privati. Nelle societ capitalistiche pu sembrare che coloro che posseggono una propriet abbiano un controllo praticamente assoluto sul modo in cui utilizzarla e disporne. Ma tale controllo quasi assoluto controbilanciato dalla possibilit concreta della perdita della propriet. Nella societ statunitense il governo pu sottrarre una propriet come sanzione penale in caso di insolvenza nel pagamento delle tasse. Un creditore pu prendere una propriet per soddisfare un debito. Oppure il governo pu decidere di rilevare una propriet (di solito tributando un compenso a chi la possiede) per scopi pubblici. Spesso le famiglie perdono le loro propriet a causa di eventi su cui non sono in grado di esercitare alcun controllo (una crisi economica del paese, una siccit, un periodo di stagnazione economica, ..). Inoltre, laddove esiste la propriet individuale della terra, vi sono quasi sempre persone che non posseggono alcun pezzo di terra. IL COLONIALISMO: quasi ovunque nel mondo i conquistatori e i colonizzatori hanno sottratto la terra ai nativi. Anche quando a questi veniva concessa in cambio altra terra, le riserve erano spesso, se non sempre, pi povere di risorse rispetto alle terre dorigine. I nuovi governi centrali, inoltre, cercavano il modo di scambiare la terra posseduta dai nativi, quasi sempre in direzione di un possesso privato o individuale. Se i possessori della terra erano un gruppo di parentela o entit sociali pi vaste, risultava pi difficile per i colonizzatori ottenere dai nativi, con proposte di acquisto o con minacce, la cessione della terra. I nuovi venuti, che traevano benefici da questi scambi forzati, non sempre erano di origine europea, ma provenivano comunque da societ statuali in espansione. Ovunque vi siano state societ "civili" (urbane) sono esistiti anche limperialismo e il colonialismo. VI. La tecnologia. Per riuscire a convertire le risorse in cibo e in altri beni tutte le societ si avvalgono della tecnologia, che comprende strumenti, costruzioni, e che richiede abilit specifiche. I raccoglitori e i pastori, per esempio, hanno in genere un equipaggiamento molto limitato: essi devono infatti avere con s solo gli strumenti (e, in generale, i beni materiali) che riescono agevolmente a trasportare. Per quanto riguarda laccesso alla

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tecnologia, i raccoglitori e gli orticoltori di norma prevedono opportunit uguali per tutti i membri del gruppo. In assenza di specializzazioni, la maggior parte degli individui in grado di produrre autonomamente ci di cui necessita. In una societ industriale come la nostra, invece, difficilmente vi per tutti lopportunit di acquisire o di utilizzare una determinata tecnologia (che pu essere enormemente costosa e complessa). I RACCOGLITORI: gli strumenti pi utilizzati tra i raccoglitori sono le armi per la caccia, i bastoni da scavo e i contenitori impiegati per riporre i prodotti della raccolta e per il trasporto. La maggior parte dei raccoglitori conosce larco e le frecce; alcuni usano i boomerang; altri si servono di frecce avvelenate e di cerbottane; altri ancora utilizzano reti o grandi buche scavate nel terreno. Tra tutti i raccoglitori sono probabilmente gli inuit quelli che posseggono le armi pi sofisticate (arpioni, archi multipli e ami davorio). Gli inuit abitano in insediamenti relativamente permanenti, in cui vi spazio disponibile per limmagazzinamento, e inoltre hanno cani e slitte per trasportare i propri beni. Tra i raccoglitori considerato proprietario dello strumento colui che lo ha fabbricato. Non possibile vantare una superiorit rispetto agli altri sulla base del possesso degli strumenti, perch le risorse per produrli sono accessibili a tutti. Inoltre la consuetudine di spartire le cose con gli altri si applica tanto al cibo quanto agli strumenti. I PASTORI: anche i pastori devono in qualche misura limitare i loro beni (perch anchessi conducono una vita nomade), per hanno a disposizione gli animali, che possono destinare al trasporto. Ciascuna famiglia possiede i propri attrezzi, i vestiti, a volte una tenda, e naturalmente il proprio bestiame. Attraverso il bestiame i pastori si procurano altri beni necessari, spesso scambiando i loro prodotti con quelli degli abitanti delle citt. GLI ORTICOLTORI: sono pi autosufficienti dei pastori. I loro strumenti di lavoro consistono in un coltello, nella zappa o nel bastone da scavo. Lo strumento che una persona fabbrica considerato di sua propriet, ma ciascuno obbligato a dare a prestito i propri attrezzi, altrimenti correrebbe il rischio di essere disprezzato a di ricevere a sua volta un rifiuto nel momento in cui toccasse a lui domandare un attrezzo in prestito. GI STRUMENTI COMPLESSI: nelle societ ad agricoltura intensiva, e in quelle industriali, gli strumenti di solito vengono realizzati da specialisti (e quindi devono essere acquisiti tramite scambi o comperati). Probabilmente a ragione dellalto costo che hanno questi strumenti complessi, pi difficile che essi vengano in comune, se non tra coloro che hanno contribuito allacquisto. Non sempre le attrezzature costose sono possedute dai singoli: possono infatti esservi propriet collettive di macchinari (nel caso delle cooperative o delle compropriet tra vicini). Alcune attrezzature, per, hanno un costo talmente elevato che neppure una cooperativa pu permettersi di acquistarle. I governi utilizzano fondi raccolti con le imposizioni fiscali per realizzare strutture e servizi che favoriscono alcuni gruppi produttivi, ma anche la collettivit (es: gli aeroporti avvantaggiano le linee aeree e i viaggiatori). Tali risorse sono propriet comuni. Lammontare di tecnologia e di servizi posseduti dal governo un indicatore del tipo di sistema politico-economico: rispetto a quali capitalisti, i paesi socialisti e quelli comunisti hanno un numero maggiore di propriet pubbliche. VII. I tipi di produzione economica. Tutte le societ, attraverso il lavoro, devono trasformare o convertire le risorse in cibo, attrezzature e altri beni (tali attivit costituiscono ci che gli economisti chiamano produzione). Alcuni aspetti della conversione delle risorse naturali sono da considerarsi degli universali culturali, ma vi , anche in questo settore, una grande variabilit interculturale. Nelle prime descrizioni che abbiamo delle societ note allantropologia vediamo illustrato il modo di produzione domestico (familiare o parentale). In esso il lavoro di ciascuno destinato alla produzione di cibo, di riparo e di utensili per s e per i propri parenti. Generalmente le famiglie hanno il diritto di sfruttare le risorse produttive e controllano i frutti del loro lavoro. Anche gli specialisti che, come i vasai, dedicano parte del tempo ad attivit non direttamente connesse alla produzione di cibo possono sostentarsi con queste ultime nei casi di bisogno. Allaltro estremo troviamo le societ industriali, in cui gran parte del lavoro basata sulla produzione meccanizzata (nelle fabbriche, ma anche in agricoltura). Nelle societ industriali, quindi, i pi lavorano per altri come salariati. E sebbene

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le retribuzioni permettano di acquistare il cibo, coloro che non lavorano perdono velocemente la capacit di sostentarsi (a meno che non abbiano sussidi o assicurazioni contro la disoccupazione). Vi poi il sistema di produzione tributario, presente in societ non industrializzate in cui la maggioranza della popolazione ancora in grado di produrre autonomamente il proprio sostentamento, ma in cui, al contempo, unlite controlla parte della produzione (es: le societ feudali dellEuropa medioevale occidentale e la Russia zarista della servit della gleba). Molti ritengono che attualmente le economie sviluppate siano in fase di transizione verso uneconomia post-industriale. I computer "guidano" macchine e robot, e hanno fatto sparire molto del lavoro manuale presente nellindustria. VIII. Gli incentivi al lavoro. Perch la gente lavora?? Chiaramente una delle ragioni che il lavoro necessario alla sopravvivenza. Nessuna societ potrebbe sopravvivere se la maggioranza dei suoi membri adulti non lavorasse come potrebbe, o facesse assegnamento sul lavoro degli altri. In effetti quasi tutte le societ riescono a convincere le persone a fare ci che devono fare, e a volte anche a motivarle ad amare il lavoro. Una delle ragioni per cui la gente lavora perch deve. La ragione, invece, citata spesso, per cui la gente lavora pi del dovuto, e cio quella del profitto, il desiderio di scambiare qualcosa ad un prezzo superiore a quello al quale si acquistata, non universale. Tra le popolazioni che producono cibo e altri beni soprattutto per il consumo interno (la maggioranza dei raccoglitori, molti se non tutti gli orticoltori, e anche alcuni agricoltori intensivi) la motivazione del profitto pu essere assente. Queste societ hanno uneconomia di sussistenza, e non uneconomia commerciale o monetaria. Gli antropologi hanno osservato che spesso chi vive in una societ con uneconomia di sussistenza (cio con un modo di produzione domestico) lavora meno di chi vive in quelle caratterizzate da uneconomia commerciale (con modo di produzione industriale o tributario). Inoltre sembra che i raccoglitori abbiano molto tempo libero dal lavoro, e che lo stesso valga per gli orticoltori. Queste societ producono solo ci che loro necessario perch non possono immagazzinare il surplus per lunghi periodi perch marcirebbe non possono venderlo perch non vi sono mercati nelle vicinanze non hanno unautorit politica che possa raccoglierlo per qualche scopo Sebbene noi spesso siamo portati a pensare che "di pi meglio", una strategia di approvvigionamento del cibo che seguisse questo principio potrebbe rivelarsi disastrosa, soprattutto nel caso dei raccoglitori. Se il gruppo uccidesse pi animali di quelli che pu effettivamente mangiare metterebbe seriamente a repentagli le risorse di cibo del futuro, perch eccedendo nella caccia di ridurrebbe la potenzialit riproduttiva degli animali. stato ipotizzato che, laddove le risorse vengono convertite soprattutto per il consumo domestico, la gente lavorer pi duramente quando vi saranno pi consumatori in famiglia (es: molti bambini e molti anziani, che non lavorano) "regola di Chayanov" (nonostante Chayanov applicasse la sua teoria solo a contadini che producevano per il proprio consumo, Chibnik suggerisce che essa possa trovare applicazione anche laddove prevalga il lavoro salariato) Vi sono comunque molte societ (anche tra quelle con uneconomia di sussistenza) in cui alcune persone lavorano molto di pi di quanto sarebbe necessario per il sostentamento della famiglia. Molte di queste economie non sono in realt orientate semplicemente al consumo domestico. Spesso, anzi, la condivisione del cibo e di altri beni si estendono ben al di l della famiglia, sino ad includere a volte lintera comunit o anche raggruppamenti di comunit. In queste societ il riconoscimento sociale va a chi generoso, e quindi chi lavora pi di ci che gli sufficiente per sopravvivere pu essere spinto a farlo dal desiderio di ottenere rispetto. In molte societ, inoltre, necessario avere cibo e altri beni in eccedenza per utilizzarli in occasioni e per scopi benefici, si tratti di combinare e festeggiare un matrimonio, o di stringere alleanze, o di celebrare una cerimonia. Cos quelle che la cultura indica come le motivazioni al lavoro, e quelli che definisce i bisogni dei soggetti, oltrepassano di molto ci che strettamente necessario. Nelle economie commerciali come la nostra (in cui il cibo, i beni e i servizi vengono acquistati e venduti) pare che le persone siano spinte ad utilizzare per s e per la propria famiglia le entrate eccedenti. Queste vengono convertite in abitazioni pi grandi, in arredamenti e in cibi pi costosi, e in altri beni che connotano uno stile di vita "pi elevato". Alcune persone, poi, lavorano per soddisfare il bisogno di avere uno scopo, altre perch trovano il loro lavoro piacevole. Inoltre, proprio come nelle societ precommerciali,

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alcuni lavorano anche per guadagnarsi il rispetto o per acquisire autorit attraverso lelargizione ad altri dei beni acquisiti. VIII.I. Il lavoro obbligatorio. Leducazione e la pressione sociale sono sufficientemente forti da persuadere gli individui a svolgere una qualche attivit utile. Sia nelle societ di raccoglitori, sia in quelle di orticoltori, gli individui disposti a sopportare di essere oggetto di derisione per la loro pigrizia verranno comunque nutriti. Nel peggiore dei casi, verranno ignorati dagli altri membri del gruppo. Non vi ragione di punirli, n vi modo di costringerli a fare il lavoro che ci si aspetta da loro. Le societ pi complesse hanno delle strategie per forzare la gente a lavorare. Una forma indiretta di lavoro obbligatorio rappresentata dalla tassazione. Se una persona decide di non pagare le tasse la somma dovuta verr pretesa, oppure la persona verr messa in prigione. In una societ commerciale le tasse vengono pagate in denaro. In societ politicamente complesse, ma con uneconomia non monetaria, le tasse vengono pagate in altro modo (fornendo un certo numero di ore di lavoro, o consegnando una determinata percentuale di ci che si produce). Un altro soggetto del lavoro obbligatorio il coltivatore non proprietario. In cambio di una casa e di alcuni acri da coltivare, egli deve consegnare al proprietario una parte del raccolto. Manipolando il prezzo del raccolto, concedendo al coltivatore prestiti ad alto interesse e obbligandolo ad acquistare i beni necessari a prezzi esorbitanti, il proprietario, in pratica, lo costringe ad un lavoro obbligatorio. Se il coltivatore tenta di andarsene senza saldare i debiti contratti con il padrone, questi pu avvalersi del potere dello stato per costringerlo a pagare. Daltro canto se il lavoro del coltivatore diventa obsoleto a causa della meccanicizzazione del lavoro agricolo, il proprietario pu ricorrere ancora allo stato per disfarsene. La leva, o servizio militare obbligatorio, una forma di lavoro obbligatorio: necessario infatti svolgerlo per un certo periodo, e un eventuale rifiuto pu essere punito con la prigione o con lesilio. La forma estrema di lavoro obbligatorio costituita dalla schiavit. IX. La divisione del lavoro. La divisione del lavoro per genere e per et un tipo di specializzazione universale. Molte delle societ studiate dallantropologia dividono il lavoro solo in base al genere e allet; in altre societ, invece, esistono ulteriori e pi complesse specializzazioni. I bambini, ovviamente, non possono eseguire lavori che richiedono molta forza, ma in numerose societ contribuiscono al lavoro molto pi di quanto non accada nella nostra. I bambini, per esempio, svolgono vari lavori domestici: si occupano dei bambini pi piccoli, vanno a prendere lacqua e la legna per il fuoco, cucinano e puliscono. Anche la cura degli animali spesso un lavoro in cui i bambini svolgono un ruolo importante: in alcune societ sono loro, pi degli adulti, ad occuparsi di questa attivit. Nei casi in cui gli adulti (soprattutto le madri) hanno carichi di lavoro molto pesanti, e i bambini sono fisicamente e mentalmente abili al lavoro, facile che buona parte del lavoro venga affidata a loro. Come abbiamo visto precedentemente, i produttori hanno probabilmente carichi di lavoro superiori a quelli dei raccoglitori, e quindi dovremmo aspettarci che i bambini lavorino di pi presso gli allevatori e agli agricoltori. Quando in una societ i bambini contribuiscono molto al lavoro, gli adulti comprendono il loro valore e possono, consapevolmente, desiderare di avere molti figli. Questa pu essere una delle ragioni per cui i tassi di natalit, nelle societ ad agricoltura intensiva, sono alti. In alcune societ i gruppi di lavoro sono organizzati in base allet. Nelle societ con tecnologie relativamente semplici sono poche le specializzazioni che vanno oltre il genere e let. Ma man mano che la tecnologia di una societ diviene pi complessa, ed cos possibile produrre molto pi cibo, cresce il numero di persone che vengono liberate dal bisogno di procurarsi i generi di prima necessit affinch divengano specialisti in determinati settori (costruttori di canoe, tessitori, sacerdoti, vasai, artisti, ..). Nelle societ degli orticoltori, a differenza di quelle dei raccoglitori, possono esservi specialisti part-time. Alcuni possono dedicarsi al perfezionamento di particolari attivit artigianali o di specifiche abilit (tessitura, costruzioni di abitazioni, realizzazione di prodotti in ceramica, medicina) e ricevere, in cambio delle loro prestazioni, cibo o altri beni. Presso gli orticoltori un intero villaggio pu specializzarsi nella produzione di un solo prodotto, che viene poi venduto agli abitanti delle zone vicine. Con lo sviluppo dellagricoltura intensiva iniziano a comparire le figure di specialisti a tempo pieno (vasai, tessitori, fabbri). La tendenza verso una maggiore specializzazione raggiunge il suo culmine nelle societ industrializzate, in cui i lavoratori sviluppano delle abilit in settori limitati del sistema economico. X. Lorganizzazione del lavoro. In molte societ di raccolta e di orticoltura vi poca organizzazione formale del lavoro. I gruppi di lavoro tendono ad essere organizzati solo quando necessario, e a dissolversi quando non servono pi. Tali gruppi, di conseguenza, hanno una composizione e una leadership mutevoli, e la partecipazione tende ad essere individualistica e volontaria. Forse questa flessibilit possibile in quanto sono

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sufficienti poche conoscenze e praticamente chiunque pu assumere la leadership. Alcuni tipi di lavoro, per, richiedono pi organizzazione di altri. La caccia alla selvaggina di grossa taglia esige che vengano coordinati gli sforzi di molti cacciatori; e altrettanto accade nel caso di certi tipi di pesca con le reti. I legami di parentela, soprattutto nelle societ non industrializzate, sono una base importante per lorganizzazione del lavoro. Con laccrescersi della complessit tecnologica le basi dellorganizzazione del lavoro si spostano sempre pi verso gruppi di lavoro organizzati in modo pi formale. Ci ha reso pi forte lobbligo alla partecipazione. Il potere dello stato pu essere utilizzato per arruolare manodopera da impiegare in lavori pubblici, o pu permettere ai proprietari di schiavi di esigere da questi il lavoro. Nella nostra societ il lavoro a volte organizzato politicamente, ma la base dellorganizzazione del lavoro il contratto (accordo stabilito tra il datore di lavoro e il lavoratore per cui ad un dato numero di ore di lavoro corrisponde un determinato salario). Sebbene il contratto possa essere iscritto nellambito della volontariet, le leggi e il potere dello stato obbligano le parti a rispettarne i termini. X.I. Le decisioni sul lavoro. Alcuni studiosi hanno tentato recentemente di spiegare perch certe decisioni economiche divengano consuetudinarie e perch gli individui operino determinate scelte nella vita di tutti i giorni. Una teoria a questo riguardo quella dellottimizzazione della ricerca del cibo, applicata alla strategia operante nelle decisioni dei raccoglitori. Tale teoria ipotizza che gli individui cerchino di massimizzare il profitto (in termini di calorie e di elementi nutritivi) del loro lavoro decidendo quali animali e quali piante sono da cacciare e da raccogliere. La selezione naturale favorirebbe coloro che seguissero questa strategia in quanto le decisioni "corrette" aumenterebbero la possibilit di sopravvivenza e di riproduzione. Oltre allapporto proteico vi sono altri elementi, come la prevedibilit delle risorse, che possono influenzare la decisione sulla scelta del cibo. Alcuni antropologi hanno ipotizzato che i contadini prendano le decisioni a tappe, e che ciascuna tappa preveda risposte affermative o negative. Di conseguenza, un contadino escluder rapidamente alcune possibilit. Non sempre le persone sono in grado di spiegare le regole che impiegano per prendere decisioni, n hanno sempre il quadro completo delle varie possibilit, soprattutto se alcune di queste sono nuove. Ci non significa, tuttavia, che le scelte economiche non possano essere previste o spiegate dai ricercatori. XI. La distribuzione di beni e servizi e la reciprocit. I beni e i servizi vengono distribuiti in tutte le societ attraverso sistemi che, pur nella loro variabilit, possiamo in ogni caso classificare in 3 tipi: sistemi di reciprocit(*), di redistribuzione() e di mercato (o di scambio commerciale) (#). In una stessa societ spesso i 3 sistemi coesistono, ma generalmente uno dei 3 predomina, e ci connesso sia alla tecnologia di approvvigionamento del cibo, sia, pi specificamente, al livello di sviluppo economico. (*) La reciprocit consiste in scambi che non prevedono luso di denaro e spazia dal dono disinteressato allo scambio alla pari, alla truffa. La reciprocit pu assumere 3 forme: RECIPROCIT GENERALIZZATA: quando vengono dati beni o servizi senza che ci si aspetti nulla in cambio. alla base della famiglia. In tutte le societ esiste una reciprocit generalizzata, ma alcune societ, per la distribuzione di beni e di servizi, dipendono da questo tipo di reciprocit quasi totalmente. La distribuzione di selvaggina di grossa taglia un chiaro esempio di reciprocit generalizzata ed molto comune tra i raccoglitori. Per quanto la reciprocit generalizzata possa sembrare altruistica o disinteressata, si ipotizzato che il donare possa costituire in realt un beneficio per il donatore sotto molti punti di vista. I genitori che aiutano i proprio figli, per esempio, non solo perpetuano i proprio geni (la qual cosa rappresenta il massimo beneficio genetico), ma possono anche presumibilmente contare su di loro quando saranno vecchi. Lesistenza della generosit nel rapporto tra genitori e figli facilmente comprensibile, mentre spiegare la generosit che si estende al di fuori della famiglia costituisce un problema. La condivisione al di fuori della sfera familiare pi frequente laddove le fonti di cibo e di acqua non sono disponibili costantemente. Lidea che limprevedibilit favorisca la condivisione pu spiegare anche perch alcuni cibi siano pi condivisi di altri. La selvaggina, per esempio, di solito imprevedibile: quando gli uomini partono per la caccia non possono essere certi di ritornare con la preda. Viceversa quando ci si dedica alla raccolta di piante selvatiche si pu essere certi di fare ritorno con qualche pianta commestibile. Sembra, in ogni caso, che i raccoglitori si spartiscano molto di pi la selvaggina che non le piante commestibili. La condivisione del cibo aumenta lapporto alimentare del singolo. Si concluso, infatti, che lindividuo medio riesce ad ottenere pi cibo quando questo viene condiviso. Sebbene in alcune societ dare le cose agli altri sia parte delle aspettative sociali, ci non significa necessariamente che le persone lo facciano

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volentieri o che non vi sia una pressione sociale. La necessit di ridurre le tensioni e di evitare sentimenti di rabbia e di invidia, e il desiderio di mantenere relazioni sociali pacifiche (non solo allinterno della propria banda, ma anche in relazione alle altre), creano intrecci continui di obblighi e di amicizia. Tali intrecci vengono mantenuti, rinnovati o stabiliti attraverso la reciprocit generalizzata. In un certo senso si potrebbe dire che, in cambio del dono, lindividuo acquisisce prestigio o "credito sociale" di cui si avvarr in un momento imprecisato nel futuro. La condivisione pu essere frequente nei periodi di penuria non grave, perch in tal modo possibile minimizzare i rischi. Ma quando giunge una grave carestia la reciprocit generalizzata pu subire un arresto: nei momenti di grave crisi, quando si muore di fame, spesso la condivisione si limita ai soli familiari. I ricercatori si trovano di solito in difficolt quando si tratta di spiegare la condivisione di risorse perch pensano che, a parit di condizioni, gli individui tendano ad essere egoisti. La maggior parte delle concezioni che riguardano la condivisione ha presupposto che essa, in effetti, in certe circostanze vantaggiosa per gli individui. in quelle circostanze che le societ hanno trovato un modo per rendere la condivisione un fattore morale o per far sentire coloro che non condividono le risorse estremamente a disagio. Alcuni dati recenti, tuttavia, suggeriscono che la cooperazione pu far sorgere uno stato di piacere. Se queste scoperte saranno confermate in altre circostanze e presso altre popolazioni, la cooperazione potrebbe rivelarsi pi "naturale" di quanto non si pensi di solito. RECIPROCIT BILANCIATA: quando ci si aspetta esplicitamente un contraccambio in tempi brevi. Include sia gli scambi immediati di beni e di servizi, sia gli scambi non immediati, in cui per vi un accordo sui tempi. Alcune societ acquisiscono beni attraverso una reciprocit bilanciata, ma questi scambi non sono fondamentali per lo loro economia. Altre societ, invece, dipendono molto di pi dalla reciprocit bilanciata. Abbiamo visto, per esempio, come i pastori raramente siano autosufficienti: essi devono vendere i loro prodotti agli agricoltori per ottenere in cambio cereali e altro. Dire che uno scambio bilanciato non significa affermare che le cose scambiate abbiano un valore identico, oppure che lo scambio sia puramente economico. In assenza di uneconomia monetaria non vi sono standard espliciti per mezzo dei quali si possa giudicare il valore, non vi modo di assegnare un determinato valore in modo oggettivo. Il punto che nella reciprocit bilanciata le parti sono libere di scambiarsi beni e servizi come vogliono: non sono obbligate a farlo e quindi, presumibilmente, non ritengono che lo scambio sia sbilanciato. E il valore che viene attribuito ad una cosa pu dipendere da ragioni tuttaltro che economiche. Lo scambio in se stesso pu essere divertente, avventuroso, oppure pu migliorare le relazioni sociali. Gli scambi possono avere motivazioni differenti e quindi differenti significati. Alcuni studiosi di antropologia economica preferiscono quindi operare una distinzione tra scambio di doni (gift) e scambio di merci (commody). Gli scambi di doni hanno carattere personale e implicano la creazione o la perpetuazione di relazioni sociali durature tra individui e tra gruppi. La scambio di merci, invece, in cui il denaro pu anche essere assente, centrato sugli oggetti e sui servizi che si ricevono, e quando la transazione terminata, le relazioni tra le parti di solito hanno fine. La reciprocit bilanciata pu includere tanto i beni quanto il lavoro. Chi effettua lavori collettivamente scambia prestazioni di lavoro. In altre societ una prestazione lavorativa pu essere contraccambiata attraverso un banchetto. Oltre a promettere di restituire la prestazione lavorativa in un dato momento, ciascun contadino ricompensa chi ha preso parte ai lavori pi impegnativi con un banchetto accompagnato a volte dalla musica. In altre societ il cibo fornito pu avere un valore superiore a quello della prestazione lavorativa, e pu non esserci il contraccambio di prestazione. Non sempre, quindi, dare cibo in cambio di lavoro rappresenta un caso di reciprocit bilanciata. A volte il confine tra reciprocit generalizzata e reciprocit bilanciata non cos chiaro. Consideriamo, per esempio, lo scambio di doni in occasione delle feste natalizie. Sebbene esso possa sembrare un caso di reciprocit generalizzata, vi sono in realt forti aspettative di bilanciamento. 2 amici o 2 parenti si scambieranno doni di valore pi o meno uguale, basandosi sul costo dei regali dellanno precedente. RECIPROCIT NEGATIVA: prendere qualcosa senza dare in cambio un compenso significa approfittare di un altro. Una forma meno grave di reciprocit negativa rappresentata dagli affari disonesti; forme estreme sono i furti e altri tipi di sottrazione di beni. Lipotesi di Sahlins che il tipo di reciprocit dipenda soprattutto dalla distanza parentale tra le persone:

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generalizzata: sarebbe la regola tra i membri di una stessa famiglia e anche tra i parenti stretti bilanciata: pu essere praticata tra uguali che per non sono strettamente imparentati negativa: possibile che venga praticata nei confronti degli stranieri e dei nemici In generale limportanza della reciprocit diminuisce con lo sviluppo economico: nelle societ ad agricoltura intensiva, e ancora pi nelle societ industriali, la reciprocit distribuisce solo una parte esigua di beni e di servizi. Non sempre la reciprocit si limita a rendere equa la distribuzione dei beni allinterno di una comunit; possibile che essa renda equa la distribuzione di beni anche tra diverse comunit. In alcune societ, ad esempio, vi lusanza di allestire dei grandiosi banchetti a base di maiale che, allapparenza possono sembrare rovinosi, ma in realt fanno parte di un complesso di pratiche culturali molto vantaggiose. Quando, infatti, la popolazione suina cresce fino a raggiungere proporzioni minacciose (per gli appezzamenti coltivati), un villaggio ne invita altri e allestisce un gigantesco banchetto. Ci avr come conseguenza una marcata riduzione del numero di maiali e leliminazione del problema della devastazione degli orti. A lungo termine queste feste servono a far s che, tra tutti i villaggi che vi partecipano, il consumo di cibo, e soprattutto il consumo di proteine, sia distribuito equamente. I banchetti a base di maiale, quindi, rappresentano un modo per "depositare" il cibo in eccedenza immagazzinando "credito sociale" nei confronti di altri villaggi, che dovranno poi restituire il credito in feste successive. Gli organizzatori di banchetti dei diversi villaggi cercano di rafforzare il proprio prestigio e di rialzare il proprio status proprio attraverso questi banchetti. La reputazione si accresce non quando si accumula ricchezza, bens quando la si distribuisce. Queste feste possono essere considerate scambi reciproci tra comunit o tra villaggi. Tali scambi, per, non sono la versione allargata dello scambio di doni tra individui. Essi infatti comportano anche un altro tipo di distribuzione che gli antropologi definiscono redistribuzione. La redistribuzione(). La redistribuzione laccumulazione di beni (o di lavoro) realizzata da un individuo, o in un luogo specifico, al fine di una successiva distribuzione. Sebbene la redistribuzione sia presente in tutte le societ, essa rappresenta un fenomeno significativo soltanto nelle societ in cui vi siano gerarchie politiche. In tutte le societ vi una qualche forma di redistribuzione, almeno a livello familiare. I membri di una famiglia mettono in comune il loro lavoro, i prodotti o i redditi per il bene comune. In molte societ, per, al di l dellambito familiare non avviene alcuna redistribuzione. Sembra che la redistribuzione su base territoriale emerga laddove presente un apparato politico che coordina la raccolta e la distribuzione o che in grado di mobilitare la forza lavoro per scopi comuni. chiaro, tuttavia, che in alcune societ la maggior parte di ci che il re redistribuisce non ritorna alla gente comune, che produce la parte consistente dei beni, e viene invece assegnata ai singoli e ai gruppi in base alla posizione da loro occupata nella gerarchia dello stato. Altri tipi di redistribuzione sono pi egualitari. In generale, laddove la redistribuzione importante (in societ con elevati livelli di produttivit), probabile che siano i ricchi a trarre da essa i maggiori vantaggi. Elman Service ha ipotizzato che i sistemi di redistribuzione si siano sviluppati in societ agricole in cui vi erano regioni con differenti risorse naturali oppure zone adatte a differenti tipi di coltivazioni. I raccoglitori potevano trarre vantaggio dalle diversit ambientali spostandosi sul territorio. Con lavvento dellagricoltura questo divenne sempre pi difficile, e forse risult pi opportuno dislocare i prodotti in base alle zone. Se la domanda per le risorse o per altri beni cresce troppo, la reciprocit individuale pu divenire inopportuna, ed molto pi vantaggioso che vi sia qualcuno (es: un capo) che coordini gli scambi. Anche secondo Marvin Harris corretto mettere in relazione la redistribuzione e lagricoltura, ma per unaltra ragione. La competizione adattiva in quanto incoraggia a lavorare molto per produrre pi del necessario. Le societ agricole devono effettivamente far s che questo accada, cos da difendersi dalle crisi. I gruppi che organizzano le feste si assicurano indirettamente contro i periodi di crisi acquisendo credito sociale nei confronti di gruppi di altri villaggi, che a loro volta terranno feste per loro al fine di ricompensarli. Daltronde per i raccoglitori potrebbe rappresentare uno svantaggio essere indotti a sottrarre alla natura pi dello stretto necessario, perch ci potrebbe comportare, a lungo termine, dei gravi problemi. Gli scambi commerciali (#). Quando parlano di mercato o di scambi commerciali gli economisti e gli antropologi fanno riferimento a transazioni in cui i "prezzi" sono soggetti a domanda e a offerta, indipendentemente dal fatto che la transazione avvenga in un luogo di mercato. Allapparenza molti scambi commerciali sembrano rientrare nella reciprocit bilanciata; ma facile distinguere gli scambi commerciali qualora sia presente il denaro, in quanto, per definizione, la reciprocit bilanciata lo esclude. Ma non sempre negli scambi

XI.I.

XII.

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commerciali coinvolto il denaro. Prendiamo il caso di un proprietario terriero che affitta un appezzamento in cambio di una parte del raccolto. Per poter definire scambio commerciale una transazione come questa dobbiamo domandarci se sono state la domanda e lofferta a determinare il prezzo del bene scambiato. Se il coltivatore d al proprietario solo un dono simbolico, allora non possiamo parlare di scambio commerciale. Se per i coltivatori devono fornire una notevole parte del loro raccolto quando lofferta di terra molto ridotta, o anche se il proprietario abbassa le richieste quando sono pochi coloro che intendono affittare la terra, allora saremo in presenza di una transazione commerciale. Sebbene gli scambi commerciali non includano necessariamente il denaro, la maggior parte di essi, soprattutto oggigiorno, ne fa uso. Alcuni antropologi definiscono il denaro in base alle funzioni e alle caratteristiche che esso assume nella nostra e in altre societ complesse, nelle quali quasi tutti i beni, le risorse e i servizi possono essere acquistati (in tal senso il denaro pluriuso). Secondo tale definizione il denaro svolge la funzione di un mezzo di scambio, uno standard di valore, una riserva di ricchezza. In quanto mezzo di scambio esso permette di valutare in modo oggettivo tutti i beni e i servizi. Inoltre il denaro non deperibile, ed quindi possibile metterlo da parte; trasportabile e divisibile, e quindi le transazioni possono riguardare la vendita o lacquisto di beni o di servizi che hanno prezzi diversi. importante sottolineare che il denaro non ha alcun valore intrinseco (o ne ha pochissimo): la societ che determina il suo valore. Attualmente in gran parte dei paesi pi sviluppati, per esempio, assegni e carte di credito vengono accettati come denaro. Il denaro pluriuso viene impiegato sia nelle transazioni commerciali (acquisto e vendita), sia nelle transazioni non commerciali (pagamento di tasse o di ammende, doni personali, contributi in beneficenza). In molte societ il denaro non un mezzo universale di scambio. Molte popolazioni, in cui la produzione di cibo pro capite non sufficiente a sostenere un numero consistente di non produttori, hanno un tipo di denaro che potremmo definire per usi specifici. Si tratta di oggetti di valore che possono essere scambiati (immediatamente o attraverso una reciprocit bilanciata) soltanto con alcuni beni e alcuni servizi. Vi una notevole variabilit nel grado di dipendenza di una societ dagli scambi commerciali. Ancora oggi molte societ distribuiscono la terra senza per questo venderla, e distribuiscono cibo e altri beni soprattutto attraverso la reciprocit e la redistribuzione, restando ai margini delleconomia di mercato. Si tratta di societ in transizione: le loro economie di sussistenza si sono avviate gradualmente al commercio. Quando parlano di economia agricola gli antropologi intendono uneconomia leggermente commerciale. Sebbene gli agricoltori producano in gran parte per il proprio consumo, essi vendono regolarmente parte del loro surplus (cibo, altri beni, o lavoro) ad altri, e la terra uno dei beni che comprano, affittano e vendono. Tali agricoltori, per, non sono come quelli delle societ industrializzate, che si affidano al mercato per scambiare tutti o quasi tutti i loro prodotti con tutti o quasi tutti i beni e i servizi di cui necessitano. Nelle societ come la nostra gli scambi commerciali dominano completamente leconomia: i prezzi e i salari sono regolati, o almeno influenzati in modo significativo, dalla domanda e dallofferta. Una moderna economia industriale o post-industriale include anche i mercati internazionali, su cui ogni cosa ha un prezzo (le risorse naturali, i beni, i servizi, il prestigio) la reciprocit limitata ai rapporti con i membri della famiglia e con gli amici la redistribuzione, per, ancora un meccanismo importante; essa si esplica nella tassazione e nellimpiego delle entrate pubbliche per favorire le famiglie a basso reddito (attraverso lassistenza sociale, quella sanitaria, ..) lo scambio commerciale resta comunque il canale principale attraverso cui vengono distribuiti beni e servizi Molti antropologi non credono che lorigine del denaro, o del mercato, sia legata alle necessit del commercio, e la pensano piuttosto connessa ai vari tipi di "pagamento" non commerciale (come le tasse che devono essere versate alle autorit politiche). La maggior parte delle teorie relative allorigine del denaro e del mercato presuppone che i produttori abbiano regolarmente un surplus che desiderano scambiare. Il surplus viene prodotto forse perch, quando coloro che forniscono i beni sono poco conosciuti, pi difficile instaurare con loro rapporti basati sulla reciprocit. Altri ipotizzano che il mercato abbia inizio con gli scambi esterni (intersocietari): non essendo coinvolti gruppi parentali, le transazioni possono comportare un guadagno. Infine,altri ancora ritengono che, man mano che aumentano la complessit e la densit demografica, i legami sociali tra gli individui divengano meno amichevoli e quindi la reciprocit sia sempre pi improbabile.

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Nelle societ che dipendono soprattutto dal mercato vi sono tendenzialmente notevoli differenze di ricchezza tra gli individui. Possono esservi, per, dei meccanismi che attenuano lineguaglianza, che agiscono cio, almeno in parte, come strumenti di livellamento. Alcuni antropologi hanno ipotizzato che la fiesta nelle comunit indiane dellAmerica Latina possa rappresentarne un esempio. Nei villaggi agricoli ogni anno si celebrano le feste per i santi pi importanti. Ci che pi colpisce in questi frangenti lenorme ammontare di spese e di lavoro che la famiglia che promuove la festa deve sostenere. Alcuni antropologi hanno per suggerito che, sebbene gli indiani pi ricchi che promuovono le feste distribuiscano ricchezza ai membri pi poveri della proprie e di altre comunit, in realt la fiesta non rappresenti uno strumento di livellamento della ricchezza. Innanzi tutto un livellamento reale comporterebbe la redistribuzione di importanti risorse produttive come la terra o gli animali. In secondo luogo le risorse impiegate dal promotore sono in genere risorse extra, che sono state accumulate specificamente per la fiesta, in quando i promotori vengono sempre designati in anticipo. Infine le feste non sembrano affatto aver ridotto, a lungo termine, le distinzioni di ricchezza allinterno dei villaggi. 6. LA STRATIFICAZIONE SOCIALE. Molti sociologi sostengono che tutte le societ sono stratificate; gli antropologi non sono daccordo. Ma il disaccordo deriva in realt da un problema definitorio, in quanto sociologi e antropologi, quando parlano di stratificazione, non intendono la stessa cosa. I sociologi, riferendosi alla "universalit della stratificazione", intendono dire che in tutte le societ vi sono delle disuguaglianze tra un individuo e un altro, per et, genere, status, .. Quando gli antropologi sostengono che la stratificazione non universale e che le societ egualitarie esistono, essi intendono affermare che vi sono societ in cui tutti i gruppi sociali (per esempio le famiglie) hanno pi o meno lo stesso diritto di accedere a determinati privilegi. In questa sede non dobbiamo stabilire se hanno ragione i sociologi o gli antropologi: entrambe le definizioni in realt sono corrette. Per gli antropologi, dunque, la disuguaglianza tra gli uomini pu essere universale, mentre la stratificazione sociale non lo . Vi uno strettissimo legame tra i sistemi di stratificazione sociale e le modalit con cui vengono assegnate, distribuite e convertite le risorse economiche. Laddove tutti hanno pi o meno lo stesso accesso alle risorse economiche, per esempio, non ci aspetteremmo di riscontrare effettiva disuguaglianza. La stratificazione, per, non pu essere compresa esclusivamente sulla base delle risorse economiche; possibile infatti che vi siano altri privilegi (come il prestigio o il potere) che sono distribuiti in modo disuguale. I. La disuguaglianza. In questo capitolo intendiamo esaminare le differenze che possono esservi nellaccesso alla ricchezza o alle risorse economiche, al potere e al prestigio. Come abbiamo gi visto nel capitolo precedente, possiamo considerare come risorse sia i territori di caccia e di pesca, sia i poderi agricoli, sia il denaro: in una stessa societ i diversi gruppi sociali accedono a queste risorse in modo uguale o in modo disuguale. Il potere la capacit di influenzare i comportamenti altrui o costringere gli altri a fare ci che non vogliono fare ottenendo obbedienza; esso pu essere esercitato di diritto attraverso il consenso (rispetto e riconoscimento di una legittimit: tradizionale/religiosa, carismatica/individuale o legale/razionale o costituzionale) o con le minacce e con la forza (paura e sottomissione). Nelle societ in cui vi sono leggi o consuetudini che determinano un accesso disuguale alle risorse o alla ricchezza, di norma si rileva anche un accesso disuguale al potere (es: una compagnia che d lavoro alla maggior parte dei residenti di una citt di solito esercita sui propri dipendenti un notevole controllo). Infine quando ad una persona o ad un gruppo viene tributato un particolare riguardo (a seconda dei valori dominanti) parliamo di attribuzione di prestigio; questo termine passato da una originale connotazione magico-sacrale ad un significato intermedio incentrato sullidea di artificio seduttore frutto non pi di un intervento sovrannaturale, ma di una particolare abilit umana, per approdare infine allaccezione interamente mondana dell'attuale senso corrente. Anche se vero che laccesso individuale al prestigio non mai uguale (a causa delle differenze di et, di genere e di capacit), dalle testimonianze etnografiche risulta che in alcune societ i gruppi sociali hanno uguale accesso al prestigio. Convenzionalmente gli antropologi distinguono 3 tipi di societ: societ egualitarie tutti i gruppi sociali hanno uguale accesso alle risorse, al potere e al prestigio

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rank societies (societ basate sul rango) non vi sono differenze nellaccesso alle risorse o al potere, ma esistono disuguaglianze per quanto riguarda il prestigio societ divise in classi i gruppi accedono in modo disuguale sia alle risorse economiche, sia al potere, sia al prestigio Vi sono per societ che non appartengono ad alcuno di questi 3 tipi, e che sembrano piuttosto dei casi intermedi. La maggior parte delle societ, comunque, viene fatta rientrare in una di queste categorie.

Stratificazione sociale e accesso alle risorse alcuni gruppi godono di un accesso privilegiato a: tipologia risorse potere economiche societ egualitarie no no societ basate sul rango no no societ divise in classi / societ s s castali

prestigio no s s

II. Le societ egualitarie. possibile trovare societ egualitarie non solo tra i raccoglitori, ma anche tra gli orticoltori e i pastori. importante non dimenticare che quando si afferma che una societ ugualitaria non si intende dire che in essa tutte le persone sono uguali. Vi saranno sempre tra gli individui differenze di et, di genere e di capacit specifiche o di caratteristiche particolari (es: la creativit, le doti fisiche, ..). Secondo Morton Fried il termine egualitaria si riferisce ad una societ in cui "vi sono tante posizioni di prestigio quante sono le persone in grado di occuparle". In una societ egualitaria, quindi, il numero di posizioni di prestigio calibrato sul numero di candidati che presentano le caratteristiche necessarie. In tale societ, dunque, non vi stratificazione sociale. Esistono, ovviamente, delle differenze riguardo alle posizioni di prestigio che dipendono da differenze di capacit; esiste per la stessa possibilit di accesso ad un determinato status per coloro che hanno le stesse abilit. Possono anche esservi individui con maggiore autorit, ma lautorit non trasmissibile. Considerando lassi di tempo molto lunghi, nessun gruppo esercita pi autorit di altri. Una societ egualitaria, dunque, quella che ammette solo livelli minimi di disuguaglianza. In essa le differenze di prestigio non derivano da differenze economiche. I gruppi egualitari si basano soprattutto sulla condivisione, che assicura un accesso alle risorse economiche che non dipende dal grado di prestigio. Come non esistono gruppi sociali che abbiano un accesso privilegiato alle risorse, altrettanto non si danno gruppi con accesso privilegiato al potere. Come vedremo in seguito, laccesso disuguale al potere da parte dei gruppi sociali pare verificarsi esclusivamente nelle societ statuali, caratterizzate da specialisti della politica e da marcate differenze economiche. Le societ di raccoglitori in cui vige un esteso regime di condivisione delle risorse sono con maggiore facilit definite egualitarie, se le compariamo con alcune societ di pastori dove il numero di capi posseduti dalle households (= famiglie) pu variare considerevolmente. Dovremmo considerare egualitaria una societ di pastori in cui la distribuzione degli animali ineguale?? Questo un punto controverso. Se la ricchezza in termini di bestiame un fatto transitorio e non associata ad un accesso differenziato al prestigio e al potere, allora qualche antropologo classificherebbe queste societ come egualitarie. semplice immaginare come una societ egualitaria (con alcune differenze per quanto riguarda la ricchezza posseduta), in quanto opposta ad unaltra in cui queste differenze non esistono, potrebbe diventare una societ basata sulle divisioni di rango e di classe. Tutto quello di cui ci sarebbe bisogno un meccanismo che permetta di trattenere nel tempo una quantit maggiore di ricchezza presso alcune famiglie. III. Le societ basate sul rango. La maggior parte delle societ basate sul rango pratica lagricoltura o lallevamento, ma non tutte le societ agricole e pastorali appartengono a questa categoria. I gruppi sociali hanno accesso disuguale al prestigio o allo status, ma la differenza di accesso alle risorse economiche o al potere non significativa. Laccesso disuguale al prestigio ravvisabile nel fatto che al ruolo di capo possono accedere solo i membri di uno specifico gruppo. Il ruolo di capo , almeno in parte, ereditario. I capi vengono trattati con deferenza dalle persone di rango inferiore. A volte i capi sono notevolmente pi ricchi del resto della popolazione, poich ricevono molti doni e hanno depositi molto forniti. Talvolta un capo pu essere definito il "proprietario" della terra, ma in ogni caso gli altri avranno il diritto di utilizzarla. Il capo pu possedere molte scorte, ma si tratta comunque di unaccumulazione temporanea, in attesa di una festa o di un altro tipo di

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distribuzione. Un capo di solito non pu obbligare gli altri a portargli doni o a lavorare a progetti comuni: lunico modo che ha il capo per incoraggiare la produzione quello di lavorare accanitamente alle proprie coltivazioni. IV. Le societ divise in classi. Nelle societ divise in classi disuguale sia laccesso al prestigio, sia quello alle risorse, sia quello al potere. Le societ divise in classi variano dai sistemi a classi aperte(*) ai sistemi castali (). Le classi aperte(*). Una classe un raggruppamento di persone che hanno circa la stessa opportunit di ottenere risorse economiche, prestigio e potere. Classi diverse hanno opportunit diverse. Definiamo sistemi a classi aperte quei sistemi in cui vi qualche possibilit di spostarsi da una classe ad unaltra. Alcuni studi hanno dimostrato che lo status sociale di una famiglia in genere correlato alloccupazione e alla ricchezza del capofamiglia. I fattori che determinano lo status di una classe possono mutare nel corso del tempo; anche il grado di apertura delle classi pu variare nel corso del tempo. Tra i paesi capitalisti il Canada e la Svezia conoscono una mobilit sociale maggiore rispetto agli Stati Uniti, alla Francia e alla Gran Bretagna. In Giappone e in Italia vi meno mobilit. Se analizziamo la facilit di accesso alle classi pi altre, in Italia, in Francia, in Spagna e in Germania le difficolt sono maggiori che non in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Il grado di mobilit sociale, tuttavia, non lequivalente del grado di disuguaglianza economica. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti, per esempio, non differiscono quanto al grado di mobilit, ma differiscono considerevolmente rispetto al livello di ricchezza dei ricchi e dei poveri. Listruzione, soprattutto quella universitaria, uno degli strumenti pi efficaci per riuscire a risalire la scala sociale. In molti paesi i risultati scolastici sono un indicatore della classe sociale molto pi di quanto non lo sia la professione dei genitori. Gli appartenenti alle classi pi basse possono "risocializzarsi" alluniversit. La risocializzazione li distingue dai genitori e consente loro di apprendere gradualmente il modo di parlare, le capacit e gli atteggiamenti caratteristici della classe pi alta di cui desiderano entrare a far parte. Le classi sociali differiscono per molti altri elementi, tra cui lappartenenza religiosa, il grado di intimit parentale, le idee sulleducazione dei figli, le attivit del tempo libero, e anche per il modo di parlare. Nei sistemi a classi aperte, sebbene lo status di un adulto non sia completamente determinato alla nascita, vi sono molte probabilit che la maggior parte delle persone resti allinterno della classe di nascita, e sempre nel suo ambito contragga matrimonio. I confini tra le classi vengono stabiliti dalle usanze e dalla tradizione, e talvolta sono rafforzati dalle leggi. Negli Stati Uniti molte leggi, per esempio, proteggono la propriet, favorendo in tal modo le classi alte. I poveri paiono essere gli eterni sconfitti nel sistema legale statunitense. I crimini commessi di solito dai poveri vengono puniti severamente dal sistema giudiziario. I poveri, inoltre, non hanno il denaro necessario per pagare avvocati che li garantiscano a sufficienza. Le classi tendono a perpetuarsi attraverso la trasmissione della ricchezza. IV.II. I sistemi castali. In alcune societ esistono classi che sono virtualmente chiuse: tali classi vengono dette caste. Una casta un gruppo al quale si appartiene per nascita, e in cui il matrimonio prescritto allinterno. Poich non possibile sposarsi fuori dal gruppo, i figli non possono acquisire uno status differente rispetto a quello dei genitori. In India, per esempio, esistono migliaia di caste ereditarie. Sebbene la loro precisa gerarchizzazione non sia ancora del tutto chiara, sembrano esservi 4 principali livelli di gerarchia, con al vertice la casta dei brahmani. Si pensa spesso che in India le caste siano legate a specifiche professioni, ma questo non del tutto vero. Il sistema delle classi e quello castale possono coesistere. NellIndia di oggi, in realt, i membri di una casta inferiore, soprattutto in area urbana, possono migliorare la loro posizione sociale attraverso un lavoro salariato, alla stregua di ci che avviene nelle societ divise in classi. Di norma, per, resta impossibile il matrimonio con un membro di una casta superiore, e in tal modo il sistema castale si perpetua. Il sistema castale impone, soprattutto nelle aree rurali, il modo in cui vanno scambiati i beni e i servizi. Il sistema delle caste stabilisce in modo inequivocabile chi deve fare i lavori peggiori a favore degli altri membri della societ: un vasto gruppo di intoccabili costituisce il gradino pi basso della gerarchia castale. Tra gli intoccabili vi sono numerose sottocaste. Al vertice della gerarchia vi sono i sacerdoti, i brahmani. Nella realt, il sistema castale in India funziona a vantaggio della casta dei proprietari terrieri (a volte i brahmani, a volte altre caste). Ci daltra parte non pu non suscitare negli altri un certo risentimento: vi sono in effetti, da parte degli intoccabili e dei membri delle caste inferiori, dei segnali di ostilit nei confronti delle caste dominanti. Il risentimento per non si manifesta in unavversione per il sistema castale in quanto tale. Le caste inferiori, piuttosto, mostrano amarezza per il proprio status e lottano per una maggiore uguaglianza. A partire dalla seconda guerra mondiale le basi economiche del

IV.I.

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sistema castale indiano sono state indebolite della consuetudine di offrire denaro in cambio di servizi. Il potere che detengono i membri delle caste superiori garantisce la perpetuazione del sistema castale. Questi gruppi traggono soprattutto, dalla loro posizione, vantaggi di ordine economico, di prestigio e anche vantaggi sessuali. Sebbene siano poche le aree del mondo che hanno sviluppato un sistema castale simile a quello indiano, anche in altre societ possibile rintracciare elementi che lo ricordano. Per i neri americani, per esempio, lo status sociale era determinato in parte dal colore della pelle. Fino a poco tempo fa in alcuni stati vi erano leggi che proibivano matrimoni tra bianchi e neri, e anche laddove questi erano consentiti, i figli di tali unioni erano considerati di status inferiore rispetto ai bambini bianchi. Negli stati del sud, ove i neri venivano palesemente trattati alla stregua di una casta, i bianchi si rifiutavano di mangiare insieme ai neri, o di sedersi vicino a loro in autobus o a scuola. Fontane separate per lacqua potabile e servizi igienici distinti rafforzavano lidea di unimpurit virtuale. I vantaggi di cui hanno goduto i bianchi in questa situazione sono a tutti ben noti. Negli ultimi anni negli Stati Uniti sono state abbattute molte delle tradizionali barriere tra i neri e i bianchi, ma molti problemi esistono ancora. Oggi vi sono dei neri in tutte le classi sociali, ma essi sono sottorappresentati nelle classi pi ricche e sovrarappresentati in quelle pi povere. I neri hanno unaspettativa di vita inferiore a quella che hanno i bianchi. Anche i neri che oggi fanno parte di unlite possono essere vittime di atteggiamenti razzisti. Spesso, per ottenere una promozione, un nero devessere migliore di un bianco, o possibile, al contrario, che si dica che qualcuno ha fatto carriera solo perch nero. I neri privilegiati lavoreranno con i bianchi, ma probabilmente risiederanno in quartieri neri, oppure sperimenteranno un grande senso di isolamento se abiteranno in quartieri bianchi. Negli Stati Uniti sono pochi i neri che non vivono con angoscia il problema del razzismo. IV.III. La schiavit. Gli schiavi sono individui che non sono proprietari del proprio lavoro, e in tal senso rappresentano una classe. La schiavit esistita in forme diverse in molte epoche e in molti luoghi. Nellantica Grecia gli schiavi erano spesso nemici catturati. Poich le citt-stato erano costantemente in guerra tra loro o con nemici esterni, la schiavit rappresentava una minaccia concreta per tutti. Gli schiavi greci potevano acquisire uno status sociale piuttosto elevato, insieme alla libert. Sebbene gli schiavi non avessero diritti, una volta riacquistata la libert (per concessione del padrone o per denaro) sia loro sia i discendenti potevano venire assimilati al gruppo dominante. La schiavit non era vista, quindi, come la conseguenza di una presunta inferiorit, bens come unazione del fato che relegava la vittima al gradino pi basso della scala sociale. Tra i nupe della Nigeria centrale la schiavit assumeva contorni diversi. I mezzi per rifornirsi di schiavi (ottenerli come bottino di guerra o acquistarli) erano simili a quelli europei, ma la posizione degli schiavi era molto differente. I maltrattamenti erano rari. Agli schiavi maschi erano offerte le stesse opportunit di guadagno che avevano gli altri dipendenti maschi della household (i fratelli giovani del padrone, i suoi figli e altri parenti). Uno schiavo poteva ricevere un appezzamento di terreno da coltivare in proprio, o una provvigione se il suo padrone era un artigiano o un commerciante. Gli schiavi potevano acquisire propriet, ricchezza e anche altri schiavi. Ma tutti i beni dello schiavo, quando questi moriva, andavano al padrone. Il sistema nupe contemplava lemancipazione, o concessione della libert. Se uno schiavo riusciva ad affrontare le spese per contrarre un matrimonio con una donna libera, i figli nati da questa unione erano liberi; il marito, per, rimaneva uno schiavo. Il matrimonio e il concubinaggio erano i mezzi pi semplici che una schiava aveva per uscire dalla sua condizione. Nel momento in cui ella dava un figlio al padrone, sia lei sia il bambino erano liberi. La donna, tuttavia, era libera solo simbolicamente: se era una concubina doveva comunque rimanere tale. Tra i nupe gli schiavi pi fortunati erano quelli di famiglia. Essi, in qualit di sovrintendenti, potevano raggiungere allinterno della household posizioni di notevole prestigio. Alcuni schiavi nupe (riuniti nellOrdine degli schiavi di corte) erano funzionari di fiducia del re e in quanto tali membri di unlite. In generale, comunque, la condizione di schiavo poneva lindividuo al livello pi basso della scala sociale. Negli Stati Uniti la schiavit nacque come mezzo per ottenere manodopera a basso costo, ma ben presto si giunse ad affermare che gli schiavi meritavano il posto che occupavano nella scala sociale a causa della loro intrinseca inferiorit. Gli schiavi non potevano sposarsi n potevano avere delle propriet. Anche i loro figli erano schiavi, e il padrone aveva dei diritti sessuali sulle schiave. Poich negli Stati Uniti lo status di schiavo era determinato dalla nascita, gli schiavi costituivano una casta. Allepoca della schiavit, dunque,

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negli Stati Uniti vi erano sia le classi sia le caste, e anche dopo labolizione della schiavit alcune componenti del sistema castale si sono conservate. Gli studi transculturali non sono ancora pervenuti ad alcuna conclusione riguardo allorigine della schiavit. Ci che sappiamo con certezza, tuttavia, che la schiavit non rappresenta (contrariamente a ci che alcuni autori hanno ipotizzato) una tappa inevitabile dello sviluppo economico. La schiavit non peculiare di certi sistemi economici, come, per esempio, quelli basati sullagricoltura intensiva. Inoltre lipotesi secondo la quale la schiavit si svilupperebbe laddove vi siano molte risorse e poca manodopera non suffragata da prove. Ci che possiamo affermare con sicurezza che la schiavit assente nelle economie industriali. V. Le cause della stratificazione sociale. difficile per gli antropologi stabilire perch si sia sviluppata la stratificazione sociale. possibile comunque affermare con ragionevole certezza che linsorgere dei livelli pi complessi di stratificazione sociale rappresenta un fenomeno piuttosto recente nella storia delle societ umane. In epoche precedenti al 5.500 a.C., infatti, non si riscontrano prove dellesistenza di disuguaglianza sociale. Tutte le abitazioni si assomigliavano, e lo stesso valeva per le tombe; ci fa supporre che tutti venissero trattati pi o meno nello stesso modo, sia in vita, sia dopo la morte. Lipotesi che la stratificazione sociale si sia sviluppata piuttosto tardi nella storia confermata dalla constatazione che anche alcuni elementi culturali ad essa associati sono comparsi solo in tempi relativamente recenti: nella maggior parte delle societ che dipendono soprattutto dallagricoltura o dallallevamento, per esempio, esistono le classi sociali; ma lagricoltura e lallevamento si sono sviluppati solo negli ultimi 10.000 anni, e quindi possiamo supporre che la maggior parte dei raccoglitori del passato non avesse classi sociali altri elementi culturali ad essa associati, e comparsi solo in tempi relativamente recenti, sono la presenza di insediamenti stabili, un tipo di integrazione politica che va al di l dellambito della singola comunit, limpiego del denaro come mezzo di scambio, lesistenza di alcuni specialisti a tempo pieno Il sociologo Gerhard Lenski ha mostrato come la tendenza riscontrata negli ultimi 10.000 anni ad uno sviluppo della disuguaglianza stia subendo uninversione di rotta. Nelle societ industrializzate le differenze di potere e di privilegi sono meno pronunciate di quanto non accada nelle societ preindustriali complesse. Nelle societ industriali la tecnologia talmente sofisticata che i detentori del potere sono costretti a delegare parte dellautorit ai subordinati se vogliono che il sistema funzioni. Il declino del tasso di natalit e la necessit di manodopera specializzata, inoltre, hanno portato il salario medio ben al di l del livello di sussistenza, accrescendo luniformit dei redditi. Lenski ha anche ipotizzato che il diffondersi dellideologia democratica, e soprattutto la sua accettazione da parte delle lite, abbiano ampliato significativamente il potere politico delle classi meno abbienti. Alcuni studi hanno messo alla prova e poi confermato le ipotesi di Lenski. In generale le nazioni pi industrializzate presentano un livello di disuguaglianza inferiore rispetto a quello che contraddistingue le societ solo parzialmente industrializzate. Per, come abbiamo visto, anche nelle societ pi industrializzate pu annidarsi unenorme disuguaglianza. Quali sono le cause dello sviluppo della stratificazione sociale?? Marshall Sahlins aveva inizialmente ipotizzato che fosse lincremento della produzione agricola a portare alla stratificazione sociale. Secondo lautore il grado di stratificazione sociale era strettamente correlato alla produzione di un surplus, produzione che era resa possibile da un miglioramento delle tecnologie produttive. Ad un innalzamento dei livelli di produttivit e ad un aumento del surplus agricolo corrisponderebbe necessariamente una crescita della complessit del sistema distributivo. A sua volta ci innalzerebbe lo status di capo, intenso come protagonista della distribuzione. La differenziazione tra il redistributore e i produttori avrebbe poi dato vita ad ulteriori differenziazioni in altri aspetti della vita. In seguito lautore rivide la sua tesi secondo la quale un aumento del surplus avrebbe portato allemergere di ruoli di potere. Egli ipotizz che la correlazione tra i 2 fenomeni potesse essere spiegata altrimenti: i capi avrebbero infatti incoraggiato la produzione di surplus cos da poter disporre di beni da utilizzare in banchetti e in altre occasioni redistributive. Naturalmente entrambe le ipotesi sono ammissibili: possibile che sia il surplus a generare la stratificazione sociale, oppure, viceversa, che sia la stratificazione sociale a generare il surplus. La teoria di Lenski sullorigine della stratificazione sociale simile alla prima ipotesi avanzata da Sahlins. Anche secondo questo autore la produzione di un surplus stimolerebbe lo sviluppo della stratificazione sociale. Questo autore, per, si interess

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soprattutto al conflitto che sorge riguardo al controllo del surplus. Per Lenski la distribuzione del surplus a determinare le basi del potere. La disuguaglianza di potere promuove un accesso disuguale alle risorse economiche, e contemporaneamente causa la disparit riguardo ai privilegi e al prestigio. La "teoria del surplus" di Sahlins e di Lenski in realt non risolve la questione del perch i distributori o i leader vogliano, o siano in grado, di acquisire un maggiore controllo delle risorse. Dopotutto in molte societ basate sul rango i redistributori o i leader non sono pi ricchi degli altri, e le consuetudini tendono a mantenerli in questa condizione. Una possibile spiegazione che, nel momento in cui cominciano a fare "investimenti" pi stabili nella terra o in prodotti tecnologici, gli individui siano pi disponibili a tollerare un aumento dellautorit del leader in cambio di protezione. Unaltra ipotesi che laccesso alle risorse economiche si differenzi solo nel caso in cui, nelle societ basate sul rango, vi sia una pressione demografica sulle risorse. Tale pressione potrebbe indurre i redistributori a conservare per se stessi e per le proprie famiglie una quantit maggiore di terra e di altre risorse. Le future ricerche di archeologi, sociali, storici e antropologi permetteranno di comprendere meglio lemergere della stratificazione sociale nelle societ umane e le ragioni della sua variabilit. 7. SESSO, GENERE E CULTURA. Il genere umano comprende individui di genere maschile e individui di sesso femminile, e questa una caratteristica comune alla maggior parte delle specie animali. La differenza che esiste tra organi riproduttivi maschili e femminili non spiega, tuttavia, la presenza di altre diversit di ordine fisico che distinguono luomo dalla donna. Inoltre il fatto che la riproduzione umana avvenga per via sessuale non giustifica le differenze di comportamento imposte ai maschi e alle femmine, o il diverso trattamento riservato loro nella societ. Eppure non esiste societ nota che tratti i 2 sessi nello stesso modo; generalmente, infatti, la donna che, rispetto alluomo, gode di minori vantaggi. Per questa ragione nel capitolo precedente si precisato che le societ egualitarie non presentano disuguaglianza tra gruppi sociali rispetto allaccesso alle risorse, al potere e al prestigio. Tuttavia allinterno dei gruppi (es: le famiglie) anche le societ egualitarie concedono agli individui di sesso maschile pi vantaggi. Poich molte differenze tra maschi e femmine riflettono aspettative ed esperienze culturali, molti ricercatori preferiscono parlare di "differenze di genere", riservando il termine "differenze sessuali" alle caratteristiche strettamente biologiche. Purtroppo non sempre le influenze culturali sono facilmente separabili da quelle biologiche, cosicch talvolta la scelta del termine adeguato ardua. Sebbene in questo capitolo largomento trattato sia quello delle differenze e delle somiglianze tra maschi e femmine, importante tenere presente che non tutte le societ concepiscono soltanto 2 categorie di genere. In alcuni casi "maschio" e "femmina" sono i 2 termini opposti di un continuum, in altri casi vi possono essere 3 o pi categorie di genere (es: maschio, femmina e altro). I. Differenze sessuali e di genere. Gli individui della nostra specie presentano un dimorfismo sessuale (= i maschi e le femmine mostrano evidenti differenze di corporatura e di aspetto). Nelle donne la zona pelvica proporzionalmente pi larga, mentre gli uomini sono generalmente pi alti e hanno lo scheletro pi massiccio. In rapporto al peso corporeo nelle femmine superiore la quantit di grasso, mentre nei maschi maggiore la massa muscolare. Caratteristiche tipicamente maschili sono, inoltre, una maggiore forza nella presa, cuore e polmoni proporzionalmente pi grandi, e una pi accentuata capacit di sforzo aerobico. Nella nostra societ vi la tendenza ad apprezzare maggiormente le persone "pi alte" e "pi muscolose", e ci riflette alcuni pregiudizi tipici della nostra cultura in favore degli uomini. La selezione naturale pu aver favorito alcuni tratti negli individui di sesso maschile, ed altri in quelli di sesso femminile. Poich le donne hanno la facolt di procreare, probabile che la selezione naturale abbia anticipato la fine della crescita femminile (fenomeno che ha inciso sulla riduzione dellaltezza massima), in modo da evitare che i bisogni nutrizionali del feto fossero in competizione con i bisogni di una madre ancora in fase di sviluppo. provato, inoltre, che le femmine soffrono meno rispetto ai maschi se sottoposte a restrizioni alimentari, presumibilmente perch esse sono in media pi basse e hanno riserve di grasso proporzionalmente maggiori. Nellambito della fisiologia maschile o femminile, dunque, le caratteristiche osservabili possono essere sia determinate dalla cultura, sia legate alle differenze genetiche. II. Ruoli legati al genere.

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Tutte le societ ripartiscono il lavoro in modo differente tra luomo e la donna. Poich lassegnazione di ruoli ha una componente chiaramente culturale, possiamo parlare di ruoli legati al genere. Ci che in questa sede risulta interessante a proposito della divisione del lavoro rispetto al genere non tanto il fatto che ogni societ faccia distinzioni tra occupazioni maschili e femminili, quanto che un numero enorme di societ divida il lavoro allo stesso modo. Quali sono, dunque, le ragioni dellesistenza di modelli universali o quasi universali nellassegnazione dei ruoli?? Una spiegazione possibile della divisione del lavoro tra uomini e donne a livello transculturale ci viene offerta da quella che potremmo definire la teoria della forza fisica. La superiorit maschile quanto a potenza fisica e a capacit di convogliare forza in rapidi scatti di energia stata comunemente riconosciuta come la causa determinante dei modelli universali o quasi universali della divisione del lavoro per genere. certo che gli uomini generalmente svolgono meglio attivit che richiedono il sollevamento di oggetti pesanti, limpiego di armi da lancio e la corsa su lunghe distanze. Nessuna delle attivit svolte abitualmente dalle donne richiede, infatti, altrettanta forza fisica o lo stesso rapido consumo di energia, eccezion fatta per la raccolta della legna. La teoria della forza fisica non , tuttavia, del tutto convincente, se non altro perch non si spiega la totalit dei modelli osservabili. Non chiaro, infatti, quale sforzo fisico debba essere prodotto per installare trappole per piccoli animali, per raccogliere il miele selvatico o per fabbricare strumenti musicali, attivit che, in alcuni casi, sono riservate agli uomini. Unaltra spiegazione possibile data da quella che si pu definire la teoria della compatibilit con la cura dei figli, che si fonda sul principio della necessit di rendere compatibili le mansioni femminili e la cura dei figli. Sebbene anche i maschi siano in grado di allevare i bambini, gran parte delle societ tradizionali si affida al sistema dellallattamento al seno, che esclude automaticamente lintervento degli uomini. necessario quindi che le incombenze femminili non trattengano le donne lontano da casa per lunghi periodi, n mettano in pericolo i bambini se questi accompagnano le madri. Esse devono, inoltre, poter essere interrotte e riprese nel caso in cui i bambini piccoli necessitino di cure. La teoria della compatibilit spiegherebbe anche come mai nelle societ basate sulle specializzazioni a tempo pieno alcuni mestieri artigianali vengano svolti dagli uomini. Esiste una distinzione tra le societ non commerciali (in cui le attivit artigianali come la fabbricazione di ceste, di stuoie e di terrecotte sono eseguite dalle donne) e le societ che hanno specialisti a tempo pieno (in cui tali mestieri tendono ad essere maschili). Relativamente alla nostra societ particolarmente calzante lesempio della cucina. Per quanto vi siano cuoche raffinate, gli chef e i fornai di solito sono uomini, anche se in casa sono le donne che, per tradizione, si occupano della preparazione del cibo. probabile, tuttavia, che le donne avrebbero maggiori possibilit di diventare cuoche o chef se potessero lasciare i figli piccoli e grandi in un luogo sicuro in cui i bambini venissero accuditi. La teoria della compatibilit non spiega, tuttavia, perch siano gli uomini a preparare il terreno per le coltivazioni, a fabbricare oggetti (come gli strumenti musicali). Tutte queste mansioni possono venire interrotte per seguire i piccoli e non sono pi pericolose dellattivit in cucina. La teoria delleconomia di sforzo aiuta a giustificare lesistenza di modelli che le teoria delle forza e della compatibilit non riescono a spiegare. Pu risultare vantaggioso, per esempio, che siano gli uomini a fabbricare gli strumenti musicali, nel caso in cui essi si occupino della raccolta del materiale pesante di cui questi oggetti sono fatti (es: con il disboscamento). Poich raccoglie questi materiali, presumibilmente luomo conosce meglio le loro caratteristiche ed quindi pi facile che sappia come lavorarli. Una quarta spiegazione data dalla teoria della sacrificabilit, secondo cui sono tendenzialmente gli uomini a svolgere lavori pericolosi nella societ, in quanto essi sono pi sacrificabili (la perdita di un maschio ha infatti minori conseguenze dal punto di vista riproduttivo). Per quanto queste differenti teorie, prese singolarmente o combinate fra loro, spieghino gran parte della divisione del lavoro rispetto ai generi, rimangono tuttavia alcuni problemi irrisolti: chi critica la teoria della forza fisica mette in risalto come in alcune societ le donne svolgano in realt mansioni molto faticose. Se in determinate societ le donne sono in grado di sviluppare una potenza fisica sufficiente per svolgere simili attivit, allora probabilmente la forza dipende pi dallesercizio di quanto non si sia abituati a pensare anche la teoria della compatibilit presenta alcune difficolt. Le donne che dedicano molto tempo al lavoro nei campi lontano da casa,

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per esempio, delegano ad altri la cura e il nutrimento dei propri piccoli durante il tempo in cui esse non possono accudirli. In alcune societ, inoltre, le donne si dedicano alla caccia, una delle attivit pi incompatibili con la cura dei figli. La caccia femminile, quindi, non sembra essere incompatibile con la cura dei bambini: non solo le donne portano con s i lattanti durante le battute di caccia, ma le capacit riproduttive delle cacciatrici non sono inferiori a quelle delle altre donne. chiaro, per, che queste cacciatrici-donne sono agevolate dal fatto che i luoghi di caccia si trovano solo ad una mezzora dal campo, e dal fatto che esse sono accompagnate dai cani che le assistono e proteggono loro e i bambini durante la battuta. Lattivit inoltre si svolge generalmente in gruppo, e questo facilita il trasporto dei bambini e delle carcasse degli animali. Come ci suggeriscono i casi descritti, necessario approfondire molto le nostre conoscenze in merito al fabbisogno di forza lavoro. Pi precisamente in merito a determinati compiti dobbiamo sapere esattamente la quantit di forza necessaria per svolgerli, il loro grado di pericolosit e la possibilit di interromperli per dedicarsi alla cura dei figli. comunque opportuno notare che nessuna di queste teoria implica limmutabilit nel tempo dei modelli di divisione del lavoro. Losservazione della nostra e di altre societ industriali ci mostra infatti che la rigida divisione del lavoro secondo il genere comincia a scomparire laddove le macchine sostituiscono la forza umana e laddove le donne hanno meno bambini e ne affidano le cure a terzi. Nella nostra societ esiste uno stereotipo che attribuisce al marito il compito di provvedere al sostentamento della famiglia, e alla moglie la responsabilit della casa e della cura dei figli. Questo, come sappiamo, sempre pi un mito che una realt. Non solo, infatti, molte donne oggi sono madri single, ma un gran numero di mogli lavora fuori casa. Nella nostra societ la persona che provvede al sostentamento colui (tradizionalmente luomo) che "procura il pane" (sia che si tratti di cibo che di denaro per comprare il cibo). Concentrando lattenzione su questa persona e su questa funzione facile minimizzare i contributi apportati da chi lavora principalmente in casa. La maggior parte degli antropologi opera una distinzione tra attivit di sussistenza primarie e attivit di sussistenza secondarie. Le prime servono a procacciare il cibo e sono la raccolta, la caccia, la pesca, la pastorizia e lagricoltura. Le seconde comprendono per la maggior parte la preparazione e lelaborazione del cibo per il consumo o per la conservazione. Sappiamo molto riguardo alle variazioni transculturali del contributo che gli uomini e le donne apportano alle attivit primarie di sussistenza, e riguardo alle possibili cause di questa divisione di ruoli. Molto meno, invece, si sa a proposito dei contributi alle attivit di sussistenza secondarie. I ricercatori hanno studiato le attivit primarie di sussistenza, misurando il contributo del lavoro femminile e maschile alla dieta (in termini di rapporto calorico). Unaltra unit di misura data dal tempo impiegato per svolgere queste attivit (che in genere hanno luogo fuori casa). Questi 2 tipi di misurazioni danno, tuttavia, risultati molto diversi. Pu essere, infatti, che alcune societ dedichino pi tempo alla caccia piuttosto che allagricoltura, ma che sia questultima a fornire il maggior apporto di calorie. In alcune societ le donne hanno tradizionalmente rivestito un ruolo economico pi importante rispetto agli uomini, e questo sotto tutti i punti di vista. Da una rassegna fatta su un vasto numero di societ emerge come sia gli uomini sia le donne contribuiscano alle attivit primarie di approvvigionamento del cibo, con la differenza che di solito il contributo maschile maggiore in termini di apporto calorico. Vi sono invece societ in cui le donne contribuiscono in misura maggiore rispetto agli uomini (sempre in termini di apporto calorico) alle attivit primarie di sussistenza. Laddove la caccia, la pesca e la pastorizia (generalmente attivit maschili) costituiscono le fonti principali di apporto calorico, il contributo maschile superiore a quello femminile. La tecnica predominante di approvvigionamento del cibo non , tuttavia, sempre indicativa: alcune societ, per esempio, che dipendono principalmente dalla pesca, affidano alle donne la maggior parte del lavoro. Nelle societ la cui attivit principale la raccolta (una mansione tipicamente femminile) lapprovvigionamento del cibo (in termini di calorie) dipende soprattutto dalle donne. La maggior parte delle societ conosciute dagli antropologi, tuttavia, deriva il proprio apporto calorico dallagricoltura, piuttosto che dalla caccia o dalla pesca. Se si escludono la pulizia e la preparazione del terreno (mansioni generalmente maschili) tutte le altre (la semina, il compito di estirpare le erbacce, lirrigazione e il raccolto) sono attivit svolte indifferentemente dagli uomini o dalle donne. Resta da spiegare perch in alcune societ siano le donne a dedicarsi alla maggior parte del lavoro agricolo, mentre in altre questo compito spetti agli uomini. Una spiegazione di questo fenomeno pu essere ricondotta al tipo di agricoltura praticata. Molti studi hanno messo in evidenza come il contributo calorico portato dagli uomini alla sussistenza primaria tenda ad essere molto superiore a quello femminile laddove vi sia un sistema di agricoltura intensiva, in particolare quando venga impiegato laratro. Dove, invece, leconomia si basi sullorticoltura, il contributo delle donne relativamente alto, a paragone di quello maschile, sia che si tratti della coltivazione di radici e di alberi (nel qual caso si parla semplicemente di orticoltura), sia che si tratti di colture "taglia e brucia" (che rientrano nella categoria dellagricoltura estensiva o itinerante). Secondo Ester Boserup nel momento in cui la popolazione cresce e

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aumenta quindi la necessit di sfruttare il territorio in modo intensivo, vengono introdotti luso dellaratro e lirrigazione, con un conseguente incremento del lavoro. Le ragioni di questo fenomeno non sono, tuttavia, del tutto chiare. Perch le donne, nel momento in cui viene introdotto laratro, interrompono il loro apporto sostanziale alle attivit agricole?? Per rispondere a questo quesito molti ricercatori spostano la propria attenzione sulla quantit di tempo dedicato dagli uni e dalle altre alle varie mansioni agricole. La ragione di questa scelta legata al fatto che il contributo di genere allagricoltura varia notevolmente sia allinterno delle sequenze produttive, sia a seconda dei diversi tipi di raccolto. quindi pi facile confrontare la quantit di tempo totale di lavoro femminile rispetto a quella maschile, piuttosto che quantificare il contributo alla dieta che ciascun genere fornisce in termini di apporto calorico. Come possibile, infatti, operare una stima del contributo calorico se, per esempio, gli uomini si occupano della pulizia e dellaratura dei campi, le donne della semina e dellestirpazione delle erbacce, ed entrambi partecipano al raccolto?? Una spiegazione possibile del maggior apporto maschile alle attivit agricole laddove si impiega laratro potrebbe essere individuata nel fatto che questa tecnica richiede una grossa mole di lavoro nella fase della pulizia e della preparazione dei campi, mentre riduce il tempo dedicato ad estirpare le erbacce. In ogni caso, sempre luomo che si dedica alla pulizia del terreno, attivit che, nelle colture intensive, richiede un maggior dispendio di tempo. Estirpare le erbe infestanti probabilmente un lavoro compatibile con la cura dei figli ed forse per tale ragione che in questa attivit si registra una prevalenza femminile. Il fatto che laratura sia un compito maschile che richiede un notevole dispendio di tempo non spiega tuttavia perch, nelle societ in cui utilizzato laratro, le donne svolgano una quantit inferiore di lavoro in tutti i settori dellagricoltura. Unaltra motivazione che pu spiegare il minor contributo femminile alle attivit agricole nei sistemi intensivi che in questi ultimi i lavori domestici aumentano, per cui si riduce il tempo che le donne possono dedicare ai campi. Chi applica il metodo intensivo di solito destina il terreno alla coltivazione del grano, il quale prima dellimmagazzinamento richiede un tempo elevato di lavorazione per essere reso commestibile. Resta da spiegare come mai le donne contribuiscono in misura notevole alle attivit orticole. possibile, in effetti, che esse abbiano meno lavoro casalingo, ma allora ci varrebbe anche per gli uomini. Perch, dunque, essi non si dedicano proporzionalmente di pi allorticoltura?? Una spiegazione possibile che spesso in queste societ gli uomini devono dedicare molto tempo ad altri tipi di attivit (es: una guerra, prestare servizio come lavoratori salariati in citt lontane, viaggiare periodicamente per svolgere unattivit di commercio, ..). Nel caso in cui le donne apportino un notevole contributo alle attivit primarie di sussistenza, ci aspetteremmo che ci influisca sul loro atteggiamento nei riguardi dei figli. Numerosi studi transculturali hanno dimostrato che questa supposizione esatta. Nelle societ in cui il contributo femminile (in termini di apporto calorico) elevato si iniziano a nutrire i bambini con cibi solidi (compito che pu essere svolto da persone differenti dalla madre) anticipatamente rispetto alle societ in cui invece le donne partecipano in misura minore alle attivit primarie di sussistenza. probabile, inoltre, che le ragazze vengano abituate ad essere operose (es: aiutando la madre) e che la nascita di una femmina sia maggiormente apprezzata. importante tener presente che le conclusioni a cui si giunge in merito al contributo alle attivit di sussistenza secondo i generi dipendono molto dal metro di misura adottato. Cambiando prospettiva per un attimo, e tenendo conto di tutte le attivit lavorative, emerge un quadro diverso del rapporto tra contributo maschile e femminile alla sussistenza. Sommando infatti per intero il tempo lavorativo, includendo le attivit esterne (per la maggior parte la raccolta di cibo) e quelle dentro casa (tra cui la preparazione del cibo), risulta che il lavoro femminile ammonta ad un numero di ore giornaliere superiore a quello maschile, sia nei sistemi agricoli intensivi, sia nelle societ di orticoltori. In quasi tutte le societ a noi note i leader politici sono uomini. Una ricerca transculturale ha inoltre dimostrato che, nei casi in cui le posizioni di potere sono nelle mani delle donne, queste ultime sono comunque in minoranza numerica rispetto agli uomini, oppure sono meno potenti di loro. Che si consideri o meno la guerra come un fenomeno che rientra nella sfera della politica, in questambito la prevalenza maschile pressoch universale. Per quale ragione gli uomini hanno quasi sempre dominato la scena politica (almeno fino ad oggi)?? Secondo alcuni, poich la direzione degli affari bellici comporta il controllo di una risorsa importante come quella delle armi, il ruolo militare che hanno gli uomini a collocarli ai vertici della scena politica. stato dimostrato, tuttavia, che le posizioni di comando raramente sono ottenute con la forza, e che quindi una superiorit di questo tipo non costituisce un fattore determinante. Vi , comunque, una relazione di altra natura tra guerra e leadership politica. Non solo, infatti, la guerra ha uninfluenza

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diretta sulla sopravvivenza: essa presente regolarmente nella maggior parte delle societ che conosciamo, e quindi il potere decisionale nelle questioni belliche rappresenta una delle funzioni politiche pi importanti nella maggior parte delle societ. Le decisioni in merito alla guerra, dunque, dovranno essere affidate alla persone pi competenti in questo settore. Per spiegare perch sono principalmente gli uomini a impiegarsi nella guerra vi sono 3 possibili spiegazioni, universalmente valide: la guerra, come la caccia, richiede forza fisica (per utilizzare le armi) e rapidi scatti di energia (per correre) la guerra certamente una delle attivit pi pericolose, il che, aggiunto al fatto che non possibile interromperla, la rende incompatibile con la cura dei figli anche se non ha figli, nel momento del combattimento una donna generalmente comunque tenuta lontana, poich la sua fertilit potenziale pi importante per la riproduzione e per la sopravvivenza del gruppo di quanto non lo sia il suo contributo da combattente Sia la teoria della forza fisica, sia quella della compatibilit e della sacrificabilit, quindi, possono dare ragione della predominanza maschile nelle attivit belliche. Vi sono ulteriori fattori che possono essere menzionati riguardo al predominio maschile nella politica: la statura (generalmente maggiore negli uomini): anche se non chiaro perch essa debba essere un requisito della leadership, alcuni studi dimostrano che pi probabile che il ruolo di leader sia rivestito da persone alte gli uomini frequentano il mondo esterno molto pi delle donne, mentre le donne tendono a lavorare nei pressi del luogo dabitazione limpegno richiesto dallallevamento dei figli pu limitare linfluenza della donna Se queste motivazioni spiegano almeno in parte la diffusa predominanza maschile in campo politico, resta tuttavia da capire perch in alcune societ la partecipazione femminile alla vita politica sia maggiore rispetto ad altre. Marc Ross ha analizzato il problema in un campione transculturale di 90 societ, nelle quali il grado di partecipazione femminile alla politica variava considerevolmente. Un fattore che sembra determinante per lesclusione delle donne dalla vita politica lorganizzazione delle comunit secondo la parentela maschile. Come vedremo, generalmente le donne, quando si sposano, lasciano la propria comunit per trasferirsi presso quella del marito. Se le donne sono "straniere" in una comunit in cui vi sono molti uomini legati da parentela, allora questi avranno un vantaggio politico garantito dalla loro conoscenza dei membri e della storia della comunit. La definizione di status molto problematica: secondo alcuni la relazione tra status femminile e status maschile dipende dallimportanza che una societ attribuisce alle donne e agli uomini per altri essa riguarda la quota di autorit e di potere conferita proporzionalmente ai 2 generi in altri autori essa individuerebbe il tipo di diritto ad agire secondo i proprio desideri posseduto dagli uomini e dalle donne In ogni caso molti scienziati sociali indagano le ragioni delle differenze di status della donna da societ a societ. Analizzano la variazione del grado di stratificazione dei generi. Nel mondo islamico, per esempio, le donne e gli uomini conducono vite molto separate; sotto vari profili lo status della donna sembra essere alquanto misero. In altre societ, al contrario, ci si avvicina molto ad una situazione di parit tra status maschile e status femminile. Esistono molte teorie in merito alle diversit di status delle donne: secondo una delle pi diffuse, la condizione della donna sarebbe migliore laddove elevato il suo contributo alle attivit primarie di sussistenza: lo status delle donne sarebbe, quindi, notevolmente inferiore in quelle societ che traggono sostentamento dalla caccia, dallallevamento, o dallagricoltura intensiva una seconda teoria afferma che nei casi in cui la guerra ha un ruolo di estrema rilevanza, agli uomini viene attribuita maggiore importanza ed essi sono considerati pi degni di stima rispetto alle donne una terza teoria mette in evidenza come lo status superiore delluomo sia legato alla presenza di gerarchie politiche centralizzate. Il principio analogo a quello della teoria della guerra: dato che di solito sono gli uomini a rivestire ruoli di leadership in campo politico, lo status maschile dovrebbe essere superiore nei casi in cui la sfera politica abbia maggiore importanza

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vi , infine, unulteriore teoria secondo la quale lo status delle donne sar superiore laddove i gruppi familiari e il luogo di residenza della coppia sposata siano organizzati secondo un criterio matriarcale Nel valutare queste teorie si pone il problema di decidere il significato del concetto di status: esso implica, per esempio, lidea di "valore", oppure di "diritti", oppure di "autorit"?? Una ricerca transculturale effettuata da Martin Whyte ha messo in evidenza come questi fattori non cambino tutti nello stesso modo. I risultati di questo studio mostrano che raramente vi una relazione tra questi elementi. Non possiamo quindi, concludeva Whyte, parlare dello status come di un singolo concetto; pi appropriato, piuttosto, parlare dello status delle donne nelle diverse sfere della vita. Per quanto avesse scoperto che non vi era interdipendenza tra i vari elementi che definiscono la status, Whyte decise di verificare se alcune delle teorie che abbiamo appena menzionato fossero in grado di descrivere le cause per cui in alcune societ vi sono molti settori in cui le donne godono di uno status privilegiato mentre in altre ve ne sono pochi. Esaminiamo innanzitutto le affermazioni che vengono smentite dalle testimonianze transculturali. Uno di queste lidea che il contributo sostanziale alle attivit primarie di sussistenza garantisca uno status elevato. Nelle societ ad agricoltura intensiva le donne (il cui contributo lavorativo minore di quello degli uomini) tendono effettivamente ad avere uno status per molti aspetti inferiori. Nelle societ che dipendono principalmente dalla caccia (in cui il contributo femminile altrettanto limitato) lo status delle donne , invece, migliore, e questo smentisce la suddetta teoria. Analogamente non esistono prove che diano validit universale al principio per cui la frequenza delle guerre avrebbe uninfluenza negativa sullo status delle donne in numerosi settori della vita. Quali sono, dunque, i fattori che determinano uno status migliore per la donna?? Sebbene non fornisca risultati cos netti ed evidenti, lo studio di Whyte avvalla in qualche misura la teoria secondo la quale lo status delle donne migliore laddove i gruppi familiari e la residenza coniugale siano organizzati intorno ad esse. Una condizione di inferiorit dello status femminile compare, invece, nelle societ in cui siano presenti gerarchie politiche. Laddove esiste una stratificazione sociale lagricoltura si fonda sullaratura e sullirrigazione gli insediamenti sono estesi esistono la propriet privata e la specializzazione artigianale si tende ad attribuire alla donna uno status di inferiorit. Resta ancora da capire come mai la complessit culturale comporti per la donna sia una minore autorit nellambito della casa, sia un controllo ridotto sulla propriet, sia maggiori restrizioni nella vita sessuale. Anche il colonialismo occidentale ha avuto effetti negativi sullo status della donna: per quanto un certo grado di disparit tra uomo e donna potesse gi esistere prima dellarrivo degli europei, sembra che gli effetti del colonialismo siano stati in genere negativi per quanto riguarda lo status femminile. III. La personalit. Secondo Margaret Mead non esistono tra i sessi differenze di personalit che abbiano valore universale: tali differenze sono, piuttosto, stabilite dalle societ. Le ricerche effettuate negli ultimi anni smentiscono, tuttavia, lasserzione della Mead che non vi siano differenze sessuali che possano spiegare il carattere. Alcune di queste differenze comportamentali, infatti, ricorrono in modo sistematico in societ completamente diverse. Questo non significa che la Mead fosse in errore a proposito delle 3 societ da lei analizzate: possibile che esse rappresentino dei casi atipici. Probabilmente se la Mead avesse adottato le tecniche di osservazione impiegate nelle recenti ricerche sul campo (in particolare losservazione di campioni sistematici), essa avrebbe scoperto che alcune differenze sono legate al genere. Questi studi registrano sistematicamente i minimi dettagli del comportamento di un numero elevato di maschi e di femmine. Quali sono le differenze nella personalit rilevate da questi studi?? Molti di essi hanno preso in esame bambini appartenenti a contesti culturali diversi. La differenza pi diffusa riguarda il comportamento aggressivo: i maschi tentano di aggredire gli altri con maggior frequenza rispetto alle femmine. Vi sono tra maschi e femmine altre differenze osservabili che ricorrono con considerevole frequenza; dobbiamo, tuttavia, essere cauti nel prenderle in considerazione, sia perch non sono documentate, sia perch presentano un maggior numero di eccezioni: si tratta della tendenza presente nelle ragazze ad avere un comportamento pi responsabile, e a mostrare maggiore disponibilit verso gli altri le femmine, inoltre, sembrano pi propense a conformarsi al volere e agli ordini degli adulti i ragazzi, daltro canto, tentano spesso di esercitare una supremazia sugli altri per raggiungere i propri scopi

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genere

nel gioco entrambi mostrano una preferenza per il proprio

sembra, inoltre, che i ragazzi giochino in gruppi allargati, mentre le cerchia delle ragazze sia pi ristretta i maschi, infine, mantengono di pi le distanze rispetto alle femmine Se accettiamo che vi sia una certa omogeneit transculturale in tali differenze, come possiamo spiegarla?? Molti ricercatori sono convinti che la diffusione di certe differenze abbia origine nella diversit di ordine biologico tra i 2 sessi. Il dato dellaggressivit uno dei tratti pi discussi, principalmente perch riguardo ad esso vi sono differenze tra i generi fin dalla pi tenera infanzia. Secondo una spiegazione alternativa le societ allevano i maschi e le femmine in modo diverso perch quasi sempre agli adulti di ciascun genere si richiede di assolvere a funzioni diverse. I ricercatori tendono a sostenere luna o laltra teoria, quella biologica o quella sociale. del tutto possibile, invece, che sia le cause biologiche sia le cause sociali concorrano alla formazione delle differenze tra maschi e femmine. I genitori, infatti, hanno il potere di trasformare una lieve inclinazione di origine genetica in una marcata differenza di genere, potenziandola al massimo secondo i principi sociali che oppongono i maschi alle femmine. difficile per distinguere linfluenza genetica da quella sociale. Esistono ricerche che testimoniano come i genitori trattino i figli diversamente a seconda del sesso fin dalla nascita. Sebbene un osservatore oggettivo non noti differenze sostanziali di "personalit" tra bambine e bambini piccoli, spesso i genitori affermano il contrario. I genitori potrebbero inconsciamente voler riconoscere delle differenze ed dunque possibile che essi le instillino nel figlio. Anche le differenze che si manifestano in et precoce, dunque, potrebbero essere apprese. Si tenga presente, inoltre, che i ricercatori non possono condurre esperimenti pratici sulle persone che sono oggetto di osservazioni. Il comportamento dei genitori, per esempio, non pu essere alterato per scoprire cosa succederebbe se i bambini e le bambine venissero trattati esattamente nello stesso modo. Numerose ricerche relative al comportamento aggressivo negli animali dimostrano che alcuni ormoni maschili sono in parte responsabili dellalto livello di aggressivit nei maschi. Questi risultati non sono necessariamente trasferibili al genere umano; tuttavia sono stati studiati casi di donne che hanno assunto, nel ventre materno, medicinali somministrati per prevenire laborto. In linea di massima questi studi forniscono gli stessi risultati delle osservazioni sugli animali: nel comportamento dei soggetti si registra infatti un maggiore livello di aggressivit. Alcuni studiosi ritengono che questi risultati provino lorigine biologica delle differenze di aggressivit. Secondo altri essi non dimostrano nulla. Esistono prove del fatto che il grado di aggressivit dipenda dal tipo di socializzazione?? Sebbene uno studio etnografico transculturale dimostri che sono pi numerosi i casi in cui il comportamento aggressivo sollecitato nel maschio piuttosto che nella femmina, nella maggior parte delle societ non esistono differenze nelleducazione allaggressivit. I pochi casi di societ in cui vi sono differenze esplicite a questo riguardo non possono rendere conto di tutte le differenze esistenti. Per quanto ne sappiamo, i comportamenti aggressivi, come altri tratti "maschili", possono essere appresi anche implicitamente. Alla base di alcune differenze comportamentali legate al genere potrebbe esservi un insegnamento sociale indiretto. Beatrice e John Whiting riferiscono, in un loro studio, che i bambini a cui viene assegnato molto lavoro manifestano un temperamento pi responsabile e disponibile. Dato che le femmine generalmente collaborano pi dei maschi alle faccende domestiche, la loro maggiore responsabilit e disponibilit potrebbero essere, dunque, imputabili a questa unica ragione. Se il ragionamento corretto, logico attendersi che i maschi che svolgono compiti femminili si comportino in modo pi simile alle femmine. Dallosservazione sistematica risult che in molti casi il comportamento dei ragazzi che svolgevano le mansioni femminili rappresentava un livello intermedio tra quello degli altri ragazzi e quello delle ragazze. La somiglianza con il comportamento femminile si manifestava in un minor grado di aggressivit rispetto agli altri maschi e in un atteggiamento meno dominante e pi responsabile. Prima di abbandonare il tema delle differenze comportamentali dovremmo sottolineare lesistenza, a tal proposito, di convinzioni diffuse ma infondate, come quella per cui le ragazze sarebbero pi dipendenti, pi socievoli e pi passive dei ragazzi: innanzitutto se consideriamo la dipendenza come la tendenza a cercare aiuto e sostegno emotivo negli altri, le femmine non sono pi inclini e mostrarla. La riprova che i ragazzi e i bambini dei 2 sessi hanno modi diversi di manifestare questo atteggiamento di dipendenza. Le femmine cercano aiuto e contatto, mentre i maschi tendono ad attirare su di s lattenzione e lapprovazione degli altri per quanto riguarda la socievolezza, non si hanno sostanziali differenze tra i sessi. La socievolezza si manifesta certamente in modo variabile nelle femmine e nei maschi, dato che i ragazzi tendono a giocare in gruppi pi allargati rispetto alle ragazze

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riguardo alla presunta passivit femminile, non esistono prove sufficientemente convincenti. Lunico fatto che emergeva delle differenza relativa ai sessi era che le ragazze pi grandi erano meno inclini, rispetto ai ragazzi, a rispondere ad unaggressione con un comportamento aggressivo. Un simile atteggiamento, tuttavia, non necessariamente indice di passivit

IV. La sessualit. Dato il modo in cui la specie umana si riproduce, non sorprende che la sessualit sia parte della nostra natura. Ciononostante non esistono societ a noi note che trattino la sessualit come una cosa naturale: tutte possiedono infatti delle regole che stabiliscono quale sia la condotta "conveniente". Il grado di attivit sessuale prematrimoniale, extramatrimoniale e intramatrimoniale permessa o incoraggiata varia notevolmente da societ a societ. Esistono, inoltre, grandi differenze riguardo alla tolleranza nei confronti della sessualit non eterosessuale. IV.I. Atteggiamenti permissivi VS atteggiamenti repressivi. Tutte le societ tentano di regolamentare in qualche misura lattivit sessuale. Alcune societ vietano il sesso prematrimoniale, altre lo ammettono. Lo stesso vale per i rapporti extraconiugali. Non sempre, inoltre, il grado di limitazione delle norme imposte da una societ rimane identico per tutto larco della vita dellindividuo o vale per ogni aspetto della sessualit. In molti casi, per esempio, gli adolescenti devono sottostare ad imposizioni blande, mentre gli adulti sono tenuti ad osservare restrizioni pi rigide. Gli atteggiamenti, inoltre, cambiano nel corso del tempo. La stessa societ americana ha una tradizione piuttosto repressiva, che per, fino a poco tempo fa (ossia prima dellemergenza dellAids), stava progressivamente lasciando il posto ad un atteggiamento pi tollerante. Il sesso extraconiugale piuttosto diffuso. Per quanto riguarda gli uomini esso si verifica nel 69% delle societ; quanto alle donne la percentuale del 57%. La frequenza di questo tipo di attivit sessuale pi alta di quanto ci si potrebbe aspettare, tenuto conto del fatto che solo una maggioranza modesta di societ accetta esplicitamente il sesso extraconiugale maschile, e un numero ancora inferiore ammette quello femminile. In molte societ, dunque, esiste una notevole differenza tra il codice repressivo e le effettive pratiche sessuali. Le ricerche transculturali dimostrano che la maggior parte delle societ ha uno standard diverso per le donne e per gli uomini: le prime, infatti, sono pi soggette a restrizioni. La privacy nel momento del coito un requisito pressoch universale. Ma mentre per il nordamericano il luogo predestinato allattivit sessuale generalmente la camera da letto, molti altri popoli si appartano nel verde della natura. In alcune culture spesso il coito ha luogo in presenza di altri che stanno dormendo o che semplicemente guardano dallaltra parte. Anche il periodo e la frequenza del coito sono variabili. Generalmente si preferisce la notte, ma alcune popolazioni optano esplicitamente per il giorno. Nella maggior parte delle societ ci si astiene dai rapporti sessuali per il periodo delle mestruazioni, almeno in parte durante la gravidanza, e per un certo lasso di tempo dopo il parto. Altre societ proibiscono il rapporto sessuale prima di una serie di attivit, come la caccia, la pesca, la semina, la produzione della birra e la fusione del ferro. La societ americana una delle pi permissive riguardo alla sessualit allinterno del matrimonio, poich durante il lutto, nel periodo mestruale e nel corso della gravidanza impone poche limitazioni. Il grado di tolleranza o di repressione nei confronti dellomosessualit non diverso da quello che viene manifestato riguardo ad ogni altro tipo di attivit sessuale. Poco si sa delle pratiche omosessuali nelle societ molto repressive, forse perch in molti casi tali societ negano lesistenza stessa del fenomeno. Laddove vi pi tolleranza la diffusione dellomosessualit varia. In alcune societ essa accettata, ma limitata a certi periodi e a certi individui. In altre societ lomosessualit pi diffusa. IV.II. Le cause della repressione. Prima di tentare di spiegare perch esistano vari livelli di repressione sessuale a seconda della societ, necessario chiedersi se tutte le forme di limitazione in campo sessuale si implichino a vicenda. Le ricerche attuali mostrano che nelle societ in cui vengono imposti dei limiti riguardo ad un dato aspetto della sessualit eterosessuale, tali limiti vengono estesi anche ad altri aspetti. Tuttavia, laddove vi siano forti restrizioni riguardo alla vita eterosessuale, non necessariamente si impongono limiti a quella omosessuale. Se le restrizioni riguardano il sesso prematrimoniale, non dobbiamo attenderci per forza conseguenze sul piano delle relazioni omosessuali. Quando si tratta di rapporti extraconiugali la situazione diversa. Nelle societ in cui il numero di omosessuali maschi alto, ladulterio eterosessuale degli uomini viene disapprovato. Se vogliamo spiegare lesistenza di misure repressive in questo ambito, dunque, dobbiamo considerare la sfera omosessuale e quella eterosessuale separatamente. SFERA OMOSESSUALE: il materiale etnografico indica lesistenza di una vasta gamma di reazioni sociali alle relazioni omosessuali. Finora le ricerche non sono

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giunte a stabilire principi generali, ma lanalisi transculturale sullomosessualit maschile fornisce comunque risultati affascinanti. Uno di questi risultati la scoperta che pi probabile riscontrare lintolleranza nei confronti dellomosessualit maschile nelle societ in cui sono vietati alle donne sposate laborto e linfanticidio (in molti casi queste pratiche sono permesse se si tratta di nascite illegittime). Questa ed altre scoperte avvalorano la teoria secondo cui lomosessualit sarebbe poco accettata nelle societ che, aspirando ad un incremento demografico, tollererebbero male i comportamenti che potrebbero ridurre laumento della popolazione. Un altro indizio della dipendenza di questo tipo di intolleranza dalla spinta alla crescita demografica il fatto che pi probabile riscontrare unaccettazione dellomosessualit nelle societ colpite da carestie e da forti penurie di cibo. In questi casi, infatti, poich le condizioni esistenti determinano una forte pressione della popolazione sulle risorse, lomosessualit e altre pratiche che riducono la crescita della popolazione sono non solo tollerate, ma addirittura incoraggiate. La pressione demografica spiega, inoltre, perch recentemente la nostra societ sia diventata pi tollerante nei confronti dellomosessualit. chiaro che i fattori demografici non rendono ragione del processo che spinge molti individui di una societ a divenire omosessuali. Essi, per, chiariscono perch alcune societ considerino tali atteggiamenti in unottica pi o meno permissiva. SFERA ETEROSESSUALE: sebbene non ne conosciamo la ragione, sappiamo che le maggiori restrizioni per quanto riguarda il sesso prematrimoniale sono riscontrate tendenzialmente nelle societ pi complesse. Pi aumenta lineguaglianza sociale e pi crescono le disparit economiche tra i vari gruppi, tanto pi i genitori si preoccupano di evitare che i figli contraggano matrimonio con individui "inferiori" a loro. La tolleranza nei confronti di relazioni sessuali prematrimoniali potrebbe facilitare lintreccio di legami sentimentali con qualcuno che sia ritenuto un coniuge indesiderabile. Peggio ancora (dal punto di vista della famiglia), una relazione "sconveniente" di questo genere potrebbe dare luogo ad una gravidanza che precluderebbe alla ragazza un "buon" matrimonio. Il controllo dellaccoppiamento potrebbe, dunque, essere un metodo per vigilare sulla propriet. Conferma questa teoria la scoperta che la verginit rappresenta un valore nelle societ stratificate, laddove probabile che la combinazione di un matrimonio implichi uno scambio di beni e di denaro fra le famiglie. 8. IL MATRIMONIO, LA FAMIGLIA, LA PARENTELA. Il fatto che il matrimonio sia universale non significa che in tutte le societ tutti si sposino. Significa soltanto che la maggior parte delle persone (in genere quasi tutte) si sposa almeno una volta nella vita. Quando affermiamo che il matrimonio universale non intendiamo dire che le usanze matrimoniali e familiari siano uguali in tutte le societ. Esiste, al contrario, una notevole variabilit nel modo in cui ci si sposa e nel numero e nelle caratteristiche di coloro che si possono sposare. Lunico criterio universale riguardante il matrimonio il divieto di unirsi con i genitori, con i fratelli e con le sorelle. Anche la famiglia universale. In tutte le societ esistono gruppi sociali formati da genitori e figli, anche se con notevoli variazioni nella forma e nellentit numerica. Alcune societ sono caratterizzate da famiglie estese composte da 2 o pi gruppi di genitori e figli; in altri casi le famiglie formano unit indipendenti pi piccole. Oggi il matrimonio non rappresenta necessariamente la base per la costituzione di una famiglia. Le famiglie di un solo genitore stanno diventando un fenomeno diffuso nelle societ occidentali. Ciononostante in queste societ il matrimonio non scomparso e rappresenta ancora una consuetudine comune, sebbene siano sempre di pi le persone che scelgono di avere figli senza sposarsi. I. Il matrimonio. Il matrimonio non altro che lunione sessuale ed economica, approvata socialmente, tra un uomo ed una donna. Sia la coppia sia gli altri componenti della societ accettano che questa unione sia pi o meno stabile e che implichi una serie di diritti e di doveri tra i coniugi e tra questi e i futuri figli. Nel matrimonio lunione sessuale socialmente approvata: ci significa che la coppia sposata non deve nascondere la natura sessuale della propria relazione. Per quanto lunione matrimoniale possa venire sciolta dal divorzio, tutte le societ hanno un approccio iniziale con il matrimonio che implica unidea pi o meno radicata di stabilit. Un altro elemento implicito nel matrimonio sono i diritti e i doveri reciproci, che possono essere pi o meno specifici e formalizzati e che riguardano le questioni della propriet, della gestione finanziaria e della cura dei figli. Il matrimonio una relazione sia sessuale sia economica. Levento che sancisce

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linizio del matrimonio varia da una societ allaltra; alcune societ, ad esempio, non conoscono un rituale formale come la cerimonia nuziale. I.I. Tipi rari di matrimoni. Oltre al matrimonio tra uomini e donne, alcune societ ammettono quello tra persone dello stesso sesso; in nessuna societ, tuttavia, tali unioni rappresentano la norma. Queste forme coniugali non collimano completamente con la nostra definizione di matrimonio, in quanto esse: non uniscono un uomo ed una donna non rappresentano necessariamente unioni sessuali Questi "matrimoni" sono tuttavia approvati dalla societ, di solito ricalcano il modello del matrimonio regolare e implicano una serie considerevole di diritti e di doveri reciproci. Talvolta uno dei 2 coniugi considerato donna o uomo anche se ci non corrisponde alla sua identit sessuale. Si sa, per esempio, che presso gli azande dellAfrica avevano luogo matrimoni omosessuali temporanei. Prima che gli inglesi ottenessero il controllo dei territori dellattuale Sudan, i guerrieri azande che non potevano permettersi una moglie spesso sposavano "ragazzi-moglie" per soddisfare i propri bisogni sessuali. Cos come avveniva nei matrimoni normali, il "marito" offriva ai genitori del "ragazzo-sposa" dei doni (per quanto meno importanti di quelli che sarebbero stati offerti per una donna). Il marito svolgeva alcuni servizi per i genitori del ragazzo ed era ammesso che potesse corteggiare eventuali amanti e commettere adulterio. I ragazzi-moglie non solo avevano relazioni sessuali con il marito, ma si occupavano di gran parte delle faccende domestiche che tradizionalmente spettavano alla moglie. In molte societ africane abbiamo testimonianza della presenza di matrimoni tra donne, anche se non esistono prove riguardo allesistenza di rapporti sessuali tra le partner. Sembra che questo tipo di matrimonio fosse, piuttosto, un modo socialmente approvato di attribuire alla donna funzioni sociali e legali di padre e di marito. Questi matrimoni sembrano rappresentare la soluzione ai casi in cui in una famiglia regolare manchino figli maschi che possono ereditare la propriet. La soluzione consiste nel permettere alla donna, anche se il marito in vita, di diventare il "marito" di una donna pi giovane e di fungere da padre dei figli di questultima. La "donna-marito" assolve ad un pagamento matrimoniale necessario per ottenere la moglie, rinuncia alle mansioni femminili e si assume gli oneri di un marito. Tra le 2 donne (e tra la pi anziana e il precedente marito) non sono consentiti rapporti sessuali. Affinch la moglie possa avere figli la donna-marito le procura un consorte maschio. I figli riconoscono nella donna-marito la figura del padre, poich ella il padre socialmente designato. I.II. Le ragioni delluniversalit del matrimonio. Poich in tutte le societ esiste il matrimonio possiamo affermare che esso costituisce una pratica adattiva. Le teorie che intendono spiegare luniversalit del matrimonio sono molte. Secondo queste teorie il matrimonio risolverebbe una serie di problemi universali: come spartire il frutto della divisione sessuale del lavoro, come prendersi cura dei figli, come ridurre al minimo la competizione sessuale. Per valutare la plausibilit di queste ipotesi necessario domandarsi sa il matrimonio rappresenti la migliore o lunica soluzione a ciascuno di questi problemi. Nel capitolo precedente abbiamo messo in evidenza come tutte le societ note allantropologia dividano il lavoro secondo il genere. Questa divisione del lavoro stata spesso indicata come la causa del matrimonio. Laddove esiste una divisione del lavoro secondo i generi, la societ deve possedere un meccanismo che permetta alle donne e agli uomini di mettere in comune il prodotto delle rispettive attivit. Per quanto il matrimonio risolva tale problema, improbabile che esso rappresenti lunica soluzione possibile: un gruppo ristretto di persone, come quello costituito da fratelli e sorelle, per esempio, potrebbe impegnarsi a cooperare economicamente. Se messo a confronto con i cuccioli degli altri primati, il piccolo delluomo dipende dai genitori molto pi a lungo. Tale peculiarit grava principalmente sulla madre e pu costituire un limite al tipo di lavoro che la donna in grado di svolgere. La presenza delluomo per svolgere determinate mansioni, quali per esempio la caccia, che sono incompatibili con la cura dei figli, risulterebbe allora indispensabile. La necessit del matrimonio, dunque, sarebbe legata a questa prolungata dipendenza infantile. Si tratta essenzialmente di un ragionamento analogo a quello formulato in merito alla divisione del lavoro, e sul piano logico altrettanto debole. Non chiaro infatti perch un gruppo costituito da uomini e donne non potrebbe cooperare nella cura dei bambini anche senza il matrimonio. A differenza delle femmine di molti altri primati, la donna pu avere rapporti sessuali in ogni periodo dellanno. Secondo alcuni studiosi la continua ricettivit femminile pu aver creato dei seri problemi riguardo alla competizione tra maschi per la conquista delle femmine. Si pensato che la specie umana abbia dovuto impedire questa competizione ai fini della propria sopravvivenza, ossia che abbia sviluppato qualche

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strategia per ridurre al minimo la rivalit tra maschi ed evitare il verificarsi di conflitti distruttivi e letali. Tale ipotesi crea non pochi problemi: perch il fatto che la donna sia permanentemente ricettiva dal punto di vista sessuale dovrebbe favorire una maggiore competizione tra i maschi?? Si potrebbe anzi affermare il contrario: la competizione dovrebbe essere maggiore in presenza di risorse pi scarse, vale a dire nel caso in cui le femmine fossero sessualmente disponibili con minore frequenza i maschi di numerose specie animali, incluse quelle in cui la sessualit femminile relativamente frequente, non mostrano comportamenti eccessivamente aggressivi perch la competizione sessuale, ammesso che esista, non potrebbe essere governata da regole culturali diverse da quella del matrimonio?? Avrebbe potuto esserci, per esempio, una regola per cui le donne e gli uomini frequentano liberamente tutti i membri del sesso opposto stringendo relazioni che hanno una determinata durata Nessuna delle teorie finora prese in esame offre una spiegazione convincente del fatto che il matrimonio sia lunica o la migliore soluzione ad uno specifico problema. La validit di tali teorie messa in dubbio, inoltre, dai risultati delle ricerche comparative sui mammiferi e sugli uccelli. Se prendiamo in considerazione gli animali che, diversamente da altre specie completamente promiscue, presentano come luomo, una certa stabilit nellambito dei legami tra maschi e femmine, saremo in grado di individuare i fattori che sono alla base dei legami tra i sessi nelle specie animali a sangue caldo. Una forma simile al matrimonio esiste presso moltissimi uccelli, tra i lupi e i castori. Il legame tra maschio e femmina non dipende dai 3 fattori finora illustrati (divisione del lavoro, dipendenza infantile prolungata, continua ricettivit sessuale femminile). Esiste, dunque, qualche fattore che condiziona il legame tra maschi e femmine?? Per quanto riguarda mammiferi e uccelli la risposta positiva, e pu illuminare la nostra analisi del matrimonio umano. Nelle specie animali in cui, dopo il parto, le femmine sono in grado di nutrire contemporaneamente se stesse e i piccoli pi difficile riscontrare un tipo di legame stabile. Esso tende invece a presentarsi nelle specie in cui la madre, nel periodo che segue la nascita dei piccoli, non ha la capacit di procurarsi il cibo. In questi casi, se la madre ha un compagno che le legato, questi procaccia il cibo oppure si alterna alla femmina nella sorveglianza dei piccoli. Anche nel caso della femmina umana il nutrimento post partum rappresenta un problema. Pur ammettendo che nella specie umana esista questo problema, resta ancora da stabilire se la soluzione migliore sia rappresentata dal matrimonio. Siamo inclini ad accettare questa ipotesi poich riteniamo che altre soluzioni possibili non funzionerebbero altrettanto bene. Se, per esempio, 2 madri si alternassero nella cura dei piccoli, probabile che nessuna delle 2 sarebbe in grado di procurare da sola il cibo necessario a soddisfare entrambe e la prole, mentre una coppia formata da un uomo e da una donna che hanno in comune gli stessi figli ha minori difficolt nellapprovvigionamento di una sufficiente quantit di cibo. Unalternativa alla coppia potrebbe essere rappresentata da un gruppo promiscuo di maschi e femmine. Siamo propensi a credere, tuttavia, che in un tipo di organizzazione del genere una madre non potrebbe essere sicura del fatto che un uomo le sorvegli i piccoli, o si occupi del procacciamento del cibo per lei e per la prole. Rimane comunque la questione della legittimit di applicare agli esseri umani i risultati delle ricerche condotte su altri animali. II. Come viene sancito il matrimonio?? Poich il matrimonio ununione sessuale ed economica socialmente approvata, tutte le societ hanno la necessit di segnalarne formalmente lavvio. Per ragioni che non comprendiamo completamente, in alcuni casi il matrimonio accompagnato da cerimonie e da riti elaborati, mentre in altri esso sancito in modo molto pi informale. In molte societ, inoltre, hanno luogo transazioni economiche prima, durante e dopo la celebrazione del matrimonio. In tutte le societ che sanciscono il matrimonio con una cerimonia questa accompagnata da festeggiamenti. Tali festeggiamenti esprimono pubblicamente lunione delle famiglie degli sposi. In molte culture il matrimonio prevede espressioni cerimoniali di ostilit, quali lo scambio di insulti tra gruppi parentali. In molte societ si simulano dei combattimenti. Lostilit a volte pu raggiungere livelli di vera e propria aggressivit. Dimostrazioni di ostilit di questo genere si verificano di solito nelle societ in cui i 2 schieramenti parentali sono tra loro nemici effettivi o rivali potenziali. In molte societ un costume diffuso sposare donne dei villaggi "nemici". Le cerimonie matrimoniali simboleggiano aspetti importanti della cultura. Mentre in alcune societ la cerimonia rappresenta sul piano simbolico lostilit tra le 2 famiglie, in altre essa pu, invece, promuovere larmonia. III. Gli aspetti economici del matrimonio.

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In molte societ il matrimonio implica considerazioni di tipo economico: se nella cultura occidentale tali implicazioni possono essere pi o meno implicite, in numerose societ il matrimonio preceduto o seguito da transazioni economiche esplicite. Queste possono assumere varie forme. IL PREZZO (O RICCHEZZA) DELLA SPOSA: un dono in denaro o in beni che lo sposo o la sua famiglia offrono ai parenti della sposa. Generalmente il dono garantisce alluomo il diritto di sposare la donna e i diritti di paternit sui figli di lei. Il prezzo della sposa la pi comune tra le forme di transazione economica che accompagnano il matrimonio. Nella maggior parte dei casi il prezzo da pagare sostanzioso, e si tratta di unusanza diffusa in tutto il mondo. Il pagamento pu assumere diverse forme: nella maggior parte dei casi vengono offerti capi di bestiame e generi alimentari. Anche nel caso inusuale dei matrimonio tra donne il "marito" paga il prezzo della sposa. Nonostante la connotazione negativa che per noi potrebbe avere lidea di pagare un prezzo per la sposa, tale pratica non colloca la donna in una posizione di schiavit (sebbene questa usanza sia diffusa in societ in cui lo status delle donne relativamente basso). Il prezzo della donna pu essere importante sia per la donna sia per la sua famiglia. Il prezzo pagato, infatti, pu fungere da assicurazione. Se il matrimonio fallisce per colpa del marito e la donna ritorna alla propria famiglia, i suoi parenti possono essere esentati dal restituire la somma al coniuge. Daltro canto, per, pu verificarsi il caso in cui i parenti della sposa facciano pressione su di lei affinch rimanga con il marito anche contro la sua volont, perch non vogliono o non sono in grado di restituire il prezzo della sposa. Pi alto il prezzo della sposa pi bassa la possibilit di ottenere il divorzio. Da unanalisi transculturale emerge come sia pi probabile che le societ in cui vige tale usanza siano dedite allorticoltura e manchino di stratificazione sociale. Questa pratica, inoltre, diffusa laddove le donne contribuiscono in modo rilevante alle attivit primarie di sussistenza e dove si dedicano a tutte le attivit economiche in misura maggiore rispetto agli uomini. Per quanto questi dati paiano suggerire che nelle suddette societ le donne siano oggetto di maggiore considerazione, bisogna tenere presente che nelle societ in cui le donne contribuiscono in modo sostanziale alle attivit primarie di sussistenza il loro status non affatto superiore a quello degli uomini. Il prezzo della sposa infatti si osserva nelle societ in cui sono gli uomini a prendere la maggior parte delle decisioni riguardo alla conduzione della famiglia, ed proprio la detenzione del potere decisionale da parte delluomo che segnala come le donne abbiano uno status inferiore. IL MATRIMONIO PER SERVIZIO: il secondo tipo di transazione economica matrimoniale pi comune; prevede che lo sposo lavori per la famiglia della sposa talvolta prima, talvolta dopo le nozze. La durata della prestazione varia: in alcune societ essa solo di alcuni mesi, in altre si protrae per diversi anni. In alcune societ il prezzo della sposa pu essere sostituito dal matrimonio per servizio. LO SCAMBIO DI DONNE: lusanza di offrire una sorella o una parente dello sposo in cambio della sposa. LO SCAMBIO DI DONI (approssimativamente di pari valore): si ha tra i 2 gruppi parentali che si uniscono attraverso il matrimonio; ha una diffusione lievemente maggiore rispetto allo scambio di donne. LA DOTE: solitamente un sostanzioso passaggio di beni o di denaro dalla famiglia della sposa alla sposa stessa. Diversamente dalle altre transazioni economiche finora menzionate, la dote generalmente non implica una relazione tra i parenti della sposa e quelli dello sposo. La famiglia devessere sufficientemente ricca da fornire una dote, ma poich questi beni vanno alla donna, nessuna ricompensa viene alla famiglia che li ha elargiti. Lentit della dote determina spesso lappetibilit della sposa; ed la terra a rappresentare il bene principale. Contrariamente alle societ in cui si paga un prezzo per la sposa, le societ in cui esiste la dote tendono ad essere quelle in cui la donna contribuisce relativamente poco alle attivit primarie di sussistenza, in cui vi un elevato grado di stratificazione sociale e in cui alluomo non permesso avere pi mogli contemporaneamente. Secondo la teoria di Boserup lo scopo della dote di garantire un sostegno economico alla madre (e ai suoi figli), necessario data la scarsa contribuzione della donna al lavoro primario di sussistenza. Unaltra ipotesi che la dote sia concepita come strumento per attrarre lo sposo migliore laddove il sistema sia basato sulla monogamia e sia presente un livello elevato di disuguaglianza sociale (una simile strategia dovrebbe aumentare la probabilit di successo riproduttivo della figlia e della relativa prole). Entrambe le ipotesi sono confermate dai dati di recenti studi transculturali; la seconda teoria, per, sembra offrire una spiegazione pi convincente. Resta tuttavia da spiegare come mai in molte

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societ stratificate (come quelle occidentali) in cui le donne e gli uomini hanno un solo coniuge (uno alla volta) la dote non esista. LA DOTE INDIRETTA: quando il pagamento della dote viene effettuato dalla famiglia dello sposo. I beni vengono offerti in prima istanza al padre della sposa ed egli successivamente li consegna interamente o in parte alla figlia. IV. Un tab universale: lincesto. Il tab dellincesto, ovvero la regola che proibisce le relazioni sessuali e il matrimonio tra alcune categorie di parenti, presente in tutte le societ. La proibizione universale imposta dal tab dellincesto riguarda il rapporto sessuale e il matrimonio tra madre e figlio, tra padre e figlia, tra fratello e sorella. Nessuna societ ha permesso unioni del genere in tempi recenti. In passato, tuttavia, alcune societ ammettevano lincesto, principalmente allinterno delle famiglie reali ed aristocratiche, per quanto esso restasse proibito al resto della popolazione. Per spiegare le ragioni delluniversalit di questo tab sono state avanzate diverse ipotesi. IV.I. La teoria di Westermarck. La teoria proposta da Edward Westermarck ebbe vasta eco allinizio degli anni 20. Westermarck sosteneva che gli individui che sono cresciuti a stretto contatto fin dalla pi tenera et, come i fratelli e le sorelle, non provano attrazione sessuale reciproca e quindi tendono a non sposarsi tra loro. In seguito questa teoria fu rifiutata perch smentita da casi di individui sessualmente attratti dai genitori, da fratelli o da sorelle. Alcuni studi tuttavia hanno dimostrato che la teoria di Westermarck in parte accettabile. Yonina Talmon osserv che le persone cresciute insieme erano fermamente convinte del fatto che lesperienza comunitaria producesse un disinteresse sessuale. Lo studio condotto dallautrice mette in evidenza non solo il disinteresse e perfino il rifiuto sessuale tra coloro che sono cresciuti insieme, ma un corrispettivo fascino esercitato dai nuovi venuti o dagli estranei, dovuto in particolare al "mistero" che questi portano con s. Ulteriori dati a sostegno della teoria di Westermarck provengono da uno studio di Hilda e Seymour Parker, in cui sono stati confrontati 2 campioni di padri divisi in base al fatto che avessero commesso o meno abusi sessuali nei confronti delle proprie figlie. I Parker scoprirono che era molto pi probabile che i padri colpevoli di incesto fossero stati poco coinvolti nella crescita delle figlie, in quanto scarsamente presenti o del tutto assenti nei primi 3 anni di vita delle bambine. Alcuni ricercatori hanno provato ad estendere al tab dellincesto tra cugini di primo grado la teoria della familiarit infantile. In base ad essa il matrimonio tra cugini di primo grado dovrebbe essere proibito nelle societ in cui questi crescono insieme allinterno della stessa comunit. Ci non corrisponde, tuttavia, a verit: tali societ, infatti, non tendono pi di altre a proibire il matrimonio tra primi cugini. Sebbene esistano fattori legati alla familiarit infantile che normalmente producono disinteresse sessuale, resta tuttavia irrisolto il problema delle ragioni per cui le societ dovrebbero proibire un tipo di matrimonio che comunque non avrebbe luogo per motivi di disinteresse. IV.II. La teoria freudiana. Sigmund Freud riteneva che il tab dellincesto rappresentasse una reazione a desideri inconsci e inaccettabili. Secondo la teoria freudiana il figlio sarebbe attratto dalla madre e di conseguenza proverebbe un sentimento di gelosia e di ostilit nei confronti del padre (e viceversa per la figlia). Il bambino sa che questi sentimenti non possono perdurare, perch potrebbero indurre il padre a rivolgerglisi contro, e quindi vi rinuncia o li reprime. Di solito questi sentimenti vengono repressi e si ritirano nellinconscio. Ma a tale livello il desiderio di possedere la madre perdura, ed per questo che lorrore dellincesto rappresenta, per Freud, una reazione o una difesa contro limpulso proibito. Per quanto la teoria di Freud possa rendere ragione dellavversione nei confronti dellincesto, almeno per quanto riguarda quello tra genitori e figli, essa non spiega come mai le societ abbiano bisogno di un tab esplicito, e in modo particolare non spiega il caso dellincesto tra fratello e sorella. Questa teoria non tiene conto, inoltre, delle scoperte sopra descritte relative al disinteresse sessuale in connessione con lipotesi di Westermarck. IV.III. La teoria della disgregazione familiare. Questa teoria, spesso legata al nome di Bronislaw Malinowski, pu essere riassunta come segue: la competizione sessuale tra i membri della famiglia creerebbe una tensione tale da mettere in crisi la sua stessa unit; poich ai fini della sopravvivenza della societ indispensabile che la famiglia funzioni in modo efficiente, necessario impedire la competizione allinterno di essa. Il tab dellincesto quindi unimposizione che permette di mantenere la famiglia integra. Tale ipotesi non tuttavia del tutto convincente. Le societ avrebbero potuto introdurre ulteriori regole, relative ai rapporti sessuali tra certi membri della famiglia, che eliminassero la competizione potenzialmente disgregatrice. In secondo luogo,

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quali sono gli effetti disgreganti dellincesto tra fratello e sorella?? Abbiamo gi visto come matrimoni tra fratelli esistessero nellantico Egitto. Lincesto tra fratello e sorella non metterebbero in discussione lautorit dei genitori se ai figli fosse consentito di sposarsi in et adulta. La teoria della disgregazione familiare non spiega dunque lorigine del tab dellincesto. IV.IV. La teoria della cooperazione. Questa teoria fu proposta da uno dei primi antropologi, Edward B. Tylor, e venne poi rielaborata da Lesile A. White e da Claude Lvi-Strauss. Essa attribuisce al tab dellincesto la funzione di promuovere la cooperazione tra gruppi familiari e quindi di aiutare la sopravvivenza delle comunit. Secondo Tylor alcune operazioni necessarie al benessere della comunit possono essere svolte solo attraverso la collaborazione di un ingente numero di persone. Per rompere il sospetto e lostilit che dividevano i gruppi familiari e rendere in tal modo possibile la collaborazione, i primi uomini inventarono il tab dellincesto, il quale garantiva che il matrimonio avvenisse tra persone di gruppi diversi. I legami creati attraverso questi matrimoni misti servivano a tenere unit la comunit. Lidea che il matrimonio fra gruppi diversi promuova la collaborazione plausibile, ma esistono prove che la confermano?? In alcune societ, dopotutto, il matrimonio coinvolge gruppi ostili. In tutte le societ recenti le persone si sposano fuori dalla famiglia; non siamo quindi in grado di verificare se questi matrimoni promuovano la collaborazione pi di quanto accadrebbe nel caso di matrimoni allinterno della famiglia. Possiamo, comunque, verificare lesistenza di una collaborazione laddove il matrimonio coinvolga comunit differenti. In questi casi i dati non confermano la teoria della cooperazione. Dove il matrimonio allinterno della comunit proibito e avviene solo tra comunit differenti, non per questo i conflitti sono minori. Per quanto il tab dellincesto possa favorire la cooperazione tra le famiglie, la necessit di collaborazione non spiega adeguatamente lesistenza del tab in tutte le societ; vi potrebbero essere, infatti, altre pratiche atte a promuovere simili alleanze. La teoria della cooperazione non affronta, inoltre, laspetto sessuale del tab dellincesto. Ipoteticamente le societ potrebbero permettere il sesso incestuoso e contemporaneamente promuovere il matrimonio fuori dalla famiglia. IV.V. La teoria dellinbreeding. Secondo una delle teorie pi antiche il tab dellincesto si spiega in ragione delle potenziali conseguenze negative dellinbreeding (= unione tra consanguinei). I membri della stessa famiglia tendono ad essere portatori dei medesimi caratteri recessivi nocivi; in caso di accoppiamento tra consanguinei potrebbe, quindi, nascere una prole pi soggetta a morte precoce a causa di difetti genetici. Per molti anni questa teoria non stata accettata, poich, sulla base delle esperienze derivanti dallallevamento dei cani, si era radicata la convinzione che linbreeding non fosse necessariamente dannoso. La pratica dellinbreeding impiegata per creare razze canine vincitrici di premi non rappresenta, tuttavia, un criterio valido per stabilire se questo tipo di accoppiamento sia pericoloso o meno. Gli allevatori di cani, infatti, non tengono conto degli esperimenti mal riusciti, di cui essi si liberano per raggiungere il proprio scopo. Oggi siamo in possesso di una notevole quantit di prove che dimostrano che, sia negli esseri umani sia nelle altre specie animali, pi stretto il legame di parentela tra i 2 soggetti dellaccoppiamento, maggiore il rischio di conseguenze negative sul piano genetico. Anche gli accoppiamenti tra parenti non stretti hanno conseguenze dannose (per quanto di grado minore). I dati su questi casi confermano la teoria relativa allaccoppiamento tra consanguinei: la probabilit che un bambino erediti una dose doppia di geni recessivi dannosi si riduce al diminuire del grado di parentela tra i genitori. Alcuni avanzano dei dubbi relativamente allipotesi che le popolazioni del passato abbiano deliberatamente introdotto il tab dellincesto perch a conoscenza degli effetti negativi dellinbreeding. Altri, invece, ritengono che ci sia potuto accadere. Se vero, comunque, che le conseguenze dellinbreeding erano ampiamente riconosciute, ipotizzabile che le popolazioni abbiano deliberatamente inventato o fatto proprio il tab dellincesto. Che la pericolosit dellunione tra consanguinei fosse nota o meno, le conseguenze demografiche del tab dellincesto rendono comunque ragione della sua universalit, dal momento che molto probabile che i gruppi che praticano il tab abbiano maggiori vantaggi di ordine riproduttivo e quindi siano avvantaggiati anche nella competizione. Bench possano esistere altre soluzioni culturali, al di l del tab dellincesto, in grado di produrre gli effetti previsti dalla teoria della disgregazione della famiglia e dalla teoria della cooperazione, il tab dellincesto rappresenta lunica soluzione possibile al problema dellinbreeding. Come vedremo, il tab dellincesto pu estendersi o meno allincrocio tra cugini. V. Chi dovremmo sposare?? V.I. I matrimoni combinati. In un numero considerevole di societ i matrimoni vengono combinati: i negoziati sono gestiti dalle famiglie coinvolte, oppure da intermediari. In alcuni casi il fidanzamento inizia quando i futuri coniugi sono ancora

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bambini. A volte gli sposi non si incontrano fino al giorno delle nozze. Alla base del matrimonio combinato vi la convinzione che lunione di 2 gruppi parentali e la conseguente nascita di nuovi legami sociali ed economici siano pi importanti della libert di scelta e dellamore romantico. In molti paesi il matrimonio combinato in declino e le coppie iniziano ad avere maggior voce in capitolo sulla scelta del coniuge. V.II. Esogamia ed endogamia. Quando il coniuge viene scelto allesterno del gruppo parentale o al di fuori della comunit si parla di esogamia. Frequentemente gli sposi provengono da regioni mol