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PARTE I LE DIMENSIONI DELL’ANTROPOLOGIA
CAPITOLO 1: Che cos’è l’antropologia?
Gli antropologi studiano gli esseri umani appartenenti a ogni tempo e a ogni luogo. L’antropologia è
l’esplorazione della diversità umana nel tempo e nello spazio. L’antropologia è una scienza
comparativa ed olistica. L’olismo studia la condizione umana considerata nel suo insieme ovvero
passato, presente, futuro; biologia, società, linguaggio e cultura.
Il concetto di adattamento si riferisce ai processi mediante i quali gli organismi riescono a superare
con successo gli stress dell’ambiente in cui si trovano ad esempio i problemi legati al clima. Con il
progredire della storia umana, i mezzi di adattamento sociali e culturali hanno acquisito
un’importanza maggiore. Gli esseri umani hanno sviluppato molti modi per sopravvivere nei diversi
ambienti.
Le discipline antropologiche:
Negli Stati Uniti l’antropologia generale si suddivide in quattro sotto discipline: ogni sottodisciplina
considera la variazione nel tempo e nello spazio (cioè in aree geografiche diverse) gli antropologi
culturali e gli antropologi archeologici studiano i cambiamenti nella vita sociale e nei costumi. Gli
antropologi biologi esaminano i cambiamenti evolutivi sotto l’aspetto della forma fisica. Gli
antropologi linguisti possono ricostruire le basi delle lingue antiche studiando quelle moderne. Gli
antropologi condividono alcuni presupposti basilari, tra cui quello forse più importante è il concetto
che non è possibile pervenire a conclusioni uniche e definitive, piuttosto è essenziale avere un
approccio comparativo.
- Antropologia culturale = studio della società e della cultura umana; descrive, analizza,
interpreta e spiega le somiglianze e le differenze sociali e culturali. Adotta un duplice
approccio: etnografico (fieldwork) ed etnologico (confronti transculturali). L’etnografia fa
un resoconto della comunità, società, o una cultura specifica. Nella fase di raccolta dei dati
etnografici, l’etnografo reperisce le informazioni che poi organizza e descrive per formare
un volume o un articolo. Gli etnografi vivono in piccole comunità e studiano
comportamenti, usi, costumi, e vita sociale, economia, politica e religione. I gruppi studiati
dagli antropologi sono poveri e senza potere politico. L’etnologia esamina, interpreta,
analizza e confronta i risultati etnografici (i dati raccolti nelle società). Con questi dati si
individuano differenze e somiglianze per giungere a generalizzazioni su culture e società.
- Antropologia biologica = studia la diversità umana biologica nel tempo e nello spazio. I 5
soggetti di studio sono: 1) l’evoluzione umana delineata dai reperti fossili; 2) la genetica
umana; 3) lo sviluppo delle popolazioni; 4) la plasticità biologica umana; 5) la biologia,
l’evoluzione, il comportamento di scimmie e altri primati non umani. Questi campi vengono
collegati alla biologia, zoologia, anatomia, fisiologia, medicina e salute pubblica.
In Europa e in Italia, invece, si distingue tra antropologia culturale e antropologia fisica (biologica).
L’antropologia viene anche chiamata etnologia e oggi raramente antropologia sociale.
L’origine dell’antropologia come campo scientifico risale al XIX secolo. Il campo di studio dei
primi antropologi americani erano la storia e le culture dei nativi del Nord America. (studi sui
costumi, vita sociale, lingua, tratti fisici).
L’antropologia è una scienza e come tale si collega ad altri campi di sapere. Intrattiene rapporti
anche con le scienze umanistiche (lingua, letteratura, filosofia, storia e arte) e adotta un punto di
vista comparativo nei confronti delle forme di espressione creativa (linguaggio, arte, narrativa,
musica, danza).
L’antropologia psicologica studia le somiglianze e le differenze nei tratti e nelle condizioni
psicologiche. Negli anni ‘20/’30/’40 antropologi di spicco come Bronislaw Malinowski e Margaret
Mead descrissero come gli adulti trasmettessero ai figli certi valori e credenze dettate dalle
specifiche culture.
L’antropologia è una scienza, dunque si avvale di un metodo scientifico per elaborare spiegazioni
attendibili che possano predire le ricorrenze future. Si basa sulla ricerca sul campo. L’osservazione
partecipante è la tecnica principale dell’antropologo con la quale quando si va sul campo si
partecipa a determinate situazioni e non si fanno solo interviste; la ricerca sul campo nasce
dall’antropologo Malinowski che si trovava durante la Second Guerra Mondiale verso un viaggio in
Australia e viene obbligato a stare al confine, era polacco non può tornare in Europa, rimane nel
pacifico nell’isole Trobriand e rimane due anni a vivere. Lo strumento principe è il diario di campo
dove si spiega tutti i giorni cosa si vede e si descrivono e sono state recentemente aggiunte al
taccuino e alla matita anche altri strumenti.
CAPITOLO 2: La Cultura
La cultura è quell’insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il
diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una
società. (Sir Edward Tylor) Gli uomini acquisiscono gli attributi attraverso l’inculturazione che è il
processo mediante il quale un bambino assimila la propria cultura. Gli individui interiorizzano
gradualmente un sistema di simboli precedentemente creato e lo utilizzano per definire il mondo in
cui vivono, per esprimere i propri sentimenti ed emozioni. Gli altri animali possono apprendere
dall’esperienza: per esempio, evitano il fuoco dopo avere scoperto che scotta. Gli animali
apprendono anche da altri membri del proprio gruppo di appartenenza, ad esempio, i lupi imparano
le strategie di caccia da altri appartenenti al branco. L’apprendimento culturale umano dipende dalla
capacità di utilizzare i simboli. Ogni singolo individuo inizia attraverso un processo di
apprendimento consapevole e inconsapevole e di interazione con gli altri a interiorizzare.
La cultura viene insegnata in modo diretto e tramite l’osservazione. Diretto = genitori dicono ai figli
di ringraziare quando qualcuno fa loro un favore. La cultura viene inoltre trasmessa attraverso
l’osservazione = i bambini prestano attenzione alle cose che li circondano e modificano il loro
comportamento perché altre persone suggeriscono loro di farlo. La cultura può anche venire
interiorizzata in modo inconsapevole. Ad esempio, gli occidentali acquisiscono parte delle nozioni
della propria cultura sulla distanza che è bene osservare quando due persone parlano non quando
viene detto loro di mantenere una certa posizione nei confronti dell’interlocutore ma attraverso un
processo di osservazione, esperienza e modifica consapevole o inconsapevole del comportamento.
Gli antropologi accettano una dottrina del XIX sec. indicata come “unità psiche dell’uomo” = tutte
le popolazioni umane dispongono di uguali capacità culturali. Indipendentemente dall’aspetto fisico
o dall’appartenenza etnica, le persone sono in grado di apprendere qualsiasi tradizione culturale.
La cultura è condivisa: La cultura appartiene agli individui in quanto membri di gruppi e non
appartiene ai singoli individui. Le persone in Italia hanno assorbito determinati valori e credenze nel
corso delle generazioni. Le persone diventano agenti attivi nel processo di interculturazione dei
propri figli. Sebbene una cultura sia in costante mutamento, in essa continuano a permanere alcune
credenze, valori e visioni del mondo. Ad esempio, da piccoli quando non finivamo di consumare il
pasto che avevamo nel piatto, i nostri genitori ci ricordavano dei bambini che morivano di fame in
altri paesi del mondo. La nazione in questione può cambiare ma la nostra cultura ha continuato a
trasmetterci l’idea che mangiando tutto il piatto possiamo giustificare la nostra buona sorte.
La cultura è integrata ossia sono sistemi strutturati in base a schemi precisi. Se una parte del
sistema (per esempio l’economia) subisce una modifica, anche le altre parti andranno incontro a un
cambiamento. Ad esempio, le ripercussioni sociali del cambiamento economico sono i
comportamenti nei confronti del matrimonio: oggi sposarsi tardi, convivere e divorziare sono
diventati fenomeni più comuni.
La cultura viene utilizzata come mezzo di adattamento per soddisfare i propri bisogni biologici, di
base in termini di cibo, bevande, alloggio (accendiamo il termostato ad alte temperature in inverno e
a basse temperature in estate, beviamo una bevanda calda in inverno e una fredda in estate). Le
persone usano la cultura anche per soddisfare bisogni psicologici ed emotivi come l’amicizia, la
compagnia. Le persone cercano supporto sia informale (aiuto da parte di persone che si prendono
cura di loro) sia formale (tramite associazioni e istituzioni).
A un certo livello gli schemi culturali (l’uso dell’aria condizionata) sono adattivi perché aiutano le
persone a far fronte agli stress ambientali. A un altro livello questi schemi possono anche essere non
adattivi, per esempio, le emissioni delle nostre macchine hanno effetti sull’ambiente che possono
danneggiare l’uomo. Molti schemi culturali moderni possono essere non adattivi a lungo termine,
ad esempio, il consumo eccessivo e il degrado ambientale.
Studi su primati non umani rivelano molte somiglianze con gli umani, come l’abilità di apprendere
dall’esperienza e di modificare il proprio comportamento. L’abilità di trarre benefici dall’esperienza
consente un miglior adattamento e consente di evitare errori mortali. Di fronte a cambiamenti
ambientali, gli umani non devono aspettare passivamente una risposta di modificazione genetica,
ma possono modificare i comportamenti appresi come i comportamenti sociali. L’utilizzo di oggetti
si registra anche fra molte specie non umane, ad esempio alcuni scimpanzè utilizzano degli oggetti
di pietra per cibarsi, oppure sono in grado di rompere il guscio delle noci con delle pietre e questa è
un’abilità che viene appresa dalle madri che mostrano ai figli come fare. Le scimmie possiedono
altre abilità essenziali per la cultura, ad esempio, sono in grado di prendere la mira e scagliare gli
oggetti. Gli ominidi hanno elaborato alcune tecniche senza i quali noi umani non avremmo mai
sviluppato.
La caccia è stata descritta come una caratteristica attività umana, ma in realtà le ricerche mostrano
che gli scimpanzè sono cacciatori abituali.
In che misura siamo diversi dagli altri primati: Le scimmie tendono a nutrirsi singolarmente. La
condivisione è molto più sviluppata fra gli umani. In alcune regioni del mondo ci sono ancora
popolazioni che vivono come cacciatori-raccoglitori e in queste società uomini e donne portano nel
campo le risorse trovate e raccolte e le condividono. Per esempio, le persone anziane vivono nutriti
e protetti da membri più giovani. Un’altra differenza fra umani e altri primati è l’accoppiamento.
La cultura è l’individuo: spesso gli esseri umani utilizzano la propria cultura in modo attivo e
creativo, invece che seguirne ciecamente i criteri. L’uomo non è un essere passivo obbligato a
seguire le tradizioni culturali. Le persone apprendono e manipolano le regole in modi diversi. La
cultura viene contestata: diversi gruppi all’interno della società lottano uno contro l’altro per
affermare idee, valori e modi di vivere in cui credono. Anche i simboli comuni possono assumere
significati diversi per diversi individui all’interno della stessa cultura: le insegne de un fast-food
possono far venire l’acquolina in bocca a qualcuno o suscitare proteste per chi è vegetariano.
Anche quando concordano su ciò che si deve o non si deve fare, le persone non sempre agiscono
seguendo le indicazioni fornite dalla loro cultura, molte regole vengono violate, alcune con
perseveranza (per esempio i limiti di velocità).
Alcuni antropologi distinguono tra cultura ideale (fa riferimento a ciò che le persone sostengono di
dover fare e affermano di fare) e cultura reale (fa riferimento a un effettivo comportamento). La
cultura si ritrova nei comportamenti pubblici ma anche nella mente degli individui. Gli antropologi
sono interessati non solo al comportamento pubblico, ma anche al modo in cui gli individui
pensano, sentono e agiscono. Individui e cultura sono legati.
Concetto di agency: azioni perseguite dagli individui da soli o in gruppo nel creare e trasformare le
identità culturali.
Teoria della pratica: approccio alla cultura che riconosce gli individui all’interno di una società o
cultura che sono animati da tanti motivi e intenzioni, i quali vengono associati a fattori come l’età,
l’appartenenza etnica, classe sociale ecc. la teoria della pratica si concentra sul modo in cui tutti gli
individui diversi tra loro sperimentano e rispondono a eventi esterni.
Livelli di cultura: a) cultura nazionale= si riferisce a credenze e valori condivisi dai cittadini di una
stessa nazione;
b) cultura internazionale= valori che si estendono oltre i confini nazionali
coinvolgendo altri paesi. Dal momento che la cultura viene trasmessa attraverso l’apprendimento, i
tratti culturali possono diffondersi attraverso processi di mutuazione (prestito) o diffusione da un
gruppo a un altro. In virtù di fenomeni come colonialismo, migrazione e organizzazioni
mutinazionali, molti tratti culturali hanno portata internazionale.
c) subculture= sono rappresentate da diversi schemi e tradizioni basati su simboli
associati a gruppi specifici all’interno di una stessa società complessa. Ad esempio, pur
condividendo una cultura nazionale comune, gli abitanti delle regioni del nord e del sud degli Stati
Uniti risultano diversi per quanto riguarda credenze, valori. I canadesi di lingua francese presentano
differenze culturali rispetto agli abitanti di lingua inglese dello stesso paese. Al giorno d’oggi molti
antropologi sono riluttanti a utilizzare il termine “subcultura” perché ritengono che il termine “sub”
possa risultare offensivo inteso come inferiore. Quindi le “sottoculture” potrebbero essere percepite
come inferiori o di secondo livello. In realtà, questo termine viene impiegato senza una
connotazione negativa.
Globalizzazione: indica una serie di processi, tra cui la diffusione e acculturazione che
promuovono il cambiamento in un mondo in cui nazioni e popoli sono sempre più interconnessi e
mutualmente dipendenti. Le forze della globalizzazione includono commercio, viaggi, turismo
internazionale, flussi migratori transnazionali, i media e svariati flussi di informazioni nell’ambito
dell’alta tecnologia.
La globalizzazione ha due significati:
a) connessione a livello mondiale (intesa come nel libro). I moderni sistemi di produzione,
distribuzione, consumo hanno un respiro globale.
b) ideologia politica e libero scambio, si riferisce agli sforzi dei poteri finanziari internazionali
per creare un mercato libero globale per beni e servizi.
Il ruolo dei media è importante nella globalizzazione perché aiutano alla diffusione di informazioni
su prodotti, eventi, stili di vita. I media aiutano a alimentare una cultura transnazionale del consumo
diffondendo informazioni sui prodotti, eventi, stili di vita. Gli emigranti trasmettono informazioni a
livello transnazionale, poiché mantengono i loro legami con il paese d’origine (usando Skype ad
esempio). Internet e i telefoni cellulari hanno reso possibile la rapida trasmissione globale di denaro
e informazioni. Le transazioni che un tempo prevedevano un contatto diretto ora procedono su vaste
distanze. Ad esempio, i computer che elaborano l’ordine di Amazon possono essere in diversi
continenti e i prodotti ordinati possono provenire da un magazzino ovunque nel mondo.
EVOLUZIONISMO
Nel corso del XIX secolo sia Morgan sia Taylor scrissero volumi che divennero veri e propri
classici dell’antropologia. Tylor in “Primitive Culture” propone una definizione classica di cultura,
dicendo che quest’ultima fosse un argomento che poteva essere studiato scientificamente.
“La Società antica” di Morgan è un esempio chiave dell’evoluzionismo del XIX secolo applicato
alla società.
Morgan partì dal presupposto che la società umana si fosse evoluta attraverso una serie di fasi:
stato selvaggio (suddiviso in inferiore, medio e superiore)
barbarie (suddiviso in inferiore, medio e superiore)
civiltà
I primi esseri vivevano in uno stato selvaggio inferiore, nutrendosi di bacche e di frutta, nel periodo
intermedio gli uomini iniziarono a pescare e a controllare il fuoco, mentre l’invenzione dell’arco e
delle frecce portò l’uomo allo stato selvaggio superiore. Il periodo della barbarie inferiore ebbe
inizio con la creazione dei primi utensili in terracotta. Lo stadio di barbarie media nel Vecchio
Mondo si basò sull'addomesticamento di animali e la coltivazione di piante, e lo stadio di barbarie
superiore fu caratterizzato dalla lavorazione del ferro e dall'impiego di utensili in ferro. La civiltà
giunse con l’invenzione della scrittura. Secondo Morgan l’evoluzionismo è un evoluzionismo
unilineare poiché egli partì dal presupposto che esistesse una sola linea o percorso lungo il quale
tutte le società si erano evolute. Qualsiasi società nello stadio della barbarie superiore, doveva
includere nel proprio sviluppo evolutivo anche tutte le frasi precedenti non era possibile saltare
uno degli stadi. Morgan riteneva che alcune società non fossero progredite oltre lo stato selvaggio
superiore, mentre altre avevano raggiunto lo stato di barbarie medio e altre avevano varcato la
frontiera della civiltà.
I critici di Morgan misero in discussione i vari elementi del suo schema, in particolare i criteri da lui
utilizzati per definire il progresso. Poiché i polinesiani non avevano mai sviluppato l’arte ceramica,
secondo la schematizzazione di Morgan erano confinati allo stato selvaggio superiore, mentre in
realtà in termini sociopolitici la Polinesia fu una regione progredita, con numerose tribù. Ora
sappiamo inoltre che Morgan aveva torto nel presupporre che le società seguissero un unico
percorso evolutivo: la società dei Maya e quella mesopotamica, per esempio, seguirono percorsi
diversi che condussero entrambe alla civiltà, sebbene fossero basati su economie del tutto differenti.
Nel volume “Primitive Culture”, Tylor sviluppò il proprio personale approccio evoluzionistico
all’antropologia delle religioni. Come Morgan, anche Tylor proponeva un percorso unilineare che si
snodava da:
Animismo
Monoteismo
Politeismo
Scienza
Tylor riteneva che la religione sarebbe finita quando avrebbe perso la sua funzione primaria di
spiegare l’inspiegabile. Secondo Tylor la religione avrebbe occupato un posto di minore importanza
via via che la scienza fosse stata in grado di offrire spiegazioni sempre migliori. Sia Tylor che
Morgan erano interessati alle sopravvivenze ovvero a quelle pratiche che si supponeva fossero
sopravvissute dai primi stadi dell’evoluzione fino alla società contemporanea. Ad esempio, l’attuale
credenza nei fantasmi, rappresenterebbe una sopravvivenza dello stadio animistico, cioè della
credenza nell’esistenza di esseri spirituali. Le sopravvivenze venivano considerate la prova che una
specifica società aveva superato precedenti stadi evolutivi. “La lega degli Irochesi” di Morgan fu la
prima opera etnografica in campo antropologico. Morgan fu in grado di descrivere i principi sociali,
politici, religiosi ed economici della vita degli Irochesi. Sebbene Morgan fosse un sostenitore della
causa degli Irochesi, la sua opera contiene alcuni presupposti che oggi sarebbero considerati
razzisti.
Nella Lega degli Irochesi si dice che alcuni tratti culturali (come la caccia) abbiano una base
biologica. Morgan partiva dal presupposto che il desiderio di cacciare fosse intrinseco all’essere
indiani, trasmesso nel sangue piuttosto che mediante un processo di inculturazione. Fu compito di
Franz Boas, parecchi decenni più tardi che mostrò che i tratti culturali vengono trasmessi
culturalmente invece che geneticamente
LA SCUOLA DI BOAS
Boas è indiscutibilmente il padre delle scienze antropologiche. Boas con l’opera “Race, Language
and Culture” (1940-1966) contribuì all’antropologia culturale, biologica e linguistica. I suoi studi
biologici sugli immigrati europei negli Stati Uniti rivelarono e furono in grado di misurare la
plasticità fenotipica: i figli degli immigrati erano fisicamente diversi dai loro genitori non a causa di
un cambiamento genetico ma perché erano cresciuti in un ambiente diverso. Boas mostrò che la
biologia umana può essere modellata e modificata dall’ambiente, incluse le forze culturali. Boas e i
suoi allievi si prodigarono per dimostrare che non era quindi la biologia a determinare la cultura.
Boas e i suoi numerosi e importanti allievi criticarono molteplici aspetti delle teorie di Morgan. In
primo luogo, mettevano in dubbio i criteri utilizzati per la definizione dei vari stadi dell’evoluzione
umana: sostenevano che lo stesso risultato culturale non potesse avere un’unica spiegazione, poiché
esistevano molteplici percorsi che conducevano a esso. La posizione di Boas e dei suoi seguaci
venne definita particolarismo storico e rifiutava il metodo comparativo di Morgan e Taylor. Il
particolarismo storico si basa sull’idea che ogni elemento della cultura possedesse una storia
distintiva e che forme sociali che potevano sembrare simili non lo fossero affatto proprio in virtù
delle storie diverse che le avevano contraddistinte.
FUNZIONALISMO
Un’altra sfida all’evoluzionismo e al particolarismo storico è il funzionalismo, nato in Gran
Bretagna, posticipava e metteva in secondo piano la ricerca delle origini, concentrandosi invece sul
ruolo dei tratti e delle pratiche culturali nella società contemporanea. Principali esponenti furono
Alfred Reginald Radcliffe-Brown e a Bronislaw Malinowski. Malinowski e Boas sono considerati i
padri dell’antropologia moderna.
Sia Malinowski che Redcliffe-Brown si concentrano sul presente invece che sulla ricostruzione
storica del passato. Malinowski fu un pioniere del lavoro sul campo tra i gruppi umani a lui
contemporanei. Considerato il padre dell'etnografia, Malinowski fu un funzionalista in due sensi: in
primo luogo, fermamente convinto del valore del proprio metodo etnografico, riteneva che tutte le
tradizioni e le istituzioni di una società fossero integrati e correlati, cosicché il cambiamento di uno
di essi comportava la modifica degli altri, ovvero ogni singolo elemento era funzionale agli altri. La
seconda lettura della teoria funzionale della cultura di Malinowski conduce al funzionalismo dei
bisogni umani. Malinowski credeva infatti che gli esseri umani avessero un insieme di bisogni
biologici universali e che usi e tradizioni venissero sviluppati proprio allo scopo di soddisfare tali
bisogni.
Secondo Brown l’antropologia sociale non poteva sperare di scoprire le vicende di popoli privi di
sistemi di scrittura. Dal momento che qualsiasi storia è congetturale ovvero è solo un’ipotesi, essa
spingeva gli antropologi sociali a concentrarsi sul ruolo giocato da specifiche pratiche nella vita
delle società del presente. Brown sosteneva che l’antropologia sociale era una scienza sincronica
anziché diacronica ossia che studiasse le società per come esistono oggi nel presente piuttosto che
nel passato. L'espressione funzionalismo strutturale è associata a Radcliffe-Brown e a Edward Evan
Evans Pritchard. Secondo il funzionalismo e il funzionalismo strutturale, la funzione delle tradizioni
culturali è di preservare la struttura sociale. La funzione di qualsiasi pratica sociale consiste in ciò
che essa fa; quindi, nel ruolo che svolge per conservare il sistema di cui è parte. Tale sistema
possiede pertanto una struttura le cui parti operano o funzionano per conservare l'intero
meccanismo.
CONFIGURAZIONISMO
Benedict e Mead, allieve di Boas, svilupparono un approccio alla cultura che è stato definito
configurazionismo ed è collegato al funzionalismo nel senso che anche in questo caso la cultura
viene considerata un sistema integrato. I seguaci di Boas hanno tracciato la distribuzione geografica
dei tratti culturali. Boas riconobbe tuttavia che la diffusione non era un processo automatico: i tratti
culturali possono anche non diffondersi se incontrano barriere ambientali o se non vengono accettati
da una cultura specifica. Ne conseguiva che i tratti mutuati da altre culture avrebbero dovuto essere
modificabili fino a aderire alla cultura di adozione. Sebbene la diffusione dei tratti culturali possa
provenire da svariate direzioni, Benedict sottolineò che i tratti di una cultura presentano modelli (o
configurazioni) definibili sulla base di una integrazione univoca di tratti. Anche Mead rinvenne
alcuni modelli nelle culture da lei studiate, tra cui quelle di Samoa. Mead considerava la cultura
come una potente forza in grado di creare possibilità infinite.
Lo scritto più famoso è “Coming of Age in Samoa”, lei si recò alle isole Samoa per studiare le
adolescenti indigene e confrontarle con le coetanee americane. Capì che il periodo dell’adolescenza
delle giovani di Samoa è diverso dalla stessa fase della vita e dello sviluppo negli Stati Uniti e che
influenza anche l’età adulta. Mead confrontò l’apparente libertà e sperimentazione sessuale delle
giovani di Samoa con l’atteggiamento repressivo della sessualità negli Stati Uniti. I risultati a cui
pervenne supportavano la visione di Boas che è la cultura e non la biologia a determinare la
variazione nei comportamenti e nelle personalità umane.
NEOEVOLUZIONISMO
Intorno al 1950 gli antropologi rinnovarono il proprio interesse per il cambiamento culturale e
persino per l’evoluzione umana. I neo-evoluzionisti sostenevano la necessità di reintrodurre il
concetto di evoluzione all’intero dello studio della cultura. Nel volume “The Evolution of Culture”
White sostenne di tornare allo stesso concetto di evoluzione culturale utilizzato da Tylor e Morgan,
ma ora aiutato da un secolo di scoperte archeologiche. L'approccio di White è stato definito
evoluzione generale, ossia basato sul concetto che nel corso del tempo e attraverso i dati e i reperti
archeologici, storici ed etnografici sia possibile considerare l'evoluzione della cultura come un
insieme. Le economie umane si sono per esempio evolute dalla caccia-raccolta in età paleolitica,
passando attraverso le prime forme di agricoltura e pastorizia, fino a forme di agricoltura intensiva e
all’industrializzazione. White sosteneva che non ci fossero dubbi sul fatto che la cultura si fosse
evoluta, ma a differenza dei sostenitori dell’evoluzionismo unilineare del XIX secolo, si rese conto
che culture specifiche potevano evolversi seguendo la stessa direzione.
In “Teoria del mutamento culturale”, Steward propose un diverso modello evoluzionistico
evoluzione multilineare, in cui mostrava il modo in cui le culture si erano evolute lungo molteplici e
differenti linee: la condizione di stato indipendente era stata per esempio raggiunta seguendo più di
un percorso evoluzionistico.
MATERIALISMO CULTURALE
Marvin Harris adattò i modelli multi-stratificati di determinismo associati a White e Steward.
Per Harris tutte le società possedevano:
Un’infrastruttura: costituita da tecnologia, economia e demografia cioè i sistemi di produzione e
riproduzione senza i quali le società non potrebbero sopravvivere.
Dall’infrastruttura emergeva la struttura: cioè forme di parentela e di discendenza.
Il terzo livello era costituito dalla sovrastruttura: cioè religione, ideologia e gioco.
Il concetto chiave di Harris, condiviso da White, Steward (e ovviamente da Karl Marx), era che in
ultima analisi l’infrastruttura determinasse sia la struttura sia la sovrastruttura. Harris si oppose a
teorici come Max Weber, il quale sosteneva il ruolo principale della religione (l’etica protestante) in
quanto elemento in grado di modificare la società. Weber non metteva in discussione il fatto che il
protestantesimo avesse favorito l’emergere del capitalismo, ma sosteneva che l’individualismo e
altri tratti associati alle prime fasi del protestantesimo fossero compatibili con l’ottica capitalistica.
Dal ragionamento di Weber si potrebbe inferire che senza il protestantesimo la diffusione del
capitalismo sarebbe stato molto più lento.
CULTUROLOGIA
White difendeva l’importanza della cultura e considerava l’antropologia culturale come una scienza
che definì culturologia. White riteneva che le forze culturali, che si basano sulla capacità unica
degli esseri umani di pensare in modo simbolico, racchiudessero una potenza tale da rendere
marginale il ruolo dei singoli individui. White si opponeva all’idea che singoli individui specifici
fossero responsabili di grandi scoperte e mutamenti epocali, sostenendo al contrario che fossero
intere costellazioni di forze culturali a creare grandi individui.
SUPERORGANICO
Kroeber sottolineò il grande potere della cultura. Definì l’ambito culturale, il cui emergere rese
possibile l’evoluzione dalle scimmie ai primi ominidi, con il termine di superorganico. Kroeber
considerava la cultura come la base della nuova scienza, che divenne in seguito l’antropologia
culturale. Kroeber gettò le basi di tale scienza nel primo libro di testo dedicato all'antropologia; il
suo tentativo fu cercare di dimostrare il potere della cultura sull'individuo concentrandosi su stili e
mode specifici, come quelli relativi alla lunghezza dell’orlo degli abiti femminili. Secondo Kroeber
gli individui venivano trascinati, incapaci di reagire, dalle tendenze che caratterizzavano le varie
epoche. A differenza di White, Steward e Harris, Kroeber non cercò di spiegare tali mutamenti,
bensì si limitò a utilizzarli per dimostrare il potere della cultura sull’individuo.
STRUTTURALISMO
Lo strutturalismo di Levi-Strauss ebbe modo di evolvere nel corso del tempo, dai primi interessi per
le strutture di parentela e i sistemi di matrimonio fino al tardivo interesse per la struttura della mente
umana. Lo strutturalismo di Levi-Strauss non si pone l’obiettivo di spiegare rapporti, temi e
collegamenti tra i vari aspetti della cultura, bensì di scoprirli, portandoli alla luce.
Secondo Levi-Strauss le menti possiedono tratti universali che hanno origine in determinate
caratteristiche comuni nel cervello dell’Homo Sapiens. Tra queste caratteristiche mentali universali
emerge il bisogno di classificazione, ovvero di imporre un ordine agli aspetti della natura, alla
relazione dell’uomo con essa e alle relazioni tra individui. Uno degli aspetti universali della
classificazione è l’opposizione o contrasto. Sebbene molti fenomeni risultino continui invece che
separati, la mente li considera come se fossero più diversi di quanto siano in realtà, proprio in virtù
dell’esigenza umana di imporre un certo ordine. Uno dei mezzi più comuni usati per la
classificazione è l’opposizione binaria (bene-male; bianco e nero): sono antitesi. Lo strutturalismo
è stato incolpato di essere eccessivamente formale e di ignorare i processi sociali.
IN ITALIA
Lo sviluppo dell'antropologia in Italia è stato lento e disuguale e ha seguito un cammino che si è
talvolta discostato da quello degli altri paesi. L'antropologia italiana è nata istituzionalmente nel
1869 con la creazione di una cattedra di Antropologia a Firenze. Il termine "antropologia" rinviava
all'antropologia fisica e il primo titolare della nuova cattedra, Paolo Mantegazza aveva una visione
più ampia del campo d’interessi della nuova scienza: non provava alcuna simpatia per coloro che
volevano ridurre l’antropologia a una disciplina che si occupasse “più del cranio che del pensiero”.
Questo portò a sostenere l’importanza di quella parte della nostra scienza, che fu detta “etnologia” o
“scienza dei popoli” e non è un caso che la prima società di antropologia italiana fondata a Firenze
nel 1870 fondata da Mantegazza sia chiamata Società Italiana di Antropologia ed Etnologia.
Di lì a poco l’antropologia si sviluppò anche in altre città attraverso l’istituzione di nuove cattedre,
creazione di musei.
Tra le figure più importanti di ricercatori sul campo dell’etnografia italiana troviamo Lamberto
Loria, che fu ricordato per le sue ricerche sul campo ma soprattutto per la sua conversione in età
tardiva allo studio della cultura popolare italiana (demologia). Alla vigilia della Prima guerra
mondiale gli studi di antropologia racchiudevano antropologia fisica, etnologia e studio delle
tradizioni italiane. Purtroppo, già negli anni ’30 ci fu uno scisma tra antropologi fisici e gli etnologi
che portò alla divisione. Gli antropologi fisici persero l’interesse per l’etnologia e rivendicavano lo
statuto “scientifico” della loro disciplina: di conseguenza l’antropologia fu insegnata solo nelle
facoltà di scienze naturali. Quanto all’etnologia, cessò di essere considerata una branca
dell’antropologia e fu assegnata al campo delle discipline umanistiche.
La prima cattedra di Etnologia fu istituita solo nel 1967. L'etnologia italiana del periodo tra le due
guerre si distinse per l'importanza centrale accordata allo studio delle religioni, influenzata
fortemente da Padre Willhelm Schmidt, leader della scuola etnologica di Vienna. Quest’ultimo fu
contestato da Pettazzoni, che si trovava in disaccordo con le sue tesi, ma tuttavia condivideva con il
suo avversario, che l’etnologia fosse lo studio comparato delle religioni primitive. Questo ebbe
conseguenze sull’insegnamento dell’etnologia in Italia: Pettazzoni era una figura chiave nella lotta
per la sopravvivenza accademica della disciplina dopo la separazione con l’antropologia fisica.
Fino al 1960 in Italia l'uso si conformò al modello continentale europeo per il quale "antropologia"
significava antropologia fisica, mentre "etnologia" designava quella che nel mondo anglosassone
era chiamata antropologia sociale e culturale. Con il tempo anche in Italia "etnologia" cominciò a
perdere terreno a favore soprattutto di "antropologia culturale", denominazione importata dagli Stati
Uniti da Tullio Tentori. Fino a metà degli anni 70 l’etnologia era insegnata come disciplina
“complementare” in una dozzina di università italiane, in qualche caso da professori di altre
discipline, mentre gli insegnanti di antropologia culturale erano ancora meno numerosi. La cattedra
di Etnologia fu istituita a Roma alla viglia delle manifestazioni studentesche del 1968 e della
riforma del 1969, che cambiò l’assetto del sistema universitario italiano, ad esempio, la distinzione
tra materie “fondamentali” e materie “complementari” era molto meno rigida; quindi, anche le
"classi subalterne" possedevano culture degne di essere riconosciute. I membri della prima
generazione di antropologi culturali non erano tutti d’accordo con Tentori: alcuni erano filosofi, il
cui interesse per l'antropologia era stato suscitato soprattutto dallo strutturalismo di Lévi- Strauss,
mentre altri avevano ricevuto la loro formazione antropologica all’estero e si mostravano piuttosto
indifferenti di fronte alle dispute terminologiche che stavano creando distinzioni e tensioni in Italia.
Altri infine giungevano all'antropologia provenendo dalla demologia. Negli ultimi anni i contrasti e
le differenze tra le principali correnti dell’antropologia italiana sono diminuiti e quando si parta di
“antropologia” si considera un campo unificato.
Negli anni 60-70 gli antropologi furono costretti a domandarsi se fosse opportuno seguire le orme
della Francia, Stati Uniti o se invece ricercare un modo italiano di fare antropologia. Optando per la
seconda alternativa gli antropologi culturali correvano il rischio di istituire una divisione
dell’umanità tra “noi” e “loro”: gli italiani studiati dall’antropologia culturale e i primitivi lasciati
all’etnologia. A tutto questo va aggiunto che in quegli anni, l’Italia era oggetto di studio da parte di
antropologi stranieri che accentuavano i caratteri primitivi della cultura italiana, specialmente del
sud. È normale che gli antropologi italiani abbiano generato un atteggiamento di diffidenze nei
confronti dei colleghi stranieri e viene a mancare una forma di dialogo e di confronto. Oggi,
tuttavia, solo pochi antropologi italiani affermerebbero l'esistenza di differenze essenziali tra
antropologia culturale ed etnologia o tra studi etnografici condotti in contesti "esotici" e
“domestici”. Tra gli antropologi più giovani, molti dei quali si sono formati almeno in parte
all’estero, si osserva una famigliarità con il panorama antropologico internazionale. Ci sono stati
scambi e contatti tra diverse tradizioni italiane e straniere. La nostra società ha visto delle
trasformazioni: spopolamento delle campagne, crescita delle città, declino della natalità,
invecchiamento della popolazione e arrivo di flussi di immigrati. Per superare questi limiti
l’antropologia non può non ricorrere al sostegno di discipline come la sociologia, l’economia, la
demografia. L’antropologia italiana si occupa di città, migrazioni, relazioni di genere, ricerche sulle
condizioni di lavoro, antropologia medica.
L’ANTROPOLOGIA OGGI
Gli antropologi culturali approcciano il campo di ricerca con un problema ben specifico e non con
l’obiettivo di produrre un resoconto completo di una certa cultura. Boas e Mead si recavano in un
luogo e vi restavano per un determinato periodo di tempo per studiare la cultura locale. Oggi gli
ambiti di studio si sono ampliati, con i sistemi regionali e nazionali, i movimenti di emigrazione e
immigrazione e le diaspore all'interno e all'esterno dei confini di una nazione. Anche l’antropologia
ha attraversato una crisi: per esempio quale diritto hanno gli etnografi di descrivere individui o
culture alle quali non appartengono? Alcuni ritengono che i resoconti di un nativo siano più preziosi
degli studi di un estraneo, perché gli antropologi nativi non soltanto conoscono meglio la cultura
oggetto di studio, ma dovrebbero anche aver l’onore di descriverla al meglio. Oggi ci sono studiosi
di antropologia biologica, linguistica, culturale, psicologica.
CAPITOLO 7: L’etnicità
Un gruppo etnico è un insieme di persone che condividono cultura, lingua, religione, usi ecc. Le
etnie sono il prodotto di costruzioni storico-culturali alle quali a volte le popolazioni che le hanno
create attribuiscono caratteristiche di tipo biologico chiamate razze. Una razza è un gruppo di
individui di una specie contraddistinti da comuni tratti biologici. Etnicità significa identificazione
con un determinato gruppo etnico, sentirsi parte di esso e, di conseguenza, esclusione da altri
gruppi.
Status significa e la posizione, indipendentemente da quanto prestigiosa essa sia, che un individuo
occupa all’interno della società. Gli individui rivestono sempre più posizioni simultaneamente.
Alcuni status si hanno sin dalla nascita (per esempio lo status figlio) altri invece si ottengono (per
esempio lo status studente).
Nel corso dei secoli gli scienziati si sono avvicinati allo studio sulla diversità biologica umana in
due modi: la classificazione delle razze e l’attuale comprensione delle differenze specifiche. In
primo luogo, consideriamo i problemi riguardanti la classificazione razziale. Le differenze
biologiche sono reali, importanti ed evidenti a tutti. Oggi i ricercatori è più importante spiegare e
studiare le somiglianze e differenze tra le razze anziché la diversità biologica. I primi studiosi fecero
ricorso per la classificazione razziale ai tratti fenotipici. Il fenotipo fa riferimento a tratti evidenti
dell’organismo, la sua biologia mista dal punto di vista anatomico e fisiologico. La classificazione
delle razze basate sul fenotipo fece sorgere il problema su quali fossero i tratti più importanti da
considerare. Le razze dovrebbero essere definite in base all’altezza, peso, taglia o colore della pelle?
Si decise di distinguere tre tipi di razze: bianchi, neri e gialli.
COME SPIEGHIAMO IL COLORE DELLA PELLE? La selezione naturale è il processo grazie
al quale, in un determinato ambiente, le forme di vita che si adattano sopravvivono e si riproducono.
Il colore della pelle è un tratto biologico complesso, influenzato da molti geni, dei quali però non se
ne conosce ancora esattamente il numero. La melanina è la sostanza chimica prodotta
dall’epidermide. Le cellule di melanina delle persone dalla pelle scura producono granuli di
melanina in numero e dimensioni maggiori rispetto alle persone dalla pelle chiara. Proteggendo il
corpo dalle radiazioni ultraviolette del sole, la melanina offre protezione contro un’elevata varietà di
malattie. La melanina comporta la produzione di vitamina D. Una persona di colore ha molta
vitamina D mentre una persona bianca, che ha poca vitamina D, deve integrarla con la dieta.
STRATIFICAZIONE E INTELLIGENZA: Nel corso dei secoli i gruppi che detenevano il potere
hanno utilizzato l’ideologia razziale per giustificare, spiegare e conservare le proprie posizioni
sociali privilegiate, dichiarando che le minoranze fossero congenitamente inferiori, ossia inferiori
dal punto di vista biologico. Tale ideologia difende la stratificazione come qualcosa di inevitabile,
di permanente e di naturale, che ha base biologica più che sociale: così i nazisti sostenevano la
superiorità della razza ariana. Esistono eccellenti prove che all’interno di qualsiasi società
stratificata (ossia basata su classi) le differenze rilevate nelle prestazioni tra gruppi economici,
sociali ed etnici riflettono le loro diverse esperienze e opportunità piuttosto che una struttura
genetica specifica. La stratificazione, dominio politico, pregiudizi e ignoranza continuano a esistere,
diffondendo l’erroneo concetto che sfortuna e povertà scaturiscano da una mancanza di capacità.
L’intelligenza di una persona varia in base alle circostanze e all’ambiente.
GRUPPI ETNICI, NAZIONI E NAZIONALITA’: Il termine nazione un tempo era sinonimo di
tribù o gruppo etnico. Oggi invece il termine nazione è sinonimo di stato ovvero un’unità politica
indipendente con un’organizzazione centralizzata. I gruppi che possiedono uno stato politico
autonomo vengono definiti nazionalità.
La nazionalità è una comunità immaginaria perché le persone non si conoscono realmente tra di
loro. La lingua e la stampa giocano un ruolo di importanza cruciale nella crescita della coscienza
nazionale europea.
COESISTENZA PACIFICA: Ci sono tre modalità che permettono la coesistenza pacifica:
Assimilazione: descrive il processo di cambiamento che un gruppo minoritario subisce quando si
trasferisce in un paese in cui predomina una cultura diversa dalla sua. Mediante il processo di
assimilazione, la minoranza adotta progressivamente i modelli e le norme della cultura dominante
ospitante finendo per essere incorporata.
Società pluralistica: sono società in cui sono presenti più gruppi etnici. Non per forza uno
deve perdere la propria cultura con il processo di assimilazione.
Multiculturalismo: il modello del multiculturalismo adotta una prospettiva opposta a quella
del modello di assimilazione. Il modello del multiculturalismo incoraggia la pratica delle
tradizioni etnico-culturali, incoraggia una coesistenza pacifica tra culture diverse.
LE RADICI DEI CONFLITTI ETNICI: L’etnicità può esprimersi nel multiculturalismo pacifico
o in discriminazione e violente lotte interetniche. Le radici della differenziazione etnica possono
essere politiche, economiche, religiose, linguistiche, culturali o razziali. Perché le differenze etniche
spesso conducono a conflitti e violenze? Le cause incidono un senso di ingiustizia legato alla
distribuzione delle risorse, alla competizione economica o politica, ai pregiudizi e ad altre
espressioni del senso di minaccia o svalutazione dell’identità culturale. Con il termine pregiudizi si
fa riferimento alla svalutazione di un gruppo a casa dei suoi presunti comportamenti, valori,
capacità o attributi. Il pregiudizio è legato agli stereotipi che gravano su un gruppo e che vengono
quindi estesi tutti i suoi membri individuali. Discriminazione si riferisce a pratica e politiche che
danneggiano un gruppo e i suoi membri. La discriminazione può essere de facto (dal punto di vista
legale) e de jure (dal punto di vista giuridico). I rifugiati sono individui che sono costretti o che
hanno scelto di abbandonare un paese per sfuggire a guerre e persecuzioni, sono una delle
conseguenze di politiche di espansione. Il colonialismo, un’altra forma di oppressione, fa
riferimento alla dominazione politica, economica e culturale di un territorio e del suo popolo da
parte di una potenza straniera nell’arco di un lungo periodo di tempo.
CAPITOLO 12 – Il matrimonio
Matrimonio e famiglia indicano la nostra abitudine di collegare l’amore romantico tra due persone
al matrimonio e il matrimonio alla procreazione e alla formazione di una nuova famiglia. Il
matrimonio è l’unione tra uomo e una donna tale che i figli di quest’ultima sono considerati la prole
legittima di entrambi i coniugi. In molte società i matrimoni uniscono più di due coniugi, per cui si
parla di matrimoni plurimi. Alcuni optano per cerimonie religione con le quali si uniscono nel sacro
vincolo del matrimonio ma non dal punto di vista giuridico, altri invece stipulano legami di tipo sia
civile sia religioso.
INCESTO ED ESOGAMIA: In molte società non industrializzate il mondo sociale è formato da
due categorie di persone: i parenti e gli estranei. Il matrimonio rappresenta uno dei principali modi
di trasformare gli estranei in parenti e di creare e mantenere alleanze personali e politiche, e rapporti
tra affini. L’ esogamia è la pratica di prendere in marito on in moglie un membro esterno al proprio
gruppo. Con il termine incesto si intendono i rapporti sessuali con persone riconosciute come
parenti stretti, tutte le culture lo considerano un tabù. I figli di due fratelli o di due sorelle sono
cugini paralleli, mentre i figli di un fratello e una sorella sono cugini incrociati, per cui i figli della
sorella di tua madre o i figli del fratello di tuo padre sono i tuoi cugini paralleli, mentre i figli della
sorella di tuo padre e i figli del fratello di tua madre sono i tuoi cugini incrociati. Poiché i cugini
paralleli appartengono alla stessa generazione e allo stesso gruppo di discendenza di ego (io), sono
come i fratelli e le sorelle di ego (io), pertanto vengono spesso chiamati con gli stessi termini di
parentela di fratelli e sorelle. In società con metà unilineari, visto che i cugini incrociati
appartengono sempre al gruppo opposto e non sono considerati parenti, i rapporti sessuali tra di essi
non sono considerati incestuosi.
ENDOGAMIA: l’endogamia rappresenta l’accoppiamento o il matrimonio all’interno del proprio
gruppi di appartenenza. Il termine omogamia indica l’atto di sposare un consimile, come accade nel
caso di matrimoni tra membri della stessa classe sociale. Un esempio estremo di endogamia è
rappresentato dal sistema fondato sulle caste. Le caste sono gruppi stratificati, l’appartenenza viene
attribuita dalla nascita e rimane tale per tutta la vita. Le caste indiane sono raggruppate in cinque
grandi categorie chiamate varna e in diverse sottocaste chiamate jati. Spesso le diverse caste sono
contraddistinte da una specializzazione lavorativa. La convinzione che unioni sessuali tra individui
di diverse caste siano fonte di impurità rituale per i membri delle caste più elevate è stata importante
per il mantenimento dell’endogamia e delle differenze sociali di genere. Sebbene le caste indiane
siano gruppi endogamici, molte di esse sono internamente suddivise in lignaggi esogamici, secondo
la tradizione gli indiani dovevano sposare un membro di un altro gruppo di discendenza
appartenente alla stessa casta. La funzione manifesta di un’usanza disegna le ragioni che gli
individui di tali società le attribuiscono mentre la sua funzione latente è un effetto che l’usanza ha
sulle società ma che i suoi membri non menzionano o del quale sono addirittura ignari.
L’endogamia regale aveva anche funzioni latenti, ossia ripercussioni di tipo politico. Dal momento
che il sovrano e sua moglie avevano genitori comuni e si riteneva che il mana fosse ereditato, essi
erano sacri quasi in egual misura. Il matrimonio tra fratelli e sorelle del sovrano limitava i conflitti
di successione ritenendo il numero di persone in grado di reclamare il diritto a governare.
L’endogamia è stata praticante anche in altri regni, incluse le famiglie reali europee, ma ricorrendo
al matrimonio tra cugini piuttosto che tra fratelli e sorelle. L’endogamia regale aveva anche una
funzione economica latente, se il re e sua sorella avevano il diritto di ereditare il patrimonio degli
avi, sposandosi limitavano il numero degli eredi e lo mantenevano intatto.
DIRITTI CONIUGALI E MATRIMONI OMOSESSUALI: Il matrimonio può sancire:
Stabilire il padre legale dei figli di una donna e la madre legale di quelli di un uomo.
Conferire a uno o entrambi i coniugi il monopolio sulla sessualità dell’altro.
Conferire a uno o entrambi i coniugi il diritto al lavoro/proprietà dell’altro.
Stabilire un fondo congiunto di proprietà a beneficio dei figli.
Stabilire una relazione d’affinità socialmente rilevante tra coniugi e parenti.
La legalizzazione dei matrimoni omosessuali può conferire a ciascun coniuge il diritto al lavoro
dell’altro coniuge e ai frutti di esso. Alcune società hanno consentito il matrimonio tra membri dello
stesso sesso biologico, i quali potrebbero essere considerati appartenenti a un genere diverso,
socialmente costruito.
MATRIMONIO COME ALLENAZA TRA GRUPPI: La migrazione e i mass media diffondono
sempre più le idee occidentali sull’importanza dell’amore all’interno di un matrimonio a altre
società. Lo scopo del matrimonio va dal sociale al politico. I matrimoni strategici sono collaudati ed
efficaci modi per stabilire alleanza tra gruppi. In società con gruppi di discendenza gli individui
stipulano i matrimoni non da soli ma con l’aiuto del gruppo di discendenza; infatti, spesso i membri
di quest’ultimo devono contribuire alla ricchezza della sposa, un dono che per consuetudine il
marito e i suoi parenti rendono prima, durante o dopo il matrimonio alla moglie e ai suoi parenti. La
ricchezza della sposa prende anche il nome di prezzo della sposa, sebbene si tratti di un termine
improprio, in quanto i popoli presso i quali vi è questa usanza di solito non considerano questo
scambio come una vendita, ne pensano al matrimonio come a una relazione commerciale tra un
uomo e un oggetto che può essere acquistato e venduto. La ricchezza della sposa rappresenta un
risarcimento al gruppo della sposa per la perdita della sua compagnia e del suo lavoro e rende i figli
nati dalla donna membri a pieno titolo del gruppo di discendenza del marito. La dote è uno scambio
matrimoniale in cui il gruppo della moglie elargisce cospicui doni alla famiglia del marito. Questa
pratica si collega al basso status delle donne, in virtù del quale esse vengono percepite come degli
oneri, quando un marito e la sua famiglia prendono in sposa una donna, si aspettano una ricompensa
per l’aggravio di responsabilità. Sororato: il sororato esiste sia in società patrilineari che in società
matrilineari. In una società matrilineare un vedovo può rimanere con il gruppo di sua moglie
sposando sua sorella o un’altra donna del suo matrilignaggio. Levirato: in molte società la vedova
può sposare in fratello del defunto, secondo una pratica noma con il nome di lerivato che, come il
sororato, è una continuazione del matrimonio che mantiene l’alleanza tra gruppi di discendenza, nel
caso specifico sostituendo il marito con un altro membro del suo gruppo.
IL DIVORZIO Divorziare è più difficile in una società patrilineare, specialmente quando il
fallimento del matrimonio implica che un cospicuo compenso matrimoniale debba essere
nuovamente assemblato e pagato. Una donna con residenza patrilocale, ossia nella casa e nella
comunità di suo marito, potrebbe non essere disposta a lasciarlo. A complicare la procedura del
divorzio vi sono fattori politici ed economici. Presso i cacciatori-raccoglitori fattori diversi giocano
a favore o contro il divorzio. Tra i principali vi è il fatto che, poiché i cacciatori-raccoglitori
tendenzialmente non hanno gruppi di discendenza, le funzioni di alleanza politica del matrimonio
sono per loro meno importanti rispetto a quanto lo siano per i popoli che producono il cibo. A ciò si
aggiunge il fatto che di solito i cacciatori-raccoglitori hanno possedimenti materiali molto limitati, e
quando i coniugi non condividono risorse, la procedura di scioglimento di un fondo comune di
proprietà risulta meno complicata. Invece, tra i fattori che giocano a favore della stabilità
matrimoniale presso i popoli di cacciatori-raccoglitori vi è il fatto che i legami tra i coniugi tendono
a durare tutto il tempo. POLIGAMIA: La poligamia in biologia e in antropologia, è il rapporto
inerente alla sfera sessuale e a quella di relazione stabilito con vari scopi, riproduttivi, ricreativi,
sociali, tra i soggetti di una specie. La poligamia si distingue in:
Poliginia: dove il rapporto si manifesta con più femmine, comune alla maggior parte dei
mammiferi e alcuni uccelli.
Poliandria: caso opposto, dove più maschi si uniscono al soggetto femminile, con diffusione
articolata tra i vertebrati.
Promiscuità: dove si creano situazioni e rapporti più complessi, con più individui coinvolti.
Ognuna delle relazioni, a seconda della specie, è obbligatoria o facoltativa e con
diversificazioni molto articolati.
CAPITOLO 13 – La religione
L’antropologo Wallace ha definito la religione una fede e un rituale rivolto a esseri, poteri e forze
soprannaturali. Il soprannaturale è una dimensione straordinaria al di fuori del mondo osservabile, è
inesplicabile e immateriale, deve essere accettato per fede. La religione può unire e può dividere.
Studiando la religione nelle diverse culture gli antropologi si focalizzano sulla sua natura sociale e
sul suo ruolo, così come su natura, contenuto e significato che dottrine religiose, azioni, eventi,
ambienti rivestono per le persone. Vengono prese in considerazione anche le manifestazioni verbali
della fede religiosa come le preghiere, i canti, testi e enunciati sull’etica e sulla morale.
ANIMISMO: Il fondatore dell’antropologia della religione è stato Tylor. La religione è nata,
secondo Tylor, quando gli individui hanno cerato di comprendere condizioni ed eventi che non
erano in grado di spiegarsi utilizzando le esperienze quotidiane. Secondo Tylor l’animismo
rappresentava un universale in tutte le religioni. Secondo Tylor, due elementi erano alla base della
teoria dell’animismo: anime e spirito. Secondo Tylor era l’idea di anima che rappresentava il punto
di partenza di tutte le credenze religiose. L’animismo poteva essere inteso come la credenza nelle
diverse anime che, in una fase successiva, si sarebbero evolute in esseri spirituali, ai quali erano
associati eventi naturali. Questi esseri spirituali potevano controllare e influenzare gli eventi del
mondo materiale e la vita stessa degli individui. Secondo Tylor la fase successiva dello sviluppo
religioso consisteva nell’evoluzione degli spiriti in divinità che avevano l’abilità di controllare le
azioni umane. La loro credenza si sarebbe tradotta nel politeismo e in uno stadio superiore di civiltà,
nel monoteismo, in cui il potere e gli attribuiti di molte divinità si sarebbero concentrati in una sola.
Poiché la religione è nata per spiegare le cose che non si comprendevano, Tylor pensava che
avrebbe perso di importanza quando la scienza sarebbe stata in grado di offrire spiegazioni migliori.
TOTEMISMO: I rituali rivestono la funzione sociale di creare una solidarietà temporanea o
permanente tra le persone formando una comunità sociale. Il totemismo è stato importante nelle
religioni dei nativi australiani. I totem possono essere animali, piante o punti geografici o ambientali
particolari. In ogni tribù gruppi di persone hanno totem particolari e i membri di ogni gruppo
totemico ritengono d essere discendenti dei loro totem. Il totemismo usa la natura come modello per
la società; i totem in genere sono animali o piante che fanno parte della natura. Nei riti totemici le
persone raccolgono insieme i doni per il loro totem stesso attraverso rituali per mantenere l’unità
sociale che il totem rappresenta
MANA E TABU’: I melanesiano credevano nel mana, una forza impersonale sacra che fa parte
dell’universo, Il mana può risiedere nelle persone, negli animali, nelle piante o negli oggetti. Il
mana dei melanesiani era simile alla nostra nozione di buona sorte o fortuna. I melanesiani
attribuivano il successo al mana che la persona poteva acquisire o manipolare in modo diversi, per
esempio attraverso la magia. Gli oggetti investiti dal mana potevano cambiare la vita a qualcuno,
per esempio un talismano o amuleto. La credenza in forze come quella del mana è molto diffusa. In
Melanesia si poteva ottenere il mana per un caso fortunato, o lavorando sodo per averlo; in
Polinesia invece il mana in genere non era disponibile per tutti ma era associato a incarichi politici:
i capi e i nobili avevano più mana delle persone ordinarie. I capi più importanti erano così carichi di
mana che il contatto con loro diventava rischioso. Per la quantità di mana di cui erano investiti i
grandi capi, i loro corpi e ciò che era di loro proprietà diventavano tabù e i contatti con le persone
comuni erano proibiti. Uno dei ruoli della religione è quello di fornire spiegazioni. Credere nelle
anime spiega cosa succede nel sonno, nello stadio di trance o nella morte. Il mana melanesiano
spiega i diversi esiti che le persone non possono comprendere in termini ordinari. Se gli individui
falliscono nella caccia, nella guerra o nella coltivazione non è perché sono pigri ma perché il
successo arriva dal mondo soprannaturale.
MAGIA E RELIGIONE: Con magia si intendono le tecniche soprannaturali che si propongono di
raggiungere scopi specifici, queste tecniche includono i sortilegi le formule e gli incantesimi usati
con le divinità o con le forze impersonali. I maghi utilizzano la magia imitativa per produrre
l’effetto desiderato imitandolo, se i maghi desiderano nuocere a qualcuno o ucciderlo, possono
imitare quell’effetto su un’immagine della vittima (bambole vudu). Troviamo la magia in culture
con credenze religiose diverse. La magia può essere associata ad animismo, mana, politeismo o
monoteismo e non è né più semplice né più primitiva dell’animismo o del mana. Secondo Tylor la
magia era qualcosa che si avvicina maggiormente la scienza rispetto alla religione e perché, come la
scienza, si basava sull’osservazione genuina dei fenomeni e procedeva per analogia.
IL MITO: In molti contesti religiosi sono presenti racconti in parte reali e in parte fantastici
riguardanti l’origine, la cosmogonia e l’ordine del reale e dell’esistente: i miti. Spesso i miti sono
connessi ai riti, in quanto questi ultimi fanno riferimento a racconti del passato e hanno come scopo
quello di rappresentare i fondamenti della vita reale. Il racconto mitico ha la capacità di mettere
ordine tra elementi apparentemente inconciliabili o semplicemente distanti, relativi a mondi diversi.
Da sempre gli storici delle religioni e gli antropologi sono attratti dallo studio dei miti come
produzione culturale, privilegiata di molte culture e come luogo preferenziale per comprendere le
idee, i valori e gli elementi fondanti di un sistema culturale. Il mito, con la sua capacità di mettere
ordine, fornisce i fondamenti sovrannaturali, cosmogonici e riconducibili al tempo delle origini
dell’organizzazione sociale in cui gli individui sono tenuti a vivere nel presente.
RITI E RITUALI: È un dato di fatto che il rito pervade le nostre azioni sociali. Tentare di dare una
definizione univoca e condivisa di cosa siano riti e rituali appare complesso: riti e rituali, come la
cultura, sono entità processuali, si modificano nel tempo, adattandosi ai contesti sociali di
riferimento. Durkheim e Geertz hanno affermato che il rito rappresenta una legittimazione di valori
collettivi. In questo senso il rito rafforza e regola i legami tra gli individui. Ogni cultura elabora
sistemi rituali che hanno un preciso significato e che cambiano a seconda del tempo e del contesto
sociale. Uno di questi è l’aggettivazione del termine rituale, per cui rituale si riferisce ad atti che
avvengono durante le cerimonie e che le caratterizzano in quanto tali: si potrà parlare di
comportamenti rituali di pasti rituali. Rituali però si riferisce anche ad altro e si applica a una serie
di incontri sociali, individuali o collettivi, espressi mediante forme di comportamento particolare. Il
rito è un insieme di atti formalizzati e il su o valore mette in risalto la sua dimensione collettiva. Il
rito produce senso per coloro che vi prendono parte ed è caratterizzato da azioni simboliche che si
manifestano mediante espressioni sensibili, materiale e corporee.
RITI DI PASSAGGIO: La magia e la religione, come notava Malinowski, possono ridurre l’ansia e
allievare le paure ma credenze e rituali possono anche creare uno stato d’ansia e un senso di
insicurezza e di pericolo. I riti di passaggio posso essere eventi molto stressanti. La tradizionale
ricerca della visione tra i nativi americani illustra i riti di passaggio che si trovano in tutto il mondo.
I riti di passaggio delle culture contemporanee includono la cresima, il battesimo, il bar ecc. I riti di
passaggio implicano dei cambiamenti nello status sociale come quello dall’adolescenza all’età
adulta e dal non essere all’essere membro di una confraternita. Tutti i riti di passaggio hanno tre
fasi: separazione, marginalità e riaggregazione. Nella prima fase i partecipanti si ritirano da un
gruppo e iniziano la transizione da una condizione o status a un altro. Nella terza fase coloro che si
sono sottoposti al passaggio rientrano nella società , avendo completato il rito. La fase di
marginalità è la più interessante: è il periodo tra gli stadi, il limbo durante il quale i partecipanti
hanno lasciato una condizione o uno status ma non sono ancora entrati a far parte di quello
successivo. La liminalità presenta sempre alcune caratteristiche: gli individui liminali occupano
posizioni sociali ambigue, esistono indipendentemente dalle aspettative e distinzioni normali,
vivendo in un tempo fuori dal tempo, sono esclusi dai normali contatti sociali. I riti di passaggio
spesso sono collettivi, i vari individui passano in gruppo attraverso iriti. La liminalità è un aspetto
fondamentale di ogni rito di passaggio.
ANTIMODERNISMO E FONDAMENTALISMO: L’antimodernismo descrive il rifiuto del
moderno in favore di ciò che viene percepito come uno stile di vita antico, più puro e migliore. Gli
antimodernisti in genere considerano l’utilizzo odierno della tecnologia fuorviato, o pensano che la
tecnologia dovrebbe avere una priorità più bassa della religione dei valori culturali. Il
fondamentalismo descrive i movimenti antimodernisti in varie religioni. Ironicamente il
fondamentalismo religioso è esso stesso un fenomeno moderno basato su un forte sentimento. I
fondamentalisti rivendicano un’identità separata dai gruppi religiosi più ampi da cui derivano.