Sei sulla pagina 1di 36

Antropologia culturale – Conrad P.

Kottak
PARTE I LE DIMENSIONI DELL’ANTROPOLOGIA
CAPITOLO 1: Che cos’è l’antropologia?
Gli antropologi studiano gli esseri umani appartenenti a ogni tempo e a ogni luogo. L’antropologia è
l’esplorazione della diversità umana nel tempo e nello spazio. L’antropologia è una scienza
comparativa ed olistica. L’olismo studia la condizione umana considerata nel suo insieme ovvero
passato, presente, futuro; biologia, società, linguaggio e cultura.

Il concetto di adattamento si riferisce ai processi mediante i quali gli organismi riescono a superare
con successo gli stress dell’ambiente in cui si trovano ad esempio i problemi legati al clima. Con il
progredire della storia umana, i mezzi di adattamento sociali e culturali hanno acquisito
un’importanza maggiore. Gli esseri umani hanno sviluppato molti modi per sopravvivere nei diversi
ambienti.

Le discipline antropologiche:
Negli Stati Uniti l’antropologia generale si suddivide in quattro sotto discipline: ogni sottodisciplina
considera la variazione nel tempo e nello spazio (cioè in aree geografiche diverse) gli antropologi
culturali e gli antropologi archeologici studiano i cambiamenti nella vita sociale e nei costumi. Gli
antropologi biologi esaminano i cambiamenti evolutivi sotto l’aspetto della forma fisica. Gli
antropologi linguisti possono ricostruire le basi delle lingue antiche studiando quelle moderne. Gli
antropologi condividono alcuni presupposti basilari, tra cui quello forse più importante è il concetto
che non è possibile pervenire a conclusioni uniche e definitive, piuttosto è essenziale avere un
approccio comparativo.
- Antropologia culturale = studio della società e della cultura umana; descrive, analizza,
interpreta e spiega le somiglianze e le differenze sociali e culturali. Adotta un duplice
approccio: etnografico (fieldwork) ed etnologico (confronti transculturali). L’etnografia fa
un resoconto della comunità, società, o una cultura specifica. Nella fase di raccolta dei dati
etnografici, l’etnografo reperisce le informazioni che poi organizza e descrive per formare
un volume o un articolo. Gli etnografi vivono in piccole comunità e studiano
comportamenti, usi, costumi, e vita sociale, economia, politica e religione. I gruppi studiati
dagli antropologi sono poveri e senza potere politico. L’etnologia esamina, interpreta,
analizza e confronta i risultati etnografici (i dati raccolti nelle società). Con questi dati si
individuano differenze e somiglianze per giungere a generalizzazioni su culture e società.

- Antropologia archeologica = ricostruisce il comportamento umano attraverso i resti


materiali che gli esseri umani hanno prodotto, usato e modificato. I resti vegetali e animali
raccontano storie sul consumo e sulle attività umane. Ad esempio, le ossa animali rivelano
l’età e il sesso degli animali. Gli archeologi hanno trascorso molto tempo studiando vasi e
frammenti di terracotta.

- Antropologia biologica = studia la diversità umana biologica nel tempo e nello spazio. I 5
soggetti di studio sono: 1) l’evoluzione umana delineata dai reperti fossili; 2) la genetica
umana; 3) lo sviluppo delle popolazioni; 4) la plasticità biologica umana; 5) la biologia,
l’evoluzione, il comportamento di scimmie e altri primati non umani. Questi campi vengono
collegati alla biologia, zoologia, anatomia, fisiologia, medicina e salute pubblica.

- Antropologia linguistica = studia il linguaggio nel suo contesto sociale e culturale


attraverso lo spazio e nel corso del tempo. Si tratta di supposizioni sulle caratteristiche
universali del linguaggio, di ricostruzioni dei linguaggi antichi, di studio sulle differenze
linguistiche. La sociolinguistica analizza le relazioni tra i cambiamenti sociali e quelli
linguistici.

In Europa e in Italia, invece, si distingue tra antropologia culturale e antropologia fisica (biologica).
L’antropologia viene anche chiamata etnologia e oggi raramente antropologia sociale.
L’origine dell’antropologia come campo scientifico risale al XIX secolo. Il campo di studio dei
primi antropologi americani erano la storia e le culture dei nativi del Nord America. (studi sui
costumi, vita sociale, lingua, tratti fisici).
L’antropologia è una scienza e come tale si collega ad altri campi di sapere. Intrattiene rapporti
anche con le scienze umanistiche (lingua, letteratura, filosofia, storia e arte) e adotta un punto di
vista comparativo nei confronti delle forme di espressione creativa (linguaggio, arte, narrativa,
musica, danza).
L’antropologia psicologica studia le somiglianze e le differenze nei tratti e nelle condizioni
psicologiche. Negli anni ‘20/’30/’40 antropologi di spicco come Bronislaw Malinowski e Margaret
Mead descrissero come gli adulti trasmettessero ai figli certi valori e credenze dettate dalle
specifiche culture.
L’antropologia è una scienza, dunque si avvale di un metodo scientifico per elaborare spiegazioni
attendibili che possano predire le ricorrenze future. Si basa sulla ricerca sul campo. L’osservazione
partecipante è la tecnica principale dell’antropologo con la quale quando si va sul campo si
partecipa a determinate situazioni e non si fanno solo interviste; la ricerca sul campo nasce
dall’antropologo Malinowski che si trovava durante la Second Guerra Mondiale verso un viaggio in
Australia e viene obbligato a stare al confine, era polacco non può tornare in Europa, rimane nel
pacifico nell’isole Trobriand e rimane due anni a vivere. Lo strumento principe è il diario di campo
dove si spiega tutti i giorni cosa si vede e si descrivono e sono state recentemente aggiunte al
taccuino e alla matita anche altri strumenti.

CAPITOLO 2: La Cultura
La cultura è quell’insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il
diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una
società. (Sir Edward Tylor) Gli uomini acquisiscono gli attributi attraverso l’inculturazione che è il
processo mediante il quale un bambino assimila la propria cultura. Gli individui interiorizzano
gradualmente un sistema di simboli precedentemente creato e lo utilizzano per definire il mondo in
cui vivono, per esprimere i propri sentimenti ed emozioni. Gli altri animali possono apprendere
dall’esperienza: per esempio, evitano il fuoco dopo avere scoperto che scotta. Gli animali
apprendono anche da altri membri del proprio gruppo di appartenenza, ad esempio, i lupi imparano
le strategie di caccia da altri appartenenti al branco. L’apprendimento culturale umano dipende dalla
capacità di utilizzare i simboli. Ogni singolo individuo inizia attraverso un processo di
apprendimento consapevole e inconsapevole e di interazione con gli altri a interiorizzare.
La cultura viene insegnata in modo diretto e tramite l’osservazione. Diretto = genitori dicono ai figli
di ringraziare quando qualcuno fa loro un favore. La cultura viene inoltre trasmessa attraverso
l’osservazione = i bambini prestano attenzione alle cose che li circondano e modificano il loro
comportamento perché altre persone suggeriscono loro di farlo. La cultura può anche venire
interiorizzata in modo inconsapevole. Ad esempio, gli occidentali acquisiscono parte delle nozioni
della propria cultura sulla distanza che è bene osservare quando due persone parlano non quando
viene detto loro di mantenere una certa posizione nei confronti dell’interlocutore ma attraverso un
processo di osservazione, esperienza e modifica consapevole o inconsapevole del comportamento.
Gli antropologi accettano una dottrina del XIX sec. indicata come “unità psiche dell’uomo” = tutte
le popolazioni umane dispongono di uguali capacità culturali. Indipendentemente dall’aspetto fisico
o dall’appartenenza etnica, le persone sono in grado di apprendere qualsiasi tradizione culturale.

La cultura è condivisa: La cultura appartiene agli individui in quanto membri di gruppi e non
appartiene ai singoli individui. Le persone in Italia hanno assorbito determinati valori e credenze nel
corso delle generazioni. Le persone diventano agenti attivi nel processo di interculturazione dei
propri figli. Sebbene una cultura sia in costante mutamento, in essa continuano a permanere alcune
credenze, valori e visioni del mondo. Ad esempio, da piccoli quando non finivamo di consumare il
pasto che avevamo nel piatto, i nostri genitori ci ricordavano dei bambini che morivano di fame in
altri paesi del mondo. La nazione in questione può cambiare ma la nostra cultura ha continuato a
trasmetterci l’idea che mangiando tutto il piatto possiamo giustificare la nostra buona sorte.

La cultura dipende dal simbolismo: da strumenti, utensili, abbigliamento, abitudini, tradizioni,


istituzioni, ecc. In genere i simboli sono linguistici, ma esistono anche simboli non verbali come, ad
esempio, le bandiere o l’acquasanta. Non esiste un collegamento ovvio tra il simbolo e ciò che
rappresenta e spesso l’associazione tra simbolo (acqua) e ciò che viene rappresentato
simbolicamente (santità) è arbitraria. In sé, l’acqua non è intrinsecamente più santa. L’acquasanta è
un simbolo valido all’interno del cattolicesimo romano, quindi un elemento naturale è stato
arbitrariamente associato a un particolare significato per i credenti cattolici.
Cultura e natura: La cultura considera le necessità biologiche primarie e naturali che condividiamo
con altri animali. Per gli esseri umani quello di mangiare è un atto fondamentale per la
sopravvivenza, ma la cultura ci dice cosa mangiare quando e come. In alcune società le persone
consumano il pasto principale a mezzogiorno, in altre si preferisce una cena abbondante. Oppure, in
alcune regioni italiane e in Spagna si cena molto tardi rispetto ad altre nazioni.

La cultura è integrata ossia sono sistemi strutturati in base a schemi precisi. Se una parte del
sistema (per esempio l’economia) subisce una modifica, anche le altre parti andranno incontro a un
cambiamento. Ad esempio, le ripercussioni sociali del cambiamento economico sono i
comportamenti nei confronti del matrimonio: oggi sposarsi tardi, convivere e divorziare sono
diventati fenomeni più comuni.
La cultura viene utilizzata come mezzo di adattamento per soddisfare i propri bisogni biologici, di
base in termini di cibo, bevande, alloggio (accendiamo il termostato ad alte temperature in inverno e
a basse temperature in estate, beviamo una bevanda calda in inverno e una fredda in estate). Le
persone usano la cultura anche per soddisfare bisogni psicologici ed emotivi come l’amicizia, la
compagnia. Le persone cercano supporto sia informale (aiuto da parte di persone che si prendono
cura di loro) sia formale (tramite associazioni e istituzioni).
A un certo livello gli schemi culturali (l’uso dell’aria condizionata) sono adattivi perché aiutano le
persone a far fronte agli stress ambientali. A un altro livello questi schemi possono anche essere non
adattivi, per esempio, le emissioni delle nostre macchine hanno effetti sull’ambiente che possono
danneggiare l’uomo. Molti schemi culturali moderni possono essere non adattivi a lungo termine,
ad esempio, il consumo eccessivo e il degrado ambientale.

Studi su primati non umani rivelano molte somiglianze con gli umani, come l’abilità di apprendere
dall’esperienza e di modificare il proprio comportamento. L’abilità di trarre benefici dall’esperienza
consente un miglior adattamento e consente di evitare errori mortali. Di fronte a cambiamenti
ambientali, gli umani non devono aspettare passivamente una risposta di modificazione genetica,
ma possono modificare i comportamenti appresi come i comportamenti sociali. L’utilizzo di oggetti
si registra anche fra molte specie non umane, ad esempio alcuni scimpanzè utilizzano degli oggetti
di pietra per cibarsi, oppure sono in grado di rompere il guscio delle noci con delle pietre e questa è
un’abilità che viene appresa dalle madri che mostrano ai figli come fare. Le scimmie possiedono
altre abilità essenziali per la cultura, ad esempio, sono in grado di prendere la mira e scagliare gli
oggetti. Gli ominidi hanno elaborato alcune tecniche senza i quali noi umani non avremmo mai
sviluppato.
La caccia è stata descritta come una caratteristica attività umana, ma in realtà le ricerche mostrano
che gli scimpanzè sono cacciatori abituali.

In che misura siamo diversi dagli altri primati: Le scimmie tendono a nutrirsi singolarmente. La
condivisione è molto più sviluppata fra gli umani. In alcune regioni del mondo ci sono ancora
popolazioni che vivono come cacciatori-raccoglitori e in queste società uomini e donne portano nel
campo le risorse trovate e raccolte e le condividono. Per esempio, le persone anziane vivono nutriti
e protetti da membri più giovani. Un’altra differenza fra umani e altri primati è l’accoppiamento.

La cultura è l’individuo: spesso gli esseri umani utilizzano la propria cultura in modo attivo e
creativo, invece che seguirne ciecamente i criteri. L’uomo non è un essere passivo obbligato a
seguire le tradizioni culturali. Le persone apprendono e manipolano le regole in modi diversi. La
cultura viene contestata: diversi gruppi all’interno della società lottano uno contro l’altro per
affermare idee, valori e modi di vivere in cui credono. Anche i simboli comuni possono assumere
significati diversi per diversi individui all’interno della stessa cultura: le insegne de un fast-food
possono far venire l’acquolina in bocca a qualcuno o suscitare proteste per chi è vegetariano.
Anche quando concordano su ciò che si deve o non si deve fare, le persone non sempre agiscono
seguendo le indicazioni fornite dalla loro cultura, molte regole vengono violate, alcune con
perseveranza (per esempio i limiti di velocità).
Alcuni antropologi distinguono tra cultura ideale (fa riferimento a ciò che le persone sostengono di
dover fare e affermano di fare) e cultura reale (fa riferimento a un effettivo comportamento). La
cultura si ritrova nei comportamenti pubblici ma anche nella mente degli individui. Gli antropologi
sono interessati non solo al comportamento pubblico, ma anche al modo in cui gli individui
pensano, sentono e agiscono. Individui e cultura sono legati.
Concetto di agency: azioni perseguite dagli individui da soli o in gruppo nel creare e trasformare le
identità culturali.
Teoria della pratica: approccio alla cultura che riconosce gli individui all’interno di una società o
cultura che sono animati da tanti motivi e intenzioni, i quali vengono associati a fattori come l’età,
l’appartenenza etnica, classe sociale ecc. la teoria della pratica si concentra sul modo in cui tutti gli
individui diversi tra loro sperimentano e rispondono a eventi esterni.

Livelli di cultura: a) cultura nazionale= si riferisce a credenze e valori condivisi dai cittadini di una
stessa nazione;
b) cultura internazionale= valori che si estendono oltre i confini nazionali
coinvolgendo altri paesi. Dal momento che la cultura viene trasmessa attraverso l’apprendimento, i
tratti culturali possono diffondersi attraverso processi di mutuazione (prestito) o diffusione da un
gruppo a un altro. In virtù di fenomeni come colonialismo, migrazione e organizzazioni
mutinazionali, molti tratti culturali hanno portata internazionale.
c) subculture= sono rappresentate da diversi schemi e tradizioni basati su simboli
associati a gruppi specifici all’interno di una stessa società complessa. Ad esempio, pur
condividendo una cultura nazionale comune, gli abitanti delle regioni del nord e del sud degli Stati
Uniti risultano diversi per quanto riguarda credenze, valori. I canadesi di lingua francese presentano
differenze culturali rispetto agli abitanti di lingua inglese dello stesso paese. Al giorno d’oggi molti
antropologi sono riluttanti a utilizzare il termine “subcultura” perché ritengono che il termine “sub”
possa risultare offensivo inteso come inferiore. Quindi le “sottoculture” potrebbero essere percepite
come inferiori o di secondo livello. In realtà, questo termine viene impiegato senza una
connotazione negativa.

Etnocentrismo: tendenza a considerare la propria cultura di appartenenza superiore e applicare i


propri valori culturali nel giudicare il comportamento e le credenze di individui di altre culture.

Relativismo culturale: convinzione che non si debba giudicare il comportamento di un’altra


cultura. Portato all’estremo il relativismo culturale sostiene che non esiste una moralità superiore,
internazionale o universale e che le regole morali ed etiche di tutte le culture meritino rispetto. In
tale ottica la Germania nazista verrebbe valutata come uno stato tollerante e democratico, senza
alcun giudizio morale.
Nel mondo di oggi, i sostenitori dei diritti umani si confrontano in modo critico con molti dei
principi del relativismo culturale. Per esempio, alcune culture africane seguono una tradizione della
mutilazione dei genitali femminili in modo da ridurre il piacere sessuale femminile e di
conseguenza la possibilità di adulterio. Queste pratiche sono state duramente criticate dai difensori
dei diritti umani, in particolare da gruppi a sostegno dei diritti delle donne, secondo i quali, la
tradizione trasgredisce uno dei diritti umani: la possibilità di disporre liberamente del proprio corpo
e della propria sessualità. In campo antropologico, il relativismo culturale è una posizione di tipo
metodologico in cui si dichiara che per comprendere pienamente un’altra cultura è necessario
cercare di capire il modo in cui le persone appartenenti a tale cultura vedono e attribuiscono
significati al corpo e alle relazioni interpersonali.
Diritti umani: includono il diritto di parola e di libera espressione, di scegliere la propria
confessione religiosa senza essere perseguitati o uccisi, lesi, ridotti in schiavitù o imprigionati senza
capo d’accusa. -> riconosciuti a livello internazionale e definiti da quattro documenti delle Nazioni
Unite:
- Carta dei diritti delle Nazioni Unite
- La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
- Il patto internazionale dei diritti economici sociali e culturali
- Il patto internazionale dei diritti civili e politici
I diritti culturali, invece, vengono assegnati ai gruppi (minoranze etniche, religiose e società
indigene) e sono la capacità di un gruppo di preservare la propria cultura, di allevare i propri figli
secondo le tradizioni, di continuare a utilizzare il proprio linguaggio e di non essere privato della
propria base economica da parte della nazione in cui si trova la comunità.
I popoli indigeni sono correlati dal concetto di diritti di proprietà intellettuale (IPR, Intellectual
Property Rights) è un tentativo di conservare la base di cultura di ogni società. I gruppi indigeni
possono controllare chi è autorizzato a conoscere e a utilizzare il patrimonio delle informazioni
culturali del gruppo e le sue relative applicazioni. La nozione di diritti culturali è legata all’idea del
relativismo culturale. Ogni antropologo può decidere dove svolgere il proprio lavoro: alcuni
scelgono di non studiare una determinata cultura perché scoprono in anticipo che in essa si pratica
un comportamento considerato moralmente ripugnante. Gli antropologi rispettano la diversità
umana. La maggior parte degli etnografi cerca di essere obiettiva e sensibile nei confronti delle altre
culture.

Perché le culture cambiano? Per la diffusione, acculturazione, invenzione indipendente tra


culture. La diffusione o mutazione tra culture. Questo meccanismo di scambio di informazioni si è
protratto nel corso di tutta la storia umana, poiché le culture non sono mai state realmente isolate le
une dalle altre.
- Diffusione diretta: quando due culture commerciano, stringono matrimoni o scendono in
guerra una con l’altra.
- Diffusione forzata: quando una cultura ne sottomette un’altra, imponendo le proprie norme.
- Diffusione indiretta: quando gli elementi si spostano da un gruppo A a un gruppo C
attraverso un gruppo B senza contatto tra A e C. Il gruppo B potrebbe essere
geograficamente situato tra A e C cosicché ciò che viene preso da A alla fine raggiunge C.

Acculturazione: un secondo meccanismo di mutamento culturale, è lo scambio di tratti culturali tra


gruppi che hanno contatti diretti su base continuativa. Con il processo di acculturazione, parti della
cultura si modificano ma ogni gruppo rimane distinto. In situazioni di contatti continui, le culture
possono scambiarsi e mescolare alimenti, ricette, musica, danze. Un esempio di acculturazione è il
pidgin: ovvero un linguaggio misto che facilita la comunicazione tra diverse società in contatto.
Questo fenomeno si verifica in situazioni di commercio coloniale. Il Pidgin English, per esempio, è
una forma semplificata della lingua inglese in cui si mescolano la grammatica della lingua inglese e
la grammatica della lingua nativa.
Invenzione indipendente: processo mediante il quale gli esseri umani procedono all’innovazione,
individuando soluzioni creative ai problemi. È un terzo meccanismo di cambiamento culturale.

Globalizzazione: indica una serie di processi, tra cui la diffusione e acculturazione che
promuovono il cambiamento in un mondo in cui nazioni e popoli sono sempre più interconnessi e
mutualmente dipendenti. Le forze della globalizzazione includono commercio, viaggi, turismo
internazionale, flussi migratori transnazionali, i media e svariati flussi di informazioni nell’ambito
dell’alta tecnologia.
La globalizzazione ha due significati:
a) connessione a livello mondiale (intesa come nel libro). I moderni sistemi di produzione,
distribuzione, consumo hanno un respiro globale.
b) ideologia politica e libero scambio,  si riferisce agli sforzi dei poteri finanziari internazionali
per creare un mercato libero globale per beni e servizi.
Il ruolo dei media è importante nella globalizzazione perché aiutano alla diffusione di informazioni
su prodotti, eventi, stili di vita. I media aiutano a alimentare una cultura transnazionale del consumo
diffondendo informazioni sui prodotti, eventi, stili di vita. Gli emigranti trasmettono informazioni a
livello transnazionale, poiché mantengono i loro legami con il paese d’origine (usando Skype ad
esempio). Internet e i telefoni cellulari hanno reso possibile la rapida trasmissione globale di denaro
e informazioni. Le transazioni che un tempo prevedevano un contatto diretto ora procedono su vaste
distanze. Ad esempio, i computer che elaborano l’ordine di Amazon possono essere in diversi
continenti e i prodotti ordinati possono provenire da un magazzino ovunque nel mondo.

CAPITOLO 3: Teorie antropologiche


L’antropologia ha avuto numero padri e madri: tra i primi Morgan e Taylor. Successivamente
abbiamo Ruth Benedict e Margaret Mead. L’obiettivo è offrire una panoramica delle principali
prospettive teoriche che hanno caratterizzato l’antropologia fin dalla sua nascita, nella seconda metà
del XIX secolo. Le prime fasi dell’antropologia furono dominate dalle prospettive evoluzionistiche
associate a Morgan e Tylor a fine ‘800. Nella metà del XX secolo, dopo la Seconda Guerra
Mondiale e la crisi del colonialismo, vi fu un interesse per il cambiamento, incluso i nuovi approcci
evoluzionisti.

EVOLUZIONISMO
Nel corso del XIX secolo sia Morgan sia Taylor scrissero volumi che divennero veri e propri
classici dell’antropologia. Tylor in “Primitive Culture” propone una definizione classica di cultura,
dicendo che quest’ultima fosse un argomento che poteva essere studiato scientificamente.
“La Società antica” di Morgan è un esempio chiave dell’evoluzionismo del XIX secolo applicato
alla società.
Morgan partì dal presupposto che la società umana si fosse evoluta attraverso una serie di fasi:
 stato selvaggio (suddiviso in inferiore, medio e superiore)
 barbarie (suddiviso in inferiore, medio e superiore)
 civiltà
I primi esseri vivevano in uno stato selvaggio inferiore, nutrendosi di bacche e di frutta, nel periodo
intermedio gli uomini iniziarono a pescare e a controllare il fuoco, mentre l’invenzione dell’arco e
delle frecce portò l’uomo allo stato selvaggio superiore. Il periodo della barbarie inferiore ebbe
inizio con la creazione dei primi utensili in terracotta. Lo stadio di barbarie media nel Vecchio
Mondo si basò sull'addomesticamento di animali e la coltivazione di piante, e lo stadio di barbarie
superiore fu caratterizzato dalla lavorazione del ferro e dall'impiego di utensili in ferro. La civiltà
giunse con l’invenzione della scrittura. Secondo Morgan l’evoluzionismo è un evoluzionismo
unilineare poiché egli partì dal presupposto che esistesse una sola linea o percorso lungo il quale
tutte le società si erano evolute. Qualsiasi società nello stadio della barbarie superiore, doveva
includere nel proprio sviluppo evolutivo anche tutte le frasi precedenti  non era possibile saltare
uno degli stadi. Morgan riteneva che alcune società non fossero progredite oltre lo stato selvaggio
superiore, mentre altre avevano raggiunto lo stato di barbarie medio e altre avevano varcato la
frontiera della civiltà.
I critici di Morgan misero in discussione i vari elementi del suo schema, in particolare i criteri da lui
utilizzati per definire il progresso. Poiché i polinesiani non avevano mai sviluppato l’arte ceramica,
secondo la schematizzazione di Morgan erano confinati allo stato selvaggio superiore, mentre in
realtà in termini sociopolitici la Polinesia fu una regione progredita, con numerose tribù. Ora
sappiamo inoltre che Morgan aveva torto nel presupporre che le società seguissero un unico
percorso evolutivo: la società dei Maya e quella mesopotamica, per esempio, seguirono percorsi
diversi che condussero entrambe alla civiltà, sebbene fossero basati su economie del tutto differenti.
Nel volume “Primitive Culture”, Tylor sviluppò il proprio personale approccio evoluzionistico
all’antropologia delle religioni. Come Morgan, anche Tylor proponeva un percorso unilineare che si
snodava da:
 Animismo
 Monoteismo
 Politeismo
 Scienza
Tylor riteneva che la religione sarebbe finita quando avrebbe perso la sua funzione primaria di
spiegare l’inspiegabile. Secondo Tylor la religione avrebbe occupato un posto di minore importanza
via via che la scienza fosse stata in grado di offrire spiegazioni sempre migliori. Sia Tylor che
Morgan erano interessati alle sopravvivenze ovvero a quelle pratiche che si supponeva fossero
sopravvissute dai primi stadi dell’evoluzione fino alla società contemporanea. Ad esempio, l’attuale
credenza nei fantasmi, rappresenterebbe una sopravvivenza dello stadio animistico, cioè della
credenza nell’esistenza di esseri spirituali. Le sopravvivenze venivano considerate la prova che una
specifica società aveva superato precedenti stadi evolutivi. “La lega degli Irochesi” di Morgan fu la
prima opera etnografica in campo antropologico. Morgan fu in grado di descrivere i principi sociali,
politici, religiosi ed economici della vita degli Irochesi. Sebbene Morgan fosse un sostenitore della
causa degli Irochesi, la sua opera contiene alcuni presupposti che oggi sarebbero considerati
razzisti.
Nella Lega degli Irochesi si dice che alcuni tratti culturali (come la caccia) abbiano una base
biologica. Morgan partiva dal presupposto che il desiderio di cacciare fosse intrinseco all’essere
indiani, trasmesso nel sangue piuttosto che mediante un processo di inculturazione. Fu compito di
Franz Boas, parecchi decenni più tardi che mostrò che i tratti culturali vengono trasmessi
culturalmente invece che geneticamente

LA SCUOLA DI BOAS
Boas è indiscutibilmente il padre delle scienze antropologiche. Boas con l’opera “Race, Language
and Culture” (1940-1966) contribuì all’antropologia culturale, biologica e linguistica. I suoi studi
biologici sugli immigrati europei negli Stati Uniti rivelarono e furono in grado di misurare la
plasticità fenotipica: i figli degli immigrati erano fisicamente diversi dai loro genitori non a causa di
un cambiamento genetico ma perché erano cresciuti in un ambiente diverso. Boas mostrò che la
biologia umana può essere modellata e modificata dall’ambiente, incluse le forze culturali. Boas e i
suoi allievi si prodigarono per dimostrare che non era quindi la biologia a determinare la cultura.
Boas e i suoi numerosi e importanti allievi criticarono molteplici aspetti delle teorie di Morgan. In
primo luogo, mettevano in dubbio i criteri utilizzati per la definizione dei vari stadi dell’evoluzione
umana: sostenevano che lo stesso risultato culturale non potesse avere un’unica spiegazione, poiché
esistevano molteplici percorsi che conducevano a esso. La posizione di Boas e dei suoi seguaci
venne definita particolarismo storico e rifiutava il metodo comparativo di Morgan e Taylor. Il
particolarismo storico si basa sull’idea che ogni elemento della cultura possedesse una storia
distintiva e che forme sociali che potevano sembrare simili non lo fossero affatto proprio in virtù
delle storie diverse che le avevano contraddistinte.

FUNZIONALISMO
Un’altra sfida all’evoluzionismo e al particolarismo storico è il funzionalismo, nato in Gran
Bretagna, posticipava e metteva in secondo piano la ricerca delle origini, concentrandosi invece sul
ruolo dei tratti e delle pratiche culturali nella società contemporanea. Principali esponenti furono
Alfred Reginald Radcliffe-Brown e a Bronislaw Malinowski. Malinowski e Boas sono considerati i
padri dell’antropologia moderna.
Sia Malinowski che Redcliffe-Brown si concentrano sul presente invece che sulla ricostruzione
storica del passato. Malinowski fu un pioniere del lavoro sul campo tra i gruppi umani a lui
contemporanei. Considerato il padre dell'etnografia, Malinowski fu un funzionalista in due sensi: in
primo luogo, fermamente convinto del valore del proprio metodo etnografico, riteneva che tutte le
tradizioni e le istituzioni di una società fossero integrati e correlati, cosicché il cambiamento di uno
di essi comportava la modifica degli altri, ovvero ogni singolo elemento era funzionale agli altri. La
seconda lettura della teoria funzionale della cultura di Malinowski conduce al funzionalismo dei
bisogni umani. Malinowski credeva infatti che gli esseri umani avessero un insieme di bisogni
biologici universali e che usi e tradizioni venissero sviluppati proprio allo scopo di soddisfare tali
bisogni.
Secondo Brown l’antropologia sociale non poteva sperare di scoprire le vicende di popoli privi di
sistemi di scrittura. Dal momento che qualsiasi storia è congetturale ovvero è solo un’ipotesi, essa
spingeva gli antropologi sociali a concentrarsi sul ruolo giocato da specifiche pratiche nella vita
delle società del presente. Brown sosteneva che l’antropologia sociale era una scienza sincronica
anziché diacronica ossia che studiasse le società per come esistono oggi nel presente piuttosto che
nel passato. L'espressione funzionalismo strutturale è associata a Radcliffe-Brown e a Edward Evan
Evans Pritchard. Secondo il funzionalismo e il funzionalismo strutturale, la funzione delle tradizioni
culturali è di preservare la struttura sociale. La funzione di qualsiasi pratica sociale consiste in ciò
che essa fa; quindi, nel ruolo che svolge per conservare il sistema di cui è parte. Tale sistema
possiede pertanto una struttura le cui parti operano o funzionano per conservare l'intero
meccanismo.

CONFIGURAZIONISMO
Benedict e Mead, allieve di Boas, svilupparono un approccio alla cultura che è stato definito
configurazionismo ed è collegato al funzionalismo nel senso che anche in questo caso la cultura
viene considerata un sistema integrato. I seguaci di Boas hanno tracciato la distribuzione geografica
dei tratti culturali. Boas riconobbe tuttavia che la diffusione non era un processo automatico: i tratti
culturali possono anche non diffondersi se incontrano barriere ambientali o se non vengono accettati
da una cultura specifica. Ne conseguiva che i tratti mutuati da altre culture avrebbero dovuto essere
modificabili fino a aderire alla cultura di adozione. Sebbene la diffusione dei tratti culturali possa
provenire da svariate direzioni, Benedict sottolineò che i tratti di una cultura presentano modelli (o
configurazioni) definibili sulla base di una integrazione univoca di tratti. Anche Mead rinvenne
alcuni modelli nelle culture da lei studiate, tra cui quelle di Samoa. Mead considerava la cultura
come una potente forza in grado di creare possibilità infinite.
Lo scritto più famoso è “Coming of Age in Samoa”, lei si recò alle isole Samoa per studiare le
adolescenti indigene e confrontarle con le coetanee americane. Capì che il periodo dell’adolescenza
delle giovani di Samoa è diverso dalla stessa fase della vita e dello sviluppo negli Stati Uniti e che
influenza anche l’età adulta. Mead confrontò l’apparente libertà e sperimentazione sessuale delle
giovani di Samoa con l’atteggiamento repressivo della sessualità negli Stati Uniti. I risultati a cui
pervenne supportavano la visione di Boas che è la cultura e non la biologia a determinare la
variazione nei comportamenti e nelle personalità umane.

NEOEVOLUZIONISMO
Intorno al 1950 gli antropologi rinnovarono il proprio interesse per il cambiamento culturale e
persino per l’evoluzione umana. I neo-evoluzionisti sostenevano la necessità di reintrodurre il
concetto di evoluzione all’intero dello studio della cultura. Nel volume “The Evolution of Culture”
White sostenne di tornare allo stesso concetto di evoluzione culturale utilizzato da Tylor e Morgan,
ma ora aiutato da un secolo di scoperte archeologiche. L'approccio di White è stato definito
evoluzione generale, ossia basato sul concetto che nel corso del tempo e attraverso i dati e i reperti
archeologici, storici ed etnografici sia possibile considerare l'evoluzione della cultura come un
insieme. Le economie umane si sono per esempio evolute dalla caccia-raccolta in età paleolitica,
passando attraverso le prime forme di agricoltura e pastorizia, fino a forme di agricoltura intensiva e
all’industrializzazione. White sosteneva che non ci fossero dubbi sul fatto che la cultura si fosse
evoluta, ma a differenza dei sostenitori dell’evoluzionismo unilineare del XIX secolo, si rese conto
che culture specifiche potevano evolversi seguendo la stessa direzione.
In “Teoria del mutamento culturale”, Steward propose un diverso modello evoluzionistico 
evoluzione multilineare, in cui mostrava il modo in cui le culture si erano evolute lungo molteplici e
differenti linee: la condizione di stato indipendente era stata per esempio raggiunta seguendo più di
un percorso evoluzionistico.

MATERIALISMO CULTURALE
Marvin Harris adattò i modelli multi-stratificati di determinismo associati a White e Steward.
Per Harris tutte le società possedevano:
 Un’infrastruttura: costituita da tecnologia, economia e demografia cioè i sistemi di produzione e
riproduzione senza i quali le società non potrebbero sopravvivere.
 Dall’infrastruttura emergeva la struttura: cioè forme di parentela e di discendenza.
 Il terzo livello era costituito dalla sovrastruttura: cioè religione, ideologia e gioco.
Il concetto chiave di Harris, condiviso da White, Steward (e ovviamente da Karl Marx), era che in
ultima analisi l’infrastruttura determinasse sia la struttura sia la sovrastruttura. Harris si oppose a
teorici come Max Weber, il quale sosteneva il ruolo principale della religione (l’etica protestante) in
quanto elemento in grado di modificare la società. Weber non metteva in discussione il fatto che il
protestantesimo avesse favorito l’emergere del capitalismo, ma sosteneva che l’individualismo e
altri tratti associati alle prime fasi del protestantesimo fossero compatibili con l’ottica capitalistica.
Dal ragionamento di Weber si potrebbe inferire che senza il protestantesimo la diffusione del
capitalismo sarebbe stato molto più lento.

CULTUROLOGIA
White difendeva l’importanza della cultura e considerava l’antropologia culturale come una scienza
che definì culturologia. White riteneva che le forze culturali, che si basano sulla capacità unica
degli esseri umani di pensare in modo simbolico, racchiudessero una potenza tale da rendere
marginale il ruolo dei singoli individui. White si opponeva all’idea che singoli individui specifici
fossero responsabili di grandi scoperte e mutamenti epocali, sostenendo al contrario che fossero
intere costellazioni di forze culturali a creare grandi individui.
SUPERORGANICO
Kroeber sottolineò il grande potere della cultura. Definì l’ambito culturale, il cui emergere rese
possibile l’evoluzione dalle scimmie ai primi ominidi, con il termine di superorganico. Kroeber
considerava la cultura come la base della nuova scienza, che divenne in seguito l’antropologia
culturale. Kroeber gettò le basi di tale scienza nel primo libro di testo dedicato all'antropologia; il
suo tentativo fu cercare di dimostrare il potere della cultura sull'individuo concentrandosi su stili e
mode specifici, come quelli relativi alla lunghezza dell’orlo degli abiti femminili. Secondo Kroeber
gli individui venivano trascinati, incapaci di reagire, dalle tendenze che caratterizzavano le varie
epoche. A differenza di White, Steward e Harris, Kroeber non cercò di spiegare tali mutamenti,
bensì si limitò a utilizzarli per dimostrare il potere della cultura sull’individuo.

DURKHEIM E I PIONIERI DELL’ETNOLOGIA FRANCESE


In Francia, Durkheim aveva proposto un approccio deterministico chiamato coscienza collettiva.
Durkheim sosteneva che questa nuova scienza si sarebbe basata sullo studio di fatti sociali,
analiticamente diversi dagli individui dal cui comportamento questi fatti venivano inferiti. Gli
psicologici studiano gli individui mentre gli antropologi studiano gli individui in quanto
rappresentanti di un’entità più ampia.

STRUTTURALISMO
Lo strutturalismo di Levi-Strauss ebbe modo di evolvere nel corso del tempo, dai primi interessi per
le strutture di parentela e i sistemi di matrimonio fino al tardivo interesse per la struttura della mente
umana. Lo strutturalismo di Levi-Strauss non si pone l’obiettivo di spiegare rapporti, temi e
collegamenti tra i vari aspetti della cultura, bensì di scoprirli, portandoli alla luce.
Secondo Levi-Strauss le menti possiedono tratti universali che hanno origine in determinate
caratteristiche comuni nel cervello dell’Homo Sapiens. Tra queste caratteristiche mentali universali
emerge il bisogno di classificazione, ovvero di imporre un ordine agli aspetti della natura, alla
relazione dell’uomo con essa e alle relazioni tra individui. Uno degli aspetti universali della
classificazione è l’opposizione o contrasto. Sebbene molti fenomeni risultino continui invece che
separati, la mente li considera come se fossero più diversi di quanto siano in realtà, proprio in virtù
dell’esigenza umana di imporre un certo ordine. Uno dei mezzi più comuni usati per la
classificazione è l’opposizione binaria (bene-male; bianco e nero): sono antitesi. Lo strutturalismo
è stato incolpato di essere eccessivamente formale e di ignorare i processi sociali.

TEORIA DELLA PRATICA


L’approccio alla cultura noto come teoria della pratica riconosce che gli individui all’interno di una
società o una cultura sono animati da svariati motivi e intenzioni, oltre a possedere diversi livelli di
potere e influenza. La teoria della pratica si concentra sul modo in cui i singoli individui attraverso
le loro azioni e pratiche influenzano e trasformano il mondo in cui vivono, riconoscendo la realtà
della relazione reciproca esistente tra cultura e individuo. La cultura modella le esperienze
individuali e le risposte agli eventi esterni dei singoli individui, ma anche gli individui giocano un
ruolo attivo nel modo in cui la società funziona e si modifica. Alcuni dei principi di base della teoria
della pratica possono essere fatti risalire a Edmund Leach, che si concentrò sul modo in cui gli
individui operano per raggiungere il potere e su come loro azioni sono in grado di trasformare la
società.

IN ITALIA
Lo sviluppo dell'antropologia in Italia è stato lento e disuguale e ha seguito un cammino che si è
talvolta discostato da quello degli altri paesi. L'antropologia italiana è nata istituzionalmente nel
1869 con la creazione di una cattedra di Antropologia a Firenze. Il termine "antropologia" rinviava
all'antropologia fisica e il primo titolare della nuova cattedra, Paolo Mantegazza aveva una visione
più ampia del campo d’interessi della nuova scienza: non provava alcuna simpatia per coloro che
volevano ridurre l’antropologia a una disciplina che si occupasse “più del cranio che del pensiero”.
Questo portò a sostenere l’importanza di quella parte della nostra scienza, che fu detta “etnologia” o
“scienza dei popoli” e non è un caso che la prima società di antropologia italiana fondata a Firenze
nel 1870 fondata da Mantegazza sia chiamata Società Italiana di Antropologia ed Etnologia.
Di lì a poco l’antropologia si sviluppò anche in altre città attraverso l’istituzione di nuove cattedre,
creazione di musei.
Tra le figure più importanti di ricercatori sul campo dell’etnografia italiana troviamo Lamberto
Loria, che fu ricordato per le sue ricerche sul campo ma soprattutto per la sua conversione in età
tardiva allo studio della cultura popolare italiana (demologia). Alla vigilia della Prima guerra
mondiale gli studi di antropologia racchiudevano antropologia fisica, etnologia e studio delle
tradizioni italiane. Purtroppo, già negli anni ’30 ci fu uno scisma tra antropologi fisici e gli etnologi
che portò alla divisione. Gli antropologi fisici persero l’interesse per l’etnologia e rivendicavano lo
statuto “scientifico” della loro disciplina: di conseguenza l’antropologia fu insegnata solo nelle
facoltà di scienze naturali. Quanto all’etnologia, cessò di essere considerata una branca
dell’antropologia e fu assegnata al campo delle discipline umanistiche.
La prima cattedra di Etnologia fu istituita solo nel 1967. L'etnologia italiana del periodo tra le due
guerre si distinse per l'importanza centrale accordata allo studio delle religioni, influenzata
fortemente da Padre Willhelm Schmidt, leader della scuola etnologica di Vienna. Quest’ultimo fu
contestato da Pettazzoni, che si trovava in disaccordo con le sue tesi, ma tuttavia condivideva con il
suo avversario, che l’etnologia fosse lo studio comparato delle religioni primitive. Questo ebbe
conseguenze sull’insegnamento dell’etnologia in Italia: Pettazzoni era una figura chiave nella lotta
per la sopravvivenza accademica della disciplina dopo la separazione con l’antropologia fisica.

Fino al 1960 in Italia l'uso si conformò al modello continentale europeo per il quale "antropologia"
significava antropologia fisica, mentre "etnologia" designava quella che nel mondo anglosassone
era chiamata antropologia sociale e culturale. Con il tempo anche in Italia "etnologia" cominciò a
perdere terreno a favore soprattutto di "antropologia culturale", denominazione importata dagli Stati
Uniti da Tullio Tentori. Fino a metà degli anni 70 l’etnologia era insegnata come disciplina
“complementare” in una dozzina di università italiane, in qualche caso da professori di altre
discipline, mentre gli insegnanti di antropologia culturale erano ancora meno numerosi. La cattedra
di Etnologia fu istituita a Roma alla viglia delle manifestazioni studentesche del 1968 e della
riforma del 1969, che cambiò l’assetto del sistema universitario italiano, ad esempio, la distinzione
tra materie “fondamentali” e materie “complementari” era molto meno rigida; quindi, anche le
"classi subalterne" possedevano culture degne di essere riconosciute. I membri della prima
generazione di antropologi culturali non erano tutti d’accordo con Tentori: alcuni erano filosofi, il
cui interesse per l'antropologia era stato suscitato soprattutto dallo strutturalismo di Lévi- Strauss,
mentre altri avevano ricevuto la loro formazione antropologica all’estero e si mostravano piuttosto
indifferenti di fronte alle dispute terminologiche che stavano creando distinzioni e tensioni in Italia.
Altri infine giungevano all'antropologia provenendo dalla demologia. Negli ultimi anni i contrasti e
le differenze tra le principali correnti dell’antropologia italiana sono diminuiti e quando si parta di
“antropologia” si considera un campo unificato.

Negli anni 60-70 gli antropologi furono costretti a domandarsi se fosse opportuno seguire le orme
della Francia, Stati Uniti o se invece ricercare un modo italiano di fare antropologia. Optando per la
seconda alternativa gli antropologi culturali correvano il rischio di istituire una divisione
dell’umanità tra “noi” e “loro”: gli italiani studiati dall’antropologia culturale e i primitivi lasciati
all’etnologia. A tutto questo va aggiunto che in quegli anni, l’Italia era oggetto di studio da parte di
antropologi stranieri che accentuavano i caratteri primitivi della cultura italiana, specialmente del
sud. È normale che gli antropologi italiani abbiano generato un atteggiamento di diffidenze nei
confronti dei colleghi stranieri e viene a mancare una forma di dialogo e di confronto. Oggi,
tuttavia, solo pochi antropologi italiani affermerebbero l'esistenza di differenze essenziali tra
antropologia culturale ed etnologia o tra studi etnografici condotti in contesti "esotici" e
“domestici”. Tra gli antropologi più giovani, molti dei quali si sono formati almeno in parte
all’estero, si osserva una famigliarità con il panorama antropologico internazionale. Ci sono stati
scambi e contatti tra diverse tradizioni italiane e straniere. La nostra società ha visto delle
trasformazioni: spopolamento delle campagne, crescita delle città, declino della natalità,
invecchiamento della popolazione e arrivo di flussi di immigrati. Per superare questi limiti
l’antropologia non può non ricorrere al sostegno di discipline come la sociologia, l’economia, la
demografia. L’antropologia italiana si occupa di città, migrazioni, relazioni di genere, ricerche sulle
condizioni di lavoro, antropologia medica.

L’ANTROPOLOGIA OGGI
Gli antropologi culturali approcciano il campo di ricerca con un problema ben specifico e non con
l’obiettivo di produrre un resoconto completo di una certa cultura. Boas e Mead si recavano in un
luogo e vi restavano per un determinato periodo di tempo per studiare la cultura locale. Oggi gli
ambiti di studio si sono ampliati, con i sistemi regionali e nazionali, i movimenti di emigrazione e
immigrazione e le diaspore all'interno e all'esterno dei confini di una nazione. Anche l’antropologia
ha attraversato una crisi: per esempio quale diritto hanno gli etnografi di descrivere individui o
culture alle quali non appartengono? Alcuni ritengono che i resoconti di un nativo siano più preziosi
degli studi di un estraneo, perché gli antropologi nativi non soltanto conoscono meglio la cultura
oggetto di studio, ma dovrebbero anche aver l’onore di descriverla al meglio. Oggi ci sono studiosi
di antropologia biologica, linguistica, culturale, psicologica.

CAPITOLO 4: Tecniche dell’etnografia


Questo capitolo pone l’attenzione sui metodi dell’antropologia culturale. Si apre con una breve
discussione su alcune considerazioni etiche, che gli antropologi si trovano ad affrontare nel
momento in cui pianificano la loro ricerca sul campo. La discussione dei metodi si concentra
sull’antropologia culturale e in particolare sull’etnografia.
Gli etnografi (ricercatori sul campo in antropologia) costruiscono tradizionalmente la loro ricerca
sul campo al di fuori della propria nazione d’origine. Nel paese ospite l’etnografo cerca di ottenere
il permesso, la collaborazione e le informazioni da funzionari statali, dagli studiosi e in particolar
modo dai membri della comunità che intendono fare oggetto dei loro studi. Gli antropologi hanno
bisogno di stabilire e mantenere relazioni appropriate di collaborazione, mai di sfruttamento, con i
colleghi, e le comunità nella nazione ospite.
I ricercatori devono guadagnarsi il consenso di tutte le parti coinvolte dalle autorità che controllano
l’accesso al campo ai membri della comunità che si intende studiare. Prima che la ricerca abbia
inizia le persone dovrebbero essere informate a proposito della metodologia della ricerca e dei costi
potenziali e dei benefici che potrebbero ricavarne.
Questo tipo di studio personale viene chiamato etnografia. Gli etnografi hanno tentato di capire
tutti gli aspetti di una cultura. Per raggiungere lo scopo gli etnografi adottano una strategia libera da
specifici campi per la raccolta delle informazioni. In una data società o comunità, l’etnografo si
muove da insediamento a insediamento, da luogo a luogo per scoprire la cultura che caratterizza una
popolazione. L’etnografia comporta una ricerca sul campo in una specifica società mentre
l’etnologia rappresenta l’aspetto comparativo dell’antropologia culturale. Gli scopi dell’etnologia
sono quelli di identificare, spiegare le differenze e similitudini culturali e costruire teorie sul
funzionamento del sistema sociale e culturale. Ci sono numerose tecniche di ricerca sul campo
etnografico.
1) OSSERVAZIONE E OSSERVAZIONE PARTECIPANTE: Gli etnografi devono conoscere i
loro ospiti e di solito si interessano alla totalità delle loro vite. Prestano attenzione a
centinaia di dettagli della vita quotidiana, eventi stagionali e avvenimenti insoliti. Devono
osservare il comportamento individuale e collettivo nei diversi luoghi. Dovrebbero poi
registrare cosa vedono quando lo vedono. I primi giorni e le prime settimane le cose
sembrano strane poi, l’etnografo si abitua e accetta come normali gli elementi culturali che
sembravano strani. Generalmente gli etnografi trascorrono più di un anno sul campo. Questo
permette loro di osservare l’intero ciclo annuale. Un soggiorno più lungo di un anno
permette all’etnografo di ripetere la stagione del suo arrivo perché avrebbe potuto perdere
alcuni eventi a causa dello shock culturale. Molti etnografi registrano le loro impressioni in
un diario personale, che viene tenuto separato dalle altre note di campo. Questa
registrazione delle prime impressioni aiuterà ad evidenziare alcuni tra gli aspetti basilari
della diversità culturale. Gli etnografi stabiliscono un rapporto, una buona relazione. Una tra
le procedure più caratteristiche dell’etnografia è l’osservazione partecipante, che significa
prendere parte alla vita comunitaria e non studiarla semplicemente.
2) CONVERSAZIONE, INTERVISTA E TABELLE DI INTERVISTA: Partecipare alla vita
locale significa che gli etnografi parlano costantemente con le persone e fanno loro delle
domande. Quando la conoscenza della lingua aumenta, capiscono qualcosa di più. Ci sono
numerosi livelli nell’apprendimento della lingua sul campo. Prima di tutto c’è la fase di
denominazione ovvero chiedere nomi su nomi degli oggetti che ci circondano. Poi siamo
capaci di porre le domande più complesse fino ad entrare in vere e proprie discussioni. Una
tecnica di raccolta dati è la tabella per le interviste, l’etnografia parla faccia a faccia con le
persone, fa le domande e trascrive le risposte. Le procedure del questionario tendono a
essere più indirette e impersonali, spesso capita che sia lo stesso intervistato a compilare il
modulo.
3) IL METODO GENEALOGICO: Il metodo genealogico è una tecnica etnografica ben
delineata. I primi etnografi svilupparono una serie di segni e simboli per occuparsi di
parentela, discendenza e matrimonio. Gli antropologi hanno bisogno di raccogliere dati
genealogici per comprendere le attuali relazioni sociali e per poterne ricostruire la storia. In
molte società non industrializzate i legami di sangue rappresentano la base della vita sociale.
gli antropologi chiamano questo tipo di cultura società basate su legami di sangue: in queste
società i componenti sono tutti imparentati l’uno con l’altro e trascorrono la maggior parte
del loro tempo con i propri parenti.
4) INFORMATORI PRIVILEGIATI: Ogni comunità presenta persone che riportano
informazioni più complete o utili che riguardano particolari aspetti della vita. Queste
persone vengono riconosciute con il nome di informatori privilegiati detti anche
informatori chiave.
5) STORIE DI VITA: nelle società non industrializzate le personalità variano. Alcuni autoctoni
sembrano essere più interessati al lavoro etnografico e prestano maggiormente il loro aiuto,
sono più gentili di altre persone. Gli antropologi sviluppano le proprie preferenze sul campo,
esattamente come facciamo noi a casa. Spesso, quando troviamo qualcuno insolitamente
interessante, raccogliamo la sua storia di vita. Questa raccolta di esperienze di vita fornisce
un ritratto culturale più intimo e personale. Le storie di vita vengono registrate e queste
registrazioni possono mostrare le differenze che esistono all’interno di una comunità, dato
che l’attenzione viene posta su come diverse persone affrontano gli stessi problemi.
6) CREDENZE E PERCEZIONI LOCALI E CREDENZE E PERCEZIONI
DELL’ETNOGRAFO: Uno tra gli obiettivi dell’etnografia è quello di scoprire visioni,
credenze e percezioni locali, che possono essere confrontate con le osservazioni e le
conclusioni dello stesso etnografo. Sul campo solitamente gli etnografi combinano due
prospettive, quella emica (rivolta al locale, ottica del nativo) e quella etica (rivolta allo
scienziato, ottica dell’osservatore). Un approccio emico investiga sul come pensano le
popolazioni locali. Utilizzando la prospettiva emica, l’etnografo cerca il punto di vista
locale, contando su come le popolazioni locali spiegano le cose e dicono se qualcosa è più o
meno significante. Con la prospettiva etica il focus si sposta dalle osservazioni locali a
quelle dell’antropologia. L’approccio etico riconosce che i membri di una cultura sono
spesso troppo coinvolti in ciò che stanno facendo per interpretare in modo imparziale la
propria cultura. Operando eticamente l’etnografo sottolinea ciò che l’osservatore nota e
considera importante. L’etnografo dovrebbe portare un punto di vista oggettivo, ma
l’etnografo come qualsiasi altro scienziato, è un essere umano provvisto di pregiudizi
culturali che impediscono una completa oggettività. Gli etnografi generalmente nella loro
ricerca sul campo combinano la strategia emica con quella etica. Le opinioni locali aiutano
gli etnografi a capire come funzionano le culture. Per descrivere e interpretare una cultura,
gli etnografi dovrebbero rendersi conto dei pregiudizi che derivano dalla propria cultura così
come di quelli delle persone che stanno studiando. Alcuni esempi di prospettive emiche ed
etiche: le persone locali possono credere che il freddo causi il raffreddore, mentre gli
scienziati sanno che è causato dai germi. In quelle culture dove manca una teoria germinale
delle malattie, le malattie sono spiegate da un punto di vista emico con cause come spiriti e
streghe.
Malinowski parla di realismo etnografico. L’obiettivo era di presentare un resoconto
oggettivo di un differente stile di vita e sostiene che uno dei compiti primari dell’etnografo è
quello di afferrare il punto di vista del nativo per capire qual è la sua visione del suo mondo.
Alcune etnografie sono dette dialogiche presentano cioè l’etnografia come un dialogo tra
l’antropologo e uno o più informatori locali. Questi lavori puntano l’attenzione sui modi in
cui gli etnografi comunicano con altre culture. Tuttavia, alcune di queste etnografie sono
state criticate per aver dedicato troppo tempo a parlare dell’antropologo e troppo poco
tempo a descrivere i nativi e la loro cultura.
7) PROBLEM ORIENTED: la ricerca sul campo rivolge domande specifiche. Oggi la maggior
parte degli etnografi arriva sul campo con un preciso problema da investigare e raccogliere
informazioni su tale problema. Le risposte della popolazione locale non sono l’unica fonte di
dati. Gli antropologi raccolgono informazioni anche riguardo a fattori come la densità della
popolazione, la qualità ambientale, il clima, la geografia fisica, l’alimentazione e l’uso della
terra.
8) LA RICERCA LONGITUDINALE: La ricerca longitudinale è lo studio a lungo termine di
una comunità, regione, società, cultura o altra unità di ricerca, solitamente basato su visite
ripetute.
9) RICERCA DI GRUPPO: Il modello dell’indagine comprende la campionatura, la raccolta di
dati impersonali e l’analisi statistica. L’indagine delinea abitualmente un campione (un
gruppo di studio gestibile) da una più grande popolazione. Studiando il campione
selezionato, i sociologi possono effettuare accurate inferenze sull’intera popolazione. Nella
società di piccole dimensioni, gli etnografi devono conoscere la maggior parte delle persone.
I ricercatori che utilizzano l’indagine chiamano le persone che studiano respondents, coloro
cioè che rispondono alle domande durante un’inchiesta. A volte i ricercatori li intervistano
personalmente, altre volte dopo un incontro iniziale, chiedono ai respondents di compilare
un questionario.

ANTROPOLOGIA STORICA: nell’ambito dell’antropologia culturale, l’antropologia storica


rappresenta quell’indirizzo di studio che considera le società umane come prodotti storico-culturali
e non naturali. Le società umane, infatti non sono considerate sistemi naturali, ma costruzioni
storiche.
L’antropologia storica si realizza nel dialogo tra due discipline: l’antropologia e la storia e proprio
dal rapporto tra i due si determina la fondazione e le metodologie di un’antropologia storica.

CAPITOLO 5: Antropologia applicata


L’antropologia è anche un campo interculturale, comparativo e olistico che interagisce e comunica
con il proprio pubblico. Prevede una duplice dimensione: quella teoria e quella pratica
(antropologia applicata). Quest’ultima fa riferimento all’applicazione di dati, prospettive, teorie e
metodi delle scienze antropologiche per identificare, valutare e risolvere le problematiche sociali e
contemporanee. Dal momento che gli antropologi sono esperti dei problemi umani e di cambiamenti
sociali, sono altamente qualificati per suggerire, pianificare e implementare politiche e linee di
condotta che riguardano individui e popolazione. Gli antropologi collaborano con società e aziende
il cui obiettivo è ampliare i profitti dei propri clienti. Gli enti che si occupano della gestione delle
risorse culturali vengono contattati da imprese che desiderano realizzare strade fabbriche ecc. La
moderna antropologia applicata si differenzia da quella che in precedenza serviva principalmente gli
obiettivi dei regimi coloniali. Malinowski propose che l’antropologia pratica dovesse concentrarsi
sul processo di occidentalizzazione, nelle colonie africane della Gran Bretagna. Al giorno d'oggi
molti esperti di antropologia applicata considerano li proprio lavoro come una professione
assistenziale, dedicata ad aiutare e assistere le popolazioni locali. Un esempio è il ruolo svolto dagli
antropologi come agenti e consiglieri dei regimi coloniali durante la prima metà del XX secolo.
Sotto il colonialismo molti antropologi avevano ruoli di spicco in ambito anche politico, dopo la
Seconda guerra mondiale quando gli imperi coloniali si sgretolarono, molti antropologi
continuarono a dare vita allo sviluppo di politiche dedicate alle popolazioni locali.
Malinowski è riconosciuto come uno dei fondatori dell’antropologia applicata, per lui antropologia
pratica. Si mise a disposizione degli imperi coloniali perché credeva che gli antropologi potessero
aiutare i funzionari coloniali europei ad amministrare efficacemente le comunità non occidentali.
Per lui, il compito dell'antropologo era far funzionare il dominio coloniale nel modo più armonioso
possibile.
Gli obiettivi degli antropologi applicati includono l'identificazione dei bisogni di cambiamento che
le persone locali hanno o sentono come esigenza primaria, la collaborazione con quelle stesse
persone per progettare cambiamenti culturalmente appropriati e socialmente accettabili e la
protezione del- le persone locali da politiche e progetti dannosi che potrebbero minacciali.
ANTROPOLOGIA DELLO SVILUPPO: L’antropologia dello sviluppo è il ramo
dell’antropologia applicata che si interessa ai problemi sociali indotti dallo sviluppo economico. Gli
antropologi dello sviluppo mettono in atto politiche di sviluppo pianificate da altri, pianificano e
guidano in prima persone tali politiche. Spesso gli antropologi dello sviluppo devono far fronte a
dilemmi etici. Gli aiuti a paesi esteri di solito non giungono là dove c’è bisogno e sofferenza ma
vengono destinati sulla base di priorità politiche economiche e strategiche. Spesso fra gli obiettivi
delle recenti politiche di sviluppo vi è la promozione dell’equità: maggiore equità implica minore
povertà e più equa distribuzione delle ricchezze. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, i
progetti devono avere il supporto di governi aperti al cambiamento. Di solito, invece, i ricchi e i
potenti sono riluttanti nei confronti di progetti che minacciano i loro stessi interessi.
LE STRATEGIE D’INNOVAZIONE Gli antropologi che si occupano dei problemi sociali
devono lavorare a stretto contatto con i locali per valutarne le aspettative e le necessità di
cambiamento e contribuire alla loro realizzazione. Ci sono tre tipi di errori:
 Eccessiva innovazione: i popoli oppongono resistenza a progetti di sviluppo che impongono
sostanzialmente cambiamenti alla loro vita quotidiana. Di solito le persone sono disposte a cambiare
quanto basta per mantenere quello che già hanno.
 Sottodifferenziazione: è la tendenza a considerare i paesi meno sviluppati più simili fra di loro
rispetto a quanto lo siano nella realtà. Le agenzie per lo sviluppo hanno spesso ignorato la diversità
culturale.
 I modelli del terzo mondo: molti governi non si impegnano a migliorare la vita dei loro cittadini.
Tuttavia molti progetti, non tenendo conto della diversità culturale, hanno cercato di imporre idee di
proprietà e unità sociali incompatibili. Invece di usare modelli del mondo occidentale sarebbe
opportuno usare modelli del terzo mondo per lo sviluppo del terzo mondo. La più umana ed efficace
strategia di cambiamento consiste nel fondare il modello sociale dell'innovazione sulle forme sociali
tradizionali di ciascuna zona destinataria.
ANTROPOLOGIA E EDUCAZIONE: L’attenzione verso la cultura si rivela fondamentale sia
per l’antropologia sia per l’educazione, implicando un’attività di ricerca che si estende dalle classi
scolastiche fino agli ambienti domestici alle comunità nel loro complesso. Gli antropologi ritengono
i bambini soggetti assolutamente culturali e pensano che la loro inculturazione e gli atteggiamenti
introdotti nei confronti degli argomenti e degli atti educativi appartengono a un contesto che include
la famiglia.
ANTROPOLOGIA APPLICATA IN ITALIA: In Italia il dibattito sull'antropologia applicata si
apre in ritardo di parecchi anni perché la disciplina anche a livello accademico risultava indietro. Ci
sono delle resistenze e delle criticità incontrate dalla diffusione dell'antropologia applicata in Italia.
Le resistenze all'applicazione dell'antropologia risiedono nella storia stessa della disciplina, in parti-
colare nella sua collusione con il potere coloniale. Le prime resistenze verso l'applicazione
dell'antropologia si muovono dunque su un piano etico e mettono in discussione la legittimità di
immaginare gli antropologi e le antropologhe impegnate in azioni trasformative. Allo stesso tempo,
il paradigma classico dell'antropologo come etnografo è stato messo in crisi. Altre critiche che
vengono mosse l’antropologia applicata vengono dall’ambito scientifico, vedono la disciplina come
ingegneristica, che quindi rinuncia alla natura riflessiva e decostruttiva della materia.
Cosa fa un antropologo “applicato?” L’antropologia adotta un approccio olistico, cioè sapersi
inserire in una dimensione di racconto che comprenda tutti gli attori coinvolti. L’antropologia
permette anche di lavora in maniera multi scalare: si muove su un piano “micro”, nelle relazioni
dirette, muovendo in una direzione empirica, ma mantiene una connessione diretta con il piano
“macro”, inserendo i fenomeni e le azioni in corso in scenari più ampio.
L'antropologia medica ha per oggetto di studio l’analisi dei sistemi medici presenti nelle varie
società, ovvero lo studio della salute, della malattia e delle cure, nel rapporto con il contesto
socioculturale e con la società globale, studia pertanto i saperi e le pratiche, mediante i quali i
gruppi umani si rapporta- no agli eventi patologici. L'antropologia medica è una disciplina di
intersezione tra le scienze umane e le scienze mediche, tra il biologico e il sociale, in quanto mette
in relazione campi separati del sapere, a partire dal superamento del dualismo mente corpo, di
derivazione cartesiana, in favore del concetto di incorporazione, che definisce le modalità attraverso
le quali gli esseri umani vivono l'esperienza del corpo nel mondo. Gli studi antropologici hanno
posto in evidenza che ogni società ha prodotto i propri malati. Le malattie, infatti, cambiano nel
corso dei secoli. L'antropologia medica italiana si è costituita come settore specialistico, a opera di
Tullio Seppilli che si ricollega a tradizioni di ricerca per lungo tempo autonome quali gli studi sulle
medicine folkloriche e gli studi sui sistemi medici extraoccidentali e si è pertanto costituita
unificando prospettive di ricerca e tradizioni diversificate.
Antropologia alpina: Il precursore dell’antropologia alpina fu Robert Hertz che si interessò al
culto di San Bess, la sua morte prematura diede una grossa battuta d’arresto alle ricerche
antropologiche nelle Alpi. Queste ricerche ripresero dagli anni ’50 e ancor più negli anni ’70 con la
scuola anglosassone. Gli studiosi trovarono contrasti all’interno della comunità antropologica
perché la maggior parte riteneva che le Alpi fossero un terreno troppo vicino. Era comune
comunque pensare che il luogo alpino fosse isolato e che solo l’urbanizzazione del secondo
dopoguerra avessero contribuito ad emanciparlo. Erano considerati popoli privi di storia. Invece
proprio in quegli anni le alpi stavano investendo su se stesse e sul turismo. Un fenomeno che le
caratterizza è quello dell’emigrazione stagionale. Le ricerche di primo Novecento erano di tipo
demolito quelle che seguirò da dopo metà del secolo si concentrarono sull’assetto patrimonilistico
per poi tornare su un versante demologico. Altri campi analizzati più di recente sono quello del
ripopolamento e dei cambiamenti climatici.

CAPITOLO 6: Linguaggio e comunicazione


Il linguaggio è il nostro mezzo di comunicazione principale. Il linguaggio si è originato migliaia di
anni prima della nascita della scrittura. Il linguaggio viene trasmesso attraverso l’apprendimento in
quanto parte del processo di inculturazione. Il linguaggio consente agli esseri umani di discutere del
passato e del futuro, di condividere le proprie esperienze con le altre persone. Gli antropologi
studiano il linguaggio nel suo contesto sociale e culturale. Una caratteristica del linguaggio è il suo
essere in costante mutamento.
COMUNICAZIONE TRA I PRIMATI: Solo gli esseri umani possiedono la facoltà di parlare. I
sistemi di comunicazione naturali di altri primati vengono chiamati sistemi di richiamo. Tali sistemi
consistono in un numero limitato di suoni o richiamo. Questi richiami possono variare in termini di
intensità e durata, ma sono molto meno flessibili del linguaggio poiché sono automatici e non
possono essere combinati tra di loro. I nostri antenati iniziarono a combinare i vari richiami e a
comprendere queste combinazioni. Il numero di richiami si ampliò, diventando alla fine troppo
grande per essere trasmesso anche solo parzialmente attraverso l’eredità genetica. Numerose
scimmie hanno imparato a conversare con gli esseri umani sfruttando mezzi diversi dalla lingua
parlata. Uno di questi sistemi di comunicazione è la lingua dei segni (ASL). Il linguaggio ha
consentito un immenso vantaggio adattativo all’Homo Sapiens. Esso permette alla società umana di
accumulare una quantità di informazioni di gran lunga superiore a quella immagazzinata da ogni
altro gruppo non umano.
COMUNICAZIONE NON VERBALE: Il linguaggio è il nostro principale mezzo di comunicazione
ma non è l’unico che utilizziamo: comunichiamo quando trasmettiamo informazioni su di noi agli
altri e riceviamo simili informazioni da loro. Le espressioni del nostro viso, la postura del gruppo, i
gesti e i movimenti offrono informazioni su di noi e nostri stati d’animo e fanno parte dei nostri stili
di comunicazione. La cinesica è lo studio della comunicazione attraverso i movimenti corporei,
posture, gesti ed espressioni della mimica facciale. L’entusiasmo di chi parla viene espresso non
solo attraverso le parole ma anche con espressioni del viso, gesti e altri segni che comunicano una
certa animazione. Per esprimere i nostri stati d’animo impieghiamo modi di comunicare sia verbali
sia non verbali come entusiasmo, tristezza, gioia.
LINGUAGGIO, PENSIERO E CULTURA: Secondo Noam Chomsky il cervello umano è in grado
di elaborare un insieme limitato di regole per l’organizzazione del linguaggio, cosicché tutte le
lingue possiedono in realtà una base strutturale comune chiamata grammatica universale. Secondo
Chomsky, tutti gli esseri umani possiedono capacità linguistiche simili e sviluppano processi
cognitivi analoghi. L’IPOTESI SAPIR-WHORF: Alcuni linguisti e antropologi ritengono che lingue
diverse producano differenti modi di pensare ossia che diversi modi di esprimersi influenzano il
modo di pensare agli individui. Questa posizione viene chiamata Sapir-Whorf. Le diverse
grammatiche portano a esprimere concetti diversi.
SOCIOLINGUSTICA: Oggetto di studio dei sociolinguisti è la variazione linguistica. Il campo
della sociolinguistica indaga infatti le relazioni esistenti tra variazioni sociali e linguistica, ossia la
lingua per come viene parlata in un determinato contesto.
LINGUISTICA STORICA: I sociolinguisti studiano la variazione contemporanea nella lingua
parlata ossia il cambiamento linguistico nel suo divenire. La linguistica storica si occupa di
esaminare il cambiamento linguistico a lungo termine: gli esperti di questa disciplina sono in grado
di ricostruire numerose caratteristiche delle lingue del passato studiando le lingue figlie
contemporanee, ovvero le lingue che discendono dal medesimo idioma e si sono modificate nel
corso di migliaia di anni. La lingua originaria dalla quale queste lingue discendono è chiamata
protolingua. La lingua si modifica nel corso del tempo, evolve, si diffonde e si divide in sottogruppi
linguistici.

CAPITOLO 7: L’etnicità
Un gruppo etnico è un insieme di persone che condividono cultura, lingua, religione, usi ecc. Le
etnie sono il prodotto di costruzioni storico-culturali alle quali a volte le popolazioni che le hanno
create attribuiscono caratteristiche di tipo biologico chiamate razze. Una razza è un gruppo di
individui di una specie contraddistinti da comuni tratti biologici. Etnicità significa identificazione
con un determinato gruppo etnico, sentirsi parte di esso e, di conseguenza, esclusione da altri
gruppi.
Status significa e la posizione, indipendentemente da quanto prestigiosa essa sia, che un individuo
occupa all’interno della società. Gli individui rivestono sempre più posizioni simultaneamente.
Alcuni status si hanno sin dalla nascita (per esempio lo status figlio) altri invece si ottengono (per
esempio lo status studente).
Nel corso dei secoli gli scienziati si sono avvicinati allo studio sulla diversità biologica umana in
due modi: la classificazione delle razze e l’attuale comprensione delle differenze specifiche. In
primo luogo, consideriamo i problemi riguardanti la classificazione razziale. Le differenze
biologiche sono reali, importanti ed evidenti a tutti. Oggi i ricercatori è più importante spiegare e
studiare le somiglianze e differenze tra le razze anziché la diversità biologica. I primi studiosi fecero
ricorso per la classificazione razziale ai tratti fenotipici. Il fenotipo fa riferimento a tratti evidenti
dell’organismo, la sua biologia mista dal punto di vista anatomico e fisiologico. La classificazione
delle razze basate sul fenotipo fece sorgere il problema su quali fossero i tratti più importanti da
considerare. Le razze dovrebbero essere definite in base all’altezza, peso, taglia o colore della pelle?
Si decise di distinguere tre tipi di razze: bianchi, neri e gialli.
COME SPIEGHIAMO IL COLORE DELLA PELLE? La selezione naturale è il processo grazie
al quale, in un determinato ambiente, le forme di vita che si adattano sopravvivono e si riproducono.
Il colore della pelle è un tratto biologico complesso, influenzato da molti geni, dei quali però non se
ne conosce ancora esattamente il numero. La melanina è la sostanza chimica prodotta
dall’epidermide. Le cellule di melanina delle persone dalla pelle scura producono granuli di
melanina in numero e dimensioni maggiori rispetto alle persone dalla pelle chiara. Proteggendo il
corpo dalle radiazioni ultraviolette del sole, la melanina offre protezione contro un’elevata varietà di
malattie. La melanina comporta la produzione di vitamina D. Una persona di colore ha molta
vitamina D mentre una persona bianca, che ha poca vitamina D, deve integrarla con la dieta.
STRATIFICAZIONE E INTELLIGENZA: Nel corso dei secoli i gruppi che detenevano il potere
hanno utilizzato l’ideologia razziale per giustificare, spiegare e conservare le proprie posizioni
sociali privilegiate, dichiarando che le minoranze fossero congenitamente inferiori, ossia inferiori
dal punto di vista biologico. Tale ideologia difende la stratificazione come qualcosa di inevitabile,
di permanente e di naturale, che ha base biologica più che sociale: così i nazisti sostenevano la
superiorità della razza ariana. Esistono eccellenti prove che all’interno di qualsiasi società
stratificata (ossia basata su classi) le differenze rilevate nelle prestazioni tra gruppi economici,
sociali ed etnici riflettono le loro diverse esperienze e opportunità piuttosto che una struttura
genetica specifica. La stratificazione, dominio politico, pregiudizi e ignoranza continuano a esistere,
diffondendo l’erroneo concetto che sfortuna e povertà scaturiscano da una mancanza di capacità.
L’intelligenza di una persona varia in base alle circostanze e all’ambiente.
GRUPPI ETNICI, NAZIONI E NAZIONALITA’: Il termine nazione un tempo era sinonimo di
tribù o gruppo etnico. Oggi invece il termine nazione è sinonimo di stato ovvero un’unità politica
indipendente con un’organizzazione centralizzata. I gruppi che possiedono uno stato politico
autonomo vengono definiti nazionalità.
La nazionalità è una comunità immaginaria perché le persone non si conoscono realmente tra di
loro. La lingua e la stampa giocano un ruolo di importanza cruciale nella crescita della coscienza
nazionale europea.
COESISTENZA PACIFICA: Ci sono tre modalità che permettono la coesistenza pacifica: 
Assimilazione: descrive il processo di cambiamento che un gruppo minoritario subisce quando si
trasferisce in un paese in cui predomina una cultura diversa dalla sua. Mediante il processo di
assimilazione, la minoranza adotta progressivamente i modelli e le norme della cultura dominante
ospitante finendo per essere incorporata.
 Società pluralistica: sono società in cui sono presenti più gruppi etnici. Non per forza uno
deve perdere la propria cultura con il processo di assimilazione.
 Multiculturalismo: il modello del multiculturalismo adotta una prospettiva opposta a quella
del modello di assimilazione. Il modello del multiculturalismo incoraggia la pratica delle
tradizioni etnico-culturali, incoraggia una coesistenza pacifica tra culture diverse.
LE RADICI DEI CONFLITTI ETNICI: L’etnicità può esprimersi nel multiculturalismo pacifico
o in discriminazione e violente lotte interetniche. Le radici della differenziazione etnica possono
essere politiche, economiche, religiose, linguistiche, culturali o razziali. Perché le differenze etniche
spesso conducono a conflitti e violenze? Le cause incidono un senso di ingiustizia legato alla
distribuzione delle risorse, alla competizione economica o politica, ai pregiudizi e ad altre
espressioni del senso di minaccia o svalutazione dell’identità culturale. Con il termine pregiudizi si
fa riferimento alla svalutazione di un gruppo a casa dei suoi presunti comportamenti, valori,
capacità o attributi. Il pregiudizio è legato agli stereotipi che gravano su un gruppo e che vengono
quindi estesi tutti i suoi membri individuali. Discriminazione si riferisce a pratica e politiche che
danneggiano un gruppo e i suoi membri. La discriminazione può essere de facto (dal punto di vista
legale) e de jure (dal punto di vista giuridico). I rifugiati sono individui che sono costretti o che
hanno scelto di abbandonare un paese per sfuggire a guerre e persecuzioni, sono una delle
conseguenze di politiche di espansione. Il colonialismo, un’altra forma di oppressione, fa
riferimento alla dominazione politica, economica e culturale di un territorio e del suo popolo da
parte di una potenza straniera nell’arco di un lungo periodo di tempo.

CAPITOLO 8: Sistemi di sussistenza


L’avvento della produzione alimentare (coltivazione di piante e domesticazione di animali) alimentò
cambiamenti di primo piano nella vita degli esseri umani, come la creazione di sistemi politici e
sociali più ampi, confluiti nello sviluppo di veri e propri stati. L'antropologo Yehudi Cohen utilizzò
l'espressione strategia adattativa per descrivere il sistema di produzione economica di un gruppo
umano. Cohen individuò cinque strategie adattative: caccia-raccolta, orticultura, agricoltura,
pastoralismo e industrialismo.
CACCIA-RACCOLTA E PESCA: Tutte le economie basate sulla caccia-raccolta hanno condiviso
una caratteristica essenziale per il proprio sostentamento: gli individui fanno affidamento sulle
risorse naturali disponibili invece che sul controllo della riproduzione di piante e animali. Questo
controllo giunse con la domesticazione dei primi animali e con la coltivazione di alcune specie
vegetali. Sebbene la caccia-raccolta stia scomparendo in quanto stile di vita, esistono ancora aree
dell’Africa dove tale attività di sussistenza viene ancora praticata. (deserto del Kalahri e foresta
equatoriale dell’Africa centrale e orientale) In tutto il mondo la caccia-raccolta è sopravvissuta
prevalentemente in ambienti che presentavano ostacoli maggiori alla produzione alimentare.
L’economia di sussistenza praticata dai cacciatori-raccoglitori permane anche in aree che possono
essere coltivare e persino a seguito di contatti con i coltivatori. Questi cacciatori-raccoglitori non si
sono convertiti alla produzione alimentare poiché erano in grado di procacciarsi cibo e riparo in
modo perfettamente adeguato mediante attività di caccia a raccolta.
Le popolazioni che basano la propria sussistenza sulla caccia-raccolta spesso vivono in società
organizzate chiamate bande= piccolo gruppo che comprende meno di cento persone, legate tra di
loro da vincoli di parentela e di matrimonio. Le dimensioni delle bande variano da popolazione a
popolazione. Tra cacciatori-raccoglitori solitamente le attività di caccia e pesca sono affidate agli
uomini mentre le donne si dedicano a quelle di raccolta, ma la natura specifica varia da società a
società. Le bande dei cacciatori-raccoglitori non adoperano stratificazioni sociali ma rispettano
molto gli anziani.
ORTICULTURA: Orticultura e agricoltura sono due tipi di coltivazione diffuse nelle società non
industriali. L’orticultura: coltivazione in cui non viene utilizzato in modo intensivo il terreno, la
manodopera, il capitale e le attrezzature agricole. Si utilizzano semplici strumenti come zappe e
bastoni per scavare nella terra e coltivare orti e campi. I campi non vengono coltivati in modo
permanente e rimangono a riposo per periodo di tempo di durata variabile. Si tratta di una pratica
che spesso prevede l’abbattimento di piccole porzioni di foresta per ricavare terreni coltivabili.
AGRICOLTURA: coltivazione che richiede un maggior lavoro rispetto all’orticultura poiché
l’utilizzo della terra è più intensivo e avviene su base continuativa. Numerosi agricoltori utilizzano
gli animali come mezzo di produzione per il trasporto, per la lavorazione dei campi e per il letame
impiegato come fertilizzante. L’agricoltura richiede forza lavoro umana per la manutenzione di
sistemi di irrigazione, terrazzamenti e altre opere. È inoltre necessario nutrire, abbeverare e curare il
bestiame e gli altri animali da lavoro. La differenza fondamentale tra orticultura e agricoltura è che
la prima ricorre sempre a un periodo in cui i terreni vengono messi a riposo (a differenza
dell’agricoltura). L’agricoltura intensiva ha un significativo impatto ambientale: fossi, canali e risaie
diventano depositi di rifiuti organici, di elementi chimici e di microrganismi. L’agricoltura intensiva
si sviluppa in genere a scapito di alberi e foreste, che vengono abbattuti per far posto alle
coltivazioni. PASTORIALISMO: Coloro che praticano l’agropastoralismo vivono in zone come
l’Africa, Europa e Asia. Si tratta di popolazioni che praticano la pastorizia con animali domestici,
come mucche e buoi. I pastori cercano di proteggere i propri animali e di garantirne la riproduzione,
ottenendo in cambio cibo e altri prodotti come per esempio cuoio e pellame. Alcuni utilizzano
animali come il cavallo solo come mezzo di trasporto. Gli agropastoralisti sfruttano mandrie e
greggi per ricavarne cibo per il proprio sostentamento, consumandone carne, sangue e latte, con il
quale producono yogurt, burro e formaggio. L’agropastoralismo è caratterizzato da due diverse
tendenze di spostamento: il nomadismo e la transumanza. Nel nomadismo pastorale l’intero
gruppo, costituito da uomini, donne, anziani e bambini, si spostano insieme ai propri animali nel
corso dell’anno. Con la transumanza invece solo parte del gruppo si sposta insieme alle mandrie o
alle greggi ma la maggior parte degli individui rimane nel villaggio natale.
MODI DI PRODUZIONE: si indica un determinato modo di organizzare la produzione. Nel modo
di produzione capitalistico il denaro ha il potere d’acquisto nei confronti della forza lavoro ed esiste
una certa distanza tra coloro che sono coinvolti nel processo di produzione. Nelle società non
industriali, la forza lavoro non viene acquistata tramite il denaro ma viene investita di una sorta di
obbligo sociale. Quest’ultimo modo di produzione è basato sui legami di parentela. Nella società
non industriale esiste un rapporto più famigliare tra lavoratore e mezzi di produzione rispetto a ciò
che avviene nelle nazioni industrializzate. I mezzi, o fattori di produzione includono terra, forza
lavoro e tecnologia. Anche tra i popoli dediti alla produzione alimentare i diritti a utilizzare i mezzi
di produzione derivano da legami di parentela o matrimoniali. Come la terra, anche la forza lavoro è
un mezzo di produzione. Nelle società non industriali la possibilità di accedere sia alla terra sia alla
manodopera deriva da legami di tipo sociale quali rapporti di parentela, matrimonio e linea di
discendenza.
SCAMBIO E DISTRIBUZIONE IL PRINCIPIO DI MERCATO: Nell’economia capitalistica del
mondo di oggi predomina il principio di mercato, che governa e regola la distribuzione dei mezzi di
produzione: terra, manodopera, risorse ecc. Il concetto di scambio di mercato si riferisce al processo
organizzativo di acquisto e vendita al prezzo monetario. In virtù dello scambio di mercato, articoli e
prodotti vengono acquistati e venduti, utilizzando il denaro e il valore viene determinato dalla legge
della domanda e dell’offerta. La compravendita è caratteristica degli scambi regolati dal principio di
mercato e acquirenti e i venditori cercano in ogni modo di ottimizzare il valore del proprio denaro.
REDISTRIBUZIONE: La redistribuzione si verifica quando si ha uno spostamento di beni e servizi
da un punto locale verso un punto centrale che può essere per esempio la capitale. Una volta raccolti
tutti i beni, a volte, essi vengono ridistribuiti alla popolazione.
RECIPROCITA’ Abbiamo tre tipi di reciprocità: generalizzata, bilanciata e negativa. Reciprocità
generalizzata:
 È il modello prevalente all’interno della famiglia.
 Non prevede né regole né contenuti precisi.
 Il tempo di restituzione non è definito.
 La restituzione può essere anche di valore inferiore a quanto ricevuto o solo di natura
simbolica.
Reciprocità bilanciata:
 Modello prevalente nei rapporti extra famigliari.
 Prevede regole e tempi definiti per la restituzione del bene o del servizio.
 Bisogna ridare il valore equivalente a quello ricevuto. Reciprocità negativa:
 Modello prevalente per gli individui esterni.
 Pieni di dubbi e sospetti.
IL POTLATCH: Una delle pratiche culturali studiate più a fondo dall’etnografia è il potlatch, un
evento festivo contemplato in un sistema di scambio regionale tra le tribù della costa pacifica
settentrionale del nord America. Alcune tribù praticano ancora il potlatch, a volte in memoria dei
defunti. In ognuno di questi eventi, i promotori del potlatch distribuivano cibo, coperte, pezzi di
rame o latri oggetti e a volte li bruciavano, ricevendo in cambio prestigio. Le tribù potlatch erano
composte da raccoglitori atipici, erano sedentari e avevano dei capi. Avevano accesso a una larga
varietà di risorse di terra e di mare. I membri di molti villaggi venivano invitati a tutti i potlatch e
dovevano ritornare con le risorse che venivano distribuite. In questo modo il potlatch collegava i
villaggi dando origine a un’economia regionale, un sistema di scambio che portava cibo e ricchezza
dalle comunità che non avevano problemi di risorse a quelle bisognose.

CAPITOLO 9: I sistemi politici


L’antropologia politica studia tutti gli aspetti politici. La politica è legata alla società.
L’organizzazione politica è presente negli stati e negli non stati.
TIPOLOGIE E TENDENZE: Elman Service elencò quattro tipi di organizzazione politica: bande,
tribù, domino e stato.
Il termine banda indica un gruppo di piccole dimensioni basato su legami di parentela,
rintracciabile tra i gruppi di cacciatori-raccoglitori.
Le tribù adottano economie basate su una produzione di cibo non intensiva. Vivendo nei villaggi ed
essendo organizzate in gruppi di parentela basati sulla comune discendenza, le tribù non hanno un
governo formale né mezzi per applicare e far rispettare le decisioni politiche.
Il dominio invece è una forma di organizzazione sociopolitica intermedia tra la tribù e lo stato. Nei
domini le relazioni sociali si fondavano sulla parentela, sul matrimonio, sulla discendenza, l’età, la
generazione e il genere.
Lo stato è una forma di organizzazione sociopolitica che si basa su una struttura di governo formale
e sulla stratificazione socioeconomica.
BANDE E TRIBU’ CACCIATORI-RACCOGLITORI: Tutti coloro che attualmente praticano
attività di pesca, caccia e raccolta commerciano con le popolazioni che producono cibo, la maggior
parte dei cacciatori/raccoglitori conta su governi e opere missionarie per almeno una parte dei
propri consumi. Un sistema sociale fondato sui legami di parentela, sulla reciprocità e sulla
condivisione si adatta all’economia di una popolazione ristretta e con risorse limitate. Il matrimonio
e i vincoli di discendenza creavano legami tra membri di bande diverse. Ai cacciatori/raccoglitori
mancava una legge formale ossia un codice legislativo che prevedesse giudizi e applicazioni delle
leggi ma disponevano di metodi di controllo sociale e di ricomposizione delle dispute.
ORTICOLTORI: Le tribù si basano generalmente sull’orticultura e sulla pastorizia e la loro
organizzazione ruota intorno alla vita del villaggio e all’appartenenza a gruppi o discendenze. Alle
tribù manca una stratificazione socioeconomica. Le società tribali non possiedono mezzi sicuri che
garantiscano l’applicazione delle decisioni politiche. I principali responsabili erano il capo villaggio
e il big man.
Capo villaggio: l’autorità del capo villaggio era molto limitata. Se un capo villaggio vuole che sia
fatto qualcosa deve utilizzare l’esempio e la persuasione. Egli è privo del diritto di dare ordini, può
soltanto persuadere e convincere. Quando scoppia un conflitto all’intero del villaggio il capo può
essere convocato come mediatore che ascolta entrambe le parti, offrendo poi un’opinione e un
consiglio. Se una delle parti non è soddisfatta, il capo villaggio non può fare nulla. Non ha il potere
di imporre punizione, è uguale a tutti gli altri membri del villaggio. Il capo villaggio rappresenta la
comunità nelle sue relazioni e scambi con gli estranei.
Big Man: il Big Man rappresenta una versione più elaborata del capo villaggio, ma con una
differenza significativa. Mentre la leadership del capo villaggio era presente solo all’interno del
villaggio, quella del big man vantava di sostenitori in numerose comunità. Le caratteristiche che
distinguevano il big man dai suoi compagni includevano la ricchezza, la generosità e il coraggio.
Gli uomini diventavano big men perché erano dotati di una certa personalità ed erano stati capaci di
accumulare risorse durante il corso della propria vita. Un uomo sufficientemente determinato
poteva diventare big man, creando il proprio patrimonio attraverso il duro lavoro per poi
distribuirne parte alla popolazione. I suoi sostenitori, ricordando i favori passati, lo riconoscevano
come leader e accettavano le sue decisioni. Il big men era un importante mediatore di eventi
regionali, aiutava a stabilire le date delle celebrazioni. Il big man lavorava duramente non per
accumulare beni ma per essere in grado di distribuire i frutti del proprio lavoro convertendoli in
gratitudine.
DOMINI: Nei domini le relazioni sociali sono basate principalmente sulla parentela, sul matrimonio
e sulla discendenza. Questa è una differenza importante tra dominio e stato. Gli stati uniscono
invece individui non legati da vincoli di parentela, obbligandoli a mostrare devozione e lealtà a un
governo. I domini possono comprendere migliaia di individui che risiedono in numerosi villaggi. La
regolamentazione viene affidata al capo e ai suoi assistenti. Una carica è una posizione permanente
che non deve essere lasciata vacante nel caso di decesso o dimissione dell’individuo che la detiene.
La condizione sociale dei domini era basata sulla discendenza. I sistemi relativi allo status nei
domini e negli stati sono simili in quanto si basano su un accesso differenziato alle risorse. Ciò
significa che alcuni uomini e donne godevano di un accesso privilegiato al potere, al prestigio e alla
ricchezza. I legami di sangue non potevano estendersi dai nobili alle persone comuni per via
dell’endogamia di casta, ossia il matrimonio all’intero dello stesso gruppo di appartenenza. Gli
individui comuni si sposavano tra di loro mentre chi faceva parte di un gruppo elitario si univa in
matrimonio solo con i suoi pari. Nelle tribù un certo grado di prestigio andava ai leader di un
gruppo di discendenza, ai capi villaggi e al big man. Il sistema legato allo status sociale nei domini
era diverso da quello adottato negli stati. La creazione di strati sociali separati viene chiama
stratificazione. Max Weber definì tre dimensioni di stratificazione sociale legate: alla ricchezza, al
potere e al prestigio. Lo strato sovraordinato aveva un accesso privilegiato alla ricchezza, potere e
risorse.
STATI: Gli stati sono unità politiche autonome con classi sociali e un governo formale basato sulla
legge. Rispetto a bande, tribù e domini, gli stati tendono a essere vasti e densamente popolati.
Determinati status, sistemi e sottosistemi con funzioni specifiche si ritrovano nello status. Questi
includono:  Controllo della popolazione: definizione dei confini, creazione di categorie di
cittadinanza e censimento.  Sistema giuridico: leggi, procedimenti legali e giudizi.  Applicazione
e rispetto della legge: forze politiche e militari permanenti.  Sistemi fiscale: tasse e imposte.

CAPITOLO 10: Il genere


Le attitudini, i valori e i comportamenti dell’uomo sono limitati non solo dalla predisposizione
genetica ma anche dalle esperienze vissute. Ciò che caratterizza come individui adulti è
determinato, nella fase di crescita e di sviluppo, sia dai geni sia dall’ambiente. Uomini e donne sono
geneticamente diversi tra di loro: le donne hanno due cromosomi X mentre gli uomini hanno un
cromosoma X e uno Y ed è il padre a determinare il sesso del nascituro. Con dimorfismo sessuale ci
si riferisce alle diversità biologiche tra maschio e femmina che riguardano non solo i caratteri
sessuali primari (genitali e organi riproduttivi) ma anche secondari (seno, voce ecc). Molte
differenze comportamentali e attitudini tra i sessi sono determinate dalle culture piuttosto che dalla
biologia. Genere in altre parole si riferisce alla costruzione culturale delle caratteristiche maschili e
femminili. Il ruolo di genere sono i compiti e le attività che una cultura assegna ai sessi. Collegati ai
ruoli di genere ci sono gli stereotipi di genere, che sono le idee. La stratificazione di genere descrive
una distribuzione iniqua di ricompense tra uomini e donne che riflette diverse posizioni nella
gerarchia sociale. Nella società senza uno stato politico la stratificazione di genere è legata più
frequentemente al prestigio sociale che alla ricchezza.
IL GENERE TRA CACCIATORI-RACCOGLITORI Tra cacciatori-raccoglitori, la raccolta forniva
più cibo della caccia e della pesca. Raccogliere è generalmente un lavoro femminile. Solitamente
sono gli uomini a cacciare e pescare mentre le donne si occupano di cacciare piccoli animali.
Quando la raccolta è prevalente, lo status di genere tende a essere più equo di quanto la sussistenza
è basata principalmente su caccia e pesca. Lo status di genere è più equo anche nel caso in cui la
sfera domestica non è nettamente separata da quella pubblica. La forte differenziazione tra casa e
mondo esterno è denominata dicotomia domestica. La dicotomia si definisce pubblica quando la
sfera pubblica (il lavoro svolto dall’uomo è maggiore di quello della donna quindi l’uomo è
superiore alla donna) e sfera privata sono separate. La dicotomia si dice privata quando il ruolo
delle donne è alla pari di quello dell’uomo (sfera privata coincide con sfera pubblica). Sono gli
uomini in genere a essere cacciatori e guerrieri anche perché gli strumenti e le armi richiedono una
forza maggiore che le donne non hanno. Le donne passano la maggior parte del loro periodo in
gravidanza. In molte società di cacciatori-raccoglitori non esiste la guerra e nemmeno i commerci
interregionali ben sviluppati. Guerra e commercio sono due contesti pubblici che possono
contribuire allo stato di ineguaglianza tra maschi e femmine tra i produttori di cibo. Tra cacciatori e
raccoglitori la sfera pubblica e privata tendono a essere meno separate, la gerarchia è meno marcata
e le sfere di influenza di uomini e donne si sovrappongono di più.
IL GENERE TRA GLI ORTICOLTORI
I ruoli di genere e la stratificazione tra i coltivatori cambiano ampiamente in base alle specifiche
caratteristiche dell’economia e della struttura sociale. Le donne nell’orticultura svolgono un ruolo
maggiore rispetto a quello degli uomini (dicotomia pubblica). Tra gli orticoltori in cui la
discendenza è matrilineare e la residenza matrilocale, lo status femminile tende a essere alto. I
sistemi matrilineari-matrilocale disperdono le parentele maschili anziché consolidarle. Al contrario,
i sistemi patrilineare-patrilocale mantengono uniti i discendenti maschi, un vantaggio in caso di
guerra. Il sistema matrilineare tende a essere molto presente nelle società dove la guerra è poco
frequente. L’appartenenza al gruppo di discendenza, la successione alle posizioni politiche,
l’assegnazione della terra e l’identità sociale globale hanno tutti origine dai legami femminile. La
gestione del patrimonio e la presa di decisione viene assegnata alle donne più anziane. Nelle società
matrilocali il ruolo della donna è sempre assai importante il quanto la figura maschile è impegnata e
fuori dal villaggio per via delle guerre o del commercio. Il matriarcato è un sistema basato
sull’importanza della donna. Nel matriarcato le donne rappresentano il centro, l’origine delle
fondamenta dell’ordine sociale. Il villaggio di più antica fondazione che fa parte di un sistema di
villaggi è chiamato villaggio madre. In caso di divorzio con il marito, è l’uomo che se ne va via di
casa. Durante le cerimonie alle donne ci si rivolge con il termine Madre Regina. La struttura
patrilineare-patrilocale è l’opposto a quella matrilineare-matrilocale, inoltre l’uomo teme il contatto
con le femmine, incluse il sesso, perché pensa che il contatto sessuale con le donne possano
indebolirlo.
IL GENERE TRA GLI AGRICOLTORI Quando l’economia è basata sull’agricoltura, le donne in
genere perdono il loro ruolo di coltivatori principali. Certe tecniche agricole come l’aratura sono
state affidate agli uomini per via della loro corporatura e della loro forza. Con l’avvento
dell’agricoltura per la prima volta nella storia umana le donne rimasero escluse dalla produzione. I
gruppi di discendenti e la poliginia decadono con l’agricoltura e la famiglia nucleare diventa più
comune, vivendo con il marito e i figli, una donna rimane isolata dalle donne della propria
parentela.
PATRIARCATO E VIOLENZA: Il patriarcato descrive un sistema politico retto dagli uomini in cui
le donne hanno uno status sociale e politico inferiore. Le società che presentano un’affermata
struttura patrilineare-patrilocale, con molte guerre e incursioni nei villaggi, sono tipiche del
patriarcato. La stratificazione di genere è di solito minore nelle società matrilineari, matrilocali e
bilaterali in cui le donne hanno ruoli importanti nell’economia e nella vita sociale. Anche nella
situazione di poliginia patrilocale le donne spesso possono contare sull’appoggio dei figli nelle
dispute con mariti potenzialmente abusivi.

CAPITOLO 11 – Famiglie, parentela e discendenza


La famiglia nucleare rappresenta un tipo di gruppo di parentela ampiamente diffuso nelle società
umane ed è costituito da genitori e figli che generalmente vivono insieme all’interno dello stesso
nucleo famigliare. Altri gruppi parentali includono quelle che vengono chiamate famiglie estese o
allargante ossia i gruppi di discendenza, clan e lignaggi. Una famiglia nucleare sussiste fino a
quando genitori e figli rimangono insieme. Gli antropologi distinguono tra la famiglia di origine, in
cui nasce e si viene allevati, e la famiglia di procreazione, ossia quella che si viene a creare quando
un individuo si sposa e ha due figli. Sono sempre più numerose le coppie sposate che vivono
distanti dai rispettivi genitori: i loro impieghi hanno determinato il loro luogo di residenza. Questo
modello di residenza post matrimoniale viene indicato con il nome di residenza neolocale. Quando
un nucleo famigliare basato su famiglie estese include tre o più generazioni viene definito famiglia
consanguinea, ossia composta dai genitori, dalle loro famiglie d’origine e dai loro discendenti. Un
altro tipo di famiglia estesa è la famiglia collaterale, che include fratelli e sorelle e i rispettivi
coniugi e figli. Le due unità sociali di base delle società di cacciatori-raccoglitori sono la famiglia
nucleare e la banda.
DISCENDENZA: Il gruppo corrispondente tra le popolazioni non industriali che si dedicano alla
produzione alimentare è il gruppo di discendenza, ossia un’unità sociale permanente i cui gruppi
sostengono di possedere una linea di discendenza comune. I gruppi di discendenza sono spesso
esogamici (ossia i membri del gruppo devono ricercare i propri partner in gruppi di discendenza
esterni al proprio. Con la regola della discendenza matrilineare gli individui si uniscono al gruppo
della madre in modo automatico alla nascita e continuano ad appartenere per tutta la vita. I gruppi di
discendenza matrilineare includono pertanto solo i figli delle donne del gruppo. Con la discendenza
patrilineare invece gli individui acquisiscono automaticamente l’appartenenza al gruppo del padre. I
figli di tutti gli uomini del gruppo possono farvi parte mentre i figli dei membri femminili ne sono
esclusi. La discendenza patrilineare è molto più comune rispetto a quella matrilineare. I gruppi di
discendenza includono lignaggi e clan. In un lignaggio si impiega il criterio della discendenza
dimostrata dove i membri sono in grado di citare i nomi dei loro predecessori per ogni generazione,
a partire dall’antenato apicale fino al presente. I clan utilizzano quella che viene definita
discendenza ipotizzata perché non sono in grado di nominare i nomi dei loro predecessori. Spesso
l’antenato apicale in un clan può essere rappresentato da un essere non umano come un animale o
un totem (totemismo). Qualsiasi ramificazione di un gruppo di discendenza che vive in un
determinato luogo viene detta gruppo di discendenza locale. Molto più comune e diffusa è la
patrilocalità: quando una coppia si unisce in matrimonio si trasferisce presso la comunità del padre
dello sposo, affinché i figli possano crescere ed essere allevati nel villaggio paterno. Una regola di
residenza post matrimoniale meno diffusa è la matrilocalità: le coppie sposate vivono nella
comunità della sposa e i figli della coppia crescono e vengono allevati nel villaggio della propria
madre. Matrilocalità e patrilocalità sono conosciute come regole unilineare di residenza post
matrimoniale. Una regola unilineare utilizza soltanto una linea di discendenza, che può essere
quella maschile o quella femminile. In aggiunta alle regole unilineare c’è anche la discendenza
bilineare. I gruppi bilineari si differiscono da quelli unilineari per fatto che non escludono
automaticamente la prole dei figli maschi o figlie femmine. Gli individui hanno la possibilità di
scegliere il gruppo di discendenza al quale vogliono unirsi. Invece con la discendenza unilineare
questa possibilità non è presente.
GRADI DI PARENTELA I gradi di parentela sono i sistemi mediante i quali gli individui
all’interno di una società possono determinare il grado delle proprie relazioni di parentela. La
parentela bilaterale significa che gli individui tendono a percepire i legami di parentela tra maschi e
femmine come simili o equivalenti.

CAPITOLO 12 – Il matrimonio
Matrimonio e famiglia indicano la nostra abitudine di collegare l’amore romantico tra due persone
al matrimonio e il matrimonio alla procreazione e alla formazione di una nuova famiglia. Il
matrimonio è l’unione tra uomo e una donna tale che i figli di quest’ultima sono considerati la prole
legittima di entrambi i coniugi. In molte società i matrimoni uniscono più di due coniugi, per cui si
parla di matrimoni plurimi. Alcuni optano per cerimonie religione con le quali si uniscono nel sacro
vincolo del matrimonio ma non dal punto di vista giuridico, altri invece stipulano legami di tipo sia
civile sia religioso.
INCESTO ED ESOGAMIA: In molte società non industrializzate il mondo sociale è formato da
due categorie di persone: i parenti e gli estranei. Il matrimonio rappresenta uno dei principali modi
di trasformare gli estranei in parenti e di creare e mantenere alleanze personali e politiche, e rapporti
tra affini. L’ esogamia è la pratica di prendere in marito on in moglie un membro esterno al proprio
gruppo. Con il termine incesto si intendono i rapporti sessuali con persone riconosciute come
parenti stretti, tutte le culture lo considerano un tabù. I figli di due fratelli o di due sorelle sono
cugini paralleli, mentre i figli di un fratello e una sorella sono cugini incrociati, per cui i figli della
sorella di tua madre o i figli del fratello di tuo padre sono i tuoi cugini paralleli, mentre i figli della
sorella di tuo padre e i figli del fratello di tua madre sono i tuoi cugini incrociati. Poiché i cugini
paralleli appartengono alla stessa generazione e allo stesso gruppo di discendenza di ego (io), sono
come i fratelli e le sorelle di ego (io), pertanto vengono spesso chiamati con gli stessi termini di
parentela di fratelli e sorelle. In società con metà unilineari, visto che i cugini incrociati
appartengono sempre al gruppo opposto e non sono considerati parenti, i rapporti sessuali tra di essi
non sono considerati incestuosi.
ENDOGAMIA: l’endogamia rappresenta l’accoppiamento o il matrimonio all’interno del proprio
gruppi di appartenenza. Il termine omogamia indica l’atto di sposare un consimile, come accade nel
caso di matrimoni tra membri della stessa classe sociale. Un esempio estremo di endogamia è
rappresentato dal sistema fondato sulle caste. Le caste sono gruppi stratificati, l’appartenenza viene
attribuita dalla nascita e rimane tale per tutta la vita. Le caste indiane sono raggruppate in cinque
grandi categorie chiamate varna e in diverse sottocaste chiamate jati. Spesso le diverse caste sono
contraddistinte da una specializzazione lavorativa. La convinzione che unioni sessuali tra individui
di diverse caste siano fonte di impurità rituale per i membri delle caste più elevate è stata importante
per il mantenimento dell’endogamia e delle differenze sociali di genere. Sebbene le caste indiane
siano gruppi endogamici, molte di esse sono internamente suddivise in lignaggi esogamici, secondo
la tradizione gli indiani dovevano sposare un membro di un altro gruppo di discendenza
appartenente alla stessa casta. La funzione manifesta di un’usanza disegna le ragioni che gli
individui di tali società le attribuiscono mentre la sua funzione latente è un effetto che l’usanza ha
sulle società ma che i suoi membri non menzionano o del quale sono addirittura ignari.
L’endogamia regale aveva anche funzioni latenti, ossia ripercussioni di tipo politico. Dal momento
che il sovrano e sua moglie avevano genitori comuni e si riteneva che il mana fosse ereditato, essi
erano sacri quasi in egual misura. Il matrimonio tra fratelli e sorelle del sovrano limitava i conflitti
di successione ritenendo il numero di persone in grado di reclamare il diritto a governare.
L’endogamia è stata praticante anche in altri regni, incluse le famiglie reali europee, ma ricorrendo
al matrimonio tra cugini piuttosto che tra fratelli e sorelle. L’endogamia regale aveva anche una
funzione economica latente, se il re e sua sorella avevano il diritto di ereditare il patrimonio degli
avi, sposandosi limitavano il numero degli eredi e lo mantenevano intatto.
DIRITTI CONIUGALI E MATRIMONI OMOSESSUALI: Il matrimonio può sancire:
 Stabilire il padre legale dei figli di una donna e la madre legale di quelli di un uomo.
 Conferire a uno o entrambi i coniugi il monopolio sulla sessualità dell’altro.
 Conferire a uno o entrambi i coniugi il diritto al lavoro/proprietà dell’altro.
 Stabilire un fondo congiunto di proprietà a beneficio dei figli.
 Stabilire una relazione d’affinità socialmente rilevante tra coniugi e parenti.
La legalizzazione dei matrimoni omosessuali può conferire a ciascun coniuge il diritto al lavoro
dell’altro coniuge e ai frutti di esso. Alcune società hanno consentito il matrimonio tra membri dello
stesso sesso biologico, i quali potrebbero essere considerati appartenenti a un genere diverso,
socialmente costruito.
MATRIMONIO COME ALLENAZA TRA GRUPPI: La migrazione e i mass media diffondono
sempre più le idee occidentali sull’importanza dell’amore all’interno di un matrimonio a altre
società. Lo scopo del matrimonio va dal sociale al politico. I matrimoni strategici sono collaudati ed
efficaci modi per stabilire alleanza tra gruppi. In società con gruppi di discendenza gli individui
stipulano i matrimoni non da soli ma con l’aiuto del gruppo di discendenza; infatti, spesso i membri
di quest’ultimo devono contribuire alla ricchezza della sposa, un dono che per consuetudine il
marito e i suoi parenti rendono prima, durante o dopo il matrimonio alla moglie e ai suoi parenti. La
ricchezza della sposa prende anche il nome di prezzo della sposa, sebbene si tratti di un termine
improprio, in quanto i popoli presso i quali vi è questa usanza di solito non considerano questo
scambio come una vendita, ne pensano al matrimonio come a una relazione commerciale tra un
uomo e un oggetto che può essere acquistato e venduto. La ricchezza della sposa rappresenta un
risarcimento al gruppo della sposa per la perdita della sua compagnia e del suo lavoro e rende i figli
nati dalla donna membri a pieno titolo del gruppo di discendenza del marito. La dote è uno scambio
matrimoniale in cui il gruppo della moglie elargisce cospicui doni alla famiglia del marito. Questa
pratica si collega al basso status delle donne, in virtù del quale esse vengono percepite come degli
oneri, quando un marito e la sua famiglia prendono in sposa una donna, si aspettano una ricompensa
per l’aggravio di responsabilità. Sororato: il sororato esiste sia in società patrilineari che in società
matrilineari. In una società matrilineare un vedovo può rimanere con il gruppo di sua moglie
sposando sua sorella o un’altra donna del suo matrilignaggio. Levirato: in molte società la vedova
può sposare in fratello del defunto, secondo una pratica noma con il nome di lerivato che, come il
sororato, è una continuazione del matrimonio che mantiene l’alleanza tra gruppi di discendenza, nel
caso specifico sostituendo il marito con un altro membro del suo gruppo.
IL DIVORZIO Divorziare è più difficile in una società patrilineare, specialmente quando il
fallimento del matrimonio implica che un cospicuo compenso matrimoniale debba essere
nuovamente assemblato e pagato. Una donna con residenza patrilocale, ossia nella casa e nella
comunità di suo marito, potrebbe non essere disposta a lasciarlo. A complicare la procedura del
divorzio vi sono fattori politici ed economici. Presso i cacciatori-raccoglitori fattori diversi giocano
a favore o contro il divorzio. Tra i principali vi è il fatto che, poiché i cacciatori-raccoglitori
tendenzialmente non hanno gruppi di discendenza, le funzioni di alleanza politica del matrimonio
sono per loro meno importanti rispetto a quanto lo siano per i popoli che producono il cibo. A ciò si
aggiunge il fatto che di solito i cacciatori-raccoglitori hanno possedimenti materiali molto limitati, e
quando i coniugi non condividono risorse, la procedura di scioglimento di un fondo comune di
proprietà risulta meno complicata. Invece, tra i fattori che giocano a favore della stabilità
matrimoniale presso i popoli di cacciatori-raccoglitori vi è il fatto che i legami tra i coniugi tendono
a durare tutto il tempo. POLIGAMIA: La poligamia in biologia e in antropologia, è il rapporto
inerente alla sfera sessuale e a quella di relazione stabilito con vari scopi, riproduttivi, ricreativi,
sociali, tra i soggetti di una specie. La poligamia si distingue in:
 Poliginia: dove il rapporto si manifesta con più femmine, comune alla maggior parte dei
mammiferi e alcuni uccelli.
 Poliandria: caso opposto, dove più maschi si uniscono al soggetto femminile, con diffusione
articolata tra i vertebrati.
 Promiscuità: dove si creano situazioni e rapporti più complessi, con più individui coinvolti.
Ognuna delle relazioni, a seconda della specie, è obbligatoria o facoltativa e con
diversificazioni molto articolati.

CAPITOLO 13 – La religione
L’antropologo Wallace ha definito la religione una fede e un rituale rivolto a esseri, poteri e forze
soprannaturali. Il soprannaturale è una dimensione straordinaria al di fuori del mondo osservabile, è
inesplicabile e immateriale, deve essere accettato per fede. La religione può unire e può dividere.
Studiando la religione nelle diverse culture gli antropologi si focalizzano sulla sua natura sociale e
sul suo ruolo, così come su natura, contenuto e significato che dottrine religiose, azioni, eventi,
ambienti rivestono per le persone. Vengono prese in considerazione anche le manifestazioni verbali
della fede religiosa come le preghiere, i canti, testi e enunciati sull’etica e sulla morale.
ANIMISMO: Il fondatore dell’antropologia della religione è stato Tylor. La religione è nata,
secondo Tylor, quando gli individui hanno cerato di comprendere condizioni ed eventi che non
erano in grado di spiegarsi utilizzando le esperienze quotidiane. Secondo Tylor l’animismo
rappresentava un universale in tutte le religioni. Secondo Tylor, due elementi erano alla base della
teoria dell’animismo: anime e spirito. Secondo Tylor era l’idea di anima che rappresentava il punto
di partenza di tutte le credenze religiose. L’animismo poteva essere inteso come la credenza nelle
diverse anime che, in una fase successiva, si sarebbero evolute in esseri spirituali, ai quali erano
associati eventi naturali. Questi esseri spirituali potevano controllare e influenzare gli eventi del
mondo materiale e la vita stessa degli individui. Secondo Tylor la fase successiva dello sviluppo
religioso consisteva nell’evoluzione degli spiriti in divinità che avevano l’abilità di controllare le
azioni umane. La loro credenza si sarebbe tradotta nel politeismo e in uno stadio superiore di civiltà,
nel monoteismo, in cui il potere e gli attribuiti di molte divinità si sarebbero concentrati in una sola.
Poiché la religione è nata per spiegare le cose che non si comprendevano, Tylor pensava che
avrebbe perso di importanza quando la scienza sarebbe stata in grado di offrire spiegazioni migliori.
TOTEMISMO: I rituali rivestono la funzione sociale di creare una solidarietà temporanea o
permanente tra le persone formando una comunità sociale. Il totemismo è stato importante nelle
religioni dei nativi australiani. I totem possono essere animali, piante o punti geografici o ambientali
particolari. In ogni tribù gruppi di persone hanno totem particolari e i membri di ogni gruppo
totemico ritengono d essere discendenti dei loro totem. Il totemismo usa la natura come modello per
la società; i totem in genere sono animali o piante che fanno parte della natura. Nei riti totemici le
persone raccolgono insieme i doni per il loro totem stesso attraverso rituali per mantenere l’unità
sociale che il totem rappresenta
MANA E TABU’: I melanesiano credevano nel mana, una forza impersonale sacra che fa parte
dell’universo, Il mana può risiedere nelle persone, negli animali, nelle piante o negli oggetti. Il
mana dei melanesiani era simile alla nostra nozione di buona sorte o fortuna. I melanesiani
attribuivano il successo al mana che la persona poteva acquisire o manipolare in modo diversi, per
esempio attraverso la magia. Gli oggetti investiti dal mana potevano cambiare la vita a qualcuno,
per esempio un talismano o amuleto. La credenza in forze come quella del mana è molto diffusa. In
Melanesia si poteva ottenere il mana per un caso fortunato, o lavorando sodo per averlo; in
Polinesia invece il mana in genere non era disponibile per tutti ma era associato a incarichi politici:
i capi e i nobili avevano più mana delle persone ordinarie. I capi più importanti erano così carichi di
mana che il contatto con loro diventava rischioso. Per la quantità di mana di cui erano investiti i
grandi capi, i loro corpi e ciò che era di loro proprietà diventavano tabù e i contatti con le persone
comuni erano proibiti. Uno dei ruoli della religione è quello di fornire spiegazioni. Credere nelle
anime spiega cosa succede nel sonno, nello stadio di trance o nella morte. Il mana melanesiano
spiega i diversi esiti che le persone non possono comprendere in termini ordinari. Se gli individui
falliscono nella caccia, nella guerra o nella coltivazione non è perché sono pigri ma perché il
successo arriva dal mondo soprannaturale.
MAGIA E RELIGIONE: Con magia si intendono le tecniche soprannaturali che si propongono di
raggiungere scopi specifici, queste tecniche includono i sortilegi le formule e gli incantesimi usati
con le divinità o con le forze impersonali. I maghi utilizzano la magia imitativa per produrre
l’effetto desiderato imitandolo, se i maghi desiderano nuocere a qualcuno o ucciderlo, possono
imitare quell’effetto su un’immagine della vittima (bambole vudu). Troviamo la magia in culture
con credenze religiose diverse. La magia può essere associata ad animismo, mana, politeismo o
monoteismo e non è né più semplice né più primitiva dell’animismo o del mana. Secondo Tylor la
magia era qualcosa che si avvicina maggiormente la scienza rispetto alla religione e perché, come la
scienza, si basava sull’osservazione genuina dei fenomeni e procedeva per analogia.
IL MITO: In molti contesti religiosi sono presenti racconti in parte reali e in parte fantastici
riguardanti l’origine, la cosmogonia e l’ordine del reale e dell’esistente: i miti. Spesso i miti sono
connessi ai riti, in quanto questi ultimi fanno riferimento a racconti del passato e hanno come scopo
quello di rappresentare i fondamenti della vita reale. Il racconto mitico ha la capacità di mettere
ordine tra elementi apparentemente inconciliabili o semplicemente distanti, relativi a mondi diversi.
Da sempre gli storici delle religioni e gli antropologi sono attratti dallo studio dei miti come
produzione culturale, privilegiata di molte culture e come luogo preferenziale per comprendere le
idee, i valori e gli elementi fondanti di un sistema culturale. Il mito, con la sua capacità di mettere
ordine, fornisce i fondamenti sovrannaturali, cosmogonici e riconducibili al tempo delle origini
dell’organizzazione sociale in cui gli individui sono tenuti a vivere nel presente.
RITI E RITUALI: È un dato di fatto che il rito pervade le nostre azioni sociali. Tentare di dare una
definizione univoca e condivisa di cosa siano riti e rituali appare complesso: riti e rituali, come la
cultura, sono entità processuali, si modificano nel tempo, adattandosi ai contesti sociali di
riferimento. Durkheim e Geertz hanno affermato che il rito rappresenta una legittimazione di valori
collettivi. In questo senso il rito rafforza e regola i legami tra gli individui. Ogni cultura elabora
sistemi rituali che hanno un preciso significato e che cambiano a seconda del tempo e del contesto
sociale. Uno di questi è l’aggettivazione del termine rituale, per cui rituale si riferisce ad atti che
avvengono durante le cerimonie e che le caratterizzano in quanto tali: si potrà parlare di
comportamenti rituali di pasti rituali. Rituali però si riferisce anche ad altro e si applica a una serie
di incontri sociali, individuali o collettivi, espressi mediante forme di comportamento particolare. Il
rito è un insieme di atti formalizzati e il su o valore mette in risalto la sua dimensione collettiva. Il
rito produce senso per coloro che vi prendono parte ed è caratterizzato da azioni simboliche che si
manifestano mediante espressioni sensibili, materiale e corporee.
RITI DI PASSAGGIO: La magia e la religione, come notava Malinowski, possono ridurre l’ansia e
allievare le paure ma credenze e rituali possono anche creare uno stato d’ansia e un senso di
insicurezza e di pericolo. I riti di passaggio posso essere eventi molto stressanti. La tradizionale
ricerca della visione tra i nativi americani illustra i riti di passaggio che si trovano in tutto il mondo.
I riti di passaggio delle culture contemporanee includono la cresima, il battesimo, il bar ecc. I riti di
passaggio implicano dei cambiamenti nello status sociale come quello dall’adolescenza all’età
adulta e dal non essere all’essere membro di una confraternita. Tutti i riti di passaggio hanno tre
fasi: separazione, marginalità e riaggregazione. Nella prima fase i partecipanti si ritirano da un
gruppo e iniziano la transizione da una condizione o status a un altro. Nella terza fase coloro che si
sono sottoposti al passaggio rientrano nella società , avendo completato il rito. La fase di
marginalità è la più interessante: è il periodo tra gli stadi, il limbo durante il quale i partecipanti
hanno lasciato una condizione o uno status ma non sono ancora entrati a far parte di quello
successivo. La liminalità presenta sempre alcune caratteristiche: gli individui liminali occupano
posizioni sociali ambigue, esistono indipendentemente dalle aspettative e distinzioni normali,
vivendo in un tempo fuori dal tempo, sono esclusi dai normali contatti sociali. I riti di passaggio
spesso sono collettivi, i vari individui passano in gruppo attraverso iriti. La liminalità è un aspetto
fondamentale di ogni rito di passaggio.
ANTIMODERNISMO E FONDAMENTALISMO: L’antimodernismo descrive il rifiuto del
moderno in favore di ciò che viene percepito come uno stile di vita antico, più puro e migliore. Gli
antimodernisti in genere considerano l’utilizzo odierno della tecnologia fuorviato, o pensano che la
tecnologia dovrebbe avere una priorità più bassa della religione dei valori culturali. Il
fondamentalismo descrive i movimenti antimodernisti in varie religioni. Ironicamente il
fondamentalismo religioso è esso stesso un fenomeno moderno basato su un forte sentimento. I
fondamentalisti rivendicano un’identità separata dai gruppi religiosi più ampi da cui derivano.

CAPITOLO 14: Arte, media e sport


Nella società occidentale l’arte ha un ruolo, dei luoghi ben precisi. La cultura occidentale tende a
considerare l’arte qualcosa di estraneo alla vita di tutti i giorni. Nelle società non occidentali la
produzione e l'apprezzamento dell'arte è parte della vita di tutti i giorni. Ciò che suscita piacere
estetico viene percepito attraverso i sensi. Un'opera d'arte è qualcosa che stimola e corrobora al
contemplazione, spingendo all'attenzione e alla riflessione. L’arte è legata alla religione anche
perché per moltissimo tempo la prima è stata commissionarie primaria della seconda. L'arte può
essere creata, rappresentata o esposta in ambienti esterni pubblici, o in particolari ambienti interni,
come teatri, sale da concerto o musei. Se uno dei modi per distinguere l'arte è quello di riconoscere
li valore estetico, un altro è quello di considerare la sua collocazione. Se qualcosa viene esposto in
un museo, o in un altro ambiente che la società riconce come artistico, è naturale che pensi che si
tratti di arte. L’arte è un prodotto collettivo perché c’è una cooperazione di più artisti. Nelle società
non statali gli artisti affiancano all’arte altre attività per sostentarsi, in quelle statali l’arte è un vero
e proprio lavoro che li sostenta. Il campo di studio dell'etnomusicologia, dunque, unisce musica e
antropologia: l'aspetto musicale implica lo studio e l'analisi del al musica stessa e degli strumenti
utilizzati per crear- al; l'aspetto antropologico consiste nel considerare la musica come un modo per
esplorare una cultura, per determinare il ruolo storico e attuale, che la musica svolge nella società e
le specifiche caratteristiche sociali e culturali che influenzano li modo in cui al musica viene creata
ed eseguita. L'ascolto può essere assunto come il senso dell'antropologia e fare antropologia riflette
la capacità di ascoltare e di tendere l'orecchio, di entrare in relazione con l’altro. . La specificità
antropologica del dialogo con l’altro si manifesta nell'applicazione di un atteggiamento che
potremmo definire compassionevole, nel senso di entrare in una passione comune mediante ripetuti
e prolungati colloqui. Incontri, scambi di opinioni, di saperi e di conoscenza costituiscono un
continuo allenamento uditivo all'ascolto delle parole, dei racconti e delle storie altrui. Ascoltare
dovrebbe diventare un modus vivendi e l'orecchio dell'antropologo si dovrebbe trasformare in un
vero e proprio utensile, un dispositivo della ricerca sempre e ovunque. Le arti continuano a
cambiare, sebbene alcune forme d'arte siano sopravvissute per migliaia di anni. L'architettura
monumentale, insieme ala scultura, ai rilievi, alla ceramica ornamentale, nonché alla musica, alla
letteratura e al teatro, sono sopravvissuti sin dalle prime civiltà e con la civiltà l’arte si è evoluta e
cambiata. Tuttavia, l creatività può anche basarsi sulla tradizione. In alcuni casi e in alcune culture,
perché un artista sia creativo. non e necessario che sia innovativo. La cultura odierna, la cultura
legata ai mass media ha una diffusione più rapida, più accessibile e fruibile da tutti.

CAPITOLO 15: Sistema coloniale, capitalismo e ineguaglianza


Il contatto dell’Europa con gli altri continenti ha influenzato il lavoro dell’antropologia, infatti, il
lavoro dell’antropologia è quello sul campo all'interno di piccole comunità, oggi è difficile trovare
dei gruppi isolati, né forse sono mai esistiti. Da migliaia di anni, infatti, i gruppi umani sono in
contatto l'uno con l'altro; le società locali hanno sempre preso parte a un sistema più ampio, che
attualmente chiamiamo sistema mondiale moderno, ossia un mondo nel quale le nazioni sono
economicamente e politicamente interdipendenti. Le nazioni, all'interno del sistema mondiale,
occupano tre diverse posizioni in termini di potere economico e politico: centrale, periferica e
semiperiferica. Esiste un nucleo geografico o centro, posizione predominante nel sistema mondiale,
composto dalle nazioni forti e potenti. Le nazioni della semiperiferia e della periferia europei
crearono delle piantagioni per far fronte alla hanno meno potere, ricchezze e influenza. La semi-
periferia costituisce una via di mezzo fra il centro e la periferia, e le nazioni che attualmente vi
fanno parte sono industrializzate. Le attività economiche della periferia sono meno meccanizzate
rispetto a quelle della semiperiferia: la periferia produce materie prime, derrate agricole e, in misura
sempre maggiore, fornisce manodopera umana da esportare nel centro e nella semiperiferia. La
rivoluzione industriale cominciò con il commercio di derivati del cotone, di ferro e di stoviglie,
prodotti di largo consumo.
Quando la produzione si spostò dalle case alle industrie, dove i macchinari sostituirono li lavoro
manuale, le società rurali si trasformarono in società industriali. Dal momento che le industrie
producevano beni di prima necessità a basso costo, la rivoluzione industriale portò a un vertiginoso
aumento della produzione. L'industrializzazione alimentò l'espansione urbana creando un nuovo
tipo di città, con le industrie concentrate dove carbone e manodopera costavano meno. La
rivoluzione avvenne in Inghilterra perché, al contrario della Francia, gli inglesi non potendo
allargare il loro sistema domestico si industrializzò. Questa rapida crescita causò l’aumento della
domanda di beni che portò a un rapido progresso tecnologico. In più sfruttò li vantaggio che la
nazione aveva sul piano delle risorse naturali, era un'isola-nazione marinara dislocata al crocevia
del commercio internazionale. Un altro fattore che determinò la crescita industriale dell'Inghilterra
fu li fatto che gran parte dell'impero coloniale del XVI secolo era occupato da famiglie di coloni
inglesi che, guardando alla madrepatria nel tentativo di riprodurre la civiltà europea nel Nuovo
Mondo, acquistavano grandi quantità di beni di prima necessità dall’Inghilterra. Gli effetti
socioeconomici dell'industrializzazione furono eterogenei: il reddito nazionale inglese triplicò, gli
operai all’invio venivano pagati meglio che nel sistema dimestico ma poi si passò a manodopera a
basso costo (donne e bambini). Altro enorme problema dell’industrializzazione fu il degrado portato
nelle città. La stratificazione industriale diede vita a due classi ben distinte la borghesia e il
proletariato. La borghesia era formata dai proprietari delle industrie, delle miniere, delle grandi
fattorie e di altri mezzi di produzione, mentre la classe operaia, o proletariato, era composta da
persone che dovevano vendere la loro manodopera per sopravvivere. La classe operaia avrebbe
potuto mobilitare l’intero paese, ma in Inghilterra porto solo a delle associazioni che cercavano di
difenderei diritti dei lavoratori. I sistemi moderni di stratificazione non sono semplici e dicotomici e
presentano una classe media composta da impiegati specializzati e professionisti. Weber
(1922/1968), criticando Marx per averdato della stratificazione una visione semplicistica e in chiave
esclusivamente economica, ha definito le tre dimensioni della stratificazione sociale: ricchezza
(status economico), potere (status politico) e prestigio (status sociale). La teoria del sistema
mondiale sottolinea l'esistenza di una cultura globale, i contatti e i collegamenti storici e la
differenza di potere tra la popolazione locale e le forze internazionali. La forza che più di tutte ha
influenzato l'interazione culturale durante i 500 anni passati è stata l'espansione commerciale, sul
concetto di classe (l'identità sociale in base allo il capitalismo industriale e il dominio delle nazioni
coloniali e meglio organizzate. Durante li XIX secolo gli interessi commerciali europei diedero
inizio a una concertata ricerca di mercati. Questo processo ha portato all'imperialismo europeo in
Africa, Asia e Oceania. Con imperialismo si intende la politica di estensione dei confini di un paese
o di un impero verso nazioni straniere e l'acquisizione o li mantenimento di colonie straniere. Il
colonialismo è la dominazione politica, sociale, economica e culturale di un territorio e delle sue
popolazioni da parte di un potere straniero per un lungo periodo di tempo. Intorno al 1914 l'impero
britannico, al suo apice, copriva un quinto delle terre emerse del mondo e comandava su un quarto
della popolazione mondiale. La rivoluzione americana mise fine alla prima fase del colonialismo
britannico; la seconda fase fu quella che vede la colonizzazione dell’africa e di altre terre tropicali
che finisce poco dopo la Seconda guerra mondiale. Anche la Francia di un impero colonialista e si
può dividere anche la sua storia in due fasi. Interi paesi, così come interi gruppi sociali e le divisioni
interne, sono frutto di invenzioni coloniali. Nell'Africa occidentale, per esempio, seguendo molti
paesi confinanti potrebbero formare uno solo sono divisi da contrasti linguistici, economici e
politici nati sotto li colonialismo. In antropologia, storia e letteratura il campo degli studi
postcoloniali ha acquisito importanza a partire dagli anni Settanta

Capitolo 16: Gli esiti della globalizzazione


L’industrializzazione ha comportato il passaggio dalla dipendenza dalle risorse rinnovabili
all'utilizzo di combustibili fossili. La fornitura di petrolio, gas e carbone da parte della Un risultato
dell'espansione industriale è la continua distruzione di economie, ecologie e popolazioni indigene.
Altri fattori di rischio in questo mondo globalizzato sono l’incremento dei trasporti che può portare
a una diffusione irrefrenabile delle malattie. Altra minaccia al mondo globalizzato sono gli attacchi
informatici. Tali pericoli fanno parte di una cosiddetta globalizzazione del rischio. Le persone sono
più intimorite dalle minacce a breve termine (malattie, virus internet) che da quelle a lungo termine
come la crisi climatica. I cambiamenti climatici sono dati da cause principalmente antropogeniche,
cioè imputabili agli uomini e alle loro azioni e riguardano non solo il clima ma anche il modificarsi
del territorio che comporta problemi a livello abitativo, all’agricoltura e all’allevamento.
Oggi l’antropologia deve fare uno studio ambientale volto ai fini scientifici per cercare di arginare il
problema die cambiamenti climatici che è legato a quello della politica.
L'antropologia dell'ambiente riconosce:
 la storicità, socialità e culturalità delle risorse naturali;
 la prassi e l'agentività dei soggetti.
A partire dagli anni Venti del Novecento gli antropologi hanno studiato i cambiamenti prodotti, per
entrambe le parti, dal contatto fra società industrializzate e non industrializzate. Il termine
acculturazione si riferisce ai cambiamenti dei modelli culturali di uno o di entrambi i gruppi che si
producono quando i gruppi sono in costante contatto diretto. L'acculturazione si differenzia dalla
diffusione, o dal prestito culturale, che può aver luogo senza contatto diretto. Nella maggior parte
dei casi è stato utilizzato con riferimento all'occidentalizzazione, ossia all'influenza esercitata
dall'espansione occidentale sui popoli indigeni e sulle loro culture. Il contatto interetnico può
comportare vari livelli di distruzione, dominazione, resistenza, sopravvivenza, adattamento e
modifica delle culture indigene. Nei casi in cui il contatto è maggiormente distruttivo, gli indigeni e
le culture subordinate subiscono l'annientamento. Quando li contatto fra le società indigene e i più
potenti esterni porta alla distruzione (genocidio).
Il proselitismo religioso può promuovere l'etnocidio quando le credenze e le pratiche indigene
vengono sostituite da quelle occidentali. Talvolta a una religione e ai costumi a essa associati
vengono sostituiti ideologie e comportamenti meglio compatibili con la cultura occidentale.
Il termine imperialismo culturale designa la diffusione o l'avanzamento di una cultura a spese di
altre, o alla sua imposizione su altre culture, modificandole, rimpiazzandole o distruggendole, di
solito in virtù di una diversa influenza economica o politica.
Per capire li cambiamento culturale è importante riconoscere che il significato può essere costruito a
livello locale. Gli individui assegnano i loro significati e valori ai testi, ai messaggi e ai prodotti che
ricevono, significati che riflettono il loro retroterra e le loro esperienze culturali.
Una fonte importante di questo cambiamento è costituita dai mass media, che presentano un ricco
ventaglio, sempre mutevole, di vite possibili”. I mass media possono anche contribuire a mantenere
le identità etniche e nazionali degli individui che conducono una vita transnazionale. Quando i
gruppi si spostano possono rimanere legati fra di loro e alla terra natale tramite i mass media. Oltre
ai mass media elettronici, un'altra importante forza transnazionale è rappresentata dalla finanza. Le
multinazionali e altre grandi aziende commerciali guardano oltre i confini nazionali in cerca di
luoghi in cui investire e dai quali trarre profitto.
I collegamenti nel moderno sistema mondiale hanno sia allargato sia cancellato gli antichi legami e
le differenziazioni. Gli individui viaggiano ora più che mai. La maggior parte dei migranti
mantengono i legami con la loro terra natia. Con un numero così elevato di individui "in
movimento", l'unità minima di studio dell'antropologia si allarga passando dalla comunità locale
alla diaspora, ossia alla progenie di un'area sparsa in molti territori. Il termine postmodernità
descrive i nostri tempi e alla nostra situazione: li mondo di oggi in continuo mutamento e le genti in
movimento che hanno imparato a gestire diverse identità a seconda del luogo e del contesto. Il
termine postmoderno, nel suo significato più ampio, fa riferimento al processo di confusione e
violazione di canoni, categorie, distinzioni e confini stabiliti.
I lavori pionieristici nello studio dei processi migratori in Italia si sono focalizzati sulla stessa
emigrazione italiana e sono stati caratterizzati da un'attenzione approfondita e sistematica nei
confronti delle caratteristiche e dei molteplici cambiamenti indotti dalle migrazioni nelle società di
origine. Le le migrazioni costituiscono un fattore di profondo cambiamento sociale e culturale dei
contesti d'origine in cui si scorgono immediatamente le conseguenze prodotte dagli investimenti
degli emigrati che tendono a modificare il paesaggio urbano o rurale. I comportamenti assunti dalle
famiglie o dai singoli migranti durante i ritorni tendono a influenzare l'immaginazione delle persone
che rimangono, i non migranti, trasmettendo, in questo modo, uno stimolo simbolico
all'emigrazione e promuovendo una sorta di "cultura della migrazione" che, a sua volta, offre un
punto di vista privilegiato nello studio dei processi migratori. I luoghi della migrazione acquistano
fascino e i migranti vengono rappresentati come eroi contemporanei che incarnano le nuove vie di
mobilità sociale e veicolano modelli di esistenza e stili di vita alternativi, che vanno oltre li
semplice successo materiale.
L’antropologia delle migrazioni in Italia ha avuto uno sviluppo accelerato: inizialmente razzismo
contemporaneo; in seguito, si è passati dal lo studio delle reti sociali, locali così come
transnazionali, e delle strategie d'inserimento nel mercato del lavoro e nel tessuto sociale del
contesto di approdo, alle più sfumate differenziazioni interne alle comunità straniere, sulla base sia
del genere sia delle differenze generazionali. Un crescente interesse ha assunto nondimeno il tema
della cittadinanza vista da differenti vertici di osservazione: quello rappresentato dalle ambivalenti
esperienze delle cosiddette "seconde generazioni"; quello delle istituzioni italiane attraverso lo
studio delle politiche di accoglienza dei migranti e dei rifugiati.

Potrebbero piacerti anche