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ANTROPOLOGIA DEI MEDIA

COS’E’ L’ANTROPOLOGIA?
Per prima cosa dobbiamo chiederci: cos’è l’antropologia? Perché l’antropologia dei media è un ramo
dell’antropologia culturale?
L’antropologia studia tutti quegli aspetti relativi alla vita dell’uomo e delle loro differenze tra le società. Lo
fanno in mood olistico e senza giudicare le differenze culturali. Usa il relativismo culturale ovvero è
oggettiva e si devono comprendere le differenze e non dare dei giudizi.
Tra le varie società ci sono elementi fissi come la natura, la genetica e altri variabili come cibo, religione ecc
ma per l’antropologia niente è naturale: è tutto culturale.
L’antropologia è recente, nasce quando l’occidente incontra le differenze culturali durante l’epoca del
colonialismo quindi nel XXVII e XIX secolo. Ci si è iniziato a porre il problema di come mai queste persone
avessero comportamenti diversi e quindi ai geografi si affiancano gli antropologi con lo scopo di studiare
l’uomo che è proprio lo scopo dell’antropologia in sé. Per prima cosa, prima di studiarle, gli antropologi
osservano attentamente queste differenze e solo dopo un’attenta osservazione si inizia a comprenderle e
analizzarle.
I primi antropologi erano da poltrona, ossia non facevano le loro ricerche sul campo ma si basavano su
resoconti portati dai missionari ed esploratori. Poi a metà del 1900 diventano etnografi, cioè ricercatori sul
campo, specializzandosi ognuno in un campo preciso. Per campo si intende sia a livello geografico (Africa,
Asia ecc) che a livello tematico (religione, cibo ecc). L’antropologia poi inizia a comporsi di diversi rami
come l’antropologia biologica, archeologica, linguistica, culturale e quella dei media.
Ora l’antropologia più diffusa è quella culturale ma cos’è la cultura? La cultura è tutto ciò che non è natura.
Per esempio, l’antropologo White la definisce come l’insieme di strumenti, abbigliamenti, abitudini,
tradizioni, rituali, giochi ecc, cioè tutto quello creato dall’uomo e che differisce da paese a paese. Ma per
cultura si intende anche i grafiti, le opere d’arte ecc. Quindi per l’antropologia tutto è cultura. E sempre
sottolineando che non ci sono classificazioni a livello di uno è più alto e un più basso non si fanno
differenze, ogni studio antropologico ha lo stesso valore.
L’antropologia è diversa dalle altre scienze sociali. Le scienze sociali si concentrano su una sola società
invece l’antropologia è comparativa (prospettiva transculturale), a spingere il passaggio dall’antropologia da
poltrona a quelle sul campo è Malinowski.
I primi antropologi sul campo partivano col presupposto di incontrare culture inferiori. Da qui nasce il
pensiero evoluzionistico, cioè l’idea che la cultura dovesse evolversi seguendo degli stadi evolutivi. Quindi
gli antropologi osservano a che stadio loro erano e quanto gli mancasse per diventare come noi che
secondo loro eravamo al top dell’evoluzionismo, all’ultima tappa. Ma oggi molto spesso questi primitivi
recitano il ruolo di primitivi per adeguarsi all’aspettativa turistica, quando invece magari si sono integrati
perfettamente.

ANTROPOLOGIA DEI MEDIA


Ora proviamo ad entrare nell’antropologia dei media. Si chiama così perché mediano la comunicazione tra
le persone e nelle loro relazioni. L’antropologo non prende in considerazione ciò che comunicano ma come
la persona studiata lo usa. Per esempio non studiano la televisione, ma di come un gruppo di persone
selezionate la guardano in un determinato arco di tempo. Non studiano il media a prescindere, ma
all’interno di un contesto preciso. Per farlo l’antropologo deve osservare direttamente come questo gruppo
fanno uso dei media e prendere appunti stando lì con loro per un tot di tempo. La ricerca si basa su un arco
di tempo delimitato perché le cose variano nel tempo e quindi anche il rapporto del gruppo con i media
può variare. Quindi il campo di ricerca è dato dallo spazio, dal tempo e dal fruitore.
Per i loro studi gli antropologi usano:
 Diario mediatico: si fa fare la lista a persone della giornata per vedere la frequenza d’uso del
media.
 Dieta mediatica: si fa fare la lista di quali media si usano giornalmente.
L’antropologia dei media si struttura su:
 Un testo: è il contenuto, il significato.
 Il contesto: è il campo.
 La tecnologia: gli aspetti più percettivi, cioè capire che stiamo analizzando un corpo che interagisce
con un media.
L’antropologia culturale si interroga sul perché delle differenze culturali, per esempio la religione, il cibo ecc.
Nell’antropologia si fa una ricerca a livello locale per poi compararla a quella degli altri antropologi così da
elaborare una teoria sulle diversità rispetto a una precisa questione. Per esempio parto dal cibo indù e lo
comparo poi a quello degli altri antropologi che hanno studiato cibi in paesi diversi e da qui creiamo una
teoria sulle differenze culinarie.
L’etnografia è il metodo di ricerca che consiste nell’andare sul posto a vivere con quelli del luogo e
osservare con pazienza e prendere appunti e anche imparare la lingua del luogo che è una cosa
fondamentale per integrarsi alla comunità. Va sempre ricordato che un popolo quando si sentono osservati
da un antropologo cambiano un po’ il loro comportamento, per questo ci vuole tempo nella ricerca e
diventare il più possibile parte integrante della comunità così da cogliere infine la loro naturalezza.
Il primo a fare ciò fu Malinowski che spinse poi anche gli altri antropologi a fare come lui, schiodandoli dalle
loro poltrone. L’obiettivo dell’antropologo è quello di creare un reportage di come vivono le altre culture
così da renderle conoscibili alla loro cultura di appartenenza.
Gli antropologi studiano i media perché si accorgono che esistono altri forme di rappresentazione delle
culture in cui esse si raccontano. Sono importanti perché i media permettono anche ai nativi
autonomamente di rappresentarsi. Si studia come le culture usano i media per rappresentarsi, qual è il
ruolo dei media nella trasformazione della società, in che misura i soggetti possono usare i media, che tipo
di identità contribuiscono a plasmare e che tipo di soggettività producono negli individui e che tipo di
conflitti creano e dove si diffondono.
Quando facciamo l’antropologia dei media prendiamo i testi mediatici e le dinamiche inerenti nella
produzioni e alla ricezione all’interno della rete di significati. Ma non ci occupiamo di trattare il testo dei
media ma come esso influisce e come viene raccontato da persone analizzate.
La teoria dell’agenda setting è una teoria non antropologica perché studia i media senza contestualizzarli .
E’ una teoria degli anni 70 dove i media si consideravano condizionatori assoluti del pensiero delle persone
che rimangono passive. Questa teoria è stata formulata da Maxwell e Shaw. Questa teoria seleziona i dati
mediatici da offrire, ci impongono una priorità prescelta. Si crede che i media siano onnipotenti, decidono
per le persone. Invece l’antropologia dice che il soggetto è libero di pensare ad altro e di scegliere quello
che preferisce senza dover seguire per forza una scelta preimpostata dai media.
Importante per l’antropologia dei media è come essi mediano tra le persone, cioè come i media creano le
relazioni tra le persone. Per esempio guardo serie tv da solo ma poi ne parlo e mi confronto con i miei amici
e questo crea una relazione. Ciò che gli antropologi fanno continuamente è passare da un punto di vista
emico a un punto di vista etico cioè il passaggio di cogliere il linguaggio interno di una comunità e saperlo
tradurre in un linguaggio più scientifico così da renderlo comprensibile a noi. Ciò è quello che devo fare
nell’osservare la partecipazione sul campo.
MODERNITA’ IN POLVERE
Oggi accenniamo il primo capitolo di Modernità in Polvere di Appadurai. Lui è cresciuto in una comunità
africana e poi si trasferisce negli USA dove studia. Qui dice che la globalizzazione di oggi è caratterizzata da
due elementi importanti: l’immigrazione e la nascita dei mass media. Ciò porta a disperdere il concetto di
modernità di nazione perché ciò sconvolge tutti i conflitti, è un continuo uscire dai propri confini culturali.
Invece prima i media erano funzionali a creare la modernità nazionale: come la nascita della radio italiana
che porta alla costruzione delle reti elettriche e quindi alla modernità dell’Italia e inoltre promuoveva
l’italianità esclusivamente. Invece oggi con la globalizzazione la radio estende i confini nazionali. Stessa cosa
fa il fenomeno migratorio che porta a perdere questa modernità perché le culture iniziano a mescolarsi tra
di loro. Invece prima erano ognuna dentro il suo confine nazionale. Inoltre Appadurai dice che i media
creano un immaginario di tipo nazione rendendoci parte della stessa comunità. Quindi nasce l’idea che i
media creano le comunità immaginate, chiamate così perché noi non conosceremo mai tutti i membri che
ne fanno parte ma ci sentiamo comunque parte della stessa comunità. Per esempio parlare la stessa lingua,
leggere lo stesso giornale, avere gli stessi riti ecc. Appadurai dice che oggi i media forniscono degli spunti
per creare i nostri progetti individuali, influenzano i nostri immaginari e le nostre scelte. Per esempio i film
che fanno vedere gli sfigati che poi però ce la fanno.
Appadurai parte dall’idea di comunità immaginata e fa un passo avanti, parla di comunità di sentimento,
questo perché con la globalizzazione abbiamo flussi migratori quindi gli immigrati portano fuori dalla
nazione di appartenenza il loro immaginario, le loro identità legate al luogo d’origine per nostalgia e per
senso di sicurezza.
Appadurai dice che possiamo descrivere il nuovo scenario dato dalla globalizzazione in 5 flussi globali di tipo
culturale:
 Etnorami: persone che si sono spostate fuori dalla loro nazione non solo perché sono state
obbligate dai grandi flussi di movimento (come il turismo).
 Tecnorami: tecnologie che si spostano per il mondo, andando dentro i confini.
 Finanziorami: circolazione del capitale legato alle tecnologie fuori dai confini nazionali. Si parla di
una finanza globale.
 Mediorami: diffusione oltre i confini di produzione mediatica come la musica ecc.
 Ideorami: idee, termini, diritti ecc che si sono diffusi dentro i confini.
Questi cinque flussi partono dall’idea della dissoluzione dei confini nazionali. Importante è il pescaggio dalla
massa al pubblico nei confronti dei media avvenuta negli anni 50.
Mass media: passiva
Pubblico: attiva
Il pubblico sceglie autonomamente la propria dieta mediatica e gli antropologi si chiedono il perché delle
loro scelte. Inizia così il processo di circolarità dei media. Il pubblico inizia a essere un decodificatore attivo
che a seconda della sua cultura può negoziare e anche rifiutare i significati codificati nel testo. Questo lo
dice Stuart Hall. Hall sviluppa la teoria della codifica e della decodifica che tiene conto della circolarità dei
media e non del percorso lineare. Ci si sposta da un modello di comunicazione lineare a un modelli di
comunicazione circolare. Ci sono tre possibili decodifiche:
 Egemonica dominante: lo spettatore si immedesima con significati dominanti e utilizza lo stesso
codice che appartiene ai codificatori.
 Negoziata: riconoscimento del codice ma poi interpretato in diversi modi.
 Oppositiva: il discorso dominante è compreso ma non accettato ma allo stesso tempo non è
neanche rifiutato.
NB: La codificazione è l’operazione con cui il mittente cambia i vari segni di un codice per comporre il suo
messaggio da trasmettere. La decodificazione è l’operazione d’interpretazione del messaggio da parte del
ricevente. La ricodificazione è l’operazione con cui si da una nuova forma a un messaggio già decodificato.
NB: Per Appadurai l’immaginazione è diversa dalla fantasia. La fantasia è astratta, immaginiamo cose non
reali. L’immaginazione è la palestra dell’azione, quando assorbiamo storie dai mass media che
influenzeranno il nostro progetto di vita. Quindi i media agiscono sulla nostra immaginazione, ci danno degli
spunti di vita.
Gli studiosi della comunicazione hanno studiato per molto tempo gli spettatori come massa, senza tener
conto di come le persone interpretassero i messaggi. Si teneva solo conto del contenuto codificato dei
media che veniva assorbito così com’era dalle masse. Ecco perché si chiamano mass media. Poi cambiando
l’uso dei media nasce il pubblico (anche grazie alla fine del totalitarismo e la nascita della società del
consumo) che è attivo. Quindi nascono delle teoria sulla comunicazione e Stuart Hall inizia a studiare come
le persone percepiscano il messaggio ovvero come lo decodificano.
Si parla di agency riferito alla potenzialità attiva e soggettiva di interpretazione. Ecco perché ognuno di voi
tramite i media crea il suo immaginario soggettivo. A fine degli anni 70 in Inghilterra dove c’è la crisi, gli
argentini rivogliono le isole Falkland, ma il primo ministro Tacher fa vincere agli inglesi la guerra e inizia a
fare nuove riforme che riportano negli anni 90 l’Inghilterra a spendere. Dalle post colonie arrivarono molti
immigrati, Stuart Hall fa parte di questi immigrati. Hall si basa su Gramsci, Levi Strauss ecc, crea il suo
centro per gli studi culturali in America e studia l’identità, cultura nera, diaspora, razzismo e soprattutto
come i media veicolano certe ideologie. Ebbe dei collaboratori come William che applicarono le sue teorie.

IL LINGUAGGIO
Gli studi culturali e l’antropologia interpretativa hanno una visione centrale sul linguaggio perché per loro
esso costituisce la nostra rappresentazione del mondo. Con esso costruiamo la realtà (strutturalismo)
quindi la realtà non esiste indipendentemente da tutti uguali. Per questa teoria la società è un insieme di
persone che condivide il codice linguistico uguale e che quindi ci fa dare lo stesso
significato/interpretazione alla realtà. Questa teoria si occupa di vedere come le persone interpretano in
modo uguale o meno questi messaggi che è anche quello che fa l’antropologia dei media. Questi codici li
impariamo fin da piccoli a seconda della comunità di riferimento. Quindi far parte di una cultura vuol dire
continuare a dare vari significati e qui gioca un ruolo di primaria importanza il linguaggio.
Stuart Hall parte dai segni dicendo che i segni iconici sono più semplici da interpretare rispetto ai segni
linguistici. Per esempio la parola mucca è astratto, non rimanda alla mucca (animale) mentre le immagini
sono più dirette, più semplici. Stuart Hall dice che con i media, nonostante essi offrano segni iconografici, si
tratta di una semplicità di interpretazione/decodifica solo apparente perché nonostante l’immagine sia la
stessa ognuno la interpreta/decodifica a modo suo. Ecco che Hall si interroga sul perché questo avvenga.
Da qui crea la sua teoria di codifica e decodifica e lo fa partendo dalla televisione. Le decodifiche sono tre:
egemone dominante, negoziante e oppositiva. I segni sono qualcosa che vanno oltre il significato del
singolo oggetto, per esempio la rosa rossa rappresenta l’amore. Ciò varia da cultura a cultura, ogni cultura
ha i suoi segni di cui i membri sono a conoscenza e che permettono di comprendersi, rappresentano
un’ideologia. Le culture che non condividono questi segni non li colgono ma li vedono come semplici gesti
neutri. Ecco che in questi casi i segni diventano dei miti cioè non ho neanche bisogno di spiegare le cose,
basta quel segno per rimandare all’ideologia che nasconde al suo interno.
Denotazione: implica il significante cioè ciò che è, l’immagine che vediamo.
Connotazione: è la realtà che l’immagine costruisce, è ciò su cui si basa tutta l’interpretazione mediatica, è
il modo in cui le persone leggono queste immagini.
L’ETNIA
Il concetto di etnia è un concetto cardine per l’antropologa culturale. L’etnia è una categoria aperta in
continua evoluzione, difficile quindi da definire precisamente. Gli elementi che contraddistinguono un
gruppo etnico possono includere un nome collettivo, la credenza in una discendenza comune, un senso di
solidarietà e identificazione con un territorio specifico in cui un gruppo può o meno risiedere. La differenza
tra etnia e razza è che con razza si vuole mettere in evidenza la differenza biologica di questi gruppi ma gli
antropologici hanno dimostrato che non è così, non si tratta di categorie biologiche ma culturali. Il concetto
di razza deriva dai contrasti nelle società, sono etichette socialmente costruite. Quindi razze ed etnie sono
categorie culturali.
Oggi con l’immigrazione il confine nazionale non coincide più con il confine delle etnie. Le etnie si
mescolano con altri gruppi. L’incontro tra le varie etnie viene gestito in modo diverso seguendo due
modelli:
 Modello multiculturale: tipico dell’Inghilterra, mantiene il pluralismo etnico, le comunità etniche
hanno le loro autonomie e mantengono la loro cultura.
 Modello assimilazione: tipico della Francia, fa riferimento alle etnie assimilate nelle nazioni in cui
entrano. La minoranza viene inglobata, si devono adattare alla cultura della società ospitante. I
migranti devono quindi conformarsi il più possibile ad essa.
Il concetto e le categorie di etnie portano spesso a dei conflitti tra cui il più cruento è quello del genocidio.
Le etnie per essere tali devono venire a contatto con il mondo esterno, cioè con le altre etnie, in questo
modo si può fare la distinzione tra le diverse etnie. La teoria del funzionalismo strutturale ritiene che la
molteplicità delle etnia sia funzionale per il funzionamento sociale.

IL GENOCIDIO IN RWANDA
La Rwanda si trova in Africa. Le due etnie coinvolte sono gli Hutu e i Tutsi che prima dell’arrivo dei
colonizzatori vivevano in armonia. Gli hutu erano prevalentemente degli agricoltori mentre gli tutsi erano
prevalentemente dei pastori. Per quando riguarda i compiti sociali, gli hutu si occupavano dei rituali mentre
gli tutsi della parte politica. Quando arrivarono i colonizzatori tedeschi e belgi, abolirono la monarchia degli
tutsi e il compito degli hutu. Gli tutsi diventarono interlocutori su cui fare affidamento politicamente
mentre gli hutu furono messi ai margini della società. Fecero un censimento per dare delle carte d’identità
per dividere tra hutu e tutsi, divisero le due etnie. Poiché erano molto simili, per fare la divisione ci si basò
sulla quantità di bestiame che si aveva. A seconda dell’etnia si aveva più privilegi rispetto all’altra. I tutsi
ebbero più diritti e privilegi e quindi la loro posizione di dirigenti divenne più marcata. Gli hutu finirono per
diventare la parte sfruttata anche dagli tutsi che erano prima loro alleati. Questa condizione continuò fino
alla fine degli anni 50 quando con le rivolte di indipendenza dell’Africa, viene instaurata la repubblica
controllata dagli hutu. Gli hutu avevano conservato l’odio per quello che avevano passato e iniziarono con
delle violenze che culminarono negli anni 90 contro i tutsi. L’apice del genocidio contro gli tutsi si ebbe nel
1994 quando fu ucciso il presidente degli hutu. Questa vendicazione fu sollecitata dai media come i giornali
che spingevano a uccidere gli tutsi. Anche la radio diede grande impulso al massacro, più del giornale
perché essendo orale il massaggio d’odio e di rivendicazione, era comprensibile da tutti (essendo un popolo
povero la Rwanda, il genocidio non fu messo in atto con armi da fuoco ma con i machete).
Il GENERE
Un’altra grande categoria dell’antropologia culturale è il genere, infatti l’antropologia si interroga sulle sue differenze
sessuali, queste cambiano in ogni cultura. Donne e uomini hanno nella genetica dei cromosomi diversi, le donne
hanno due cromosomi XX mentre gli uomini XY, infatti è l’uomo a determinare il sesso del figlio. Inoltre le donne
vivono più a lungo mentre i maschi sono più alti e pesano di più. Si tratta di un dimorfismo sessuale che però era più
forte all’inizio dell’evoluzionismo e si sta pian piano attenuando sempre di più. Le differenze sessuali sono biologiche
ma il genere è come la differenza e ruoli tra di noi che si articola nella società. Ciò non ha nulla a che vedere con la
biologia, ma si rifà a un aspetto culturale, è una costruzione culturale. Non tutte le società sono uguali nella
costruzione del genere, infatti ci sono società patrilineari e matrilineari. Nelle antiche società di caccia-raccolta l’equità
di genere era più diffusa rispetto alle società attuali perché c’era meno distacco tra la sfera pubblica e la sfera privata.
Il genere si costruisce a seconda dei ruoli che si assegnano al sesso, a seconda degli stereotipi e credenze sul sesso (per
esempio la donna è più in grado di stare con i figli rispetto all’uomo) a seconda della stratificazione ossia a seconda
della distribuzione delle risorse assegnate al sesso. Quando viene accentuata la differenza tra la sfera pubblica e
privata la differenza di genere cresce perché le donne vengono relegate alla sfera privata come la famiglia.
Ci sono due tipi di società:
 Matrilineare: prevede che si rimanga nella famiglia materna a vivere e ciò va a rompere la discendenza
maschile. Sono società più pacifiche e le donne gestiscono la comunità quindi hanno il potere.
 Patrilineare: è il contrario, c’è una discendenza maschile e la famiglia vive nel nucleo famigliare paterno.
I confini dettati dalle differenze di genere oggi giorno ci sono ancora ma sono sempre più temporanei, infatti molti
ruolo svolti in passato solo da uomini oggi sono anche ricoperti dalle donne e viceversa.
ANTROPOLOGIA INTERPRETATIVA
L’antropologia interpretativa fa parte dell’antropologia culturale. Marcel Mauss, antropologo da poltrona, fa degli
studi su come diverse culture hanno diverse tecniche del corpo (per esempio le posizioni in cui pregano, mangiano
ecc). Un altro antropologo importante è Geertz che parla della metafora della ragnatela. Dice che l’uomo è un animale
sospeso tra ragnatele di significati che lui stesso ha creato. Per lui la cultura coincide con questa ragnatela e che quindi
la sua analisi sia una scienza interpretativa in cerca di significati e non una scienza sperimentale in cerca di leggi. Ecco
perché la sua antropologia prende il nome di antropologia interpretativa, perché va oltre alle pratiche culturali
cercandone il significato che rappresenta, il valore che per tale società ha quella pratica (per esempio il significato che
per una cultura ha una loro specifica cerimonia).
ANTROPOLOGIA VISIVA
Che cos’è il video partecipativo? Significa creare una rappresentazione di una cultura facendolo insieme a tale popolo:
 Si insegna ai nativi a usare la cinepresa.
 Il nativo non è soggetto passivo ma attivo, è padre della sua rappresentazione.
L’antropologia dialogica si basa sul dialogo tra antropologi e nativi con lo scopo di collaborare per creare insieme un
significato, mette in interazione due mondi diversi per trarne un punto di contatto.
TECNOLOGIA
Che cos’è la tecnologia nell’antropologia dei media?
Kittler mette insieme la teoria di McLuhan (il medium è il messaggio) e l’analisi del discorso di Foucault (idea che ogni
media è inserito in un contesto che gli fa cambiare significato). Entrambe le teorie danno importanza al medium ossia
alla tecnologia. Kittler dice che comunichiamo attraverso delle tecnologie che veicolano sms e li modifichiamo. Esse
sono state inventate partendo da un’immaginazione cioè prima di essere state inventate sono state immaginate.
Anche per lui le tecnologie sono nate come estensioni del nostro corpo e quindi sono legate ai nostri cinque sensi.
RADIO E CINEMA
Appadurai si concentra sul panorama presente dei media digitali e sulle grandi migrazioni di massa del post
colonialismo. La migrazione porta a quelle che sono le comunità diasporiche, ossia comunità che non si identificano
più in un confine geografico ma che devono negoziare continuamente con identità invase dai popoli in cui si insediano.
Per Appadurai non esiste più un pluralismo etico (per esempio se la mia famiglia è di Torino e noi siamo puri torinesi,
Torino non ha comunque una pluralità etica in quanto è stata attraversata da altre culture).
L’etnografia del presente deve accettare che siamo in un’epoca di modernità in polvere e capire come ciò influenzano i
nostri immaginari che i media creano. Per Appadurai i mezzi di comunicazione hanno percorsi diversi all’interno di
questo presente:
 Radio: nasce come media a lunga distanza perché l’intento era superare i confini ma poi in realtà si rivela
comunque essere un media iper localizzato perché per esempio usa la lingua territoriale (per esempio noi
sentiamo la radio italiana).
 Cinema: tende a globalizzarsi molto, infatti anche se i film vengono girati in Italia poi vengono tradotti in
molte lingue e diffuse in tutto il mondo.
CONSUMO
Prima con Marx e lo studio sociale il consumo era l’ultimo step dell’economia e anche quello meno importante perché
si dava più importanza alla produzione e alla distribuzione. Invece nelle teorie moderne esso diventa il centro
dell’interesse. Per gli antropologi contemporanei tutto è consumo, il consumo per Appadurai è il modo con cui
costruiamo la nostra identità, noi consumiamo sempre anche senza accorgercene. Appadurai dice che è il consumo
che ci fa costruire la nostra identità. Il consumo si basa sulla ripetitività che è una forza difficile da sradicare perché si
riscuote sul corpo. Quindi noi siamo esseri ripetitivi e di conseguenza il consumo è un meccanismo ripetitivo. Il
concetto della ripetizione evoca inevitabilmente il concetto di tempo. Per Appadurai esso è un concetto culturale. Lui
distingue tra storie lunghe (grandi cambiamenti, es: carriera universitaria) e storie corti (piccoli cambiamenti, es:
esame universitario) ossia tra ciò che capita in poco tempo e cose che durano per molto tempo.
Un’altra differenza che fa è tra storia e genealogia:
 Genealogia: si intende la storia/evoluzione che vogliamo studiare avvenuta nel passato, cioè prendiamo una
forma culturale del presente e cerchiamo di capire quali sono stati i suoi antenati nel passato.
 Storia: ha a che vedere con l’espansione nello spazio e non come nella genealogia di profondità nel tempo
cioè partiamo dal presente per andare a vedere come si è evoluta la nostra storia.
Appadurai dice inoltre che nel nostro presente tendiamo a produrre cose nuove, ma che richiamano a oggetti del
passato per forme e caratteristiche. Questo fenomeno si chiama modernariato, è legato a un sentimento di nostalgia
nei confronti del passato che è tipico del presente oppure tendiamo a “comprare roba del passato”. Le cose del
passato diventano vintage e nel presente aumenta di prezzo. Questo è quello che Appadurai chiama la Patina del
tempo, ossia il passare del tempo fa aumentare i prezzi, paghiamo quindi il passare del tempo . Spesso compriamo
roba che non abbiamo mai vissuto perché appartiene a un’epoca lontana dalla nostra. Si stratta di una nostalgia del
mai vissuto. Più le cose si evolvono più le persone hanno bisogno di rievocare il passato come per sentirsi più sicuri
anche se ciò può sembrare paradossale. Questa forma di nostalgia che influenza il consumo e non solo viene fatta
pagare cara economicamente. Si stratta di una nostalgia di un presente immaginato in quanto non lo abbiamo vissuto,
questa è una nostalgia senza memoria.
CRICKET
Nel capitolo 4 Appadurai parla del Cricket facendone una genealogia, cioè va a ritroso nel passato per vedere come si
è sviluppato in India. In particolare studia come gli indiani hanno fatto proprio tale sport. Il cricket arriva in India grazie
al colonialismo britannico e fu un modo con cui gli inglesi imposero la loro visione di virilità maschile poiché
criticavano il sesso maschile indiano ritenendolo pigro. Quando gli inglesi se ne andarono gli individui che ormai
avevano interiorizzato questo sport continuarono a praticarlo personalizzandolo.
LOCALITA’ E AVVICINATO
Nell’ultimo capitolo Appadurai fa la differenza tra località e avvicinato.
Località: è parte fisica del contesto in cui siamo (per esempio per noi la località è Torino).
Avvicinato: nella località noi tendiamo a creare dei vicinati, ossia delle sorte di comunità, non sono locali perché le
persone con cui abbiamo a che fare non sono vicine ma possono essere lontane chilometri cioè sono persone
delocalizzate rispetto a dove sono io.

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