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CAPITOLO 7

Gli sviluppi dell’etnologia agli inizi del Novecento

Con il declino dell'impero Inglese, non più indiscusso dominatore della politica mondiale, Germania,
Francia e Stati Uniti diventarono i nuovi attori politici ed economici dello scenario europeo internazionale.
Il loro contributo fu rilevante anche per l’antropologia, fino a questo momento il riferimento assoluto per
il panorama intellettuale prima di questo periodo storico (fine ‘800 - inizio ‘900) erano gli studiosi inglesi.
Inoltre, le teorie di Freud e Einstein avrebbero rovesciato completamente la prospettiva degli antropologi
positivisti ed evoluzionisti che scoprirono di possedere tracce di primitività.

7.1 Teorici e ricercatori sul campo

Per tutto l’Ottocento quasi tutti gli antropologi (che riflettono sulle civiltà primitive) ed etnologi (che
raccolgono dati sul campo) avevano raccolto informazioni di terzi senza mai essere stati sul campo.
Il sistema, promosso dalle istituzioni scientifiche inglesi, era quello dell'invio di questionari agli uomini sul
posto con molti contatti con i nativi. Tuttavia esso presentava molti limiti legati ai pregiudizi di chi li
compilava e al fatto di non capire il significato di una ricerca etnografica.

Tra questi corrispondenti c'erano Fison e Howitt, attivi in Australia su commissione di Morgan, Tylor e
Frazer poichè gli aborigeni australiani stavano attraversando un periodo di disintegrazione sul piano
culturale e demografico. Frazer era legato anche a Spencer (importante etnologo) e a Gillen, tuttavia,
entrambi gli studiosi si avvalevano della propria autonomia scientifica.
Con il consenso e la gratitudine degli aborigeni hanno ottenuto il permesso di assistere alle loro cerimonie
e di fotografarle.

Le loro opere più note The Native (and the Northern) Tribes of central Australia (1904), permisero a
studiosi come Durkheim e Mauss di fondare le loro teorie sul totemismo, sulle classificazioni e le religioni
primitive, sulle relazioni di parentela.
Alla fine dell’800 si crearono delle vere e proprie survey (ricognizioni) etnografiche che raccoglievano al
loro interno informazioni sulle popolazioni delle Isole Britanniche e su alcune colonie inglesi, come l’India e
sulle coste del Canada del pacifico.
Questa opera di raccolta di dati etnografici, linguistici, geografici, storici e ambientali etc. ha permesso di
combinare lo studio teorico con quello pratico.

7.2 I nuovi etnografi

Le università britanniche diedero maggiormente impulso all’etnografia in questo periodo.


La maggior parte dei ricercatori aveva una formazione di tipo scientifico: medici, biologi e psicologi.
Tra gli scienziati che avevano preso parte a ricerche di biologia marina nello Stretto di Torres, i cui risultati
stabilirono una pietra miliare nella storia dell'antropologia, vi era Haddon. Egli reperì oggetti conservati nel
museo etnografico di Cambridge e contribuì all’affermazione dell’antropologia fra gli studi accademici.
Seguirono altre spedizioni, tra i nuovi etnografi, ovvero, coloro che con una preparazione teorica cercano
confronto con l’esperienza sul campo, spiccano Westermark, Seligman, Marett, Hocart, Layard e Rivers. Si
recarono direttamente sul campo per raccogliere informazioni direttamente dai nativi in Marocco,
Melanesia, Africa e India, Polinesia e Nuove Ebridi.
Grazie a queste ricerche si segna il definitivo abbandono del metodo comparativo evoluzionista.
Con le survey si segnò, invece, un cambio metodologico con l'introduzione della monografia etnografica,
che comprende ricerche sul campo centrate su singoli gruppi, alla loro cultura approfondita nella loro
totalità, conosciuta nel dettaglio e con una maggiore consapevolezza.
Una delle possibilità di questo nuovo approccio metodologico era sicuramente quella di creare
interrelazioni fra fenomeni. Mettendo, per esempio, a paragone tutti quelle popolazioni definibili come
tribù si notano senza dubbio i legami fra comunità simili. Tuttavia si ricerca, nel particolare, di definire la
cultura di queste popolazioni, attraverso studi prolungati e dettagliati, in modo distinto.

7.4 l’etnologia tedesca al diffusionismo: la teoria dei cicli culturali

Nell’area di lingua tedesca la dimensione storica aveva caratterizzato lo studio della società e della cultura
per tutto l’Ottocento.
Quando dall’etnografia di ispirazione positivista, razionalista e scientifica di Bastian fu messa da parte a
favore della posizione di Ratzel, essa divenne centrale.

Sulla spinta della “storia culturale” durante gli ultimi anni dell'Ottocento nacque la “teoria dei cicli
naturali”.Le similitudini riscontrabili tra popoli geograficamente lontani erano imputabili alla diffusione
culturale, contro la teoria evoluzionista.Quest’ultima sostiene che gli esseri umani producono idee del
mondo simili per via della loro struttura psichica.Nonostante Bastian si discosti molto dalle tesi
evoluzioniste egli riconosceva il carattere unitario dell'uomo.
Con il concetto di “idee elementari” indica le forme comuni di organizzazione psichica suscettibili di
manifestazioni diverse in base al contesto culturale.
Attraverso lo studio di oggetti, utensili primitivi, che si prestano meglio di altri ad essere comparati in una
prospettiva trans-culturale, gli etnologi dell’area tedesca elaborarono la teoria della diffusione di ciò che
chiamarono strati o cicli culturali.

Ogni ciclo o strato culturale era un insieme di elementi di cui era possibile verificare la compresenza in una
determinata area del pianeta.
Ogni ciclo era espressione di una fase della storia di un determinato popolo o società.
Gli elementi di un ciclo erano quelli che si erano successivamente sovrapposti ad altri preesistenti, il
compito dell’etnologia dunque era quello di ricostruire questi cicli individuandone le stratificazioni
successive.
L'esponente teorico di maggior spicco di questo orientamento fu Fritz Graebner.
Nel suo articolo “Cicli culturali e strati culturali in Oceania” indicò che il problema era la necessità di
individuare tratti culturali riconducibili ai rispettivi cicli in un lavoro di classificazione.
Un limite della teoria di Graebner era la compresenza di tratti culturali formanti un ciclo naturale, distinto
da altri; la similitudine tra i cicli era difficilmente sostenibile poiché non è realmente possibile stabilire con
certezza l’origine dei tratti e il momento del loro arrivo.
Venivano collegati tra di loro in maniera troppo arbitraria e poco organica (e questa è la più grande critica
al diffusionismo), come nel caso del ciclo/complesso totemico dell’Oceania descritto da Graebner.
Graebner voleva dimostrare la migrazione e la diffusione dei cicli e quindi l'influenza di una cultura
sull'altra, come se ognuna di queste fosse frutto di influenze reciproche.
Questa teoria fu criticata in quanto l’analisi eludeva la continuità geografica.
Era un processo di ricostruzioni poco solide, se non addirittura fantasiose, in cui spesso le speculazioni
erano prive di fondamento empirico.
Si supponevano, per esempio, migrazioni di popoli dotati di una cultura superiore o spostamenti di cicli
culturali su scala planetaria.

Il massimo autore delle tesi diffusioniste fu Wilhelm Schmidt, che pensava che lo sviluppo culturale fosse
iniziato da due forme culturali primitive, una dedita al culto della madre-terra e l’altra al culto di padre-
cielo.
Riteneva fosse fondamentale ricostruire, di ogni popolo, l’origine dell’idea di Dio.
Tutti i sostenitori di questa prospettiva sostenevano che le culture, venendo a contatto con tratti di altre
culture, erano soggette ad alterazioni, intese come corruzioni.
Tutti gli uomini “naturali” inizialmente avevano l’idea “pura” di un unico Dio, che con il passare del tempo
e con il contatto con altre culture si ridusse nella concezione vaga di un entità superiore legata alla natura o
ad un incontro in cui, nell’oblio, si attende una rivelazione divina.
Il compito morale degli etnologi diveniva quello di riportare l’uomo di un popolo primitivo alla
consapevolezza di un’idea originaria di Dio, sbiadita e impoverita dalle loro stesse menti.

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