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CAPITOLO 1

I PRECURSORI 
La nascita della geografia culturale è collocata tradizionalmente negli anni 20 con Carl Sauer e la
fondazione della scuola di Berkeley. Dalla nascita della geografia umana (seconda metà del 1800)
fino agli anni 20, la geografia culturale è stata esercitata in maniera implicita e sottintesa in quella
umana. Le origini vanno fatte risalire a Von Humboldt e Ritter, considerati precursori di due modi
profondamente diversi di concepire e studiare la cultura.
Il primo incarna l’impostazione razionalista (illuminista) fondata sui dati, strumenti , carte ,
sull’osservazione diretta e del lavoro sul campo(tanto che inseguito egli fu considerato il fondatore
della geografia fisica) . La geografia per H. equivaleva a descrivere, comparare , classificare,
l’intero suo operato era volto a ricercare le leggi generali che governano la terra . Descriveva i
paesaggi e regioni con attenzione per il particolare. 
Ritter riflette il prototipo dell’impostazione idealista e storico-umanistica, fondata sulla sensibilità
soggettiva (tipica dell’idealismo romantico) . La realtà per lui andava intesa alla luce di riflessioni
sul senso del creato e sul ruolo degli esseri rumeni sulla terra. Secondo lui per descrivere la terra
nella sua complessità è necessario un fondamento ideale. Perciò la ricerca geografica era personale
e soggettiva, in cui la dimensione immateriale della cultura assume a rilievo centrale.
Gli eventi storici e politici della seconda metà dell’800 favori l’affermazione dell’ottica razionalista
e scientificamente fondata della geografia.
CULTURE E DETERMINISMO AMBIENTALE
(Le scienze sociali si sono affermate come tali grazie agli avanzamenti compiuti nell’ambito delle
scienze mediche e naturali in particolare grazie alle teoria di Darwin sull’evoluzione delle specie) 
La nascita dell’ antropologia culturale, la disciplina deputata allo studio della cultura e delle culture,
è ricondotta alla pubblicazione del Primitive Culture, di Tylor, il quale concepiva la cultura come
connotato di specifiche collettività, decretando il superamento dell’idea di cultura
illuministica(come insieme di conoscenze acquisibili individualmente ). Tylor concepii la cultura in
chiave evoluzionistica, cioè secondo uno sviluppo lineare (nel tempo) e universale (che riguarda
tutte le culture ) che portò a distinguere tra culture primitive e culture moderne. Per Tylor la cultura
quindi era unica per l’intera umanità e si diversifica a in base allo stadio evolutivo in cui le singole
culture si trovavano in un determinato momento storico. Questa teoria asserviva le politiche
occidentali dell’epoca, volte all’ assoggettamento di terre e popoli.
Con Ratzel la geografia assunse dignità di scienza( stabili la relazione tra causa- ambiente naturale
effetto- le attività umane )e il paradigma che ne derivò  fu definito il determinismo ambientale,
proprio perché basato sull’assunto che la natura fosse la variabile interdipendente in grado di
determinare le azioni dell’uomo. Per Ratzel quindi gli Stati europei si collocavano in posizione di
superiorità (popoli evoluti in grado di gestire l’ambiente) rispetto ai popoli primitivi dominati
dall’ambiente naturale. (In filosofia con Spencer si sviluppo l’evoluzionismo sociale che
giustificava la missione civilizzatrice nei confronti delle culture inferiori- trasferimento delle teorie
di Darwin sulla lotta per la sopravvivenza e la legge del più forte).
Ratzel elaboro la teoria dello spazio vitale, di cui necessitano le civiltà per sopravvivere, in analogia
con il concetto di organismo vivente (che per svilupparsi ha bisogno di crescere) e perfettamente
idoneo a sostenere gli obiettivi espansionistici degli degli Stati europei(Germania nazista )
Otto Schluter, il quale pose particolare attenzione sul paesaggio, arrivando a definire la geografia
come ‘scienza del paesaggio’. Il paesaggio, era da Schluter, inteso , sempre in chiave
evoluzionistica, come  l’insieme  del paesaggio naturale , originario e selvaggio, e di forme
culturali, che lo trasformavano in paesaggio culturale, assumendo connotazioni nello spazio a
seconda del livello di sviluppo tecnologico delle singole culture.
CULTURE, POSSIBILISMO E REGIONALISMO
Agli inizi del novecento Vidal de la Blache rovescio il determinismo ambientale, sostenendo che
l’ambiente influenza ma non determina le attività umane . Nella sua visione la natura offre delle
possibilità che l’uomo sfrutta in base al proprio genere di vita, tale modello fu definito possibilismo
geografico.
Genere di vita (combinazione di natura, cultura e livello tecnologico), regione (porzione di
superficie connotata da un genere di vita) e paesaggio( espressione visibile della regione). I
possibilisti abbandonarono il pregiudizio della superiorità o inferiorità delle culture , semplicemente
le culture erano diverse. L’obiettivo della ricerca geografia era quello di rilevare le specificità dei
generi di vita. Il possibilismo si dimostrava funzionale agli obiettivi della laboriosa borghesia
dell’epoca (commercio- conoscere le peculiarità delle regioni ). La geografia di V. coadiuvava
anche gli interessi statali , sostenendo l’idea di una nazione in grado di restare unità nonostante le
differenze ambientali e culturali. I geografi possibilisti stabilirono strette collaborazioni con gli
storici e verso le opere letterarie ( per aggiungere informazioni alle descrizioni di luoghi e regioni). 
In Italia il possibilismo fu accolto con entusiasmo e diede vita a una lunga serie di monografie
regionali.
Tanto le riflessioni deterministe quante quelle possibiliste maturarono all’interno della geografia
umana è il risultato in entrambi era preminentemente descrittivo.
ASCESA E DECLINO DELLA SCUOLA DI BERKELEY
(Conclusa la fase colonialista i paesi non dovevano più giustificar la politica di dominio territoriale
nei confronti di paesi ricchi di risorse e politicamente deboli ) divenne importante sostenere gli
interessi di chi era in grado di sostenere un dominio economico sui territori, quelli della crescente
borghesia industriale e commerciale. Nel corso di alcuni anni l’aggettivo ‘culturale’ associato al
termine geografia fu utilizzato in maniera rivoluzionaria e fu proposto dalla Scuola di Berkeley. Il
suo fondatore Sauer maturo l’interesse dalla geografia tedesca( per l’interesse verso la dimensione
ambientale) e dalla geografia francese (per il paesaggio è la regione) e attribuì un ruolo centrale alla
cultura. Sauer centro l’attenzione sul paesaggio e rovescio la relazione cultura- ambiente: le culture
influenzano fortemente l’ambiente in cui vivono (il paesaggio naturale viene trasformato in
paesaggio culturale). L’approccio di Sauer era dunque storico (descrivere le interazioni tra i gruppi
umani e ambiente naturale in prospettiva storica ) ma diverso dal possibilismo perché la cultura fu
posta al centro della sua analisi. 
Definizione di paesaggio culturale per Sauer “ il paesaggio culturale è un paesaggio naturale
forgiato da un gruppo culturale. La cultura è l’agente, gli elementi naturali sono il mezzo e il
paesaggio culturale il risultato”. Il compito della geografia culturale era quello di descrivere la
morfologia di un dato paesaggio , rivelando le tracce materiali lasciate dalle culture umane che
l’avevano plasmato. Per Sauer l’obiettivo della geografia era cartografare la distribuzione spaziale
degli artefatti umani per rilevare le loro origini e scoprire la loro diffusione.
Delle società industrializzate Sauer e i suoi allievi presero in considerazione come esse distruggono
l’ambiente  e  tutte le piante e gli animali non autoctoni di cui si circondano(anticipando le
preoccupazioni dei movimenti ambientalisti) . 
Emerse una forte critica alle civiltà moderne che portò a um capovolgimento dell’evoluzionismo
culturale—> le culture più avanzate distruggono l’ambiente e sono perciò meno evolute.
Il primo a fornire una definizione di cultura fu Kroeber (Sauer credeva che non fosse ambito dei
geografi ) che considerava la cultura come una forza superiore ed esterna alla realtà, un’entità
impossibile da descrivere e comprendere, qualcosa che si trasmette di generazione in generazione e
guida degli esseri umani nel plasmare gli spazi con cui interagiscono. Sauer aveva contrastato il
determinismo ambientale ma abbracciando l’idea superorganica di cultura non fece altro che
stabilire un nesso di causalità tra ambiente e cultura. In cui quest’ultima è una forza insondabile e
causativa , capace di guidare il comportamento degli esseri umani. Sul finire degli anni 50 la Scuola
dì Berkeley subì un rapido declino. 
Le critiche alla scuola di Berkeley:1) idea superorganica della cultura, forza esterna agli esseri
umani 2) radici nell’ ambientalismo statico e strutturale 3) geografia puramente conoscitiva e
descrittiva 
L’idea superorganica della cultura fu portata avanti , nonostante le critiche dall’ antropologia, dai
geografi culturali statunitensi, che svilupparono un interesse ossessivo per gli elementi materiali
della cultura anziché sulla sua dimensione sociale, e dai geografi californiani i quali promossero
l’idea che ci fosse un nesso scontato tra cultura e luogo, considerando le regioni e culture come
entità omogenee nettamente delimitabili. Altro nodo problematico dell’approccio razionalista era il
trattamento dell’heritage, del patrimonio (l’idea che un determinato territorio fosse connotato da
omogeneità culturale e far coincidere le culture con uno spazio geografico equivale a disconoscere
le diversità interne )
La geografia di Sauer non fornisce spiegazioni sul perché fatti e fenomeni accadevano in uno
specifico dove- fu considerata non scientifica, e si mostrava irrilevante nel contesto storico-politico
(crisi economiche, guerre drammatiche, squilibri e rivendicazioni di nuovi diritti). La scuola di
Berkeley fu sostituita dalla geografia regionale di Hartshorne.
Piccardi (geografo italiano) definì il paesaggio culturale come un’astrazione che si ottiene isolando
le forme culturali presenti negli elementi umani del paesaggio. Non differisce tanto dalla geografia
culturale di Sauer. Quella di Piccardi è una geografia umana razionalista attenta alle connotazioni
culturali macroscopiche e rivolta alla descrizione puntuale delle caratteristiche delle singole aree
(credeva che fosse necassario scomporre le aree in regioni omogenee, presupponendo il nesso
diretto tra cultura e luogo, disconoscendo la diversità culturale e sociale che è nei luoghi).

CAPITOLO 2
TRENT’ANNI DI FERMENTI
all’indomani della seconda guerra mondiale si assistette a profondi cambiamenti che misero in moto
una fase di espansione economica senza precedenti e l’affermazione del mito della crescita
economica. La trasformazione delle società da rurali a urbane industriali e la diffusione di stili di
vita improntati al benessere materiale produssero un atteggiamento di fiducia nei confronti del
futuro e dell’innovazione. Inoltre , la possibilità di trasferire sul piano civile le tecnologie militari
maturate durante la seconda guerra mondiale favorirono una svolta quantitativa in tutte le discipline
sociali. L’economica divento disciplina cardine, così come la sociologia (intenta ad analizzare i
fenomeni indotti dai processi di industrializzazione e crescita economica). La scienza era chiamata a
sostenere l’obiettivo della crescita economica e a ottimizzare funzioni e strutture urbane. Anche la
geografia quindi doveva rendersi utile alla pianificazione territoriale e alla programmazione
economica.
IL CONTRIBUTO DELLA SPATIAL ANALYSIS
La geografia umana torno a farsi scienza nomotetica (elaborare teorie e modelli validi generalmente
) con l’obiettivo di diventare disciplina utile alle scelte politiche. Furono ripresi modelli legati
all’organizzazione dello spazio insediativi come Von Thunen, Weber e Christaller. La nuova
geografia che maturo con la scuola di Chicago fu definita in vario modo : geografia quantitativa
(metodi quantitativi), spatial analysis ( perché incentrata sull’analisi scientifica dello spazio
economico e urbano ), new geography. 
La spatial analysis costituiva la punta estrema di un più ampio movimento di pensiero affermatosi
in tutte le discipline, ovvero lo strutturalismo (fondato dal linguista de Saussure; vede le cose come
insiemi scomponibili in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dal complesso dei
rapporto fra ogni singolo livello ). 
Lo strutturalismo che sottendeva la new geography fu motivato dalla necessità di svincolarsi dalla
dimensione temporale , per il timore che la geografia si confondesse con la storia. Gli strutturalisti
tendono a far prevalere la sincronia sulla diacronia e lo spazio sul tempo . Focalizzare l’attenzione
su strutture e funzioni implicava un abbandono della dimensione dinamica e della complessità degli
elementi e delle relazioni in gioco. La geografia si era allontana dalle discipline ambientali, storiche
e sociali per abbracciare le discipline dure (statistica, geometria e matematica). 
Nell’ambito della spatial analysis maturarono alcuni campi di ricerca che mostravano una loro
ricaduta culturale come la diffusione spazio- temporale delle innovazioni elaborata da Hagerstrand.
Egli concepì la diffusione dell’innovazione come propagazione di novità, idee, mode secondo
diverse modalità a partire da un centro. Tale visione dinamica dimostro come il soffermarsi sulla
sincronicita aveva fatto acquistare alla geografia un valore a-temporale.  La time geography si
focalizzava sull’analisi dei comportamenti spaziali e dell’uso del tempo individuale e collettivo,
Hagerstrand voleva rappresentare l’uso del tempo e dello spazio da parte degli individui
evidenziando ritmi di vita e comportamenti routinari. La sua analisi mostrava come le biografie
quotidiane delle persone variavano notevolmente anche all’interno di collettività coese, perciò il
concetto di genere di vita perse ulteriormente senso. La time geography apriva nuovi orizzonti di
ricerca ma mostrava anche dei limiti: 1)espressione della scienza sociale maschile, poco incline a
mostrare le differenze di genere 2) esprimeva un’idea di spazio limitata in merito allo spazio
pubblico e soprattutto domestico .
LA RIVOLUZIONE DELLE GEOGRAFIE SOGGETTIVE E RADICALI 
Nel corso degli anni 70 emersero le geografie soggettive (geografie comportamentali ) che
ponevano al centro dell’indagine geografica i comportamenti , le percezioni , le esperienze dei
soggetti, gruppo sociali e collettività e le geografie radicali (di ispirazione marxista) che posero al
centro la questione della giustizia sociale . 
Le prime proclamarono l’impossibilità della conoscenza oggettiva e attribuirono priorità alla
dimensione soggettiva. Wright, geografo statunitense, propose una geografia della conoscenza che
chiamò geosofia. Wright proponeva di esplorare le geografi interiori, di studiare come le persone
conoscono, immaginano e percepiscono il mondo. Quindici anni dopo Lowenthal (secondo cui la
conoscenza geografia si basa su geografie personali - esperienze, percezioni e geografie
consensuali- valori, norme) disse che la percezione del mondo di ogni persona è il risultato di un
processo dato da fattori personali e culturali ove l’immaginazione, la memoria e le esperienze di
luogo dirette o indirette assumono un ruolo fondamentale, a prescindere da conoscenze e
competenze scientifiche.
Tanto le geografie soggettive quante quella radicale riflettevano il clima sociale venutosi a crescere
tra gli anni 60 e 70: crisi del modello della crescita economica illuminata, questione ambientale,
tensioni internazionali, il degrado delle relazioni tra le persone 
BEHAVIORAL GEOGRAPHY E GEOGRAFIA DELLA PERCEZIONE
La geografia comportamentale prese forma negli Stati Uniti, negli anni 70, con l’obiettivo di
esaminare il comportamento spaziale di individui e gruppi sociali in diverse circostanze di vita o in
specifici luoghi. Dalla psicologia comportamentale essa mutuo l’idea che i comportamenti umani
seguissero fossero studiabili scientificamente e che potessero essere formalizzato in qualche
modello di validità generale. Questa geografia optava per la produzione di dati primari (interviste e
questionari ),elaborati poi statisticamente, inoltre aveva una sua spendibilita pratica nella gestione
degli spazi urbani o nell’organizzazione degli spazi pubblici. 

Secondo la geografia della percezione, che maturò più tardi in Francia, (in aperta critica con la
geografia comportamentale accusata di intendere il comportamento umano nella logica del
meccanismo stimolo- risposta), le azioni umane sono motivate da opinioni, valori , giudizi
individuali e collettivi e variano in funzione di fattori non solo soggettivi ma anche sociali e
culturali . Protagonista di questa nuova branca fu Fremont a cui si deve l’elaborazione dello spazio
vissuto. 1) spazio di vita- insieme dei luoghi frequentati da una persona 2) spazio sociale - lo spazio
di vita+interazioni sociali 3) spazio vissuto - spazio di vita+spazio sociale + valori attribuiti ai
luoghi (memoria, affettività). Lo spazio vissuto varia di soggetto in soggetto.
Fremont innovo profondamente gli studi regionali tradizionali attribuendo un ruolo centrale all’
osservatore. “La regione, se esiste, è uno spazio vissuto” lo spazio , la regione e i luoghi non
possono essere considerati come delle realtà oggettive. La regione è anche una realtà vissuta, cioè
percepita, sentita, caricata di valori dagli uomini. La nozione di spazio vissuto anticipò di qualche
anno il linguaggio della geografia culturale, parlando di rappresentazioni soggettive e collettive di
luoghi, regioni , paesaggi. Fremont sottolineo l’importanza delle fonti letterarie- visione più
rivelatrice. Critico anche la società consumistica post dopoguerra, che aveva creato degli spazi
alienati e aveva persola capacità di sentire e vivere appieno i luoghi. Strumenti e prodotto della
geografia comportamentale e della percezione fu la mappa mentale : l’immagine mentale che le
persone elaborano rispetto ai luoghi che frequentano, abitano, conoscono direttamente o
indirettamente. Gli studi in proposito consentirono di mettere in discussione il concetto di distanza-
la percezione della distanza varia a seconda del soggetto. Figure ambigue, molto in uso dalla
psicologia dell’epoca, consentirono di demistificare il processo di osservazione razionalista e
oggettivista evidenziando che anche nell’osservazione dei paesaggi tutto dipende da come e da chi
osserva.
LA GEOGRAFIA UMANISTICA
La geografia umanistica è nata in ambito nord-americano nei primi anni 70, in aperta critica con il
meccanicismo sia della spatial analysis (contesta il considerare l’uomo come mero essere razionale)
che della behavioral geography(comportamento umano - risposta automatica agli stimoli
ambientali) . Questa intrattiene legami con la geografia della percezione (legami con la psicologia
sociale) traendo alimento dalla filosofia. Anche per i metodi c’è differenza g. di percezione si basa
su rilevamenti diretti, l’altra ha utilizzato fonti indirette (letterarie e filosofiche). Diversi sono anche
gli obiettivi di fondo, la prima con obiettivi sociali l’altra propensa a sollecitare riflessioni di ordine
morale e spirituale. 
L’importante era conoscere lo spazio attraverso la sensibilità delle persone, i geografi umanisti
focalizzarono l’attenzione sulle relazioni tra le persone e il mondo in termini di esperienza, valore e
significato. Definirono una chiara distinzione tra spazio (l’oggetto di studio astratto ) e il luogo (lo
spazio a cui sono attribuiti significati ).
Yi-Fu Tuan, geografo Cino-statunitense sottolineo l’impossibilità della conoscenza geografia in
termini oggettivi e si sofferma sul modo in cui gli esseri umani concepiscono , vicino ed
esperiscono la propria condizione di abitanti della terra, esaminando i legami che essi stabiliscono
con il luoghi, in termini di valori e significati. Tuan si concentra sulla dialettica spazio- luogo. Per
Tuan i luoghi acquistano caratteristiche uniche nel corso del tempo. Il luogo prescinde dal concetto
di scala geografica(luogo : caminetto di casa, intera casa, quartiere,nazione). Quello che hanno in
comune i luoghi indipendentemente dalla scala geografica è che sono fulcri di significato per
individui e gruppi. Tuan distingue due tipologie di luogo: simboli pubblici( sono noti a tutti,
monumenti famosi, siti archeologici) e campi di attenzione ( luoghi conoscibili solo con
l’esperienza prolungata e rivestono importanza per il soggetto/le collettività, luoghi che non sono
riconoscibili come tali all’occhio di un visitatore ma che invece assumono rilievo a livello locale).
Tuan effettua un’ulteriore distinzione tra luoghi dotati di spirito (che hanno acquisito un aura di
sacralità, quasi entità sovrannaturali es. luoghi di culto, monumenti famosi) e luoghi dotati di
personalità ( la personalità è ciò che rende unico un determinato luogo, grazie alla prolungata
esperienza conoscitiva e percettivi di chi lo frequenta ). 
Come gli esseri umani anche i luoghi, secondo Tuan, acquistano caratteristiche uniche nel corso del
tempo, e si compone quindi di proprietà naturali (struttura fisica del suolo) e dalle modificazioni
prodotte dagli esseri umani. Gli esseri umani possono provare un senso del luogo e si amplifica con
la memoria, la nostalgia e il distacco.
Tuan sviluppa anche il concetto di topofilia (legame affettivo tra le persone e i luoghi) e al
contrario, il concetto di topofobia (avversione, repulsione, odio per un luogo). Questa può essere
vissuta anche indirettamente attraverso le arti visive, un film o video games. 
Altro esponente della geografia umanistica (autore di Place e Placelessness) Edward Relph crede
che il luogo sia dato dall’ambiente fisico, dalle attività umane e dai significati che gli vengono
attribuiti. Per senso del luogo, intende una capacità  di cogliere e apprezzare le qualità dei luoghi e
può variare tra gli individui o essere un condiviso senso della storia locale che si manifesta in una
combinazione di orgoglio e impegno a migliorare il luogo. 
In Relph, l’idea di luogo si accompagna a quella di radicamento (l’esperienza di un luogo
individuale e collettiva che produce una sensazione di stretto legame e familiarità con un
determinato luogo). Secondo Relph il radicamento e l’attaccamento ai luoghi sono bisogni umani
fondamentali poiché avere radici in un luogo significa avere un punti sicuro da cui guardare il
mondo. Definì anche i concetti di insideness (riguarda chi si sente dentro un luogo, a casa, al sicuro
e protetto) e outsidness (le persone si sentono minacciate ed esposte).
Porteous parlo di paesaggio come esperienza corporea, vissuta attraverso i sensi, non più limitati
alla sola vista, ma riferiti anche all’udito e all’ olfatto.
David Seamon ha proposto una sua rielaborazione del concetto di luogo e senso del luogo, con la
nozione di place ballet: dato dall’interazione di molte routine spazio- temporali e balletti di corpo
radicati in uno spazio. Il termine si riferisce a tutte quelle performance corporee che fanno i luoghi e
trasmettono uno specifico senso del luogo (es.una scuola assume significato quando è frequentata
da studenti e docenti) 

GEOGRAFIA UMANISTICA E LETTERATURA 


L’interesse della geografia per le fonti letterarie è sempre esistito. Wright disse “alcuni romanzieri
hanno una visione più chiara, rispetto ai geografi, di quei fatti geografici che hanno profondi
significati per l’uomo”. La geografia umanistica più volte ha sottolineato il potere del linguaggio,
delle metafore e delle immagini nella costruzione della realtà. Tuan è tornato più volte sulla
capacità dell’arte di tradurre percezioni ed emozioni in linguaggio evocativo. L’opera letteraria
consente di rintracciare il rapporto che un determinato popolo ha stabilito con lo spazio in cui si è
insediato.
LA GEOGRAFIA RADICALE
Nel corso degli anni 70 nasce la new cultural geography, definita radicale per gli obiettivi
rivoluzionari che si prefigge. La geografia radicale si è configurata fin da subito come critica alla
società capitalistica e alle sue implicite ineguaglianze. La geografia radicale proponeva una lettura
dei fatti geografici secondo i cardini del materialismo storico e i modelli della teoria marxista. Si
sviluppo in Francia e Stati Uniti, particolarmente impegnata sul fronte sociale, questa geografia
focalizzo l’attenzione su fenomeni quali la diseguaglianza, la povertà, l’emarginazione , gli squilibri
tra paesi economicamente avanzati e paesi del Sud del mondo, le discriminazioni per etnica, genere,
razza così come sui ghetti e le condizioni della vita urbana. Nasce in un contesto in cui i movimenti
di contestazione da parte di studenti, operai e gruppi sociali vessati per questioni di reddito,
razza,etnica, genere o orientamento sessuale, reclamava a gran voce il riconoscimento dei diritti
civili. La contestazione si rivolte verso le strutture del potere di ogni genere e livello , accusate di
mantenere in vita un sistema normativo, sociale ed economica ormai obsoleto, che aveva esacerbato
le disuguaglianze sociali ad ogni scala geografia, generato danni ambitali inestimabili, limitato le
libertà di espressione. 
Secondo i geografi radicali, l’organizzazione dello spazio riflette l’organizzazione della società. La
chiave di lettura fu assunta nella teoria centro- periferia (utilizzata la condizione di sottosviluppo e
di dipendenza dei paesi del Sud del mondo rispetto a quelli del Nord ). Sulla scorta del modello di
Wallerstein, il sistema mondo fu pensato in termini di aree centrali e aree periferiche . Un sistema
iniquo , basato sullo sfruttamento delle popolazioni, delle risorse e dei territori del Sud del mondo
ad opera di pochi paesi economicamente avanzati.
Povertà e ineguaglianza sono funzionali alla produzione del sistema capitalistico: non può esserci
accumulazione di capitale se non sottraendo ad altre popolazioni e aree geografiche, secondo il
meccanismo della causazione circolare cumulativa (teorizzata dall’eco nostra svedese Myrdal)- il
vantaggio iniziale di una determinata entità tende nel tempo ad accrescersi a svantaggio di altre
entità. La soluzione non poteva che risiedere in un cambiamento radicale del sistema di produzione
che rovesciasse completamente il modello capitalistico- rivoluzione sociale che avrebbe dovuto
affermare un nuovo sistema di produzione associato a principi di eguaglianza e giustizia sociale. 
Gran parte delle ricerca di geografia radicale si concentrò sulla città. Secondo David Harvey il
capitalismo annienta lo spazio per garantire la sua riproduzione, nello stesso tempo sostiene l’idea
che la geografia non può rimanere oggettiva di fronte alla povertà umana e ai mali ad essa
associati. 
La città  è una macchina generatrice di diseguaglianze (processi che generano ingiustizia sono : 1)
zonizzazione (pianificazione degli usi del territorio urbano) 2) meccanismi liberi di domanda e
offerta 3) il plusvalore nelle economie urbane 4) i costi dei trasporti e senza intervento pubblico non
c’è soluzione ai mali generai dal capitalismo .
La geografia radicale mira fortemente ad innovare gli studi sulle relazioni tra spazio e società,
parlando di spazio in termini di prodotto sociale e logiche di potere. Questi negli anni 70 parlarono
di come ideologia dominate , con sistemi di valori basato sul capitale e le sue implicite
discriminazioni,  si traduce nel modo in cui gli spazi sono organizzati e usati. 
(Questo approccio non considera l’esistenza di altri processi di esclusione basati su concezione, idee
e valori basati su logiche di potere locali che generano trasformazioni visibili nello spazio-
gentrificación ) 
CRITICHE RADICALI CONTRO UMANISTI:
-la geografia umanista è stata fin troppo soggettiva. Per il fatto che non tiene conto delle circostanze
temporali, sociali, individuali che modellano i luoghi e l'esperienza che le persone fanno di quei
luoghi poiché basata su un'istanza fenomenologica ed esistenzialista, corrente filosofica con
l'obiettivo di presentare il mondo come è percepito attraverso l'esperienza, il risultato è fin troppo
soggettivo, producendo nessun riscontro empirico.
-è stata descritta come una geografia tradizionale e conservatrice tesa più a descrivere che a
spiegare. Una visione nostalgica del passato non aderente alla realtà dei luoghi odierni, ignorando il
ruolo delle differenze sociali e le relazioni di potere nello studio dei luoghi.
-ha sostenuto una versione superficiale di topofilia, che può invece celare modelli sociali di
sfruttamento e oppressione. Come le studiose femministe che accusavano di aver parlato di casa in
termini maschilisti, poiché si ignorano le vessazioni fisiche e psicologiche subite dalle donne entro
le mura, anche se in risposta è stato fornito il concetto di existential outsideness. 
 è stato poco utile al miglioramento del mondo mostrando una debolezza nell'apparato
metodologico.
CRITICHE UMANISTI CONTRO RADICALI:
-basata su una visione viziata dai preconcetti e pregiudizi impliciti
-base teorica troppo debole perché tesa ad applicare teorie maturate in altri ambiti disciplinari, ossia
troppo radicali negli argomenti e negli aspetti politici
-metodi di analisi tradizionali, quantitativi che non riuscivano a rimuovere le inuguaglianze
interregionali
MERITI DELLA GEOGRAFIA UMANISTA
1. ha contribuito al superamento della presunta neutralità dell'osservatore
2.ha introdotto una serie di nozioni che hanno profondamente rinnovato lo studio dei luoghi (luogo,
senso di luogo, attaccamento, radicamento, topofilia)
3. diede la base per la nascita di altre correnti geografiche post-strutturaliste grazie all'aver attribuito
centralità alle esperienze alle pratiche alle percezioni e ai vissuti sia individuali che collettivi.

CAPITOLO 3
Post-strutturalismo e postmodernismo 
Negli anni 80 le contestazioni riguardo i modelli di sviluppo convenzionali (che avevano esacerbato
gli squilibri sociali, territoriali e ambientali) si estesero progressivamente fino a coinvolgere l’intera
epoca moderna. La critica alla modernità metteva in discussione non solo i miti del progresso. 
Dello sviluppo e del benessere, ma anche il modo di produrre conoscenza, dall’idea di paradigma
scientifico alle costruzioni concettuali che è erano derivate. Tali riflessioni alimentarono una
rivoluzione ontologica (alle cose che si studiano) ed epistemologica (i modi in cui le cose si
studiano) in tutte le discipline. Si afferma il cultural turn- la revisione del concetto di cultura,
comportando muovi interrogativi e nuovi obbiettivi di ricerca. Le riflessioni partivano dal
presupposto che il processo di costruzione della  conoscenza si traduce nel modo di intendere le
cose e si codifica in norme sociali più o meno formalizzate.
Post-strutturalismo 
Il post-strutturalismo, movimento filosofico sorto in Francia e affermatosi negli anni 80 ha
contestato l’intero palinsesto delle teorie e il generalizzato ottimismo incarnato nella nozione di
progresso. Lo strutturalismo, nato in linguistica con Ferdinand de Saussure, aveva postulato
l’equivalenza tra segni e significati in forma del tutto arbitraria, producendo significati stabili, fissi ,
indiscutibili e assoluti. Questo assolutismo tra concetti e loro significato si è prestato ottimamente a
riprodurre l’ordine politico e sociale precostituito , con tutte le sue iniquità e contraddizioni. Il post-
strutturalismo mette in discussione i principi razionalisti(attaccati per la distinzione tra oggetto e
soggetto e la presunta neutralità dell’operatore nel descrivere la realtà oggettivamente e
obiettivamente). Dai principi razionalisti sono derivate le verità assolute e egli esistenzialismi che
hanno connotati l’epoca moderna. Al contrario la logica non-razionalista considera la realtà
soggettivamente conoscibile (pertinente a ogni osservatore) e complessa (non scindibile in singoli
elementi). Inoltre alla causalità razionalista , si contrappone l’idea che sia importante conoscere le
direzioni verso cui tende una data realtà, la sua progressione temporale verso il futuro. Il post-
strutturalismo afferma l’idea relativista della produzione di conoscenza e attribuisce rilevo alla
soggettività (in contrasto con le verità assolute e i significati stabili e univoci del strutturalismo). Per
questo il post-strutturalismo attribuisce grande rilievo al linguaggio, al modo in cui la realtà è stata
raccontata, narrata e descritta. La critica alla modernità si sostanza nel mettere in discussione le
categorie dualistiche che hanno uniformato la descrizione del mondo, stabilendo di fatto ciò che era
giusto/sbagliato,vero/non vero,normale/anormale. Tra gli obiettivi del post-strutturalismo c’è quello
di deconstruiré i discorsi che la scienza ha prodotto in epoca moderna. La de costruzione è stata
definita come un metodo post-strutturalista che rende contestuale e incerto un sistema concettuale
evidenziando la co-dipendenza di quel sistema da altri concetti o altri sistemi di pensiero. Il post-
strutturalismo nega dunque validità a ogni lettura della realtà univoche, semplicistica e data per
scontata. Si basa su principi di pluralità e complessità e in un certo senso induce ad essere
incessantemente critici.
Voci del post-strutturalismo
-Gran parte delle origini si deve a Jacques Derrida, secondo cui , la struttura è costituita da elementi
portanti e da un centro gravitazionale, pertanto essa esclude gli elementi che non hanno relazione
con il suo centro. Il concetto di struttura aha dunque generato una conoscenza totalizzante
costringendo la visione e la concezione del mondo. Il post-strutturalismo rifiuta l’idea di una
struttura da cui deriva un significato stabile e garantito. Al contrario, per i post-strutturalisti,
significato è plurimo, mutevole, contestame, all’idea di struttura si preferisce la metafora dì
bricolage . Le categorizzazioni che hanno guidato la produzione di conoscenza e le scelte sociali e
politiche sono considerate come prodotto di relazioni di potere, così che cominciano ad assumere
rilievo alcune domande-chiave: chi ha il potere di costruire le categorie concettuali?  Chi ha la
capacità di nominare il mondo,di stabilire la realtà e la verità delle cose? Per questo, i post-
strutturalisti cominciano a focalizzare l’attenzione sui gruppo sociale esclusi dalle grandi narrazioni
della modernità. Il decostruzionismo viene inteso come “metodo di scavo” . Derrida sottolinea che
la conoscenza si produce a partire non dall’oggetto, ma dal testo ovvero dalla rappresentazione della
realtà (carta geografica, scritto scientifico, dipinto, film, romano). Il testo è terreno da esplorare, non
verità data. Deconstruire equivale a interrogare i testi.
-Altra figura cardine è Michel Foucault, secondo il filosofo francese ogni struttura è una forma di
dominio che bisogna smascherare e scuotere alle fondamenta, e se ogni relazione implica un potere
allora è necessario dare voce ai soggetti esclusi dalle narrazioni moderne. Foucault definisce
episteme proprio l’insieme dei discorsi che performano determinati concetti in determinati momenti
e contesti, diventano verità. La conoscenza per Foucault è uno strumento di potere e il potere
indirizza la conoscenza. 
Le discipline sociali hanno normato gli individui, stabilendone caratteristiche assoliate al solo fine
di esercitare un controllo/dominio su individui/masse, finalizzato alla riposizionerò dell’ordine
sociale esistente. Il potere per Foucault non è qualcosa che si divide tra chi c’è l’ha e chi no, è
qualcosa che circola, che funziona a catena, che è capillare. Il filosofo esprime questo concetto nella
sua Microfisica del potere, in cui sostenere che si è sempre l’uno che l’altro in contesti e momenti
diversi. Esiste una chiara relazione tra potere e corpo. Il potere ha il suo punto di appoggio nel
corpo, nel controllo della vita delle persone. (Analizzando il corpo in vari ambiti: sessuale-
normale/pervertito, medicina-sano/malato, psichiatria-normale/folle, Foucault diventa portavoce di
un rovesciamento di giudizi e preconcetti). Definisce le eteropie in contrasto con le utopie , come
quelli spazi (cimitero, teatro, guardino, GHETTI,periferie ) che sono normati da regole speciali,
luoghi nei luoghi , di inclusione ed esclusione al tempo stesso , che esistono perché altri spazi li
includono . L’eteropia per Foucault si colloca all’opposto dell’utopia. Le prime inquietano perché
sospendono, neutralizzano e rovesciano le regole di tutti gli altri spazi, mentre le seconde
consolano.
Le eterocromie sono luoghi che consentono un uso eccezionale del tempo (biblioteche,villaggi
turistici)
-Barther, critico letterario e linguista,ritiene che lo strutturalismo corrisponde a specifici
procedimenti mentali, orientati a scomporre gli oggetti dello studi (la struttura) per evidenziare le
regole di funzionamento (cioè le loro funzioni ). Ma questo procedimento implica inevitabilmente la
selezione degli elementi (definito SIMULACRO)della struttura m ed è proprio questa operazione
selettiva dei possibili elementi di una struttura a rendere debole e viziato in partenza il
ragionamento strutturalista.
-Geertz, antropologo americano, introdusse la cosiddetta antropologia interpretativa, focalizzata sui
simboli nella costruzione dei significati collettivi. Elaborò dunque una teoria interpretativa della
cultura che ruppe ogni legame con la tradizione di studi antropologici. Partendo dal presupposto che
la cultura è un insieme di segni costruiti mentre si interpretano, Geertz affermo che l’antropologia è
interpretazione (del ricercatore) di interpretazioni (dei nativi ). L’antropologo non può fare altro che
interpretazione di interpretazioni, Geertz abbraccio un’idea di cultura alla cui definizione
concorrono sua le interpretazioni di nativi/gruppo sia quelle dell’antropologo.
De Carteau è intervenuto sul modo di produrre conoscenza ed è stato largamente citato per i suoi
lavori sulle pratiche culturali reiterate quotidianamente in modo inconsapevole e ripetitivo. Egli
distingue i due concetti di strategia e di tattica. Le strategie sarebbero le azioni istituzionali pensate
su uno spazio già costruito, assimilato a una struttura fissa e immutabile. Le tattiche sarebbero
invece le pratiche messe in atto dai cittadini per ovviare agli ambienti creati dalle strategie. A tal
proposito ha individuato la città delle strategie concepita dall'alto delle istituzioni, dei decisori,
contrapposta alla città delle tattiche praticate dai cittadini a livello stradale, dal basso delle attività
cercando di eludere i vincoli stabiliti dall'alto. Una metafora che rimanda all'idea che la vita
quotidiana è altro da ciò che viene raccontato, che esistono spazi di azione individuali e collettivi
per eludere regole e limiti intrinseci al controllo esercitato dall'alto, dai decisori politici.
Postmodernita, postmoderno,postmodernismo
Si diffusero sul finire degli anni '80,  delle corrente di pensiero in contrapposizione ai preconcetti
che avevano distinto il modo di produrre conoscenza nell'epoca passata, secondo Dear il
postmodernismo riferisce a tre ambiti differenti:
1. come stile letterario, artistico, e architettonico che inneggia alla diversità, al disordine, alla
sovrapposizione di generi, non ha un unico corpus teorico e non ha radice storica/politica di base
2.come metodo che utilizza la decostruzione per svelare le verità assolute dell'epoca moderna
attraverso una revisione dei testi e del canone di lettura
3.come epoca definito dal cambiamento culturale dovuto a economia e geopolitica globale
differente.
Data la sua natura contraria a ogni formalizzazione, il postmodernismo non è riconducibile a un
unico e coerente corpus teorico. Il postmodernismo contrasta ogni pretesa di verità assoluta tant’è
che tra le sue metodologie principali annoverano la de costruzione intesa come strategia che punta a
svelare come il posizionamento(in termini di etnica,classe, genere) di un autore influenzi la
scrittura/interpretazione di un testo. Per certi versi il postmodernismo può essere interpretato come 
una sorta di estremizzazione degli assunti post-strutturalisti, in quanto orientati a realizzare una
radicale riforma del modo di produrre conoscenza ispirata al relativismo e alla contestualizzazione.
Secondo Lyotard la fase postmoderna è caratterizzata dalla necessità di ricercare nuovi criteri di
giudizio e legittimazione che non siano più universali e totalizzanti, bensì locali e contestualizzanti
(epoca moderna è iniziata nei secoli 17/18 e si è prostrata fino al tardo Novecento)
Il postmodernismo non è stato unanimemente accolto con favore in geografia, sopratutto da parte
delle geografie radicali e femministe, a partire dal durissimo attacco sferrato da David Harvey che
in tono polemico ha definito il postmodernismo come «nient’altro  che il vestito culturale del tardo
capitalismo» . Per Harvey, la cultura postmoderna è la veste metaforica indossata dall'economia
capitalista nel tentativo di collocare l’ accumulazione del capitale su nuovi percorsi redditizi, senza
riguardi per l'espulsione dei lavoratori da tali processi o per il degrado ambientale. Harvey introduce
il concetto di compressione spazio- temporale, per significare l'estensione globale e la flessibilità
dei regimi di accumulazione del capitale. Harvey utilizza  tale nozione per significare quanto la
riduzione delle distanze e dei tempi delle relazioni abbia permesso al capitalismo di conquistare lo
spazio e il tempo, di rendere più immediati la produzione e il consumi, e di agevolare l'incremento
dell'accumulazione di capitale.
La geografia britannica Doreen Massey ha invece sottolineato le contraddizioni e le diseguaglianze
che accompagnano la contrazione dello spazio e del tempo nelle società contemporanee, essendo un
fenomeno che riguarda principalmente alcuni gruppi sociali , rispetto a una moltitudine di persone
per le quali il mondo è più grande e inaccessibile che mai. (Coloro che si trovano in una posizione
di controllo nel campo del movimento sono i jet-setters. Ma se da una parte ci sono persone e
gruppo che contribuiscono attivamente all’occorrenza della compressione spazio-
temporale,dall’altra ci sono anche coloro che ne prestano imprigionate) 
Thirdspace e spatial turn
L'epoca moderna aveva dato prevalenza al tempo sullo spazio, aveva così stabilito implicitamente
una linea di continuità tra passato, presente e futuro, dando un'idea di permanenza e ordine e
soprattutto continuità aderendo agli obiettivi di potere e impedendo ogni svolta significativa sul
piano sociale, culturale e politico. Il ribaltamento del postmodernismo è quello di far prevalere lo
spazio sul tempo, poiché luoghi, soprattutto quelli urbani coinvolti maggiormente nei processi
globali, sono polisemici e incoerenti, contengono cioè la diversità, il germe del cambiamento. Da
qui Edward Soja nel suo Postmodern Geographies (1989), auspica lo spatial turn in tutte le
discipline che contestualizzano e relativizzano eventi e rappresentazioni della realtà al fine di
affermare la frammentarietà e la relatività dei significati contro ogni universalismo e
generalizzazione moderna. Rielaborò il concetto spazio-tempo di Le Febvre formulando la teoria
del Thirdspace, (si oppone alla visione dualistica )nient'altro che un altro modo di comprendere e
agire per cambiare la spazialità della vita umana, una consapevolezza spaziale critica appropriata
nella riequilibrata trialettica spazialità-storicità-socialità, dove tutto s'incontra: soggettività e
oggettività, reale e immaginario, ripetitività e differenza, struttura e agency, mente e corpo,
coscienza e inconscio. Rielabora dunque l'epistemologia e la storicità consolidate, oltrepassa il
dualismo aprendo finestre verso modi altri di concepire e vivere lo spazio. Emblematico per
spiegare il Thirdspace di Soja è l'esempio del Bonaventura Hotel, un hotel con gli esterni
arrotondati e ricoperti di specchi in cui tutta la città si trova riflessa. I suoi interni sono destrutturati
e densi di riferimenti simbolici diversi realizza appieno l'idea di iperspazio postmoderno. I suoi
spazi confondono una effettiva mappatura cognitiva. L'individuo alla vista viene reso impotente,
marginalizzato, esprime la caotica polisemia della metropoli creando disorientamento. Diventa
metafora della condizione esistenziale postmoderna. Difficile orientarsi all'interno di questo
iperluogo così come lo è nel capitalismo tardo moderno con le sue logiche politiche ed economiche
sfuggenti e incomprensibili, confondono così come è difficile mappare se stessi all'interno della rete
globale del capitalismo transnazionale.
La crisi della rappresentazione 
La svolta post-strutturalista e postmoderna mettendo in discussione il modo in cui la conoscenza è
stata prodotto e interpretata coinvolge ovviamente anche la geografia. In Le Metafore della Terra,
De Matteis ci spiega il problema della rappresentazione in geografia: il sapere geografico è un
sapere metaforico perché produce conoscenza rispetto a qualcosa di materiale utilizzando qualcosa
di rappresentativo. Il sapere geografico è metaforico perché evoca allo stesso tempo la materialità
dei fenomeni che la soggettività dei loro significati. Rappresentazione normale del territorio - si
cerca di trovare l’ordine razionale del territorio.  Rappresentazione discorsiva - basata sull’uso di
metafore. La metafora è intrinseca al modo geografico di rappresentare la superficie e conduce a
una varietà e ricchezza di risultati maggiore rispetto alla geografia ‘normale’. Le metafore (capaci
di offrire una varietà di significati possibili connessi ai fenomeni terrestri)producono un sapere utile
e rischioso. Utile poiché ci permette di ordinare mentalmente lo spazio-ambiente, rischiosa perché
riduce il mondo ricco e aperto della vita a un insieme limitato e fisso di cose e relazioni. 
La crisi della rappresentazione ha comportato una revisione critica del modo tradizionale di
concepire e descrivere il mondo anche attraverso lo strumento cardine della carta geografica.
Farinelli dice che la la modernità è coincisa con la riduzione del mondo alla sua rappresentazione
cartografica, ossia il fatto che con la nascita degli Stati moderni è sorta la necessità di fare in modo
che il territorio statale diventasse la copia della mappa. Pertanto la mappa precede il territorio e
l'ordine del mondo. È la rappresentazione di un'idea del mondo già pensata. La Terra ridotta a
superficie e successivamente a mappa chiede un approccio globale per descrivere quelle relazioni
sociali, economiche e culturali, nell'epoca delle comunicazioni digitali. Abbiamo bisogno di tornare
a pensare la terra come sfera,tonda, tridimensionale che ruota su se stessa.Va ripensata in termini
tridimensionali giacché, ciò che accade a chilometri di distanza, fatalmente ci ritornerà davanti.
Postcolonial, feminist e queer studies 
Parallelamente hanno preso forma approcci che si sono soffermati sui gruppi sociali e culturali
vessati dalle politiche, su narrazioni e discorsi improntati alla subordinazione, emarginazione e
costruzione dell'"'Altro". Utilizzando il decostruzionismo , gli studiosi post coloniali hanno
impiegato l’analisi testuale per mettere in luce retoriche, dissimulazioni e costruzioni attraverso cui
l’altro, il diverso da se è stato inventato per riprodurre e rafforzare dinamiche sociali e logiche di
potere consolidate.Inaugurato da Said in Orientalism, centrato sugli aspetti politici ed economici
che hanno generato il colonialismo e su costruzioni discorsive funzionali a riprodurre le logiche di
potere tra colonizzatori e colonizzati. Bhabba approfondisce il processo di formazione del soggetto
coloniale e le relazioni ibride che legano gruppi egemoni ai gruppi subordinati. Nelle questioni della
razza e del genere, l'Altro, il diverso da sé sarebbe servito a rafforzare dinamiche sociali
consolidate, escludendo sì quei gruppi ma anche a portarli ad emanciparsi nelle lotte di liberazione.
Gli studi post coloniali intercettarono quello femminista in quanto entrambi focalizzati sulla
costruzione discorsiva della razza e del genere ovvero sulle questioni del potere politico maschile e
patriarcale.Una notevole mole di studi interdisciplinari ha evidenziato le retoriche e gli innatismi
legati alla costruzione del genere e della femminilità che sarebbe ri intrecciati con la pratica della
vita culturale. Il rifiuto per le categorizzazioni sulla base di caratteristiche innate avrebbe costituito
la base per creare un’immagine idealizzata del genere funzionale alla riproduzione del potere. A
Judith Butler si deve lo sviluppo della nozione di performatività, ossia tutto ciò che viene
continuamente reiterato e citato nel discorso al fine di produrre ciò che esso stesso performa,
nomina. Facilmente associabile a tutte le pratiche, quali azioni, parole, immagini, il discorso
performa, definisce e categorizza l'oggetto in questione. L'identità non crea parole azioni e
comportamenti, ma al contrario sono i discorsi, le azioni e i comportamenti a performare l'identità.
Per Butler il genere non è qualcosa che si è ma che si diventa. Un'importante puntualizzazione sta
nel considerare il genere si innesta sul sesso, il genere è un carattere appreso, il sesso è innato. Negli
anni '70 e '80 lo psicologo Stoller denota che il sesso biologico di una persona aumenta ma non
determina l'identità di genere, che è il risultato di influenze psicologiche post-natali. Negli anni 90
nell’ambito delle scienze umane emerge il tema della sessualità e del genere con particolare
riferimento agli studi gay, lesbici,LGBT. Il termine queer fa riferimento alla diversità dei modi in
cui la sessualità e il genere possono essere declinati, opponendosi a una visione del mondo normata,
fissa, stabile. Gli studi queer propongono sostanzialmente riletture nuove narrazioni del genere e
dell’orientamento sessuale, riesaminando il modo in cui le identità di genere e sessuali sono state
costruite nell’ambito di visioni selettive ed esclusive verso tutto ciò che onera diretta espressione
dell’WASP(bianco, anglosassone, protestante e eterosessuale).

CAPITOLO 4
In opposizione alla scuola di Berkeley, sorge negli anni '80, come campo di studi legato alle
questioni politiche e sociali, la nuova geografia culturale. Essa stabilisce forti legami con i cultural
studies della scuola di Birmingham insieme alle teorie femministe post-strutturaliste post-moderne e
post-coloniali. Sociologo ed esponente di spicco dei cultural studies è Raymond Williams,
significativo per aver impostato lo studio della cultura nella dimensione quotidiana. I cultural
studies hanno esercitato un forte impatto nella geografia soprattutto quella britannica dove si
registra un nuovo modo di studiare la cultura che nel corso degli anni '90 vede una svolta culturale,
ossia cultural turn in contemporanea alla svolta spaziale, spatial turn. 
I tre pionieri 
La svolta culturale è stata messa in atto nei primi anni '80 ed è stata definita da alcuni articoli
significativi da parte di 3 pionieri: Peter Jackson, James Duncan e Denis Cosgrove.
Cultural studies: è un campo di studi interdisciplinare che ha preso forma sul finire degli anni '50
attorno ad alcuni studiosi di critica letteraria, sociologia e antropologia nato nel centro di studi
culturali contemporanei di Birmingham e fondato da Richard Hoggart nel 1964. L'idea di fondo è
che ci sia un forte nesso tra cultura e potere e che la cultura possa costituire di per sé un oggetto di
studio attraverso letture critiche per proporre alternative del mondo. Critiche che intendono
esaminare la cultura nelle sue diverse declinazioni teoriche e nelle sue diverse espressioni dalle
tradizioni popolari ai Mass media, canoni letterari, pratiche sociali, politiche identitarie.
Secondo Raymond Williams la cultura è un processo articolato su tre diversi significati:
1 cultura come processo intellettuale e sviluppo spirituale
2 cultura come way of life ossia delegato a determinati gruppi, nazioni, classi, subculture
3 come insieme di attività intellettuali e artistiche (musica, televisione, cinematografia, letteratura)
Stuart Hall riflette forti dubbi sulle impostazioni marxiste classiche poiché si osserva un progressivo
declino della classe sociale come categoria identitaria.
PETER JACKSON riferiva delle preoccupazioni riguardo l'assenza della geografia culturale negli
ambiti scientifici anglo- americani poiché in essa governavano ancora in modo inconsapevole i
precetti della scuola di Berkeley che facevano da "paletti" a una rivoluzione epistemologica.
Jackson si concentra sulla dimensione sociale della cultura e ritiene che la geografia debba
sviluppare strade alternative per teorizzare la cultura senza dover necessariamente fare riferimento
al paesaggio. Proponeva un'integrazione tra dimensione sociale e dimensione culturale stabilendo
un contatto ravvicinato con la sociologia dell'epoca. Jackson e Cosgrove trovano un accordo
comune nel ritenere tutto ciò che apparteneva alla vecchia geografia culturale come vecchio. Contro
la nozione di cultura come entità indipendente, la nuova geografia culturale doveva aprirsi agli
ambienti urbani riferendosi al paesaggio ma anche allo spazio e ai luoghi, si doveva parlare di
relazioni di dominio e resistenza ponendo la centralità della cultura nella vita umana come oggetto
di studio la realtà sia materiale quanto immateriale (le sue rappresentazioni). Maps of meaning di
Jackson, uno dei primi libri di testo della nuova geografia culturale, pone gli assunti principali
spartiacque con la vecchia geografia culturale:
1 la cultura corrisponde ai significati costruiti dalle persone attraverso interazioni e relazioni sociali.
La geog. culturale studia come questi significati si relazionano alle questioni dello spazio, del luogo
e del paesaggio; 
2 i processi di costruzione dei significati culturali di spazio, luogo e paesaggio sono legati alle
questioni del potere e della resistenza. I geografi devono occuparsi di esaminare chi ha il potere di
creare tali significati;
3 questi significati sono costruiti attraverso processi di rappresentazione. I geografi culturali
dovranno dunque studiare come spazio, luogo e paesaggio sono rappresentati e trasmessi attraverso
media e massmedia (scrittura, pittura, musica, film, fotografia, ecc..)
Lo studio della cultura è direttamente connesso allo studio del potere perché i gruppi dominanti
cercano di imporre la propria visione ed esperienza del mondo costruendo discorsi e narrazioni
universalizzanti che in realtà rispecchiano solo interessi specifici. La cultura andava così
considerata come un processo dinamico spazialmente situato. Ciò comportò che la nuova geografia
culturale cominciava ad interessarsi ai gruppi marginali anziché alle grandi civiltà, alle culture
popolari anziché all'elite, aprendo così possibilità nuove in termini multidisciplinari.
Secondo Jackson la concezione superorganica della cultura costituiva un pregiudizio etnico ancora
molto rilevante a livello popolare poiché ancora oggi le preferenze individuali e collettive sono il
riflesso di un'attitudine istituzionalizzata e di ineguaglianza del tutto funzionale alla reiterazione
delle distanze tra gruppi culturali e sociali.
IDENTITY POLITICS
Uno dei principali temi di ricerca che ha preso forma negli anni '80 a seguito della svolta culturale è
quello delle cosiddette identity politics, indica le lotte per il riconoscimento dei diritti messe in atto
dai gruppi sociali tradizionalmente esclusi, oppressi o marginalizzati per questioni di genere, razza,
etnia, disabilità e orientamento sessuale. In generale si intende qualsiasi politica che cerchi di
rappresentare e sostenere le rivendicazioni di un particolare gruppo sociale contro le
generalizzazioni e le categorizzazioni date per scontate. A ciò si lega il cultural politics, una
nozione di cultura intesa come costruzione sociale politicamente contestata e spazialmente
contestualizzata, poiché l'idea di fondo è che le identità prendano forme in determinati luoghi
contribuendo a loro volta a generare il significato dei luoghi. Ciò ha fatto sì che all'interno del
cultural turn si affermasse l'idea che spazio e identità sono mutualmente costituiti nelle loro
multiple e contestate articolazioni.
Sebbene le identità sociali e culturali sono spazialmente costruite non hanno un legame
imprescindibile con i luoghi poiché il luogo dove l'identità si esercita contribuisce a dare ad essa
caratteristiche precise. Cosicché le identity politics si differiscono dalle identità politico-territoriali,
la componente territoriale è essenziale alla loro definizione.
REPRESENTATIONAL GEOGRAPHY 
La nuova geografia culturale ha messo in rilievo l'importanza della rappresentazione nella
comprensione della realtà e l'importanza dello studio delle rappresentazioni nella comprensione
delle culture. Sulla base della decostruzione del testo di Derrida, dell’ipertestualità di Barthes, delle
relazioni di potere, discorso e conoscenza di Foucault e delle riflessioni di Geertz sui processi
interpretativi delle culture, i nuovi geografi culturali hanno posto l’attenzione su come paesaggi,
luoghi, città sono o sono stati rappresentati nel testo e nel discorso dando luogo a una rilettura
culturale di spazi, luoghi e territori. 
Secondo Cosgrove il paesaggio è un “modo di vedere” il mondo (ideologia visiva- rappresentazione
del potere) che è nato in un preciso tempo e luogo(Italia rinascimentale) grazie a una precisa
invenzione:quella della prospettiva (grazie alle intuizioni di Brunelleschi e alle teorizzazioni di
León Battista Alberti- le immagini acquisiscono profondità e tridimensionalità). Intende il
paesaggio come una tessitura di simboli da interpretare come documento sociale, in particolare
attraverso immagini visuali perché incorporano meccanismi di rappresentazione opachi e distorti.
La prospettiva consentì non solo una rappresentazione molto simile alla realtà, ma introdusse un
modo di vedere lo spazio secondo il punto di vista dell'osservatore. La domanda chiave della nuova
geografia culturale è: quale osservatore? Si pervenne all'idea che certi paesaggi, edifici e manufatti
erano un chiaro segno culturale di un mezzo utilizzato dai gruppi egemoni per rappresentare e
legittimare il loro potere agli occhi del popolo coinciso con l'affermazione della borghesia
capitalistica e trasmesso mediante le arti figurative. Si osserva che tutti gli spazi, delle pitture di
paesaggio del XVII e XIX, sono armoniosi e senza conflitti, densi di simboli e riferiti alla ricchezza
dei possidenti terrieri ma deprivati di ogni aggancio al duro lavoro svolto da operai e contadini che
qualora fossero apparsi ritratti, lo erano solo nell'esercizio del loro lavoro al pari di un albero, come
se le lotte contadine, lo sfruttamento, la fatica, la fame non fossero esistite.
Mr. and Mrs Andrews :Il quadro sollecita una sensazione di pace e armonia (rappresentazione del
idillio rurale inglese), ma è assente ogni presenza riferibile a chi quel paesaggio lo ha costruito con
il proprio lavoro (contadini salariati lavoratori subordinati). Di questo quadro vi è anche un
interpretazione femminista che polemizza sul rapporto che sembra intrattenere la giovane coppia
con la terra che li circonda. Lei rispecchia l'ideale femminino associato a ruolo di moglie e richiama
chiaramente il nesso tra natura e donna, soprattutto è la figura statica e passiva della moglie. Lui
invece riflette il pensiero dominante che associava la mascolinità alla cultura (lui in procinto di
agire, proprietario della tenuta). Secondo Rose il dipinto rappresenterebbe non solo le relazioni di
classe ma implica anche quelle di genere. Da questo esempio emerge l'importanza che assume il
contesto storico sociale e politico in cui le rappresentazioni da indagare hanno preso forma
dimostrando che la rappresentazione del paesaggio è tutt'altro che neutrale innocente. La lettura del
paesaggio va di pari passo con i processi culturali e le istituzioni che hanno portato alla sua
formazione. Il ricercatore così non è più un soggetto distaccato che fornisce una descrizione formale
e funzionale dell'oggetto che osserva ma è dentro ai luoghi che studia fisicamente e
metaforicamente.
Duncan, da Vancouver stillava attacchi alla concezione superorganica della cultura di Sauer. Non
era più possibile considerare la cultura come una cosa che viene portata fuori dalla volontà umana e
che considerava gli esseri umani in termini passivi e impotenti. Sappiamo che la scuola di Berkeley
voleva comprendere i processi che portano alla formazione e alla trasformazione delle culture,
escludendo di fatto però che le istituzioni negli apparati decisionali non siano prodotti della cultura
ma solo il risultato di interazioni sociali che rappresentano gli interessi di pochi. Duncan scopri che
il paesaggio può essere letto come un testo è che i tratti architettonici costituiscono citazioni di testi
sacri facilmente riconoscibili dalle popolazioni locali.  Abbraccia l’idea del “paesaggio come testo”.
Obiettivo dell studi dei paesaggi per lui è quello di svelare valori, credenze, pratiche di coloro che
hanno sia costruito sia interpretato paesaggi, attraverso le varie soluzioni testuali. La cultura e i
segni culturali diventano oggetto di interpretazione soprattutto alla luce delle dinamiche politiche,
sociali ed economiche che hanno generato determinati paesaggi ed elevato contenuto simbolico.Uno
degli esempi è quello svolto sulla città di Kandy (Sri Lanka), in particolare del palazzo reale per
rintracciare i segni materiali che hanno svolto un ruolo determinante nella riproduzione dell’ordine
politico e sociale.
La rilettura dell’heritage e della memoria
Il termine Heritage si riferisce all'eredità lasciata da popoli, culture e ambienti del passato. Nel suo
senso più ampio esso include paesaggi naturali e costruiti, artefatti fisici e forme culturali (musica,
letteratura, arte, folklore, monumenti), cultura intangibile (valori, tradizioni, costumi, pratiche,
credenze spirituali, lingua) e tratti biologici. L'Heritage è considerato importante perché collega le
persone al passato e afferma e riproduce l'identità culturale. Legate ad esso sono le politiche di
protezione e conservazione, da un punto di vista fisico e materiale e nel senso dei significati
incorporati in determinati siti, monumenti e pratiche culturali. Il concetto di Heritage è stato
ridiscusso insieme al concetto di Heritage Industry (insieme delle attività che trasformano oggetti,
siti, pratiche culturali). I due concetti sono strettamente legati poiché spesso il patrimonio culturale
si identifica come la principale attrazione turistica e fonte di guadagno per imprese, stati, enti locali
e organizzazioni. Per Heritage possiamo anche intendere un concetto connesso alla memoria
collettiva intesa come pratica condivisa relativa al ricordare o celebrare eventi, momenti storici a
cui si assegna un significato simbolico. Per Halbwachs acquista ancora più valore la memoria
poiché essa ha il potere di fondare e rinsaldare sensi di appartenenza e legami identitari.
(memoria riguarda ciò che della storia è connesso al presente, praticata quotidianamente dalle
persone  ≠ storia documenta ciò che è avvenuto nel passato, trattata in ambito accademico)
La memoria è praticata quotidianamente da ogni persona e può essere selettiva, ideologicamente
orientata, contestata e negoziata e non semplicemente ricordata. La nuova geografia culturale vede
nell'Heritage il frutto di una selezione parziale, distorta e selettiva della storia di una collettività.
Pertanto si dovrà operare una decostruzione dei simboli nazionali e dei discorsi incorporati in
oggetti, monumenti e luoghi della memoria, si parla di "vera storia" ovvero la differenza che si pone
fra la storia che è stata e ciò che è stato estrapolato per inventare l'Heritage. Interviene Hobsbawm
con il concetto di tradizione inventata per significare quell'insieme di pratiche governate da regole
apertamente o tacitamente accettate che cercano di inculcare valori e norme comportamentali per
ripetizione. In quest'opera di decostruzione avviata dalla New cultural geography è stato evidenziato
come luoghi e monumenti della memoria, essendo frutto di una selezione di avvenimenti storici in
grado di esaltare determinati eventi e significati, questi rispondano a specifici obiettivi politici e
sociali attraverso una specifica interpretazione del passato per affondare le proprie radici e
legittimarsi, ergendosi così a rappresentanti di coloro che possono riconoscersi in quelle origini. 
In merito alla critica all’industria dell’heritage  l’obiettivo è mettere in luce la natura artificiale,
inautentica del patrimonio culturale. La costruzione selettiva dell’heritage viene eseguita in
funzione dell’utilizzo economico di siti e oggetti, cosicché il processo di mercificazione del
patrimonio è realizzato sugli aspetti poi spettacolari e attraenti agli occhi del pubblico. 
Dal paesaggio al luogo 
È nata un'ampia opera di ri significazione di spazi e siti-simbolo che evidenzia la natura polisemica
di questi che testimoniano la storia di gruppi tradizionalmente esclusi dalle grandi narrazioni (siti
industriali dismessi o vecchie miniere, antichi mulini). La ricerca geo-etnografica attraverso
l'impiego di più metodi (osservazione partecipante, interviste, fonti di archivio, cartografia,
immagini) ha incominciato ad appurare quale passato dovrebbe essere ricordato per quali persone
dove e in quale forma. 
I prodotti culturali intesi come segni da interpretare che incorporano significati valori idee
appartenenze chiamano in causa la semiotica e l'ermeneutica che hanno esercitato sulla nuova
geografia culturale una grossa influenza consentendo il superamento della distinzione tra cultura
materiale e immateriale: la comprensione dei segni di come i diversi gruppi umani celebrano,
contrastano e disapprovano i prodotti e le pratiche culturali inscritte nei paesaggi, nei luoghi e nei
territori. Se un significato diventa dominante poiché gli attori dominanti li hanno posti al fine di
forgiare il mondo, vuol dire che altri significati sono stati repressi. In che modo alcuni significati
diventano predominanti? Attraverso quale processo? Ad opera di chi? Per quali finalità?
L'attenzione si riversa ora su dove sono le cose di interesse culturale, come sono fatte e soprattutto
chi le ha costruite, a quale scopo magari dando vita a stereotipi e conflitti culturali. Lo studio della
cultura diventa lo studio del potere e della lotta politica. Cambia anche l'idea di luogo. Infatti non
sono più considerati come spazi unici, autentici, comunitari. Piuttosto come crocevia di flussi, reti e
relazioni, spazi aperti permeabili e interconnessi.
L’oggetto di studio  diventa il luogo contestato da diversi gruppi e ciò è ritenuto rilevante non solo
ai fini della realizzazione concreta delle progettualità locali ma anche per la questione dei diritti.
Grosso rilievo ha il ruolo attivo che le persone e i gruppi rivestono nella costruzione dei luoghi e dei
loro significati. Questa nozione eterogenea, polisemica e aperta del luogo è andata di pari passo con
una nozione di cultura assimilabile più all'idea di strada che di radice. 
Doreen Massey ha così proposto una rilettura della nozione di senso del luogo proponendo una
nuova idea di global sense of Place ovvero un senso della dimensione locale aperto alla dimensione
globale, alle relazioni e alle interazioni con il mondo: ciò che sta cambiando è proprio la geografia
delle relazioni, ovvero relazioni sociali economiche politiche e culturali intrise di potere, dominio e
subordinazione, estese globalmente e trasversali ad ogni scala sociale e territoriale, dalla famiglia al
quartiere, dalla nazione al globo.
In tal senso Massey nel 1993 utilizza la nozione di progressive sense of place ovvero vedere i
luoghi intesi in senso romantico e politico come unità coesa non può più essere una visione
possibile, ma vanno intesi come un crocevia di relazioni spaziali di potere che si dispiegano tutte le
scale da quelle del corpo alla scala globale. Ciò conferisce al luogo la sua specificità e non ad una
qualche storia interiorizzata, esso diviene il risultato di una particolare costellazione di relazioni con
l'esterno che si incontrano e si intrecciano insieme in un particolare sito. Da qui viene formalizzato
il concetto di spazio relazionale a cui principalmente ha contribuito David Harvey e la stessa
Massey, tanto da far parlare di un relational turn.
La formalizzazione di questo concetto distingue tra spazio assoluto, relativo e relazionale.
1) lo spazio assoluto: contenitore nel quale si dispongono i fatti e le cose, concepito come la realtà
già data, immutabile e fissa e in quanto tale funziona secondo regole precise. Può essere localizzato
in modo preciso attraverso le coordinate geografiche; è lo spazio della pianificazione, della
cartografia ufficiale e di altre designazioni territoriali racchiuse dentro confini.
2) Lo spazio relativo: è relativo in duplice senso, da una parte introduce l'idea che esistano diverse
geometrie tra cui scegliere, dall'altro si afferma con la concezione dello spazio relativizzato in
funzione del fenomeno osservato e dell'osservatore (es. la distanza più corta misurata in termini di
tempo, costi ed energie tra due punti non necessariamente corrisponde al volo in linea d'aria). Il
punto di vista dell'osservatore quindi gioca un ruolo fondamentale nel delineare la prospettiva
attraverso cui concepire questo spazio, per cui nello spazio relativo assumono rilievo i particolari
delle scelte soggettive.
3) Lo spazio relazionale:rovescia il concetto di spazio assoluto e relativo poiché non è visto da una
determinata prospettiva ma è il prodotto di relazioni plurime, mutevoli che intercorrono tra lo
spazio di soggetti umani producendo la loro spazio-temporalità. Un oggetto, un evento, un processo
non è assimilato a ciò che sembra essere in un dato momento, ma è considerato come prodotto di
innumerevoli, invisibili connessioni e relazioni spazio-temporali. In questo modo anche i fenomeni
apparentemente stabili diventano fluidi, multipli e indeterminati.
Harvey non vuole imporre una scelta fra i tre modi di concepire lo spazio, poiché alla domanda: che
cos'è lo spazio? Egli risponde che lo spazio sta nelle pratiche umane e che dovremmo incorporare
tutte e tre le modalità di concepire lo spazio nel nostro pensiero in una sorta di trialettica proprio per
non incorrere nel ragionamento chiuso di Hegel o di Marx e per superare la visione dicotomica del
mondo.
La concezione dello spazio relazionale ha contribuito a modificare quello di scala geografica, che
non è più intesa in termini gerarchici dal locale al globale, ma in termini relazionali, in base cioè
alle connessioni tra scale uguali e diverse. Si passa così da una concezione multiscalare del mondo a
quella transcalare: ciò che succede in uno specifico luogo può essere frutto di fenomeni e decisioni
che vengono a qualsiasi altra scala globale e nazionale, sovranazionale, subnazionale.
Uno studio sui senzatetto di New York ha per esempio evidenziato come la condizione di alcuni
gruppi sociali sia la conseguenza di una serie di cambiamenti in atto a diverse scale geografiche
(crisi economica globale, delocalizzazione delle attività produttive, dinamiche finanziarie del
mercato immobiliare) che le decisioni del governo locale in materia di assistenza sociale e
pianificazione delle attività produttive.
Secondo Massey sarebbe più forte il legame con la casa, il vicinato, il luogo in cui abitiamo, che
con l' altrove, come se il nostro senso di responsabilità verso il mondo diminuisse in misura
proporzionale alla distanza dal luogo in cui ci siamo. Dovremmo pensare a spazio e luoghi in
termini relazionali poiché il pensiero relazionale ha influito sulla ridefinizione del modo di
concepire appartenenza e identità.
Sottolineando il carattere dinamico, ibrido e multiplo delle identità culturali e sociali in continua
trasformazione la representational geography opera una distinzione tra vision (il vedere, la struttura
biologica della vista) e visuality (il modo di vedere socialmente costruito) favorendo la nascita di un
nuovo campo di indagine ossia la cosiddetta visual geography relativa allo studio sulle immagini e
con le immagini ossia come testo da interpretare da una parte, come strumento per produrre dati
visuali dall'altra.
Non-representational theory 
Nel corso degli anni '90 la representational geography ha trovato diverse critiche poiché centrandosi
su teorie, linguaggio e discorsi si è resa poco praticabile, ristretta a un gruppo di geografi
intellettuali troppo interessati a decodificare idee e concetti, piuttosto che ad impegnarsi nelle azioni
pratiche e a porsi in modo distaccato dal mondo reale, dalla vita della gente e dalle lotte politiche. I
critici hanno definito il loro approccio wordy worlds, poiché intrappolati nei loro discorsi. La non-
representational theory, elaborata da Thrift e
Mccormack, è stata definita geography of what happened. Thrift propone di focalizzare l'attenzione
su come le relazioni umane sono agite e performate; dunque si tratta di studiare non solo ciò che è
stato prodotto e narrato, ma i processi che operano prima del pensiero conscio e riflessivo. Il
riferimento alle questioni di potere tanto battuto dalla representational geography viene attualizzato
e calato nelle situazioni reali. Si cerca di oltrepassare la fase contemplativa centrata sulle colpe del
potere, sul tono apocalittico del pensiero filosofico occidentale, per tornare alla concretezza della
realtà, alle pratiche che costituiscono il tessuto della vita quotidiana, per celebrare i modi in cui la
creatività di tutti i giorni, la fantasia e il gioco minano ed eludono i meccanismi del potere.
L'obiettivo politico è dunque quello di dimostrare come le relazioni sociali si esprimono in modi
nuovi alimentando la nascita e la formazione di poteri emergenti. Oggetto di studio risultano le
routines quotidiane, i movimenti corporei, emozioni, intuizioni, intensità affettive, interazioni
ordinarie, disposizioni sessuali, sensuali (performance ed eventi musicali, danza, reazioni emotive
all'ascolto della musica, camminare, il campeggio, il giardinaggio, esperienze a contatto con la
natura, giochi per bambini e adulti, esperienze sensoriali, skateboarding) che rendono e fanno la
differenza nelle nostre esperienze di luogo e che potremmo chiamare microgeografia delle pratiche
abituali, sollecitando nuove domande: come prendono vita queste esperienze? come spingono
all'azione? come ci definiscono in relazione al mondo? La non-representational Theory si staglia
prima e dopo la rappresentazione segnando il passaggio dalla rappresentazione alla performatività
che ogni giorno costruiscono il senso e il significato delle persone dei gruppi sociali e dei luoghi.
Per questo approccio il corpo è la scala più grande in assoluto. Si parte dal presupposto che i nostri
corpi sono creativi ed espressivi attraverso le azioni che compiamo anche in relazione al potere alle
regole poiché stare in un luogo è un'esperienza complessa cognitiva e fisica in continuo divenire. Il
corpo performativo attraverso attività movimenti ed espressioni del corpo dimostra implicazioni
politiche come per esempio nel sottrarsi attivamente ed esplicitamente al potere alle
categorizzazioni e alle esclusioni. A dispetto della representational geography che utilizzava metodi
di indagine che potessero decodificare le rappresentazioni di luoghi, paesaggi, etnie, generi e razze,
poiché considerate come entità da interpretare, la non-representational Theory parte invece
dall'esperienza del mondo nel momento in cui essa prende forma studiando la cultura mentre si
produce nei luoghi con l'ambizione di creare metodi che co-producono il mondo. Vengono
utilizzate osservazione partecipante, documenti visuali autoprodotti dagli intervistati, interviste,
focus group, con più attenzione alle espressioni linguistiche non tanto sul cosa viene detto ma sul
come poiché gli intervistati parlano della loro esperienza e pratica del mondo ed esprimono così le
forme linguistiche con le quali le persone stesse rappresentano le loro esperienze, ossia quella
funzione performativa del linguaggio alle quali bene si adatta il concetto di embodiment
geographies focalizzata sugli eventi e azioni che performano culture e gruppi sociali attraverso il
corpo. L'embodiment lega a sé il concetto di affect, inteso come interazione non cognitiva non
simbolica sensuale tra le persone e l'ambiente che consente l'emergere di un senso del luogo. Questo
concetto ha assunto rilievo in geografia perché esso significa le diverse forze che con varia intensità
e velocità entrano in gioco nella composizione e ricomposizione dei corpi anche attraverso le
esperienze tattili.
CRITICHE ALLA NON-REPRESENTATIONAL THEORY La non-representational Theory è
stata a sua volta criticata poiché essa, focalizzandosi sulle esperienze che stanno prime e oltre la
rappresentazione, tendono ad escludere la rappresentazione stessa. Quando comunichiamo idee,
sensazioni e sentimenti siamo direttamente coinvolti nella rappresentazione per cui di fatto ne
forniamo una sua rappresentazione. Tuttavia alla contestazione di richiamare molto la geografia
umanistica reiterando gli stessi errori nel sostenere visioni universali e soggettivamente non
differenziate, essa contrasta premendo sul fatto che il corpo performativo può agire in modo
sovversivo e creare spazi di azione personale. Anche se in relazione a norme, rappresentazioni e
discorsi precostituiti. La non-representational theory considera il soggetto come entità radicalmente
contingente al momento e al luogo in cui le esperienze prendono forma e non è possibile ricondurlo
a categorie o condizioni universalizzanti. Inoltre non ha specificato da un punto di vista
metodologico come procedere e quali metodi. C'è da dire che le rappresentazioni e i discorsi e le
norme non si possono escludere dall'analisi performativa della cultura, per questo gli aspetti
performativi aprono comunque nuovi orizzonti di ricerca tanto che Hayden Lorimer ha proposto
una more-than representational Theory, una geografia che incorpora le manifestazioni materiali
della cultura e i suoi significati. Murdoch informa di un materialist turn che si colloca nel post-
strutturalismo materialista, basato non sulla rappresentazione ma bensì su una nuova concezione
dello spazio e del mondo come intreccio inestricabile di più dimensioni e aspetti della realtà.
Actor-network theory
Elaborata dal sociologo Bruno Latour insieme al collega Michael Callon e all'antropologo
britannico John Law nel corso degli anni '80, la teoria Attore-Rete è un approccio teorico e
metodologico sviluppato nell'ambito della teoria sociale che concepisce il mondo come composto
da associazioni di elementi eterogenei e si propone di tracciare tali associazioni. La ANT sostiene
che ogni fatto, fenomeno, oggetto del mondo è il risultato di una complessa rete di relazioni in cui
agiscono attori umani e non-umani che non si collocano in opposizione gli uni e gli altri. Supera la
tradizionale attribuzione del ruolo di attore ai soliti esseri umani (i soli che possono associare
l'azione all'intenzionalità e alla competenza linguistica) e la estende alle entità naturali e materiali
(definite Attanti), capaci di generare un'azione o di incidere nella costruzione o nel cambiamento di
un determinato network (rete di relazioni). Gli Attanti contribuiscono a generare un'azione, sono
perciò qualsiasi cosa umana o non umana che agisca sugli altri o che generi una modificazione o
uno spostamento dell'azione. Gli attanti posseggono diverse capacità di impatto sulle reti di
relazioni in base alla loro capacità di costruire alleanze poiché fanno parte di un network e
detengono un diverso grado di potere sia nell'influire che nel mobilitare le altre entità. Tale potere
può essere indirizzato intenzionalmente verso specifici obiettivi, soprattutto da parte di alcuni
elementi del network. Le relazioni sociali e l'intenzionalità umana indirizzano e orientano l'azione
dell'actor-network. Si propone un radicale superamento della separazione tra geografia fisica e
geografia umana. La ANT stabilisce il legame di interdipendenza che intercorre tra natura e società
proponendo un analisi delle interazioni sociali a partire dalle relazioni tra entità eterogenee tanto
umane quanto naturali, tanto materiali quanto simboliche. tutti gli oggetti e le cose esprimono una
loro consapevolezza, una finalità nell'agire, una teleologia e attraverso questa consapevolezza,
interagiscono con altri entità, oggetti, attori. Questa teoria è stata contestata poiché sembra più una
teoria su cosa studiare che un quadro interpretativo del mondo, ma la Ant ha fornito un vivace
dibattito ruotato intorno alle cosiddette hybrid Geographies.

CAPITOLO 5
A partire dalla svolta culturale degli anni 80 si assiste a una proliferazione di volumi e articoli
centrati sulla geografia culturale che appare assente nel contesto italiano poiché non vi era
l'esigenza di considerare la cultura come discriminante per la nascita di uno specifico ambito di
studi. Vediamo che in un articolo di Claudio Minca del 2005, un geografo di origine italiana
trasferitosi all'estero, proprio perché respirava gli input provenienti dal mondo anglosassone,
esortava la geografia italiana a uscire dal proprio isolamento. Solo nell'ultima decade è possibile
osservare grazie alle giovani generazioni di ricerca-tori che hanno cominciato a confrontarsi con
ambiti internazionali, nuove produzioni.
ASPETTO SOCIALE ITALIA Il territorio nazionale italiano si distingue per le molteplici
espressioni diverse (paesaggi e dialetti e pratiche di coltivazione prodotti e piatti tipici miti riti e
feste tradizionali) con un passato storico del tutto differente e con una frammentazione politica
dovuta all'unità nazionale sorta in tempi relativamente recenti. Ha sofferto più dominazioni che
domini (fatta eccezione dell'epoca imperiale romana e della breve parentesi dell'epoca fascista)
quali greci, arabi, longobardi, goti, la Francia napoleonica e l'impero austro-ungarico. Dunque ogni
angolo d'Italia ha conosciuto domini di popoli ben differenti. Si aggiunge da qualche decennio il
fenomeno dell'immigrazione da parte del cosiddetto Sud del mondo e dall'Europa dell'est. L'Italia si
configura piuttosto come un paese di emigrati.
ASPETTO SOCIALE STATI UNITI La diversità razziale etnica e sociale ha costituito un tratto
distintivo. La ricerca geografica ha rilevato che i tratti distintivi della storia politico-sociale-
culturale sono stati determinati da fenomeni come il neocolonialismo, la schiavitù, la segregazione e
discriminazione razziale, la deportazione e lo sterminio di popolazioni native dove i gruppi sociali
dominati (i cosiddetti WASP) si sono consolidati in lotte per la resistenza poiché vivono situazioni
di disparità sociali ed economiche. La componente nera trova ancora tensioni con la componente
bianca della popolazione e tutt'oggi avvengono tragici avvenimenti sollevati dal problema della
razza, termine che già dall'olocausto in Europa è stato completamente abolito e che negli Stati Uniti
appartiene ancora al linguaggio quotidiano.
STATI UNITI E LO SPAZIO La storia degli Stati Uniti è stata costruita sulle diverse declinazioni
dello spazio anziché del tempo come è avvenuto in Europa, poiché la frontiera è vista come quello
spazio fisico che definisce il confine da superare e non, a tratti è stato elemento portante del confine
immaginario della letteratura e della cinematografia di fantascienza. Pertanto i territori di frontiera,
assumendo questo ruolo importante nel processo di costruzione di un immaginario geografico
nazionale, ha creato una fonte illimitata di illusione inesauribile. In questa dimensione
socioculturale è sorta l'esigenza di adottare strategie di resistenza tali da creare un processo di
riconoscimento dell’identità . Questioni politiche, storiche ed economiche sono state considerevoli
anche nell'ambito anglofono, tali da scaturire l'evoluzione della geografia culturale di stampo critico
sociale dagli anni '80 del secolo scorso.
L'ITALIA E LO SPAZIO connotata da molteplici diversità culturali che concorrono a considerare
un contesto diverso con retaggi storici economici, sociali e culturali assolutamente differenti.
Diffusione di fenomeni di malaffare opportunismo a tutti i livelli sociali: segni 'abusivismo edilizio,
appropriazione privata dei beni comuni, devastazione paesaggistica, estrema vulnerabilità degli
eventi naturali, mancata cura, manutenzione e valorizzazione dell'immenso patrimonio culturale: le
macerie di terremoti che sono ancora lì dopo decenni, edifici storici, testimonianze antiche pronte a
crollare, assenza di opera di conservazione, centri storici millenari abbandonati per l'incapacità di
reinventare la tradizione, assenza di risorse economiche dovute a lungaggini burocratiche e
inefficienze decisionali, logiche di approfittamento, nulla si muove se non c'è una fetta di guadagno
da spartire
Profondamente diversa è l'idea di patrimonio culturale in Italia> Nell'accezione statunitense e
britannica l'idea di Heritage è intesa come lascito di simboli di valori memoria e pratiche che sono
condivise dalla collettività ed è trasmesso di generazione in generazione.> concetto che trova dure
critiche nella New cultural geography in quanto esito di una selezione parziale e distorta degli
eventi storici > restituisce una storia fasulla di chi ha ignorato le voci di esclusi, subalterni e
emarginati. In Italia il passato storico non è mai stato messo in discussione. Anzi, al contrario, è
stato sempre motivo di orgoglio. I segni lasciati sul territorio dalle passate civiltà costituiscono
valore aggiunto in termini di spendibilità economica e detengono un valore simbolico identitario per
la per le collettività insediate nei singoli territori > la locuzione patrimonio culturale è utilizzata nel
linguaggio quotidiano, a livello legislativo si è sempre parlato di beni culturali ambientali (edifici
storici, ville, giardini, opere d'arte) > patrimonio culturale = idea che coincide con proprietà privata.
Nel nostro paese predominano 3 approcci teorici:
Approccio umanistico (si sofferma sulle fonti letterarie), 
prospettiva semiotica(i beni culturali non sono più descritti nella loro forma ed evoluzione storica o
funzione economica, ma piuttosto per il loro significato simbolico e relazionale catalizzatore di
identità culturali) 

CAPITOLO 6 
Approccio territorialista 
In Italia il termine territorio è quello che viene più frequentemente utilizzato sia in geografia che
nelle altre discipline sociali. A questa scelta sottende il diverso significato attribuito storicamente al
termine territorio.
A partire dagli anni '80 dello scorso secolo si può andare a rintracciare un approccio teorico da parte
di Claude Raffestin geografo emerito dell'università di Ginevra che si è riferito al concetto di
territorio e di territorialità.
Etimologia del termine territorio: Termine da sempre stato ambiguo e problematico. La sua radice
etimologica però non deriva da terra come si potrebbe pensare ma bensì da terrore, nel codice
Giustiniano si specifica che il territorio equivale all'ambito dell'esercizio del potere politico di
controllo e giurisdizione e a tagliare se nel caso la testa alle persone. Infatti nella bassa latinità
molte testimonianze riportano che territorium era lo spaventapasseri piantato all'interno del campo
di grano che rappresentava l'esercizio di un potere relativo alla terra ovvero terrore e proprietà sono
perfettamente unificati. Per Varrone deriva invece dall'atto di triturare (terere) le zolle con l'aratro e
il bue, quindi avrebbe la stessa radice di terra.
Nelle etimologie di Isidoro da Siviglia deriva invece da Tauritho-rium ossia un ambito calcato e
percorso dai bovini durante l'aratura. Ma nel Corpus luris di Giustiniano il territorio e invece
l'estensione che ricade sotto la giurisdizione del magistrato. Il termine non avrebbe dunque nulla in
comune con la terra ma discende dalla stessa base di terrore (Terrere). Il territorio ha perciò molto a
che fare con l'esercizio della pratica del potere, con la produzione della paura di natura politica ed è
proprio con questo tipo di accezione che viene prevalentemente utilizzato per tutto il medioevo
TERRITORIO TERRITORIALITÀ TERRITORIALIZZAZIONE Oltre al contributo di Claude
Raffestin possiamo nominare quello di Angelo Turco del 1988. Nell'accezione comune di territorio
è quella che intende una porzione di spazio dotata di confini controllata e gestita da una autorità e le
cui competenze variano in base alla scala e alla gerarchia delle relazioni istituzionali. Definizione
che ha origini lontane nel tempo e piuttosto incerta. Nell'ambito scientifico una nozione del 2011 ci
proviene da Jacques Lévy che individua 9 significati diversi attribuiti al termine territorio (spazio
abitato; metafora della territorialità animale applicata alle società umane; ambito dell'appartenenza
dell'identificazione; ecc..
In ambito geografico sono stati elaborati due principali concezioni per esprimere la territorialità:
quella anglosassone facente capo a Robert Sack e quella francofono-italiana con Claude Raffestin.
Versione anglofona, più diffusa, si esprime nelle strategie di potere di controllo dello spazio che
vengono adottate per gestire le risorse o la popolazione di una certa area geografica (controllato da
individui, gruppi o istituzioni) che possano in qualche modo condizionare, influenzare e controllare
persone, fenomeni, relazioni esercitando un controllo. Sarebbe espressione di un potere esercitato su
uno spazio fisico e sociale che definisce un dentro e un fuori delimitato da confini. Ma questa
declinazione di territorialità è stata definita passiva e negativa poiché non interagisce con l'agire
sociale.
Versione francofono-italiana non si riferisce necessariamente a un'entità politico-amministrativa
definita da confini, né l'agire territoriale corrisponde esclusivamente ad attori istituzionali e politici,
al contrario invece la territorialità è concepita come l'insieme delle relazioni che gli esseri umani
intrattengono con lo spazio in cui agiscono al fine di soddisfare le proprie necessità. Secondo
Raffestin si tratta di un insieme di relazioni che nascono in un sistema tridimensionale società-
spazio-tempo in vista di raggiungere la più alta autonomia possibile compatibile con le risorse del
sistema oppure che si riferisce al complesso delle pratiche delle conoscenze messe in atto da un
gruppo umano per trasformare uno spazio in un territorio. Questa accezione è stata definita attiva e
positiva: attiva: il territorio è socialmente costruito in termini processuali; in positivo: si manifesta
attraverso pratiche sociali e logiche inclusive.
Gli apporti territorialisti puntano ad elaborare una teoria generale dello spazio a partire da concetti
chiave
GLOSSARIO TERRITORIALISTA
Ambiente naturale prima su cui lavora l'uomo la società
Attore il soggetto individuale o collettivo portatore di interessi privati e pubblici
Attore sintagmatico colui che realizza un programma
Milieu insieme localizzato di connotati naturali e umani e substrato dei processi di sviluppo locale
Spazio ambito preesistente all'azione umana
Territorialità complesso delle relazioni che gruppi umani stabiliscono con lo spazio
Territorializzazione processo sociale che trasforma l'ambiente naturale o spazio in territorio
Territorio prodotto, esito della territorializzazione
CLAUDE RAFFESTIN pensa alla territorialità attraverso le relazioni sociali, i processi di
costruzione attiva del territorio, i rapporti che un gruppo umano stabilisce con il contesto,
l'ambiente fisico in cui agisce. Questa concezione tiene dunque conto dei cambiamenti che il
territorio può conoscere nel corso del tempo, attraverso processi di territorializzazione e
deterritorializzazione o riterritorializzazione (TDR)
- territorializzazione: processo di formazione storica del territorio 
-deterritorializzazione: cambiamento nell'organizzazione del territorio (ad es. nuovi usi del suolo,
nuove infrastrutture, nuove funzioni urbane) che modificano l'aspetto precedente -
riterritorializzazione: ricomposizione territoriale (progettualità futura, nuovo modello culturale)
Sono le relazioni sociali ad acquisire centralità nella trasformazione dell'ambiente fisico in
territorio. Questa teoria è concentrata non soltanto nei processi di distribuzione e diffusione di un
determinato fenomeno ma anche dalle scelte che riguardano il territorio delle relazioni di potere tra
attori sociali. Dimostra di essere vicina alla teoria generale dei sistemi, alla teoria della complessità,
ma anche alla ANT. In realtà il concetto di territorialità è stato fondamentale per la riformulazione
della geografia italiana, inoltre trova elementi che richiamano lo spazio e la spazialità nella versione
anglosassone ma è vicina al concetto di spazio sociale di Lefebvre. Nel suo aspetto relazionale ha a
che fare con la nozione di transcalarità. Questa visione multidimensionale della vita sociale da una
prospettiva relazionale apre la strada anche a un'ontologia geografica dell'essere del mondo di
ispirazione heideggeriana.
ANGELO TURCO Lo studioso nel 1988 ha sviluppato le idee di Raffestin con una teoria della
complessità basata sul concetto di territorialità e territorializzazione che ha forti agganci con
l'antropologia. Dalla sua lunga esperienza di ricerca sul campo in territorio africano desume che un
qualunque gruppo umano che vive cresce e progredisce grazie alle trasformazioni che produce nel
suo ambiente in cui è originariamente insediato. L'ambiente naturale si connota come territorio
poiché è un prodotto dell'azione umana ma al tempo stesso una condizione dell'azione. La
dimensione culturale è incorporata nell'agire sociale che trasforma lo spazio in territorio nelle
logiche che si identificano tra le relazioni degli attori in gioco e nelle loro strategie.
Il processo di territorializzazione avverrebbe attraverso tre caratterizzazioni: 
1.costitutiva della società poiché un gruppo umano insediato in un determinato contesto si evolve in
un corpo sociale e sviluppa conoscenze percezioni e rappresentazioni coscienza identitaria;
2. riflesso dell'azione sociale caratterizzata dai segni delle trasformazioni operate dal gruppo
insediato;
3. condizione dell'agire sociale poiché consente alla collettività insediata di ottenere risorse
materiali e simboliche di cui ha bisogno per vivere e riprodursi.
Queste trasformazioni avvengono lungo una traiettoria temporale in continua trasformazione in
corrispondenza di eventi naturali, cambiamenti demografici, politici, economici, tecnologici che
modificherebbero l'organizzazione della società, dunque le scelte territoriali. La chiave di lettura
elaborata da Turco assume connotati universali e si articolano in tre forme di controllo del territorio:
simbolico, materiale e organizzativo. simbolica: denominazione dare nomi ai luoghi, appropriarsi
intellettualmente di un ambiente naturale, attribuirgli significati scelti in base alle connotazioni
naturali, storiche, mitiche del sito dove la collettività si insedia. Espressione di conoscenze, saperi,
convenzioni e convinzioni della società che lo assegna, sapere territoriale che funge da strumento
comunicativo. Il toponimo diventa designatore di specificità con valenza sia cognitiva che
comunicativa. materiale: reificazione (trasformazione concreta della natura nelle sue fattezze
fisiche, il modellamento materiale della superficie terrestre che si inscrive nel paesaggio e a sua
volta si suddivide in tre ambiti principali: produzione caccia, pesca, agricoltura, industria; mobilità
movimento di cose, risorse e persone: strade, ferrovie, porti, aeroporti; abitare dalla dimora più
semplice alla megalopoli. organizzativa: strutturazione (organizzazione politica e amministrativa
del territorio che si evidenzia con la creazione di confini, giurisdizioni, ambiti di competenza,
comuni, regioni, ASL, distretti scolastici).
Il processo di territorializzazione può essere:
autocentrato: la società costruisce il proprio territorio e se ne serve per costruire se stessa, la
collettività locale definisce le proprie connotazioni, garantisce, riproduce il proprio funzionamento.
Eterocentrato: la società locale perde la capacità di gestire autonomamente il territorio, entra nella
sfera di influenza di un corpo sociale esterno con poteri decisionali (es. i territori colonizzati) e può
configurarsi come acculturazione, appropriazione, dominazione, in base al livello di controllo che
assume il corpo sociale esterno.
È un processo storico sociale che implica sentimenti di appartenenza, identità e topofilia che si
configurano nel tempo, attraverso le narrazioni e rappresentazioni (letteraria, figurativa o
architettonica) che racconta questo processo proprio vivendolo e plasmandolo che si conquista il
valore, lo statuto identitario.
VALORI TERRITORIALI E TERRITORIALITÀ ATTIVA Lucio Gambi ha proposto una
geografia storico-sociale fondata sul concetto di valore dove i valori sono visti come i principi per le
scienze della natura ovvero ritenuti oggettivi stabili valevoli in ogni occasione. Ma questi valori
sono mutevoli per definizione. Così De Matteis sostiene che i territori sono depositari di valori, cose
a cui è attribuito o si attribuisce un valore e nello specifico i valori territoriali sono definiti come
quei caratteri del territorio a cui viene riconosciuto un valore in positivo (risorse potenziali,
vantaggi, caratteri qualificanti) o in negativo (squilibri, limiti, vincoli, criticità, svantaggi in genere)
poiché considerati per la loro natura relazionale e possono essere individuati solo nel rapporto di un
oggetto con dei soggetti i quali attribuiscono tali valori a prescindere dal contenuto che sia positivo
o negativo. De Matteis orienta la sua geografia andando oltre le rappresentazioni, in senso
progettuale, capace di indicare quali rappresentazioni territoriali muovano l'agire individuale e
collettivo e in che modo rispecchiano le aspettative della collettività, quanto il nostro agire sia
coerente con i nostri valori in quanto frutto di un rapporto relazionale tra soggetti e territorio
mutevole nel tempo. Non può esservi una conoscenza assoluta e oggettiva dei valori territoriali,
bensì attraverso metodologie di rilevamento qualitative di natura transcalare poiché vengono
individuati e attribuiti a più scale sia per quanto riguarda il territorio considerato, sia nella sua
vastità che ingloba una diversità di soggetti che si collocano da un livello locale a uno globale, da
una piccola scala di riferimento a territori di ampia dimensione. Il valore territoriale è attribuito
sulla base di valutazioni tecnico-scientifiche di altre valutazioni che rientrano nella pratica culturale
per la sua rilevanza storica archeologica e artistica o naturalistica. Ma a scala locale le conoscenze e
le esperienze contestuali contribuiscono a costruire il valore territoriale.
Metodologia per l'analisi dei valori territoriali poggia su due nuclei tematici principali:
> capire i luoghi nelle loro connotazioni storiche, ecosistemiche ed economiche in un'ottica dei
significati in una continua dialettica tra soggettività locali e dimensioni sopra locali in una
prospettiva progettuale futura.
> valutare la sostenibilità delle possibili trasformazioni territoriali in termini di integrazione
ambientale equità sociale di efficienza economica. Le risorse culturali di un territorio sono
rappresentazioni di valori tangibili e intangibili, si tratta di capire se sono false, vere, reali o
immaginarie. Distingue 3 tipologie di rappresentazione:
eloquentemente false, completamente diverse da come stanno le cose (cinema o letteratura)
rappresentazioni di fatti culturali (beni culturali come siti archeologici monumenti, centri storici,
paesaggi rurali tipici, musei) che vengono trattati come testimonianze del passato rappresentazioni
che narrano valori e risorse culturali tenendo conto dei processi da cui derivano e fa riferimento
all'agire di quei gruppi umani che sviluppando specifiche relazioni sociali interagiscono in forma
coevolutiva con uno specifico materiale simbolico, così elaborano/riproducono conoscenze
credenze costumi
Ne viene fuori una territorialità attiva che deriva non solo dall'interazione orizzontale tra soggetti
che operano uno stesso territorio ma anche da una interazione verticale tra soggetti e territorio
trasformando le potenzialità in risorse per lo sviluppo. De Matteis ci informa inoltre di un codice
genetico che possiederebbe il sistema territoriale, inteso come specificità sedimentata nel corso
della storia e come base invariante nei processi di sviluppo locale.
 Il patrimonio culturale in questa prospettiva è assimilato al patrimonio genetico di un organismo
che si riproduce nel tempo proiettando sempre qualcosa di se nel suo divenire e dimostrando che i
territori possono evolversi ma subire profonde trasformazioni mantenendo sempre traccia del
proprio passato.Per corroborare la tesi genetica, De Matteis effettua un parallelo con i sistemi
biologici i quali attraverso i meccanismi dell'evoluzione biologica e poi di quella culturale, il
sistema biologico svolge la funzione di assicurare la continuità della vita attraverso la trasmissione
dell'informazione da una generazione all'altra. Per cui se il patrimonio della biodiversità consiste
nella varietà del genoma, quello culturale consisterebbe nella varietà dei caratteri culturali specifici
delle diverse società che si formano, si conservano e si trasmettono, grazie a una certa stabilità dei
rapporti che esse hanno con i loro territori. che la cultura sia costitutiva e plasmatrice della nostra
umanità lo sostengono paleoantropologi e neuroscienziati in quanto è all'interno dei processi
evolutivi (filogenesi e ontogenesi) che la cultura agisce come materiale da costruzione
indispensabile dell'essere umano. La lunga interazione fra evoluzione biologica ed evoluzione
culturale nella filogenesi umana ha contribuito a smontare la concezione stratigrafica secondo la
quale gli ominidi si sarebbero da prima evoluti attraverso il meccanismo che prevede mutazioni
genetiche, selezione naturale, e solo successivamente l'evoluzione culturale si sarebbe messa in
moto, andando a sovrapporsi in un organismo anatomicamente già molto simile a noi, invece a
quanto pare l'evoluzione degli ominidi ha seguito un percorso molto differente, la cultura lungi dal
sovrapporsi in seguito, ha contribuito per alcuni milioni di anni all'evoluzione biologica di Homo.
Quindi secondo la visione che ci fornisce Geertz dall'antropologia della cultura, invece di essere
aggiunta ad un animale per così dire completato, fu il più importante ingrediente nella produzione di
questo stesso animale. In quest'ottica il patrimonio culturale non è più sostanziato da una
componente fossile da salvaguardare ma diventa risorsa in grado di attivare energie e idee e
alternative per il futuro dei territori.
Può essere  consideratocome risorsa non rinnovabile poiché soggetto a deperire col tempo e non
riproducibile al contempo si configura come risorsa rinnovabile poiché suscettibile di essere
investita di nuovi significati e progettualità. È così che otteniamo una diversità globale nella tutela e
nella valorizzazione della specificità culturale dei territori, si evita la standardizzazione,
l'omologazione indotta dai processi di globalizzazione.
ALBERTO MAGNAGHI approccio territorialista urbanista, fondatore presidente della società dei
territorialisti e delle territorialiste. Per Magnaghi il territorio non esiste in natura in quanto è il
prodotto storico di atti culturali dell'uomo e relazioni dialettiche coevolutivi con l'ambiente naturale:
il territorio si identifica con l'ambiente dell'uomo. Esito dinamico e stratificato di successivi cicli di
civilizzazione, il territorio è un complesso sistema di relazioni fra comunità insediate e ambiente di
cui il paesaggio costituisce il prodotto sensibile, l'identità percepibile. Esso si configura in un
continuo divenire dell'incontro fra eventi culturali e natura e si manifesta in luoghi o regioni dotati
di identità storia carattere = coevoluzione. Fra ambiente insediativo e ambiente naturale nasce lo
studio dinamico dei processi di trasformazione dell'ambiente naturale che, nel tempo, produce
neoecosistemi conseguenti
dall'azione antropica. Ne risulta un sistema o soggetto vivente ad alta complessità che cresce e si
alimenta di relazioni fra ambiente fisico, ambiente costruito e ambiente antropico. Un territorio
inteso alla stessa stregua di un organismo individuale, cresce si sviluppa e si differenzia e
nell'incontro integra i caratteri culturali e naturali e si configura in una nuova individualità vivente.
Necessita di cura, alimentazione e manutenzione in maniera sempre rinnovata e, se tale cura viene a
mancare, il territorio può decadere. Ad ogni modo concepire il territorio come patrimonio implica
un nesso diretto con la specificità locale e il valore che essa rappresenta. Quando invece il territorio
viene inteso come risorsa, costituisce un insieme di risorse suscettibili di essere economicamente
valorizzate. Questa duplice connotazione di valore / risorsa rende il territorio un bene relazionale
scaturito dalla relazione tra componenti oggettive e soggettive del territorio individuate nei caratteri
all'interno di questa relazione.
Secondo M. si può riformare il concetto di senso di luogo poiché è un processo storico di lunga
durata che comporta la definizione della costruzione dell'identità stessa, determinata da cicli
successivi di civilizzazioni attraverso atti territorializzanti. Si ottiene la comprensione dell'identità
del luogo e delle sue dinamiche riproduttive attraverso il processo di territorializzazione: ogni
civilizzazione deposita strutture insediative e culturali nelle quali spesso molte permangono nel
lungo periodo anche se ogni ciclo successivo non riporta il territorio alla natura originaria e si
alimenta degli atti territoriali precedenti reinterpretandoli e strutturandoli in forma diversa.
L'elaborazione scientifica di M. della territorialità ha a che fare con il progetto politico di autonomia
decisionale attraverso il concetto di sviluppo locale autosostenibile e di statuto dei luoghi che
insedia una cultura altra e riporta al principio ispiratore della sostenibilità ambientale, nelle logiche
di cura e dedizione del territorio, sviluppo autosostenibile dei territori.Valorizzazione delle risorse
locali, naturali e culturali delle reti di relazioni ambientali e sociali che sono centrate sulle logiche
di cooperazione, anziché di competizione nella tutela attiva della territorialità del passato
spontaneamente sostenibili che acquistano valore paesaggistico in quanto bene comune. Serve
un'opera di ricostruzione della coscienza di luogo; del valore patrimoniale dei beni comuni
territoriali, in quanto elementi essenziali per la riproduzione della vita individuale e collettiva
biologica e culturale; consapevolezza che si è persa, poiché le questioni del territorio sono state
delegate a grandi organizzazioni. Solo attraverso la cura diretta del territorio in mano alle
collettività insediate è possibile sperimentare quotidianamente le scelte appropriate ai connotati del
territorio stesso, reiterando in chiave innovativa, pratiche e saperi delle culture locali per ottenere la
rinascita dei luoghi attraverso il riconoscimento della sua storia, i suoi equilibri ambientali, i suoi
valori culturali, economici, estetici e organizzativi in una crescita per la valorizzazione delle qualità
interne. 72%
CULTURA, IDENTITÀ E SVILUPPO LOCALE De Matteis e Governa hanno elaborato il concetto
di SLOT (sistema locale territoriale): modello di riferimento per le politiche di sviluppo territoriale
costituito da una rete locale di soggetti
(legame sociale) che in determinate circostanze si comporta come un attore collettivo facendo da
tramite fra le risorse e i valori del Milieu locale (legame territoriale) e le reti sovralocali, in vista di
un progetto condiviso.
Emblematico è La geografia dei beni culturali come sapere progettuale contributo di De Matteis: il
valore dei beni culturali non è definibile in base alle proprietà oggettive (rilevanza storica, artistica,
economica), ma per la loro natura relazionale e intersoggettiva. La geografia studia i beni culturali
per il significato e valore che assumono entro i rapporti sociali che operano come segni attraverso il
significato mutevole nello spazio e nel tempo e sul piano
sociale poiché gruppi diversi possono attribuire valori diversi.
Pollice ha esplicitato sulle condizioni dello sviluppo locale inteso come strettamente legato alle
questioni di sostenibilità e contestualizzazione dei processi.
Così De Matteis nel 2002 ha formulato l'idea di locale come nodo di rete globale cioè un sistema
globale da singoli nodi locali tra loro interconnessi grazie a una fitta rete di relazioni materiali e
immateriali, che ricollega in modo reciprocamente interdipendente e complementare. Guarrasi nel
2008 specifica il nesso che intercorre tra comunità portatrice di una specifica cultura e territorio in
cui risiede si nutre di apporti diversi, poiché le persone si muovono fanno esperienza altrove.
SENSO DEL LUOGO E IDENTITÀ TERRITORIALI Le identità territoriali sono state lungamente
discusse da: ambienti geografici d'oltremare: il dibattito scientifico e politico intorno alle identity
politics. ambienti geografici francofoni-italiani: le identity politics non si possono definire sulla
base di un territorio specifico (è possibile che ad es. un musulmano viva a Stoccolma).
Non esiste dunque il nesso tra cultura-identità-luogo poiché il luogo va inteso come un'entità aperta
e polisemica e l'identità del luogo è data soprattutto dalle relazioni che stabilisce su scala globale
perché l'identità si definisce sempre rispetto a qualcosa o qualcuno diverso da sé.
Il termine identità reca con sé un rischio che è quello di ridurre la complessità del territorio a pochi
aspetti. Ma se il territorio viene concepito come prodotto e condizione al tempo stesso dell'azione
umana, l'identità territoriale diventa un processo di costruzione sociale soprattutto su scala locale.
De Matteis e Governa sottolineano che i processi di ridefinizione territoriale portano al
cambiamento dei suoi principi e delle sue logiche piuttosto che al suo superamento affermando
nuove forme di territorialità attraverso cui essa si costruisce e si rappresenta. Gli elementi eretti a
simbolo dalle collettività locale oltrepassano la loro connotazione oggettuale e diventano iconemi o
semiofore (oggetto patrimoniale sottoposto a un processo di significazione diventando segno)
perché in grado di sollecitare sentimenti di appartenenza sociale e territoriale.
Il sentimento di appartenenza al territorio dell'abitare le persone non vivono sempre a proprio agio
dove risiedono .Tuttavia chi abita un territorio stabilisce di fatto anche per un breve periodo un
legame con esso, ne conosce limiti e potenzialità, aspetti positivi e negativi. L'identità di luogo si
riferisce a quella parte dell'identità personale che deriva dall'abitare in specifici luoghi ed è definita
sulla base delle rappresentazioni o immagini più condivise a livello di gruppi e comunità relativi al
luogo in questione (Bonnes, 2009). Si tratta di comprendere quali legami intercorrono tra le persone
e il luogo oggetto di studio, inoltre quali caratteristiche sono attribuite al luogo stesso da parte di chi
vi abita. Entrambe le dimensioni sono fondamentali nello studio delle identità territoriali e la ricerca
sul campo attraverso interviste, focus group e altri metodi qualitativi può restituire un'idea
contestualizzata delle relazioni che intercorrono tra le persone i territori dell'abitare. Il gruppo
A.Ge.I. (2008) ha orientato le sue riflessioni sulla scala locale che consente la prossimità fisica tra
gli abitanti dei luoghi e costituisce motivo di condivisione progettuale. La scelta è ricaduta più che
altro sugli ambiti locali per almeno tre motivi
perché a questa scala si addensano le principali priorità politiche delineate a livello globale
(dall'Earth Summit, Rio de Janeiro, 1992): integrità ambientale, equità sociale, efficienza
economica.
2. perché è a questa scala che vissuti, pratiche, esperienze, saperi, legami di appartenenza fanno di
un territorio un luogo, uno spazio di significazione collettiva
3. perché è soprattutto a scala locale che può essere costruita una territitorialità attiva e in positivo
In quest'ottica il territorio dell'abitare diventa filo rosso che accomuna persone e gruppi diversi dove
la diversità è punto di forza che consente di valutare aspetti e problemi da più prospettive, il
conflitto invece di visioni diverse è occasione di crescita collettiva verso la costruzione di uno
spazio sostenibile.
Sul piano pratico ci sono 2 tipi di informazioni principali: 1. legame che intercorre tra abitanti-attori
e territorio (identità di luogo); 2. connotazioni attribuite al territorio oggetto di studio da parte degli
abitanti con l'obiettivo di estrapolare simboli giudizi opinioni assegnati a quel territorio. La
procedura di ricerca per l'analisi delle rappresentazioni del territorio utilizza articoli della stampa
periodica, opere letterarie, documenti visivi come segno, che rimanda a significati mai definitivi e
suscettibili di reinterpretazione. Si definisce così l'identità territoriale attraverso termini: dinamici
(non fissa né stabile); complessi (implica la dimensione sociale culturale etica politica economica
ambientale); processuale (processo di costruzione sociale che può anche essere deostruito);
teleologici (orientata a finalità condivise); transcalari (costante relazione con l'alterità alle diverse
scale geografiche).

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